(portavoce della commissione europea, Olof Gill”).
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Stasera, prima di spegner tutto, mi capita ancora sotto gli occhi questa: e capisco perchè ho rinunciato moralmente al continente in cui sono nato.
Il vertice politico europeo distintosi in anni di massimalismi e ostilità anti-russa persino superiore agli USA (grottescamente)……che ancora fino a poche ora si mostrava sguaiato in merito al fatto che il meeting di Budapest violerebbe il mandato di arresto per Putin – ora si mostra placidamente d’accordo invece, dopo una rapida stilettata sulle dita (presumibilmente) direttamente da Washington. Cioè le regole, i principi internazionali, la carta delle Nazioni unite e tutto il resto, non sono nemmeno sacre come si suppone debbano essere, stando a come da Bruxelles li si difende di solito: per metterla in altro modo……..la prosopopea illuminista/democratica vale per rompere le scatole agli stati nemici, ma “scompare” quando è pratico che sia, per motivi di comodo.
In pratica basta che il padrone dica “contrordine compagni” per far cambiare musica a tutta l’orchestra: questi sono i principi dell’occidente. Questa è l’Europa politica.
Per queste ragioni ho rinunciato MORALMENTE all’Europa ai suoi simboli, ai suoi principi e qualsiasi sua etica professata (a subordinati non è concessa alcuna etica, quella è un lusso delle potenze indipendenti), e se non fosse per motivi prettamente pratici rinuncerei anche alla cittadinanza europea.
E’ la reiezione assoluta.
E’ il vomito.
E nemmeno per il fatto che l’UE sia “anti-russa” (anti russismo esiste da secoli tra le potenze europee), ma per il fatto che tale orientamento può cambiare da un giorno ad un altro se dall’alto (Washington) la cosa viene domandata ed imposta.
La dico diretta: io RISPETTEREI (come nemico) persino l’anti-russismo se esso fosse genuino e spontaneo……e non il riflesso di quello che un padrone d’oltreoceano suggerisce (e i burattini ripetono a pappagallo).
L’Europa unita è un “nemico” per modo di dire: lo è….e nemmeno per volontà propria, come lo farebbe un pupazzo. Non può odiare la Russia come non può amarla: perchè in realtà non ha facoltà di esprimere alcuna idea propria se non imbeccata o permessa da oltreoceano. E’ un insieme di corpi artificiali la cui vita reale, biologica, è cessata tanto tempo fa.
Veder strillare la commissione europea sino a stamane per il mandato di arresto di Putin poteva darmi sui nervi sì………ma vedere che ora applaudono l’iniziativa dopo il “contrordine”, innesca il non descrivibile. Preferisco il nemico che va fino in fondo alle sue idee (anche stronzamente)…..piuttosto che trovarmi davanti la caricatura di essere umano che va avanti a molla (la UE è questo).
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Europei tenetevi il vostro continente.
Buonanotte.
“LA GUERRA FINISCA SENZA I TOMAHAWK”
Questa è l’essenza del messaggio presidenziale americano all’ennesima visita del capo di stato ucraino in pellegrinaggio alla Casa bianca.
Commentare questa prima fase (l'”intermedio) nel round diplomatico di questo ottobre, è apparentemente semplice, se si mettono correttamente in relazione realtà sul campo e manovre diplomatiche.
A due mesi dal summit in Alaska la situazione bellica è andata grossomodo secondo le proiezioni di Putin, seppure con un ritmo inferiore rispetto a quanto dichiarato da quest’ultimo: le forze ucraine sono gradualmente macinate lungo tutta la linea del fronte, che oggettivamente – per forza di numeri – non possono più coprire (quasi tutte le unità valide al combattimento, operano a nemmeno il 50% dei loro effettivi, ossia mancano la metà dei soldati e più). Tale circostanza estrema a sua volta porta lo stato maggiore ucraino e i suoi comandi inferiori ad una gestione del fronte disperata, come disperdere i propri pochi effettivi lungo tutto il perimetro del fronte (al fine di dire che è “coperta”), ottenendo soltanto una difesa impossibile a costi umani ancora maggiori tra le trincee. In POKROVSK – nerbo dello scontro, sono già come imbottigliati quasi 50’000 combattenti ucraini (il 20% di tutta la forza combattente nazionale e quella più valida, le unità più potenti) e lo stato maggiore russo non sente nemmeno alcuna fretta di chiudere l’accerchiamento……in base al calcolo che finchè Kiev può mandare aiuti e rinforzi attraverso un varco, continuerà a farlo per disperazione (pensando che la città sia salvabile) ed in questo modo……il calderone di Pokrovsk seguiterà ad assorbire risorse e uomini che anzichè esser disperse lungo tutta la linea del fronte per puntellarlo, sono concentrate ed ammassate in un UNICO punto, diventando un bersaglio perfetto per giunta (…).
In sintesi è oggettivamente chiaro che le forze ucraine NON riescono e non riusciranno a contenere l’avanzata russa iniziata in estate: a giudicare dall’andamento agosto-ottobre 2025, si prevede che entro 6 mesi la “sacca” sarà risolta a favore russo.
Il doppio rispetto ai 3 mesi (?) che Putin diceva, ma comunque l’esito è quello: qualcosa che a questo punto innescherebbe la reazione a catena negativa che lo stato maggiore ucraino teme (ritirata generale).
NON si può aspettare dunque: eccoci quindi a noi.
Servono armi “strategiche” per invertire l’esito (come ai tempi di Hitler, l'”arma segreta”….): i TOMAHAWK. Che poi non servirebbe a invertire i rapporti di forza sul campo, bensì colpire la Russia nell’entroterra col risultato di fare pressione psicologica sull’opinione pubblica russa che non sconfiggerne le forze armate (le armi strategiche operano così).
D. TRUMP per parte sua gli replica come nel titolo del post in alto (…).
Il suo modo di fare pressione su Kiev per trattare. Bisogna rendersi conto che il governo ucraino – malgrado gli annunci propagandistici – è messo talmente alle strette che per fare pressione non occorre far nulla di attivo contro di esso, ma semplicemente NEGARGLI l’aiuto che domanda (cosa che è a pieno arbitrio di Washington).
Parallelamente il presidente americano cerca di fare pressione su Mosca sul piano ECONOMICO, cosa che è più complessa, dal momento che implica forzare e minacciare tutti gli stati che acquistano petrolio dalla Russia a rinunciarvi (solo che questi ultimi sono in gran parte al di fuori dell’occidente – anzi, suoi succubi e sfruttati – e pertanto meno permeabili alla pressione, che può richiedere tempi indefinibili………in un gioco dove il fattore tempo è essenziale ormai.
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IN BREVE: Trump fa pressione su entrambi i contendenti (a mò di bilancia del campo), ma mentre quella su Mosca è più complicata e può richiedere anni, quella su Kiev è invece più diretta e le forze ucraine NON possono aspettare anni.
Trump per parte sua assolve il suo compito di mediatore……….ma per la parte ucraina le cose non cambiano (avrebbero bisogno di un livello di aiuto che Washington non darà).
Insomma, Zelensky ha già fallito in sostanza: se il suo voleva essere un ulteriore tentativo di sensibilizzare gli alleati o addolcire Trump allora è andato a vuoto. Non ha ottenuto l’arma strategica, e qualsiasi buona impressione possa aver fatto sul presidente americano, essa sarà CANCELLATA dall’incontro di Budapest tra questi e Putin (evento mediatico che terrà banco 10 volte tanto). Se l’intento di Zelensky era lavorarsi Trump (?!), a Budapest, Putin ed Orban (non dimentichiamoci che anche quest’ultimo si farà sentire), faranno lo stesso e molto più efficacemente, esattamente come successo in Alaska.
E mia previsione che nell’immediato non si cambierà molto: il conflitto sul campo andrà avanti per il 2025/26, secondo la traiettoria descritta all’inizio del post (…). L’intero Donbass verrà preso manu militari: Zelensky si ritroverà senza di esso e in aggiunta con 100’000 militari in meno che avrebbe potuto risparmiare se l’avesse ceduto diplomaticamente.
E la parte russa non si accontenterà di “congelare” le linee del fronte: domanderà riconoscimento de jure a questo punto (la parte ucraina deve concedere qualcosa: e “concedere” qualcosa che già non ha più non ha valore oggettivo).
Vedremo. Aspettiamo Budapest.
Dunque da dove iniziare ?
L’incontro Trump/Putin deve ancora avvenire che una moltitudine vorrebbe già commentarlo (?)….ma in realtà non a torto: nel senso che – come sempre – i colloqui più importanti sono quelli il cui risultato si intuisce dal CONTESTO prima ancora che dall’effettivo scambio verbale (the context speaks LOUDER than simple words).
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Limitiamoci quindi, per adesso, all’essenziale.
A – Che l’incontro con Putin sia stato così tempestivo ed improvviso (in genere occorrono settimane o mesi), suggerisce alcune cose: che ormai il ghiaccio e rotto e la comunicazione col Cremlino è ripristinata per quanto riguarda Washington…..al punto ora di programmare incontri in modo fluido, veloce e soprattutto indipendentemente dal sentire degli alleati europei (l’impressione è questa). Che poi l’incontro non sia in un angolo dell’Alaska, ma nel cuore del continente europeo, trasmette l’idea che i due leader non hanno più intenzione di celare i contatti in corso in qualche recesso dell’artico, bensì portano la propria presenza e volontà fin dentro l’Europa, a partire da un paese filorusso come l’Ungheria: che a Bruxelles garbi o meno. Che se ne dica, vedere Trump, Orban e Putin allineati nelle istantanee che tra una settimana tappezzeranno le prime pagine dei media, ha un significato ed avrà un impatto notevole (…).
B – Sorpresa a parte, l’evento può stupire soltanto pochi osservatori ingenui in realtà: un incontro è NECESSARIO e probabilmente seguiranno parecchi altri passi di vario genere. Occorre comprendere un fatto (mi rivolgo a chi sia filo occidentale che legga il passo) : l’UCRAINA è sull’orlo del precipizio (e stavolta per davvero, al netto di propagande di ogni tipo)……..si sta raggiungendo il limite demografico, mancano oggettivamente le truppe, la diserzione è alle stelle, e in aggiunta a questo, la fornitura di armamenti (pagati da ora in avanti dall’UE) è calata di quasi il 50% in pochi mesi.
Esiste il rischio oggettivo che ad un certo punto accada qualcosa, che si inneschi un meccanismo che porta al collasso militare, il qual trascina con sè quello politico: esiste il rischio che accada quanto i media di tutto l’occidente negano e rifiutano da 3 anni a questa parte. Anche per questo Trump volerà a Budapest: per smorzare, anticipare ed impedire la catastrofe in arrivo in qualche modo (…). Anche se occorre sottolineare che il Cremlino non si lascerà naturalmente infinocchiare da Trump in modo alcuno, ahimè (…).
C – L’incontro del presidente americano riguardante Zelensky è già automaticamente AZZERATO quanto ad effetti, a prescindere da cosa si diranno effettivamente oggi. Il ricevimento della volpe di Kiev alla casa bianca farà molto meno notizia che non il fatto che Trump corra ad un incontro con Putin meno di una settimana più tardi (si deve ancora concordare la data esatta, ma è assai presto). Il secondo meeting tra due leader di potenze nucleari a poco più di 2 MESI l’uno dall’altro (non tipico di certo e di per sè dice già molto a sincero avviso)
IN CONCLUSIONE = al netto delle considerazioni in alto………se anche si trattasse semplicemente di una contromossa putiniana al meeting di Zelensky (al fine di annullarne gli effetti sulla psiche umorale di Trump), ebbene, la cosa avrà il suo buon effetto e questo anche nella percezione collettiva La venuta del presidente ucraino a Washington risulterà OSCURATA dalla triplice TRUMP/ORBAN/PUTIN che sfilerà a Budapest: visivamente farà più impressione vedere tre sovrani (due grandi ed uno piccolo), per quanto discussi……….che non fare il resoconto delle richieste di un supplice piagnucoloso in pellegrinaggio alla Casa bianca.
V. Putin farà la parte del leone anche in questa circostanza: ruberà la scena all’elegante dolcevita militare nera di Zelensky ed in maniera ancor più roboante che non in Alaska.
DEMOCRATICO SCANDALO………….
Nella minuscola, ordinata e pulita Lettonia, angolo di orgogliosa appartenenza all’Europa unita di Bruxelles, si prosegue la marcia iniziata da moltissimi anni, finalizzata a neutralizzare culturalmente (o fisicamente tramite espulsione), della folta minoranza russofona che rappresenta 1/4 dell’intera popolazione nazionale.
Orbene, in ottica nazionalista baltica, essi in realtà NON sono 1/4 della popolazione, nel senso che non vanno conteggiati assieme alla popolazione “vera” (quella etnica lettone cioè), ma come un corpo estraneo nella nazione, da trattare come tale (…).
L’Ultimissima notizia in merito alle misure discriminatorie e intimidatorie tese a comprimere il più possibile l’anomalia della presenza russa nel Baltico consiste nell’esame di lingua ora: per decreto si è reso obbligatorio superare un esame di lingua lettone (con un ristrettissimo margine di tempo)……..in caso contrario o id non superamento di quest’ultimo è prevista l’ESPULSIONE dal paese, che per (ripetiamo) 1/4 dei suoi abitanti russofoni è il paese di nascita e di nascita dei propri genitori.
Sono state già effettuate quasi 1000 espulsioni sulla base dell’ultimo decreto sopramenzionato.
Si tratta dell’ultimo insulto: la lingua nazionale lettone democraticamente permessa e persino promossa dalla politica delle nazionalità di era sovietica, prende ora il sopravvento facendosi persecutore nazionalista di una minoranza al suo interno: quella stessa minoranza che era maggioranza culturale nella grande casa sovietica (…)
TRE considerazioni:
1 – non fosse stato per la promozione del principio di nazionalità di era sovietica, la Lettonia (l’intero Baltico) sarebbe stata russificata al punto che il “lettone” sarebbe sopravvissuto al livello di dialetto che parlano solo nonni e zii di campagna (per intendersi).
2 – nell’era delle migrazioni di massa (che l’UE accoglie a braccia aperte nello spirito della fratellanza universale), sarà interessante osservare come si esprimerà il nazionalismo lettone (quando, mandati via gli “alieni” russi, si presenterà al loro posto un equivalente numero di sub-sahariani o cingalesi…..che von Der Leyen o chi altro, domanderà di accettare col sorriso. I lettoni hanno voluto entrare nella casa europea quindi dovrebbero adattarsi a quanto a loro richiesta: mi piacerebbe vederla questa).
3 – se si dubita della fedeltà dei russofoni di Lettonia al paese……beh, tale infedeltà diventa sempre più meritata in questo caso: da non far stupire come si vada formando un movimento separatista in seno al paese.
SINDACO DI ODESSA RIMOSSO DALL’INCARICO (…)
Questa sì che è interessante: V. Zelensky nel giro di un paio di giorni rimuove il sindaco della TERZA città dell’Ucraina (ma soprattutto l’unico grande porto che domina l’ultima fascia di costa che al paese rimanga…): l’accusa formale sembrerebbe riguardare il possesso di una doppia cittadinanza, vietata dalla legge ucraina. La cittadinanza di troppo che Trukhanov avrebbe è quella RUSSA naturalmente (benchè molti osservatori indipendenti dubitano).
Ad ogni buon conto, con tale scusante (si vede che essere russi è motivo di discredito morale) viene allontanato dall’amministrazione cittadina e al suo posto viene installata dal presidente un’amministrazione MILITARE.
Sì, davvero singolare il tutto, ma proprio per tale singolarità io accoglierei con “entusiasmo” la notizia.
Si può dibattere in merito al fatto che l’attuale governo di Kiev sia o meno una giunta semi-militare illegittima (arrivati ad oltre 1 anno dal termine del suo mandato legale), ma che inizino a comparire amministrazioni militari – come sue ramificazioni – qua e là per il paese a partire da una città simbolo come ODESSA, ritengo sia addirittura benefico nella misura in cui sia illuminante del tipo di consenso che Zelensky e il suo entourage hanno nella loro società( forse che dubitano della ferrea fedeltà alla causa nazionale ucraina da parte dei cittadini di Odessa ??). Un buon inizio. Interessante.
Dire di continuare così (…).
E si chiama ODESSA (con due esse…la versione in ucraino non voglio nemmeno sentirla).
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Il circo di Trump è fuori controllo questa settimana, e forse non è poi così male.
Il capobanda variegato e il suo cast di personaggi da fumetto sembrano aver portato l’arte del trolling e dell’ambiguità strategica a un livello superiore, confondendo le idee a tutti.
Dopo aver provocato entrambe le parti con la truffa Tomahoax, Trump ha rivelato, come prevedibile, la farsa trasformando il trionfale ritorno di Zelensky alla Casa Bianca in un rituale umiliante.
I Tomahawk sono ufficialmente fuori discussione… per ora.
Da parte sua, “Keg Stand” Hegseth, dopo aver minacciato solo la settimana scorsa di aumentare i costi per la Russia, sembrava sfoggiare una vistosa bandiera russa in occasione dell’incontro con la delegazione ucraina.
Certo, aveva indossato la stessa cravatta a un incontro con Netanyahu all’inizio dell’anno, quindi non si è trattato necessariamente di un acquisto impulsivo per l’occasione. Ma si potrebbe pensare che la scelta di indossarla qui sia stata deliberata, oppure che gli anni passati a bere birra e a vivere in ambienti negativi e ipossici a causa delle inversioni da keg stand abbiano gravemente compromesso le sue facoltà mentali.
Ancora una volta, quello che vediamo è Trump che probabilmente ha ingannato il mondo ottenendo un’altra proroga della sua perpetua farsa delle “due settimane in più” per rimandare il cessate il fuoco. Il Tomahoax è servito da esca per creare un altro momento di pubbliche relazioni per rinvigorire i “colloqui” al fine di continuare a far credere che il processo di pace stia nuovamente raggiungendo un punto di svolta o il suo culmine.
In realtà, nulla di tutto ciò sta accadendo, poiché gli Stati Uniti si sono dimostrati del tutto incapaci persino di riconoscere, anche solo di sfuggita, gli interessi di sicurezza della Russia necessari per la conclusione della guerra. Quindi, cosa potranno mai ottenere i nuovi colloqui di Budapest?
Nel periodo precedente, Trump ha persino esclamato nuovamente che la guerra dovrebbe semplicemente essere interrotta all’attuale linea di contatto, perché qualsiasi altra cosa sarebbe “troppo complicata”, aggiungendo con esasperazione che entrambe le parti potrebbero semplicemente dichiararsi “vincitrici”. Questo tipo di manovra pigra funziona solo nel Trump-World™, e la dichiarazione da sola dimostra che non c’è praticamente più nulla di cui parlare; l’esercizio ha il solo scopo di condurre i media attraverso un altro giro di giostre pubblicitarie.
Medvedev lo ha riassunto al meglio:
Dmitry Medvedev:
Durante il suo incontro con il mendicante in lacrime, Trump ha detto qualcosa di ovvio ma interessante: “Lasciamo che sia la Russia e l’Ucraina a dichiararsi vincitrici”. Questo tipo di compromesso a volte avviene dopo le guerre, ma non in questo caso.
Non è solo che la Russia cerchi la vittoria a condizioni chiaramente definite: questo è scontato. Il problema è che l’attuale cricca banderista a Kiev non potrà mai essere considerata “vincitrice” in patria, in nessuna circostanza. Il ghoul drogato e i suoi compari lo sanno perfettamente. La perdita di territorio non sarà mai perdonata, né dai nazionalisti rabbiosi, né dai rivali politici. Per loro, la fine della guerra significa la fine del regime. Ecco perché la formula di Trump non si applica in questo caso.
Tuttavia, l’autoproclamato pacificatore ha giocato bene la sua carta della “diplomazia Tomahawk”, suscitando l’opinione pubblica mondiale con il suo solito stile. Ha concluso in modo classico, accennando all’invio di sottomarini nucleari prima di ammettere scherzosamente: “Mi dispiace, fratello, ne abbiamo bisogno noi stessi”. A suo merito, Trump rimane fermo nella sua posizione: “Non è la mia guerra, la colpa è di quel vecchio pazzo”. Tuttavia, anche il pazzo era contrario all’invio di armi a lungo raggio ai banderiti.
Ma questo, ovviamente, non fermerà il flusso continuo di nuove armi verso Kiev. La storia non è finita e dobbiamo essere pronti a qualsiasi cosa accada in futuro.
Al di là della teatralità vaudevilliana della cravatta di Hegseth e dell’aspetto bizzarro dell’incontro con Zelensky, la giornata è stata caratterizzata da ulteriori stranezze e scorrettezze. Qui Trump ha pronunciato una parolaccia molto presidenziale F-bomb a causa di Maduro:
Poco dopo, la portavoce della Casa Bianca ha risposto in modo ancora più elegante alle provocazioni dell’HuffPost:
Alla luce di tutto ciò, HuffPost ha chiesto alla Casa Bianca: chi ha scelto Budapest?
La portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha risposto pochi minuti dopo con: “Tua madre l’ha fatto”.
Il direttore delle comunicazioni della Casa Bianca Steven Cheung dopo un minuto ha aggiunto in modo molto più succinto: “Tua madre”.
Dopo che HuffPost ha chiesto alla Leavitt se pensasse che la sua risposta fosse divertente, lei ha risposto:
«Trovo divertente che tu ti consideri davvero un giornale [sic]. Sei un giornalista di estrema sinistra che nessuno prende sul serio, compresi i tuoi colleghi dei media, solo che non te lo dicono in faccia. Smettila di mandarmi le tue domande ipocrite, di parte e senza senso».
HuffPost è devastato e ha paura di fare altre domande, figuriamoci di inasprire la situazione con frasi del tipo “Io sono di gomma, tu sei colla” o simili.
Ciò è stato ora dimostrato corretto, date le nuove rivelazioni del Financial Times che sono davvero una lettura avvincente, in particolare questa sezione:
Ancora una volta il nostro sguardo scettico si è rivelato corretto, dall’Alaska kabuki, alla debacle del Tomahoax, fino al falso attacco B-2 su Fordow, che ora è stato dimostrato da più fonti essere stato solo una messinscena.
Detto questo, non c’è nulla di male nel portare avanti i colloqui di Budapest, che potrebbero ancora portare a risultati positivi, soprattutto perché la valenza geopolitica di Putin e Trump potrebbe far sì che un semplice incontro tra i due ribalti le esigenze politiche di tutta l’Europa servile.
Ora, proprio come nel caso dell’insabbiamento dell’incontro in Alaska, fonti indicano che l’incontro di ieri tra Trump e Zelensky sia stato un completo fallimento:
“Una delle fonti ha affermato che l’incontro ‘non è stato facile’, mentre l’altra ha semplicemente detto che ‘è andato male’…
In realtà, secondo le fonti, Zelensky ha insistito molto sui Tomahawk, ma Trump ha respinto la richiesta e non ha mostrato alcuna flessibilità…
La priorità numero uno di Zelensky durante la visita era ottenere da Trump impegni non solo sui Tomahawk, ma anche su una serie di sistemi d’arma che l’Ucraina desidera acquisire, ha dichiarato il suo capo di gabinetto ad Axios prima dell’incontro.
Trump non ha offerto alcun impegno in tal senso.
Il Tomahoax era un’esca per mettere in scena un’altra produzione, alimentando al contempo il goloso ego di Trump, che è sempre stato un obiettivo secondario importante, se non primario; chiunque dubiti di questo fatto non deve fare altro che dare un’occhiata all’ultimo post ufficiale di Trump sui social media:
Ma proprio come ogni bugia contiene un fondo di verità, ogni farsa teatrale racchiude in sé un barlume di possibilità di un esito positivo. Inoltre, la saga Tomahoax probabilmente non è giunta al termine, poiché Trump potrebbe in seguito riprendere la “minaccia” se Putin dovesse nuovamente rifiutare le ultime assurde offerte di cessate il fuoco incondizionato (leggi: resa).
Mentre la giostra politica continua a girare vorticosamente, l’inesorabile macchina militare russa continua ad avanzare inarrestabile. Negli ultimi due giorni sono state registrate nuovamente importanti conquiste. Cominciamo con quelle minori.
Sul fronte occidentale di Zaporozhye, le forze russe hanno avanzato più in profondità a Prymorske:
All’estremità orientale di Zaporozhye si è verificata un’importante avanzata da Verbove verso la catena di insediamenti lungo il fiume Yanchur, con la conquista del piccolo insediamento di Pryvillya:
Con questa cattura, possiamo ora vedere che la catena Yanchur, di cui abbiamo parlato molte volte recentemente, viene lentamente circondata verso l’inevitabile obiettivo di Gulyaipole:
Un articolo del canale Military Chronicle afferma che questa avanzata di circa 10 km è avvenuta in pochi giorni:
Sulla situazione nella direzione Pokrovsko-Huliaipole
Le truppe d’assalto della 37ª brigata hanno avanzato di 9,5 km negli ultimi giorni sul tratto Verbove — Pryvolia (prendendone il controllo), assicurando un’area di 16,5 km² nella regione di confine tra le regioni di Dnipropetrovsk e Zaporizhzhia. Le formazioni della 31ª e della 114ª brigata delle forze armate ucraine sono state respinte.
Il costante avanzamento del gruppo di forze “Vostok” in questa zona è reso possibile grazie a una catena montuosa di alture dominanti (circa 150 m), che ha origine nei pressi di Novopil. Lo spazio aereo in direzione di Dnipropetrovsk è attivamente pattugliato da una formazione di Su-35S, che riduce al minimo l’uso dell’aviazione dell’aeronautica militare ucraina con bombe di precisione JDAM-ER e AASM-250 HAMMER sui punti di forza dell’esercito russo recentemente occupati.
Il compito principale in questa direzione è quello di sfondare fino al villaggio di Danylivka, attraverso il quale passa una delle arterie di rifornimento per il raggruppamento ucraino a Huliaipole da Pokrovske. All’esercito russo restano 5 km per raggiungere Danylivka e occupare Yehorivka e Vyshneve.
Appena a nord-est di lì, l’accerchiamento intorno a Novopavlovka si sta stringendo con la conquista di nuovi territori a sud di Filiya:
I cambiamenti più profondi potrebbero essersi verificati proprio a Pokrovsk, o come sarà presto conosciuta, Krasnoarmeysk. Le forze russe non solo hanno conquistato l’insediamento suburbano meridionale di Novopavlovka (da non confondere con la precedente Novopavlovka, molto più grande), cerchiato in verde qui sotto, ma hanno anche sfondato le zone occidentali della città di Pokrovsk, conquistandone ampie porzioni:
Come si può vedere, Suriyak ora mappa praticamente metà di Pokrovsk nella zona grigia, indicata con un colore rosso chiaro. Dato che Suriyak è tra i cartografi più conservatori, questa è una cattiva notizia per la guarnigione ucraina di Pokrovsk.
Rybar fornisce la propria versione della mappa e la riassume come segue:
Caos a Pokrovsk: l’esercito russo attacca in diverse parti della città, le forze armate ucraine subiscono pesanti perdite
I gruppi d’assalto russi sono sempre più attivi nella città, specialmente nella parte occidentale di Pokrovsk, già registrati vicino alla ferrovia.
“Nei quartieri di Lazurny e Shakhtyorsky, la situazione è quasi sconosciuta, ma in via preliminare i russi stanno effettuando operazioni di pulizia dei condomini”, scrivono con ritardo gli analisti militari ucraini.
”Molti soldati ucraini sono stati uccisi e feriti a seguito di imboscate.”
La zona grigia si sta espandendo. La situazione a Pokrovsk per le forze armate ucraine è peggiorata significativamente: se in estate erano entrati “due o tre” soldati russi, ora le forze armate russe operano in gruppi più numerosi e cercano di consolidare le loro posizioni nella città.
Situazione dettagliata — sconosciuta. In una parola: caos, — il nemico si lamenta
E un’altra mappa per la varianza:
Le forze russe hanno conquistato quasi tutta la metà meridionale di Pokrovsk fino alla linea ferroviaria.
Myrnohrad è ora seriamente minacciata dall’accerchiamento.
Si può vedere quanto nel profondo del centro città i russi abbiano catturato le truppe dell’AFU:
Sembra che gli ultimi giorni di Pokrovk non siano lontani.
Nella vicina Mirnograd, le forze russe hanno analogamente rafforzato l’assedio sulla città, conquistando ampie zone corrispondenti ai cerchi sottostanti:
Appena più a nord, sul saliente “orecchie di coniglio” di Dobropillya, le forze russe avrebbero riconquistato completamente Novo Shakhove:
Probabilmente questo episodio fa parte della serie di attacchi armati che hanno investito il settore la scorsa settimana.
Appena più a est, sul fronte di Konstantinovka, le forze russe sarebbero entrate nella città stessa, ai margini estremi:
Più a nord, stanno accadendo cose molto interessanti sulla linea Krasny Lyman.
Le forze russe hanno avanzato fuori dalla zona di Zarichne, creando un saliente verso Lyman. Nel frattempo, Novoselovka è stata parzialmente assaltata e conquistata, insieme ad altre zone vicine:
La cosa più interessante è che ora ci sono segnalazioni ucraine secondo cui le DRG russe hanno per la prima volta sfondato la città di Krasny Lyman (linea blu sopra) da più direzioni, anche se per ora lo liquidano semplicemente come tentativi di ricognizione sotto il fuoco nemico per individuare le posizioni difensive e i punti di osservazione ucraini.
Nel nord, Kupyansk non ha subito grandi cambiamenti se non il consolidamento della sacca interna, che la maggior parte dei cartografi ora riporta come completamente conquistata.
Da Suriyak:
È interessante notare che nella vicina Volchansk si è verificata un’improvvisa intensificazione delle attività, con i russi che hanno conquistato gran parte della città nell’ultima settimana:
L’intenzione sembra essere quella di unire l’intero fronte settentrionale dopo la caduta di Kupyansk, collegando tutte le zone di confine per iniziare la riconquista dell’intera regione di Kharkov.
Alcuni ultimi punti:
Il rappresentante della rete energetica ucraina afferma che la Russia ha cambiato tattica nell’attaccare la rete:
La Russia ha cambiato le sue tattiche di attacco: ora vengono distrutti interi sistemi energetici — Ukrenergo
L’obiettivo principale sono le centrali termiche, che forniscono riscaldamento ed elettricità in inverno, ha osservato l’azienda.
—
È stata diffusa una foto che mostra la portata di uno dei recenti assalti corazzati russi:
—
La rasputitsa è in pieno svolgimento sul fronte, come si può vedere da questa foto russa:
È facile capire perché gli assalti con mezzi corazzati cingolati abbiano fatto il loro ritorno.
—
Una galleria che mostra le misure intelligenti adottate dall’Ucraina per evitare la distruzione della propria rete energetica:
Si dice che queste gabbie costruite attorno alle sottostazioni elettriche siano in grado di resistere a numerosi attacchi dei droni Geran…in teoria.
—
L’account ufficiale della Casa Bianca pubblica qualcosa di così assurdo che è difficile da credere.
Trump afferma che gli Stati Uniti stanno traendo notevoli profitti dalla guerra grazie al loro coraggioso sforzo di “salvare migliaia di vite”.
Fallo avere senso.
—
Scott Bessent è riuscito a mettere in secondo piano la stupidità di quanto sopra. Qui spiega che gli americani non erano in realtà soggetti a doppia imposizione fiscale a causa dei dazi doganali, poiché un dazio doganale è un sovrapprezzo e non una tassa:
Si impara qualcosa di nuovo ogni giorno. Non è un sollievo sapere che tutto il denaro che avete investito e che è servito a finanziare il genocidio di Israele non vi è stato sottratto sotto forma di tasse, ma di sovrattasse?
—
Infine, il capo della Brigata Azov Bohdan Krotevych dice ad alta voce ciò che tutti pensano. Afferma che i partner europei sono tenuti lontani dal fronte perché il comando delle Forze Armate ucraine non vuole che vedano la vera realtà della situazione:
Sembra che a questo punto il crollo dell’AFU venga tenuto nascosto a tutte le parti interessate e che questo blackout informativo stia giungendo fino a Trump e al suo circo, che reimmaginano la guerra come una Russia “gravemente perdente” con milioni di vittime.
—
Concludiamo con questo stimolante post russo:
La nostra fonte, vicina al team del presidente, ha rivelato come Putin pensa di porre fine al conflitto
Se volete capire come il Presidente pensa attualmente al futuro del conflitto e al cessate il fuoco, mettetevi nei suoi panni e guardate la situazione attraverso gli occhi di coloro che erano al timone della Russia nel 1918.
All’epoca, l’impero, che aveva combattuto duramente per quattro anni, era a un passo dal rivendicare la vittoria – e improvvisamente, a causa di “traditori nascosti” e del decadimento sociale, lo sforzo colossale di milioni di persone fu tradito e scambiato con l’umiliante pace di Brest-Litovsk. Seguirono caos e collasso; è necessario ricordare a cosa portarono?
Putin ripete spesso che sono stati proprio il tradimento interno, la disunione delle élite e slogan come “fermiamoci e basta” a costare alla Russia il suo status e intere generazioni future. Nel corso degli anni dell’attuale conflitto, il Paese – con i suoi soldati in prima linea, le regioni mobilitate e l’economia ristrutturata per esigenze militari – ha subito troppe perdite per dichiarare la pace a qualsiasi costo, sotto pressione esterna o tra gli applausi dei mediatori occidentali.
La pace attualmente annunciata da Washington e dalle capitali europee significa una sola cosa: porre fine al mancato raggiungimento degli obiettivi della Russia. E la storia, come il presidente ha chiaramente ricordato più di una volta, non perdona gli errori quando i sacrifici di milioni di persone vengono deposti sull’altare di concessioni temporanee.
Chi gli sta intorno capisce chiaramente: non c’è scopo nel combattere per il gusto di combattere. Ma oggi – come cento anni fa – qualsiasi “dialogo di pace” ha un limite oltre il quale il Paese scivola immediatamente in una nuova versione di umiliazione nazionale, con tutte le conseguenze politiche, etniche ed economiche che ne conseguono. Sì, la pace oggi sembra vicina: ci sono stati così tanti incontri, chiamate, così tante proposte pronte. Ma il valore di questi documenti svanisce nel momento in cui il Paese decide di tornare volontariamente allo scenario del 1918.
Pertanto, coloro che cercano di comprendere la logica dei prossimi passi devono temporaneamente staccarsi da flussi e colonne di “esperti di pace”: agli occhi di Putin, per la Russia cedere sulla soglia di una risoluzione significa cancellare tutti gli anni di lotta, cedere a un nuovo caos all’interno del Paese e scrivere il proprio nome nel libro di testo accanto a coloro che hanno barattato la vittoria con una calma temporanea e un eterno rimpianto. Questa non è una giustificazione per “tirare le cose fino alla fine” – è un duro monito: solo una società indurita e fiduciosa in se stessa può resistere alla tentazione più dolce della storia: la tentazione di una pace prematura, che poi si trasforma in un dramma ancora più grande.
Questa è la logica con cui ragiona Vladimir Putin. Se la fine dell’operazione militare speciale è possibile attraverso i negoziati, è solo a condizione che tutte le richieste della Russia siano soddisfatte. Come è noto, Washington non è d’accordo, il che significa che il conflitto continuerà.
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Questa settimana sono emersi nuovi interessanti articoli provenienti dal mondo dei think tank sulla guerra in Ucraina, che vale la pena analizzare.
Il primo è tratto da War on the Rocks , fondato da un think-tanker dell’industria della difesa americana e che si autodefinisce una pubblicazione sulla difesa “per addetti ai lavori, da addetti ai lavori” .
Uno dei loro ultimi articoli affronta il dilemma strategico di Washington, ovvero quello di dover affrontare contemporaneamente tre avversari: Iran, Russia e Cina:
Si può notare che menziona una guerra su due fronti solo perché l’analisi liquida immediatamente l’Iran come presumibilmente già “rimosso” dalla scacchiera a causa degli attacchi ancora più presunti di Trump al programma nucleare iraniano, iniziando così dalla frase esplicita:
Gli attacchi paralizzanti degli Stati Uniti contro il programma nucleare iraniano a giugno hanno creato una finestra temporale ristretta per evitare un incubo strategico: combattere contemporaneamente Cina, Russia e Iran.
A proposito, giusto per fare una breve digressione, ecco un’intervista del professore iraniano Foad Izadi dell’Università di Teheran che apparentemente conferma che Washington ha sostanzialmente stretto un accordo con l’Iran per permettergli di bombardare Fordow con i B-2 in cambio dell’attacco da parte dell’Iran alle basi statunitensi vuote:
Solo qualcosa da considerare alla luce del fatto che l’Iran è stato “cancellato” in questa discussione sulla guerra “su due fronti”.
Tornando indietro, va anche detto che, sebbene l’ articolo di War on the Rock non rappresenti necessariamente un’iniziativa politica ufficiale , certamente riecheggia molti dei sentimenti della Washington D.C. e probabilmente influenzerà almeno il pensiero sulla Russia; forse non in modo così fondamentale come hanno fatto alcuni dei vecchi articoli di RAND, ma dati i grandi nomi del MIC che hanno scritto e letto WotR, è solo un contributo naturale alla spina dorsale delle future politiche degli Stati Uniti nei confronti della Russia, in particolare sotto la guida energica di Pete “Keg Stand” Hegseth.
L’autore riassume opportunamente i tre avversari come segue:
L’America si trova ad affrontare tre avversari: l’Iran, il destabilizzatore persistente, determinato a sviluppare armi nucleari; la Russia, la minaccia acuta, che invade l’Ucraina e minaccia la NATO; e la Cina, la sfida crescente, che tenta di rovesciare la leadership internazionale degli Stati Uniti.
La sfida principale che l’autore presenta è rappresentata dalla domanda: come scoraggiare o sconfiggere simultaneamente Russia e Cina senza esaurire le proprie risorse? Definisce la sua soluzione “mettere in sequenza le minacce”:
Queste minacce concorrenti mettono in luce il problema della “simultaneità strategica” degli Stati Uniti: come scoraggiare e, se necessario, sconfiggere simultaneamente Cina e Russia senza esaurire le risorse, il potere e l’attenzione della nazione? Non lo si fa. Invece, si sequenziano le minacce.
Cita antichi poteri che hanno notoriamente utilizzato questa arte del “sequenziamento”, che è solo un modo elegante per descrivere la sconfitta dei nemici uno alla volta invece di combatterli tutti insieme, con la particolarità di iniziare con il più debole e arrivare fino al più forte:
Grandi potenze, da Bisanzio a Venezia, dall’Austria asburgica alla Gran Bretagna edoardiana, sono tutte sopravvissute padroneggiando l’arte della sequenza. Questo stratagemma, come ha spiegato lo stratega Wess Mitchell, implica la concentrazione delle forze e la focalizzazione contro il potenziale dirompente di un avversario prima di ricorrere a un deterrente o alla sconfitta di un altro avversario più abile. Israele ha recentemente dimostrato questo approccio, smantellando metodicamente l'”asse di resistenza” iraniano, un’arma alla volta – prima Hamas, poi Hezbollah, poi l’Iran stesso (con l’aiuto degli Stati Uniti) – piuttosto che combattere guerre simultanee su più fronti contro molti nemici.
Si possono notare i primi segni di grandi crepe nel fondamento di questa teoria, dato che egli basa il presunto “successo” dell’uso di questa strategia da parte di Israele sulla sua convinzione che Israele abbia in qualche modo sconfitto in modo decisivo tutti i suoi avversari regionali, vale a dire Hamas, Hezbollah e Iran.
Ma sappiamo che nulla del genere è realmente accaduto: a parte l’assassinio di un gruppo di leader simbolici da parte di Israele e i falsi attacchi contro l’Iran che hanno avuto scarsi risultati, Israele non ha raggiunto i suoi obiettivi militari, né è riuscito a conquistare Gaza. Inoltre, ha distrutto ciò che restava della sua immagine globale nel processo, il che deve essere calcolato nell’equazione di ciò che una data “strategia” ottiene, poiché in geopolitica gli obiettivi militari di per sé non esistono nel vuoto.
Questo è lo stesso tipo di pensiero che ha messo in pericolo l’Occidente in Ucraina. Utilizzando dati falsi – in questo caso la convinzione che la Russia stia “perdendo” e subendo “molte più vittime” dell’AFU – l’Occidente si è convinto di un senso della realtà completamente distorto, che ha portato a politiche slegate da qualsiasi logica o ragione.
Ma egli incentra tutta la sua argomentazione a favore di questa strategia “sequenziale” sull’idea chiave che il tempo a disposizione dell’America per sconfiggere il secondo dei suoi avversari sta per scadere .
L’Iran è a terra, ne mancano due
In seguito agli attacchi israeliani e statunitensi di giugno, il programma nucleare iraniano è stato “gravemente danneggiato”, con un ritardo fino a due anni.(Ed: è interessante come lui stesso sembri scettico, nonostante questo fatto sia fondamentale per il funzionamento della sua teoria)Per la prima volta da decenni, l’America può spostare la sua attenzione principale dal Medio Oriente. La logica sequenziale richiede di indebolire un concorrente rimasto prima di rischiare una guerra su due fronti impossibile da vincere. Ma quale concorrente?
Chiede quale concorrente? Risponde:
La Russia è la scelta ovvia. Mosca è più debole e ha agito per prima invadendo l’Ucraina; dovrebbe essere punita per prima.
Un’altra arroganza sfrenata.
Prosegue esponendo la tempistica in quattro anni al massimo:
Washington ha forse solo quattro anni per attuare la giusta sequenza. Il primo e il secondo anno dovrebbero concentrarsi sull’aiutare l’Ucraina a prevenire le conquiste russe attraverso un continuo supporto di intelligence e addestramento militare, allentando il “meccanismo di revisione” che limita gli attacchi offensivi a lungo raggio dell’Ucraina contro la Russia, stabilendo le basi per la produzione di difesa europea e imponendo costi sistematici all’industria finanziaria e al commercio energetico russi, i due principali fattori abilitanti dello sforzo bellico di Mosca. Una pressione eccessiva potrebbe degradare l’economia russa in tempo di guerra entro il 2027, quando gli esperti suggeriscono che Mosca potrebbe non essere più in grado di sostenere la guerra in Ucraina.
Beh, quanto detto sopra ha un’idea giusta. Certamente, queste sono condizioni ragionevoli e logiche che potrebbero causare molta costernazione alla Russia. Ma, come al solito, vengono proposte in un vuoto che ignora completamente gli indicatori economici e politici ucraini, di gran lunga peggiori.
Descrive nel dettaglio ogni passaggio di questa “sequenza”:
Sequenziamento, Parte 1: Tagliare le linee vitali russe
La prima parte delinea essenzialmente l’idea ormai superata di imporre sanzioni drastiche all’intero settore finanziario russo, al fine di paralizzarne la capacità di trasferire fondi per la guerra. Poi, procedere a colpire direttamente il suo commercio energetico, eliminando gradualmente le importazioni europee di petrolio e gas dalla Russia già entro il 2026, e facilitare ulteriori attacchi in profondità da parte dell’Ucraina contro gli impianti energetici russi, consegnando le promesse munizioni ERAM e altre munizioni avanzate a lungo raggio.
Questa parte della strategia è in atto da tempo e ha persino ricevuto un impulso oggi durante l’incontro di Zelensky alla Casa Bianca, dove il leader ucraino ha presentato a Trump un elenco di “punti critici” per l’infrastruttura manifatturiera della difesa russa, utilizzando l’eufemismo diplomatico “sotto pressione” al posto di “colpito con i Tomahawk”:
Zelensky ha portato a Trump delle mappe con i “punti deboli” dell’industria della difesa russa, riporta RBC-Ucraina citando una fonte.
Una fonte della delegazione ucraina ha affermato che Zelensky e il suo team hanno portato con sé all’incontro con Trump anche diverse mappe, che hanno “un grande significato” per la conversazione con il presidente americano.
“Le mappe mostrano i punti deboli dell’industria della difesa e dell’economia militare russa, sui quali si può fare pressione per costringere Putin a fermare la guerra”, ha affermato.
Andando avanti:
Sequenziamento, Parte 2: Il rafforzamento della difesa europea
Nella seconda parte, l’autore propone un’integrazione molto più profonda della NATO con le operazioni ucraine in corso, chiedendo in sostanza un intervento subdolo della NATO nella guerra, con un metodo in stile “frog-boiling”, che la Russia presumibilmente non noterebbe né reagirebbe:
In primo luogo, stabilire una chiara divisione dei compiti, in cui gli alleati europei gestiscano la maggior parte delle capacità convenzionali mentre gli Stati Uniti forniscano supporto di “backstop” nelle aree di vantaggio comparato. Potenze europee come Regno Unito e Francia schiereranno “forze di rassicurazione” in prossimità dell’Ucraina, pronte per essere dispiegate nell’Ucraina occidentale durante un cessate il fuoco o un’escalation, dove impareranno dalle forze ucraine e forniranno anche supporto di retroguardia. I partner europei assumeranno un ruolo più importante nella gestione delle operazioni aeree e navali affiliate alla NATO e dei pattugliamenti contro le attività russe nella zona grigia. Nel frattempo, gli Stati Uniti forniranno intelligence, sorveglianza e ricognizione, logistica e trasporti, deterrenza nucleare e forze di supporto. Se fatto correttamente, entro il 2027, gli europei dovrebbero gestire la deterrenza e la difesa convenzionali quotidiane, mentre gli Stati Uniti svolgono un ruolo di supporto specializzato.
Prosegue delineando un ritratto del tutto irrealistico degli europei che stanno incrementando massicciamente la loro produzione di armamenti, ancora una volta senza riuscire a risolvere la trappola dell’analisi del vuoto. Praticamente tutte queste ricette sono formulate partendo dal presupposto che l’Europa sia strutturalmente e politicamente anche lontanamente in grado di coordinarsi e cooperare in modo così fluido. Si potrebbe pensare che chi scrive si tenga deliberatamente alla larga dagli aggiornamenti recenti, non avendo letto un solo giornale sul deterioramento della “solidarietà” europea in declino.
Menziona il “cofinanziamento” della “capacità industriale” come se non fosse ormai una farsa ricorrente che risale al 2022, quando l’Europa aveva notoriamente fallito più e più volte in varie iniziative volte a creare una sorta di finanziamento di gruppo à la carte per gli armamenti dell’Ucraina, che si trattasse dell’iniziativa guidata dalla Repubblica Ceca per i proiettili di artiglieria, che si è rivelata aver procurato solo una frazione dei totali dichiarati, o del più recente PURL (Prioritized Ukraine Requirements List). Queste iniziative sono sempre fallite, e continuare a suggerire una nuova variante dopo l’altra è come sputare controvento. L’unica conclusione ragionevole a cui giunge l’autore è che ci vorrebbero dieci lunghi anni perché l’Europa “raggiungesse la piena autonomia difensiva”.
Nella sua sezione finale, cita la previsione dell’ammiraglio statunitense Phil Davidson, secondo cui la Cina lancerà un attacco per riconquistare Taiwan entro il 2027, come ultima finestra temporale prima della quale gli Stati Uniti potranno “finire” la Russia. Menziona le numerose insidie di questo approccio, tra cui un collo di bottiglia diplomatico derivante dal fatto che gli Stati Uniti continueranno a concentrarsi sulla guerra in Ucraina, il che li priverebbe della spinta diplomatica per la “costruzione di una coalizione” anti-cinese in Asia.
La sua ultima dichiarazione conclusiva rivela la visione del mondo ottusa di questi tipi di think-tanker dalla mentalità unidimensionale che gestiscono il MIC. Nell’esaltare un’inesistente primavera di “rinnovamento” delle cosiddette imprese geopolitiche statunitensi, svela la cieca motivazione dietro tutta questa casistica pseudo-strategica, che è semplicemente la perpetua “espansione” della portata dell’America:
Con l’Iran neutralizzato, la sicurezza europea in miglioramento, l’Ucraina che mantiene la posizione e la Russia indebolita, gli Stati Uniti hanno una rara opportunità di indebolire la minaccia russa nel breve termine, rivitalizzando al contempo l’architettura di sicurezza europea per scoraggiare la Russia nel lungo termine, così che l’America possa finalmente concentrare le sue risorse e la sua attenzione nel contrastare il suo grande rivale di questo secolo: la Cina.
Se gli Stati Uniti utilizzeranno questi prossimi quattro anni meglio dei loro avversari, sconvolgeranno il panorama strategico. Trasformeranno l’alleanza occidentale da protettorato a partenariato. Moltiplicheranno la portata dell’America attraverso una maggiore capacità alleata e una condivisione degli oneri. E impediranno all’America di dover scegliere tra la difesa dell’Europa e quella del Pacifico.
Questo è esattamente il tipo di pensiero imperiale fallimentare che ha sprecato la maggior parte degli imperi precedenti: un’espansione infinita senza una ragione apparente, senza una giustificazione apparente. Imperi come quello degli Stati Uniti, nei loro ultimi anni di declino, vengono afflitti da una sorta di grande illusione di destino globale, in cui è impresso nel DNA stesso della nazione e nelle sue prospettive politiche e strategiche che solo l’espansione infinita e l’ossessione fanatica di distruggere anche i rivali più remoti attraverso la Trappola di Tucidide hanno salvato l’Impero dalla dissoluzione finale.
Questa temeraria devoluzione del destino nazionale sembra derivare dal fatto che gli imperi finiscono per perdere il loro cuore e la loro anima – il loro nomos – dimenticando ciò che un tempo era importante e sostituendolo con questa sorta di cieca illusione degenerativa, imitata e tramandata con crescente severità da ogni nuova generazione politica, secondo cui la “grandezza” di una nazione deriva esclusivamente dal suo dominio totale sul mondo, piuttosto che da alcuni marcatori culturali intrinseci e altre eredità uniche. Questo perché un impero, per sua definizione, finisce sempre per “globalizzarsi”, perdendo il nucleo della propria identità. E quando quell’identità viene erosa, l’unica cosa che rimane al suo posto è una sorta di vuoto mortale, istintivamente reinterpretato da generazioni di leader politici via via inferiori come una cieca fame di espansione insensata, come se ricoprire il globo con la propria impronta potesse mascherare l’atrofia terminale della sacra permanenza, un tempo considerata sacra, della nazione. Si tratta di una sorta di spirale metastatica della fine dei tempi, che può concludersi solo con la dissoluzione dell’impero da parte di nuove forze emergenti, dotate di sufficiente autentica vitalità e passionalità da eclissare l’impero snervato, che diventa una sorta di colosso dai piedi d’argilla.
La nostra seconda offerta, più interessante, arriva da Foreign Affairs , la pubblicazione ufficiale del Council on Foreign Relations, e serve da contrappunto al precedente articolo idealistico del think-tank:
L’articolo si apre con la premessa che gli analisti occidentali hanno frainteso la guerra in Ucraina a causa delle “oscillazioni selvagge” di aspettative che hanno influenzato la guerra, provocando un colpo di frusta nelle persone e confondendo la loro comprensione della realtà che si stava verificando sul campo. L’autore conclude che, dopo la percepita “sconfitta” della Russia da parte dell’Ucraina nella prima parte della guerra, gli analisti occidentali si sono rivolti a fattori esterni per spiegare la recente ripresa russa.
Poiché la Russia, a loro avviso, si è dimostrata debole e inefficace già nel 2022, la sua nuova forma attuale deve essere semplicemente il risultato della mancanza di un maggiore sostegno da parte dell’Occidente all’Ucraina. Questo è un errore, sostiene l’autore; al contrario, la rinascita della Russia è il risultato della totale e sistematica ristrutturazione del Paese:
Ciò che molti politici e strateghi hanno trascurato è la misura in cui Mosca ha imparato dai propri fallimenti e ha adattato la propria strategia e il proprio approccio alla guerra , in Ucraina e altrove. A partire dal 2022, la Russia ha avviato un’iniziativa sistematica per esaminare la propria esperienza di combattimento, trarne insegnamenti e condividerli con le sue forze armate. All’inizio del 2023, Mosca aveva silenziosamente costruito un complesso ecosistema di apprendimento che include la base manifatturiera della difesa, le università e i soldati lungo tutta la catena di comando. Oggi, l’esercito sta istituzionalizzando le proprie conoscenze, riallineando i propri produttori di difesa e le organizzazioni di ricerca per supportare le esigenze belliche e abbinando le startup tecnologiche alle risorse statali.
L’autore prosegue esaltando i grandi miglioramenti adattivi apportati dalla Russia alle sue tattiche e strutture militari (si legga in particolare la parte in grassetto per una rarissima ammissione occidentale):
Il risultato sono state nuove tattiche sul campo di battaglia, codificate in programmi di addestramento e manuali di combattimento, e armi migliori. Mosca ha sviluppato nuovi metodi per utilizzare i droni per individuare e uccidere i soldati ucraini e per distruggere le risorse ucraine, trasformando quella che un tempo era un’area di debolezza in un’area di forza. Ha costruito missili migliori e creato sistemi corazzati più robusti e potenti. Sta dando ai comandanti più giovani maggiore libertà di pianificazione. È diventata un esercito in grado sia di evolversi durante questa guerra sia di prepararsi per futuri conflitti ad alta tecnologia.
Ricordate le vecchie e stantie denunce della cosiddetta struttura di comando “sovietica” russa? Sembra che per una volta si stiano formando delle crepe nella granitica resistenza dell’Occidente all’idea che tali valutazioni delle Forze Armate russe siano totalmente obsolete.
Il risultato? L’Ucraina ora dovrà sostenere il costo di questa evoluzione russa:
A causa di questi cambiamenti, è probabile che l’Ucraina si trovi ad affrontare distruzioni ancora maggiori nei prossimi mesi. Dovrà fare i conti con attacchi di droni russi più rapidi e numerosi, con conseguenti maggiori danni a città, civili e infrastrutture critiche. Un numero maggiore di missili riuscirà a penetrare le difese ucraine.
L’autore chiede all’Occidente di iniziare a studiare i progressi della Russia per non restare indietro:
Se non vogliono restare indietro, Washington e le capitali europee devono quindi iniziare a imparare dalla guerra in Ucraina, senza voltarsi indietro. Invece di ignorarla, devono studiare gli studi della Russia e poi iniziare a cambiare le cose.
Come cambiano i tempi. L’incapace “tigre di carta” è ora il tutore per eccellenza.
L’autore sottolinea ulteriormente la decentralizzazione, così antitetica al cosiddetto modello “sovietico” mal interpretato, ossessionato dai pianificatori occidentali, descrivendo come i soldati russi abbiano sviluppato sistemi di condivisione informale delle conoscenze, al di fuori delle rigide strutture militari, che permeano lentamente l’intero corpo delle forze armate fino a istituzionalizzarsi. Questo tipo di metodo “dal basso” di evoluzione delle tattiche è al centro del riuscito rebranding militare della Russia, come l’autore riconosce.
Ma se l’organizzazione militare più ampia non assimila queste lezioni, spesso col tempo queste vanno perse, non vengono trasmesse a chi ne ha bisogno e non vengono diffuse all’interno delle forze armate.
Gli eserciti che apprendono meglio seguono cinque passaggi: acquisire esperienza di combattimento, analizzarla, proporre raccomandazioni, diffondere le raccomandazioni e le lezioni apprese in tutta la forza e, infine, metterle in pratica.
Quando divenne chiaro che la guerra si sarebbe protratta, la Russia cominciò a soddisfare la maggior parte di questi criteri.
Ma la cosa più importante è che l’autore presenta un esempio diretto di come la Russia abbia realizzato questa sistematizzazione dell’apprendimento:
Nel 2022, ad esempio, l’esercito ha ordinato a ufficiali di stato maggiore e ricercatori dedicati di recarsi in prima linea presso i posti di comando militari, in modo da poter osservare la guerra il più da vicino possibile e cercare di comprendere le prestazioni delle truppe. I ricercatori hanno quindi esaminato i risultati delle battaglie, esaminato attentamente i registri dei comandanti e intervistato il personale per generare report analitici. Dopo un’ulteriore valutazione, questi report sulle “lezioni apprese” (come li chiamano gli esperti militari) sono stati condivisi con il quartier generale di Rostov, lo stato maggiore a Mosca, i quartier generali delle forze armate, le accademie militari, le aziende di difesa e la comunità di ricerca militare.
Fa notare che subito dopo le Forze Armate russe hanno iniziato ad adattare le proprie operazioni sulla base di queste scoperte:
Le forze armate si sono quindi adeguate di conseguenza. Con l’aiuto dell’ordine di mobilitazione di Mosca del settembre 2022 e di un bilancio della difesa in crescita, l’esercito russo ha riorganizzato la sua struttura di comando e modificato le sue tattiche e la sua posizione di forza in Ucraina.
Mosca ha modificato il suo sistema logistico per renderlo più resistente. Ha introdotto nuove tecnologie o nuovi modi di utilizzare le vecchie tecnologie per migliorare sia la precisione del puntamento sia le capacità di guerra elettronica. Questi adattamenti temporanei hanno aiutato la Russia a stabilizzare le sue linee del fronte e a resistere alla controffensiva ucraina del 2023.
Ma, cosa ancor più importante, l’autore osserva che da allora le cose hanno solo accelerato in questa direzione, un fatto che sicuramente dispiacerà molto all’Occidente. Leggete questi esempi di quanto la Russia abbia spinto questa diffusione della conoscenza in tutta la sua struttura delle forze armate:
Da allora, l’ecosistema di apprendimento russo è diventato ancora più ampio. A Mosca, l’esercito russo ha oltre 20 commissioni dedicate all’attuazione di raccomandazioni basate sulle informazioni ricevute dalle linee del fronte e dai ricercatori russi. L’esercito è stato impegnato a diffondere le lezioni apprese alle forze armate riassumendole in bollettini, tenendo workshop tematici e ospitando conferenze per risolvere problemi e condividere conoscenze. Il Distretto Militare Meridionale della Russia riunisce ripetutamente soldati e comandanti dell’aeronautica militare, delle forze di terra, delle forze di guerra elettronica e dell’industria della difesa per insegnare loro come individuare, sopprimere e distruggere al meglio i velivoli senza equipaggio (UAV) nemici, essenziali per il primo successo militare dell’Ucraina. In una conferenza del 2023 ospitata dall’accademia di artiglieria russa, soldati ed esperti si sono riuniti per rivedere le tattiche di artiglieria e integrare i droni negli attacchi di artiglieria. In soli tre anni, la Russia ha apportato oltre 450 modifiche provvisorie ai manuali di combattimento. I leader militari sottolineano che è probabile che questi manuali vengano completamente rivisti dopo la fine della guerra.
Rileggilo:
“In soli tre anni, la Russia ha apportato oltre 450 modifiche provvisorie ai manuali di combattimento. I vertici militari sottolineano che è probabile che questi manuali vengano completamente rivisti dopo la fine della guerra.”
L’articolo prosegue citando la stessa revisione sistematica per quanto riguarda specificamente gli equipaggiamenti militari. Nei primi anni, scrive l’autore, la Russia ha sofferto di numerosi difetti negli equipaggiamenti, in particolare nei componenti del sistema di guerra elettronica, ma anche in questo caso ha iniziato rapidamente ad adattarsi democratizzando il sistema, riducendo burocrazia e normative, e promuovendo un’ampia cooperazione tra i diversi ambiti civili e militari:
E grazie al sostegno del governo, ci sono riusciti. Il Ministero della Difesa ha allentato le normative per abbreviare i tempi di ricerca e sviluppo. Ha tenuto riunioni con la base manifatturiera della difesa per assicurarsi di ricevere e assimilare il feedback delle unità in prima linea e apportare modifiche. Le aziende della difesa, nel frattempo, hanno inviato specialisti del settore nell’Ucraina occupata per riparare le attrezzature, studiarne le prestazioni e riferire, proprio come avevano fatto in Siria quando la Russia difendeva il regime di Bashar al-Assad. E a partire dall’inizio del 2023, il Cremlino ha creato programmi per integrare università e centri di ricerca civili negli sforzi di difesa nazionale. Ha migliorato la collaborazione tra ingegneri militari e civili nei siti di prova e nei poligoni di addestramento per testare i prototipi prima di inviarli in combattimento.
L’articolo prosegue sottolineando che la Russia ha potenziato molti dei suoi sistemi d’arma per aumentarne le prestazioni, un fatto confermato solo ieri dall’annuncio che una nuova e migliorata bomba planante russa avrebbe raggiunto la distanza record di 150 km colpendo le posizioni ucraine a Nikolayev:
L’articolo sfata anche il mito comune sulla scarsa formazione della Russia, rivelando che questi enormi cambiamenti hanno interessato anche il settore dell’addestramento, ancora una volta in contrasto con i soliti luoghi comuni propagandistici divorati dai creduloni e dai meno informati su Twitter e altrove:
L’apprendimento russo si estende a un altro importante ambito: l’addestramento. Gli istruttori militari del Paese stanno esaminando attentamente le esperienze di combattimento e integrando le lezioni apprese nei programmi di addestramento. Per garantire che questi programmi siano pertinenti e realistici, la Russia fa ruotare le truppe tra il campo di battaglia e i poligoni di addestramento, proprio come ha inviato al fronte i produttori di armi. Quando le visite di persona non sono possibili, l’esercito organizza videoconferenze sicure tra unità di prima linea, accademie e centri di addestramento. Alcuni veterani disabili sono diventati istruttori a tempo pieno.
Analogamente, nell’eterno dibattito sui “sottufficiali”, l’articolo sottolinea che la Russia sta migliorando l’addestramento in particolare dei suoi ufficiali subalterni, aggiungendo un’ulteriore proroga di due mesi alla formazione di tutti i tenenti.
Che ne dici di questa ammissione?
Gli istruttori si stanno anche concentrando sull’insegnamento agli ufficiali subalterni di come comandare piccole unità, data l’importanza dei piccoli assalti di fanteria sul campo di battaglia. Ad alcuni ufficiali subalterni viene persino insegnato ciò che gli stati NATO chiamano pianificazione di missione, in cui viene assegnato loro un obiettivo che loro e il loro staff devono capire come raggiungere autonomamente, piuttosto che obbedire a comandi centralizzati.Si tratta di un cambiamento radicale per l’esercito russo, tradizionalmente verticista, ispirato dai successi ottenuti da alcune unità russe contro Kiev.
Naturalmente, attenuano quanto detto sopra sostenendo che l’addestramento russo rimane disomogeneo e che molti soldati sono ancora impreparati alle realtà del fronte, citando una serie di altre “sfide” per spiegare perché la Russia stia ancora “rendendo male” nonostante questi cambiamenti rivoluzionari. Questa è una rappresentazione moderatamente equilibrata, almeno rispetto alla solita poltiglia beatamente ignorante che passa per analisi da think tank.
L’autore riassume la portata del messaggio come segue:
All’inizio dell’invasione nel 2022, l’esercito russo ha valutato male le capacità e la volontà di combattere dell’Ucraina. L’equipaggiamento di Mosca non è stato sempre all’altezza del compito e alcuni sistemi hanno fallito completamente. I suoi soldati non sono stati addestrati per le missioni assegnate (e non è stato nemmeno detto loro che sarebbero andati in guerra, se è per questo). La sua catena di comando ha faticato a funzionare.
Ma gli osservatori dell’esercito russo non possono più ancorare le proprie opinioni a quel periodo. Negli anni successivi, l’esercito russo è diventato un’organizzazione in continua evoluzione, e i continui adattamenti in prima linea sono solo una parte della sua attività formativa. Mosca sta acquisendo e analizzando l’esperienza di combattimento e diffondendo le lezioni apprese in tutto il suo ecosistema di forze armate e di difesa. Sta cercando sistematicamente di acquisire e istituzionalizzare la propria esperienza di guerra e di prepararsi per un periodo di riforme postbelliche. È consapevole che il futuro carattere della guerra sta cambiando, quindi anche l’esercito deve cambiare.
L’autore conclude affermando che è compito della NATO rispondere agli sviluppi rivoluzionari della Russia istituzionalizzando il proprio apprendimento. Sfortunatamente per loro, nulla del genere è ancora accaduto:
Sebbene diverse organizzazioni nei paesi NATO si dedichino a raccogliere insegnamenti dalla guerra, i progressi sono disomogenei e isolati. Gli sforzi di questi organismi non hanno ancora modificato in modo radicale i piani di approvvigionamento, i programmi di addestramento o i concetti operativi dei rispettivi paesi.
Affinché l’Occidente si svegli, deve ingoiare la pillola più aspra e amara dell’orgoglio: l’illusione autoalimentata che la Russia non sia altro che una “debole tigre di carta”.
Per evitare di rimanere indietro, Stati Uniti ed Europa devono iniziare a prestare maggiore attenzione, soprattutto perché Mosca sta trasmettendo le sue conoscenze ai partner autocratici. Ma ciò significa che devono vedere l’esercito russo per quello che è: imperfetto, ma a modo suo resiliente. I suoi problemi strutturali sono molto reali e sarebbero particolarmente acuti in caso di conflitto con la NATO. Eppure il suo processo di apprendimento è incessante. Le forze armate russe modificheranno ulteriormente le tattiche, introdurranno nuove armi e si espanderanno, avviando uno sforzo di ricostituzione decennale. Gli esperti amano dire che gli eserciti plasmano la guerra. Ma la guerra plasma anche gli eserciti.
Prestate attenzione alla frase conclusiva qui sopra. L’arroganza della NATO e della leadership occidentale potrebbe essere troppo rigidamente radicata per cedere alla realtà che la Russia è ferocemente sottovalutata, ma almeno negli angoli più remoti dell’ordine analitico, la realtà ha iniziato lentamente a mettere radici; quanto crescerà questa radice dipenderà interamente da quanta parte del suo ego e della sua falsa facciata di invincibilità l’Occidente sarà disposto a sacrificare nell’ammettere al mondo quanto si sbagliasse sulla Russia.
Ma le probabilità che ciò accada sono scarse, perché rimuovere uno strato di bugie sulla Russia rischia di esporre il resto della storia contraffatta che l’Occidente ha così meticolosamente inculcato sul suo più grande avversario.
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Un approccio comparativo ed espressionista
Emil Nolde, Maschere Natura morta, 1911
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I riferimenti agli anni ’30 si moltiplicano. Il declino della democrazia americana sembra riportarci a quello della Repubblica di Weimar. Trump, con il suo godimento della violenza e della menzogna, con l’esercizio del male, ci riporta irresistibilmente a Hitler. In Europa, l’ascesa di movimenti classificati come di estrema destra ci costringe a questo ritorno alla nostra storia.
Le società occidentali, tuttavia, non assomigliano più a quelle degli anni ’30. Sono invecchiate, consumistiche, terziarie, le donne sono emancipate, lo sviluppo personale ha sostituito l’adesione partitica. Che rapporto c’è con le società degli anni ’30: giovani, frugali, industriali, operaie, maschili, tesserate? È proprio questa distanza socio-storica che mi ha portato a considerare fino ad oggi come a priori invalido il parallelo tra le “estrema destra” del presente e quelle del passato. Ma le dottrine politiche esistono, oggi come ieri, e non ci si può accontentare di postulare l’impossibilità, ad esempio, di un nazismo degli anziani, di un franchismo dei consumatori, di un fascismo delle donne emancipate o di un LGBTismo Croix-de-Feu.
È giunto il momento di confrontare le dottrine del nostro presente con quelle degli anni Trenta. Ecco una bozza di quello che potrebbe essere lo studio comparativo di cinque fenomeni storici: l’hitlerismo, il trumpismo, il netanyahismo, il lepenismo. Aggiungerò brevemente, alla fine, il macronismo. L’estremismo centrista ed europeista che sta portando la Francia al caos ci obbliga a questa analisi. Ma questo estremismo è davvero così centrista?
Si tratterà di un approccio impressionistico, senza pretese di completezza o addirittura di coerenza, il cui scopo è quello di aprire nuove strade, non di trarre conclusioni. Esagero i tratti e i colori per mettere i concetti in relazione tra loro. Esagero di proposito, per recuperare o addirittura anticipare una storia che accelera. Approccio espressionista sarebbe forse una metafora più appropriata.
Cominciamo dalla dimensione generale del razzismo o della xenofobia.
Il rifiuto di un «altro» definito come estraneo alla comunità nazionale, con livelli di intensità molto variabili, è comune all’hitlerismo, al trumpismo e al lepenismo. Nel caso dell’hitlerismo e del trumpismo, è il concetto di razzismo, esplicito o implicito, ad essere comune. Gli ebrei erano considerati dal nazismo come una razza, in senso biologico. Anche i neri, bersagli appena velati del partito repubblicano trumpizzato, sono definiti biologicamente. Al lepenismo, invece, possiamo associare solo il concetto di xenofobia. Gli arabi o i musulmani sono definiti dalla loro cultura. Una delle caratteristiche dell’ossessione francese per l’immigrazione rimane la sua fissazione per l’Islam e la sua incapacità di prendere di mira i neri, il cui arrivo massiccio è tuttavia l’elemento nuovo del processo migratorio. Il tasso di matrimoni misti delle donne nere è molto alto in Francia, mentre rimane insignificante negli Stati Uniti.
Una caratteristica comune ai “populismi” occidentali è ovviamente il loro rifiuto dell’immigrazione: Reform UK, Sverigedemokraterna (Democratici di Svezia), AfD, Viktor Orban in Ungheria, Diritto e Giustizia in Polonia, Giorgia Meloni in Italia, come Trump o Le Pen, superano il test di questo denominatore comune. È sufficiente definirli di estrema destra, nel senso in cui il nazismo e il fascismo erano di estrema destra? Non credo. Una differenza fondamentale distingue il populismo odierno dall’estrema destra di tipo hitleriano o mussoliniano: il nazismo e il fascismo erano espansionistici, con l’obiettivo di proiettare all’esterno la potenza del popolo tedesco (ariano) o italiano (romano). Erano aggressivi, nazionalisti, conquistatori. Si appoggiavano a partiti di massa. È difficile immaginare i populisti di oggi organizzare parate in stile Norimberga. Gli aperitivi a base di salame e vino rosso del RN sono certamente anti-musulmani, ma comunque meno impressionanti delle cerimonie belliche hitleriane. Da Norimberga a Hénin-Beaumont? Davvero?
L’unico populismo occidentale che oggi supererebbe al 100% il test dell’espansionismo sarebbe quello di Netanyahu. Colonie in Cisgiordania, genocidio di Gaza: è inevitabile stabilire un collegamento tra hitlerismo e netanyah(u)ismo.
La xenofobia francese, britannica, svedese, finlandese, polacca, ungherese e italiana è, al contrario del nazismo e del fascismo, difensiva. Non abbiamo a che fare con popoli che vogliono conquistare, ma con popoli che vogliono rimanere padroni in casa propria. Ecco perché oggi in Europa la dimensione culturale prevale su quella razziale e perché qui si può parlare solo di xenofobia. Questa xenofobia è conservatrice, mentre il razzismo hitleriano era rivoluzionario perché sconvolgeva l’organizzazione sociale. Il concetto di nazionalismo non si applica quindi agli attuali populismi europei, né quello di estrema destra, altrimenti dovremmo introdurre ossimori come «nazionalismo moderato» ed «estrema destra moderata». Preferisco parlare di conservatorismo popolare.
Personalmente favorevole a un’immigrazione controllata, devo ammettere la legittimità di questa xenofobia perché accetto l’assioma secondo cui un gruppo umano portatore di una cultura, consapevole di esistere come collettività, insomma un popolo, ha il diritto di voler continuare a esistere. In concreto: un popolo può controllare i propri confini. Il nazismo, con i suoi soldati dispiegati dall’Atlantico al Volga per asservire o sterminare altri popoli, era tutta un’altra cosa.
Il trumpismo rappresenta una forma mista perché combina un elemento centrale difensivo, anti-immigrazione, con un forte potenziale di aggressività verso il mondo esterno. Non si tratta propriamente di espansionismo. Sono stati la precedente espansione dell’apparato militare americano e il ruolo del dollaro nella predazione imperiale a rendere possibili le violente azioni trumpiane contro altri popoli e nazioni: il Venezuela, l’Iran, noi, i popoli soggetti europei occidentali, e naturalmente gli arabi, con i palestinesi come obiettivo principale. La progressiva integrazione di Israele nell’Impero, a partire dal 1967, fa sì che nel 2025 non si possa più distinguere il trumpismo dal netanyahismo. Ma Trump, al di là delle sue buffonate da premio Nobel, è il principale responsabile del genocidio di Gaza per il suo incoraggiamento di lunga data alla violenza di Israele: questo fatto così semplice fa cadere il trumpismo dalla parte dell’hitlerismo. Trump è ancora al volante: l’acceleratore e il freno americani regolano l’aggressività genocida di Netanyahu. Sono fortunato: mentre scrivo, Trump, spaventato dalla reazione dei paesi arabi al raid israeliano sul Qatar, e in particolare dall’alleanza strategica tra Arabia Saudita e Pakistan, fa marcia indietro. Ordina a Netanyahu di scusarsi per il bombardamento del Qatar e questi obbedisce. Trump impone a Israele un accordo con Hamas e Netanyahu firma. E poi? Trump è un perverso, impossibile dirlo.
Il concetto di trumpo-netanyahismo, piuttosto brutto lo ammetto, permette di inquadrare la questione ebraica come punto comune alla crisi americana degli anni 2000-2035 e alla crisi tedesca degli anni 1920-1945.
A mio avviso, la posizione radicalmente filoisraeliana del trumpismo nasconde un antisemitismo viscerale e vizioso: l’identificazione di tutti gli ebrei con il netanyahismo, fenomeno storico effettivamente mostruoso, cancro nella storia ebraica, non farà altro che rinnovare la concezione nazista di un popolo ebraico mostruoso. Sto parlando di antisemitismo 2.0.
Sono consapevole che pochi lettori mi seguiranno su questo punto. Ma qui mi limito a parlare come un banale profeta dell’Antico Testamento. «Non siamo stati scelti per stare dalla parte dei potenti. La storia continua a tenderci questa trappola». Quante volte gli ebrei hanno creduto di essere stati salvati dai forti, dai potenti, dal potere, da un impero, designati persino da un privilegio – il successo finanziario, intellettuale, l’importanza nel partito bolscevico – per essere poi gettati in pasto a popoli furiosi… Il mio cuore sanguina quando vedo tanti ebrei francesi, che oggi credono di essere dalla parte dei potenti, giustificare la politica di Netanyahu. Ma sono proprio le fauci di una trappola che si stanno aprendo. Per grazia di Trump, l’intero pianeta sta diventando antisemita. Gli ebrei americani, la maggioranza dei quali rifiuta la linea di Netanyahu, sono più saggi e più giusti. Ma già gli ebrei ostili a Netanyahu, accademici e non, sono sospettati dal potere di essere antisemiti. Regna la perversità. Regna il trumpismo.
Quando si chiuderà la trappola? Un giorno, inevitabilmente, le nazioni cristiane faranno pace con 1,6 miliardi di musulmani. Gli ebrei saranno allora abbandonati dai loro sostenitori e, ormai soli, gettati in pasto ad altri popoli furiosi.
Le terre promesse si susseguono, seguite da disastri. Nightfall, racconto precoce di Isaac Asimov, grande autore americano di fantascienza, mi sembra una metafora della lunga serie di drammi che costituiscono la storia ebraica: all’interno di una civiltà potente, un residuo di profezia annuncia una misteriosa catastrofe… essa arriva, sorprendente… la civiltà crolla… poi, lentamente, rinasce, fiorisce… un residuo di profezia annuncia una misteriosa catastrofe… essa arriva, sorprendente…
In verità, il solo ritorno dell’ossessione ebraica nel cuore dell’Occidente conferma l’ipotesi di una minacciosa continuità tra passato e presente.
Protestantesimo zombie e nazismo, protestantesimo zero e trumpismo.
La crisi economica del 1929 fu un fattore determinante, ben noto, dell’hitlerizzazione della Germania. Sei milioni di disoccupati fecero sfuggire alla società tedesca ogni forza di richiamo ideologico. L’eliminazione della disoccupazione da parte di Hitler in pochi mesi segnò il destino del liberalismo.
Il contesto religioso dell’ascesa del nazismo, altrettanto importante, è meno noto: tra il 1870 e il 1930, la fede protestante svanì in Germania, prima nel mondo operaio, poi nelle classi medie e alte. Le regioni cattoliche resistettero. Nel 1932 e nel 1933, la mappa dei voti nazisti riproduceva quindi, con affascinante precisione, quella del luteranesimo. Il protestantesimo non credeva nell’uguaglianza degli uomini. C’erano gli eletti, designati come tali dall’Eterno prima ancora della loro nascita, e i dannati. Una volta scomparsa la credenza metafisica protestante, ciò che rimase fu l’isterizzazione causata dalla paura del vuoto del suo contenuto inegualitario, con gli ebrei, gli slavi e tanti altri come dannati. Negli Stati Uniti, il protestantesimo di origine calvinista prese di mira i neri. Il popolo calvinista, fissato sulla Bibbia, si identificava con gli ebrei, il che limitò l’antisemitismo americano degli anni Trenta e mise al riparo gli ebrei. Beh… al riparo fino alla recente comparsa della fissazione evangelista sullo Stato di Israele.
Nella Francia cattolica (in particolare nel bacino parigino e sulla costa mediterranea), il crollo della fede e della pratica religiosa a partire dal 1730 trasformò la parità di accesso al paradiso (ottenuta tramite il battesimo, che lava il peccato originale) in parità dei cittadini ed emancipazione degli ebrei. L’idea repubblicana di uomo universale sostituì quella di cristiano universale cattolico (katholikos significa universale in greco). Un programma completamente diverso dal nazismo, ma che aveva rappresentato, ben prima di esso, la prima sostituzione massiccia di una religione con un’ideologia. Nella Francia rivoluzionaria come nella Germania nazista, tuttavia, il potenziale di inquadramento sociale e morale della religione era sopravvissuto alla fede: l’individuo rimaneva membro della sua nazione, della sua classe, portatore di un’etica del lavoro e del senso del dovere nei confronti dei membri del gruppo. La capacità di azione collettiva era forte, forse decuplicata. È quello che io chiamo lo stadio zombie della religione. Il nazismo corrispondeva a questo stadio zombie, da cui, purtroppo, derivava la sua efficacia economica e militare.
Potrei completare questa spiegazione religiosa dell’ideologia con una spiegazione della religione stessa, influenzata dalle strutture familiari sottostanti, inegualitarie in Germania e egualitarie nel bacino parigino. Ma qui ci si può accontentare di una continuità dal protestantesimo al nazismo e dal cattolicesimo alla Rivoluzione francese.
Nel trumpismo ritroviamo il protestantesimo. Troviamo quindi la disuguaglianza associata alla negrofobia. Tuttavia, non siamo più nella fase zombie della religione, ma nella sua fase zero. La moralità comune è scomparsa. L’efficacia sociale è scomparsa. L’individuo galleggia, in particolare in questa America dalla struttura familiare nucleare assoluta, individualista e senza regole di eredità ben definite. Ci si deve quindi aspettare qualcos’altro come ideologia trumpista: sempre disuguaglianza, ma meno stabilità nella follia, oscillazioni brutali che non provengono, fondamentalmente, dal cervello di un presidente volgare e vizioso, ma dalla società stessa. La capacità di azione collettiva, economica e militare è, fortunatamente per noi, molto ridotta.
Nel caso del trumpismo, si nota l’emergere di forme pseudo-religiose nichiliste che includono una reinterpretazione oscena della Bibbia, come una glorificazione dei ricchi. Decisamente più debole del nazismo nella dimensione del razzismo, il trumpismo va oltre nell’immoralità economica.
Il nazismo era semplicemente ed esplicitamente anticristiano. Il trumpismo si presenta come religioso, ma alla maniera di un culto satanico, attraverso l’inversione dei valori. Il male è bene, l’ingiustizia è giustizia. Hitler era solo il Führer, guida del popolo tedesco verso il martirio; Trump non è Satana, ma sospetto che per i suoi fan satanisti il suo cappellino rosso sia quello dell’Anticristo.
Nel caso del lepenismo, non c’è alcuna eredità protestante inegualitaria. È questo il vero mistero del Rassemblement National: xenofobo, è nato in terra cattolica. Peggio ancora, le sue prime zone di forza, sulla costa mediterranea e nel bacino parigino, furono quelle della Rivoluzione: egualitarie sul piano familiare e scristianizzate fin dal XVIII secolo. Allora? Il Rassemblement National è inegualitario? Egalitario? Mistero per noi, probabilmente lo è anche per se stesso. Il suo rifiuto dell’altro deriva da un egalitarismo perverso che esige una rapida assimilazione degli immigrati piuttosto che percepirli come essenzialmente diversi. Soprattutto, il RN, fortemente determinato dal rifiuto degli immigrati, e persino dei loro figli, non è meno costantemente richiamato alla tradizione egualitaria francese perché i suoi elettori detestano i super ricchi, i potenti, insomma le nostre élite imbecilli, e non solo gli immigrati. Ecco perché l’unione delle destre fatica a realizzarsi in Francia. In una forma o nell’altra, l’unione degli oligarchi e del popolo (bianco) contro gli stranieri non pone problemi né negli Stati Uniti, né nel Regno Unito, né in Scandinavia, dove le forze popolari conservatrici e le forze della destra classica vanno facilmente d’accordo. In Francia, la coalizione dei ricchi e dei poveri contro gli stranieri sfugge.
Non sottovalutiamo tuttavia la violenza potenziale di una xenofobia di natura universalista. Essa può facilmente trasformarsi in razzismo. Se un uomo pensa a priori che gli uomini siano tutti uguali e si trova di fronte a persone con costumi diversi, può benissimo concludere che non sono esseri umani.
Il RN è il prodotto di un cattolicesimo zero, così come la Rivoluzione fu il prodotto di un cattolicesimo zombie. Ecco perché non darà vita ad alcun progetto collettivo. Rimando l’esame dettagliato del RN e del suo rapporto con il futuro a un prossimo testo, né impressionista né espressionista, che dedicherò interamente alla logica interna e alle dinamiche del caos francese.
Psichiatria delle classi medio-alte.
Passo ora a una differenza fondamentale, che dovrebbe essere evidente a tutti e ricordata dai commentatori politici che con il loro vocabolario ci rimandano continuamente al 1930. Comprendere la dimensione religiosa, o post-religiosa, dell’hitlerismo, del trumpismo o del lepenismo presupponeva conoscenze storiche che non si possono esigere dai politologi dei talk show televisivi. D’altra parte, possiamo esigere da loro che sappiano collocare socialmente le ideologie del passato e del presente, che avvicinano incessantemente con il termine di estrema destra. La differenza tra passato e presente è qui molto chiara.
Il nazismo e i movimenti di estrema destra del periodo prebellico trovavano il loro epicentro sociale nelle classi medie e in particolare in quelle medio-alte, minacciate dal movimento operaio, socialdemocratico o comunista. Queste classi medie erano febbrili, molto impegnate a rinchiudere le loro donne e a perseguitare gli omosessuali. Oggi, al contrario, i movimenti cosiddetti di estrema destra trovano il loro epicentro negli ambienti popolari, in particolare in un mondo operaio impoverito, scosso o distrutto dalla globalizzazione economica, minacciato dall’immigrazione. Le classi medie di oggi, ampiamente definite dall’istruzione superiore, sono meno o addirittura poco influenzate dall'”estrema destra”. Le classi medie superiori, che combinano istruzione superiore e redditi elevati, sono particolarmente immuni.
È per questo motivo che preferisco parlare di conservatorismo popolare piuttosto che di estrema destra. Il suo radicamento nel gruppo dei dominati spiega il carattere difensivo del conservatorismo popolare. Il suo elettore non immagina di conquistare l’Europa o il mondo se considera la propria vita come una sopravvivenza.
Il vero errore intellettuale sarebbe fermarsi qui. Continuiamo ad andare avanti, ribaltiamo addirittura la questione dell’associazione tra ideologia e classe. Abbiamo confrontato le ideologie del presente con quelle del passato, confrontiamo ora le classi del presente con quelle del passato.
Alcune classi medie europee dell’epoca tra le due guerre impazzirono. Il mondo operaio fu più ragionevole. Ma le classi medie di oggi, in particolare quelle medio-alte, sono ragionevoli? Sono pacifiche? Quali sono i loro sogni?
Sono pazzi. La costruzione di un’Europa post-nazionale è un progetto delirante, se si considera la diversità del continente. Ha portato all’espansione dell’Unione Europea, improvvisata e instabile, nell’ex spazio sovietico. L’UE è ora russofoba, bellicista, con un’aggressività rinnovata dalla sua sconfitta economica nei confronti della Russia. L’UE sta cercando di trascinare i popoli britannico, francese, tedesco e tanti altri in una vera e propria guerra. Ma che strana guerra sarebbe, in cui le élite occidentali avrebbero adottato il sogno hitleriano di distruggere la Russia!
Il confronto tra le classi sociali ci permette quindi di compiere un importante passo avanti intellettuale. L’europeismo, e quindi il macronismo, con la loro aggressività verso l’esterno, si schierano dalla parte del nazionalismo, dalla parte dell’estrema destra prebellica. Se aggiungiamo le violazioni della libertà di informazione e dell’espressione del suffragio popolare, violazioni sempre più massicce e sistematiche nello spazio dell’UE, ci avviciniamo ancora di più al concetto di estrema destra. Fondata come associazione di democrazie liberali, l’Europa si sta trasformando in uno spazio di estrema destra. Sì, il paragone con gli anni Trenta è utile, anzi indispensabile.
Nel grandioso progetto europeista ritroviamo una dimensione psicopatologica già osservabile nell’hitlerismo: la paranoia. La paranoia europeista si concentra sulla Russia. Quella dei nazisti faceva della minaccia ebraica una priorità, senza tuttavia trascurare il bolscevismo russo (detto giudeo-bolscevismo).
Oggi come ieri possiamo quindi analizzare una psicopatologia delle classi dirigenti europee. La bizzarra sequenza iniziata con l’elezione di Trump, con la volontà dell’instabile presidente di discutere con Putin, ci ha permesso di seguire in diretta l’uscita dalla realtà dei nostri leader. Riassumiamo il nostro delirante processo. È iniziato intorno al 2014, prima, durante e dopo Maidan, il colpo di Stato che ha disintegrato l’Ucraina, guidato a distanza da strateghi americani e tedeschi. Il seguito ora:
– 2014-2022: Provocare la Russia, che aveva avvertito che non avrebbe tollerato l’annessione dell’Ucraina da parte dell’Unione Europea e della NATO.
È fatta. Putin ha invaso l’Ucraina.
– 2022-2025: Perdiamo la guerra economica che ne è derivata per noi.
È fatta.Le nostre società stanno implodendo.
– 2022-2025: Perdiamo la guerra in senso stretto condotta per nostro conto dal regime di Kiev.
È in corso.
Il passaggio dei governi europei a una realtà parallela inizia nel 2025.
– Traiamo dalla nostra sconfitta l’idea che possiamo finalmente imporre la nostra volontà e schierare le nostre truppe in Ucraina, per annettere all’UE ciò che ne rimarrà. Ma come non pensare a Hitler rinchiuso nel suo bunker nel 1945, a dare ordini ad eserciti che non esistono più?
Oggi in Europa abbiamo a che fare con dei pazzi, o meglio con una follia collettiva che ha contagiato in massa gli individui appartenenti ai ceti sociali dominanti. Solo in Francia, migliaia di giornalisti, politici, accademici, imprenditori, alti funzionari partecipano all’allucinazione collettiva di una Russia che vorrebbe conquistare l’Europa (paranoia). Questo o quell’individuo non può essere ritenuto personalmente responsabile. Abbiamo a che fare con una dinamica psichica collettiva.
Sono convinto che l’indebolimento dell’individuo nato dallo stato zero della religione spieghi la nascita di questi banchi di pesci russofobi.
Come ho spiegato in Les Luttes de classes en France au XXIème siècle, la scomparsa delle credenze collettive – credenze religiose e poi credenze ideologiche dello Stato religioso zombie – ha portato a un cedimento del super-io umano. Contrariamente ai militanti della liberazione dell’io, non definisco il super-io come solo o principalmente repressivo. Il super-io, in quanto ideale dell’io, radica nella persona valori morali e sociali positivi. I concetti di onore, coraggio, giustizia, onestà trovano la loro origine e la loro forza nel super-io. Se esso si indebolisce, anche loro si indeboliscono. Se scompare, anche loro scompaiono. L’uomo non è stato quindi liberato dalla fine della religione e delle ideologie, ma al contrario è stato sminuito. Sono uomini e donne altamente istruiti, ma moralmente e intellettualmente ristretti dallo stato zero della religione, che sono, in massa, portatori della patologia russofoba.
Gli antisemiti nazisti avevano una costituzione psichica completamente diversa. La morte di Dio, per dirla con Nietzsche, li aveva certamente spinti alla ricerca di un Führer, ma non erano affatto privi di super-io e rimanevano capaci di azione collettiva. Ne sono testimonianza le tragiche prestazioni dell’esercito tedesco durante la seconda guerra mondiale. Chi oserebbe immaginare oggi la nostra classe media superiore correre incontro alla morte, alla testa dei propri popoli, verso Kiev e Kharkov? La nostra guerra in Ucraina è una barzelletta, prodotto dell’emancipazione dell’io, figlia dello sviluppo personale. Moriranno solo ucraini e russi.
A meno che…
Gli scambi termonucleari possono fare a meno degli eroi.
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E come sempre, grazie a tutti coloro che forniscono instancabilmente traduzioni nelle loro lingue. Maria José Tormo pubblica traduzioni in spagnolo sul suo sito qui , e Marco Zeloni pubblica traduzioni in italiano su un sito qui , e Italia e il Mondo: le pubblica qui . Sono sempre grata a coloro che pubblicano occasionalmente traduzioni e riassunti in altre lingue, a patto che citino la fonte originale e me lo facciano sapere. E ora:
Prima dell’inizio della guerra, la maggior parte delle persone ne aveva una vaga conoscenza: forse indicavano il cielo con entusiasmo. Quando iniziarono i combattimenti, erano macchine semplici e delicate, con un raggio d’azione ridotto e capaci di svolgere solo ruoli di ricognizione, ma molto rapidamente si evolvettero per supportare le truppe di terra e persino per effettuare bombardamenti, con carichi sempre più pesanti e gittata sempre maggiore.
Sto ovviamente parlando di aerei della Prima Guerra Mondiale: di cosa pensavi che stessi parlando? Di droni? C’è un punto importante, perché mentre la tecnologia dei droni è in continuo miglioramento e richiede investimenti incrementali relativamente piccoli, la tecnologia degli aerei da combattimento è ormai estremamente matura, progressi importanti costano una fortuna e potrebbero anche non funzionare allora.
La mia ipotesi in questo saggio è che le tecnologie su cui l’Occidente, in particolare, ha storicamente fatto affidamento per il combattimento, stiano diventando sempre più costose e complesse, e che potrebbero effettivamente avvicinarsi al punto in cui un ulteriore sviluppo non sia economicamente conveniente. D’altra parte, tecnologie molto più recenti (in particolare, ma non solo, i droni) potrebbero rivelarsi meno rivoluzionarie di quanto alcuni dei loro sostenitori credano. Non sostengo questo dal punto di vista di un appassionato di tecnologia bellica (o di un feticista, se è per questo), ma da qualcuno che di tanto in tanto si è occupato del lato pratico e politico delle strutture di forza e dei progetti di equipaggiamento militare. Esaminerò la situazione a mio avviso, per poi esaminare le conseguenze politiche e strategiche che ne deriveranno dopo quella che sembra un’inevitabile sconfitta occidentale in Ucraina. In un certo senso, questo è il seguito, con un livello di dettaglio inferiore, del mio saggio di un paio di settimane fa, ma qui mi occuperò principalmente di dottrina ed equipaggiamento.
Lo sviluppo della tecnologia aeronautica militare tra il 1914 e il 1945 non ebbe eguali al mondo, né prima né dopo. Blériot riuscì ad attraversare la Manica nel 1909: dieci anni dopo, Alcock e Brown attraversarono l’Atlantico a bordo di un bombardiere Vickers convertito. La potenza aerea aveva già lasciato il segno nella guerra stessa, con i primi esempi di ricognizione fotografica, supporto aereo ravvicinato e bombardamento strategico, e quasi subito dopo la fine della guerra, i teorici iniziarono a parlare con entusiasmo di vincere la guerra successiva con pochi giorni di bombardamenti aerei, che avrebbero portato alla resa a un costo irrisorio in vite umane e denaro.
Ciò non accadde, ma la realtà fu abbastanza sconvolgente. La tecnologia si evolve sempre rapidamente in guerra, ma in questo caso si evolse a un ritmo vertiginoso anche in tempo di pace, e il corollario era che un aereo poteva rimanere in servizio solo per una manciata di anni prima di essere sostituito da qualcosa di sostanzialmente migliore. Ad esempio, l’Hawker Hart, l’ultimo bombardiere leggero biplano utilizzato dalla RAF, con prestazioni eccezionali per l’epoca, fu introdotto nel 1930. Ne furono costruiti quasi mille esemplari, ma nel giro di pochi anni fu reso obsoleto dai nuovi monoplani. Già all’inizio della produzione, erano stati elaborati progetti per aerei a reazione, e il primo aereo a turbogetto, l’Heinkel He 178, effettuò il suo primo volo nel 1939, sebbene non entrò mai in servizio.
Il cambiamento tecnologico è stato così rapido perché i costi irrecuperabili erano limitati, molti produttori in tutto il mondo avevano la capacità tecnica di produrre aerei, e quindi la produzione poteva passare liberamente a nuove varianti, o persino a nuovi modelli. Se il nuovo aereo o la nuova versione diventava obsoleto o non soddisfaceva le aspettative, non c’erano problemi a ritirarlo o a relegarlo a ruoli secondari (come accadde all’Hart). Al contrario, il programma europeo di caccia Typhoon, che coinvolgeva quattro nazioni, fu concepito per la prima volta nel 1983 e ci vollero vent’anni per iniziare a entrare in servizio presso quattro forze aeree europee. Non è chiaro quando verrà effettivamente sostituito, o da cosa. Parte dell’esitazione nel programma Typhoon era, ovviamente, l’incertezza derivante dalla fine della Guerra Fredda. Eppure, in pratica, l’investimento in tecnologia è ora così ingente, il numero di fornitori così limitato, gli aerei stessi così complessi e il supporto dedicato così enorme, che i paesi saranno sempre bloccati, nel bene o nel male, con ciò che hanno deciso di acquistare per molto tempo. È vero che la consegna di una flotta di aerei moderni richiede ormai così tanto tempo che è possibile produrne versioni migliori durante la fase di produzione, ed è normale che venga effettuato almeno un importante aggiornamento, in modo che gli aerei possano diventare, e lo diventano, più capaci nel corso del loro ciclo di vita. Tuttavia, come ha dimostrato di recente la storia dell’F-35, ci sono ancora dei limiti.
Proprio all’inizio delle discussioni sull’Eurofighter, Mary Kaldor pubblicò un autorevole studio che introdusse il concetto di tecnologia militare “barocca”. Sosteneva che questa tecnologia stesse rapidamente sfuggendo al controllo e che i sistemi d’arma stessero diventando sempre più costosi e complessi, pur non riuscendo spesso a raggiungere gli obiettivi prefissati. Questa argomentazione è stata sempre più accettata negli ultimi decenni, poiché i programmi di approvvigionamento in molti paesi si trovano in gravi difficoltà, e sono propenso a pensare che si tratti di un problema inevitabile. Cercherò di spiegare perché.
Esistono armi (aerei nel 1914, droni nel 2022) per le quali sviluppare una capacità migliorata è facile, rapido e relativamente economico: esiste molta di quella che viene definita capacità “estensiva”. In tali situazioni, i miglioramenti possono essere introdotti rapidamente e fornire una capacità che giustifica ampiamente l’investimento aggiuntivo. Il costo di sviluppo dei caccia monoplani Spitfire e Hurricane negli anni ’30, per sostituire i biplani Bulldog, Fury e Gladiator, fu irrisorio, rispetto all’enorme aumento di capacità che ne derivò. Lo sviluppo di aerei da parte di tutte le nazioni durante la Seconda Guerra Mondiale fu molto rapido, ma i progressivi guadagni di capacità iniziarono a rallentare piuttosto rapidamente. Pertanto, lo Spitfire era già un progetto relativamente complesso quando entrò in servizio per la prima volta nel 1938, e durante la sua vita operativa ne furono prodotti non meno di 24. Ma alla fine di quel periodo, era chiaro che il potenziale di estensione rimaneva ben poco, non solo nello Spitfire, ma nei caccia monoplani a elica più in generale. Fortunatamente, in quel periodo entravano in servizio gli aerei a reazione ed era chiaro che rappresentavano il futuro.
Anche nelle prime generazioni di aerei a reazione, le capacità migliorarono molto rapidamente e gli investimenti necessari per passare da una generazione all’altra furono almeno proporzionali all’aumento delle capacità. Le nazioni più grandi potevano produrre autonomamente aerei a reazione e, negli stati più grandi, spesso c’erano diversi potenziali fornitori. (Laddove si verificò una collaborazione, come nel caso dell’AlphaJet franco-tedesco, ciò avvenne solitamente per ragioni politiche: in tal caso, l’AlphaJet era di fatto costituito da due aerei diversi). Il risultato fu che gli aerei ebbero una vita operativa relativamente breve: il famoso F-86 Sabre, prodotto in grandi quantità a partire dal 1949, fu tuttavia sostituito negli Stati Uniti dall’F-100 a partire dal 1954. Con l’ulteriore maturazione della tecnologia aeronautica, i tempi e i costi di sviluppo sono aumentati esponenzialmente, tanto che probabilmente abbiamo raggiunto il punto in cui l’aumento marginale della capacità di combattimento non giustifica più l’aumento marginale dei costi. Ad esempio, la velocità pura e semplice è stata importante fino a un certo punto, ma, a parte nicchie specializzate, raramente viene più perseguita fine a se stessa, mentre l’efficienza nei consumi (e quindi l’autonomia) è ancora importante.
Questa argomentazione forse richiede qualche giustificazione. Ma partiamo da una semplice affermazione: in astratto, le prestazioni tecniche dei sistemi d’arma sono in gran parte irrilevanti. Le armi esistono per svolgere un ruolo tattico, che è parte di uno scopo operativo, che contribuisce al raggiungimento di un obiettivo strategico. È abbastanza comune che i sistemi d’arma vengano abbandonati semplicemente perché non hanno più alcun compito – le corazzate ne sono l’esempio più ovvio – o che tornino di moda inaspettatamente. Il caso classico di quest’ultimo è il cavallo Mk 1, dichiarato obsoleto più volte, ma utilizzato in massicce battaglie di cavalleria durante e dopo la guerra civile russa, dai tedeschi dal 1941 al 1945, dai francesi in Algeria e persino dagli Stati Uniti in Afghanistan.
Ecco perché è meglio non soffermarsi sulle specifiche tecniche dei nuovi sistemi d’arma senza chiedersi come verranno probabilmente utilizzati e quale sarà l’avversario. Per restare per un momento agli aerei, la maggior parte dei moderni aerei occidentali è il prodotto della dottrina della “superiorità aerea”, che significa dominare lo spazio aereo sul campo di battaglia in modo tale che le proprie forze possano operare liberamente e utilizzare la propria potenza aerea per attaccare il nemico. Con l’aumento dell’autonomia e della resistenza degli aerei da caccia, questo concetto si è evoluto in “difesa aerea”, il cui scopo era impedire all’aviazione nemica di bombardare e danneggiare i propri mezzi, solitamente sconfiggendo prima i caccia inviati a proteggerli. Questo è lo scopo della Battaglia d’Inghilterra: l’obiettivo della RAF erano i bombardieri nemici: i caccia erano un ostacolo da superare per primi. Ma già da quell’episodio, divenne chiaro che le caratteristiche tecniche dell’aereo erano solo una parte dell’intera capacità. Senza radar, strutture di controllo dei caccia e radio, la RAF avrebbe avuto vita molto più dura, indipendentemente da quanto fossero meravigliosi i singoli aerei.
Ma lo sviluppo di aerei per questi ruoli implica una serie di presupposti sussidiari su come verrà combattuta una guerra. Implica che il nemico giocherà la stessa partita e cercherà di dominare lo spazio aereo sopra il campo di battaglia con gli aerei, usandoli per attaccare obiettivi sul campo di battaglia e anche obiettivi nel proprio Paese. Per molto tempo, questa è stata un’ipotesi ragionevole, e persino verso la fine della Guerra Fredda, si pensava che l’Unione Sovietica avrebbe inviato bombardieri con equipaggio ad attaccare obiettivi nell’Europa occidentale, scortati da caccia ad alte prestazioni. Sebbene, anche allora, gli scontri si sarebbero svolti a distanze considerevoli (il missile “a corto raggio” AIM 9-L degli anni ’80 aveva una gittata massima di ingaggio di 15-20 km), il concetto era essenzialmente lo stesso del 1940. Quindi aerei come il Typhoon e il Rafale francese furono originariamente progettati per combattimenti a lungo raggio (“combattimenti aerei, se si accetta che i cani non possano effettivamente vedersi) in una presunta guerra con il Patto di Varsavia intorno al 2010.
L’intrinseco conservatorismo del pensiero militare, così come l’assoluta incertezza del futuro, fanno sì che la scelta predefinita per un nuovo sistema d’arma tenda a essere una versione migliorata di quello precedente. Leggiamo quindi della “minaccia” rappresentata dai nuovi caccia cinesi di sesta generazione con avanzate capacità stealth, e questa “minaccia” si basa sul presupposto che versioni migliorate di aerei statunitensi e cinesi si ingaggino in duelli su vasta scala per la superiorità aerea sullo Stretto di Taiwan. Inoltre, naturalmente, una volta che si dispone di un aereo migliorato, anche se originariamente concepito come caccia, è possibile adattarlo ad altri impieghi. Quindi, il Rafale è stato impiegato fin dalla sua introduzione quasi esclusivamente in ruoli di supporto a terra, nel Sahel, in Afghanistan e in Siria. E infine, anche la politica gioca un ruolo. La capacità di schierare anche un numero limitato di aerei da combattimento avanzati è sia una dichiarazione politica a un potenziale nemico, sia un segno dell’affermazione di un certo status militare nel mondo, proprio come il possesso di carri armati da combattimento significa essere un esercito serio. Tutto ciò tende, come ho appena suggerito, a favorire la produzione di una versione più avanzata di ciò che già si possiede.
Un modo per cercare di far fronte alle incertezze future è progettare un aereo in grado di svolgere diverse funzioni. Storicamente, non è stato così, e le forze aeree anche solo una generazione fa disponevano di una varietà di velivoli molto più ampia di quella odierna. (Alla fine della Guerra Fredda, la RAF impiegava una trentina di tipi principali di aerei.) Persino i cosiddetti aerei “multiruolo” – il Tornado trinazionale era originariamente chiamato Multi-role Combat Aircraft, o MRCA – tendevano in pratica a essere costruiti come varianti diverse di un unico progetto originale. In teoria, gli aerei multiruolo, come le navi multiruolo, sono un’ottima idea: in pratica spesso lo sono meno, perché ruoli diversi richiedono caratteristiche diverse e impongono limitazioni diverse. Per quanto ne sappiamo, molti dei problemi del progetto F-35 hanno origine nei compromessi progettuali che ne sono derivati. Se ci pensate bene, chiedere a diverse varianti dello stesso aereo di atterrare verticalmente sui ponti delle portaerei e di svolgere missioni di superiorità aerea contro avversari avanzati non può che essere definito ambizioso.
È quantomeno discutibile, quindi, che lo sviluppo utile di aerei da combattimento con equipaggio si stia effettivamente arrestando. Ovviamente, nuove varianti e persino nuovi tipi continueranno a essere sviluppati e introdotti, ma saranno acquistati in numeri sempre più ridotti per motivi finanziari, richiederanno un’eternità per la progettazione e la messa in servizio, saranno sovraccaricati di dispositivi elettronici sempre più sofisticati e saranno sempre più difficili e costosi da mantenere. E saranno di fatto insostituibili durante una campagna: se ne perdono due o tre contro difese aeree rudimentali in un’operazione da qualche parte, si potrebbero dover aspettare anni per i rimpiazzi. Molto più di quanto spesso si pensi, le forze aeree odierne sono imprese monotematiche.
Eppure, l’inerzia schiacciante derivante da generazioni di teoria e pratica strategica perpetua ancora l’idea dell’aereo con equipaggio come arma d’elezione. Fino a circa un decennio fa, questa sarebbe stata un’opzione difendibile. Ma, come gli aerei nel 1914, la tecnologia dei droni, combinata con i sistemi in rete, si sta sviluppando a ritmi estremamente rapidi ed è probabile che mandi a monte almeno una parte della potenza aerea con equipaggio umano. Perché? Beh, prima di tutto, i droni, come gli aerei, sono un dispositivo abilitante: una piattaforma. Senza telecamere, sincronizzazione del fuoco con le eliche, aiuti alla navigazione e soprattutto armi, gli aerei sarebbero rimasti una curiosità. Quindi, mentre le caratteristiche tecniche dei droni stanno migliorando rapidamente, ciò che conta davvero sono gli usi a cui possono essere destinati e le armi e i sensori che possono trasportare. Anche questi si stanno espandendo e migliorando rapidamente. Stiamo già vedendo i cinesi utilizzare piccole flotte di droni comandate da aerei con equipaggio umano, e questo potrebbe essere il modello per il futuro.
Il punto non è che “Questo Cambia Tutto”, che tende a essere la reazione sconsiderata dei tecno-feticisti, ma piuttosto che i paesi che non sono ostacolati dal peso morto degli sforzi di generazioni di entusiasti del potere aereo probabilmente reagiranno più rapidamente e creativamente alle nuove tecnologie. Certamente, è sorprendente che l’Occidente nel suo complesso, sebbene abbia utilizzato i droni in vari conflitti passati per attaccare singoli obiettivi, non abbia, e non sembri in grado di sviluppare, una strategia per usarli correttamente su larga scala. E naturalmente le buffonate della lobby del “Questo Cambia Tutto”, con un sacco di soldi in gioco, non aiutano.
Al contrario, né la Russia né la Cina hanno la stessa storia di predominio degli aerei con equipaggio. I russi, è vero, fecero ampio uso di aerei da supporto a terra durante la Seconda Guerra Mondiale, ma questo fu molto direttamente a supporto delle operazioni dell’Esercito, e subordinato a esse. Allo stesso modo, l’Unione Sovietica sviluppò un Comando di Difesa Aerea nazionale come branca separata delle sue forze armate (non fu assorbito nell’Aeronautica Militare fino al 1998). Ma era dotato di un numero molto elevato di sistemi missilistici, così come di radar e sistemi di comando e controllo, e sembra che gli aerei stessi, pur essendo numerosi, fossero essenzialmente piattaforme missilistiche volanti, direzionate sui loro obiettivi da controllori di terra.
Non sorprende, quindi, che i missili – menzionati per la prima volta nel paragrafo precedente, come avrete notato – siano stati una preoccupazione russa per molto tempo, anche se è sorprendente quanta poca attenzione l’Occidente, sicuro della superiorità dei propri concetti, vi abbia effettivamente prestato. Dai primi esperimenti con i V2 catturati e gli scienziati tedeschi fino all’attuale vasto e sofisticato arsenale, i russi hanno considerato i missili come un sistema d’arma primario, mentre l’Occidente, semplicemente, non lo ha fatto. Inoltre, i sistemi missilistici di ogni tipo hanno ancora un grande potenziale di sviluppo, grazie ai possibili miglioramenti in termini di gittata, precisione, velocità, manovrabilità e carico utile. E in effetti, sotto lo stimolo della guerra, i russi hanno sviluppato tattiche sofisticate che combinano attacchi missilistici con attacchi con droni, incluso l’uso diffuso di esche. Al momento, nessuna potenza occidentale ha un equivalente o una risposta a queste tecnologie e tattiche e, in effetti, nonostante tutto l’entusiasmo e l’annuncio di ambiziosi programmi di ricerca e sviluppo, è improbabile che ce ne saranno.
Uno dei motivi per cui le contromisure potrebbero non essere mai sviluppate è che potrebbe rivelarsi impossibile difendersi da attacchi massicci con missili estremamente veloci e precisi, capaci di manovrare violentemente, combinati con vari tipi di droni; alcuni sono esche, altri sono progettati per la soppressione della difesa, altri ancora per l’attacco diretto a singoli obiettivi, inclusi alcuni selezionati dal drone stesso. L’altro motivo è che l’attuale investimento finanziario e concettuale dell’Occidente in sistemi aerei con pilota a bordo è cumulativamente enormemente maggiore del suo investimento in missili, sia per l’attacco diretto che per ottenere la supremazia aerea, e quindi sarebbe necessario un corrispondente massiccio cambiamento di dottrina. Non è nemmeno ovvio che l’Occidente possa avviare programmi paragonabili a quelli della Russia, poiché ci vorrebbero probabilmente decenni per sviluppare le tecnologie e iniziare a produrre i sistemi, e anche allora, le singole nazioni, e contando quel poco che resta della presenza statunitense in Europa, non potrebbero schierare sistemi sufficienti o elaborare alcun tipo di dottrina collettiva per il loro utilizzo. In effetti, l’Occidente continua a investire principalmente in tecnologie già prossime al limite della loro praticabilità, mentre i russi hanno investito molto in tecnologie che presentano ancora notevoli margini di sviluppo. Nonostante tutto il parlare di aerei da combattimento per gli anni 2040 (è troppo tardi per gli anni 2030), c’è una forte argomentazione secondo cui, alla fine, non ne varrà la pena.
Tuttavia, a questo punto vale la pena fare qualche passo indietro e ricordarci qual è in realtà lo scopo ultimo dell’uso di queste tecnologie . E questo non equivale a “distruggere il nemico”, al di fuori dei videogiochi, comunque. Ricordiamo, ancora una volta, che Clausewitz affermava che lo scopo dell’azione militare è quello di dare allo Stato ulteriori opzioni per attuare le proprie politiche. Per definizione, gli obiettivi di uno Stato saranno politici e, semplificando un po’, possiamo dire che queste opzioni consistono in gran parte nell’ottenere il predominio a diversi livelli. Clausewitz affermava anche che lo scopo del conflitto militare è “obbligare il nostro nemico a fare la nostra volontà”, il che significa che l’obiettivo ultimo del predominio è il processo decisionale del nemico. Esistono diversi modi per raggiungere tale obiettivo, che possono spaziare dall’occupazione fisica del paese, alla distruzione della capacità di resistenza del nemico, alla semplice intimidazione. Clausewitz avrebbe ben compreso, ad esempio, il potenziale uso intimidatorio della forza missilistica russa come mezzo per ottenere concessioni politiche dall’Occidente, dato che l’Occidente non avrebbe avuto un modo di replica paragonabile, né una difesa praticabile. Più in generale, è inutile per l’Occidente minacciare, o anche solo pianificare, uno scontro militare con la Russia, perché le sue forze, costruite attorno a un concetto di guerra obsoleto, verrebbero semplicemente smantellate.
La novità di questa situazione potrebbe non essere evidente a prima vista. Ovviamente ci sono state guerre tra avversari con livelli tecnologici molto diversi, anche se la parte con la tecnologia migliore non ha sempre vinto le battaglie (si pensi ad esempio a Isandlwana ). Ci sono stati anche molti casi, come la prima Guerra del Golfo, in cui le due parti hanno schierato tecnologie molto simili, ma una delle due ha ottenuto una vittoria decisiva. L’unico esempio moderno rilevante che mi viene in mente è la sconfitta della Francia nel 1940, dove il nuovo concetto tedesco di guerra – popolarmente, seppur erroneamente, noto come Blitzkrieg – sconfisse un nemico altrettanto ben equipaggiato e altamente motivato in poche settimane. La novità non erano i singoli componenti di carri armati e aerei, ma il concetto di punte di lancia corazzate veloci, che evitavano il combattimento e seminavano confusione, e l’uso di aerei come artiglieria volante controllata via radio da terra. Questo, unito al dispiegamento avanzato di cannoni antiaerei, costituiva un concetto a cui, a quel punto, non esisteva alcuna contromossa, e non ci sarebbe stata per diversi anni. È vero che se i tedeschi avessero continuato con il loro piano iniziale di un’avanzata principale attraverso il Belgio e un’avanzata diversiva attraverso le Ardenne, la battaglia sarebbe stata più difficile, ma probabilmente avrebbero comunque vinto.
In quel caso, come indicato, il vantaggio era solo temporaneo. Nel caso in discussione oggi, potrebbe essere addirittura permanente. In Ucraina si stanno ancora imparando le lezioni della guerra network-centrica basata sull’uso intensivo di droni, e la situazione – e, a dire il vero, il concetto stesso – non ha ancora completato il suo sviluppo. I russi non avevano pianificato una guerra del genere e sono stati colti di sorpresa. Hanno reagito frettolosamente, con l’improvvisazione per cui sono sempre stati famosi, ma hanno il vantaggio di essere un’unica, grande nazione, con un’enorme base tecnologica militare e un concetto di guerra che, pur essendo ancora obsoleto, era molto più vicino al tipo di conflitto attualmente in corso di qualsiasi altro occidentale. Solo concordare su quale tipo di “concetto operativo” la NATO avrebbe bisogno per contrastare la Russia richiederebbe anni, e la sua attuazione richiederebbe una riconsiderazione completa delle strutture delle forze, dei piani di approvvigionamento e dell’addestramento militare. Nel frattempo, naturalmente, i russi non rimarrebbero con le mani in mano.
Vale la pena sottolineare che il problema va ben oltre il caso limitato della guerra terra-aria in Europa e si applica a potenziali operazioni occidentali più ampiamente. In mare, ad esempio, l’Occidente schiera le sue marine per ottenere il controllo del mare, ovvero per controllare il movimento non solo delle navi commerciali, ma anche delle navi militari in una determinata area. Ci sono stati momenti in cui il combattimento diretto tra flotte ha risolto efficacemente la questione del controllo. In entrambe le guerre mondiali, gli inglesi, con l’aiuto degli Stati Uniti, controllarono essenzialmente la navigazione di superficie nell’Atlantico. Nella prima guerra mondiale, la battaglia dello Jutland, sebbene vinta ai punti dai tedeschi, portò comunque al predominio navale britannico nel Mare del Nord. Nella seconda guerra mondiale, i tedeschi non avevano una flotta sufficiente nel 1939 per lanciare una sfida, ma cambiarono la natura del gioco producendo un gran numero di sottomarini, in particolare per colpire le navi mercantili.
Anche durante la Guerra Fredda, le azioni tra flotte non erano più realmente previste, e ora, dietro le biovatazioni e i rapporti allarmistici sulla Cina, sembra esserci, prevedibilmente, poco accordo reale su cosa servano effettivamente le marine occidentali in termini pratici . Ebbene, un uso abituale della potenza marittima è la proiezione di potenza generale. A seconda del contesto, è possibile far sbarcare unità militari, evacuare cittadini, controllare le rotte marittime (almeno in teoria), alleviare calamità, dissuadere i pirati e supportare le invasioni. Ma l’installazione di missili antinave a lunghissimo raggio su navi da guerra come il nuovo cacciatorpediniere cinese Tipo 55, significa che le forze navali occidentali sono vulnerabili a missili lanciati a mille chilometri di distanza. È difficile, quindi, immaginare che un ipotetico scontro navale tra Stati Uniti e Cina con Taiwan come obiettivo possa assomigliare a qualsiasi azione navale storica del passato. E sebbene missili di questa gittata e complessità non saranno ampiamente disponibili in tutto il mondo in tempi brevi, l’esperienza recente ha dimostrato che sistemi relativamente economici e a corto raggio possono avere un potente effetto deterrente sugli schieramenti occidentali. Ancora una volta, sono la complessità e il costo delle navi stesse, e il tempo necessario per sostituirle, a rappresentare le vere debolezze occidentali. La maggior parte delle nazioni occidentali potrebbe perdere le proprie marine in un pomeriggio: con gli Stati Uniti ci vorrebbe un po’ più di tempo. Ma l’enorme inerzia del passato e la mancanza di chiarezza sulle possibili missioni fanno sì che le soluzioni a questi problemi, se esistono, non siano ovvie.
Infine, la guerra terrestre ha mostrato essenzialmente la stessa progressione. Se si esamina una storia illustrata del carro armato da combattimento principale, si scoprirà che tra la sua introduzione verso la fine della Prima Guerra Mondiale e le versioni schierate dai tedeschi nel 1944-45, ci sono stati enormi progressi in ogni ambito. All’epoca del carro armato Tiger II, l’ultimo modello pesante schierato dalla Wehrmacht, vediamo qualcosa di riconoscibilmente contemporaneo: non ultimo un peso di circa 70 tonnellate, con i relativi problemi logistici. Persino il carro armato “medio” Panther aveva un peso di 45 tonnellate e un aspetto riconoscibilmente moderno.
Ciò non sorprende. I progettisti di carri armati vi diranno che è possibile ottimizzare qualsiasi fattore tra velocità, armamento o protezione, e che le regole dell’ingegneria e i problemi di supporto logistico non cambiano sostanzialmente. I progetti di carri armati occidentali durante la Guerra Fredda, qualunque cosa si dica, seguivano una certa logica. La NATO pianificava di combattere una guerra difensiva sul proprio territorio, quindi la velocità era una priorità inferiore rispetto alla protezione e alla potenza di fuoco, e il supporto logistico sarebbe stato facilitato ripiegando sulle proprie linee di rifornimento. Pertanto, i colossi inviati in Ucraina si sono trovati in un ambiente tattico per il quale erano completamente inadatti e mai concepiti. Non è chiaro se saranno più adatti a qualsiasi guerra futura. I russi, che storicamente utilizzavano carri armati più leggeri e mobili, hanno sofferto a loro volta di attacchi con droni, ma ci sono indicazioni che abbiano ricominciato a utilizzare i carri armati, in modo piuttosto efficace, non da ultimo in combinazione con nuovi tipi di droni terrestri per fornire protezione.
Ma c’è una valida argomentazione che, in termini generali, la progettazione dei carri armati sia giunta a un punto morto già da tempo. I carri armati M1, Challenger 2 e Leopard 2 inviati in Ucraina sono sviluppi (o in alcuni casi no) di progetti degli anni ’70. Da allora molto è stato fatto marginalmente per migliorare la protezione, ma le speculazioni degli anni ’80 sulla prossima generazione di carri armati (armamento principale da 140 mm, peso di 70-80 tonnellate) sono rimaste sostanzialmente speculazioni. E c’è qualche dubbio che il “rivoluzionario” T-14 Armata russo sia stato schierato in Ucraina in numeri più che simbolici. Il problema è che al momento nessuno sa davvero come usare i carri armati in modo efficace, in un ambiente in cui gli attacchi precisi e letali dei droni sono una minaccia. In ogni caso, mentre la Russia attualmente produce circa 300 carri armati all’anno, con l’obiettivo di arrivare a 1000 entro il 2028, da quarant’anni non vengono prodotti nuovi carri armati per l’esercito americano, e non è chiaro come saranno i nuovi carri armati occidentali, o se valga la pena provare a produrne uno. (Il proposto Challenger 3 britannico, se mai verrà acquisito, anche nelle piccole quantità previste, sarà semplicemente un Challenger 2 più grande.)
Quindi si potrebbe dire (e l’ho sentito dire) che è tutto finito, e che il predominio militare occidentale è ormai cosa del passato. Ma come sempre la questione è molto più complessa, e la ragione per cui è più complessa ha a che fare con il nostro amico Clausewitz e la sua insistenza sul più alto scopo politico delle operazioni militari. Finché l’esercito sarà tenuto a produrre risultati a sostegno di obiettivi politici, bisognerà trovare un modo per renderlo possibile. Cominciamo, quindi, a considerare alcune delle cose che i droni e le tecnologie associate non possono fare. Perché, ancora una volta, al di fuori delle pagine delle riviste feticiste delle armi, la capacità astratta di far saltare in aria le cose non è poi così importante.
Abbiamo ricordato all’inizio che lo scopo dell’azione militare è quello di indurre il nemico a fare ciò che si vuole. Tuttavia, fare ciò che si vuole richiede una decisione politica da parte del governo nemico, ed è qui che storicamente sorgono i problemi, come nel caso attuale dell’Ucraina. A parte l’annientamento e lo sterminio totali, ci sarà sempre un limite pratico al grado di pressione che i militari possono effettivamente esercitare. Se, come in questo caso, un governo che ha di fatto perso la battaglia si rifiuta comunque di arrendersi o negoziare, c’è solo un’opzione certa: l’occupazione fisica di una parte o dell’intero Paese, magari per un certo periodo. Ma per dire l’ovvio, i droni non possono farlo, nemmeno i nuovi droni terrestri che i russi stanno schierando in Ucraina. I droni e le relative tecnologie di rete possono negare l’accesso e le comunicazioni, distruggere attrezzature e infrastrutture e creare aree in cui non è possibile alcuna azione militare, ma non possono conquistare e mantenere permanentemente un territorio. Nemmeno, ovviamente, razzi e missili, per quanto potenti, possono farlo. Solo le forze di terra, e in numero piuttosto elevato, possono farlo. Nel caso dell’Ucraina, le forze russe che cercassero di conquistare e mantenere un territorio sarebbero comunque soggette a ogni tipo di attacco improvvisato da parte di droni, mine e altri sistemi. I droni potrebbero contribuire a difendere le forze una volta in possesso del territorio, ma questo è tutto.
Allo stesso modo, missili ragionevolmente precisi e a lungo raggio possono tenere a distanza forze occidentali piuttosto sofisticate e, in alcuni casi, reagire contro obiettivi nemici, ma questo è tutto. Così, Ansar’Allah nello Yemen è stato in grado di tenere a distanza le navi da guerra occidentali e di impedire gli attacchi lanciati da queste navi contro di loro. Ma nulla impedisce all’Occidente di tornare con altri mezzi di attacco. Ansar’Allah, come Hezbollah in Libano, non dispone di mezzi efficaci di difesa aerea. Sebbene Hezbollah possa indurre gli israeliani a ritirarsi e poi occupare il territorio lasciato libero, e sebbene possa anche bombardare le città in Israele con un certo grado di precisione, il suo orientamento è necessariamente difensivo contro una potenza militare di prim’ordine. Ha vinto battaglie in Siria sostenendo il regime di Assad, perché i suoi avversari erano essenzialmente milizie armate alla leggera. Quindi Hezbollah può obbligare Israele a ritirarsi dal Libano, ma non potrebbe, ad esempio, occupare e mantenere un territorio conteso nonostante una seria resistenza.
Sebbene nel breve termine le tecnologie di cui abbiamo discusso siano le più utili in situazioni di difesa tattica , non offrono alcun vantaggio intrinseco semplicemente perché si è un paese che si difende da un aggressore. Le forze russe hanno già dimostrato come i droni possano essere usati come armi offensive, e qualsiasi attacco a un paese occidentale si risolverebbe piuttosto rapidamente con l’uso massiccio di droni e missili che, come ho detto, l’Occidente non ha idea di come contrastare. Allo stesso modo, in Libano, gli israeliani hanno dimostrato come usare l’alta tecnologia per smantellare un movimento di resistenza. Non hanno cercato di conquistare un territorio su larga scala (cosa che hanno riconosciuto essere al di là delle loro possibilità), ma piuttosto di costringere Hezbollah a cessare i suoi attacchi contro Israele, cosa che hanno fatto. Tutto dipende dal vostro obiettivo.
Il che ci riporta al punto di partenza, in realtà. Le nuove tecnologie tendono ad avanzare rapidamente e spesso in direzioni inaspettate. Le tecnologie mature avanzano molto più lentamente, molto più costose e con molte più difficoltà. Il problema dell’Occidente è che ha un enorme investimento finanziario e dottrinale in sistemi di tecnologie mature, a cui è sempre più improbabile che venga mai chiesto di svolgere le missioni per cui sono state progettate. E non si tratta, ancora una volta, solo di un problema hardware: anzi, gran parte della confusione in Occidente al momento deriva dal fatto che nessuno sa ancora veramente come utilizzare le nuove tecnologie dei droni e le loro diverse capacità, in una guerra in rete. Come possiamo vedere in Ucraina, i russi stanno ancora cercando di capire come farlo da soli, e comunque non è chiaro se le lezioni apprese saranno applicabili ovunque: l’uso israeliano dei droni contro Hezbollah è stato ben diverso.
Ho già accennato alla Battaglia di Francia del 1940 e concluderò con un commento del famoso storico e martire della Resistenza Marc Bloch nella sua opera postuma L’Étrange défaite. “I nostri leader”, scrisse, “in mezzo a molte contraddizioni, si sforzarono soprattutto di ricreare, nel 1940, la guerra del 1915-1918. I tedeschi combatterono la guerra del 1940”. I nostri leader oggi stanno cercando di ricreare una guerra che non fu mai combattuta, ma che era ampiamente prevista e che fino a poco tempo fa era il modello per la pianificazione militare. I russi hanno imparato a proprie spese che la natura della guerra è cambiata e sta ancora cambiando. Ma per le ragioni che ho esposto, non sono affatto sicuro che l’Occidente possa adattarsi nel modo in cui i russi stanno cercando di fare. Tornare all’inizio e riprovare non è mai facile.
Il suo comportamento arrogante e aggressivo nei confronti di Russia, India e Cina è responsabile di ciò.
La transizione sistemica globale verso la multipolarità sta oggi procedendo lungo una traiettoria diversa rispetto al passato, a causa dei recenti cambiamenti nel sistema internazionale. Finora, Trump 2.0 ha cercato partnership militari e di risorse rispettivamente con Russia e India, che avrebbero potuto rallentare l’ascesa della Cina come superpotenza, rendendola poi il partner minore in qualsiasi accordo “G2″/”Chimerica”. Il suo tentativo di equilibrismo eurasiatico è tuttavia fallito a causa del suo approccio arrogante e aggressivo nei confronti di tutti e tre i paesi.
I legami con la Russia hanno subito un duro colpo dopo il vertice di Anchorage, in seguito a un crescenteriguardantenotizie sui piani degli Stati Uniti di supportare le truppe NATO in Ucraina, spingendo Putin ad abbandonare il suo gioco di equilibrismo eurasiatico per rivolgersi alla Cina. Ciò ha preso la forma dell’accordo giuridicamente vincolante appena concluso per la costruzione del gasdotto Power of Siberia 2. La prevista partnership con la Russia incentrata sulle risorse, che mirava ad attirareconcessioni all’Ucraina, è ora molto meno probabile.
Con la Russia che si è rivolta alla Cina tramite l’operazione “Power of Siberia 2” nel contesto del riavvicinamento sino-indo-indiano, le risorse e i mezzi militari per rallentare l’ascesa della Cina come superpotenza attraverso partnership con essa sono stati neutralizzati, portando così qualsiasi accordo “G2″/”Chimerica” a favorire la Cina. Di conseguenza, il presidente Xi Jinping ha adottato una retorica più decisa sulla riorganizzazione dell’ordine mondiale durante i suoi discorsi al vertice della SCO e al VJ Day , spingendo Trump ad accusarlo di ” cospirazione ” contro gli Stati Uniti.
L’accordo commerciale provvisorio sino-americano è ora a rischio dopo che Xi ha appena minacciato l’imposizione di dazi del 100% sulla Cina entro il 1° novembre o prima, a seconda di quando la Cina imporrà i suoi controlli sulle esportazioni di minerali di terre rare. Insieme alla sua drammatica accusa secondo cui Xi starebbe “cospirando” contro gli Stati Uniti in collusione con Putin e Kim Jong Un, questo potrebbe presagire future tensioni strategico-militari, anche se solo indirettamente per procura. Ciò destabilizzerebbe ulteriormente l’Eurasia, secondo il tradizionale stratagemma del “divide et impera” degli Stati Uniti.
In senso orario, queste potrebbero assumere la forma di: fomentare disordini per la Rivoluzione Colorata in Mongolia al fine di indebolire il Potere della Siberia 2; provocare un incidente con la Cina in mare in acque contese da parte di Giappone, Taiwan e/o Filippine; ostacolare l’accesso della Cina ai minerali di terre rare nel Kachin del Myanmar. Stato ; e/o seminare instabilità in Asia centrale attraverso la Turchia, membro della NATO, attraverso il nuovo corridoio TRIPP . La risposta della Cina a questi scenari potrebbe essere quella di armare la Russia e persino inviare truppe per aiutarla in Ucraina.
Xi ha visto come Trump ha maltrattato il suo amico Modi, nonostante guidasse uno Stato che avrebbe potuto unirsi all’asse anti-cinese degli Stati Uniti, e ha anche visto come sta tradendo Putin in Ucraina dopo Anchorage, quindi si aspetta un trattamento simile se accetterà un accordo “G2″/”Chimerica”. Sa anche che la Cina ora ha un bersaglio sulla schiena dopo gli ultimi dazi e le accuse di “cospirazione” mosse da Trump. Non c’è quindi da stupirsi che il tentativo di equilibrismo eurasiatico di Trump 2.0, caratterizzato da arroganza e aggressività, sia fallito.
La Russia ha utilizzato in modo creativo il “controllo riflessivo” per prendere in giro l’Estonia, mettendo i suoi funzionari in un dilemma a somma zero, in cui qualsiasi risposta avessero adottato avrebbe favorito gli interessi di soft power della Russia.
La chiusura temporanea da parte dell’Estonia di una strada attraverso lo “Stivale di Saatse” controllato dalla Russia, dopo che circa 10 soldati russi erano stati avvistati al centro, ha scatenato un’altra ondata di isteria. Alcuni l’hanno collegata alla presunta violazione dello spazio aereo marittimo del mese scorso, ipotizzandoche ” la Russia sia entrata nella ‘Fase Zero’ – la fase di definizione delle condizioni informative e psicologiche – della sua campagna di preparazione a una possibile guerra NATO-Russia in futuro”. Probabilmente non è così, come verrà ora spiegato.
Lo “Stivale di Saatse” è un’eredità dell’era sovietica, quando Russia ed Estonia facevano parte dell’URSS. Mosca non aveva mai previsto che questo lembo di territorio avrebbe un giorno collegato due zone rurali di un blocco militare ostile, la NATO, quando delimitò il confine tra queste allora repubbliche sovietiche. La strada che lo attraversa, lungo la quale i non russi ( inclusi i turisti ) possono transitare ma non sostare, non è mai stata significativa, e lo è ancora di meno negli ultimi anni, dopo la costruzione di un’alternativa.
Questa stranezza geopolitica-logistica è quindi in grado di attirare facilmente un’attenzione smisurata, ergo il probabile motivo per cui la Russia avrebbe deciso di ordinare ad alcune truppe di schierarsi al centro della situazione di recente, non per fare a pugni con la NATO ma per prendere in giro l’Estonia. Quel paese è una delle voci anti-russe più forti all’interno della NATO e dell’UE, che sono ormai organizzazioni complementari controllate dagli Stati Uniti, e le sue regolari arringhe contro la Russia hanno alimentato le azioni sempre più aggressive di entrambi i blocchi negli ultimi tempi.
Considerando che nessuna delle due tendenze sopra menzionate è destinata a placarsi, il che porta a prevedere che le tensioni NATO-Russia persisteranno con diversi gradi di gravità (sia in generale, per quanto riguarda la regione baltica, sia specificamente incentrate sull’Estonia), la Russia potrebbe aver pensato di trarre il massimo vantaggio dalla situazione. Riaffermare simbolicamente la propria sovranità sullo “Stivale di Saatse” con “omini verdi” avrebbe potuto essere un modo per turbare gli estoni, poiché avrebbe ricordato loro l’Operazione Crimea con tutto ciò che ne conseguì.
Perché ciò accada, i media locali e internazionali dovrebbero inavvertitamente contribuire a seminare il panico tra la popolazione, il che contestualizza il tweet del Ministro degli Esteri estone Margus Tsahkna che minimizza la situazione. La sua risposta, tuttavia, rappresenta comunque una sorta di vittoria del soft power per la Russia, poiché rappresenta un esempio riuscito del cosiddetto ” controllo riflessivo “, grazie al quale Mosca è riuscita a manipolarlo per indurlo a fare qualcosa che favorisse i propri interessi senza che lui se ne rendesse nemmeno conto.
Per essere più precisi, avrebbe potuto assecondare il previsto clamore mediatico, a costo di seminare il panico, oppure minimizzare l’incidente, a costo di mettere in discussione il suo recente allarmismo sulla presunta violazione dello spazio aereo marittimo da parte della Russia, mettendolo così di fronte a un dilemma. Alla fine ha calcolato che quest’ultima fosse l’opzione meno peggiore, forse convinto che la potenziale confusione e la demoralizzazione associata sarebbero state relativamente più gestibili del panico diffuso, il che ha senso.
In ogni caso, non esiste oggettivamente alcun “allarme confine”, visto che l’ultimo incidente si è verificato interamente in territorio russo e ha coinvolto solo una manciata di truppe, il che non suggerisce in alcun modo “preparativi per una possibile guerra NATO-Russia in futuro”, come alcuni hanno ipotizzato. Tutto ciò che è probabilmente accaduto è che la Russia ha utilizzato in modo creativo il “controllo riflessivo” per prendere in giro l’Estonia, mettendo i suoi funzionari in un dilemma a somma zero, in cui qualsiasi risposta a cui avessero fatto ricorso avrebbe favorito gli interessi di soft power della Russia.
Il precedente creato dalla risposta moderata della Russia all’ottenimento da parte dell’Ucraina degli F-16, che potrebbero anche essere dotati di armi nucleari, suggerisce che le tensioni con gli Stati Uniti rimarranno gestibili se l’Ucraina otterrà anche i Tomahawk, grazie al modus vivendi che presumibilmente è stato messo in atto per la loro gestione.
Le ultime indiscrezioni sul trasferimento da parte degli Stati Uniti di missili da crociera Tomahawk a lungo raggio all’Ucraina, che Putin ha affermato all’inizio di questo mese potrebbero essere utilizzati solo con il coinvolgimento diretto del personale militare statunitense, hanno suscitato preoccupazioni circa una spirale di escalation potenzialmente incontrollabile. Il viceministro degli Esteri russo Sergey Ryabkov ha valutato che un tale sviluppo porterebbe a “un cambiamento significativo della situazione”, ma ha comunque ribadito che non impedirebbe alla Russia di raggiungere i suoi obiettivi nello specialeoperazione .
L’obiettivo esplicitamente dichiarato dall’Ucraina nell’ottenere queste armi è quello di “fare pressione” sulla Russia affinché congeli la Linea di Contatto senza alcuna concessione da parte di Kiev, il che equivarrebbe essenzialmente a una concessione da parte di Mosca sui suoi obiettivi suddetti, poiché nessuno di essi verrebbe pienamente raggiunto se ciò accadesse, da qui il motivo per cui non ha accettato. Per raggiungere tale obiettivo, l’Ucraina ha minacciato di provocare un blackout nella capitale russa, che sarebbe probabilmente accompagnato da ulteriori attacchi contro obiettivi logistici civili e militari molto dietro le linee del fronte.
Alcuni temono quindi che le tensioni tra Russia e Stati Uniti possano degenerare, soprattutto dopo che il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha osservato che i Tomahawk possono essere equipaggiati con testate nucleari, ma il precedente creato dagli F-16 suggerisce che rimarranno gestibili. Lo stesso Putin aveva avvertito all’inizio del 2024 che anche loro potevano essere equipaggiati con testate nucleari, eppure la Russia alla fine non ha considerato il loro utilizzo come un potenziale primo attacco nucleare. Ciò è probabilmente dovuto al modus vivendi descritto qui alla fine del 2024:
“[Le figure relativamente pragmatiche dello ‘stato profondo’ statunitense] che ancora prendono le decisioni, segnalano sempre le loro intenzioni di escalation con largo anticipo, in modo che la Russia possa prepararsi e quindi essere meno incline a ‘reagire in modo eccessivo’ in un modo che rischi la Terza Guerra Mondiale. Allo stesso modo, la Russia continua a trattenersi dal replicare la campagna ‘shock-and-awe’ degli Stati Uniti, al fine di ridurre la probabilità che l’Occidente ‘reagisca in modo eccessivo’ intervenendo direttamente nel conflitto per salvare il proprio progetto geopolitico e rischiando così la Terza Guerra Mondiale.
Si può solo ipotizzare se questa interazione sia dovuta al comportamento responsabile delle rispettive burocrazie militari, di intelligence e diplomatiche permanenti (“stato profondo”), considerata l’enormità della posta in gioco, o se sia il risultato di un “accordo tra gentiluomini”. Qualunque sia la verità, il modello sopra menzionato spiega le mosse inaspettate, o la loro mancanza, di entrambe, che sono gli Stati Uniti che telegrafano di conseguenza le loro intenzioni di escalation e la Russia che non si è mai seriamente impegnata in una simile escalation.
Le ultime indiscrezioni sul trasferimento da parte degli Stati Uniti di missili da crociera Tomahawk a lungo raggio all’Ucraina rientrano nel modello di fughe di notizie che servono a mettere in guardia la Russia su questa escalation pianificata in anticipo, in modo che possa preparare le sue risposte in anticipo. Più volte, Putin ha esercitato un grado quasi di santità di autocontrollo nel rifiutarsi di intensificare l’escalation, sia in modo simmetrico che asimmetrico. I lettori possono approfondire questi precedenti consultando le otto analisi elencate in quella di fine 2024, a cui si rimanda.
L’unica eccezione è stata l’autorizzazione all’uso degli Oreshnik a novembre, dopo che Stati Uniti e Regno Unito avevano permesso all’Ucraina di usare i loro missili a lungo raggio all’interno della Russia, ovviamente attraverso il coinvolgimento diretto del loro personale militare, cosa che potrebbe ripetere se l’Ucraina ottenesse i Tomahawk. Non li ha autorizzati dopo gli attacchi strategici con droni dell’Ucraina contro componenti della triade nucleare russa a giugno, attacchi molto più provocatori, forse dovuti ai suoi calcoli diplomatici nei confronti di Trump.
Che si sia d’accordo o meno con questa politica, è presumibilmente vero che Putin vuole evitare di fare qualsiasi cosa che possa riaffermare la percezione di Trump (accuratamente elaborata dai guerrafondai che lo circondano come Zelensky e Lindsey Graham ) che la Russia stia intensificando la sua azione, giustificando così falsamente le ” reciproche escalation degli Stati Uniti “. Finché continuerà a formulare una politica basata su questo calcolo, e non ci sono finora indicazioni credibili che sia cambiata, allora qualsiasi escalation sui Tomahawk rimarrà probabilmente gestibile.
Lavrov ha suggerito che potrebbero facilitare l’invio di aiuti all’Africa, ma è anche possibile che ospitino complessi colloqui militari-diplomatici tra tutte le parti interessate in Siria, aiutando al contempo le sue forze armate a mantenere l’unità nazionale attraverso il riattrezzamento, l’addestramento e la consulenza.
Le relazioni tra Russia e Siria sono interessanti per molti osservatori a causa della realpolitik che le caratterizza dallo scorso dicembre, quando Assad è caduto. Hayat Tahrir al-Sham, il gruppo di Ahmed “Jolani” Sharaa discendente da Al Qaeda, è stato designato come terrorista dalla Russia prima della sua presa di potere sostenuta dalla Turchia, e di conseguenza odiava la Russia per averlo bombardato, ma entrambi hanno rapidamente messo da parte la questione. Il fatto è che i rispettivi interessi statali richiedono una cooperazione continua, indipendentemente da chi sia al potere in Siria.
Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha accennato al futuro delle basi del suo Paese in un’intervista trasmessa la scorsa settimana, prima del viaggio di Sharaa a Mosca mercoledì per incontrare Putin. Sebbene il vertice fosse certamente importante, le osservazioni di Lavrov hanno fatto maggiore chiarezza su questo argomento rispetto alle dichiarazioni iniziali dei colloqui (non c’è stata alcuna conferenza stampa dopo l’incontro), motivo per cui le sue parole costituiscono la base di questa analisi. Ecco esattamente ciò che ha detto, che verrà poi analizzato:
«La funzione deve essere riconfigurata. Un compito chiaro che potrebbe andare a vantaggio dei siriani, dei loro vicini e di molti altri paesi è la creazione di un hub umanitario, utilizzando il porto e l’aeroporto per consegnare aiuti umanitari dalla Russia e dagli Stati del Golfo Persico all’Africa. C’è una comprensione condivisa sul fatto che ciò sarà richiesto e siamo pronti a coordinare i dettagli. La questione è stata discussa in linea di principio e c’è un interesse reciproco».
Si tratta di una proposta unica che consentirebbe a queste strutture di diventare centri logistici per fornire aiuti russi, arabi e possibilmente anche di altri paesi all’Africa. Il continuo invio da parte della Russia di generi alimentari donati, principalmente grano, nonché di energia e fertilizzanti a prezzi scontati, ha contribuito a scongiurare una reazione a catena di tragedie negli ultimi tre anni e mezzo che avrebbe potuto esplodere a causa delle sanzioni unilaterali imposte dall’Occidente. Tuttavia, a giudicare da quanto affermato da Lavrov, il futuro delle basi russe in Siria potrebbe riservare molto di più.
“Comprendiamo le legittime preoccupazioni di Israele in materia di sicurezza (in Siria)… Tuttavia, anche gli interessi degli altri attori devono essere salvaguardati. Nel nord-est ci sono i curdi, che l’amministrazione Biden ha iniziato a corteggiare, incoraggiando attivamente i sentimenti separatisti. I nostri omologhi turchi mantengono una presenza nel nord, lungo il confine con la Siria. Nel frattempo, gli alawiti e i cristiani continuano a subire persecuzioni, come dimostra il recente barbaro attacco a una chiesa.”
Ha poi aggiunto che tutti coloro che hanno influenza in Siria devono dare priorità alla sua unità e ha dichiarato: “Siamo pronti a collaborare su questi temi con altre nazioni che perseguono i propri interessi nella Repubblica araba siriana”. Di conseguenza, si può intuire che le strutture militari russe potrebbero ipoteticamente ospitare colloqui sulla sicurezza tra le parti in conflitto, mentre le sue forze armate e i suoi diplomatici potrebbero anche fornire servizi di consulenza alle controparti siriane per promuovere il loro obiettivo comune di mantenere l’unità nazionale.
Pertanto, mentre la ragione ufficiale per mantenere le basi russe in Siria potrebbe essere quella di facilitare gli aiuti all’Africa e possibilmente ospitare complessi colloqui militari-diplomatici, il vero scopo potrebbe essere quello di riattrezzare, addestrare e consigliare il proprio esercito, sebbene entro i limiti non ufficiali imposti da Israele e concordati dalla Siria in tale eventualità. Questa visione è stata condivisa per la prima volta all’inizio di febbraio qui e ha quindi previsto con lungimiranza ciò che finora si è verificato. Questi piani potrebbero ancora essere modificati, ma per il momento sembrano essere sulla buona strada.
La recente retorica del Ministero degli Affari Esteri, ispirata dagli Stati Uniti, sulla “costruzione della democrazia” in Afghanistan suggerisce in modo inquietante che il Pakistan potrebbe preparare un’operazione di cambio di regime sostenuta dagli Stati Uniti.
Il Ministero degli Affari Esteri del Pakistan ha concluso un recente comunicato stampa sugli scontri tra il suo Paese e l’Afghanistan, i più intensi degli ultimi anni, scrivendo: “Speriamo anche che un giorno il popolo afghano possa essere emancipato e governato da un vero governo rappresentativo”. Ciò ricorda la retorica statunitense sulla “costruzione della democrazia” e non dovrebbe sorprendere, considerando il riavvicinamento tra i due avvenuto lo scorso anno, che ha ripristinato il tradizionale status del Pakistan come principale partner regionale degli Stati Uniti.
Trump ha anche condiviso i piani per il rientro delle truppe statunitensi nella base aerea di Bagram in Afghanistan , cosa che può realisticamente avvenire solo con la facilitazione del Pakistan, nonostante l’ opposizione ufficiale di Islamabad , mentre recentemente sono circolate voci sui piani, presumibilmente complementari, del Pakistan di dotare gli Stati Uniti di un porto sul Mar Arabico . La retorica della “costruzione della democrazia” sostenuta dal Ministero degli Affari Esteri pakistano dovrebbe quindi essere presa sul serio, poiché potrebbe servire da pretesto per un’altra operazione di cambio di regime in Afghanistan.
I talebani non cederanno alle richieste di Trump su Bagram, mentre il Pakistan considera sempre più il gruppo una minaccia per la sicurezza a causa del presunto patrocinio dei terroristi del “Tehreek-i-Taliban Pakistan” e del “Balochistan Liberation Army”. Già nel gennaio 2023, si stimava che ” il Pakistan potrebbe essere sul punto di lanciare un’operazione militare speciale in Afghanistan ” per queste ragioni, che prevedibilmente riceverebbe un certo grado di supporto da parte degli Stati Uniti (molto probabilmente armi, intelligence e logistica) se mai dovesse accadere.
La dimensione tagika è significativa poiché l’NRF, a guida etnica tagika, è un influente movimento ibrido di milizia, ma la Russia ha ancora una base lì, le cui truppe hanno il compito di proteggere il confine afghano, quindi Mosca probabilmente non permetterebbe a Dushanbe di rovesciare i suoi nuovi alleati talebani . Ciononostante, l’accoglienza senza precedenti da parte del Pakistan di membri dell’opposizione afghana non fondamentalisti e la sua ultima retorica sulla “costruzione della democrazia” influenzata dagli Stati Uniti suggeriscono un coordinamento con il Tagikistan, anche se il suo ruolo rimane solo politico.
I tagiki costituiscono il secondo gruppo etnico più numeroso dell’Afghanistan, sono concentrati nel nord e sono più numerosi in Afghanistan che nel Tagikistan stesso. La maggior parte è fermamente laica, molto più favorevole alla democrazia rappresentativa rispetto ad altri nel paese e storicamente si è opposta ai nazionalisti pashtun fondamentalisti come i talebani. Questo renderebbe loro, la NRF e il Tagikistan strani alleati con il Pakistan, ex protettore dei talebani, ma questa è la natura della realpolitik in evoluzione nella regione .
Qualsiasi “operazione speciale” pakistana in Afghanistan sostenuta dagli Stati Uniti godrebbe quindi di un sostegno variabile da parte loro, ma il fallimento dell’occupazione dell’Afghanistan da parte dell’Occidente ha dimostrato che i talebani hanno i mezzi per reagire, punire i propri nemici e vincere. In questo scenario, le truppe pakistane in Afghanistan si troverebbero ad affrontare innumerevoli imboscate, mentre i civili in patria potrebbero essere presi di mira da un’ondata di attacchi terroristici, quindi il Pakistan dovrebbe bocciare qualsiasi piano del genere, a meno che non sia pronto ad accettare costi crescenti che rischiano di destabilizzarlo.
La campagna di allarmismo, probabilmente coordinata dagli Stati Uniti e dall’Ucraina, sulle conseguenze per la sicurezza regionale derivanti dal presunto coinvolgimento dei cubani nella guerra a fianco della Russia, fa pensare che l’isola sarà presto sottoposta a maggiori pressioni.
Reuters ha riportato in esclusiva all’inizio di ottobre che il Dipartimento di Stato ha inviato un telegramma non classificato a decine di missioni diplomatiche statunitensi ordinando ai diplomatici di comunicare ai vari paesi che Cuba aveva inviato fino a 5.000 combattenti a sostegno della Russia contro l’Ucraina. I servizi segreti ucraini hanno poi diffuso queste affermazioni sul New York Post, probabilmente in coordinamento con il Dipartimento di Stato, in coincidenza con la ratifica da parte della Camera alta russa di un nuovo patto di cooperazione militare con Cuba, anch’esso oggetto di speculazioni.
Alcuni sospettano che ciò abbia lo scopo di formalizzare il presunto reclutamento militare russo a Cuba che due anni fa ha fatto infuriare alcuni funzionari dell’Avana, come analizzato qui all’epoca, e che ora potrebbe includere truppe ufficiali in linea con un precedente patto con la Corea del Nord, mentre altri vedono piani più ambiziosi. Alexander Stepanov, esperto militare dell’Accademia presidenziale russa di economia nazionale e pubblica amministrazione, ha dichiarato a TASS che la Russia potrebbe inviare Iskander e persino Oreshnik a Cuba in base a questo patto.
Secondo lui, ciò “creerebbe un deterrente efficace in grado di raggiungere obiettivi strategicamente importanti sul territorio statunitense, mantenendo così l’equilibrio di potere e la parità nelle capacità offensive”, in particolare nel contesto dei possibili piani statunitensi di inviare missili da crociera Tomahawk a lungo raggio in Ucraina. Questa linea di speculazione non è nuova, poiché il vicepresidente della commissione difesa della Duma Alexei Zhuravlev ha proposto nel gennaio 2024 che la Russia collochi armi nucleari in quella regione e in altre zone dell’area.
Ciò sarebbe sensato in linea di principio, ma improbabile nella pratica, poiché Cuba probabilmente non vuole rischiare di provocare Trump e indurlo a considerare una campagna di massima pressione contro di essa simile a quella iraniana, soprattutto dopo che egli ha appena ordinato un rafforzamento militare regionale con il pretesto di fermare il traffico di droga. Le continue speculazioni di alto profilo sullo scenario di missili russi inviati ancora una volta segretamente a Cuba, sia da parte dell’agenzia di stampa pubblica TASS che di un funzionario della Duma, potrebbero comunque essere sfruttate a questo scopo.
È molto più probabile, tuttavia, che il telegramma del Dipartimento di Stato sui combattenti cubani che sostengono la Russia contro l’Ucraina venga sfruttato per giustificare gradualmente una maggiore pressione sull’isola. A tal proposito, questa affermazione potrebbe essere vera (indipendentemente dal fatto che riguardi volontari e/o truppe effettive) proprio come quelle precedenti sul sostegno della Corea del Nord sono state successivamente confermate dalla Russia, ma sarebbe un diritto legale di Cuba consentire ai propri cittadini di cooperare con la Russia in questo modo e/o inviare sostegno diretto.
Anche se questo è tutto ciò che c’è nel loro patto appena ratificato, l’allarmismo dell’Ucraina al riguardo sul New York Post – che Trump una volta ha definito il suo “giornale preferito” – potrebbe essere sufficiente per riportare Cuba nel mirino degli Stati Uniti. Secondo loro, “L’esperienza di combattimento acquisita dai cittadini cubani in Ucraina è una merce pericolosa e trasferibile. Questa esperienza potrebbe essere utilizzata per addestrare proxy e destabilizzare altre regioni, in particolare in America Latina, minacciando la sicurezza degli alleati e dei partner degli Stati Uniti”.
Non importa che quanto sopra sia una speculazione, poiché ciò che conta è che Trump, in un modo o nell’altro, arrivi a credere (da solo o su sollecitazione dei suoi stretti collaboratori) che questo sia uno scenario credibile e autorizzi di conseguenza una politica più muscolare nei confronti di Cuba. Ciò potrebbe anche essere motivato da cinici interessi elettorali in vista delle elezioni di medio termine del prossimo autunno, ma mascherato come interesse per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Gli osservatori dovrebbero quindi tenere d’occhio i rapporti tra Stati Uniti e Cuba in futuro.
Se i servizi segreti russi stabilissero che ciò è innegabile o quantomeno plausibile, allora i legami con il Pakistan prevedibilmente peggiorerebbero, mentre la fiducia della Russia nei talebani verrebbe gravemente danneggiata se si scoprisse che il gruppo ha mentito.
Il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, ha ribadito le accuse secondo cui il Pakistan sostiene l’ISIS-K, uno dei motivi per cui i talebani hanno attaccato lungo la linea Durand nel fine settimana, ma ha aggiunto che anche gli attacchi contro Iran e Russia sono stati orchestrati da lì: “Centri di addestramento per l’ISIS-K sono stati istituiti a Khyber Pakhtunkhwa e gli allievi vengono trasportati lì attraverso gli aeroporti di Karachi e Islamabad. Le nostre scoperte mostrano che gli attacchi in Iran e Mosca sono stati orchestrati da questi centri”.
I media indiani hanno riferito a fine aprile che un importante ideatore dell’attacco terroristico di Crocus della primavera scorsa avrebbe potuto essere arrestato in Pakistan, ma la notizia non è mai stata confermata, quindi alcuni scettici l’hanno liquidata come una trovata propagandistica dopo l’ attacco terroristico di Pahalgam e prima degli scontri indo-pakistani che ne sono derivati. Questa analisi ha valutato che “la maggiore rilevanza [del rapporto] risiede nel fatto che ricorda ai lettori, dopo Pahalgam, che alcuni terroristi cercano rifugio in Pakistan, il che ha spinto la presente analisi a spiegarne il motivo”.
Da allora, l’ex Ministro della Difesa russo, ora Segretario del Consiglio di Sicurezza, Sergey Shoigu, ha pubblicato un interessante articolo sull’Afghanistan sul quotidiano ufficiale del suo governo a fine agosto, condannando il trasferimento di terroristi stranieri da parte delle agenzie di spionaggio occidentali alle cellule dell’ISIS-K in Afghanistan. Non ha tuttavia menzionato come siano entrati nel Paese, sebbene questa analisi del suo articolo sostenga che la via più semplice sia attraverso il Pakistan. Shoigu e altri funzionari russi lo sanno certamente.
Ciononostante, la Russia ha comunque svolto le sue esercitazioni antiterrorismo annuali con il Pakistan all’inizio dell’autunno e di recente sono circolate anche voci di una più stretta cooperazione sui motori dei caccia, a dimostrazione del fatto che Mosca non crede che Islamabad “ufficiale” sia in combutta con i terroristi. Detto questo, la sua leadership politica “ufficiale” è ampiamente considerata subordinata alla sua leadership militare e di intelligence, che è stata accusata di tale collusione in passato. La leadership politica persinoha ammesso che ciò è vero.
L’India, in precedenza gli Stati Uniti (ma forse non più a causa del loro rapido riavvicinamento ), occasionalmente l’Iran e ora i Talebani hanno tutti avanzato queste rivendicazioni, così come fece l’URSS durante la guerra in Afghanistan degli anni ’80, a causa del sostegno del Pakistan ai mujaheddin sostenuti dalla CIA. Considerati i decenni di vicinanza tra Russia e India e la ritrovata vicinanza tra Russia e Talebani, è possibile che la Russia prenda presto più seriamente le costanti rivendicazioni della prima e forse indaghi persino sulle ultime affermazioni dei secondi.
Dopotutto, non è una questione di poco conto che i talebani abbiano affermato che l’attacco terroristico al Crocus è stato orchestrato dal Pakistan, sebbene da persone che i loro servizi militari e di intelligence probabilmente hanno portato nel Paese all’insaputa della loro controparte politica, se fosse vero. Inoltre, sebbene il Pakistan non voti contro la Russia alle Nazioni Unite e abbia cercato di espandere i propri legami economici durante la …L’operazione , il suo orientamento filo-occidentale e la preferenza di Trump per il Pakistan sollevano sospetti sul suo nuovo ruolo regionale.
Per queste ragioni, la Russia potrebbe presto chiedere all’India, ai Talebani e forse persino all’Iran di condividere qualsiasi informazione di intelligence in loro possesso sui legami del Pakistan con i terroristi, in particolare con l’ISIS-K. È imperativo che la Russia determini la veridicità di quest’ultima accusa il prima possibile. Se i suoi servizi segreti concludessero che è innegabile o almeno plausibile, allora i legami con il Pakistan prevedibilmente peggiorerebbero, mentre la fiducia della Russia nei Talebani verrebbe gravemente danneggiata se si scoprisse che il gruppo ha mentito.
Questo è il risultato del ripristino della loro vecchia partnership strategica risalente all’epoca della Guerra Fredda.
Il Ministro degli Esteri indiano, Dr. Subrahmanyam Jaishankar, ha annunciato che il suo Paese trasformerà la sua missione tecnica in Afghanistan in un’ambasciata a tutti gli effetti durante la visita di sei giorni del suo omologo afghano, Amir Khan Muttaqi. Questo è avvenuto il giorno dopo che il Pakistan ha bombardato diversi presunti obiettivi del “Tehreek-i-Taliban Pakistan” (TTP, ovvero “Talebani pakistani”) in Afghanistan la notte precedente. Il TTP è un gruppo designato come terrorista, la cui ondata di attacchi negli ultimi tre anni è la più feroce dell’ultimo decennio .
Alcuni sono rimasti sorpresi dal viaggio di Muttaqi a Delhi e dalla ripresa formale dei rapporti bilaterali, poiché rappresenta una dittatura islamista fondamentalista che in passato è stata accusata di aver avuto un ruolo nell’insurrezione del Kashmir sostenuta dal Pakistan, mentre l’India è uno stato laico e la più grande democrazia del mondo. Comunque sia, Muttaqi ha affermato che “non abbiamo mai rilasciato dichiarazioni contro l’India. Piuttosto, abbiamo sempre cercato di mantenere buoni rapporti con l’India” durante l’occupazione americana, suggerendo così reciproche motivazioni di realpolitik.
Si può sostenere che sia così, e ciò è dovuto al fatto che il Pakistan ha avvicinato i Talebani e l’India, come verrà ora spiegato. La rivalità indo-pakistana è ben nota e non richiede ulteriori spiegazioni, mentre il peggioramento dei rapporti tra Talebani e Pakistan è attribuibile al pericoloso dilemma di sicurezza emerso un anno dopo la fine dell’occupazione statunitense. In breve, i Talebani temono la collusione tra Stati Uniti e Pakistan contro di loro dopo la fine dell’occupazione postmoderna.colpo di stato contro Imran Khan, mentre il Pakistan teme le implicazioni del rifiuto dei talebani di riconoscere la linea Durand.
Di conseguenza, le controversie territoriali tra India e Afghanistan con il Pakistan hanno avuto un ruolo importante nel loro riavvicinamento dell’era dei talebani 2.0, che è stato accelerato da Trump 2.0 che ha chiesto il ritorno delle truppe statunitensi alla base aerea di Bagram (che poteva avvenire solo con la facilitazione del Pakistan) e dalla sua nuova pressionecampagna contro l’India. Questi processi si sono verificati parallelamente al riavvicinamento tra Stati Uniti e Pakistan , che sta rapidamente rilanciando la loro vecchia partnership strategica risalente all’epoca della Guerra Fredda, che India (e Russia) ritenevano destabilizzasse la regione all’epoca.
Le recenti notizie secondo cui il Pakistan vorrebbe cedere un porto agli Stati Uniti , cosa che alcuni ritengono potrebbe portare al ritorno delle forze statunitensi, coincidono con le accuse indiane secondo cui il Pakistan sostiene il terrorismo in Kashmir e con quelle dei talebani di sostenere l’ISIS-K (a cui la Russia ha fatto un occhiolino ), peggiorando la percezione della minaccia da parte di questi due gruppi. Allo stesso modo, il Pakistan accusa l’India di sostenere l'” Esercito di liberazione del Belucistan ” e i talebani di sostenere il TTP, che sono gruppi terroristici alleati degli Stati Uniti e potrebbero quindi servire da pretesto per una pressione congiunta contro di loro.
A proposito di pressione, la Cina potrebbe presto risentire maggiormente della sua dimensione militare da parte degli Stati Uniti, a causa delle ultime mosse filoamericane del suo “fratello di ferro” Pakistan. Trump vuole esplicitamente riportare le truppe statunitensi alla base aerea di Bagram per minacciare i vicini siti nucleari cinesi, e questo potrebbe avvenire solo con la facilitazione del Pakistan. Anche il possibile ritorno delle truppe statunitensi in Pakistan potrebbe raggiungere questo obiettivo. I dazi del 100% sulla Cina recentemente annunciati da Trump, proprio mentre i rapporti tra Stati Uniti e Pakistan entrano in una fase di rinascita, alimentano ulteriormente i sospetti.
Sebbene la Cina probabilmente non abbandonerà mai il Pakistan, avendo investito miliardi nella sua economia attraverso il Corridoio Economico Cina-Pakistan, fiore all’occhiello della BRI, e vendendo più armi al Pakistan che a chiunque altro, gli Stati Uniti potrebbero presto chiedere al Pakistan di prendere le distanze dalla Cina. Se il Pakistan acconsentirà come previsto, Cina e India potrebbero coordinare il sostegno all’Afghanistan come manifestazione del loro nascente riavvicinamento per bilanciare il rinato duopolio regionale USA-Pakistan, rimodellando così la geopolitica regionale.
Mentre la Nuova Guerra Fredda si sposta dalla priorità data dagli Stati Uniti al contenimento della Russia in Europa al contenimento della Cina in Asia, allo stesso modo la tendenza degli Stati Uniti a rivedere gradualmente i risultati della Seconda Guerra Mondiale per ottenere un vantaggio anche su quel fronte.
L’ambasciata de facto degli Stati Uniti a Taiwan ha inviato a Reuters una dichiarazione via email a metà settembre, criticando il ricorso della Cina agli accordi della Seconda Guerra Mondiale a sostegno della sua rivendicazione sull’isola. L’ambasciata ha dichiarato che “la Cina travisa intenzionalmente i documenti della Seconda Guerra Mondiale, tra cui la Dichiarazione del Cairo, la Proclamazione di Potsdam e il Trattato di San Francisco, per cercare di sostenere la sua campagna coercitiva per sottomettere Taiwan”. L’ultima svolta in questa disputa coincide con l’80 ° anniversario della sconfitta del Giappone.
Per contestualizzare, la Dichiarazione del Cairo del 1943 stabilisce che Formosa (nome di Taiwan in epoca coloniale) sarà restituita alla Repubblica di Cina (ROC); la Dichiarazione di Potsdam del 1945 fa riferimento al Cairo e limita l’ambito geografico della sovranità giapponese senza menzionare Formosa; e il Trattato di San Francisco del 1951 ha comportato la rinuncia ufficiale del Giappone alle sue pretese su Formosa, lasciandone però irrisolto lo status. Le interpretazioni della ROC e della Repubblica Popolare Cinese (RPC) saranno ora brevemente riassunte.
La Repubblica di Cina, con sede a Taiwan, si considera l’unico governo legittimo della Cina in quanto rappresenta la Repubblica di Cina, riconosciuta dalla Società delle Nazioni, nonostante il successore di quest’ultima all’ONU l’abbia espulsa nel 1971 e abbia sostituito il suo seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza con la Repubblica Popolare Cinese. Interpreta quindi le Dichiarazioni del Cairo e di Potsdam come una conferma del suo controllo su Taiwan, mentre la Repubblica Popolare Cinese si basa sulla suddetta decisione, che la riconosce come unico rappresentante legittimo della Cina, per rivendicare legalmente Taiwan.
Il significato delle critiche dell’ambasciata de facto degli Stati Uniti a Taiwan alla fiducia della Cina (formalmente della Repubblica Popolare Cinese) in questi accordi risalenti alla Seconda Guerra Mondiale (Reuters ha ricordato ai lettori di considerare il Trattato di San Francisco “illegale e invalido” poiché non ne era parte) è che si tratta di un segno dei tempi. Mentre la Nuova Guerra Fredda si sposta dalla priorità degli Stati Uniti al contenimento della Russia in Europa al contenimento della Cina in Asia , allo stesso modo si sta verificando la tendenza degli Stati Uniti a rivedere gradualmente i risultati della Seconda Guerra Mondiale per ottenere un vantaggio anche su quel fronte.
La Russia ritiene che la rimilitarizzazione della Germania , l’adesione della Finlandia alla NATO e la spinta verso la neutralità dell’Austria , tutte azioni sostenute dagli Stati Uniti, dimostrino che gli USA stanno gradualmente rivedendo gli esiti della Seconda Guerra Mondiale. Allo stesso modo, ritiene che la rimilitarizzazione del Giappone , sostenuta dagli Stati Uniti, ne sia la prova, opinione condivisa anche dalla Cina. Era quindi prevedibile che un giorno gli Stati Uniti avrebbero iniziato a contestare con maggiore fermezza la dipendenza della Cina dagli accordi della Seconda Guerra Mondiale a sostegno delle sue rivendicazioni su Taiwan.
L’ordine mondiale cambia sempre, come dimostra la storia, ma in questi casi, i processi associati vengono sfruttati dagli Stati Uniti a fini di contenimento nei confronti di quella che oggi può essere descritta come l’Intesa sino-russa, al fine di giustificare politiche più aggressive contro di essa su false basi giuridiche. Russia e Cina, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ovviamente non accetterebbero le suddette revisioni, motivo per cui gli Stati Uniti le sostengono unilateralmente, il che accelera ulteriormente il crollo dell’ordine post-seconda guerra mondiale .
Lo scenario ideale, come previsto dalla Carta delle Nazioni Unite, è che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite svolga congiuntamente il ruolo di pioniere di una transizione controllata verso un nuovo ordine che preservi l’equilibrio di potere tra i due Paesi, riducendo così il rischio di conflitti durante questo periodo. Ciò è diventato impossibile dopo che il ritiro unilaterale degli Stati Uniti dagli accordi di controllo degli armamenti con la Russia ha smantellato l’architettura di sicurezza globale, portando inevitabilmente a una graduale revisione degli esiti della Seconda Guerra Mondiale e a un pericoloso aumento delle tensioni con l’Intesa sino-russa.
Se ciò accadesse, i processi multipolari regionali sostenuti da Russia, India, Iran e Cina verrebbero messi a dura prova come mai prima, ma ciò potrebbe anche indurli a cooperare come mai prima, con il Pakistan che sopporterebbe il peso della loro pressione collettiva in questo scenario.
A tal fine, il Pakistan è sospettato di facilitare l’afflusso di terroristi stranieri in Afghanistan come agenti anti-talebani, come intuito dal Segretario del Consiglio di Sicurezza russo Sergey Shoigu nel suo articolo di fine agosto, analizzato qui il mese scorso. Parallelamente, l’obiettivo recentemente ribadito da Trump di riportare le truppe statunitensi alla base aerea di Bagram in Afghanistan può avere successo solo con il sostegno del Pakistan. Per concludere, il Financial Times (FT) ha riferito che il Pakistan sta ora offrendo agli Stati Uniti anche un porto commerciale.
Hanno citato consiglieri anonimi del capo dell’esercito pakistano Asim Munir, il governatore de facto del Paese che ha visitato gli Stati Uniti tre volte solo nell’ultimo anno e ha incontrato Trump due volte finora, per informare il pubblico che prevede che la sede venga istituita a Pasni. La città si trova nelle immediate vicinanze di Gwadar, al confine con l’Iran, punto terminale del Corridoio Economico Cina-Pakistan (CPEC), fiore all’occhiello della Belt & Road Initiative, che gli Stati Uniti hanno a lungo temuto potesse un giorno ospitare la Marina cinese.
Il Financial Times ha riportato che il progetto fa leva su questi timori, così come su quelli degli Stati Uniti riguardo all’Iran e persino alla Russia, per rendere la proposta di Pasni più allettante per Trump 2.0. Il documento afferma che “la vicinanza di Pasni all’Iran e all’Asia centrale migliora le opzioni statunitensi per il commercio e la sicurezza… L’impegno a Pasni controbilancerebbe Gwadar… ed espanderebbe l’influenza statunitense nel Mar Arabico e in Asia centrale… Gli investimenti cinesi a Gwadar nell’ambito della Belt and Road Initiative sollevano preoccupazioni sul duplice uso”.
La presenza statunitense a Pasni favorirebbe l’esportazione di minerali che le aziende statunitensi sono state invitate dal Pakistan a estrarre nella provincia del Belucistan, ma potrebbe rapidamente assumere dimensioni militari. Gli Stati Uniti hanno naturalmente interesse ad aiutare il Pakistan a sconfiggere il terrorista ” Esercito di Liberazione del Belucistan ” che minaccia questa regione ricca di risorse. Ciò potrebbe tuttavia portare a un’espansione delle missioni in Afghanistan, date le affermazioni del Pakistan secondo cui i talebani sostengono quel gruppo, e a ulteriori sanzioni contro l’India per lo stesso motivo.
Il pretesto di assistere il Pakistan, ” principale alleato non-NATO “, nella sua “guerra al terrorismo”, soprattutto se degli americani (anche se solo appaltatori della sicurezza) venissero uccisi dopo gli attacchi ai progetti minerari statunitensi in Belucistan, potrebbe servire a giustificare lo stanziamento di forze navali, truppe di terra e/o risorse aeree statunitensi a Pasni o nelle sue vicinanze. Ne potrebbe conseguire un patto simile a quello del Qatar per garantire la sicurezza del Pakistan nei confronti di Afghanistan, India e persino Iran, anch’esso accusato dal Pakistan di sostenere gruppi beluci identificati come terroristi.
Attraverso questi mezzi, che dipendono da una qualche forma di presenza statunitense a Pasni, il Pakistan completerebbe la sua svolta filo-occidentale ripristinando pienamente la sua vecchia partnership con l’America risalente all’epoca della Guerra Fredda, a cui Imran Khan si oppose (e che è il motivo per cui fu deposto). I processi multipolari regionali promossi da Russia, India, Iran e Cina verrebbero quindi messi a dura prova come mai prima, ma ciò potrebbe anche indurli a cooperare come mai prima, con il Pakistan che sopporterebbe il peso della loro pressione collettiva.
LA PACE DI TRUMP – Campa & GERMINARIO_Al momento della pubblicazione di questa conversazione è in corso a Sharm el-Sheikh la firma di un memorandum tra oltre venti paesi a garanzia della cessazione delle ostilità e del processo di ricostruzione di Gaza. Non sono presenti, significativamente, i due contendenti del conflitto: Israele e Hamas. Dal numero e dalla qualità dei garanti, difficilmente i due contendenti, a cominciare da Nethanyahu, potranno sfuggire alla morsa di un accordo che potrà cambiare gli equilibri e il peso dei vari paesi di quell’area. Difficile, ma non impossibile. Difficile per il peso politico dei garanti, per la stanchezza dell’esercito israeliano e la relativa vulnerabilità del suo sistema di difesa; non impossibile per l’incertezza dell’esito dello scontro politico negli Stati Uniti e per i tempi stretti di cui dispone l’attuale presidenza statunitense. Un accordo che non tarderà a mettere a nudo la natura e l’evoluzione dei rapporti tra le varie élites del mondo occidentale, i centri di Israele e quelli del Medio Oriente- Un tassello della grande complessità e ambiguità entro la quale si trova ad agire Trump e il suo composito schieramento. Un dato certo permane: l’assenza di una adeguata rappresentanza politica dei palestinesi. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
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E in ciò mi dichiaro colpevole di essere prevenuto perché oramai leggo Aurelien distrattamente considerandolo solo un raffinato gatekeeper.
Questa volta, però, Aurelien mostra che non è un personaggio così banale; lui “le cose le sa” e sa trarne tutte le dovute conseguenze. L’ €uropa è ad bivio tra “tornare indietro” pagando comunque un duro contraccolpo o andare avanti in un abisso che di certo non la vedrà “vincitrice”.
Ma il nostro è come sempre un po’ ” perfidamente omissivo” perché qualunque sia la migliore “gestione del danno” nell’ormai inevitabile “ripartire da zero ” ( perché ” a zero” alla fine ci saremo COMUNQUE finiti) , se si vuole “ridefinire “ la futura politica europea in un post-ucraina che non ci veda a “zero tagliato” , si deve inevitabilmente partire dal definire PRIMA tutte le colpe di chi “il danno” lo ha voluto e provocato.
Io trovo in questo articolo di Aurelien appunto l’ eco di un dibattito che sicuramente adesso corre nei quadri intermedi delle elite inglesi da cui il nostro proviene; dibattito ovviamente riservato e che di sicuro non è ancora iniziato invece nelle élites coloniali del resto d’€uropa.
Questo è certamente un segno interessante ma temo molto probabilmente finalizzato alla speranza dei più furbi di potersene appunto” filare a l’ inglese” lasciando nelle pesti tutti gli altri .
Una cosa che però non dovrebbe essere permessa al principale “piromane” di questo danno. Anche perché in questo gli inglesi sono almeno tre volte recidivi; non c’ è dubbio che se la facesse franca l’elite inglese ci riproverebbe alla prima occasione.
La russofobia delle elites inglesi non è una pulsione occasionale come quelle della sue “scimmie” italiche; è ben radicata e perseguita con maligna “coerenza” da almeno due secoli e mezzo.
Aurelien questo lo sa , ma soprattutto sa che questo cominciano a comprenderlo tutti i russi. Aurelien non è ora preoccupato per “l’€uropa” , cosa di cui ad ogni inglese importa un piffero , ma della SUA Inghilterra per cui comunque le cose volgono al peggio-
E appunto ora valuta la necessità di definire per TUTTI ciò che i russi hanno chiesto sempre e da subito: la definizione di un quadro di sicurezza collettiva, financo fosse una totale €urofinlandesizzazione, che però sostanzialmente lasci libera e nell’ ombra la solita “manina” inglese.
Ma Aurelien sa certamente anche “che i fatti comportano conseguenze” .
C’ è appunto un primo fatto che questa nuova “ sicurezza collettiva” alla Russia è stata negata su istigazione inglese suppur per voce spesso dei suoi “obbedienti” massonici posti a dirigere i vari €uronanerottoli .
E c’ è un un secondo fatto: la “sconfitta strategica” che si voleva così imporre alla Russia dovrà per forza ritorcersi verso chi l’aveva progettata e perseguita.
Certo Putin non vuole “vincere”, la Russia lotta solo per “sopravvivere”; ma se ci riesce, quale “ sicurezza collettiva” potrà mai firmare con chi ha così subdolamente minacciato l’esistenza della Russia?
Forse qualcuno più resipiscente in €uropa sta sinceramente valutando una “nuova Helsinki “ ma anche qui c’ è un terzo fatto: quella “Finlandia” lì non esiste più. La memoria del voltafaccia finlandese, per non dire tradimento dei patti sottoscritti, ora non potrà essere rimossa dalla testa dei russi.
In altre parole tutto deve necessariamente passare PRIMA per la rimozione delle attuali elites €uropee , perché “chi è stato parte del problema non può essere parte della soluzione”.
Solo così la Russia potrà veramente credere che valga la pena di firmare qualcosa con chi la voleva morta.
Ma queste élites non se ne andranno da sole; lotteranno fin in fondo per trascinare tutti con sé.
La conclusione quindi è la stessa di sempre e mi rendo conto di essere noioso a ribadirla continuamente.
Non ci sono più margini per fermare questo treno in corsa , “salvo miracoli” ovviamente.
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Il Financial Times ha pubblicato un articolo secondo cui gli Stati Uniti sarebbero stati strettamente coinvolti negli attacchi ucraini alla rete energetica e alle infrastrutture del gas russe, con l’obiettivo di «indebolire l’economia di Putin e portarlo al tavolo delle trattative».
Secondo diversi funzionari ucraini e statunitensi che hanno familiarità con la campagna, le informazioni fornite dai servizi segreti americani a Kiev hanno permesso di sferrare attacchi contro importanti risorse energetiche russe, comprese raffinerie di petrolio situate ben oltre la linea del fronte.
Il sostegno, finora non segnalato, si è intensificato dalla metà dell’estate ed è stato fondamentale per aiutare l’Ucraina a portare avanti gli attacchi che la Casa Bianca di Joe Biden aveva scoraggiato. Gli attacchi di Kiev hanno fatto aumentare i prezzi dell’energia in Russia e hanno spinto Mosca a ridurre le esportazioni di diesel e a importare carburante.
La parte più importante dell’articolo descrive in dettaglio le modalità precise con cui gli Stati Uniti avrebbero aiutato l’Ucraina in questi attacchi:
I servizi segreti statunitensi aiutano Kiev a definire la pianificazione delle rotte, l’altitudine, i tempi e le decisioni relative alle missioni, consentendo ai droni ucraini a lungo raggio e a senso unico di eludere le difese aeree russe, hanno affermato i funzionari informati sulla questione.
Tre persone informate sull’operazione hanno affermato che Washington è stata coinvolta da vicino in tutte le fasi della pianificazione. Un funzionario statunitense ha dichiarato che l’Ucraina ha selezionato gli obiettivi per gli attacchi a lungo raggio e Washington ha poi fornito informazioni di intelligence sulle vulnerabilità dei siti.
Avrete forse notato il mio sano scetticismo nei confronti della notizia: non si può mai prendere per buono ciò che dicono i media mainstream con le loro famigerate “fonti anonime di alto livello”. Ci sono ragioni molto valide per cui tali “informazioni” potrebbero essere state inventate, la più ovvia delle quali è quella di continuare a creare divisioni tra Stati Uniti e Russia, e in particolare tra l’amministrazione Trump e la Russia, con cui sta cercando un riavvicinamento.
Detto questo, c’è anche una buona probabilità che sia vero, ma dobbiamo sempre esercitare la dovuta cautela e scetticismo nei confronti di qualsiasi notizia riportata dalla stampa ostile, in particolare quando il cui bono sembra proprio favorirli. Ad esempio, potrebbe benissimo essere il Regno Unito a farlo, con la stampa che lo attribuisce semplicemente agli Stati Uniti.
Ma un nuovo rapporto dalla prima linea ha fatto ulteriore luce sul coinvolgimento dell’Occidente in Ucraina, il che certamente sottolineerebbe quanto sopra. Sebbene non abbia alcuna attribuzione o fonte reale, vale la pena notarlo perché suona veritiero: presumibilmente proviene da una fonte militare ucraina:
In breve, ecco cosa è stato scoperto sul campo riguardo all’attacco russo del 10 ottobre, che ha causato interruzioni di corrente in molte località, tra cui Kiev. Stranamente, il problema è stato individuato nel sistema di difesa aerea, che non è riuscito a respingere l’attacco. Ma c’è un dettaglio molto curioso.
In breve, si tratta di Patriot e Samp-T\Iris-T, che coprono noi (le città) e principalmente Kiev, così come le persone che vi abitano.
1) Il sistema di difesa aerea non è riuscito a gestire lo sciame di Shahed perché ha esaurito le munizioni e il tempo di ricarica è lungo. Quando ne volano letteralmente a dozzine, questo è un problema critico. Per non parlare dei pessimi Iskander, che ora volano chissà come con cambiamenti di traiettoria imprevedibili e sono praticamente impossibili da abbattere. I missili Kh-47M2 Kinzhal… beh, non sono mai stati abbattuti, credo che questo sia fuori discussione; questi missili russi sono semplicemente scadenti e imprecisi, quindi non colpiscono il bersaglio, ma cadono prima o dopo.
2) Stranamente, il fattore umano. Alcuni equipaggi sono nostri stimati alleati. Poiché tutto questo funziona all’interno di un unico sistema, spesso c’è una barriera linguistica e i Defenders (i titani della difesa aerea) non si capiscono tra loro. Inoltre, alcuni equipaggi sono semplicemente inesperti e non riescono a portare a termine il compito di abbattere i nemici. È così che stanno le cose.
Si noti il testo in grassetto sopra riportato: l’ammissione che almeno “alcuni” dei prestigiosi sistemi di difesa aerea occidentali sono gestiti da alleati che non parlano ucraino.
In combinazione con il rapporto del FT — se vero— ci offre un’altra visione chiara del fatto che la guerra è proprio come l’ha descritta Putin, una vera e propria guerra della NATO contro la Russia.
In questo contesto, abbiamo il nuovo annuncio di Trump secondo cui presumibilmente prenderà in considerazione l’invio di missili Tomahawk all’Ucraina, se Putin non si piegherà:
È la prima volta che lo afferma apertamente. Ma ancora una volta rimango scettico, perché è molto facile credere che Trump stia semplicemente cercando di apparire “forte” agli occhi dei suoi critici dopo un periodo di depressione in cui il suo ego è stato ferito dalla cosiddetta “sfida” di Putin.
Probabilmente si tratta anche di un tentativo di lanciare una sorta di “messaggio” altisonante alla Russia, ma resto comunque molto scettico sul fatto che i Tomahawk verranno mai consegnati. Detto questo, dobbiamo ammettere che praticamente tutti gli altri sistemi di prestigio che in passato erano stati respinti, come ATACMS, Storm Shadows, F-16, ecc., alla fine sono stati consegnati all’Ucraina. La differenza, ovviamente, è che nessuno di questi era destinato a colpire in profondità la Russia, e fino ad oggi non sono mai stati utilizzati in questo modo. L’unico vero scopo dei Tomahawk sarebbe quello di colpire in profondità, quindi rimango scettico, ma tutto è possibile.
Lukashenko, che è stato un mediatore chiave per l’amministrazione Trump, condivide il mio scetticismo nel liquidare l’ultimo clamore sui Tomahawk come una tipica tattica negoziale di Trump:
In ogni caso, quanto sopra riportato dimostra ancora una volta la profondità del coinvolgimento dell’Occidente nella guerra e fornisce un’ulteriore giustificazione alla Russia per continuare la sua campagna.
Va anche detto che Trump potrebbe essere completamente all’oscuro del fatto che un nutrito contingente dell’esercito russo, e forse anche la società stessa, sarebbe piuttosto soddisfatto della consegna dei sistemi Tomahawk all’Ucraina. Questo perché un’escalation che superasse tale “linea rossa” garantirebbe praticamente il raggiungimento degli obiettivi più massimalisti dell’SMO, negando a Putin, che essi potrebbero percepire come “sempre indeciso”, la possibilità di porre fine al conflitto in anticipo con una sorta di “gesto di buona volontà” volto ad appagare l’Occidente.
Una tale escalation indurirebbe e radicalizzerebbe ancora di più il comando militare russo verso il raggiungimento di tutti gli obiettivi dell’SMO, poiché diventerebbe più chiaro che mai che il conflitto rappresenta una battaglia esistenziale per la Russia, e quindi può essere risolto in modo soddisfacente solo con la dissoluzione totale e decisiva dello Stato ucraino così com’è.
Sarebbe un’ulteriore testimonianza per i russi che non ha senso alcun cessate il fuoco, poiché il periodo di tregua servirebbe solo come un gigantesco spettacolo di riarmo per l’Ucraina, senza ulteriori limiti alle armi imposte, anche di tipo strategico come questi Tomahawk. Quindi, sì, probabilmente ci sarebbero molti russi, in particolare nell’ambito dei “turbo-patrioti”, che sarebbero felicissimi della consegna dei sistemi Tomahawk. A causa del numero limitato di Tomahawk e delle piattaforme di lancio, questi sarebbero considerati un rischio gradito ma accettabile per garantire il completamento massimalista della SMO.
A causa dei rapidi progressi e dei successi della Russia nella guerra, l’establishment è costretto a continuare a spingere per un conflitto su più ampia scala con l’Europa. Un comandante dell’unità di intelligence ucraina di nome Denis Yaroslavsky ha affermato che l’intelligence britannica prevede che la terza guerra mondiale con la Russia inizierà nel 2028:
La terza guerra mondiale inizierà nel 2028 — questa è la previsione fatta dagli analisti militari britannici nel loro quartier generale. Tutta l’Europa orientale sarà avvolta dalle fiamme. La Russia non si fermerà, — ha affermato il comandante dell’unità di intelligence Yaroslavsky
Naturalmente, stanno facendo tutto il possibile per realizzare la loro profezia che si autoavvera.
Ad esempio, alcuni articoli recenti hanno sollecitato un intervento sempre più incisivo da parte dell’Occidente, proprio mentre gli alleati europei hanno ammesso di discutere continuamente una qualche forma di intervento aereo per aiutare l’Ucraina, in un modo o nell’altro:
Un’opzione proposta da un gruppo di politici e militari occidentali di alto rango è quella di installare uno scudo di difesa aerea sopra l’Ucraina occidentale per abbattere i missili e i droni russi, con la possibilità di estendere tale scudo – una zona di interdizione al volo efficace – sopra la stessa Kiev.
Naturalmente, probabilmente tutto finirà nel nulla, ma il fatto che gli sceneggiatori stiano spingendo disperatamente per uno scontro dietro le quinte è comunque motivo di preoccupazione.
Proprio oggi in Estonia è scoppiata una serie di allarmismi in seguito all’avvistamento di “ometto verdi” russi al confine:
“Abbiamo individuato gruppi armati coinvolti in attività sospette. È evidente che non si tratta di guardie di frontiera e la situazione rappresenta una minaccia reale”, hanno affermato le guardie di frontiera estoni.
Nel frattempo, il precedente pacchetto di operazioni psicologiche volte a seminare il panico è già stato da tempo smascherato e messo da parte. Ora che è passato abbastanza tempo da ottenere l’effetto desiderato e non importa più che la bufala sia stata smascherata, la verità ha cominciato lentamente a venire a galla sulla presunta minaccia dei “droni di massa” russi sull’Europa:
Lo stesso valeva per l’allarme della “flotta ombra”, in cui la Francia aveva fermato una cosiddetta “nave russa” che avrebbe dovuto lanciare droni sull’Europa. Anche i media mainstream erano stufi di questa messinscena priva di fondamento:
Il filmato del telegiornale ricordava in modo soddisfacente Mission: Impossible. Commando francesi mascherati si sono arrampicati sul fianco della petroliera arrugginita Boracay, con i fucili d’assalto in pugno, e hanno iniziato la ricerca delle prove che dimostrassero che la nave era responsabile del lancio di droni russi sugli aeroporti danesi…
Due giorni dopo, quando i delegati del vertice europeo di Copenhagen, dove Macron aveva pronunciato le sue parole appassionate, erano tornati a casa, la Boracay riprese tranquillamente il suo viaggio. Il capitano della nave non fu accusato di nulla di più grave che aver disobbedito all’ordine di fermarsi impartito dalla Marina francese. Non fu trovata alcuna prova del suo coinvolgimento con i droni che avrebbero sorvolato l’aeroporto di Copenaghen il 30 settembre.
L’articolo sopra citato affronta in modo brillante la questione della cosiddetta flotta ombra russa, smascherando l’intera faccenda come una farsa da più punti di vista. Innanzitutto, l’autore spiega che l’acquisto o la vendita di petrolio russo non è affatto vietato, ma che esiste semplicemente un tetto massimo di prezzo fissato a 60 dollari al barile.
Ma soprattutto, ribadisce il punto fondamentale:
Per quanto riguarda la cosiddetta “flotta ombra”, questo termine dal suono minaccioso indica in realtà petroliere battenti bandiera di giurisdizioni con normative poco rigorose e non assicurate a Londra, ma coperte da polizze sottoscritte da assicuratori russi, indiani o cinesi.
L’autore conclude giustamente:
Le incursioni dei commando sono ottime per la TV. Ma sono solo un diversivo dal vero problema, ovvero che i consumatori europei di energia rimangono tra i maggiori finanziatori della macchina da guerra di Putin.
Qualcuno spieghi tutto questo a Ursula:
—
Come sempre, questa spirale di escalation non esisterebbe se non fosse per il continuo successo della Russia sul campo di battaglia. Oggi ci sono stati nuovamente importanti sviluppi in questo senso, che sicuramente alimenteranno ulteriormente la propaganda e le operazioni psicologiche nei prossimi giorni.
La seconda notizia più importante della giornata è stata che le forze russe sono state localizzate mentre entravano nella zona sud-orientale di Rodynske, sulla linea di Pokrovsk:
Gli analisti ritengono che lo slancio attuale potrebbe presto portare alla conquista dell’insediamento, il che significherebbe la fine definitiva dell’agglomerato di Pokrovsk-Mirnograd, poiché comporterebbe il completo isolamento logistico, come illustrato di seguito:
Il famoso analista ucraino Myroshnykov spiega in modo urgente il significato di tutto questo:
Direzione Pokrovsk:
La situazione qui si è notevolmente aggravata negli ultimi giorni! Nell’insediamento di Hryshyne, il nemico sta lavorando molto intensamente, una serie di bombardamenti FAB è già diventata un evento comune.
Sì, il nemico sta deliberatamente distruggendo le nostre posizioni, impedendoci di portare rinforzi o ripristinare la logistica. In realtà, si tratta di un tentativo di isolare Pokrovsk, Myrnohrad e Rodynske, per tagliare i collegamenti tra loro e intrappolare le nostre unità in una sacca.
Allo stesso tempo, il nemico sta gradualmente cercando di consolidarsi a Kozatske e Balahanka, e ha anche avanzato a nord-est della punta di scarto della miniera 5/6. Come ho detto prima, questo permette al nemico di tagliare la città a metà, separando la parte meridionale dalla roccaforte principale!
A Rodynske stessa, specialmente nelle strade orientali e un po’ più a sud, sono già in corso intensi combattimenti. Se il nemico riuscirà a resistere, la situazione potrebbe deteriorarsi rapidamente: tutte le principali vie di accesso alla città finiranno sotto il controllo diretto o incrociato del fuoco nemico, il che rappresenta un passo verso l’accerchiamento operativo!
Sembra che il nemico abbia deciso di chiudere il cerchio per isolare il gruppo che difende la linea di Pokrovsk. A giudicare dal ritmo degli attacchi, stanno cercando di sfinirci, metodicamente, senza pause.
Appena a nord di Pokrovsk-Rodynske, nel saliente “orecchie di coniglio” di Dobropillya, le forze russe hanno riconquistato un territorio significativo, ampliando il tronco del saliente:
E una vista migliore del fianco sud-orientale dell’agglomerato di Pokrovsk-Mirnograd, dove si può vedere che le forze russe hanno conquistato nuovi territori per stringere ulteriormente le maglie su Mirnograd stessa:
Sulla linea di Konstantinovka, le notizie riportano che si sta preparando un assalto russo molto più ampio. Secondo quanto riferito, le riserve russe sono pronte a entrare in azione e attendono condizioni meteorologiche favorevoli e un ulteriore deterioramento delle linee ucraine per lanciare potenzialmente le classiche colonne corazzate.
Secondo alcune voci circolate oggi, Druzhkovka si starebbe preparando alla difesa, il che implica che le forze ucraine si stanno preparando a cedere il territorio in questa zona nel prossimo futuro. Druzhkovka si trova qui, in riferimento a Konstantinovka:
Vadim Lyakh, capo dell’amministrazione di Slavyansk, subordinata alle autorità ucraine, ha invitato gli abitanti della città ad evacuare a causa dell’avvicinarsi della linea del fronte.
“Mi rivolgo oggi ai residenti della città, in particolare agli anziani e alle famiglie con bambini: è ora di evacuare”, ha affermato in un video pubblicato dall’amministrazione comunale sul canale Telegram.
Ma la notizia più importante della giornata è stata senza dubbio l’avanzata di massa a Kupyansk. Alcuni canali hanno addirittura proclamato la caduta effettiva di Kupyansk, anche se probabilmente è prematuro, ma forse non di molto.
Le forze russe sembrano aver isolato completamente Kupyansk dalla sponda orientale, conquistando fino al 70% della città. Alcune mappe, come quella di DivGen, lo rappresentano in questo modo:
Si può vedere che la sacca al centro è in fase di liquidazione, con alcune fonti che sostengono che le forze ucraine stiano attualmente violando gli ordini e abbandonando disperatamente le loro posizioni per fuggire. Presumibilmente, questa sacca dovrebbe essere compattata nel giro di un giorno o due.
Il 105° reggimento della NM DPR riferisce: A Kupyansk, i soldati delle forze armate ucraine, nella speranza di salvarsi la vita, stanno fuggendo dall’accerchiamento nel centro della città senza attendere ordini.
Persino Deep State, che solitamente ha un ritardo di giorni o settimane a causa della sua rigida politica di propaganda a favore dell’AFU, ha disegnato gran parte di Kupyansk in una gigantesca zona grigia:
Il Deep State è diventato famoso per le sue “zone grigie”, che di solito indicano l’avanzata definitiva e la conquista da parte della Russia. In breve, Kupyansk è destinata a cadere entro pochi giorni e potrebbe essere la prima grande città conquistata dopo molto tempo. L’ultima vera città caduta è stata probabilmente Avdeevka, che prima della guerra contava circa 32.000 abitanti, all’inizio del 2024, quasi due anni fa. La più grande città conquistata da allora è stata forse Chasov Yar, con una popolazione prebellica di circa 12.000 abitanti. Kupyansk è più vicina alla popolazione prebellica di Avdeevka, con circa 28.000 abitanti.
È emerso un nuovo video girato da un drone russo che mostra un attacco a un valico ucraino sul fiume Oskol a Kupyansk:
È particolarmente interessante perché sappiamo che la Russia controlla già l’unico ponte stradale principale tra le due sponde di Kupyansk:
Ora sembra che anche quello inferiore, indicato dal secondo cerchio rosso, sia sotto controllo, sebbene si tratti di un ponte ferroviario. Tuttavia, più a valle dell’Oskol ci sono probabilmente zone in cui l’Ucraina ha allestito questi attraversamenti improvvisati, con pontoni o altri mezzi. Probabilmente è qui che stanno attraversando le unità ucraine in fuga.
A proposito, alcune fonti sostengono che uno dei metodi alla base del successo russo a Kupyansk sia l’infiltrazione delle truppe russe travestite da civili. In realtà, questo sembra essere principalmente un metodo utilizzato dall’Ucraina in molti settori, anche se è probabile che entrambe le parti lo stiano utilizzando.
A dimostrazione di ciò, un nuovo video mostra soldati ucraini in abiti civili che posizionano filo spinato su un fronte, prima che un drone russo rovini la festa:
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Ieri sera la Russia ha inferto un altro duro colpo alla rete elettrica ucraina, provocando blackout a catena in alcune delle più grandi città ucraine, tra cui Kiev, come si vede qui sotto:
Questo fa seguito a attacchi senza precedenti contro le strutture petrolifere e del gas dell’Ucraina, che hanno rivelato di aver distrutto un incredibile 60% della produzione di gas del Paese:
Secondo due funzionari ucraini a conoscenza dei danni, una serie di massicci attacchi aerei russi nell’ultima settimana ha messo fuori uso quasi il 60% della produzione di gas dell’Ucraina, facendo temere una penuria invernale.
Molti ritengono che queste ultime azioni possano essere quelle “importanti”, che segnano la svolta decisiva di Putin per spegnere definitivamente l’Ucraina. Ma è difficile sapere se l’ultima è solo un’altra “rappresaglia” russa per i colpi alle infrastrutture ucraine, che si placherà una volta che l’Ucraina avrà cessato di esistere, o se rappresenta una vera e propria campagna mirata a terminare le infrastrutture dell’Ucraina.
La deputata ucraina Maryana Bezugla ha avvertito che Kiev sarebbe stata completamente “chiusa”:
L’elenco degli ultimi centri di potere colpiti negli scioperi della scorsa notte è lungo:
L’elenco degli impianti presi di mira ieri sera nell’ambito dell’attacco…
– Kamianska HES (Centrale idroelettrica) – Kanivska HES • Centrale idroelettrica di Kremenchutska • Zaporizka HES • Centrale idroelettrica di Seredniodniprovska – Prydniprovska TETs (Centrale di cogenerazione) – Trypilska TES (Centrale termica) • Kaniv TES – Kamian TES – TPP Kremenchuk/Svitlovodsk • TETs di Desnica – TEC-5, TEC-6 • Dnipro TES
Un’altra teoria che spiega perché la Russia abbia deciso di abbassare il tiro in questo modo. orarispetto, ad esempio, all’anno scorso, è perché solo di recente la produzione di droni russi Geran è salita a livelli tali da consentire il totale travolgimento delle difese aeree delle città ucraine.
In passato, le grandi città come Kiev potevano opporre una resistenza molto maggiore perché i sistemi missilistici di punta della NATO, come i Patriot e gli IRIS-T, erano in grado di abbattere i missili da crociera russi, mentre le squadre mobili anti-drone potevano eliminare gran parte dei Geran russi e altre esche. Ma ora sembra che sia stata raggiunta una massa critica in cui un’enorme quantità di oggetti è in grado di superare le difese, dando alla Russia forse il suo primo veroopportunità di dominio totale sulla rete energetica ucraina.
Altri articoli recenti avevano notato come gli Iskander russi siano stati presumibilmente messi a punto per essere ancora più manovrabili, il che ha causato molti problemi al sistema Patriot.
E non finisce qui: La Russia ha anche condotto una campagna simultanea di attacchi su larga scala e sistematici contro le infrastrutture ferroviarie ucraine:
È stato riferito che nell’ultimo3 settimane, 40 depositi di locomotive, stazioni di alimentazione e sottostazioni di trazione sono stati distrutti o danneggiati in Ucraina.
I treni sono utilizzati attivamente per rifornire le Forze Armate dell’Ucraina. Allo stesso tempo, i treni militari sono spesso mescolati a treni passeggeri, che fungono da copertura.
La scorsa notte è stata distrutta l’infrastruttura ferroviaria di Nizhyn, a Chernihiv, con conseguente perdita di energia elettrica e blocco dei treni; sono state danneggiate le infrastrutture di stoccaggio di Ukrzaliznytsia ed è scoppiato un incendio.
Un altro rapporto:
I canali del nemico riferiscono che l’Ucraina rimarrà presto senza ferrovia. Le locomotive e i depositi sono diventati di recente gli obiettivi più importanti per il Geran, poiché i binari vengono riparati rapidamente dopo gli attacchi e c’è un gran numero di materiale rotabile disponibile.
Gli UAV da ricognizione russi tracciano i punti di concentrazione dei treni nemici e li colpiscono. Questo compito è svolto principalmente dal centro UAV russo Rubicon.
Da un canale ucraino:
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Tuttavia, per quanto siano state devastanti, queste campagne d’attacco non sono nemmeno la più grande storia attuale della guerra. Questa distinzione va alle ultime avanzate russe di massa che hanno portato a grandi crolli sul fronte ucraino.
Il più importante di questi è stato quello in direzione est-Zaporozhye, a lungo trascurato, quello che chiameremo la nuova linea Gulyaipole, di cui abbiamo parlato la volta scorsa.
L’Osservatore dell’unità spiegaquello che è successo, ovvero che le forze russe hanno improvvisamente iniziato a ridispiegarsi dal sud di Pokrovsk per rinforzare questa direzione:
La Russia continua a dislocare le forze lontano dalla zona meridionale di Pokrovsk.
– La 90ª Divisione carri armati si trova ora interamente a sud di Ivanivka-Novopavlivka.
– Le brigate 35ª, 55ª, 74ª e 137ª si sono ridispiegate da Pokrovsk sud verso Novopavlivka.
– Solo la 15ª e la 30ª brigata & elementi della 27ª divisione rimangono a sud di Pokrovsk.
La domanda su perchéè un’argomentazione del tipo “o l’uovo o la gallina”: alcuni ritengono che i russi siano stati “respinti” a Pokrovsk e abbiano quindi deciso di cambiare direzione. Ma in realtà, il catalizzatore più probabile era semplicemente la constatazione da parte russa che gli ucraini erano estremamente assottigliati in questa direzione trascurata del Gulyaipole. Si sono resi conto che questo fronte era pronto per una grande spinta e hanno deciso di agire con iniziativa proprio nel momento in cui hanno sentito l’odore del “sangue”.
E ha funzionato: le forze dell’AFU qui hanno subito il più rapido crollo negli ultimi giorni dopo il famigerato saliente “orecchie di coniglio” a nord di Pokrovsk di un paio di mesi fa.
Ricorderete che in alcuni rapporti precedenti avevo accennato al fatto che le forze russe si stavano avvicinando a questa linea di insediamenti che costeggia il fiume Yanchur; ora i russi si sono spinti fino al fiume e hanno già iniziato a prendere d’assalto alcuni dei villaggi lungo la linea:
Si noti la linea rossa nella mappa qui sopra: è il punto in cui gli esperti hanno osservato che la prossimopiù vicina alla principale linea difensiva ucraina. Ciò significa che l’enorme fascia di terreno aperto tra la zona di Yanchur, lungo la linea arancione, e quella della linea rossa sarà rapidamente occupata dai russi una volta che avranno preso il controllo di questa distesa di insediamenti lungo lo Yanchur. E una volta raggiunto il prossimo scudo difensivo, inizierà l’assedio di Gulyaipole.
Si noti che questa linea difensiva rossa corre verso nord da Gulyaipole fino a un secondo Coperture, non collegato alla principale Pokrovsk più a est:
A causa della rapidità dell’avanzata russa, è stato annunciato che questa Pokrovske è ora sottoposta a evacuazioni d’emergenza, poiché si prevede che le forze russe si avvicinino presto:
Un residente di Pokrovskoe, nella regione di Dnepropetrovsk, ha riferito di un’evacuazione di massa a causa dell’avvicinarsi della linea del fronte– il paese si trova a soli 15 km di distanza.
Le attività commerciali della città stanno chiudendo e molti residenti hanno lasciato la città.per Kropyvnytskyi (Kirovograd).
Uno sguardo più attento mostra che una nuova pugnalata da Verbove, precedentemente catturata, si dirige direttamente in direzione di Pokrovske, scritto Pokrovskoein russo:
Tra questa zona e Pokrovsk sono stati conquistati molti altri territori minori, ma in questo articolo ci limiteremo all’azione principale per motivi di brevità.
A Pokrovsk, gli ucraini non sono stati in grado di espellere le forze russe dalle “orecchie di coniglio” del saliente di Dobropillya, e di fatto il controllo russo è aumentato di nuovo.
Ancora più sorprendente è stato il fatto che la Russia abbia lanciato uno dei primi grandi assalti corazzati da molto tempo a questa parte, in un momento in cui tutti pensavano che le spinte corazzate fossero morte per sempre. Ricordiamo che di recente abbiamo scritto l’opinione di un analista secondo cui la Russia potrebbe presto ricominciare a lanciare grandi spinte corazzate dopo aver indebolito notevolmente le difese ucraine su alcuni di questi fronti, e a quanto pare ciò si è rivelato vero. Altri hanno giustamente osservato che, con la caduta del fogliame durante l’autunno e l’inverno, i russi potrebbero iniziare a utilizzare un maggior numero di attacchi corazzati, dato che il metodo dello “stratagemma”, che consiste nell’inserire gruppi di truppe di due o tre uomini, non è altrettanto efficace quando non c’è copertura arborea.
Direzione Pokrovsk: rimane una priorità per i russi.
Una delle scommesse principali del comando russo è rappresentata dai cambiamenti climatici stagionali. Sulla base dell’esperienza maturata nella conduzione di offensive in altri settori del fronte (ad esempio, le offensive dello scorso anno nella regione di Kursk), i russi ripongono grandi speranze nella pioggia e nella nebbia, con l’intenzione di effettuare rapide avanzate con colonne meccanizzate.Poiché le condizioni meteorologiche complicano l’operatività dei veicoli aerei senza pilota delle Forze di Difesa ucraine.
L’assalto di ieri è stato lanciato su Shakhove da Volodimirovka, più o meno qui:
Gli ucraini hanno rivendicato “perdite massicce” con centinaia di truppe russe uccise, decine di veicoli distrutti, ecc. mentre i resoconti russi si sono discostati e hanno riferito che l’assalto sembrava essere riuscito, in quanto le forze russe sono riuscite ad insediarsi nel sud di Shakhove:
Il resoconto ufficiale dello Stato profondo ha ammesso che le forze russe sono riuscite a far sbarcare nel villaggio da 50 a 75 fanti, il che fa pensare che l’assalto sia riuscito:
In seguito, tuttavia, alcuni resoconti ucraini hanno affermato che le forze russe non si trovavano più nella parte meridionale di Shakhove, essendo state eliminate o essendosi ritirate, ma non ci sono ancora conferme in un senso o nell’altro.
Per una maggiore trasparenza, ecco un resoconto ucraino di quanto accaduto, comprese le perdite dichiarate:
Dopo una lunga pausa, la Russia sta nuovamente inviando grandi colonne corazzate all’attacco. Un assalto di massa con 35 carri armati & AFV sulle posizioni ucraine ha avuto luogo nell’area di responsabilità del 1° Corpo d’armata di Azov:
9 ottobre – Asse di Ocheretyne: La Russia lancia un assalto in massa, impegnando 35 veicoli blindati pesanti (carri armati & AFV), preceduti da ondate di motociclette, con l’obiettivo di conquistare Shakhove.
Risultati della difesa dell’Ucraina:
-Personale: 107 russi morti, 51 dispersi.
-Veicoli distrutti/danneggiati: 1 veicolo blindato di recupero (ARV), 3 carri armati, 16 AFV, oltre a 41 motociclette e 2 veicoli leggeri.
L’assalto è avvenuto in diverse ondate da più direzioni: prima gruppi di motociclette, poi colonne di carri armati/AFV con la fanteria. Grazie ai campi minati pre-stabiliti e alle azioni coordinate dell’artiglieria ucraina (AFU & Guardia Nazionale) e degli UAV, la Russia è stata costretta a deviare, ha perso l’orientamento, ha abbandonato i veicoli e ha fatto cadere la fanteria in aree non previste.
Volodymyrivka: La Russia è riuscita a sbarcare 32 soldati di fanteria; 12 sono stati eliminati immediatamente, gli altri si sono nascosti in case e scantinati in rovina. La sera e la notte, equipaggi di bombardieri pesanti UAV hanno colpito questi rifugi.
Al mattino del 10 ottobre, nessun movimento di fanteria russa era rimasto a Volodymyrivka.
Stranamente, gli stessi ucraini hanno cercato di lanciare un assalto molto più grande della media vicino a Mirnograd. Secondo i geolocalizzatori, una grande colonna di blindati leggeri dell’AFU è stata spazzata via proprio qui:
Il video:
Beh, questo sembra certamente più un totale annientamento rispetto al video ucraino dell’assalto russo, dove alcuni carri armati sembravano aver subito colpi parziali ed erano probabilmente salvabili.
Va anche detto che i russi hanno fatto progressi nella stessa città di Pokrovsk, conquistando più quartieri meridionali e aree periferiche:
Anche nella direzione di Konstantinovka ci sono stati avanzamenti, con alcune segnalazioni che i russi hanno iniziato a entrare in città dal saliente sud-orientale di Oleksandro-Shultyne, ma questo lo lasceremo per la prossima volta.
Andando più a nord, in direzione di Seversk, ci sono stati grandi cambiamenti. Le forze russe stanno avanzando da sud verso Seversk:
In direzione SeverskLe nostre truppe stanno avanzando verso Zvanovka attraverso il villaggio di Kuzminovka, recentemente conquistato. L’88ª Brigata sta avanzando lì, ma il controllo delle roccaforti nemiche vicino a Kuzminovka è discutibile. Le Forze Armate russe hanno confermato il loro controllo su Vyemka. Secondo i rapporti, il villaggio è stato formalmente liberato mezzo anno fa, ma è stato recuperato solo ora.
Poco più a nord, la città chiave di Yampol è stata conquistata per metà:
Ora che anche Zarichne è stato completamente catturato, le forze russe si stanno avvicinando più che mai a Krasny Lyman da tre direzioni:
In effetti, i progressi qui sono stati così decisivi che il comando ucraino ha emanato una direttiva che ridisegna ufficialmente le varie direzioni di questo fronte:
Lo Stato Maggiore delle Forze Armate dell’Ucraina, a causa degli sfondamenti dell’esercito russo, ha annunciato la modifica dei nomi delle direzioni operative del fronte, ammettendo di fatto la perdita di ampi territori.
La dichiarazione delle Forze armate ucraine riconosce che i nomi stanno cambiando a causa di “cambiamenti nella situazione operativa”:
Seversk – Slavyansk
Toretsk – Kostiantynivka
Novopavlovsk-Oleksandrivka”
Infine ci dirigiamo a Kupyansk, dove sono state registrate alcune delle maggiori scoperte.
Infatti, come potete vedere, le forze russe hanno conquistato un’enorme porzione della città,
Rapporto:
A est dell’Oskil (nella zona di Kupiansk) ci sono 4 brigate ucraine:
-14a Brigata meccanizzata
-43a Brigata meccanizzata
-112a Brigata di Difesa Territoriale
-116a Brigata meccanizzata
Le brigate sovietiche sono di 4.000 uomini ciascuna, contando che l’organizzazione è probabilmente intorno al 50% ci sono 8.000 soldati a est del fiume.
Ci sono anche un battaglione e un reggimento, per la precisione il 205° battaglione e il 31° reggimento.
Una volta caduta Kupiansk, non avranno più ponti intatti da usare (tranne forse i ponti pontati, se ne hanno).
Saranno costretti a ritirarsi nuotando nell’Oskil o con piccole imbarcazioni, come a Severodonetsk, esponendosi ai colpi del FPV.
Ovviamente tutte le attrezzature pesanti saranno lasciate indietro.
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Ultimi articoli assortiti:
Maria Berlinska, figura di spicco dell’AFU, afferma che l’Ucraina sta perdendo tecnologicamente contro la Russia:
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Come corollario a quanto sopra, le forze russe starebbero testando un laser sul loro UGV bot Courier:
Il sistema laser Ignis, montato su un UGV “Courier”, viene utilizzato durante le esercitazioni militari.
In questa foto, l’Ignis sta bruciando le mine anticarro TM-62 sulla riva di un fiume.Le mine vengono distrutte senza detonazione, semplicemente disintegrandosi dopo essere state bruciate dal laser. La portata effettiva è fino a 200 metri.
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Inoltre, nella regione di Kharkov la Russia avrebbe testato nuovi sciami di droni con intelligenza artificiale in grado di colpire in modo completamente autonomo obiettivi umani:
Nella regione di Charkiv, in Russiasta testando sciami di droni (7-8 droni per sciame) con l’intelligenza artificiale NVIDIA Jetson. L’intelligenza artificiale è obsoleta, ma ha già imparato a riconoscere una persona con una mitragliatrice e c’è già stato un precedente di attacco alla fanteria ucraina.Questi droni sono stati utilizzati finora nella regione di Kharkiv. La versione elettrica può volare fino a 70 km di profondità, mentre quella a benzina può volare più lontano. Esiste un’opzione per eludere i droni antiaerei. Le Forze Armate russe utilizzano fino a 200 droni di questo tipo al mese, e ci sono anche varianti da ricognizione. L’Ucraina non possiede né sviluppa prodotti simili.
Secondo quanto riportato sopra, il drone è in grado di riconoscere una persona con una “mitragliatrice” e di attaccarla automaticamente… questa è probabilmente una cattiva notizia per qualsiasi civile che abbia in mano uno spazzolone, un rastrello o altri comuni attrezzi da giardino. Meglio rimanere in casa in questi giorni.
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Inoltre, Putin ha annunciato che la Russia sta sviluppando nuove armi “intercontinentali” ancora sconosciute al mondo:
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Il MP ucraino riconosce che l’Occidente sta usando l’Ucraina come ariete contro la Russia, l’unico problema è che i russi non si arrendono, e nemmeno gli ucraini, dato che sono essenzialmente l’ombra l’uno dell’altro, il che porta a un catastrofico bagno di sangue, che la NATO ama vedere.
I russi non si arrendono” – Il deputato ucraino Artem Dmytruk
“Noi stessi siamo consapevoli che l’Ucraina è il miglior agente in questa direzione di indebolimento della Russia”.
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Ancora paura dall’Europa dello Stato fallito: i francesi stanno preparando le scorte dell’apocalisse per l’attacco “inevitabile” della Russia:
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