36° podcast_Se ne deve andare!_di Gianfranco Campa

Le campagne processuali a carico di Donald Trump, Presidente degli Stati Uniti d’America, sono e vanno avanti a prescindere. Un fatto pressoché unico nella storia degli Stati Uniti. La pervicacia e la sistematicità della tessitura sono il segno non solo della radicalità delle opzioni politiche in campo, ma anche della loro incompatibilità. Una condotta spietata che ha portato al sacrificio di due personaggi chiave dello staff di Trump, Flynn e Roger Stone, in secondo piano Manafort, colpiti da accuse pesantissime  e da decenni di duro carcere e a minacce sempre più prossime all’ultimo suo mentore, Rudolph Giuliani, il più esperto. Le oscillazioni della condotta presidenziale si spiegano in gran parte per l’ostracismo e per l’assenza di una classe dirigente alternativa sufficientemente radicata negli apparati. Non si esita nemmeno a stravolgere la finzione della separazione e della indipendenza dei poteri di uno Stato pur di proseguire nella persecuzione. Per non parlare, poi, della retorica della democrazia. Il parere e la volontà del popolo vale solo se in sintonia con l’élite dominante. Sono rari i momenti in cui un sistema di potere è costretto a gettare la maschera; quando avviene la strada verso la destabilizzazione di un paese e delle sue istituzione è ormai diretta lungo un pendio sempre più ripido. Negli Stati Uniti, vista la tempistica, tutto congiura alla presentazione del candidato unico alle presidenziali. Non male per il più fiero avversario dei regimi cosiddetti totalitari. Ascoltate la narrazione di Gianfranco Campa! Ne vale la pena.Buon ascolto_Giuseppe Germinario

35°podcast_un posto per troppi, di Gianfranco Campa

Tanto i giochi nel Partito Repubblicano sembrano ormai chiusi, tanto quelli nella campagna delle primarie sono aperti ed incerti. E’ il segno dei tempi. Trump, da esterno, è riuscito appieno nell’OPA sino ad assumere il controllo del partito, salvo scontare una fronda perniciosa che potrà operare man mano e solo se il Partito Democratico potrà assumere una linea chiaramente antagonista al Presidente uscente ma attenuata nel radicalismo sociale. L’affollamento nelle primarie democratiche, d’altro canto, non è un segno di vitalità e di confronto politiche tra diverse opzioni in quel partito. Rivela piuttosto l’assenza di una reale leadership capace di offrire una sintesi accettabile ed una prospettiva credibile ed unificante al paese. E’ il segno di una drammatica frammentazione del paese in gruppi contrapposti. L’ostinazione nel perseguire la procedura di impeachement del Presidente a prescindere dalla fondatezza delle accuse, anzi a dispetto della loro evidente infondatezza e pretestuosità, sta spingendo l’agone politico verso il punto di non ritorno. Tulsi Gabbard aveva stigmatizzato proprio questo negli ambienti del suo partito. Un affronto che il cerchio magico detentore ancora pur con difficoltà delle redini del Partito Democratico non è disposto a tollerare. La strada è aperta ormai ad altre inedite opzioni. Giuseppe Germinario

34°podcast_Un epilogo inglorioso, di Gianfranco Campa

Per anni abbiamo assistito ad una campagna martellante che avrebbe dovuto condurre inesorabilmente e repentinamente alla defenestrazione, se non peggio, di Donald Trump dalla Presidenza Americana. L’inchiesta ha rispettato esattamente le attese più volte espresse da questo sito sin dall’inizio. Si è rivelata un castello di carte, anzi una vera coltre di vapori mefitici che hanno appestato il clima politico negli Stati Uniti e nei paesi occidentali. Una campagna che ha resistito per due anni solo ed esclusivamente per la potenza e la pervasività dei centri di potere protagonisti della macchinazione. Ha creato guasti e conseguenze enormi i cui effetti sono ancora ben lungi da essere integralmente dispiegati: ha compromesso le relazioni tra USA e Russia con quest’ultima sempre più indotta a rafforzare le relazioni cooperative con la Cina; ha compromesso la credibilità delle istituzioni e dell’intero sistema mediatico americani. Ben presto, se il mandato presidenziale di Trump dovesse essere confermato, salteranno fuori le connivenze internazionali, comprese quelle riguardanti il ceto politico ed i servizi di intelligence italiani, nell’organizzare la macchinazione. Quel che è certo è la impressionante pochezza di alcuni dei protagonisti del proscenio, nella fattispecie Mueller; come pure che lo scontro continuerà con modalità ancora più virulente ma sotto mutate spoglie. I due recenti attentati stragistici negli Stati Uniti ne sono l’annuncio. Il podcast di Gianfranco Campa mi pare un grande contributo alla comprensione. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

33° podcast_2a parte. Gordon e la Fallaci, di Gianfranco Campa

Continua la rievocazione di Gianfranco Campa della  straordinaria impresa che ha portato più volte l’uomo a calpestare il suolo lunare. Fu la dimostrazione e la sanzione del definitivo predominio tecnologico americano, ma anche una costruzione epica che ha contribuito non poco ad alimentare l’attrattività del modo di vita americano; del suo modo di porsi e di proiettarsi nel futuro e in nuovi spazi. L’autore lo rievoca arricchendo la narrazioni di episodi inediti o poco conosciuti.

Due rettifiche che però non snaturano il resoconto. L’Apollo 12 rientro sulla Terra il 24 novembre, non il 18; l’astronauta Gordon morì ovviamente nel 2017, non nel 1917

33° podcast_Appuntamento sulla Luna_1a parte, di Gianfranco Campa

Dopo alcuni anni in sordina la corsa nello spazio sembra riprendere con grande vigore e soprattutto non disdegna le luci della ribalta. Gli Stati Uniti hanno dovuto affrontare la crisi di prestigio legata ai due tragici disastri delle navette space-shuttle. In questi anni non sono certamente restati fermi. Hanno consentito l’ingresso diretto nella elaborazione e gestione dei programmi spaziali di colossi privati; hanno scelto di agire per il momento nell’ombra. Il programma gode di un sostegno finanziario ancora nettamente superiore a quello della Cina, il suo rivale principale; soffre però della pesantezza e della farraginosità di un carrozzone, la NASA, appesantito dalle sovrapposizioni burocratiche e di interessi cumulati in sessanta anni di attività. Anche la Cina ha scelto per il momento e per ovvi motivi, opposti a quelli americani, un basso profilo in attesa dell’evento storico che la consacri tra i protagonisti. Di certo la grande svolta che si sta preparando non assumerà più il carattere pionieristico e propagandistico, ammantato di romanticismo, tipico della competizione degli anni ’60/’70. Baderà alla sostanza dei suoi aspetti militari e politico-economici. Un motivo in più per coglierne la valenza strategica. Ancora una volta Gianfranco Campa ci offre informazioni e punti di vista poco esplorati se non inediti nel panorama politico italiano. Un impegno, come per altro quello degli altri collaboratori di “Italia e il Mondo” del tutto gratuito e volontaristico, privo di un qualsiasi sostegno organizzativo; che meriterebbe a maggior ragione almeno un più esplicito e diffuso riconoscimento. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

32° podcast_Inizio della fine o fine dell’inizio?_di Gianfranco Campa

La pantomima del Russiagate si avvia alla mesta conclusione. A crederci non ostante l’evidenza sono rimasti solo Macron in Francia e la sedicente grande stampa in Italia. Il bersaglio di tante attenzioni è rimasto inaspettatamente in piedi anche se al prezzo del sacrificio di tanti fedeli e di pesanti, a volte disastrosi, compromessi. La grande novità è che Trump sembra aver assunto un discreto controllo del Partito Repubblicano e di alcuni settori degli apparati di sicurezza, grazie probabilmente alla pervicacia e alla sapienza in particolare di Rudolph Giuliani, l’ex sindaco di New York. L’opposizione sembrerebbe vittima della stessa sindrome di Napoleone in Russia. A differenza dei suoi generali però, i quali per salvarsi dovettero abbandonare al gelo il bottino di guerra durante la rotta. Al contrario, nella loro campagna di Russia il vecchio establishment americano, sotto le spoglie dei democratici, con qualche eccezione e dei neocon, il bottino più importante, frutto del saccheggio proditorio del Procuratore Muller, sono riusciti a conservarlo: il carteggio degli ultimi dieci anni tra Trump e il proprio avvocato Difensore Cohen. Si annunciano ancora anni di guerriglia a suon di rivelazioni e di inchieste ai danni di Trump. Se non si riuscirà a detronizzarlo, cercheranno di paralizzarlo. Per i democratici, almeno per la vecchia guardia la possibilità di rinviare di qualche anno la propria estinzione. Per gli Stati Uniti una iattura che non farà che allargare le fratture interne. Per i nuovi protagonisti nello scacchiere geopolitico altri spazi di azione da sfruttare, ma anche nuove rivalità in via di emersione. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

31° podcast_ I terzi incomodi, di Gianfranco Campa

Dopo il Partito Democratico ed il Partito Rebubblicano è la volta dei terzi incomodi ad apparire sulla scena delle prossime elezioni presidenziali americane. Potrebbero essere l’ago della bilancia in grado di far pendere decisamente la bilancia a favore di uno dei due candidati principali. Più verso Trump, in caso di una sua ricandidatura, che verso il suo avversario democratico. Non solo! La loro apparizione quantomeno aumenterà le fibrillazioni appena sopite, nella compagine democratica, dall’avversione generale a Trump. La crisi dei due partiti apre comunque la strada verso mete inesplorate in quegli ambienti politici, compresa la possibilità di nuove formazioni. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

30° podcast_Primarie elezioni americane 2020_Il partito repubblicano, di Gianfranco Campa

Nel podcast precedente Gianfranco Campa ha prospettato la situazione nel Partito Democratico in vista delle elezioni presidenziali del 2020. In questo podcast ci offre qualche aggiornamento su una situazione già così fluida per poi passare a qualche rapido cenno sulle dinamiche nel versante politico opposto, il Partito Repubblicano. Non c’è ancora molto da dire. Tutto dipende dall’eventuale ricandidatura di Donald Trump. Nel caso dovesse farlo, eventuali candidature alternative serviranno probabilmente a comprendere la forza della fronda al Presidente interna a quel partito. I guai verranno fuori prepotentemente in caso di rinuncia di Donald Trump. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

 https://soundcloud.com/user-159708855/podcast-episode-30

29° podcast_Stati Uniti 2020; il prossimo firmamento democratico, di Gianfranco Campa

I prossimi due anni si prospettano incerti ed avvincenti, decisivi. Sia nello scenario geopolitico mondiale che nell’agone interno agli Stati Uniti. A prescindere dall’esito delle elezioni presidenziali americane del 2020, ogni velleità meramente restauratrice dello status quo ante è destinata a rivelarsi una pura suggestione. Peggio! Se dovesse avere successo non farebbe che accelerare il processo di decomposizione e frammentazione sociale e politica di quel paese sino a trascinarlo inesorabilmente verso un distruttivo ed imprevedibile conflitto interno o ad una implosione. Trump è il rappresentante di una versione originale di una componente “isolazionista” da sempre presente negli Stati Uniti, molto militante, ma costantemente minoritaria. Lo è ancora adesso; nel suo momento di massimo fulgore, l’attuale, non riesce a superare un 20/25% dell’elettorato; uno zoccolo duro autenticamente sostenitore del Presidente ma scarsamente radicato negli apparati di potere. Da qui la tattica di infiltrazione all’interno del Partito Repubblicano e i continui compromessi al ribasso di Trump, sino al sacrificio dei suoi uomini migliori e più fedeli. L’indole e la propensione di “the Donald” è rimasta e riaffiora comunque, estemporanea, come un sussulto, ogni qualvolta appare un qualche margine di autonomia nelle proprie scelte. Più o meno consapevolmente Trump con la sua azione ha comunque eroso ogni residuo spazio effettivo di conduzione unipolare del gioco geopolitico e sancito l’esistenza politica di forze avverse e concorrenti pur con le sue azioni più dure e apparentemente discriminatorie. Ha determinato la crisi e lo stallo delle élite politiche europee globaliste ed europeiste, ha ridicolizzato e privato di autorevolezza la quasi totalità del ceto politico americano a lui avverso o apparentemente amico. Le primarie del Partito Democratico annunciano un rinnovamento radicale della leadership e il tramonto definitivo, con l’eccezione di Obama, dei vecchi santoni. Molto più precaria e incerta la situazione nel Partito Repubblicano. Una fase di transizione che sembra offrire margini di azioni a personalità più o meno “indipendenti” esterni agli schieramenti classici. Gianfranco Campa, da par suo, ci offrirà un affresco esauriente e documentato di queste dinamiche così influenti anche in casa nostra. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

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https://soundcloud.com/user-159708855/podcast-episode-29

 

28° podcast_Il patto è sciolto, di Gianfranco Campa

Con le dimissioni motivate pubblicamente dal generale Mattis, si può affermare che il sodalizio tra i vertici militari e il Presidente Trump si è definitivamente sciolto. E’ stato un matrimonio di pura convenienza. Buona parte dello Stato Maggiore aveva avvertito l’impasse cui aveva condotto la strategia prima di Bush e poi, soprattutto, quella di Obama. A furia di destabilizzazioni e di aperture di nuovi fronti di confronto con la Russia, la manovra di accerchiamento della tana dell’orso russo rischiava, grazie alla capacità di reazione e di tessitura diplomatica,  sempre più di impantanare gli Stati Uniti in qualche intervento diretto significativo in aggiunta a quelli in corso in Iraq ed Afghanistan. Il tentativo di avvicinamento all’Iran, memori degli smacchi di immagine delle due plateali prese di ostaggi, deve essere stata la goccia responsabile del travasamento di bile; la prospettiva di un asse sino-russo il campanello di allarme riguardante una strategia ormai in stallo. Lo stesso Obama, del resto, nella fase ultima del suo mandato, aveva dato qualche segnale di inversione. Nel momento di maggiore violenza dello scontro aperto con il fronte demo-neocon Trump ha trovato rifugio in questo sodalizio almeno per disinnescare una soluzione “definitiva” della sua presidenza.Il disegno nemmeno tanto occulto da parte dei militari era quello di isolare con un cordone sanitario sempre più stretto Trump dai suoi collaboratori della prima ora. Un obbiettivo in gran parte realizzato. il risultato di questo patto,se non contro natura quantomeno algido, è stata una conduzione schizofrenica con alcune costanti: il sodalizio israelo-americano-saudita, la definizione del fronte cinese. “L’amarcord impossibile” russo-americano e l’inquietudine crescente in seno all’allenza atlantica sono stati invece gli epicentri dove il confronto e le divergenze tra linee opposte si sono catalizzate. Lo ha detto lo stesso Mattis. Dallo scorso dicembre Trump sta tentando un ritorno alle origini. I motivi che potrebbero averlo spinto sono diversi. Campa li ha illustrati nel suo podcast. Non si tratta, comunque, di un tentativo di disimpegno generalizzato. La priorità nelle “attenzioni” verso l’Iran è più che confermata. Si tratta di contenere o spianare le ambizioni di una potenza regionale in crescita e di sbarrare una delle vie di fuga delle ambizioni cinesi più che russe. Sul fronte interno statunitense e nel cortile di casa centro-sudamericano la situazione è altrettanto dinamica. Assisteremo ad un biennio di fuoco, pieno di sorprese e di rovesciamenti. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

https://soundcloud.com/user-159708855/podcast-episode-28

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