ETHNOS E STATO (2 di 2), di Daniele Lanza

Proseguiamo con l’interessante analisi di Daniele Lanza sulle radici del nazionalismo in Europa Orientale. Il testo offre anche un pretesto per riproporre un tema già affrontato anni fa riguardante le ripercussioni dell’ingresso repentino dei paesi dell’Europa Orientale nell’Unione Europea a partire dagli anni ’90. A suo tempo pubblicammo due studi depositati nei polverosi archivi della UE, a nome dello storico Francziseck Draus, nei quali si esponevano tutti i limiti e i problemi che sarebbero scaturiti con l’ingresso di paesi tutt’altro che pervasi dallo spirito europeista che ha caratterizzato l’adesione dei dodici paesi originari in opposizione all’ideologia e ai regimi del blocco sovietico. Le richieste di adesione erano determinate soprattutto dalle aspettative economiche generate e dal desiderio di una parte della classe dirigente di quei paesi, alla fine risultata vincitrice grazie al determinante sostegno occidentale, di adesione soprattutto alla NATO e in particolare direttamente all’apporto militare degli Stati Uniti. Quel tipo particolare di nazionalismo è stato quindi il veicolo, ben alimentato ed incoraggiato, per orientare progressivamente in maniera sempre più aperta contro la Russia le ragioni dell’Alleanza Atlantica. Buona lettura, Giuseppe Germinario
ETHNOS E STATO (2 di 2)
(Termina qui, ma è la premessa per un capitolo sull’etnonazionalismo ucraino più contemporaneo)
(alle radici degli etnonazionalismi d’Europa orientale, con attenzione al caso ucraino)
[formulare è stato complicato : LEGGERE con pazienza ]
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Abbiamo descritto in linea di massima e con una certa libertà interpretativa la divergente genesi del nazionalismo per quadranti d’Europa (EST-OVEST), cercando di spiegare come e perché gli etnonazionalismi tendono a manifestarsi maggiormente verso est (…).
Si è concluso ricordando come anche il caso ucraino rientri in questa fattispecie, con l’unica differenza delle dimensioni territoriali e demografiche : vediamo ora di approfondire e andare al cuore del problema…
In molti altri interventi si è cercato di fare quasi l’impossibile ovvero tracciare un quadro chiaro di cosa sia l’identità ucraina : questa – al pari di quella bielorussa – nasce dal medesimo brodo primordiale di TUTTI gli slavi orientali….I RUTENI. La popolazione nativa della RUS medievale, il cui disfacimento nel XIII secolo determina faglie di divisione tra quello che un tempo era un unico grande popolo : da quel momento i differenti tronconi della popolazione rutena sarà sottoposta a differenti processi di acculturazione che vedono ad oriente trasformarsi pian piano in “russi” sotto lo scettro dello ZARATO di Mosca (venivano infatti chiamati moscoviti, identificandoli col potere centrale del proprio stato). Lo zarato, come sappiamo, appena raggiunta la propria unità pan-russa, si lancia alla conquista delle aree geografiche circostanti in tutti punti cardinali incassando una serie di successi nel corso del tempo che ampliano enormemente la propria superficie geografica rispetto a massima parte degli stati coevi : questo si rivela in un certo qual modo più fattibile verso oriente, data la scarsa densità demografica e lo stato d’arretratezza dell’opponente (potentati tatari di varia entità) che non ad occidente, dove si afferma un protagonista di forza allora equivalente, come il regno di Polonia/Lituania.
Il problema – già descritto – è dunque questo : sebbene lo zarato di Mosca (di Russia dal 1547) si presenti, sia considerato, come più legittimo successore dell’antica RUS, tale successione è in realtà asimmetrica. Lo zarato riunisce solo una parte della Rus ossia tutti i territori ex tributari dei khan tatari i quali poi ne saranno fatalmente rovesciati (da Kazan ad Astrakhan) : in parole altre la RUS “rinasce” sì, ma indefinibilmente trasfigurata concettualmente rispetto a prima sul piano della collocazione su un asse OCCIDENTE-ORIENTE. Lo stato di IVAN IV è una creatura il cui baricentro è più spostato ad oriente rispetto alla Rus di svariati secoli prima : la fase di dominazione tatara costituisce un tassello di portata non calcolabile in questa trasformazione culturale che porta all’emergere dei “russi” che si affacciano alla prima età moderna. Lo stesso non avviene in quella fascia di territorio RUS rimasta illesa dalle incursioni mongole, ma al contrario sottoposta a una lenta colonizzazione culturale di parte polacca.
Il punto è semplice nella sua complessità : mentre i ruteni d’oriente diventano “russi” nella loro lunga riconquista medievale contro il nemico tataro, quelli d’occidente non si evolvono in tale direzione essendo sottoposti a un differente genere di ombrello culturale. Una massa autoctona che – sotto dominazione feudale polacca – continua portare l’antico appellativo di RUTENI (si potrebbe mettere nel seguente modo : mentre ad oriente i ruteni vivono un esteso processo sociopolitico di crescita ed affermazione – in opposizione alla grande orda – intriso di tragedia e gloria, tale da determinare una metamorfosi anche sul piano terminologico (“russi”) i propri analoghi ad ovest non passando traverso il medesimo crogiolo – quanto sotto il più blando e stabile feudalesimo europeo di matrice polacca – risulta in un certo senso sospeso temporalmente alla beata calma della defunta RUS, conservando addirittura inalterato l’etnonimo ruteno di centinaia di anni prima (…).
In definitiva i RUSSI sono ruteni la cui identità si è evoluta in funzione delle circostanze storiche che li vede lottare contro l’avversario tataro sotto i vessilli della Moscovia ; la moltitudine di ruteni che popolava i territori corrispondenti alle attuali Bielorussia e Ucraina altro non era che LO STESSO popolo (cui si sottrae la drammatica esperienza storica del primo).
Occorre attendere il 17° secolo per vedere una scintilla che alteri la staticità del quadro : si parla della sollevazione capitanata da Khlemintskij (1654), ma notiamo che anche in questo caso non la si descrive col nome “rivolta ucraina”, quanto di “rivolta cosacca” (i cosacchi non rappresentano che una frazione di tutta la popolazione rutena esistente all’epoca e deteneva un’identità/status distinto), per quanto a posteriori, retroattivamente, le si attribuirà un carattere nazionale ucraino.
La frattura del dominio polacco lungo le rive del Dnpr è efficacemente sfruttata – come la storia ci insegna – dallo zarato di Mosca (dinastia Romanov all’opera) che sfruttano a proprio vantaggio l’evento per erodere dalle fondamenta l’areale d’influenza dei monarchi di Polonia, creando un temporaneo stato cosacco che sarà quindi inglobato nello zarato (fin qui ci siamo già, penso). Occorre aspettare un altro secolo perché anche la zona ad ovest del Dnpr venga inglobata dall’impero russo al tempo della spartizione della Polonia (1772).
Il quadro – su un piano identitario – è quantomai ambiguo a questo punto : tanto i russi quanto i ruteni (futuri bielorussi/ucraini) sono lo stesso popolo, abbiamo detto, benchè evolutosi secondo percorsi diversi. Ora, entro la tarda età moderna (16/17° sec.) i ruteni rientrano sotto l’egida politica di Mosca, prima zarato e poi impero : non è la soluzione ideale ? Popoli di comune ceppo che si ritrovano anche sotto lo stesso scettro ? Per una volta ETHNOS e STATO coincidono……e possono crescere assieme.
Eppure, anche così non è così semplice. Malgrado il comune ceppo etnico, malgrado un potere politico unico, non si cancellano 4/500 anni di divisione così densi di avvenimenti : quello che prende vita non è una perfetta omogenizzazione, ma piuttosto un’unità nella differenza. Prestare attenzione : l’ultima espressione può essere fuorviante, nel senso che può essere utilizzata per descrivere un unico ombrello politico per popoli assai diversi tra loro (tedeschi-italiani oppure anglosassoni-afroamericani), ma in questo caso si tratta di una diversità di grado minore, quella che intercorre tra civilizzazioni gemelle. Occorrerebbe implementare l’espressione facendola suonare “Unità in ARMONICA diversità”….perchè di diversità armonica, compatibile che si sta parlando.
Storicamente lo stato russo NON riesce a russificare in modo totale questi suoi ruteni, malgrado parrebbe cosa facile considerato l’alto grado di somiglianza culturale : li integra pienamente di certo, ma non fino allo stadio di far loro dimenticare che sono stati qualcosa di diverso rispetto alla Russia di Mosca un tempo (gli strati della psiche collettiva e i suoi insondabili labirinti sono la vera chiave qui). Essi sono sudditi dell’impero e slavi come i russi, sono quasi russi (quasi) : qualcosa però li fa sentire più ad ovest che il russo standard. Da questo sentire inizierà il risveglio del secolo XIX analogo a tanti altri popoli del continente europeo. Viene il tempo di Taras Shevchenko (uno dei padri spirituali della nazione ucraina) e il termine “Ucraina” – già esistente da tempo – inizia ad assumere un significato assai più forte che in passato : inizia a indicare una precisa identità nazionale in opposizione alle altre circostanti (il “sé” si definisce sempre in opposizione a ciò che non è “sé”).
Anche questo percorso tuttavia NON è semplice ! Sì, perché definire il “sé” in opposizione a cosa non lo sia è più lineare quando i popoli che ti circondano sono decisamente differenti da noi : nel caso ucraino/russo(e bielorusso) il popolo che vuole distinguersi dai suoi vicini, ha a che fare con vicini che sono assai simili a sé ! Costruire una linea di divisione può essere complesso quando lo straniero è quasi come te….come e dove porre il confine ? (territoriale, ma soprattutto psicologico). Tra tutti i popoli di cui era composto l’impero zarista, il comparto Bielorussia/Ucraina è quello che da meno problemi (comparativamente a casi come la Finlandia o Polonia o Caucaso) : occorre aspettare l’onda sismica del 1917 per vedere emergere una realtà nuova…..e assieme ad essa il germe che vediamo ancora oggi (siamo all’etnonazionalismo cui ho fatto cenno).
Cogliere la vera natura del caso russo/ucraino è quindi complicato e si sbaglia nel valutarlo cadendo in opposti estremismi. Due sono i soggetti che sbagliano….
1- sbaglia l’oltranzismo zarista (chiamiamo così l’atteggiamento più reazionario del nazionalismo russo) che nega con ingenuità ed arroganza l’esistenza di un’identità a parte per questa parte di slavi orientali un tempo “ruteni” e oggi ucraini e bielorussi. Non si vuole capacitare che mezzo millennio di divisione – malgrado la profonda comunanza – abbiano lasciato dei segni delle conseguenze nel più totale processo di etnogenesi.
2- Sbaglia l’”oltranzismo della giustizia” oggi capitanato dal mondo occidentale che interpreta in modo riduttivo l’insorgenza ucraina alla stregua di un qualsiasi conflitto coloniale (dei tanti) che vede contrapposti un dominatore e una vittima, sorvolando completamente (e follemente) il grado di parentela che in questo caso intercorre tra le due entità….fattore questo che nulla può cancellare.
In conclusione (nella prospettiva del sottoscritto) : non si può – a onore di coscienza – affermare che le forze russe facciano una passeggiata di diritto nel proprio giardino, ma al tempo medesimo non si può neppure paragonare il tutto ad un residuo di imperialismo da parte russa. La verità, se si riesce ad intrepretare la storia col metro del lunghissimo termine, è che il processo in corso sotto gli occhi di tutti, ha le sembianze di una grande GUERRA CIVILE non in seno ad un singolo stato, ma entro la cornice di un cosmo culturale -quello slavo orientale – approdato al secolo XXI nuovamente frastagliato. Una guerra civile che non riguarda una singola nazione (come l’espressione pretenderebbe), ma più di una : una “guerra civile sovranazionale”. Labirinti della semantica.
(Termina qui, ma è la premessa per un capitolo sull’etnonazionalismo ucraino più contemporaneo)