Equilibrismi impossibili, di Bernard Lugan

Un fattore determinante nell’individuare la posizione egemonica e dominante di una potenza imperiale all’interno della propria area di influenza e nelle dinamiche esterne ad essa è la capacità di istigare e determinare l’esito dei conflitti e di imporre una condizione di pace interna (pax imperiale). E’ quanto sono riusciti a fare le leadership degli Stati Uniti in Europa per lunghi decenni. La Francia di Macron ha raggiunto, al contrario, una fase parodistica della gestione delle contraddizioni nella sua area postcoloniale africana sino a diventare pericolosamente vittima e ostaggio dei contenziosi. Segno ineluttabile di un declino irreversibile condito di aspetti al limite del grottesco, ma con espressioni di sovranità, presenti in settori della classe dirigente che lasciano ancora sperare. Giuseppe Germinario

Quando era deputato al Parlamento europeo, Stéphane Sjourné, il nuovo Ministro degli Affari Esteri francese, era apertamente ostile al Marocco e guardava all’Algeria. E non si dica che si tratta di una questione di realpolitik sul gas, perché il futuro delle esportazioni di gas algerino è desolante: dato che la produzione media di gas del Paese è di circa 130 miliardi di m3, di cui il 30-40% viene reiniettato nei pozzi petroliferi per mantenerli attivi, l’Algeria ha solo circa 86 miliardi di m3 di produzione commercializzabile, di cui circa 35-40 miliardi di m3 vengono consumati localmente per produrre elettricità. In conclusione, entro il 2025 le esportazioni dovrebbero raggiungere circa 25 miliardi di m3, la metà del livello del 2018. Le esportazioni sono diminuite costantemente, passando dai 64 miliardi di metri cubi del 2005 ai 51 miliardi di metri cubi del 2018, ai 48 miliardi di metri cubi del 2019 e ai 41 miliardi di metri cubi del 2020. L’Algeria, che vede diminuire le proprie riserve, punta tutto sul progetto di un gasdotto trans-sahariano di 4.128 chilometri, che sarebbe in grado di trasportare il gas naturale nigeriano fino ai porti algerini e poi ai mercati europei. Un progetto spaventosamente realistico, visto che il gasdotto dovrebbe attraversare regioni saheliane in guerra o addirittura in stato di totale anarchia. In queste condizioni, quali investitori sarebbero disposti a rischiare decine di miliardi di dollari per portare a nord il gas prodotto nella regione costiera nigeriana? Ecco perché l’opzione più sicura è quella di esportare questo gas direttamente attraverso un gasdotto marino, da cui il progetto Nigeria-Morocco Gas Pipeline (NMGP). 5. Il progetto, che riunirebbe tutti i gasdotti della Nigeria e del Marocco, è stato concepito come una sorta di “gasdotto”. Questo progetto, che riunirebbe tutti i Paesi produttori di gas dell’Africa occidentale, correrebbe lungo la costa dell’Africa occidentale, danneggiando la produzione di gas dei Paesi costieri. In tutto sono 16 i Paesi coinvolti nel progetto, tra cui tutti i Paesi dell’ECOWAS, che potranno beneficiare delle sue ricadute, in particolare i Paesi senza sbocco sul mare come il Mali, il Burkina Faso e il Niger, che beneficerebbero di rampe terrestri. La prima fase del gasdotto collegherà i giacimenti offshore di Grande Tortue Ahmeyim (GTA), ai lati del confine marittimo tra Mauritania e Senegal, a Tangeri, in Marocco. Anche se la sinistra ha sempre avuto “occhi di Chimène” per l’Algeria, che non smette mai di accusare la Francia, gli interessi di quest’ultima richiedono una riconciliazione con il Marocco, che richiede il riconoscimento della natura marocchina del Sahara occidentale… che l’Algeria vedrà come una provocazione. La politica dell'”insieme” non è certo facile…

Nel numero di agosto 2023 de L’Afrique Réelle, abbiamo analizzato la storia della disputa tra Algeria e Marocco. Questa disputa affonda le sue radici nelle amputazioni territoriali subite dal Marocco a vantaggio dell’allora Algeria francese. Oggi analizzeremo il modo in cui sono state effettuate queste demarcazioni di confine, le proposte di rettifica avanzate dalla Francia e le ragioni del rifiuto del Marocco. POSIZIONI INCONCILIABILIDurante il periodo coloniale, il Marocco è stato amputato territorialmente a est e a sud. Secondo il diritto internazionale, il Marocco era quindi uno “Stato smembrato dalla colonizzazione” che, dopo l’indipendenza, doveva essere ricostituito entro i confini precoloniali. Ciò era però impossibile perché il giovane Stato algerino, creato dalla Francia e territorialmente a spese del Marocco, difendeva lo status quo, cioè il principio dei confini ereditati dalla colonizzazione. Questo è il cuore della disputa tra Algeria e Marocco. Va notato che, tra tutti gli Stati africani colonizzati, il Marocco è stato la vittima più territoriale delle linee di confine imposte dalle potenze coloniali. A est, la Francia ampliò il suo possedimento algerino annettendogli regioni storicamente marocchine: Touat, Saoura, Tidikelt, Gourara e Tindouf (carta a pagina 10); a sud, la Spagna amputò Saquia el-Hamra e Oued ad Dahab, due province marocchine meridionali, trasformandole nella colonia del Sahara occidentale (carta a pagina 17). Nel 1956, il Marocco riacquistò l’indipendenza, ma non la piena sovranità territoriale poiché, il 2 marzo e il 7 aprile 1956, quest’ultima fu ristabilita solo sulle due ex aree dei protettorati francese e spagnolo. Il Marocco si trovò allora di fronte a una situazione paradossale: 1) gli fu chiesto sia di ratificare la perdita delle sue province orientali, ossia Touat, Saoura, Tidikelt, Gourara e la regione di Tindouf, sia di riconoscere il loro legame con l’Algeria, lo Stato nato nel 1962 dalla decolonizzazione francese. L’Algeria, sostenendo di essere l’erede della colonizzazione francese e delle sue frontiere, ha rifiutato ogni trattativa territoriale con il Marocco, violando così i propri impegni e rinnegando la propria firma, come vedremo in seguito2. ) Poi, al momento della decolonizzazione del Sahara spagnolo, è stato chiesto al Marocco di accettare che le sue province sahariane di Saquia el-Hamra e Oued ad Dahab diventassero uno “Stato sahariano”, pseudopodia di un’Algeria che voleva aprirsi all’Oceano Atlantico. Per questo l’Algeria arma e finanzia il Polisario e mantiene relazioni diplomatiche con i Paesi che ancora riconoscono la SADR (Repubblica Araba Saharawi Democratica). Infine, questo è il motivo per cui l’Algeria sta bloccando una soluzione alla questione del Sahara Occidentale: secondo la Risoluzione ONU n. 1514 del 14 ottobre 1960: “I territori coloniali strappati a un Paese sovrano non possono avere alcuna forma di decolonizzazione se non la loro reintegrazione nel Paese d’origine da cui sono stati dissociati”. Articolo VI: “Se uno Stato è stato smembrato dal colonialismo, ha il diritto di recuperare la sua integrità territoriale dopo la sua decolonizzazione”. Prima dello smembramento coloniale, i confini del Marocco erano riconosciuti dai trattati internazionali e il Protettorato non li aveva resi nulli. Così, nel 1956, al momento dell’indipendenza del Marocco, nel 1962, al momento dell’indipendenza dell’Algeria, e nel 1975, al momento della decolonizzazione del Sahara spagnolo, la sovranità del Marocco doveva essere ristabilita sulle province da cui era stata amputata, sia dalla Francia che dalla Spagna. Le posizioni dei due Paesi sono inconciliabili: il Marocco ha sempre sostenuto che le linee di demarcazione tracciate unilateralmente dai colonizzatori francesi e spagnoli non erano opponibili ai suoi diritti storici, anche se questi ultimi erano stati posti sotto amministrazione fiduciaria per diversi decenni. Al contrario, l’Algeria si è attenuta allo stato di fatto coloniale, cioè al mantenimento delle frontiere create dalla colonizzazione, sia che si trattasse di frontiere vere e proprie, sia che si trattasse di semplici linee di demarcazione amministrative, e questo in virtù del principio secondo cui “le frontiere dei nuovi Stati sono stabilite sulla base delle frontiere delle ex province coloniali a cui questi Stati succedono”. Ma l’Algeria si spinge ancora più in là nel suo atteggiamento anti-marocchino. Oltre all’intangibilità delle frontiere ereditate dalla colonizzazione, tracciate a suo grande vantaggio a spese del Marocco, l’Algeria pretende che il diritto dei popoli all’autodeterminazione sia applicato nel caso del Sahara Occidentale, anche se questo territorio non ha nulla a che fare con l’Algeria. È questa insolita ed esorbitante richiesta algerina che ha dato origine alla questione del Sahara Occidentale, ed è questa stessa questione che mantiene un focolaio di tensione tra Rabat e Algeri.

QUANDO LA FRANCIA HA PROPOSTO UNA RETTIFICA FRONTALIERA AL MAROCCO Le autorità francesi hanno sempre ammesso che la costituzione territoriale dell’Algeria è stata in parte ottenuta a spese del Marocco. Negli anni Cinquanta, infatti, volevano riparare, per così dire, alla più grave delle amputazioni subite dal Marocco, prima di concedere l’indipendenza all’Algeria. Tuttavia, per una questione di solidarietà maghrebina, il Marocco rifiutò, scegliendo invece di riporre la propria fiducia nella futura Algeria indipendente. Il minimo che si possa dire è che l’Algeria si dimostrò molto ingrata. Dopo la Dichiarazione congiunta del 2 marzo 1956, che pose fine al protettorato francese sul Marocco e gli restituì l’indipendenza, la Francia si dichiarò pronta ad accettare la restituzione della regione di Tindouf e della Hamada du Draa, amministrativamente annesse all’Algeria francese. Una commissione congiunta franco-marocchina si riunì per discutere l’interpretazione del Trattato di La Marnia del 1845, gli accordi del 1901, 1902 e 1910 e i tracciati delle cosiddette linee Varnier e Trinquet (carta a pagina 14), che avrebbero risolto i problemi di Béchar, Tindouf e del Sahara occidentale a nord del 24° parallelo. Aziz Maarouf ha esposto chiaramente il problema: “Nel 1956, quando il Marocco firmò le convenzioni con Francia e Spagna che sancirono la sua indipendenza, si trovò liberato, ma entro i limiti stabiliti dalla colonizzazione. Non tutto il territorio era stato recuperato e nessuna delle ex potenze coloniali lo contestava. Per quanto riguarda la Francia, dopo gli accordi del 1956 fu persino istituita una commissione congiunta per studiare la controversia. I suoi lavori si trascinarono. I marocchini, che ponevano la guerra d’Algeria al centro delle loro preoccupazioni, rifiutarono di discutere ulteriormente con la Francia e insistettero sul fatto che il problema non era più di competenza di Parigi, ma di Algeri, e che sarebbe stato affrontato non appena il Paese avesse riacquistato l’indipendenza. Questo era il senso dell’accordo concluso tra Hassan II e Ferhat Abbas nel 1961”. (Jeune Afrique, n°151, 30 agosto 1963) A più riprese, la Francia propose al Marocco di negoziare le amputazioni territoriali subite durante il periodo coloniale. Tuttavia, nel 1960, il sultano Mohammed V rispose senza mezzi termini: “Qualsiasi negoziato con il governo francese sulle rivendicazioni e i diritti del Marocco sarà considerato come una pugnalata alle spalle dei nostri amici algerini che stanno combattendo, e preferisco aspettare l’indipendenza dell’Algeria prima di sollevare la disputa sui confini con i miei fratelli algerini”. “Nel suo libro Le Défi (La Sfida), il re Hassan II ha confermato l’esistenza delle proposte francesi e ha spiegato perché il Marocco non vi ha dato seguito: “Al termine della guerra d’Algeria, la Francia si è offerta a più riprese di risolvere con noi la questione dei confini a est e a sud. Abbiamo rifiutato (…) Al momento del cessate il fuoco (marzo 1961), ci siamo nuovamente rifiutati di permettere alla Francia di restituirci i territori marocchini alle frontiere orientali”. (Le Défi, pp. 91-92) La politica marocchina fu allora quella di fidarsi dei leader della futura Algeria indipendente, con i quali sottoscrisse accordi sulla questione dei confini. Questi accordi furono presto dimenticati dall’Algeria indipendente…

L’ALGERIA VIOLA I SUOI IMPEGNI Dopo aver rifiutato di negoziare con la Francia la rettifica dei confini, il 6 luglio 1961 il Marocco firmò un accordo con il GPRA (Governo provvisorio della Repubblica algerina) in cui si stabiliva che le questioni di confine tra i due Paesi sarebbero state risolte per via negoziale non appena l’Algeria avesse ottenuto l’indipendenza. Ma l’Algeria indipendente rinunciò alla firma. Sempre nel suo libro Le Défi, il re Hassan II scrisse: “(…) essendo chiaramente inteso che la nuova Algeria non accetterà in nessun caso che il Marocco sia danneggiato nel Sahara dalle modifiche territoriali imposte dalla Francia (…) Un accordo in tal senso è stato firmato il 6 luglio 1961 a Rabat dal presidente Ferhat Abbas e da me, con l’accordo formale del signor Ben Bella (Le Défi, p. 68). Le richieste marocchine riguardavano la linea di frontiera marocchino-algerina nella regione del Figuig, l’assenza di un accordo che fissasse la frontiera a sud del passo di Teniet es-Sassi e l’annessione all’Algeria delle regioni di Colomb-Béchar, Tindouf e Tabelbala. Con l’accordo del 6 luglio 1961, il GPRA (Governo provvisorio della Repubblica algerina) si impegnò a negoziare la questione della demarcazione dei confini una volta che l’Algeria avesse ottenuto l’indipendenza. Il 13 marzo 1963, ad Algeri, Re Hassan disse al Presidente Ben Bella: “Signor Presidente, c’è ancora Tindouf, e lei non può non riconoscere che Tindouf è certamente la più flagrante ed evidente di tutte le ingiustizie[1]”. La risposta del Presidente Ben Bella è stata la seguente: “Chiedo a Vostra Maestà di concedermi il tempo di creare le istituzioni algerine, di diventare capo dello Stato algerino e di prendere in mano il partito dell’opposizione.
e di prendere in mano il partito di opposizione, e poi, verso settembre-ottobre, avrò la pienezza e la qualità che mi permetteranno di aprire con voi la questione delle frontiere, fermo restando che non si può pensare che gli algerini siano puramente e semplicemente gli eredi della Francia per quanto riguarda le frontiere dell’Algeria. Mi sbagliavo a crederlo, perché fu proprio nell’ottobre 1963 che piccole guarnigioni marocchine furono attaccate e annientate a Hassi Beïda e a Tinjoub (Le Défi, p. 91). In effetti, nell’ottobre 1963, la guerra scoppiò lungo la frontiera algero-marocchina. Da Figuig a nord di Tindouf, la “guerra delle sabbie” contrappose gli eserciti dei due Paesi fino alla firma del cessate il fuoco il 30 ottobre. Per porre fine a queste dispute di confine, i due Paesi firmarono una serie di accordi, tra cui il Trattato di Ifrane nel 1969, volto a risolvere le dispute di confine tra Marocco e Algeria. Poi, il 27 maggio 1970, a Tlemcen, in Algeria, il re Hassan II e il presidente Boumediene si incontrarono: “È stato a Tlemcen, il 27 maggio 1970, che il presidente Boumediene e io abbiamo deciso che una commissione congiunta avrebbe risolto la questione dei confini”. (Le Défi, p.92) Il 15 giugno 1972, un accordo bilaterale ratificò la linea di confine coloniale tra i due Paesi, un’enorme concessione marocchina che si spiegava con la questione del Sahara occidentale, da cui la Spagna stava per ritirarsi. In cambio del riconoscimento dei confini coloniali e delle conseguenti amputazioni territoriali, il Marocco si aspettava un sostegno, o almeno la neutralità, nel suo tentativo di riunificare il Sahara occidentale. Ma, stufo del precedente atteggiamento algerino e sospettando che l’Algeria non avrebbe accettato questa riunificazione, il Marocco ha legato la ratifica della Convenzione del 1972 al riconoscimento da parte dell’Algeria di tutti i confini del Marocco, compresi quelli del Sahara occidentale, al fine di raggiungere una soluzione globale dei confini. Poi, il 16 novembre 1977, di fronte all’atteggiamento ostile dell’Algeria, che sosteneva la creazione di uno “Stato del Sahara” indipendente, uno pseudopodio che le avrebbe dato un’apertura sull’Oceano Atlantico, il re Hassan II annunciò che l’Accordo sulle frontiere e la cooperazione tra Marocco e Algeria del 1972 non sarebbe stato ratificato dal Marocco.

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