La Nuova Vecchia Germania, Di  George Friedman

La Nuova Vecchia Germania

Il 2022 non è il 1914 o il 1939, ma una Germania armata è significativa.

Sembra che la Russia avesse due obiettivi distinti ma sovrapposti nell’invadere l’Ucraina. Il primo è stato quello di prendere il controllo del suo confine occidentale, un’area che gli conferisce profondità strategica e che Mosca ritiene essere nella sua sfera di influenza. Il secondo consisteva nel mettere l’uno contro l’altro i membri della NATO, rompendo le fazioni che si opponevano a qualsiasi forma di intervento. Qualunque cosa si dica sul carattere e sul temperamento del presidente Vladimir Putin è irrilevante. Per la Russia, c’è una logica nella strategia. Difendere il proprio Paese è un compito spietato.

Dal punto di vista della Russia, l’Ucraina non dovrebbe avere importanza per nessun paese a meno che quel paese non voglia strangolare la Russia, cosa che non accadrebbe se la NATO non esistesse. Se l’Europa non fosse una base operativa per gli Stati Uniti, il principale avversario della Russia, gli Stati Uniti non sarebbero una minaccia.

Al centro di tutti i calcoli sulla potenza europea c’è la Germania. È da tempo una nullità militare e dal 1991 il suo obiettivo principale è la crescita economica. Ha un’economia massiccia e orientata all’esportazione che richiede una tonnellata di energia e gran parte di quell’energia proviene dalla Russia. (Altre ne arriveranno se e quando il gasdotto Nord Stream 2 sarà online.) I russi hanno pianificato questa crisi con questo in mente.

Come praticamente tutti i paesi, la Germania stava soffrendo per le ricadute economiche della pandemia di COVID-19 quando è iniziata la guerra in Ucraina. La perdita di energia russa non farebbe che peggiorare le cose. Poiché la Germania e la Russia tendono a cooperare su questioni economiche e la Germania ha evitato sia il riarmo militare che gli scontri con la Russia, Mosca pensava che qualunque cosa avesse fatto in Ucraina non avesse alcuna conseguenza per Berlino.

I primi giorni dell’invasione sembravano confermare il pensiero della Russia. In un primo momento, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha affermato con enfasi che non avrebbe consentito la fornitura di armi all’Ucraina dalla Germania. In un altro caso, un aereo britannico che consegnava missili anticarro all’Ucraina si è diretto intorno alla Germania piuttosto che chiedere i diritti di sorvolo. Nel frattempo, Putin ha incontrato il primo ministro ungherese Viktor Orban per concordare un accordo sul gas naturale, ma Orban ha detto di non essere disposto a prendere una posizione ostile nei confronti della Germania. Ciò ha sollevato speranze nel Cremlino che l’alleanza potesse essere divisa. Se anche un paese minore come l’Ungheria, un ex satellite sovietico, era pronto ad allontanarsi dalla NATO, allora le fondamenta del potere americano nella penisola europea si stavano dissolvendo, o almeno così si pensava.

Ma Putin non è riuscito a capire le ansie della Germania nei confronti della Russia. Russia e Germania potrebbero lavorare a stretto contatto nel quadro della NATO, ma se tale quadro si sciogliesse e l’Ucraina cadesse, l’unica cosa che si frappone tra Germania e Russia sarebbe la Polonia. Questo può sembrare paranoico, ma il fatto che la Russia abbia sostanzialmente preso il controllo della Bielorussia l’anno scorso con un colpo di stato incruento e stia cercando di conquistare l’Ucraina ora suggerisce che la paranoia avesse dei meriti.

La posizione strategica tedesca stava crollando. Berlino era in contrasto con i suoi colleghi membri dell’UE e della NATO, la Francia stava emergendo come il principale interlocutore europeo e gli Stati Uniti, il fondamento della sicurezza nazionale tedesca, stavano diventando impazienti se non ostili. Il governo sperava che, nonostante tutte le lamentele sull’Ucraina, gli affari con la Russia potessero continuare senza sosta poiché gli Stati Uniti avrebbero gestito qualsiasi serio confronto militare.

Ma non doveva essere. Washington non ha intrapreso un’azione militare, ovviamente, ma ha imposto alla Russia enormi oneri economici che bloccheranno il flusso di energia verso l’Europa. Il sogno di avere forti legami commerciali con la Russia pur facendo parte della NATO era finito. La Russia lo ha reso impossibile. Berlino è stata costretta a fare ciò che non voleva: scegliere. Ma poi non c’era davvero alcuna scelta. Nonostante il gas russo, la Germania ha affermato che armerà l’Ucraina e, cosa più significativa, si riarmarà con un budget per la difesa notevolmente migliorato.

A parte la rivitalizzazione della NATO, questa potrebbe benissimo essere la conseguenza più importante dell’invasione russa. Ricordiamo che una Germania potente e militarizzata è stata storicamente una forza destabilizzante in Europa. Quando la Germania si unì nel 1871, emerse rapidamente come una potenza economica importante ma insicura, preoccupata per gli attacchi simultanei di Russia e Francia. Le cose ora sono diverse, ovviamente. Il 2022 è un mondo diverso dal 1914 e dal 1939. Ma anche così, la grazia salvifica agli occhi di molti paesi europei è l’attuale debolezza militare. In geopolitica, le soluzioni a un problema possono generarne di nuovi.

La Russia si è messa in una brutta posizione. La frammentazione dell’Europa non è più possibile. Anche se dovesse sconfiggere l’Ucraina, sarebbe molto più vicino a un’Europa ostile, guidata da una Germania appena rimilitarizzata.

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L’invasione dell’Ucraina materializza la minaccia russa in Europa. Intervista a Jean-Robert Raviot

Allarghiamo i punti di vista a paesi con ambizioni da protagonista e comportamenti di fatto completamente allineati. Un bluff che non regge nei momenti di crisi acuta, con il risultato di una ulteriore perdita di credibilità ed autorevolezza_Giuseppe Germinario

L’invasione dell’Ucraina materializza la minaccia russa in Europa. Intervista a Jean-Robert Raviot

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Invadendo l’Ucraina, Mosca ha materializzato la minaccia russa che incombeva sull’Europa. A causa di questa reale minaccia, la NATO si ritrova così rilegittimata, dando corpo all’emergere di una nuova guerra fredda. Intervista a Jean-Robert Raviot, professore all’Università di Parigi Nanterre.

Jean-Robert Raviot è professore all’Università di Parigi Nanterre. È direttore del master di studi russi e post-sovietici e coordinatore del corso bilingue diritto francese – diritto russo. Intervista di Étienne de Floirac.

Come si spiega questo attacco improvviso all’Ucraina da parte della Russia dal 24 febbraio? Potrebbe essere stato un fattore scatenante a causare questa decisione?

Questa invasione russa dell’Ucraina mi ha sbalordito, come ha sbalordito molti osservatori. Pensavo che la pressione militare russa sul confine ucraino sarebbe proseguita in una specie di guerra di nervi. L’obiettivo dichiarato di Vladimir Putin era un obiettivo a lungo termine: ottenere un’Ucraina neutrale, quindi aprire un grande negoziato con gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO per ottenere una revisione completa dell’architettura di sicurezza del continente europeo. Russia rispetto a quella risultante dalla fine della guerra fredda. Ho quindi pensato che la Russia avrebbe aumentato la pressione militare fino a quando non avesse ottenuto almeno un risultato positivo: almeno l’applicazione degli accordi di Minsk-II da parte di Kiev [1], anche la federalizzazione dell’Ucraina, anche, in aggiunta, la proclamazione, da parte di quest’ultima, della sua neutralità e l’abbandono di ogni progetto di adesione alla NATO. È stato un errore. La crescente pressione significava che l’invasione russa dell’Ucraina era già passata dalla fase di un copione a quella di un piano. Sembra plausibile ritenere che sia stato il rifiuto degli Stati Uniti di avviare negoziati con Mosca sulla base dei due progetti di trattati presentati dalla Russia il 17 dicembre 2021 [2] che hanno accelerato lo sviluppo dell’operazione lanciata il 24 febbraio .

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Si può parlare di invasione o questa nozione è poco adatta alla situazione?

Non giochiamo con le parole: questa è un’invasione. Così come l’annessione della Crimea alla Russia nel 2014 è stata preceduta da un’annessione! Direi anche di più: la Russia sta invadendo militarmente l’Ucraina, ma sta anche invadendo le menti di ogni casa europea attraverso la televisione. Questa invasione concretizza una minaccia russa che fino ad ora era, per gli europei occidentali, solo una storia, virtuale, qualcosa di abbastanza astratto e distante. Attraverso questa invasione, la Russia fa rivivere la paura della guerra in patria, dei bombardamenti e dell’esodo, persino la paura della bomba atomica. Con questa invasione, Putin pone la Russia al di fuori di un dogma fondamentale che unisce l’Europa dal 1945: “  L’Europa è pace  ”. Nessuna guerra territoriale tra i popoli europei. In altre parole,Putin ha portato la Russia fuori dalla “civiltà europea”.

La Serbia di Milosevic, accusata di fomentare il genocidio contro gli albanesi del Kosovo, era già stata designata come “uscita dalla civiltà” nel 1999. La NATO aveva effettuato bombardamenti mirati su questo terreno, una cosiddetta guerra preventiva, “a scopo umanitario”. Ma la Russia di Putin non è dello stesso calibro, è una potenza nucleare e, a differenza della Serbia, è in una posizione offensiva. Per gli occidentali, quindi, la controffensiva non può che essere obliqua: sanzioni economiche e finanziarie, esilio dalla “comunità internazionale” in tutti gli ambiti. Potrebbe anche portare a sostenere una resistenza armata che si formerebbe in un’Ucraina che sarà presto occupata, totalmente o parzialmente.

Vladimir Putin, colpevole, ma non responsabile?

Per un realista, la nozione di colpa non fa parte del vocabolario dell’analisi politica e geopolitica. Putin è responsabile? Ovviamente. Chi invade chi? Ancora una volta, non giochiamo con le parole. Ciò che è più interessante è esaminare le cause che hanno portato Putin a pianificare e poi decidere di mettere in atto un’operazione di tale portata. Occorre quindi rischiare di analizzare le intenzioni attraverso la cornice del discorso ufficiale, cercando di intravedere l’universo mentale che ha plasmato questa decisione. Per me, due registri discorsivi consentono di tracciare due catene di causalità, strettamente legate tra loro, che hanno portato a questa decisione.

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La prima catena di causalità è di natura politica e geopolitica: è il registro politico e geopolitico della nuova guerra fredda [3] . La Nuova Guerra Fredda non è una continuazione, ma piuttosto una rinascita della Guerra Fredda vera e propria (1947-1990), avvenuta negli anni 2000 come reazione alla Guerra Fredda degli anni 90. Il freddo nasce da un nuovo desiderio russo di rivedere l’ordinamento europeo. La Russia ritiene che quest’ultima sia stata costruita senza di essa e contro di essa in un momento – gli anni ’90 – in cui era in una posizione debole. Personaggio chiave della Guerra Fredda, ottimo conoscitore dell’URSS, inventore del concetto di contenimentoche servì come base per la Dottrina Truman di contenimento dell’espansionismo sovietico, il grande diplomatico americano George Kennan (1904-2005) avvertì nel 1997 che la decisione di ammettere gli ex satelliti dell’URSS nell’Europa orientale era un “errore fatale  . Oggi misuriamo tutta l’esattezza premonitrice di questa frase…

Nel nuovo contesto internazionale degli anni 2000, segnato dall’uscita degli Stati Uniti dal suo status di superpotenza, quello del dopo Guerra Fredda, e dal ricollocamento del proprio impegno verso il Medio Oriente e l’Asia, nonché attraverso il rapido ascesa della Cina, la Russia cerca di riconquistare il potere sviluppando una “rivalità asimmetrica” con gli Stati Uniti che, per certi aspetti, prende in prestito dal repertorio della Guerra Fredda [5]. La nuova guerra fredda è caratterizzata da un contesto internazionale molto più complesso, fragile e fluttuante del vecchio mondo bipolare. Se la nuova Guerra Fredda ha finito per scaldarsi più velocemente di quella precedente, è perché la posizione asimmetrica della Russia nei confronti dell’Occidente ha amplificato la percezione, da parte dei suoi leader, di una crescente minaccia occidentale. La rivalità asimmetrica che si svolgeva simultaneamente in molteplici teatri operativi – militare-strategico, economico, finanziario, informativo, ideologico – ha destabilizzato il potere russo, lo ha costretto ad adattarsi costantemente e ha notevolmente amplificato la percezione di una minaccia multiforme proveniente dall’Occidente.

Su questa prima catena di causalità geopolitica si innesta una seconda, di ordine civilistico e culturale. È il registro del mondo russo, in virtù del quale la Russia è uno Stato portatore di una civiltà – il mondo russo [6] , rousskii mir – minacciato nella sua stessa esistenza da una latente e diffusa russofobia occidentale – una sorta di stasi che portare i leader occidentali a puntare sempre, più o meno consapevolmente, alla distruzione della Russia per impossessarsi delle sue risorse naturali, controllare i corridoi logistici del continente eurasiatico, anche, oggi, per contenere meglio la Cina. Questa stasi della civiltà russofoba dell’Occidente sarebbe stata la vera ragione dell’invasione della Russia da parte dell’Occidente nel 1812, nel 1941…

Secondo questa visione molto culturalista, che ritroviamo ad esempio nel pensiero di Alexander Solzhenitsyn, l’Ucraina non è una nazione a sé stante, ma il ramo di un grande popolo russo che, definito secondo le categorie di prima del 1917, ne comprendeva tre: Grandi Russi (Russi), Bianchi Russi (Bielorussi) e Piccoli Russi (Ucraini) [7]. La Russia dovrebbe quindi avere il compito di riunire in un’unica entità politica guidata da Mosca la Russia vera e propria, la Bielorussia, l’Ucraina ei russi che vivono negli Stati confinanti (Nord-Kazakistan). Oggi, continuiamo questa logica di pensiero, l’Ucraina sarebbe diventata l’anello debole del mondo russo, perché avrebbe in qualche modo perso la sua coscienza identitaria sotto l’influenza di un nazionalismo ucraino revanscista, anche “neo-nazista”, influenzato, manipolato da fuori. Putin lo ha ribadito molto chiaramente nel lungo discorso, con toni molto identificativi, che ha pronunciato davanti al Consiglio di sicurezza russo il 21 febbraio. In sostanza: l’Ucraina appartiene alla primissima cerchia del mondo russo, non appartiene più a se stessa, poiché i suoi attuali leader stanno spingendo contro la propria storia, l’Ucraina è troppo influenzata dall’Occidente, soprattutto da quando l’Occidente (nel 2014) ha organizzato un colpo di stato per insediare un governo a Kiev che non è solo un cavallo di Troia contro la Russia. Riporto qui i termini di un lungo messaggio pubblicato suTelegramma del presidente della Duma, Vyacheslav Volodin, il 27 febbraio. Dobbiamo quindi porre fine a questa minaccia esistenziale per il mondo russo. E bisogna agire prima che sia troppo tardi: questo spiega i tempi dell’invasione.

La NATO non ha trovato una ragion d’essere in questa nuova guerra?

Era la minaccia sovietica a presiedere alla sua creazione nel 1949, e la scomparsa dell’URSS e del suo blocco l’aveva lasciata in qualche modo orfana. La guerra contro l’Ucraina nel 2022 consacra questa minaccia russa in tutta la sua realtà, la oggettiva pienamente. Questa è una manna dal cielo, perché solo la minaccia russa può legittimare la Nato, che non è mai riuscita a definirsi altro che un baluardo contro Mosca. Perché come altro definirlo? Lo scudo armato del mondo libero e delle democrazie? È difficile, perché la Turchia molto autoritaria di Erdogan ne è un pilastro, e il suo carattere strettamente difensivo minato dall’invasione di Cipro del Nord da parte della Turchia nel 1974, le operazioni svolte per conto della NATO in Serbia poi in Afghanistan…

E la Francia, quale potrebbe essere il suo ruolo?

Per quanto riguarda la Francia, non riesce a svolgere un ruolo positivo nell’attenuazione delle tensioni tra Russia e Occidente. Non è più percepito, a Mosca, come un attore con un grado di autonomia sufficiente per esercitare un’influenza. Mi sembra invece che ci sia un problema di interpretazione dei segnali emessi da gesti e discorsi contraddittori. Testimone il grande divario tra la visita di Macron a Mosca (7 febbraio), dagli accenti quasi gollisti, che mirava a disinnescare la crisi facendo sentire un’altra voce occidentale, e le battute molto guerrafondaie del ministro dell’Economia che dichiarava “una politica economica a tutto campo e guerra finanziaria alla Russia”,come se l’obiettivo primario della politica francese fosse quello di sanzionare la Russia, e non di risparmiare l’Ucraina, che si trova sotto le bombe…

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Giudizi

[1] Gli accordi Minsk-II, firmati il ​​12 febbraio 2015, sono firmati secondo il “Formato Normandia” (Russia-Ucraina-Germania-Francia, con rappresentanti delle autoproclamate repubbliche di Donbass e Lugansk). Russia e Ucraina si accusano a vicenda di non aver mai avuto intenzione di rispettarne i termini. Il 31 gennaio 2022, il segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina ha dichiarato che ”  il rispetto degli accordi di Minsk, firmati sotto la minaccia dei russi sotto lo sguardo di tedeschi e francesi, significa la distruzione del Paese  ” .

[2] Proposta russa di avviare negoziati immediati su un ”  trattato tra gli Stati Uniti e la Federazione Russa sulle garanzie di sicurezza  ” da un lato e un ”  accordo sulle misure per garantire la sicurezza della Federazione Russa e degli Stati membri della NATO  ” su l’altra mano. Richieste russe: rinuncia a qualsiasi allargamento della NATO (all’Ucraina e ad altri Stati), nessun armamento aggiuntivo negli Stati che hanno aderito alla NATO dopo il 1997 (tutti gli Stati dell’Est Europa Est), divieto di insediamento di nuove installazioni militari americane sul territorio degli Stati risultanti dall’URSS (paesi baltici).

[3] Jean-Robert Raviot (dir.), Russia: Verso una nuova guerra fredda?, La Documentation française, 2016.

[4] George F. Kennan, “Un errore fatale”, New York Times , 5 febbraio 1997.

[5] Andrei P. Tsygankov, Russia e America. La rivalità asimmetrica , Polity Press, 2019.

[6] Marlene Laruelle, Il ‘mondo russo’. Soft Power e immaginazione geopolitica della Russia , 2015: https://www.ponarseurasia.org/the-russian-world-russia-s-soft-power-and-geopolitical-imagination/

[7] Alexander Solzhenitsyn, Come riorganizzare la nostra Russia? , Fayard, 1990. Prima del 1917, i “Russi”

https://www.revueconflits.com/jean-robert-raviot-russie-ukraine-poutine/

SONO INDIG- NATO!_di Pierluigi Fagan

Il mondo è sull’orlo del baratro per cosa esattamente? Perché l’Ucraina deve avere la libertà di richiedere l’ammissione alla NATO. Cioè, noi stiamo facendo questo ignominioso fracasso perché difendiamo il principio di libertà del “popolo ucraino” a chiedere di entrare nel sistema militare comandato dall’altra unica potenza nucleare con 5000 testate? Di modo così che gli USA possano piazzare missili ai bordi nord-orientali della libera e democratica Ucraina distanti tre minuti da Mosca? Così che Mosca sappia che verrà cancellata dalle cartine geografiche prima che abbia il tempo materiale di attivare la sua risposta che comunque impiegherebbe decine e decine di minuti per arrivare a Washington? Bravi!

Ed è per questo che gli americani, quattro anni fa, si sono unilateralmente ritirati dal trattato INF che regolava gli equilibri di posizionamento dei missili balistici a medio-corto raggio che vigeva dal 1987? I famosi “euro-missili” perché sono posizionati proprio qui in Europa? Che lungimiranza! Allora non è solo Putin che pianifica per tempo le sue mosse eh? Ed io che mi credevo che le grandi potenze organizzassero le cose all’ultimo minuto, in fretta e furia, all’improvviso come siamo soliti fare noi qui per promuovere il nostro interesse nazionale.

Per 42 anni (1949-1991) c’è stata una “guerra” sì, ma “fredda” e si è basata sull’equilibrio di potenza, lì dove russi ed americani sapevano che se l’uno avesse provato a nuclearizzare l’altro, l’altro avrebbe avuto il tempo di nuclearizzarlo a sua volta. Per quanto cinico, questo principio ha garantito la pace in Europa per decenni ed è per rovesciare questo principio di equilibrio che ora la “Repubblica che ripudia la guerra” manda armi alla libera e democratica Ucraina?

Quella Repubblica che ospita 70 testate nucleari americane sul suo territorio nonché, in Sicilia, il centro tecnologico che coordina tutte le comunicazioni satellitari crittate delle forze armate non NATO ma direttamente americane con una quarantina di antenne a microonde, alta e bassa frequenza? E questa Repubblica sa che così si è deciso di diventare il primo bersaglio russo in caso di conflitto di potenza che tanto non deciderà lei ma qualcun altro? La nostra democrazia ha deliberato questo? Sì, dove eravate distrattoni, la nostra democrazia ha deliberato questo, quindi, oggi deve difendere la democrazia ucraina ed il suo diritto di provocare quello con 6000 atomiche andando a rovesciare l’equilibrio di potenza salvaguardato a fatica per settanta anni.

Quindi trattare artisti, intellettuali, calciatori, atleti, imprese e giornalisti, disabili e da ultimo anche i gatti russi come indegno rifiuto dell’umanità solo perché russi è giusto? Perché sono di un paese che potrebbe trovarsi missili potenzialmente con testate atomiche a tre minuti da Mosca se l’Ucraina entrasse in quella alleanza militare il cui decisore ultimo è a Washington? Cioè loro si ritirano dal trattato di parità di potenza, mettono rampe missilistiche in Romania e Polonia, poi cominciano a chiacchierare che -perché no?- potrebbero metterle anche in Georgia o Svezia o Finlandia mentre -guarda un po’- scoppiamo tumulti in Bielorussia e Kazakistan (e chi se ne frega, tanto non so neanche dove sono, all’ora di geografia dormivo) e pensano di mettertele pure a tre minuti dalla tua capitale e tu cosa dovresti fare dopo che sono anni che gli ripeti che le cose andavano sempre peggio tra voi e gli dicevi “dobbiamo metterci intorno ad un tavolo a chiarirci e discutere”? Dovresti sorridergli benevolmente, uno shottino e una bella piroetta di kazachok.

Ecco, noi difendiamo il principio di poter fare tutto questo, solamente questo e su questo sacrifichiamo milioni e milioni di euro di perdita economica per la nostra malconcia economia e lo facciamo tutti uniti, (salvo tredici baluardi dell’onestà intellettuale), commuovendoci uniti cantando l’inno alla libertà, la libertà di mettere testate nucleari a tre minuti dalla capitale del “nemico”, che è poi quello che ci dà il gas. Bravi!

Questa è politica, la guerra è politica «La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è, dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi.» come scrisse quel famoso generale prussiano nel 1832, tutt’oggi studiato in tutte le accademie militari del mondo.

Quale politica? Iscrivere il tuo nemico alla stregua degli “intoccabili” perché non si fa mettere i missili a tre minuti dalla sua capitale mentre tu ne stai bello tranquillo a debita distanza su un altro continente, col Primo Ministro della più antica “democrazia” occidentale (i britannici) che senza vergogna invoca pubblicamente che qualche “onesto oligarca” liberale lo ammazzi perché è sotto steroidi, è insano, ha i postumi del long covid mentre tu proponi di cacciarlo dal Consiglio di sicurezza dell’ONU dopo settantasette anni.

E noi stiamo declinando come bravi scolaretti allineati e coperti, con decine e decine di “esperti” di una materia che in un paese atlantista occupato militarmente dagli USA da decenni non sono di parte, no. Vengono pagati di loro centro studi e dai loro giornali perché super-partes, liberi di dire quello che vogliono, certo. Questa è una preview di Meta, dove il reale diventa irreale, pur dandoci l’impressione che sia reale ed addirittura, a volte, iperrreale. Con un dispiegamento a reti e stampa unificata da far paura mentre fanno di tutto per metterti paura e rabbia di modo che tu sbavi contro quel tiranno che non accetta di rischiare di esser polverizzato dal nostro sacrosanto diritto di mettergli i missili puntati alla tempia. Bravi davvero.

Il primo giorno di questa tragedia, Putin fissando la telecamera ci ha detto di non impicciarci altrimenti “… la risposta della Russia sarà immediata e vi porterà a conseguenze che non avete mai sperimentato nella vostra storia”, ripeto il concetto “mai sperimentato nella vostra storia” e ce lo ha ripetuto Lavrov l’altro giorno. Ma tanto noi dormivamo non solo all’ora di geografia, anche a quella di storia. Se lo metta bene in testa Mad Vlad, noi non siamo conigli, siamo fieri paladini della libertà e non possiamo non difendere il diritto di Zelensky di poter liberamente chiedere di entrare nella NATO. Noi siamo una civiltà, le civiltà si basano su principi, noi difendiamo i nostri principi come si difendono le mura della città (Eraclito)! Il principio di diventare alleato della potenza nucleare nemica di quello di cui sei confinante.

Quindi noi andiamo appresso ad un tizio che dopo aver vinto un talent come ballerino improvvisamente diventa molto ricco non si sa come e trova così i soldi per fondare una casa di produzione diventando attore, regista, sceneggiatore e produttore di sé stesso e fa un serial tv di 51 puntate di una storia in cui lui fa un insegnante che finisce col diventare presidente eliminando tutti i corrotti nel parlamento ucraino. Il tutto su una tv proprietà dell’oligarca secondo più ricco uomo d’Ucraina, finanziatore delle brigate che hanno fatto migliaia di morti russofoni nell’est, in causa con la Russia perché aveva molte attività economiche in Crimea. Il tizio è pure sotto indagine FBI, si chiama Kolomoisky[1]. Poi la casa di produzione diventa -oplà- un partito il cui nome e marchio è il titolo del serial che risulta registrato come partito più di un anno prima che finisca la serie in tv. Dopo tre anni di serial, appena finita l’ultima puntata, con una casa di produzione che si fa partito col nome della serie tv si presenta alle elezioni e….e….cosa? Ma le VINCE, che sciocchini che siete.

Ma questa è democrazia, come non riconoscerla! Noi poi che ci abbiamo fatto un pezzo di storia d’Italia con un signore che aveva tre televisioni e molto altro, era democrazia pure quella, no? Noi stiamo facendo quello che stiamo facendo per difendere la libertà democratica di questo signore che eletto, affida i servizi segreti ad un socio della sua casa di produzione. Lui e l’altro escono fuori nei Pandora Papers come possessori di conti off shore nelle Isole Vergini britanniche, Cipro e Belize nonché numerosi immobili al centro di Londra, ma chi se ne importa, combattono i corrotti! Forse quelli del governo precedente in carica da dopo il colpo di stato del 2014, che è stato composto facendo un casting internazionale finanziato da Soros secondo quanto diceva allora il Sole24Ore[2]? Noi dobbiamo difendere la sua libertà a pretendere di entrare anche lui nel mondo civile e democratico iscrivendosi all’alleanza militare americana che difende la libertà! Più Metaverso di questo, dai, è fantastico! Non devi neanche comprarti il visore 3D.

Noi, mandiamo armi ad un tizio che coscrive la popolazione maschile civile e nasconde le armi in città popolate per dotarsi di scudi umani mentre suoi milioni di concittadini scappano dalla loro vita per terrore e poi viene pure a spiegarci quanto si sente Pericle nel suo intimo, e ci rimprovera perché non siamo così solleciti a difendere il suo diritto di chiedere l’annessione alla NATO? Ed è pure un po’ arrabbiato perché ancora non lo abbiamo fatto entrare in due minuti nell’UE visto che lui ha certo tutti i parametri di bilancio a posto, una vera economia di mercato, ha pure lui gli oligarchi come si conviene nel libero mercato (ma non si era fatto eleggere promettendo di eliminarli?) e del tutto privo di corruzione. Cioè lui coi conti off-shore viene eletto tre anni fa perché c’era troppa corruzione ed in tre anni l’Ucraina è diventata un lindo e pinto stato di diritto? Certo, poi? Poi tiriamo fuori dal cappello 500 milioni di euro di Bruxelles di cui 450 in armi e ci apprestiamo a razionare l’energia, a “fare sacrifici” sopportando fallimenti di aziende e relativi disoccupati visto che ne abbiamo pochi, per la libertà e la democrazia che diamine!

Ma che bello spettacolo, e dire che Zelensky l’altro giorno ci ha pure urlato in lacrime di fare presto, che “questo non è un film!”. Un attore, sceneggiatore, regista, produttore di fiction che ci urla che questa non è una fiction! Lo urla al Presidente americano che ha un figlio espulso dalla US Navy perché drogato e mandato allora in Ucraina a fare il membro del consiglio di amministrazione di una compagnia di gas privata posseduta da oligarchi, dal 2014 al 2019, ricevendone lauti compensi per chissà quali abilità. Noi non siamo in una fiction! Ma è davvero meraviglioso!

E tutti i giorni, pur sapendo che è impossibile, continua ad invocare noi li si mandi l’ombrello aereo NATO per istituire una no-fly-zone, di modo che così la NATO si trovi faccia a faccia con l’altra potenza nucleare di prima grandezza. Ma visto che si sente tutti i giorni al telefono con mezzo Occidente incluso Biden e più volte al giorno, nessuno gli ha detto che sarebbe meglio non mettere in mezzo la NATO per il bene suo, dei suoi concittadini, degli interessi stessi dei popoli occidentali ma forse più che altro europei, nonché per depotenziare la propaganda di Putin? Perché lo fa, sistematicamente, recitando un soggetto ben preciso scritto da chi non sappiamo mentre gli stanno strizzando il paese con dentro il suo popolo? E perché Boris Johnson ha dichiarato che la Russia deve esser espulsa dal Consiglio di sicurezza dell’ONU quando sa che è impossibile? E perché solo ora gli USA hanno accettato di istituire una linea telefonica diretta con Mosca quando era l’ultimo punto della piattaforma presentata dai russi lo scorso anno come da testo pubblicato nella nota allegata[3]? Non era utile il telefono prima, vero? Prima era meglio che Putin andasse in paranoia al punto giusto.

Dopo esser andato a dare ciò che mi sentivo di dare alla raccolta fondi della Croce Rossa[4] per assistere quelle povere donne e bambini ucraini, nostri fratelli e sorelle non perché europei e democratici ma perché umani, come umani erano i siriani, gli yemeniti, i somali, i libici, gli jugoslavi ed i 20-30 milioni di morti per guerre promosse dagli Stati Uniti d’America negli ultimi settanta anni, io dichiaro la mia pubblica indignazione! Povera gente stritolata come noi in meccanismi più grandi di noi, di cui molti di noi non sanno nulla mentre piangono davanti alla tv sottoposti h24 alla tortura dello sdegno impotente per il Male nella sua forma più cruda. Mi sembra sia giunta l’ora di urlare “adesso basta!”. Io dichiaro di esser profondamente indignato anche se qualche imbecille dirà “ah ecco l’amico di Putin! Che schifo! Che inumanità!” Andate a dare qualche euro alla Croce Rossa invece che vomitare il vostro gratuito sdegno telecomandato, inutili idioti! Andate a pagare per i danni che provoca la vostra ignoranza che ha permesso e permette tutto ciò, collaborazionisti del Male a vostra insaputa.

Le informazioni qui contenute le trovate su Wikipedia con link a vari articoli anche americani, è tutto pubblico, noto, lampante. Il problema è che non ve lo fanno mettere in quadro.  Avete poche informazioni, poche conoscenze per processarle, ordinarle, comporre in maniera plausibile. Diceva von Clausewitz anche che: «La guerra non è mai un atto isolato.» è una continuazione della politica. Questo quadro politico internazionale coi suoi problemi di equilibrio di potenza è cronicamente assente dal nostro dibattito pubblico, abbiamo altro di cui occuparci. Così quando scoppia il pandemonio, sebbene lì ci sia un conflitto da otto anni dopo che c’è stato un colpo di stato, scattano le armi culturali di distruzione mentale di massa. Non è tanto questa o quella informazione che ci manca qui in occidente, nonostante l’oscuramento di ogni emittente russa (da noi va bene, se lo fa Putin è un dittatore, ovvio), ci manca la facoltà di poterle mettere assieme.

Così Putin ha la più potente macchina di fake news ed hacker del mondo ma poi non risultano oggi attacchi hacker in occidente, ma risultano devastanti attacchi in Russia. Così Putin è rimasto al Novecento e crede ancora che le questioni internazionali si risolvono con le armi, che mentalità antica, deve essersi fatto trapanare il cervello quando era al KGB. Non come gli USA che spendono in armi il totale degli altri dieci paesi che li seguono nella classifica pubblicata ogni anno dal SIPRI di Stoccolma (cioè, nell’ordine Cina, India, Russia, UK, Arabia Saudita, Germania, Francia, Giappone, Corea del Sud, Italia, spendono assieme, ogni anno, quanto gli USA). Maddai, lo sai che Putin vuole rifarsi l’impero, sii onesto. Certo ed è da condannare per questo, non come gli USA che dal 1950 ad oggi hanno bombardato e fatto guerra a 32 paesi, più i colpi di stato ed i regime change, quella è esportazione della democrazia e delle libertà. La religione del nostro Metaverso, sarai mica ateo?

Ma non ci possiamo lamentare, da noi c’è effettivamente “la democrazia”, possiamo dire ciò che ci pare, non come i russi, l’importante è che non riusciate mai a far capire ciò che dite a chi sa niente del gioco che si sta giocando. Troppo complesso, qui siamo al principio di non contraddizione applicato alle relazioni internazionali, se non stai con noi allora stai col nemico, tertium non datur. Cosa vuoi andare a spiegare la transizione al mondo multipolare a chi passa da Sanremo al talent di giornata passando per Instagram e Netflix per legittimamente abbrutirsi dopo otto o più ore di lavoro? Noi del gioco dobbiamo essere solo le solerti truppe di complemento che vanno dove il generale ha deciso che vadano. Noi siamo i topi di Skinner che agiscono in base ad imput in cui mischiano abilmente mezzi fatti conditi da forti emozioni, somministrati in certe condizioni di contesto debitamente preparate per tempo. Il decerebroscopio agisce 7/24, bambine che piangono, orsetti nel fango, vite spezzate, palesi ingiustizie che fanno sbavare di rabbia. Sbavare, come i topi di Skinner. In questo gioco non s’improvvisa nulla, è il “gioco di tutti i giochi”, ma a voi non è chiesta l’opinione di come giocarlo, solo fare il tifo per il vostro campione che è buono e nel giusto. Questa è la democrazia di mercato, lavora, consuma e fai il tifo, non ti serve pensare, devi solo agire.


[1] https://en.wikipedia.org/wiki/Ihor_Kolomoyskyi

[2] https://st.ilsole24ore.com/…/se-soros-e-finanza…

[3] https://sicurezzainternazionale.luiss.it/…/russia…/…

[4] https://cri.it/emergenzaucraina/

https://pierluigifagan.wordpress.com/2022/03/04/sono-indig-nato/

Censurare la mente e il cervello_di Roberto Buffagni

Confermata la notizia che l’Università Milano Bicocca ha annullato un corso su Dostoevskij di Paolo Nori. Ometto ogni considerazione in merito alle libertà di pensiero, insegnamento, cultura, che evidentemente non interessano più.
Per comprendere la Russia, conoscere Dostoevskij è molto importante. Non solo: per comprendere i complessi rapporti tra Europa e Occidente, e la Russia – un immenso paese a cavallo tra Europa ed Asia, Occidente e Oriente – conoscere Dostoevskij, che li meditò per tutta la vita, è indispensabile.
La ratio di questo provvedimento è dunque la seguente: NON VOLER CAPIRE la Russia.
La Russia è stata designata come nemico dalla UE, e dall’Italia in essa. UE e Italia hanno compiuto atti di guerra: invio di armamento offensivo all’Ucraina, sequestro attivi Banca Nazionale Russa. Noi italiani e la UE siamo cobelligeranti dell’Ucraina, anche se non ce ne siamo ancora accorti.
La Russia è il nostro nemico, e con questo atto dichiariamo che NON vogliamo capire il nostro nemico. Evidentemente, riteniamo di non averne bisogno. Riteniamo che la superiorità delle nostre forze economiche e militari, e della nostra ideologia liberal-progressista, sia così soverchiante da rendere superfluo ogni sforzo di comprendere la cultura, la mentalità, il modo di sentire e di agire nel mondo del nostro nemico russo.
La Russia è una grande potenza, che dispone del maggiore arsenale nucleare al mondo. Essa ha esperito, nel corso dei secoli e ancora di recente, tragici conflitti bellici, che hanno messo in forse la sua stessa esistenza: ma pur attraversando immani sciagure, è sempre riuscita a ritrovarsi, a resistere, a sconfiggere i suoi nemici, facendo appello a forze che, per brevità, usiamo chiamare “patriottismo” e “nazionalismo”; ma che si radicano, nell’anima e nella memoria storica dei singoli e dei popoli, a una profondità ctonia che solo grandi uomini come Dostoevskij sanno parzialmente scandagliare: “come quei che va di notte, che porta il lume dietro e sé non giova, ma dopo sé fa le persone dotte.”
Sono queste, le vere e più potenti armi del nostro nemico russo. L’armamento convenzionale e nucleare è soltanto uno strumento materiale, certo indispensabile, al servizio di quelle forze ctonie e della traduzione razionale di esse ad opera della dirigenza politica e militare russa.
D’altronde, implicitamente lo conferma la strategia bellica euroamericana, che punta al “regime change” in Russia. Il “regime change”, infatti, può aver successo solo quando si riesca a sfaldare la solidarietà tra dirigenti e popolo, e a innescare il processo centrifugo di frammentazione della nazione, ossia a piegare e poi dissolvere “patriottismo” e “nazionalismo” nell’anima dei singoli russi, popolo e dirigenti.
I dirigenti politici russi hanno ripetutamente e ufficialmente chiarito che stanno conducendo il conflitto odierno a difesa di un interesse vitale della nazione. “Interesse vitale”, nel linguaggio delle relazioni internazionali, significa un interesse che lo Stato, e il popolo che esso organizza, deve difendere a tutti i costi. “A tutti i costi” significa che si è disposti a difendere l’interesse vitale con tutte, ripeto tutte, le proprie forze, armamento nucleare compreso.
Ma a noi non serve, capire il nostro nemico. Non abbiamo bisogno di intendere le sue motivazioni, i suoi riflessi condizionati, l’equazione personale dei suoi dirigenti politici, le tradizioni culturali e la mentalità del suo popolo, il suo modo di amare e di odiare, di provare compassione e disprezzo, il significato che esso dà a parole come “onore”, “casa”, “famiglia”, “madre”, “padre”, “Dio”, “patria”; né quali corde esse tocchino nell’anima sua: perché non crediamo che esista l’anima, o non crediamo che ce l’abbia il nostro nemico.
Nella nostra tradizione culturale europea, questo atteggiamento di arrogante rifiuto di capire ha un nome: “hybris”. Ne hanno chiarito il significato le opere che stanno a fondamento della nostra civiltà: le tragedie e le epopee della classicità greca.
La frase che oggi sentiamo ripetere sui media, che “la prima vittima della guerra è la verità”, risale a Eschilo, il maggiore dei tragici greci. Eschilo combatté contro l’Impero persiano. Fu autore di una tragedia, “I persiani”, scritta dal punto di vista del nemico esistenziale dell’Ellade contro il quale aveva combattuto vittoriosamente a Maratona, Platea, Salamina. A Maratona cadde suo fratello Cinegiro. Sulla propria tomba, Eschilo fece scrivere questo epitaffio: «Codesta tomba Eschilo ricopre, d’Atene figlio, padre fu Euforione: vittima di Gela dalle ricche messi. Il suo valor potrebber ben ridirlo di Maratona il piano e il Medo chiomato.»
La conseguenza fatale di “hybris” è “nèmesis”, la punizione degli Déi. A pagare il prezzo della giustizia divina può essere il colpevole di “hybris”, ma anche la sua famiglia, i suoi discendenti, il suo popolo. L’infrazione alla legge divina che commette chi si renda colpevole di “hybris” è questa: per la grecità, l’uomo sta a metà tra l’animale e il dio. Se precipita nell’animalità, o tenta di elevarsi alla divinità, l’uomo viola l’ordine del cosmo. La némesis divina lo rimette al suo posto, e ripristina l’ordine del cosmo.
Gli animali non hanno bisogno di sforzarsi di capire l’altro, perché non ne sono in grado. Gli Dèi non hanno bisogno di sforzarsi di capire l’altro, perché già sanno.
A quanto pare, noi, noi italiani, noi europei, non possiamo capire il nostro nemico perché non ne siamo in grado; e non abbiamo bisogno di capirlo, perché già sappiamo tutto di lui.

IL RESOCONTO DI UN AMERICANO A KIEV_tratto da visionetv.it

IL RESOCONTO DI UN AMERICANO A KIEV
Quando oggi ho scritto il post sulla prevedibile durata della prima fase della guerra, non avevo letto questo resoconto, tradotto da Visione TV, che sta facendo un ottimo lavoro (link del video tradotto dall’inglese nel primo commento).
E’ la dimostrazione che il pensiero può ricostruire la verità di una guerra, anche senza conoscere i fatti, purché sia graniticamente impermeabile alla propaganda.
Le azioni dei belligeranti, infatti, anche di quelli che la propaganda dipinge come mostri, sono sempre razionali e ragionevoli, tenuto conto dell’obiettivo che essi hanno.
***
Oggi è sabato 26 febbraio ed è il terzo giorno dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
La gente in USA non sembra capire niente di quello che concerne siffatta invasione, continuano a dire che la Russia sta fallendo nel suo attacco perché non ha preso le infrastrutture, non ha colpito ad esempio il sistema elettrico, non ha distrutto i ripetitori del telefono oppure ancora non ha colpito le riserve idriche, continuano a dire che non capiscono perché la Russia sembra avanzare per poi fermarsi ogni volta che incontra qualche una resistenza. E’ davvero mancanza di immaginazione da parte dei commentatori americani.
Perché vedete il modo americano di fare le cose è andare e distruggere una nazione, distruggere tutto, distruggere il sistema elettrico, i ripetitori telefonici , le riserve idriche, basta distruggere tutto, per poi avanzare, ma questo non è fare la guerra, questo è spianare tutto, annichilire il nemico. E lo abbiamo visto fare così tante volte in Afghanistan, in Iraq, in Libia, in Siria, cioè hanno provato a farlo in Siria.
Ma allora cosa vogliono fare i russi? Non vogliono distruggere l’Ucraina, la vogliono prendere intatta, e non vogliono fare del male ai civili, perché dovrebbero voler far loro del male? Dal loro punto di vista se fanno male ai civili si creano dei nemici, quindi vogliono prendere l’Ucraina intatta, cambiarne la leadership politica e mettere una leadership che sia in linea con la Russia per ricavarne un alleato sulla lunga distanza. Ma se nel fare questo fanno del male ai civili, poi saranno proprio loro a mandare via il regime diretto da Mosca, non prendiamoci in giro. Vogliono un regime di marionette a cui gli ucraini siano più o meno indifferenti, non vogliono mettere nessuno al potere dopo aver reso la vita degli ucraini miserabile.
Quindi come stanno mettendo in atto la loro strategia? Stanno invadendo il paese in maniera molto rapida ed è sotto gli occhi di tutti quanto velocemente stiano invadendo l’Ucraina, senza colpire alcuna infrastruttura civile, ma solo colpendo obiettivi militari, e ogni volta che raggiungono una città e trovano una resistenza, intendo una seria resistenza da parte dell’esercito ucraino, si fermano e arretrano. In questo modo stanno li accerchiando, basta guardare una mappa. E’ una strategia tanto semplice quanto efficace, e stanno facendo questo in tutte le maggiori città, tipo a Kiev e Karkov, accerchiano le città e poi che fanno? Semplice: aspettano. Se circondi una città alla fine cadrà, non c’è un finale diverso.
Altra cosa che la gente sembra non capire è che vogliono prendersi l’esercito, e questo è il motivo per cui se vedete non ci sono state battaglie con centinaia o migliaia di morti o feriti. I russi è come se stessero prendendo l’Ucraina in punta di piedi. Per quel che riguarda lo spazio aereo, i russi posseggono lo spazio aereo ucraino al 100%. Ogni aereo che passa è russo. Non possiamo pensare all’esercito russo come all’esercito arretrato della seconda guerra mondiale, quello che vediamo oggi è l’esercito russo moderno, con una strategia ben precisa per catturare Ucraina ed esercito ucraino intatti. I russi hanno capito che una volta che avranno cambiato la leadership politica al paese, dovranno avere un esercito in loco che si prenda cura della nazione e delle persone.
E’ per questo che, come ho già detto, quando incontrano una resistenza maggiore, si fermano e arretrano. In occidente questa cosa è interpretata come debolezza, dicono che la Russia avanza molto velocemente ma poi non concretizza, perché è debole. Per la gente i russi sono deboli perché non sbaragliano l’esercito ucraino, e questo solo perché gli americani quando vanno in guerra fanno questo. distruggono l’esercito, e qualsiasi cosa che incontrino sul loro cammino, a loro non interessa. Ma ai russi si. ai russi invece interessa.
Una cosa che un mio amico mi ha fatto notare, una cosa che se ci si pensa è anche ovvia, è che i vertici militari ucraini, i generali e gli altri sono andati all’accademia militare insieme ai russi, erano compagni di scorribande fin da quando magari avevano 18 o 19 anni, bevevano insieme, uscivano insieme, si conoscono, si conoscono bene e non si vogliono uccidere tra di loro. Magari le loro vite si sono separate, ma gli anni passati insieme li mettono in una posizione in cui hanno qualcosa in comune e di certo non vogliono uccidersi l’uno con l’altro.
Una volta che i russi posseggono il cielo, lo sappiamo, ci mettono un attimo a colpire una zona e annichilirla causando una crisi umanitaria dalle proporzioni gigantesche ma loro non lo hanno fatto e non lo faranno. Come so questo? Perché hanno avuto tre giorni per farlo e niente, non l’hanno fatto. Sto facendo questo stupido video da un motel in centro a Kiev, pensate che potrei mai fare un video e avere linea internet se i russi facessero sul serio con l’Ucraina?
Mentre in occidente pensano che Putin e la Russia siano il male, la personificazione dell’anticristo. Non capiscono, non lo capite, e i vostri leader occidentali non vogliono di certo che capiate, leaders come Boris Johnson, Joe Biden, vogliono che vi immaginiate questa storia come un film della Marvel dove c’è il cattivo da demonizzare ed il cattivo è Putin, mentre gli americani insieme agli altri sono i cappelli bianchi, i bravi ragazzi che vinceranno il confronto.
Quello che mi da fastidio, e forse non è una cosa saggia da dire finché mi trovo qui in Ucraina, è che il regime di Zelensky invece vorrebbe vedere gli ucraini morti, non avrebbero problemi ad avere una crisi umanitaria. E come lo so? Lo so perché hanno dato le munizioni alla gente, da quel che so almeno 10 mila ak47. Se non hai pratica con un’arma del genere, puoi diventare molto pericoloso per la gente intorno a te e anche per te stesso. ci vogliono anni di training per imparare e sapere dove stai mettendo le mani, non è come nei film, è una cosa davvero pericolosa e davvero puoi farti seriamente male. Il regime di Zelensky non solo distribuisce le armi ma insegna alla gente come fabbricare ed utilizzare le molotov, vogliono fomentare la guerra, vogliono che la gente comune combatta contro i russi.
I russi hanno un esercito professionista, per cui se incontrano qualcuno di armato per la strada, sia un civile oppure un militare, gli sparano, non fanno discorsi. E se è un civile sarà il soggetto perfetto per una operazione fotografica in cui ritrarranno il civile morto per colpa del russo cattivo, e sarà presentato al mondo come scusa per le altre nazioni che verranno coinvolte come ad esempio gli Stati Uniti, fino a far arrivare la situazione ad un punto tale che le conseguenze potrebbero essere inimmaginabili.
E’ il regime di Zelensky che sta facendo qualcosa di demoniaco, perché deve essere demoniaco il fatto di incoraggiare i civili a fare qualcosa di cosi pericoloso e irresponsabile. Inoltre il regime di Zelensky ha di fatto messo nelle mani dei civili artiglieria pesante, e come è normale e giusto, i russi hanno il diritto di distruggere queste armi, e quindi saranno costretti a colpire anche dei civili. Mettiamo il caso che una cosa del genere avvenga in mezzo a dei condomìni, ci saranno i russi che nel tentativo di disarmare gli ucraini si troveranno costretti ad uccidere i civili. Il regime di Zelensky ha distribuito queste armi in aree popolose proprio perché vuole che una cosa del genere accada.
Vi racconterò anche qualcos’altro che il regime di Zelensky sta facendo: stanno impedendo a tutti gli uomini tra 18 e 60 anni di lasciare la nazione, se provano ad andarsene sono arrestati e arruolati immediatamente nell’esercito ucraino. Così succede che molti uomini stanno scappando dalle città. Ma non scappano dai russi, scappano dall’essere arruolati a forza. Non hanno paura che i russi distruggano le loro abitazioni o facciano loro del male.
Ora le donne, i bambini e gli anziani stanno nascondendo gli uomini tra i 18 ed i 60 anni, e non è una cosa che ho sentito dire, ma che so personalmente di gente che conosco, con cui lavoro, con cui sono uscito, sono andato a bere insieme, al ristorante insieme, ci ho fatto affari. Hanno dovuto lasciare Kiev per la paura di essere costretti con la forza ad entrare nell’esercito ucraino. Gente di mezza età come me, bravissimi business men magari, che però sono delle schiappe a fare i soldati con in mano un’arma, senza un briciolo di esperienza.
Il governo ucraino, il regime di Zelensky sta facendo tutto questo. E perché lo stanno facendo? Beh non costringi certo i tuoi uomini ad arruolarsi a forza se pensi che stai vincendo, o sbaglio? No di certo. E seconda cosa, attraverso questo sistema coatto crei un’intera classe di rifugiati che ha paura di te, governo, non certo dei russi. Così in occidente si rivendono quei filmati di gente che scappa dalle città e vi dicono e voi dite ” guarda scappano perché hanno paura dei russi”, no, assolutamente, non è così, hanno paura del regime di Zelensky.
Ma se dovessi dire cosa mi spaventa di più, è dare armi in mano ai cittadini che non sanno nemmeno come utilizzarle, perché il solo fatto di dar loro delle armi non li rende assassini perfetti. Poi accade che li trovano i russi e cosa succede? Cosa succede con un’arma che nemmeno sanno come utilizzare? Succede che i russi sparano, e così si ha inutile spargimento di sangue, per un’arma che nemmeno dovrebbero avere tra le mani. E questo è davvero diabolico. Da qui come ho già detto il regime ci può costruire una photo op perfetta.
Non pensate che le cose che vi sto dicendo le stia dicendo perché sono pro Russia o pro Putin, a me non interessano le opinioni qui, ma solo i fatti, e questa è la verità. Sono qui a Kiev in centro e sto ancora aspettando che i russi invadano la città, quindi so ciò di cui sto parlando. E nulla di ciò che sto dicendo viene detto dai media mainstream, o sbaglio? Guardate, tiro ad indovinare perché nemmeno li seguo i media americani o europei perché so che sono solo un ammasso di menzogne.
Probabilmente quello che state ascoltando qui non lo avete mai sentito altrove, benissimo, lo sentite adesso. Cosa vi ho sempre detto in questo canale? Pensate con la vostra testa e chiedetevi sempre perché qualcosa che sta avvenendo, sta avvenendo nel modo in cui avviene. Qui non ci sono casualità, c’è sempre chi pensa alle cose affinché avvengano in un certo modo, e sicuramente questo è ciò che hanno fatto i russi, i russi hanno pensato ad ogni singola mossa.
L’unica cosa che c’è da sperare è che il regime di Zelensky fallisca nel tentativo che sta mettendo in atto di coinvolgere in questo conflitto America ed Europa, e che il regime crolli o se ne vada, e che la Russia sia in grado quindi di prendere l’Ucraina intera senza feriti o morti, o con il numero minore possibile. Se le cose non vanno così, la nazione intera sarà distrutta, milioni di persone verranno ricollocate, milioni di persone verranno uccise e questa è esattamente la stessa cosa avvenuta in Iraq. Speriamo di non avere un secondo Iraq.

A COLPI DI GROSSRAUM, di Teodoro Klitsche de la Grange

 A COLPI DI GROSSRAUM

Diversamente dalla crisi pandemica e dai DPCM, quando molti ricordavano – e ricorrevano – alla teoria di Schmitt sullo stato d’eccezione, per quanto spesso cercando di amputarla dall’essere un criterio d’identificazione del sovrano, che fa troppo Salvini – non mi risulta che la crisi ucraina sia stata inquadrata in un’altra delle idee di Schmitt, così utili ad interpretare la situazione contemporanea: quella del Grossraum (grande spazio). Per connotare tale concetto occorre premettere che s’iscrive nella concezione di decadenza dello Stato moderno, cui Schmitt contrapponeva l’insopprimibilità del “politico”, quale essenza (Freund).

Onde se lo Stato non “fa” politica (o si autolimita in ciò) a colmare tale assenza ci pensano altri soggetti (dai partiti, alle chiese, agli imperi e così via). Dopo di che, atteso che un limite spaziale, nelle civiltà sedentarie (Hauriou) è necessario, come lo è un soggetto (e principio) ordinatore, il Grossraum può essere considerato come uno spazio delimitato, organizzato intorno ad un’egemonia di comando, in grado di governare una pluralità di sintesi politiche (cioè in primo luogo, gli Stati), escludendone le potenze esterne allo stesso.

In un’interpretazione post-Huntington tale spazio può somigliare alle “civiltà” i cui componenti sono affini per un patrimonio di idee, tradizioni, valori comuni. A tale tesi si può tuttavia replicare che il Grossraum, anche se non esclude – anzi è favorito – (dalle) affinità non vi trova un elemento essenziale. Questo perché lo sono, invece l’egemonia e la delimitazione spaziale, possibile anche in spazi di popoli non omogenei né affini. Come d’altra parte in altre sintesi politiche, come gli imperi, per lo più multi-etnici, multi razziali, multi religiosi            [1]. Più vicino al concetto di Grossraum è quello di “sfera d’influenza” e altre consimili, che designano l’effettività di un comando egemonico (e relativa pretesa) su più sintesi politiche. Che questo emerga da millenni fa parte della storia. Ogni (aggregato di) potenza si circonda, ove possibile – di stati-clienti, gli obblighi dei quali vanno dal massimo di fornire risorse – anche militari – alla sintesi politica egemone, al minimo di conservare una neutralità in caso di guerra tra quella e le altre, in effetti una rinuncia a muover guerra alla potenza egemone.

Già la storia romana e bizantina ci danno esempi di tale tipo di rapporto. Lacmidi e Gassanidi erano stati – clienti degli imperi persiano (sassanide) e romano. Gerusalemme, qualche secolo prima era stata  assediata dall’esercito di Tito, formato in buona parte da soldati forniti dai tre vicini stati – clienti dell’impero romano.

È chiaro che tali limitazioni assunte o imposte agli Stati clienti costituiscono  altrettanti paletti alla sovranità; questa, in senso giuridico ha il significato di non tollerare alcun limite (Romagnosi, Orlando tra i tanti). Onde al contrario di quanto succede in altri casi, gli strenui difensori dell’Ucraina lo sono diventati (forse a malincuore) anche della sovranità della medesima.

Più che alle incoerenze tra atteggiamenti concreti e affermazioni ideali, tuttavia la riflessione sul punto non dovrebbe prescindere da quanto pensava Spinoza: che la sovranità è illimitata in diritto, ma è limitata in fatto dalla possibilità reale di azione: tantum juris, quantum potentiae. Il sovrano non è colui che puote quel che si vuole, ma è chi è libero nel decidere tra alternative possibili. Questo vale in modo – ovviamente – assoluto per l’impossibile ontologico, e in modo relativo per l’impossibile concreto. Del pari per le scelte azzardate o, al limite insensate (Aron). Come quella del Principato di Monaco che intendesse muovere guerra alla Francia. Una scelta dall’esito positivo impossibile, in particolare per la sproporzione dei mezzi a disposizione e quindi (altamente) inopportuna. É la disparità delle forze tra le potenze aderenti e quelle egemoni (sostanzialmente, di converso, pari tra loro) della Nato e del Patto di Varsavia che ha conservato, dopo Yalta, la pace in Europa, e l’egemonia nei rispettivi blocchi degli USA e dell’URSS.

Dopo l’implosione dell’URSS, che è equivalsa ad una guerra perduta, la Russia ha dovuto rinunciare all’egemonia sulle nazioni dell’Europa orientale, e tollerare la perdita dell’unità politica delle repubbliche federate nell’URSS. Analogamente a quanto praticato e deciso a Yalta per gli imperi giapponese, italiano e il Reich tedesco. Tuttavia l’enorme estensione territoriale e la popolazione della Russia hanno conservato alla stessa nello spazio eurasiatico un primato dovuto allo squilibrio dei rapporti di forza con le vicine repubbliche ex sovietiche: l’Ucraina che è la più popolosa, ha comunque una popolazione pari o poco più di un quarto di quella russa; il PNL ucraino è circa 10 volte inferiore. Questo tralasciando altri fattori di potenza, dalla proporzione simile, e senza andare alla storia dei due paesi.

L’unica possibilità per l’Ucraina è una violenta guerra partigiana, che pare assai remota e comunque portatrice di enormi danni a ucraini, russi, nonché (almeno economici) agli europei occidentali. Qualcuno forse spera che gli aspiranti guerriglieri ucraini ripetano, per Putin, l’impresa dei loro predecessori della seconda guerra mondiale, che uccisero il generale Vatutin che aveva appena riconquistato l’Ucraina alla Russia.

Per cui l’avvertimento dato più volte negli anni trascorsi da politici e politologi come Kissinger, il nostro Prodi (ed altri – non molti) di non cercare di estendere la Nato a Stati ex-sovietici, appare come un consiglio assai azzeccato, e il più idoneo a conservare la pace e l’ordine internazionale. Come intuito da Schmitt con la sua dottrina del Grossraum. Questa è il contrario di quanto sbandierato nell’ultimo trentennio, di una visione del mondo propiziata della “fine della storia” (la quale si è affrettata a ricominciare), e fondata sulla condivisione di valori che per quanto apprezzabili, hanno il limite, politicamente decisivo, per essere efficaci  d’esser condivisi: se non lo sono, non servono a creare coesione politica e sociale, ma solo ad attizzare conflitti.

Teodoro Klitsche de la Grange

[1] Per gli imperi è (quasi) la regola. Riguardo all’Ucraina proprio Huntington sostiene che “la linea di faglia” tra civiltà cristiana occidentale e cristianesimo orientale, attraversa l’Ucraina.

GUERRA IN UCRAINA, PUNTO DELLA SITUAZIONE_di Roberto Buffagni

GUERRA IN UCRAINA, PUNTO DELLA SITUAZIONE
Riassumo con la massima brevità il decorso degli eventi passati e propongo una ipotesi interpretativa degli eventi futuri.
1. Causa profonda della guerra è la decisione strategica USA di espandere a Est la NATO. L’espansione inizia con l’Amministrazione Clinton, dopo il crollo dell’URSS. George Kennan, Henry Kissinger, John Mearsheimer – per citare soltanto le maggiori personalità USA nel campo delle relazioni internazionali– la ritengono un errore di prima grandezza, foriero di gravi conseguenze.
2. Il Summit NATO di Bucarest 2008 dichiara che Georgia e Ucraina entreranno nella NATO. Francia e Germania sono contrarie ma cedono alla pressione americana. Ne risulta un compromesso: non viene specificata la data dell’ingresso.
3. La Russia chiarisce immediatamente che l’ingresso di Georgia e Ucraina nella NATO è inaccettabile. La ragione di fondo è che Georgia e Ucraina nella NATO diventerebbero bastioni militari occidentali alla frontiera russa. Immediatamente dopo il Summit di Bucarest la Russia invade la Georgia per impedire che entri nella NATO. Non è in grado né politicamente né militarmente di fare lo stesso con l’Ucraina.
4. Nel 2014 gli USA orchestrano un colpo di Stato in Ucraina e vi insediano un governo a loro gradito che inserisce in Costituzione la volontà di associarsi alla NATO.
5. Nel 2021 gli Stati Uniti e i paesi UE iniziano ad armare seriamente le FFAA ucraine.
6. A fine 2021 la Russia apre una trattativa diplomatica con gli Stati Uniti. Il punto chiave della proposta russa è la firma di un trattato a garanzia che l’Ucraina non entrerà nella NATO. Contro il costume diplomatico, la Russia rende pubblica la bozza di trattato.
7. Gli Stati Uniti si rifiutano di garantire per iscritto che l’Ucraina non entrerà nella NATO, perché facendolo rinuncerebbero al ruolo di decisore “superiorem non recognoscens” dell’ordine internazionale unipolare, che rivestono da dopo il crollo dell’URSS. Chiariscono immediatamente che NON interverranno militarmente a difesa dell’Ucraina in caso di attacco russo. Una grande potenza nucleare affronta sul campo un’altra grande potenza nucleare solo quando la posta in gioco è un interesse vitale di entrambe. L’Ucraina è un interesse vitale russo, NON è un interesse vitale USA.
8. Alla conferenza di Monaco, il capo del governo ucraino annuncia che l’Ucraina medita di acquisire armi atomiche tattiche. Le armi atomiche tattiche più piccole possono cancellare dalla faccia della terra una divisione corazzata.
9. Forse a causa di questo annuncio, la Russia accelera i tempi. Riconosce le Repubbliche del Donbass, invade l’Ucraina. Conduce la guerra nelle modalità più adeguate a risparmiare la vita dei civili, in vista di una riconciliazione/stabilizzazione dell’Ucraina. L’obiettivo strategico russo NON prevede la conquista totale o parziale del paese, ma la sua neutralizzazione, il riconoscimento delle Repubbliche del Donbass e della Crimea, la smilitarizzazione dell’Ucraina.
10. Gli USA – più precisamente, l’establishment che ne dirige la politica estera, che è in grado di influenzare pesantemente qualsiasi Amministrazione – decidono di attuare una strategia bellica indiretta, con l’obiettivo di provocare il “regime change” in Russia, e utilizzano come strumento politico i paesi UE, che assumono il ruolo di “NATO politico-economica”.
11. Vengono decise dagli USA e dai paesi UE importanti sanzioni economiche alla Russia, compreso il congelamento ossia il sequestro degli attivi della Banca Nazionale russa detenuti in paesi occidentali (un atto di guerra).
12. Vengono altresì decise dai paesi UE draconiane misure che anch’esse risultano in veri e propri atti di guerra: finanziamento UE e invio in Ucraina di sistemi d’arma, non solo difensivi ma offensivi (aerei da combattimento). La distinzione tra sistemi d’arma offensivi e difensivi, che sul campo di battaglia non ha valore alcuno, è invece legalmente rilevante. L’invio di sistemi d’arma difensivi a un paese in guerra non costituisce un atto di guerra contro il suo nemico, l’invio di sistemi d’arma offensivi sì.
13. Svezia e Finlandia, paesi neutrali confinanti con la Russia, annunciano di prendere in considerazione il proprio ingresso nella NATO.
14. La Germania annuncia un vasto programma di riarmo.
15. L’invio di sistemi d’arma all’Ucraina non cambia l’esito del conflitto in Ucraina, perché non muta i rapporti di forza tra i contendenti, fortemente sbilanciati a favore della Russia. È una provocazione rivolta alla Russia. La sfida a reagire ad atti di guerra veri e propri, sapendo che una reazione militare russa contro i paesi UE, che sono anche paesi NATO, causerebbe un conflitto aperto NATO-Russia. L’intento della provocazione è dimostrare l’impotenza russa: “Hai morso un boccone troppo grosso per te”, e così destabilizzare il governo della Federazione russa.
16. Il governo russo eleva l’allerta nucleare. Si tratta di un caso di “to escalate for de-escalation”. Con l’escalation, si manda un messaggio all’avversario: “Sappiate che siamo disposti ad arrivare fino in fondo, conflitto nucleare compreso. De-escalate o ne subirete le conseguenze”.
17. Sono annunciati per stamattina i primi colloqui tra rappresentanti del governo ucraino e del governo russo.
18. L’operazione “regime change” in Russia fa leva su tutte le faglie di conflitto presenti in Russia, anzitutto sui nazionalismi degli Stati che compongono la Federazione. Lo scenario previsto dai pianificatori è analogo a quello già attuato nella ex-Jugoslavia: guerra civile, frammentazione della Federazione russa, implosione dello Stato federale, nuovi governi diretti da personale politico gradito all’Occidente, e il Presidente federale russo V. Putin, già descritto dai media occidentali come gangster mentalmente squilibrato, come il Presidente jugoslavo Milosevic imputato davanti al Tribunale internazionale dell’Aja.
19. Da quanto precede risulta molto chiaro che la Russia NON può fare marcia indietro. Se lo fa, il governo si destabilizza e si innesca la seconda fase dell’operazione “regime change”: rivoluzioni colorate negli Stati componenti la Federazione russa. Inoltre, l’Ucraina è l’ultima linea di difesa militare e politica della Federazione russa, che ha le spalle al muro e difende la sua sopravvivenza.
20. Ricordo che per evitare la presente, pericolosissima situazione, bastava una di queste due cose: a) garantire per iscritto che l’Ucraina non avrebbe aderito alla NATO b) che un solo paese UE proponesse, prima dell’inizio delle ostilità, una revisione del sistema di sicurezza europeo che tenesse conto degli interessi russi, orientata alla neutralizzazione dell’Ucraina.
21. Prevedo che i colloqui tra Ucraina e Russia non sortiranno risultati. Il governo ucraino è guidato dagli USA. È interesse USA, in vista dell’operazione “regime change”, guadagnare tempo e far salire la pressione sul governo russo.
22. Il presente atteggiamento dei paesi UE non è nell’interesse di alcuno dei paesi europei, compresi i paesi confinanti con la Russia. Infatti, la Russia NON ha intenzione di espandersi, né in Ucraina, né altrove (non ne ha la capacità politico-militare). La Russia sta difendendo la sua integrità politica e la sua sopravvivenza come Stato unitario.
23. Il presente atteggiamento dei paesi UE mette a grave rischio tutti i paesi europei. Esso è dettato dagli USA, che così possono fare una politica “short of war” contro la Russia a costo zero. Il costo, economico e politico, lo pagano i popoli europei.
24. Il presente atteggiamento dei paesi UE fa sospettare che i loro dirigenti non si rendano conto della gravità degli atti che stanno compiendo, né delle loro possibili conseguenze.
25. Ripeto infatti che la Russia NON può fare marcia indietro, e che i suoi obiettivi non sono espansionistici o imperialistici, ma strettamente difensivi. La Russia li ritiene interessi vitali, che è necessario garantirsi per sopravvivere.
26. La Russia è una grande potenza nucleare. Nessuno al mondo tranne Dio o il senno di poi sa quali conseguenze potrebbe avere un eventuale successo dell’operazione “regime change” in Russia, perché nessuno può sapere a chi andrebbe il controllo dell’arsenale nucleare russo, o di porzioni di esso, più che sufficienti a provocare distruzioni catastrofiche.
27. Inoltre, un conclusivo fallimento dell’operazione “regime change” seguente a un suo parziale, temporaneo successo, potrebbe favorire comportamenti disperati e irrazionali della direzione politica russa, che, lo ricordo ancora, sente di stare lottando per la sopravvivenza della Russia.
28. La decisione tedesca di riarmare, e di inviare in Ucraina armi che uccideranno soldati russi, unita alla presenza in Ucraina di formazioni che si richiamano al nazional-socialismo, non può non richiamare alla mente dei russi quanto è accaduto nella IIGM, quando i tedeschi uccisero 22 MLN di civili russi, e una parte degli ucraini si schierò contro l’URSS al fianco dei nazisti. I russi chiamano la IIGM “Grande Guerra Patriottica”, ne celebrano solennemente il ricordo, si riuniscono intorno ad esso. Patriottismo e nazionalismo sono una forza molto potente, in Russia. Le emozioni che essi suscitano quando si ritenga in pericolo la sopravvivenza della nazione possono travolgere la razionalità.
29. Molto importante: d’ora in poi, è assolutamente necessario prendere alla lettera, e credere dalla prima parola all’ultima, i moniti e le minacce ufficiali rivolti all’Occidente dalla dirigenza russa. Il centro direttivo politico russo, infatti, non solo non ha alcuna ragione di mentire o di minacciare a vuoto, ma ha l’assoluta necessità di essere chiaro, sincero e coerente nelle proprie dichiarazioni ufficiali rivolte all’occidente. È infatti questo l’unico strumento a sua disposizione per controllare razionalmente il decorso degli eventi, ed evitare che essi sfuggano di mano e precipitino nella catastrofe. Pensare che la direzione russa stia bluffando è la ricetta per il disastro.
30. È molto importante, per chi condividesse questa lettura degli eventi, far giungere, come può, ai parlamentari italiani, il proprio preoccupato dissenso per l’atteggiamento del nostro governo e della UE. Si rammenti che solo il Parlamento può decidere legittimamente atti di guerra, e che l’art. 11 della Costituzione italiana “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Questa in corso è una controversia internazionale, che può comporsi rapidamente garantendo la neutralità ucraina.
31. Per concludere, ricordiamo che un atteggiamento aggressivo e intransigente, e, peggio, la collaborazione all’operazione “regime change” in Russia, può gettare nel baratro l’Ucraina. L’esito militare del conflitto, stanti le forze in campo e l’impossibilità russa di fare marcia indietro, è predeterminato. L’unico effetto reale dell’aggressività intransigente potrebbe essere un aumento della pressione militare russa, al fine di concludere rapidamente le operazioni. Questo implicherebbe l’adozione di uno stile bellico molto più violento, e un aumento vertiginoso di caduti civili. Se poi gli eventi sfuggissero di mano, e dessero luogo a uno scontro diretto NATO-Russia, un atteggiamento aggressivo e intransigente potrebbe gettare nel baratro anche le nazioni europee.
32. Molte persone assistono allo svolgersi di questa vicenda come se fosse una serie TV. Non è una serie TV, è la realtà. Non siamo a Disneyland, non siamo nel Paese delle Meraviglie. Non siamo bambini: non è vero che Papà USA, che è tanto forte e tanto giusto, ci protegge e saprà far sì che tutto finisca nel migliore dei modi. Cerchiamo di essere adulti responsabili. Risolta questa crisi, discuteremo di nuovo dei valori, dei modelli di società, delle ragioni e dei torti: che sono molto importanti. Però, prima di discutere dei valori e dei modelli di società bisogna saper vivere, e sopravvivere.

PRESIDENTIAL SPEECH – RIFLESSIONI SUL PIANETA RUSSIA (2022) /Cap.4 _di Daniele Lanza

PRESIDENTIAL SPEECH – RRIFLESSIONI SUL PIANETA RUSSIA (2022) /Cap.4 (DA LEGGERE….con un po di pazienza)
Per comodità, qui sotto il link con l’intervento di Putin tradotto
CONCLUSIONE – (presenza e assenza)
Vladimir Vladimirovič Putin molto prima di diventare un politico è stato un militare, ai massimi livelli. Tutti i militari, di ogni grado e ruolo, prendono e danno ordini naturalmente : quelli del suo rango tuttavia, evadono di un singolo passo questa soglia elementare, accostandosi a quel qualcosa che si chiama missione. “Missione” è qualcosa di più che un ordine : ha accezione concreta che consiste per l’appunto in un obiettivo imposto dall’alto, ma al tempo medesimo ne ha anche un’altra più profonda che la precede, la supera in ampiezza……sottintendendo un’identità morale da parte dell’attore che agisce. Rappresenta in altre parole l’ordine che va oltre la mera esecuzione, ma presuppone la finalità, la presenza di una scala di valori in ultima istanza.
L’attuale presidente di Russia apparteneva a quella razza di individui che non vestiva l’uniforme per salario a fine mese o un posto assicurato (non si arriva alla posizione che deteneva con tale mentalità) bensì con visioni – condivisibili o meno – che poi trasferirà alla successiva carriera politica. Uno di quegli elementi – di quelli altamente intelligenti chiaramente, non il nazionalista con paraocchi – che non hanno mai accettato la disintegrazione della casa sovietica o meglio della “Russia-potenza” che per essi erano sinonimi.
Vladimir Vladimirovič Putin ha essenzialmente ESAURITO tale carriera – oltre 20 anni ai vertici – sebbene rimarrà ancora in carica per parecchio tempo presumibilmente : il grosso del suo tempo terreno a disposizione è andato e lui ne è consapevole (sbaglia chi dice che non lo sia). Questo apre uno struggente dilemma sul destino della “missione”…..sì, perchè la sostanza fisica può deperire squagliarsi, ma il senso mistico della “missione” resta inalterato. Che fare ? Come comportarsi ? Di regola gli uomini politici si scelgono con cura un successore, “delfino” : lo si cerca, seleziona in mezzo a molti, lo si coltiva e fa crescere con molto tempo e pazienza, sperando non vi siano imprevisti o sorprese. Non è noto se il presidente di Russia l’abbia fatto (sembra davvero di no) e a prescindere da questo poi quali garanzie vi sarebbero che l’erede al trono si comporti davvero come dovrebbe ? Che sia all’altezza del compito sul campo quanto lo era sulla carta ?
No, niente delfini…..o perlomeno, serve qualcosa di più risolutivo, di permanente che una persona di carne ed ossa potrebbe non poter assicurare. Il pensiero, l’idea che si pone è la seguente : forse che proprio la decisione da tempo maturata, e proclamata dal suo lungo discorso…….può considerarsi di per sé stessa come una forma di successione.
Anziché affidare ad un più giovane rampollo la propria eredità, Vladimir Putin ha preso una “decisione irrevocabile” per l’intero paese : una grave azione che – anche a fronte di grandi rischi economici e militari – ne forzi letteralmente le rotaie al di fuori del binario storico venutosi a creare nei 20/30 anni successivi al 1991, proiettandola nuovamente – costi quel che costi – nella perduta dimensione di potenza. QUALSIASI siano i presidenti che a lui seguiranno (affidabili o meno che siano), essi dovranno giocoforza adeguarsi al contesto globale che Putin lascia loro, ad un campo da gioco da lui stabilito secondo la sua visione.
E’ questa probabilmente un’interpretazione della realtà troppo astratta, troppo filosofica e priva di base scientifica eppure un’impressione resta : appare come se l’attuale presidente in carica anziché industriarsi a scegliere un leader ideale per la Russia, abbia invece scelto una “impostazione di gioco” alternativa per la Russia (Come una specie di ingegnere informatico che anziché limitarsi ad assumere un pilota/giocatore a gestire una nave virtuale – per dirne una – faccia in modo di operare su un livello più profondo di programmazione, ottenendo una differente struttura o posizionamento della nave medesima che ne faciliti il moto in una determinata direzione, a prescindere dal timoniere, almeno entro un certo limite. L’analogia è del tutto immaginaria, del tutto inverosimile che in modo pienamente consapevolmente Putin abbia escogitato tutto questo : perché se così fosse allora sfiorerebbe il genio o il diabolico).
Insomma, un’eredità che consiste non tanto nella scelta di un altro uomo dopo di sè, ma piuttosto in uno STATO DI COSE che lascia dietro di sé : il discorso di ieri nella sua totalità, simboleggia e riflette anche questo.
Eppure manca sempre qualcosa. Putin parla a lungo dice molte cose, più o meno condivisibili, parla del proprio paese e della sua storia secolare cui si rifà : nel farlo parla soprattutto dei suoi nemici, dei suoi rivali, delle minacce nascoste, aperte. Si sofferma di meno su quanto invece unisce a prescindere dalla supposta minaccia, sorvolando come uno stato sul modello russo (per di più allargato ad altri satelliti della galassia ex sovietica) non può sopravvivere esclusivamente in funzione di una “contrapposizione al mondo esterno”. Che la madre Russia abbia come alleati “solo esercito e marina” (cit.) non era abbastanza nemmeno al tempo di Alessandro III (1890), figuriamoci nel 2022. Ad una premessa ambiziosa come quelle di ieri sera, occorreva accompagnare un altrettanto grandioso progetto unitario in teoria (come l’unione doganale in parte realizzata, chiamata “Unione euroasiatica” ad esempio) che tuttavia non ho sentito.
Siamo dunque di fronte ad una mancanza, una ASSENZA. Essa è un problema talvolta ancor più difficile da risolvere che non una “presenza” (non desiderata) : quest’ultima può essere cancellata, ma invece colmare la prima…..è più arduo. La ricerca dell’UNO, di quell’elemento unitario, come proseguirà ? Un tempo c’erano gli tsar con le loro dinastie investite dal cielo. Poi venne il tempo del partito unico investito del popolo. Adesso….cosa ci sarà ?
Questo l’enigma futuro del pianeta Russia, che nemmeno il testamento del suo ultimo presidente ha al momento sciolto.

PRESIDENTIAL SPEECH – RIFLESSIONI SUL PIANETA RUSSIA (2022) /Cap.3_di Daniele Lanza

PRESIDENTIAL SPEECH – RIFLESSIONI SUL PIANETA RUSSIA (2022) /Cap.3 (DA LEGGERE….con un po di pazienza)
Per comodità, qui sotto il link con l’intervento di Putin tradotto
due VLADIMIR (Ilic e Vladimirovic….ovvero da Lenin a Putin /parte seconda)
Chi ha creduto con tutta l’anima nella rivoluzione d’ottobre, l’ha voluta e considerata “fuori della storia” ovvero come movimento tellurico che modificasse il corso del destino dell’umanità, quale era sempre stato, per indirizzarlo verso qualcosa di diverso. E’ stato davvero così ? Sì…e anche no.
La rivoluzione “universale” – come la si vuole in prospettiva comunista ortodossa – è stata in realtà anche e soprattutto una rivoluzione “russa” , come la si vuole invece in ottica nazionalistica : in una prevale un più visionario carattere messianico e cosmopolita, nell’altra affiora una più grezza autoctonia patriottica di matrice grande russa. Appiattirsi acriticamente su una delle due prospettive mortifica la realtà nella sua totalità.
Mi fermo obbligatoriamente qui senza varcare una soglia che non mi è concessa : il vero dibattito sulla questione a ben veder ci porterebbe all’immemore dicotomia politico-filosofica tra Stalin e Trotskiy (che per la galassia comunista del XX secolo può ricordare quanto a intensità e problematicità la contrapposizione tra Platone ed Aristotele nel pensiero antico ! Impropria iperbole, non prendetemi alla lettera per cortesia) ed è cosa che non si può affrontare qui né in molto altri luoghi. Eppure quale è allora il punto di questa serie di puntualizzazioni che a questo punto annoiano il lettore ? Anziché riversare un mare di parole inutili faccio lo sforzo di andare a toccare il nervo vitale.
Umanamente, storicamente comprensibile la diatriba che vede di tanto in tanto i partigiani di opposti schieramenti bianchi e rossi, scontrarsi sulla questione dell’eredità della storia russa. La Russia zarista e l’URSS sono distinti segmenti…….di un sentiero che è il medesimo se lo si osserva con logiche di lunghissimo corso, solo collocati in diverse sezioni temporali di un medesimo continuum : entrambe servono il cosmo slavo orientale in un certo senso. I preparatissimi, coltissimi (o meno) pasdaran delle mostrine zariste o della bandiera rossa sono prigionieri concettualmente dei limiti dell’età moderna in un certo senso : non riescono a cogliere quanto entrambe le loro preziose dimensioni di autoidentificazione siano relative rispetto ad un quadro assai più vasto di lungo termine.
Ora, per essere onesti, L’URSS non è semplicisticamente (come gli antirussi urlano) il mero proseguimento – sotto differente guisa – di quella che era la potenza precedente dall’aquila a due teste, e malgrado tutto a questa è sì strettamente legata anche se in modo più indiretto, semanticamente più complicato : la grande casa sovietica è un avvicendamento violento, tumultuoso, ricco di novità per quanto imperfetto…..ma sempre secondo un canone eonico della storia russa che la prescinde tanto quanto prescinde lo zarismo stesso. Quest’ultimo in stato di pietosa decadenza, di micidiale inadeguatezza fu necessariamente esautorato dalle leggi della storia. La dimensione culturale occidentale cui lo zarismo era coeso sin dal tempo di Pietro il grande – cui va il merito di un’epopea di sviluppo che traversa i secoli – si era arenata alle soglie dell’età industriale ed il liberalismo oramai imboccato dall’intero occidente risultava ora inadatto ai bisogni del cosmo russo che ora necessitava di un sentiero alternativo che in un certo senso tornava a dilatare la faglia di divisione tra Russia ed occidente riportandola ad un’era anteriore rispetto al bicentenario imperiale inaugurato dalle riforme petrine. Che questo sentiero alternativo si chiamasse “socialismo” ha un’importanza relativa : esso era ciò di cui il paese reale aveva profondamente bisogno. Non si intende qui relativizzare e svilire esclusivamente il socialismo ! Anzi, in realtà scegliendo una prospettiva di analisi ancor più estesa cronologicamente si potrebbe dire che lo zarismo imperiale stesso (chi Putin si ispira) è anch’esso relativo a suo modo, in quanto non presente prima dell’avvento di Pietro il grande……utile sì, ma anche artificiale, imposto in tanti sensi : un occidentalismo di comodo di facciata, che celava molto altro e che aveva deviato la rotta della civilizzazione slavo orientale al di fuori del proprio seminato per due secoli prima di ritrovarla (forse) sotto il socialismo che pur di provenienza esterna poteva essere adattato al contesto russo (?), consentendo di rivalorizzare concetti comunitari dell’arcaica cultura slava andati perduti (?). Sposando tale anomala interpretazione, lo studioso eccentrico ed eterodosso potrebbe addirittura affermare che il socialismo fu un ritorno alle origini (?!) ripristinando sotto insolite spoglie moderne qualcosa che era prima della parentesi Romanov ?!?
Il lettore noterà dall’abbondare di punteggiatura esclamativa e interrogativa che caratterizza le ultime righe la chiara natura speculativa e fantasiosa dei punti che si lasciano cadere lungo la via : provocazione voluta e variopinta, non ancorata alla realtà….non degna di nota nella scienza storica, quanto piuttosto nelle astruse costruzioni che la filosofia della storia di tanto in tanto ci offre (ma è un’altra materia).
Quel che è certo è che nella sua incarnazione sovietica socialista, la Russia recupera QUALCOSA. Cosa esattamente ? Probabilmente un’eccezionalità perduta. Un “sonderweg” (cammino speciale) del tutto particolare che si distingue dalle obsolete ed effimere pretese di grandezza degli imperi europei coevi : il filosofo Berdjaev in uno dei suoi passaggi più visionari, paragona la terza internazionale controllata da Mosca alla TERZA ROMA di quasi mezzo millennio prima (…). Non vado a immischiarmi con le elucubrazioni di un filosofo (!), ma è chiaro che qualcosa di vero affiora dall’iperbole menzionata : nel socialismo, Mosca recupera il monopolio su una dottrina universale quanto poteva esserlo il messaggio messianico ispirato a Costantinopoli di tanti secoli prima. Qualcosa di spirituale, un’ideale che superi le superfici della materia, non più impersonato credibilmente dalle chiese esistenti, corrotte e decadute (agli occhi poi di una società sempre più secolarizzata) : ecco quindi che il verbo marxista leninista assolve una funzione unica, insostituibile.
Grazie al socialismo Mosca recupera – per metterla in questi termini – lo slancio verso la grandezza non solo territoriale, ma concettuale : può mettere credibilmente in campo un nazionalismo nuovo che supera l’accezione ristretta e ostica che il termine di per sé avrebbe, vale a dire un sovra-nazionalismo al di sopra della singola nazionalità (tantopiù del più grezzo etnonazionalismo). Qualcosa di comparabile al patriottismo civico della Francia rivoluzonaria di oltre 1 secolo prima, ma con la differenza che si dovevano gestire una moltitudine di nazioni. In ultimissima istanza, volendo analizzare e dare una definizione che vada sino in fondo, il “patriottismo civico” della costruzione sovietica era un nazionalismo che supera sé stesso (non nel senso di “ultranazionalismo” quanto in forza al di sopra delle altre, che in contesto non secolarizzato ricorderebbe le prerogative papali o – per l’appunto – quelle bizantine o romane, da impero premoderno).
Signore e signori : i lunghi capitoli cui ho obbligato chi abbia avuto la pazienza di seguirmi sono la premessa…..alla PREMESSA che Vladimir Putin ha scelto come introduzione del suo manifesto del destino di ieri sera. La verità, a mio personalissimo avviso (mi prendo responsabilità di una interpretazione di eventi talmente complicati) è assai più articolata di come il presidente la mette, benchè colga alcuni punti. Mi spiego…
Sì, fu LENIN a volere imporre la struttura politico-amministrativa in nazionalità per il nascente stato rivoluzionario (che alla fine dell’era sovietica erano 15). Lenin certamente NON desiderava la disintegrazione territoriale dell’ex impero zarista (una parte critica dell’opinione pubblica grande russa – indispensabile per vincere la rivoluzione in quegli anni drammatici – l’avrebbe percepita come un tradimento della patria dopotutto) e in linea di massima era fermamente intenzionato a garantirne la tenuta. Ma come ? Garantito il diritto di autodeterminazione ad ogni singola nazionalità come si poteva evitare un eventuale deriva di scissioni ??
Semplice (ma non troppo) : con un geniale escamotage concettuale e pratico/amministrativo. Nella logica rivoluzionaria bolscevica il PARTITO doveva comandare sulla vita del paese (le cui istituzioni ne erano un riflesso) e il partico era UNICO : tante filiali e ramificazioni diverse, quanto era eterogeneo l’ex impero, ma una sola testa, un solo comando. Le repubbliche erano legalmente 15, certo e tutte libere…….ma la medesima costituzione che garantiva tale diritto era la stessa che contemplava il Partito comunista sovietico come unica e assoluta forza vigente (sorgente del sistema) : forza politica che comandava dall’interno ognuna delle repubbliche costituenti l’unione.
In parole altre vi erano 15 entità – formalmente libere di andarsene – ma un unico encefalo per tutte (il PCUS : e questo stava a Mosca e non concepiva altro che l’unità). Secondo tale modello di ingegneria costituzionale si trattava quindi non di 15 corpi differenti, quanto 15 teste di un unico corpo. Questo fu come si riuscì a trovare l’unità nella diversità. Il lettore tenga in considerazione – prego – che qui non si critica né si avalla il sistema descritto, ma lo si osserva semplicemente, aggiungendo per onestà intellettuale da parte di chi scrive nei confronti di chi legge l’opinione personale che malgrado il carattere non esattamente democratico dell’ingranaggio descritto, esso garantiva una stabilità fondamentale e una sicurezza come non ve ne erano né prima né dopo (questo è un punto di vista privato). Che se ne possa pensare e giudicare, anche questa contraddizione contribuisce a rafforzare la natura “chimerica” della costruzione sovietica, nel bene o nel male.
Il punto debole della sovra-unità della grande casa sovietica era quindi proprio questo : che essa, considerata la concessione della facoltà di autodeterminazione alle repubbliche garantita da Lenin, si basava sull’esistenza del partito. Il PCUS stesso era il garante dell’unità dei popoli dell’unione, tanto quanto lo TSAR lo era nella compagine imperiale dell’era precedente. Come a dire, parafrasando :“si rimarrà uniti fintanto che esisterà il partito e saremo socialisti ! ”. Lenin ha affidato l’avvenire e l’integrità geografica di una galassia culturale come quella russa ex imperiale ad un fondamento ideologico (precario al pari di ogni costruzione umana) come se esso fosse eterno ! In questo egli ha oggettivamente commesso un errore, con tutte le sue buone intenzioni. O forse lui stesso non intendeva dovesse essere “eterno” ? Nessuno potrà saperlo perché dopo di lui le cose si assestarono e cristallizzarono come si sa.
Il collasso della grande casa nel 1991 fu definito da Putin come “la più grande catastrofe del XX secolo” per la Russia (citazione nota) : questo, ragionando a mente più lucida porterebbe a ritenere come forse il presidente non abbia fino in fondo espresso il suo reale pensiero : l’impostazione di netto rifiuto del comunismo che emerge dal discorso – e che ha provocato lo sdegno di tutta l’utenza comunista che ho il piacere di seguire da anni – è forse (oserei osservare) stata una necessità di forza maggiore : può essere che a scanso di un suo reale sentimento in materia (che deve essere più sfaccettato rispetto alla dichiarazione pubblica) abbia deciso più politicamente di “scegliere” per potersi mostrare compatto e comprensibile di fronte all’opinione pubblica del proprio paese in un momento critico. Nello scegliere definitivamente a quel patriottismo rifarsi….ha dovuto tagliare un ramo, sacrificare un pezzo importante di “patria” (quella della pluridecennale memoria sovietica) al fine di poter presentare una narrazione più lineare, organica e non contraddittoria : per evitare le accuse di comunismo (che all’estero infuriano) e presentarsi in modo più “fresco” (non dimentichiamo che spesso il rifarsi alla tradizione sovietica sa di “vecchio e ammuffito” per una fascia piuttosto alta dell’opinione pubblica interna).
Il presidente di Russia ha per così dire fatto una scelta importante nella memoria condivisa da impostare come narrazione patriottica istituzionale….e lo ha fatto a spese di una parte che forse avrebbe dovuto preservare di più.
A mio avviso tuttavia non è nemmeno questo la parte più critica del discorso : ce n’è ancora un’altra, che le sovrasta tutte e consiste nell’ASSENZA (spiego nel prossimo e conclusivo).
(CONTINUA)
NB_tratto da facebook

Russia, Ucraina e il protagonista occulto_con Gianfranco Campa

La dinamica che ha portato al conflitto tra Russia e Ucraina pare essere una volta tanto trasparente e facilmente leggibile: una proposta di trattativa ultimativa presentata a dicembre alla NATO e agli Stati Uniti; il traccheggiamento e lo smarrimento della dirigenza statunitense; l’offensiva militare risolutiva per neutralizzare il regime fantoccio ucraino e bloccare l’espansione della NATO nella stessa sfera russa. Nelle more la minaccia di severe sanzioni in caso di intervento, ma non una reazione militare diretta. Certamente vengono al pettine i nodi di una strategia di espansione illimitata dell’alleanza atlantica, più volte segnalati da numerosi analisti e diplomatici americani stessi; rientrano nella casistica le inerzie di apparati e il retaggio culturale di una classe dirigente orfana della guerra fredda e preda della russofobia. Le conseguenze più rilevanti nel sistema di relazioni internazionali sono l’ulteriore consolidamento del sodalizio tra Russia e Cina e il momentaneo rafforzamento della coesione dell’alleanza atlantica. A tante minacce di ritorsione, però, non sono seguite ancora le dure ritorsioni minacciate. Sarà merito, stando alla rappresentazione scenografica, dell’opposizione di Italia e Germania ad un blocco delle importazioni energetiche e alla cancellazione della Russia dai circuiti operativi internazionali delle transazioni. Conoscendo le figure a capo dei due paesi è altamente improbabile. Sta di fatto che la più che mediocre classe dirigente e politica statunitense, dilaniata da lotte intestine, è in procinto di giustificare il disastro della gestione della crisi pandemica, il dissesto economico da essa accelerato, la crisi inflattiva ed occupazionale conseguente. Nell’ultima parte dell’intervista si accenna pure alla possibile esplosione di uno scandalo legato all’origine del virus, grazie alla pubblicazione di un esplosivo dossier reso pubblico dalle autorità. L’esplosione di un conflitto, per di più opera del nemico designato, può essere il diversivo perfetto e la ragione da dare in pasto ad una popolazione del tutto insoddisfatta di un ceto politico delegittimato e ad alleati dai dirigenti anch’essi in severa crisi di credibilità. I traccheggiamenti, la delimitazione dell’arco di contromisure, l’abbandono dell’Ucraina e della sua classe dirigente, pronta per altro a fuggire, possono essere non solo una dichiarazione di impotenza, ma una subdola volontà di indurre Putin a prendere una strada obbligata. Da qui forse il nervosismo da lui manifestato e la accesa discussione che pare imperversare anche nella dirigenza russa riguardo a tempi e modalità dell’azione. Ancora una volta, le dinamiche interne agli Stati Uniti potrebbero dettare non solo le dinamiche profonde in geopolitica, ma le scelte contingenti di alleati e paradossalmente avversari. In questa ottica andrebbe valutata la postura del terzo grande attore della scacchiera internazionale, la Cina_Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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