Stati Uniti! Facce nuove e facce di bronzo_con Gianfranco Campa

PS_ I trenta firmatari del Partito Democratico, dei quali si è accennato nel video, hanno appena ritirato, subito dopo la pubblicazione di questa intervista, la loro firma al documento di sollecito a Biden di trovare una soluzione diplomatica al conflitto ucraino

Tra dieci giorni le elezioni di medio termine per il Congresso degli Stati Uniti. Non sarà una scadenza risolutiva delle dinamiche geopolitiche in corso, in primo luogo la guerra in Ucraina e il confronto sempre più ravvicinato a Taiwan. Si tratta di eleggere circa la metà dei rappresentanti del Congresso degli Stati Uniti. In caso di netta vittoria di America First, quanto basterebbe però per intralciare significativamente il cammino guerrafondaio ed avventuristico della attuale amministrazione. E’ la ragione per la quale gli attuali detentori delle leve governative stanno ancora una volta volgendo la loro “particolare attenzione” alla gestione e allo spoglio del voto. Il sistema ormai collaudato questa volta sarà oggetto di maggiori attenzioni, a sua volta, del movimento emergente. Questa scadenza è solo una prima tappa di un percorso che porterà alla elezione del nuovo presidente nel 2024. Se l’esito dovesse corrispondere con il risultato della maggior parte dei sondaggi, si aprirà una fase transitoria di circa due mesi durante la quale colpi di mano e forzature saranno all’ordine del giorno a causa di un ceto politico e di una classe dirigente disposta ad utilizzare ogni mezzo necessario a garantire la propria sopravvivenza. Dovesse risolversi per loro negativamente anche questa occasione, si aprirann anche nel Partito Democratico quelle profonde crepe, delle quali si avvertono già le prime avvisaglie, che hanno già percorso il Partito Repubblicano, ma con esiti probabilmente più disgreganti. Sarà quella l’ora della verità per la effettiva capacità di tenuta e per la coerenza politica di “America First”. Una cosa è comunque chiara: ogni possibilità di cambiamento reale in Europa potrà emergere dalla crisi definitiva delle attuali classi dirigenti statunitensi, piuttosto che dall’emergere per forza propria di nuove élite. Un elemento di debolezza ed un vuoto che sta allineando ancora una volta l’appendice geopolitica alla appendice geografica del continente asiatico, quale è l’Europa. Un percorso, per meglio dire un’agonia, iniziato un secolo fa, con la I guerra mondiale e destinato a compiersi, con amarezza, in questo decennio. La storia, comunque, riserva sempre qualcosa di imponderabile a rovesciare destini segnati. Non a caso l’Europa, in particolare l’Italia, è la terra dei santi. Spesso quelli fasulli si sono rivelati paradossalmente quelli più efficaci. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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