Molecole della libertà per salvare l’Europa da se stessa, di americanenergyalliance

A cogliere lo spirito informatore dell’articolo in calce, gli Stati Uniti si propongono ancora una volta come i salvatori dell’Europa. Settanta anni fa dalla rivalità tra gli stati europei e dall’onta nazifascista; oggi più prosaicamente dalla penuria e dalla dipendenza energetica, in particolare di gas. In entrambe i casi “da se stessa”, dalle proprie colpe, dai propri errori. In politica, in particolare in geopolitica, anche i gesti più generosi serbano, il più delle volte nascondono sempre un aspetto utilitaristico. Stando alla lettera del titolo, l’articolista ha certamente ragione. Dubito che lo abbia nel merito di queste ragioni, se queste dovessero essere le ragioni dell’interesse dei paesi europei.

La precipitazione della crisi energetica, per altro non nuova negli ultimi cinquanta anni, è il frutto di diverse dinamiche che ormai si stanno accavallando ed intrecciando in un nodo gordiano inestricabile con “le buone maniere”.

  • da oltre dieci anni i paesi europei sono parte attiva di sanzioni sempre più pesanti nei confronti del loro principale fornitore energetico, la Russia, pagandone per altro il prezzo economico e politico più pesante. Non si comprende il motivo del disappunto nel momento in cui la Russia di Putin restituisca, per altro tardivamente, il favore con una parziale restrizione delle forniture energetiche e con la ricerca di nuovi partner economici della caratura di Cina e India;
  • da oltre venti anni tutti i paesi europei hanno alimentato l’estensione della NATO e della sua appendice dell’Unione Europea sino a ridosso della capitale russa fomentando guerre civili, disgregazione di stati (Jugoslavia), colpi di stato (Ucraina), spesso sostenendo personaggi, epigoni di fronde naziste talmente feroci da scandalizzare all’epoca gli stessi nazisti tedeschi. Alcuni paesi, in particolare la Germania, ne hanno tratto un qualche vantaggio economico e scarso vantaggio politico; altri ci hanno rimesso in tutti i sensi (Italia e Francia); altri ancora hanno soddisfatto la propria russofobia in cambio di una disgregazione sociale deprimente (Ucraina, Moldavia, Macedonia) agli antipodi delle aspettative vellicate dal mondo occidentale. Con la ciliegina sulla torta di una aperta discriminazione delle popolazioni russe rimaste intrappolate nell’implosione del blocco sovietico proprio nelle terre cosiddette paladine della difesa dei diritti umani. Il risultato è stato quello di spingere anche politicamente verso nuove sponde la classe dirigente russa attualmente dominante e la quasi totalità della popolazione;
  • da sempre l’Unione Europea, con la difesa dogmatica di un presunto virtuoso libero mercato, ha sempre più esposto la propria economia alla stagnazione, alla stasi tecnologica, alla dipendenza e subordinazione geoeconomica, alle oscillazioni nevrotiche di tipo speculativo. Nella fattispecie, il progressivo accantonamento della politica dei contratti di lunga durata richiesto dalla Russia in favore del mercato “hot spot” ha esposto ulteriormente l’Europa alle crisi speculative e alle incognite delle crisi geopolitiche e delle ritorsioni. Rimane, però, qualche dubbio sulla “oggettività” di quest’ultima dinamica. Un interrogativo, quindi, al quale dovrebbe rispondere il nostro governo, con a capo il campione dell’interesse nazionale di nome Mario Draghi: l’ENI, nostro pressoché monopolista importatore di gas, detiene ancora la maggior parte di contratti a lunga scadenza con prezzi fissati antecedenti all’esplosione di questo autunno. Gli aumenti registrati sono quindi ascrivibili in massima parte alle oscillazioni recenti o ad altri motivi? In mancanza di una risposta chiara ed esauriente saremo noi a cercarla altrove;
  • da circa cinquanta anni tutti i paesi europei hanno rinunciato ad una propria autonoma politica nel Mediterraneo allargato e in Medio Oriente, sacrificando in gran parte i propri successi in materia di individuazione e sfruttamento di giacimenti energetici a logiche geopolitiche ed economiche esterne. Da questo punto di vista l’ENI, pur resistendo, è stata una delle principali vittime di queste trame più impegnate ad alimentare le rivalità tra i polli (vedi Libia) che ad emanciparsi dal pollivendolo;
  • da circa dieci anni tutti i paesi europei raccolti nella UE, con l’Italia antesignana da cinquanta anni, sono stati artefici e vittime del proprio dogmatismo climatico-ambientalistico. Stanno spingendo verso una diffusione massiva e unilaterale tecnologie ancora premature, del quale non detengono nemmeno, in gran parte, le capacità tecnologiche ed industriali e affatto la disponibilità di materie prime; sacrificano così il principio saggio della diversificazione energetica di fonti e tecnologie e dei necessari tempi di transizione alla presunta superiorità morale di un diritto ed una regolamentazione del mercato avulsa dalla detenzione di un reale potere economico e politico; espongono così i paesi, in particolare quelli più accecati dal fervore catastrofista e per altro meno responsabili del degrado ambientale e del presunto degrado climatico, alle conseguenze nefaste del degrado territoriale locale, della speculazione finanziaria ed economica legata alle improvvise oscillazioni e ai tempi ristretti di transizione, della dipendenza geopolitica ed economica da materie prime, non solo più dagli idrocarburi.

Tutte dinamiche in mano a numerosi artefici, ma che in Europa hanno un solo determinante istigatore: i centri decisionali statunitensi, ben presenti ed influenti in tutti i campi di azione politica, economica e culturale dei paesi europei, a cominciare dalla NATO. Siamo proprio sicuri che gli stessi colossali incrementi di prezzo di gas e petrolio siano frutto esclusivo degli attriti più o meno alimentati ad arte con la Russia, quando invece interesse delle compagnie produttrici di gas e petrolio statunitense, sostenibile solo a prezzi particolarmente elevati?

E’ esattamente il non detto che informa l’articolo in calce. Sta di fatto che alle drammatizzazione dei rischi da dipendenza dai russi, corrisponderebbe una ulteriore dipendenza politica ed economica dei paesi europei dagli Stati Uniti e la possibilità da parte di questi ultimi di procrastinare la politica russofoba con minori vincoli economici che la annacquino. 

Il ceto politico e la classe dirigente italica, nella loro quasi totalità, sono i meno pervasi da questi salutari dubbi e i più pervasi da certezze codine. L’unica preoccupazione di tutte le forze politiche è attualmente quella di esprimere un Presidente della Repubblica che assecondi in ogni virgola le tentazioni americane, avventuriste e guerrafondaie, in Ucraina. Ricomporre immanente la diade di prostrazione all’ALLEATO è l’imperativo categorico

Persino la Croazia, paese presente con particolare discrezione in tutte le trame interventiste degli USA nel mondo, ha osato dichiarare esplicitamente il richiamo dei propri soldati dalla NATO in caso di conflitto in Ucraina.

I beoti italici ostentato una sicumera da stolti. Non hanno capito che i singoli paesi del pollaio europeo sono destinati ad essere sacrificati nel grande tavolo geopolitico presieduto da cinque/sei potenze in competizione. Se lo hanno compreso, sperano evidentemente di non essere loro i polli destinati al sacrificio o quantomeno di salvare dalla pentola qualche preziosa pentola. Sono purtroppo i primi ma non i soli in Europa.

Il loro orizzonte culturale non consente altro. Non tanto di uscire da un sistema di alleanze nefasto e controproducente, quanto nemmeno di approfittare di una condizione multipolare per contrattare una posizione più equilibrata e dignitosa nelle alleanze occidentali. Un idea di potenza e di autonomo interesse nazionale agli antipodi di un lirismo europeista sempre più cacofonico e grottesco nella sua impotenza e nel suo servilismo. “Arrivano i nostri”, ma senza nemmeno cioccolato e sigarette. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Molecole della libertà per salvare l’Europa da se stessa

Gli Stati Uniti sono diventati il ​​più grande esportatore di gas naturale liquefatto (GNL) nel dicembre 2021, superando Qatar e Australia, poiché i progetti hanno aumentato la produzione e le consegne sono aumentate in Europa per aiutare ad alleviare la crisi energetica lì. La produzione degli impianti di GNL degli Stati Uniti ha superato il Qatar a dicembre principalmente a causa dell’aumento delle esportazioni dagli impianti Sabine Pass e Freeport. Una rivoluzione del gas di scisto, insieme a decine di miliardi di dollari di investimenti in impianti di liquefazione, ha trasformato gli Stati Uniti da importatore netto di GNL a uno dei principali esportatori in meno di un decennio. La produzione di gas naturale negli Stati Uniti è aumentata di circa il  70% rispetto al 2010  dopo che una combinazione di perforazione orizzontale e fratturazione idraulica ha sbloccato le forniture dalle formazioni di scisto in tutto il paese.

Fonte: Bloomberg

Gli Stati Uniti hanno spedito il loro primo carico di GNL prodotto da gas di scisto nel 2016. Entro la fine del 2022, si prevede che gli Stati Uniti avranno la più grande capacità di esportazione del mondo. A quel punto, la capacità di produzione massima di GNL degli Stati Uniti raggiungerebbe i  13,9 miliardi di piedi cubi al giorno , superando di gran lunga sia l’Australia (11,4 miliardi di piedi cubi al giorno) che il Qatar (10,3 miliardi di piedi cubi al giorno). Ma, poiché ci vorrà del tempo prima che i nuovi progetti raggiungano la piena produzione, le esportazioni di GNL dagli Stati Uniti potrebbero essere inferiori alla capacità disponibile.

Fonte: VIA

Quando  Golden Pass LNG  sarà online nel 2024, che è attualmente in costruzione a Sabine Pass, in Texas, la capacità massima di esportazione di GNL degli Stati Uniti raggiungerà i  16,3 miliardi di piedi cubi al giorno , ovvero quasi il 20% dell’attuale fornitura di gas naturale degli Stati Uniti. Le autorità di regolamentazione federali hanno approvato altri 10 progetti di esportazione di GNL e ampliamenti di capacità nei terminal esistenti, tra cui Cameron, Freeport e Corpus Christi, per un totale di 25 miliardi di piedi cubi di nuova capacità. Il Qatar, tuttavia, sta pianificando un enorme progetto di esportazione di GNL che entrerà in vigore alla fine degli anni 2020, che potrebbe consolidare la nazione mediorientale come primo fornitore di carburante.

Gli Stati Uniti aiutano la crisi energetica dell’Europa

Le esportazioni di GNL degli Stati Uniti in Europa contribuiranno ad alleviare la crisi globale dell’offerta quest’inverno a causa delle scorte stagionali di gas naturale basse e della mancanza di risorse eoliche. Gli acquirenti d’oltremare hanno acquistato  il 13 per cento  della produzione di gas degli Stati Uniti a dicembre, un aumento di sette volte rispetto a cinque anni prima, quando la maggior parte delle infrastrutture necessarie per spedire il carburante non esisteva.

Alla fine di dicembre, il gas naturale nell’Europa nordoccidentale veniva scambiato a circa  $ 57,54 per milione di unità termiche britanniche, quasi un terzo in più rispetto alla settimana prima, ovvero circa $ 24 in più rispetto ai prezzi asiatici e oltre  14 volte in più  rispetto al gas naturale venduto negli Stati Uniti punto di riferimento Henry Hub.

Fonte: Bloomberg

Su 76 carichi di GNL statunitensi in transito,  10 navi cisterna  che trasportano un totale di 1,6 milioni di metri cubi di GNL hanno dichiarato destinazioni in Europa. Altre 20 petroliere che trasportano circa 3,3 milioni di metri cubi stanno attraversando l’Oceano Atlantico e sono in rotta verso il continente. Quasi un terzo dei carichi proviene dal terminal di esportazione Sabine Pass LNG di Cheniere Energy Inc. in Louisiana. La notizia della flottiglia ha fatto scendere il gas di riferimento olandese del mese anteriore del mese di Amsterdam del 18 per cento a  141 euro  (159 dollari) ad Amsterdam. I contratti di elettricità francesi sono diminuiti del 24% a 775 euro ($ 875) per megawattora e l’elettricità tedesca è scesa del 15% a 277 euro ($ 313) per megawattora. Mentre lo spread è diminuito, il gas naturale europeo è equivalente a un  prezzo di $ 273 per un barile di petrolio.

Fonte: ZeroHedge

Conclusione

I terminali di esportazione di GNL degli Stati Uniti stanno operando a capacità o superiore dopo aver raggiunto flussi record e hanno conquistato il primo posto nella classifica delle esportazioni di GNL il mese scorso, superando Qatar e Australia. Mentre l’Asia è in genere la destinazione principale per i carichi di GNL degli Stati Uniti, la crisi energetica dell’Europa quest’inverno causata da forniture insufficienti di gas naturale e scarse risorse eoliche e il suo premio significativo per il gas naturale ha portato a una flottiglia di navi cisterna con GNL statunitense diretti agli impianti europei. Mentre gli Stati Uniti hanno in linea una capacità aggiuntiva di GNL, si prevede che anche il Qatar aggiungerà nuova capacità entro la fine del decennio e potrebbe riprendersi la sua posizione di numero uno. Il successo dello shale gas nei mercati mondiali è una testimonianza dell’enorme ricchezza e competenza energetica delle persone dell’industria petrolifera e del gas statunitense che operano in un mercato libero.

https://www.americanenergyalliance.org/2022/01/freedom-molecules-to-save-europe-from-itself/

Vecchi amori resistono, di Antonio de Martini

Prosegue il dopo Afghanistan. La coperta americana è sempre più corta; quelle russa e cinese rischiano di coprire alcove scomode una per l’altra. Giuseppe Germinario
La Russia ha piazzato una nuova decisiva vendita a un vecchio cliente.
L’India, che il recente governo Modi ha cercato, senza successo, di convertire alle forniture della Difesa USA, ha acquistato da Mosca il sistema contraereo S400.
Questo acquisto ha già rappresentato una seria ragione di contenzioso tra gli USA e la Turchia e rischia di cambiare gli equilibri del Vicino Oriente se Putin accetterà di venderli anche all’Iran, vanificando la superiorità aerea di Israele.
Il governo americano ha investito molto sul governo Modi che ha sostituito la
dinastia Nehru-Ghandi praticamente sterminata dagli attentati .
Un primo dividendo per l’appoggio a Modi sarebbe stato rappresentato dalle forniture per la Difesa che però l’establishement militare ha pervicacemente rifiutato di avvallare dovendo cambiare tutto l’equipaggiamento e l’addestramento delle FFAA con una pausa operativa insostenibile.
L’arrivo degli S400 – arma considerata, con ragione, un “ game changer” – dimostra che anche questa previsione USA era fondata su “ overconfidence”.
Il pericolo che il Pakistan segua la stessa strada come fece per la dotazione nucleare è concreto anche per gli ottimi rapporti coi russi e per l”atteggiamento sospettoso che Washington ha recentemente adottato verso il Pakistan al quale addebita la cattiva riuscita della campagna afgana.
Il fossato tra i militari e Modi sta allargandosi e la non brillante gestione dell’epidemia sta ulteriormente mettendo in pericolo il nuovo regime , nazionalista nelle dichiarazioni ma meno attento dei Nehru all’interesse nazionale attratto com’è dalla politica estera.

Blinken e Lavrov incontro a Ginevra: due passi avanti e uno indietro, di Gilbert Doctorow

Un resoconto attendibile_Giuseppe Germinario

Contrariamente alle mie aspettative, l’incontro di 90 minuti di Blinken e Lavrov di ieri a Ginevra sembra aver avuto qualche giustificazione e si è concluso con una prognosi leggermente migliore per la risoluzione delle crisi, sia quelle ai confini dell’Ucraina che quelle nelle relazioni bilaterali USA-Russia oltre la soddisfazione delle richieste russe che l’architettura di sicurezza dell’Europa venga ridisegnata.

Molto sottilmente, la seconda questione si sta spostando al centro dell’attenzione, che è, di per sé, un risultato innegabile della politica dichiarata da Vladimir Putin di mantenere e intensificare la pressione sull’Occidente affinché venga ascoltato sulle sue preoccupazioni in materia di sicurezza.

Nella sua conferenza stampa dopo l’incontro, Blinken ha ripetuto la sua ormai ritualistica affermazione secondo cui ci sarà una severa punizione economica se la Russia invaderà l’Ucraina. Tuttavia, ha anche affermato che gli Stati Uniti presenteranno alla Russia una risposta scritta alla loro bozza di trattati del 15 dicembre entro la prossima settimana. A questo ha aggiunto che le parti si incontreranno di nuovo a livello ministeriale dopo tale presentazione e, cosa più significativa, che il presidente degli Stati Uniti è pronto a tenere un altro vertice con il presidente Putin se le parti lo riterranno utile.

Da quanto sopra si può trarre il messaggio che ci sarà una sostanziale controfferta da parte degli Stati Uniti al testo russo che sarà sufficientemente interessante perché i colloqui possano continuare e persino essere portati al livello presidenziale.

Nella sua conferenza stampa separata, Sergei Lavrov ha rifiutato di definire i colloqui come se procedessero bene o meno e ha insistito sul fatto che sarà chiaro solo dopo che la presentazione americana sarà stata ricevuta. Ha spiegato ai giornalisti che la sostanza dell’incontro era stata quella di fornire agli americani chiarimenti su diversi punti della bozza dei trattati. Possiamo presumere che uno di questi chiarimenti riguardasse il significato della richiesta russa che la NATO tornasse allo status quo del 1997 prima dell’adesione degli ex paesi membri del Patto di Varsavia. Ora ci è stato detto che nel caso della Bulgaria e della Romania, ad esempio, tutte le truppe e le installazioni della NATO avrebbero dovuto essere rimosse.

A margine dei colloqui, una notizia interessante e rilevante che la televisione di stato russa ha riportato ma che non ho visto nei media occidentali. Il viceministro degli Affari esteri russo Sergei Ryabkov ha detto a un giornalista che lo ha incontrato nel guardaroba mentre si stava recando alla riunione: “Non abbiamo paura di nessuno, compresi gli Stati Uniti!”

Questa è un’affermazione che solo una manciata di nazioni nel mondo può fare. Riflette la ritrovata fiducia in se stessi che sta spingendo i russi in avanti nella loro attuale ricerca di un trattamento alla pari da parte dell’Occidente collettivo e di mutate disposizioni di sicurezza in Europa.

Questo ci porta all’altro lato dell’equazione: il passo indietro. Sia la Russia da un lato che gli Stati Uniti con i paesi membri della NATO dall’altro stanno procedendo a ritmo sostenuto con il tintinnio della sciabola.

L’ambasciata americana a Kiev ha annunciato ieri l’arrivo in aereo di nuove sostanziali “armi letali” in Ucraina, a quanto pare munizioni. Nel frattempo, il giorno prima, il Regno Unito aveva effettuato numerosi voli su Kiev per portare armi e addestratori/consiglieri militari d’élite.

Da parte sua, la Russia ha annunciato ieri l’inizio immediato di un esercitazione generale di potenza navale che include lo sbarco di navi d’assalto nel Mar Nero. La Russia ha anche aggiunto negli ultimi giorni altri 6.000 soldati alle sue 100.000 forze ai confini dell’Ucraina e ha portato i lanciamissili Iskander in grado di effettuare attacchi precisi e altamente distruttivi su Kiev. Inoltre, la Russia ha portato in teatro i suoi missili di difesa aerea S-400, che le consentirebbero di imporre una “no fly zone” sull’Ucraina in qualsiasi momento a sua scelta, negando così l’accesso agli Stati Uniti e ad altri aerei alleati per la consegna di ulteriori armi o per l’esecuzione di ricognizioni aeree.

Tutte le precedenti misure russe si adattano perfettamente alla descrizione delle “misure tecniche militari” che Vladimir Putin aveva affermato che la Russia applicherà se i colloqui con gli Stati Uniti sulle sue richieste di sicurezza dovessero raggiungere un vicolo cieco.

Finora non è stato sparato un solo colpo. C’è una tensione accresciuta ma nessuna guerra. È lecito ritenere che questa linea di guerra psicologica sia proprio la strategia preferita dal presidente russo per raggiungere il suo obiettivo di rivedere l’architettura di sicurezza europea.

Già si stanno acuendo le divergenze all’interno dell’Europa su come rispondere alle richieste russe. In un lungo discorso al Parlamento europeo riunito a Strasburgo, il presidente francese Emanuel Macron ha parlato della necessità di un approccio per soli europei alla Russia su questa questione, mostrando più di una certa misura di scetticismo se non di disprezzo per l’amministrazione Biden. E il cancelliere tedesco Scholz ha domato la sua inesperta e chiacchierona ministro degli esteri del Partito dei Verdi, Annalena Baerbock, e ha preso lui stesso l’iniziativa di separarsi dagli Stati Uniti e dai membri della NATO su come trattare con Mosca. Anche il reportage della BBC di ieri sui voli degli aerei britannici che trasportavano rifornimenti militari in Ucraina ha mostrato l’ampio arco con cui hanno aggirato lo spazio aereo tedesco, viaggiando invece a nord attraverso la Danimarca per evitare conflitti con la politica del governo tedesco contro l’invio di armi in Ucraina nelle condizioni attuali .

Allo stesso modo, il Financial Times e l’altra stampa occidentale mainstream stanno ora prestando molta più attenzione alle richieste di sicurezza russe che erano state precedentemente sepolte nella copertura dello stallo al confine tra Ucraina e Russia.

Il compito davanti a Vladimir Putin è convertire quella che la leadership russa ritiene essere la loro attuale “finestra di opportunità”, quando hanno un vantaggio militare strategico e tattico sugli Stati Uniti e la NATO, in un guadagno politico. Chiedono modifiche all’architettura di sicurezza che normalmente arrivano solo dopo che una parte ha vinto una guerra. È diabolicamente difficile da raggiungere senza “spezzare qualche porcellana”, anche se questo è il vincolo a cui sta lavorando il sempre cauto Putin.

A parte gli sciocchi ideologicamente accecati negli Stati Uniti, tra cui noti ex diplomatici come Ivo Daalder (ambasciatore presso la NATO 2009-2013) che ha pubblicato la sua opinione su come vincolare Putin sul Financial Times due giorni fa, i politici e gli statisti realistici negli Stati Uniti, di cui ce n’erano sempre parecchi, ora sono seduti con la schiena dritta e prestano attenzione a Putin. Da tempo non sentiamo le parole ‘thug’ o ‘killer’ applicate al suo nome. Il peggio che sentiamo da persone come Daalder è che è un “dittatore” e quindi per definizione è il nostro avversario nella lotta globale tra i paesi democratici che amano la libertà e le dittature. Ma tali assurdità ideologiche neocon sono sempre state una maschera per il consumo popolare sull’amara pillola del dominio militare americano. Ora la fiducia in quel dominio viene messa a dura prova dai russi.

Tutto ciò mi porta oggi al punto finale, fino a che punto la fiducia russa nella sua posizione negoziale è aiutata dalla crescente alleanza del Paese con la Cina.

Negli Stati Uniti, negli ultimi anni in cui la Cina è stata identificata dal presidente degli Stati Uniti Trump come il potenziale nemico pubblico numero uno che doveva essere contenuto a tutti i costi, c’è stato un colpo di batteria sulla stampa americana che ci diceva che la RPC è impegnata a sviluppare quelle che presto saranno le forze armate più potenti del mondo.

Nell’agosto 2021, quando i cinesi hanno condotto i primi test sui propri missili ipersonici, i giornali occidentali hanno citato tutti un funzionario del Pentagono che ha affermato che si trattava di un nuovo “momento Sputnik”, il che significa che i cinesi erano avanzati tecnologicamente con un nuovo fantastico sistema d’arma. Hanno tutti ignorato il fatto che i russi avevano fatto lo stesso tre anni prima e ora avevano missili plananti ipersonici pronti per la produzione in serie.

In breve, i media occidentali e, presumibilmente, la maggior parte dei politici occidentali sono stati ingannati dalla loro stessa propaganda prevalente sul fatto che la Russia fosse una potenza in declino con la capacità solo di agire come “spoiler” e hanno ignorato la realtà che i russi stanno dicendo ad alta voce e chiaramente oggi: che hanno le forze armate più moderne del mondo e sono seconde per forza a livello globale solo agli Stati Uniti.

Ciò significa che il fattore cinese nelle azioni strategiche russe esiste solo nell’ambito economico, dove la cooperazione con la Cina in caso di drastiche sanzioni statunitensi ed europee come l’interruzione di SWIFT sarà molto importante per la stabilità dell’economia russa e potenziale militare. Tuttavia, sotto tutti gli altri aspetti, il fattore Cina è utile alla Russia solo come spaventapasseri, per sollevare i timori degli Stati Uniti di un attacco cinese simultaneo su Taiwan quando i russi invadono l’Ucraina. È probabile che nessuno dei due eventi accada, ma la possibilità è un’altra caratteristica della guerra psicologica in corso della Russia per raggiungere i suoi obiettivi di sicurezza.

©Gilbert Doctorow, 2022

https://gilbertdoctorow.com/2022/01/22/blinken-and-lavrov-meeting-in-geneva-two-steps-forward-and-one-step-back/

Il futuro del concetto strategico della NATO, Di  Antonia Colibasanu

Il futuro del concetto strategico della NATO

Il dibattito che porta a nuovi documenti è importante quanto i documenti stessi.

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Il 2022 porterà due importanti eventi diplomatici per la comunità transatlantica. In primo luogo, a marzo, l’Unione europea adotterà la sua bussola strategica, un documento destinato a stabilire una visione comune sulla sicurezza e la difesa dell’UE e quindi a definire, per quanto vagamente, la nozione di “autonomia strategica” dell’Europa. Quindi, al vertice di Madrid di giugno, la NATO adotterà il suo nuovo Concetto strategico, che definisce la strategia dell’alleanza, delineandone lo scopo e i compiti fondamentali in materia di sicurezza e identificando le sfide e le opportunità che deve affrontare nel mutevole contesto di sicurezza. E come tutti questi documenti, servono anche a uno scopo politico in quanto segnalano al mondo come l’UE e la NATO vedono la difesa, la sicurezza e i legami transatlantici.

Ma il dibattito che porta alla firma dei documenti è più importante della formulazione finale. Le questioni sollevate da ora in poi e le discussioni sulle loro risposte dipingono una nuova realtà europea che sta prendendo forma, che potrebbe lasciare il posto a un aumento del bilateralismo oa uno stretto coordinamento regionale all’interno della NATO e tra specifici Stati membri su questioni strategiche fondamentali.

Il passato

La fine della Guerra Fredda ha offerto alla NATO e all’UE un’opportunità unica di espandersi verso est. I costi per farlo erano minimi, i benefici della globalizzazione erano molti e l’assenza di uno sfidante regionale lo rendeva relativamente sicuro. Ma poiché la Russia e la Cina sono diventate potenze regionali e la crisi economica del 2008 ha messo in luce le debolezze della globalizzazione, l’UE e la NATO hanno dovuto adattarsi alle nuove realtà globali.

L’UE ha risposto ristrutturandosi come meglio poteva, un processo complicato dalla lotta per mantenere il consenso tra membri che non condividono molti interessi. La NATO, un’organizzazione militare dominata da una potenza non europea, si è adattata sviluppando funzioni politiche che assicurano la collaborazione e il coordinamento degli Stati membri e, dal 2008, un focus pratico sulla costruzione del suo fianco orientale e della linea di contenimento tra il Baltico e il il mare nero.

Durante quel periodo, la definizione di “difesa e sicurezza” è diventata molto diversa per l’Europa orientale e occidentale. Una Russia risorgente era una questione di sicurezza nazionale per gli stati membri dell’UE orientale, quindi hanno speso di più per aumentare le capacità militari della NATO. Gli stati membri occidentali dell’UE hanno lottato con problemi economici e flussi migratori dall’Africa e dal Medio Oriente, cose su cui la NATO può fare poco. Nel frattempo, la realtà della Cina che diventa una potenza regionale in Asia ha aumentato le preoccupazioni degli Stati Uniti per il Pacifico. Questo, a sua volta, ha fatto sì che Washington chiedesse agli europei di alzare il tiro nella NATO e garantire la propria sicurezza. Con un Regno Unito post-Brexit che cerca di rinnovare i legami con il Commonwealth e si interessa maggiormente anche al Pacifico,

La Francia ha proposto che l’UE sviluppi una posizione comune in materia di sicurezza e difesa. La Francia manterrà la presidenza di turno dell’UE nei primi sei mesi del 2022 e il presidente Emmanuel Macron ha annunciato il 9 dicembre che tra le priorità francesi per i prossimi mesi c’è quella di aumentare la capacità dell’UE di difendere i propri confini. Contestualmente, il presidente della Commissione europea ha annunciato una conferenza sulla difesa in vista della firma di Strategic Compass a marzo. Più volte, il termine “autonomia strategica” è emersa come la soluzione per costruire la sicurezza e la difesa dell’UE. Aspettati che faccia lo stesso nei prossimi mesi.

Il presente

È un concetto importante perché, come abbiamo detto prima, gli Stati membri hanno minacce diverse. Alcune di queste minacce cambiano – in effetti, molte lo hanno fatto a causa della fragilità e dell’incertezza dell’economia globale post-2008 – ma altre no. Alcuni sono mitigati in modo più appropriato da un’istituzione piuttosto che da un’altra. Ad esempio, la natura delle minacce contro l’Europa orientale, e per estensione contro gli Stati Uniti, implica una crescente influenza russa, compreso un rafforzamento militare, a est. La soluzione per una tale minaccia riguarda la difesa e la deterrenza e quindi rientra nell’ambito della NATO piuttosto che dell’UE. Gli europei occidentali e meridionali stanno affrontando problemi di sicurezza socio-economica, qualcosa che rientra nell’ombrello dell’UE e chiede a Bruxelles di fornire una soluzione.

Non sorprende che il dibattito sul Concetto strategico e sul significato di autonomia strategica sarà una funzione degli interessi divergenti dei membri. E la risoluzione è ancora più complessa di quanto appaia a prima vista. Per prima cosa, il contesto di sicurezza in Europa si sta deteriorando grazie in parte ai problemi socioeconomici, compresa la migrazione, causati dalla pandemia di COVID-19. Questi problemi interesseranno in modo diverso i diversi paesi dell’UE, il che significa che il processo di negoziazione tra ovest e est e nord e sud deve garantire un equilibrio tra gli interessi di tutti gli Stati membri.

Poi ci sono gli Stati Uniti, che hanno di gran lunga l’esercito più forte di tutti i membri della NATO. C’è una crescente pressione negli Stati Uniti affinché Washington risolva alcuni problemi da sola. Gli europei devono assicurarsi che gli Stati Uniti possano mantenere la loro garanzia di sicurezza all’Europa oltre il fianco orientale, dove Washington ha un interesse strategico a frenare l’influenza russa. Promettere di aumentare la spesa per la difesa, come hanno fatto molti membri, è un buon modo per mantenere impegnati gli Stati Uniti, ma funziona solo per così tanto tempo. L’Europa è quindi sotto pressione per spendere soldi veri in misure di difesa reali in un momento economicamente difficile.

Terzo, tutti nella NATO e in Europa hanno interessi diversi nell’Indo-Pacifico. La Francia, ad esempio, si è apertamente lamentata del fatto che il Regno Unito lavora contro i suoi interessi nel Pacifico, pur ammettendo che l’UE dovrebbe collaborare con il Regno Unito su tutte le questioni relative alla migrazione. Il Regno Unito ha sostenuto e ha persino contribuito alla formazione del fianco orientale. Inoltre, le relazioni dell’Europa con la Cina stanno plasmando la politica nell’Indo-Pacifico – e mentre la maggior parte degli stati dell’Europa orientale sono al fianco degli Stati Uniti, non tutti lo sono.

Infine, e forse la cosa più importante, c’è la semantica, perché con la semantica vengono le interpretazioni politiche. Ci sono importanti distinzioni tra i significati francese e inglese della parola “autonomia”, che hanno già creato tensioni e incomprensioni. Gli anglofili – coloro che preferiscono l’inglese come lingua preferita (in questo gruppo contano gli europei dell’est) – intendono l’autonomia come “indipendenza” nel senso di uguaglianza con gli altri giocatori, mentre i francofili la intendono come “autorità” o “decentramento”, nel senso di autogoverno in materia di difesa. In effetti, costruire un “esercito europeo” o una difesa europea “sovrano” che sia completamente indipendente e uguale agli Stati Uniti rimane impossibile per molti anni a venire. Autonomia, nel senso francofilo di costruire un ruolo europeo più forte nel quadro dell’Alleanza atlantica, può essere visto come una metafora per una maggiore responsabilità europea. Ciò sarebbe particolarmente utile se gli europei avessero l’ambizione, come hanno suggerito attraverso recenti discorsi e documenti, di agire come credibili primi soccorritori di fascia alta dentro e intorno all’Europa in un’emergenza in cui le forze statunitensi potrebbero essere impegnate altrove entro il 2030.

Il dibattito sulla semantica sta sollevando un’altra domanda: stiamo parlando di UE o di responsabilità strategica europea? Il modo in cui è strutturata la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) dell’UE consente all’UE di intraprendere modestamente operazioni di risposta alle crisi. Scenari impegnativi di impegno e deterrenza necessitano del sostegno della NATO, così come degli Stati Uniti e del Regno Unito Pertanto, se l’autonomia strategica deve essere costruita sulle fondamenta della PSDC, sarebbe necessario rafforzare le relazioni pratiche stabilite tra PSDC e così- chiamati paesi terzi. Ciò stabilirebbe il meccanismo affinché l’UE possa accedere alle risorse e alle strutture della NATO. Ma è probabile che tali discussioni siano complesse poiché farebbero riferimento a modalità pratiche che renderebbero operativo il partenariato NATO-UE.

Il futuro

Affinché l’autonomia strategica europea o la responsabilità europea crescano all’interno della NATO come propone la Francia, Parigi deve assicurarsi il consenso di Londra e Berlino. Il nuovo governo tedesco ha suggerito che manterrà l’impegno della NATO in investimenti per la difesa e che è dedicato ai piani della NATO. Berlino sarà la prima a preoccuparsi dell’interpretazione politica del termine autonomia ea sottolineare la necessità dell’unità dell’Europa. Per la Germania, qualsiasi discussione sulla “sovranità” europea è accettabile se è collegata alla NATO e alle sue capacità di difesa. Il Regno Unito, nel frattempo, sta negoziando la sua posizione con l’UE e sta cercando di costruire legami bilaterali con paesi europei come la Polonia e altri al di fuori dell’Europa, ma è convinto che l’Europa debba aumentare la sua responsabilità strategica all’interno della NATO dallo status quo operativo del alleanza.

Di tutti i membri della NATO, gli Stati Uniti sono i più interessati a un’Europa più strategicamente responsabile. Washington lo ha detto fin dall’amministrazione Obama. I vantaggi sono abbastanza evidenti. Gli europei potrebbero assumersi maggiori responsabilità per il Mediterraneo occidentale e parti del Nord Africa e rendere possibile la difesa collettiva senza la necessità che le divisioni americane si precipitino in soccorso. E anche se le discussioni in corso falliscono, prevarranno le relazioni bilaterali o le alleanze regionali sia all’interno dell’UE che della NATO.

Il dibattito intorno al Concetto strategico della NATO, insieme a quello sull’autonomia strategica europea, è complesso e impegnativo. Considerando gli attuali problemi socio-economici che gli Stati Uniti e l’Europa stanno affrontando, non solo è difficile raggiungere il consenso, data la moltitudine di questioni che i paesi stanno affrontando, ma è anche difficile che le discussioni vengano interpretate allo stesso modo. Tuttavia, se il dibattito porta a un compromesso che faciliti una maggiore responsabilità europea attraverso l’autonomia strategica, promette l’opportunità di un rinnovato legame tra Stati Uniti ed Europa.

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Stati Uniti! Pretendenti vecchi e nuovi_con Gianfranco Campa

Pian piano comincia a delinearsi lo scenario dei pretendenti alla carica presidenziale in palio nel 2024. Il bersaglio principale da colpire e possibilmente da abbattere è Trump. Non tanto per il suo spessore politico, quanto per quello che rappresenta nel paese e soprattutto sta contribuendo a consolidare, non ostante tutto e tutti e soprattutto malgrado i suoi errori marchiani che hanno inficiato il percorso già di per sé impervio. La gamma degli ingredienti di questo scontro politico è quanto mai varia ed esaustiva: trovano posto l’esplicita, viscerale ostilità di alcuni, a cominciare dai Clinton, dai Cheney, dagli Obama, l’atteggiamento sordido di agenti interni al partito, tra i quali l’onnipresente Pence, i rivali interni dalla indole opportunistica e trasformista di troppo, come probabilmente de Santis. Questi ultimi i più perniciosi, perché in grado di appropriarsi di alcuni punti programmatici più popolari, ma più innocui del movimento, senza però intaccare la sostanza e gli assetti generali del potere statunitense; in particolare i suoi orientamenti geopolitici. L’epilogo di questo scontro non è però compromesso definitivamente: troppe le divisioni distruttive che lacerano lo schieramento restauratore; troppi i problemi e i nodi da sciogliere in un contesto geopolitico nel quale altri attori stanno acquisendo margini sempre più ampi di autonomia. L’unico obbiettivo che riesce a compattare questa pletora è il tentativo di estromettere giudiziariamente e fisicamente Donald Trump. Anche qui, però, il castello di menzogne sembra poggiare sempre più sulle sabbie mobili; pare destinato ad impantanarsi al netto di qualche errore clamoroso di Trump, paragonabile nella gravità alla defenestrazione improvvida del Generale Flynn dalla sua passata amministrazione. La parabola malinconica, clamorosamente discendente, di Biden ed Harris sono il segno tangibile di questa incertezza; la recente decisione della Corte Suprema in tema di vaccinazioni e legge lettorale e soprattutto l’affossamento della parte più cospicua del programma di spesa anticrisi, soprattutto quella assistenziale e simil-ecologica in grado di compattare il composito schieramento del Partito Democratico, sono le due ultime pietre cadute sulle teste dei restauratori. La riemersione cauta di vecchie cariatidi della politica americana sono il segno della penosa carenza di alternative di protagonisti politici sufficientemente presentabili. Un quadro di incertezza sempre più esposto a colpi di mano pericolosi ed incontrollabili. Buon ascolto, Giuseppe Germinario NB_Questo video costituisce completamento, aggiornamento ed integrazione del seguente link https://www.youtube.com/watch?v=ntYYK…

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BIDEN INCENDIARIO?_di Teodoro Klitsche de la Grange

BIDEN INCENDIARIO?

Ciò che mi ha sorpreso nel discorso di Biden in occasione dell’anniversario di Capitol Hill sono due circostanze.

La prima: riporto un passaggio del discorso così come tradotto nel sito Rai-News “Il 6 gennaio fu un insurrezione armata e il mio predecessore cercò di rovesciare elezioni libere, di sovvertire la costituzione e di fermare un trasferimento pacifico dei poteri attraverso un gruppo di balordi, tutto il mondo ha visto con i suoi occhi”. Ora il Presidente USA parla d’insurrezione armata eseguita da un gruppo di balordi, per sovvertire la costituzione come voluto dal “predecessore”: cioè Trump.

Scrissi nell’occasione che di armi (dalla pistola in su) in mano ai dimostranti non “ne abbiamo viste con i nostri occhi”; ma ancor di più che l’aspetto, il comportamento, la (dis)organizzazione dei facinorosi provava che di colpo di stato, di sovversione della costituzione era umoristico parlarne. Perché – concordo nel mio piccolo con Biden – quello degli invasori di Capitol Hill era, come correttamente ha detto il Presidente “un gruppo di balordi”. Ma proprio per questo rendeva di una improbabilità totale che possa parlarsi di colpo di Stato. Nei colpi di Stato – riusciti o falliti – limitandosi al XX secolo -abbiamo sempre visto un’organizzazione di uomini armati che vinceva un’altra organizzazione armata (Stato o governo). Spesso mirando – in primo luogo – a disorganizzarla, come scrisse in un notissimo saggio Malaparte, sostenendo che i bolscevichi – Trocxkij soprattutto- avevano battuto il governo Kerensky proprio perché avevano cambiato il modello insurrezionale non basandolo su folle pletoriche e disorganizzate ma su militanti determinati, competenti e disciplinati. Comunque in grado di esercitare violenza; perciò armati e “inquadrati”. Anche quando i golpe fallivano, come quello del colonnello Tejero (e soci) nella Spagna post-franchista, i requisiti minimi dell’ordinamento e della organizzazione (militare) restavano invariati. Per cui l’assalto a Capitol Hill, con un pittoresco italo-americano vestito da scudiero di Conan appare il più incredibile colpo di stato della storia.

Per cui – e qua passiamo al secondo aspetto – appare facile declassarlo a folklore politico (come in effetti era). Tuttavia rivelava, proprio nella sua ingenuità, due elementi fondamentali: il rigetto di circa la metà degli americani verso le èlite e l’ascesa del sentimento ostile all’interno della comunità. Disponibile ad azioni avventate e rischiose. Anche per questo la politica di Biden – nel bene e nel male – è risultata assai meno lontana da quella di Trump di quanto si attendevano molti commentatori e opinionisti italiani (e non solo). Non si fa solo questione degli “interessi dello Stato” che non cambiano, mutano assai meno e assai più lentamente dei Presidenti, ma ancor di più di coesione nazionale, fattore determinante della “pace” interna allo Stato.

La pace esterna comporta, scriveva Kant, una “clausola d’amnistia”. Lo stesso può dirsi – fatte le debite proporzioni – per gli atti d’insurrezione.

Quando il consenso agli insorgenti è – potenzialmente – così diffuso, è meglio, smorzare l’ostilità, derogare alla prassi ordinaria, compresa l’applicazione rigorosa del diritto.

Parlare di d’insurrezione armata, di sovvertire la costituzione, va in senso contrario. Non so se ciò porterà a coltivare una repressione legale, ma penso che interesse degli USA e degli amici degli USA è che il Presidente faccia il lavoro del pompiere e non attizzi il fuoco.

Teodoro Klitsche de la Grange

Le guerre e i fallimenti dell’America_Di  George Friedman

Le guerre e i fallimenti dell’America

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Sessant’anni fa, nel 1962, gli Stati Uniti presero la decisione di entrare in guerra in Vietnam, schierando per la prima volta in battaglia importanti forze aeree e di terra. Questa era una frazione degli uomini e degli aerei che sarebbero serviti lì negli anni a venire. Era una linea che l’amministrazione Kennedy si rese conto di attraversare. Ha visto il coinvolgimento degli Stati Uniti come una mossa minore, persino sperimentale. Ma quando una nazione manda i suoi soldati in guerra, una logica prende piede. Quando gli uomini muoiono, la nazione presume che sia per un interesse vitale. I leader non possono dichiarare l’esperimento un fallimento perché non possono ammettere di aver sperimentato la vita dei soldati. Una morte richiede una ragione degna, e stabilire che la morte non è stata vana è incompatibile con “tagliare e scappare”, nelle parole di Lyndon B. Johnson. L’intervento è difficile. Il ritiro sotto tiro è agonia.

Per capire la strategia americana dal 1962 ad oggi, dobbiamo capire cosa vedeva e pensava John F. Kennedy quando prese il primo grande impegno. Kennedy è stato creato dalla seconda guerra mondiale, e anche i militari più anziani lo erano. Nella seconda guerra mondiale, l’America ha capito il suo nemico. La Germania era governata da Hitler, e Hitler e i suoi subordinati erano intelligenti, spietati e come noi nel combattere una guerra di macchine e industria. Abbiamo capito che Hitler era un tiranno senza principi. Il Giappone era un impero governato da un governo brutale e, come abbiamo visto in Cina, combattenti spietati. Sapevamo anche che, come i tedeschi e gli americani, stavano combattendo una guerra industriale. Conoscevamo il nemico, non ne sottovalutavamo mai la forza, e facevamo coincidere la nostra guerra con la produzione industriale. Conoscevamo il valore degli alleati, gli usi delle portaerei e dei carri armati, e come addestrare gli uomini alla guerra. Abbiamo imparato questo e altro. E avremmo combattuto fino alla fine, senza quartiere né chiesto né dato.

Gli Stati Uniti hanno superato il Vietnam del Nord e il Viet Cong in ogni misura che ha vinto la seconda guerra mondiale. Non ci rendevamo conto di non aver capito il nostro nemico. Non erano industriali, né erano divisi tra comunisti e una serie di fazioni. Chiaramente i non comunisti del sud odiavano la tirannia del nord. La popolazione anticomunista doveva essere mobilitata e armata con le migliori attrezzature e la bandiera degli Stati Uniti, insieme a quella vietnamita, avrebbe sorvolato Hanoi. La folla nel sud si allineava sulle strade accogliendo gli americani anche se gli Stati Uniti non prendessero Hanoi. Lo scopo dell’intelligence è prevedere cosa faranno gli altri, e proprio come la CIA non è riuscita a capire le conseguenze della Baia dei Porci, non ha capito il Vietnam. Anch’esso era bloccato nella seconda guerra mondiale.

Il Vietnam non era la SS che combatteva contro i Maquis (combattenti della Resistenza francese). Il Vietnam era diviso per trattato, ma era un paese. I comunisti si erano impossessati del nord ei non comunisti governavano il sud. I non comunisti venivano in molte forme, ma l’unica cosa che condividevano con i comunisti del nord era che erano vietnamiti. Non erano scioccati da un regime comunista repressivo quanto dal pensiero di una guerra civile vietnamita, che è ciò che gli americani stavano vendendo, che la chiamassero così o meno. Non volevano combattere altri vietnamiti. Quello che volevano era essere lasciati soli. I vietnamiti non vedevano gli americani come liberatori e protettori. Li vedevano come consegnare i terrori della guerra industriale. Dopo aver sopportato l’occupazione francese e l’oppressione dei vietnamiti che i francesi avevano elevato a governanti fantoccio, non avrebbero scelto tra un nuovo imperialismo e una dittatura comunista. Ciò non significava che l’anticomunismo non fosse presente, né che molti non vedessero gli americani come una forza amica. Significava che le passioni dei vietnamiti erano divise, complesse e volubili.

Gli americani hanno commesso tre errori. La prima era che pensavano che, come in Belgio, il loro arrivo in Vietnam sarebbe stato accolto con gioia universale. Non lo sapevano perché la leadership non ha ascoltato l’intelligence.

In secondo luogo, non capivano il nemico comunista. I comunisti trassero gran parte della loro legittimità dall’aver cacciato i francesi. Il loro comunismo e nazionalismo erano legati. Questo era vero anche per il comunismo cinese di Mao e il discorso di Stalin in difesa della patria. Ci sono quelli che combattono per convinzioni astratte, ma molti di più che combattono per la loro patria. Non sono sicuro di quanti americani nella seconda guerra mondiale abbiano combattuto per la democrazia liberale o per l’America, ma sospetto che la protezione della patria abbia risuonato di più. Il Vietnam era stato governato da molti bruti, ma almeno i comunisti erano bruti vietnamiti. Erano comprensibili.

Infine, hanno combattuto la guerra dal punto di vista della percezione, in particolare della percezione del pubblico statunitense. Piuttosto che fare ciò che è stato fatto durante la seconda guerra mondiale, che era chiarire che questa sarebbe stata una guerra lunga e sanguinosa e quindi vincolare il pubblico alla verità, il governo ha cercato di allineare la strategia con l’idea che la vittoria si stava avvicinando e che le vittime sarebbero declino. Ciò significava che l’offensiva del Tet aveva infranto ogni fiducia. Si spera che mentire funzioni meglio quando la realtà collabora.

Gli Stati Uniti non hanno capito il loro nemico oi suoi amici. Temeva i comunisti meno dell’opinione pubblica americana. Nelle guerre, il momento più buio potrebbe essere appena prima del successo. Pensa alla battaglia delle Ardenne. Il momento più buio non poteva essere un momento come questo perché assurde pretese di successo non avevano preparato il pubblico americano ad esso.

Quando pensiamo di non capire il proprio nemico, di plasmare una guerra per non sconvolgere le falsità del conflitto, e di cercare di sopraffare con la guerra industriale un nemico che sta combattendo una guerra molto diversa, possiamo pensare anche alle guerre in Iraq e Afghanistan. Il nemico poteva o meno odiare il governo, ma un numero sufficiente di persone odiava gli americani perché non erano iracheni o afgani. L’ideologia e la religione hanno avuto un ruolo ma non sono state la chiave. C’era uno sconosciuto in casa loro e dovettero cacciarlo via.

Gli americani dovrebbero esserne consapevoli, perché la nostra rivoluzione è stata progettata per scacciare i superbi britannici, con le loro regole e regolamenti. La rivoluzione era impegnata nella Dichiarazione di Indipendenza, ma il vero nemico erano gli inglesi. Erano stranieri in casa nostra e dovettero essere espulsi. Il principio morale c’è, ma gli uomini muoiono per amore del proprio.

Ci sono poche guerre come la prima e la seconda guerra mondiale, grazie a Dio. Ragionare su come abbiamo vinto quei conflitti di solito porterà al fallimento in altre guerre. L’ondata di guerre americane dopo la seconda guerra mondiale e i loro risultati insoddisfacenti dovrebbero testimoniarlo. Andare in guerra e fallire rappresenta una leadership senza discernimento, con una fede irrazionale nelle proprie forze e un folle rifiuto della motivazione e dell’intelligenza del nemico. Anche se molti ci accolgono come liberatori, saranno questi fattori a determinare il nostro destino. Fortunatamente per l’America, è troppo ricca e forte per essere abbattuta da un fallimento. Ma è importante non sfidare la fortuna.

Le guerre sono necessarie e accadranno, ma dovrebbero iniziare come la seconda guerra mondiale: con paura e timore reverenziale nei confronti del tuo nemico. Qualsiasi altra cosa ti rende negligente. Come ha notato Tucidide, la guerra non può essere combattuta da una città divisa e spaventata. Ciò si è dimostrato vero in Vietnam, Iraq e Afghanistan. La domanda più importante non è mai stata posta: come trarrebbero vantaggio gli Stati Uniti dalla vittoria e quanto costerebbe la sconfitta? La sconfitta non è mai stata immaginata e il beneficio del successo è stato ampiamente sopravvalutato. Il mondo non è finito, né il potere americano. Ma temendo le conseguenze della sconfitta, rimandiamo l’inevitabile. Oggi gli Stati Uniti collaborano con il Vietnam contro la Cina. Ciò che allora era impensabile e insopportabile non lo è nemmeno oggi. Le guerre, quindi, dovrebbero essere rare e assolutamente necessarie.

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Stati Uniti, il ritorno dei naufraghi_con Gianfranco Campa

Negli Stati Uniti stiamo assistendo ai primi segnali di un ribaltamento della narrazione che ha giustificato sino ad ora la gestione della pandemia da parte dell’establishment dominante. Di fronte alla evidenza stridente della realtà, alle nubi che si affacciano all’orizzonte circa il dissesto economico provocato e le probabili implicazioni di lunga durata delle scelte farmacologiche adottate in grande fretta diventa sempre più arduo proseguire sulla stessa strada non ostante il sostegno monolitico della gran cassa mediatica. Rappresenta il tentativo, probabilmente estremo, di consentire ai naufraghi dell’attuale panorama politico non solo di riemergere dalla crisi di consenso, di autorità e di autorevolezza in cui sono sprofondati, ma di riprendere saldamente in mano il controllo della situazione, riuscendo nel capolavoro di coinvolgere pesantemente nella responsabilità di una gestione fallimentare e cinica Donald Trump. E’, infatti, il primo reale momento di rottura, probabilmente non ancora irreparabile, del profondo legame dell’ex presidente con lo zoccolo duro del suo elettorato, grazie anche ad una clamorosa ingenuità. Non sappiamo se fatale. Siamo ancora agli inizi e il finale dello spartito non è ancora stato scritto. Richiederà il sacrificio di alcuni capri espiatori in campo democratico e neocon. Le incognite però sono ancora troppe: il caso Epstein, di fatto oscurato, ma non ancora chiuso; il dilemma dei rapporti con la Cina e soprattutto con la Russia non più eludibile, grazie ai passi intrapresi da Putin e Lavrov; l’immigrazione sempre più incontrollata e la situazione economica a dir poco incerta; gli stati federati che sempre più intraprendono iniziative contrastanti con gli indirizzi del governo centrale; la polarizzazione drammatica all’interno del Partito Democratico; le possibili alternative che stanno emergendo nella leadership trumpiana. Tutti fattori che rischiano di risucchiare la ciurma dei naufraghi proprio nel momento in cui riescono ad aggrapparsi a qualche relitto per rimanere a galla, rendendo improcrastinabile l’avvento di nuovi timonieri. Sempre che ci siano. In Italia i sintomi di una crisi quantomeno di autorevolezza non mancano; come al solito la classe dirigente tarderà a cambiare lo spartito, scritto da altri e riprodotto malamente dai nostri epigoni. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

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Politica estera americana e John Wayne, di Giuseppe Gagliano

Politica estera americana e John Wayne

Sconsigliamo in primo luogo vivamente la lettura di questo articolo ai lettori filoamericani e filo atlantici che abbondano nel nostro paese a sovranità limitata ( o nulla).

In seconda battuta-non senza una certa provocatorietà-non possiamo fare a meno di osservare come il tanto sbandierato multilateralismo del presidente Biden e del segretario di Stato Blinken si sia rivelato-come era d’altra parte prevedibile-un bluff di carattere diplomatico: il multilateralismo inteso dagli Stati Uniti significa stringere alleanze sempre più strette di carattere economico e militare con i propri alleati per perseguire meglio gli obiettivi egemonici americani a livello globale.Ma certo non significa contrattare -su un piano di parità in ambito politico e diplomatico -con la Cina e con la Russia.Questo pseudo- multilateralismo sta gettando le premesse per un conflitto per la questione ucraina tra Russia e USA. Conflitto questo che coinvolgerebbe direttamente l’Europa e che avrebbe conseguenze incalcolabili, imprevedibili ma certamente gravissime ed insieme drammatiche. Un conflitto questo che deve essere assolutamente scongiurato.A tutti i costi .

Al di là della irrilevanza-consueta quanto prevedibile-sia dell’Unione Europea che dell’ONU ciò che Putin ha sostanzialmente chiesto agli Stati Uniti e alla Nato è di fermare l’allargamento dell’Alleanza ai paesi dell’est e soprattutto di smettere di continuare ad armare l’Ucraina in funzione antirussa.Si tratta di rispettare la sovranità territoriale della Russia.Ma si tratta anche di abbandonare la consueta politica unilaterale americana secondo la quale sarebbero Stati Uniti-come nei film western americani- gli unici sceriffi che possono legiferare sul mondo decidendo cosa è giusto e cosa non lo è. La politica estera americana è stata troppo spesso ispirata al modus operandi dei film interpretati dall’attore John Wayne. Non sei d’accordo con me? Ti sparo addosso!

Ci domandiamo con quale credibilità gli Stati Uniti possono pretendere di affrontare un conflitto con la Russia dopo il fallimento sia in relazione alla situazione della Crimea sia in relazione all’Afghanistan. Ancora una volta le lezioni del passato non hanno insegnato nulla agli Stati Uniti. Per quanto riguarda l’Ucraina l’attuale presidente invece di continuare ad acquistare armi dagli Stati Uniti farebbe bene a cercare di risolvere la gravissima situazione nella quale versa il suo paese: la situazione economica infatti è catastrofica nonostante sia stato dato un prestito di 5 miliardi di dollari dal FMI nel 2000 a cui poi se ne è aggiunto un secondo 750 milioni di dollari per evitare che l’Ucraina vada in default .Inoltre il calo di popolarità del presidente americano potrebbe portarlo a fare scelte molto pericolose per non apparire debole agli occhi degli elettori e dei repubblicani .Se Putin dovesse spuntarla questo certamente equivarrebbe alla fine ingloriosa della politica neo conservatrice e delle sue nefaste conseguenze a livello di equilibrio internazionale.

https://centrostudistrategicicarlodecristoforis.wordpress.com/2021/12/25/politica-estera-americana-e-john-wayne/?fbclid=IwAR2U_maLWgIq1J9YZyCODnooOT-mYfJ2ipXhYp-VDpkwyEoeSa0v6YKCb9I

Un ultimatum russo a sorpresa: nuove bozze di trattati per il rollback della NATO, di gilbertdoctorow

Continuiamo ad offrire alcuni punti di vista sulla questione cruciale che regolerà in qualche maniera le dinamiche geopolitiche e la vita quotidiana interna ai paesi. E’ la volta di una puntuale sintesi dell’approccio russo alle relazioni estere, in particolare con gli Stati Uniti, edita da uno dei maggiori esperti americani in materia. Cerchiamo di sopperire alla vacua superficialità con la quale si affronta, con rare eccezioni, la tematica. Buona lettura_Giuseppe Germinario

Un ultimatum russo a sorpresa: nuove bozze di trattati per il rollback della NATO

La pubblicazione di un paio di giorni fa sul sito web del Ministero degli Affari Esteri RF delle sue bozze di trattato per la revisione totale dell’architettura di sicurezza europea¹ è stata ripresa dai nostri principali media mainstream. Il New York Times non ha perso tempo a pubblicare un articolo dei suoi giornalisti più esperti sulla Russia, Andrew Kramer e Steven Erlanger: “La Russia presenta le richieste per un nuovo accordo di sicurezza con la NATO”. Da parte sua, il Financial Times ha riunito i suoi principali esperti Max Seddon a Mosca, Henry Foy a Bruxelles e Aime Williams a Washington per inventare “la Russia pubblica le richieste di sicurezza della ‘linea rossa’ per la Nato e gli Stati Uniti”.

Entrambe le ammiraglie della carta stampata in lingua inglese hanno identificato correttamente la principale novità dell’iniziativa russa, racchiusa nella parola “richieste”. Tuttavia, non hanno esplorato la domanda “e se”, come e perché queste “richieste” vengono presentate di fatto, se non di nome, come un “ultimatum”, come le considero.

Gli stessi articoli di giornale sono tè debole. Riassumono i punti esposti nei progetti di trattati russi. Ma non sono in grado di fornire un’interpretazione di ciò che l’iniziativa russa significa per l’immediato futuro di tutti noi.

Normalmente sarebbero stati alimentati manualmente da tali analisi dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e dal Pentagono. Tuttavia, questa volta Washington ha rifiutato di commentare, dicendo che ora sta studiando i trattati russi e avrà la sua risposta tra una settimana circa. Nel frattempo, l’affidabile cagnolino americano Jens Stoltenberg, segretario generale della NATO, non ha ritenuto necessario riflettere e ha respinto categoricamente le richieste russe in quanto inaccettabili. Anche gli stati membri della NATO “in prima linea” nei paesi baltici hanno posto il veto di riflesso a qualsiasi colloquio con i russi su queste questioni.

Tuttavia, anche il FT e il NYT capiscono quanto valga l’opinione del signor Stoltenberg o l’opinione dell’Estonia e si sono trattenuti a dare il proprio pollice in su o in giù. Entrambi analizzano le bozze di trattati principalmente in relazione all’attuale ammassamento di truppe russe al confine con l’Ucraina. Presumono che se i russi non riceveranno alcuna soddisfazione per le loro richieste, lo useranno per giustificare un’invasione. Ci viene detto che in un’eventualità del genere scoppierà una nuova Guerra Fredda nel Vecchio Continente, come se quella fosse la fine di tutto il clamore.

In parte, il problema con questi media è che i loro giornalisti e le loro redazioni sono stonate per quanto riguarda le cose russe. Sono insensibili alle sfumature e incapaci di vedere cosa c’è di nuovo qui nel contenuto e ancor più nella presentazione dei testi russi. La debolezza è in parte imputabile al problema comune dei giornalisti: il loro orizzonte temporale risale a quanto accaduto la scorsa settimana. Mancano di prospettiva.

In quello che presenterò di seguito, cercherò di affrontare queste carenze. Non invocherò il tempo storico, che potrebbe riportarci indietro di settant’anni all’inizio della prima guerra fredda o addirittura di trent’anni alla fine di quella guerra fredda, ma limiterò il mio commento al tempo che circonda l’ultimo tale appello russo per trattati per regolare l’ambiente di sicurezza nel continente europeo, 2008 – 2009 sotto l’allora presidente Dmitry Medvedev. Questo rientra nell’orizzonte temporale della scienza politica.

Presterò particolare attenzione al tono di questa iniziativa russa e cercherò di spiegare perché i russi hanno tracciato le loro “linee rosse” sulla sabbia proprio adesso. Tutto ciò porterà alla conclusione che non è solo il presidente Volodymyr Zelensky a Kiev che dovrebbe preoccuparsi delle condizioni dei rifugi antiaerei locali, ma anche tutti noi a Bruxelles, Varsavia, Bucarest, ecc., da questa parte dell’Atlantico, e a Washington, DC, New York e in altri importanti centri del continente americano. Stiamo osservando quello che potrebbe essere chiamato Cuban Missile Crisis Redux.

* * * *

Ognuno di noi commentatori ha le proprie date di inizio per le narrazioni che offriamo al pubblico dei lettori. Nel mio caso, scelgo di iniziare con il discorso del presidente Putin alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco nel febbraio 2007. Quel discorso in sé era molto insolito, come ha spiegato Putin dai suoi primi momenti al leggio:

“La struttura di questa conferenza mi permette di evitare un’eccessiva cortesia e la necessità di parlare in termini diplomatici tondi, piacevoli ma vuoti. Il formato di questa conferenza mi permetterà di dire cosa penso veramente dei problemi di sicurezza internazionale. E se i miei commenti sembrano eccessivamente polemici, pungenti o inesatti ai nostri colleghi, allora ti chiederei di non arrabbiarti con me. Dopotutto, questa è solo una conferenza. E spero che dopo i primi due o tre minuti del mio discorso [l’ospite della conferenza] non accenda la luce rossa laggiù”.

Ciò lo ha portato a fornire la seguente affermazione audace:

“Sono convinto che siamo arrivati ​​a quel momento decisivo in cui dobbiamo pensare seriamente all’architettura della sicurezza globale. E dobbiamo procedere cercando un ragionevole equilibrio tra gli interessi di tutti i partecipanti al dialogo internazionale».

In una parola, le preoccupazioni e il processo di soluzione proposto attraverso il rinnovamento dell’architettura della sicurezza che vediamo oggi nelle ultime bozze di trattati della Russia risalgono al 2007, quando Vladimir Putin si è espresso pubblicamente sull’argomento in quello che potrebbe essere descritto come il covo dell’establishment della sicurezza mondiale.

Con il senatore John McCain e altri campioni dell’egemonia globale americana che lo fissavano increduli dalle prime file, in quel discorso Vladimir Putin ha esposto in dettaglio il rifiuto della Russia del mondo unipolare guidato dagli Stati Uniti come fonte di tensioni internazionali, il ricorso a soluzioni militari, una corsa agli armamenti e la proliferazione nucleare. L’egemonia statunitense era antidemocratica e impraticabile, ha affermato.

Il discorso è stato anche degno di nota per la menzione di Putin del meschino trattamento che il suo paese ha ricevuto da parte degli americani in seguito alla disgregazione dell’URSS negli anni ’90 fino al nuovo millennio. La questione chiave è stata l’espansione della NATO verso est, includendo i paesi dell’ex Patto di Varsavia e, infine, le ex repubbliche dell’URSS, gli Stati baltici.

Quoto:

“Si scopre che la NATO ha messo le sue forze in prima linea sui nostri confini e continuiamo a rispettare rigorosamente gli obblighi del trattato e non reagiamo affatto a queste azioni. Penso sia ovvio che l’espansione della NATO non ha alcuna relazione con la modernizzazione dell’Alleanza stessa o con la garanzia della sicurezza in Europa. Al contrario, rappresenta una seria provocazione che riduce il livello di fiducia reciproca. E abbiamo il diritto di chiederci: contro chi è destinata questa espansione? E che fine hanno fatto le assicurazioni fatte dai nostri partner occidentali dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia? Dove sono queste dichiarazioni oggi? Nessuno li ricorda nemmeno».

Il discorso di Putin del 2007 è stato espresso come una denuncia. Veniva da un paese che si era ancora solo parzialmente ripreso dalla devastazione economica che aveva subito negli anni ’90 durante una transizione mal gestita dall’economia di comando sovietica a un’economia di mercato. Più precisamente, il suo era un paese con capacità militari notevolmente diminuite rispetto alla superpotenza sovietica da cui è emerso indipendente. In una certa misura, l’incredulità tra il contingente americano e alleato a Monaco di Baviera è nata proprio dall’audacia della Russia ancora gracile di sfidare i poteri costituiti.

Nelle settimane e nei mesi successivi al discorso di Putin a Monaco, gli Stati Uniti si sono ripresi dallo shock per la sua denuncia pubblica e sono passati rapidamente al contrattacco, lanciando una guerra dell’informazione sulla Russia che è con noi oggi. Dai giorni conclusivi dell’amministrazione Bush, attraverso l’intera amministrazione Obama, tranne quando il nuovo accordo sul controllo degli armamenti START veniva negoziato e firmato entro il breve periodo chiamato “ripristino”, gli Stati Uniti hanno usato ogni mezzo giusto e cattivo per screditare la Russia prima la comunità globale nella speranza di isolare il Paese e relegarlo allo status di paria. Le sanzioni commerciali contro la Russia sono state imposte per la prima volta dagli Stati Uniti nel 2012 con il Magnitsky Act. Gli Stati Uniti hanno notevolmente ampliato la loro politica di sanzioni contro la Russia in seguito all’annessione della Crimea nel marzo 2014.Grazie alla catastrofe aerea dell’MH17 di quell’estate, un evento ‘false flag’ di prima grandezza, tutta l’Europa è stata portata a bordo. La politica delle sanzioni è stata rinnovata ancora una volta dall’UE proprio venerdì scorso.

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Guardando indietro al 2008, quando Vladimir Putin ha passato la presidenza al suo sostituto, Dmitry Medvedev, vediamo che la revisione dell’architettura di sicurezza europea era uno degli obiettivi politici chiave della presidenza Medvedev. Ne ha parlato in un discorso pronunciato a Berlino nel giugno 2008. La cancelliera tedesca Angela Merkel è stata tra le prime a respingere la proposta, affermando che gli accordi di sicurezza dell’Europa avevano già preso forma concreta.

Nel novembre 2009 ha finalmente pubblicato sul suo sito web una bozza di trattato sulla sicurezza europea. Contestualmente, il ministro degli Esteri Lavrov ha presentato ufficialmente il documento al Consiglio dei ministri dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) allora riunitosi ad Atene.

Il mio libro di saggi intitolato Stepping Out of Line , pubblicato nel 2013, ha un paio di capitoli dedicati all’iniziativa di Medvedev, che ho concluso fosse ostacolata da un concetto povero ulteriormente indebolito da una cattiva esecuzione.²

La bozza di accordo era prima di tutto un patto di non aggressione tra e tra tutti gli Stati interessati nello spazio atlantico-euroasiatico. Stabilirebbe un quadro di riunioni deliberative in cui tutti gli Stati membri ascolterebbero casi di minacce di uso della forza o uso effettivo della forza contro qualsiasi Stato membro. Tuttavia, la non aggressione era solo una vetrina, descrivendo qualcosa che tutti potevano capire e a cui dire “amen”. Il secondo obiettivo dichiarato era garantire la sicurezza collettiva dei suoi membri in base al principio che nessuno Stato o gruppo di Stati potrebbe promuovere la propria sicurezza a spese di altri Stati membri.

Quello che mancava al progetto di trattato sulla sicurezza europea era proprio la definizione di cosa costituisse il rafforzamento della propria sicurezza a spese dell’altro. Per gli europei il trattato potrebbe servire solo allo scopo di tributo alla Russia, stabilendo un nuovo importante forum per esprimere eventuali rimostranze che potrebbe avere sull’espansione della NATO, il sistema di difesa missilistico e altre misure sponsorizzate dagli Stati Uniti che migliorano la sicurezza occidentale a spese dello stato russo. sicurezza.

Il vuoto del progetto di trattato è stato un fallimento di Medvedev e dei suoi immediati assistenti che lo hanno redatto. Nel febbraio 2010, durante la regolare Conferenza sulla sicurezza di Monaco, Sergei Lavrov ha compiuto un coraggioso sforzo per salvare l’iniziativa Medvedev proponendo che l’attuale OSCE fosse riprogettata come veicolo per garantire la sicurezza collettiva. La Russia stava dicendo che la NATO doveva rinunciare al suo predominio in Europa e cedere il posto a un’OSCE rinvigorita. Molto poco del discorso di Lavrov è stato riportato dai media occidentali.

Il fatto che sia stato tranquillamente sepolto da tutte le parti riceventi può essere attribuito alla posizione molto debole della stessa Russia in quel momento. La vittoriosa campagna russa contro la Georgia nel 2008 è stata vista dai professionisti della difesa in Occidente in modo molto diverso da ciò che il pubblico in generale capiva. Per i professionisti, l’esercito russo ha dimostrato di non aver fatto molti progressi rispetto alle forze mal equipaggiate e guidate che l’URSS ha dispiegato in Afghanistan o che la Federazione russa ha dispiegato in Cecenia negli anni ’90. Il fatto è che la postura di Medvedev era quella di un supplicante , che tratta da una mano debole. Si noti, tuttavia, che le preoccupazioni russe erano esattamente le stesse evocate dal Cremlino oggi mentre promuove i suoi nuovi progetti di trattati.

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Fino ai giorni scorsi non abbiamo più sentito parlare di progetti di trattati russi per alterare l’architettura di sicurezza dell’Europa. Invece negli anni successivi ci sono stati ripetuti casi di lamentele pubbliche russe sulle attività degli Stati Uniti e della NATO che considera minacciose. Una di queste forti lamentele è arrivata nel gennaio 2016 con l’uscita di un film documentario intitolato World Order . Questa è stata una critica devastante dell’egemonia globale degli Stati Uniti giustificata in nome della “promozione della democrazia” e dei “diritti umani” sin dalla caduta dell’Unione Sovietica. nel 1992.

Seguendo i punti espressi nel discorso di Vladimir Putin a Monaco del 2007, World Order illustra attraverso filmati grafici e la testimonianza di autorità mondiali indipendenti le tragiche conseguenze, la diffusione del caos e della miseria, risultanti dal “cambio di regime” e dalle “rivoluzioni colorate” progettati dagli Stati Uniti. ‘, di cui il violento rovesciamento del regime di Yanukovich in Ucraina nel febbraio 2014 è stato solo l’ultimo esempio.

Il titolo del film è seguito al discorso di Putin alla riunione del 70 ° anniversario dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel settembre 2015 che aveva come messaggio centrale che l’ordine mondiale si basa sul diritto internazionale, che a sua volta ha come fondamento la Carta delle Nazioni Unite. Infrangendo la Carta e facendo la guerra senza l’approvazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, a partire dall’attacco della NATO alla Serbia nel 1999 e continuando con l’invasione dell’Iraq nel 2003 fino ai suoi bombardamenti illegali in Siria, gli Stati Uniti e i suoi alleati della NATO hanno scosso i fondamenti del diritto internazionale.

Gli intervistati stranieri in World Order comprendevano una selezione impressionante e diversificata di leader in vari settori, tra cui il regista americano Oliver Stone; Thomas Graham, ex direttore del Consiglio di sicurezza nazionale per la Russia sotto George W. Bush; l’ex direttore dell’FMI Dominique Strauss-Kahn; l’ex presidente del Pakistan Perwez Musharraf; l’ex ministro degli esteri francese Dominique Villepin; l’ex presidente israeliano Shimon Peres; il fondatore di Wikileaks Julian Assange; e vice leader del partito Die Linke nel Bundestag tedesco, Sahra Wagenknecht.

Strauss-Kahn, Musharraf e altri hanno accusato gli Stati Uniti di complottare e distruggere i leader stranieri che osano opporsi al controllo totale dell’America sui flussi globali di denaro, merci e persone. Wagenknecht ha affrontato la questione della sottomissione della Germania ai Diktat americani e della sua sovranità de facto circoscritta. Le dichiarazioni hanno sostenuto la tesi di lunga data di Putin, reiterata nel film, che gli alleati dell’Europa occidentale degli Stati Uniti non sono altro che vassalli.

Il messaggio chiaro del film era che la “promozione della democrazia” guidata dagli Stati Uniti e la sua diffusione di “valori universali” non saranno tollerati e che la Russia ha stabilito alcune linee rosse, come contro l’espansione della NATO in Ucraina o Georgia, su cui combattere fino alla morte utilizzando tutte le sue risorse.

Tuttavia, per quanto forte e pungente fosse questo film documentario nell’esporre il punto di vista del Cremlino sulla sicurezza globale ed europea, era solo una denuncia , niente di più. Lo menziono in dettaglio sopra per dimostrare la continuità delle preoccupazioni russe che questa settimana sono arrivate al culmine con l’uscita dei progetti di trattati all’esame della NATO e degli Stati Uniti.

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Cosa c’è di nuovo oggi nell’iniziativa russa sulla sicurezza europea? Sia il contenuto che la presentazione sono nuovi.

Contrariamente ai trattati di Dmitry Medvedev del 2008-2009, le ultime bozze di testi russi sono tutti contenuti esposti in modo metodico ed esauriente. Si riferiscono direttamente alle attività degli Stati Uniti e della NATO negli ultimi anni che la Russia considera le più minacciose per la sua sicurezza e quindi le più discutibili.

È chiaro che il trattato principale è con gli Stati Uniti e che il trattato con la NATO è un trattato sussidiario. Ciò riflette l’insistente visione del Cremlino che la verbosità della NATO sul suo essere un’alleanza guidata dal consenso è spazzatura e che la realtà è il dominio americano e la direzione della NATO. Questo punto di vista spazza via qualsiasi obiezione da parte di uno qualsiasi degli Stati membri della NATO, come ad esempio le obiezioni immediate che provenivano dagli Stati baltici e dalla Polonia, secondo cui è necessario il loro consenso alle modifiche proposte, per non parlare della necessità di consultare altre parti interessate , vale a dire l’Ucraina. Il Cremlino intende chiaramente isolare Washington nel processo negoziale per questi trattati, prima di fare passi da gigante con gli altri membri della NATO.

Nello spirito dei Dieci Comandamenti, quasi tutto il contenuto è in negativo, in divieti.

Rispetto alla proposta di trattato con gli Stati Uniti, troviamo quanto segue:

“[Le Parti] non attueranno misure di sicurezza adottate da ciascuna Parte individualmente o nel quadro di un’organizzazione internazionale, un’alleanza militare o una coalizione che potrebbero minare gli interessi di sicurezza fondamentali dell’altra Parte.

“Le Parti non utilizzeranno i territori di altri Stati al fine di preparare o eseguire un attacco armato contro l’altra Parte o altre azioni che influiscano sui principali interessi di sicurezza dell’altra Parte.

“Gli Stati Uniti d’America si impegnano a prevenire un’ulteriore espansione verso est dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico ea negare l’adesione all’Alleanza degli Stati dell’ex Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.

“Gli Stati Uniti d’America non stabiliranno basi militari nel territorio degli Stati dell’ex Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche che non siano membri dell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico, utilizzeranno le loro infrastrutture per attività militari o svilupperanno con loro una cooperazione militare bilaterale .

“Le Parti si asterranno dal pilotare bombardieri pesanti equipaggiati per armamenti nucleari o non nucleari o dal dispiegare navi da guerra di superficie di qualsiasi tipo, anche nell’ambito di organizzazioni internazionali, alleanze o coalizioni militari, nelle aree rispettivamente al di fuori dello spazio aereo nazionale e delle acque territoriali nazionali, da dove possono attaccare obiettivi nel territorio dell’altra Parte.

“Le Parti si impegnano a non dispiegare missili a raggio intermedio e a corto raggio lanciati da terra al di fuori dei loro territori nazionali, nonché nelle aree dei loro territori nazionali, da cui tali armi possono attaccare obiettivi nel territorio nazionale dell’altra Parte .

“Le Parti si asterranno dal dispiegare armi nucleari al di fuori dei loro territori nazionali e restituiranno tali armi già dispiegate al di fuori dei loro territori nazionali al momento dell’entrata in vigore del Trattato nei loro territori nazionali. Le Parti elimineranno tutte le infrastrutture esistenti per il dispiegamento di armi nucleari al di fuori dei loro territori nazionali”.

Per quanto riguarda il progetto di trattato con la NATO, richiamo particolare attenzione alle seguenti disposizioni:

“Le Parti devono esercitare moderazione nella pianificazione militare e nello svolgimento di esercitazioni per ridurre i rischi di eventuali situazioni pericolose in conformità con i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale, compresi quelli stabiliti negli accordi intergovernativi sulla prevenzione di incidenti in mare al di fuori delle acque territoriali e nello spazio aereo sopra , nonché negli accordi intergovernativi sulla prevenzione di attività militari pericolose.

“Per affrontare le questioni e risolvere i problemi, le Parti utilizzeranno i meccanismi delle consultazioni urgenti bilaterali o multilaterali, compreso il Consiglio NATO-Russia.

“Le Parti ribadiscono di non considerarsi avversarie.

“Le Parti manterranno il dialogo e l’interazione sul miglioramento dei meccanismi per prevenire gli incidenti in alto mare (principalmente nei Paesi baltici e nella regione del Mar Nero).

“La Federazione Russa e tutte le Parti che erano Stati membri dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico rispettivamente dal 27 maggio 1997, non dispiegheranno forze militari e armi sul territorio di nessuno degli altri Stati in Europa oltre alle forze di stanza su tale territorio a partire dal 27 maggio 1997. ….

“Le Parti non dispiegheranno missili terrestri a medio e corto raggio in aree che consentano loro di raggiungere il territorio delle altre Parti.

“Tutti gli Stati membri dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico si impegnano ad astenersi da qualsiasi ulteriore allargamento della NATO, inclusa l’adesione dell’Ucraina e di altri Stati.

“Le Parti che sono Stati membri dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico non condurranno alcuna attività militare sul territorio dell’Ucraina e di altri Stati dell’Europa orientale, del Caucaso meridionale e dell’Asia centrale”.

I progetti di trattati non creano una nuova architettura di sicurezza quanto smantellano l’architettura esistente aggiunta dalla metà degli anni ’90 dagli Stati Uniti e dai suoi alleati attraverso l’espansione della NATO a est, esercitazioni militari vicino ai confini e allo spazio aereo russi, “temporanee” stazionamento di personale e attrezzature in posizioni avanzate in avvicinamento ai confini russi.

Se accettati nella loro forma attuale, questi trattati rappresenterebbero una capitolazione totale da parte degli Stati Uniti su tutto ciò che quattro amministrazioni successive hanno cercato di ottenere per contenere la Russia e metterla in una piccola gabbia alla periferia dell’Europa.

Le richieste hanno una portata così sorprendente che dobbiamo chiederci perché la Russia sta correndo il rischio apparentemente enorme di avanzarle, e lo fa pubblicamente. Inoltre, perché adesso?

Ho due spiegazioni da avanzare: la prima è l’incrollabile fiducia che Vladimir Putin e i suoi colleghi hanno nel loro attuale vantaggio tattico sugli Stati Uniti nel teatro delle operazioni europeo e vantaggio strategico sugli Stati Uniti sul territorio americano se arriva la spinta spingere.

Tre anni fa Putin ha usato il suo discorso annuale sullo stato dell’Unione per mostrare i nuovi sistemi d’arma che la Russia aveva testato con successo e che stava ora mettendo in produzione in serie, in particolare i missili ipersonici che possono eludere tutti i sistemi ABM conosciuti. Ha poi affermato che per la prima volta nella sua storia moderna la Russia ha superato gli Stati Uniti nello sviluppo e nell’impiego di sistemi di armi strategiche. Mentre gli Stati potrebbero svilupparsi allo stesso modo con il tempo, i russi andrebbero ancora più avanti.

Putin ha inoltre affermato che mentre in passato gli Stati Uniti avevano considerato gli oceani la loro difesa naturale contro le conquiste militari dall’estero, gli ultimi missili russi, abbastanza piccoli da essere trasportati in container su navi mercantili, su fregate o su sottomarini, hanno trasformato il oceani adiacenti nel punto debole del paese. I russi potrebbero posizionare le loro armi appena fuori dalla zona economica di 200 miglia e raggiungere comunque obiettivi militari chiave sul territorio degli Stati Uniti in pochi minuti. Vale a dire che la Russia potrebbe ora fare ciò che a Krusciov era stato negato il diritto di fare nel 1962 posizionando missili sovietici a Cuba.

Durante il suo discorso di presentazione, Putin ha sperato che gli Stati Uniti e i suoi partner occidentali se ne accorgessero, facessero i calcoli e alterassero il loro comportamento minaccioso. Invece, i media occidentali tendevano a trattare le armi russe come un bluff, o come uno stratagemma elettorale per fare appello ai suoi elettori nella campagna presidenziale allora in corso, o come qualcosa al di là della capacità dei russi di produrre in quantità sufficienti e con velocità per rappresentare un minaccia prima che gli USA possedessero lo stesso.

Un anno fa, il presidente russo ha nuovamente richiamato l’attenzione sullo spiegamento dei nuovi sistemi d’arma e ha esortato gli Stati Uniti a reagire in modo appropriato. Naturalmente, ancora una volta Washington non ha fatto nulla. Invece l’amministrazione statunitense ha continuato ad aumentare il livello di minaccia della Cina e a liquidare la Russia come nient’altro che spoiler che guidano un paese in declino.

Infine, possiamo concludere che Vladimir Vladimirovich e la sua squadra hanno deciso di agire, e di agire ora, in forza della superiorità strategica di cui credono di godere. Dato il modo molto cauto con cui Putin ha sempre condotto gli affari di governo negli ultimi vent’anni, chiunque pensi che il Cremlino stia bluffando o calcolando male farebbe meglio a ricredersi.

Ora c’è anche un secondo fattore di supporto per spiegare la decisione dei russi di pubblicizzare quello che è essenzialmente un ultimatum agli USA. Quel fattore è la Cina. Non per niente Putin e Xi hanno avuto una videoconferenza ampiamente pubblicizzata questa settimana durante la quale il presidente cinese ha dato il suo pieno sostegno alle richieste russe di risoluzione della crisi di sicurezza in Europa e ha detto esplicitamente che il rapporto tra Cina e Russia è superiore a un’alleanza.

Ora cosa potrebbe esserci di più alto di un’alleanza? Sicuramente questo suggerisce un patto di mutua difesa, nel senso che ciascuna parte verrà in aiuto dell’altra secondo necessità se minacciata o attaccata.

Possiamo presumere che ci sia qualcosa di scritto tra russi e cinesi per dare a Putin la fiducia di avere la Cina alle spalle mentre si avventura in uno scontro diplomatico e forse militare con gli Stati Uniti e i suoi alleati della NATO.

Eppure, quale sarebbe il valore di un simile pezzo di carta? Dove cercheresti riparazione se i cinesi non riuscissero a consegnare e la NATO marciasse a Mosca? No, il valore della videoconferenza con Xi è altrove. Come i loro 100.000 soldati ammassati al confine ucraino, i russi stanno usando il sostegno cinese per spaventare a morte Washington, il che potrebbe ben presumere che i cinesi coordineranno le proprie azioni militari contro Taiwan, contro le forze navali statunitensi nel sud della Cina Mare e oltre per presentare agli Stati Uniti una guerra su due fronti invincibile, servendo i propri interessi cinesi.

Se la situazione politica a Washington impedisse un pensiero così lucido, credo che i russi ricorreranno alla loro capacità del tutto indipendente di puntare una pistola alla testa dell’establishment americano, attraverso lo stazionamento delle sue forze missilistiche appena al largo, che non ha ancora stato fatto.

Il modo in cui andrà a finire dipenderà dalla natura della risposta degli Stati Uniti alla prossima mossa della Russia, che potrebbe, nelle circostanze dell’ostruzionismo di Washington, essere quell’invasione dell’Ucraina di cui si è tanto parlato nelle ultime settimane. Sarebbe avventato, a questo punto, abbozzare tutti gli scenari possibili. Ma siamo sicuramente nel momento in cui ‘il tarlo gira’.

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In conclusione, richiamo l’attenzione del lettore su un ulteriore dettaglio della presentazione: chi è stato il messaggero per conto del Cremlino.

Negli ultimi anni, le persone intorno a Vladimir Putin hanno scherzato riguardo alle potenze straniere, “se non possono trattare con Lavrov [ministro degli affari esteri della RF], allora dovranno trattare con Shoigu [ministro della difesa della RF]”. A giudicare dalle ultime due settimane, inserirei un’altra personalità in questa equazione: Sergei Alekseevich Ryabkov, viceministro degli affari esteri.

Ryabkov è in giro da molto tempo, ma fino ad ora non abbiamo avuto sue notizie. Si è diplomato alla prestigiosa MGIMO, la scuola superiore che tradizionalmente formava i candidati accelerati del corpo diplomatico sovietico-russo. Ha servito diversi anni presso l’ambasciata russa a Washington e parla correntemente l’inglese. Nel nuovo millennio ha avuto responsabilità relative alla non proliferazione e alla gestione dei rapporti con l’Europa. Il suo titolo attuale è viceministro.

Poiché le relazioni con gli Stati Uniti e l’UE si sono infiammate nelle ultime settimane a causa dell’accumulo di forze russe al confine con l’Ucraina, Ryabkov ha parlato con la stampa e lo ha fatto in modo poco diplomatico e sfacciato . Quando una settimana fa un giornalista gli ha chiesto come avrebbero reagito a qualcosa alcuni dei “partner occidentali” della Russia, ha risposto di scatto: “Non abbiamo partner in Occidente, solo nemici. Ho smesso di usare la parola “partner” qualche tempo fa”.

La messa in mostra del bulldog Ryabkov al Cremlino fa parte del cambio di tono, della nuova assertività di Putin e della sua squadra a cui mi riferisco sopra.

E per non perdere il punto, un altro portavoce intransigente del Cremlino, Dmitry Kiselyov, direttore di tutti i servizi di informazione della televisione di stato russa, ha aperto stasera il suo programma settimanale di notizie “Vesti Nedeli” con l’osservazione: “La Russia ha fatto un’offerta agli Stati Uniti Stati che non può rifiutare. Il momento della verità [момент истины] è arrivato”.

©Gilbert Doctorow, 2021

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¹https://mid.ru/ru/foreign_policy/rso/nato/1790818/?lang=en

²”Il progetto di trattato di Medvedev sulla sicurezza europea: morto all’arrivo” e “Il progetto di trattato della Russia sulla sicurezza europea: Sergei Lavrov in soccorso”

³”https://consortiumnews.com/2016/01/02/hearing-the-russian-perspective/

https://gilbertdoctorow-com.translate.goog/2021/12/19/a-surprise-russian-ultimatum-new-draft-treaties-to-roll-back-nato/?fbclid=IwAR0Ml8uVwuNHyN1Z99EwVdoR_3WrPgJpeAiwQdoi5sYv88I4t7rtliHRth4&_x_tr_sl=auto&_x_tr_tl=it&_x_tr_hl=it

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