GLI STATI UNITI, L’UNIONE EUROPEA E LA GUERRA RUSSO-UCRAINA. a cura di Luigi Longo

GLI STATI UNITI, L’UNIONE EUROPEA E LA GUERRA RUSSO-UCRAINA.

a cura di Luigi Longo

Suggerisco la lettura di tre scritti: il primo scritto riguarda l’intervista all’analista geopolitico russo Leonid Savin apparso sul sito www.comedonchisciotte.org del 24/3/2022 con il titolo In Ucraina laboratori biologici americani. L’obiettivo era la Russia; il secondo scritto concerne l’articolo di Thierry Meyssan con il titolo Ucraina: la grande manipolazione pubblicato sul sito www.voltairenet.org del 22/3/2022; il terzo scritto attiene al saggio di Jacques Baud con il titolo La guerra Russia-Ucraina visto da un ex NATO presentato sul sito www.startmag.it del 20/3/2022 e in precedenza sul sito di Giuseppe Gagliano https://centrostudistrategicicarlodecristoforis.wordpress.com/2022/03/17/la-questione-ucraina-nella-analisi-di-jacques-baud-servizi-segreti-svizzeri/?fbclid=IwAR1EaxLvsPzberetDfh5Sb4HAWR99CVRIYtE_vyreRHzZZh6cx5ncr966U8e sul nostro blog.

Del primo scritto mi interessa evidenziare la presenza in Ucraina dei laboratori biologici statunitensi che conferma l’uso delle armi batteriologiche da parte degli USA nel conflitto multicentrico contro la Cina e la Russia.

Del secondo scritto mi interessa sottolineare la grande manipolazione, da parte dell’Occidente (USA e UE), delle ragioni della guerra russo-ucraina sui diversi fronti: la guerra reale, la guerra diplomatica, la guerra economica e finanziaria, la guerra ideologica.

Del terzo scritto mi interessa rimarcare la ricostruzione delle dinamiche che hanno indotto la Russia ad intervenire in Ucraina con le armi, sia per difendere la propria sicurezza e la propria autonomia, che la strategia USA, tramite l’allargamento della NATO mette in pericolo, sia per proteggere le popolazioni dalla repressione del governo ucraino delle regioni delle repubbliche popolari separatiste del Donetsk e Lugansk; repressione iniziata nel 2014 contro le regioni di lingua russa (Odessa, Dnepropetrovsk, Kharkov, Luhansk e Donetsk) che condusse ad una militarizzazione del contesto e ad alcuni massacri (a Odessa e Mariupol, i più importanti).

Mi interessa anche mettere in luce, perché fa capire la strategia russa, il diverso approccio dell’uso della guerra: per gli occidentali la guerra inizia quando la politica si ferma. Tuttavia, l’approccio russo segue un’ispirazione clausewitziana: la guerra è la continuità della politica e si può passare in modo fluido dall’una all’altra, anche nel corso dei combattimenti. Questo crea pressione sull’avversario e lo spinge a negoziare.

E’ un saggio stimolante anche se non inquadra bene il ruolo degli Stati Uniti come fautori, tramite i loro strumenti NATO e UE, dell’aggressione alla Russia per bloccare il coordinamento (che si sta configurando sempre di più) tra Cina e Russia, potenze in ascesa fondanti il polo Eurasia in grado di mettere in discussione il mondo monocentrico a immagine e somiglianza statunitense.

In conclusione sono tre scritti che danno da diverse angolature una interpretazione della realtà molto vicina alla verità.

In calce è compreso il saggio di Jaques Baud già pubblicato su questo sito il 19 marzo scorso http://italiaeilmondo.com/2022/03/19/la-questione-ucraina-nella-analisi-di-jacques-baud-servizi-segreti-svizzeri-a-cura-di-giuseppe-gagliano/

 

 

 

 

L’ANALISTA GEOPOLITICO SAVIN: “IN UCRAINA LABORATORI BIOLOGICI AMERICANI. L’OBIETTIVO ERA LA RUSSIA”

 

Intervista di Costantino Ceoldo al caporedattore di Geopolitica.ru e fondatore del Journal of Eurasian Affairs: “L’Italia svolge attività ostili contro di noi, il vostro business qui non sarà più lo stesso

 

L’azione militare russa in Ucraina è una cosa che le élite occidentali hanno bramato per molto tempo, guardando ad una eventuale sconfitta della Russia come l’anticamera della sua sottomissione e dissoluzione, anticipatorie del destino della Cina.

L’Occidente, mondo che si sta perdendo nella decadenza LGBT, nel gender, nelle assurde politiche identitarie, guadagnerebbe dalla definitiva sconfitta russa un nuovo “momento unipolare” senza data di scadenza, in cui prospererebbero perversione, schiavitù e bispensiero: alla fin fine, a soccombere sarebbe l’intera umanità, assoggettata all’orrido Nuovo Ordine Mondiale di Davos e del suo grande sacerdote, Klaus Schwab.

In sostanza, siamo di fronte ad una resa dei conti in cui la propaganda ufficiale occidentale presenta le decisioni russe come un gigantesco salto nel vuoto, dovuto alla follia criminale di Vladimir Putin e perciò destinato al fallimento.

Sanzioni economiche di una intensità mai vista, un continuo e totale fuoco di sbarramento mediatico e l’apatia dell’opinione pubblica occidentale (anche Italiana) già stancata da due anni di isteria pandemica, tutto ciò ha permesso di elevare ad esempio di governante modello un ex attore mediocre, Volodymyr Zelens’kyj, uso più che altro a ruoli di scarso valore. Il governo di Kiev, istigato continuamente da Washington, ha potuto così nascondere le sue enormi responsabilità nella crisi attuale, responsabilità che non sono recenti e risalgono a prima del colpo di Stato del 2014. Perfino i nazisti del battaglione Azov hanno tratto un vantaggio da questa situazione e, anzi, l’opinione pubblica occidentale dovrebbe guardare ad essi con l’affettuosa comprensione che si riserva a ragazzotti rudi ma sinceri, un po’ bifolchi ma solidi ed affidabili.

La Russia ha chiaramente un’altra visione della questione ed ha evidentemente accettato la sfida con la determinazione di chi si è preparato a lungo all’inevitabile.

Leonid Savin, analista e scienziato politico russo, ha acconsentito di rispondere ad alcune domande: e le sue risposte permettono di capire il punto di vista russo meglio di quanto non lo permetta la stampa occidentale e la stessa stampa Italiana.

 

Perché la Russia ha invaso l’Ucraina? Cosa voleva e cosa vuole ottenere con questa azione militare?

 

In breve, [l’invasione] è stata fatta a causa dell’aumento della minaccia esistenziale alla Russia stessa – dalla retorica aggressiva ai fatti reali. I laboratori di armi biologiche del Pentagono erano già dispiegati in Ucraina così come le unità paramilitari neonaziste che hanno bombardato le città del Donbass negli ultimi 8 anni. La Russia ha cercato di attirare l’attenzione su questo problema per molti anni (inclusa la mediazione per l’accordo di Minsk) e l’ultimo tentativo è stato nel dicembre 2021, quando Mosca ha detto che se la linea rossa fosse stata superata, ci sarebbe stata una risposta tecnico-militare certa. USA e NATO non erano d’accordo per le proposte russe ed era stato pianificato un enorme attacco militare delle forze ucraine nel Donbass. La Russia ha seguito un’azione di difesa preventiva.

 

I nazisti esistono, ancora e purtroppo, in tutte le parti del mondo. Perché quelli in Ucraina sono così importanti?

 

Il caso ucraino è molto specifico, perché durante la seconda guerra mondiale molti abitanti dell’Ucraina sovietica furono uccisi, torturati e perseguitati dalle truppe naziste tedesche. C’era un gran numero di collaborazionisti che sostenevano il nazismo tedesco e servivano come polizei – i loro discendenti hanno affermato di sostenere l’indipendenza dell’Ucraina, non la Germania nazista. Questo mito è stato ampiamente diffuso in Ucraina dal 1991 e dopo la prima rivoluzione colorata nel 2005, quando il candidato presidenziale filo-occidentale Victor Yushenko è salito al potere, il processo di glorificazione dei collaboratori nazisti di origine ucraina è stato avviato a livello statale. È stato sostenuto e promosso da organizzazioni e fondi occidentali, principalmente dagli Stati Uniti e dal Canada. C’è bisogno di ricordare che alcuni politici contemporanei negli Stati Uniti e in Canada (ad esempio Paula Jon Dobriansky) sono figli di nazionalisti ucraini e collaborazionisti nazisti.

 

Secondo lei, il governo russo ritiene ci sia un collegamento tra i laboratori biologici americani in Ucraina e l’epidemia di Covid che ha colpito il mondo? Se sì: perché?

 

Ci sono documenti trapelati da questi laboratori e resi pubblici in cui vi si parla esperimenti interessanti – pipistrelli e uccelli considerati come vettori di malattie pericolose e rotte migratorie indicavano che la Russia era stata usata come bersaglio. A proposito, alcuni pipistrelli con le etichette di tali laboratori sono già stati trovati nelle città russe vicino al confine con l’Ucraina. Personalmente penso che ci siano stati tentativi di sviluppare qualcosa di più pericoloso e serio del Covid.

 

L’Occidente ha risposto alla decisione russa imponendo un numero sorprendente di sanzioni. Come è la situazione sociale ed economica in Russia ora?

 

Non è stata una sorpresa. È dal 2014 che la Russia è sotto le sanzioni imposte dall’Occidente e il nostro primo ministro, Mikhail Mishustin, ha già detto che la Russia è pronta alle pressioni. Possiamo vedere una certa volatilità della valuta nazionale proprio ora, ma sembra che il rublo si stabilizzi. Inoltre abbiamo alcuni limiti come i viaggi all’estero perché alcune compagnie aeree hanno cancellato voli e [ci sono] interruzioni temporanee alle forniture. Ma in generale la situazione è normale, non ci sono scioperi per fame, si può trovare cibo nei negozi, i prezzi dei carburanti non crescono.

 

Perché circa metà delle riserve auree della Banca Centrale russa erano all’estero, potenzialmente bloccabili dai governi occidentali, come effettivamente è accaduto?

 

Era l’inerzia dell’agenda filo-occidentale: mantenere le riserve russe all’estero. Ma ora Mosca sarà più saggia. Comunque penso che tutte le riserve saranno sbloccate in futuro, perché le contro-sanzioni russe sono efficaci e porteranno, in futuro, più problemi all’Occidente.

 

Quali sono gli alleati più affidabili della Russia in questi giorni?

 

Bielorussia, Cina, Nicaragua, Cuba, Venezuela, Iran, Pakistan, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Pakistan appartengono ai molti che non sono favorevoli alle sanzioni occidentali e non vedono l’ora di collaborare. Naturalmente Kazakistan, Kyrgizstan e Armenia (membri dell’Unione Economica Eurasiatica insieme a Bielorussia e Russia). Ma anche per lo più tutti i paesi africani, il blocco dell’ASEAN (aspettatevi Singapore), i paesi dell’America Latina sono neutrali. Anche la Turchia (membro della NATO).

 

Un’ultima domanda, che coinvolge l’Italia. Come sono ora i rapporti diplomatici con il nostro Paese e, secondo lei, come potranno evolvere in futuro?

 

L’Italia è nell’elenco ufficiale dei paesi che svolgono attività ostili contro la Russia. Quindi, come per altri, ci sarà l’impatto delle misure russe anche sull’Italia. Molto dipende dai prossimi passi dell’Unione Europea e del governo italiano. Mosca guarda con grande attenzione agli attori che ora gestiscono la politica anti-russa. Anche dopo la normalizzazione delle relazioni ci saranno altre regole del gioco e il business italiano non funzionerà in Russia alle stesse condizioni di prima

 

 

UCRAINA: LA GRANDE MANIPOLAZIONE

di Thierry Meyssan

 

Mentre si moltiplicano le rivelazioni sulle violenze commesse negli ultimi otto anni dai banderisti ucraini, gli Occidentali insistono a vedere solo la sofferenza della popolazione civile ucraina. In Occidente le opinioni pubbliche ignorano le cause profonde della guerra, nonché i fatti che hanno indotto il Cremlino a scatenarla. Poco importa, i banderisti stanno per essere sconfitti e le grandi potenze preparano la pace.

Le operazioni militari in Ucraina vanno avanti: i media occidentali e quelli russi le raccontano in modi radicalmente differenti. Due resoconti che divergono non soltanto nella descrizione della guerra, ma anche, e soprattutto, nella descrizione dei suoi obiettivi.

In Occidente la gente è convinta che l’esercito russo abbia problemi logistici enormi e che gli manchi il carburante per i carri armati; che gli aerei colpiscano indiscriminatamente obiettivi militari e civili, distruggendo intere città; che il dittatore Putin non desisterà finché non avrà schiacciato Kiev e ucciso il presidente Zelensky. In Occidente sono altresì convinti che il presidente russo voglia punire l’Ucraina per aver scelto nel 2014 la democrazia invece della ricostituzione dell’Unione Sovietica. Per questa ragione semina morte e desolazione fra la popolazione civile, mentre i suoi soldati vengono uccisi in gran numero.

In Russia si crede invece che i combattimenti siano limitati a zone precise: il Donbass, la costa del Mar di Azov, nonché obiettivi militari sparsi sull’intero territorio; ovviamente si crede ci siano perdite, ma che non si tratti di un’ecatombe. La gente constata con stupore che gli ex alleati della Grande Guerra Patriottica (la seconda guerra mondiale) sostengono i banderisti, ossia i neonazisti ucraini. Ed è anche consapevole che il ripristino della pace è subordinato alla completa neutralizzazione di costoro.

Sullo sfondo, la guerra economica e finanziaria lanciata dall’Occidente contro la Russia. Molte aziende occidentali lasciano il Paese, subito sostituite da altre di Paesi che non partecipano alla guerra. Per esempio, i McDonald sono stati sostituiti dalla catena turca Chitik Chicken, mentre gli Emirati Arabi Uniti hanno accolto gli oligarchi cacciati dall’Europa. La Cina e la Comunità Economica Euroasiatica stanno pianificando un sistema economico e finanziario parallelo a quello di Bretton Woods. In altre parole, il mondo si sta dividendo in due.

Chi racconta la verità?

 

LA GUERRA PROPRIAMENTE DETTA

 

Secondo gli osservatori dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) – il forum intergovernativo istituito con gli Accordi di Helsinki (1973-1975) – la situazione sul fronte del Donbass era stazionaria da diversi mesi quando, mercoledì 16 febbraio 2022, sono ripresi i bombardamenti, culminati nelle 1.400 esplosioni udite venerdì 18 febbraio. I governi locali di Donetsk e Lugansk hanno fatto arretrare oltre centomila persone per proteggerle dal diluvio di fuoco.

La sera del 18 febbraio iniziava la riunione annuale delle élite della Nato, la “Conferenza per la Sicurezza di Monaco”. Uno degli ospiti di spicco, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il 19 febbraio prendeva la parola per dichiarare che l’Ucraina voleva dotarsi di armi nucleari per far fronte alla Russia. Il 20 febbraio la Duma in fermento votava una mozione in cui chiedeva al presidente Putin di riconoscere l’indipendenza delle due repubbliche del Donbass. Putin lo faceva in gran fretta la sera del 21 febbraio: al Cremlino non c’erano nemmeno le bandiere delle due nuove nazioni.

Il 24 febbraio iniziava l’operazione militare russa, dapprima con un bombardamento massiccio dei sistemi di difesa antiaerea, poi con i bombardamenti delle fabbriche d’armi e delle caserme dei banderisti (i neonazisti ucraini). La strategia militare russa era stata improvvisata, così come lo era stato il riconoscimento diplomatico delle repubbliche del Donbass. Infatti sono state utilizzate truppe già stanche per le manovre appena concluse in Bielorussia.

La Casa Bianca e la stampa occidentale, ignorando la guerra del Donbass e le dichiarazioni a Monaco del presidente Zelensky, hanno invece affermato che l’offensiva era in preparazione da molto tempo e che le truppe russe erano state posizionate in anticipo. Il dittatore non poteva accettare la scelta per la democrazia degli ucraini, che voleva perciò costringere a rientrare nell’Impero, come nel 1968 Leonid Breznev aveva fatto con la Cecoslovacchia. Un’interpretazione dei fatti che ha diffuso il panico nei Paesi membri dell’ex Patto di Varsavia e dell’ex Unione Sovietica, dimentica peraltro che Breznev non era russo, ma ucraino.

Da quel momento, applicando la tecnica messa a punto da Jamie Shea durante la guerra del Kosovo, la Nato ogni giorno scrive una nuova storia di grande effetto sui crimini della Russia: dal bombardamento irresponsabile di una centrale nucleare alla frontiera russa, fino all’aneddoto commovente del giovane che raggiunge da solo la liberà, attraversando l’Europa fino a Berlino. Cose ridicole ma suscettibili di sconvolgere, ampiamente riprese dai media occidentali, senza alcuna verifica né spirito critico.

 

LA GUERRA DIPLOMATICA

 

Siccome le cose si mettevano male per l’esercito ucraino e gli ausiliari banderisti (o neonazisti, secondo la terminologia russa), sin dal secondo giorno di guerra il presidente Zelensky ha sollecitato l’ambasciata di Cina a Kiev a trasmettere al Cremlino una richiesta di negoziazione. Gli Stati Uniti dapprima si sono opposti, poi hanno lasciato fare. Francia e Germania hanno preso le prime iniziative, poi però sono state sostituite da Turchia e Israele. Un fatto scontato, dal momento che Francia e Germania sono venute meno alle responsabilità assunte quali garanti degli Accordi di Minsk: hanno permesso il massacro da parte di Kiev di un numero di persone che oscilla da 13 a 22 mila. La Turchia invece ha sì appoggiato i tatari ucraini, ma senza compiere azioni in Ucraina, mentre Israele ha bruscamente realizzato il pericolo rappresentato dai banderisti (ossia neonazisti), che il proprio ambasciatore aveva a suo tempo denunciato come reale.

I negoziati proseguivano bene, nonostante l’assassinio da parte dei banderisti ucraini di un delegato del loro Paese, il banchiere Danis Kireev, colpevole ai loro occhi di aver affermato che ucraini e russi sono fratelli slavi; e nonostante la trovata del ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, che imprudentemente e con poco tatto ha rammentato che la Francia è una potenza nucleare, provocando così la messa in allerta nucleare della Russia.

È difficile immaginare la conclusione di questi negoziati. L’Ucraina, che ha integrato nelle Forze di Difesa Territoriali 102 mila banderisti, potrebbe essere disarmata e messa sotto la protezione di Stati Uniti e Regno Unito (vale a dire di fatto della Nato). In questo modo si rispetterebbero i trattati, in particolare le Dichiarazioni di Istanbul (1999) e di Astana (2010). L’Ucraina avrebbe così diritto a scegliere i propri alleati ma non a ospitare armi straniere sul proprio territorio. Potrebbe quindi firmare accordi per la propria difesa, ma non far parte di un comando integrato. È una posizione molto gollista: Charles De Gaulle aveva mantenuto l’adesione della Francia all’Organizzazione del Trattato del Nord-Atlantico, ma aveva ritirato le forze armate francesi dal comando integrato e mandato via i soldati statunitensi dal territorio francese.

La Russia dovrebbe occupare in modo permanente, forse annettere, la costa del Mar di Azov (compresa Mariupol), in modo da collegare la Crimea al Donbas. Inoltre dovrebbe occupare, forse annettere, il canale della Crimea del Nord, che fornisce acqua potabile alla penisola. Infine potrebbe occupare, forse annettere, la costa del Mar Nero (compresa Odessa), in modo da congiungere la Crimea alla Transnistria. La minoranza ungherese, anch’essa vittima dei banderisti che hanno chiuso le sue scuole, potrebbe essere annessa all’Ungheria. Tuttavia la scelta migliore non è mai foriera di bene: la privazione dell’Ucraina dell’accesso al mare potrebbe essere causa di futuri conflitti.

Unica cosa sicura: la Russia proseguirà l’azione militare fino alla neutralizzazione di tutti i bandieristi e, limitatamente a questo, avrà il sostegno di Israele. Da questo punto di vista l’incontro che il presidente Putin ha convocato a Mosca «contro i nazisti» non è semplicemente un mostrare determinazione a beneficio dell’opinione pubblica russa: è già un proclama di vittoria. Tutti i monumenti innalzati a Stepan Bandera e ai nazisti dovranno essere distrutti. Le altre nazioni che hanno sostenuto i neonazisti, in particolare la Lettonia, dovranno prenderne atto.

 

LA GUERRA ECONOMICA E FINANZIARIA

 

È su questo piano che gli Stati Uniti si giocano tutto. Sono riusciti in pochi giorni a far prendere misure unilaterali, quindi illegittime per il diritto internazionale, a tutti gli alleati. Ma queste misure, denominate sanzioni, benché non derivanti da un tribunale, non sono sostenibili a medio termine. Già ora hanno scatenato una speculazione sfrenata sull’energia e un immediato rialzo dei prezzi in Europa. Le grandi imprese europee lasciano la Russia a malincuore: al Cremlino dicono di non avere scelta, ma sperano di tornare al più presto.

Il presidente Putin incolpa i liberali, accusati ancora recentemente di essersi venduti all’estero. L’ex presidente Dmitri Medvedev è tornato in auge. La direttrice della Banca centrale russa, Elvira Nabiullina, prescelta nel periodo idilliaco con l’Occidente, è stata presentata alla Duma per succedere a se stessa; ora però sarà affiancata da altre personalità. A Sergei Glazyev, il cui nome è associato al periodo delle privatizzazioni dell’era Yeltsin, è stata affidata la creazione di un nuovo sistema economico e finanziario alternativo a quello di Bretton Woods, concepito dagli anglosassoni nel 1944.
Tutto è loro perdonato, purché garantiscano ai cinesi e alla Comunità Economica Euroasiatica (Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Russia e Tagikistan) che non saranno statalisti.

 

LA GUERRA IDEOLOGICA

 

La pace in Ucraina non risolverà il conflitto tra Russia e Stati Uniti aperto il 17 dicembre 2021. Esso si protrarrà su altri fronti. Gli Straussiani intendono usare sul piano globale i temi religiosi di cui hanno usato e abusato per attaccare la Russia in Bosnia-Erzegovina, Afghanistan, Cecenia e Medio Oriente Allargato.

Ricordiamoci che l’orientalista straussiano Bernard Lewis (ex agente dei servizi segreti britannici, poi membro del Consiglio di Sicurezza Nazionale USA, infine consigliere di Benjamin Netanyahu) aveva concepito uno strumento per mobilitare gli arabi, invece degli Occidentali, contro i russi. È la strategia dello «scontro di civiltà». Aveva inculcato ai credenti mussulmani la convinzione che in Afghanistan dovevano battersi contro gli atei sovietici. È questa la visione cui si ispirarono gli arabi-afghani di Osama Bin Laden. La stessa strategia è stata usata con successo in Bosnia-Erzegovina e in Cecenia. In Afghanistan la NATO si è appoggiata all’esercito saudita e ai Guardiani della Rivoluzione iraniani, nonché su alcuni elementi dello Hezbollah libanese. Uno straussiano, Richard Perle, è persino diventato consigliere diplomatico del presidente bosniaco Alija Izetbegovic, di cui Osama Bin Laden era consigliere militare. In seguito, nella seconda guerra di Cecenia, gli Straussiani organizzarono l’alleanza tra banderisti ucraini e islamisti ceceni (Congresso di Ternopol, 2007), logisticamente sostenuti dalla Milli Görüş, all’epoca diretta da Recep Tayyip Erdoğan. Tutti hanno combattuto fianco a fianco per l’Emirato Islamico di Ichkeria (Cecenia). Infine la strategia di Bernard Lewis fu resa popolare dal suo assistente, Samuel Huntington, che non la presentò più come piano militare, ma come fatalità atta a spiegare gli attentati dell’11 settembre 2001 quale esito della mentalità dei mussulmani in generale.

Già da quattro anni gli Straussiani hanno deciso di riaprire lo scisma che nell’XI secolo separò i cattolici dagli ortodossi: niente può fermare chi combatte nel convincimento di servire Dio. Dapprima si sono spesi per far scindere la Chiesa ortodossa ucraina dal patriarcato di Mosca. Ci sono riusciti grazie all’aiuto della Turchia, che ha fatto pressioni sul patriarca di Costantinopoli. Adesso intendono rinfocolare le passioni religiose riesumando le profezie di Fatima. Nel 1917, subito dopo la Rivoluzione russa, la Vergine Maria apparve a dei veggenti portoghesi, cui affidò diversi messaggi, uno dei quali d’implicita denuncia del rovesciamento dello zar, sovrano per diritto divino. La Russia era la nazione che aveva scelto il Male e voleva diffonderlo.
Il consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, si è quindi recato a Roma per un incontro con la Cina, in realtà per convincere papa Francesco. Vi è riuscito.

È stato fissato un calendario. Il presidente Zelensky si rivolgerà al parlamento francese; indi il presidente Biden verrà in Europa per presiedere un vertice straordinario della NATO; infine papa Francesco, esaudendo la richiesta della Vergine Maria a Fatima, consacrerà l’Ucraina e la Russia al Cuore immacolato della Vergine. Può sembrare una messinscena artificiosa, ma questa successione di avvenimenti dovrebbe avere un impatto emotivo potente. Per molti cattolici combattere la Russia diventerà un dovere religioso.

 

CONCLUSIONE

 

Nelle prossime settimane il presidente Joe Biden dovrebbe cimentarsi in una nuova narrazione, con l’intento di presentare la pace in Ucraina come vittoria del buonsenso. Poco importa che gli ucraini abbiano giocato e perso. Poco importa che i banderisti siano fatti prigionieri o siano morti. Poco importa che l’Ucraina perda l’accesso al mare. Gli alleati saranno indotti ad aumentare le spese militari e a pagare con i loro soldi la carneficina.

 

 

LA GUERRA RUSSIA-UCRAINA VISTA DA UN EX NATO

di Jacques Baud

 

Il saggio di Jacques Baud, analista strategico svizzero, Head Small Arms and Light Weapons & Mine Action/Political Affairs and Security Policy Division/Nato (Brussels) dal 2013 al 2017.

 

I referendum condotti dalle due repubbliche autoproclamate di Donetsk e di Lugansk nel maggio 2014 non sono stati referendum di “indipendenza” (независимость), come sostenuto da alcuni giornalisti poco scrupolosi, ma referendum di “autodeterminazione” o di “autonomia”. L’aggettivo “filo-russo” suggerisce che la Russia fosse parte del conflitto, ma non era proprio il caso. Il termine “russofoni” sarebbe stato più onesto. D’altra parte, questi referendum sono stati proposti contro il parere di Vladimir Putin.

In realtà, queste repubbliche non hanno cercato di separarsi dall’Ucraina, ma di acquisire uno status di autonomia che garantisca loro l’uso del russo come lingua ufficiale. Infatti, il primo atto legislativo del nuovo governo formato dopo il rovesciamento del presidente Yanukovych, è stata l’abolizione, il 23 febbraio 2014, della legge Kivalov-Kolesnichenko del 2012 che faceva del russo una lingua ufficiale. Questa decisione provocò una tempesta nella parte di popolazione di lingua russa. Ne seguì una feroce repressione contro le regioni di lingua russa (Odessa, Dnepropetrovsk, Kharkov, Luhansk e Donetsk) fin dal febbraio 2014, che condusse ad una militarizzazione del contesto e ad alcuni massacri (a Odessa e Mariupol, i più importanti). Alla fine dell’estate del 2014, non resta altro che le repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk.

In questa fase, troppo rigidi e trincerati dietro ad un approccio dottrinario dell’arte delle operazioni, gli stati maggiori ucraini subiscono il nemico senza riuscire ad imporsi. L’esame dello svolgimento dei combattimenti nel 2014-2016 nel Donbass mostra che lo stato maggiore ucraino ha applicato sistematicamente e meccanicamente gli stessi schemi operativi. Tuttavia, la guerra condotta dagli autonomisti assomiglia molto a ciò che osserviamo nel Sahel: delle operazioni molto mobili effettuate con mezzi leggeri. Con un approccio più flessibile e meno dottrinario, i ribelli sono stati in grado di sfruttare l’inerzia delle forze ucraine per “intrappolarle” ripetutamente.

I ribelli sono armati grazie alle defezioni delle unità ucraine di lingua russa che passano dalla parte dei ribelli. Con il progredire degli insuccessi ucraini, i battaglioni di carri armati, di artiglieria o di contraerea incrementano i ranghi degli autonomisti. È questo ciò che spinge gli ucraini ad impegnarsi negli accordi di Minsk.

Ma, subito dopo aver firmato gli accordi di Minsk 1, il presidente ucraino Petro Poroshenko lancia una vasta operazione antiterrorismo (ATO / Антитерористична операція) contro il Donbass. Bis repetita placent: consigliati male dagli ufficiali della Nato, gli ucraini subiscono una sconfitta schiacciante a Debaltsevo che li costringe ad impegnarsi negli Accordi di Minsk 2.

È essenziale ricordare qui che gli accordi di Minsk 1 (settembre 2014) e Minsk 2 (febbraio 2015), non prevedevano né la separazione, né l’indipendenza delle repubbliche, ma la loro autonomia nel quadro dell’Ucraina. In queste accordi è scritto esplicitamente che lo status delle repubbliche doveva essere negoziato tra Kiev e i rappresentanti delle repubbliche, per una soluzione interna all’Ucraina.

Ecco perché dal 2014, la Russia ha sistematicamente chiesto la loro applicazione rifiutando di essere parte nei negoziati, perché era una questione interna all’Ucraina. D’altra parte, l’Occidente – guidato dalla Francia – ha rigorosamente cercato di sostituire gli accordi di Minsk con il “formato Normandia”, che portava russi e ucraini faccia a faccia. Tuttavia, ricordiamoci che non ci sono mai state truppe russe nel Donbass prima del 23-24 febbraio 2022. D’altra parte, nemmeno gli osservatori dell’Osce hanno mai osservato la minima traccia di unità russe operative nel Donbass. Allo stesso modo, la mappa dell’intelligence americana pubblicata dal Washington Post il 3 dicembre 2021 non mostra truppe russe nel Donbass.

Nell’ottobre 2015, Vasyl Hrytsak, direttore del Servizio di sicurezza dell’Ucraina (SBU), ha confessato che solo 56 combattenti russi erano stati osservati nel Donbass. L’esercito ucraino era allora in uno stato deplorevole. Nell’ottobre 2018, dopo quattro anni di guerra, il capo della Procura Militare ucraina Anatoly Matios dichiarava che l’Ucraina aveva perso 2.700 uomini nel Donbass: 891 per malattie, 318 per incidenti stradali, 177 per altri incidenti, 175 per avvelenamenti (alcol, droghe), 172 per manipolazione imprudente di armi, 101 per violazioni di regole di sicurezza, 228 per omicidio e 615 suicidi.

In effetti, l’esercito è minato dalla corruzione dei suoi quadri e non gode più del sostegno della popolazione. Secondo un rapporto del ministero degli Interni del Regno Unito, in occasione del richiamo dei riservisti nel marzo-aprile 2014, il 70% non si è presentato per la prima sessione, l’80% per la seconda, il 90% per la terza e il 95% per la quarta. Nell’ottobre/novembre 2017, il 70% dei soldati di leva non si è presentato alla campagna di richiamo “Autunno 2017”. Per non parlare dei suicidi e delle diserzioni (queste spesso a beneficio degli autonomisti) che raggiungono fino al 30% delle forze nella cosiddetta area di Anti-Terrorist Operation. I giovani ucraini si rifiutano di andare a combattere nel Donbass e preferiscono l’emigrazione, il che spiega anche, almeno parzialmente, il deficit demografico del paese.

Il ministero della Difesa ucraino si rivolge allora alla Nato per farsi aiutare a rendere le proprie forze armate più “attraenti”. Ma ciò richiede tempi molto lunghi e proprio per questo il governo ucraino ha fatto ricorso a milizie paramilitari per compensare la mancanza di soldati. Esse sono soprattutto composte da mercenari stranieri, spesso attivisti di estrema destra. Nel 2020, esse costituivano circa il 40% delle forze ucraine e contavano circa 102.000 uomini, secondo Reuters. Sono armate, finanziate e addestrate dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dal Canada e dalla Francia. Vi sono rappresentate più di 19 nazionalità, tra le quali quella svizzera.

I paesi occidentali hanno quindi chiaramente creato e sostenuto le milizie ucraine di estrema destra. Nell’ottobre 2021, il Jerusalem Post ha lanciato l’allarme denunciando il progetto Centuria. Queste milizie operano nel Donbass dal 2014, con il sostegno occidentale. Sebbene il termine “nazista” possa essere discusso, resta il fatto che queste milizie sono violente, diffondono un’ideologia nauseante e sono virulentemente antisemite. Il loro antisemitismo è più culturale che politico, motivo per cui il termine “nazista” non è davvero appropriato. Il loro odio per l’ebreo deriva dalle grandi carestie degli anni 1920 e 1930 in Ucraina, derivanti dalla confisca dei raccolti da parte di Stalin per finanziare la modernizzazione dell’Armata Rossa. Tuttavia, questo genocidio – noto in Ucraina come Holodomor – è stato perpetrato dal NKVD (antenato del KGB), i cui livelli dirigenziali superiori erano composti principalmente da ebrei. Ecco perché, oggi, gli estremisti ucraini chiedono a Israele di scusarsi per i crimini del comunismo, come osserva il Jerusalem Post. Siamo quindi ben lontani da una “riscrittura della storia” da parte di Vladimir Putin.

Queste milizie, nate dai gruppi di estrema destra che hanno animato la rivoluzione dell’Euromaidan nel 2014, sono composte da individui fanatici e brutali. La più nota di queste è il reggimento Azov, il cui emblema ricorda quello della 2a Divisione Panzer SS Das Reich, che è oggetto di vera venerazione in Ucraina per aver liberato Kharkov dai sovietici nel 1943, prima di perpetrare in Francia il massacro di Oradour-sur-Glane nel 1944.

Tra le figure famose del reggimento Azov c’era l’oppositore Roman Protassevitch, arrestato nel 2021 dalle autorità bielorusse a seguito del caso del volo RyanAir FR4978. Il riferimento è al dirottamento intenzionale di un aereo di linea da parte di un MiG-29 il 23 maggio 2021 – con l’accordo di Putin, ovviamente – per arrestare Protassevitch, anche se le informazioni ora disponibili non confermano in alcun modo questo scenario.

Protassevitch un “giornalista” innamorato della democrazia. In verità, un’indagine piuttosto illuminante prodotta da una ONG americana nel 2020, metteva in evidenza le attività militanti di estrema destra di Protassevitch. Il complottismo occidentale si mette allora in moto e dei media poco scrupolosi “ripuliscono” la sua biografia. Infine, nel gennaio 2022, viene pubblicato il rapporto dell’ICAO a riprova che, malgrado alcuni errori procedurali, la Bielorussia ha agito in conformità con le regole in vigore e che il MiG-29 è decollato 15 minuti dopo che il pilota RyanAir aveva deciso di atterrare a Minsk. Quindi nessun complotto bielorusso, tanto meno in complicità con Putin. Un altro dettaglio: Protassevitch, crudelmente torturato dalla polizia bielorussa, ora è libero.

La qualifica di “nazista” o “neonazista” data ai paramilitari ucraini è considerata propaganda russa. Forse, ma questa non è l’opinione del Times of Israel, del Simon Wiesenthal Center o del Counterterrorism Center della West Point Academy. Ciò detto, possiamo parlarne perché, nel 2014, la rivista Newsweek sembrava invece associarli invece allo Stato islamico. Dunque, l’Occidente sostiene e continua ad armare le milizie che dal 2014 si sono rese colpevoli di molti crimini contro le popolazioni civili: stupri, torture e massacri. Mentre il governo svizzero è stato molto veloce ad assumere sanzioni contro la Russia, non ne ha adottata alcuna contro l’Ucraina, che massacra la propria popolazione dal 2014. In effetti, chi si batte per difendere i diritti umani in Ucraina ha condannato da lungo tempo le azioni di questi gruppi, ma non è stato seguito dai nostri governi. Questo perché, in realtà, non stiamo cercando di aiutare l’Ucraina, ma piuttosto di combattere la Russia.

L’integrazione di queste forze paramilitari nella Guardia Nazionale non si è in alcun modo accompagnata ad una “denazificazione”, come alcuni pretenderebbero. Tra i tanti esempi, quello delle insegne del Reggimento Azov è edificante.

Molto schematicamente, nel 2022, le forze armate ucraine che combattono l’offensiva russa sono articolate in:
– Esercito, sotto il controllo del ministero della Difesa: è articolato in 3 corpi d’armata e composto da formazioni di manovra (carri armati, artiglieria pesante, missili, ecc.).
– Guardia Nazionale, che dipende dal ministero dell’Interno ed è articolata in 5 comandi territoriali.

La Guardia Nazionale è quindi una forza di difesa territoriale che non fa parte dell’esercito ucraino. Comprende milizie paramilitari, chiamate “battaglioni di volontari” (добровольчі батальйоні), conosciute anche con il nome evocativo di “battaglioni di rappresaglia”, costituiti da fanteria. Principalmente addestrati per il combattimento urbano, ora difendono città come Kharkov, Mariupol, Odessa, Kiev, ecc.

La maggior parte dei servizi non sono più in grado di comprendere la situazione militare in Ucraina. Gli autoproclamati “esperti” che sfilano sui nostri schermi trasmettono instancabilmente le stesse informazioni modulate dall’affermazione che la Russia – e Vladimir Putin – sono irrazionali. Facciamo un passo indietro.

Dal novembre 2021, gli americani non smettono di denunciare la minaccia di un’invasione russa dell’Ucraina. Eppure gli ucraini non sembrano essere d’accordo. Per quale motivo?

Dobbiamo tornare al 24 marzo 2021. Quel giorno, Volodymyr Zelensky emise un decreto per la riconquista della Crimea e iniziò a schierare le sue forze nel sud del paese. Simultaneamente, si svolgono diverse esercitazioni della Nato tra il mar Nero e il mar Baltico, accompagnate da un significativo aumento dei voli di ricognizione lungo il confine russo. La Russia ha poi condotto alcune esercitazioni, al fine di verificare la prontezza operativa delle sue truppe e per dimostrare che stava seguendo l’evoluzione della situazione.

Le acque si calmano fino a ottobre-novembre, con la fine delle esercitazioni ZAPAD 21, i cui movimenti di truppe sono interpretati come un rinforzo in vista di un’offensiva contro l’Ucraina. Eppure anche le autorità ucraine confutano l’idea di preparativi russi per la guerra e Oleksiy Reznikov, ministro della Difesa ucraino, afferma che non c’è stato alcun cambiamento al confine dalla primavera.

In violazione degli accordi di Minsk, l’Ucraina conduce delle operazioni aeree nel Donbass utilizzando droni, con cui effettua almeno un attacco contro un deposito di carburante a Donetsk nell’ottobre 2021. La stampa americana lo nota, ma non quella europea, e nessuno condanna queste incursioni.

Nel febbraio 2022, gli eventi precipitano. Il 7 febbraio, durante la sua visita a Mosca, Emmanuel Macron ribadisce a Vladimir Putin il suo attaccamento agli accordi di Minsk, un impegno che avrebbe ripetuto al termine del suo incontro con Volodymyr Zelensky, il giorno successivo. Ma l’11 febbraio, a Berlino, dopo 9 ore di lavori, si conclude senza un risultato concreto la riunione dei consiglieri politici dei leader del “Formato Normandia”: gli ucraini si rifiutano ancora di attuare gli accordi di Minsk, apparentemente sotto la pressione degli Stati Uniti. Vladimir Putin constata allora che Macron gli ha fatto promesse vane, e che l’Occidente non è pronto a far rispettare gli accordi, come d’altronde è da otto anni.

I preparativi ucraini nell’area di contatto continuano. Il Parlamento russo si allarma e il 15 febbraio chiede a Vladimir Putin di riconoscere l’indipendenza delle repubbliche, cosa che egli rifiuta di fare.

Il 17 febbraio, il presidente Joe Biden annuncia che la Russia avrebbe attaccato l’Ucraina nei giorni successivi. Come fa a saperlo? Dal 16 febbraio, i bombardamenti di artiglieria sulle popolazioni del Donbass sono drammaticamente aumentati, come dimostrano i rapporti quotidiani degli osservatori dell’Osce. Naturalmente, né i media, né l’Unione europea, né la Nato, né alcun governo occidentale reagisce né interviene. Si dirà in seguito che questa è disinformazione russa. Nei fatti, sembra che l’Unione europea e alcuni paesi abbiano deliberatamente ignorato il massacro del popolo del Donbass, sapendo che ciò avrebbe provocato un intervento russo.

Allo stesso tempo, ci sono segnalazioni di atti di sabotaggio nel Donbass. Il 18 gennaio, i combattenti del Donbass hanno intercettato sabotatori equipaggiati con attrezzature di lingua occidentale che tra loro si esprimevano in polacco e cercavano di provocare incidenti chimici a Gorlivka. Potrebbero essere mercenari della CIA costituiti da combattenti ucraini o europei, guidati o “consigliati” dagli americani per compiere azioni di sabotaggio nelle Repubbliche del Donbass.

In effetti, Joe Biden sa già dal 16 febbraio che gli ucraini hanno iniziato a bombardare le popolazioni civili del Donbass, mettendo Vladimir Putin di fronte a una scelta difficile: aiutare militarmente il Donbass, e creare un problema internazionale, o stare a guardare i russofoni del Donbass farsi schiacciare.

Se decide di intervenire, Vladimir Putin può invocare l’obbligo internazionale della “Responsibility To Protect ” (R2P). Ma sa che qualunque sia la sua natura o la sua portata, l’intervento innescherà una pioggia di sanzioni. Pertanto, che il suo intervento sia limitato al Donbass oppure che si spinga oltre per fare pressione sugli Occidentali con riguardo allo status dell’Ucraina, il prezzo da pagare sarà lo stesso. Questo è ciò che spiega nel suo discorso del 21 febbraio.

Quel giorno, accetta la richiesta della Duma e riconosce l’indipendenza delle due repubbliche del Donbass e, subito dopo, firma trattati di amicizia e assistenza con esse.

I bombardamenti dell’artiglieria ucraina sul popolo del Donbass proseguono e il 23 febbraio le due repubbliche chiedono aiuto militare russo. Il 24, Vladimir Putin invoca l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, che prevede l’assistenza militare nel quadro di un’alleanza difensiva.

Al fine di rendere l’intervento russo totalmente illegale agli occhi dell’opinione pubblica, viene deliberatamente nascosto il fatto che la guerra sia effettivamente iniziata il 16 febbraio. L’esercito ucraino si stava preparando ad attaccare il Donbass già nel 2021, come alcuni servizi di intelligence russi ed europei sapevano bene. Nel suo discorso del 24 febbraio, Vladimir Putin ha esposto i due obiettivi della sua operazione: “smilitarizzare” e “de-nazificare” l’Ucraina. Non si tratta quindi di impadronirsi dell’Ucraina, o addirittura di occuparla, e certamente non di distruggerla.

A partire da quel momento, la visibilità sullo sviluppo dell’operazione è limitata: i russi hanno un’eccellente capacità di mantenere segrete le operazioni (processo OPSEC) e i dettagli della loro pianificazione non sono conosciuti. Certo, abbastanza rapidamente, lo svolgimento delle operazioni consente di capire come gli obiettivi strategici siano stati tradotti sul piano operativo.

– Smilitarizzazione: distruzione a terra dell’aviazione ucraina, dei sistemi di difesa aerea e delle risorse di ricognizione;
– neutralizzazione delle strutture di comando e di intelligence (C3I), nonché delle principali rotte logistiche nella profondità del territorio;
-accerchiamento della maggior parte dell’esercito ucraino ammassato nel sud-est del paese.

– Denazificazione: distruzione o neutralizzazione di battaglioni di volontari che operano nelle città di Odessa, Kharkov e Mariupol, nonché in altre sedi sul territorio.

L’offensiva russa si sta svolgendo in un modo molto “classico”. In primo luogo – come avevano fatto gli israeliani nel 1967 – con la distruzione a terra dell’aviazione nelle primissime ore. Poi, assistiamo a una progressione simultanea su più assi, secondo il principio dell’”acqua che scorre”: si avanza ovunque la resistenza sia debole e si lasciano le città per un secondo momento. A nord, la centrale di Chernobyl è occupata immediatamente per prevenire atti di sabotaggio. Le immagini dei soldati ucraini e russi che monitorano congiuntamente l’impianto non sono mostrate, naturalmente.

L’idea che la Russia stia cercando di impadronirsi di Kiev, la capitale, per eliminare Zelensky, viene tipicamente dagli occidentali: questo è ciò che essi hanno fatto in Afghanistan, Iraq, Libia e ciò che volevano fare in Siria con l’aiuto dello Stato islamico. Ma Vladimir Putin non ha mai avuto intenzione di eliminare o rovesciare Zelensky. Al contrario, la Russia cerca di tenerlo al potere spingendolo a negoziare con l’assedio a Kiev. Lui che si era rifiutato di farlo fino ad ora per attuare gli accordi di Minsk, ma ora i russi vogliono ottenere la neutralità dell’Ucraina.

Molti commentatori occidentali sono rimasti sorpresi dal fatto che i russi abbiano continuato a cercare una soluzione negoziata, mentre conducevano operazioni militari. La spiegazione è nella filosofia strategica russa, fin dai tempi sovietici. Per gli occidentali, la guerra inizia quando la politica si ferma. Tuttavia, l’approccio russo segue un’ispirazione clausewitziana: la guerra è la continuità della politica e si può passare in modo fluido dall’una all’altra, anche nel corso dei combattimenti. Questo crea pressione sull’avversario e lo spinge a negoziare.

Da un punto di vista operativo, l’offensiva russa è stata esemplare: in sei giorni, i russi hanno conquistato un territorio vasto come il Regno Unito, con una velocità di avanzamento superiore a quella che la Wehrmacht aveva raggiunto nel 1940.

La maggior parte dell’esercito ucraino era schierata nel sud del paese per una grande operazione contro il Donbass. Ecco perché le forze russe sono state in grado di circondarla all’inizio di marzo nel “calderone” tra Slavyansk, Kramatorsk e Severodonetsk, con una spinta da est attraverso Kharkov e un’altra da sud dalla Crimea. Le truppe delle repubbliche di Donetsk (DPR) e delle repubbliche di Luhansk (LPR) hanno completato l’azione delle forze russe con una spinta da est.

A questo punto, le forze russe stanno lentamente stringendo la morsa, ma non sono più sotto la pressione del tempo. Il loro obiettivo di smilitarizzazione è quasi raggiunto e le forze ucraine residue non hanno più una struttura di comando operativa e strategica.

Per quanto riguarda le repubbliche del Donbass, esse hanno “liberato” i propri territori e stanno combattendo nella città di Mariupol.

In città come Kharkov, Mariupol e Odessa, la difesa è assicurata da milizie paramilitari. Sanno che l’obiettivo della “denazificazione” è principalmente rivolto a loro.

Per un aggressore in area urbana, i civili rappresentano un problema. Questo è il motivo per cui la Russia sta cercando di creare corridoi umanitari per svuotare le città di civili e lasciare solo le milizie al fine di combatterle più facilmente.

Al contrario, queste milizie cercano di mantenere i civili nelle città per dissuadere l’esercito russo dal venirvi a combattere. Ecco perché sono riluttanti a implementare questi corridoi e fanno di tutto per garantire che gli sforzi russi siano vani: possono così usare la popolazione civile come “scudi umani”. Come è ovvio, i video che mostrano civili che cercano di lasciare Mariupol e vengono picchiati dai combattenti del reggimento Azov sono accuratamente censurati da noi.

Su Facebook, il gruppo Azov era classificato nella stessa categoria dello Stato islamico e soggetto alla “politica della piattaforma su individui e organizzazioni pericolosi”. Era quindi vietato glorificarlo e i “post” che gli erano favorevoli venivano sistematicamente banditi. Ma il 24 febbraio, Facebook ha cambiato la sua policy e ha permesso post favorevoli alla milizia. Parimenti, a marzo, la piattaforma ha autorizzato l’appello all’omicidio di soldati e leader russi negli ex paesi dell’Europa orientale. Questo per quanto riguarda i valori che ispirano i nostri leader, come vedremo di seguito.

I nostri media diffondono un’immagine romantica della resistenza popolare. È questa immagine che ha portato l’Unione europea a finanziare la distribuzione di armi alla popolazione civile. Si tratta, in verità, di un atto criminale.

Queste strutture di comando sono l’essenza degli eserciti: la loro funzione è quella di incanalare l’uso della forza in funzione di un obiettivo. Armando i cittadini in modo disordinato, come avviene attualmente, l’Ue li trasforma in combattenti, e quindi anche in potenziali obiettivi. Inoltre, senza comando, senza scopi operativi, la distribuzione di armi porta inevitabilmente a regolamenti di conti, a banditismo e ad azioni più letali che efficaci. La guerra diventa una questione di emozioni. La forza diventa violenza. È esattamente quello che è successo a Tawarga (Libia) dall’11 al 13 agosto 2011, dove 30.000 neri africani sono stati massacrati con armi paracadutate (illegalmente) dalla Francia. D’altra parte, anche il Royal Institute for Strategic Studies (RUSI) britannico non vede alcun valore aggiunto in queste consegne di armi.

Inoltre, quando si consegnano armi a un paese in guerra, ci si espone al rischio di essere considerati belligeranti. Gli attacchi russi del 13 marzo 2022 sulla base aerea di Mykolaiv seguono il loro avvertimento che le spedizioni di armi sarebbero state trattate come obiettivi ostili.

L’Ue ripete la disastrosa esperienza del Terzo Reich nelle ultime ore della battaglia di Berlino. La guerra deve essere lasciata ai militari, e quando una parte ha perso, bisogna ammetterlo. E se ci deve essere una resistenza, essa deve necessariamente essere guidata e strutturata. Invece, stiamo facendo esattamente il contrario: i cittadini vengono spinti a combattere e, allo stesso tempo, Facebook sta permettendo appelli all’omicidio di soldati e leader russi. Questo per quanto riguarda i valori che ci ispirano.

In alcuni servizi di intelligence, questa decisione irresponsabile è vista come un modo per usare la popolazione ucraina come carne da macello per combattere la Russia di Vladimir Putin. Questo tipo di decisione omicida doveva essere lasciata ai colleghi del nonno di Ursula von der Leyen. Sarebbe stato più saggio avviare negoziati e così ottenere garanzie per la popolazione civile, piuttosto che aggiungere benzina sul fuoco. È facile essere combattivi con il sangue degli altri.

È importante chiarire fin da subito che non è l’esercito ucraino che difende Mariupol, ma la milizia Azov, che è composta da mercenari stranieri.

Nel suo riassunto della situazione del 7 marzo 2022, la missione russa delle Nazioni Unite a New York dichiara che “i residenti riferiscono che le forze armate ucraine hanno evacuato il personale dal reparto di maternità dell’ospedale della città di Mariupol e hanno istituito una postazione di tiro all’interno della struttura”.

L’8 marzo, il media russo indipendente Lenta.ru, ha pubblicato la testimonianza di civili di Mariupol che hanno affermato che il reparto maternità era stato preso dalle milizie del reggimento Azov che avevano cacciato gli occupanti civili, minacciandoli con le armi. Essi confermano così le dichiarazioni dell’ambasciatore russo di poche ore prima.

L’ospedale di Mariupol occupa una posizione dominante. Per questo è perfettamente adatto al posizionamento di armi anticarro e all’osservazione. Il 9 marzo, le forze russe colpiscono l’edificio. Secondo la Cnn, ci sono 17 feriti, ma il filmato non mostra vittime in quegli ambienti e nulla prova che le vittime di cui si parla siano collegate a questo attacco. Si parla di bambini, ma in realtà non vediamo nulla. Può essere vero, ma può essere falso. Ciò non impedisce ai leader dell’Ue di vederlo come un crimine di guerra. Ciò consente, subito dopo, a Zelensky di invocare una no-fly zone sull’Ucraina.

In realtà, non si sa esattamente cosa sia successo. Ma la sequenza degli eventi tende a confermare che le forze russe abbiano colpito una posizione del reggimento Azov e che il reparto maternità fosse quindi libero da civili.

Il problema è che le milizie paramilitari che assicurano la difesa delle città sono incoraggiate dalla comunità internazionale a non rispettare gli usi di guerra. Sembra che gli Ucraini abbiano riprodotto l’episodio del reparto maternità di Kuwait City nel 1990, che era stato integralmente artefatto e messo in scena dalla ditta Hill & Knowlton a fronte del compenso di 10,7 milioni di dollari al fine di convincere il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ad intervenire in Iraq per l’operazione Desert Shield/Storm.

Inoltre, i politici occidentali hanno accettato attacchi contro i civili nel Donbass per otto anni, senza adottare alcuna sanzione contro il governo ucraino. Da tempo siamo entrati in una dinamica in cui i politici occidentali hanno accettato di sacrificare il diritto internazionale al loro obiettivo di indebolire la Russia.

Secondo Baud sembra che in tutto il mondo occidentale, i servizi siano stati sopraffatti dalla politica. Il problema è che sono i politici a decidere: il miglior servizio di intelligence del mondo è inutile se il decisore non lo ascolta. Questo è ciò che è accaduto durante questa crisi.

Tuttavia, se alcuni servizi di intelligence avevano un quadro molto accurato e razionale della situazione, altri avevano chiaramente la stessa immagine di quella propagata dai nostri media. In questa crisi, i servizi dei paesi della “nuova Europa” hanno svolto un ruolo importante. In secondo luogo, sembra che in alcuni paesi europei, i politici abbiano deliberatamente ignorato i loro servizi per rispondere ideologicamente alla situazione. Ecco perché questa crisi è stata irrazionale fin dall’inizio. Si osserverà che tutti i documenti che sono stati resi pubblici durante questa crisi sono stati presentati dai politici sulla base di fonti di informazione commerciale.

Alcuni politici occidentali, ovviamente, volevano che ci fosse un conflitto. Negli Stati Uniti, gli scenari di attacco presentati da Anthony Blinken al Consiglio di Sicurezza erano solo il frutto dell’immaginazione di un Tiger Team che lavora per lui: costui ha fatto esattamente come Donald Rumsfeld nel 2002, che con questi modi aveva “scavalcato” la CIA e altri servizi di intelligence molto meno sensibili sulle armi chimiche irachene.

I drammatici sviluppi a cui stiamo assistendo oggi hanno cause che conoscevamo, ma che ci siamo rifiutati di vedere:
– a livello strategico, l’espansione della Nato (che non abbiamo trattato qui);
– sul piano politico, il rifiuto occidentale di attuare gli Accordi di Minsk;
– e sul piano operativo, i continui e ripetuti attacchi alle popolazioni civili del Donbass negli ultimi anni, e il loro drammatico incremento alla fine di febbraio 2022.

In altre parole, possiamo naturalmente deplorare e condannare l’attacco russo. Ma noi (cioè gli Stati Uniti, la Francia e l’Unione europea in testa) abbiamo creato le condizioni per lo scoppio di un conflitto. Mostriamo compassione per il popolo ucraino e per i due milioni di rifugiati. E va bene. Ma se avessimo avuto un minimo di compassione per lo stesso numero di rifugiati del popolo ucraino del Donbass massacrati dal loro stesso governo, che sono fuggiti in Russia nell’arco di otto anni, nulla di tutto questo probabilmente sarebbe accaduto.

Se sia corretto applicare il termine “genocidio” agli abusi subiti dal popolo del Donbass è una questione aperta. Questo termine è generalmente riservato a casi più grandi (Olocausto, ecc.), ma la definizione nella Convenzione sul genocidio è probabilmente abbastanza ampia da poter essere applicata. I giuristi lo apprezzeranno.

Chiaramente, questo conflitto ci ha portati all’isteria. Le sanzioni sembrano essere diventate lo strumento preferito della nostra politica estera. Se avessimo insistito affinché l’Ucraina rispettasse gli accordi di Minsk, che avevamo negoziato e approvato, tutto ciò non sarebbe accaduto. La condanna di Vladimir Putin è anche la nostra. Non ha senso piagnucolare dopo i fatti, bisognava agire prima. Tuttavia, né Emmanuel Macron (come garante e come membro del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite), né Olaf Scholz, né Volodymyr Zelensky hanno rispettato i loro impegni. In definitiva, la vera sconfitta è quella di coloro che non hanno voce.

L’Unione europea non è stata in grado di promuovere l’attuazione degli Accordi di Minsk. Anzi, al contrario, non ha reagito quando l’Ucraina ha bombardato la propria popolazione nel Donbass. Se lo avesse fatto, Vladimir Putin non avrebbe avuto bisogno di reagire. Assente dalla fase diplomatica, l’Ue si è distinta per aver alimentato il conflitto. Il 27 febbraio il governo ucraino ha accettato di avviare i negoziati con la Russia. Ma poche ore dopo, l’Unione europea ha votato un finanziamento di 450 milioni di euro per fornire armi all’Ucraina, aggiungendo benzina sul fuoco. A partire da quel momento, gli ucraini sentono che non avranno bisogno di raggiungere un accordo. La resistenza delle milizie Azov a Mariupol provocherà persino un ulteriore finanziamento di 500 milioni di euro per le armi.

In Ucraina, con la benedizione dei paesi occidentali, chi è a favore di una negoziazione viene eliminato. È il caso di Denis Kireyev, uno dei negoziatori ucraini, assassinato il 5 marzo dai servizi segreti ucraini (SBU) perché troppo favorevole ad un accordo con la Russia: viene ucciso dalla milizia Mirotvorets (“Peacemaker”). Questa milizia è associata al sito web Mirotvorets che elenca i “nemici dell’Ucraina”, con i loro dati personali, indirizzo e numeri di telefono, in modo che possano essere molestati o addirittura eliminati; una pratica punibile in molti paesi, ma non in Ucraina. L’Onu e alcuni paesi europei ne hanno chiesto la chiusura. Che però è stata rifiutata dalla Rada.

Alla fine, il prezzo sarà alto, ma Vladimir Putin probabilmente raggiungerà gli obiettivi che si era prefissato. I suoi legami con Pechino si sono consolidati. La Cina sta emergendo come mediatore del conflitto, mentre la Svizzera entra nella lista dei nemici della Russia. Gli americani devono chiedere a Venezuela e Iran il petrolio per uscire dall’impasse energetica in cui si sono cacciati: Juan Guaido (leader dell’opposizione venezuelana, mia precisazione) sta lasciando la scena per sempre, e gli Stati Uniti devono ritornare vergognosamente sulle sanzioni imposte ai loro nemici.

I ministri occidentali che cercano di far collassare l’economia russa e che assicurano che il popolo russo soffra, o addirittura chieda l’assassinio di Putin, mostrano (anche se hanno parzialmente invertito la forma delle loro osservazioni, ma non sulla sostanza!) che i nostri leader non sono migliori di quelli che odiamo. Perché punire gli atleti paraolimpici russi o gli artisti russi non ha assolutamente nulla a che fare con una lotta contro Putin.

La lezione che traiamo da questo conflitto è sul nostro senso di umanità a geometria variabile. Se eravamo così appassionati di pace e così affezionati all’Ucraina, perché non l’abbiamo incoraggiata di più a rispettare gli accordi che aveva firmato, quelli che anche i membri del Consiglio di Sicurezza avevano approvato?

L’integrità dei media si misura dalla loro volontà di lavorare secondo i termini della Carta di Monaco. Erano riusciti a diffondere l’odio per i cinesi durante la crisi del Covid e i loro messaggi polarizzati portano agli stessi effetti contro i russi. Il giornalismo si sta sempre più spogliando della professionalità per diventare attivista e militante.

Come disse Goethe, “Maggiore è la luce, più scura è l’ombra”. Più sproporzionate sono le sanzioni contro la Russia, più numerosi sono i casi in cui non abbiamo fatti che evidenziano il nostro razzismo e il nostro servilismo. Perché nessun politico occidentale ha reagito agli attacchi contro la popolazione civile del Donbass per otto anni?

Perché alla fine, cosa rende il conflitto in Ucraina più criticabile della guerra in Iraq, Afghanistan o Libia? Quali sanzioni abbiamo adottato contro coloro che hanno deliberatamente mentito davanti alla comunità internazionale per condurre guerre ingiuste, ingiustificate, ingiustificabili e omicide? Abbiamo cercato di “colpire” il popolo americano che ci ha mentito (perché è una democrazia!) prima della guerra in Iraq? Abbiamo adottato una sola sanzione contro i paesi, le aziende o i politici che stanno armando il conflitto in Yemen, considerato la “peggiore catastrofe umanitaria del mondo”? Abbiamo punito i paesi dell’Unione europea che praticano la tortura più abietta sul loro territorio a beneficio degli Stati Uniti?

Porre la domanda significa darci la risposta. E la risposta non è gloriosa.

 

(Traduzione di un testo in francese a cura di Giuseppe Gagliano)

 

 

 

CRISI UCRAINA: SUSSURRI E GRIDA, di Antonio de Martini

SPICCA L’ “A SOLO” DI DRAGHI DIVENTATO GUERRIERO. PERCHE’?

Il leit motiv del Presidente Biden – che tradisce l’interno affanno della corsa elettorale con Trump- é che é riuscito a creare una coalizione unitaria dei paesi occidentali, dove Trump aveva seminato sconcerto e irritazione.

E’ verosimile ma demenziale: é come se una moglie tentasse un gesto drammatico come dar fuoco alla casa per far vedere che il marito vola al suo soccorso.

L’unità politica vantata mi sembra più un assembramento di sfuggiti all’incendio, ognuno dei quali con motivazioni proprie. Più di un coro armonico, sembra un casting di cantanti, per ottenere la parte del tenore. Molti strilli e nessuna armonia, come sottolineato dal presidente ucraino più volte.

CI SARA’ LA GUERRA IN EUROPA? NON ORA.

Prima sgombriamo il campo dalle paure che legittimamente tanta cacofonia provocano in noi poveri mortali.

L’allargamento della guerra – se così si può chiamare una serie di scontri e qualche bombardamento intimidatorio che hanno provocato in un mese di scontri 500 civili morti, ossia il numero di decessi per covid del giorno 20 marzo 2020- non ci sarà.

Anche i profughi, sono in realtà emigranti che non riuscivano ad avere il visto o il ricongiungimento familiare e adesso hanno visto, vitto e alloggio a patto di piagnucolare davanti a una telecamera.

L’esodo di ucraini dalla loro sventurata patria non é da oggi e non c’é italiano che non conosca almeno un emigrato da quelle zone ormai inserito e italianizzato da anni. L’Ucraina é un paese senza lavori che non siano di sfruttamento, é al primo posto della classifica OSCE per corruzione, con, tra i “profughi democratici”, la consorte di un ex parlamentare “beccata” con ventotto milioni di dollari in contanti nelle valige dell’auto.

Le vere difficoltà incontrate sono state le prenotazioni e la scelta del paese in cui essere ospitati.

Profughi autentici, sono i cinque milioni di siriani scappati a piedi e morti di fame o per annegamento o assiderati alla frontiera della UE bloccata agli straccioni. Per essere accolto nella UE devi avere almeno gli occhi chiari. Meglio se sei anche biondo.

L’allargamento della guerra non ci sarà per quattro motivi: il primo é che l’obbiettivo primordiale della crisi é far rieleggere lo scolorito Joe Biden alle elezioni di novembre. Fu fatto un film su un tema analogo con l’Albania come teatro della sceneggiata( Sesso e Potere, film diretto da Barry Levinson del 1997).

Il SECONDO é che i bilanci della Difesa dei paesi occidentali sono si in aumento, ma non a sufficienza e non sono ancora stati impiegati e resi operativi.

TERZO.Ricordiamo che l’accordo di Monaco del 1938 tra Hitler e le potenze occidentali – mediatore Mussolini- fu fatto solo per dare tempo a 152 squadroni di ” Spitfire” di entrare in linea. Serviva un anno e in quell’anno pazientarono tutti parlando di pace, benché la guerra fosse già stata decisa e resa operativa.

Per preparare una guerra servono lustri di bilanci in crescita e anni di preparazione di quadri e truppe. Le basi USA e NATO sono pronte, gli stanziamenti sono in crescita da tre/quattro anni, manca l’entrata in linea degli F35 ( e l’addestramento), il rinnovo della linea incrociatori della Marina USA e la ristrutturazione della flotta del Pacifico che fa acqua da tutte le parti. l’impiego dei recenti stanziamenti ( basti pensare ai cento miliardi stanziati dalla Germania, il mese scorso) e il recupero dei discoli ( leggi Turchia, Pakistan), lo stimolo degli aspiranti neutrali, l’eliminazione degli oppositori interni. Senza parlare della separazione tra Cina e Russia, senza la quale ogni guerra é destinata a sanguinosi esiti.

QUARTO. Gli inglesi, fin dalla guerra anglo-boera e gli americani dal 1917, sono sempre entrati in guerra con una motivazione difensiva: sono stati attaccati per primi ed hanno reagito. In molti casi, si tratta del “metodo Milner” , dal nome dell’inventore Alfred Milner giovane governatore del sud africa,(definito da Churchill ” a man of no illusions”) di organizzare una serie di provocazioni di frontiera per spingere la vittima ( é necessario un avversario stupido, ma non mancano mai) ad attaccare per prima per neutralizzare proteste di movimenti pacifisti. ( cfr ” To end all Wars ” di Hochschild Adams, ed. New York Times). In Putin, hanno trovato una reazione iperattivo, quasi stupida, ma non abbastanza: manca il casus belli. L’Ucraina non fa parte della NATO e quindi non c’é stato attacco da cui difendersi.

Fatta pulizia dalla paura dell’allagamento della guerra, vediamo come hanno reagito i nostri governanti di fronte alla minaccia russa e a quella americana.

E’ SCATTATA LA TRAPPOLA DI TUCIDIDE

Si tratta di una espressione coniata da uno studioso americano Graham Tillet Allison Jr. nel suo libro ” Destined for war“, per descrivere il moto di preoccupazione che coglie una potenza egemone nel vedere crescere un altro stato suscettibile di soppiantarla. Una sorta di saturnismo geopolitico, ispirato dal timore.

Questa é la ratio che ispira gli Stati Uniti nei confronti della Cina e adesso anche dell’alleanza tra Stati Uniti e Cina. Quando i politologi accostano a questo terribile binomio, la Germania, il timore si trasforma in panico se non in terrore.

Da lì, nascono una serie di dichiarazioni sempre più bellicose della NATO – privata dalla implosione del patto di Varsavia della sua ragione di esistere- e il combinato disposto di una alleanza priva di scopo e di un presidente timoroso di perdere il posto diventando un ” one Term President” ha provocato un rilancio speranze di coppia di separare i componenti del pericoloso terzetto e risolvere le proprie crisi interne.

L’operazione principale, la separazione tra Cina e Russia, non é riuscita, mentre l’allontanamento tra Russia e Germania ha dato un frutto forse avvelenato: La minaccia nucleare ventilata da Putin ha prodotto uno stanziamento extra di cento miliardi di euro, una cifra suscettibile di bastare a costruire un futuro nucleare autonomo tedesco ( o a colonizzare l’Ucraina..). Dubbia anche la possibilità di rielezione di Biden dato che tradizionalmente l’elettorato USA presta maggior attenzione ai fatti economici di politica interna che a un dubbio successo di politica estera.

La martellante campagna di propaganda televisiva fatta nel nostro paese, non potrà non sortire l’effetto di un revival patriottico e la legittimazione della difesa della Patria anche da parte di un esercito di popolo che é l’antitesi del reclutamento di professionisti attualmente praticato e voluto dal nuovo presidente. Due ulteriori spinte a destra per l’elettorato.

I leaders europei , colti di sorpresa o in campagna elettorale, si sono premurati di dichiararsi solidali con l’Ucraina e col presidente americano, ma hanno organizzato un condensato di incontri: G7, NATO, UE, e non so cos’altro, nello stesso luogo e giorno in maniera da liberarsi rapidamente e tornare alle politiche individualistiche di ciascuno, rispedendo in America lo zombie.

L’unica nota un pò troppo alta é stata quella ripetutamente “guerrafondaia” di Mario Draghi, l’unico senza esercito e con un paese senza grande peso politico, ma che conosce bene la situazione finanziaria dei 27 Partners europei, ha alzato la voce in Parlamento e fuori , ha parlato coi media a nome di tutti e ha accennato a “aiuti militari” ad onta delle minacce di Putin, incrementando di 13 miliardi di euro il bilancio della Difesa.

O ha usato la crisi ucraina per posizionarsi saldamente al governo, oppure – ed é questo quel che penso- ha dato corpo alla dichiarazione fatta alla ultima conferenza stampa quando ha detto che non ha nessun bisogno che gli cerchino un lavoro e se lo sa cercare da solo: Il posto di segretario generale della NATO lo trova ben preparato e non vede l’ora di liberarsi della banda di cretini coi quali ha dovuto misurarsi finora in Italia.

Se é così, ha fatto bene. Se invece lo ha fatto per sintonizzarsi coi padroni del vapore, mi cade e lì resta.

Le liturgie e i meccanismi della Unione Europea_con Francesca Donato

Le tre emergenze imposte in questi ultimi tre anni, l’emergenza ambientale e la conversione energetica, la crisi pandemica, la crisi bellica in Ucraina ha messo a nudo le peculiarità fondative di questa Unione Europea le quali, più che valorizzare, tendono ad inibire le pulsioni e le aspirazioni di autonomia politica e pregiudicare le potenzialità di sviluppo dei paesi della comunità. Le liturgie ed il lirismo che ammantano le iniziative più importanti delle istituzioni europee riescono ad imporre con sempre maggiore difficoltà la propria narrazione. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/vyczbb-liturgie-e-meccanismi-della-unione-europea-con-francesca-donato.html

ALLA GUERRA DEI TRE REGNI, VINCE SUN TSU_quadrilogia di Antonio de Martini

ALLA GUERRA DEI TRE REGNI, VINCE SUN TSU

SE QUALCUNO SI ILLUDEVA DI FAR SCHIERARE XI, SI E’ SBAGLIATO. COMBATTONO SOLO GLI STUPIDI.

L’impero Asburgico, oltre all’Austria e all’Ungheria, comprendeva una serie di territori e regioni che coprono le aree oggi in contenzioso tra est e ovest: Boemia, Moravia, Slovacchia,Galizia, ( oltre beninteso ai più vicini a noi : Transilvania, Slovenia, Croazia, Bosnia, Erzegovina, Croazia, Dalmazia) con non meno di dieci gruppi etnici differenti, 62 milioni di persone, unite dall’idea imperiale e gestite da dieci milioni di austriaci e otto di ungheresi.

La caduta , quasi contemporanea ( 1917 e 1918)dei due imperi -Austriaci e russi- che si contendevano il predominio in quell’area e il lungo congelamento della guerra fredda ha portato fino a noi il contenzioso che all’epoca fu risolto.

Evito di tracciare la storia dell’Ucraina sulla quale ciascuno ha le sue idee e vengo al periodo attuale.

L’ANTEFATTO

ll governo statunitense, promosso il golpe di piazza del 2014 e insediati nel nuovo governo ucraino tre cittadini stranieri, ( Natalie Jaresko, cittadina USA, al ministero delle Finanze, Aivaras Abromavicius lituano, ex dipendente del Dipartimento di stato USA, Aleksandr Kvitashvili, georgiano ( dove fu nominata ministro dell’Economia una neo laureata americana ), ritenne di aver vinto la partita in quella parte del mondo e di aver anche inibito alla Russia l’accesso al mar nero e quindi al Mediterraneo, dove avrebbe potuto contare sul solo porto di Tartous, in Siria.

Nikita Khrushev, che per tutta la carriera era stato segretario del Partito comunista ucraino ( unico stato dell’URSS, assieme alla Bielorussia, rappresentato all’ONU assieme alla Russia), in una riforma amministrativa, aveva avuto la debolezza di attribuire la Crimea e la costa adiacente, con Odessa, all’Ucraina.

Trovandosi con una flotta e senza un porto, se non Sebastopoli in affitto, Putin si riprese quel che considerava suo, limitandosi alla Crimea. Adesso , dopo otto anni di tentativi di mettere all’ordine del giorno una regolarizzazione della situazione giuridica, ha commesso l’errore di ricorrere alla forza e – peccato ancor più grave- di usarla maldestramente.

L’errore strategico commesso dal governo americano del nord, sarà ancor più gravido di conseguenze , anche se nel medio termine: una serie di paesi, a partire dall’Ucraina e passando per l’Italia, sono in questi giorni attraversati da una nuova febbre patriottica e nazionalista, destinata nel medio termine a mettere in difficoltà le strutture governative attuali favorevoli agli USA.

I CONTAGIATI

Tra i paesi più “contagiati” e pronti a rituffarsi nelle politiche da “Questione d’Oriente” in cerca di perle, La Turchia e la Germania. Due ex imperi della grande guerra, in cerca di spazi politici ed economici, ma nell’ambito del Nuovo Ordine Mondiale.

Turchia: ex impero messo in crisi dalla grande guerra, ma salvata dall’attivismo nazionalista di Mustafa Kemal. poi Ataturk, aveva avuto l’intelligenza di star fuori dal secondo conflitto e riconoscere la supremazia americana, aderendo al patto Atlantico e – grazie all’appoggio inglese- al Consiglio d’Europa.

La nuova crisi balcanica ha permesso ai turchi di lenire il vulnus della mancata accettazione in seno alla UE, ma di rientrare appieno nella politica europea e in posizione invidiabile, sia militarmente che dal punto di vista del diritto internazionale.

Il problema Turco é capire quale sia lo spazio di manovra tra i due veri belligeranti ( USA e Russia) , al fine di preservare i propri interessi con entrambi.

Intanto, ha riconosciuto l’esistenza dello stato di guerra esistente tra Russia e Ucraina e questo le dà facoltà di chiudere gli stretti ( Bosforo e Dardanelli) alle navi da guerra: misura che soddisfa la richiesta di Zelenskiy e aiuta la Russia, inibendo la flotta occidentale che si é radunata nell’Egeo che é il punto più vicino alla zona dei combattimenti.

Alle due portaerei la “Truman” USA e la ” De Gaulle” francese, ieri é partita da Taranto per aggiungersi alla squadra la ” Cavour” italiana.

Ma lo spazio politico più complesso e irto di ostacoli é certamente quello con L’Unione Europea. Due anni fa il presidente Emanuel Macron dichiarò la “morte cerebrale” della NATO e Tajip Erdogan si era distinto litigando coi greci e rifiutando di avvallare l’attacco alla Libia. Adesso si impone una scelta tra Europa e NATO e l’ago della bilancia é nelle sue mani. Vuole fonti energetiche indipendenti e un mercato per le sue imprese. Une può averle dall’occidente e l’altro da Oriente….

Germania: Anche se strumentalmente criticata dal presidente Zelenskiy per aver continuato le importazioni di gas russo e per pretesi ritardi negli aiuti, la Germania ha effettuato una inversione a 180° in materia di politiche di Difesa e il 27 febbraio scorso, il neo cancelliere Olaf Scholz dichiarava che questo attacco alle porte dell’Europa rappresenta una ” Zeitenwende” ( cambiamento di epoca) .

La sua ministra degli Esteri Annalena Baerbock, verde, confermava giunto il tempo per “cambiare atteggiamento in materia di politica estera e sicurezza”.

Il cambiamento epocale abbandona due insulsi luoghi comuni pacifisti che sostenevano che ” uno stato debole che non minaccia nessuno é al riparo da minacce” . La seconda idiozia: ” il miglior modo di sottrarsi alla minaccia nucleare é di essere privi di tali armi”. Questi i verdi tedeschi di ieri. Da noi in Italia, questi belati provengono dal Quirinale e dallo Stato Maggiore della Difesa, benché siano al governo da oltre sette anni e nella NATO da settanta.

Non é la militarizzazione che conduce alla guerra. I nostri padri antichi lo sapevano i signori che ci governano, contestano questa saggezza dettata da tremila anni di esperienza e puntano all’appiattimento acritico e servile che contraddistingue gli italiani dal 1500. La riflessione che si impone e che é dimostrata dagli eventi di marzo e dai fatti Yugoslavia e di Siria ( e del nord Corea)é un’altra: chi ha in dotazione armi nucleari é indipendente e intoccabile. Chi no, no.

La conseguenza immediata del nuovo atteggiamento tedesco, comunque, é l’allineamento del bilancio della Difesa al 2% del bilancio , ossia 75 miliardi, che porterebbero la Germania ad essere il terzo bilancio della Difesa più importante al mondo, dopo gli USA e la Cina.

Questo, senza contare i cento miliardi stanziati a un fondo ” per la difesa” non di competenza del ministero omonimo: ricostruzione dell’Ucraina o armamento nucleare? lo sapremo anche troppo presto.

L’obbiettivo strategico della Germania, é quindi l’acquisizione della posizione di primo della classe nello schieramento USA e leader regionale europeo, con tanti saluti alle chiacchiere di afd sull’autonomia decisionale tedesca, a quelle di Johnson con le sue patetiche imitazioni di Churchiill e ai capricci elettorali di Macron.

L’obbiettivo tattico, é l’acquisizione dell’Ucraina – o di quel che resterà dopo la spartizione- nella propria sfera di influenza a completamento del proprio spazio vitale.

IL CONTENZIOSO E I CONTENDENTI

La vicenda va inquadrata riportando pari pari “Le Monde Diplomatique” dello scorso mese di febbraio per la penna di David Teurtrie ( autore di un libro sul ” ritorno della potenza russa” edito da Colin) , poco prima dell’inizio dello scontro: ” Il malinteso risale al crollo del blocco comunista del 1991. Logicamente, la scomparsa del patto di Varsavia, avrebbe dovuto portare alla dissoluzione della NATO, creata per far fronte alla “minaccia sovietica” ( la Francia era d’accordo). Ma gli Stati Uniti hanno spinto allora verso l’allargamento a estdelle strutture NATO per consolidare il loro predominio in Europa.

  • Nel 99, la NATO, (sempre sotto comando statunitense) effettua il suo primo allargamento integrando Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia e annunzia il proseguimento del processo verso la frontiera sovietica.
  • Nel frattempo, la NATO, interviene militarmente e senza l’accordo del Consiglio di sicurezza dell’ONU, e questo trasforma la NATO, (organizzazione fino allora difensiva) in una alleanza offensiva, il tutto in violazione del diritto internazionale.
  • Nel 2003 L’invasione dell’Irak da parte di truppe americane ( basata su una menzogna- tutti si ricordano di Colin Powell, segretario di Stato del Presidente George Bush, brandente una falsa fiala di antrace , davanti all’assemblea ONU) , costituisce una nuova violazione del diritto internazionale, denunziata da Parigi,Berlino e Mosca congiuntamente.
  • – Negli anni seguenti, gli Stati Uniti annunciano di voler installare elementi del loro scudo antimissili in Europa dell’Est, in contrasto con l’atto fondante Russia -Nato ( firmato nel 1997) che garantiva Mosca da nuove installazioni militari permanenti occidentali. ( commento: non penso che gli americani siano pronti ad accettare una base militare russa vicina alla loro frontiera, ad esempio in Messico…)
  • Aprile 2008 Gli USA esercitano una forte pressione sugli alleati europei per approvare il desiderio di Georgia e Ucraina di far parte della NATO, mentre la maggior parte degli ucraini si dichiara, all’epoca, contraria
  • Allo stesso tempo, gli USA spingono a riconoscere l’indipendenza del Kosovo, non riconosciuto da gran perte della comunità internazionale( una ex provincia serba dell’ex Yugoslavia strappata per intervento militare NATO l’accordo del Consiglio di sicurezza ONU), il che costituisce un altra violazione del diritto internazionale, perché, all’epoca , si tratta giuridicamente, di una provincia serba ( commento: é appena il caso di ricordare che la creazione di questo stato artificiale che é il Kosovo, non riconosciuto da gran parte della comunità internazionale, ha permesso agli Stati Uniti di installarvi la più grande base militare d’Europa, vicina alla Russia). Conosciamo il seguito, avendo gli occidentali aperto il vaso di Pandora dell’interventismo e della intangibilità delle frontiere sul continente europeo, la Russia, sentendosi accerchiata, interviene in Georgia nel 2008 e, poi, riconoscendo l’indipendenza dell’Ossezia del Sud e dell’Abkazia ecc.” Fine della citazione.

La Russia, vittima della sua stessa incompetenza amministrativa e giuridica ( avrebbe potuto invocare gli articoli 52 e 53 della carta delle Nazioni Unite contro il risorgere del nazismo rinunziare al diritto di veto) e con precedenti specifici in materia di soluzione violenta delle problematiche, é inciampata in una trappola ben congegnata. Pur sapendo che le potenze occidentali cercano ormai sempre di entrare in guerra con le vesti dell’aggredito, si é lanciata all’attacco, nella certezza di dover affrontare solo le sanzioni ( probabilmente previste) , ma sottovalutando il posizionamento di paese più odiato del mondo a seguito di una campagna propagandistica tempestiva ( al punto di far pensare a un preordinamento) e di una violenza verbale inusitata persino tra belligeranti.

Gli Stati Uniti, rectius, il suo governo, hanno potuto, dopo un decennio e più di isolamento politico e morale, riuscire a coagulare nuovamente il “mondo libero” e la NATO attorno a un problema percepito da tutti. Adesso si sentono ancora una volta i leaders del mondo libero e hanno anche ottenuto il sospirato stanziamento del 2% del Bilancio per la Difesa da tutti i membri NATO, perfino dall’Italia e dalla Germania che scusandosi coi suoi precedenti guerrafondai, dava finora prova di zelo risparmiando all’osso sulle spese militari.

L’Ucraina: Dotata frettolosamente, ma in anticipo, di armi anticarro autoguidate a doppia carica esplosiva e con impatto dall’alto, di nuova generazione, e di una valanga di promesse di intervento che non possono esserci, si affida ai battaglioni della milizia ausiliaria , decretati come neonazisti, ma sono almeno nazionalisti esasperati, assistiti da tecnici occidentali ed eccitati da una propaganda martellante.

Hanno preso in contropiede un esercito che immaginava di procedere a un ingresso trionfale tipo Anchluss e tentano ricatti morali e minacciano apocalissi nucleari spaventando i pantofolai dell’ovest. Solo che L’Anchluss funzionò perché Engelbert Dolfuss – il cancelliere austriaco- era stato ucciso in precedenza e la vecchia Europa stacca le sue protesi auditive e accoglie volentieri profughi.

Joe Biden Vladimir Putin,

Entrambi i duellanti hanno sperato di attrarre nella loro orbita la Cina e indurla a schierarsi in forma decisa a proprio favore. Millenni di saggezza politica del celeste impero hanno indotto il presidente Xi a rispondere con un motto di Confucio: “Chi ha messo il campanaccio all’orso, é lui che deve toglierglielo”.

Una cocente delusione per Joe Biden che vede sfumare la rielezione e un sospiro di sollievo per Vladimir Putin che adesso – libero dall’incubo dell’isolamento- potrà vendicarsi, in casa e fuori, della figuraccia che gli han fatto fare.

Se vogliono compararlo a Hitler, inizierà dalla notte dei lunghi coltelli dopo aver dimostrato che la stragrande maggioranza del popolo russo é con lui.

Dovremmo chiedergli i nomi di chi ha fatto la spia per conto dell’URSS, che Mitrokhin diede al MI6 e che il vice premier Mattarella e il generale Siracusa evitarono di andare a chiedere per non distruggere il PD, PDS, DS. Qualcosa mi dice che é pronto a darli.

https://corrieredellacollera.com/2022/03/20/alla-guerra-dei-tre-regni-vince-sun-tsu/

LA RUSSIA SACRIFICATA ALLA… GERMANIA CHE TORNERA’ IN UCRAINA ?

TEMO CHE QUESTO POST DELL’8 MAGGIO 2014 SIA REALISTICO… VEDREMO A BREVE

Questo post é stato scritto l’8 maggio 2014 e lo trovate nell’archivio di questo blog ( scegliere l’anno e poi il mese). Purtroppo non può essere ribloggato e devo fare ” copia e incolla” per darvelo nella sua interezza, anche se preferirei che andaste a leggerlo in archivio: suona più verosimile. Data la lunghezza, ci metto qualche capolettera e alcune frasi in grassetto a scopo ornamentale. Buona lettura

“Per capire come mai la rana ucraina- un paese senza arte, parte e identità sul cui suolo passano dei gasodotti-  venga gonfiata fino all’inverosimile dai principali media del mondo e perché gli Stati Uniti premano tanto  sulla U.E. perché sanzioni la Russia inimicandosela,  bisogna fare un breve corso di storia e di geopolitica di cui anticipo le conclusioni in corsivo  per chi non avrà la pazienza di leggere l’intero testo  e   che ci porterà a constatare come la geopolitica tedesca, da Bismarck in poi, non abbia mai cambiato direzione se non durante la parentesi della costruzione europea post 1945.

 Esistono forti correnti economiche e di pensiero che pensano di cambiare registro e gli USA si preoccupano di eventuali scelte geopolitiche indipendenti tedesche.

La costruzione europea ha iniziato ad andare in crisi con le prospettive storico-politiche aperte dalla unificazione tedesca e il crollo dell’URSS; sta scricchiolando con la crisi dell’Euro e rischia il crollo definitivo alla prossima sfida. 

Una strategia geopolitica indipendente della Germania significherebbe una nuova guerra mondiale a breve.  L’Ucraina è l’offerta che gli USA fanno alla Germania per allontanare ( per dieci anni ?) il fantasma di Otto von Bismarck e del rapporto stretto con la Russia. Se l’operazione separazionenon dovesse funzionare, il mondo sarebbe in serio pericolo. Per questo ritengo che in Italia debba nascere un movimento popolare in favore della neutralità. E presto. 

Gli USA non possono tollerare una uscita della Germania dalla zona euro perché significherebbe la necessità di una nuova strategia geopolitica per la Germania  e questa non potrebbe che tendere verso una intesa russo tedesca che rivoluzionerebbe gli equilibri militari e politici del globo.  E’ intuitivo anche  che non possono lasciar crescere l’ euro perché il suo successo suonerebbe come campana a morto per il dollaro USA e la fine del ruolo degli Stati Uniti come detentore del  quasi monopolio della valuta degli scambi internazionali. 

Di qui l’urgenza assoluta per il governo Obama della conclusione del trattato TAFT che creerebbe una comunità industrial-commerciale nord atlantica rendendo impensabili e non vitali eventuali alternative.

Fatte le conclusioni, passiamo all’antefatto per i lettori più pazienti.

1) All’indomani del Congresso di Vienna ( 1815), il mondo si trovò gestito dagli alleati che avevano sconfitto Napoleone: Russia, Austria-Ungheria a est e Inghilterra e Francia a ovest.  Queste potenze pensarono di tornare a incontrarsi e scontrarsi nelle “terre di mezzo”, Italia e Germania che non rappresentavano entità geopolitiche, ma secondo l’espressione del principe di Metternich erano espressioni geografiche, divise com’erano in numerosi statarelli  neutralizzantisi a vicenda.

Le cose non tornano mai come “prima della guerra”.  Le incursioni napoleoniche  in Europa produssero movimenti nazionalistici e indipendentistici che portarono  alla unificazione di questi territori (Germania e Italia) in entrambi i casi sotto la guida dello stato più militarizzato delle rispettive regioni.

2)La Germania, diventata un impero nel 1870 dopo la sconfitta della Francia,  ebbe una economia  inizialmente equilibrata – tra la Prussia agricola e la Renania industrializzata la bilancia dei pagamenti era in equilibrio – si lanciò in una politica di espansione anche per recuperare i due secoli di ritardo nello sfruttamento delle colonie. Questo protagonismo politico alimentò il revanscismo francese, mentre il programma navale del Kaiser Guglielmo lo pose in contrasto con l’Inghilterra.

 Le due vecchie rivali si coalizzarono ( da Fashoda in poi) e con l’alleanza tra Russia e  Francia  fissarono i chiodi della bara del Kaiser. Alfred Milner si occupò dello scoppio del conflitto e del “buon diritto” degli alleati della Intesa. La Germania non tenne conto del monito dei suoi grandi vecchi ( von Moltke ” rafforzate l’ala destra” e Bismarck ” allearsi con la Russia”) e ad onta dell’aver estromesso i russi dal conflitto con una brillante operazione di intelligence del colonnello Nicolai, perse la guerra. Era entrato in ballo un nuovo superpower: gli USA.

3) Dopo la prima guerra mondiale, che per un primo tempo sembrò aver liquidato il contenzioso franco tedesco, con l’avvento di Hitler al potere e  la scelta di una geopolitica indipendente ( La teoria dello spazio vitale) da parte del Reich (e i tentativi di entrare in possesso di porzioni di territorio ( ” dove vivevano popolazioni tedesche”) destinato dal trattato di Versailles ad altri paesi) creò la situazione di tensione ad onta dei periodici tentativi di apeasement (Locarno, Monaco). L’annunzio del patto Germano sovietico del 1939 ( il 23 agosto) precedette di poco l’arrivo della guerra ( il 3 settembre).

4) Dopo la rovinosa sconfitta del 1945 la Germania non ha più avuto intenzioni di definire una geopolitica indipendente e si è a mano a mano integrata nei dispositivi predisposti dai vincitori della guerra mondiale accettando la comunità europea,  la NATO, il Consiglio d’Europa, l’OSCE ecc.

Tutte queste organizzazioni erano state pensate per evitare che la Germania rinnovasse la sua tradizionale rivalità nei confronti della Francia creando nuove tensioni in Europa.

5) L’intesa Franco Tedesca del 1967 tra De Gaulle e Adenauer  (statisti che conoscevano le leggi della geopolitica)  condusse questi due paesi all’avanguardia in Europa. L’Italia non aderì, invitata, per non dispiacere all’Inghilterra su insistenza di La Malfa & co. che chiedevano un asse Roma-Londra.

6)Dopo la riunificazione tedesca, l’integrazione tra le economie francese e tedesca iniziò a mancare.  La Francia con forte componente agricola aveva supplito all’assenza della Prussia nel bilanciare l’ economia della Renania e le due economie vissero di concessioni reciproche, spesso a spese degli altri partner, specie mediterranei.

7)La nascita dell’Euro e della Banca Centrale Europea – costruita sul modello della Bundesbank tedesca  col solo mandato di  combattere l’inflazione – pose le basi per una crescita disuguale tra i paesi contraenti e la apodittica convinzione teologica che alle crisi economiche si deve reagire con l’austerità (non suffragata da alcun elemento scientifico) sta lavorando il fegato dei paesi mediterranei mentre la Germania ebbe tutto l’appoggio dei partners quando si trattò di riunificare i due monconi di paese dopo la caduta del muro ( 1989).

La caduta dell’URSS  prima di allora non “abbinabile” ad altri partners occidentali, ha posto la Germania di fronte allo stesso dilemma  con cui si confronta Israele: entrambi sono paesi privi di profondità territoriale e vulnerabili ad attacchi concentrici e di sorpresa.

8) Una rottura tra la Germania e i partner europei – sia politica o sia economica –  costringerebbe la Cancelliera Merkel ad una situazione da paria – come oggi il turco Erdogan – di indecisione tra una geopolitica  che guardi a est ed un aumento della immigrazione che a questi livelli sarebbe suicidaria per l’identità tedesca.

Mentre “capricci alla turca” (  come ad es la recente assegnazione del sistema difensivo missilistico  antiaereo ai cinesi, con i russi in seconda posizione) possono essere tollerati , salvo un regime change alla prima occasione, per la Germania, le sue tecnologie i suoi capitali, i suoi contatti politici, un rapporto organico con la Russia avrebbe un solo significato: relegare gli USA tra le potenze di seconda schiera e togliergli il dominio del mondo.

Logico che l’idea non piaccia agli americani, logico che vogliano opporsi in ogni modo, logico che offrano ai tedeschi l’Ucraina – in tutto o in parte – col suo serbatoio di mano d’opera, terreni agricoli e risorse boschive di grande importanza, per non parlare del vantaggio  di essere a 200km da Mosca. Questa ipotesi fa innervosire i russi e che potrebbe scavare un fossato coi tedeschi, ma per ora i russi fingono di temere l’istallazione di rampe missilistiche in Ucraina.

Per un missile avanzare di trecento Km non è nulla, per i carri armati essere a 200 Km dalla capitale è tutto. Questo dovrebbe dare da pensare agli analisti russi.

Ecco  a mio parere il perché delle pressioni USA per far schierare aspramente e personalmente la Merkel, la previa pubblica informazione che le sue comunicazioni più private erano monitorate, ecco perchè la pausa negli attacchi all’Euro.

Se la Merkel non si schiera con l’occidente e non litiga con Putin, sarà segno, per gli analisti americani, che vuole fare il Bismarck in gonnella.

Quanto a noi, nella prima guerra mondiale restammo neutrali per dieci mesi. Nella seconda restammo neutrali ( “non belligeranti”) per altri dieci mesi.  Sappiamo come è andata.       Sarebbe ora di seguire i consigli  di neutralità che all’epoca diedero Giolitti e Benedetto Croce e non di seguire quelli di un D’Annunzio lubrificato ( come Mussolini) dall’oro francese. Nel secondo conflitto, addirittura, ci tuffammo a titolo gratuito…

Inviato da iPhone

KAPO’

QUANDO LA PROPAGANDA ESAGERA CON LA CREDULITA’ POPOLARE

Alcuni internauti di destra hanno diffuso una foto di Bernard Henry Levy a Odessa assieme al capo della provincia di Odessa e comandante della 28 brigata meccanizzata ( ed ex comandante del battaglione AIDAR composto da elementi nazistoidi).

Una delle foto che circolano su internet a dimostrazione della presenza di milizie carattere nazista: le bandiere NATO e la svastica abbinate nelle foto ricordo.

Reclutati in tutta Europa con lo stesso criterio con cui si reclutavano i jihadisti: toglierli dalle nostre strade.

L’accento era posto – da questi elementi di destra e solo da loro- sulla presenza del sociologo a Odessa come prova dell’aggressività della NATO. Non era stato notata l’aggressività del francese in occasione dell’attacco alla Libia?

La comunicazione é in realtà ben più sofisticata: L’accento va più correttamente posto sulla personalità di Levy quale autore del testo ” Lo spirito del Giudaismo”. Può un personaggio di tal fatta frequentare un nazista? alla risposta negativa dei più é affidata la validità dell’assoluzione del comandante Maksym Marchenko. Uno che va a spasso con BHL non può essere un nazista… e così si toglie il fastidioso sospetto di nazismo dalle spalle degli ” eroici battaglioni ” che stanno contrastando i cattivi di turno.

Nella foto a fianco , Il sociologo Bernard Henry Levy, ben scortato, che si offre per cauzionare la democraticità del “comandante Marchenko” . Resta anche il mistero di come BHL sia giunto in quella città dato che le comunicazioni aeree tra la zona dei combattimenti e l’occidente siano interrotte da giorni a causa dei bombardamenti e delle decisioni dei belligeranti. Almeno é quanto ci é stato comunicato dalla stampa.

Per BHL , nessuna meraviglia: faceva l’indicatore della polizia già tra gli studenti del maggio parigino già nel 68, ha fatto da intellettuale killer di Gheddafi per conto di Sarkozy ( ex ministro dell’interno) nel 2011 ed rieccolo a Odessa in veste di assolutore di nazisti.

LE BOMBE SULL’UCRAINA DANNEGGIANO LA NON PROLIFERAZIONE NUCLEARE ?

IL MONDO VIENE DIVISO TRA CHI DOMINA IL NUCLEARE E CHI NE VIENE INIBITO

I BOMBARDAMENTI SULL’UCRAINA MINANO LE FONDAMENTA DEL TNP.

Vorrei suggerire a un nucleo di amici un tema che volI un po’ più alto delle beghe pseudo politiche o tattiche con cui ci si è gingillarti fino ad oggi.

 Il tema è il nucleare. Se al momento in cui l’Ucraina ha aderito al TNP – trattato di non proliferazione nucleare – (entrato in vigore al 1° gennaio del 1967) si fosse conservata, diciamo tre testate nucleari delle cinquemila rottamate senza condizioni, la Russia avrebbe attaccato ugualmente?

Sono certo di no e la pensano come me un gran numero di studiosi della materia.

Questa considerazione apre il tema che vorrei popolarizzare presso tutti coloro che non vogliono essere atomizzati a loro insaputa.

Nove sono i paesi hanno la bomba: CinaCorea del nordFranciaIndiaInghilterraIsraelePakistan, la Russia e gli Stati Uniti. Si ignora se anche il Sudafrica si sia conservato qualche cosa.  E fanno dieci.

Di questi paesi citati 5 (sui 191 firmatari del Trattato di non proliferazione), sono qualche modo autorizzati, perché costruirono e testarono l’ordigno prima dell’entrata in vigore del Trattato e sono tra i vincitori della Seconda guerra mondiale, nonché fondatori dell’ONU (organizzazione delle Nazioni Unite).

Tre Stati, IndiaIsraelePakistan non hanno mai firmato né concordato le loro realizzazioni nucleari, quindi non è possibile, in qualche forma, costringerli (e questa è la migliore controprova della utilità della bomba) …

L’Iran, che sembra aspirare a far parte del club atomico (ad onta di una fatwa dell’Ayatollah Rudollah Khomeini che dichiarò empio l’armamento nucleare decretato dallo Scià Reza Palhavi) viene dato per essere – da oltre venti anni- alla immediata vigilia della realizzazione, ma ormai non ci crediamo più. Non alle accuse interessate di Israele e non all’eco americana in materia.

La Corea del Nord, invece, è uscita dal Trattato (TNP) nel 2003.

L’elenco dei paesi nucleari coincide con quello dei paesi indipendenti che nessuno aggredisce e, come direbbe un francese, pour cause. Perché in effetti, tutti temono le conseguenze devastanti di un bombardamento atomico, specialmente sulla popolazione civile.  E fintantoché resterà in auge il principio di legittimità della sovranità popolare, i civili vanno tenuti per quanto possibile al riparo dall’ombrello atomico.

La conseguenza veramente importante di questo conflitto ucraino sarà il rischio di una corsa al riarmo nucleare e il dibattito è già iniziato.

Cominciamo già tutti a pensare che se avessimo un arsenale nucleare ci potremmo difendere senza intermediazioni – ogni giorno più dubbie – saremmo più rispettati e indipendenti nelle nostre scelte economiche e politiche.

Lo pensa certamente la Germania, che ha appena stanziato 100 miliardi di euro per un fondo per la difesa, ma non assegnato al ministero della Difesa. Dovrebbero spiegarci che ci vogliono fare.

Anche il Giappone. Minacciato dalla Corea del Nord ma anche un po’ dalla Cina, ha sollevato il problema ripetutamente. Uno dei partner della organizzazione chiamata Five eyesl’Australia, si è lamentato tramite la Nuova Zelanda, suo paese confinante e minore, che non riesce a ottenere un dividendo politico a fronte di un investimento comune.

Di conseguenza, gli Stati Uniti hanno promesso di farli accedere alla tecnologia propulsiva dei sottomarini nucleari. Poi, leggendo tra le pieghe dell’accordo, si sono accorti che ci vorranno 20 anni di attesa. Senza armamento nucleare, deve essere chiaro che non c’è sicurezza. E nemmeno progressi tecnologici o energetici, visto che ci stiamo orientando verso l’energia nucleare.

Con lo strumento del TNP, gli Stati Uniti hanno acquisito mezzo secolo di vantaggi in termini di ricerca e sperimentazione e penetrazione di mercato. Possono bastare.

Resta da sistemare l’aspetto militare della vicenda, con particolare riguardo all’Italia.

Dato che Inghilterra, Francia e forse adesso anche Germania si saranno presto dotate di opportuni armamenti nucleari, restano gli italiani, spagnoli e turchi a dover fornire, stando a questi progetti, quella che un tempo si chiamava carne da cannone.

Secondo questo schema NATO noi dovremmo fornire la truppa che va all’assalto. Alleati di prima e di seconda categoria? No grazie!

Così rischiamo di essere, marginali dal punto di vista militare e pericolanti dal punto di vista delle perdite umane.

Qualcuno potrebbe obbiettare che una offerta di protezione USA è più sostanziosa di quella rappresentata da un limitato arsenale nucleare quale quello che noi potremmo permetterci.

Abbiamo l’esempio del Memorandum di Budapest dell’autunno 1994 stipulato tra Russia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Ucraina che stabiliva che ciascuno dei contraenti avrebbe evitato di usare “force or threats” contro l’Ucraina, rispettandone la sovranità e i confini.

Tutti i contraenti si impegnavano a chiedere l’intervento immediato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e non sono quelli sperati.

Vogliamo essere gli ultimi a dotarci di capacità nucleare ?  Preferiamo che siano i tedeschi ad armarsi autonomamente senza il collare europeo? Temiamo a tal punto la proliferazione quando sappiamo che l’hanno già dieci paesi di cui quattro potenziali avversari? Perché alcuni paesi possono avere armamenti nucleari e altri no? Qual è il criterio discriminante ?

Questi sono i temi da affrontare, non commentare quattro poveracci di aspiranti impiegati RAI che fanno commenti da portierato.

Ucraina e il peggio dell’Europa_con Augusto Sinagra

Ancora una volta l’Unione Europea si sta rivelando un recinto in grado di impedire che le pecorelle possano acquisire una reale autonomia di azione e di scelta soprattutto riguardo alle relazioni da perseguire in primo luogo con i vicini di casa. Una pura appendice della NATO destinata ad esistere solo sino a quando il buon pastore la riterrà utile. Un fattore di freno, piuttosto che di sviluppo. Più la Unione Europea procederà ad allargarsi, più accentuerà tale debolezza e tale precarietà. Lo abbiamo visto con le emergenze ambientali-energetiche e con quella pandemica; l’ulteriore emergenza del conflitto russo-ucraino ne ha suggellato alla luce del sole la simbiosi ed il legame indissolubile. Classi dirigenti abituate ormai a liquidare ambizioni e dignità per un piatto di lenticchie ormai sempre più magro. Un ribaltamento della situazione potrà ormai arrivare solo da una crisi aperta e distruttiva interna al centro dell’impero della quale ormai da anni si possono osservare i prodromi. La passività e l’accondiscendenza si pagheranno a caro prezzo in un futuro sempre meno lontano. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/vy4ml5-ucraina-e-il-peggio-delleuropa-con-augusto-sinagra.html

 

La Russia e il multipolarismo in Europa_con Gianfranco La Grassa

Il multipolarismo sta sbarcando in Europa. I paesi europei più che parteciparvi, lo stanno subendo. La narrazione dominante addita la Russia come artefice della minaccia. In realtà sono i centri decisori al momento prevalenti negli Stati Uniti a cercare di stringere il giogo al collo. Le sue pressioni sono enormi ed assillanti. Un atto di forza che potrebbe trasformarsi in una manifestazione di fragilità. Tanto dipenderà dall’esito del conflitto in Ucraina. L’intervento russo assume ancora, proprio per il carattere estremo dell’iniziativa, una postura difensiva. Riuscire ad arrestare comunque il processo di allargamento della NATO ad est rappresenterebbe una prima significativa vittoria ed una ripresa dell’iniziativa già manifestatasi nei suoi prodromi in Libia, in Siria e in Africa. L’intesa con la Cina ne rappresenterebbe il suggello. I circoli dirigenti europei hanno ancora una volta scelto di appiattirsi totalmente sulla linea avventurista americana, definendo così l’Europa, il proprio continente, come il terreno di contesa e di battaglia di interessi altrui. Lo stanno facendo in nome della pace e dell’unità europea. Avrebbero avuto la possibilità di giocare sulle contraddizioni e sul conflitto che sta imperversando nei centri politici statunitensi; stanno al contrario alimentando le condizioni per una polverizzazione della realtà politica continentale foriera di lotte intestine ben manipolate e rinfocolate dall’esterno. E’ una classe dirigente che deve la propria esistenza sulla delega e sulla dipendenza ormai settantennale dalle scelte di oltreatlantico, condannando così l’Europa, in primis l’Italia, ad una condizione prossima di pauroso dissesto e degrado. Qualche segnale di reazione comunque appare all’orizzonte; più strutturato in Francia, con la candidatura di Zemmour all’Eliseo, più sottotraccia in Germania, in Ungheria. In Italia i sussulti di un paio di anni fa si sono rivelati un fuoco fatuo; forse ancora meno. Acrobazie parodistiche di saltimbanchi improvvisati, incapaci di destare un qualche timore nei centri che contano. L’epilogo lo abbiamo visto con l’allineamento tempestivo ed esibito, ammantato di anelito patriottico, di quelli che avrebbero aspirato a rappresentare una opposizione seria a questo sfacelo e a questa postura così meschina ed autolesionista. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/vxuk3p-la-russia-e-il-multipolarismo-in-europa-con-gianfranco-la-grassa.html

SPY UCRAINA/ Ecco come gli Usa (e la Francia) aiutano l’esercito di Kiev_ Ucraina: perchè a est non condannano la Russia,di Giuseppe Gagliano

SPY UCRAINA/ Ecco come gli Usa (e la Francia) aiutano l’esercito di Kiev

Giuseppe Gagliano

Vi è una strettissima collaborazione fra l’intelligence americana (Cia, Nsa e Dia) e i servizi di sicurezza ucraini. Destinatari di informazioni e mezzi

Base militare Ucraina
Leopoli, base militare a Yavoriv: Centro Internazionale mantenimento Pace e Sicurezza (LaPresse)

In quale modo gli Usa monitorano l’attuale situazione in Ucraina? Attraverso strumenti numerosi e ben articolati.

In primo luogo, attraverso un centro specializzato chiamato Europe and Eurasia Mission Center (Eemc) diretta da David Marlowe, un’agenzia di copertura dell’attività della Cia.

In secondo luogo, grazie alla strettissima collaborazione che vi è stata fra l’intelligence americana – Cia, Nsa e Dia – con i servizi di sicurezza ucraini. Ad esempio, la National security agency collabora con l’intelligence ucraina Szru, mentre la Cia collabora strettamente con l’Sbu.

Un ruolo altrettanto significativo è stato dato anche dalla Francia, in particolar modo dal gruppo francese Thales, che ha fornito strumenti di guerra elettronica, come rivelato dal sito investigativo Disclose, non solo all’Ucraina, ma anche alla Russia. Per non parlare poi del contributo molto importante fornito da parte americana all’Ucraina dall’azienda americana Silver Back 7, diretta da Victor Levine, o quello altrettanto importante di Stephen Dorff sotto il profilo dell’addestramento. D’altronde, la sinergia tra i servizi segreti americani, europei e ucraini – ammesso che ce ne fosse bisogno – è ulteriormente confermata da una notizia recentissima data dall’agenzia di stampa Reuters.

Infatti, secondo Reuters, sia l’agenzia di intelligence informatica francese sia quella ucraina – in collaborazione con quella americana, cioè con la Nsa – stanno indagando su un cyberattacco posto in essere da un gruppo di hacker che è stato in grado di interrompere l’accesso a internet via satellite dell’Ucraina. Questa informativa è interessante non tanto perché molto probabilmente l’attacco hacker sarà ricondotto o alla Russia o alla Bielorussia – ben difficilmente alla Cina –, ma perché questa informativa dimostra la stretta collaborazione che vi è stata – e vi è tuttora – tra le agenzie di intelligence francese, americana e ucraina. Inoltre è altrettanto importante il fatto, come riferito da Reuters, che il satellite che fornisce i collegamenti via internet appartenga a una società americana, la Viasat Inc., che – rileva Reuters – collabora strettamente con il Dipartimento della Difesa Usa.

Per quanto riguarda il rifornimento di armi, dobbiamo domandarci da dove arrivino la maggior parte delle armi che servono all’Ucraina per fronteggiare l’offensiva russa. Certamente da Varsavia, dalla quale fino a questo momento hanno, per esempio, ricevuto 17mila missili anticarro; naturalmente le armi ritenute più efficaci sono i missili anti-aerei, come gli Stinger, e le armi anticarro di provenienza britannica.

Un secondo fronte di collaborazione tra la Polonia e le forze europee che stanno contrastando l’offensiva russa si concretizza attraverso il servizio segreto polacco, l’Agencja Wywiadu, mediante la realizzazione di campi per addestrare le forze ucraine e l’utilizzo di droni turchi Bayraktar TB-2.

Del resto, non è un caso se proprio qualche giorno fa la Russia ha lanciato un chiaro avvertimento alla Polonia con un attacco missilistico multiplo contro la base militare ucraina di Yavoriv, che si trova a meno di 15 miglia dal confine con la Polonia. Qual è infatti il significato di questo attacco dal punto vista politico e strategico? È presto detto: non solo le forze russe sono in grado di colpire il limite occidentale dell’Ucraina, ma possono travalicare questi confini fino a colpire obiettivi della Nato. Non dimentichiamoci, infatti, che proprio la vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, ha annunciato alla fine della scorsa settimana che due batterie missilistiche Patriot statunitensi erano state spostate in Polonia, di stanza a Rzeszow. Fonti militari britanniche affermano che un sistema simile, lo Sky Sabre a medio raggio, già nel paese dopo recenti esercitazioni, potrebbe essere posizionato per rafforzare le difese polacche.

A proposito della Polonia, non dimentichiamoci che esiste un legame di ferro tra l’intelligence polacca e la Cia, soprattutto per quanto riguarda le detenzioni arbitrarie dei terroristi.

Infine, all’interno di questa vasta coalizione, bisogna individuare delle differenze, come mostra, ad esempio, il ruolo della Romania, che svolge un compito determinante di deterrenza anche e soprattutto sul fronte del contenimento di una eventuale offensiva russa nel Mar Nero.

https://www.ilsussidiario.net/news/spy-ucraina-ecco-come-gli-usa-e-la-francia-aiutano-lesercito-di-kiev/2307857/

Ucraina: perchè a est non condannano la Russia

di Giuseppe Gagliano

La Cina, uno dei partner più stretti della Russia e che ha recentemente dichiarato che il partenariato sino-russo non ha “nessuna area di cooperazione proibita”, ha rifiutato di chiamare l’offensiva russa una “invasione”, ed ha espresso la sua opposizione a “tutte le sanzioni unilaterali illegali”. Il paese orientale continua a importare grano dalla Russia, aiutando implicitamente quest’ultima a resistere alle sanzioni. Tuttavia il sostegno della Cina alla Russia non è così semplice. La Cina dipende fortemente dal mais ucraino (30% delle sue importazioni totali) e ha investito 3 miliardi di dollari nel paese come parte della sua iniziativa Belt & Road. Infatti nel 2019 la Cina ha sostituito la Russia come il più grande partner commerciale dell’Ucraina. Oggi l’Ucraina rimane il terzo fornitore di armi della Cina (dopo Russia e Francia, che rappresentano rispettivamente il 77% e il 9,7% delle importazioni totali di armi della Cina nel periodo 2016-2020).
Tuttavia la Cina è costretta a rimanere uno spettatore dei bombardamenti in Ucraina, un paese una volta ricettivo alle sue proposte.
Pur chiedendo timidamente il ripristino della pace, la Cina non può condannare esplicitamente la Russia o imporre sanzioni considerando che questa guerra si basa in parte sullo stesso argomento che la Cina sta usando per l’invasione e l’annessione di Taiwan, vale a dire sul concetto di “unità storica condivisa”.
La crisi in Ucraina garantisce la concentrazione dell’UE sulle sue immediate vicinanze. Inoltre l’intervento russo in Ucraina potrebbe incoraggiare la Cina a risolvere le sue controversie di confine nella regione, mentre la diplomazia ha giocato poco a suo favore. Il fatto che gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO non inviino direttamente aiuti militari dell’Ucraina, invia un segnale inequivocabile alle nazioni asiatiche afflitte da conflitti regionali: devono badare a se stesse. L’occidente, che si è presentato a lungo come la “luce della speranza” del mondo, potrebbe non offrire sostegno militare in caso di eventi simili in Asia. Ciò potrebbe avere un effetto destabilizzante nella regione e già oggi il futuro dell’Indo-Pacifico è minacciato.
Se si considerano i paesi del sud-est asiatico, ad eccezione di Singapore che ha condannato l’aggressione russa, il Myanmar, governato dai militari, ha fortemente sostenuto Mosca. D’altra parte Thailandia, Filippine, Indonesia e Malesia non hanno condannato apertamente la Russia e sono sul filo del rasoio tra reprimenda e sostegno. Questa mancanza di consenso si è riflessa nella dichiarazione congiunta rilasciata dai ministri degli Esteri dell’ASEAN il 28 febbraio, che non menzionava l’invasione russa di uno stato sovrano, per non parlare del fatto che la Russia ha preso di mira i civili e ha cercato di impadronirsi delle principali città ucraine.
Negli ultimi dieci anni per i paesi dell’ASEAN Mosca è stata il più grande fornitore di armi al sud-est asiatico, tra il 1999 e il 2018, rappresentando il 26% del totale della regione. In futuro il conflitto avrà ripercussioni in termini di frammentazione della sicurezza, delle relazioni economiche e commerciali con gli Stati Uniti e l’Europa da un lato e la Russia e i suoi alleati dall’altro.
Poi c’è il caso dell’India, la grande potenza dell’Asia meridionale che gode di un’amicizia forte con la Russia, rafforzata dalla sua attuale crisi di confine con la Cina e i territori contesi con il Pakistan. Per mantenere intatta questa relazione, l’India è stata molto attenta a non condannare la Russia e, così facendo ha anche mantenuto la sua politica estera storicamente interessata di “non allineamento”. Come il suo grande rivale cinese, anche l’India si è astenuta tre volte dal votare contro la Russia alle Nazioni Unite, sottolineando al contempo l’importanza della Carta delle Nazioni Unite come mezzo per risolvere le tensioni attraverso la diplomazia e il dialogo. Tuttavia ha implicitamente disapprovato l’abbandono della Russia del percorso diplomatico e ha chiesto la fine di ogni violenza.
L’India è il più grande importatore mondiale di armi russe, rappresentando il 23% delle esportazioni totali di armi della Russia e il 49% delle importazioni totali di armi dell’India nel 2016-2020. Circa il 70% dell’arsenale militare indiano è di origine russa. Oltre ad essere un partner militare affidabile, il Cremlino ha ripetutamente usato il suo diritto di veto in seno al Consiglio di sicurezza per bloccare le risoluzioni che criticavano l’India sul Kashmir, territorio conteso che l’India condivide con il Pakistan. In cambio l’India si è astenuta dal voto su una risoluzione delle Nazioni Unite che condannava Mosca per la sua annessione dalla Crimea nel 2014. Inoltre Cina e India nel bel mezzo della loro rivalità trovano in Russia “un amico comune” su cui l’uno o l’altro dei nemici giurati può fare affidamento in caso di escalation delle tensioni. Le recenti aperture del Pakistan alla Russia rendono ancora più imperativo per l’India non ridimensionate le sue relazioni con Mosca, suo alleato a vita.
L’India è stata tacitamente condannata dai suoi alleati occidentali per non aver preso una posizione chiara a favore dell’Ucraina. In una recente dichiarazione il ministro degli Esteri indiano ha denunciato la politica dei “doppio standard” degli Stati Uniti e dell’occidente, fuggiti dall’Afghanistan pochi mesi fa nel caos totale, nonostante le proteste di diversi paesi per i problemi di sicurezza nella regione. Insomma l’India non seguirà ciecamente l’interpretazione occidentale dei principi e degli interessi democratici sull’altare dei suoi interessi nazionali.
Non a caso l’India è l’unico membro del Quad ad astenersi dal condannare apertamente la Russia. Quello che l’occidente deve capire è che il partenariato dell’India con la Russia è stato consolidato negli ultimi sette decenni e ha una certa “profondità” che non è ancora stata raggiunta con i suoi nuovi partner occidentali. L’India si sta quindi sforzando di mantenere i suoi vecchi legami con la Russia e le sue nuove partnership con l’occidente, secondo le sue priorità strategiche. Gli Stati Uniti hanno bisogno dell’India (e viceversa) al loro fianco per rafforzare la rilevanza del QUAD, controbilanciare efficacemente la minaccia cinese e sviluppare una strategia efficace nella regione indo-pacifica.
La posizione dei paesi del Medio Oriente sul conflitto ucraino non è diversa da quella della maggior parte dei paesi asiatici. In breve mantengono una “ambiguità strategica”. Allo stesso modo gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita e l’Iran si sono astenuti dal condannare apertamente la Russia. Il 3 marzo Vladimir Putin ha parlato telefonicamente con il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman con l’obiettivo di rafforzare un’alleanza geopolitica cruciale, mentre le sanzioni occidentali colpiscono l’economia russa. La Russia è più isolata economicamente di quanto non lo sia stata negli ultimi decenni, con molte delle sue banche tagliate fuori dal sistema finanziario globale e commercianti riluttanti a elaborare le sue spedizioni di petrolio. L’OPEC+, guidato da Arabia Saudita e Russia, ha in gran parte ignorato questa escalation della crisi nella riunione del 2 marzo. Ma il cartello è sempre più sotto pressione per aumentare la produzione al fine di abbassare i prezzi del petrolio greggio, il che potrebbe creare tensioni tra Mosca e Riyadh.
In realtà l’invasione dell’Ucraina potrebbe essere una manna per l’Arabia Saudita, poiché le sue entrate derivanti dalle esportazioni di petrolio sono aumentate bruscamente, con i prezzi del petrolio che raggiungono quasi 120 dollari al barile, il livello più alto del decennio, e che da poco hanno cominciato a calare. Se l’Arabia Saudita decide di non aumentare la sua produzione di petrolio, ciò le consente di raggiungere due obiettivi. In primo luogo i prezzi elevati consentiranno al governo saudita di raccogliere maggiori entrate al barile, con stime che suggeriscono che le sue entrate potrebbero raggiungere i 375 miliardi di dollari quest’anno, rispetto ai 145 miliardi di dollari del 2020. In secondo luogo la Russia sarà soddisfatta, il che proteggerà i loro interessi reciproci. Ciò potrebbe rafforzare le prospettive di un partenariato energetico ed economico globale che potrebbe includere gli Emirati Arabi Uniti e altri paesi della regione del Medio Oriente. Per quanto riguarda la Russia, potrebbe usare la sua influenza sull’Iran (e a sua volta sui ribelli Houthi nello Yemen) per disinnescare le tensioni nella regione del Golfo. Ciò significa inevitabilmente che gli Stati Uniti e i loro alleati potrebbero perdere la loro influenza nella regione.

https://www.notiziegeopolitiche.net/ucraina-perche-a-est-non-condannano-la-russia/?fbclid=IwAR1IlW-qoa15t1jbZ6eCGpoCPx3fYG-7pZmQpKV3a3KZYi7dxgbINqDte_c

L’EUROPA TRA LE VIE DELLA NATO, LE VIE DELLA SETA E LE VIE DELL’ENERGIA. SECONDA PARTE _ di Luigi Longo

L’EUROPA TRA LE VIE DELLA NATO, LE VIE DELLA SETA E LE VIE

DELL’ENERGIA. SECONDA PARTE.

di Luigi Longo

Ai miei nipotini Ethan e Francesco affinchè non si adattino nella loro vita ai sentimenti e alle idee della infamia della realtà sociale storicamente data.

È né più né meno che un inganno sobillare il popolo senza offrirgli nessun fondamento solido e meditato per la sua azione. Risvegliare speranze fantastiche […] lungi dal favorire salvezza di coloro che soffrono, porterebbe inevitabilmente alla loro rovina: rivolgersi ai lavoratori senza possedere idee rigorosamente scientifiche e teorie ben concrete significa giocare in modo vuoto e incosciente con la propaganda, creando una situazione in cui da un lato un apostolo predica, dall’altro un gregge di somari lo sta a sentire a bocca aperta: apostoli assurdi e assurdi discepoli.

In un paese civilizzato non si può realizzare nulla senza teorie ben solide e concrete; e finora, infatti, nulla è stato realizzato se non fracasso ed esplosioni improvvise e dannose, se non iniziative che condurranno alla completa rovina la causa per la quale ci battiamo.

L’ignoranza non ha mai giovato a nessuno!

Karl Marx*

Se è vero che ciò che è storico è sempre mutevole,

anche il sistema attuale è destinato prima o poi a declinare lasciando il posto, se sapremo impegnarci razionalmente ed eticamente, a un mondo migliore. Una prospettiva che congiunge in una linea ideale la filosofia politica di Platone e di Marx, entrambi impegnati, non soltanto a conoscere, ma a cambiare il corso della storia.

Silvia Vegetti Finzi**

1.La sintesi della prima parte

Nella prima parte del presente scritto evidenziavo alcune questioni:

a) la situazione oggettiva di una Europa servile in totale sbando e decadenza e una potenza imperiale (USA) di coordinamento mondiale, in irreversibile declino, non propensa ad un ordine mondiale condiviso con altre potenze. In questa fase storica data, l’Europa si trova ad un bivio: o proseguire la servitù volontaria verso gli Stati Uniti d’America scegliendo le vie della NATO, oppure divenire un soggetto politico confederato (1), iniziare un cammino di liberazione dalla servitù e scegliere un nuovo orientamento verso l’Oriente attraverso le vie della seta e le vie dell’energia. Un cammino che non può prescindere dal << […] “saltare il passaggio” della piena restaurazione della sovranità politica e monetaria degli stati nazionali >> (2);

b) le vie della Nato, ovverosia degli Stati Uniti, sono vie che preparano scenari di guerra ma l’Europa per la prima volta nella storia sarà teatro passivo di future guerre. La Nato è sempre stata strumento dei momenti storici di svolta, così fu nel secondo dopoguerra, nella fase monocentrica con coordinamento USA, così è nell’attuale fase multicentrica, con gli USA in chiaro declino come potenza egemonica e con le nuove potenze mondiali in chiara ascesa (3);

c) la Nuova Via della Seta della Cina è una Via che recupera un nuovo senso e un nuovo dialogo tra Oriente e Occidente e ha come obiettivo l’equilibrio dinamico tra le potenze dominanti della fase multicentrica.

2.La guerra biologica

Leggo la pandemia da Covid-19 (4) come una guerra biologica nella fase multicentrica (5) che avanza anche con l’affilamento delle armi batteriologiche di distruzione di massa delle potenze mondiali (6).

Pochi autori leggono la questione coronavirus come una guerra batteriologica nel conflitto tra la potenza mondiale egemonica USA (in declino) e la Cina (potenza in ascesa) nella fase multicentrica (7).

La Cina è sotto attacco perché è ritenuta dagli Stati Uniti (8) la nazione in grado di essere il motore della messa in discussione della sua egemonia attraverso l’alleanza con la Russia (altra potenza in ascesa) e la creazione di coordinamenti con altre nazioni [l’Aggregato geoeconomico Bric (Brasile, Russia, India, Cina), l’Organizzazione di cooperazione di Shanghai (SCO), la Belt and Road Initiative (BRI, la Nuova Via della Seta)]. L’esperta di studi asiatici Claudia Astarita afferma che << […] Mosca, che si ritrova nell’incapacità di rispondere (alla politica cinese nell’Asia Centrale, mia precisazione), in virtù di una sempre più accentuata inferiorità politica e strategica rispetto a Pechino. […] la Cina sta ridisegnando gli equilibri storici dell’Asia Centrale: “un tempo tutte le strade portavano a Mosca. Ora portano tutte a Pechino” […] come è stato messo in evidenza nel rapporto dell’Istituto per gli studi di politica internazionale di Milano (ISPI) “Russia and China. Anatomy of a Partnership”, il blocco russo-cinese, a prescindere dalla sua natura pragmatica, asimmetrica, e potenzialmente conflittuale, non è destinato a scomparire, quindi sarebbe opportuno iniziare a riflettere su come evitare che finisca col trasformarsi in un aggregatore di dissenso anti-occidentale […] Se è vero, come ha sottolineato l’accademico americano Jeremi Suri, che è stata la necessità di sfidare l’ordine americano ad avvicinare Mosca e Pechino, è evidente che fino a quando gli Stati Uniti continueranno ad essere percepiti come un nemico comune l’asimmetria di questo blocco continuerà ad essere considerata un problema secondario per il Cremlino. Paradossalmente, quindi, per offrire alla Russia un’alternativa, l’Occidente in generale e l’Unione Europea in particolare dovrebbero ricominciare a confrontarsi per trovare un modo per evitare che l’isolamento cui hanno scelto di relegare Mosca (su precise strategie statunitense, mia precisazione) si trasformi in un’arma a doppio taglio in grado di renderla un nemico ancora più imprevedibile e pericoloso.>> (9). Ricordo, en passant, che gli USA temono una alleanza Cina-Russia soprattutto per la capacità cinese di avanzare con la Nuova Via della Seta una grande progettualità di respiro mondiale basata sullo sviluppo economico, politico, culturale tra le nazioni coinvolte nell’idea di scambio tra Oriente e Occidente che ricalca il senso e gli obiettivi delle antiche Vie della Seta (10).

Il virus Sars Cov-2 (11) parte apparentemente (12) da Wuhan (una metropoli di 11 milioni di abitanti, capoluogo della provincia centro-meridionale dell’Hubei, è uno dei cuori economici della Cina in cui si intersecano un grandissimo numero di linee ferroviarie, stradali e aree che collegano il Paese al suo interno e col resto del mondo. Wuhan è dunque un hub economico, industriale, finanziario e logistico, ma anche meta turistica e importante città universitaria) (13), probabilmente dal laboratorio BLS-4 come sostiene il Dr. Boyle che precisa “Tutti questi laboratori BSL-4 di Stati Uniti, Europa, Russia, Cina, Israele sono stati fatti per ricercare, sviluppare, testare agenti per la guerra biologica. In verità, non vi è alcun motivo scientifico legittimo per avere laboratori BSL-4.” (14). L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha approvato “molti di questi laboratori BSL-4 (…) Non potete fidarvi di ciò che dice l’OMS perché sono tutti comprati e pagati da Big Pharma e lavorano in combutta con il CDC [Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie], che è il governo degli Stati Uniti e lavorano in combutta con Fort Detrick.” Fort Detrick, oggi, è un laboratorio all’avanguardia per la guerra biologica, in precedenza era un noto centro di ricerca della CIA per gli esperimenti sul controllo mentale” (15).

Ora, sia ipotizzando che il virus sia sfuggito di mano (l’imprevedibilità) nel laboratorio BLS-4, sia ipotizzando che gli USA abbiano manovrato affinchè ciò accadesse (16) non cogliamo il punto della situazione, quello, cioè, che nel conflitto strategico gli agenti dominanti usano la guerra biologica così come è sempre stato a partire dalla notte dei tempi fino ad oggi. Nel conflitto per il dominio tutti si attrezzano con tutti i tipi di armi convenzionali e non convenzionali ma il ruolo degli USA (maestri di guerre batteriologiche con oltre 400 laboratori segreti sparsi nel mondo), che per la loro storia sono la potenza mondiale più pericolosa, è nefasto: “La guerra biologica di un tempo fatta di batteri e richettsie (piccoli microrganismi simil batterici, mia precisazione) era vantaggiosa ma indiscriminata, con alto rischio boomerang ed epidemie fuori controllo, soprattutto per l’alto rischio che colpisse solo la popolazione civile lasciata senza protezione. Per questo era stata ufficialmente bandita o destinata soltanto agli animali. Ora, con la capacità di modificare o riprogrammare i virus con l’ingegneria genetica la guerra biologica si affianca come potenza e rango alle guerre terrorizzanti o deterrenti, come la guerra nucleare e il terrorismo” (17). Ricordo, come già evidenziato nei miei precedenti scritti, che la potenza più aggressiva e spregiudicata è quella degli Stati Uniti d’America: perché è nella loro storia, perché sono per un dominio unilaterale, perché sono in chiara fase di inizio declino insieme a tutto l’Occidente (che si butta sul postumano in nome delle magnifiche sorti e progressive dell’umanità invece di dare senso alla vita individuale e sociale), perché hanno un conflitto interno tra gli agenti strategici irreversibile, perché non riescono a fare sintesi nazionale capace di rilanciarsi come grande potenza, perché sono leader mondiali della ricerca, produzione e uso di armi batteriologiche. Già nel 2017-2018 si era verificato negli USA uno dei più gravi focolai di influenza della storia recente. Fu una catastrofica influenza almeno tre volte più letale dell’attuale crisi sanitaria legata alla malattia Covid-19. Allora l’OMS ritenne non necessario (sic) allertare il mondo o arrestare tutte le attività commerciali planetarie come ha fatto con il covid-19. Stranamente l’OMS non si era nemmeno preoccupata di etichettare l’epidemia americana come un’epidemia o una pandemia. Si era trattato solo di una “normale influenza” nonostante l’entità dei decessi, l’enorme numero di ricoveri e l’alto tasso di infezione (18).

La malattia Covid-19, ritenuta una influenza particolare (19) la cui particolarità è data dalla sua artificiosità, viene dichiarata pandemica innescando, in una logica sistemica, interventi di politica sanitaria che hanno fatto da testa di ariete per riorganizzare la vita sociale, rimodellare il legame sociale, ristrutturare tutte le sfere sociali, ripensare l’uso della città e del territorio dei singoli Paesi che hanno dato risposte diverse in termini di soluzione, di ripresa e di rilancio del proprio sviluppo storicamente dato.(20). L’intervento di politica sanitaria per bloccare la pseudo pandemia tramite i soli vaccini prodotti in maniera superficiale, rozza e antiscientifica è la prova provata dell’utilizzo della malattia covid-19 per altri fini (politici, economici, sociali, istituzionali, geopolitici) e non certamente per tutelare la salute delle popolazioni. Parlo di sieri genici, non vaccini, avallati oltre che dalle interessate Big Pharma, soprattutto da tutte le istituzioni mondiali scientifiche e non: si pensi, per esempio, alla formazione dei protocolli secretati della produzione dei cosiddetti vaccini, al non controllo pubblico degli effetti sulla popolazione, all’assurdità antiscientifica di vaccinare una popolazione in piena pandemia, al divieto di curare con farmaci efficaci (comuni antivirali, antibiotici, anti-infiammatori e immunostimolanti/modulanti, eccetera) la malattia, salvando vite umane così come hanno dimostrato, nella pratica e scientificamente, i medici italiani che hanno rifiutato le indicazioni del Ministero della Sanità (quale decisore servile risponderà di questo genocidio?!), fino alla durata della produzione dei vaccini: occorrono mediamente 10 anni per produrre seriamente e scientificamente un vaccino! (21).

E’ triste osservare che i critici di derivazione marxiana più intelligenti, del sistema cosiddetto capitalistico, si affidano alle magnifiche sorti e progressive della scienza e della tecnica e non vedono lo strumento della Covid-19 come frattura (con conseguente salto) di una nuova organizzazione sociale ovviamente sistemica che marcia verso il post-umano distruggendo sensatezza e costruendo nichilismo (la crisi di civiltà dell’Occidente!) (22). Eppure c’è tutta una letteratura e una pratica vissuta che ha prodotto ottime riflessioni sulla non neutralità della scienza e della tecnica! Si vive di intelligenza pratica sempre più povera, staccata dalla intelligenza del pensiero sempre più confuso. E’ il segno dei tempi!

Il virus Sars Cov-2 è lo strumento per ridisegnare, nella fase multicentrica, una nuova architettura economica (conflitto nelle sfere economica e finanziaria), sociale, politica, istituzionale (conflitto nelle sfere istituzionale, politica, lavoro, giuridica) e territoriale dei singoli Paesi (conflitto nelle sfere geopolitica, geoeconomica e geoideologica) e per rideterminare le aggregazioni di Paesi e di aree intorno ai centri-potenza (USA in relativo declino, Cina e Russia in ascesa) in conflitto per l’egemonia mondiale (dominio assoluto per gli USA, dominio condiviso per la Cina e per la Russia).

E’ ragionevole ipotizzare, quindi, che gli Stati Uniti sono i responsabili della diffusione, tramite il virus Covid-Sars2, della pandemia da Covid-19 per colpire la Cina ritenuta da loro il Paese-potenza che, come già detto, in alleanza con la Russia, è in grado di mettere in discussione la loro egemonia mondiale.

3.La guerra russo-ucraina

Perché oggi è esplosa la guerra tra la Russia e l’Ucraina, un paese pedina nelle strategie aggressive degli USA, tramite la NATO, verso l’Oriente? Ricordo, con Guy Mettan, che << il “perno geopolitico” ucraino è oggetto di una approfondita analisi: dal 1994 Washington accorda priorità ai rapporti con l’Ucraina. Tra il 2005 e il 2010 l’Ucraina potrebbe a sua volta trovarsi nella situazione di imbastire delle trattative in vista di un suo ingresso nell’UE e nella Nato. Vent’anni dopo possiamo dire che il programma di Brzezinski è stato realizzato quasi integralmente. I suoi lettori lo hanno applicato alla lettera: l’Ucraina, con l’aiuto dei polacchi e dei baltici, è entrata nell’orbita occidentale. L’unica cosa che non aveva previsto era che gli abitanti dell’Est dell’Ucraina non avrebbero accettato questo stato di cose e si sarebbero ribellati, preferendo ricongiungersi alla Russia o rivendicare la propria indipendenza piuttosto che abbracciare l’Occidente.>> (23). Perché Vladimir Putin è costretto ad intervenire per la difesa legittima dei confini russi dopo anni di allargamento della Nato (24), (strumento degli USA è bene ribadirlo) ad Est con la collaborazione della servitù volontaria dell’Unione europea (una UE frutto di un progetto politico messo su dagli Stati Uniti nel dopoguerra il cui utilizzo è arrivato a termine)? (25). Rammento il verbale desecretato nel 2017 in cui si dà conto in modo dettagliato dei colloqui avvenuti tra il 1990 e il 1991 tra i direttori politici dei ministeri degli Esteri di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania, sull’unificazione delle due Germanie, dopo il crollo di quella dell’Est del 1989. Il colloquio decisivo, riporta Der Spiegel, si è svolto il 6 marzo 1991 ed era centrato sui temi della sicurezza nell’Europa centrale e orientale, oltre che sui rapporti con la Russia, guidata allora da Michail Gorbaciov. I leader dei maggiori paesi della Nato avevano promesso a Mosca che l’Alleanza atlantica non sarebbe avanzata verso Est “neppure di un centimetro”. Una promessa smentita dai fatti, visto che da allora ben 14 paesi sono passati dall’ex impero sovietico all’alleanza militare atlantica. Da qui le contromosse di Wladimir Putin: la guerra in Georgia (il fallito tentativo nel 2008 del presidente George W. Bush di includere nella Nato Ucraina e Georgia), l’occupazione della Crimea, l’appoggio ai separatisti del Donbass, lo schieramento di oltre centomila soldati al confine con l’Ucraina, la dura linea diplomatica con cui ha ribattuto alle minacce di sanzioni da parte USA ed UE: “Mosca è stata imbrogliata e palesemente ingannata”, infine la guerra all’Ucraina. (26). Perché sono state rifiutate sia le proposte ragionevoli e legittime della Russia a partire dagli accordi disattesi di Minsk (Minsk I e Minsk II, accordi che oggi non esistono più dopo il riconoscimento della Russia della costituzione delle repubbliche popolari separatiste del Donetsk e Lugansk), con regia degli USA (via Nato e UE, Germania e Francia), sia le ultime proposte russe del 15 dicembre 2021 con cui la Russia ha consegnato agli Stati Uniti un progetto di trattato per cessare la suddetta situazione e difendere le popolazioni russofone che da otto anni l’Ucraina bombarda nella regione del Donbass provocando la morte di 14 mila persone? (27).

La crisi tra la Russia e l’Ucraina è datata con la dichiarazione dell’indipendenza dell’Ucraina il 1 dicembre 1991 da parte del primo presidente ucraino Leonid Kravchuk. La guerra è iniziata nel 2014 con il non rispetto degli accodi di Minsk da parte Ucraina con regia degli USA-Nato, ha avuto un punto di svolta con la pandemia da Covid-19 nel 2019, ed è esplosa il 24 febbraio scorso. Riporto la brillante sintesi di Manlio Dinucci << Nel febbraio 2014 la Nato, che dal 1991 si era impadronita di posti chiave in Ucraina, effettuava tramite formazioni neonaziste appositamente addestrate e armate, il colpo di stato che rovesciava il presidente dell’Ucraina regolarmente eletto. Esso era orchestrato in base a una precisa strategia: attaccare le popolazioni russe di Ucraina per provocare la risposta della Russia e aprire così una profonda frattura in Europa. Quando i russi di Crimea decidevano con il referendum di rientrare nella Russia di cui prima facevano parte, e i russi del Donbass (bombardati da Kiev anche col fosforo bianco) si trinceravano nelle due repubbliche, iniziava contro la Russia la escalation bellica della Nato. La sosteneva la Ue, in cui 21 dei 27 paesi membri appartengono alla Nato sotto comando Usa.

In questi otto anni, forze e basi Usa-Nato con capacità di attacco nucleare sono state dislocate in Europa ancora più a ridosso della Russia, ignorando i ripetuti avvertimenti di Mosca. Il 15 dicembre 2021 la Federazione Russa ha consegnato agli Stati Uniti d’America un articolato progetto di Trattato per disinnescare questa esplosiva situazione […] Non solo è stato anch’esso respinto ma, contemporaneamente, è cominciato lo schieramento di forze ucraine, di fatto sotto comando Usa-Nato, per un attacco su larga scala ai russi del Donbass.

Da qui la decisione di Mosca di porre un alt alla escalation aggressiva Usa-Nato con l’operazione militare in Ucraina. Manifestare contro la guerra cancellando la storia, significa contribuire consapevolmente o no alla frenetica campagna Usa-Nato-Ue che bolla la Russia quale pericoloso nemico, che spacca l’Europa per disegni imperiali di potere, trascinandoci alla catastrofe >> (28).

Nel momento in cui gli USA dimostrano il proprio declino, con l’ascesa di potenze che mettono in discussione l’equilibrio tra legittimità e potere mondiale statunitense, tale equilibrio per dirla con Henry Kissinger, << […] viene distrutto, le limitazioni scompaiono, e il campo è aperto a pretese […]; ne segue il caos fino al ristabilimento di un nuovo sistema di ordine >> (29).

La guerra scatenata di fatto dagli USA-Nato in Ucraina ha come obiettivo quello di ostacolare l’alleanza sempre più consolidata tra Cina e Russia, che rappresenta un potenziale polo (una Grande Eurasia ad egemonia russa e una Grande Asia orientale ad egemonia cinese, per dirla con Federico Dezzani), con la sua visione multicentrica del dominio mondiale e con la sua idea di sviluppo basata su nuove relazioni internazionali e nel rispetto reciproco dei Paesi (organizzati o meno in macroregioni o grandi spazi o grandi aree con un proprio ordine e una propria peculiarità territoriale, culturale, sociale, politica e storica) dell’Occidente e dell’Oriente; un potenziale polo capace di mettere in discussione la pretesa egemonica monocentrica degli Stati Uniti. Per dirla con Sergey Karaganov (un consigliere di rilievo della politica estera russa) con << L’ultimatum che la Russia ha emesso agli Stati Uniti e alla NATO alla fine del 2021, chiedendo loro di interrompere lo sviluppo di infrastrutture militari vicino ai confini russi e l’espansione a est, ha segnato l’inizio della “distruzione costruttiva”. L’obiettivo non è semplicemente fermare la debole, seppur pericolosissima inerzia della spinta geostrategica dell’Occidente, ma anche iniziare a gettare le basi per un nuovo tipo di relazioni tra Russia e Occidente […] Il percorso più promettente per la Russia è lo sviluppo e il rafforzamento dei legami con la Cina. Una partnership con Pechino moltiplicherà molte volte il potenziale di entrambi i paesi. Se l’Occidente continua con le sue politiche amaramente ostili, non sarebbe irragionevole considerare un’alleanza temporanea di difesa di cinque anni con la Cina. Naturalmente bisogna anche stare attenti a non avere le ‘vertigini di successo’ sulla pista cinese, per non tornare al modello medievale del Regno di Mezzo della Cina, cresciuto trasformando i suoi vicini in vassalli. Dovremmo aiutare Pechino in ogni modo possibile per evitare che subisca una sconfitta anche momentanea nella nuova Guerra Fredda scatenata dall’Occidente […] Chiaramente, una politica orientata all’Est non deve concentrarsi esclusivamente sulla Cina. Sia l’Est che il Sud sono sempre più rilevanti nella politica, nell’economia e nella cultura globali, il che è in parte dovuto al nostro indebolimento della superiorità militare dell’Occidente, la fonte primaria dei suoi 500 anni di egemonia.

Quando arriverà il momento di stabilire un nuovo sistema di sicurezza europeo che sostituisca quello esistente pericolosamente obsoleto, lo si dovrà fare nel quadro di un più grande progetto eurasiatico. Nulla di utile può nascere dal vecchio sistema euro-atlantico >> (30).

Gli USA-Nato indeboliscono la Russia per colpire il costituendo polo eurasiatico, di cui temono, soprattutto, il progetto di respiro mondiale della via della seta che vede come attore principale la Cina. Fabio Massimo Parenti così afferma << La BRI ha prospettive sia geopolitiche che geo-economiche. Ha lo scopo di cambiare la relazione tra Cina e le altre grandi potenze, come USA, Russia ed Europa. Perciò, essa avrà un impatto sullo sviluppo economico e sulla cooperazione tra molte regioni: Asia centrale, Asia meridionale, Medio Oriente, Nord Africa ed Europa.>> (31).

Pasquale Cicalese così osserva << Nei siti cinesi durante l’ultimo anno e mezzo si dava conto dell’esplosione dei transiti ferroviari, anche a seguito del boom dei prezzi dei noli marittimi, tra la Cina e l’Europa. Il mercato era arrivato a valere il 14% dell’intero interscambio Cina Europa. Il transito passava per la Russia, la Bielorussia e l’Ucraina, per poi arrivare a Duisburg, Germania, dove c’è uno snodo merci fondamentale per l’intera Europa. La stessa Italia era arrivata a programmare transiti ferroviari con la Cina, attraverso lo snodo di Melzo, in Lombardia. Il transito ferroviario suggellava l’asse Germania Russia Cina, un asse commerciale ma che aveva ricadute politiche visto che era criticato dagli Stati Uniti. Non solo gli Usa, inglobando l’Ue nella guerra con la Russia, hanno bloccato North Stream, non solo ci saranno sanzioni che colpiranno la Russia e come un boomerang l’Ue, ma lo stesso interscambio ferroviario con la Cina si bloccherà con conseguenze gravi per gli esportatori europei. Certo, c’è il mare, ma il costo dei noli marittimi è esplosivo da due anni e molti piccoli operatori non se li possono permettere. Viene dunque bloccato il fronte Est. Gli Usa avevano già bloccato il Fronte Sud (Italia) con i repentini cambi di politica governativa ed estera nel nostro Paese, che nel giro di tre anni passava dall’accordo sulla Via della Seta e ostracismi diplomatici fomentati dagli americani. Ai cinesi rimane il Pireo, ma non ha linee autostradali e ferroviarie. La Cina dunque perde una parte dei commerci con l’Ue. Gli Usa a questo punto si rivolgeranno al Mar cinese meridionale per bloccare i traffici marittimi cinesi e fomenteranno rivolte in Egitto per bloccare il canale di Suez. Alla Cina rimane l’Asia e l’asse Cina, Russia, Pakistan e Iran, un blocco unico capace di compensare le perdite europee. Di fondamentale importanza il “Corridoio Pakistano” che la Cina ha ultimato e che arriva al porto di Gwdar. Se questo blocco regge e si sviluppa, assieme al Rcep, la storia dei commerci internazionali potrebbe dopo secoli cambiare, con perdita di centralità europea. Tre di questi paesi sono potenze atomiche, la Cina da anni contribuisce alla loro industrializzazione in cambio di sbocchi al mare e/o materie prime. […] il fronte est commerciale è perduto. Si tratta di vedere quali altri verranno aperti. Di certo, l’Europa ci perderà. Aver rinunciato ad una propria autonomia strategica (Pasquale Cicalese dimentica che l’UE non è un soggetto politico e come tale non può avere una strategia, mia precisazione) e aver seguito gli americani, che altro non volevano che la rottura dell’asse Germania Russia Cina sarà nei prossimi decenni fatale >> (32).

Una Russia che continua ad essere un gigante militare con i piedi di argilla con uno sviluppo economico squilibrato basato sull’esportazione delle materie prime soprattutto energetiche di sostegno all’egemonico settore militare-industriale (che gli permette un dinamismo geopolitico) le cui differenze con l’economia cinese in termini di PIL, sviluppo industriale, occupazione, inflazione, bilancio, riserve e debito pubblico sono rilevanti. La studiosa Eugenia Baroncelli, utilizzando macro indicatori sistemici, sostiene che << […] l’economia russa, che, nonostante un tasso di crescita del PILpc (prodotto interno lordo pro capite, mia precisazione) superiore all’8,5% nel 2007, ha subito una caduta alla fine del decennio, senza in effetti riprendersi in modo stabile. Nella seconda parte del 2014, il paese è entrato in recessione, a seguito della caduta dei prezzi del greggio e degli effetti delle sanzioni UE e USA del luglio 2014. La ripresa si è avuta solo nel 2016, anche grazie ai tagli nella spesa reale, a una maggior flessibilità del rublo e alle politiche di ricapitalizzazione bancaria. La traiettoria compiuta dal sistema economico russo è compatibile con quella di un paese a reddito medio-alto che tenta di raggiungere lo status di economia ad alto reddito tipica dei sistemi OCSE a economia industrializzata. Tuttavia, la sua elevata dipendenza dalle esportazioni di petrolio, gas naturale e derivati allontana notevolmente la chiusura del divario che separa l’economia russa dalle maggiori economie avanzate. >> (33).

4.Le vie dell’energia

Ripropongo una piccola premessa, che avanzai nel 2011, perché la ritengo ancora attuale, sulle questioni dell’imbroglio delle fonti energetiche rinnovabili (FER) e della sostenibilità territoriale (apparsa sui siti www.conflittiestrategie.it e www.italiaeilmondo.com) come cornice di ragionamento sulle riflessioni delle vie dell’energia dell’Europa che svilupperò subito dopo.

Il problema dell’energia è sempre stato fondamentale nella storia del genere umano sessuato per accendere il motore dello sviluppo attraverso i suoi modi di produzione e riproduzione della vita sociale e individuale storicamente data. Si è passato dalla fase dell’Homo sapiens, in cui venivano usati i convertitori biologici di energia come gli animali e i vegetali, alla fase attuale della società capitalistica in cui vengono usati convertitori inanimati di energia da fonti fossili ( petrolio, carbone, gas naturale, altro) e da fonti rinnovabili ( sole, vento, acqua, altro) passando per la rivoluzione agricola e la rivoluzione industriale: << Se la Rivoluzione Agricola è il processo mediante il quale l’uomo pervenne a controllare e ad aumentare la disponibilità di convertitori biologici ( piante ed animali), la Rivoluzione Industriale può essere considerata come il processo che permise di intraprendere lo sfruttamento su vasta scala di nuove fonti di energia per mezzo di convertitori inanimati >>.

Oggi viviamo in una società in cui lo sviluppo è acceso da una energia prodotta da fonti inanimate esauribili e da fonti inanimate inesauribili fino a quando il sole avrà vita (i lunghi << tempi biologici >>: nel 2009 il consumo mondiale di energia prodotta da fonti fossili è pari al 80% contro il 20% prodotta da fonti energetiche rinnovabili (FER) (soprattutto idrica), nucleare e altre fonti (non aggiorno i dati perchè la sostanza del ragionamento non cambia). << La parte del leone nella fornitura di energia nel mondo spetta alle sorgenti fossili, in particolare agli idrocarburi in virtù della disponibilità di infrastrutture in grado di estrarre, raffinare 1.000 barili al secondo di grezzo e di distribuire convenienti vettori energetici, che hanno reso disponibile l’energia in ogni luogo, in qualunque momento e alla potenza desiderata (corsivo mio) >>.

Quindi l’energia prodotta da fonti fossili esauribili è un elemento fondamentale dello sviluppo della società capitalistica e diventa indispensabile l’appropriazione e la disponibilità delle risorse energetiche da fonti fossili che non sono sparse in maniera omogenea sulla terra ma sono concentrate in alcune aree [ per esempio, la maggior parte delle riserve di petrolio si trova in Arabia Saudita, Iran, Iraq, Kuwait;( in una ristretta zona del Medio Oriente chiamata << ellissi strategica >>); la maggior parte delle riserve di gas naturale in Russia, Iran, Qatar; la maggior parte delle riserve di carbone in Stati Uniti, Russia, Cina ]. La loro appropriazione segue la logica dello sviluppo ineguale e del conflitto tra potenze nazionali per l’egemonia mondiale. La loro produzione, la loro distribuzione e la loro valorizzazione seguono la logica delle merci del sistema cosiddetto capitalistico, cioè, esse saranno utilizzate fino a quando saranno risorse competitive per lo sviluppo. La transizione ecologica europea e italiana nel breve-medio periodo è ideologica, nel lungo periodo forse sarà in grado di sostituire le risorse da fonti fossili che comunque comporterà una diversa organizzazione sociale di luogo e di tempo con un modello di sviluppo altro che potrà essere sistemico oppure alternativo (cioè basato su diversi rapporti sociali). E’ compito della storia scoprire i molteplici modi d’uso delle cose. Come è compito della storia definire i termini e i modi di quantificazione di questi oggetti, nonché la durata conveniente economicamente dell’uso delle cose. Le fasi di transizione sono sempre apparentemente caotiche e degradanti, ma è attraverso il caos che nasce il nuovo ordine. La storia questo insegna dalla fase di transizione della comunità naturale alla nuova società incivilita, per usare una terminologia di Friedrich Engels (L’origine della famiglia, della proprietà privata dello stato, Editori Riuniti, Roma, 1971).

Oggi, con la guerra, apparentemente tra Russia e Ucraina, due cose sono chiare e confermate storicamente: la prima: l’uso delle fonti fossili e delle fonti rinnovabili seguono la logica dello sviluppo ineguale e del conflitto tra potenze per l’egemonia mondiale (34); la seconda: l’ Unione Europea (UE), che dipende dal gas russo per il 41% (l’Italia importa oltre il 40%) (cfr la carta sotto riprodotta), non è un soggetto politico e, quindi, non solo non può avere nessuna strategia per quanto concerne l’approvvigionamento delle risorse energetiche, ma è sottomessa alle strategie USA contro i suoi stessi interessi (intendo la maggioranza delle popolazioni dei Paesi europei) aderendo alle assurde, stupide e devastanti sanzioni economiche (provvedimenti di alto profilo su banche e finanza, energia e tecnologia) ispirate dagli agenti strategici statunitensi nella convinzione di minare la base fondante dell’economia russa (sottolineo le conseguenze sulla maggioranza della popolazione) (35). La strategia avanzata per sostituire il gas russo da parte dell’UE (la REPowerEU) (che ricordo non ha nessun piano strategico sull’energia e ogni Paese si muove in maniera autonoma) è irrealizzabile nel breve-medio periodo (36) e comunque si muove sempre, sia nel solco strategico statunitense sia nella transizione ecologica, nella logica di contrastare le due potenze in ascesa, la cui alleanza può aprire a un mondo

multicentrico, cioè la Russia (una delle maggiori nazioni produttrici di gas naturale e petrolio) e la Cina (una delle più grandi importatrici di idrocarburi) (37).

Fonte: AGI, 2022

Gli interventi di politica energetica della UE (e dell’Italia), nel breve periodo, non saranno sufficienti a colmare sia il divieto di importazione del gas e petrolio russo da parte degli USA e della UE sia la eventuale chiusura dei gasdotti da parte della Russia (come ritorsione all’inasprimento delle suddette sanzioni) che ha tutto il diritto di usarla come strumento del conflitto. E fa pensare l’arroganza di Faith Briol (il numero uno dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE)) quando critica il comportamento della Russia sulla gestione del gas usato per ragioni geopolitiche contro la UE e indirettamente contro gli USA, tacendo l’uso degli strumenti di conflitto degli USA (sanzioni economiche, finanziarie, tecnologiche, boicottaggio del gasdotto stream2, eccetera) come azioni geopolitiche per ridimensionare la Russia (38).

L’Europa se fosse stata autonoma ed autodeterminata avrebbe potuto svolgere un ruolo fondamentale nella costruzione di nuove relazioni tra l’Occidente e l’Oriente scegliendo la via della seta e la via dell’energia, per costruire un mondo multicentrico intrecciando, nel rispetto reciproco della storia dei Paesi, i diversi modelli di sviluppo.

5.La via della NATO e la fine della UE.

L’UE, uno spazio istituzionale sovranazionale dove sono egemoniche le sfere economica, finanziaria, ideologica e culturale, occupata da agenti strategici esecutori servili statunitensi (i cotonieri lagrassiani), è obbligata a scegliere la via della Nato perché è espressione di un progetto degli Stati Uniti iniziato nel dopoguerra e ormai concluso (39).

Ritengo che il progetto NATO della UE abbia lo stesso insegnamento politico enunciato da Niccolò Machiavelli nei Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio e così sintetizzato da Andrea Guidi << La prevalenza degli Stati Uniti d’America nel contesto della NATO che ha caratterizzato il dopoguerra in Europa, può infatti, per certi casi, ricordare il pensiero macchiavelliano in materia di alleanze sovrastatali al tempo in cui Roma era ancora una delle nazioni che caratterizzavano la penisola italica. Un modello che secondo la teoria formulata nei Discorsi […] era fondata su paci e alleanze politicamente e militarmente sperequato proprio a favore di Roma, eppure basato su condizioni formalmente paritarie e su di un quadro favorevole alla concessione di diritti alle popolazioni destinatarie; ovvero era capace di assicurare l’inclusione giuridica, sociale ed economica delle nazioni e dei popoli confinanti. Le vicende storiche che hanno seguito la fine della Seconda guerra mondiale in ambito europeo occidentale, infatti, sono state caratterizzate-con alcune similitudini rispetto a quanto suggerito nei Discorsi-da un evidente predominio politico degli stessi Stati Uniti. In particolare, ciò è accaduto per la evidente superiorità di questi ultimi in termini di forza militare, ovvero in un modo che ricorda appunto i predicamenti del Segretario fiorentino riassumibili nel pragmatico metodo di mantenere per se “il quadro del comandare, la sedia dello imperio ed il titolo delle imprese” >> (40).

Così Henry Kissinger << L’equilibrio europeo, storicamente promosso dagli Stati dell’Europa, si era trasformato in un aspetto della strategia di potenze esterne. La NATO istituì una cornice permanente per le consultazioni tra gli Stati Uniti e l’Europa e introdusse un certo grado di coerenza nella condotta della politica estera. Ma in sostanza l’equilibrio di potere europeo si spostò dagli accordi interni al continente al contenimento dell’Unione Sovietica a livello globale, in gran parte mediante il potenziale nucleare degli Stati Uniti. Dopo lo shock di due guerre devastanti, i paesi dell’Europa occidentale dovettero affrontare un mutamento di prospettiva geopolitica che metteva in discussione il loro senso di identità storica.

L’ordine internazionale durante la prima fase della guerra fredda fu in effetti bipolare, con l’azione dell’alleanza occidentale diretta sostanzialmente dall’America come partner principale e guida. Per “alleanza” gli Stati Uniti intendevano non tanto paesi che agiscono in modo concordato per mantenere l’equilibrio quanto l’America come direttore generale di un’impresa comune. (corsivo mio, LL) >> (41).

La via della NATO è lo strumento di svolta storica delle strategie USA basate su accordi con alleati e paesi sottomessi, cioè << […] L’alleanza atlantica, in realtà, è un’alleanza non paritaria. E’ uno strumento coercitivo nei confronti dell’Europa per impedire alla stessa di essere indipendente, realmente unita, e per impedirle di volgersi verso Oriente. Non a caso, secondo Brzezinski, l’espansione della Nato verso Est avrebbe allargato l’area di influenza statunitense in Europa e creato un’unione europea tanto vasta quanto poco unita e, di conseguenza, facilmente controllabile dalla potenza egemone >> (42).

Le crescenti tensioni in Europa orientale, Medio Oriente, Asia centrale, Sud-Est asiatico e Africa, vale a dire lungo le linee di attrito tra le sfere di influenza dei tre poli di potere-dominio, cioè USA, Cina e Russia, rivelano il conflitto già in essere nella fase multicentrica dove la via della seta e la via dell’energia entrano nel grande gioco geopolitico tra le citate potenze (43).

La globalizzazione della NATO e gli accordi degli USA fuori la NATO (44) stanno a dimostrare la necessità di coordinamento delle azioni intraprese dagli USA nei riguardi della Cina e della Russia. Cioè si ha una sorta di moltiplicazione del modello NATO da utilizzare nelle diverse aree sensibili del conflitto strategico tra le potenze mondiali dall’Atlantico al Pacifico passando per il Mediterraneo. Così Mahdi Darius Nazemroaya << Gli Stati Uniti stanno creando un anello di alleanze militari che mira a isolare e accerchiare l’Heartland eurasiatico. Non si sta facendo altro che applicare una seconda volta la dottrina già lanciata a suo tempo dal presidente americano Nixon secondo cui gli alleati degli USA devono diventare i bracci armati in ogni regione del globo. L’Alleanza atlantica ha la funzione di proiettare la potenza a stelle e strisce in Europa e nel Mar Mediterraneo; Australia e Giappone sono i gendarmi di Washington nell’Estremo Oriente e nella zona dell’Asia-Pacifico; Israele è l’alleato speciale degli USA nel Medio Oriente assieme al Consiglio di Cooperazione del Golfo e alla Turchia, che stanno venendo usati per gli interessi altrui. Esiste anche un livello più basso in cui la dottrina di Richard Nixon viene applicata in Africa e America Latina a terminati Paesi (rispettivamente Etiopia e Colombia) con compiti più ridotti a scala locale. Quel che è diverso dai tempi di Richard Nixon è che oggi si assiste a un’intensa opera volta a favorire l’integrazione di tutte queste realtà all’interno delle istituzioni ufficiali di sicurezza e difesa legate agli Stati Uniti. Ciascuna di queste ramificazioni locali dell’egemonia statunitense risulta inoltre appoggiata e integrata con i comandi militari locali di combattimento degli USA con cui il mondo viene letteralmente suddiviso in zone geografiche di responsabilità per i generali e gli ammiragli del Pentagono. Ciò che gli Stati Uniti hanno fatto non è altro che consolidare sempre più un’opera di accerchiamento ai danni di Russia, Iran e Cina, con un occhio di riguardo anche per l’India. Tutti questi grandi Stati eurasiatici, nelle loro veste di potenze regionali, portano delle vere e proprie sfide ai piani egemonici di Washington nel continente: la Federazione russa è la nazione di riferimento nell’Europa orientale e nello spazio postsovietico; l’Iran è attore di spicco nel Golfo Persico e in Medio Oriente; l’India è il Paese più importante nella parte meridionale dell’Asia, mentre la Cina recita la parte del leone in Estremo Oriente. Per far fronte a tutto questo gli atlantisti stanno lavorando per dar vita a tre fronti in Eurasia: uno che copre le popolose aree di confini orientali e meridionali della Repubblica Popolare Cinese, un altro che cinge l’Iran e i suoi alleati in Medio Oriente e per concludere un terzo in Europa orientale proprio di fronte alle frontiere occidentali della Russia >> (45).

Ci vuole il coraggio de “I musicanti di Brema” che si ribellano ai loro padroni che, dopo averli usati e sfruttati, li vogliono eliminare perché non servono più. Essi conquistano con la lotta la libertà e l’autodeterminazione sociale della vita (46).

Per una Europa libera e autodeterminata bisogna mandare a casa gli agenti strategici esecutori delle strategie statunitensi che occupano dei luoghi sovranazionali che nulla hanno a che fare con gli interessi della maggioranza dei popoli. C’è la necessità di avere un moderno principe sessuato che spazzi via la servitù volontaria verso gli Stati Uniti e pensi ad un progetto di una Europa come crocevia di relazioni sensate tra Occidente e Oriente.

Se è vero, come ci ricorda Silvia Vegetti Finzi, che ciò che è storico è sempre mutevole, anche il sistema attuale è destinato prima o poi a declinare lasciando il posto, se sapremo impegnarci razionalmente ed eticamente, a un mondo migliore. Una prospettiva che congiunge in una linea ideale la filosofia politica di Platone e di Marx, entrambi impegnati, non soltanto a conoscere, ma a cambiare il corso della storia. Allora occorre ripartire dalla grande lezione di Karl Marx quando afferma è né più né meno che un inganno sobillare il popolo senza offrirgli nessun fondamento solido e meditato per la sua azione. Risvegliare speranze fantastiche […] lungi dal favorire salvezza di coloro che soffrono, porterebbe inevitabilmente alla loro rovina: rivolgersi ai lavoratori senza possedere idee rigorosamente scientifiche e teorie ben concrete significa giocare in modo vuoto e incosciente con la propaganda, creando una situazione in cui da un lato un apostolo predica, dall’altro un gregge di somari lo sta a sentire a bocca aperta: apostoli assurdi e assurdi discepoli. In un paese civilizzato non si può realizzare nulla senza teorie ben solide e concrete; e finora, infatti, nulla è stato realizzato se non fracasso ed esplosioni improvvise e dannose, se non iniziative che condurranno alla completa rovina la causa per la quale ci battiamo. L’ignoranza non ha mai giovato a nessuno!

Le citazioni che ho scelto come epigrafe sono tratte da:

* Hans Magnus Enzensberger, a cura di, Colloqui con Marx e Engels, Einaudi, Torino, 1977, pag. 53.

**Silvia Vegetti Finzi, Introduzione in Luca Grecchi, Dolcezza, Mursia, Milano, 2021, pag.10.

NOTE

  1. Franco Cardini, I sovranisti distratti, www.ariannaeditrice.it, 7/7/2021; Alain de Benoist, Che cosa dovrebbe essere l’Europa? www.ariannaeditrice.it, 28/6/2020.

  2. Costanzo Preve-Luigi Tedeschi, Dialoghi sull’Europa e sul nuovo ordine mondiale, Casa Editrice “il Prato”, Saonara (Padova), 2016, pag.153.

  3. Si legga Charles A. Kupchan, Nessuno controlla il mondo. L’Occidente e l’ascesa del resto del mondo. La prossima svolta globale, il Saggiatore, Milano, 2013; Paul Craig Roberts, La guerra è a Washington (cosa sta facendo Donald Trump?), www.crepanelmuro.blogspot.com, 27/3/2020; Alain de Benoist, Gli Stati Uniti sono già in guerra con la Cina. L’Europa si sottragga, www.ariannaeditrice.it, 14/6/2020. Per una ulteriore conferma del nuovo progetto della Nato che sostituisce il ruolo della UE nelle strategie USA in funzione anti Cina e Russia e contro una alleanza Cina-Russia e “per il recupero della Russia, prima che questa possa ritrovarsi impaniata senza remissione nell’abbraccio cinese”, si veda Giuseppe Cucchi, La Nato è viva ma ora deve recuperare la Russia in Limes n.4/2020; Manlio Dinucci, Che cos’è e perché è pericoloso l’allargamento a Est della Nato, www.ilmanifesto.it, 21/2/2022; Alberto Negri, Putin e gli europei uniti nel paradosso, www.ilmanifesto.it, 23/2/2022.

  4. Sulla pseudo pandemia si veda Massimo Cascone, intervista a Stefano Dumontet, Morti, vaccini e speculazioni economiche, parte 1 e 2, www.comedonchisciotte.org, del 20/1/2022 e 21/1/2022;

  5. E’ un’ipotesi che considera sia quanto è accaduto e accade, sia tenendo conto della letteratura prodotta, sia pensando alla marginalità della ricerca sull’ipotesi della guerra batteriologica tra potenze mondiali.

  6. Con arma biologica si intende l’utilizzo di microrganismi patogeni per il ferimento e/o l’uccisione degli eserciti e dei civili durante una guerra, una guerriglia o una rappresaglia. Come ogni arma, ha sia evidenti vantaggi che svantaggi altrettanto evidenti; i vantaggi sono l’enorme efficienza letale e il basso costo (secondo alcune stime colpire 1 Km2 costerebbe 2000$ con le armi convenzionali, 800$ usando armi nucleari, 600$ usando agenti chimici e soltanto 1$ con gli agenti biologici), mentre tra gli svantaggi si annoverano l’imprevedibilità nell’uso (prevalentemente dovuto alle condizioni atmosferiche) e la reazione d’orrore che un loro impiego causerebbe a livello globale” in Andrea Borsa, Le armi biologiche attraverso i secoli, www.microbiologiaitalia.it, 29/11/2017. Per una ricostruzione storica rimando a Francesco Santoianni, L’ultima epidemia: le armi batteriologiche. Dalla peste all’AIDS, Edizioni Cultura della Pace, Firenze,1991.

  7. Pepe Escobar, Mai sprecare un’arma: la guerra ibrida degli Stati Uniti contro la Cina, www.comedonchisciotte.org, 23/2/2020; Federico Dezzani, Coronavirus e guerra senza limiti, www.federicodezzani.altervista.org, 1/2/2020; Federico Dezzani, Coronavirus e quarantena: l’Italia sotto i cannoneggiamenti, www.federicodezzani.altervista.org, 24/2/2020; Federico Dezzani, Guerre batteriologiche e guerre di greggio, www.federicodezzani.altervista.org, 19/3/2020; Marco Della Luna, Il virus contro le stelle, www.marcodellaluna.info, 23/2/2020; Paul Craig Roberts, Sta nascendo un nuovo mondo: come sarà?, www.comedonchisciotte.org, 16/4/2020; Luigi Tedeschi, a cura di, Intervista a Enrica Perucchietti coautrice con Luca D’Auria del libro “Coronavirus, il nemico invisibile”, Uno Editori 2020, www.ariannaeditrice.it, 9/5/2020; Fabio Mini, L’Epidemia di metafore nasconde che la guerra al virus è lotta fratricida in Limes n.4/2020.

  8. Su questo punto si veda Giovanni Arrighi, Adam Smith a Pechino. Genealogie del ventesimo secolo, Feltrinelli, Milano, 2008; Fabio Massimo Parenti, La via cinese. Sfida per un futuro condiviso, Meltemi, Milano, 2021.

  9. Sulla dialettica del rapporto Cina-Russia nelle diverse fasi storiche si rimanda alla sintesi di Claudia Astarita, Asia Meridionale e Orientale in Osservatorio Strategico n.4/2019, pp 52-56

(www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/CeMiSS/DocumentiVis/Osservatorio_Strategico_2019/OS_04_2019.pdf). Per una storia di una amicizia discontinua in Peter Frankopan, Le vie della seta. Una nuova storia del mondo, Mondadori, Milano, 2017, pp.581-596. Per una analisi sulle questioni di sviluppo, di politica regionale e mondiale della Cina e della Russia e delle loro strategie nella fase multicentrica si rimanda a Stefano Bianchini e Antonio Fiori, a cura di, Russia e Cina nel mondo globale. Due potenze fra dinamiche interne e internazionali, Carocci editore, Roma, 2018, in particolare, ai fini del presente scritto, si vedano i capitoli 9 (Nicolò Fasola e Sonia Lucarelli, I rapporti tra Alleanza atlantica e Russia dalla fine della guerra fredda) e 10 (Eugenia Baroncelli, Cina e Russia nel nuovo contesto globale: sostenibilità interna, vincoli relazionali e implicazioni sistemiche); Pepe Escobar, Volete una guerra tra Russia e Nato?, www.ariannaeditrice.it, 12/02/2022; Alberto Bradanini, Le relazioni tra Cina e Russia, www.lafionda.org, 14/02/2022; Alexey Muraviev, La “quasi alleanza” tra Cina e Russia sull’Ucraina, intervista al quotidiano francese Le Point, sintesi riportata in www.agi.it, 25/2/2022; Giulia Belardelli, La nuova Nato di Biden spinge Putin tra le braccia di Xi, www.huffigtonpost.it, 23/3/2021.

  1. Sulla nuova via della seta si rimanda a Luigi Longo, L’Europa tra le vie della Nato, le vie della seta e le vie dell’energia, prima parte, www.italiaeilmondo.com, 19/11/2019; Peter Frankopan, Le vie della seta. Una nuova storia del mondo, op.cit.; Fabio Massimo Parenti, La via cinese. Sfida per un futuro condiviso, op.cit., capitolo terzo, pp. 61-83.

  2. L’11 marzo 2020 l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) annuncia la “pandemia Covid-19”. A livello ufficiale tutto comincia quando il 31 dicembre 2019 la Cina notifica a livello internazionale l’esistenza di un focolaio di polmonite a eziologia non nota nella città di Wuhan, provincia di Hubei. Per una ricostruzione della pandemia a livello mondiale si rimanda a Marinella Correggia, Covid e le saggezze nascoste, Libri dei Consumatori, Mestre (VE), 2021.

  3. Molti autori sostengono che il coronavirus (Covid-19) sia partito con alte probabilità dagli USA, si veda la ricostruzione di Fabio Mini, L’Epidemia…op.cit., paragrafo n.8; Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Il colpevole silenzio degli Stati Uniti sulla vera origine del coronavirus, www.marx21.it, 3/6/2021; Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto, Il covid è nato negli USA? La città del Sole, Napoli, 2021. Sull’èlite delle forze armate USA che svolge ricerche e test su virus e batteri e concorre alla produzione di vaccini e farmaci antivirali a Sigonella (e in diverse aree del mondo) si rimanda a Antonio Mazzeo, A Sigonella i militari USA che manipolano virus e brevettano antivirali, www.antoniomazzeoblog.blogspot.com, 17/03/2020; Piero Messina, Il laboratorio militare Usa trasferito a Sigonella aveva scoperto il coronavirus del 2012, www.limesonline.com, 31/3/2020. Per un’analisi sui biolaboratori del Pentagono posizionati intorno alla Russia si veda Leonid Savin, Sui laboratori biologici del Pentagono in Ucraina, www.comedonchisciotte.org, 2/3/2022; Vladimir Platov, La Russia ha impedito a Washington di scatenare una guerra biologica, www.comedonchisciotte.org, 6/3/2022.

  4. Fabio Massimo Parenti, La via cinese. Sfida per un futuro condiviso, op.cit., pag.119.

  5. Pepe Escobar, Mai sprecare un’arma…op.cit. Si veda anche Joseph Mercola, Il vaiolo sarà la prossima “fuga da laboratorio”? www.comedonchisciotte.org, 4/12/2021. Sulla artificialità del virus e sui laboratori nel mondo che usano la branca della scienza mefitica della Gain of Function che producono virus chimerici, cioè manipolati geneticamente, per inventare una malattia nell’eventualità che un giorno esista davvero (è una totale perversione espressione di una crisi di civiltà soprattutto occidentale) rimando a Paolo Barnard con Steven Quay e Angus Dalgleish, L’origine del virus. Le verità tenute nascoste che hanno ucciso milioni di persone, Chiarelettere editore, Milano, 2021.

  6. Pepe Escobar, Mai sprecare un’arma…op.cit.

  7. Si rimanda alla ricostruzione di Fabio Mini, L’Epidemia…op.cit., in particolare il paragrafo 9, e di Pepe Escobar, La Cina è impegnata in una guerra ibrida con gli USA, www.comedonchisciotte.org, 18/3/2020. Sulla conoscenza dei servizi segreti statunitensi e del Pentagono del Covid-19 un mese prima della scoperta cinese si rimanda a Pepe Escobar, Che cosa sapeva l’intelligence USA del virus cinese? www.comedonchisciotte.org, 23/4/2020.

  8. Fabio Mini, L’Epidemia…op.cit., pag.243; sul cinismo USA nelle sperimentazioni si veda John Pilger, E’ in arrivo un’altra Hiroshima…Se non la fermiamo in tempo, www.comedonchisciotte.org, 6/8/2020.

  9. Gilad Atzmon, L’amnesia è un sintomo del Covid-19?, in www.comedonchisciotte.com, 21/4/2020.

  10. Giulio Tarro, Emergenza Covid. Dal Lockdown alla vaccinazione di massa: Cosa, invece, si sarebbe potuto- e si può-fare, l’AD Edizioni, 2021.

  11. Alessandro Colombo e Paolo Magri, a cura di, Il mondo al tempo del Covid. L’ora dell’Europa? Rapporto ISPI 2021, www.ledizioni.it, 2021; Marinella Correggia, Covid e le saggezze nascoste,op.cit.; Marco Della Luna, Adattamento socio-economico nella pandemia, www.marcodellaluna.info, 16/3/2021. Per la costruzione di istituzioni multilaterali più forti (con una nuova legislazione internazionale) per prevenire ed affrontare le future pandemie in modo da superare le lacune nella gestione da Covid-19 dell’ONU, OMS e UE si veda Kit Knightly, L’OMS sta pianificando un nuovo “Trattato pandemico” per il 2024, www.comedonchisciotte.org, 1/3/2022.

  12. Sulle lacune degli indici epidemiologici si veda Costantino Ceoldo, intervista Mariano Bizzarri, Un nuovo indice epidemiologico per la pandemia da Covid-19, www.comedonchisciotte.org, 17/8/2021. Per una sintesi delle storture nella produzione dei cosiddetti vaccini in Alberto Conti, L’immaginario collettivo privatizzato, www.comedonchisciotte.org ,8/11/2021. Sulla cattiva e antiscientifica gestione dell’emergenza Covid-19 si rimanda a Giulio Tarro, Emergenza Covid. Dal Lockdown alla vaccinazione di massa: Cosa, invece, si sarebbe potuto- e si può-fare, op.cit.; Mike Whitney, Operazione sterminio. Il piano per distruggere il sistema immunitario con un agente patogeno sintetizzato in laboratorio, www.comedonchischiotte, 11/12/2021; Gianandrea Gaiani, Tra maccartismo vaccinale e deriva illiberale chi valuta il rischio strategico, www.analisidifesa.it, 8/1/2022. Sull’uso del comando diretto e sul limite della democrazia nella fase multicentrica si legga Paul Craig Roberts, Oggi la Russia è più libera del “mondo libero”, www.geopolitica.ru, 18/11/2021; Manlio Dinucci, La tragica farsa del Summit per la democrazia, www.ilmanifesto.it, 6/12/2021; Marco Della Luna, L’emergenza è l’eversione!, www.marcodellaluna.info, 12/7/2020. Sull’uso anticostituzionale del decreto legge nella pandemia Covid-19 in Giorgio Agamben-Massimo Cacciari-Giuliano Scarselli, Per una critica politico-giuridica del green pass, www.iisf.it, 3/11/2021; Marco Della Luna, Interpretare le mosse del Drago, www.marcodellaluna.info, 23/11/2021; Comidad, Col pretesto dell’obbligo vaccinale l’agenzia delle entrate gestisce il green pass, www.comidad.org, 12/1/2022. Sull’uso della Covid-19 come utilizzo dei finanziamenti del PEPP (il piano straordinario di acquisti di titoli pubblici e privati) per altri fini che nulla hanno a che fare con la salute in Comidad, La bolla finanziaria della BCE ha gonfiato la bolla emergenziale, www.comidad.org, 20/1/2022.

  13. Spyros Manouselis, Biosicurezza: la nascita della società zombie, www.comedonchisciotte.com, 15/8/2020; Giorgio Agamben, La vera posta in gioco, www.ariannaeditrice.it, 5/8/2021; Marco Della Luna, Big Pharma e governo fantoccio, www.marcodellaluna.info, 10/8/2021; Comidad, L’attuale biopotere a lezione di nazismo da IBM, www.comidad.org, 5/8/2021; Cathy O’Neil, Armi di distruzione matematica. Come i Big Data aumentano la disuguaglianza e minacciano la democrazia, Bompiani, Milano, 2017; Bernard Stiegler, La società automatica, Meltemi, Milano, 2019.

  14. Guy Mettan, Russofobia. Mille anni di diffidenza, Sandro Teti Editore, Roma, 2016, pp. 288-289. E’ interessante leggere l’intero capitolo de La russofobia americana. Ovvero la dittatura della libertà, pp.272-312.

  15. Sull’accerchiamento della Russia e della sua area di influenza da parte degli USA-Nato si rimanda a Manlio Dinucci, La strategia del caos guidato, www.ilmanifesto.it, 16/4/2019; Manlio Dinucci, Che cos’è e perché è pericoloso l’allargamento a Este della Nato, www.ilmanifesto.it, 22/2/2022; Manlio Dinucci, Ucraina: l’attacco lo lanciò la Nato otto anni fa, www.ilmanifesto.it, 1/3/2022; Pepe Escobar, USA e Nato contro Russia e Cina: una guerra ibrida permanente, www.comedonchisciotte.com, 4/4/2021; Thomas Fazi, Da Kennan a Sergio Romano: tutti coloro che avevano avvisato l’Occidente delle conseguenze di accerchiare la Russia, www.lantidiplomatico.it, 1/3/2022.

  16. Luigi Longo, Il Progetto dell’Unione Europea è finito, la Nato è lo strumento degli Usa nel conflitto strategico della fase multicentrica, www.italiaeilmondo.com, 26/11/2018.

  17. Tino Oldani, Lo scoop di Der Spiegel sull’impegno Nato di non espandersi a Est si basa su un verbale desecretato, che dà ragione a Putin, www.italiaoggi.it, 22/2/2022. Si veda anche Stefano Bianchini, Tra occidente ed Eurasia: il pendolo russo nelle relazioni internazionali in Stefano Bianchini e Antonio Fiori, a cura di, Russia e Cina nel mondo globale. Due potenze fra dinamiche interne e internazionali, op.cit., pp.169-184.

  18. Per una buona sintesi delle ragioni storiche del rapporto tra Russia e Ucraina dopo la fine dell’URSS e dell’importanza della relazione Russia-Ucraina per comprendere la crisi attuale si rinvia a Francesco Privitera, Dalla disgregazione dell’URSS alla crisi Ucraina: autodeterminazione e sovranità nello spazio post-sovietico in Stefano Bianchini e Antonio Fiori, a cura di, Russia e Cina nel mondo globale. Due potenze fra dinamiche interne e internazionali, op.cit., pp.15-28; si veda anche Giacomo Gabellini, Ucraina: una guerra per procura, Arianna editrice, Bologna, 2016; Guy Mettan, Ucraina 2014, un’agghiacciante acriticità in Guy Mettan, Russofobia…, op.cit., pp.82-118.

  19. Manlio Dinucci, Ucraina: l’attacco lo lanciò la Nato otto anni fa, op.cit.; Manlio Dinucci, Ucraina, era tutto scritto nel piano della Rand Corp, www.ilmanifesto.it, 8/3/2022. Si legga anche Franco Cardini, Sull’orlo dell’abisso, www.sollevazione.it, 1/3/2022 e Mons. Carlo Maria Viganò, Dichiarazione sulla crisi Russo-Ucraina, www.comedonchisciotte.org, 8/3/2022; Fabio Mini, Guerra in Ucraina, invio di armi e propagande, www.lantidiplomatico.it, 11/3/2022; Fabio Falchi, Le due facce della guerra russo-ucraina, www.ariannaeditrice.it, 12/3/2022.

  20. Henry Kissinger, Ordine mondiale, Mondadori, Milano, 2015, pag.67.

  21. Sergev Karaganov, La dottrina di Putin in www.federicodezzani.altervista.org, 28/2/2022.

  22. Fabio Massimo Parenti, La via cinese. Sfida per un futuro condiviso, op. cit., pag 66; Pepe Escobar, Uno squarcio nella nebbia rivela “una nuova pagina nell’arte della guerra” www.comedonchisciotte.org, 13/3/2022.

  23. Pasquale Cicalese, Gli USA dopo il fronte sud, bloccano il fronte Est della via della seta, www.pianocontromercato.it , 27/2/2022.

  24. Eugenia Baroncelli, Cina e Russia nel nuovo contesto globale: sostenibilità interna, vincoli relazionali e implicazioni sistemiche in Stefano Bianchini e Antonio Fiori, a cura di, Russia e Cina nel mondo globale. Due potenze fra dinamiche interne e internazionali, op.cit., pp.151-152.

  25. Si veda la funzione che ha l’investimento strategico USA della base militare ad Alessandropoli in Grecia che mira a contrastare sia l’uso dell’energia per la malefica influenza russa sia la via della seta cinese in Manlio Dinucci, Grecia, svendita di basi militari agli Stati Uniti, www.ilmanifesto.it, 11/2/2020.

  26. Sulla questione delle sanzioni alla Russia e la loro relativa efficacia si rimanda Beatrice Nencha, Il lato oscuro delle misure imposte alla Russia dalla Comunità internazionale, www.sinistrainrete.info, 7/3/2022; Michael Roberts, Russia: dalle sanzioni al crollo? www.sinistrainrete.info, 2/3/2022; Mario Scopece, Ecco gli effetti delle sanzioni alla Russia per l’Italia. Dossier Sace, www.startmag.it, 2/3/2022; Elena Rossi Espagnet, Giuseppe De Arcangelis, Rama Dasi Mariani, Le sanzioni alla Russia: effetto economico e scopo politico, www.eticaeconomia.it, 2/2/2020; Fabio Falchi, L’Occidente e la questione Ucraina, www.ariannaeditrice.it, 9/3/2022; Federico Dezzani, Considerazioni sulla prima settimana di guerra russo-ucraina, www.federicodezzani.altervista.org, 2/3/2022; Federico Dezzani, La Russia verso l’autarchia, www.federicodezzani.altervista.org., 7/3/2022; Marco Valsania, Stati Uniti, perchè l’arma delle sanzioni alla Russia funziona solo a metà, www.ilsole24ore.com, 22/2/2022; David C. Hendrickson, Armi di distruzione finanziaria: il nuovo disordine mondiale, www.comedonchisciotte.com, 12/3/2022.

  27. Si veda Giuseppina Perlasca, La UE prevede di tagliare il gas russo in un anno, riempiendo di parole i gasdotti, www.scenarieconomici.it, 10/3/2022.

  28. Sulle problematiche connesse alla transizione ecologica si rimanda a Giulio Sapelli, La crisi energetica è un colossale fallimento manageriale e del green “forzato” della UE, www.italiaeilmondo.com, 12/11/2021; Luigi Tedeschi, Crisi energetica: l’Europa alla canna del gas, www.centroitalicum.com, 12/2/2022.

  29. Mauro del Corno, Gas, l’Agenzia Internazionale dell’Energia accusa Mosca: riduce le forniture all’Europa per ragioni geopolitiche, www.ilfattoquotidiano.it, 13/1/2022. Sull’ordine liberale propugnato dagli Stati Uniti con i teatri di guerra che ostacolano, boicottano, distruggono le vie dell’energia di coordinamento tra Oriente e Occidente si veda Alberto Negri, Stavolta l’atlantismo è nudo. Come il re, www.ilmanifesto.it, 13/2/2022.

  30. L’UE è finita non perché può dissolversi attraverso il conflitto interno tra le diverse anime territoriali come suggerisce Luigi Tedeschi (La UE si dissolve? www.centroitalicum.com, 29/3/2020) o per le sue debolezze come osserva Alain de Benoist (Ucraina: la fine della guerra fredda non è mai avvenuta, www.ariannaeditrice.it, 16/2/2022), ma perché il progetto statunitense nella fase multicentrica prevede la fine dell’UE da sostituire con la Nato, come coordinamento europeo, per le strategie contro le potenze mondiali in ascesa dell’Oriente (Cina e Russia). Per approfondimenti si rimanda al mio scritto Il Progetto dell’Unione Europea è finito, la Nato è lo strumento degli Usa nel conflitto strategico della fase multicentrica, op.cit.

  31. Andrea Guidi, Una bussola per una vera politica dei popoli: leggere Macchiavelli nel terzo millennio (con una Exhortatio per l’Europa), www.micromega.net, 29/5/2020.

  32. Henry Kissinger, Ordine mondiale, op. cit., pag. 90.

  33. Daniele Perra, Il nemico dell’Europa, www.eurasia-rivista.com, 8/2/2022.

  34. Mehdi Taje, Giochi di guerra in una Libia caotica: prospettiva geopolitica, www.italiaeilmondo.com, 11/2/2020.

  35. Per gli accordi a latere della NATO, quello degli USA con Gran Bretagna e Australia (Aukus, la NATO del pacifico) in Alberto Negri, Dal patto Aukus il via al più grande Bazar degli armamenti, www.ilmanifesto.it, 25/9/2021 e Wolfgang Munchau, Dopo Aukus cosa l’Europa (non) farà, www.maurizioblondet.it, 22/9/2021.

  36. Mahdi Darius Nazemroaya, La globalizzazione della NATO. Guerre imperialiste e colonizzazioni armate, Arianna Editrice, Bologna, 2014, pag. 248.

  37. J e W. Grinn, I musicanti di Brema, Edizioni EL, San Dorlingo della Valle (Trieste), 2020.

SECONDA SETTIMANA DI OSTILITA’ IN UCRAINA. IL PUNTO DELLA SITUAZIONE, di Roberto Buffagni

SECONDA SETTIMANA DI OSTILITA’ IN UCRAINA. IL PUNTO DELLA SITUAZIONE

  1. Con la massima brevità faccio il punto della situazione dopo la seconda settimana di ostilità in Ucraina.
  2. Dal 10 marzo è gratuitamente disponibile in rete una intervista al generale Fabio Mini1 che dice tutto il necessario per capire il quadro politico e militare della situazione. Per una analisi più approfondita, si può leggere l’articolo di Mini in “Limes” 2/2022, La Russia cambia il mondo, p. 203-216. Concordo al 100% con le analisi di Mini.
  3. I dati fondamentali del conflitto militare mi paiono i seguenti:
  4. La Russia conduce una guerra limitata per obiettivi limitati, per così dire una guerra “vestfaliana”2. Gli obiettivi che dichiara e persegue sono: a. neutralità dell’Ucraina b. “demilitarizzazione” dell’Ucraina (riduzione del potenziale militare ucraino) c. “denazificazione” dell’Ucraina (nessun esponente di formazioni che si richiamino al nazional-socialismo nel governo ucraino) d. riconoscimento Repubbliche del Donbass e. riconoscimento annessione della Crimea.
  5. La Russia sta impiegando nel conflitto circa il 15% dei suoi effettivi e una frazione probabilmente anche minore dei suoi mezzi militari. L’Ucraina sta impiegando, nel conflitto, tutti i suoi effettivi (o quasi) e tutti i suoi mezzi militari (o quasi). Sul terreno, la Russia ha saldamente in mano l’iniziativa e un controllo quasi completo del cielo, e ha spezzato la coesione delle unità e del comando ucraino: le unità ucraine sono isolate e non possono coordinarsi con il comando centrale. Esse dunque possono resistere e contrattaccare ottenendo vittorie tattiche, ma non predisporre una controffensiva generale per strappare l’iniziativa ai russi. In sintesi: l’Ucraina, impegnando tutte le sue risorse, non può rovesciare le sorti sul campo, che sono a suo netto sfavore. La Russia, impegnando una piccola frazione delle sue risorse, è in netto vantaggio sul campo, e può decidere di aumentare la pressione sulle FFAA ucraine. L’esito militare del conflitto, insomma, è predeterminato.
  6. Ogni decisione russa di aumentare la pressione militare sulle FFAA ucraine viene coordinata con la direzione politica. Se la trattativa con il governo ucraino (e il governo USA che lo guida) va in stallo, la Russia può decidere di aumentare di uno o più gradi “la temperatura” della guerra, per facilitare l’ottenimento dei suoi obiettivi politici. È la modalità “vestfaliana” di coordinare azione militare e diplomatica. Richelieu, Metternich, Kissinger la riconoscerebbero all’istante perché l’hanno costantemente adottata.
  7. I limiti politici all’ “aumento di temperatura” della pressione militare russa sono: a) stabilizzazione dell’Ucraina/futura riconciliazione con la popolazione ucraina, sorella della popolazione russa b) immagine internazionale della Russia c) interesse cinese, indiano, iraniano a sostenere la Russia.
  8. (Per quanto attiene: a. efficacia della guerra partigiana b. impaludamento russo c. fornitura di armi agli ucraini d. raggiungimento degli obiettivi russi de facto o de jure e. probabilità di successo del “regime change” in Russia, confermo quanto già scritto una settimana fa, qui3. Niente di quel che è avvenuto in seguito mi ha fatto cambiare idea.)
  9. Per la Russia la neutralizzazione dell’Ucraina è un interesse vitale, ossia un interesse che va difeso ad ogni costo. In caso di necessità, la Russia aumenterà la temperatura della guerra a un calore infernale.
  10. Invitando l’Ucraina a entrare nella NATO e promettendole protezione e prosperità, gli USA, la UE e i dirigenti ucraini dal 2014 in poi hanno l’hanno condotta sul “primrose path”, il sentiero delle primule. È un’espressione idiomatica inglese coniata da Shakespeare, che nel Macbeth parla di “treading the primrose path to the everlasting bonfire“. È il “sentiero delle primule”, la via facile del piacere, che conduce all’ “everlasting bonfire”, il fuoco eterno. Per ora, l’Ucraina sta nell’anticamera dell’inferno. Se non si risolverà diplomaticamente la controversia, garantendo alla Russia l’interesse vitale della neutralità ucraina, la nazione e la popolazione ucraine potrebbero scendere fin negli ultimi gironi infernali.
  11. Di quanti gradi aumenterà la temperatura dell’inferno per gli ucraini dipende dall’andamento della trattativa politica. L’andamento della trattativa dipende in larga misura dalla linea politica statunitense, che si riflette sulla linea politica del governo ucraino, influenzandola pesantemente.
  12. Paiono (congettura) essersi delineati due partiti o fazioni in conflitto all’interno dell’establishment della politica estera statunitense. La divisione non è ideologica, i componenti le due fazioni condividono ambiente, mentalità, esperienza.
  13. La divisione tra le due fazioni USA sembra (congettura) originare dall’interpretazione della volontà russa. La domanda è: “I russi sono disposti ad andare fino in fondo, o bluffano?”. “Andare fino in fondo” significa “essere disposti a rischiare e nel caso affrontare un conflitto diretto con la NATO con le sue conseguenze incalcolabili, uso delle armi nucleari compreso”. Una fazione si risponde, “No, i russi bluffano, dobbiamo andare a vedere il bluff per rimetterli al loro posto subalterno, e riconfermare il nostro ruolo di egemone dell’ordine internazionale unipolare”. L’ altra fazione si risponde “Sì, i russi sono disposti ad andare fino in fondo, e in ogni caso il rischio di andare a vedere il bluff è troppo elevato e non va corso, perché l’Ucraina non è un interesse vitale USA.”
  14. I documenti in base ai quali congetturo l’esistenza delle due fazioni USA sono questi tre4.
  15. Il primo (“ i russi bluffano”) è una lettera aperta a favore di una no – fly zone limitata sull’Ucraina, a firma di numerose personalità dell’establishment politica estera USA, pubblicata su “politico.com”, importante periodico online rivolto all’establishment politico statunitense5. In essa si raccomanda l’istituzione di una no-fly zone sull’Ucraina, che avrebbe per conseguenza uno scontro militare diretto tra forze NATO e forze russe. I firmatari presumono che la Russia non lo accetterebbe. Lo scopo è intimidire la Russia, dimostrare che il suo governo ha fatto il passo più lungo della gamba ed è impotente, e così concorrere a destabilizzarlo.
  16. Il secondo, a firma di James Jeffrey, presidente del Programma per il Medio Oriente, Wilson Center6, e il terzo a firma di Sam J. Tangredi, Direttore Institute for Future Warfare Studies, U.S. Naval War College7 (“i russi non bluffano”) propone l’invio di una missione militare di interposizione in Ucraina a cui partecipino anche truppe USA, sotto egida ONU. Vi si sostiene che ciò sia possibile nonostante il veto russo al Consiglio di Sicurezza ONU. Non so se ciò sia legalmente possibile, se qualche lettore è in grado di verificarlo gliene sarò grato. Lo scopo è: a) logorare i russi prolungando la trattativa per ottenere migliori condizioni, e diminuendo il peso specifico del vantaggio militare russo sul campo b) gettare le basi per una futura presenza anche militare della “comunità internazionale” a guida USA nel territorio dell’Ucraina, anche dopo una sua eventuale neutralizzazione c) in sostanza, contendere palmo per palmo il terreno politico-militare ucraino al nemico, dando una pesante lezione per il futuro ai russi (“non ci riprovate mai più”). I due documenti prendono in considerazione la possibilità che in seguito a questa iniziativa il conflitto escali fino alla guerra nucleare, e ritengono che il rischio esista, ma sia minimo e controllabile.
  17. Ulteriore indizio dell’esistenza di queste due fazioni all’interno della direzione politica USA potrebbe essere la persuasiva ipotesi formulata da Maurizio Vezzosi, qui8, in merito all’uccisione di un negoziatore ucraino. Il negoziatore era membro del GUR, l’intelligence militare ucraino. Vezzosi argomenta che GUR e SBU (intelligence civile ucraina) sono in aspro conflitto, e ipotizza che ne sia risultata l’uccisione di Denis Kireyev. Vista la stretta interconnessione tra intelligence USA e intelligence ucraina, è possibile congetturare che la violenta contrapposizione tra SBU e GUR rifletta un analogo conflitto interno all’intelligence e all’establishment della politica estera USA.
  18. Ammesso che quanto congetturato in merito al conflitto interno agli USA sia vero, non ho elementi per valutare quale delle due linee abbia migliore probabilità di vittoria. Ovviamente la seconda linea (“i russi non bluffano”) è più razionale e cauta. Ma da quanto si può dedurre dall’andamento erratico della trattativa, non ci troviamo in una situazione paragonabile alla crisi dei missili cubani, se non per la natura dell’interesse vitale in gioco e per gravità del rischio di escalation anche nucleare. Nella crisi cubana, l’Amministrazione Kennedy era coesa, e controllava (per quanto è possibile farlo) gli apparati dello Stato militari e civili. Inoltre, i decenni di Guerra Fredda avevano creato e rodato molti canali di comunicazione, formali e informali, tra le due superpotenze, così facilitando l’intesa reciproca e la de-escalation della crisi. Oggi l’Amministrazione Biden pare debole, divisa, con un controllo molto labile sugli apparati dello Stato federale, e i tre decenni di ordine unipolare, con il senso di sicurezza e di superiorità incontestata che hanno indotto nei dirigenti USA, hanno seriamente danneggiato, se non cancellato, la comunicazione tra le due grandi potenze americana e russa, facilitando imprudenze ed equivoci nell’interpretazione della volontà nemica.
  19. Una cosa si può dire con certezza: che dal punto di vista americano, la posta in gioco NON è l’Ucraina, che non è un interesse vitale statunitense. Per gli USA, la posta in gioco è il prestigio della loro posizione di guida dell’ordine internazionale unipolare. Dico “il prestigio”, perché nei fatti, con il sorgere di due grandi potenze come Russia e Cina, l’ordine internazionale unipolare è già finito.
  20. Quel che non è finito è “il prestigio” di guida di quell’ordine, che gli USA ancora detengono e vogliono conservare. È infatti questo prestigio che consente agli USA di presentarsi nel mondo come Stato eccezionale, che non conosce né superiori né eguali, e che dunque può pretendere di presentarsi come “giudice terzo” nelle controversie internazionali. Da questo scranno inarrivabile gli USA possono decidere che cosa è giusto, che cosa sbagliato, che cosa bene e che cosa male; quale regime sociale sia accettabile (la democrazia liberal-progressista) e quale inaccettabile (tutti gli altri); possono chiamare le loro guerre “instaurazione dei diritti e della giustizia”, e se le perdono, “errori”: mentre le guerre altrui, vinte o perse, sono sempre “crimini”; possono insomma, come Dio nella teologia islamica, decidere a piacer loro se il fuoco debba esser caldo o freddo.
  21. Quanto tengano gli USA a questo prestigio lo illustra il fatto che negli scorsi mesi si sono rifiutati di firmare un trattato a garanzia che l’Ucraina non sarebbe entrata nella NATO, come richiesto dai russi. Se gli USA avessero apposto la firma in calce a quel foglio, non un colpo sarebbe stato esploso in Ucraina, non una sola persona vi sarebbe stata uccisa o ferita, non un solo edificio danneggiato.
  22. Per concludere, una domanda: quanto tiene l’Europa, quanto tiene l’Italia, al prestigio americano? Sinora, pare moltissimo. Europa e Italia tengono di più al prestigio americano, o all’interesse proprio e dei loro popoli, e all’interesse del popolo ucraino? Pare di sì. Per quanto tempo ancora?

Due posizioni dei centri decisori e una analisi di esperti americani_a cura di Giuseppe Germinario

Pubblichiamo questo scritto per presentare quattro importanti documenti che rivelano l’esistenza negli Stati Uniti di un dibattito aperto ed esplicito sulle diverse opzioni e strategie, di fatto in netto contrasto tra di esse, che dovrebbero informare la politica estera americana, specie nei confronti dei due principali competitori geopolitici: la Russia e la Cina. A differenza di quanto avviene in Europa, colpisce la trasparenza del dibattito in corso, alimentato dalla presenza di una vasta opinione pubblica e di un radicato movimento politico a sostegno di ciascuna delle tesi. Tesi che, comunque, non ostante la presenza di componenti iperoltranziste, le quali nel peggiore dei casi , comunque, come rivelato dai due articoli di Defense One, propugnano un atteggiamento più “attivo” certamente, ma che tengano in considerazione ed accettino, almeno momentaneamente, le posizioni acquisite da Putin sul terreno. Niente del genere in Europa, con una classe dirigente comunitaria e degli stati nazionali pressoché del tutto allineata alle posizioni più oltranziste e cieche.  Segno che le loro ragioni di esistenza e sopravvivenza dipendono soprattutto dai loro legami di dipendenza e dall’assenza congenita di una qualsiasi organica capacità autonoma di movimento. 

Il primo documento, pubblicato qui sotto, è importante certamente per la radicalità del suo contenuto, ma soprattutto per la qualità dei sottoscrittori. Tutti direttamente implicati delle dinamiche politiche e geopolitiche in Europa; espressioni di settori e centri decisori potentissimi, di apparati la cui inerzia è in grado di forzare pesantemente le linee di condotta della gestione dell’amministrazione centrale americana. La vicenda della possibile cessione dei Mig29 polacchi all’Ucraina, per interposizione della NATO, è particolarmente illuminante. Non è solo il segnale di una cautela dei polacchi rispetto all’avventurismo statunitense; è il segno della capacità di azione di questi centri nell’orchestrare provocazioni e determinare le linee di condotta. E’ chiaro che il contrasto proviene da interessi anche personali ben radicati, ma anche da due punti di vista ben radicati nell’amministrazione americana; una ritiene la condotta russa fondata su un bluff, le cui carte andrebbero scoperte; l’altra la ritiene una condotta irreversibile da affrontare diplomaticamente senza rischiare ulteriormente un disastroso confronto militare generalizzato. Molto dipenderà dalla saldezza e dalla coerenza della leadership russa e dalla solidità del sodalizio sino-russo; altrettanto dipenderà dal sorgere quantomeno di un movimento di opinione europeo contrario a questo oltranzismo da avanspettacolo offerto dalle classi dirigenti europee. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Lettera aperta per la No-Fly Zone limitata.

Esprime una posizione interna alla dirigenza americana secondo la quale i russi stanno bluffando e non sono disposti ad arrivare sino ad un conflitto diretto con la NATO. Bisogna, quindi, andare a vedere il loro bluff e provocarli con una “no-fly zone”. I russi cederanno

Noi sottoscritti esortiamo l’amministrazione Biden, insieme agli alleati della NATO, a imporre una No-Fly Zone limitata sull’Ucraina a partire dalla protezione per gli aiuti umanitari corridoi concordati nei colloqui tra funzionari russi e ucraini giovedi. I leader della NATO dovrebbero comunicare ai funzionari russi che non cercano direttamente il confronto con le forze russe, ma devono anche chiarire che non tollereranno gli attacchi russi su aree civili.
La decisione di Vladimir Putin di invadere l’Ucraina ha causato enormi devastazioni e perdite di vita per gli ucraini. La sua guerra di aggressione premeditata, non provocata e ingiustificata ha creato la più grande crisi nel continente europeo dalla fine della seconda guerra mondiale.
Nonostante gli sforzi davvero eroici dei soldati ucraini e dei cittadini medi per resistere al
saccheggio delle forze russe, l’esercito di Putin è pronto per ulteriori attacchi alle principali città, compresa la capitale Kiev. Mirare a edifici residenziali, ospedali e governo complessi, così come le centrali nucleari, le forze russe saranno responsabili di un bilancio delle vittime ancora più alto.
La comunità internazionale ha risposto rapidamente attraverso una serie senza precedenti di sanzioni e un aumento significativo dell’assistenza militare letale per aiutare l’Ucraina a difendersi. Ma è necessario fare di più per prevenire vittime e potenziali vittime su larga scala e un bagno di sangue.
Il presidente Biden e il segretario generale della NATO Stoltenberg hanno affermato che né gli Stati Uniti né la NATO ingaggeranno le forze russe sul terreno in Ucraina. Cosa noi
cerchiamo è il dispiegamento di aerei americani e della NATO non in cerca di confronto
con la Russia ma per scongiurare e scoraggiare i bombardamenti russi che si tradurrebbero in massicce perdite di vite ucraine. Questo si aggiunge alla richiesta dei leader ucraini per A-10 e MIG-29 per aiutare gli ucraini a difendersi, cosa che anche noi fortemente sosteniamo.
Già più di un milione di ucraini sono fuggiti dal loro paese per sfuggire alla brutalità scatenata da Putin. Le stime suggeriscono che quel numero potrebbe raggiungere i 5 milioni, più del 10 per cento della popolazione. Diverse migliaia di ucraini sono già morti
L’ultima aggressione di Putin, in aggiunta agli oltre 14.000 uccisi dopo la prima invasione di Putin dell’Ucraina a partire dal 2014. L’Ucraina sta affrontando un grave disastro umanitario; gli effetti si fanno sentire in tutto il continente europeo e oltre.
Il ritornello “mai più” è emerso sulla scia dell’Olocausto, e gli ucraini lo sono chiedendosi se tale impegno si applica a loro. È tempo per gli Stati Uniti e la NATO di intensificare il proprio aiuto agli ucraini prima che altri civili innocenti ne cadano vittime.
La follia omicida di Putin. Gli ucraini stanno difendendo coraggiosamente il loro paese e
loro libertà, ma hanno bisogno di più aiuto da parte della comunità internazionale. Stati Uniti- La NATO devono imporre la No-Fly Zone per proteggere i corridoi umanitari e militari aggiuntivi i mezzi per l’autodifesa ucraina sono disperatamente necessari e necessari ora.
(Nota: le affiliazioni sono solo a scopo identificativo; gli individui firmano per loro responsabilità personale.)

1. Anders Aslund, Senior Fellow, Stockholm Free World Forum
2. Stephen Blank, Senior Fellow/Foreign Policy Research Institute
3. Gen. (Ret.) Philip Breedlove, Former Supreme Allied Commander Europe
4. Paula Dobriansky, Former Under Secretary of State for Global Affairs
5. Eric S. Edelman, Former Under Secretary of Defense
6. Evelyn Farkas, Former Deputy Assistant Secretary of Defense for Russia,
Ukraine, Eurasia
7. Daniel Fried, Former Assistant Secretary of State and U.S. Ambassador to
Poland
8. Andrew J. Futey, President, Ukrainian Congress Committee of America
9. Melinda Haring, Deputy Director, Atlantic Council Eurasia Center
10. John Herbst, Former U.S. Ambassador to Ukraine
11. LtG (Ret.) Ben Hodges, Former Commanding General, United States Army
Europe
12. Glen Howard, President, Jamestown Foundation
13. Donald Jensen, Johns Hopkins University
14. Ian Kelly, Former U.S. Ambassador to Georgia and OSCE
15. John Kornblum, Former Assistant Secretary of State and U.S. Ambassador to
Germany
16. Shelby Magid, Associate Director, Atlantic Council Eurasia Center
17. Robert McConnell, Co-Founder, U.S.-Ukraine Foundation
18. Claire Sechler Merkel, Senior Director, McCain Institute for International
Leadership
19. David A. Merkel, Former Deputy Assistant Secretary of State and
Director, National Security Council
20.Barry Pavel, Senior Vice President and Director, Atlantic Council Scowcroft
Center for Strategy and Security
21. Herman Pirchner, President, American Foreign Policy Council
22. Michael Sawkiw, Jr., Director, Ukrainian National Information Service
23. Leah Scheunemann, Deputy Director, Atlantic Council Transatlantic Security
Initiative
24. Benjamin L. Schmitt, Former European Energy Security Advisor, U.S.
Department of State
25. William Taylor, Former U.S. Ambassador to Ukraine
26. Alexander Vershbow, Former U.S. Ambassador to Russia and NATO
4. Ian Brzezinski, Former Deputy Assistant Secretary of Defense
5. Orest Deychakiwsky, Former Policy Adviser, U.S. Helsinki Commission
6. Larry Diamond, Senior Fellow, Hoover Institution and Freeman Spogli
Institute for International Studies, Stanford University

27. Kurt Volker, Former U.S. Ambassador to NATO and Special Representative for
Ukraine Negotiations

https://www.politico.com/f/?id=0000017f-6668-ddc5-a17f-f66d48630000&nname=playbook&nid=0000014f-1646-d88f-a1cf-5f46b7bd0000&nrid=0000015d-a357-df20-adff-b3ff37130000&nlid=630318&fbclid=IwAR1lVN3VlvDwG5uDkvkRizkO_Aao0Kvuh2CzegNZCJ3VpiuuaicCJLTPLmg

Qui sotto invece un dibattito tra quattro importanti accademici, analisti e personaggi politici che manifestano tutt’altre posizioni, ben presenti, sia pure in posizione minoritaria, nei centri decisori americani e ben recepiti da una parte sempre più larga di opinione pubblica ed di elettorato. Per chi non avesse particolare dimestichezza con l’inglese è possibile digitare il comando dei sottotitoli. La posizione analizza lo sviluppo della crisi, ne attribuisce la responsabilità agli Stati Uniti e argomenta perché i russi andranno sino in fondo nella difesa di questo interesse per loro vitale.

GUARDA: Mearsheimer e McGovern sull’Ucraina

Il Prof. John Mearsheimer e l’ex specialista della CIA Russia Ray McGovern discutono del conflitto ucraino e della politica degli Stati Uniti nei confronti di Mosca, presentati dal Comitato per la Repubblica a Washington.

 

Qui sotto ancora due articoli della rivista Defense One, prossima agli ambienti militari che traccia le possibili modalità di intervento diretto in Ucraina delle forze della NATO. Questa è un’ulteriore linea interna alla dirigenza americana che non vuole correre il rischio di un confronto diretto della NATO con la Russia; vuole, però, interporre una forza ONU a guida Usa nel conflitto per ottenere il massimo e concedere il minimo nella trattativa tra Russia ed Ucraina.

Metti gli stivali americani in Ucraina per difendere una zona di sicurezza approvata dalle Nazioni Unite

Ha funzionato in Siria.

Il discorso del presidente Biden sullo stato dell’Unione, che ha chiesto al resto del mondo di uscire più forte della Russia dalla crisi ucraina, coglie bene una vera strategia americana. L’esito della crisi rimane sconosciuto, ma l’ordine di sicurezza collettiva internazionale basato su regole, sotto la guida americana, ha finora risposto abbastanza bene. Eppure, lo straordinario isolamento economico e diplomatico di Mosca, e il rafforzamentodelle difese orientali della NATO, non può garantire che la Russia alla fine non invaderà l’Ucraina e creerà, con milioni di rifugiati ucraini, un’enorme crisi finanziaria per gli Stati Uniti e gli stati europei. Quasi sicuramente gli ucraini organizzeranno un’insurrezione, ma mentre ciò farà aumentare i costi di Mosca, è improbabile che costringa la Russia a ritirarsi presto.

Così anche una Russia indebolita dall’azione internazionale e dall’insurrezione potrebbe ancora essere la vincitrice, se l’ordine internazionale emergesse da questa crisi ancora più debole geograficamente, economicamente e psicologicamente. Il compito uno per quell’ordine internazionale è quindi garantire che ciò non accada, e ciò richiederà più azioni con maggiori rischi e costi. Una di queste azioni che è stata sollevata , anche dal presidente Zelenskyy, è una no-fly zone sul territorio ucraino. Questo è stato rapidamente abbattuto per molte buone ragioni . Ma il germe dell’idea ha merito, se affrontato diversamente. Qui il conflitto in Siria può essere istruttivo, in particolare, l’efficacia delle zone di sicurezza, per ridurre il conflitto, consentire l’assistenza umanitaria e, infine, produrre cessate il fuoco.

Una zona sicura umanitaria

Il governo ucraino dovrebbe essere incoraggiato a fare appello al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite affinché approvi una risoluzione ai sensi del capitolo VI , che istituisca una zona di sicurezza umanitaria con un regime di cessate il fuoco nei territori ucraini confinanti con i suoi vicini occidentali. (Una risoluzione ai sensi del Capitolo VII , che consentirebbe l’applicazione legale con le truppe sotto il controllo delle Nazioni Unite, sarebbe migliore ma senza dubbio impossibile.) Un modello di questo tipo di dispiegamento di peacekeeper alle frontiere è la risoluzione 1701 , che pose fine all’incursione israeliana in Libano nel 2006.

Ci si può aspettare che la Russia ponga il veto a tale risoluzione nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, sulla quale l’amministrazione e gli alleati dovrebbero tentare il suo passaggio all’Assemblea Generale, come si è visto con la Risoluzione Uniting for Peace , che autorizzò l’intervento del 1950 in Corea. La scorsa settimana, una risoluzione simile dell’Assemblea Generale che condanna la Russia in Ucraina ha ottenuto la stragrande maggioranza .

Tale zona consentirebbe al governo ucraino e alle organizzazioni non governative, in collaborazione con la comunità internazionale, di allestire campi per gli sfollati interni in fuga dai combattimenti senza lasciare l’Ucraina, riducendo drasticamente i costi di sostegno e reinsediamento dei rifugiati nei paesi terzi. La posizione e la profondità della Zona dipenderebbero dalla posizione delle forze russe al momento della sua istituzione, nonché da vari fattori economici, etnici, di trasporto e geografici e dalla posizione dei paesi vicini alla Zona. Ma dovrebbe includere almeno la città strategica di Leopoli.

Il governo ucraino dovrebbe rinunciare alle operazioni militari lanciate dalla zona, ma in caso contrario la sovranità ucraina e le normali operazioni del governo continuerebbero nella zona. Una zona consentirebbe al governo ucraino in extremis di trasferirsi verso ovest sul proprio territorio piuttosto che fuggire all’estero. Ciò è fondamentale per qualsiasi tipo di “vincere” di compromesso per l’Ucraina poiché eviterebbe, se in esilio, di competere con un regime fantoccio di Mosca con una presenza nel paese. E per essere chiari, l’obiettivo finale non è una groppa di Ucraina, ma il ritorno del legittimo controllo del governo ucraino su tutto il paese.

Un ruolo militare statunitense

Quali paesi risponderanno all’appello dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di inviare truppe per monitorare i confini della Zona e difenderla in caso di attacco? (Date le paure russe, la NATO come istituzione deve starne fuori.) La nostra esperienza con i conflitti passati indica che i governi schiereranno forze solo se lo stesso Consiglio di sicurezza avrà approvato una risoluzione (di nuovo, improbabile a causa del veto della Russia), o se il Gli Stati Uniti inviano le proprie truppe. Affinché questa idea abbia successo, quindi, il Presidente dovrebbe invertire, in misura limitata, la sua posizione ” no US boots-in-Ucraina “, ma per buone ragioni.

L’impegno sarebbe limitato e non sfiderebbe direttamente le forze russe. Per rassicurare i russi di nessun intento offensivo, le forze americane e altre forze esterne sarebbero limitate nel numero e nelle armi. Gli Stati Uniti potrebbero fornire monitoraggio aereo “oltre l’orizzonte” e rinforzi a terra per scoraggiare o rispondere agli attacchi contro queste forze. Nessun conflitto sarebbe iniziato se non con una decisione russa di attaccare le forze invitate in Ucraina dal suo governo legale e con un mandato dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e una missione umanitaria.

L’esperienza siriana

In Siria, la Russia non ha agito contro le zone di sicurezza nel nord o nel sud-est contenenti truppe turche o statunitensi, anche se poche, con un’eccezione , contro le forze turche nel 2020. I russi hanno spesso minacciato ritorsioni contro le truppe statunitensi e turche e i loro siriani partner (e occasionalmente attacchi aerei israeliani) ma con quell’unica eccezione non ha intrapreso azioni letali.

Uno dei motivi per cui la zona di sicurezza ha funzionato in Siria è che ciascuna parte conosceva le linee rosse degli altri e non aveva alcun bisogno impellente di attraversarle. La Russia aveva ottenuto una vittoria disordinata e limitata in Siria sostenendo un governo amico e preservando le sue basi militari. Scacciare definitivamente gli americani, i turchi e gli israeliani, lì per le loro pressanti ragioni di sicurezza e umanitarie, sarebbe stato gradito ma non avrebbe generato un beneficio aggiuntivo sufficiente per bilanciare i rischi significativi. Supponendo che la zona di sicurezza ucraina sia relativamente piccola, potrebbe applicarsi una dinamica simile. Nessuna offensiva militare potrebbe o vorrebbe essere lanciata da esso, quindi non crea alcun motivo convincente per la Russia per rischiare di iniziare un conflitto con gli Stati Uniti.

A dire il vero, una zona di sicurezza non porrà fine alla guerra con una vittoria. Piuttosto, dovrebbe essere visto come una di una serie di mosse per negare il successo della Russia, insieme a sanzioni, disaccoppiamento economico e invio di armi all’Ucraina. Apre la porta a un compromesso diplomatico. L’amministrazione Biden ha segnalato la sua apertura a tale risultato nella sua lettera di gennaio alla Russia e dovrebbe dare seguito anche mentre i combattimenti continuano.

Ovviamente, l’approccio della zona di sicurezza comporta rischi, sia per le truppe coinvolte che per l’escalation russo-americana, in particolare perché il conflitto ucraino è esistenziale per la Russia in un modo in cui non lo era la Siria. Ma il mondo, e gli Stati Uniti, si trovano già in una situazione molto rischiosa. Inoltre, il successo americano nella creazione di una coalizione globale si basa sul presupposto che tutti condivideranno il sacrificio e i rischi. Ciò include non solo quegli stati spinti a vendere più petrolio con meno profitti, o accettare ondate di rifugiati, o nel caso della Germania, rinunciare a Nordstream 2, ma anche gli Stati Uniti, che finora sono stati poco esposti a costi e rischi. In fondo, la lotta dell’Ucraina non riguarda la forza e le risorse, perché la coalizione che gli Stati Uniti hanno messo insieme è enormemente più forte e più ricca della Russia. Piuttosto, è tutta una questione di coraggio e volontà politica.

James Jeffrey è presidente del programma per il Medio Oriente presso il Wilson Center; un ex ambasciatore degli Stati Uniti in Turchia, Iraq e Albania; ed ex inviato speciale presso la coalizione globale per sconfiggere l’ISIS e capo missione in Siria.

https://www.defenseone.com/ideas/2022/03/put-us-boots-ukraine-defend-un-approved-security-zone/362978/

Istituire una zona di pace nell’Ucraina occidentale

L’invio di truppe straniere per difendere un territorio finora incontrastato è l’unico modo per preservare un’Ucraina libera e prevenire il prossimo attacco di Putin.

Nessuno sa fino a che punto Vladimir Putin della Russia spingerà il suo brutale attacco all’Ucraina. I commentatori occidentali inizialmente presumevano che Putin avrebbe consentito l’esistenza di uno stato ucraino, meno il Donbas, sotto un governo fantoccio una volta conquistate Kiev, Kharkiv e Mariupol; Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy è stato giustiziato; e istituito un ampio corridoio costiero tra la Crimea e la regione del Donbas. Ma dopo una telefonata del 3 marzo con Putin, il presidente francese Emmanuel Macron ha avvertito che “il peggio deve ancora venire” e che l’ obiettivo di Putin è prendere tutta l’Ucraina e cancellare la nazione. Pochi giorni dopo, Putin ha  minacciato di porre fine allo stato ucraino a meno che la resistenza non si fermasse.

Finora, la risposta principale del mondo sono state le sanzioni. È uno sforzo significativo e ha dimostrato l’unità degli Stati democratici. Tuttavia, le sanzioni funzionano solo contro i governi che sono effettivamente preoccupati per il benessere economico a lungo termine della loro gente. È del tutto evidente che Putin sacrificherà tale benessere per obiettivi immediati e il prestigio della potenza militare. Gli sforzi per fornire all’Ucraina armi aggiuntive sono tatticamente importanti, ma le forze ucraine sono semplicemente troppo piccole per sostenere una guerra convenzionale contro la Russia.

Se deve esserci un futuro per la nazione ucraina, l’Occidente deve agire immediatamente per stabilire una zona di mantenimento della pace e di soccorso umanitario nell’Ucraina occidentale non occupata. Questa “Zona di pace” sarebbe mantenuta da truppe completamente armate, della NATO, delle ” Forze di difesa dell’Unione europea ” dell’UE o, sebbene sia un’aspirazione difficile, una coalizione di stati non europei apparentemente sotto l’autorità dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite . La zona avrebbe lo scopo sia di proteggere i civili che di preservare una parvenza di indipendenza per il popolo ucraino. Se richiesto dal presidente Zelenskyy, tale azione sarebbe pienamente conforme al diritto internazionale. Come ha ripetutamente affermato Zelenskyy—più recentemente sulla scia del bombardamento russo di una centrale nucleare — “solo un’azione urgente da parte dell’Europa può fermare le truppe russe”.

Invece di affrontare le forze russe nelle loro attuali operazioni, queste forze di pace, completamente attrezzate per il combattimento, potrebbero stabilire posizioni difensive in quelle aree dell’Ucraina che i soldati di Putin non hanno ancora raggiunto, comprese le oblast di Lviv, Volyn, Zakarpattia, Rivne, Ternopil, Khmeinytski , Ivano-Frankivsk, Chernivitsi, Zhytornyr, Vinnytsia e le sezioni settentrionale e costiera di Odessa non ancora contestate. Ovviamente, la città centrale sarebbe Leopoli, dove si sono già trasferite la maggior parte delle ambasciate e molti profughi e che The Economist ha già soprannominato “ il luogo del piano Bs.” L’obiettivo sarebbe quello di creare una barriera protettiva attorno a ciò che può essere salvato di un’Ucraina sovrana che sopravviverà all’evento quasi inevitabile della caduta di Kiev e delle regioni orientali. E, sì, includerebbe una no-fly zone, ma esclusivamente al di sopra dell’area protetta.

Una volta stabilite in posizione, queste forze di pace non intraprenderebbero alcuna azione offensiva contro le forze russe che operano nel resto dell’Ucraina, ma rimarrebbero completamente preparate a difendere se stesse e il territorio che proteggono. Questi non sarebbero i “peacekeeper” leggermente armati che si sono dimostrati ampiamente inefficaci nelle passate operazioni delle Nazioni Unite. Queste forze eviteranno di avviare ostilità, ma agiranno come un potente deterrente per altre ostilità. D’ora in poi sarà una scelta di Putin se vuole combattere l’Europa, e forse il mondo, una guerra che sa che la Russia non può vincere. È probabile che una guerra del genere lo rovescerebbe, l’esito che più teme.

Escalation per de-escalation

Ironia della sorte, ciò applicherebbe una logica strategica che è stata attribuita, forse in modo alquanto impreciso, all’attuale strategia militare russa: escalation per de-escalation o escalation del controllo. In questo caso, l’escalation è la presenza di truppe occidentali nell’Ucraina non conquistata. La riduzione dell’escalation è che costringerà Putin a limitare la sua azione a ciò che afferma di fare : “liberare” il Donbas e sostituire il regime ucraino, che senza un’azione occidentale diretta è impossibile da fermare. La presenza della forza di mantenimento della pace stabilirebbe una linea rossa deterrente e ferma che consentirebbe, anzi, attirerebbe Putin a dichiarare vittoria e indietreggiare. In breve, la minaccia di un’ulteriore guerra è ciò che reprimerebbe la guerra in corso, che è una definizione efficace di deterrenza.

Il concetto reale è derivato dall’interpretazione degli scritti russi sull’uso delle armi nucleari che implicavano che l’escalation dell’uso della forza, usando piccole armi nucleari tattiche contro una forza avversaria, potrebbe indurre l’avversario a rinunciare a qualsiasi ulteriore sforzo per portare un potere ancora maggiore ( una forza convenzionale più grande o persino armi nucleari strategiche) nel conflitto. L’escalation per deescalation è stata descritta come “l’escalation di un conflitto da un livello di conflitto a un livello di violenza che fa cessare le operazioni militari da parte dell’avversario [che] sarebbe solo un esempio di come la Russia potrebbe cercare di controllare l’escalation di un conflitto. ” Come si applica alle forze nucleari statunitensi, il concetto è stato respintonella testimonianza al Congresso della leadership militare congiunta degli Stati Uniti. Ma al di fuori della posizione nucleare, corrisponde bene agli elementi della convenzionale “deterrenza per negazione”. Una forza forte, ben equipaggiata e ben addestrata (come i contingenti NATO) posta in posizioni protette ma in grado di manovrare è un deterrente che le risposte iterative non possono eguagliare.

Le prove di operazioni inette in Ucraina potrebbero non riflettere la vera competenza delle forze armate russe complessive. Ma suggerisce che spingere contro una forza di mantenimento della pace pronta al combattimento, alla fine sostenuta dalla NATO, non è una sfida che i comandanti militari russi vorrebbero affrontare.

Quali forze sono necessarie?

La fanteria leggera di tipo forza di reazione rapida formerebbe il bordo d’attacco o confine della Zona di Pace, con armature, artiglieria e forze armate combinate mantenute a distanza. Queste forze più pesanti non sarebbero una singola riserva centralizzata; sarebbero stabiliti in tutta la zona, ma in posizioni che non segnalano un’offensiva in avanti.

Preferibilmente la barriera di fanteria leggera non includerebbe truppe statunitensi (per evitare di entrare nella narrativa di Putin), ma sarebbe composta da nazioni europee della NATO e/o dell’UE, o altri membri volontari delle Nazioni Unite. Ci sono, infatti, un certo numero di nazioni che potrebbero essere disposte a fornire truppe se sovvenzionate e sostenute dall’Occidente. Le forze più pesanti sarebbero costruite attorno ad almeno tre divisioni dell’esercito americano o del corpo dei marines degli Stati Uniti (o equivalenti). Il messaggio chiaro: non intendiamo avanzare per creare una guerra generale, ma non ci ritireremo.

Le forze ucraine non farebbero parte della forza di mantenimento della pace/difensiva, ma sarebbero autorizzate a ritirarsi negli accampamenti all’interno della zona se accettassero di cessare le operazioni all’interno delle aree contese dell’Ucraina. Gli attacchi delle forze ucraine dalla Zona di Pace non sarebbero stati consentiti.

Il movimento delle forze della zona di pace avverrebbe principalmente con il trasporto via terra attraverso la Polonia, la Slovacchia, l’Ungheria o la Romania, e preferibilmente tutti questi. L’inserimento dell’elicottero è una possibilità, ma sarebbe meglio ridurre al minimo fino a quando la Zona di Pace non sarà inizialmente istituita e dichiarata. Se Odessa rimane non occupata, le forze potrebbero essere spostate su nave o moto d’acqua dalla Romania, dalla Bulgaria o dalla Turchia.

La potenza aerea di copertura sarebbe basata al di fuori dell’Ucraina, ma potrebbe essere presente sopra la Zona di Pace, se necessario, una volta stabilita la zona. Lo scopo è proteggere la zona, non recuperare ciò che è perduto. Predominano i caccia e gli aerei di supporto aereo ravvicinato; a meno che non ne seguisse una guerra generale, non ci sarebbe alcun ruolo per i bombardieri a lungo raggio.

Una tale posizione operativa sarebbe conforme all’esercito americano, all’aeronautica americana o alla dottrina congiunta? Affatto. Le operazioni di combattimento statunitensi si basano sul portare la battaglia al nemico nel territorio controllato dal nemico. Tuttavia, le circostanze uniche e tragiche della situazione richiedono un approccio creativo che trascenda la dottrina. L’obiettivo è preservare la sovranità ucraina in quelle aree non ancora sotto l’occupazione russa, al fine di fornire supporto umanitario al popolo ucraino e mantenere vivo un futuro indipendente per loro evitando una guerra generale con la Russia. Questo non è realizzabile attraverso semplici sanzioni. Né può essere raggiunto attraverso la guerra informatica.

Causerebbe una guerra nucleare?

L’ovvia paura che rende le nazioni occidentali diffidenti nei confronti di un intervento aperto in un conflitto ingiusto che potrebbe distruggere il presunto “ordine mondiale liberale” è la paura della guerra nucleare. La mia tesi è che questa possibilità può essere gestita limitando lo sforzo militare per preservare il territorio ancora sotto il controllo del governo ucraino. Per quanto terrificanti possano essere le prospettive di uno scambio nucleare, la deterrenza dovrebbe reggere, anche nella mente di Putin, se si evita il conflitto sul territorio russo o con le forze russe.

Le operazioni offensive che spingono i russi fuori del tutto dall’Ucraina sarebbero l’esito ideale per il conflitto, ma anche questo rispecchia la narrativa di Putin e potrebbe provocare una risposta incerta. Tali operazioni rimarrebbero di competenza delle forze militari (e civili) ucraine. La difesa dell’Ucraina non occupata è del tutto diversa.

Sostenere che una Zona di Pace istituita richiederebbe l’uso di armi nucleari russe significa sostenere che una guerra nucleare è inevitabile durante la vita di Vladimir Putin. Se questo è vero, allora il mondo non ha altra scelta che arrendersi alle sue crescenti richieste.

L’invasione dell’Ucraina non riguarda semplicemente il futuro dell’Ucraina. Riguarda il futuro globale in cui le invasioni dell’Ucraina diventano la norma. Forse è necessaria una piccola quantità di rischio riguardo a un esito nucleare. Ci siamo già stati durante la Guerra Fredda e la deterrenza ha prevalso. Putin è una creatura della Guerra Fredda.

Ha senso una difesa statica? Quale sarà il risultato?

I pianificatori operativi sosterranno che la difesa statica inerente a tale operazione nella Zona di Pace non ha un buon senso militare. E, dal punto di vista di un conflitto totale, hanno ragione. Tale linea d’azione limita la manovra operativa che è vista come la chiave della guerra moderna e forse l’attributo più desiderabile per qualsiasi forza militare. Consentirebbe una manovra tattica, ma rinuncerebbe al vantaggio dell’attacco multiasse e dell’inganno operativo.

Tuttavia, gli obiettivi, ancora una volta, non includono la distruzione delle forze nemiche, ma il mantenimento dell’attuale status quo in un territorio specifico. È per controllare il re del nemico, non per uccidere le sue pedine. I confronti con gli sforzi difensivi falliti nella storia possono essere inevitabili, ma ciò che va ricordato è che le difese forti falliscono solo quando il nemico ha forze sostanzialmente superiori, o quando le difese sono fiancheggiate; la linea Maginot è l’esempio classico. Le forze russe sono inferiori a una NATO combinata e non stanno dimostrando bene le loro capacità potenziali in Ucraina. Il potenziale per una svolta o un fiancheggiamento di una difesa ben preparata della Zona di Pace è relativamente modesto.

Quale effetto sulla narrazione?

Un’ulteriore preoccupazione sarebbe il potenziale effetto sulla “narrativa” riguardo a quale parte è l’aggressore. Putin potrebbe affermare che l’istituzione della forza di mantenimento della pace costituisce un “attacco” della NATO?

Il presidente russo a vita ha definito le sanzioni ” simili a un atto di guerra” e ha minacciato che la Russia sarà in guerra con qualsiasi nazione che fornisca o ospiti aerei ucraini. Indubbiamente, cercherà di schierare qualsiasi forza di mantenimento della pace come attacco.

Tuttavia, non è riuscito a cogliere la narrazione. Numerose nazioni hanno imposto sanzioni e fornito all’Ucraina sofisticate armi anticarro e antiaeree e Putin non è stato in grado di fermare queste azioni e non ha dichiarato loro guerra. Né è stato in grado di far girare queste azioni a sostegno delle sue argomentazioni. La chiave per i governi occidentali nel continuare a dominare la narrativa sarà usare il termine “peacekeeper” in ogni affermazione, forse come ogni seconda parola.

La messa in sicurezza immediata delle centrali nucleari ucraine di Rivne e Khmeinytski – un’azione che la forza di pace dovrebbe intraprendere in ogni caso – manterrebbe anche il predominio occidentale della narrativa date le preoccupazioni espresse in tutta Europa sugli attacchi russi alle centrali nucleari a est. Una chiara giustificazione per la forza di pace è prevenire un disastro di tipo Chernobyl causato dagli attacchi russi alle centrali nucleari.

Non ripetiamo la storia

La possibilità di istituire una Zona di Pace protetta è già in discussione in Europa. Il primo ministro portoghese Antonio Costa ha lasciato intendere che il suo governo era disposto a mettere in campo le sue (certamente piccole) forze in Ucraina. Questa discussione non è ancora penetrata nella consapevolezza degli americani e non vi è alcuna indicazione che l’amministrazione del presidente Biden stia prendendo in considerazione l’opzione. Ma dovrebbe essere discusso apertamente e ampiamente qui e considerato ora mentre può ancora essere implementato.

Alcuni esperti hanno sostenuto che gli obiettivi di Putin sono limitati. Cioè, come spesso si dice, speranza non strategia. Alcuni sostengono che non ci siano parallelismi storici poiché “il mondo è così diverso ora” a causa della tecnologia o della disponibilità di informazioni (soft power), ma questa potrebbe essere una citazione del 1939. Fonti russe affermano che Putin si considera il nuovo Stalin. Questo è stato a lungo suggerito . Tuttavia, i parallelismi con il 1939 sono ancora maggiori; Il Donbas è in gran parte i Sudeti di Putin, “l’ultima richiesta d’Europa” di Hitler. L’Ucraina è pronta a diventare la Cecoslovacchia di Putin: il resto del Paese che Hitler ha annesso mentre un mondo indifferente non ha reagito. Fortunatamente, questa volta il mondo ha reagito, ma non ha ancora reagito abbastanza.

Evitare gli errori del passato è più che una questione pratica; è anche una questione morale.

La protezione di ciò che resta dell’Ucraina è un obbligo morale. Salverebbe molte vite ucraine (e forse quelle dei coscritti russi). La decisione del popolo ucraino di muoversi verso il governo democratico e l’integrazione nella società europea è stata ispirata e incoraggiata dall’Europa occidentale e dagli Stati Uniti. Rinunciare ad agire al di là dell’imposizione di sanzioni economiche è un tradimento della fiducia e sarebbe una grave battuta d’arresto per la democrazia ovunque. Perché una nazione dovrebbe rivolgersi alla democrazia se il risultato sarà l’invasione, la morte e la sottomissione da parte di uno stato autoritario più potente?

La vera “ trappola di Tucidide ” non è il timore di nascere potenze rivali, ma di permettere che il futuro sistema internazionale venga definito dal principio che gli antichi ateniesi insegnarono con violenza ai Meliani: “i forti fanno quello che vogliono, i deboli soffrono quello che dovere.” Melos non è stato semplicemente catturato; i suoi uomini furono massacrati e le donne ridotte in schiavitù. Melos è stato ripopolato dai russi, correzioni, voglio dire, coloni ateniesi.

Questo è il futuro che Vladimir Putin (e Xi Jinping) vogliono realizzare . Soggiogare l’Ucraina sarebbe il passo più significativo per trasformare quel futuro in realtà. Per impedirlo, per preservare un mondo che lotta costantemente per la legge e la giustizia, è necessario preservare il territorio finora incontrastato dell’Ucraina istituendo e imponendo una Zona di Pace.

Sì, il risultato più probabile sarebbe un’Ucraina orientale (controllata dalla Russia) e un’Ucraina occidentale (indipendente e sovrana). Ma ciò conserverebbe la speranza che, come la Germania orientale e occidentale, l’Ucraina sarà di nuovo unita in un futuro al di là di Putin. Le sanzioni non lo faranno. Il cyber non lo farà. La guerra offensiva comporta grandi rischi. Una zona di pace forzata è l’opzione che vale la pena prendere.

Sam J. Tangredi è titolare della cattedra Leidos di Future Warfare Studies presso l’US Naval War College. È l’autore, più recentemente, di Anti-Access Warfare: Countering A2/AD Strategies. Le opinioni espresse sono completamente sue e non riflettono necessariamente le opinioni ufficiali dell’US Naval War College, del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti o di qualsiasi altra agenzia del governo degli Stati Uniti. 

https://www.defenseone.com/ideas/2022/03/establish-zone-peace-western-ukraine/362939/

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