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Mantenere il predominio dell’escalation: Trump e l’influenza predominante dei “prima Israele”_di Alastair Crooke

Mantenere il predominio dell’escalation: Trump e l’influenza predominante dei “prima Israele”

Alastair Crooke, 11 settembre 2025

Forum sui conflitti11 settembre∙Pagato
Ritengo che Trump, nella vicenda mediorientale abbia assunto e, soprattutto, cerchi di assumere un ruolo diverso da quello indicato dall’autore. Non è una edulcorazione del teatrino in corso; è lo specchio di una situazione ancora più inquietante. La sostanza dell’articolo, però, non cambia. Giuseppe Germinario
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L’attacco al team negoziale di Hamas riunito a Doha per discutere la “proposta Witkoff Gaza” non è solo un’altra “operazione delle IDF” da passare sotto silenzio (come la decapitazione di quasi tutto il governo civile in Yemen).

Segna piuttosto la fine di un’intera era e “una nuova realtà” per il Qatar.

È un evento epocale. Per decenni, il Qatar ha giocato una partita molto redditizia: sostenere i jihadisti radicali di An-Nusra in Siria come leva contro l’Iran, mantenendo al contempo basi militari americane e una partnership strategica con Washington. Doha si è presentata come mediatrice, cenando con i jihadisti e fungendo da facilitatore del Mossad.

Fu questo approccio multidirezionale a dare al Qatar la reputazione di “beneficiario eterno” nelle crisi mediorientali e in Afghanistan. Anche quando Israele, Iran o Arabia Saudita furono sotto attacco, Doha ne uscì avvantaggiata. I qatarioti contarono con calma i profitti derivanti dal loro gas e si godettero il ruolo di intermediari indispensabili.

Ora questa favola è finita: non ci saranno più “zone sicure”. La cosa più significativa è che gli Stati Uniti (riportato dal canale israeliano 11 ) avevano approvato l’azione di cui Trump è stato poi informato . Pur mettendo in discussione l’attacco, Trump ha affermato di aver applaudito qualsiasi uccisione di membri di Hamas.

Avremmo dovuto prevederlo. L’attacco di Doha è stato l’ennesimo attacco a sorpresa di Trump e Israele, uno schema iniziato con l’attacco a sorpresa alla leadership di Hezbollah riunita per discutere di un’iniziativa di pace statunitense – una metodologia poi copiata per l’operazione di decapitazione iraniana del 13 giugno, proprio mentre Trump pubblicizzava l’avvio dei colloqui sul JCPOA con il team di Witkoff nei giorni successivi.

E ora, con la “proposta di pace” di Trump per Gaza presentata come esca per radunare i leader di Hamas in un unico luogo a Doha, Israele ha colpito. Il piano di Witkoff per Gaza sembra una presa in giro; o forse una finta deliberata. Perché Israele aveva già deciso di porre fine al ruolo del Qatar.

La logica israeliana è fondamentalmente semplice e cinica, indipendentemente dal numero di basi americane o dall’importanza del gas per l’economia globale. L’uccisione di Ismail Haniya a Teheran, gli attacchi in Siria e Libano, l’operazione in Qatar: sono tutti anelli di un’unica catena: Netanyahu (e la maggioranza in Israele lo sostiene in questo) dimostra metodicamente che non ci sono territori proibiti; nessuna norma di legge; nessuna Convenzione di Vienna per lui in Medio Oriente.

Il sostegno al genocidio e alla pulizia etnica di Israele; l’incapacità di compiere seri sforzi per preparare un percorso politico per un accordo sull’Ucraina; la scelta invece di fare la guerra, proclamando la pace: tutto questo rappresenta l’essenza dell’approccio di Trump: un esercizio di dominio crescente, sia in patria che all’estero.

L’intera nozione di Make America Great Again (MAGA ) sembra basarsi sull’uso calibrato della belligeranza, dei dazi o della potenza militare per mantenere un potenziale continuo di escalation del dominio nel lungo termine. Trump sembra pensare che raggiungere il dominio in patria e all’estero sia l’essenza del MAGA. E che questo possa essere raggiunto attraverso un dominio calibrato, venduto alla sua base MAGA definendo tali minacce come “portatrici di pace” o negoziando un “cessate il fuoco”.

L’enfasi sul predominio escalation ha anche a che fare con la trasformazione delle guerre – nella mente di Trump – in enormi progetti di profitto per gli Stati Uniti. L’idea di trasformare Gaza in un progetto di investimento redditizio sottolinea lo stretto legame tra guerra e profitto. Lo stesso vale per l’Ucraina, che è diventata una trappola per la lavanderia a gettoni statunitense.

Non crediate che gli Stati Uniti non torneranno a combattere una guerra in particolare, a tempo debito. Ecco perché la scala dell’escalation non viene mai completamente abbandonata o rimossa, perché il suo continuo appoggiarsi al muro esterno di un conflitto apre la strada a una qualche forma di ulteriore escalation in un secondo momento (ad esempio in Ucraina).

Tutti questi segnali hanno fatto suonare un campanello d’allarme a Mosca. Il viaggio di Trump ad Anchorage, dal punto di vista russo, è servito a scoprire (se possibile) quanto siano stretti i vincoli che lo vincolano; qual è il suo margine di manovra per agire in autonomia; cosa vuole; e cosa potrebbe fare in futuro.

Per i russi, la visita ha dimostrato quali siano i limiti.

Yuri Ushakov, principale consigliere di Putin per la politica estera, ha spiegato che a Tianjin, durante il vertice della SCO, si sono svolti colloqui con tutti gli alleati strategici della Russia; si è capito che c’era stato un ritardo nelle pressioni sulle sanzioni offerte da Trump sulla Russia, ma non è stata implementata alcuna delle strutture per proseguire i negoziati. Nessuna struttura, nessun gruppo di lavoro, nessun ulteriore scambio in preparazione del cosiddetto incontro trilaterale tra Trump, Zelensky e Putin. Nessuna preparazione per un ordine del giorno; nessuna preparazione per i termini.

Ciò anticipava le intenzioni future di Trump: nessuna struttura, nessun segnale, nessun vero impegno per la pace. I russi, invece, vedono un regime di Trump che sta giocando con l’opposto, con i piani europei di riarmare l’Ucraina.

L’aggressione congiunta di Israele e Stati Uniti contro l’Iran, e l’attacco di ieri al Qatar, sono eventi della stessa sostanza ideologica, che servono a confermare l’influenza predominante dei sostenitori di “Israel First” e di coloro che, nei circoli attorno a Trump, nutrono antichi rancori contro la Russia, derivanti da radici religiose simili .

Il predominio di questa politica incentrata su Israele ha frammentato la base MAGA di Trump . Ha – più in generale – compromesso in modo permanente il soft power globale e l’affidabilità diplomatica degli Stati Uniti. Eppure Trump, stretto nella sua morsa, non osa lasciarla andare: farlo significherebbe rischiare l’autodistruzione.

Israele sta portando avanti una seconda Nakba (pulizia etnica e genocidio) a Gaza e in Cisgiordania, mentre la società ebraica rimane in gran parte intrappolata nella repressione e nella negazione, proprio come nel 1948. Il controverso documentario della regista israeliana Neta Shoshani sulla guerra del 1948 è stato vietato in Israele perché ha messo in luce molti dei difetti dell’etica alla base della creazione dell’identità dello Stato nascente.

Shoshani ha scritto di recente a proposito del suo film: “Mi sono resa conto all’improvviso che negli ultimi due orribili anni l’intera questione dell’ethos israeliano è stata completamente distrutta”:

“Ho capito che un ethos ha un grande potere, che racchiude la società entro certi confini. E anche se quei confini vengono violati – e certamente lo furono già nel 1948 – c’era ancora qualcosa nei codici morali della società che almeno la faceva vergognare. Così, per decenni, quell’ethos ha salvaguardato la società [israeliana] e l’esercito, costringendoli a mantenere certi limiti”.

“E quando questa etica crolla, è davvero spaventoso. Da questa prospettiva, il film è stato difficile da guardare fin dall’inizio, ma dopo gli ultimi due anni è diventato insopportabile”…

“Se il 1948 fu una guerra d’indipendenza, la guerra attuale potrebbe esserlo che pone fine a Israele ”.

L’avvertimento di Shosani è che quando i confini etici di una società vengono cancellati in un massacro (come accadde nel 1948), questa perdita della struttura etica può mettere a repentaglio la legittimità dell’intero progetto, portando all’autodistruzione poiché lo Stato oltrepassa tutti i limiti umani.

Questa oscura intuizione, molto pertinente al presente, potrebbe essere proprio uno dei tentacoli che legano Trump senza riserve alla sopravvivenza finale di Israele. (Probabilmente ci sono anche “altri forti vincoli” invisibili).

Ciò avviene in un momento in cui gli Stati Uniti si stanno allontanando sempre di più dalla bozza della Defence Planning Guidance (DPG) del 1992 , nota come “Dottrina Wolfowitz”, che richiedeva agli Stati Uniti di mantenere una superiorità militare indiscussa per impedire l’emergere di rivali e, se necessario, di agire unilateralmente per proteggere i propri interessi e scoraggiare potenziali concorrenti.

L’attuale bozza della Strategia di Difesa Nazionale si sta allontanando dalla Cina, concentrandosi sulla sicurezza della patria e dell’emisfero occidentale. Le truppe saranno richiamate, inizialmente per rafforzare il confine. Will Schryver scrive : “Elbridge Colby ha apparentemente aperto gli occhi sulla realtà: è troppo tardi per arrestare il dominio cinese sul Pacifico occidentale. Sapeva già che una guerra contro la Russia era impensabile. L’unica opzione strategicamente significativa rimasta è l’Iran”.

Forse anche Colby capisce che qualsiasi ulteriore fallimento militare degli Stati Uniti smaschererebbe fatalmente la fanfaronata geostrategica di Trump come un bluff.

Potremmo quindi assistere a una nuova ondata di importanti cambiamenti geopolitici, con Trump che abbandona gli sforzi per essere “percepito come un pacificatore globale”. Trump stesso probabilmente non sa cosa vuole fare e, con molte fazioni che cercano di insinuarsi nello spazio strategico vacante, probabilmente ricorrerà a quelle tattiche di guerra israeliane che tanto ammira.

Pensaci Giorgia!_di WS

 Oramai   vieppiù    tutti gli avvenimenti     sembrano    guidati da un pilota  automatico, se volete     da   una AI. Simplicius  , come molti  altri  commentatori con un minimo  di onestà intellettuale,    ci  trasferisce     anche con questo suo  ultimo commento   il  suo  crescente sconcerto  nel  dover   constatare  la      stupida “automaticità”  de  “l’ occidente

Ma   se  solleviamo   la testa   dagli avvenimenti che ci  trascinano inesorabilmente  verso una devastante  WW3   e  cerchiamo di  inquadrarli fin dall’ inizio   di  questa “storia” , questo   sconcerto     sarebbe  da  definire  “di vecchia  data” .  Chi  se non un demente  o una  Deficienza  Artificiale potrebbe   aver  partorito  l’ idea  di “contenere “ la Cina    aggredendo la Russia ? 

Infatti io  fin dall’ inizio     mi sono posto  la seguente  domanda : possibile  che loro,   i “masters of universe” detentori  di     TUTTO , compresi i migliori “think tank”  ,  le migliori   “squole”   dove vengono    educati/selezionati   tutti i nostri supermanager  e  tutti i nostri superpolitici,   non   siano   riusciti   a farsi  consigliare qualcosa di “ più  meglio” ?

  O non è  forse proprio   questo  ciò  che  LORO   vogliono?

Non  siamo per  caso tutti noi   dentro   un  “1984”     dove noi  qui siamo tra   i pochi Wiston Smith? Non siamo tutti  noi de l’“ Oceania”   progressivamente schiavizzati  trascinandoci   in una  perpetua “emergenza di  guerra”  contro   oscuri  “morbi”   o odiosi   nemici, dal  “terrorismo   a  l’  Eurasia /Estasia,  ect;   nemici  dove   forse   c’ è     anche lì   al loro interno     un “partito unico”   diviso  in  “esterno”  ed “interno”,  con  gli “  esterni”    che hanno  anche lì un proprio “socing”  ideologico, laddove però  i rispettivi     “interni” sono  tutti    soci  dello  stesso  club : “ i master of universe”  appunto?

Ogni  giorno   che apro il PC  io mi pongo  sempre  questa  domanda. E poi  però mi dico: possibile  che  LORO siano veramente  così  coglioni ? 

Possibile  che  credano davvero di poter controllare  un   simile  “teatro  bellico”  senza che  un “cigno nero”, ad esempio un “grande fratello”  locale  che   si “mette in proprio”, non lo faccia  deragliare   riportandoci tutti alla realtà    di una  VERA  guerra in cui forse anche   il loro “partito interno ”   fa una brutta  fine?

Beh è  possibile!  In sostanza  è  ciò  che  stiamo  già  vedendo.

 Ad  esempio non vediamo  già  adesso   il    “partito esterno”  €uropeo    che   “rilancia”   come un idiota    semplicemente  perché intuisce  la propria  fine  e non  ci   sta  a “perdere” ?  

Ma  allora  perché   questi  (finti)  “decisori”    sentendosi  ormai  sacrificati  non sviluppano un  razionale pensiero  geopolitico proprio  e non cercano invece  di limitare  i  danni ? 

 Perché   sono  degli psicopatici  scelti  apposta per  interpretare  solo quella parte !

Oggi l’ €uropa è piena  di questi  “ droni”; particolarmente pericolosi   sono  quelli “  tedeschi”, nomi li sapete  già, perché    aggiungono  alla  comune psicopatia  una   particolare cocciutaggine  ed una  efficienza particolarmente  perniciosa .

Quindi   difficile   salvarsi, purtroppo.

Un tempo non era  così. I  veri “decisori” di allora    sapevano  quando  dovevano  “uscire  dal gioco”   limitando i  danni; i   finti decisori  di oggi  sono stati   selezionati   proprio  per non capirlo!

E  chi è stato il primo   decisore   che ha preferito  portare   con se   fino in fondo il proprio paese? Qualcuno  dirà il megalomane  Napoleone   o lo sciocco Gorbaciov ?  Noo ! Io  vedo nella storia  passata un solo soggetto, naturalmente un  tedesco : il   “ il  signor  H”,   quello  che per  tutta la vita  si illuse    di potersi  accordare  con chi lo aveva  messo lì  proprio per portare la guerra  fino in fondo.

 Tutti,  tranne il “signor H “, nel 1943     avevano capito   che la Germania  aveva già perso. Lo  aveva  capito  anche il “signor M”  che pur  essendo un dilettante  non era scemo. Occorreva  quantomeno una “pace separata”  ma le uniche avances  “angloamericane”    consistevano in una pace   separata  riservata alla   sola Italia .

Quel “sola”  significava  però   trasformare  comunque l’ Italia  in un campo  di battaglia;  questa  non  era  quindi una “soluzione”, bisognava     esplorare  altre vie.

 E “l’ altra  via “  per   fermare il massacro   europeo   era  solo  una “pace  separata”  con l’ URSS, perché   solo l’ URSS  poteva  essere interessata   a fermare un  massacro  che  la investiva   in pieno  da  ben due anni.

Ovviamente   solo  alle sue   condizioni,  che però  molto probabilmente  non  avrebbero  richiesto   la “ resa  incondizionata”  richiesta  da sempre  dagli “angloamericani”.

Certamente non  era una cosa molto probabile,  ma nell’interesse   della intera Europa    sarebbe  andata    comunque  esplorata.

 Dicono infatti  che  a Feltre  il “signor M”  volesse   convincere  di questo il  “camerata tedesco ”   e     addirittura  dicono  che per  dare   subito  corso a  questo  tentativo  ci  fosse già  nelle vicinanze   un misterioso    “inviato”      del “signor S”.

Ma la cosa non fu possibile. “ Il signor M” non riuscì nemmeno  ad interrompere  il monologo  spiritato  del “ signor H”    e  che lo   subì a capo  chino,   forse cominciando   a pensare a come   salvare se stesso    da un disastro ormai inevitabile.

Quelli  che pensano infatti   alla  storiella   del “signor M”   sorpreso   dal   Gran Consiglio  non  sono molto  perspicaci       esattamente   come  quelli   che   credono che  “  il signor M”   dovesse  morire   per le  famose “lettere  di Churchill”, perché  quelle “lettere” ,  anche  se ci fossero state ,   potevano  essergli  sempre semplicemente  sottratte.

Io, che  sono malizioso per natura  penso  invece che  fosse un altro  il “  segreto”   che     doveva   essere      sigillato per sempre ,  magari   con un lavoro “  “benfatto”   cioè   ufficialmente    fatto  dai comunisti italiani  ma non per  conto   dei loro  “piccolo padre”, che infatti non lo rivendicò mai.

Costui   daltronde   non aveva  certo motivo per opporvicisi ,  datosi     che   dal 1943  il quadro  geopolitico   era  cambiato  e   seppellire  per sempre    ciò che forse  poteva  essere a Feltre,   di  sicuro  avrebbe   fatto oramai  comodo anche a lui.

La geopolitica è così, non fa sconti a nessuno e non ci sono  spazi per   ideologie   e sentimentalismi ,   perché   quando  ti siedi  a quel tavolo non sai   quando e come  ne  potrai  venir  via .

Quale    è   quindi  la morale di tutto questo ?  

La  prima ovviamente è : mai  sedersi  da dilettanti  al  tavolo  da gioco   della  geopolitica     credendone poi  di potersene   comunque uscire    con poca  spesa, aka  i famosi “ pochi migliaia  di morti”…

La seconda , altrettanto ovviamente , è : mai sedercisi   facendo “società”  con i tedeschi , perché  hanno una  spropositata    propensione  al rischio,  sono  presuntuosi  cocciuti    e pure    delle vere   “schiappe” .

Pensaci  Giorgia !.

L’attacco aereo israeliano a Doha infrange il ruolo di mediazione del Qatar_di Horizon Geopolitics e Guancha

L’attacco aereo di Israele a Doha manda in frantumi il ruolo di mediazione del Qatar

Il primo attacco israeliano di sempre all’interno del Qatar prende di mira i leader di Hamas, interrompe i colloqui per il cessate il fuoco sostenuti dagli Stati Uniti, accende le tensioni nel Golfo e minaccia la fragile stabilità regionale.

09 settembre 2025

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Cosa è successo

Il 9 settembre 2025, Israele ha lanciato un attacco aereo a Doha, la capitale del Qatar, con l’obiettivo di eliminare i membri di spicco di Hamas. Questo è stato il primo caso conosciuto di azione militare israeliana all’interno del Qatar, uno Stato che ha svolto un ruolo centrale come mediatore nei negoziati tra Israele e Hamas.

  • Secondo fonti ufficiali israeliane, l’operazione – condotta congiuntamente dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) e dal servizio di intelligence Shin Bet – ha preso di mira un edificio residenziale dove si riunivano alti dirigenti di Hamas.
  • Tra gli obiettivi principali figurano Khalil al-Hayya, capo di Hamas in esilio a Gaza e principale negoziatore, e Zaher Jabarin, un’altra figura di spicco coinvolta nei colloqui diplomatici.
  • Israele ha descritto la missione, denominata in codice “Summit of Fire”, come altamente precisa, sottolineando che sono state utilizzate informazioni avanzate e armi a guida di precisione per limitare i danni ai civili.

L’attacco è avvenuto mentre i leader di Hamas a Doha stavano prendendo decisioni interne su una proposta di cessate il fuoco presentata dagli Stati Uniti. Funzionari israeliani hanno poi confermato che Washington era stata informata in anticipo dell’operazione, anche se la natura di tale comunicazione non è stata resa pubblica.

  • Sono state segnalate esplosioni in un quartiere residenziale di Doha situato vicino a impianti petroliferi e ad aree residenziali ad alta sicurezza.
  • Il Ministero degli Interni del Qatar ha confermato le esplosioni, ha inviato sul posto i servizi di sicurezza e di emergenza e ha iniziato a indagare sull’entità dei danni.
  • Fonti di Hamas hanno affermato che il loro gruppo dirigente è sopravvissuto, ma i dettagli sulle vittime o sui danni strutturali rimangono incompleti.


Il governo del Qatar ha reagito rapidamente e duramente. Il Ministero degli Affari Esteri ha condannato lo sciopero, definendolo una violazione della sovranità del Qatar e un pericolo per la sicurezza dei suoi cittadini e dei residenti stranieri.

  • Come diretta conseguenza, il Qatar ha sospeso il suo ruolo di mediatore nei negoziati per il cessate il fuoco, portando i colloqui sostenuti dagli Stati Uniti a un punto morto.
  • Questa mossa è arrivata solo un giorno dopo che il Primo Ministro del Qatar aveva incontrato personalmente i leader di Hamas, sottolineando la portata del coinvolgimento attivo del Qatar nel processo di pace prima dello sciopero.

Le reazioni internazionali si sono susseguite rapidamente. Il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha criticato l’attacco, definendolo una violazione della sovranità del Qatar, e ha invitato a prestare nuovamente attenzione al raggiungimento di un cessate il fuoco e al rilascio degli ostaggi. Diversi Stati arabi e del Golfo hanno espresso solidarietà al Qatar, avvertendo che lo sciopero potrebbe destabilizzare la regione..

Israele, da parte sua, ha apertamente accettato la propria responsabilità. L’ufficio del Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha inquadrato l’operazione come la continuazione della più ampia campagna israeliana per indebolire Hamas in tutta la regione.

  • Israele ha sottolineato che i leader di Hamas presi di mira nell’attacco erano direttamente coinvolti nell’organizzazione di attacchi passati, tra cui il massacro del 7 ottobre, e nella guida dell’attuale sforzo bellico del gruppo.
  • Netanyahu ha inoltre ribadito la disponibilità condizionale di Israele ad accettare il piano di cessate il fuoco mediato dagli Stati Uniti, a condizione che Hamas rilasci tutti gli ostaggi e accetti il ​​disarmo completo, condizioni alle quali Hamas finora si è opposta.

Colpendo la leadership di Hamas sul suolo qatariota, Israele ha esteso il conflitto a una nuova arena geografica. L’azione non solo ha interrotto un intenso ciclo di negoziati, ma ha anche messo alla prova le strutture politiche, diplomatiche e di sicurezza che circondano il ruolo di mediatore del Qatar e la sua posizione nella più ampia regione del Golfo.


Perché è importante

L’attacco di Israele a Doha rappresenta una drammatica escalation che ridisegna sia la geografia del conflitto sia l’ambiente politico in cui si sta svolgendo. Per decenni, i leader di Hamas in esilio hanno operato da località al di fuori di Gaza, spesso affidandosi a Stati ospitanti come il Qatar per fornire sicurezza e una piattaforma per l’attività politica.

  • Prendendo di mira i leader di Hamas a Doha, Israele ha inviato un messaggio chiaro: nessun luogo, per quanto distante o diplomaticamente significativo, può fungere da santuario garantito.
  • Si tratta di una sfida diretta all’ipotesi che il trasferimento fisico in uno Stato neutrale o amico garantisca l’immunità dalle azioni militari.

La tempistica dell’attacco è particolarmente significativa. Colpendo i leader di Hamas mentre stavano deliberando su una proposta di cessate il fuoco degli Stati Uniti, Israele ha dimostrato

come l’azione militare possa essere usata per fare pressione al tavolo dei negoziati.

  • L’effetto immediato è stato quello di interrompere la capacità di Hamas di impegnarsi in colloqui da una posizione di stabilità. Invece, Hamas si trova ora ad affrontare negoziati sotto costrizione, con la sua leadership che si ricorda della sua vulnerabilità fisica..
  • Questa integrazione della forza con la diplomazia riflette una strategia in cui la pressione militare viene deliberatamente utilizzata per modellare i risultati delle trattative.

Per il Qatar, l’incidente espone i limiti della sua strategia di bilanciamento di più ruoli contemporaneamente. Doha ha cercato di aumentare la sua influenza internazionale ospitando i leader di Hamas, agendo come mediatore nei colloqui di pace e mantenendo stretti legami di sicurezza con gli Stati Uniti, in particolare ospitando la base aerea di Al Udeid, la più grande struttura militare statunitense in Medio Oriente.

  • Questo equilibrio ha dato al Qatar visibilità e influenza, ma lo sciopero ha rivelato quanto sia fragile questa posizione quando viene sfidata da una potenza militarmente più forte.
  • Sospendendo il suo ruolo di mediazione, Il Qatar ha segnalato sia l’indignazione che il tentativo di riguadagnare influenza, ma in pratica la sua capacità di imporre costi reali a Israele è limitata..

Per gli Stati Uniti, l’attacco ha creato un dilemma strategico. Washington dipende dal Qatar per i diritti di base regionali e la stabilità energetica, ma conta anche su Israele come alleato militare chiave. Il fatto che Israele abbia informato gli Stati Uniti in anticipo suggerisce un certo grado di coordinamento o almeno di riconoscimento, ma l’attacco ha comunque minato gli sforzi diplomatici americani.

  • Gli Stati Uniti si trovano ora ad affrontare la sfida di bilanciare i legami con due partner i cui interessi si sono scontrati direttamente a Doha.
  • Questo illustra un problema comune alle grandi potenze: La disciplina di un alleato importante rischia di indebolire la deterrenza, mentre ignorare le violazioni della sovranità rischia di erodere la credibilità con gli altri partner..

Le implicazioni regionali vanno ben oltre il Qatar. Espandendo il campo di battaglia in una capitale del Golfo, Israele ha stabilito un precedente: ospitare una leadership militante comporta rischi significativi.

  • Altri Stati della regione che hanno tollerato o sostenuto figure di Hamas in esilio potrebbero ora riconsiderare se i benefici superano i pericoli.
  • Per Hamas stesso, l’attacco complica le operazioni della leadership. Anche se le figure di spicco sopravvivono, la necessità di spostarsi continuamente, di evitare riunioni centralizzate e di disperdere le funzioni di comando crea inefficienze e indebolisce la coerenza organizzativa.
  • Nel tempo, questo riduce la capacità di Hamas di coordinarsi efficacemente, sia nelle operazioni militari che nella diplomazia.

L’attacco ha anche conseguenze geopolitiche più ampie. Condurre un’operazione del genere a Doha, vicino a infrastrutture energetiche vitali e centri urbani, suscita allarme nei mercati globali e tra i pianificatori della sicurezza regionale.

  • Anche se le strutture critiche non sono state colpite direttamente, la vicinanza dell’attacco evidenzia come i conflitti nel Levante possano riversarsi nel Golfo, con potenziali implicazioni per le esportazioni di energia, le spedizioni e i mercati assicurativi.
  • Questo intreccio tra azione militare e vulnerabilità economica sottolinea la posta in gioco globale del conflitto.

La decisione di Israele di rivendicare apertamente la responsabilità ha avuto anche uno scopo strategico. Così facendo, Israele non solo ha segnalato la propria determinazione nei confronti di Hamas, ma ha anche lanciato un avvertimento agli Stati ospitanti: ospitare o proteggere i leader nemici non impedirà l’azione israeliana. Questa franchezza rafforza la deterrenza, chiarendo che futuri attacchi sono possibili ovunque si trovi la leadership..

A lungo termine, l’attacco erode la fiducia nell’idea che i centri di mediazione neutrali siano isolati dal conflitto. Il vantaggio diplomatico del Qatar si è basato sulla sua capacità di riunire le parti in un ambiente percepito come sicuro e protetto. Una volta che gli ordigni sono esplosi a Doha, questa percezione è stata fondamentalmente alterata. La mediazione può continuare altrove, ma La posizione unica del Qatar è stata indebolita e i futuri negoziati potrebbero diventare più frammentati, lenti e difficili da gestire..

In definitiva, lo sciopero di Doha illustra come sia l’equilibrio di potere, e non le norme diplomatiche, a determinare i risultati nella regione. La sovranità fornisce protezione solo quando può essere applicata.

  • In questo caso, Israele ha ritenuto che i benefici della degradazione della leadership di Hamas fossero superiori ai costi della violazione del territorio qatariota, e nessuna potenza esterna ha ancora imposto conseguenze proibitive.
  • Il risultato è un nuovo precedente: il raggio d’azione militare e la volontà politica possono penetrare in santuari un tempo ritenuti intoccabili, e i negoziati si svolgeranno ora all’ombra della forza piuttosto che al riparo della neutralità.

Diversi leader mediorientali visitano il Qatar “per mostrare sostegno” dopo l’attacco israeliano_da Guancha

Fonte: Osservatore

2025-09-10 23:09

[Israele ha lanciato un attacco aereo su Doha, la capitale del Qatar, il 9 settembre ora locale, colpendo i vertici del Movimento di resistenza islamica palestinese (Hamas). L’attacco ha coinvolto direttamente il Qatar, il principale mediatore nel conflitto israelo-palestinese, e ha aggravato notevolmente la situazione nella regione, scatenando forti reazioni da parte dei Paesi mediorientali e della comunità internazionale.

L’agenzia di stampa degli Emirati Arabi Uniti (WAM) ha riferito che il presidente degli Emirati Arabi Uniti Mohammed bin Zayed Al Nahyan è arrivato in Qatar il 10 per mostrare il suo sostegno al Paese. Anche il principe ereditario giordano Hussein bin Abdullah II dovrebbe visitare il Qatar il 10, mentre il principe ereditario e primo ministro saudita Mohammed bin Salman dovrebbe arrivare a Doha l’11. Un funzionario a conoscenza della questione ha dichiarato a Reuters UK.

Il Presidente degli Emirati Arabi Uniti Mohammed bin Zayed Al Nahyan arriva in Qatar il 10 settembre ora locale. Agenzia di stampa degli Emirati (WAM)

Il funzionario ha dichiarato che le visite, che non erano state originariamente programmate, erano in risposta all’attacco di Israele al Qatar del giorno precedente e avevano lo scopo di mostrare la solidarietà regionale con il Qatar.

Il Ministero degli Esteri saudita aveva precedentemente rilasciato una dichiarazione in cui invitava la comunità internazionale a “porre fine alle violazioni israeliane”.

Da parte loro, gli Emirati Arabi Uniti sono stati altrettanto rapidi nella loro condanna, descrivendo l’attacco come un “atto infido” e sottolineando che la sicurezza degli Stati del Golfo è “indivisibile”. Abdullah bin Zayed Al Nahyan, vice primo ministro e ministro degli Affari esteri degli Emirati Arabi Uniti, ha condannato l’attacco israeliano come “un’escalation irresponsabile che minaccia la sicurezza regionale e internazionale”.

Il Ministero degli Interni del Qatar ha precedentemente confermato che l’attacco israeliano a Doha del 9 settembre ha causato la morte di un membro delle forze di sicurezza del Qatar e il ferimento di alcuni civili. Hamas ha confermato che l’operazione israeliana non ha ucciso i suoi alti funzionari, ma che cinque suoi membri, tra cui il figlio dell’alto funzionario di Hamas Khalil Hayya e il suo capo di gabinetto, sono stati uccisi.

Il portavoce del Ministero degli Esteri del Qatar, Majid al-Ansari, ha dichiarato il 9 settembre che l’attacco israeliano ha preso di mira la sede residenziale di alcuni esponenti politici di Hamas e che “questo attacco criminale è una palese violazione delle leggi e delle norme internazionali e una grave minaccia alla sicurezza del Qatar e dei suoi residenti”.

Ansari ha sottolineato che l’attacco è stato condotto dall’aviazione israeliana e che la parte qatariota non ha ricevuto in anticipo un “preavviso” dagli Stati Uniti, i quali hanno effettuato la chiamata di notifica nel bel mezzo dell’esplosione dell’attacco.

Il 9 settembre il New York Times ha riportato che la Casa Bianca ha fornito informazioni contrastanti sul fatto che gli Stati Uniti fossero a conoscenza dell’attacco israeliano. L’addetta stampa della Casa Bianca, Caroline Levitt, ha affermato che l’esercito statunitense ha notificato all’amministrazione Trump solo quando si è verificato l’attacco, ma è sembrato anche che gli Stati Uniti fossero a conoscenza dell’attacco in anticipo, affermando che Trump aveva chiesto all’inviato in Medio Oriente Witkoff di “informare” il Qatar “in anticipo”.

In seguito, quando le è stato chiesto di chiarire le sue osservazioni, la Levitt ha cambiato la sua versione dicendo che le forze statunitensi sono state avvisate quando Israele ha lanciato l’attacco e il Presidente ha chiesto all’inviato di chiamare Doha. Ha aggiunto che Trump ha poi parlato al telefono con il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Levitt ha detto che Trump considera il Qatar un “forte alleato e amico” e si è rammaricato del luogo dell’attacco, ma ha insistito sul fatto che distruggere Hamas è un obiettivo “degno”. Migliaia di soldati statunitensi sono di stanza nella base aerea Al Udeid dell’esercito americano in Qatar. Il Qatar ha dichiarato in passato che, su richiesta degli Stati Uniti, ha accettato di aprire un ufficio per Hamas nel Paese.

Da parte sua, Israele ha sottolineato che l’operazione è stata “esclusivamente e indipendentemente iniziata da Israele e di cui è responsabile”. L’ufficio di Netanyahu ha risposto in un comunicato che “l’attacco è stato iniziato da Israele, è stato eseguito da Israele e Israele se ne assume la piena responsabilità”.

Secondo il Servizio di sicurezza generale israeliano, sia Netanyahu che il ministro della Difesa Katz erano presenti al centro di comando dello Shin Bet durante l’attacco, e due funzionari a conoscenza dell’attacco hanno rivelato che l’obiettivo dell’attacco era stato da tempo identificato da Israele come il luogo di una riunione regolare della leadership di Hamas, nota a Israele come “Giorno del giudizio”.

Il New York Times ha analizzato l’attacco aereo come localizzato nel centro di Doha, vicino a scuole e ambasciate straniere, con il fumo che si è levato nel cielo, sollevando preoccupazioni sulla sicurezza del Qatar e sulla sua neutralità nella diplomazia regionale. Gli analisti hanno sottolineato che questo colpo diretto all’azione del Qatar, potrebbe scuotere il Paese nei negoziati per il cessate il fuoco nel ruolo chiave di mediazione.

Appena un giorno prima dell’attacco, i rappresentanti di Hamas si sono incontrati anche con il Primo Ministro del Qatar e il Ministro degli Esteri Mohammed per discutere la proposta di Trump per un cessate il fuoco a Gaza. I rappresentanti di Hamas avrebbero dovuto incontrarsi il 9 per discutere ulteriormente la proposta, ha dichiarato il funzionario anonimo.

Hamas ha dichiarato in un comunicato che i funzionari stavano discutendo l’offerta di Trump quando è avvenuto l’attacco. Hamas ha sottolineato che “i vili tentativi di assassinio non cambieranno le nostre chiare posizioni e richieste”.

Hamas ha chiesto la fine del conflitto, esigendo il ritiro completo delle forze israeliane, l’ingresso illimitato degli aiuti a Gaza e un accordo per lo scambio di detenuti israeliani con prigionieri palestinesi. Netanyahu, invece, ha affermato che Israele potrà porre fine alla guerra solo dopo il disarmo di Hamas, la smilitarizzazione di Gaza e il rilascio di tutti gli ostaggi.

Ghaith al-Omari, senior fellow presso il Washington Institute for Near East Policy, un think tank statunitense, ha analizzato l’attacco come un “completo collasso” dell’intero quadro diplomatico che era stato costruito dopo il nuovo round del conflitto israelo-palestinese, e ha affermato: “Non riesco a immaginare come il Qatar continuerà a Non riesco a immaginare come il Qatar continuerà ad agire come mediatore dopo questo”.

Ha avvertito che un attacco alla capitale del Qatar potrebbe anche minare le relazioni a lungo cercate da Israele con gli Stati arabi del Golfo e approfondire la percezione regionale del “ruolo destabilizzante” di Israele.

Inoltre, il Qatar e gli altri Stati del Golfo appaiono di conseguenza più vulnerabili agli estranei. Bader Al-Saif, professore associato di storia all’Università del Kuwait, ha affermato che la regione del Golfo è in grave difficoltà, “ma il più grande perdente sono gli Stati Uniti”. Ha osservato che gli Stati Uniti, il più importante alleato e fornitore militare di Israele, si sono dimostrati poco disposti o incapaci di frenare le offensive israeliane nella regione, minando la loro credibilità come garanti della sicurezza nel Golfo.

Questo articolo è un’esclusiva dell’Observer e non può essere riprodotto senza previa autorizzazione.

L’Europa esausta trema, mentre il governo francese crolla… ancora una volta, di Simplicius

L’Europa esausta trema, mentre il governo francese crolla… ancora una volta

Simplicius10 settembre
 
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Come previsto, il governo francese è caduto, con le dimissioni del primo ministro Bayrou dopo un voto di sfiducia. Ciò ha portato Macron a dover scegliere personalmente il quarto primo ministro in soli dodici mesi, o il quinto in ventiquattro, un risultato quasi incredibile. quarto primo ministro in soli dodici mesi, o il quinto in ventiquattro, un risultato quasi incredibile.

Come se non bastasse, la notizia sembra aver causato il sorpasso della Francia sull’Italia in termini di rendimenti per i titoli decennali per la prima volta dalla nascita dell’euro:

Il rendimento dei titoli decennali francesi supera quello dei titoli decennali italiani per la prima volta dall’introduzione dell’euro

Francese I rendimenti dei titoli decennali sono più elevati rispetto a quelli italiani per la prima volta nella storia dell’area dell’euroItalia

ZeroHedge scrive:

Le obbligazioni francesi hanno registrato le peggiori performance nella regione da quando il presidente Emmanuel Macron ha indetto elezioni anticipate lo scorso anno.

Senza esitazione Macron ha nominato Sebastien Lecornu nuovo primo ministro, lo stesso Lecornu che è stato per anni ministro della difesa della Francia e sotto la cui “guida” l’esercito francese è stato mandato via dall’Africa, portando al lento disfacimento dell’ex potenza in declino.

Il deputato francese Clemence Guette scrive:

Sébastien Lecornu è il Primo Ministro.

Macronista dalla prima ora, e ora anche dall’ultima.

È ministro dal 2017, anno dell’ascesa al potere di Emmanuel Macron. Il presidente si sta rifugiando dietro i suoi ultimi fedelissimi, aggrappandosi al trono e senza alcuna soluzione per uscire da questa situazione.

Il compito che gli è stato affidato è quello di formare un governo negoziando un’alleanza tra socialisti e repubblicani. Il suo bilancio sarà simile a quello di Bayrou. Lo combatteremo per gli stessi motivi.

L’umiliazione dei socialisti e degli altri pretendenti alla carica è totale. I tradimenti saranno stati vani.

Lecornu cadrà come i suoi predecessori.

Per quanto riguarda Macron, ci sta facendo perdere tempo più che mai. Presto sarà dimissioni o licenziamento.

Come discusso qui innumerevoli volte fino alla nausea, la cricca totalitaria europea ha perfezionato il sistema definitivo per riciclare inutili tirapiedi attraverso un nastro trasportatore in modo ripetitivo, al fine di proteggere le figure al vertice, come Macron, che permetterà a una sfilata di primi ministri senza nome di cadere sul proprio coltello per perpetuare il proprio governo antidemocratico.

In ogni angolo d’Europa che si guardi, si trovano sempre meno tracce della specie in via di estinzione chiamata “democrazia”. La Gran Bretagna ha ora incarcerato un uomo per aver definito qualcuno “muppet” online, mentre gli arresti per “libertà di parola” stanno aumentando vertiginosamente:

Nel frattempo in Germania, sette candidati dell’AfD alle elezioni sarebbero morti nel giro di due settimane:

Settimo AfD candidato MORTO.

Elenco dei candidati deceduti nelle ultime due settimane:

Hans-Joachim Kind
Wolfgang Seitz
Wolfgang Klinger
Stefan Berendes
Ralph Lange
René Herford
Patrick Tietze

Samantha Power è stata sorpresa durante una telefonata burlona mentre ammetteva che ingenti investimenti dell’USAID erano stati destinati a mantenere la Moldavia nell’orbita globalista:

Sembra persino consapevole che ciò che sta facendo è illegale e antidemocratico quando menziona l'”ingerenza” di Victoria Nuland e contrappone ciò che lei e l’USAID hanno fatto in Moldavia a forme “più sottili” di “influenza”.

È chiaro che l’intero continente è stato conquistato dal braccio tirannico dello Stato profondo globale: ovunque si guardi non c’è altro che persone in giacca e cravatta con copioni, aggrappate al potere nonostante il sostegno pubblico ai minimi storici. Basta dare un’occhiata al recente discorso di Kaja Kallas in una sala quasi completamente vuota del Parlamento europeo, i cui membri hanno preferito abbandonare l’aula piuttosto che ascoltare i suoi banali discorsi:

Come presagio dei tempi, il neo-nominato ministro della Salute svedese ha fatto un tuffo dal palco:

Elisabet Lann, nuovo ministro della Salute svedese, è svenuta nel bel mezzo di una conferenza stampa nel suo primo giorno in carica.

Sembra che tutto ciò che circonda la decrepita UE sia sull’orlo del collasso. Questi regimi malati stanno andando incontro al disastro ignorando praticamente tutte le cause alla radice dei numerosi mali della loro società. Ma alla fine, il messaggio che viene inviato ai controllori d’élite è che anche queste grossolane dimostrazioni di tradimento e incompetenza non sono sufficienti a suscitare la rivolta, perché nonostante questi fallimenti politici, il popolo è tenuto perennemente sotto il controllo di vari esperimenti sociali e operazioni psicologiche, per non parlare del giogo sempre più pesante dell’illegalità dilagante dei migranti.

Negli Stati Uniti, la situazione non è molto diversa: le “revisioni” dei dati sui nuovi posti di lavoro hanno cancellato quasi un milione di “nuovi posti di lavoro” che avrebbero dovuto evidenziare la “forte economia”: si è trattato della più grande revisione della storia:

Eccolo lì:

Il Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti ha appena rivisto -911.000 posti di lavoro su 12 mesi di dati già riportati, la più grande revisione della storia.

Questo dato è ufficialmente SUPERIORE ai livelli del 2009, con i dati sull’occupazione sovrastimati di circa 76.000 unità AL MESE.

https://x.com/KobeissiLetter/status/1965430045704683825/photo/1

Per non parlare delle prove sempre più evidenti che tutta la “crescita” dell’economia statunitense è dovuta principalmente alla bolla tecnologica dell’intelligenza artificiale, come ho recentemente approfondito. Questo grafico mostra che quasi il 50% di tutta la crescita del PIL statunitense è attribuibile alle spese in conto capitale legate all’intelligenza artificiale delle grandi aziende tecnologiche:

AI-Capex è il ciclo completo, ora Poco meno del 50% della crescita del PIL è attribuibile all’AI Capex

L’unica cosa che apparentemente mantiene a galla l’economia statunitense in questo momento sono i migranti e la bolla dell’intelligenza artificiale; tutto il resto è in una situazione di stagnazione, miseria e lento declino.

A questo proposito, il sito russo MASH ha pubblicato quello che sostiene essere un documento francese ottenuto da hacker russi che mostra un piano “segreto” di dispiegamento delle truppe europee in Ucraina:

I paesi europei hanno elaborato un piano per occupare il territorio dell’Ucraina, con l’obiettivo di impossessarsi dei giacimenti minerari, delle infrastrutture logistiche e dell’accesso al mare. L’organizzatore è l’esercito francese e l’obiettivo è recuperare il denaro dato a Kiev.

Nella foto: una mappa intitolata Les forces conjointes de “Coalition de Volontaires” (Forze congiunte della “Coalizione dei Volontari”) datata 16 aprile 2025. Ottenuta dagli hacker di KillNet a seguito dell’hacking della rete locale dell’ufficio delle forze armate francesi. Mostra lo schema di dispiegamento delle truppe straniere sul territorio dell’Ucraina. Nell’angolo è riportato il nome del responsabile: il capo di Stato Maggiore delle forze armate francesi, il generale Thierry Burkhardt (che ha lasciato l’incarico nel luglio 2025).

Se la mappa e i protocolli segreti delle riunioni della “Coalizione dei volontari” ottenuti dagli hacker sono attendibili, almeno quattro paesi sono coinvolti nell’occupazione: Francia, Regno Unito, Polonia e Romania.

— Parigi intende appropriarsi delle risorse minerarie — la loro esplorazione, lo sviluppo e la vendita. Si tratta delle regioni di Zhytomyr, Kharkiv e Sumy. Al loro interno: petrolio, gas, carbone, oro, uranio, titanio, litio e nichel, già venduti a Trump.

— Londra — tutti i centri logistici. Per controllare i trasporti e i trasferimenti.

— Bucarest e Varsavia ricevono territori — tutti confinanti con la Polonia e l’Ungheria, più la regione di Odessa e l’accesso al mare.

Per occupare i territori, un contingente della “Coalizione dei volontari” – circa 50.000 soldati – sarà inviato in Ucraina. Si precisa che l’operazione sarà coordinata con le autorità dello Stato indipendente e presentata ufficialmente al pubblico come “schieramento di forze di pace nel quadro delle garanzie di sicurezza”. Gli organizzatori intendono inoltre ottenere il permesso per tutto ciò dalla Russia.

Purea

La cosa più interessante di tutto questo, se fosse vero, è che la Francia sembra voler compensare le sue enormi perdite di risorse in Africa rivendicando le zone più ricche di risorse dell’entroterra ucraino. La Gran Bretagna, invece, sembra accontentarsi di controllare i punti strategici dal punto di vista militare per fungere da facilitatore e mente.

È interessante fare un esercizio psicologico e mettere in relazione quanto detto sopra con le motivazioni reali e note di ciascun Paese, rendendo ancora più probabile la “fuga di notizie” che queste psicologie si allineino così bene. Ad esempio, suggerisce che forse la Francia non nutre alcun rancore sostanziale nei confronti della Russia, ma sta piuttosto cercando di recuperare le perdite e rafforzare la propria economia assicurandosi una nuova fonte massiccia di ricchezza strategica per le generazioni future. La Gran Bretagna, d’altra parte, non si cura del tesoro, ma, alimentata dal suo odio ancestrale, cerca solo di guidare l’intero processo verso la rovina della Russia.

Sempre più fonti ritengono che la “coalizione” occidentale stia ora cercando di convincere l’Ucraina ad accettare di rinunciare a tutto ciò che si trova al di sotto della linea di contatto, al fine di introdurre rapidamente tale forza di pace:

La “Coalizione dei volenterosi” è pronta a cedere alla Russia l’intero territorio della DPR e della LPR, parti delle regioni di Kherson e Zaporizhzhia, nonché a riconoscere la Crimea come territorio russo in cambio del permesso di introdurre un “contingente di pace” in Ucraina e della garanzia di non aggressione nei suoi confronti.

Queste informazioni sono state ottenute da hacker russi, riferisce Mash.

Non succederà mai. L’Occidente non regala mai nulla. C’è sempre un costo da pagare più avanti.

Ma come al solito, ciò ignora la maggior parte delle richieste russe, che non sono solo di natura territoriale, e quindi non ha alcuna possibilità di essere accettato. Inoltre, esperti come questo corrispondente di Bloomberg-Europe ora respingono apertamente le richieste relative alle “truppe” definendole fantasiose, e definiscono i governi francese e britannico in bancarotta ed “estremamente deboli”:

Da parte sua, Putin ha nuovamente commentato la proposta relativa alle truppe straniere in Ucraina, ribadendo che tali truppe sarebbero state oggetto di distruzione:

Un paio di ultime cose da notare:

Il conduttore della Fox News Jesse Waters ha avuto l’audacia di suggerire che il nuovo gasdotto russo Power of Siberia 2 – di cui abbiamo recentemente parlato e che reindirizza il gas destinato all’Europa verso la Cina – dovrebbe forse essere bombardato da “qualcuno”:

Questo è il problema derivante dalla mancanza di responsabilità del cosiddetto “ordine basato sulle regole”: crea un ambiente poco etico in cui il terrorismo aperto viene celebrato o scherzato, creando precedenti sempre più severi per le generazioni future. Un grave attacco terroristico può essere oggetto di battute da parte dei commentatori televisivi notturni, proprio come hanno scherzato sullo staccare la spina agli antivaccinisti o sul bombardare le persone di colore nei paesi del terzo mondo. Questo atteggiamento permissivo può sembrare insignificante, ma è al centro del decadimento morale e dell’irreversibile deterioramento ideologico dell’Occidente.

Parlando dei luminari esemplari dell’Occidente, ecco che la sempre erudita ed eloquente Kaja Kallas si permette di istruirci sui punti di forza e di debolezza della Russia e della Cina rispetto all’inimitabile Europa:

Quindi, i cinesi sono automi tecnologici ottusi e i russi sono intrallazzatori e manipolatori senza cervello. Viene da chiedersi come se la cava il suo paese natale, l’Estonia, in queste classifiche relative alla “tecnologia” e alle “scienze sociali”?

Nell’annunciare il nuovo Dipartimento della Guerra, Pete Hegseth va fino in fondo “Airstrip One”, dichiarando che il suo amore per la “pace” è ciò che alimenta la sua passione per la guerra:


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Capire la cultura strategica russa e la minaccia nucleare a basso rendimento_ di RAND

Capire la cultura strategica russa e la minaccia nucleare a basso rendimento

Mattias EkenKiran Suman-ChauhanBeatrice AubertPaul van Hooft

RicercaPubblicato il 17 agosto 2025

Cover: Understanding Russian strategic culture and the low-yield nuclear threat

Scaricare PDFPanoramica di una pagina

Questo rapporto esamina il modo in cui la cultura strategica russa modella la sua postura nucleare, con particolare attenzione alle armi nucleari non strategiche (NSNWs). Commissionato dal Ministero della Difesa britannico e dal Nuclear Deterrence Fund, lo studio si basa su analisi storiche, culturali e ideologiche per fornire una comprensione sfumata delle motivazioni alla base della dottrina e del processo decisionale nucleare della Russia. Attraverso la pianificazione di scenari e interviste ad esperti, il rapporto esplora i contesti in cui la Russia potrebbe prendere in considerazione l’uso di armi nucleari, soprattutto in relazione alla NATO e al conflitto in corso in Ucraina. I risultati rivelano che la cultura strategica della Russia è caratterizzata da una visione del mondo a somma zero, da un forte senso di vulnerabilità e da un affidamento sulla deterrenza nucleare per compensare le debolezze convenzionali percepite. Il rapporto sottolinea come questi fattori spingano la Russia a impegnarsi in segnali nucleari e a considerare l’escalation nucleare in determinate condizioni. Evidenzia inoltre le sfide che queste dinamiche pongono alla NATO, in particolare in termini di deterrenza, gestione dell’escalation e comunicazione. Lo studio fornisce spunti fondamentali per i responsabili politici che si occupano di sicurezza internazionale e di riduzione del rischio nucleare, raccomandando una maggiore attenzione alla comprensione della cultura strategica russa nell’ambito della pianificazione strategica della NATO. Vengono identificate aree per ulteriori ricerche, tra cui la divergenza tra le concezioni russe e della NATO sulle armi nucleari e le implicazioni per le strategie di deterrenza dell’Alleanza.

Risultati principali

La cultura strategica russa guida il processo decisionale nucleare

  • Il rapporto rileva che la cultura strategica della Russia – plasmata da fattori storici, culturali e ideologici – influenza profondamente le sue strategie militari e nucleari. Le caratteristiche principali includono una visione del mondo a somma zero, un persistente senso di vulnerabilità e narrazioni sulla sopravvivenza dello Stato. Queste caratteristiche sono alla base della fiducia della leadership russa nelle armi nucleari come strumenti essenziali per garantire la sicurezza nazionale e dissuadere gli avversari, soprattutto nel teatro europeo.

Gli scenari per l’uso russo delle NSNW dipendono dal contesto

  • Attraverso la pianificazione di scenari e le interviste ad esperti, lo studio dimostra che la Russia ha maggiori probabilità di prendere in considerazione l’uso di armi nucleari in situazioni in cui è in gioco la sopravvivenza del regime, ad esempio in risposta a gravi minacce convenzionali, ad attacchi informatici su larga scala o quando le opzioni convenzionali sembrano insufficienti per raggiungere gli obiettivi strategici. Tuttavia, il rapporto osserva che la Russia intraprenderebbe in genere importanti passi preventivi e di segnalazione prima di prendere in considerazione l’uso effettivo del nucleare, riflettendo sia la cautela che la preferenza per il controllo dell’escalation.

Implicazioni e sfide per la NATO e gli alleati

  • L’analisi evidenzia sfide significative per la NATO e gli alleati europei, in particolare la necessità di comprendere meglio la cultura strategica russa per informare un’efficace deterrenza e gestione delle crisi. Raccomanda di rafforzare la coesione dell’Alleanza, di migliorare le strategie di comunicazione e segnalazione e di dare priorità alla preparazione per una serie di potenziali percorsi di escalation. Il rapporto sottolinea che la ricerca e il dialogo in corso sulle culture strategiche sono fondamentali per mitigare i rischi di escalation e chiarire le concezioni divergenti delle minacce alla sicurezza nazionale tra Russia e Occidente.

Raccomandazioni

Il rapporto raccomanda alla NATO di:

  • Migliorare le comunicazioni coerenti e più chiare con la Russia per ridurre i rischi associati a percezioni errate e all’escalation.
  • Condurre esercitazioni regolari basate su potenziali percorsi di escalation russa, compresi scenari che coinvolgono capacità nucleari e convenzionali a doppio uso o mescolate, per migliorare la preparazione dell’Alleanza e la risposta alle crisi.
  • Rivedere e potenzialmente espandere gli accordi di condivisione nucleare della NATO, in particolare aumentando la partecipazione e le capacità europee, per colmare le lacune di deterrenza legate al considerevole arsenale nucleare non strategico della Russia.

Il giorno in cui il dollaro ha chiuso gli occhi, di Michael Hudson

Il giorno in cui il dollaro ha chiuso gli occhi

Da Michael  Domenica 7 settembre 2025 Articoli  BRICSde-dollarizzazione  Permalink

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SCO e BRICS 2025

Il riallineamento dell’Eurasia di fronte alla barbarie dell’ultimo periodo

Le riunioni dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai tenutesi in Cina la scorsa settimana (2 e 3 settembre) hanno fatto un notevole passo avanti nel definire come il mondo si dividerà in due grandi blocchi, mentre i Paesi della Maggioranza Globale cercano di liberare le loro economie non solo dal caos tariffario di Donald Trump, ma anche dai tentativi, sempre più sponsorizzati dagli Stati Uniti, di imporre il controllo unipolare sull’intera economia mondiale isolando i Paesi che cercano di resistere a questo controllo – sottoponendoli al caos commerciale e monetario, oltre che al confronto militare diretto.

Gli incontri della SCO sono diventati un forum pragmatico per definire i principi di base per sostituire l’indipendenza commerciale, monetaria e militare di altri Paesi dagli Stati Uniti con scambi e investimenti reciproci tra di loro, sempre più isolati dalla dipendenza dai mercati statunitensi per le loro esportazioni, dal credito statunitense per le loro economie interne e dai dollari statunitensi per le transazioni commerciali e di investimento tra di loro.

I principi annunciati dal Presidente cinese Xi, dal Presidente russo Putin e da altri membri della SCO gettano le basi per delineare nei dettagli un nuovo ordine economico internazionale secondo le linee promesse 80 anni fa alla fine della Seconda Guerra Mondiale, ma che sono state stravolte dagli Stati Uniti e dai loro satelliti in quello che i Paesi asiatici e quelli della Maggioranza Globale sperano sia solo una lunga deviazione della storia dalle regole fondamentali della civiltà e della diplomazia, del commercio e della finanza internazionali.

Non dovrebbe sorprendere che non una parola di questi principi o delle loro motivazioni sia apparsa sulla stampa occidentale tradizionale. Il New York Times ha descritto gli incontri in Cina come un piano di aggressione contro gli Stati Uniti, non come una risposta agli atti degli Stati Uniti. Il presidente Donald Trump ha riassunto questo atteggiamento nel modo più conciso in un post su Truth Social: “Presidente Xi, La prego di porgere i miei più calorosi saluti a Vladimir Putin e Kim Jong Un, mentre cospirate contro gli Stati Uniti d’America”.

La copertura della stampa statunitense sugli incontri della SCO in Cina presenta una prospettiva fortemente scorciata che mi ricorda la famosa incisione di Hokusai di un albero in primo piano che oscura completamente la città lontana sullo sfondo. Qualunque sia il tema internazionale, si tratta sempre degli Stati Uniti. Il modello di base è l’ostilità di un governo straniero nei confronti degli Stati Uniti, senza alcun accenno alla risposta difensiva contro la belligeranza degli Stati Uniti nei confronti dello straniero.

Il trattamento riservato dalla stampa agli incontri della SCO e alle sue discussioni geopolitiche è molto simile a quello riservato alla guerra della NATO contro la Russia in Ucraina. Entrambi gli eventi sono visti come se riguardassero gli Stati Uniti (e i loro alleati) e non la Cina, la Russia, l’India, l’Asia centrale e altri Paesi che agiscono per promuovere i propri tentativi di creare scambi e investimenti ordinati e reciprocamente vantaggiosi. Proprio come la guerra in Ucraina viene dipinta come un’invasione russa (senza alcun accenno alla sua difesa contro l’attacco della NATO alla sicurezza della Russia stessa), gli incontri della SCO a Tianjin e quelli successivi di Pechino sono stati dipinti come un’azione di confronto contro l’Occidente, come se gli incontri riguardassero gli Stati Uniti e l’Europa.

Il 3 settembre il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha definito Putin forse il più grave criminale di guerra del nostro tempo, in quanto è stata la Russia ad attaccare l’innocente Ucraina e non viceversa dal colpo di Stato del 2014 in poi. Putin ha commentato l’accusa di Merz: “non diamo per scontato che debbano comparire nuovi Stati dominanti. Tutti dovrebbero essere su un piano di parità”.

La parata militare a Pechino che ha seguito gli incontri ha ricordato al mondo che gli accordi internazionali che hanno creato le Nazioni Unite e altre organizzazioni alla fine della Seconda Guerra Mondiale avrebbero dovuto porre fine al fascismo e introdurre un ordine mondiale giusto ed equo basato sui principi delle Nazioni Unite. Dipingere questa cornice degli incontri come una minaccia per l’Occidente significa nascondere, o addirittura negare, che è l’Occidente stesso ad aver abbandonato e addirittura rovesciato i principi apparentemente multilaterali promessi nel 1944-1945.

L’immagine che gli Stati Uniti e l’Europa hanno dato degli incontri della SCO come se fossero interamente caratterizzati dall’antipatia verso l’Occidente non è solo un’espressione del narcisismo occidentale. Si è trattato di una politica deliberatamente censoria di non discutere i modi in cui si sta sviluppando un’alternativa all’ordine economico neoliberale incentrato sugli Stati Uniti. Il capo della NATO Mark Rutte ha chiarito che non si doveva pensare che esistesse una politica dei Paesi per creare un ordine economico alternativo e più produttivo quando si è lamentato che Putin stava ricevendo troppa attenzione. Questo significava non discutere di ciò che è realmente accaduto negli ultimi giorni in Cina – e di come sia una pietra miliare nell’introduzione di un nuovo ordine economico, ma non uno che includa l’Occidente.

Il Presidente Putin ha spiegato in una conferenza stampa che il confronto non era affatto al centro dell’attenzione. I discorsi e le conferenze stampa hanno illustrato i dettagli di ciò che era necessario per consolidare le relazioni tra di loro. In particolare, come faranno l’Asia e il Sud globale ad andare semplicemente per la loro strada, con un contatto e un’esposizione minimi al comportamento aggressivo economico e militare dell’Occidente.

L’unico confronto militare minacciato è quello con la NATO, dall’Ucraina al Mar Baltico, alla Siria, a Gaza, al Mar della Cina, al Venezuela e al Nord Africa. Ma la vera minaccia è rappresentata dalla finanziarizzazione e privatizzazione neoliberale dell’Occidente, dal Thatcherismo e dalla Reaganomics. La SCO e i BRICS (come si sta discutendo nelle riunioni di follow-up) vogliono evitare il calo del tenore di vita e delle economie che si sta verificando in Occidente con la deindustrializzazione. Vogliono aumentare il tenore di vita e la produttività. Il loro tentativo di creare un piano di sviluppo economico alternativo e più produttivo è ciò che non viene discusso in Occidente.

Questa grande spaccatura è meglio rappresentata dal gasdotto Power of Siberia 2. Questo gas è stato progettato per andare in Europa, alimentando il Nordstream 1. Questo gas era previsto che andasse in Europa, alimentando il Nordstream 1. Tutto questo è finito. Il gas siberiano andrà ora in Mongolia e in Cina. In passato ha alimentato l’industria europea; ora farà lo stesso per la Cina e la Mongolia, lasciando l’Europa a dipendere dalle esportazioni di GNL degli Stati Uniti e dalle forniture in calo del Mare del Nord a prezzi molto più alti.

Alcuni aspetti geopolitici degli incontri della SCO

Il contrasto tra il successo del consolidamento degli accordi commerciali, di investimento e di pagamento della SCO/BRICS e la destabilizzazione degli Stati Uniti rende difficile per i Paesi cercare di aderire sia al blocco USA/NATO che ai Paesi BRICS/Global South. La pressione è particolarmente forte su Turchia, Emirati e Arabia Saudita. Gli Emirati Arabi Uniti sono membri dei BRICS e gli altri sono osservatori, ma i Paesi arabi sono particolarmente esposti finanziariamente al dollaro e ospitano anche basi militari statunitensi. (L’India ha bloccato l’adesione dell’Azerbaigian).

Sono in atto due dinamiche. Da un lato, perseguendo un piano di sviluppo economico potenzialmente alternativo, i BRICS e la Maggioranza Globale stanno cercando di difendersi dall’aggressione economica degli Stati Uniti e della NATO e di de-dollarizzare le loro economie in modo da ridurre al minimo la dipendenza commerciale dal mercato statunitense. In questo modo si evita che gli Stati Uniti armino il loro commercio estero e il loro sistema monetario per bloccare il loro accesso alle catene di approvvigionamento che sono state messe in atto, sconvolgendo così le loro economie.

L’altra dinamica è che l’economia statunitense sta diventando meno attraente in quanto si polarizza, si restringe e si deindustrializza a causa della sua finanziarizzazione e dell’aumento del debito. Inoltre, sta diventando inflazionistica a causa dei dazi di Trump e della caduta del dollaro a causa della de-dollarizzazione dei Paesi, e rimane soggetta a una bolla finanziaria con indebitamento che è sempre più a rischio di crollo improvviso.

Queste due dinamiche riflettono la contrapposizione di base dei sistemi e delle politiche economiche tra i mercati oligarchici privatizzati e finanziarizzati (neoliberismo) e le economie industriali socialiste. Il socialismo di queste ultime è la logica estensione della dinamica del primo capitalismo industriale, che cerca di razionalizzare la produzione e di ridurre al minimo gli sprechi e i costi inutili imposti da classi in cerca di rendita che chiedono reddito senza svolgere un ruolo produttivo – proprietari terrieri, monopolisti e settore finanziario.

Il grande problema, naturalmente, è che gli americani vogliono far esplodere il mondo se non riescono a controllarlo e a dominare tutti gli altri Paesi. Alistair Crooke ha recentemente avvertito che il movimento cristiano evangelico vede in questo un’opportunità per una conflagrazione che vedrà il ritorno di Gesù e convertirà il mondo al jihadismo cristiano. Il termine “barbarie dell’ultimo stadio” viene ora utilizzato in gran parte di Internet per il fanatismo della supremazia etnica che va dai jihadisti wahabiti e dai fuoriusciti di al-Qaeda (sponsorizzati dalla CIA/MI6, per essere sicuri), passando per i sionisti di Gaza e della Cisgiordania e dell’Africa, fino al revival neonazista ucraino (con i suoi echi nell’odio della Germania per la Russia) che non si vedeva dai tempi del nazismo degli anni Trenta e Quaranta, che nega che i suoi avversari siano esseri umani. In alternativa alla SCO, ai BRICS e alla Maggioranza Globale, questa barbarie definisce la profondità della frattura nell’attuale allineamento geopolitico.

Senza dubbio le oligarchie clientelari dei BRICS cercheranno di mantenere il maggior numero possibile di privilegi (cioè di rendite economiche). Siamo solo all’inizio di quella che si preannuncia come una lunga promessa. Per il momento, tutto ciò che i Paesi membri possono fare è isolare le relazioni monetarie e la bilancia dei pagamenti tra loro, oltre agli investimenti reciproci. Quindi la vera “nuova civiltà” è ancora lontana. Ma gli Stati Uniti e la loro politica satellitare europea sono un grande catalizzatore per accelerare la grande transizione.

Dott. Hudson: “Il grande problema, ovviamente, è che gli americani vogliono far saltare in aria il mondo se non riescono a controllarlo e a dominare tutti gli altri paesi.”

È giunto il momento che il mondo se ne renda conto.

Karl Sánchez8 settembre
 LEGGI NELL’APP 

Il Dott. Michael Hudson ha scritto questo all’inizio della conclusione del suo saggio ” The Day the Dollar Blinked “, che è la sua sintesi di quanto appena accaduto a Tianjin, in Cina: “Il riallineamento dell’Eurasia di fronte alla barbarie in fase avanzata”. Il termine “barbarie” è stato recentemente utilizzato sempre più spesso in risposta al comportamento dell’Impero statunitense fuorilegge e alle parole pronunciate e scritte dal Team Trump. Il Dott. Hudson osserva che la SCO:

ha compiuto un notevole passo avanti nel definire come il mondo si dividerà in due grandi blocchi, mentre i paesi della maggioranza globale cercano di liberare le loro economie non solo dal caos tariffario di Donald Trump, ma anche dai tentativi sempre più estremi di guerra calda sponsorizzati dagli Stati Uniti per imporre un controllo unipolare sull’intera economia mondiale, isolando i paesi che cercano di resistere a questo controllo, sottoponendoli al caos commerciale e monetario nonché al confronto militare diretto.

Non intendo riprodurre l’intero saggio, poiché è facilmente accessibile al link sopra indicato. Piuttosto, l’intento è quello di collegarlo a quanto appena scritto in merito al saggio di Alastair Crooke e alla chiacchierata con il giudice Nap. Un altro punto da sottolineare è la qualità della copertura mediatica dell’ultima settimana di eventi da parte di BigLie Media, perché ciò che viene riportato qui spesso non viene riportato:

I principi annunciati dal presidente cinese Xi, dal presidente russo Putin e da altri membri della SCO preparano il terreno per definire nei dettagli un nuovo ordine economico internazionale, sulla falsariga di quello promesso 80 anni fa alla fine della Seconda guerra mondiale, ma che è stato distorto fino a diventare irriconoscibile dagli Stati Uniti e dai suoi satelliti, trasformandolo in ciò che i paesi asiatici e altri paesi della maggioranza globale sperano sia stato solo un lungo viaggio storico lontano dalle regole fondamentali della civiltà e dalla sua diplomazia, commercio e finanza internazionale.

Non dovrebbe sorprendere che sulla stampa occidentale mainstream non sia apparsa una sola parola di questi principi o delle loro motivazioni. Il New York Times ha descritto gli incontri in Cina come un piano di aggressione contro gli Stati Uniti, non come una risposta alle azioni statunitensi. Il presidente Donald Trump ha riassunto questo atteggiamento in modo molto succinto in un post su Truth Social: “Presidente Xi, porga i miei più sentiti saluti a Vladimir Putin e Kim Jong Un, mentre cospirate contro gli Stati Uniti d’America”.

La copertura mediatica statunitense delle riunioni della SCO in Cina presenta una prospettiva notevolmente ridotta che mi ricorda la famosa incisione di Hokusai che raffigura un albero in primo piano che oscura completamente la città lontana sullo sfondo. Qualunque sia il tema internazionale, è tutto incentrato sugli Stati Uniti. Il modello di base è l’ostilità di un governo straniero nei confronti degli Stati Uniti, senza alcun riferimento al fatto che si tratti di una risposta difensiva alla belligeranza statunitense nei confronti dello straniero.

Il modo in cui la stampa ha trattato le riunioni della SCO e le relative discussioni geopolitiche presenta una notevole somiglianza con il modo in cui ha trattato la guerra della NATO contro la Russia in Ucraina. Entrambi gli eventi sono visti come se riguardassero esclusivamente gli Stati Uniti (e i loro alleati), non Cina, Russia, India, Asia centrale e altri Paesi che agivano per promuovere i propri tentativi di creare scambi commerciali e investimenti ordinati e reciprocamente vantaggiosi. Proprio come la guerra in Ucraina è descritta come un’invasione russa (senza alcun riferimento alla sua difesa contro l’attacco della NATO alla sicurezza della Russia), le riunioni della SCO a Tianjin e le successive riunioni a Pechino sono state descritte come un complotto conflittuale contro l’Occidente, come se gli incontri riguardassero Stati Uniti ed Europa.

L’illustrazione che Hudson fa della tecnica di propaganda utilizzata è importante in quanto promuove la narrativa “Loro contro di noi – Con noi o contro di noi” che è stata impiegata fin dall’11 settembre, che è l’esatto opposto dell’obiettivo politico principale dell’Impero fuorilegge statunitense di raggiungere il dominio a spettro completo, espresso pubblicamente nel 1996 e nel 1999 e dichiarato da Hudson. Ciò che stiamo vivendo ora è ciò di cui Hudson scrisse nel suo libro del 1979 “Global Fracture” , che fu il seguito di “Super Imperialism” . Ci sono voluti circa 45 anni perché il mondo vedesse finalmente la frattura, come è accaduto con il vertice dei BRICS del 2024 a Kazan, e il vertice della SCO ha ampliato il divario.

Vorrei sottolineare che il Dott. Hudson chiacchiera regolarmente con Nima di Dialog Work e il Dott. Richard Wolff il giovedì e di recente è stato ospite, per lo più settimanale, dei podcast YouTube di Glenn Diesen, disponibili qui . Spesso, in coppia con Radhika Desai, il Dott. Hudson partecipa mensilmente al programma “Geopolitical Economy Hour” di Ben Norton, che ora ha una piattaforma substack .

Un tempo erano conosciuti come “politico-economisti”, termine che derivava dalla disciplina di base nota come filosofia morale. Ora il termine è stato abbreviato in “economista”, lasciando la componente economica critica completamente al di fuori della discussione, come previsto. Ci sono pochissimi veri “politico-economisti” al mondo; il dottor Hudson è uno di questi. La sua enorme mole di lavoro è pressoché inestimabile, ma non è molto conosciuta perché include la componente politica nei suoi studi economici ed è quindi di fatto censurata. Per certi versi, è il Socrate di oggi. Ci guadagnerai diventando uno studente. Il suo sito web .

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Niente soldi pazzi al soldo dei contribuenti, di Michael Lind

Niente soldi pazzi al soldo dei contribuenti

Che si tratti di private equity, di criptovalute o di scommesse sull’allevamento di cincillà nei fondi pensione, il pensiero sul pensionamento fiscalmente differito è sbagliato.

Michael Lind

03 settembre 2025

Lo spirito della democrazia americana richiede che i piani pensionistici fiscalmente agevolati siano incoraggiati a investire in poster di Andy Warhol, cincillà e Beanie Babies?

I piani 401(k), fiscalmente agevolati e forniti dal datore di lavoro, sono tradizionalmente investiti in un mix di azioni e obbligazioni, evitando gli “asset alternativi” più rischiosi come immobili, private equity e criptovalute. La cautela dei gestori dei piani è dovuta al timore di azioni legali che li accusino di aver violato i loro doveri fiduciari di evitare rischi eccessivi. Inoltre, l’IRS ha vietatol’investimento dei fondi 401(k) in contratti di assicurazione sulla vita e in oggetti da collezione come opere d’arte, tappeti, oggetti d’antiquariato, gemme, metalli, francobolli, monete e bevande alcoliche (tra le eccezioni limitate vi sono le monete U.S. Eagle in oro, argento, platino e palladio).

L’amministrazione Trump vuole ampliare i tipi di attività in cui i piani 401(k) possono investire per includere attività più rischiose. Il 7 agosto, in un ordine esecutivo intitolato“Democratizing Access to Alternative Assets For 401(k) Investors”, l’amministrazione Trump ha dichiarato l’intenzione di fornire “porti sicuri” dalle controversie e dalla regolamentazione governativa ai piani 401(k) che investono in una serie di “attività alternative”, definite come “azioni, debito o altri strumenti finanziari che non sono negoziati in borse pubbliche” (cioè private equity); investimenti immobiliari; attività digitali o criptovalute; materie prime; progetti che finanziano lo sviluppo di infrastrutture; e “strategie di investimento sul reddito a vita, compresi i pool di condivisione del rischio di longevità”.

Negli Stati Uniti esistono due tipi di pensioni: le pensioni a prestazione definita (DB), basate sulla promessa del datore di lavoro di pagare prestazioni pensionistiche fisse, e le pensioni a contribuzione definita (DC), come il 401(k), in cui il datore di lavoro sponsorizza i contributi dei dipendenti, fiscalmente agevolati, a piani di investimento senza assumersi la responsabilità di garantire i risultati pensionistici. Nel 1926 e nel 1928, il Congresso creatole prime agevolazioni fiscali per le pensioni a ripartizione. Cinque decenni dopo, il Congresso stabilitoil conto pensionistico individuale (IRA) nel 1974, seguito dal 401(k) nel 1978. Desiderose di trasferire il rischio di fallimento degli investimenti ai dipendenti, nel 1983 quasi la metà delle grandi aziende offriva piani 401(k).

Sovvenzionare le pensioni costa molto ai contribuenti. Secondo il Joint Committee on Taxation (JCT), nel 2024 il governo federale ha perso 1.900 miliardi di dollaridi entrate, soprattutto quelle relative all’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle società, a causa delle spese fiscali, talvolta chiamate agevolazioni o scappatoie fiscali. La spesa fiscale più consistente è stata quella per le pensioni a capitalizzazione, che costo251,4 miliardi di dollari di mancati introiti; le pensioni a ripartizione si sono piazzate al quarto posto con 122,1 miliardi di dollari, secondo il JCT.

La maggior parte dei commenti e delle polemiche sulla nuova politica di Trump ha ruotato intorno alla prudenza di permettere ai fondi pensionistici dei partecipanti ai piani 401(k) di essere investiti in società di private equity, che sono meno trasparenti e meno regolamentate delle società quotate in borsa. I sostenitori sostengono che gli investimenti dei piani 401(k) in private equity, e forse anche in criptovalute e altri asset alternativi, possono incrementare i risparmi pensionistici fiscalmente agevolati. Molti critici attribuiscono la spinta alla liberalizzazione delle norme sugli investimenti 401(k) al desiderio delle società di private equity, dei venditori di criptovalute e di altri soggetti di trarre profitto dall’accesso agli enormi bacini di denaro controllati dai piani 401(k).

Ma tutto ciò non tiene conto della questione veramente interessante: qual è lo scopo di un piano 401(k) e perché i contribuenti dovrebbero sovvenzionarlo, sotto forma di differimento della tassazione prima dei prelievi dopo il pensionamento? Dobbiamo pensare a un 401(k) come a un piano pensionistico del datore di lavoro il cui scopo è fornire un reddito pensionistico sicuro ai dipendenti, o è un pool di capitale di rischio i cui beneficiari dovrebbero essere considerati (per lo più) piccoli capitalisti?

L’amministrazione Trump considera chiaramente i partecipanti ai piani 401(k) come piccoli capitalisti ai quali non dovrebbe essere negata l’opportunità di arricchirsi negli stessi modi dei grandi capitalisti. Così il titolo dell’ordine esecutivo, “Democratizzare l’accesso agli asset alternativi”. L’ordine esecutivo rende esplicito il parallelo tra investitori ricchi e partecipanti ai piani 401(k), affermando che è giusto equiparare le opportunità di investimento aperte ai ricchi capitalisti e ai “capitalisti” dei piani 401(k). simile:

Molti americani facoltosi e lavoratori pubblici che partecipano a piani pensionistici pubblici possono investire o sono beneficiari di investimenti in una serie di asset alternativi. Tuttavia, mentre più di 90 milioni di americani partecipano a piani a contribuzione definita sponsorizzati dal datore di lavoro, la stragrande maggioranza di questi investitori non ha l’opportunità di partecipare, direttamente o attraverso i propri piani pensionistici, alle potenziali opportunità di crescita e diversificazione associate agli investimenti in asset alternativi.

Se accettiamo la logica secondo cui i partecipanti ai fondi 401(k) dovrebbero essere considerati (per lo più) piccoli capitalisti d’azzardo che cercano non solo di preservare la propria ricchezza, ma anche di arricchirsi, allora è ovvio che queste versioni bantam di Warren Buffett dovrebbero essere autorizzate a investire in tutto ciò in cui può investire un miliardario. In effetti, da questo punto di vista, l’elenco di “investimenti alternativi” contenuto nell’ordine esecutivo di Trump, che include private equity, criptovalute e immobili, è ancora troppo cauto ed esclusivo. Perché non consentire ai piani 401(k) come ai milionari e ai miliardari di speculare su quadri di Picasso e poster di Warhol, o su auto antiche, o su Beanie Babies, o su allevatori di cincillà, o di scommettere sull’esito delle corse dei cavalli e delle elezioni politiche? In tutti questi casi può essere possibile battere i rendimenti medi dei mercati azionari e obbligazionari, almeno per un certo periodo.

La risposta è che gli americani comuni oggi sono già perfettamente liberi di cercare di arricchirsi investendo tutti i “soldi pazzi” che sono disposti a perdere in investimenti speculativi. Se volete investire tutti i soldi del vostro normale conto di risparmio tassabile in un Bored Ape Yacht Club o in un Pudgy Penguin Non-Fungible Token (NFT), nella speranza che si apprezzi e vi renda milionari o miliardari, potete già farlo.

Ma il contribuente non sovvenziona le vostre speculazioni.. Questa è la differenza tra i conti di risparmio ordinari e i conti di risparmio previdenziale fiscalmente agevolati come i 401(k) e gli IRA.

Prima degli anni ’80, la maggior parte delle pensioni dei datori di lavoro era costituita da pensioni tradizionali a prestazione definita. Ma dal 1980 al 2008, la percentuale di lavoratori del settore privato che partecipavano a piani pensionistici a prestazione definita abbandonatodal 38% al 20%, mentre quelli con solo un contributo definito sono passati dall’8% al 31%.

Entro il 2024, solo il 15% dei lavoratori del settore privato avrà un piano di previdenza sociale; è interessante notare che il settore con la più alta partecipazione ai piani di previdenza sociale, pari al 31%, è il settore della ristorazione. industria finanziariaIl che suggerisce che almeno alcuni a Wall Street sono scettici sul valore dei piani DC che vengono proposti agli altri dipendenti del settore privato.

Il settore pubblico è un’altra storia. Mentre solo il 15% dei lavoratori del settore privato aveva un piano previdenziale nel 2022, l’86% dei dipendenti statali e locali aveva un piano previdenziale. aveva accessoa uno. Tra tutti i dipendenti federali, statali e locali, il 75% ha accesso a un piano di previdenza, mentre solo il 19% partecipa a piani di previdenza.

Per anni, molti governi statali e locali, nella speranza di ridurre al minimo la responsabilità futura dei contribuenti per le promesse di pagamento dei piani a ripartizione ai pensionati, hanno incoraggiato i nuovi dipendenti a scegliere i piani a ripartizione, ma la maggior parte dei lavoratori del settore pubblico insiste ostinatamente sui piani a ripartizione quando gli viene data la possibilità di scegliere. Lo stesso vale per i molti lavoratori del settore finanziario, presumibilmente ben informati, che preferiscono i piani a ripartizione a quelli a capitalizzazione.

Il motivo è semplice: la maggior parte degli americani vuole che le proprie pensioni funzionino come rendite, fornendo un flusso prevedibile, anche se modesto, di pagamenti garantiti in pensione, piuttosto che come “denaro pazzo” da utilizzare nel tentativo di battere il mercato e arricchirsi rapidamente.

Quando si tratta di fornire un flusso garantito di reddito pensionistico agli ex dipendenti nell’ambito di una pensione a prestazione definita, i governi hanno dei vantaggi rispetto ai datori di lavoro del settore privato. Le aziende possono non rispettare le loro promesse pensionistiche fallendo, ma gli enti governativi sono immortali, a meno di rivoluzioni o conquiste dall’esterno. È vero che possono non rispettare le loro promesse, apertamente o furtivamente, permettendo all’inflazione di ridurre i benefici promessi, ma queste strategie sono pericolose in una democrazia.

A differenza delle aziende private, i governi possono pagare i pensionati con uno dei due diversi metodi, o con entrambi. Come le aziende private, gli enti pubblici possono investire le pensioni definite – sia a ripartizione che a capitalizzazione – nei mercati azionari e obbligazionari e forse in attività alternative (come fanno alcuni piani pensionistici del settore pubblico). Ma a differenza delle imprese private, il governo può anche pagare i pensionati tassando direttamente i cittadini e le imprese, ad esempio attraverso le imposte sui salari dei dipendenti e dei datori di lavoro che finanziano la previdenza sociale nel nostro sistema “a ripartizione”, in cui i lavoratori e le imprese di oggi sono tassati per pagare la pensione dei pensionati di oggi.

Dal punto di vista di un lavoratore razionale, il piano pensionistico ideale sarebbe un piano a prestazione definita offerto da un governo immortale, che può usare il suo potere di tassazione e la sua capacità di contrarre prestiti durante i periodi di crisi per garantire la capacità di pagare regolarmente le pensioni promesse. Attualmente, la Previdenza Sociale è finanziata esclusivamente dalle imposte sui salari, ma come ho sostenutoLe entrate generali derivanti da molti tipi di imposte federali possono e devono essere utilizzate anche per pagare il programma di previdenza sociale.

Idealmente, la tassazione federale diretta per pagare le prestazioni pensionistiche promesse renderebbe superfluo per il governo federale o per i governi statali e locali, o per le aziende private e i loro lavoratori, qualsiasi investimento in piani pensionistici privati. Dopo tutto, il governo può raccogliere i benefici di una bolla di Bitcoin o Beanie Babies tassando i magnati di Bitcoin e Beanie Babies, piuttosto che investendo direttamente in Bitcoin e Beanie Babies. Attività alternative? Bene, a patto che vengano tassati i proventi delle vendite di poster di Warhol e quadri di Picasso.

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Quando si inizia a tirare le fila dell’argomentazione sugli asset alternativi nelle pensioni 401(k), si svelano ipotesi ampiamente condivise. Rimane una domanda: che senso ha avere una pensione, pubblica o privata, DB o DC, investita in attività private? Perché avere un datore di lavoro per le pensioni, comprese quelle dei governi federali, statali e locali? Perché non tassare direttamente i singoli cittadini e pagare loro una rendita promessa, adeguata all’inflazione, che rifletta una qualche combinazione di anni di lavoro e reddito personale? Perché non far sì che i datori di lavoro si limitino a fornire ai lavoratori un salario dal quale siano state detratte le imposte sui salari?

La risposta è che l’attuale sistema pensionistico degli Stati Uniti non è stato progettato consapevolmente, ma si è evoluto casualmente come una combinazione di programmi diversi con storie e scopi diversi. Le pensioni a prestazione definita erano offerte da alcuni datori di lavoro, per lo più di grandi dimensioni, prima della creazione della Previdenza Sociale nel 1935. A partire dagli anni ’70, le aziende del settore privato, a differenza dei datori di lavoro pubblici, hanno iniziato a spostare il rischio dei piani pensionistici da loro stessi ai loro dipendenti, sostituendo le pensioni a prestazione definita con quelle a prestazione definita. Tutte le pensioni di qualsiasi tipo investite nel mercato azionario forniscono profitti e occupazione ai gestori di denaro, che naturalmente fanno pressione sul governo per spingere più persone nel mercato azionario, allentando al contempo le restrizioni sulla loro capacità di rastrellare commissioni dalla gestione del denaro altrui.

Se si classificano le componenti di questo miscuglio di politiche pensionistiche: dal punto di vista di un lavoratore preoccupato della stabilità del reddito in pensione, la Previdenza Sociale batte una pensione a prestazione definita investita in azioni, obbligazioni e altre attività, mentre una pensione a prestazione definita batte una pensione a contribuzione definita più rischiosa. Rispetto alla Previdenza Sociale – una versione idealizzata, se non quella attuale – una pensione a ripartizione è difettosa e una pensione a contribuzione definita è… difettosa.

Per peggiorare le cose (o per renderle più difettose), nel 2023 meno della metàdei lavoratori del settore privato (49%) ha partecipato a piani a contribuzione definita, anche se il 67% dei lavoratori vi ha avuto accesso attraverso il proprio datore di lavoro.

Il programma 401(k) avvantaggia in modo sproporzionato le persone benestanti, anche se i saldi medi dei conti sono sorprendentemente piccoli anche per i lavoratori più agiati: 188.678 dollari è il valore più alto di tutti gli altri. medianoper coloro che guadagnano 150.000 dollari all’anno.

Il saldo mediano del 401(k) per i sessantenni è di 210.724 dollari, che, con un tasso di prelievo del 4%, vi darà appena 702 dollari al mese prima delle tasse. Per tutti, tranne che per pochi, il 401(k) è al massimo un’integrazione alla previdenza sociale e ad altre entrate in pensione.

Ciò sottolinea l’irrealtà di entrambi gli schieramenti, pro e contro, nel dibattito sugli investimenti in asset alternativi da parte dei piani 401(k). Il piano di Trump di “democratizzare l’accesso agli asset alternativi” riguarda solo la metà della popolazione che effettivamente partecipa al programma 401(k), soprattutto la metà superiore più benestante. Ma per quanto molti di loro siano benestanti rispetto al pubblico americano in generale, la maggior parte dei partecipanti ai piani 401(k) sono tutt’altro che ricchi e descriverli, come fa l’amministrazione, come “investitori” è un po’ una forzatura, come mettere insieme il baseball della Little League e il baseball professionistico come “giocatori di baseball” che meritano le stesse opportunità.

Nel suo libro L’investitore intelligente(1949), il leggendario investitore di Wall Street Benjamin Graham ha diviso gli investitori in due tipi: investitori attivi o intraprendenti e investitori passivi o difensivi. L’investitore intraprendente cerca di battere il mercato, mentre l’investitore difensivo cerca di prevenire le perdite ottenendo rendimenti medi, non spettacolari, sugli investimenti. Graham riteneva che solo pochi avessero l’intelligenza, il temperamento, la disciplina e la fortuna per essere investitori intraprendenti. La maggior parte delle persone dovrebbe quindi essere un investitore difensivo, che cerca passivamente di preservare la propria ricchezza.

John C. Bogle, che ha fondato Vanguard per dare agli investitori difensivi l’accesso a fondi indicizzati ampi e relativamente sicuri con basse commissioni di gestione, ha riconosciuto l’influenza di Graham. Lo stesso ha fatto l’investitore più intraprendente del nostro tempo, Warren Buffett. Anche se Buffett ha fatto fortuna scegliendo azioni particolari, il piano che ha annunciato pubblicamenteper la futura eredità della vedova è quello adatto a un investitore difensivo, con il 90% investito in un fondo indicizzato S&P 500 a basso costo e il 10% in titoli di Stato a breve termine.

Mancano nel piano di investimento di Buffett per la signora Buffett: asset alternativi di qualsiasi tipo.

Alcuni partecipanti ai piani 401(k), come i partecipanti ai piani pensionistici offerti da Vanguard e da altre società di fondi comuni, possono scegliere tra investimenti a basso rischio e bassa remunerazione e investimenti ad alto rischio e alta remunerazione. Ma questo permette ai partecipanti ai piani 401(k) di scegliere tra essere investitori difensivi e cercare di essere investitori intraprendenti.

Perché dare loro la possibilità di scegliere? Non esiste un caso plausibile di investimenti ad alto rischio e ad alto rendimento in conti pensionistici di qualsiasi tipo favoriti dai contribuenti, compresi gli IRA e i 401(k). Perché io, contribuente, devo sovvenzionare il gioco d’azzardo del mio collega? Come hanno riconosciuto Graham, Buffett e Bogle, la stragrande maggioranza degli aspiranti investitori intraprendenti non riuscirà a battere il mercato se ci prova da sola. Se delegano il compito di battere il mercato ai gestori di fondi comuni, è probabile che questi procuratori non solo falliscano, ma anche che incassino commissioni elevate dai conti gestiti, che non sono tenuti a rimborsare se le loro scommesse vanno male.

Vogliamo capitalisti brillanti, in grado di individuare le opportunità di investimento per battere il mercato, almeno quando gli investimenti contribuiscono alla crescita della produttività e non sono dispendiosi o parassitari. Ma poche persone possono essere grandi capitalisti. E non c’è alcun motivo per avere programmi fiscalmente agevolati per milioni di investitori poco sofisticati, di piccole dimensioni, aspiranti imprenditori o per i loro agenti che percepiscono commissioni, così come non c’è motivo di usare le spese fiscali per sovvenzionare milioni di aspiranti atleti olimpici o aspiranti star di Broadway, quasi tutti destinati a fallire.

Il capitalismo americano è fiorito prima della diffusione del 401(k) negli anni ’70 e ’80, e sopravviverà in futuro alla scomparsa o alla mutazione del programma 401(k) relativamente recente. Nel frattempo, se i contribuenti devono sovvenzionare programmi di pensionamento fiscalmente agevolati come i 401(k) che effettuano investimenti, i piani di investimento dovrebbero essere monotoni e sicuri come quello della vedova di Warren Buffett. I soldi pazzi vanno bene, ma non se sono dei contribuenti.

Trump punta sulla “patria”: colpo di grazia ai neoconservatori? O semplicemente imperialismo in una nuova veste?_di Simplicius

Trump punta sulla “patria”: colpo di grazia ai neoconservatori? O semplicemente imperialismo in una nuova veste?

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I principali media stanno riportando che gli Stati Uniti sono pronti a spostare la loro intera strategia geopolitica dall’Eurasia alla propria sfera di influenza nell’emisfero occidentale. Questo è quanto riferiscono “fonti” informate su un nuovo quadro strategico di difesa nazionale, il cui principale artefice è Elbridge Colby, sottosegretario alla Difesa per la politica.

Dal link Politico sopra riportato::

I funzionari del Pentagono stanno proponendo al dipartimento di dare priorità alla protezione della patria e dell’emisfero occidentale, un’inversione di rotta sorprendente rispetto al mandato pluriennale delle forze armate di concentrarsi sulla minaccia proveniente dalla Cina.

Una bozza della più recente Strategia di Difesa Nazionale, che è arrivata sulla scrivania del Segretario alla Difesa Pete Hegseth la scorsa settimana, pone le missioni nazionali e regionali al di sopra della lotta contro avversari come Pechino e Mosca, secondo tre persone informate sulle prime versioni del rapporto.

Questo è particolarmente interessante perché, come osserva Politico, Elbridge Colby è stato in passato un falco nei confronti della Cina, e Trump e i suoi responsabili politici hanno in generale citato la Cina come la principale minaccia per gli Stati Uniti, sostenendo una rapida conclusione della guerra in Ucraina al solo scopo di poter passare alla cosiddetta “minaccia cinese”.

Quindi, se queste voci sono vere, perché questo improvviso cambiamento di posizione su una questione geopolitica così importante?

Bernhard al MoA sembra aver trovato la spiegazione più realistica:

Colby vuole cambiare la politica di difesa degli Stati Uniti, passando da un approccio incentrato sulla Cina, come aveva sostenuto in precedenza, a uno incentrato sull’emisfero occidentale. È possibile che abbia acquisito nuove informazioni che hanno modificato la sua opinione.

Il fallito tentativo della Marina degli Stati Uniti di garantire la sicurezza della navigazione nel Mar Rosso dagli attacchi degli Houthi nello Yemen potrebbe aver causato tale ripensamento. Così come potrebbe averlo causato la sconfitta della guerra per procura degli Stati Uniti e della NATO contro la Russia in Ucraina.

Oppure ha confrontato i video della parata militare “woke” degli Stati Uniti a Washington DC (vid) all’inizio di quest’anno con quella recente e impeccabile in Cina (vid)? La differenza era davvero evidente. Ciò dimostrava che gli Stati Uniti non hanno alcuna possibilità di vincere una guerra contro la Cina.

Trump sembra ammettere che la Cina sta vincendo.

B continua condividendo questo post piuttosto emblematico di Trump:

Trump sembra esprimere la sua indifferenza nei confronti dell’unione tra Cina, Russia e India, anche se potrebbe trattarsi di una sorta di finta affettazione dovuta a una sua auto-ammessa impotenza nelle circostanze. In realtà, le recenti azioni di Trump sembrano quasi progettate per allontanare l’India dagli Stati Uniti e avvicinarla alla Cina e alla Russia, come se il piano fosse quello di isolare intenzionalmente gli Stati Uniti in una sorta di astuta manovra 4D per superare in astuzia l’establishment bellicista e militare-industriale. Questo stile di geopolitica da maestro ubriaco di Kung Fu lascia intendere quali risultati positivi e di successo siano stati progettati e quali siano frutto di pura fortuna caotica, il che, per ora, lascia Trump come una sorta di enigma definitivo come presidente.

In base a questa notizia, il Financial Times riporta che gli Stati Uniti sono pronti a tagliare i fondi destinati alla sicurezza dei paesi europei confinanti con la Russia.

Gli Stati Uniti intendono eliminare gradualmente i programmi di assistenza alla sicurezza per gli eserciti europei lungo il confine con la Russia, spingendo il continente a sostenere maggiori spese per la propria difesa.

La scorsa settimana i funzionari del Pentagono hanno informato i diplomatici europei che gli Stati Uniti non finanzieranno più i programmi di addestramento e equipaggiamento delle forze armate dei paesi dell’Europa orientale che sarebbero in prima linea in caso di conflitto con la Russia, secondo quanto riferito da fonti informate sulla questione.

Ora Trump ha lanciato un’iniziativa per mettere sotto la custodia dell’esercito e dell’ICE le città statunitensi afflitte dalla criminalità e dalla disfunzionalità, come ha fatto a Washington.

Questo ha portato molti a concludere naturalmente che Trump stia davvero dando priorità alla sfera interna rispetto alle questioni globali e internazionali, muovendosi con coraggio per liberare gli Stati Uniti dalla loro disastrosa traiettoria egemonica guidata dai neoconservatori.

Ma come ha osservato B nel suo precedente articolo su MoA, non ci sono ancora elementi concreti che dimostrino che queste mosse cambieranno effettivamente gli equilibri:

È difficile credere, tuttavia, che l’amministrazione Trump sarà in grado di cambiare la grande strategia degli Stati Uniti. Qualsiasi cambiamento avverrà tipicamente solo a passo di lumaca. Ci vorrebbe il sostegno di tutti i partiti per più amministrazioni. Il pivot verso l’Asia è stato lanciato dall’amministrazione Obama nel 2010 e da allora è stato seguito da tutte quelle successive.

Nell’ultimo anno gli Stati Uniti hanno esortato i propri “alleati” a investire maggiormente nella difesa rispetto al passato. Spostare le risorse statunitensi dai luoghi in cui gli alleati assumono il controllo non rappresenta un vero cambiamento di strategia.

Gli Stati Uniti si ritirano dall’Ucraina, ma spingono gli europei a continuare la guerra contro la Russia. L’obiettivo generale di “indebolire la Russia” rimane quindi invariato.

Quindi, mentre le risorse militari statunitensi si riducono o si spostano verso questioni geograficamente più vicine, l’obiettivo strategico generale, ovvero il raggiungimento della supremazia globale degli Stati Uniti, potrebbe rimanere invariato. È solo che altri sono costretti a sostenere un onere maggiore per raggiungerlo. La pressione esercitata da Colby su Australia e Giappone va in questa direzione.

Ricordiamo che anche sotto Trump gli Stati Uniti hanno temporeggiato per anni sulle iniziative volte a ritirare le truppe dall’Iraq, dall’Europa, ecc. All’ultimo momento viene sempre tirata fuori una scusa che fa guadagnare tempo al MIC e mantiene le forze di occupazione statunitensi in luoghi dove la loro presenza alimenta conflitti, esacerba le tensioni e provoca inutilmente i cosiddetti “avversari” come Russia, Cina o Iran. Le truppe statunitensi in Siria, ad esempio, che Trump non è riuscito a ritirare, non hanno fatto altro che facilitare il conflitto, agire come JTAC per i corridoi di attacco israeliani, ecc. L’affermazione di essere una sorta di “forze di pace” è una farsa.

Non c’è da stupirsi che Trump proclami con orgoglio il “Dipartimento della Guerra” mentre predica una pace fittizia e l’isolazionismo:

Ma la conseguenza più rappresentativa di questo apparente riorientamento verso l’emisfero occidentale è l’improvvisa attenzione di Trump verso il Venezuela.

Con il falso pretesto di combattere i cartelli della droga, l’amministrazione Trump ha intensificato la pressione militare contro il governo di Maduro, dimostrando che il cosiddetto approccio “anti-neocon” potrebbe essere semplicemente la solita vecchia ” egemonismo” sotto una veste diversa, come aveva accennato B. B.

È stato dimostrato che solo una minima parte dei narcotici presenti negli Stati Uniti proviene dal Venezuela, quindi l’improvvisa diplomazia delle cannoniere ad alto numero di ottani di Trump nei confronti del Venezuela è chiaramente volta a colpire il “regime” sgradito di Maduro e a ripulire il cortile degli Stati Uniti da qualsiasi presenza o “ingerenza” ostile, ovvero cinese, iraniana o russa.

È ovvio che il falso pretesto della “droga” serva solo a legittimare l’ingerenza e gli attacchi degli Stati Uniti contro il governo venezuelano legittimamente eletto, il che solleva nuovamente la questione se Trump sia davvero contrario alla guerra o semplicemente contrario alle guerre ritenute non redditizie per gli Stati Uniti.

Non solo gli Stati Uniti stanno inviando navi da guerra nella regione, ma stanno anche schierando gli F-35 con il pretesto di combattere i “cartelli della droga”, una copertura ridicola:

L’America posiziona i caccia più vicini al Venezuela.

Gli Stati Uniti hanno ordinato che 10 caccia F-35 siano di stanza in un aeroporto di Porto Rico per operazioni “contro i cartelli della droga”. Lo riferisce Reuters. Gli aerei dovrebbero arrivare entro la fine della prossima settimana.

Inoltre, sono attualmente in corso esercitazioni di sbarco marittimo organizzate dalla 22ª Unità di spedizione dei Marines.

Gli Stati Uniti non prestano attenzione al traffico di droga proveniente da altri paesi, come la Colombia, perché mai dovrebbero farlo? La Colombia invia militanti in Ucraina e il Venezuela ha un leader che non gradiscono. Soprattutto perché questo paese produce anche petrolio.

Perché i caccia stealth di quinta generazione più avanzati al mondo, che costano 50.000 dollari all’ora di volo, sono una necessità contro le imbarcazioni disarmate pilotate dai contadini “venezuelani”.

Ora i marines statunitensi stanno persino addestrandosi a sbarchi anfibii tramite hovercraft nei vicini Caraibi meridionali:

GUARDA: L’esercito statunitense sta conducendo esercitazioni di sbarco anfibio a Porto Rico, in particolare sulle spiagge meridionali che ricordano molto la costa del Venezuela.

Trump accenna alla possibilità di attaccare i “cartelli della droga” all’interno del Venezuela stesso, ma non all’interno della Colombia, naturalmente:

Attaccare il Venezuela con navi da guerra e F-35 per eliminare i “cartelli della droga” è una giustificazione plausibile quanto colpire gli ospedali palestinesi per sradicare “Hamas”.

In realtà, la brusca svolta sembra fortemente un disperato stratagemma per ottenere un’altra rapida “vittoria” per Trump dopo una serie di deludenti fallimenti e umiliazioni nei tentativi di intimidire economicamente l’India, costringere la Russia alla resa, migliorare i dati economici poco brillanti, ecc., e forse anche come diversivo dal crescente scandalo Epstein. Trump è determinato a ottenere la sua vittoria da qualche partein qualche modo, in modo da non rimanere a corto di elogi brillanti da sfoggiare durante i accesi scambi con la stampa.

Ora si dice che il Venezuela stia schierando cannoniere armate con missili anti-nave di fabbricazione iraniana come misura precauzionale:

Il Venezuela schiera nuove imbarcazioni d’assalto di fabbricazione iraniana

Dotato di missili da crociera antinave CM-90, progettati per colpire navi da guerra di grandi dimensioni

Trump ha anche dato ai suoi generali il permesso di abbattere gli aerei venezuelani che “minacciano” le navi da guerra statunitensi radunate vicino alle acque venezuelane.

Pochi dissentirebbero sul fatto che sarebbe un prezzo piccolo e degno da pagare se il rilancio della Dottrina Monroe da parte di Trump significasse effettivamente che gli Stati Uniti lascerebbero in pace il resto del mondo; dopotutto, evitare una terza guerra mondiale contro una superpotenza come la Cina è preferibile a quasi qualsiasi altra opzione. Sebbene ovviamente rappresenterebbe ancora un’ingiustizia imperialistica nei confronti del Venezuela, almeno potrebbe essere vagamente giustificato dalla posizione “realista” secondo cui alle grandi potenze spettano le loro sfere di influenza. Ma ovviamente questo non ha senso quando gli Stati Uniti continuano a coltivare politiche di ipocrisia palese interferendo continuamente negli affari russi, cinesi e indiani, tra molti altri.

Va inoltre ricordato che le ignobili manovre geopolitiche di Trump sono state nuovamente messe in luce in concomitanza con le suddette notizie provenienti dal Venezuela, quando è trapelata la notizia che nel 2019 Trump aveva approvato una missione segreta di sabotaggio dei Navy SEAL contro la Corea del Nord, che ha portato all’omicidio a sangue freddo di pescatori civili della Repubblica Popolare Democratica di Corea.

https://www.nytimes.com/2025/09/05/us/navy-seal-north-korea-trump-2019.html

L’aspetto più eclatante della vicenda, che dimostra la ormai famosa doppiezza di Trump – recentemente dimostrata nei negoziati con l’Iran – è che Trump ha attivato questa missione virtualmente mentre posava per le telecamere e stringeva la mano a Kim Jong Un nella foto-opportunità sul ponte della zona demilitarizzata, che cercava di ritrarre Trump come un grande unificatore e mediatore generazionale di pace.

Certo, dobbiamo essere un po’ diffidenti nei confronti della notizia, vista la tempistica e le solite fonti “anonime”. Ma il NYT sostiene di aver parlato con diverse decine di persone coinvolte, il che sembra difficile da falsificare. È più probabile che abbiano tenuto nascosta una notizia vera per pubblicarla in un momento politicamente opportuno per screditare Trump, che è solitamente il modo in cui funzionano queste cose. Questo non scagiona esattamente Trump, ma piuttosto accusa sia lui che i media mainstream come due facce della stessa medaglia senza lustro.

In ogni caso, ciò dimostra la scarsa fiducia e la natura mercenaria della classe politica statunitense, che rende impossibile per i paesi in via di sviluppo del Sud del mondo prendere sul serio qualsiasi apertura di presunta concordia o amicizia. Ciò dovrebbe contestualizzare ulteriormente il cosiddetto “pivot” verso l’emisfero occidentale venduto da Politico: gli Stati Uniti sono incapaci di raggiungere accordi dopo anni di eccezionalismo politico coltivato che ha generato una classe politica di cretini spudoratamente immorali per i quali la responsabilità e l’etica sono solo meri strumenti di contrattazione “opzionali” o banalità opportunistiche da scartare a piacimento.

Sembra che, nella sua agonia imperialistica, gli Stati Uniti come entità politica non ricordino più come funzionare senza violenza, aggressività, dominio, ecc. È come cercare di addomesticare un animale selvatico che ha trascorso tutta la sua vita strappando carne viva con i denti, bagnando il proprio pelo di sangue, reagendo con intento omicida a ogni strano mormorio nel cuore della notte. Gli Stati Uniti hanno perso ogni capacità di funzionare come uno Stato normale, alla pari con gli altri, in un mondo in rapida evoluzione in cui tali modi di esistere sono considerati sempre più barbari e antidiluviani.

Forse, in modo controintuitivo e inaspettato, Trump ci sorprenderà rappresentando un ultimo tentativo di correggere la rotta. Forse questa “svolta” è davvero un sincero tentativo di riprendere il controllo di questo camion a diciotto ruote in corsa, scegliendo il male minore per allontanare lentamente la macchina da guerra statunitense dalla sua fatale brama di dominio mondiale. È vero, a volte le cose devono essere prese con moderazione, poiché smettere di colpo potrebbe avere conseguenze devastanti.

Ma certamente non si può giudicare chi ha perso l’interesse per speranze inconsistenti e sogni “4D”.


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Via terra o via mare, di S C M Paine Foreign Affairs

Via terra o via mare

Potere continentale, potere marittimo e lotta per un nuovo ordine mondiale

S. C. M. Paine

Settembre/ottobre 2025 Pubblicato il 19 agosto 2025

Eoin Ryan

S. C. M. PAINE è professore universitario di storia e grande strategia William S. Sims emerito presso l’U.S. Naval War College. Le opinioni qui espresse sono sue.

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La competizione tra grandi potenze definisce ancora una volta le relazioni internazionali. Ma i contorni esatti della competizione odierna restano oggetto di dibattito. Alcuni osservatori sottolineano i precedenti ideologici della Guerra Fredda. Altri si concentrano sui mutati equilibri militari. Altri ancora evidenziano i leader e le loro scelte. In realtà, i conflitti moderni sul sistema internazionale derivano da un disaccordo di lunga data, anche se non riconosciuto, sulle fonti del potere e della prosperità. La disputa ha origine dalla geografia e ha prodotto due prospettive globali antitetiche: una continentale e l’altra marittima.

Nel mondo continentale, la moneta del potere è la terra. La maggior parte dei Paesi, per ragioni geografiche, vive in un mondo continentale con più vicini. Tali vicini sono stati, storicamente, i principali avversari degli altri. Quelli che hanno abbastanza potere da conquistare gli altri – egemoni continentali come Cina e Russia – credono che il sistema internazionale debba essere diviso tra loro in enormi sfere di influenza. Incanalano risorse nei loro eserciti per proteggere i confini, conquistare e intimidire i vicini in guerre che distruggono la ricchezza, e rafforzano il governo autoritario in patria per dare priorità alle esigenze militari rispetto a quelle civili. Il risultato è un circolo vizioso. Per giustificare la loro repressione e mantenere il trono, i despoti hanno bisogno di un grande nemico e creano minacce alla sicurezza che portano ad altre guerre.

Al contrario, gli Stati con un fossato oceanico hanno una relativa sicurezza dalle invasioni. Possono quindi concentrarsi sull’accumulo di ricchezza piuttosto che sulla lotta contro i vicini. Questi Stati marittimi considerano il denaro, non il territorio, come fonte di potere. Promuovono la prosperità interna attraverso il commercio internazionale e l’industria, riducendo al minimo il compromesso tra esigenze militari e civili. Mentre gli egemoni continentali si orientano verso strategie di gioco finite, che rovinano gli sconfitti, quelli che fanno parte dell’ordine marittimo preferiscono il gioco infinito delle transazioni reciprocamente vantaggiose e che generano ricchezza. Considerano i vicini come partner commerciali, non come nemici.

La visione del mondo marittimo risale agli antichi Ateniesi, il cui impero dipendeva dall’accumulo di ricchezza dal commercio costiero. Questi Stati desiderano trattare gli oceani come beni comuni, in modo che tutti possano condividerli e commerciare in sicurezza. Non è un caso che Hugo Grotius, il padre fondatore del diritto internazionale, provenisse dalla Repubblica olandese, un impero commerciale. Dopo la Seconda guerra mondiale, i Paesi con una mentalità commerciale hanno sviluppato istituzioni regionali e globali per facilitare il commercio, ridurre al minimo i costi di transazione e creare ricchezza. Hanno coordinato le loro guardie costiere e le loro marine per eliminare la pirateria, in modo da far passare il commercio. Questo ha prodotto un ordine marittimo in evoluzione, basato su regole, con decine di membri che insieme applicano le norme che li proteggono tutti.

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La competizione odierna è solo l’ultima iterazione del conflitto continentale-marittimo. Dalla Seconda guerra mondiale, la strategia degli Stati Uniti riflette la loro posizione di potenza marittima. A causa della sua struttura economica, il Paese ha interesse a mantenere gli scambi e il commercio. Inoltre, grazie alla sua geografia e alla sua forza, può impedire ai Paesi di minare la sovranità di altri Stati. Cina, Iran, Corea del Nord e Russia, invece, vogliono minare l’ordine basato sulle regole perché i loro leader considerano le società più liberali una minaccia esistenziale al loro dominio e alle loro visioni di sicurezza nazionale.

Gli Stati Uniti possono prevalere nella seconda guerra fredda, proprio come nella prima, attenendosi alle strategie di successo del potere marittimo. Ma se tornano a un paradigma continentale – erigendo barriere, minacciando i vicini e minando le istituzioni globali – è probabile che falliscano. Potrebbe quindi non essere in grado di riprendersi.

I TRUCCHI DEL MESTIERE

Il Regno Unito ha sviluppato il moderno manuale marittimo per contrastare le potenze continentali durante le guerre napoleoniche. Londra divenne la potenza dominante del mondo non schierando il proprio esercito per annientare i rivali, ma arricchendosi con il commercio e l’industria mentre gli altri Paesi europei si rovinavano militarmente a vicenda. Tutti gli Stati continentali dovevano mantenere grandi eserciti per conquistare o per evitare di essere conquistati. Spesso organizzavano le loro economie in base alle esigenze dell’esercito, non dei mercanti. Ma il Regno Unito, protetto su ogni lato dall’acqua e dalla sua marina dominante, temeva meno le invasioni. Non aveva quindi bisogno di una forza di terra grande, costosa e potenzialmente generatrice di colpi di stato. Si concentrò sull’accrescimento della sua ricchezza attraverso il commercio, affidandosi alla sua marina per difendere le rotte di navigazione.

Solo tra tutte le grandi potenze, il Regno Unito fece parte di tutte le successive coalizioni che combatterono la Francia. Dopo che la Royal Navy sconfisse Napoleone a Trafalgar, quest’ultimo passò a una strategia economica. Impose un blocco continentale al commercio britannico, noto come Sistema Continentale, una strategia che Napoleone descrisse come la France avant tout (la Francia prima di tutto). Ma questo blocco danneggiò le economie della Francia e dei suoi alleati molto più di quanto fece il Regno Unito, che aveva accesso marittimo a mercati alternativi in tutto il pianeta. Il blocco portò Napoleone a lanciare la sua rovinosa invasione della Russia, che continuava a commerciare con gli inglesi.

Nel mondo continentale, la moneta del potere è la terra.

Piuttosto che combattere direttamente le grandi forze armate di Napoleone, il Regno Unito usò la sua crescente ricchezza per finanziare e armare l’Austria, la Prussia, la Russia e numerosi Stati minori, che insieme bloccarono il grosso delle forze napoleoniche sul fronte principale in Europa centrale o orientale. Gli inglesi aprirono poi un teatro periferico nella penisola iberica, quella che Napoleone chiamava la sua “ulcera spagnola”, che aveva un accesso migliore al mare che alla terraferma, in modo da favorire i tassi di logoramento. Le perdite cumulate di questo e del fronte principale finirono per sovraccaricare Napoleone, condannando le sue forze armate quando i suoi avversari si coalizzarono simultaneamente. Praticamente tutti i Paesi europei subirono ingenti danni di guerra, ma l’economia britannica ne uscì indenne. Lo stesso accadde agli Stati Uniti in entrambe le guerre mondiali.

Dopo le guerre napoleoniche, la rivoluzione industriale introdusse un’ulteriore crescita economica. Ciò inclinò ancora di più il campo di gioco a favore delle potenze marittime. Improvvisamente, era molto più facile accumulare potere grazie all’industria, al commercio e agli scambi piuttosto che grazie a guerre che distruggevano la ricchezza. Ciò dipendeva dalle linee di comunicazione esterne fornite dai mari piuttosto che da quelle interne che le potenze continentali, come la Francia napoleonica, sfruttavano per difendere ed espandere i loro imperi. Di conseguenza, oggi l’ordine mondiale è di natura marittima, anche se pochi lo percepiscono come tale. Circa la metà della popolazione mondiale vive sul mare, le aree costiere creano circa due terzi della ricchezza globale, il 90% delle merci scambiate (misurate in base al peso) arriva a destinazione attraverso gli oceani e i cavi sottomarini rappresentano il 99% del traffico di comunicazione internazionale. Gli organismi e i trattati internazionali regolano il commercio. I mari collegano tutti con tutto. Nessuno Stato può tenerli aperti, ma una coalizione di Stati costieri può renderli sicuri per il transito.

Questo sistema ha portato ampi benefici alla popolazione mondiale. Le regole del commercio hanno minimizzato le strozzature, riducendo i costi. I mari aperti e sicuri facilitano la crescita economica, aumentando il tenore di vita. Le persone possono viaggiare, lavorare e investire all’estero. I miliardari sono i maggiori beneficiari dell’ordine marittimo perché sono quelli che hanno più da perdere in caso di confisca quando le regole scompaiono e perché i loro interessi economici sono globali. I Paesi che fanno parte dell’ordine marittimo sono molto più ricchi di quelli che cercano di minarlo. Anche coloro che intendono rovesciare questo sistema ne hanno beneficiato. La Cina, ad esempio, si è arricchita solo dopo aver aderito all’ordine marittimo con la fine della Guerra Fredda. Le economie iraniane e russe sono una frazione di quello che potrebbero essere se seguissero il diritto internazionale e costruissero istituzioni per proteggere i loro cittadini invece dei loro dittatori.

CONQUISTARE E CROLLARE

Nel mondo continentale, il potere è funzione del territorio. I vicini sono pericolosi. Poiché quelli forti possono invadere, gli egemoni continentali lavorano per destabilizzare i Paesi vicini. In tempi moderni, lo fanno sommergendoli di fake news per alimentare i risentimenti interni e i disaccordi regionali. Anche i vicini deboli rappresentano una minaccia, in quanto il terrorismo e il caos possono infiltrarsi nei confini comuni. Per proteggersi e accrescere il proprio potere, gli Stati continentali spesso invadono e ingeriscono i loro vicini, eliminando le potenziali minacce dalla mappa.

Nel loro sforzo di aumentare le dimensioni e il potere, gli egemoni continentali di successo seguono due regole: evitare guerre su due fronti e neutralizzare le grandi potenze vicine. Ma la teoria continentale della sicurezza non fornisce consigli su quando smettere di espandersi e non produce alleanze permanenti. I vicini capiscono che l’egemone promette problemi a lungo termine. Di conseguenza, i continentali si ritrovano spesso sovraestesi, soli e, alla fine, a rischio di collasso. Sia le guerre per il territorio che la destabilizzazione dei vicini distruggono rapidamente la ricchezza.

La Germania, ad esempio, avrebbe potuto dominare economicamente il continente europeo durante il XX secolo, dato il suo tasso di crescita economica più rapido rispetto ai suoi vicini. Invece, ha combattuto due guerre mondiali espansionistiche. In entrambe, ha violato le regole dell’impero continentale combattendo su più fronti contro più grandi potenze. Le guerre, lungi dal consolidare il dominio della Germania, ne hanno ritardato l’ascesa di generazioni, con un costo enorme in termini di vite e di ricchezza in tutta Europa.

Portaerei statunitensi in addestramento nel Mar del Giappone, giugno 2017Marina statunitense / Reuters

Allo stesso modo, il Giappone ha prosperato con un ordine commerciale marittimo. Poi, negli anni Trenta, ha adottato un paradigma continentale e ha conquistato un grande impero sulla terraferma asiatica. Come nel caso della Germania, la sua ricerca ha inizialmente fruttato un territorio, ma ha prodotto nemici multipli e una sovraestensione militare ed economica che ha distrutto sia il Giappone che i paesi invasi. Nel dopoguerra il Giappone tornò a un paradigma marittimo che prevedeva il ricorso a organizzazioni internazionali e al diritto internazionale. Questo ha prodotto il miracolo economico giapponese, in cui un Paese in rovina è diventato rapidamente uno dei più ricchi del mondo (anche Hong Kong, Singapore, Corea del Sud e Taiwan hanno avuto miracoli economici della Guerra Fredda grazie al sistema marittimo).

L’eccessiva estensione è stata anche alla base della caduta dell’Unione Sovietica. Quell’impero non solo ha inglobato l’Europa dell’Est alla fine della Seconda Guerra Mondiale, ma ha imposto un modello economico favorevole al governo dittatoriale, ma non alla crescita economica. Poi ha esteso questo programma a tutto il mondo in via di sviluppo possibile. Alla fine, la letargica economia sovietica non poteva sostenere le avventure imperiali e i progetti impraticabili di Mosca.

Nella Prima guerra mondiale, tutte le potenze europee, compreso il Regno Unito, perseguirono strategie continentali che richiedevano l’impiego di eserciti massicci per costituire imperi diversi con territori sovrapposti. Ogni Stato aveva avversari primari e teatri primari diversi, anche all’interno di ogni sistema di alleanze. Ciò ha prodotto una serie di guerre parallele e non coordinate. Le potenze europee, compreso il Regno Unito, si trovarono in difficoltà anche perché permisero agli ufficiali dell’esercito di supervisionare lo sforzo bellico con un apporto inadeguato da parte dei leader civili, che avevano una conoscenza approfondita delle basi economiche del potere. Gli ufficiali dell’esercito raddoppiarono le offensive per mesi, sprecando centinaia di migliaia di giovani vite piuttosto che ammettere la sregolatezza della loro strategia.

Probabilmente nessun Paese europeo si è ripreso completamente dalle perdite della Prima Guerra Mondiale. La guerra distrusse gli imperi continentali che avevano insistito nel combatterla: Austria-Ungheria, Germania e Russia. Nonostante la vittoria, la Francia e il Regno Unito si trovarono in una situazione peggiore. Gli Stati Uniti emersero disgustati dagli intrecci europei, spianando la strada ai primi americani, che promossero tariffe che aggravarono la Grande Depressione e gettarono le basi per una nuova guerra mondiale. Al contrario, durante la lunga pace tra le guerre napoleoniche e la prima guerra mondiale, l’Europa si arricchì ulteriormente. Allo stesso modo, quando gli Stati Uniti seguirono il paradigma marittimo per vincere la Seconda Guerra Mondiale, ne derivò una prosperità senza precedenti. A differenza del primo dopoguerra, Washington non si ritirò nell’isolazionismo. Al contrario, ha assunto il ruolo di leader aiutando i partner a ricostruire e agendo come garante di un sistema internazionale creato in collaborazione con gli alleati del dopoguerra per preservare la pace. Queste istituzioni hanno avuto successo in Europa fino a quando il presidente russo Vladimir Putin non ha invaso l’Ucraina.

I CANI DA GUERRA

La maggior parte dei Paesi è geograficamente continentale. Non hanno un fossato oceanico che li isoli completamente dalle minacce. Solo l’ordine marittimo basato su regole offre a questi Stati una protezione completa. Le istituzioni e i sistemi di alleanze integrano le diverse capacità dei molti per contenere le minacce dei pochi. Sono il programma di assicurazione dell’ordine basato sulle regole. Non possono eliminare del tutto i pericoli, ma se i membri si coordinano per massimizzare la loro crescita economica e limitare i continentali, possono minimizzare i rischi.

Ma nel mondo ci sono ancora molti continentali convinti. Putin ha chiarito che intende espandere i confini della Russia. Il suo obiettivo iniziale è il controllo dell’Ucraina, l’antipasto prima della portata principale. “C’è una vecchia regola secondo cui ovunque metta piede un soldato russo, quello è nostro”, ha detto Putin, illustrando il suo menu. Il menu comprende, come minimo, l’Europa centrale e orientale, occupata dalle truppe sovietiche dopo la Seconda Guerra Mondiale. La sua dichiarazione potrebbe anche far pensare a un potere su Parigi, che le truppe russe raggiunsero alla fine delle guerre napoleoniche.

Come durante la prima Guerra Fredda, Mosca vuole dividere l’Occidente sia dall’esterno che dall’interno. Sin dalla Rivoluzione bolscevica, i russi hanno eccelso nella propaganda. L’hanno usata per commercializzare con successo il comunismo in tutto il mondo, costando a molti Paesi decenni di crescita. Ora, la Russia sta usando la propaganda per diffondere l’idea che la NATO minacci la Russia e non il contrario. (I Paesi della NATO non ambiscono al territorio di Mosca; vogliono che la Russia affronti il suo disordine interno e diventi un membro costruttivo del sistema internazionale).

Le regole di trading hanno ridotto al minimo i colli di bottiglia, riducendo i costi.

I social media hanno aumentato radicalmente la capacità della Russia di seminare discordia all’estero, cosa che fa fomentando l’odio da entrambe le parti su questioni divisive. Mosca ha cercato di trasformare la guerra in Ucraina in una questione che divide gli Stati Uniti dall’Europa e i diversi Stati europei tra loro, indebolendo sia la NATO che l’UE. Ha contribuito a promuovere la Brexit, che ha eroso i legami del Regno Unito con il continente. Ha contribuito a creare massicci flussi di migranti sostenendo le forze del dittatore Bashar al-Assad durante la guerra civile siriana e ora destabilizzando l’Africa, facendo riversare i rifugiati in Europa. Questi afflussi sono stati profondamente destabilizzanti, facilitando l’ascesa della destra isolazionista del continente.

Anche altre potenze continentali desiderano rovesciare l’attuale ordine globale. La Corea del Nord vuole il controllo dell’intera penisola coreana, eliminando la Corea del Sud. Il teatro principale dell’Iran è il Medio Oriente, dove Teheran cerca di estendere la sua influenza su Gaza, Iraq, Libano e Siria.

Poi c’è la Cina. La decisione del Paese di integrarsi nell’attuale ordine mondiale alla ricerca di ricchezza ha suggerito che, nonostante il suo governo autoritario, potrebbe adottare una prospettiva marittima. Ha persino costruito una grande marina militare. Ma Pechino non può dispiegarla in modo affidabile in tempo di guerra a causa dei mari stretti, poco profondi, isolati e chiusi che circondano le sue coste. Ciò la rende molto simile alla Germania, che ha costruito grandi marine che non ha potuto utilizzare in modo affidabile in nessuna delle due guerre mondiali. Il Regno Unito bloccò lo stretto Mare del Nord e il Mar Baltico, eliminando il traffico mercantile della Germania e riducendo il suo traffico navale principalmente ai sottomarini. Nella Seconda Guerra Mondiale, Berlino ha richiesto le lunghe coste francesi e norvegesi per avere un’uscita più affidabile per i suoi sottomarini, ma questo era ancora insufficiente per la sua marina, per non parlare della sua marina mercantile. La Cina è ancora più dipendente dal commercio e dalle importazioni di quanto lo fosse la Germania di allora, in particolare per quanto riguarda l’energia e il cibo. Le strozzature economiche dovute all’interruzione del commercio oceanico debiliterebbero la sua economia.

Installazione di una mina anticarro, Chasiv Yar, Ucraina, ottobre 2024Oleg Petrasiuk / Forze armate ucraine / Reuters

Come ha dimostrato l’Ucraina con l’affondamento delle navi russe, i droni possono chiudere i mari stretti. La Cina ha 13 vicini terrestri e sette marittimi, con i quali non mancano i disaccordi. Con sottomarini, artiglieria da terra, droni e aerei, questi vicini possono bloccare il traffico mercantile della Cina e rendere pericoloso il suo passaggio navale. Molti dei suoi vicini costieri, invece, non hanno bisogno di attraversare il Mar Cinese Meridionale per raggiungere l’oceano aperto: l’Indonesia, la Malesia, le Filippine e la Thailandia, così come Taiwan, hanno tutte coste alternative in mare aperto, che li rendono difficili da bloccare.

Come la Russia, la Cina mantiene una visione continentale. Oltre alle rivendicazioni territoriali sul Giappone e sulle Filippine e alla minaccia di usare la forza per conquistare tutta Taiwan, Pechino cerca di ottenere territori da Bhutan, India e Nepal. Quando i cittadini cinesi elencano le loro terre storiche, nominano la dinastia mongola Yuan, che si estendeva fino all’Ungheria, o l’impero manciù Qing, che comprendeva le terre che la Belt and Road Initiative sta ora sottraendo alla sfera di influenza russa. I cinesi hanno ancora due nomi per se stessi: “il regno centrale” o l’ancor più grandioso “tutto sotto il cielo”, un ordine mondiale completo per se stesso e per tutte le terre che conquista.

Pechino, a differenza di Mosca, non ha ancora lanciato vere e proprie guerre di aggressione. Ma la Cina sta conducendo una guerra finanziaria con i suoi prestiti predatori della Belt and Road Initiative, che lasciano i beneficiari massicciamente indebitati. Conduce una guerra informatica, violando le infrastrutture critiche di altri Paesi e rubandone i segreti. Si impegna nella guerra delle risorse, limitando le esportazioni di minerali di terre rare, nella guerra ecologica, arginando il fiume Mekong nel Sud-Est asiatico e il fiume Yarlung Tsangpo nell’Asia meridionale, e nella guerra della droga, inondando gli Stati Uniti di fentanyl. Si è persino cimentata nella guerra irregolare, con incursioni in territorio indiano che hanno ucciso soldati indiani. Si tratta di una ricetta continentale per la sovraestensione.

EVITARE LA CATASTROFE

Per affrontare i continentali, gli Stati Uniti e i loro alleati non hanno bisogno di reinventare la ruota. La strategia che ha vinto la precedente Guerra Fredda rimane altrettanto valida oggi. Inizia con la consapevolezza che questa lotta, come l’ultima, sarà prolungata. Piuttosto che tentare una risoluzione rapida, che avrebbe potuto scatenare una guerra nucleare, i vincitori della prima guerra fredda hanno gestito il conflitto per diverse generazioni. Lo stesso consiglio vale oggi: le potenze marittime devono essere pazienti e mantenere freddo il conflitto in corso. In particolare, dovrebbero evitare le guerre calde in teatri privi di un adeguato accesso marittimo, in Stati circondati da Paesi ostili che potrebbero intervenire e in Stati in cui la popolazione locale è ampiamente riluttante a fornire assistenza. Queste caratteristiche sono state applicate all’Afghanistan e all’Iraq e contribuiscono a spiegare il fallimento dei conflitti condotti da Washington.

Invece di combattere guerre calde, gli Stati Uniti e i loro partner dovrebbero far leva sulla grande forza del mondo marittimo contro la grande debolezza dei continentali: la loro diversa capacità di generare ricchezza. Dovrebbero escludere i continentali dai benefici dell’ordine marittimo, sanzionandoli fino a quando non cesseranno di violare il diritto internazionale, metteranno da parte la guerra e abbracceranno la diplomazia. A differenza delle tariffe, che sono tasse sulle importazioni per proteggere i produttori nazionali, le sanzioni rendono illegali le transazioni mirate per penalizzare gli attori maligni. Anche le sanzioni più blande, che riducono i tassi di crescita di uno o due punti percentuali, possono produrre effetti cumulativi devastanti a lungo termine, come dimostra il confronto tra la Corea del Nord sottoposta a sanzioni e la Corea del Sud non sottoposta a sanzioni. Le sanzioni sono una forma di chemioterapia economica. Forse non eliminano il tumore, ma ne rallentano almeno l’avanzamento. Possono essere particolarmente efficaci nel frenare lo sviluppo tecnologico, come hanno sperimentato i sovietici.

Washington e i suoi partner dovrebbero accogliere gli Stati che non sono revisionisti. I vincitori dell’ultima guerra fredda hanno capito che le alleanze sono additive. I partner apportano nuove capacità che possono aiutare a sopraffare i nemici. Le istituzioni mobilitano poi le competenze per fornire servizi e prevenire problemi che possono aiutare gli Stati membri a combattere i continentali. Gli Stati Uniti dovrebbero quindi rafforzare ed espandere la loro rete. Dovrebbero concentrarsi sul mantenimento non solo della propria prosperità, ma anche di quella dei partner, in modo da potersi coalizzare contro i prepotenti. I sistemi di alleanze dovrebbero anche aiutare i continentali, la cui resistenza indebolisce i loro nemici. Così come l’Occidente ha armato i nemici di Mosca finché l’Unione Sovietica non si è ritirata dalla guerra contro l’Afghanistan, ora l’Occidente deve aiutare l’Ucraina per tutto il tempo necessario. Più a lungo si protrarrà il conflitto in Ucraina, più Mosca si indebolirà, aprendosi alla possibile predazione cinese.

Se l’attuale regime russo dovesse cadere, la lotta per la successione che ne deriverebbe lo costringerebbe a ridurre i suoi impegni all’estero, come accadde all’Unione Sovietica durante la guerra di Corea, quando la morte di Joseph Stalin portò alla rapida conclusione del conflitto. Se qualcuno dei continentali dovesse smettere di desiderare il territorio di altri Paesi e dovesse invece contribuire pacificamente al miglioramento delle leggi e delle istituzioni internazionali, allora gli Stati Uniti e i loro partner dovrebbero accoglierli nell’ordine basato sulle regole. Ma se questi Paesi non cambiano, la risposta è il contenimento. Washington ha prevalso nella sua precedente resa dei conti con Mosca non con una drammatica vittoria militare, ma prosperando mentre l’Unione Sovietica subiva un declino economico di sua iniziativa. Negli anni ’80, mentre i sovietici facevano la fila per i beni di prima necessità, gli americani andavano in vacanza con la famiglia. L’obiettivo attuale degli Stati Uniti dovrebbe essere quello di far prosperare le altre democrazie e i partner indebolendo i continentali. Queste ultime potenze non scompariranno presto, ma se non riusciranno ad eguagliare i tassi di crescita economica di coloro che sostengono l’ordine marittimo, la minaccia relativa si ridurrà.

OBIETTIVI PROPRI

La posta in gioco dello scontro tra l’ordine continentale e l’ordine marittimo basato sulle regole non è mai stata così alta. Ci sono molte potenze nucleari e gli Stati Uniti sono sempre meno disposti a fungere da garante ultimo dell’attuale sistema globale, sostenendo gli alleati ed estendendo il proprio ombrello nucleare. Se i conflitti in Ucraina, in Africa e tra Israele e Iran si espandono e si fondono, potrebbe scoppiare una terza guerra mondiale catastrofica. A differenza di quelle precedenti, tutti sarebbero vulnerabili agli attacchi nucleari e alle loro ricadute tossiche.

Gli Stati Uniti hanno già adottato misure importanti per sconfiggere i loro avversari continentali. Hanno imposto sanzioni severe e controlli sulle esportazioni. Hanno finanziato e armato i Paesi che affrontano gli antagonisti comuni. Ma i critici dell’ordine basato sulle regole si stanno rafforzando. Vedono le molte imperfezioni del sistema, ma non i suoi benefici ancora più importanti, tra cui le catastrofi che le regole evitano. L’ordine basato sulle regole va a vantaggio di individui, imprese e governi non solo facilitando i flussi commerciali, ma anche scoraggiando i comportamenti maligni. Purtroppo, raramente le persone apprezzano un disastro evitato.

Oggi, anche gli alti funzionari statunitensi criticano l’ordine attuale. Nell’ultimo anno, Washington si è orientata verso un approccio continentale. Gli Stati Uniti avranno sempre i loro fossati naturali – l’Atlantico e il Pacifico – per proteggere la terraferma. Ma condividono anche lunghi confini con il Canada e il Messico, e Washington sta attaccando briga con entrambi. Ha rimproverato numerose democrazie amiche, ha imposto tariffe ai partner commerciali e ha paralizzato le istituzioni internazionali che facilitano la crescita economica globale stabilendo e facendo rispettare le regole della strada. Le idee di Washington di assorbire il Canada, di sottrarre la Groenlandia alla Danimarca e di riprendersi il Canale di Panama modificheranno, come minimo, in modo permanente le scelte di acquisto e i piani di vacanza di canadesi ed europei. Nel peggiore dei casi, romperanno le alleanze occidentali.

La sovraestensione è stata fondamentale per la caduta dell’Unione Sovietica.

Una strategia sbagliata potrebbe trasformare gli Stati Uniti da potenza essenziale a potenza irrilevante, poiché gli ex partner formano nuove alleanze che escludono Washington. Un tale cambiamento richiederebbe tempo, ma se si verificasse, i cambiamenti sarebbero duraturi. Gli europei si rafforzeranno insieme, lasciando gli Stati Uniti più deboli e soli. Nel peggiore dei casi, Washington potrebbe diventare un avversario primario condiviso da Cina, Iran, Corea del Nord e Russia, senza più alleati che la aiutino. Ma anche in questo caso, potrebbe dover competere con Pechino da sola. In tal caso, potrebbe faticare a prevalere. La Cina ha un numero di abitanti quasi tre volte superiore a quello degli Stati Uniti e una base produttiva molto più grande. Ha armi nucleari che possono raggiungere la patria americana e potrebbe non avere remore morali a usarle. Anche gli Stati Uniti potrebbero diventare meno nervosi nel dispiegare il loro arsenale. Se uno Stato sta per perdere un conflitto tra grandi potenze, dopo tutto, potrebbe essere incentivato a ricorrere al nucleare, trasformando una catastrofe bilaterale in una catastrofe globale.

Per Washington, uno scenario che la lasciasse sola e sconfitta sarebbe una tragica conclusione degli ultimi 80 anni. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, aveva guadagnato amici in tutto il mondo. Ma quel capitale morale, guadagnato a caro prezzo, sta per essere dilapidato. Come la France avant tout di Napoleone, il recente ritorno all’America First sta inimicando gli alleati di tutto il mondo. Indubbiamente, i nemici di Washington non vedrebbero l’ora di vedere gli Stati Uniti ridotti in ginocchio.

Troppi americani hanno dato per scontati i vantaggi dell’ordine marittimo e si sono soffermati sulle sue imperfezioni, vanificando i loro numerosi vantaggi geografici e storici. Come l’ossigeno che li circonda, sentiranno la mancanza dell’ordine globale se dovesse scomparire. Come lamentava molto tempo fa il leader ateniese Pericle, alla vigilia di una serie di errori ateniesi che misero definitivamente fine alla preminenza della città, “temo più i nostri errori che i dispositivi del nemico”.

MedioOriente Centro della Gravità Permanente 1a parte- con Roberto Iannuzzi

Intervista a Roberto Iannuzzi: Gaza, Tensioni Israele-Iran e Ruolo dell’Egitto in Medio Oriente

In questo episodio di Italia e il Mondo, Semovigo e Germinario dialogano con l’analista Roberto Iannuzzi, esperto di Medio Oriente, sulla situazione attuale a Gaza. Esploriamo le tensioni tra Israele e Iran in un contesto multipolare, il futuro della popolazione civile intrappolata e le mosse dell’Egitto, con il richiamo di 40.000 riservisti e rinforzi a Rafah. Un’analisi oggettiva e bilanciata su dinamiche geopolitiche globali.

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