Macerie e retorica, di Lee Slusher

Traduciamo e pubblichiamo questa eccellente analisi della situazione militare in Ucraina, che comprende una previsione, più che condivisibile, di quali giustificazioni verranno date dalle dirigenze occidentali quando sarà inequivocabilmente chiara “la verità effettuale della cosa”. Roberto Buffagni

 

https://deepdivewithleeslusher.substack.com/p/rubble-and-rhetoric

Macerie e retorica

Tanti morti per niente

di Lee Slusher[1]

8 febbraio 2023

La guerra in Ucraina potrebbe prendere due direzioni. La prima l’ho descritta nel mio ultimo articolo, “Armageddon all’ora del dilettante”[2]. In questo caso, l’Occidente continuerebbe l’escalation fino al conflitto diretto con la Russia, che potrebbe sfociare in una guerra nucleare, nel qual caso tutte le scommesse sarebbero annullate. La seconda opzione è che la Russia vinca in modo abbastanza deciso da stabilire le condizioni per il completamento della guerra, sia attraverso una vittoria militare schiacciante sia forzando un accordo che soddisfi le richieste fondamentali di Mosca. Perché non ci sono altre opzioni? Considerate quanto segue, che ho scritto in una spiegazione dettagliata delle origini della guerra, solo pochi giorni dopo l’invasione russa del febbraio 2022[3]:

Per essere chiari, la Russia ha i mezzi per conquistare tutta l’Ucraina, anche usando solo forze convenzionali. La Russia potrebbe scatenare il suo esercito di un tempo e impiegare massicciamente un’artiglieria, seguita da masse di fanteria di massa e da masse di forze corazzate (carri armati). Un approccio di questo tipo aumenterebbe esponenzialmente le vittime militari e civili e distruggerebbe la maggior parte, se non tutte, le infrastrutture dell’Ucraina.

Tutto ciò rimane vero oggi, anche se quando ho scritto il brano, l’Occidente non si era ancora impegnato completamente in una guerra per procura con la Russia. All’epoca, i leader occidentali si aspettavano ancora che Kiev cadesse nel giro di pochi giorni e il governo statunitense aveva da poco offerto al Presidente Zelensky l’assistenza necessaria per lasciare il Paese. La situazione iniziò a cambiare, prima gradualmente e poi improvvisamente. Un abbondante flusso di armi occidentali e di informazioni mirate divenne il sostegno vitale su cui poggiava l’intero sforzo bellico ucraino. Gli aiuti militari occidentali hanno creato il miraggio di un’imminente vittoria ucraina, ma, come tutte le illusioni, anche questa è stata fugace. Oggi rimane visibile solo attraverso il caleidoscopio della propaganda e la nebbia febbrile del fanatismo. La verità ora è quella che è sempre stata: In una guerra tra Russia e Ucraina, la Russia vince facilmente. In una guerra per procura tra Russia e Occidente in Ucraina, la Russia vince alla fine, ma con molta più morte e distruzione, soprattutto per l’Ucraina.

La Russia ha sicuramente commesso degli errori militari. Il principale di questi è stato il presupposto che l’Occidente non avrebbe alimentato una guerra per procura, soprattutto in una misura così ampia. È sulla base di questo presupposto errato che la forza d’invasione russa era inadeguata, sia per dimensioni che per tenacia. Ma ora la Russia si è riorientata e la sua mobilitazione in corso è formidabile. Nel frattempo, l’Occidente sta lottando per mantenere le forniture di materiale necessarie all’Ucraina per sostenere una guerra ad alta intensità. Per farlo ancora a lungo sarebbe necessaria una mobilitazione industriale su larga scala nei Paesi occidentali, in particolare negli Stati Uniti. Tuttavia, la popolarità della guerra sta svanendo, soprattutto perché l’attenzione si concentra più strettamente sulle preoccupazioni economiche e su altre questioni interne.

 

C’è poi la questione delle cifre spaventose delle vittime dell’Ucraina. La guerra industriale produce perdite su scala industriale. Nessuno dispone di cifre precise per entrambe le parti, ma una stima prudente e di basso livello è che l’Ucraina, in meno di un anno, abbia subito più di 150.000 morti in azione e un numero di feriti molte volte superiore. Questo per un Paese che, secondo i dati, aveva una popolazione di meno di quarantaquattro milioni di abitanti [4] il giorno dell’invasione e che da allora ha visto più di sette milioni di persone fuggire come rifugiati[5]. Le forze armate ucraine del 2014-2022, addestrate ed equipaggiate dalla NATO, non esistono più e lo stesso vale per la forza sostitutiva che Kyiv ha assemblato e schierato in fretta e furia l’anno scorso. Le manovre ad armi combinate sono difficili anche per eserciti esperti, e l’Ucraina non ha più un esercito di questo tipo.

Molti commentatori di spicco concludono stupidamente che, poiché le più recenti e migliori intuizioni sulla guerra ad alta intensità si trovano attualmente in Ucraina, gli ucraini sono in grado di raccogliere e mettere in pratica queste lezioni. Questo è falso, almeno in un senso diffuso e sostenibile. Il ritmo e l’intensità della guerra impediscono all’Ucraina di sviluppare una simile memoria istituzionale o capacità di apprendimento. Lo sforzo bellico ucraino è un paziente che si avvale di una terapia intensiva. Peggio ancora, questo paziente ora si affida a frequenti e importanti trapianti di organi e trasfusioni di sangue per sopravvivere. Nessuna quantità di addestramento in altre parti d’Europa o negli Stati Uniti può risolvere il problema dell’Ucraina, che ha troppo poco personale per vincere o anche solo sostenere questa battaglia. Nessun addestramento può sostituire la morte di massa di ufficiali esperti e soldati professionisti. Le bande di giornalisti che ora si aggirano per le strade delle città e dei paesi dell’Ucraina non possono colmare questo divario. La potenziale introduzione di sistemi d’arma finora inutilizzati, compresi i carri armati occidentali, non modificherà l’esito finale della guerra in modo significativo o anche solo percettibile. Nel frattempo, la Russia sta costruendo metodicamente una forza di centinaia di migliaia di uomini all’interno e intorno all’Ucraina e continua a degradare il personale militare e le capacità critiche dell’Ucraina, in particolare l’artiglieria e la difesa aerea.

 

L’orologio di Kiev sta per fermarsi, probabilmente più presto che tardi.

 

Come siamo arrivati a questo punto?

 

Ancora oggi, molti occidentali, sia leader che semplici cittadini, credono a una serie di falsità sulla situazione attuale della Russia. Credono che l’esercito russo sia incompetente e sull’orlo del fallimento. Credono che l’economia russa sia paralizzata dalle sanzioni e, allo stesso modo, sull’orlo del fallimento. Credono che la Russia sia diventata un paria internazionale, anziché solo occidentale. Ritengono che Putin sia malato di mente, forse addirittura malato terminale, e che sia sempre sotto la costante minaccia di essere assassinato o rimosso con la forza dal suo incarico. Alcuni insistono addirittura affinché il mondo si prepari all’imminente collasso e smembramento della Russia moderna, alla quale – chiedono – non dovrà mai essere permesso di risorgere dalle proprie ceneri.

 

La maggior parte dell’Occidente non ha mai capito veramente la Russia. A ciò ha contribuito, in misura non trascurabile, l’insistenza incrollabile dei russi stessi sul fatto che nessun altro potrebbe mai capire cosa significhi essere russi, come se si trattasse di un piano mistico dell’esistenza. Per quasi venticinque anni ho dovuto contestare questa convinzione – sia in inglese che in russo – con molti dei miei amici e conoscenti russi. Nel mio articolo “On Appeasement: The Fallacy of Modern Munich Moment[6], ho descritto in dettaglio come l’Occidente abbia trascorso ben quindici anni ignorando o comunque attenuando gli avvertimenti e le reazioni sempre più aggressive di Mosca alla continua espansione dell’Occidente lungo la periferia della Russia. Nel frattempo, gli affari sono andati avanti come al solito, anche per i produttori di armi europei, alcuni dei quali hanno continuato a esportare armi in Russia almeno fino al 2020. Alla fine del 2021, Angela Merkel, desiderosa di portare a termine il Nord Stream 2, ha promesso al mondo che la Russia non avrebbe osato sfruttare il suo nuovo gasdotto verso la Germania per emarginare l’Ucraina, attraverso la quale per lungo tempo è transitato gran parte del gasdotto destinato all’Europa. La Merkel lo disse mentre le forze russe si stavano ammassando al confine con l’Ucraina. Nel luglio del 2022, mesi dopo l’invasione, il capo dell’ente normativo tedesco per l’energia ha dichiarato: “Siamo in una situazione in cui il gas è ora parte della politica estera russa e forse della sua strategia di guerra”. Ora fa parte della politica estera? Forse parte della strategia di guerra?

 

Per non essere da meno, gli Stati Uniti sono impazziti sulla scia delle elezioni presidenziali del 2016. Non si è trattato di un evento organico o spontaneo. Dal dossier Steele alle bufale dei bot online, l’ufficialità americana si è affidata a uno spauracchio russo fabbricato per condurre una campagna di propaganda sul pubblico durata anni. Si trattava di Rocky e Bullwinkle[7], di orsi ballerini e, naturalmente, di vodka – quei russi pazzi! Non c’è mai stata una comprensione comune, tanto meno un’accettazione, del fatto che la Russia – nonostante i suoi difetti – si è guadagnata da tempo la sua posizione tra le grandi nazioni del mondo. La Russia ha contribuito come ogni altro Paese al progresso delle arti, delle scienze e della tecnologia. La Russia ha prodotto atleti di livello mondiale (nonostante i recenti scandali sul doping) e controlla un esercito formidabile e un arsenale nucleare vasto e capace. I proclami banali secondo cui la Russia è una stazione di servizio mascherata da Paese dovrebbero meritare a funzionari e opinionisti un posto permanente al tavolo dei bambini della politica.

È in questa miscela di ignoranza, autoinganno e manipolazione che è nata la percezione occidentale della guerra in corso. Negli ultimi decenni ho osservato come l’establishment della difesa statunitense abbia cercato di influenzare il pubblico straniero. Questi sforzi sono stati quasi uniformemente infruttuosi, spesso in modo ridicolo. Nuovi giornali e stazioni radiofoniche, impegno online, volantini, sensibilizzazione delle comunità: queste cose semplicemente non funzionano molto bene. Sembra che la gente di tutto il mondo sia un buon arbitro del “test dell’odore”. Il vero potenziale di sfruttamento è a livello nazionale, come abbiamo visto con il Russiagate.

 

I media occidentali non solo ripetono ubbidienti le parole dei funzionari di sicurezza degli Stati Uniti e di altri Paesi della NATO, ma pubblicano abitualmente articoli basati su informazioni provenienti esclusivamente dai servizi di sicurezza ucraini. I giornalisti lo fanno nonostante sappiano, ad esempio, che Kiev gestisce una sofisticata macchina di propaganda. Non ci sono media avversari, non c’è un quarto potere. La stampa è ora in gran parte impegnata a promuovere gli obiettivi dell’establishment: l’Ucraina è solo una fissazione del momento. Il monolite politico-culturale composto da governo, grandi aziende, media di informazione e intrattenimento, tecnologia e università ha creato e imposto una rappresentazione della guerra degna di un cartone animato. Questo Leviatano ha emarginato e screditato i tentativi di indagine, discussione e dibattito sostanziali.

 

La triste e semplice verità è che l’Ucraina non avrebbe potuto vincere mai.

 

Perché questo è importante?

Molte persone, ucraine e russe, sono morte per niente.

 

La continuazione del sostegno militare all’Ucraina è stata condizionata, in parte, dalla percezione pubblica in Occidente che l’Ucraina potesse vincere – che i miliardi di aiuti avrebbero fatto qualcosa di diverso dal perpetuare un massacro fino alla scomparsa definitiva di Kiev. Sì, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno già condotto guerre impopolari in passato. Per esempio, il cittadino medio occidentale ha perso rapidamente interesse per le guerre in Afghanistan e in Iraq e, ancora oggi, rimane in gran parte ignaro dell’orrendo numero di vittime non occidentali di queste guerre, ma le guerre si sono trascinate comunque. Tuttavia, il concetto di mission creep aveva allora un significato molto diverso. Sprofondare sempre di più in un pantano nazionale in una terra lontana è ben diverso dal lanciare i dadi della Terza Guerra Mondiale. La narrazione dell’Ucraina doveva essere positiva, a prescindere dai fatti, altrimenti la spinta per una guerra per procura sarebbe morta prima di cominciare.

 

C’è un’altra ragione per cui questo è importante. Le bugie e le offuscazioni che circondano la guerra in Ucraina hanno mascherato pericolose realtà sulle capacità militari, sia della NATO che della Russia. Un recente rapporto[8] ha concluso che l’esercito britannico potrebbe resistere un solo pomeriggio sul campo di battaglia contro la Russia prima di rimanere senza munizioni. Qualcuno potrebbe essere tentato di ignorare il rapporto, perché proviene da un think tank dell’esercito britannico. Sarebbe sciocco. Decenni di tagli al bilancio hanno ridotto l’esercito britannico a una sola divisione di prima linea, con un fatale difetto di sostenibilità.

 

La storia è la stessa o peggiore per la maggior parte delle forze armate europee della NATO. Questo è stato un disegno intenzionale. Le nazioni europee hanno incassato il “dividendo della pace” prodotto dalla fine della Guerra Fredda, e il denaro che era stato utilizzato per finanziare grandi eserciti permanenti è stato destinato ai servizi sociali. Gli eserciti non si concentrarono più sulle manovre ad armi combinate. Il loro obiettivo non era più “andare a contatto con il nemico e distruggerlo”, almeno non su larga scala. Quindi, questa capacità si è atrofizzata. La maggior parte delle forze armate europee, invece, si è concentrata sulla fornitura di capacità specialistiche, spesso di concerto con i Paesi vicini, in modo che complessivamente queste forze armate potessero sostenere operazioni “fuori area” (cioè, fuori dall’Europa). Questo approccio potrebbe essere sufficiente per sostenere operazioni di peacekeeping o guerre a bassa intensità nei Paesi in via di sviluppo, ma “la potenza fa il diritto” negli impegni ad alta intensità. Gli Stati Uniti affrontano sfide che si sono preparati da sé. Ecco alcune dure verità:

  • Sebbene la NATO disponga di un numero consistente di truppe nell’insieme totale, la maggior parte di esse sono riservisti, non forze in servizio attivo. Questo tipo di personale richiederebbe una mobilitazione massiccia, che comprende l’addestramento di aggiornamento, l’equipaggiamento, lo scaglionamento, il trasporto e così via. Al momento, la NATO non si addestra attivamente né si prepara in altro modo per un’impresa di tale portata gigantesca: un piano su uno scaffale non è un sostituto.
  • Le forze della NATO non si addestrano per schierarsi direttamente in combattimento in Europa, almeno non in dimensioni e modalità adeguate. I sistemi d’arma della Russia che hanno portata oltre l’orizzonte (ad esempio, i missili) coprono efficacemente gran parte dell’Europa. Pertanto, la NATO non potrebbe contare su aree di sosta avanzate in caso di conflitto diretto con la Russia. In guerra i gruppi e gli individui non si mettono istantaneamente “all’altezza della situazione”, ma restano al loro livello di addestramento più efficace. Tuttavia, le forze NATO in Europa non hanno un addestramento tale da poter essere schierate in combattimento direttamente dalle loro guarnigioni.
  • Anche prima che l’Occidente svuotasse le sue scorte di armi per sostenere la guerra in Ucraina, non aveva materiale sufficiente per impegnarsi in una guerra prolungata e ad alta intensità. Da allora, in nessun Paese della NATO si è verificata una mobilitazione industriale interna. Ciò mette in discussione la possibilità che tale mobilitazione possa avvenire abbastanza rapidamente da evitare la sconfitta in caso di guerra improvvisa con la Russia.
  • Inoltre, naturalmente, c’è il problema di portare il materiale dove è necessario. La Russia ha iniziato solo di recente a degradare le infrastrutture civili dell’Ucraina e non ha attaccato alcuna infrastruttura nei Paesi della NATO. La situazione cambierebbe rapidamente. Anche in assenza di un attacco russo, l’Europa non ha la capacità di trasporto ferroviario e di veicoli cargo per sostenere un’operazione di questo tipo. La maggior parte dei ponti europei non può nemmeno sostenere il peso di alcuni carri armati principali, come gli Abrams.
  • Gli Stati Uniti sono sempre stati destinati ad essere il peso massimo della NATO. Gli altri membri non avrebbero mai dovuto sottrarsi alle loro responsabilità, come hanno fatto a lungo, ma il loro scopo principale era quello di “tenere la linea” fino a quando l’America non avesse potuto mobilitare la sua enorme forza militare. Ma di quella forza ne è rimasta ben poca, sia in termini numerici che di capacità. La maggior parte del personale statunitense attualmente in servizio si è arruolato dopo l’abbandono dei conflitti ad alta intensità. In effetti, molti di coloro che si sono arruolati in risposta agli attacchi dell’11 settembre hanno completato la carriera e sono andati in pensione. L’attuale versione delle forze armate statunitensi sa come condurre una guerra a bassa intensità utilizzando sistemi ad alta tecnologia in un ambiente in gran parte incontrastato. Le truppe statunitensi sono arrivate a fare affidamento su un facile accesso al supporto aereo, oltre che al rifornimento e al trasporto aereo: tutto ciò si basa proprio sulla superiorità aerea che sarebbe messa in pericolo dalle difese aeree della Russia. Le forze statunitensi si troverebbero soggette ad attacchi aerei sostenuti per la prima volta da generazioni. Una realtà simile si applica alla dipendenza degli Stati Uniti dalla navigazione e dal puntamento GPS, che subirebbe non solo disturbi e spoofing[9], ma anche le armi anti-satellite della Russia.

Ci sono altre carenze critiche, ma queste sono sufficienti a illustrare gli scarsi livelli di preparazione, addestramento, logistica e così via della NATO. Il sontuoso quartier generale in vetro della NATO a Bruxelles smentisce queste realtà. Se è vero che la Russia ha le sue carenze, dovremmo ricordare il vecchio adagio militare sulla necessità di “arrivare per primi con il massimo numero”. In Europa, attualmente, la Russia ha fatto questo. Ha centinaia di migliaia di uomini sul campo, supportati da linee di rifornimento ben consolidate, e la sua industria della difesa si è già mobilitata. In patria, la popolazione è in gran parte favorevole a questo atteggiamento bellico, nonostante la propaganda contraria.

 

Alcuni potrebbero far notare le capacità avanzate che la NATO potrebbe scatenare contro la Russia. Esse esistono, certo, ma la Russia ha le sue, non limitate ai missili ipersonici. Consideriamo la guerra elettronica. Non solo le capacità della Russia sono probabilmente più avanzate, ma il Paese dispone di una serie stratificata di sistemi – tattici, operativi e strategici – lungo tutta la sua periferia occidentale. Questi sistemi “arrivano” in Ucraina e nei Paesi della NATO. Ciò evidenzia una differenza fondamentale tra l’esercito americano e quello russo. L’esercito statunitense è una forza di spedizione per concezione: è destinato a combattere altrove. L’esercito russo è progettato per difendere la Russia. Affinché la struttura delle FFAA degli Stati Uniti sia efficace in un conflitto prolungato, è necessario un massiccio accumulo di forze, che richiede mesi. Questo è evidente in ogni parte della macchina da guerra statunitense, dall’architettura amministrativa dettata dalla legge Goldwater-Nichols[10] alle attrezzature che gli Stati Uniti acquistano. Tutto è progettato per essere utilizzato in un’operazione all’estero che può essere liberamente sostenuta da un supporto logistico internazionale. Ma la Russia contesterebbe proprio le rotte marittime e aeree su cui si basa questo supporto. Nel frattempo, la Russia non solo può combattere nel suo cortile, ma è anche pronta a sparare da casa sua. Con questo non voglio dire che la Russia vincerebbe necessariamente un conflitto prolungato con la NATO: non ho la sfera di cristallo. Si tratta di una verifica della realtà delle circostanze attuali, una verifica necessaria e terribile.

 

Si consideri, inoltre, che l’Europa vede già massicce proteste contro le sanzioni alla Russia, le armi per l’Ucraina e persino l’adesione alla NATO. Quanta voglia c’è di guerra con la Russia, in particolare per persone abituate alla pace e alla prosperità che, fino a poco tempo fa, non avevano mai immaginato che la guerra potesse arrivare alle loro porte? Se la Russia dovesse ottenere qualche rapida vittoria o se la NATO dovesse subire anche solo una frazione delle perdite del livello del Donbass, cosa accadrebbe? La guerra finirebbe o, forse, la NATO si dissolverebbe in una coalizione di volenterosi? A quel punto, la geometria del campo di battaglia dell’Europa cambierebbe in modi non ancora immaginati, poiché porti, campi d’aviazione e rotte terrestri critici potrebbero essere chiusi alle forze della NATO. L’incrollabile ossessione e dedizione dei leader occidentali al progetto atlantista ha prodotto una pericolosa mancanza di immaginazione.

 

Alcuni lettori potrebbero ancora essere sconcertati dalle mie argomentazioni. Se la Russia è così capace, perché non ha ancora preso l’Ucraina? Alcuni insistono sul fatto che se la Russia avesse un “easy button”, un bottone che basta premerlo per vincere in questa guerra, lo avrebbe già usato. L’implicazione, ovviamente, è che le forze armate russe sono in qualche modo carenti e non dovrebbero preoccuparci troppo. Queste persone non colgono il punto, anzi due.

 

In primo luogo, le capacità avanzate della Russia, come i missili ipersonici e la guerra elettronica, sono state una risposta alla superiorità degli Stati Uniti nelle categorie della guerra totale e delle capacità di attacco globale, in particolare come si è visto nella prima guerra del Golfo. All’epoca, gli Stati Uniti disponevano ancora di un’imponente forza armata permanente, straordinariamente capace di condurre guerre ad alta intensità. Il modo in cui questa forza ha smembrato l’esercito iracheno, allora uno dei più grandi al mondo, ha terrorizzato i leader non solo di Mosca ma anche di Pechino. La Russia sapeva di non poter affrontare questo colosso senza ricorrere alle armi nucleari e, pertanto, doveva cercare vantaggi in altri settori. Così, la Russia ha fatto buon uso dell’enorme talento STEM della sua popolazione per produrre sistemi d’arma avanzati. Anche in questo caso, si tratta di sistemi destinati a essere utilizzati contro gli Stati Uniti in un conflitto esistenziale. Sebbene alcuni di questi sistemi siano stati utilizzati in Ucraina, molti altri non lo sono stati, altrimenti gli Stati Uniti e altri avrebbero avuto l’opportunità di sviluppare contromisure. La Russia ha combattuto una campagna molto limitata.

In secondo luogo, se un nemico rifiuta di arrendersi, le sue forze devono essere distrutte – e questo è un processo molto doloroso. Noi in Occidente abbiamo ampiamente dimenticato questa lezione, ma la Russia no. Anzi, eccelle in questo compito, proprio come il suo predecessore, l’Armata Rossa. Ecco perché, nei primi giorni di guerra, ho notato che “la Russia poteva scatenare il suo esercito di un tempo e impiegare la massa dell’artiglieria, seguita dalla massa della fanteria di massa e dalla massa delle forze corazzate”. C’è voluto un po’ di tempo perché la Russia si mobilitasse adeguatamente, ma le sue decantate forze di artiglieria sono ora impegnate, sostenute da un numero sempre crescente di fanteria e corazzati. Chi fa riferimento alla mancanza di un “easy button” da parte della Russia non coglie i limiti delle capacità sofisticate e delle vittorie rapide in una guerra ad alta intensità. Questo tipo di conflitto, nella sua essenza, richiede la capacità di assemblare grandi formazioni e di muoverle “al suono dei cannoni” in manovre coordinate e ad armi combinate. Le forze armate russe lo sanno fare molto bene, non sono dilettanti.

 

L’imminente svolta

 

I leader occidentali hanno spostato il palo della porta per tutta la durata della guerra. Nei primi giorni, l’amministrazione Biden ha offerto a Zelensky un “passaggio” fuori dal Paese, in seguito alle notizie secondo cui squadre di sicari ceceni si aggiravano per Kiev alla sua ricerca. Nel giro di pochi mesi, abbiamo sentito proclami quasi fiduciosi sul fatto che l’Ucraina potesse essere in grado di vincere. Dopo altri mesi, non solo l’Ucraina stava vincendo, ci è stato detto, ma generali in pensione e altri hanno iniziato a parlare di riportare Donetsk, Luhansk e persino la Crimea sotto il dominio di Kiev.

 

Supponendo che la guerra non degeneri in un conflitto diretto tra la NATO e la Russia, i leader occidentali saranno costretti a cambiare rotta quando il rullo compressore russo renderà chiaro a tutti quale sia stato l’esito finale per tutto il tempo. Questo involontario disimpegno dell’Occidente dall’Ucraina provocherà un gioco di addebito delle colpe. Il processo sembrerà controverso e, forse, per alcuni individui lo sarà. Ma, per lo più, si tratterà di teatrino politico. L’apparenza di introspezione e responsabilità è un passo necessario in questo atto di autoassoluzione di massa. È probabile che sentiremo alcune variazioni di quanto segue:

  • Da un lato dello spettro delle scuse stanno gli irriducibili, che continueranno a sostenere che la NATO sarebbe dovuta intervenire direttamente, al diavolo le conseguenze. Queste persone rappresentano gran parte del gruppo di elettori che attualmente respinge tutte le preoccupazioni sul potenziale di escalation nucleare.
  • Poi ci sono quelli che sosterranno che la NATO non ha fatto nulla di male, perché “dovevamo fare qualcosa”. Continueranno a sostenere che la democrazia e l’ordine internazionale liberale sono la stessa cosa. Non faranno alcun riferimento al colpo di Stato del 2014 o alle profonde e antiche divisioni all’interno dell’Ucraina, che invalidano le affermazioni secondo cui la guerra è stata combattuta per l’autodeterminazione. Non diranno nulla degli immensi costi umani del “fare qualcosa”.
  • Poi arrivano gli strateghi geopolitici molto più sanguigni per i quali ne è valsa la pena per “indebolire la Russia”. Queste persone attualmente presentano delle argomentazioni intelligenti per far sembrare che la guerra sia un affare finanziario per gli Stati Uniti. Lo fanno senza menzionare le spaventose perdite o il modo in cui i loro appelli allo smembramento della Russia hanno contribuito a rafforzare la determinazione del governo e del popolo russo, accelerando probabilmente la realizzazione dell’obiettivo russo di un mondo multipolare. Allo stesso modo, ignoreranno la ritrovata forza, dimensione ed esperienza di combattimento dell’esercito russo. Questo gruppo avrà una corsa molto più limitata, poiché gli eventi in corso minano le sue affermazioni principali.
  • I più tecnici del gruppo saranno i tattici che hanno seguito le varie battaglie della guerra nei minimi dettagli. Questo è il gruppo dei “se solo”. Se solo la NATO avesse fornito prima questo o quel sistema d’arma, tutto sarebbe andato diversamente.
  • Infine, ci sono i sedicenti visionari che chiederanno di “reimmaginare” la NATO e l’UE. È stato un errore, diranno, aver insistito sulla necessità di rispettare tutti gli standard per essere ammessi. Invece, le nazioni dovrebbero essere accolte in base alla necessità di una difesa collettiva, con l’obiettivo finale di soddisfare altri requisiti necessari in tempo utile. Molti di questi chiedono attualmente che a ciò che resta dell’Ucraina venga concessa l’adesione alla NATO alla fine della guerra, come se questa non fosse stata una delle principali violazioni delle linee rosse di Mosca fin dall’inizio. Questa continua intransigenza della NATO indica a Mosca che l’operazione militare non deve cessare troppo presto.

Washington DC, come le capitali dei suoi Stati vassalli europei, non esita ad allontanarsi da politiche disastrose. Per esempio, chi discute ancora di ciò che è accaduto a Kabul meno di due anni fa? Tuttavia, l’Ucraina è diversa per l’Occidente, non solo perché fa parte dell’Europa, ma anche perché il sostegno alla guerra si è rapidamente trasformato in uno spettacolo pubblico di delirio massimalista senza precedenti. I leader occidentali hanno assecondato una visione immaginaria del mondo in cui si consideravano troppo sofisticati per giocare con regole diverse da quelle da loro stabilite. Le loro richieste normative e moralistiche superavano tutti gli imperativi e le considerazioni pratiche. Risultato, solo una delle due parti ha capito di essere in una lotta a coltello.

 

La realtà si sta ora facendo strada man mano che i vertici del governo statunitense acquisiscono una visione molto più completa della portata della distruzione in Ucraina. Questo è particolarmente vero per quanto riguarda il numero reale di vittime, che non può essere tenuto nascosto ancora a lungo. Questi funzionari comprendono la necessità politica di distanziare le proprie politiche sconsiderate dall’imminente collasso dell’Ucraina. Altrimenti, sarà fin troppo evidente che l’Ucraina ha perso una generazione di giovani – e anche la sua sovranità – per un’idiozia delle élite straniere che non dovranno sostenere alcun costo personale per aver orchestrato la calamità.

 

 

 

 

 

 

 

[1] “25 anni di intelligence/rischio geopolitico. Poliglotta. Esperienza in diverse zone di combattimento, NATO, Ucraina, Taiwan. Pratico, non teorico.”

[2] https://deepdivewithleeslusher.substack.com/p/amateur-hour-armageddon

[3] https://deepdivewithleeslusher.substack.com/p/analysis-the-russia-ukraine-conflict

[4] https://www.macrotrends.net/countries/UKR/ukraine/population

[5] https://www.statista.com/statistics/1312584/ukrainian-refugees-by-country/

[6] https://deepdivewithleeslusher.substack.com/p/on-appeasement

[7] https://it.wikipedia.org/wiki/Rocky_e_Bullwinkle [N.d.C.]

[8] https://nationalinterest.org/blog/the-buzz/russia-could-defeat-the-british-army-afternoon-19580

[9] https://www.britannica.com/technology/spoofing [N.d.C.]

[10] https://www.encyclopedia.com/history/encyclopedias-almanacs-transcripts-and-maps/goldwater-nichols-act [N.d.C.]

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Due righe sul video della decapitazione di un prigioniero ucraino, di Roberto Buffagni

Due righe sul video della decapitazione di un prigioniero ucraino

Due righe sul video che registra la decapitazione di un prigioniero ucraino. Non l’ho visto. Do per scontato, in questa sede, che sia autentico, e che la decapitazione sia realmente avvenuta. Brevissime considerazioni.

  1. Il video significa che le truppe russe commettano sistematicamente atrocità? No. Motivi:
  2. a) non è nell’interesse della Russia e delle sue FFAA. Le atrocità sui prigionieri rafforzano la determinazione e la volontà di combattere del nemico, ne rendono più improbabile la resa, provocano ritorsioni, aiutano la propaganda nemica.
  3. b) la propaganda russa non disumanizza il nemico, che non viene rappresentato come un Untermensch razzialmente inferiore (questo semmai avviene nella propaganda ucraina, improntata a un nazionalismo radicale su base etnica). L’ideologia prevalente in Russia è lato sensu cristiana e umanistica. Molte famiglie russe sono imparentate con ucraini. La Russia non combatte una guerra di sterminio, né una guerra assoluta, come prova il basso numero di vittime civili. Se la Russia volesse spezzare il morale della popolazione ucraina col terrore ne avrebbe i mezzi, gli stessi impiegati dai tedeschi contro l’URSS o dagli Alleati contro la Germania e il Giappone (“terror bombings”, bombardamento indiscriminato dei civili) nella IIGM.
  4. Allora perché vengono perpetrate atrocità simili?
  5. a) Combattono anche persone sadiche e malvage, alle quali la guerra offre un’occasione d’oro per sfogarsi, o magari per scoprire di essere sadiche e malvage. La guerra “gratta via la vernice” e fa vedere quel che c’è sotto. Infatti vi si verificano atti di straordinaria abnegazione ed eroismo, e atti di abissale malvagità, più tutto l’ampio ventaglio della mediocrità morale. È una considerazione di elementare buonsenso ma di solito non la si fa.
  6. b) Vendetta, ritorsione. Circolano analoghe testimonianze video di atrocità di parte ucraina. Pochi moventi sono forti come la vendetta, specie quando si è stati diretti testimoni dell’evento che la innesca (in guerra avviene spesso).
  7. c) La guerra ucraina è anche una guerra civile. Il livello di atrocità, nelle guerre civili, è molto più elevato, perché i nemici si conoscono personalmente e sviluppano un odio molto più radicato e violento che nelle guerre tra Stati combattute tra eserciti regolari. Ricordo che in tempo di pace, la gran parte dei delitti avviene in famiglia, tra persone che si conoscono benissimo e sono legate da vincoli di sangue. Negli anni tra il 2014 e il 2022 sono circolate testimonianze video e verbali di terrificanti atrocità tra le opposte milizie del Donbass, a paragone delle quali questa decapitazione impallidisce. Io stesso ho visto un video in cui veniva crocefisso e poi bruciato vivo un nemico (non dico da chi, in questo contesto è identico). Ho anche ascoltato la testimonianza di un mercenario italiano che se ne è andato “perché era troppo”, troppo atroce il costume bellico dell’una e dell’altra parte. Cose analoghe sono avvenute in tutte le guerre civili di cui ho notizia, es. Libano, Jugoslavia. Non riporto i fatti per non fare il catalogo degli orrori, ma non è difficile trovarne testimonianza affidabile.

Conclusione. I responsabili di queste atrocità vanno puniti come meritano. Non sarà facile che lo siano, per l’estrema difficoltà di instaurare un tribunale imparziale in tempo di guerra, e nell’immediato dopoguerra. Chiunque sostenga che le atrocità vengono perpetrate da una parte sola, mente. Bisogna porre termine il più presto possibile a questa guerra, anche per prevenire il ripetersi e l’aggravarsi delle atrocità.

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Fermiamo questa guerra!_a cura di Giuseppe Germinario

Il materiale reso pubblico recentemente sulla stampa statunitense si annuncia essere  solo parte, nemmeno la più importante, di una notevole mole di documenti, presumibilmente sottratti dal bunker del Comando Strategico USStratCom. Siamo di fronte, probabilmente, ad un nuovo clamoroso caso Snowden, ma ben più importante e che lascia pensare al coinvolgimento nella vicenda di alti ufficiali delle forze armate. Le stesse modalità di riproduzione e di diffusione dei documenti confermerebbero questa tesi. È la conferma di uno scontro durissimo e drammatico presente nei centri decisori di quel paese. Lo stesso fatto che siano grosse testate giornalistiche a diffondere il materiale rappresenta un ulteriore indizio della gravità di quanto sta avvenendo.

Non è la prima volta che accade. Già ai tempi della crisi dei missili a Cuba, nel 1962, la virulenza del confronto si manifestò anche in superficie. Allora la parte politica istituzionale, nella fattispecie il Presidente americano Kennedy e il segretario del PCUS Krushev, furono i moderatori delle rispettive componenti oltranziste presenti nei ranghi militari e dell’intelligence, specie americana. Questa volta, purtroppo, la situazione appare capovolta e ben più pericolosa e drammatica. È il vertice politico-amministrativo statunitense, unitamente al centro comando della NATO e di ampi settori della sicurezza, ad assumere la postura avventurista e provocatoria, sempre più sfacciata man mano che il regime ucraino si avvicina alla disfatta e i centri decisori si rendono conto di essersi cacciati in un vicolo cieco dal quale non potranno uscire indenni o con danni relativi. Ne parleremo con Gianfranco Campa. È l’intera redazione del blog, compresi gli scritti di Roberto Buffagni, le conversazioni con Campa e i numerosi saggi tratti dall’editoria mondiale, a seguire la falsariga di questa interpretazione. Mai come ora sarebbe necessario che uscisse qui in Europa una iniziativa politica efficace che interrompesse questa inesorabile dinamica. Non si tratta di “ripudiare la guerra”, ma di “fermare questa guerra”, resa possibile dalla insulsaggine di una classe dirigente e di un ceto politico europeo nella sua gran parte inetto, miserabile e connivente. Giuseppe Germinario

 

“Gli Stati Uniti hanno appena iniziato la prima esercitazione nucleare “GLOBAL THUNDER” dall’inizio della guerra in Ucraina. Almeno 150.000 persone in tutto il mondo simuleranno una guerra nucleare. L’anno scorso il capo dello STRATCOM ha dichiarato: “Il mio comando è ai posti di combattimento da gennaio circa in modalità di azione di crisi” (è da  oltre tre anni che non si effettuavano questo tipo di esercitazioni; mai di queste dimensioni e in un contesto di guerra aperta e così a ridosso dei confini della NATO_corsivo nostro).

Un recente studio sul Bulletin of the Atomic Scientists ha rilevato il “costante aumento” dei bombardieri nucleari statunitensi che STRATCOM stava schierando in Europa, comprese “operazioni di bombardieri sempre più provocatorie… in alcuni casi molto vicino al confine russo”.

Gli Stati Uniti hanno appena iniziato la loro prima esercitazione nucleare “GLOBAL THUNDER” dall’inizio della guerra in Ucraina. Almeno 150.000 truppe in tutto il mondo simuleranno una guerra nucleare. L’anno scorso, il capo STRATCOM ha dichiarato: “Il mio comando è stato nelle postazioni di battaglia da gennaio in modalità azione di crisi”.

Nelle osservazioni dell’anno scorso, il comandante della STRATCOM Charles A. Richard ha condiviso la sua teoria secondo cui fare affidamento sulla “moderazione” non era più praticabile, perché “l’assenza di una provocazione non è deterrenza”. Presumibilmente significa che l’ammiraglio credeva che gli Stati Uniti dovessero “provocare” attivamente Russia e Cina

A proposito, l’esercitazione di guerra nucleare si sta svolgendo contemporaneamente alla più grande esercitazione militare congiunta tra Stati Uniti e Filippine nel Mar Cinese Meridionale a ridosso di quella cinese intorno a Taiwan.

Impercettibile. Gli Stati Uniti eseguiranno esercitazioni nel Mar Cinese Meridionale che “comporteranno assalti alla spiaggia e la riconquista di un’isola conquistata dalle forze nemiche” ”

Da oltre tre anni non si svolgevano esercitazioni di questo tipo. Mai di queste dimensioni e a ridosso di un teatro di guerra aperta. A scaldare ulteriormente l’atmosfera le esercitazioni russe nell’Artico e l’arrivo di un sommergibile atomico statunitense nel Golfo Persico in un momento in cui le relazioni tra i due paesi principali di quell’area, Iran e Arabia Saudita, grazie all’iniziativa diplomatica cinese, sembrano acquietarsi. Giuseppe Germinario

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DA CHI SONO STATI DIFFUSI I DOCUMENTI NATO, E PERCHE’?_di Roberto Buffagni

 

DA CHI SONO STATI DIFFUSI I DOCUMENTI NATO, E PERCHE’?

 

Ringrazio dell’utilissimo, esauriente report, che riporto in calce, il professor Francesco Dall’Aglio. Sono chiarificatori soprattutto gli articoli del “Daily Telegraph” e del “Washington Post”, che il prof. Dall’Aglio riassume con perspicuità.

Premetto che le mie sono soltanto ipotesi, che possono benissimo rivelarsi errate; ma a questo punto direi che si può cominciare a capire:

  1. a) da chi sono stati diffusi i documenti
  2. b) a quale scopo sono stati diffusi.

Mia ipotesi su a): i documenti sono stati diffusi con la benedizione di qualcuno molto in alto, che appartiene al gruppo che capeggia la fazione contraria all’escalation della guerra, incardinata sul Pentagono.

Sono stati diffusi così perché:

1) plausible deniability

2) cresce la pressione per l’escalation (intervento diretto di forze occidentali nella guerra) della fazione oltranzista avversa, incentrata sull’establishment bipartisan che dirige la politica estera USA + i suoi alleati oltranzisti ucraini.

Mia ipotesi su b): la fazione del Pentagono più contraria all’escalation teme che l’ accordo tra le fazioni ucraine e USA più oltranziste e più favorevoli all’escalation metta i decisori USA di fronte al fatto compiuto: ossia, sferri un’offensiva con tutto quel che rimane all’Ucraina, la conduca sull’orlo della sconfitta militare decisiva, e costringa gli USA a una scelta immediata: o intervenire con truppe occidentali, o accettare una sconfitta politica colossale e di essere incolpati di “non aver salvato l’Ucraina & la democrazia”.

In estrema sintesi: la fazione oltranzista ucraina e USA vuole iniziare un’offensiva chiaramente condannata a fallire per provocare un intervento diretto occidentale nella guerra. In effetti, soltanto l’intervento diretto occidentale può modificare il contesto della guerra, che altrimenti ha come esito predeterminato la sconfitta militare decisiva dell’Ucraina.

La fazione avversa all’escalation, incardinata sul Pentagono, dissemina i documenti NATO per attestare pubblicamente che:

  1. a) gli USA e la NATO hanno sconsigliato agli ucraini di intraprendere azioni offensive su grande scala
  2. b) gli USA e la NATO non possono fare molto di più di quel che stanno facendo ora, non ne hanno le capacità materiali
  3. c) dunque gli ucraini oltranzisti, e la fazione USA con la quale sono alleati, devono scendere a più miti propositi, evitare azioni offensive su grande scala, e sostanzialmente dare tempo agli USA di districarsi dalla trappola in cui si sono cacciati.

Soprattutto, essi NON devono sperare di poter mettere gli Stati Maggiori riuniti e il Pentagono di fronte al fatto compiuto di un’offensiva che porti l’Ucraina sull’orlo della sconfitta, e credere che ciò basti a provocare un intervento diretto occidentale nella guerra, probabilmente nella forma della “coalition of the willing” (truppe polacche, rumene, baltiche, etc. che intervengano sotto la propria bandiera ma non come membri NATO in seguito a richiesta di aiuto militare del governo ucraino).

C’è una analogia storica molto istruttiva, l’operazione “Baia dei Porci” del 1961. CIA e Stati Maggiori riuniti sapevano benissimo che lo sbarco degli esuli cubani sarebbe stato sconfitto, senza un intervento diretto americano. Sapevano anche che il presidente appena insediato, John F. Kennedy, era contrario a far intervenire le forze statunitensi a Cuba.

Così, fecero due cose: 1) ingannarono Kennedy, dicendogli che lo sbarco poteva riuscire, che il popolo cubano sarebbe insorto appoggiando gli esuli cubani 2) diedero per scontato che appena sarebbe stato evidente il fallimento dello sbarco, Kennedy, per evitare una grave sconfitta politica, li avrebbe autorizzati a intervenire con forze USA sul territorio cubano. JFK si rifiutò e accettò la sconfitta.

Qui le parti sono rovesciate: sono i politici ad essere oltranzisti, e i militari a essere moderati, perché dall’altra parte non c’è Cuba ma la Russia, e probabilmente anche perché con tutti i difetti delle FFAA USA, negli SM riuniti non ci sono dei pazzi criminali come il gen. Curtis Le May.

 

 

Dalla pagina Facebook del professor Francesco Dall’Aglio:

Tra ieri e oggi sono venuti fuori altri “leaks”, finalmente un po’ più interessanti di quanto fatto trapelare in precedenza – anche qui vale il discorso fatto ieri: interessanti ma nulla di trascendentale e resta sempre da chiedersi se siano informazioni vere, false, alterate o mescolate, un po’ vere e un po’ false (che, come sanno i bugiardi, è la maniera migliore di mentire).

Senza seguire un ordine particolare, abbiamo appreso che:

– L’Egitto aveva (ha?) intenzione di vendere alla Russia 40.000 missili Sakr-45, ossia la versione egiziana dei missili per i BM-21 “Grad” russi ( https://www.washingtonpost.com/…/10/egypt-weapons-russia/ ). Stando al rapporto, al-Sisi in persona ha istruito lo stato maggiore, il Ministro della Difesa Zaki e gli operai delle fabbriche a fare tutto in segreto “per evitare guai con l’Occidente”. Chissà se ha fatto anche l’accento svedese. Il rapporto è del 1 febbraio: non si sa se i missili e altri armamenti siano stati effettivamente consegnati. Non si ha notizia da parte di fonti ucraine dell’impiego dei Sakr-45, ma potrebbero non essere stati ancora consegnati se al 1 febbraio bisognava ancora produrli.

– Stando alla NBC ( https://www.nbcnews.com/…/leaked-documents-show-us… ) le JDAM, Joint Direct Attack Munition (di cui avevo scritto il 29 marzo) fornite dagli USA all’Ucraina non stanno funzionando, cosa in effetti vera. I motivi andrebbero ricercati o in un difetto nell’armamento delle spolette o nella capacità dei russi di disorientare il GPS che le guida e fargli fallire il bersaglio. Non viene menzionato quello che probabilmente resta il motivo principale, ossia che gli aerei ucraini che le lanciano non raggiungono mai l’altezza prevista per il massimo effetto e la massima gittata, perché restando troppo tempo in volo verrebbero individuati e distrutti – e questo era il motivo per cui, dal lato del Cremlino, non ci si era disperati troppo quando era stato annunciato l’invio delle JDAM. Nell’articolo della NBC ci sono altri “leak” meno interessanti, o già riportati.

– Secondo la CNN ( https://edition.cnn.com/…/pentagon-leaked…/index.html ) il 23 febbraio la Bulgaria avrebbe espresso la sua disponibilità a “donare” all’aviazione ucraina i suoi vecchi Mig-29. Il Ministro della Difesa bulgaro ha negato che la cosa sia vera: https://sofiaglobe.com/…/bulgaria-denies-report-it…/ . Bulgarianmilitary (che è un sito generalmente affidabile su queste cose) a sua volta smentisce la smentita: https://bulgarianmilitary.com/…/bulgaria-has-promised…/ .

– Politico ( https://www.politico.com/…/10/ukraine-intel-leak-00091229 ) ha un articolo interessante sulle conseguenze diplomatiche della fuga di notizie per gli USA nei rapporti coi loro alleati.

– Ho tenuto la cosa più interessante per ultima. Secondo il Daily Telegraph ( https://www.telegraph.co.uk/…/ukraine-russia-pentagon…/ ) la fuga di notizia avrebbe costretto il comando ucraino ad “alterare i piani” per la prevista controffensiva, anche se non viene specificato in che maniera, mentre secondo il Washington Post ( https://www.washingtonpost.com/…/leaked-documents…/ ) ci sarebbero dei dubbi nell’amministrazione USA sulla possibilità che la controffensiva abbia successo, o quantomeno che riesca in tutti i suoi obiettivi (che sono in realtà piuttosto irrealistici: isolare la Crimea dal resto dei territori occupati e conquistarla, e poi prendere tutto il resto fino a tornare ai confini del 1991). La manovra ucraina, dice il WaPo, sarebbe costosissima in termini di perdite sia per le “manchevolezze” di addestramento e munizioni ucraine che per le linee di difesa predisposte dalla Russia, e porterebbe solo “modesti guadagni territoriali”. Gli USA avrebbero tenuto una serie di riunioni ad altissimo livello coi vertici ucraini per capire in che modo vorrebbero muoversi, esprimendo i loro dubbi ai quali i vertici ucraini hanno riposto con la solita risposta: la colpa è dei rifornimenti occidentali che sono arrivati tardi. L’offensiva si farà comunque: “All parties came away from those conversations with a sense that Ukraine was beginning to understand the limitations of what it could achieve in the offensive and preparing accordingly, U.S. officials said. While severing the land bridge is unlikely to happen, these people said, the United States is hopeful that incremental gains could at least threaten the free flow of Russian equipment and personnel in the corridor, which has been a lifeline for invading forces”. A questo proposito il Segretario per la Sicurezza Nazionale Oleksiy Danilov, il più falco dei falchi, ha twittato ieri che la controffensiva viene fatta ogni giorno, che non si aspettano “date magiche” per il suo inizio e che tutta questa smania di informazioni non va a vantaggio delle FFAA ucraine ( https://twitter.com/OleksiyDan…/status/1645397186304196613 ), mentre oggi ha detto che non c’è una sola opzione ma ce ne sono almeno tre. Il Ministro della Difesa Oleksij Reznikov, ad ogni modo, si è un po’ irritato e gli USA sono corsi subito ai ripari: secondo la Reuters ( https://www.reuters.com/…/ukraine-says-blinken…/ ) nel corso di una telefonata col Segretario di Stato Blinken quest’ultimo ha riaffermato il sostegno “blindato” degli USA nel sostenere l’Ucraina e respinto ogni dubbio sulle sue capacità militari. Da qualche parte, in tutto questo discorso, c’è una menzogna. La menzogna è che non si crede alla controffensiva, o che ci si crede? Questa fuga di notizie (che è stata certamente favorita e che viene diffusa ad arte, con i files distribuiti un po’ per uno alle varie testate) segnala o certifica un cambio di rotta nella strategia USA, una possibilità di sganciamento, o al contrario, vista l’insistenza continua su questo dettaglio, la necessità di continuare a inviare rifornimenti, e anzi ad aumentarli?

 

ELEMENTI DI STORIA DELL’ORTODOSSIA RUSSA (cap. 3-4-5), di Daniele Lanza

ELEMENTI DI STORIA DELL’ORTODOSSIA RUSSA (cap. 3)
[*riduzione all’estremo, per chi vuole capire qualcosa di Russia e delle sue dinamiche] – “Nasce il Patriarcato moscovita”
—–
Diciamo prima di tutto che la chiesa russa ortodossa dai suoi esordi – ovvero dei primi 3 secoli di vita – è una chiesa il cui epicentro è la capitale della RUS medievale (Kiev): quest’ultima e il suo territorio, benchè regno indipendente di grandi dimensioni, costituisce – sul piano della suddivisione organizzativa ecclesiale – una branca di Costantinopoli (in senso religioso). L’intero spazio territoriale assieme ai propri abitanti è amministrativamente inquadrato – per lo schema greco/ortodosso – sotto l’egida del “Metropolita di Kiev e della RUS” : in pratica il regno degli slavi, sul piano spirituale è un settore, una propaggine (gigantesca!) dei patriarchi greci di Bisanzio che ne scelgono il metropolita (massima autorità religiosa responsabile).
La chiesa russa nasce – come naturale che sia – come estensione di Bisanzio (una sua sotto suddivisione) e la cosa è considerata l’ordine costituito per centinaia di anni. Anche in questo caso (come nella precedente frattura Roma-Costantinopoli), un’alterazione radicale del contesto sociopolitico genera a sua volta un disequilibrio che va ad intaccare in profondità complessi sistemi di identificazione: l’invasione mongola da est e la sudditanza plurisecolare all’elemento dominante, determinano da subito un declino rapidissimo della vecchia capitale RUS. Kiev, più volte saccheggiata (1237-40), perde il suo ruolo egemone, in particolare cessa di essere la sede del metropolita ortodosso il quale decide di spostarsi in zone della (ormai frazionata) RUS meno soggette ad incursioni: la scelta ricade su Vladimir nel 1299 e una generazione più tardi su MOSCA (1325), che sono, in successione, le capitali del dinamico e combattivo principato omonimo (il Principato di Vladimir, il più combattivo ed attivo tra tutti i potentati sorti sulle ceneri della RUS, e suo promesso successore, come si vedrà nei secoli a venire). Per così dire la “fiaccola” della chiesa ortodossa russa si sposta – per ragioni strategiche – sensibilmente più a settentrione, malgrado il fatto che continuerà per molto tempo a mantenere la sua denominazione originaria antecedente all’invasione mongola (Metropoli di Kiev e della RUS).
La culla della chiesa ortodossa non è più dunque Kiev, ma Mosca, il cui principato nel XIV-XV secolo è l’alfiere della riscossa degli slavi orientali, politicamente sempre più coesi attorno ad esso (…). Trascorre poco più di un secolo prima che una serie di avvenimenti imprimano una svolta inaspettata al quadro: nell’anno 1435 (al tempo della signorie italiane per intendersi), Mosca sceglie il proprio metropolita – tale Jonah di Ryazan e Murom – il quale dovrebbe recarsi in Costantinopoli per la sua ordinazione, come di rito. Vuole la sorte che esattamente negli stessi anni deflagra una guerra civile dinastica per la successione al trono (che vede contrapposti il figlio e il fratello, rispettivamente, del precedente principe) il che comporta che il prescelto di Mosca a divenire metropolita NON si presenta nei tempi stabiliti a Costantinopoli……….ove – stanchi di aspettare – ne scelgono e ne ordinano uno dei propri (Isidoro, un colto prelato greco di Tessalonica). Costui raggiunta Mosca e inizialmente distintosi per erudizione e capacità diplomatiche, partecipa pochi anni dopo al CONCILIO DI FIRENZE (leggere bene da ora in avanti).
Cosa sarebbe il Concilio di Firenze? In parole poverissime è l’ultima carta della chiesa cattolico romana per cercare di riunire cristiani cattolici e ortodossi in un’UNICA chiesa (a quasi 400 anni dallo strappo del 1054). Isidoro, da evoluto e diplomatico bizantino è FAVOREVOLE a tale unione, dimenticandosi di un fatto fondamentale ovvero che non è più soltanto un diplomatico di Bisanzio, ma anche e soprattutto il metropolita del mondo slavo: un cosmo assai più conservatore della cosmopolita Bisanzio (laddove peraltro NON tutti erano d’accordo alla riunione con Roma), oramai consolidato nella propria tradizione ortodossa e deciso a non lasciarla. Isidoro al suo ritorno a Mosca viene incarcerato quasi subito e quindi espulso, mentre viene ripreso Jonah di Ryazan dopo un certo numero di anni di incertezze (e vuoto decisionale in Costantinopoli): in pratica, per la prima volta il principato di Mosca impone il proprio candidato alla guida della chiesa ortodossa anziché quello ordinato dalla casa madre (Costantinopoli). Siamo nell’anno 1448 : è l’esordio di quella che sarà l’indipendenza della chiesa ortodossa russa rispetto a zone estere rispetto alla Russia stessa.
Ironia del flusso della storia: un tentativo di riavvicinamento tra l’occidente cattolico e l’oriente ortodosso – la volontà di ricucire uno scisma di molti secoli prima – non soltanto NON funziona, ma a sua volta determina uno scisma ulteriore, in seno alla chiesa ortodossa medesima (che vede Mosca scindersi da Costantinopoli , verso un percorso indipendente). Anziché avere un’unica chiesa universale alla metà del 400……….ne abbiamo ora TRE (?!) : Roma, Costantinopoli e Mosca, nuova arrivata. O, se vogliamo vedere le cose da un’altra prospettiva, Roma da ora in avanti invece che un solo centro dell’ortodossia….se ne ritrova DUE (…).
Il rompicapo, il triello, dura tuttavia molto poco: i turchi ottomani sono alle porte e Costantinopoli è inghiottita nel giro di un decennio (1453). Praticamente Costantinopoli non fa a tempo a ricucire lo strappo con Mosca, o malinteso amministrativo, se così vogliamo chiamarlo.
Costantinopoli sprofonda nell’abbraccio ottomano, perdendo ogni credibilità reale sul piano geopolitico (piano nel quale invece la potenza di Mosca sta sorgendo). Da qui in avanti, tutti i metropoliti della chiesa ortodossa in Russia saranno ordinati all’interno del paese come già detto: l’ortodossia russa assume un carattere del tutto particolare rispetto ai suoi analoghi, in senso AUTOCTONO. Vederla su un piano filosofico/sociologico è complesso dal momento che la dinamica in azione accosta due caratteristiche tra loro antitetiche: da un lato il cosmopolitismo insito nell’ortodossia greca, il suo universalismo ellenico di fondo (…), dall’altro la più tipica autoctonia slavo orientale, impermeabile al cambiamento, sicura nella sua fortezza geografica, nel suo heartland difficilmente raggiungibile.
Non sarò io sciogliere l’enigma di questa unione di opposti soprariportata, ma (mi segua il lettore), è una chiave profonda di accesso all’identità russa, una sua indecifrabile contraddizione.
Lo status quo quindi permane in una compagine geopolitica tumultuosa: gli ottomani avanzano nei Balcani, mentre a Mosca non soltanto non ci si pensa più a tornare sotto Costantinopoli, ma anzi – si pensa – perché non divenire NOI la nuova Costantinopoli? (tanto quella vecchia ha cessato di esistere). Un capovolgimento radicale di ruoli reso possibile dalla situazione straordinaria: se fino a poco tempo prima la chiesa ortodossa russa era sotto-suddivisione di Costantinopoli, ora con Mosca autoeletta a “Terza Roma” sono gli ALTRI che possono diventare – teoricamente – sotto suddivisione di mosca. Nella prospettiva occidentale il quadro si complica quindi: dopo quasi 1000 anni di battibecchi non c’è più da trattare con Costantinopoli (con la quale ci si era combattuti, ma ci si conosceva bene), ma con questo ancor più lontano e misterioso stato moscovita. La questione in realtà dal punto di vista dell’organizzazione ecclesiale è più intricata di quanto sembra: tecnicamente la ”Metropoli di Kiev e RUS” – suddivisione bizantina per la Russia medievale – non ha mai cessato di esistere. Viene a configurarsi quindi una specie di “cluster” o sovrapposizione di denominazioni: per un breve periodo si parla di Russia “alta” (incentrata su Mosca) oppure Russia “bassa” (incentrata su Kiev), ma è una partizione destinata ad avere vita breve, dato che i continui successi militari di Mosca modificano dalle fondamenta gli assetti fondamentali dell’epoca. Il piccolo – ma dinamico – principato moscovita, è alla testa di un moto di aggregazione territoriale e conquiste strabiliante: nel giro di mezzo secolo (1450-1500) diventa lo stato più esteso d’Europa e nel cinquantennio successivo (1500-1550) diventa la potenza egemone nello scacchiere estremo orientale del continente, abbattendo tutte le potenze turche circostanti. Il prestigio e lo status quo che ne ricava sono immensi: il regno di Ivan IV (alla testa dei cui eserciti compaiono i vessilli con l’immagine di Cristo) è una grande potenza emergente e per giunta è il sommo difensore della fede ortodossa. Toglierle o anche solo contestarle il primato dell’esser centro della propria chiesa diventa cosa infattibile: col passare del tempo quindi la vecchia denominazione facente riferimento a Kiev, si sbiadisce fino a scomparire e arrivati al culmine della potenza di Ivan IV, l’autocefalia della chiesa ortodossa moscovita è oramai un dato de facto accettato. A coronamento dell’opera avverrà anche una ufficializzazione: attorno al 1590 tutti i patriarcati esistenti riconoscono ufficialmente l’esistenza di una chiesa ortodossa russa autocefala e non soltanto……..quest’ultima viene elevata al rango di PATRIARCATO (che va ad affiancarsi agli altri già esistenti, tra cui quelli antichi).
Riassumendo: a partire dal 15° secolo si verifica uno spostamento geografico della sede spirituale (che riflette i mutamenti geopolitici dell’era) da Kiev a MOSCA e quest’ultima come atto ulteriore si affranca dalla stessa casa madre (Costantinopoli, che tra l’altro non esiste più come soggetto libero), diventando una chiesa del tutto autonoma: il PATRIARCATO DI MOSCA che sorge si configura quindi come un’entità sì ortodossa, ma non più dipendente da zone esterne al paese (col linguaggio di oggi si potrebbe definire come il sorgere di una chiesa “nazionale”).
(CONTINUA)
ELEMENTI DI STORIA DELL’ORTODOSSIA RUSSA (cap. 4)
[*riduzione all’estremo, per chi vuole capire qualcosa di Russia e delle sue dinamiche] – “Nasce il Patriarcato moscovita”
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E così ci siamo arrivati.
Alla fine del 16° secolo nel mentre che in Europa un protestante diventa re di Francia accettando il cattolicesimo (Enrico IV), ad una grande distanza viene sancita l’esistenza di un nuovo patriarcato che va ad affiancarsi a quelli antichi (la pentarchia di era romana) e quelli venuti dopo: quello di MOSCA, che pur rimanendo in comunione con gli altri patriarcati ortodossi, a questo punto acquisisce de facto un prestigio politico enorme.
In pratica abbiamo un potente stato indipendente (il principato di Mosca) ed una chiesa “propria” che ne riflette la cultura e i valori (il patriarcato di Mosca), senza negargli quello slancio all’espansione, quella carica messianica di universalità che gli serve ora più che mai. Compatibilità perfetta di materia e spirito (a differenza di svariati casi europei – tra cui quello italico, che nemmeno citiamo – di interferenze tra cattolicesimo romano e governi nazionali): ci troviamo quindi tra le mani – per così esprimersi – lo ZARATO DI RUSSIA.
Questa piccola Roma (terza) si muove come una trottola sul proprio scacchiere (del tutto negletto agli europei d’occidente) mietendo successi ai 4 punti cardinali: vessilli e stendardi recanti l’effigie del Cristo sono alla testa dei suoi eserciti verso gli Urali, la Siberia, verso Il mar Caspio e anche verso il Baltico e l’artico (ancora non esisteva una bandiera nazionale russa, in senso moderno: si usavano immagini del Cristo ortodosso per identificare la russità). Passano circa 100 anni dal tempo dell’ascesa di Ivan IV, ed ora l’estensione dei possedimenti dello tsarato è sterminata: si va dai margini dello scacchiere europeo sino ai confini con la Cina e le rive del Pacifico. Uno stato così grande si ritrova inevitabilmente in contrapposizione con tanti altri attori del palcoscenico geopolitico del suo tempo, tanto in Asia quanto in Europa: da quest’ultima arrivano le minacce maggiori, vale a dire la potenza polacca (tanti interventi in merito**). A cavallo tra 500 e 600 (epoca dei “torbidi”, ossia un periodo di grave instabilità politica legata ad un sistema di successione che collassa) lo stesso stato russo è in pericolo quando le armate dei sovrani di Polonia arrivano sino a Mosca (venendone poi però respinte). Seguono decenni di ripresa sotto la dinastia Romanov (1613, insediamento) fino ad un altro confronto significativo, che ci riporta ai giorni nostri in un certo senso: nuovo confronto diretto contro il regno di Polonia innescato dalla rivolta cosacca del 1648 (Khelmintsky). Per contrarre una lunga storia (potrei riproporre i vecchi post*) diciamo che lo zarato di Russia cavalca la rivolta dell’HETMANATO cosacco (corrispondente alla zona più centrale dell’odierna Ucraina) : quest’ultimo fu uno stato temporaneo fondato dai rivoltosi cosacchi – strenui sostenitori della fede ortodossa – contro l’espansionismo e la dominanza culturale polacca che implicava un’inesorabile avanzata del cattolicesimo in terre da sempre ortodosse (si era iniziato a creare una chiesa UNIATA, ovvero di rito orientale, ma sotto il pontefice di Roma: un compromesso al fine di incorporare e fidelizzare le popolazioni rutene locali, occidentalizzandone la fede)
Da questa rivolta culturale (che involve anche la fede) dei cosacchi ortodossi contro la nobiltà polacca nasce una guerra in cui Mosca interviene con successo, arrivando a tagliare in due il dominio polacco sull’attuale territorio ucraino (il grande fiume DNEPR sarà linea di divisione tra Russia ortodossa e domini polacchi). Pochi anni dopo , col trattato di Pereslav del 1654, il ribelle stato cosacco viene a sua volta incorporato nel più grande stato russo (…). Non è il luogo per riportare lo svolgimento di questa fase storica, ma si può andare a rivedere una mia miniserie in proposito**)
Nell’essenza lo zarato nel corso del secolo 17° inizia ad estendersi anche a occidente, in direzione della Polonia, in veste di “soccorritore” di entità ortodosse contro potenza di altra fede (a partire dall’entità cosacca che ha incorporato). Questo è passaggio fondamentale: si comprende subito quanto la fede possa costituire elemento degli equilibri territoriali e del gioco geopolitico, di quanto possa essere utilizzata in questo senso (da notare che TUTTE le potenze, cattoliche, protestanti e musulmane, fecero la medesima cosa). Si arriva presto alla conclusione che potrebbe essere un grande vantaggio presentarsi come grande protettore delle fede ortodossa in una eventuale marcia verso occidente (e più tardi verso i Balcani). Questo tuttavia pone un problema non indifferente all’epoca: perché l’operazione sia credibile, occorre che l’ortodossia della chiesa russa sia CONFORME il più possibile a quella dei territori ortodossi coi quali si vorrebbe tessere relazioni, cosa non scontata. Non scontata poiché nei secoli in cui la chiesa ortodossa russa si era sviluppata per conto proprio aveva iniziato a divergere in molti elementi rispetto al canone universalmente seguito dalle altre chiese autocefale (NON mi addentro in questo settore per impossibilità di tempo e preparazione effettiva in materia prettamente teologica) : sta di fatto che occorreva quindi riadattare o meglio AGGIORNARE la chiesa nazionale appianando le differenze con le altre esistenti e quindi standardizzarla.
“STANDARDIZZARE” è il verbo chiave, signori. Si rendeva indispensabile standardizzare la chiesa ortodossa russa, riformarla, spogliandola di quanto aveva sviluppato di divergente rispetto alle altre (tra cui il concetto stesso di Terza Roma in un certo senso, spogliandola dell’eccezionalismo particolare che aveva nutrito). Da qui nasce la RIFORMA dell’ortodossia russa che si consuma nella seconda metà di questo secolo : un evento che nella storiografia russa è chiamato “strappo”, ossia strappo dalla tradizione secolare precedente. Lo stato russo – nella persona del proprio tsar – prende in mano la situazione e decide di trasformare di forza la propria chiesa, adattarla ai propri bisogni. La data fondamentale è il 1667, quando diviene effettiva la cesura rispetto al passato. L’operazione riesce per la decisione con cui viene portata avanti e la chiesa russa verrà “standardizzata” al restante ecumene ortodosso………lasciando tuttavia sul campo una minoranza di popolazione che NON volle accettare il cambiamento: questi ribelli della fede rifiutano un progresso alla fede imposto dallo stato e permangono alla fede come la concepivano, subendone una cascata di conseguenze (emarginazione, clandestinità ed altro). L’appellativo che venne dato loro è di “VECCHI CREDENTI”.
Mi fermo qui anzitempo, ma allego una riedizione di un mio intervento di anni orsono (***) su questa realtà, che caratterizza lo sviluppo dell’ortodossia verso la fine del secolo 17°……..
(CONTINUA)
(Nota tecnica dal cap. 4 di elementi di storia ortodossa)
VECCHI CREDENTI / старообря́дцы
Non è assolutamente lecito tralasciare questo punto che è tra i più intriganti nella storia della chiesa greco ortodossa russa.
Le tensioni geopolitiche del XVII° sec. come abbiamo visto, sono di importanza tale da assumere un carattere assai più ampio….geoculturale potremmo dire, di lunghissimo periodo. La nascita della chiesa uniate in Ucraina ne è un esempio.
Ora, esiste anche una seconda conseguenza sul piano religioso che si sviluppa a partire dalla tormentata metà di tale secolo : un effetto collaterale che incide sulle questioni interne dello zarato di Russia.
Così come i polacchi dal canto loro tentano di preparare il terreno culturale favorendo la diffusione di uno stadio intermedio della cristianità che punta ad occidente (uniati), anche lo zar Alessio I dal canto suo si attiva per creare un contesto maggiormente favorevole ad un eventuale assorbimento delle popolazioni rutene ed ortodosse sotto la guida di Mosca. Vista la comune ortodossia parrebbe scontato…..invece non lo è. Esiste un PROBLEMA non da poco : l’ortodossia russa (se ne prende atto fino in fondo solo nel 1650 a seguito di un’indagine teologica ufficiale) è notevolmente divergente dall’insieme delle altre chiese greco ortodosse facenti capo a patriarcati esteri. In pratica la chiesa ortodossa RUSSA costituisce un unicum nella grande famiglia delle chiese greco ortodosse che la cristianità conta.
Le differenze sono copiose (formule rituali, testi, consuetudini) e agli occhi di un contemporaneo prive di peso, ma per uno slavo di 4 secoli orsono sono invece fondamentali. Perchè tutto questo ? Inizialmente si sostenne che per effetto cumulativo di errori e inesattezze di copisti ed altro. In realtà (come dimostra la ricerca contemporanea più precisa) era avvenuto che mentre l’ensamble delle chiese greco ortodosse (a partire dallo stesso patriarcato di Costantinopoli) si erano evolute ed aggiornate via via col passare dei secoli, secondo uno schema che assicurava una relativa uniformità tra i differenti paesi, la chiesa ortodossa RUSSA non aveva preso parte a tale processo di modernizzazione rimanendo ancorata ad una fase più antica, senza mutamenti (i suoi testi risulteranno infatti essere più antichi rispetto alle altre chiese greco ortodosse).
Tale stato di sospensione temporale, di arcaismo della chiesa russa, se da un lato oltremodo affascinante per lo studioso odierno, diventa insostenibile nel contesto geopolitico della metà del 600 : le popolazioni rutene, seppur ortodosse, potrebbero risultare turbate da quella che più che una difesa della comune ortodossia greca, pare il predominio di un arcaico patriarcato di Mosca.
In parole ancor più semplici, lo zarato di Russia che intende palesarsi come difensore della fede rutena (contro la prepotente avanzata dei cattolici polacchi ) rischia seriamente di esser percepito a sua volta come un’entità estranea o peggio, un invasore.
Che fare ? L’unica soluzione possibile per ovviare al problema……riformare la chiesa ortodossa russa, al fine di uniformarla a tutte le altre : standardizzarla al fine di renderla accettabile agli occhi di tutto il mondo greco ortodosso. Il patriarca moscovita NIKON, sostenuto fortemente dallo zar, procede ad una revisione generale che diventa una grande riforma che prende forma tra il 1652 e il 1667.
La riforma ha successo e la chiesa russa “ritorna in pari” col cosmo ortodosso coevo, ma non senza resistenze : una frazione della popolazione e del clero NON accetta la riforma. Arduo per la mentalità del tempo accettare senza batter ciglio……il modo di interpretare la fede non può esser soggetto a revisioni quanto una qualsiasi norma amministrativa (!!). Non si può attuare con fredda burocrazia e per ragioni di calcolo politico tale mutamento in così poco tempo : una piccola parte della società decide quindi di non adeguarsi e rimanere fedele alla VECCHIA FEDE, senza tener conto della riforma voluta dalla corona…….costoro verranno appellati in più di un modo nelle generazioni a venire (eretici, scismatici, etc.), ma il nome con cui vengono ricordati oggi è “vecchi credenti”.
Il rifiuto di aderire alla riforma istituzionale verrà immediatamente punita con persecuzione e morte : gli elementi che non riusciranno a conformarsi al nuovo corso saranno banditi, allontanati, fino a confinarne l’esistenza fisica ai margini dell’immenso corpo della Russia. Comunità di vecchi credenti si perpetuano di secolo in secolo negli angoli più remoti e selvaggi di tutto il continente zarista……..attorno agli Urali, alle soglie dell’artico (Arkhangelsk) e in qualsiasi luogo periferico rispetto al cuore del paese. L’isolamento geografico favorisce in certi casi anche una permanenza di tali comunità ad uno stile di vita più conservatore ed arcaico rispetto alla popolazione generale.
Coloro che chiamiamo “vecchi credenti” non sono peraltro un blocco omogeneo in quanto si tratta di una definizione ombrello che riunisce una piccola e rutilante schiera di sette dalle differenti sfumature e nomi, riunite in un’unica categoria per ragioni di comodo : una delle differenze che spiccano maggiormente è quella tra quanti hanno ancora un clero e i “bezpopovtzi” (che NON riconoscono nemmeno più l’esistenza di un clero).
Dopo la repressioni iniziale (e la vittoria definitiva della riforma dal 1685) , i vecchi credenti continueranno ad esistere ai margini della società, verso il fondo di essa, come eretici e visionari condannati dalla chiesa ufficiale e soggetti alla benevolenza o alla severità del regnante del momento. Con la costituzione del 1905 non sono più penalizzati dallo stato centrale (mentre la condanna da parte della chiesa durerà fino al 1971 ufficialmente).
La consistenza demografica effettiva di questo segmento della società è oggetto di dubbi e dibattiti : senza dubbio il censimento del 1897 (che accorda un paio di milioni ai vecchi credenti) sottovaluta decisamente il fenomeno, che tra l’altro al tempo si trova ancora nella semilegalità e soggetto al discredito sociale. C’è ragione di crede più vicina al vero la stima riportata da Leon Poliakov (“L’epopée des vieux-croyants”) che invece corrisponde a 10-12 milioni di abitanti (più o meno apertamente) assommandone tutte le sfumature, ovvero quasi il 10% della popolazione dell’impero zarista alla vigilia del primo conflitto mondiale : una proporzione enorme se si considera la natura talvolta estrema dei vecchi credenti (come e più che i protestanti in occidente).
Fosse esatta tale stima (mi piace crederlo, ma non lo garantisco), significherebbe che l’ortodossia russa alle soglie del XX° secolo a dispetto del suo apparente torpore era letteralmente percorsa da scosse millenaristiche e visionarie impregnato di un latente messianismo fino alle fondamenta. Humus dei fermenti bolscevichi ? Il legame tra questi vetero-visionari e i rivoluzionari di Lenin è quanto mi affascina di più…….
ELEMENTI DI STORIA DELL’ORTODOSSIA RUSSA (cap. 5)
[*riduzione all’estremo, per chi vuole capire qualcosa di Russia e delle sue dinamiche] – “Pietro il grande: chiesa e stato”
—–
Ci si era fermati sul termine del secolo 17°: cala il sipario sull’era – A) della crisi di successione che mette a rischio lo stato russo di fronte ai polacchi, – B) la successiva rivincita una generazione dopo allorchè lo zarato approfittano della rivolta cosacca per infliggere un duro colpo al regno di Polonia (ovvero inglobano tutta l’Ucraina orientale sino allo spartiacque del Dnpr) ed infine – C) l’avvento al trono di Pietro I…..che pone le basi essenziali per lo sviluppo nazionale per il secolo ancora successivo.
Gli ultimi due punti (B e C ) hanno effetti considerevoli sulla chiesa ortodossa russa, e costituiscono i nodi nevralgici tramite i quali essa transita verso la tarda età moderna, uscendo da un passato che portava ancora i segni della rinascita tardo-medievale che precede l’unificazione russa (…).
Come si è già visto, tra il 1654-1667 si consuma il “RASKOL” ovvero lo strappo tra la chiesa ufficiale (cui viene dettato l’imperativo di conformarsi alle altre chiese ortodosse rispetto alle quali aveva visto uno sviluppo divergente nei secoli passati) ed una piccola minoranza della società che rimarrà legata alla tradizione precedente (i vecchi credenti) da allora in avanti. Il processo di standardizzazione richiederà molti anni, ma vedrà un sostanziale successo con l’emergere di una chiesa ortodossa russa allineata alle altre: essenzialmente – saltando molti punti teologicamente rilevanti, e riducendo tutto all’aspetto più ideologico – viene meno l’interpretazione eccezionalistica di Mosca come “Terza Roma”, fatto tuttavia compensato da una standardizzazione internazionale nei confronti delle altre chiese che pertanto apre le porte a futura collaborazione (permettendo allo stato russo di interpretare un ruolo di difesa dell’ortodossia al di fuori dei propri confini).
Tutto questo è solo una PRIMA fase in quello che potremmo definire processo di razionalizzazione moderno della chiesa russa. Il SECONDO combacia cronologicamente con l’avvento di Pietro il grande.
Innumerevoli le riforme di quest’ultimo nella sua opera di stabilire una differente traiettoria storica per l’intero paese dei secoli a venire: la chiesa semplicemente non poteva passare indenne alla più magmatica finestra di tempo della storia russa.
Cosa significa – per l’ortodossia russa – la parentesi petrina ? Significa la sua riduzione a strumento di stato in termini grezzi. In pratica il patriarcato di Mosca cessa di esistere……ovvero dopo la morta dell’ultimo legittimo patriarca (1700), l’allora tsar Pietro impedisce che venga eletto un successore stabilendo invece la creazione di un “SANTISSIMO SINODO” : quest’ultimo era formato da un gruppo dei 10-12 massimi rappresentanti del clero, nominati dall’imperatore in persona, che costituivano il più alto corpo della chiesa ortodossa russa…..riorganizzata sul medesimo modello delle chiese luterane nei regni di Prussia e Svezia (anche questo nell’ottica occidentalizzatrice di Pietro il grande). La chiesa razionalizzata quasi a mo di ministero (…) e che come tale funzionerà per i successivi anni di storia imperiale, dall’esordio petrino sino alla sua conclusione storica con la rivoluzione (1721-1917).
In pratica la chiesa ortodossa russa in un lasso di tempo di 50 anni risulta prima standardizzata….e quindi del tutto statalizzata: un processo di razionalizzazione che ci porta dalla Terza Roma a secolarizzarsi quanto un ministero di governo (per chi del pubblico nostrano sia stupito, occorre ricordare che solo nella chiesa cattolica si verifica un fenomeno di discordanza tra governante e chiesa: nei contesti nazionali protestanti e ortodossi – chiese indipendenti ed autocefale per natura – questa discordanza si manifesta molto meno, coincidendo invece regnante e guida spirituale). Questa lunga parentesi che segue, vede la chiesa come componente dello stato dunque (il quale a sua volta si era incredibilmente esteso per conquista geografica).
Il santo sinodo sotto il controllo dei vari tsar, farà la sua storia, fino al momento in cui un evento storico altrettanto poderoso che l’avvento di Pietro I non riuscirà a rimettere in moto l’intera situazione (rivoluzione del 1917: solo da quest’anno, dalla rivoluzione di febbraio, si ristabilisce il patriarcato di Mosca. La rinascita del patriarcato a seguito della fine dell’autocrazia è tuttavia solo una breve illusione: una nuova forma di razionalizzazione – questa volta atea – è alle porte).

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Stati Uniti, un regime senza più maschere_con Gianfranco Campa

Ci sono due modi di apprezzare le conversazioni con Gianfranco Campa. Uno non esclude l’altro. Uno è quello di soffermarsi sulla superficie della cronaca. Una sequenza intrigante di fatti ed aneddoti utili a caratterizzare lo stato di una nazione e lo spessore dei personaggi che lo governano. L’altro richiede un approccio più riflessivo e distaccato. Si possono osservare in tal modo, o per lo meno intuire le modalità di formazione e messa in atto delle decisioni, le dinamiche di esercizio del potere, l’importanza della visione e della maturità di una classe dirigente a cui è legato il destino di una nazione. Si scoprirà che gli apparati, le istituzioni per funzionare sono mossi da centri decisori che agiscono in strutture ed istituzioni, ma si formano nel tempo attraverso una rete informale di relazioni interna ed esterna ad esse. Un solido e saldo esercizio del potere richiede un equilibrio dinamico tra relazioni informali e funzioni istituzionali difficile da conservare nel tempo. Accanto e all’interno della forza di inerzia e della logica di funzionamento degli apparati agiscono la visione e le scelte dei soggetti, in cooperazione e conflitto tra di loro. Negli Stati Uniti questo equilibrio da tempo si sta dissolvendo e sembra ormai sul punto di precipitare. Da qui le forzature e i colpi di mano che spesso riescono a ferire ed annichilire l’avversario, divenuto ormai il nemico, ma che contestualmente erodono pericolosamente ed inesorabilmente la maschera di imparzialità e di legittimità del potere istituzionale. L’attuale classe dirigente statunitense vive ormai in questo stato, prigioniera di una catena di decisioni ed errori dalla quale sarà sempre più difficile liberarsi e la cui stretta spinge a decisioni sempre più distruttive e catastrofiche. L’immagine di un ex presidente, papabile di ridiventarlo, sotto le forche caudine di una giustizia arbitraria, privo del suo inseparabile stemma a stelle e strisce sul bavero della giacca può sembrare banale. E’ il segno inquietante, invece, di una parte significativa di popolo e di un suo rappresentante che non si riconoscono più in una istituzione. Mala tempora currunt. Buon ascolto. Pur con qualche difetto tecnico di trasmissione, ascoltate attentamente. Giuseppe Germinario

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L’ultimo viaggio di Zelensky in Polonia è stato super significativo, di Andrew Korybko

L’ultimo viaggio di Zelensky in Polonia è stato super significativo

Andrew Korybko
2 ore fa

La visita di Zelensky è destinata a plasmare il corso della guerra per procura tra NATO e Russia nei prossimi tre mesi, prima del vertice del blocco all’inizio di luglio. Il ruolo di Varsavia nei prossimi eventi influenzerà fortemente l’operato di Kiev in questo momento cruciale del conflitto, da cui la tempistica con cui il leader ucraino ha deciso di incontrare la sua controparte. Per quanto Zelensky stia pianificando tutto con cura, tuttavia, potrebbe ancora fallire nel ribaltare le sorti della sua parte.

Simbolismo e sostanza

Il primo viaggio di Stato di Zelensky in Polonia dall’inizio dell’operazione speciale russa dello scorso anno si è svolto all’inizio della settimana, durante il quale è stato insignito della più alta onorificenza civile del Paese ospitante, l’Ordine dell’Aquila Bianca. La sua visita è avvenuta in un momento cruciale della guerra per procura tra la NATO e la Russia, il che aggiunge un elemento di intrigo alla visita, così come il suo simbolismo. Il presente articolo analizzerà quindi quanto sopra per comprendere meglio l’importanza dell’ultimo viaggio di Zelensky.

Le ultime dinamiche strategico-militari

Per cominciare, a metà febbraio il capo della NATO ha dichiarato che il suo blocco è in una cosiddetta “gara logistica”/”guerra di logoramento” con la Russia, che Mosca sta vincendo, come dimostra la sua continua resistenza militare e l’osservazione di Zelensky, alla fine del mese scorso, di essere a corto di munizioni. Il fondatore di Wagner Prigozhin ha anche recentemente rivendicato la vittoria nella battaglia di Artyomovsk/Bakhmut, dopo che il suo gruppo ha catturato il centro amministrativo della città, il che ha provocato un’inversione di rotta da parte del leader ucraino.

A fine febbraio aveva detto che le sue forze avrebbero potuto abbandonare l’area se le perdite fossero diventate irragionevoli, ma il mese scorso ha dichiarato alla CNN che la perdita di quella città avrebbe potuto portare la Russia a conquistare il resto del Donbass. Zelensky si è poi basato su questa previsione per avvertire, poco più di una settimana fa, che sarà sottoposto a pressioni in patria e all’estero per “scendere a compromessi” con Mosca se ciò accadrà, ma ora è tornato alla sua posizione precedente dopo aver preconizzato al pubblico un possibile ritiro.

Resta da vedere cosa succederà alla fine, ma non c’è dubbio che le dinamiche strategico-militari favoriscano la Russia. Questo non è un pio desiderio, ma si basa sui dettagli schiaccianti contenuti nel reportage del Washington Post della metà del mese scorso sulla scarsa efficienza delle forze di Kiev. Tenendo presente questo contesto più ampio, è chiaro che l’ultimo viaggio di Zelensky in Polonia è avvenuto davvero in un momento cruciale del conflitto.

La Confederazione polacco-ucraina di fatto

Per quanto riguarda il simbolismo, la Polonia è uno dei principali alleati dell’Ucraina, tanto che lo scorso maggio, durante la visita del Presidente Duda a Kiev, i due Paesi hanno dichiarato la loro reciproca intenzione di eliminare tutti i confini tra loro. Questo li ha portati a fondersi gradualmente in una confederazione de facto, che fa avanzare il progetto geopolitico della Polonia di ripristinare il suo commonwealth perduto per perseguire il suo grande obiettivo strategico di tornare a essere una Grande Potenza.

La riaffermazione da parte di Zelensky del reciproco intento di eliminare tutti i confini tra i due Paesi durante il suo ultimo viaggio in Polonia avvalora questa valutazione, così come la spinta di un lobbista neoconservatore a favore di questo progetto geopolitico in un recente articolo per l’influente rivista Foreign Policy. Nell’ottica di legittimare lo status dell’Ucraina come protettorato de facto del suo Paese, Duda ha dichiarato che Varsavia sta cercando di ottenere ulteriori garanzie di sicurezza per il suo vicino in vista del prossimo vertice NATO di quest’estate.

Problemi polacco-ucraini

Per quanto i due vogliano fondere gradualmente i loro Paesi in una confederazione di fatto, rimangono ancora alcuni ostacoli molto seri sulla loro strada. Per cominciare, c’è ovviamente la questione del finanziamento di questo progetto geopolitico, che la Polonia non può permettersi. In secondo luogo, i polacchi sono disgustati dalla glorificazione dell’Ucraina del collaboratore fascista e genocida di Hitler, Bandera. Più lo Stato polacco lo tollera, nonostante la sua occasionale retorica in difesa della verità storica, più i polacchi medi si arrabbiano.

Partendo da questa osservazione, la terza sfida a questo progetto geopolitico è l’aumento del sentimento anti-establishment in Polonia, che potrebbe portare il partito della Confederazione a conquistare un numero di voti tale da costringere il partito al governo a formare una coalizione di governo con loro. Questo risultato potrebbe mettere in crisi questi piani, ritardandone indefinitamente l’attuazione, soprattutto se la Confederazione trovasse un modo per bloccare i finanziamenti necessari e/o le garanzie di sicurezza.

Le prospettive di un intervento militare polacco

Prima delle prossime elezioni, tuttavia, possono ancora accadere molte cose, tra cui un intervento militare polacco in Ucraina. L’ambasciatore polacco in Francia ha tuonato alla fine del mese scorso che “se l’Ucraina non difende la sua indipendenza, non avremo altra scelta che entrare nel conflitto. I nostri valori fondamentali, che sono la pietra angolare della nostra civiltà, la nostra cultura saranno in grave pericolo, quindi non abbiamo scelta”. Anche se l’ambasciata ha detto che le sue parole erano decontestualizzate, l’intento era chiaro.

La Russia ha messo in guardia da tempo su questo scenario, che potrebbe rappresentare un’escalation senza precedenti nella guerra per procura della NATO contro di essa, in quanto la Polonia è un membro ufficiale del blocco, i cui Paesi hanno obblighi di difesa reciproca. Un intervento polacco potrebbe quindi servire da filo conduttore per l’alleanza anti-russa per formalizzare il suo ruolo in questo conflitto, soprattutto nel caso in cui la Polonia annunci la sua “unificazione” con l’Ucraina e la porti sotto il suo ombrello.

Sebbene questa sequenza di eventi rimanga speculativa, è comunque fondata su una base fattuale come è stato spiegato finora in questo pezzo, soprattutto considerando le svantaggiose dinamiche strategico-militari che hanno gettato una nuvola sull’ultimo viaggio di Zelensky in Polonia. Tornando a queste, e tenendo conto delle parole dell’ambasciatore polacco in Francia e dei leader dei due Paesi che hanno ribadito la volontà di eliminare ogni confine tra loro, gli osservatori non dovrebbero scartare la possibilità che ciò avvenga.

Variabili dello scenario

In effetti, potrebbe verificarsi prima delle prossime elezioni autunnali, nel caso in cui la conquista di Artyomovsk da parte della Russia la portasse ad attraversare il resto del Donbass, come previsto da Zelensky, il che potrebbe spingere la Polonia a intervenire secondo le condizioni stabilite dal suo ambasciatore in Francia. Le uniche variabili che potrebbero credibilmente controbilanciare questo scenario sono la Russia che continua a fare solo progressi frammentari sul terreno o Kiev che accetta un cessate il fuoco con Mosca prima di riprendere i colloqui di pace.

Le possibilità della prima ipotesi potrebbero essere rafforzate da un afflusso di armi moderne occidentali in Ucraina, mentre quelle della seconda potrebbero essere ridotte dalla Polonia che promette tutto il sostegno necessario a Kiev per non sentirsi costretta dalle circostanze a negoziare con la Russia. È qui che probabilmente risiede lo scopo dell’ultimo viaggio di Zelensky in Polonia, ovvero esplorare esattamente ciò che Varsavia potrebbe fornire in questo senso, per valutare meglio se valga la pena di prenderlo seriamente in considerazione in questo momento cruciale del conflitto.

Rivalutare la richiesta di Duda alla NATO

In un’intervista rilasciata a Le Figaro all’inizio di febbraio, Duda ha lasciato intendere di temere che la Francia possa cercare di mediare un cessate il fuoco, il cui scenario potrebbe essere favorito dal viaggio in corso di Macron in Cina, il cui piano di pace in 12 punti è stato elogiato dal Presidente Putin durante la visita del suo omologo a Mosca il mese scorso. Le dinamiche politiche di questo conflitto sono quindi altrettanto svantaggiose, dal punto di vista comune di Kiev e Varsavia, di quelle strategico-militari, poiché entrambe puntano a un imminente cessate il fuoco.

Questa osservazione aggiunge un ulteriore contesto alla richiesta di Duda che la NATO dia all’Ucraina maggiori garanzie di sicurezza. La sua dichiarazione può ora essere interpretata sia come un’allusione a un prossimo intervento militare polacco (indipendentemente dal fatto che questo sia preceduto dalla formalizzazione della loro confederazione), sia come un suggerimento che tali garanzie potrebbero essere presto estese per rassicurare Kiev del sostegno duraturo del blocco nel caso in cui fosse costretta dalle circostanze ad accettare un cessate il fuoco con la Russia (indipendentemente da chi potrebbe mediarlo).

L’imminente controffensiva ucraina

Il desiderio di Duda che ciò avvenga nei prossimi tre mesi, prima del vertice NATO di inizio luglio, pone una scadenza concreta alla sua richiesta, che coincide con la prevista controffensiva di Kiev. A questo proposito, il precedente rapporto del Washington Post ha mitigato le aspettative sul suo successo, così come l’ultima valutazione dell’ex comandante delle forze terrestri polacche. Waldemar Skrzypczak ha dichiarato ai principali media polacchi che l’Ucraina “non è pronta” per questo e che “ora è il momento dei politici”.

Ai cinici che potrebbero affermare che questo ufficiale in pensione non dispone di informazioni accurate sulle dinamiche strategico-militari del conflitto, va ricordato ciò che il capo di Stato Maggiore in carica delle Forze Armate polacche, il generale Rajmund Andrzejczak, ha dichiarato ai media finanziati pubblicamente a fine gennaio. Ha avvertito che il tempo sta per scadere per Kiev, ha confermato che la potenza militare della Russia rimane ancora formidabile e ha espresso la seria preoccupazione che l’Ucraina possa alla fine essere sconfitta.

Nonostante questa terribile analisi del più alto funzionario militare polacco, che è indiscutibilmente in grado di ricevere le informazioni classificate più aggiornate sulla guerra per procura tra NATO e Russia in Ucraina, Kiev probabilmente tenterà comunque la sua prevista controffensiva. Questo influenzerà a sua volta se la Polonia formalizzerà la loro confederazione de facto e/o interverrà militarmente a suo sostegno, quali garanzie di sicurezza la NATO potrebbe dare a Kiev e se si raggiungerà un cessate il fuoco prima del vertice estivo del blocco.

Riflessioni conclusive

Questo approfondimento porta a concludere che l’ultimo viaggio di Zelensky in Polonia è stato super significativo, in quanto destinato a plasmare il corso della guerra per procura tra NATO e Russia nei prossimi tre mesi. Il ruolo di Varsavia nei prossimi eventi influenzerà fortemente l’operato di Kiev in questo momento cruciale del conflitto, da cui il tempismo con cui il leader ucraino ha deciso di incontrare la sua controparte. Per quanto Zelensky stia pianificando tutto con cura, tuttavia, potrebbe ancora fallire nel ribaltare le sorti della sua parte.

https://korybko.substack.com/p/zelenskys-latest-trip-to-poland-was

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IMPORTANTE: trapelano i piani della Nato per l’Ucraina_di Simplicius the Thinker_a cura di Roberto Buffagni

https://simplicius76.substack.com/p/major-nato-plans-for-ukraine-leaked?utm_source=post-email-title&publication_id=1351274&post_id=113305022&isFreemail=true&utm_medium=email

 

IMPORTANTE: trapelano i piani della Nato per l’Ucraina

di Simplicius the Thinker, 8 aprile 2023

Come molti di voi probabilmente sapranno, l’altro ieri si è verificata un’importante fuga di notizie dal quartier generale del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Inizialmente, non avevo intenzione di occuparmene perché c’era una forte possibilità che fosse un falso e non valeva la pena di fare un’indagine approfondita per un documento di dubbia origine/validità.

 

Tuttavia, ora il Pentagono ha confermato la validità dei documenti e sta freneticamente cercando di toglierli da Internet. Dal NYTimes:

fonte: : https://www.nytimes.com/2023/04/06/us/politics/ukraine-war-plan-russia.html

 

Non pubblicherò i leak direttamente qui perché, a quanto pare, gli account delle persone che stanno pubblicando gli screenshot diretti su altri siti sono “scomparsi”. In particolare, l’account che ha pubblicato per primo gli screenshot su Twitter risulta ora inesistente e presumibilmente bannato.

Tuttavia, GrayZone, che ha rivelato in passato importanti fughe di notizie sulla guerra, ha fornito le informazioni qui[1].

Qui ci sono le principali rivelazioni su Twitter.[2]

Come sapete, qui ci piace approfondire le fughe di notizie importanti, come ho fatto per la grande fuga di notizie Delta Leaks che ha rivelato le operazioni C4ISR degli Stati Uniti in Ucraina.[3]

Ma prima di addentrarci, qualche parola di contestualizzazione. In primo luogo, nonostante l’assoluta autenticità dei documenti a prima vista, vanno dette alcune cose come premessa.

 

  1. Le copie iniziali che circolavano su Telegram sono state alterate [presumibilmente] da una fonte russa che ha modificato (photoshoppando) i dati relativi alle “Perdite”, tuttavia ora sono state trovate le versioni originali. (Maggiori informazioni in seguito)

 

  1. Una considerazione ovvia è che questa fuga di notizie potrebbe essere una deliberata campagna di maskirovka di massa da parte di NATO/USA per ingannare la Russia con informazioni apparentemente autentiche sull’offensiva, che orienterebbero intenzionalmente le difese russe nella direzione sbagliata, ecc.

Tenete quindi a mente queste considerazioni. Sì, c’è ancora la possibilità che si tratti di disinformazione. Soprattutto perché il momento in cui è trapelata la notizia cade “convenientemente” proprio alla vigilia della grande offensiva dell’AFU.

 

La Reuters sostiene quanto segue:

La Russia o elementi filorussi sono probabilmente dietro la fuga di diversi documenti militari statunitensi classificati pubblicati sui social media, ha riferito la Reuters.

Tuttavia, ci sono alcune circostanze attenuanti che fanno pensare che la fuga di notizie sia reale. E cioè che: a quanto pare, c’è una mole di dati trapelati molto più grande che sta circolando, in realtà la maggior parte di essi non è nemmeno legata alla Russia/Ucraina ed è in realtà molto più seria e “sensibile”, secondo le fonti statunitensi, in quanto riguarda trasmissioni interne altamente segrete riguardanti la Cina, il Medio Oriente e altro ancora. Potete leggerlo su questo nuovo articolo del NYT.[4]

In secondo luogo, ci sono molte informazioni nelle fughe di notizie che non avrebbe senso logico rivelare se si trattasse di semplice disinformazione. Ad esempio, la rivelazione di quante attività di spionaggio/intelligence della NATO/Occidente operano in Ucraina, ecc. Queste cose servono solo alla Russia come prova della collusione tra Stati Uniti e Occidente in provocazioni/escalation segrete, e servono come futura prova legale del fatto che l’Occidente è l’antagonista e l’iniziatore del conflitto, il che dà alla Russia grandi vantaggi legali e geopolitici. Per me questa è una svista troppo grande.

 

Inoltre, il fatto che gran parte di esso dipinga la Russia in una luce favorevole, in termini di numeri nudi e crudi. Se si trattasse di una fuga di notizie deliberata, si potrebbe pensare che avrebbero inserito di nascosto qualche informazione imbarazzante o screditante sull’esercito russo, per dipingerlo in modo sfavorevole, almeno in una certa misura. Perché far sapere al mondo quanto sono basse le perdite della Russia, per esempio?

Sono propenso a credere al rovescio della medaglia, ovvero che i dati siano stati divulgati alla vigilia dell’offensiva da dipendenti interni della NATO scontenti e desiderosi di sabotare l’operazione. Anche se potrebbe essere “parte del piano”, non credo che l’amministrazione Biden si impegnerebbe così tanto nel cercare di eliminare i dati da Internet se si trattasse di una vera campagna di disinformazione.

 

Infine, pochissime informazioni contenute nella fuga di notizie sono effettivamente “sorprendenti” o sconosciute, perché molte di esse riflettono accuratamente tutte le proiezioni che quelli di noi che sono in ballo hanno fatto, e quindi servono più che altro come conferma di fatti noti. Se si trattasse di vera disinformazione, mi aspetterei che contenesse alcuni shock ‘sorprendenti’ che non avevamo previsto, che tenterebbero di indirizzare la nostra analisi in qualche direzione deviata, ma in realtà conferma tutto ciò che abbiamo visto e riportato in molti modi significativi.

 

**

Cominciamo quindi con l’analisi. Comincerò con quelle che ritengo essere le più importanti e più “grosse” fughe di notizie e poi scenderò da lì.

 

La più importante per me è il conteggio dall’interno delle vittime. Come ho detto, il primo documento diffuso sembrava essere stato falsificato per mostrare meno vittime russe e più vittime ucraine. Tuttavia il documento originale mostra le perdite interne come segue:

 

PERDITE TOTALI ACCERTATE

Russia:

Capacità di combattimento valutata: MODERATA

72 caccia/bombardieri; 82 ad ala rotante

6.004 veicoli di terra

35,5k-43,5k KIA

 

Ucraina:

Capacità di combattimento valutata: MODERATA

60 caccia/bombardieri; 32 ad ala rotante

11 SAM strategici; 34 SAM tattici

16k-17.5k KIA

Ora, la prima cosa da notare, come altri hanno affermato, è che i KIA [Killed In Action, uccisi in combattimento] ucraini sembrano essere presi direttamente dalle statistiche ucraine “ufficialmente rilasciate”, il che indica diverse importanti possibilità. Che sono: 1.) le forze armate statunitensi non hanno una reale capacità di tracciare i KIA ucraini e li stanno semplicemente prendendo in parola 2.) questo rappresenta in effetti tutte le perdite che gli Stati Uniti possono tracciare, ma il resto sono semplicemente tutti i “MIA” [Missing In Action, dispersi] i cui corpi l’Ucraina non recupera di proposito, o non elenca ufficialmente. 3.) Si tratta di una frode interna dei supervisori dell’intelligence che gestiscono questi numeri. Lo scopo sarebbe quello di mentire alla leadership statunitense, in modo da far sembrare le perdite dell’Ucraina il più basse possibile, così da sostenere il morale e impedire alla leadership di abbandonare l’Ucraina.

Big Serge

@witte_sergei

Le conclusioni più importanti (sempre ammesso che i documenti siano autentici) sono che la controffensiva ucraina si baserà su brigate dimezzate e che la NATO non ha una visione reale delle perdite o della forza del fronte ucraino perché l’Ucraina fornisce solo numeri di propaganda.

Naturalmente, sappiamo tutti che le perdite di KIA non sono corrette. Come altri hanno menzionato, Mariupol da sola ha avuto più di 15.000 “perdite” sotto forma di 5.000 prigionieri di guerra totali e più di 10.000 KIA dovuti al fatto che la guarnigione di Mariupol aveva 15.000 truppe totali prima di essere circondata, che non sono mai riuscite a uscire dalla città (a parte una manciata che è riuscita a sgattaiolare fuori all’inizio).

 

Quindi possiamo ignorare questi dati. Ma più interessanti sono le perdite russe. In primo luogo, per quanto riguarda i numeri dell’equipaggiamento, sembrano essere presi direttamente dalla lista di Oryx. Ho fatto un controllo incrociato e sono quasi identici alle perdite di Oryx per aerei e veicoli. Che cosa significa? Il Dipartimento della Difesa prende semplicemente i numeri di Oryx come vangelo? Certamente Oryx stesso sembra pensarla così, visto che in passato si è lamentato del fatto che tutti i militari/servizi segreti del mondo usano le sue statistiche “senza pagarlo”, quindi sembra che sia quello che stanno facendo.

 

O forse gli Stati Uniti si limitano a contabilizzare gli stessi identici numeri, in modo indipendente? Potrebbe essere possibile, è difficile dirlo.

 

Ma il numero più importante è quello delle vittime. Le forze alleate russe hanno un bilancio di 35-43k KIA. Ieri sera ho scritto un commento a qualcuno qui, dicendo che i miei dati sulle vittime sono quasi esattamente gli stessi. Attualmente le forze russe vere e proprie si aggirano intorno ai 15-18k KIA, e poi altri 15k sono per i vari paramilitari/irregolari/volontari/PMC/ecc.

 

E MediaZona, la fonte più autorevole di numeri di vittime dirette e rigorosamente confermate, attualmente indica che la Russia è a quota:

L’aspetto più interessante è che questa cifra interna degli Stati Uniti è in netto contrasto con le loro dichiarazioni “pubbliche” secondo cui sono morti “oltre 200.000” soldati russi. E in effetti, fino a pochi mesi fa, per chi sapeva dove cercare, era possibile trovare le vere stime delle vittime elaborate dagli Stati Uniti, che erano in linea con quelle ora segretamente rivelate.

 

Wikipedia, ad esempio, nella pagina della guerra in Ucraina, nella sezione delle vittime, qualche mese fa riportava fonti militari statunitensi che stimavano 20-30 mila vittime russe, ma questo dato è stato rapidamente eliminato e cancellato dalla memoria per essere sostituito con le nuove citazioni false “100-200 mila+”.

 

Per esempio, usando la WayBackMachine per strappare un’istantanea della pagina di wikipedia di mesi fa, si può vedere che prima che la situazione per l’Ucraina diventasse assolutamente disastrosa, quando i rapporti sulle vittime sono stati politicizzati a causa della “sensitività” di mostrare l’Ucraina in una luce negativa a causa della sua situazione sull’orlo del collasso, questo è ciò che le stime statunitensi avevano per il totale dei morti alleati:

Ma ora non è più possibile trovarlo, perché è stato cancellato e sostituito con le cifre fumettistiche di “200.000 KIA”.

Passiamo al prossimo dato più importante: potenza/dispiegamento totale delle forze di entrambe le parti all’interno del conflitto. Questo è di particolare interesse per me perché sono stato una voce solitaria nel descrivere accuratamente i veri numeri delle forze in campo. La maggior parte degli altri analisti, che non hanno approfondito la questione, continua a ripetere il mantra di 1 milione di truppe ucraine contro 500-700k forze russo-alleate, ecc. Ma fin dal mio primo articolo inaugurale, qui[5], Ho sottolineato che i numeri reali impiegati da entrambe le parti sono molto inferiori a quelli che la maggior parte delle persone ritiene.

 

Nel caso dell’Ucraina, il motivo è ovvio: deve gonfiare i propri numeri per dare una parvenza di forza ai partner occidentali, in modo da non demoralizzarli. E per la Russia, l’effetto opposto: l’Occidente gonfia a dismisura i numeri della Russia per dare un’immagine più drammatica del “fallimento”, perché più alti appaiono i numeri della Russia, più sembra che la Russia stia soffrendo un “fallimento” in Ucraina, e più le loro false cifre sulle vittime appaiono realistiche. Dopotutto, come si può far sembrare plausibili 200 mila vittime quando la Russia ha utilizzato solo 100-150 mila truppe in totale per la maggior parte del conflitto finora?

 

Ecco quindi cosa ci mostra la fuga di notizie interna per quanto riguarda i totali delle forze di entrambe le parti:

Ucraina: 34 brigate di manovra, 13 unità di fuoco (artiglieria).

27 Brigate delle Forze di Difesa Territoriale.

 

Una brigata è composta da un massimo di 5.000 uomini, ma sappiamo che la stragrande maggioranza delle brigate ucraine opera al 50% o meno della forza. Quindi, nominalmente, 34 brigate di manovra possono essere al massimo 170.000 baionette, o addirittura 80.000 o meno. Ma sono aumentate da altre 27 brigate di forze territoriali, che sono forze non d’assalto, molto meno addestrate e con armamento più leggero. Questo potrebbe ammontare a un massimo di 135.000 truppe aggiuntive, o da qualche parte nell’intervallo 60-70k se sono mediamente equipaggiate al 50%.

 

Questo ci dà un totale di ~300k forze di terra al massimo, e forse 150k al minimo. La mia stima, tratta dal primo articolo citato sopra, era che l’AFU avesse probabilmente circa 200-220k forze totali, con forse 250-300k come tetto massimo assoluto, ma meno plausibile.

 

Ora, l’articolo elenca anche 13 “unità di fuoco”, che curiosamente chiama “unità” piuttosto che BDE (brigate) come per le categorie precedenti. La ragione di ciò è probabilmente che le “brigate” di artiglieria ucraine non possono essere chiamate brigate a causa della mancanza di pezzi di artiglieria veri e propri (ci arriveremo più avanti). Nelle unità meccanizzate/motorizzate regolari, ad esempio, non importa se manca qualche tipo di blindato: il numero di truppe rappresenta comunque un determinato “numero di baionette”, perché quelle truppe combatteranno comunque in prima linea.

 

Tuttavia, nelle unità di artiglieria, se si hanno le truppe ma non i pezzi di artiglieria veri e propri, allora non ha senso chiamarsi brigata completa perché le truppe non rappresentano un numero di “baionette” in quanto non combatteranno mai, dato che le truppe di artiglieria si trovano solo nelle retrovie. Quindi, queste “unità” presumibilmente rappresentano un qualche tipo di “reggimento” di artiglieria molto più piccolo di una brigata, probabilmente pari a un vero battaglione o due equivalenti. Quindi questo potrebbe aggiungere qualcosa come 10-20k truppe al totale, più o meno.

Ora, per la Russia. La Russia è elencata in battaglioni totali:

 

Capacità massima di combattimento potenziale: 544 BN.

Impegnati nel conflitto: 527 su 544 BN (97%)

 

Battaglioni regolari MVR (battaglioni di manovra): 218 impegnati

BN di riserva: 41

BN ausiliari: 258

Totale: 527

 

Dislocati in Ucraina: 474 su 527 BN (80% degli impegnati)

Combattimento effettivo: 94 (+1) BN di manovra

BN di riserva: 29

BN ausiliari: 241

Totale: 364

 

Combattimento schierato inefficace:

Battaglioni di manovra regolari: 72

BN di riserva: 11

BN ausiliari: 27

Totale: 110

 

Ora, analizziamo questo dato. Questa è una delle sezioni analizzate erroneamente da altri analisti sui social media. Essi sono spaventati dal fatto che sembra che la Russia abbia il 97% delle sue forze “impegnate” in battaglia, il che implica che la Russia non ha più riserve ed è quindi condannata di fronte all’imminente offensiva ucraina.

Ecco cosa hanno frainteso:

 

In primo luogo, il numero totale di battaglioni russi è indicato come 544. Un battaglione è composto da oltre 800 uomini, anche se, ancora una volta, quasi tutti in guerra operano con percentuali inferiori. Ma in numeri nominali, 544 x 800 = ~435.000. Tenete presente che questo numero rappresenta il totale delle forze alleate, molto probabilmente. Come facciamo a saperlo? Perché proprio sotto di esso viene indicato il “totale delle perdite accertate” e vengono utilizzate le cifre per quelle che sembrano essere tutte le forze russo-alleate. Per non parlare del fatto che sulle mappe, molte delle posizioni indicate sono posizioni della DPR/LPR come parte di questi raggruppamenti.

 

Quindi, per prima cosa, parliamo del numero di 435.000. Nel mio primo articolo che ho postato in precedenza, ho dato il totale delle truppe russe utilizzate nella SMO solo per l’esercito russo come meno di 100k per la maggior parte di esso, aumentando fino a 125-150k al massimo prima della mobilitazione, mentre tutti gli altri avevano i numeri di 200-250k truppe russe. La mobilitazione ha aggiunto 300k, come sappiamo. Quindi 300k + gli oltre 100k che avevo io, più LPR/DPR/Wagner ci danno qualcosa di molto vicino alle stime interne degli Stati Uniti di 435.000, che per me confermano ancora una volta l’accuratezza dei miei numeri precedenti.

 

Le forze della LDPR e di Wagner hanno molte meno truppe di quanto si pensi. Soprattutto dopo le perdite, le milizie LDPR combinate potrebbero essere sui 20.000 uomini o meno, e la Wagner, che la propaganda ucraina ama affermare essere composta da oltre 50.000 uomini, è in realtà di 20-30.000 uomini al massimo, o meno.

 

Quindi, veniamo ora alla parte controversa che la gente sta fraintendendo. Il documento dice che 527 dei 544 BN (battaglioni) russi sono “impegnati nel conflitto”, pari al 97%.

 

Tuttavia, comesi può vedere chiaramente sotto questo dato, la suddivisione delle forze “impegnate” in regolari, riserve, ausiliari, ecc. E oltre a ciò, dei 527 “impegnati”, li suddivide ulteriormente in “427 su 527 situati all’interno dell’Ucraina”, il che rappresenta il “90% degli impegnati”.

 

Quindi le persone che pensano che “impegnato” significhi “in battaglia” – ma allora perché una parte di essi sarebbe letteralmente fuori dall’Ucraina? E perché le forze “impegnate” avrebbero decine di battaglioni “ausiliari” e persino “di riserva”? Non si può essere una “riserva” e allo stesso tempo essere “in battaglia”. Una volta che si entra in battaglia, si è truppa di prima linea. Quindi “impegnato” non significa “in battaglia”. Il termine “impegnato” si riferisce semplicemente alle forze che sono assegnate al conflitto in senso generale. Non ha alcun significato per quanto riguarda il loro status di “in combattimento” o “fuori dal campo di battaglia”. Come facciamo a saperlo? Perché proprio sotto di esso viene indicato il “totale delle perdite accertate” e vengono utilizzate le cifre per quelle che sembrano essere tutte le forze russo-alleate. Per non parlare del fatto che sulle mappe, molte delle posizioni mostrate sono posizioni della DPR/LPR come parte di questi raggruppamenti.

 

Quindi, per prima cosa, parliamo del numero di 435.000. Nel mio primo articolo che ho postato in precedenza, ho dato il numero totale di truppe russe utilizzato nella SMO, solo per l’esercito russo, come meno di 100k per la maggior parte di essa, aumentando a forse 125-150k al massimo prima della mobilitazione, mentre tutti gli altri avevano i numeri di 200-250k truppe russe. La mobilitazione ha aggiunto 300k, come sappiamo. Quindi 300k + gli oltre 100k che davo io, più LPR/DPR/Wagner, ci danno qualcosa di molto vicino alle stime interne degli Stati Uniti di 435.000, il che per me conferma ancora una volta l’accuratezza dei miei numeri precedenti.

 

Le forze della LDPR e di Wagner hanno molte meno truppe di quanto si pensi. Soprattutto dopo le perdite, la LDPR combinata potrebbe essere inferiore a 20.000 uomini o meno, e la Wagner, che la propaganda ucraina ama affermare essere composta da oltre 50.000 uomini, è in realtà di 20-30.000 uomini al massimo o meno.

 

Quindi, veniamo ora alla parte controversa che la gente sta fraintendendo. Il documento dice che 527 dei 544 BN (battaglioni) russi sono “impegnati nel conflitto”, pari al 97%.

 

Tuttavia, si può vedere chiaramente sotto questo dato, la suddivisione delle forze “impegnate” in regolari, riserve, ausiliari, ecc. E oltre a ciò, dei 527 “impegnati”, li suddivide ulteriormente in “427 su 527 situati all’interno dell’Ucraina”, che rappresenta il “90% degli impegnati”.

 

Quindi le persone pensano che “impegnato” significhi “in battaglia”: ma allora perché una parte di queste forze sarebbe letteralmente fuori dall’Ucraina? E perché le forze “impegnate” avrebbero decine di battaglioni “ausiliari” e persino “di riserva”? Non si può essere una “riserva” e allo stesso tempo essere “in battaglia”. Una volta che si entra in battaglia, si è un reparto di prima linea.

 

Quindi “impegnato” non significa “in battaglia”. Il termine “impegnato” si riferisce semplicemente alle forze che sono assegnate al conflitto in senso generale. Non ha alcun significato per quanto riguarda il loro status di “in combattimento” o “fuori dal campo di battaglia”. Significa solo che fanno parte di un’unità che è sotto la struttura e la gerarchia ufficiale di un determinato gruppo di armate che fa parte del conflitto, sotto il comando del comandante supremo dell’SMO, a differenza di alcune unità che si trovano ancora in Russia e che non parteciperanno mai al conflitto, ad esempio le brigate composte da coscritti e quelle che sorvegliano le città interne russe e i siti strategici, ecc.

 

La cosa che più si avvicina alla determinazione delle unità effettivamente in battaglia è la differenziazione tra i “Battaglioni regolari MVR” (Maneuver Battalions), di cui 218, 268 ausiliari e i B.N. di riserva, 41.

 

218 MVR BNs ci danno un tetto di ~175k veri reparti di manovra in prima linea o ‘ baionette’ [‘baionette’ sono i soldati effettivamente impegnati o impegnabili in combattimento, N.d.T.]. 41 BN di riserva sono ~33k baionette tenute di riserva. I 268 BN “ausiliari”, che rappresentano 214.000 uomini, si riferiscono probabilmente a forze logistiche non in grado di operare come “baionette”.

 

Ciò significa che le forze russe hanno, in realtà solo 175k “baionette”, truppe di prima linea.

 

E di questi numeri totali, 474 battaglioni su 527 sono effettivamente in Ucraina. Il che significa che 53 BN o ~42k truppe sono in Bielorussia, Crimea o altrove.

 

Tuttavia, la dizione “battaglioni di manovra” non significano necessariamente che siano in combattimento, solo perché esiste una categoria separata “battaglione di riserva”. Battaglione di riserva potrebbe semplicemente indicare forze ufficialmente designate come riserve – una designazione ufficiale simile alla difesa territoriale, ecc. Ma questo non esclude che gran parte dei “battaglioni di manovra” si trovino nelle retrovie, in 2° e 3° linea, e non siano impegnati nel combattimento in prima linea.

Probabilmente questa  catalogazione confonde  un po’, ma il succo generale è che, date queste informazioni, non è possibile dedurre quante truppe russe siano effettivamente in prima linea e stiano combattendo, poiché nella terminologia usata qui, per “impegnate”, si intende semplicemente partecipanti al conflitto nel suo complesso. Quindi, sospetto – come ho già sottolineato in precedenza – che la Russia continui ad avere un gran numero di truppe mobilitate “impegnate” nel conflitto, ma ancora “ferme”, cioè non in prima linea, ma in attesa nelle retrovie. Semplicemente non sono elencate come “riserve” ufficiali perché non sono forze di riserva o territoriali, molte di esse potrebbero avere la designazione ufficiale di “gruppi d’assalto”, ma semplicemente non sono attualmente utilizzate in battaglia.

 

E in effetti, altre parti di questa fuga di notizie sembrano corroborare questa tesi, perché nelle sezioni in cui vengono forniti i conteggi totali del fronte per i vari settori, i numeri sembrano molto bassi, e sarebbero impossibili se tutte quelle truppe fossero effettivamente impegnate in battaglia.

 

Ad esempio, un documento mostra i numeri di entrambe le parti nel teatro di Donetsk come segue: 10-20k forze totali dell’AFU e 23.050 forze russe.

 

L’asse di Bakhmut come: 15.250-30.500 AFU e 29.000 forze totali russe/Wagner.

 

Su un altro documento, l’intero raggruppamento della linea Kremennaya è al di sotto dei 50.000 uomini. Quindi, solo tra questi tre, si tratta di poco più di 100k truppe per la Russia per quasi tutti i fronti, tranne che per Kherson.

 

Un possibile modo di differenziare l’analisi è che i numeri che ho fornito provengano da un elenco che riporta tutte le zone calde, ma sotto la specifica denominazione di brigate “combat effective”. Questo mi porta a sospettare che forse i “combat ineffective” sono fondamentalmente i battaglioni che vengono tenuti nelle retrovie. E dal totale che ho fornito prima, la Russia è elencata come avente 110+ battaglioni “combat ineffective”, che, aggiunti agli oltre 40 battaglioni di riserva, sarebbero 150+ ii totale che potrebbero essere nelle retrovie, il che potrebbe essere oltre 100k truppe.

 

Per quanto riguarda la definizione “combat ineffective”, in genere si intende qualsiasi unità che sia al di sotto del 70% di costituzione, sia che non sia ancora stata completamente formata, sia che sia già stata in battaglia e abbia subito una riduzione del 20-30%. Questo non significa necessariamente che l’unità non possa essere utilizzata, ma che otterrebbe la designazione ufficiale di “”combat ineffective”. Ma dal momento che la stragrande maggioranza delle unità dell’AFU probabilmente rientra in questa classificazione, si tratta di un punto relativo.

Passiamo al documento successivo, che mostra altre cose illuminanti che corrispondono a quanto ho riferito da tempo.

 

Il documento mostra i numeri dell’uso dei GMLRS e dei proiettili da 155 mm da parte dell’Ucraina, come segue:

 

GMLRS (Razzi guidati HIMARS)

 

Ultime 24 ore di utilizzo: 28

Totale speso: 9,612

In rotta: Nessuno

Prossime 24 ore: Nessuno

 

Proiettili da 155 mm

 

Spesi nelle ultime 24 ore: 1,104

Totale speso: 952,856

In rotta: Nessuno

Prossime 24 ore: 1.840 155mm HE (PDA32)

 

C’è un riquadro che è troppo sfocato per vedere entrambi, ma sembra dire 7 giorni xxxxx, che posso solo supporre sia una media di 7 giorni per l’uso giornaliero. Per il GMLRS è indicata come 14, mentre per il 155 mm è indicata come 2.746.

 

Che cosa significa quindi?

 

In primo luogo, la conferma che stanno sparando tra i 14 e i 28 missili HIMARS al giorno, il che, dato che i lanciatori HIMARS sparano 6 salve di missili, significa che stanno sparando circa 2-4 salve al giorno. E poiché di solito sparano 2-3 camion HIMAR allo stesso tempo, si tratta in pratica di una salva giornaliera di un gruppo di 3 camion, in media al giorno.

 

Questo dimostra che l’uso degli HIMAR è molto basso e viene fatto solo su un obiettivo importante al giorno (di solito un ospedale o un raduno di civili a Donetsk).

 

Inoltre, considerando il fatto che “ufficialmente” hanno più di 20 o più camion HIMARs, e considerando il fatto che la Russia afferma di averne distrutti molti, oltre a dichiarare ripetutamente di aver distrutto la maggior parte delle consegne di missili HIMARs, questo sembra confermare i rapporti del MOD russo. Perché non è possibile che si riceva una buona quantità di missili e si abbiano più di 20 camion, eppure si sparano in media solo 3 camion al giorno. Questo sembra indicare o che le piattaforme effettive sono molto scarse, e la maggior parte di esse è stata distrutta, oppure che la maggior parte delle consegne di missili è stata distrutta e che hanno un’immensa fame di missili che permette loro di spararne solo 20-30 al giorno, mentre la media del precedente periodo di 7 giorni ne mostra 14.

 

Come ricorderete, in molti rapporti ho spesso criticato l’AFU per la “irrilevanza” degli HIMAR, che sparano solo una o due salve al giorno, e questa fuga di notizie sembra confermare tutti i nostri sospetti. Tra l’altro, il totale di 9.612 missili lanciati, calcolato in media su 370 giorni di guerra – che è la data di questa fuga di notizie – ci dà un totale di 9612 / 370 = 26. Quindi hanno lanciato in media 4 salve. Quindi hanno sparato in media 4 salve di HIMAR al giorno, non esattamente un “game changer”.

 

E ora i proiettili da 155 mm, una categoria molto più significativa. I numeri qui non sono molto promettenti per l’AFU.

 

Nelle ultime 24 ore sono stati sparati solo 1.104 proiettili. La media di 7 giorni mostra 2.746 proiettili al giorno, il che significa che stanno sparando anche molto meno di quanto dichiarano. Ricordate, la lamentela è che ora sparano 5-6k al giorno, mentre la Russia ne sparava 50-60k, ma è stata ridotta a 10-20k al giorno. Tuttavia, questo dimostra che non stanno nemmeno raggiungendo i 5-6k colpi.

 

Il totale di 952.856 per tutta la guerra, diviso per 370 ci dà una media di 2.575. Quindi la media è appena superiore a 2,5 mila al giorno.

 

Devo comunque notare che, quando si danno i numeri totali dell'”artiglieria” sparata, entrambe le parti probabilmente non si riferiscono solo ai 155/152 mm, ma anche all’artiglieria a tubo. Quindi questo numero rappresenta solo i loro colpi da 155 mm, e potrebbero essercene altre migliaia al giorno di razzi Grad, ecc. Quindi, è possibile che sparino 5-6 mila colpi in totale.

 

Ma l’altro numero che apre gli occhi mostra un misero 1.840 proiettili in fase di consegna. Il che dimostra le piccole briciole che ricevono. Nel caso del GMLRS è pari a 0.

 

Ma ancora una volta, in realtà, nessuna di queste cifre è qualcosa che non sapevamo. Le definisco “illuminanti” solo nel senso che confermano quanto l’AFU non stia facendo bene in termini di armamento.

È interessante notare che sullo stesso documento è riportato anche:

 

Patriot:

In rotta: Nessuno

Prossime 24 ore: Nessuno

 

JDAM-ER:

In rotta: Nessuno

Prossime 24 ore: Nessuno

 

In arrivo:

5x MaxxPro, 4x HMMWV

 

E una certa quantità di droni Phoenix Ghost che è difficile da distinguere, a me sembra che siano oltre 23.

 

L’altra cosa degna di nota in questo documento è l’elenco delle forze SOF (Special Operations Forces) USA/NATO in Ucraina:

 

Stati Uniti: 14x personale

Regno Unito: 50x personale

Francia: 15x personale

Lettonia: 17x personale

Paesi Bassi: 1x personale

Totale: 97x personale

 

Totale personale statunitense in Ucraina: 100

 

DoS (Dipartimento di Stato) in Ucraina: 71

 

DoD (Dipartimento della Difesa) in Ucraina: 29 (comprende DAO (Defense Attache Office), ODC (Office of Defense Cooperation), USSOF (United States Special Operations Forces) e MSAU (Marine Security Augmentation Unit)).

 

Non sorprende che gli astuti britannici abbiano il teatro pieno di SAS.

 

Il documento conferma anche i loro mezzi aerei e le loro rotte, i vari RC-135 britannici, gli MQ-9 e gli RQ-4 della NATO, ma ad essere onesti, si tratta per lo più di informazioni pubbliche che sono già di dominio pubblico e che noi conoscevamo già.

**

Ora le due pagine più significative. La prima è quella che riguarda la situazione della difesa aerea in Ucraina, che include una mappa di tutte le unità AD ucraine significative nel paese. Tuttavia, la cosa più importante è un elenco, non solo di ogni singolo tipo di sistema e delle relative quantità, ma anche delle munizioni rimanenti.

 

Per riassumere molto brevemente, quasi tutti i tipi di AD sono in numero molto ridotto, compresi i NASAM occidentali e i sistemi Iris-T. Gli unici due sistemi con numeri significativi sono gli S-300 e i BUK, di cui l’Ucraina sembra avere ancora circa 28 unità di S-300 e 57 di BUK. Ci sono anche 67 OSA molto più vecchi, ma a quanto pare ci sono poche munizioni per loro.

 

In effetti, questa è la principale rivelazione allarmante: quasi ogni singolo sistema è quasi privo di missili/munizioni. Agli attuali ritmi di consumo, molti di essi dovrebbero esaurirsi al più tardi entro aprile/maggio. Secondo questo documento, entro maggio l’Ucraina sarà quasi completamente indifendibile. Si tratta di una notizia estremamente negativa per la loro offensiva, e di una notizia enorme per la prevista offensiva russa successiva. Ma di questo si parlerà più avanti.

 

A titolo di esempio, il documento elenca gli S-300 con un totale di oltre 470 missili a disposizione, divisi in 28 TEL effettivi, con una media di circa 16 missili per TEL. Poiché la maggior parte degli S-300 TEL può sparare 4 missili, ciò significa che ogni unità S-300 rimanente ha munizioni sufficienti per 4 rifornimenti. L’attuale tasso di spesa è indicato in 180 missili al mese, il che significa che tutti gli S-300 saranno a corto di munizioni entro i primi di maggio, secondo il documento.

 

Il BUK è destinato ad esaurirsi a metà aprile.

 

Anche se sono rimasti molti OSA, sembra che abbiano pochissime munizioni e dovrebbero esaurirsi del tutto entro giugno.

 

Il documento descrive il piano di rifornimento disperato di tutti questi sistemi da parte degli alleati/partner vicini, ma non si sa quanti missili d’epoca sovietica siano ancora in stock in ogni nazione.

 

Il documento rivela che gli S-300 e i BUK costituiscono l’89% di tutti gli AD a medio/alto raggio dell’Ucraina. E che i sistemi statunitensi e alleati, come Stingers, Avengers, Gepards, Crotales, ecc. “non hanno lo stesso effetto deterrente sulla minaccia degli aerei multiruolo russi”.

 

Inoltre, i NASAM, gli Iris-T, ecc. sono “in quantità limitata… incapaci di eguagliare il volume russo e non possono essere stratificati”.

 

L’ultima allarmante valutazione rileva che: “L’Ucraina può resistere ad altre 2-3 ondate di attacchi”.

 

Presumibilmente questo si riferisce alle grandi ondate di missili/droni russi.

**

Infine, il documento di gran lunga più significativo, e che sta generando il maggior clamore, è il “Combat Power Build” della NATO per l’imminente offensiva di primavera dell’AFU. Il documento mostra la ripartizione dettagliata di ogni singola nuova brigata con l’esatta composizione delle sue unità in termini di equipaggiamenti occidentali di recente dotazione, con proiezioni per la grande offensiva ucraina.

 

In primo luogo, si legge:

“12 Brigate di combattimento credibili possono essere generate per la controffensiva di primavera. 3 di queste provengono internamente dall’Ucraina, e 9 sono addestrate ed equipaggiate dagli Stati Uniti e dai partner alleati. Di queste ultime 9, 6 possono essere pronte entro il 31 marzo e le ultime 3 entro il 30 aprile”.

Analizziamo la situazione. In primo luogo, l’Ucraina può schierare solo un totale di 12 brigate credibili per la grande offensiva. Al massimo si tratta di 60.000 uomini, ben lontani dai numeri spaventosi di 120-150.000 che abbiamo visto circolare di recente. Questo numero, come alcuni hanno notato, sembra persino inferiore alla grande controffensiva di Kherson dello scorso anno, che la Russia ha facilmente respinto.

 

L’unica differenza, ovviamente, è che queste brigate saranno armate con le più recenti attrezzature della NATO.

 

Vediamo ora questo aspetto. La pagina principale mostra le 9 brigate addestrate/equipaggiate dagli Stati Uniti e dagli Alleati con l’equipaggiamento loro assegnato e le tempistiche per la consegna dello stesso, compresi i periodi di addestramento, ecc.

 

La maggior parte delle brigate prevede periodi di addestramento da gennaio a fine marzo al massimo. Questo conferma il motivo per cui una settimana fa circa abbiamo iniziato a sentire notizie da parte di funzionari ucraini che “l’Ucraina è ora pronta per l’offensiva”, ma che solo il tempo è l’ostacolo finale.

 

Le 9 brigate e il loro equipaggiamento sono i seguenti:

116ª Brigata:

90 x BMP (polacchi/cechi), già consegnati.

13 x T-64 (ucraini), in consegna.

17 carri armati non specificati, in consegna.

12 x AS-90 (obice britannico da 155 mm), consegna ad aprile. -Si tratta di obici da 155 mm equivalenti a Krab, M109, PhZ2000 ecc.

 

47a Brigata:

99 x M2 Bradley, consegna a fine marzo.

28 T-55S (Slovacchia), in dotazione.

12 M109 (SPG americano da 155 mm), disponibili.

12 x D-30 (vecchia artiglieria trainata sovietica), in dotazione.

 

33a Brigata:

90 x MaxxPro (MRAPS americani), 20 in dotazione, il resto entro fine marzo.

14 x Leopard 2A6 (tedeschi), consegna prevista in aprile.

4 x Leopard 2A4 (canadesi), consegna in aprile.

14 x Leopard 2A4 (polacchi), consegna a marzo.

12 x M119 (obice leggero statunitense da 105 mm), in dotazione.

 

21a Brigata:

20 x CVRT (vecchio Scorpion britannico con cannone da 76 mm), consegna in aprile.

30 x Senator (IMV canadese, equivalente a Humvee, ecc., solo mitragliatrici leggere), in dotazione.

20 x Bulldog, 21 x Husky (APC leggeri britannici, simili all’M113), x 10 M113, disponibili.

30 x T-64 (ucraini), a disposizione.

10 x FH70 (vecchio obice italiano da 155 mm trainato degli anni ’60), a disposizione.

 

32a Brigata:

90 x MaxxPro (MRAP americano), a disposizione.

10 x T-72 (Paesi Bassi), consegna entro aprile.

20 x carri armati non specificati (wishful thinking), TBD.

12 x D-30 (vecchi obici sovietici), disponibili.

 

37a Brigata:

30 x Mastiff/Husky (MRAP britannici con armi leggere), consegna in aprile.

30 x Mastiff/Wolf (stessa cosa), consegna prevista.

30 x Senator (IMV canadese, equivalente all’Humvee), consegna prevista.

14 x AMX-10 (“carro armato” francese su ruote con piccolo cannone da 105 mm), consegna a marzo.

16 x carri armati non specificati (ipotesi di massima), TBD.

12 x D-30 (obici sovietici di nuovo), consegna TBD.

 

118a Brigata:

90 M113 (APC americani dell’era del Vietnam), disponibili.

28 T-72 (polacchi), entro aprile.

6 M109 (artiglieria SPG americana da 155 mm), consegna a marzo.

8 x FH70 (vecchio obice trainato italiano), previsti per aprile.

xxxx – Qualcosa di illeggibile, ma sembra forse più Senator IMV.

 

117a Brigata:

28 x Viking (piccolo APC olandese), in dotazione.

10/20 x XA185 (APC finlandese equivalente al BTR-82a, ecc.), previsti per aprile.

10 x Senators (Hummer canadese), consegna prevista.

31 x PT-91 (T-72 polacchi aggiornati), consegna in aprile.

12 x D-30 (artiglieria sovietica), in consegna.

xxxx – Qualcosa di illeggibile.

 

82a Brigata:

90 Stryker (IFV americani), previsti per marzo.

40 Marder (IFV tedeschi), previsti per aprile.

14 Challenger-2 (MBT britannici), previsti per aprile.

24 x M119 (obice leggero trainato statunitense da 105 mm), in dotazione.

 

Quindi, queste sono le grandi brigate occidentali cattive, destinate ad essere l’avanguardia schiacciante dell’offensiva che mette fine a tutte le offensive? Come notato in precedenza, ci sono altre 3 brigate di provenienza ucraina; presumibilmente queste avranno BMP-1 e 2, T-64, qualsiasi T-72 rimanente, e qualsiasi Gvozdika, D-30, artiglieria M777 rimanente, ecc.

La prima cosa da notare è che la struttura di ogni brigata è tipicamente incentrata su un singolo battaglione di carri leggeri, solitamente composto da circa 30 carri armati. Poi, la maggior parte di esse include circa 90-100 IFV/APC/IMV come MRAPS o BMP equivalenti distribuiti presumibilmente in circa 2-3 battaglioni meccanizzati.

 

Poi c’è tipicamente un attacco di 12-20 unità di artiglieria di qualche tipo per ogni brigata, sia che si tratti di cannoni antichi trainati o di unità semoventi.

 

L’ultima brigata elencata, l’82ª, dovrebbe essere una brigata d’assalto aereo d’élite, quindi era armata con i migliori materiali, gli Stryker, i Marder tedeschi e i Challenger britannici. Tuttavia, nello stesso documento si afferma che “le munizioni dei Challenger sono limitate”, il che non è molto promettente.

 

La forza totale di tutte le 9 brigate è tratta dal post di @snekotron:

La forza nominale delle 9 brigate costituite per questa offensiva è indicata in 253 carri armati, 381 IFV, 480 APC e 147 artiglierie. Tuttavia, molti di questi carri armati sono indicati come “TBD”, cioè non ancora arrivati o forse riparati.

 

Come afferma ancora @snekotron:

 

Entro la fine di aprile, si prevede di avere a disposizione 43 T-64, 38 T-72, 31 Twardy, 28 T-55S, 32 Leo 2A4, 14 Leo 2A6, 14 Challenger 2, 14 AMX-10. Altri 53 sono elencati come TBD. La prima cosa che salta all’occhio è che i T-64 prebellici dell’Ucraina sono quasi tutti spariti. /5

La stragrande maggioranza di questi, come si può vedere, sono vecchi T-64, vecchi T-72 (cioè non i T-72B3M altamente aggiornati che usa la Russia), vecchi T-55, 32 vecchi Leopard 2A4 che sono molto più deboli dei 2A6 aggiornati, ridicoli AMX-10 francesi che non sono nemmeno veri carri armati.

 

Quindi, di tutto questo, gli unici carri armati degni di nota sono 14 Leopard 2A6 e 14 Challenger-2, il resto non è nulla di cui la Russia debba preoccuparsi, o che possa avere una possibilità contro i blindati russi.

 

E come accenna più avanti, questi numeri sembrano mostrare che le precedenti formazioni di carri armati dell’Ucraina sono state tutte annientate, dato che non sembra esserci traccia del precedente massiccio numero di T-72 dell’Ucraina, per esempio, nella forma della consegna originale polacca di oltre ~300 carri armati.

 

@snekotron

L’Ucraina ha anche bruciato la maggior parte delle sue consegne di corazzati l’anno scorso, dato che ora sta aspettando i vecchi T-72 e i PT-91 Twardy spediti dalla Polonia. Molti dei TBD potrebbero essere riempiti da Leo 1, non è chiaro. /6

Una considerazione interessante che si può trarre dalle conclusioni del Dr. Snekotron è che la ragione dell’incertezza paradossalmente maggiore degli Stati Uniti rispetto ai numeri delle truppe AFU, che a volte forniscono all’ingrosso, e non qualificano come “combat effective/ineffective”, rispetto ai numeri delle truppe russe, per i quali gli USA hanno spesso numeri più precisi, potrebbe essere dovuta al fatto che le forze di prima linea dell’AFU sono nel caos, e i comandanti delle unità mentono e ingannano – o addirittura non sanno – sulle proprie forze/perdite/composizione delle unità, a tal punto che persino gli analisti statunitensi  non sono in grado di conoscere i numeri di molte delle loro unità.

 

In breve, si delinea un quadro della linea del fronte dell’AFU come una sorta di Mad Max del Far West. Quando si tratta di nuove composizioni di unità create da zero per la prossima offensiva, tuttavia, gli Stati Uniti hanno i numeri esatti.

 

 

Dr.Snekotron

@snekotron

 

La mancanza di visibilità sulle formazioni ucraine è endemica in questo rapporto, e conferma qualcosa che alcuni sospettavano da un po’ di tempo – che le vecchie unità sono semplicemente lasciate a dissanguarsi mentre vengono generate nuove formazioni. /13

Questo spiega perché, ad esempio, sulla lista delle vittime sembrano non avere alcuna idea, e si limitano a prendere il numero che il comando dell’AFU ha dato loro, che è l’assurdamente basso 17k.

 

Il dottor Snekotron concorda con questa valutazione:

È come se la NATO costruisse queste unità, le liberasse sul fronte e le facesse sparire in una scatola nera che è lo Stato Maggiore ucraino e l’SBU. Non sanno quale sia la capacità di combattimento di queste unità, quindi devono formarne di nuove. /17

 

Le perdite in combattimento, che purtroppo sono state manipolate dai social media russi, sono un buon esempio di questo effetto scatola nera. L’originale dichiarava 35,5k-43,5k KIA da parte russa e 16k-17,5k KIA da parte ucraina. /18

 

L’autore prosegue menzionando alcuni altri aspetti importanti su cui vorrei soffermarmi:

 

Il fatto che le brigate ucraine siano ora quasi interamente dipendenti da equipaggiamenti stranieri e fondamentalmente di dimensioni reggimentali parla di logoramento nel corso di un anno di guerra. Non si mandano in giro persone con un mese di addestramento (secondo questo documento) se si vogliono evitare perdite. /21

Quanto sopra fa riferimento a uno dei documenti che elenca 12 brigate AFU per l’asse di Bakhmut, ma fornisce un numero di truppe pari a 15-30k. Una brigata completa dovrebbe essere di 5.000 uomini, il che significa che 12 brigate sarebbero 60.000 uomini. Se gli Stati Uniti stimano solo 15-30k, significa che le brigate dell’AFU operano tutte al massimo al 50%, e forse anche al 25%. Si tratterebbe di “brigate” con 1000-2000 uomini al massimo, in sostanza 1 o 2 battaglioni, piuttosto che gli oltre 4 dello standard.

Inoltre, un ultimo punto. I documenti riportano una spesa totale di 9.612 per il GMLRS e di 952.856 per il 155mm. Negli ultimi 7 giorni una media di 14 e 2.746, rispettivamente. Questo ritmo di fuoco è anemico e l’Occidente non sarà in grado di aumentarlo presto. /26

 

Il che porta anche a un punto che ho ripetuto negli ultimi mesi, ovvero che il problema più grande da risolvere è quello dell’industria bellica. La Russia ha solo bisogno di potenziare la sua produzione: più munizioni, più droni, più bombe. I bombardamenti della VKS con bombe plananti sono incontrastabili. /27

Alcune riflessioni conclusive:

 

Il più grande insegnamento che traggo da questi documenti è che la presunta “offensiva in arrivo” dell’AFU è davvero un ultimo urrà, anche più di quanto immaginassimo. Il motivo è duplice:

 

  1. In primo luogo, i loro numeri in generale appaiono molto inferiori sotto tutti i punti di vista. Non solo gli effettivi sono estremamente ridotti, ma anche i numeri delle attrezzature occidentali sono incredibilmente miseri rispetto a quanto era stato promesso in origine molto tempo fa.

 

  1. E poi, la seconda notizia più importante è il cattivo stato delle loro scorte di missili AD. Con l’alto tasso di consumo, sembrano essere sull’orlo della completa mancanza di difesa.

 

La storia che se ne ricava è quella di un ultimo urrà sull’ultima spiaggia. In primo luogo, è chiaro che l’offensiva “principale” non potrà avvenire prima dell’inizio di maggio, perché è a quell’epoca che sono state programmate le consegne degli ultimi carri armati necessari, secondo questi documenti.

 

Tuttavia, maggio è già una zona di pericolo per il consumo di A.D.. Quindi, se lanciano la loro massiccia offensiva e questa fallisce per tutto il mese di maggio, a giugno potrebbero trovarsi in una situazione in cui la loro AD è così gravemente degradata che la Russia può lanciare la propria “offensiva estiva” contro un’AFU assottigliata, esaurita e ormai priva di blindati, che non può nemmeno difendersi dall’aria.

Se a questo si aggiunge il fatto che la Russia starebbe utilizzando quantità massicce di nuovi mezzi aerei guidati (tra cui la visita odierna di Shoigu a una fabbrica di bombe[6], che ha mostrato la costruzione di alcune delle più grandi e spaventose bombe russe, come la Fab-9000, un mostro di 9000 kg), tutto lascia presagire pessime notizie per l’Ucraina.

Se queste fughe di notizie non sono deliberati psyops, una maskirovka, allora entro quest’estate l’AFU potrebbe trovarsi in condizioni disastrose. Uno scenario in cui, con un’AD esaurita, vengono martellate da un’aviazione russa pienamente attivata che sgancia impunemente massicce bombe guidate, mentre le forze russe appena mobilitate attraversano il paese, facendo piazza pulita dei resti delle loro brigate distrutte e prive di personale.

 

Naturalmente, continuo a prendere in considerazione la possibilità che le fughe di notizie siano un’ultima manovra della CIA per cullarci in un falso senso di sicurezza. Ma pensiamo alla logica: tali fughe di notizie potrebbero davvero “ingannare” il Ministero della Difesa russo, quando la Russia ha le proprie capacità avanzate di C4ISR, di ricognizione satellitare, ecc. per verificare tutte queste informazioni? Tutto ciò che è contenuto nelle fughe di notizie è probabilmente già noto alla Russia da tempo, quindi è molto improbabile che si tratti di un tentativo di “ingannare” la Russia stessa. È probabile che le fughe di notizie siano reali. Ma, come ho detto, non sto scartando completamente la possibilità.

 

E non è detto che l’Ucraina sia destinata a crollare. Per esempio, anche la terribile situazione dell’AD non è scritta nella pietra. Nei documenti stessi, c’è una chiara sezione “linea d’azione” che delinea i passi da compiere per mantenere in vita l’AD. Tuttavia, come già accennato, i passi consistono semplicemente nell’implorare i vicini per avere più munizioni, ma non c’è alcuna garanzia che abbiano molto di più di questi missili d’epoca sovietica che probabilmente sono prodotti solo in Russia.

 

Quindi, da un lato non si tratta di un crollo definitivo, ma dall’altro le prospettive per l’AFU non sembrano affatto buone.

 

Infine, il fatto che solo “12 brigate credibili per il combattimento” possono essere generate per l’offensiva, come da documenti: anche se questo rappresenta 60k truppe, e per certi versi sembra un sacco di forze. Ma d’altra parte, dobbiamo ricordare che per fare uno sfondamento efficace, l’AFU aveva intenzione (almeno secondo tutti i razionali conosciuti) di attaccare su più fronti disparati.

Ad esempio, doveva esserci un grande gruppo per lo sbarco a Kherson/Dnieper, un grande gruppo che si dirigeva verso Berdiansk/Mariupol passando per Volnovakha, una spinta principale verso Melitopol, ecc. Quindi, immaginate di suddividere queste 60k truppe in varie direzioni di questo tipo; il risultato finisce per essere piccoli raggruppamenti di 10-20k truppe ciascuno che attaccano un determinato fronte. E questo non sembra molto preoccupante.

 

Naturalmente, è sempre possibile che si possano tirare fuori vari altri gruppi da fronti diversi, come Kremennaya, Bakhmut, ecc. e aggiungere altre brigate a queste 12, ma questo metterebbe gli altri fronti a rischio di essere travolti.

 

Quindi, vedremo. Per ora sembra che ci sia ancora tempo, perché – se queste fughe di notizie sono vere – dimostrano che una grande offensiva non può arrivare prima di maggio, almeno non sul fronte meridionale. È probabile che stiano ancora pianificando una controffensiva locale di Bakhmut con le riserve accumulate lì.

 

 

[1] https://thegrayzone.com/2023/04/07/leaked-documents-us-nato-ukraine-war-plan/

[2] https://twitter.com/snekotron/status/1644158771155935233 ; https://twitter.com/witte_sergei/status/1644178124127731712https://twitter.com/War_cube_/status/1644390191627370498

[3] https://simplicius76.substack.com/p/usnato-isr-addendum-deep-dive-into?utm_source=substack&utm_campaign=post_embed&utm_medium=web

[4] https://www.nytimes.com/2023/04/07/us/politics/classified-documents-leak.html?smid=tw-nytimes&smtyp=cur

[5] https://simplicius76.substack.com/p/the-coming-russian-offensive-2023?utm_source=substack&utm_campaign=post_embed&utm_medium=web

[6] https://www.bitchute.com/video/cAtoAiOQbPsp/

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Tocca alla chiesa ortodossa subire la morsa sempre più soffocante del regime ucraino e sempre più spesso il suo tallone. L’obbiettivo è di renderla una istituzione del tutto collaterale ed asservita ai suoi voleri. Si tratta comunque di una operazione posticcia, tesa alla manipolazione ideologica della popolazione. Il vero retroterra culturale e gli idoli e simboli che sostengono e motivano la leadership sono di altra natura e risalgono a quanto di peggio abbia prodotto il ‘900. Nel frattempo il fronte continua a subire lenti ma costanti spostamenti grazie alla spinta dell’esercito russo. Nel frattempo dal cappello russo, a detta degli occidentali ormai a corto di sorprese, continuano ad uscire invece novità dell’arsenale disponibile. La costante rimane il carattere sempre più terroristico che sta assumendo la resistenza ucraina. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Dieci anni di preparativi alla guerra sono difficili da annientare in pochi mesi di conflitto. Se ne sono resi conto i russi i quali, a loro volta, hanno accantonato da qualche tempo l’illusione di rapporti collaborativi, quantomeno di fredda convivenza, con gli Stati Uniti e il così detto Occidente. L’Ucraina, vittima delle ossessioni di un nazionalismo etnico aggressivo che in nome della salvaguardia della identità di un popolo non esita a sacrificare e reprimere parte della propria popolazione, è diventata esca e strumento di giochi molto più grandi. Il conflitto ha ormai assunto la forma di una guerra di attrito nel quale peseranno la disponibilità di materiali e soprattutto di uomini. Il passo indietro che prima o poi uno dei due contendenti, verosimilmente il regime ucraino, dovrà compiere sarà esiziale per chi vedrà naufragare i propositi propri e dei sostenitori. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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