Capi, plenipotenziari e luogotenenti, a cura di Giuseppe Germinario

La chiosa all’intervento di Putin, tradotto in calce, inizia con la dichiarazione inquietante, parte di una intervista al Corriere della Sera del 18 giugno, di un certo Pavlo Klimkin, già  oscuro Ministro del Governo Poroshenko e ambasciatore ucraino in Germania, nonché negoziatore degli accordi di Minsk: «Non voglio spaventare nessuno, ma sento che si avvicina il momento in cui le emozioni della guerra traboccheranno anche all’estero. Nel vostro Paese, ad esempio, ci sono migliaia di ucraini e anche di russi. Temo che ci saranno conflitti, personali e non. Succederà. È meglio prepararsi». Affermazioni invece che devono essere colte nel loro significato allusivo e “spaventare”. Potrebbe sembrare una delle tante rodomontate cui ci hanno abituato i dirigenti ucraini, se non fosse per i riscontri sempre più frequenti nella vita reale. 

Risse e minacce ai meno entusiasti del sostegno al regime ucraino e ai russi residenti in Italia; una sicumera tale che gli aiuti e i sostegni diventano pretese gratuite. Del resto gli ucraini sono stati eletti dalla nostra commissaria i nuovi templari a difesa della Unione Europea e della democrazia; qualche obolo bisognerà pure riconoscere al merito. Solo che questo obolo arriva a costare ormai 5 miliardi di euri al mese solo per mantenere una nazione in guerra e costerà oltre 600 miliardi di euri per una ricostruzione a spese dell’Europa, ma determinata dalle politiche provocatorie ed avventuriste statunitensi. Le prime reazioni della gente alla sicumera imperante cominciano ad affiorare con gli sfratti di nuclei ucraini ospitati da famiglie inglesi e francesi con scarsa riconoscenza e cura degli occupanti, diciamo così, delle suppellettili; con l’improvvisa cancellazione del Governo Polacco di quasi ogni forma di sostegno assistenziale ai rifugiati. Onde prevenire le scontate ed indignate, pelose critiche di razzismo, non si tratta di accusare certo la genìa di un popolo, quanto di stigmatizzare la politica “compassionevole” di accettazione a buon mercato fatta di concessioni agevolate ed approssimative di cittadinanza (vedi circolari del Ministero degli Interni), di promozioni gratuite a scuola (disposizioni del Ministero della Istruzione) e quant’altro tende a creare un atteggiamento di pretese piuttosto che di integrazione in una comunità civile. Gli Stati Uniti, la UE e gli stati europei non stanno sostenendo il popolo ucraino; stanno puntellando un regime nemico di quel popolo, apertamente nei confronti di una parte, in maniera subdola verso l’altra; tale compagine é disposta a sacrificare sino alla morte la propria gente per interessi prosaici inseriti in una economia di guerra e perché preda di un nazionalismo astratto e fanatico che per reggersi deve consegnarsi mani e piedi allo straniero. Sono dinamiche già viste in questi ultimi due secoli in quell’area e in quel vasto campionario di repubbliche delle banane conosciuto in America Latina e in Africa. Dinamiche che ridurranno il popolo ucraino superstite a diventare plebe e riserva di mercenari buoni a tutti gli usi dentro e fuori il loro paese, in un contesto europeo in cui le bande più o meno organizzate proliferano già nelle periferie; ucraini senza nemmeno la effettiva disponibilità della loro terra e delle poche competenze tecnologiche mantenute ed acquisite nella terra di nessuno delle biotecnologie, dell’informatica e degli armamenti. Simili dichiarazioni non devono passare sotto silenzio. Mettono in piena luce la imperterrita coerenza del nostro Presidente del Consiglio, nonché plenipotenziario, nonché secondino e segugio dei possibili trasgressori europei ai dictat della componente più oltranzista dei decisori statunitensi. Altrettanto ostinato e ligio come Zelenski, ma molto meno convincente nella recitazione. Altrettanto disposto a dissestare e sconvolgere il paese che governa, non solo in occasione del conflitto ucraino, ma sempre meno credibile nella capacità di ammantare il disastro e il suicidio con l’aura di valori e principi inossidabili e inoppugnabili. Dotato però di una visione più ampia; ancora più disposto di Zelenski ad estendere la logica della geopolitica ucraina ai paesi dei Balcani, con la spinta alla loro inclusione accelerata nella UE. Un modo per introdurre ulteriori situazioni di conflitto civile all’interno della istituzione europea e per ridurre ulteriormente la UE ad appendice e clone della NATO. Sarà forse l’età e il peso degli antefatti, la scontata ripetitività di un uomo che ha iniziato quarant’anni fa la propria brillante carriera partecipando a pieno titolo alla liquidazione del patrimonio industriale e finanziario del proprio paese e conta di concludere il proprio percorso di “statista” chiudendo definitivamente il ciclo con il totale e supino asservimento politico e degrado socio-economico. I nostri ventriloqui della “stampa e comunicazione” non vogliono capire o fingono di non capire che non è il nostro paese ad acquisire lustro e prestigio da Mario Draghi, ma è la sua figura esclusiva di plenipotenziario a farlo emergere nell’agone europeo. Ragion per cui, se qualche cambiamento ci sarà, sarà dovuto all’aspro confronto interno negli Stati Uniti. Mario Draghi prima se ne andrà, meglio sarà. E con lui la coorte di ministri, improbabili nella gran parte, di cui amava pavoneggiarsi, almeno sino a poco tempo fa. Certamente non gli mancherà, a missione conclusa, l’ennesimo riconoscimento di una giusta mercede. Lo ha ribadito del resto lui stesso più volte che non ha bisogno di mecenati italici per garantirsi un futuro dorato. L’importante è che, quantomeno, senza che ne arrivi uno peggiore, se ne vada nel silenzio sprezzante piuttosto che con gli allori e con l’aura del salvatore della patria. Un concetto del resto estraneo al suo bagaglio e che fatica addirittura ad esprimere con appropriatezza, tanto è distante dalla sua forma mentis.

Non mancherà certo qualche solerte alta istituzione pronta a conferire onorificenze nemmeno richieste. L’importante che si arrivi quantomeno ad evidenziare la solitudine del potere, “il re nudo”.

Intanto godetevi l’intervento di Putin, sperando che la sua lettura rafforzi la convinzione di dover uscire fuori, prima che sia troppo tardi, dal cappio, dal pantano e dalla tragedia in cui ci stiamo e ci stanno infilando. Ci sarà tempo per commentare il resto. Buona lettura, Giuseppe Germinario

 

Sessione plenaria del Forum economico internazionale di San Pietroburgo

Il Presidente ha partecipato alla sessione plenaria del 25° Forum economico internazionale di San Pietroburgo.

17:40
San Pietroburgo

Alla sessione ha preso parte anche il Presidente della Repubblica del Kazakistan Kassym-Jomart Tokayev . Il presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping e il presidente della Repubblica araba d’Egitto Abdel Fattah el-Sisi sono intervenuti alla sessione in videoconferenza.

Il tema di quest’anno è Nuove opportunità in un nuovo mondo.

* * *

La moderatrice della sessione plenaria Margarita Simonyan: Buon pomeriggio, o quasi sera.

Come forse saprai, abbiamo avuto un piccolo problema tecnico. Per fortuna, è stato risolto rapidamente. Siamo grati a coloro che hanno risolto questo problema.

Ringraziamo anche il pubblico.

Siamo grati al nostro leader, il presidente Vladimir Putin, per aver tradizionalmente inserito questo forum nel suo programma in modo che possa parlarci delle prospettive economiche e di altri piani.

Siamo grati al presidente Kassym-Jomart Tokayev per aver partecipato al nostro forum. Sappiamo che non è una cosa facile da fare. Grazie per supportare il nostro forum e il nostro paese. Lo apprezziamo davvero.

Avremo molte domande oggi. Alcuni potrebbero non piacerti e potrei non essere felice di chiederne alcuni. Saremmo molto più felici di parlare solo di cose buone, ma questo è impossibile oggi.

Signor Presidente, vorrei chiederle di prendere posizione e di dirci cosa c’è in serbo per tutti noi. Grazie.

Presidente della Russia Vladimir Putin: Grazie mille. Presidente Tokayev, amici e colleghi,

Saluto tutti i partecipanti e gli ospiti del 25° Forum economico internazionale di San Pietroburgo.

Si svolge in un momento difficile per la comunità internazionale in cui l’economia, i mercati e gli stessi principi del sistema economico globale hanno subito un duro colpo. Molte catene commerciali, industriali e logistiche, dislocate dalla pandemia, sono state sottoposte a nuovi test. Inoltre, nozioni aziendali fondamentali come la reputazione aziendale, l’inviolabilità della proprietà e la fiducia nelle valute globali sono state gravemente danneggiate. Purtroppo, sono stati indeboliti dai nostri partner occidentali, che lo hanno fatto deliberatamente, per il bene delle loro ambizioni e al fine di preservare obsolete illusioni geopolitiche.

Oggi, la nostra – quando dico “nostra”, intendo la leadership russa – la nostra visione della situazione economica globale. Vorrei parlare in modo più approfondito delle azioni che la Russia sta intraprendendo in queste condizioni e di come intende svilupparsi in queste circostanze che cambiano dinamicamente.

Quando ho parlato al Forum di Davos un anno e mezzo fa, ho anche sottolineato che l’era di un ordine mondiale unipolare è giunta al termine. Voglio iniziare con questo, perché non c’è modo di aggirarlo. Questa era è finita nonostante tutti i tentativi di mantenerla e preservarla a tutti i costi. Il cambiamento è un processo naturale della storia, poiché è difficile conciliare la diversità delle civiltà e la ricchezza delle culture del pianeta con stereotipi politici, economici o di altro tipo: qui non funzionano, sono imposti da un centro in modo approssimativo e maniera senza compromessi.

Il difetto è nel concetto stesso, poiché il concetto afferma che esiste un potere, sebbene forte, con una cerchia ristretta di stretti alleati o, come si suol dire, paesi con accesso garantito e tutte le pratiche commerciali e le relazioni internazionali, quando è convenienti, sono interpretati esclusivamente nell’interesse di questo potere. Essenzialmente funzionano in una direzione in un gioco a somma zero. Un mondo costruito su una dottrina di questo tipo è decisamente instabile.

Dopo aver dichiarato la vittoria nella Guerra Fredda, gli Stati Uniti si proclamarono messaggeri di Dio sulla Terra, senza alcun obbligo e solo interessi dichiarati sacri. Sembrano ignorare il fatto che negli ultimi decenni si sono formati nuovi centri potenti e sempre più assertivi. Ciascuno di essi sviluppa il proprio sistema politico e le proprie istituzioni pubbliche secondo il proprio modello di crescita economica e, naturalmente, ha il diritto di proteggerli e di assicurare la sovranità nazionale.

Si tratta di processi oggettivi e di vere e proprie trasformazioni tettoniche rivoluzionarie nella geopolitica, nell’economia globale e nella tecnologia, nell’intero sistema delle relazioni internazionali, dove il ruolo di paesi e regioni dinamici e potenzialmente forti è in sostanziale crescita. Non è più possibile ignorare i loro interessi.

Per ribadire, questi cambiamenti sono fondamentali, rivoluzionari e rigorosi. Sarebbe un errore presumere che in un momento di cambiamento turbolento, si possa semplicemente lasciar perdere o aspettare che tutto ritorni in carreggiata e diventi quello che era prima. Non lo farà.

Tuttavia, l’élite dominante di alcuni stati occidentali sembra nutrire questo tipo di illusioni. Si rifiutano di notare le cose ovvie, aggrappandosi ostinatamente alle ombre del passato. Ad esempio, sembrano credere che il predominio dell’Occidente nella politica e nell’economia globali sia un valore immutabile ed eterno. Niente dura per sempre.

I nostri colleghi non stanno solo negando la realtà. Più di quello; stanno cercando di invertire il corso della storia. Sembrano pensare nei termini del secolo scorso. Sono ancora influenzati dalle proprie idee sbagliate sui paesi al di fuori del cosiddetto “miliardo d’oro”: considerano tutto un ristagno, o il loro cortile. Li trattano ancora come colonie, e le persone che ci vivono, come persone di seconda classe, perché si considerano eccezionali. Se sono eccezionali, significa che tutti gli altri sono di seconda categoria.

In tal modo, l’irrefrenabile urgenza di punire, di schiacciare economicamente chiunque non si adatti al mainstream, non vuole obbedire ciecamente. Inoltre, impongono crudamente e spudoratamente la loro etica, le loro opinioni sulla cultura e le idee sulla storia, a volte mettendo in discussione la sovranità e l’integrità degli stati e minacciando la loro stessa esistenza. Basti ricordare cosa è successo in Jugoslavia, Siria, Libia e Iraq.

Se uno stato “ribelle” non può essere soppresso o pacificato, cercano di isolare quello stato, o “cancellarlo”, per usare il loro termine moderno. Tutto va bene, anche lo sport, le Olimpiadi, i divieti di cultura e capolavori d’arte solo perché i loro creatori vengono dal Paese “sbagliato”.

Questa è la natura dell’attuale ciclo di russofobia in Occidente e delle folli sanzioni contro la Russia. Sono pazzi e, direi, sconsiderati. Non hanno precedenti nel numero di essi o nel ritmo con cui l’Occidente li sforna.

L’idea era chiara come il giorno: si aspettavano di schiacciare improvvisamente e violentemente l’economia russa, di colpire l’industria, la finanza e il tenore di vita delle persone della Russia distruggendo catene commerciali, richiamando con la forza le società occidentali dal mercato russo e congelando i beni russi.

Questo non ha funzionato. Ovviamente, non ha funzionato; non è successo. Gli imprenditori e le autorità russe hanno agito in modo raccolto e professionale e i russi hanno mostrato solidarietà e responsabilità.

Passo dopo passo, normalizzeremo la situazione economica. Abbiamo stabilizzato i mercati finanziari, il sistema bancario e la rete commerciale. Ora siamo impegnati a saturare l’economia con liquidità e capitale circolante per mantenere il funzionamento stabile di imprese e aziende, occupazione e posti di lavoro.

Le terribili previsioni per le prospettive dell’economia russa, che erano state fatte all’inizio della primavera, non si sono concretizzate. È chiaro perché questa campagna di propaganda è stata alimentata e sono state fatte tutte le previsioni del dollaro a 200 rubli e il crollo della nostra economia. Questo era e rimane uno strumento in una lotta per l’informazione e un fattore di influenza psicologica sulla società russa e sui circoli economici interni.

Per inciso, alcuni dei nostri analisti hanno ceduto a questa pressione esterna e hanno basato le loro previsioni sull’inevitabile crollo dell’economia russa e su un critico indebolimento della valuta nazionale, il rublo.

La vita reale ha smentito queste previsioni. Tuttavia, vorrei sottolineare che per continuare ad avere successo, dobbiamo essere esplicitamente onesti e realistici nel valutare la situazione, essere indipendenti nel giungere a conclusioni e, naturalmente, avere uno spirito positivo, il che è molto importante. Siamo persone forti e possiamo affrontare qualsiasi sfida. Come i nostri predecessori, possiamo risolvere qualsiasi compito. L’intera storia millenaria del nostro Paese lo conferma.

In soli tre mesi dall’imponente pacchetto di sanzioni, abbiamo soppresso i picchi dei tassi di inflazione. Come sapete, dopo aver raggiunto il picco del 17,8 per cento, l’inflazione ora si attesta al 16,7 per cento e continua a scendere. Questa dinamica economica si sta stabilizzando e le finanze statali sono ora sostenibili. Confronterò questo con altre regioni più avanti. Sì, anche questa cifra è troppo per noi: il 16,7 percento è un’inflazione elevata. Dobbiamo e lavoreremo su questo e, ne sono certo, otterremo un risultato positivo.

Dopo i primi cinque mesi di quest’anno, il bilancio federale ha un avanzo di 1,5 trilioni di rubli e il bilancio consolidato – un avanzo di 3,3 trilioni di rubli. Solo a maggio, l’eccedenza del bilancio federale ha raggiunto quasi mezzo trilione di rubli, superando di oltre quattro volte la cifra di maggio 2021.

Oggi, il nostro compito è creare le condizioni per costruire la produzione e aumentare l’offerta nel mercato interno, nonché ripristinare la domanda e il finanziamento bancario nell’economia in proporzione alla crescita dell’offerta.

Ho accennato al fatto che abbiamo adottato misure per ristabilire le attività fluttuanti delle società. Nella maggior parte dei settori, le imprese hanno ricevuto il diritto di sospendere i premi assicurativi per il secondo trimestre dell’anno. Le aziende industriali hanno ancora più opportunità: potranno ritardarle anche nel terzo trimestre. In effetti, questo è come ottenere un prestito senza interessi dallo stato.

In futuro, le aziende non dovranno pagare i premi assicurativi ritardati in un unico pagamento. Potranno pagarli in rate uguali in 12 mesi, a partire da giugno del prossimo anno.

Prossimo. Da maggio il tasso del mutuo agevolato è stato ridotto. Ora è del 9 per cento, mentre il programma è stato prorogato fino alla fine dell’anno. Come ho già detto, il programma mira ad aiutare i russi a migliorare la loro situazione abitativa, sostenendo nel contempo l’industria dell’edilizia domestica e le industrie correlate che danno lavoro a milioni di persone.

Dopo il picco di questa primavera, i tassi di interesse sono gradualmente scesi, poiché la Banca centrale ha abbassato il tasso di riferimento. Credo che ciò consenta di ridurre ulteriormente al 7 per cento il tasso del mutuo agevolato.

Cosa è importante qui? Il programma durerà fino alla fine dell’anno senza modifiche. Significa che i nostri concittadini russi che cercano di migliorare le loro condizioni di vita dovrebbero approfittare del sussidio entro la fine dell’anno.

Anche il limite di prestito non cambierà, a 12 milioni di rubli per Mosca e San Pietroburgo e 6 milioni per il resto della Russia.

Vorrei aggiungere che dobbiamo rendere più accessibili i prestiti a lungo termine alle imprese. L’attenzione deve spostarsi dai sussidi di bilancio per le imprese ai prestiti bancari come mezzo per stimolare l’attività imprenditoriale.

Abbiamo bisogno di supportare questo. Assegneremo 120 miliardi di rubli dal National Wealth Fund per aumentare la capacità della VEB Project Financing Factory. Ciò fornirà prestiti aggiuntivi per iniziative e progetti tanto necessari per un valore di circa mezzo trilione di rubli.

Colleghi,

Ancora una volta, la guerra lampo economica contro la Russia era destinata a fallire fin dall’inizio. Le sanzioni come arma si sono rivelate negli ultimi anni un’arma a doppio taglio, danneggiando i loro sostenitori e architetti solo molto, se non di più.

Non sto parlando delle ripercussioni che vediamo chiaramente oggi. Sappiamo che i leader europei in modo informale, per così dire, di nascosto, discutono della possibilità molto preoccupante che le sanzioni vengano comminate non alla Russia, ma a qualsiasi nazione indesiderabile e, in definitiva, a chiunque, comprese l’UE e le società europee.

Finora non è così, ma i politici europei hanno già assestato un duro colpo alle loro economie da soli. Vediamo che i problemi sociali ed economici peggiorano in Europa, e anche negli Stati Uniti, i prezzi di cibo, elettricità e carburante aumentano, con la qualità della vita in Europa in calo e le aziende che perdono il loro vantaggio sul mercato.

Secondo gli esperti, le perdite dirette e calcolabili dell’UE dovute alla febbre delle sanzioni potrebbero superare i 400 miliardi di dollari quest’anno. Questo è il prezzo delle decisioni che sono lontane dalla realtà e contraddicono il buon senso.

Queste spese ricadono direttamente sulle spalle delle persone e delle aziende nell’UE. Il tasso di inflazione in alcuni paesi dell’Eurozona ha superato il 20%. Ho menzionato l’inflazione in Russia, ma i paesi dell’Eurozona non stanno conducendo operazioni militari speciali, eppure il tasso di inflazione in alcuni di essi ha raggiunto il 20%. Anche l’inflazione negli Stati Uniti è inaccettabile, la più alta degli ultimi 40 anni.

Naturalmente, anche l’inflazione in Russia è finora a doppia cifra. Tuttavia, abbiamo adeguato le prestazioni sociali e le pensioni all’inflazione e aumentato i salari minimi e di sussistenza, proteggendo così i gruppi più vulnerabili della popolazione. Allo stesso tempo, gli alti tassi di interesse hanno aiutato le persone a mantenere i propri risparmi nel sistema bancario russo.

Gli uomini d’affari sanno, ovviamente, che un tasso chiave elevato rallenta chiaramente lo sviluppo economico. Ma nella maggior parte dei casi è un vantaggio per le persone. Hanno reinvestito una notevole quantità di denaro nelle banche a causa dei tassi di interesse più elevati.

Questa è la nostra principale differenza rispetto ai paesi dell’UE, dove l’aumento dell’inflazione sta riducendo direttamente i redditi reali delle persone e divorando i loro risparmi, e le attuali manifestazioni della crisi colpiscono soprattutto i gruppi a basso reddito.

Le crescenti spese delle società europee e la perdita del mercato russo avranno effetti negativi duraturi. L’ovvio risultato di ciò sarà la perdita di competitività globale e un calo a livello di sistema del ritmo di crescita delle economie europee negli anni a venire.

Nel complesso, ciò aggraverà i problemi profondi delle società europee. Sì, abbiamo anche molti problemi, ma ora devo parlare dell’Europa perché puntano il dito contro di noi anche se hanno già abbastanza dei loro problemi. Ne ho parlato a Davos. Un risultato diretto delle azioni e degli eventi dei politici europei quest’anno sarà l’ulteriore crescita della disuguaglianza in questi paesi, che, a sua volta, dividerà ancora di più le loro società, e il punto in questione non è solo il benessere, ma anche l’orientamento al valore dei vari gruppi in queste società.

In effetti, queste differenze vengono soppresse e spazzate via sotto il tappeto. Francamente, le procedure democratiche e le elezioni in Europa e le forze che salgono al potere sembrano un fronte, perché partiti politici quasi identici vanno e vengono, mentre in fondo le cose rimangono le stesse. I reali interessi delle persone e delle imprese nazionali vengono spinti sempre più alla periferia.

Tale disconnessione dalla realtà e dalle esigenze della società porterà inevitabilmente a un’ondata di populismo e movimenti estremisti e radicali, a grandi cambiamenti socioeconomici, al degrado ea un cambiamento delle élite nel breve termine. Come puoi vedere, le feste tradizionali perdono sempre. Nuove entità stanno venendo a galla, ma hanno poche possibilità di sopravvivenza se non sono molto diverse da quelle esistenti.

I tentativi di mantenere le apparenze e le chiacchiere sui presunti costi accettabili in nome della pseudo-unità non possono nascondere la cosa principale: l’Unione Europea ha perso la sua sovranità politica, e le sue élite burocratiche stanno ballando al ritmo di qualcun altro, facendo di tutto raccontato dall’alto e danneggiando la propria gente, le economie e le imprese.

Ci sono altre questioni di fondamentale importanza qui. Il peggioramento della situazione economica mondiale non è uno sviluppo recente. Ora esaminerò le cose che ritengo estremamente importanti. Quello che sta succedendo ora non deriva da quello che è successo in questi mesi, ovviamente no. Inoltre, non è il risultato dell’operazione militare speciale condotta dalla Russia nel Donbass. Dirlo è una distorsione deliberata e non nascosta dei fatti.

L’aumento dell’inflazione nei mercati dei prodotti e delle materie prime era diventato un dato di fatto molto prima degli eventi di quest’anno. Il mondo è stato trascinato in questa situazione, a poco a poco, da molti anni di politiche macroeconomiche irresponsabili perseguite dai paesi del G7, comprese l’emissione incontrollata e l’accumulo di debito non garantito. Questi processi si sono intensificati con l’inizio della pandemia di coronavirus nel 2020, quando l’offerta e la domanda di beni e servizi sono diminuite drasticamente su scala globale.

Questo fa sorgere la domanda: cosa c’entra la nostra operazione militare nel Donbass con questo? Niente di niente.

Poiché non potevano o non volevano escogitare altre ricette, i governi delle principali economie occidentali hanno semplicemente accelerato le loro macchine per la stampa di denaro. Un modo così semplice per compensare deficit di bilancio senza precedenti.

Ho già citato questa cifra: negli ultimi due anni, l’offerta di moneta negli Stati Uniti è cresciuta di oltre il 38 per cento. In precedenza, un aumento simile richiedeva decenni, ma ora è cresciuto del 38 percento o 5,9 trilioni di dollari in due anni. In confronto, solo pochi paesi hanno un prodotto interno lordo maggiore.

Anche l’offerta di moneta dell’UE è aumentata notevolmente in questo periodo. È cresciuto di circa il 20 percento, ovvero 2,5 trilioni di euro.

Ultimamente ho sentito parlare sempre di più dei cosiddetti – mi scusi, non mi piacerebbe davvero farlo qui, nemmeno menzionare il mio nome a questo proposito, ma non posso farne a meno – tutti sentiamo parlare di così -chiamata ‘inflazione Putin’ in Occidente. Quando vedo questo, mi chiedo chi si aspettano comprerebbe queste sciocchezze – persone che non sanno leggere o scrivere, forse. Chiunque sia abbastanza alfabetizzato da leggere capirebbe cosa sta realmente accadendo.

Russia, le nostre azioni per liberare il Donbass non hanno assolutamente nulla a che fare con questo. L’aumento dei prezzi, l’accelerazione dell’inflazione, la carenza di cibo e carburante, benzina e problemi nel settore energetico sono il risultato di errori a livello di sistema che l’attuale amministrazione statunitense e la burocrazia europea hanno commesso nelle loro politiche economiche. Ecco dove sono le ragioni, e solo lì.

Citerò anche la nostra operazione: sì, potrebbe aver contribuito alla tendenza, ma la causa principale è proprio questa: le loro politiche economiche errate. In effetti, l’operazione che abbiamo lanciato nel Donbass è un’ancora di salvezza a cui stanno afferrando per poter incolpare i propri errori di calcolo sugli altri, in questo caso, sulla Russia. Ma chiunque abbia almeno completato la scuola primaria capirebbe le vere ragioni della situazione odierna.

Quindi, hanno stampato più soldi, e poi? Dove sono finiti tutti i soldi? È stato ovviamente utilizzato per pagare beni e servizi al di fuori dei paesi occidentali: è qui che scorreva il denaro appena stampato. Hanno letteralmente iniziato a ripulire, a spazzare via i mercati globali. Naturalmente nessuno ha pensato agli interessi degli altri Stati, compresi quelli più poveri. Sono rimasti con gli scarti, come si suol dire, e anche quello a prezzi esorbitanti.

Se a fine 2019 le importazioni di merci verso gli Stati Uniti ammontavano a circa 250 miliardi di dollari al mese, ora sono cresciute a 350 miliardi. È interessante notare che la crescita è stata del 40 per cento, esattamente in proporzione all’offerta di moneta non garantita stampata negli ultimi anni. Stampavano e distribuivano denaro e lo usavano per spazzare via le merci dai mercati di paesi terzi.

Questo è quello che vorrei aggiungere. Per molto tempo, gli Stati Uniti sono stati un grande fornitore di cibo nel mercato mondiale. Era orgoglioso, ea ragione, delle sue conquiste, della sua agricoltura e delle sue tradizioni contadine. A proposito, questo è un esempio anche per molti di noi. Ma oggi il ruolo dell’America è cambiato drasticamente. Si è trasformata da esportatore netto di cibo in importatore netto. In parole povere, sta stampando denaro e attirando flussi di merci, acquistando prodotti alimentari in tutto il mondo.

L’Unione europea sta accumulando importazioni ancora più velocemente. Ovviamente, un così forte aumento della domanda che non è coperta dall’offerta di beni ha innescato un’ondata di carenze e inflazione globale. È qui che ha origine questa inflazione globale. Negli ultimi due anni, praticamente tutto – materie prime, beni di consumo e in particolare prodotti alimentari – è diventato più costoso in tutto il mondo.

Sì, certo, questi paesi, compresi gli Stati Uniti, continuano a importare merci, ma l’equilibrio tra esportazioni e importazioni è stato invertito. Credo che le importazioni superino le esportazioni di circa 17 miliardi. Questo è l’intero problema.

Secondo le Nazioni Unite, nel febbraio 2022 l’indice dei prezzi dei generi alimentari era del 50% più alto rispetto a maggio 2020, mentre l’indice delle materie prime composite è raddoppiato in questo periodo.

Sotto la nuvola dell’inflazione, molti paesi in via di sviluppo si pongono una buona domanda: perché scambiare beni con dollari ed euro che stanno perdendo valore proprio davanti ai nostri occhi? La conclusione si suggerisce: l’economia delle entità mitiche viene inevitabilmente sostituita dall’economia dei valori reali e dei beni.

Secondo il FMI, le riserve valutarie globali sono ora a 7,1 trilioni di dollari e 2,5 trilioni di euro. Tali riserve sono svalutate ad un tasso annuo di circa l’8 per cento. Inoltre, possono essere confiscati o rubati in qualsiasi momento se agli Stati Uniti non piace qualcosa nella politica degli stati coinvolti. Penso che questa sia diventata una minaccia molto reale per molti paesi che mantengono le loro riserve di oro e valuta estera in queste valute.

Secondo le stime degli analisti, e questa è un’analisi oggettiva, inizierà una conversione delle riserve globali proprio perché non c’è spazio per esse con tali carenze. Saranno convertiti dall’indebolimento delle valute in risorse reali come cibo, materie prime energetiche e altre materie prime. Altri paesi lo faranno, ovviamente. Ovviamente, questo processo alimenterà ulteriormente l’inflazione globale del dollaro.

Per quanto riguarda l’Europa, la loro politica energetica fallita, puntando ciecamente tutto sulle energie rinnovabili e sulle forniture spot di gas naturale, che hanno causato aumenti dei prezzi dell’energia dal terzo trimestre dello scorso anno – ancora, molto prima dell’operazione nel Donbass – hanno anche esacerbato gli aumenti dei prezzi. Non abbiamo assolutamente nulla a che fare con questo. È stato a causa delle loro stesse azioni che i prezzi sono saliti alle stelle, e ora stanno ancora una volta cercando qualcuno da incolpare.

Gli errori di calcolo dell’Occidente non solo hanno influito sul costo netto di beni e servizi, ma hanno anche comportato una diminuzione della produzione di fertilizzanti, principalmente fertilizzanti azotati derivati ​​dal gas naturale. Nel complesso, i prezzi globali dei fertilizzanti sono aumentati di oltre il 70% da metà 2021 a febbraio 2022.

Sfortunatamente, al momento non ci sono condizioni che possano superare queste tendenze di prezzo. Al contrario, aggravata dagli ostacoli all’attività dei produttori di fertilizzanti russi e bielorussi e dall’interruzione della logistica di approvvigionamento, questa situazione si sta avvicinando a un punto morto.

Non è difficile prevedere sviluppi futuri. Una carenza di fertilizzanti significa un raccolto inferiore e un rischio maggiore di un mercato alimentare globale sottofornito. I prezzi saliranno ancora, il che potrebbe portare alla fame nei paesi più poveri. E sarà pienamente sulla coscienza dell’amministrazione statunitense e della burocrazia europea.

Voglio sottolineare ancora una volta: questo problema non si è presentato oggi né negli ultimi tre o quattro mesi. E di certo non è colpa della Russia, come cercano di affermare alcuni demagoghi, spostando sul nostro Paese la responsabilità dell’attuale stato di cose dell’economia mondiale.

Forse sarebbe anche bello sentire che siamo così potenti e onnipotenti da poter far esplodere l’inflazione in Occidente, negli Stati Uniti e in Europa, o che possiamo fare cose per gettare tutto nel disordine. Forse sarebbe bello sentire questo potere, se solo ci fosse della verità in esso. Questa situazione si sta preparando da anni, stimolata dalle azioni miopi di coloro che sono abituati a risolvere i propri problemi a spese di qualcun altro e che hanno fatto affidamento e fanno ancora affidamento sul meccanismo dell’emissione finanziaria per superare le offerte e attirare flussi commerciali, aumentando così deficit e provocando disastri umanitari in alcune regioni del mondo. Aggiungerò che questa è essenzialmente la stessa politica coloniale predatoria del passato, ma ovviamente in una nuova iterazione, un’edizione più sottile e sofisticata. All’inizio potresti anche non riconoscerlo.

L’attuale priorità della comunità internazionale è aumentare le consegne di cibo al mercato globale, in particolare per soddisfare le esigenze dei paesi che hanno più bisogno di cibo.

Pur garantendo la sua sicurezza alimentare interna e fornendo il mercato interno, la Russia è anche in grado di aumentare le sue esportazioni di cibo e fertilizzanti. Ad esempio, le nostre esportazioni di grano nella prossima stagione possono essere aumentate a 50 milioni di tonnellate.

Forniremo in via prioritaria i Paesi che più hanno bisogno di cibo, dove potrebbe aumentare il numero di persone che muoiono di fame, in primis i Paesi africani e il Medio Oriente.

Allo stesso tempo, ci saranno problemi lì, e non per colpa nostra. Sì, sulla carta grano, cibo e fertilizzanti russi… Per inciso, gli americani hanno adottato sanzioni sui nostri fertilizzanti e gli europei hanno seguito l’esempio. Più tardi, gli americani li hanno sollevati perché hanno visto a cosa poteva portare. Ma gli europei non si sono tirati indietro. La loro burocrazia è lenta come un mulino nel 18° secolo. In altre parole, tutti sanno che hanno fatto una cosa stupida, ma fanno fatica a tornare sui propri passi per motivi burocratici.

Come ho detto, la Russia è pronta a contribuire all’equilibrio dei mercati globali dei prodotti agricoli e vediamo che i nostri colleghi delle Nazioni Unite, consapevoli della portata del problema alimentare globale, sono pronti al dialogo. Potremmo parlare di creare normali condizioni logistiche, finanziarie e di trasporto per aumentare le esportazioni russe di cibo e fertilizzanti.

Per quanto riguarda le forniture alimentari ucraine ai mercati globali – devo menzionarlo a causa di numerose speculazioni – non le stiamo ostacolando. Possono farlo. Non abbiamo estratto i porti ucraini del Mar Nero. Possono ripulire le miniere e riprendere le esportazioni di cibo. Garantiremo la navigazione sicura delle navi civili. Nessun problema.

Ma di cosa stiamo parlando? Secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, la questione riguarda 6 milioni di tonnellate di grano (lo stimiamo in 5 milioni di tonnellate) e 7 milioni di tonnellate di mais. Questo è tutto, del tutto. Poiché la produzione mondiale di grano è di 800 milioni di tonnellate, 5 milioni di tonnellate fanno poca differenza per il mercato globale, come puoi vedere.

In ogni caso, il grano ucraino può essere esportato, e non solo attraverso i porti del Mar Nero. Un’altra rotta è la Bielorussia, che è, per inciso, la via più economica. Oppure via Polonia o Romania, come preferisci. In effetti, ci sono cinque o sei rotte di esportazione.

Il problema non è con noi, il problema è con l’adeguatezza delle persone che controllano a Kiev. Possono decidere cosa fare e, almeno in questo caso particolare, non dovrebbero prendere l’iniziativa dai loro capi stranieri, i loro padroni dall’altra parte dell’oceano.

Ma c’è anche il rischio che il grano venga utilizzato come pagamento per le consegne di armi. Questo sarebbe deplorevole.

Gli amici,

Ancora una volta, il mondo sta attraversando un’era di cambiamenti drastici. Le istituzioni internazionali stanno crollando e vacillando. Le garanzie di sicurezza vengono svalutate. L’Occidente ha deciso di rifiutarsi di onorare i suoi precedenti impegni. È stato semplicemente impossibile raggiungere nuovi accordi con loro.

Date queste circostanze e in un contesto di crescenti rischi e minacce, la Russia è stata costretta a portare avanti l’operazione militare speciale. È stata una decisione difficile ma necessaria e siamo stati costretti a prenderla.

Questa è stata la decisione di un paese sovrano, che ha il diritto incondizionato di difendere la propria sicurezza, che si basa sulla Carta delle Nazioni Unite. Questa decisione mirava a proteggere il nostro popolo e gli abitanti delle repubbliche popolari del Donbass che per otto lunghi anni sono stati oggetto di genocidio da parte del regime di Kiev e dei neonazisti che godevano della piena protezione dell’Occidente.

L’Occidente non solo ha cercato di attuare uno scenario “anti-Russia”, ma si è anche impegnato nello sviluppo militare attivo del territorio ucraino, inondando l’Ucraina di armi e consiglieri militari. E continua a farlo ora. Francamente, nessuno presta attenzione all’economia o al benessere delle persone che vivono lì, semplicemente non se ne preoccupano affatto, ma non hanno mai risparmiato denaro per creare un punto d’appoggio della NATO nell’est diretto contro la Russia e coltivare aggressività, odio e russofobia.

Oggi i nostri soldati e ufficiali, così come la milizia del Donbass, stanno combattendo per proteggere la loro gente. Stanno combattendo per il futuro della Russia come paese multietnico grande, libero e sicuro che prende le proprie decisioni, determina il proprio futuro, fa affidamento sulla sua storia, cultura e tradizioni e rifiuta qualsiasi tentativo esterno di imporre pseudo-valori intrisi di disumanizzazione e degrado morale.

Senza dubbio, i nostri obiettivi delle operazioni militari speciali saranno raggiunti. La chiave di questo è il coraggio e l’eroismo dei nostri soldati, consolidata società russa, il cui sostegno dà forza e fiducia all’esercito e alla marina russi e una profonda comprensione della verità e della giustizia storica della nostra causa che è costruire e rafforzare la Russia come un forte potere sovrano.

Il mio punto è che la sovranità non può essere segmentata o frammentata nel 21 ° secolo. Le componenti della sovranità sono ugualmente importanti e si rinvigoriscono e si completano a vicenda.

Quindi, ciò che conta per noi non è solo la difesa della nostra sovranità politica e della nostra identità nazionale, ma anche il rafforzamento di tutto ciò che determina l’indipendenza economica, finanziaria, professionale e tecnologica del nostro Paese.

La struttura stessa delle sanzioni occidentali si basava sulla falsa premessa che economicamente la Russia non è sovrana ed è criticamente vulnerabile. Si sono talmente lasciati trasportare nel diffondere il mito dell’arretratezza della Russia e delle sue posizioni deboli nell’economia e nel commercio globali che, a quanto pare, hanno iniziato a crederci loro stessi.

Durante la pianificazione del loro blitzkrieg economico, non si sono accorti, hanno semplicemente ignorato i fatti reali di quanto il nostro Paese fosse cambiato negli ultimi anni.

Questi cambiamenti sono il risultato dei nostri sforzi pianificati per creare una struttura macroeconomica sostenibile, garantire la sicurezza alimentare, implementare programmi di sostituzione delle importazioni e creare il nostro sistema di pagamento, solo per citarne alcuni.

Naturalmente, le restrizioni delle sanzioni hanno creato molte sfide per il paese. Alcune aziende continuano ad avere problemi con i pezzi di ricambio. Le nostre aziende hanno perso l’accesso a molte soluzioni tecnologiche. La logistica è allo sbando.

Ma, d’altra parte, tutto questo ci apre nuove opportunità, se ne parla spesso ma è proprio così. Tutto questo è uno slancio per costruire un’economia con pieno e non parziale potenziale tecnologico, produttivo, umano e scientifico e sovranità.

Naturalmente, è impossibile risolvere all’istante una sfida così ampia. È necessario continuare a lavorare sistematicamente con uno sguardo al futuro. Questo è esattamente ciò che la Russia sta facendo attuando i suoi piani a lungo termine per lo sviluppo di rami dell’economia e il rafforzamento della sfera sociale. Le sperimentazioni in corso si limitano ad adeguare e modificare i piani senza cambiarne l’orientamento strategico.

Oggi vorrei parlare dei principi chiave su cui si svilupperà il nostro Paese, la nostra economia.

Il primo principio è l’apertura. Gli stati genuinamente sovrani sono sempre interessati a un partenariato equo ea contribuire allo sviluppo globale. Al contrario, i paesi deboli e dipendenti sono solitamente alla ricerca di nemici, alimentando la xenofobia o perdendo gli ultimi resti della loro identità e indipendenza, seguendo ciecamente la scia del loro sovrano.

La Russia non seguirà mai la strada dell’autoisolamento e dell’autarchia, anche se i nostri cosiddetti amici occidentali lo stanno letteralmente sognando. Inoltre, stiamo ampliando la cooperazione con tutti coloro che ne sono interessati, che vogliono lavorare con noi e continueranno a farlo. Ce ne sono molti. Non li elencherò a questo punto. Costituiscono la stragrande maggioranza delle persone sulla Terra. Non elencherò tutti questi paesi ora. È conoscenza comune.

Non dirò nulla di nuovo quando vi ricordo che tutti coloro che vogliono continuare a lavorare o stanno lavorando con la Russia sono soggetti a palesi pressioni da parte degli Stati Uniti e dell’Europa; arriva fino alle minacce dirette. Tuttavia, questo tipo di ricatto significa poco quando si tratta di paesi guidati da veri leader che conoscono la differenza tra i propri interessi nazionali, gli interessi della propria gente e quelli di qualcun altro.

La Russia rafforzerà la cooperazione economica con questi stati e promuoverà progetti congiunti. Allo stesso tempo, continueremo sicuramente a collaborare con le società occidentali che sono rimaste nel mercato russo nonostante la torsione del braccio senza precedenti: anche tali società esistono.

Riteniamo che lo sviluppo di un’infrastruttura di pagamento conveniente e indipendente nelle valute nazionali sia una base solida e prevedibile per approfondire la cooperazione internazionale. Per aiutare le aziende di altri paesi a sviluppare legami logistici e di cooperazione, stiamo lavorando per migliorare i corridoi di trasporto, aumentare la capacità delle ferrovie, la capacità di trasbordo nei porti dell’Artico e nella parte orientale, meridionale e in altre parti del paese, anche nel Bacini Azov-Mar Nero e Caspio: diventeranno la sezione più importante del corridoio nord-sud, che fornirà una connettività stabile con il Medio Oriente e l’Asia meridionale. Prevediamo che il traffico merci lungo questa rotta comincerà a crescere costantemente nel prossimo futuro.

Ma il commercio estero non è la nostra unica priorità. La Russia intende aumentare la cooperazione scientifica, tecnologica, culturale, umanitaria e sportiva basata sull’uguaglianza e sul rispetto reciproco tra i partner. Allo stesso tempo, il nostro Paese si adopererà per una leadership responsabile in tutte queste aree.

Il secondo principio del nostro sviluppo a lungo termine è la fiducia nella libertà imprenditoriale. Ogni iniziativa privata volta a beneficiare la Russia dovrebbe ricevere il massimo sostegno e spazio per l’attuazione.

La pandemia e gli eventi più recenti hanno confermato l’importanza della flessibilità e della libertà nell’economia. Le imprese private russe – in condizioni difficili, tra i tentativi di frenare il nostro sviluppo con qualsiasi mezzo – hanno dimostrato di poter competere sui mercati globali. Anche le imprese private dovrebbero essere accreditate per l’adattamento della Russia alle condizioni esterne in rapido cambiamento. La Russia deve garantire lo sviluppo dinamico dell’economia, naturalmente, basandosi su affari privati.

Continueremo a ridurre gli ostacoli amministrativi. Ad esempio, nel 2016-2018 abbiamo imposto una moratoria sugli audit di routine delle piccole imprese. Successivamente è stata prorogata fino al 2022. Nel 2020 questa moratoria è stata estesa alle medie imprese. Inoltre, il numero di audit non programmati è diminuito di circa quattro volte.

Non ci siamo fermati a questo e lo scorso marzo abbiamo annullato gli audit di routine per tutti gli imprenditori, indipendentemente dalle dimensioni delle loro attività, a condizione che le loro attività non mettano a rischio le persone o l’ambiente. Di conseguenza, il numero di audit di routine è diminuito di sei volte rispetto allo scorso anno.

Perché sto dando così tanti dettagli? Il punto è che dopo che è stata imposta la moratoria sugli audit, il numero delle violazioni da parte degli imprenditori – questo è stato il risultato – non è aumentato, anzi è diminuito. Ciò testimonia la maturità e la responsabilità delle imprese russe. Naturalmente, dovrebbero essere motivati ​​​​piuttosto che essere costretti a osservare regolamenti e requisiti.

Quindi, ci sono tutte le ragioni per fare un altro passo avanti radicale, ovvero abbandonare, per sempre e su base permanente, la maggior parte degli audit per tutte le imprese russe, ad eccezione di attività rischiose o potenzialmente pericolose. Tutti hanno capito da tempo che non c’era bisogno di controllare tutti senza eccezioni. Dovrebbe essere operativo un approccio orientato al rischio. Chiedo al Governo di sviluppare nei prossimi mesi i parametri specifici di tale riforma.

C’è un altro argomento molto delicato per le imprese, che oggi è diventato importante anche per la nostra sicurezza nazionale e la nostra resilienza economica. Per ridurre e ridurre al minimo ogni tipo di abuso e scappatoia per esercitare pressione sugli imprenditori, stiamo costantemente rimuovendo dal diritto penale le norme non valide che vengono applicate ai reati economici.

Lo scorso marzo è stata firmata una legge in base alla quale le cause penali fiscali contro gli imprenditori devono essere portate davanti a un tribunale solo dal servizio fiscale: non c’è altro modo. Presto sarà approvato un disegno di legge sulla riduzione dei termini di prescrizione per i reati fiscali e sul rigetto delle azioni legali per avviare un procedimento penale dopo che gli arretrati fiscali sono stati pagati.

Lavorando in modo completo, anche se prudente, dobbiamo depenalizzare un’ampia gamma di reati economici, ad esempio quelli che puniscono le imprese prive di licenza o accreditamento. Questa è una pratica controversa oggi perché i nostri partner occidentali si rifiutano illegittimamente di fornire tali licenze.

Le nostre stesse agenzie non devono da sole responsabilizzare penalmente le nostre attività per non aver fatto nulla di male. Il problema è questo, e le piccole imprese lo capiscono molto bene: se una licenza è scaduta e i partner occidentali si rifiutano di estenderla, cosa devono fare le aziende, concludere le operazioni? In nessun caso, lasciarli lavorare. Il controllo statale dovrebbe continuare, ma non dovrebbero esserci indebite interferenze negli affari.

Ha senso anche pensare di innalzare la soglia della responsabilità penale per dazi doganali non pagati e altre tasse simili. Inoltre, non abbiamo riconsiderato per molto tempo i parametri dei termini “grande” e “molto grande” perdita economica ai fini dei reati economici nonostante l’inflazione abbia accumulato il 50 per cento dal 2016. La legge ora non rispecchia le realtà e le esigenze attuali da correggere.

Occorre riconsiderare le condizioni per la detenzione degli imprenditori e per l’estensione delle indagini preliminari. Non è un segreto che queste pratiche siano state a lungo utilizzate in modo inappropriato.

Le aziende sono state costrette a cessare l’attività oa fallire anche prima che le indagini fossero terminate. Ne risente la reputazione dei proprietari e del marchio, senza dimenticare la perdita finanziaria diretta, la perdita di quote di mercato e di posti di lavoro.

Voglio chiedere alle forze dell’ordine di porre fine a queste pratiche. Chiedo inoltre al Governo e alla Corte Suprema di redigere una legislazione adeguata entro il 1° ottobre di quest’anno.

Inoltre, presso il Consiglio di sicurezza, è stata impartita un’istruzione speciale per esaminare le cause penali aperte senza procedere successivamente in tribunale. Il numero di tali casi è cresciuto negli ultimi anni. Conosciamo le ragioni. Un caso viene spesso aperto senza motivi sufficienti o per esercitare pressioni sui singoli. Ne discuteremo in autunno per intraprendere un’azione legislativa e cambiare il modo in cui lavorano le nostre forze dell’ordine.

Inutile dire che i governi regionali svolgono un ruolo importante nella creazione di un ambiente imprenditoriale moderno. Come è consuetudine durante il Forum di San Pietroburgo, sottolineo le regioni che hanno compiuto progressi significativi nelle classifiche nazionali di investimento sul clima compilate dall’Agenzia per le iniziative strategiche.

Ci sono stati cambiamenti nei primi tre. Mosca e Tatarstan sono rimaste al vertice e sono state raggiunte dalla Regione di Mosca che, nell’arco di un anno, è passata dall’ottavo posto alle prime tre. I leader della classifica includono anche le regioni di Tula, Nizhny Novgorod, Tyumen, Novgorod e Sakhalin, San Pietroburgo e Bashkortostan.

Separatamente, vorrei evidenziare le regioni che hanno fatto i progressi maggiori come la Regione di Kurgan, che è salita di 36 posizioni; il Territorio di Perm e il Territorio dell’Altai, in rialzo di 26 posizioni; Inguscezia, fino a 24 punti; e la regione di Ivanovo che è salita di 17 posizioni.

Voglio ringraziare e congratularmi con i nostri colleghi nelle regioni per l’ottimo lavoro svolto.

Il governo federale e i governi regionali e municipali dovrebbero concentrarsi sul sostegno alle iniziative imprenditoriali individuali nelle piccole città e nelle remote comunità rurali. Siamo consapevoli di tali storie di successo. Ciò include lo sviluppo di software popolari e la commercializzazione di alimenti biologici prodotti localmente e prodotti rispettosi dell’ambiente a livello nazionale utilizzando siti Web nazionali.

È importante creare nuove opportunità, introdurre formati di vendita al dettaglio moderni, comprese le piattaforme di e-commerce, come ho detto sopra, e ridurre la logistica, i trasporti e altri costi, anche utilizzando uffici postali russi aggiornati.

È anche importante aiutare i dipendenti delle piccole imprese, i lavoratori autonomi e gli imprenditori in fase di avvio ad acquisire abilità e competenze aggiuntive. Si prega di includere misure corrispondenti adattate specificamente alle piccole città e alle aree rurali e remote come linea separata nel progetto nazionale per la promozione delle piccole e medie imprese.

Oggi vorrei rivolgermi ai nostri funzionari, proprietari di grandi aziende, ai nostri dirigenti e dirigenti aziendali.

Colleghi, amici,

Un successo reale e stabile, un senso di dignità e rispetto di sé si ottengono solo quando colleghi il tuo futuro e il futuro dei tuoi figli con la tua Patria. Abbiamo mantenuto legami con molte persone per molto tempo e sono consapevole dei sentimenti di molti dei capi e dei proprietari delle nostre aziende. Mi hai detto molte volte che il business è molto più di un semplice profitto, e sono pienamente d’accordo. Si tratta di cambiare la vita intorno a te, di contribuire allo sviluppo delle tue città, delle regioni e del paese nel suo insieme, il che è estremamente importante per la realizzazione personale. Non c’è niente come servire le persone e la società. Questo è il senso della tua vita e del tuo lavoro.

Gli ultimi avvenimenti hanno ribadito quello che ho sempre detto: a casa sta molto meglio. Coloro che si sono rifiutati di ascoltare quel chiaro messaggio hanno perso centinaia di milioni, se non miliardi di dollari in Occidente, in quello che sembrava un rifugio sicuro per i loro beni.

Vorrei dire ancora una volta quanto segue ai nostri colleghi, sia quelli che sono in questo pubblico che quelli che non sono qui: per favore, non cadete di nuovo nella stessa trappola. Il nostro paese ha un potenziale enorme e ci sono compiti più che sufficienti che richiedono il tuo contributo. Investi qui, nella creazione di nuove imprese e posti di lavoro, nello sviluppo delle infrastrutture turistiche, nel sostegno a scuole, università, sanità e sociale, cultura e sport. So che molti di voi lo stanno facendo. Lo so, ma volevo ripeterlo.

È così che le famiglie Bakhrushin, Morozov, Shchukin, Ryabushinsky, Akchurin, Galeyev, Apanayev, Matsiyev, Mamontov, Tretyakov, Arsanov, Dadashev e Gadzhiyev hanno compreso la loro nobile missione. Molte famiglie di mercanti e imprenditori russi, tartari, buriati, ceceni, daghestani, yakutiani, osseti, ebrei, armeni e altre famiglie non hanno privato i loro eredi della loro quota dovuta, e allo stesso tempo hanno inciso i loro nomi nella storia del nostro paese.

Per inciso, vorrei sottolineare ancora una volta che resta da vedere cosa è più importante per i potenziali eredi: denaro e proprietà o il buon nome dei loro antenati e il servizio al paese. Quest’ultimo è qualcosa che non può essere sperperato o, perdonate il mio linguaggio, sprecato per bere.

Un buon nome è qualcosa che apparterrà sempre ai tuoi discendenti, alle generazioni future. Farà sempre parte delle loro vite, passare da una generazione all’altra, aiutarli e renderli più forti di quanto il denaro o la proprietà che potrebbero ereditare possano renderli.

Colleghi,

Una politica macroeconomica responsabile ed equilibrata è il terzo principio guida del nostro sviluppo a lungo termine. In effetti, questa politica ci ha ampiamente consentito di resistere alla pressione senza precedenti esercitata dalle sanzioni. Consentitemi di ribadire che questa è una politica essenziale a lungo termine, non solo per rispondere alle sfide attuali. Non seguiremo le orme dei nostri colleghi occidentali replicando la loro amara esperienza innescando una spirale inflazionistica e sconvolgendo le loro finanze.

Il nostro obiettivo è garantire una solida crescita economica per gli anni a venire, riducendo l’onere dell’inflazione sui nostri dipendenti e imprese e raggiungendo il tasso di inflazione target a medio e lungo termine del 4%. L’inflazione è stata una delle prime cose che ho menzionato durante le mie osservazioni, quindi lasciate che vi dica questo: rimaniamo impegnati a raggiungere questo obiettivo di un tasso di inflazione del quattro per cento.

Ho già incaricato il Governo di elaborare proposte in merito alle nuove linee guida di bilancio. Devono garantire che la nostra politica di bilancio sia prevedibile e ci consenta di sfruttare al meglio le condizioni economiche esterne. Perché abbiamo bisogno di tutto questo? Mettere la crescita economica su basi più stabili, realizzando al contempo le nostre infrastrutture e gli obiettivi tecnologici, che forniscono una base per migliorare il benessere delle nostre persone.

È vero, ultimamente alcune valute di riserva internazionali hanno intrapreso una strada suicida, il che è un fatto ovvio. In ogni caso, hanno chiaramente intenzioni suicide. Naturalmente, usarli per “sterilizzare” la nostra offerta di moneta non ha alcun senso. Tuttavia, il principio di pianificare la propria spesa in base a quanto si guadagna rimane rilevante. Funziona così e lo capiamo.

La giustizia sociale è il quarto principio alla base del nostro sviluppo. Ci deve essere una forte dimensione sociale quando si tratta di promuovere la crescita economica e le iniziative imprenditoriali. Questo modello di sviluppo deve ridurre la disuguaglianza invece di approfondirla, a differenza di quanto sta accadendo in altri paesi. Ad essere onesti, non siamo stati in prima linea quando si tratta di raggiungere questi obiettivi. Dobbiamo ancora risolvere molti problemi e problemi in questo senso.

Ridurre la povertà e la disuguaglianza significa creare domanda di prodotti di fabbricazione russa in tutto il paese, colmare il divario tra le regioni in termini di capacità e creare nuovi posti di lavoro dove sono più necessari. Questi sono i principali motori di sviluppo economico.

Consentitemi di sottolineare che generare uno slancio positivo in termini di crescita del reddito familiare e riduzione della povertà sono i principali indicatori di performance per le agenzie governative e lo stato in generale. Dobbiamo raggiungere risultati tangibili in questo ambito già quest’anno, nonostante tutte le sfide oggettive che dobbiamo affrontare. Ho già affidato questo compito al Governo.

Ancora una volta, forniamo un sostegno mirato ai gruppi più vulnerabili: pensionati, famiglie con bambini e persone in situazioni di vita difficili.

Le pensioni sono indicizzate annualmente ad un tasso superiore all’inflazione. Quest’anno sono stati aumentati due volte, incluso un altro 10 percento il 1 giugno.

Contestualmente è stato aumentato del 10 per cento anche il salario minimo, così come il minimo di sussistenza – una cifra di riferimento utilizzata per calcolare molte prestazioni sociali e pagamenti – di conseguenza, anche queste prestazioni dovrebbero crescere, aumentando i redditi di circa 15 milioni di persone.

Negli ultimi anni abbiamo costruito un sistema olistico per sostenere le famiglie a basso reddito con bambini. Le donne hanno diritto al sostegno statale sin dalle prime fasi della gravidanza e fino al compimento dei 17 anni di età.

Il tenore di vita e la prosperità delle persone sono i fattori demografici più importanti; la situazione attuale è piuttosto impegnativa a causa di diverse ondate demografiche negative che si sono recentemente sovrapposte. Ad aprile in Russia sono nati meno di centomila bambini, quasi il 13 per cento in meno rispetto ad aprile 2020.

Chiedo al Governo di continuare a tenere sotto controllo lo sviluppo di ulteriori misure di sostegno per le famiglie con bambini. Devono essere di vasta portata e commisurati all’entità della straordinaria sfida demografica che stiamo affrontando.

Il futuro della Russia è assicurato dalle famiglie con due, tre e più figli. Pertanto, dobbiamo fare di più che fornire un sostegno finanziario diretto: dobbiamo indirizzare e indirizzare il sistema sanitario, l’istruzione e tutte le aree che determinano la qualità della vita delle persone verso i bisogni delle famiglie con bambini.

Questo problema è affrontato, tra gli altri approcci, dalle iniziative sociali nazionali, che i team regionali e l’Agenzia per le iniziative strategiche stanno attuando insieme. Quest’autunno valuteremo i risultati del loro lavoro, esamineremo e classificheremo le regioni russe in base alla qualità della vita al fine di applicare le migliori esperienze e pratiche il più ampiamente possibile in tutto il paese.

Dare priorità allo sviluppo delle infrastrutture è il quinto principio alla base della politica economica russa.

Abbiamo aumentato la spesa di bilancio diretta per l’ampliamento dei corridoi di trasporto. L’anno prossimo sarà lanciato un piano ambizioso per la costruzione e la riparazione della rete centrale autostradale federale e regionale. Almeno l’85% delle strade deve essere regolamentato entro i prossimi cinque anni.

Il prestito di bilancio infrastrutturale è un nuovo strumento ampiamente utilizzato. I prestiti sono emessi per 15 anni con un aprile del 3 per cento. Come ho detto prima, sono molto più popolari di quanto pensassimo inizialmente. Le regioni hanno molteplici progetti ben congegnati e promettenti che dovrebbero essere lanciati al più presto. Esamineremo come utilizzare questa misura di sostegno. Abbiamo discusso di questo problema ieri sera. Quello che sto dicendo è che è uno strumento affidabile.

L’aggiornamento dei servizi abitativi e dei servizi pubblici è una questione separata con un arretrato di problemi. L’industria è cronicamente sottoinvestita per un importo di 4,5 trilioni di rubli. Oltre il 40% delle reti deve essere sostituito, il che spiega la loro bassa efficienza e le grandi perdite. Circa il 3% delle reti diventa inutilizzabile ogni anno, ma non più del 2% viene sostituito, il che aggrava ulteriormente il problema ogni anno.

Propongo di consolidare le risorse e di lanciare un programma completo per il miglioramento degli alloggi e dei servizi pubblici e di sincronizzarlo con altri piani di sviluppo delle infrastrutture e di revisione degli alloggi. L’obiettivo è capovolgere la situazione e ridurre gradualmente il numero di reti datate, proprio come stiamo facendo trasferendo persone da edifici strutturalmente non sicuri o riparando strade. Discuteremo in dettaglio di alloggi e servizi pubblici e del complesso edilizio con i governatori in una riunione del Presidium del Consiglio di Stato la prossima settimana.

In una nota a parte, propongo di aumentare le risorse per finanziare progetti per creare un ambiente urbano confortevole in piccole città e insediamenti storici. Questo programma funziona bene per noi. Propongo di destinare altri 10 miliardi di rubli all’anno per questi scopi nel 2023-2024.

Assegneremo fondi aggiuntivi per rinnovare le aree urbane nel Distretto Federale dell’Estremo Oriente. Voglio che il governo destini fondi dedicati a questo scopo nell’ambito dei programmi per il prestito di bilancio delle infrastrutture e l’ammodernamento di alloggi e servizi pubblici, così come altri programmi di sviluppo.

La promozione di miglioramenti e sviluppo globali per le aree rurali è per noi una priorità assoluta. Le persone che vivono lì stanno nutrendo il paese. Ora vediamo che stanno nutrendo anche una parte importante del mondo, quindi devono vivere con comodità e dignità. A questo proposito, chiedo al governo di stanziare fondi aggiuntivi per il programma corrispondente. I dazi all’esportazione sui prodotti agricoli possono fungere da fonte di finanziamento in questo caso. Questa è una fonte di reddito permanente. Certo, possono esserci delle fluttuazioni, ma almeno questo garantisce un flusso costante di entrate.

In una nota a parte, suggerisco di ampliare i programmi di riqualificazione e modernizzazione dei centri culturali rurali, nonché dei teatri e dei musei regionali, stanziando sei miliardi di rubli per ciascuno di questi progetti nel 2023 e nel 2024.

Quello che ho appena detto sulle istituzioni culturali è qualcosa che le persone non vedono l’ora, qualcosa a cui tengono davvero. Ti faccio un esempio recente: durante la consegna delle medaglie Hero of Labor, uno dei vincitori, Vladimir Mikhailov della Yakutia, mi ha chiesto direttamente aiuto per la costruzione di un centro culturale nel suo villaggio natale. Questo è stato durante la parte della cerimonia in cui ci siamo incontrati a porte chiuse. Lo faremo sicuramente. Il fatto che le persone sollevino questo problema a tutti i livelli dimostra che sono davvero ansiose di vedere implementati questi progetti.

A questo punto, vorrei fare una nota a margine su un argomento che è particolarmente rilevante ora, dato che siamo all’inizio dell’estate, quando i russi di solito trascorrono le vacanze estive.

Ogni anno, sempre più turisti vogliono visitare gli angoli più belli del nostro Paese: parchi nazionali, oasi faunistiche e riserve naturali. Secondo le stime disponibili, quest’anno questo flusso turistico dovrebbe superare i 12 milioni di persone. È fondamentale che tutti gli organi di governo, le imprese ei turisti siano ben consapevoli di cosa possono e non possono fare in questi territori, dove possono costruire infrastrutture turistiche, e dove tale attività è severamente vietata perché mette in pericolo ecosistemi unici e fragili.

Il disegno di legge che disciplina il turismo nei territori speciali protetti e che regola civilmente tale attività è già alla Duma di Stato.

In questo contesto, vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che dobbiamo elaborare in anticipo tutte le stime pertinenti e garantire che le decisioni siano equilibrate. Dobbiamo essere seri su questo.

Vorrei porre un accento particolare sulla necessità di preservare il lago Baikal. In particolare, esiste un progetto di sviluppo globale per la città di Baikalsk, che deve diventare un modello di governance municipale sostenibile ed eco-sensibile.

Non si tratta solo di sbarazzarsi degli impatti ambientali negativi accumulati dalla cellulosa e della cartiera di Baikalsk, ma anche di stabilire uno standard di vita più elevato per la città e trasformarla in una destinazione caratteristica per il turismo ambientale in Russia. Per realizzare questo progetto dobbiamo affidarci alle tecnologie più all’avanguardia e all’energia pulita.

Nel complesso, svilupperemo una tecnologia pulita per raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati nell’ammodernamento ambientale degli impianti di produzione e per ridurre le emissioni pericolose, soprattutto nei grandi centri industriali. Continueremo anche a lavorare su progetti di economia a circuito chiuso, progetti verdi e conservazione del clima. Ho parlato di questi problemi in dettaglio in questo forum l’anno scorso.

Di conseguenza, il sesto principio trasversale di sviluppo che consolida il nostro lavoro è, a mio avviso, il raggiungimento di un’autentica sovranità tecnologica, creando un sistema integrale di sviluppo economico che non dipenda da istituzioni straniere quando si tratta di componenti di importanza critica. Abbiamo bisogno di sviluppare tutti gli ambiti della vita a un livello tecnologico qualitativamente nuovo senza essere semplicemente utenti di soluzioni di altri paesi. Dobbiamo disporre di chiavi tecnologiche per lo sviluppo di beni e servizi di prossima generazione.

Negli ultimi anni, abbiamo concentrato molta attenzione sulla sostituzione delle importazioni, riuscendo in una vasta gamma di settori, tra cui agricoltura, prodotti farmaceutici, apparecchiature mediche, produzione per la difesa e molti altri.

Ma dovrei sottolineare che nella nostra società si discute molto sulla sostituzione delle importazioni. E non è una panacea né una soluzione completa. Se imitiamo gli altri solo quando proviamo a sostituire le merci straniere con copie, anche se di altissima qualità, potremmo finire per recuperare costantemente il ritardo mentre dovremmo essere un passo avanti e creare le nostre tecnologie, beni e servizi competitivi che possono diventare nuovi standard globali.

Se ricordi, Sergei Korolyov non si è limitato a copiare o aggiornare localmente la tecnologia missilistica catturata. Si è concentrato sul futuro e ha proposto un piano unico per sviluppare il razzo R-7. Ha aperto la strada allo spazio per l’umanità e di fatto ha stabilito uno standard per il mondo intero, per decenni a venire.

In modo proattivo: è così che lavoravano all’epoca i fondatori di molti programmi di ricerca sovietici. E oggi, basandosi su queste basi, i nostri designer continuano a fare progressi e a mostrare il loro valore. È grazie a loro che la Russia ha armi supersoniche che non esistono in nessun altro paese. Rosatom rimane il leader nella tecnologia nucleare, sviluppando la nostra flotta di rompighiaccio a propulsione nucleare. Molte soluzioni di IA e Big Data russe sono le migliori al mondo.

Per ribadire, lo sviluppo tecnologico è un’area trasversale che definirà il decennio in corso e l’intero 21 ° secolo. Esamineremo in modo approfondito i nostri approcci per costruire un’economia basata sulla tecnologia rivoluzionaria – una tecnoeconomia – alla prossima riunione del Consiglio per lo sviluppo strategico. C’è così tanto di cui possiamo discutere. Soprattutto, molte decisioni manageriali devono essere prese nell’ambito della formazione ingegneristica e del trasferimento della ricerca all’economia reale e della fornitura di risorse finanziarie per le aziende high-tech in rapida crescita. Discuteremo anche lo sviluppo di tecnologie trasversali e lo stato di avanzamento dei progetti di trasformazione digitale nei singoli settori.

Per essere chiari, ovviamente è impossibile realizzare tutti i prodotti disponibili e non ce n’è bisogno. Tuttavia, abbiamo bisogno di possedere tecnologie critiche per poterci muovere rapidamente se dovessimo iniziare la nostra produzione di qualsiasi prodotto. Questo è ciò che abbiamo fatto quando abbiamo iniziato rapidamente a produrre vaccini contro il coronavirus e, più recentemente, abbiamo lanciato la produzione di molti altri prodotti e servizi.

Ad esempio, dopo che i partner disonesti di KamAZ hanno lasciato il mercato russo, il loro posto è stato preso da società nazionali, che forniscono parti per modelli tradizionali e persino veicoli avanzati, di trasporto e pesanti.

Il sistema di pagamento con carta Mir ha sostituito con successo Visa e MasterCard sul mercato nazionale. Sta espandendo la sua geografia e guadagnando gradualmente il riconoscimento internazionale.

Lo stabilimento di trattori di San Pietroburgo è un altro esempio calzante. Il suo ex partner straniero ha smesso di vendere motori e fornire manutenzione in garanzia. I costruttori di motori di Yaroslavl e Tutayev sono venuti in soccorso e hanno iniziato a fornire i loro motori. Di conseguenza, la produzione di macchine agricole presso lo stabilimento di trattori di San Pietroburgo ha raggiunto un livello record tra marzo e aprile. Non è diminuito, ma ha raggiunto il massimo storico.

Sono sicuro che ci saranno più pratiche positive e storie di successo.

Per ribadire, la Russia possiede il potenziale professionale, scientifico e tecnologico per sviluppare prodotti che godono di una forte domanda, inclusi elettrodomestici e attrezzature per l’edilizia, nonché attrezzature industriali e di servizio.

Il compito di oggi è aumentare le capacità e mettere prontamente in funzione le linee necessarie. Una delle questioni chiave sono condizioni di lavoro confortevoli per le aziende e la disponibilità di siti di produzione preparati.

Chiedo al Governo di presentare entro l’autunno i parametri chiave delle nuove linee guida operative per i distretti industriali. Cosa c’è di critico qui?

Primo: finanziamento. I progetti lanciati in questi cluster devono disporre di una risorsa di credito a lungo termine per un massimo di dieci anni a un tasso di interesse annuo inferiore al sette percento in rubli. Abbiamo discusso tutte queste questioni anche con le nostre agenzie economiche. Tutti erano d’accordo, quindi procederemo.

Secondo – la tassazione. I cluster devono avere un livello basso di tasse relativamente permanenti, compresi i contributi assicurativi.

Terzo: sostenere la produzione nella fase iniziale e di avvio, formando un pacchetto di ordini che include il sovvenzionamento degli acquisti di prodotti pronti da parte di tali imprese. Non è un problema facile, ma penso che potrebbero essere necessari sussidi. Sono necessari per garantire il mercato. Dobbiamo solo risolverlo.

Quarto: amministrazione semplificata che include ispezioni minime o assenti, nonché un comodo monitoraggio doganale non gravoso.

Quinto, e probabilmente il più importante, è necessario predisporre meccanismi di garanzia della domanda a lungo termine per i nuovi prodotti innovativi che stanno per entrare nel mercato. Ricordo al Governo che tali condizioni preferenziali e rispettivi distretti industriali devono essere varati già dal 1° gennaio 2023.

In una nota correlata, voglio dire che i punti di crescita industriale sia nuovi che già operativi devono attrarre le piccole imprese e coinvolgerle nella loro orbita. È fondamentale per gli imprenditori, per le piccole realtà, vedere l’orizzonte e cogliere le loro prospettive.

Pertanto, chiedo al governo insieme alla SME Corporation [Federal Corporation for the Development of Small and Medium Enterprises] e alle nostre più grandi aziende di lanciare uno strumento per contratti a lungo termine tra aziende a partecipazione statale e PMI. Ciò garantirà la domanda dei prodotti di tali imprese per anni a venire, mentre i fornitori possono assumere con sicurezza impegni per lanciare un nuovo impianto di produzione o ampliarne uno esistente per soddisfare quell’ordine.

http://en.kremlin.ru/events/president/news/68669

SERVILITÁ, di Teodoro Klitsche de la Grange

SERVILITÁ

Da quanto si legge sulla stampa il Ministero degli esteri russo avrebbe tacciato il comportamento italiano nella guerra russo-ucraina “servile e miope” e che dimostrerebbe “anche l’a-moralità” di alcuni rappresentanti delle autorità pubbliche e dei media italiani. In risposta – si legge in un comunicato – la Farnesina “ha respinto con fermezza le accuse di amoralità di alcuni rappresentanti delle istituzioni e dei media italiani, espresse in recenti dichiarazioni del Ministero degli Esteri russo…” Ad aver attirato quasi universalmente l’attenzione è stata quell’ “amoralità”; a mio avviso avrebbe dovuto esserlo quel “servile”. E spiego il perché.

Non so se al Ministero degli esteri russo conoscono il discorso di V.E. Orlando alla Costituente, perorante il rifiuto della ratifica del trattato di pace tra Italia e vincitori della seconda guerra mondiale. Probabilmente lo conoscono, perché tra i vincitori c’era anche l’U.R.S.S.; e Orlando – Presidente della vittoria – era un personaggio da non passare inosservato. Quel discorso terminava con una profezia: “Questi sono voti di cui si risponde dinanzi alle generazioni future: si risponde nei secoli di queste abiezioni fatte per cupidigia di servilità”.

Sempre nello stesso discorso, ben conoscendo i difetti nazionali, Orlando sosteneva che malgrado grandi personaggi francesi avessero collaborato con i nazisti, come i fascisti repubblichini, la differenza era che noi dovevamo essere rieducati alla libertà e alla democrazia, i francesi no, perché la “vera superiorità della Francia su di noi può riconoscersi nella fierezza dei suoi rappresentanti” (peccato che Letta non l’abbia assimilata). E quanto alla nostra esterofilia (coniugata ad un “complesso di colpa”): “nei rapporti con l’estero noi ci dobbiamo sempre precipitare; noi sentiamo sempre l’urgente bisogno di dar prova al mondo che siamo dei ragazzi traviati”. Anche questo difetto ricorrente è inestinguibile: vi contribuisce un fondo di (parziale) verità. Le classi dirigenti nostrane non sono all’altezza di quelle estere, dedicandosi con eccessivo zelo al proprio particulare piuttosto che all’interesse generale quasi fossero dei privati. E hanno quindi la convenienza ad addebitare al popolo italiano un difetto che grava maggiormente sulle élite.

Il fatto che il governo russo stigmatizzi il servilismo italiano è un’ulteriore conferma della differenza della profondità di vista tra statisti, come Orlando, e non: i primi vedono a lungo termine, i secondi solo a breve (o brevissimo). A più di settant’anni dalla sconfitta non riusciamo a scuotercene di dosso le conseguenze. Perfino la Germania con le enormi responsabilità di Hitler, è riuscita (e riesce) a non appiattirsi sugli U.S.A. Quando Busch jr iniziò la seconda guerra irachena (finita come sappiamo) i tedeschi (e i francesi) gli risposero di accomodarsi da solo. L’Italia si mise sull’attenti e fornì le proprie truppe (e il loro sangue – Nassiria): gli ascari della NATO. Inoltre quando i governanti esternano e praticano la dipendenza dall’estero (i “compiti a casa”) se la cavano senza danni; laddove hanno un soprassalto d’indipendenza (v. Craxi e Andreotti a Sigonella) finiscono in esilio o sotto processo, comunque senza potere perché giudicati poco sottomessi a quelli “forti” (spesso tali solo per la debolezza loro). Attitudine sottomessa confermata anche nella guerra russo-ucraina e oggetto della (facile) ironia di Mosca, come della profondità della previsione di Orlando.

Ma quand’è che un comportamento diventa “servile”, ossia qual è per così dire il “criterio della servilità” (almeno il principale)?

E qua bisogna andare ad un concetto – e ad una conseguente distinzione – che pur risalente (almeno) a S. Tommaso “La legge è un ordinamento di ragione volto al bene comune, promulgata da chi abbia la cura della comunità”, preferiamo riportare da Jean Bodin. Questi ritiene che “Per Stato si intende il governo giusto che si esercita con potere sovrano su diverse famiglie e su tutto ciò che esse hanno in comune”, governo che dev’essere ordinato al bene comune; concetto che, evolvendosi nella secolarizzazione dei secoli successivi, ha cambiato nome (ma meno i connotati) diventando l’interesse generale, s’intende dei cittadini.

Notare che Bodin insiste (ripetutamente sul fatto che il sovrano “non deve essere in alcun modo soggetto al comando altrui, e deve poter dare la legge ai sudditi…Il principe o il duca, infatti… non è sovrano se a sua volta la riceve da un superiore o da un uguale (…); ancor meno poi si può dire sovrano se non ha il potere altro che in qualità di vicario, luogotenente o reggente…”.

Ciò stante il dovere del governante è di fare l’interesse generale: se fa quello di altri, compreso il proprio, a scapito di quello generale, non solo fa male, ma distorce la condizione perché possa esercitare il potere di fare l’interesse di tutti: la propria indipendenza; che è il carattere principale della sovranità.

E infatti l’Italia, come gran parte del pianeta, è a sovranità limitata. Che significa servilità assicurata.

Teodoro Klitsche de la Grange

Stati Uniti, scontro politico e arma giudiziaria_con Gianfranco Campa

L’arma giudiziaria e la sua esibizione ostentata sono diventate sempre più uno strumento dello scontro politico. Non è un’esclusiva di un paese. Negli Stati Uniti sta assumendo connotati caratteristici, particolarmente virulenti e protratti nel tempo. Ciò è dovuto agli assetti istituzionali e al legame diretto degli apparati giudiziari ed investigativi con quello rappresentativo ed esecutivo. Succede quando sono in discussione gli assetti di potere più vitali e l’esito del confronto non riesce a trovare una soluzione di continuità. Il prezzo in termini di credibilità alla fine è altissimo; la capacità di resistenza dei movimenti politici alle lusinghe e alle manipolazioni dei centri decisori predominanti ne sono il corollario più interessante; il crepuscolo irreversibile di una potenza egemone, l’esito sempre più probabile. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v17lsml-stati-uniti-giudici-e-politica-con-gianfranco-campa.html

C’ERA UNA VOLTA LA NEUTRALITÁ, di Teodoro Klitsche de la Grange

C’ERA UNA VOLTA LA NEUTRALITÁ

Anche la guerra in Ucraina conferma che la neutralità, ossia l’estraneità dei non belligeranti ad un conflitto tra Stati, ha subito un radicale cambiamento in conseguenza delle innovazioni al diritto internazionale nel XX secolo.

Prima lo stato neutrale era (rigorosamente) imparziale nei confronti dei belligeranti. Tale imparzialità comportava il dovere di astenersi da ogni iniziativa tesa a favorire lo sforzo bellico (di uno) dei contendenti; a questo corrispondeva il diritto di non sopportare operazioni belliche – e il loro effetti – sul proprio territorio, popolazione, commercio.

Nel periodo tra le due guerre mondiali e nel successivo la neutralità “classica” fu decisamente ridimensionata: in particolare il divieto di ricorso alla forza di cui allo Statuto dell’ONU ha eroso l’imparzialità dei neutrali, perché è loro consentito di aiutare l’aggredito e sanzionare l’aggressore. Pertanto la tanto – e giustamente – discussa fornitura da parte degli U.S.A. e di alcuni Stati dell’Unione europea di armi all’Ucraina (cui si aggiungono le misure anti-russe) farebbero parte di questa innovazione al diritto internazionale.

Ciò comunque comporta una diversa problematica, in relazione al diverso carattere della “guerra” moderna.

Infatti, più o meno nel XX secolo in cui mutava lo status del neutrale, cambiava pure quello di guerra; l’ostilità, connessa strettamente alla volontà di imporre la propria, assumeva diverse forme, caratterizzate dall’assenza (e dalla drastica limitazione) dell’uso delle armi. Conflitti sì, ma disarmati.

Il libro dei “bravi colonnelli cinesi Guerra senza limiti (da me spesso citato) ce ne fornisce ragione ed esempi. Gli autori scrivono: “da questo momento in poi la guerra non sarà più ciò che è stata tradizionalmente. Il che significa che, se l’umanità non avrà altra scelta che entrare in conflitto, non potrà più condurlo nei modi consueti… Quando la gente comincia ad entusiasmarsi e a gioire… per la riduzione di forze militari come mezzo per la risoluzione dei conflitti, la guerra è destinata a rinascere in altre forme e su di un altro scenario, trasformandosi in un altro strumento di enorme potere nelle mani di tutti coloro che ambiscono ad assumere il controllo di altri paesi o aree” onde “La guerra che ha subito i cambiamenti della moderna tecnologia e del sistema di mercato verrà condotta in forme ancor più atipiche. In altre parole, mentre si assiste ad una relativa riduzione della violenza militare, allo stesso tempo si constata un aumento della violenza politica, economica e tecnologica… Se si riconosce che i nuovi principi della guerra non sono più quelli di “usare la forza delle armi per costringere il nemico a sottomettersi ai propri voleri”, quanto piuttosto quelli di “usare tutti i mezzi, inclusa la forza delle armi e sistemi di offesa militari e non-militari e letali non letali per costringere il nemico ad accettare i propri interessi”, tutto ciò costituisce un cambiamento: un cambiamento nella guerra e un cambiamento nelle modalità della guerra”.

Il problema è quindi vedere in tali contesti di guerra “non violenta” che significato assume la neutralità.

In primo luogo il neutrale in una guerra di aggressione è considerato se non un imbucato almeno un pilatesco. Certo se si carica di significati morali una scelta politica, la conseguenza (per il neutrale) è proprio quella. Di essere neutrale tra bene o male, come gli angeli disprezzati da Dante perché rimasti neutrali nella lotta tra Dio e il diavolo.

Ma a parte ciò la neutralità in tempi di guerra condotta con mezzi non violenti (e non militari) finisce col perdere definitivamente – anche se non totalmente – l’imparzialità che la connotava nel diritto internazionale westphaliano.

Nella prassi contemporanea l’imparzialità è stata ristretta alla neutralità militare, mentre la guerra è estesa a tutti gli aspetti della vita economica e sociale, dall’economico al giuridico, al morale e perfino allo sport, con il rifiuto di fare gareggiare gli atleti russi, e alla musica. Se questo possa portare alla pace è assai dubbio, perché l’unico caso di sanzioni efficaci nel secolo scorso fu quello contro il Giappone: ma ebbe, contrariamente alle aspettative, non l’effetto di portare alla pace, ma all’estensione della guerra.

Di per se, anche continuando – fortunatamente – il non ricorso a mezzi militari diretti, il carattere “neutrale” di una simile prassi non regge. E in effetti è esplicitamente rifiutato dalle continue condanne e sanzioni all’aggressore. Ma mentre le prime possono avere l’effetto di intensificare il sentimento politico anti-russo (che è uno dei fondamenti della guerra tradizionale), dell’efficacia delle seconde è più lecito dubitare, dato che – solo per fare un esempio – le entrate della Russia dagli aumenti dei prodotti petroliferi superano di gran lunga il costo della guerra (almeno così si legge). D’altra parte è stato notato da molti che l’assenza di un vero neutrale, almeno in Europa è un inconveniente decisivo per mediare la pace. Questo perché spesso è proprio l’autorità di un terzo (realmente) neutrale che può provocare la pace o evitare la guerra.

Nel medioevo già riusciva al Papa; nell’Europa moderna, e proprio dalla parte dove oggi si combatte fu Bismarck e il Reich tedesco nel congresso di Berlino (1878) presieduto del cancelliere di ferro a farlo. Ma la pace fu possibile anche perché Bismarck e la Germania non erano diretti interessati alla sistemazione dei Balcani; anzi disse che “i Balcani non valgono le ossa di un solo granatiere di Pomerania” per sintetizzare la propria realistica propensione alla pace. Non così si può dire dell’Europa contemporanea che a quella pace ha interessi assai superiori a quelli del Reich. Purtroppo non ha un Bismarck: come diceva il cancelliere (dell’Italia) “ha un grande appetito ma dei pessimi denti”.

Teodoro Klitsche de la Grange

Korybko: corridoio transcaucasico, un polo geoeconomico indipendente all’interno dell’Eurasia

Le dinamiche geopolitiche stanno assumendo caratteristiche sempre più convulse e meno controllabili. Ad ogni azione, ad esempio le sanzioni americane ed occidentali contro la Russia, corrisponde una reazione non solo dell’oggetto delle azioni, ma anche degli spettatori sempre più partecipi del gioco, spesso riesumando vecchie ambizioni sopite nella fase bipolare. Il mondo è ancora troppo grande per realizzare il sogno per alcuni e l’incubo per i più di un dominio unipolare. Rimane per i primi la consolazione della ricerca di una nuova condizione bipolare in grado di consentire una spartizione concordata e di dirottare la competizione e il conflitto endemico nelle terre di nessuno che inevitabilmente resisteranno. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Korybko: corridoio transcaucasico, un polo geoeconomico indipendente all’interno dell’Eurasia

Teheran (Bazaar): il proposto polo geoeconomico del corridoio commerciale Georgia-Ucraina-Azerbaigian-Moldavia (GUAM) diventerà più importante in Eurasia nei prossimi anni, aggiungendo i paesi del Caucaso e quelli al di là di esso nell’Asia occidentale e nell’Asia centrale saranno incoraggiati ad espandere le loro relazioni commerciali con esso, il che contribuirà alla formazione di nuovi corridoi commerciali, ha detto Andrew Korybko a Bazaar in un’intervista esclusiva.

Dice anche che Molto più importante è il ruolo crescente della Polonia, l’economia più forte dell’Europa centrale, che mira ad espandere la sua influenza sulla regione attraverso la “Three Seas Initiative” (3SI) per l’integrazione dei paesi tra l’Adriatico, il Baltico, e Mar Nero.

Bazar: gli sviluppi geopolitici e geoeconomici nella regione del Caucaso hanno portato l’Iran a prestare particolare attenzione ai corridoi commerciali di transito. In effetti, Teheran ha cercato di offrire nuove iniziative, diverse rotte commerciali e nazionali nella regione. In che misura il corridoio Iran-Azerbaigian-Georgia-Mar Nero-Europa contribuisce ad aumentare la posizione dell’Iran nella regione?

La sua posizione geostrategica gli consente di fungere da fulcro per facilitare il commercio nord-sud ed est-ovest. Il primo è promosso attraverso il corridoio di trasporto nord-sud (NSTC) con se stesso, l’Azerbaigian, la Russia e l’India, mentre il secondo può essere avanzato attraverso la connettività transcaucasica con la regione del Mar Nero. Questi progetti sono complementari e migliorano collettivamente la posizione geoeconomica della Repubblica islamica in Eurasia.

Bazaar: Quali sono gli importanti vantaggi del lancio di questo corridoio che collega il Golfo Persico al Mar Nero per questi paesi, in particolare l’Iran?

Il commercio transcontinentale attraverso la Russia non è possibile a causa del regime di sanzioni senza precedenti e pianificato contro l’Occidente guidato dagli Stati Uniti, ma rimane importante garantire che il commercio tra l’Eurasia occidentale (Europa) e l’Eurasia orientale (Cina) continui. Il corridoio transcaucasico può fungere da scorciatoia tra questi due. Può anche diventare un polo geoeconomico indipendente all’interno dell’Eurasia per migliorare tutti i loro potenziali di sviluppo e connettersi con altri corridoi.

Bazaar: l’istituzione di questo corridoio aumenterà l’importanza di transito della Repubblica dell’Azerbaigian e della Georgia, nonché l’espansione delle relazioni commerciali dell’Iran con il Caucaso e l’Europa orientale. Cosa ne pensi di questo?

È un risultato reciprocamente vantaggioso, in cui si spera possano essere coinvolte anche l’Armenia e le società russe attive nel Caucaso meridionale. Tutti i paesi circostanti possono avvicinarsi combinando il loro potenziale geoeconomico e trasformando questa regione in una piattaforma per il coordinamento del commercio nord-sud ed est-ovest attraverso l’Eurasia. Ciò potrebbe aiutare a garantire stabilità e creare nuove possibilità di sviluppo nel tempo.

Bazaar: Quali effetti ha avuto la guerra ucraina nella regione del Mar Nero su Turchia e Russia in termini di energia, commercio, sicurezza e molti altri aspetti?

Nonostante abbia votato contro la Russia all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la Turchia ha rifiutato di soddisfare le richieste degli Stati Uniti di sanzionarla. Ciò dimostra che i legami tra i due rimangono forti nonostante la loro rivalità transregionale in tutta l’Afro-Eurasia che i loro leader sono riusciti a regolare responsabilmente nel corso degli anni. I suoi interessi nazionali oggettivi sono serviti mantenendo la cooperazione economica strategica con la Russia e non diventando eccessivamente affidabili nei confronti dei suoi partner occidentali.

Bazar: nuovi ed emergenti collegamenti di trasporto tra il Mar Baltico, il Mar Nero e il Mar Caspio creeranno un’architettura di comunicazione diversa e nuova che offrirà opportunità a tutti i paesi lungo le rotte, incluso il corridoio di trasporto GUAM, che diventa parte integrante di questa nuova architettura. La componente più importante per l’attuazione del Corridoio GUAM è l’instaurazione della pace nelle due regioni del Mar Nero e del Caucaso meridionale, anche se queste due regioni hanno molte tensioni. Quanto è lontana l’attuazione di questo corridoio nel Mar Nero?

Il proposto corridoio commerciale Georgia-Ucraina-Azerbaigian-Moldavia (GUAM) è stato discusso a lungo ed è già in qualche modo in vigore, sebbene non sia un importante asse geoeconomico ed è per questo che non ha ricevuto molta attenzione. Molto più importante è il ruolo crescente della Polonia, l’economia più forte dell’Europa centrale, che mira ad espandere la sua influenza sulla regione attraverso la “Three Seas Initiative” (3SI) per l’integrazione dei paesi tra Adriatico, Mar Baltico e Mar Nero.

Ci sono già progetti di connettività in costruzione per aprire la strada a un nuovo corridoio nord-sud tra l’Artico scandinavo e il Mediterraneo greco attraverso questi paesi. Questo polo geoeconomico sempre più influente diventerà più importante in Eurasia nei prossimi anni. I paesi del Caucaso e quelli al di là dell’Asia occidentale e centrale saranno incoraggiati ad espandere le loro relazioni commerciali con esso, il che contribuirà alla formazione di nuovi corridoi commerciali.

Finlandia e Svezia si uniranno alla NATO a spese di tutto_di Anatol Lieven

C’è un’ironia triste e piuttosto patetica sulla prevista richiesta di Finlandia e Svezia di aderire alla NATO.

Durante la Guerra Fredda, l’Unione Sovietica è stata una superpotenza militare, ha occupato gran parte dell’Europa centrale, le sue truppe erano di stanza nel cuore della Germania e il comunismo sovietico, almeno per un po’, sembrava essere una vera minaccia alla democrazia capitalista occidentale . Per tutti quei decenni, tuttavia, Finlandia e Svezia rimasero ufficialmente neutrali.

Nel caso della Finlandia, la neutralità è stata una condizione del trattato con Mosca che ha concluso le guerre con l’URSS. Nel caso della Svezia, diciamo solo che c’erano grandi vantaggi pratici nell’essere in effetti sotto l’ombrello della sicurezza americana senza dover dare alcun contributo ad essa o correre alcun rischio per essa. C’erano anche grandi vantaggi psicologici nel godere di questa protezione de facto degli Stati Uniti pur rimanendo liberi in ogni occasione di sfoggiare la presunta superiorità morale della Svezia all’America imperialista e razzista.

Dalla fine della Guerra Fredda, la Russia si è ritirata mille miglia a est mentre la NATO e l’UE si sono espanse enormemente. Oggi le forze di terra russe stanno dimostrando in Ucraina di non essere in grado di rappresentare una seria minaccia per la NATO o la Scandinavia. Né lo facevano davvero in precedenza. Per arrivare in Svezia, la Russia dovrebbe attraversare la Finlandia o il Mar Baltico. E sia durante che dopo la Guerra Fredda, Mosca non ha mai minacciato la Finlandia. L’Unione Sovietica ha rigorosamente rispettato i termini del suo trattato con la Finlandia. Si ritirò persino da una base militare lì che per trattato avrebbe potuto reggere per altri quarant’anni.

Uno dei motivi era che, come l’Ucraina (ma in netto contrasto con la Svezia), l’eroica lotta della Finlandia contro l’esercito sovietico aveva convinto Mosca che la Finlandia era una persona troppo dura per cercare di schiacciare. Lo è ancora e rimarrebbe tale senza l’adesione alla NATO, perché, ancora una volta come l’Ucraina, i finlandesi sono determinati a difendere il loro paese.

Non c’era alcun motivo per pensare che la Russia avrebbe cambiato questa politica e avrebbe attaccato la Finlandia. Considerando che — per quanto si possa condannare fermamente l’invasione russa dell’Ucraina e le sue atrocità che l’accompagnano — le ragioni per cui Mosca l’ha attaccata sono ovvie. Da quando è iniziata l’espansione della NATO negli anni ’90, sia i funzionari russi che una serie di esperti occidentali, inclusi tre ex ambasciatori statunitensi a Mosca e l’attuale capo della CIA, hanno avvertito che era probabile la prospettiva che l’Ucraina si unisse a un’alleanza anti-russa per scatenare la guerra.

L’adesione alla NATO di Svezia e Finlandia non è quindi necessaria per la loro sicurezza. Da parte loro, non portano nulla alla NATO. Se – Dio non voglia – la guerra in Ucraina provoca un’escalation della guerra tra Stati Uniti e Russia, loro saranno comunque in disparte. Per quanto riguarda gli impegni della NATO al di fuori dell’Europa, uno dei motivi per cui i membri europei della NATO hanno accolto così entusiasticamente il nuovo confronto con la Russia è che offre loro la scusa per evitare di inviare truppe in qualsiasi area (come l’Africa occidentale) dove potrebbero effettivamente dover combattere e muori; e dove la minaccia dell’estremismo islamista e della migrazione di massa crea vere minacce alla sicurezza interna europea e scandinava.

Aderendo alla NATO, la Finlandia sta buttando via qualsiasi remota possibilità esistente di svolgere un ruolo di mediazione tra Russia e Occidente, non solo per contribuire a porre fine alla guerra in Ucraina, ma in futuro per promuovere una più ampia riconciliazione. Invece, la Finlandia finirà di costruire l’ultima sezione di un nuovo confine della Guerra Fredda attraverso l’Europa, che probabilmente sopravviverà a qualsiasi tipo di regime alla fine succederà a quello di Putin in Russia.

L’adesione della Finlandia e della Svezia alla NATO può anche essere considerata come il momento simbolico in cui i paesi europei nel loro insieme hanno abbandonato ogni sogno di assumersi la responsabilità del proprio continente e si sono rassegnati alla completa dipendenza da Washington. Tuttavia, (come con la Svezia durante la Guerra Fredda) questa dipendenza sarà senza dubbio mascherata da lamenti e ringhi europei impotenti quando un nuovo presidente simile a Trump dimenticherà la necessaria sottile pretesa di cortesia e consultazione.

Alla fine di un editoriale del Financial Times pieno di sentimenti aspramente anti-russi (basati in parte su una conoscenza estremamente e forse intenzionalmente scarsa dei fatti), l’ex primo ministro finlandese Alexander Stubb ha scritto:

“La sicurezza non è un gioco a somma zero. Spero che un giorno anche il regime russo capirà questo. Questo ci permetterà di ristabilire buone relazioni con la Russia. Nel frattempo, aiuteremo a massimizzare la sicurezza in Europa aderendo alla NATO. Non è contro nessuno, ma per noi. Tutti noi.”

Questa è la stessa ipocrisia compiaciuta che ha infastidito la politica occidentale nei confronti della Russia e quella statunitense nei confronti della maggior parte del mondo. Dalla fine della Guerra Fredda, la politica degli Stati Uniti e della NATO nei confronti della Russia è stata in effetti a somma schiacciante zero, e i paesi europei sono rimasti obbedienti. La Finlandia ora si unirà a questo entourage zoppicante e codardo. È improbabile che le buone relazioni con la Russia vengano mai ristabilite, qualunque sia il regime che salga al potere a Mosca.

D’altra parte, la completa espulsione della Russia dalle strutture europee – per così tanto tempo obiettivo aperto dell’America e della NATO – potrebbe, a lungo termine, rendere la Russia completamente strategicamente dipendente dalla Cina e portare la superpotenza cinese ai confini più orientali dell’Europa. Sarebbe una ricompensa ironica ma non immeritata per la fatuità strategica europea. Si potrebbe persino trovarlo divertente, se non si fosse europei.

https://responsiblestatecraft.org/2022/05/13/finland-and-sweden-will-join-nato-at-the-expense-of-everything/

Il paradosso della democrazia. Troppa democrazia ci rende schiavi? di Davide Gionco

Riceviamo e pubblichiamo.

Il testo offre una buona analisi dei meccanismi di condizionamento del sistema informativo e dell’esercizio democratico. Quanto alla soluzione offerta, pare opportuno porre alcune domande:

  • è così dirimente il rapporto tra libera circolazione dei capitali ed esercizio della libera informazione?
  • lo è altrettanto il livello di concentrazione dei capitali?
  • la stessa concentrazione di capitali non è comunque necessaria a garantire dimensione delle imprese, sviluppo tecnologico ed altri aspetti fondamentali della formazione sociale?
  • non si rischia di identificare troppo e ridurre l’esercizio del potere con il solo potere economico?
  • non si rischia di fossilizzarsi su una visione irenica del bene comune e del concetto di democrazia, rischiando per altro di associarla, secondo la teoria classica, all’esistenza di piccoli produttori?

Ritengo quesiti utili a favorire il dibattito.

Buona lettura, Giuseppe Germinario

Il paradosso della democrazia. Troppa democrazia ci rende schiavi?
di Davide Gionco
02.05.2022

Il paradosso della tolleranza di Popper
Il filosofo Karl Popper (1902-1994) propose nel 1945 all’attenzione dei suoi lettori (libro “La società aperta e i suoi nemici“) il paradosso della tolleranza. Secondo Popper una società tollerante, che accetta la diversità e la libertà di opinione, non può essere eccessivamente tollerante verso le opinioni che propongono di non accettare la libertà di opinione.
Cita il caso di Hitler, che non sarebbe salito al potere, mettendo a tacere ogni opposizione, se gli fosse stato impedito di esprimere pubblicamente ai tedeschi la sua dottrina politica antidemocratica e totalitaria, in nome del diritto democratico della libertà di opinione.

Conosciamo tutti la famosa affermazione attribuita a Voltaire “Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu possa dirlo“, frase che in realtà fu scritta da Evelyn Beatrice Hall, per illustrare il pensiero di Voltaire.
Il paradosso posto da Popper si pone effettivamente come l’unica eccezione ammessa al principio fondamentale della libertà di parola, in quanto qualsiasi opinione “sbagliata” potrà sempre essere corretta quando i fatti lo dimostrino, esistendo la libertà di esprimere opinioni critiche per rendersene conto e di esprimere opinioni alternative per cambiare le decisioni. Se, invece, viene data attuazione all’opinione che prevede l’intolleranza verso opinioni dissenzienti, si perderà la possibilità di ascoltare giudizi critici e opinioni alternative, in quanto i detentori dell’unico punto di vista autorizzato sentiranno il diritto-dovere di mettere a tacere qualsiasi opinione che prospetti critiche e cambiamenti.

Questo è quanto sosteneva argutamente Karl Popper, ma a mio avviso oggi ci ritroviamo di fronte ad un altro paradosso, per il quale un eccesso di democrazia in molti casi ci porta ad altre forme di condizionamento dell’opinione pubblica, che limitano il pensiero critico e l’espressione di opinioni alternative.

Le democrazie occidentali e la “censura statistica”
Quando dei poteri forti intendono imporre il loro punto di vista in paesi in cui vige formalmente una democrazia, non hanno bisogno di esercitare una censura ferrea come avviene nei paesi in cui vige la dittatura. Nei paesi democratici l’obiettivo viene raggiunto attuando una forma mascherata di censura, che potremmo definire “censura statistica”.
Il metodo consiste nel condizionare i mezzi di informazione, fornendo una narrativa alterata della realtà dei fatti, affinché la maggior parte dei cittadini non abbia gli strumenti sufficienti ad esprimere un giudizio critico e fondato sui fatti reali in merito alle decisioni del potere politico.
Nel contempo le opinioni critiche vengono rese difficilmente accessibili o presentate come poco credibili.
Questo metodo prevede anche, naturalmente, una parallela azione di condizionamento del potere politico, fatta con i metodi “tradizionali” della corruzione o dell’infiltrazione delle istituzioni con uomini o donne fedeli al potere forte.

Se avvenisse una censura assoluta, come avviene nelle normali dittature, a tutti risulterebbe evidente che ci si trova in una dittatura. Se invece si concede formalmente il diritto di parola a chi ha opinioni diverse, si presenta l’immagine di una apparente democrazia, per cui nei cittadini non suona il campanello d’allarme dell’arrivo della dittatura.
Il meccanismo di “censura statistica” si basa sul fatto che, per garantire il controllo del potere politico, è sufficiente che non si arrivi ad avere una maggioranza di cittadini in grado di votare per un effettivo cambio del potere politico, cosa che dovrebbe normalmente avvenire se i cittadini fossero informati correttamente sulle decisioni prese negli interessi dei poteri forti e ai danni del popolo.

Quindi per loro non è un problema se il 10%, il 20% o addirittura il 30% di cittadini si rende conto che chi governa sta compiendo scelte profondamente sbagliate. L’importante è che non se ne renda conto la maggioranza assoluta dei cittadini che vanno a votare.
Il polso della situazione viene continuamente monitorato tramite sondaggi sull’andamento dell’opinione pubblica, in modo che chi decide quale tipo di informazione deve essere data aggiusta il tiro, se il caso suggerendo al potere politico di non esagerare con le scelte che si presentano impopolari, se la narrativa dei mezzi di informazione non è stata in grado di renderli sufficientemente accettabili.
In questo senso possiamo parlare di “censura statistica”, definendola come un insieme di azioni di condizionamento dei mezzi di informazione finalizzate a garantire il mantenimento di un consenso maggioritario intorno alle decisioni politiche imposte dai poteri forti.

La finta opposizione politica
La prima azione da compiere è la creazione ed il mantenimento di una finta opposizione politica.
Si deve dare l’impressione dell’esistenza di un’alternativa politica, come si addice formalmente ad ogni democrazia. Per questo si creano molti spazi informativi in cui ci sono dei personaggi politici che giocano il ruolo della maggioranza e dell’opposizione, dicendosene di tutti i colori, mostrando di avere una visione politica apparentemente opposta.
Ma questo avviene solo su questioni marginali.
Ad esempio si lanciano infiniti dibattiti sulle questioni dei diritti civili, mentre sulla questioni economiche importanti, come quelle che ad esempio riguardano la lotta alla povertà o i fallimenti delle nostre piccole e medie imprese, non esistono sostanziali differenze. Su questi argomenti gli schieramenti opposti sono normalmente accumunati, a seconda dei casi, dall’accettazione rassegnata di conseguenze inevitabili o dal silenzio sulla questione, perché non hanno nulla da dire.

Eventuali forze politiche realmente alternative, che contestato il potere politico esistente, difficilmente trovano spazio sui mezzi di informazione principali. O, se lo trovano, vengono relegati a spazi “di serie B”, in modo che la maggior parte della popolazione non sia informata delle loro opinioni.

Una volta creata la figura della finta opposizione, non resta che influenzare la narrativa di lettura dei fatti politici per impedire che la maggioranza della popolazione contesti la credibilità delle principali forza politiche presenti sui mass media.
Le questioni devono essere presentate come non dipendenti dal potere politico o come ineluttabili. Come diceva Margareth Thatcher “There is no alternative“.
Ad esempio: aumenta la povertà, ma dipende dalla globalizzazione, non ci possiamo fare niente.
In alternativa si racconta che la soluzione si avrà votando la finta opposizione. Ad esempio: per diminuire le tasse, votiamo a destra. Oppure: per tutelare i diritti dei lavoratori dipendenti, votiamo a sinistra. Quando questo avviene, ovviamente, non cambia nulla.
La narrativa della censura statistica non permette di uscire da questi schematismi semplificati e che, in realtà, servono solo a mascherare l’assenza di una reale democrazia.

I finanziamenti dell’informazione
Per condizionare la narrativa dei mezzi di informazione esistono principalmente 3 meccanismi dei quali si servono i poteri forti, certamente anche nazionali, ma oggi soprattutto operanti a livello internazionale.

Se il potere politico è già stato acquisito, tale potere può stabilire l’erogazione di finanziamenti ai mezzi di informazione, anche molto cospicui, in cambio del loro allineamento alla linea politica richiesta. Se dai un certo tipo di informazione sei finanziato, se non lo fai resti senza finanziamenti.
A quel punto, prima di tutto per garantire la redditività dell’azienda e per i suoi dirigenti, gli editori, pubblici o privati che siano, troveranno il modo di motivare i giornalisti a conformarsi a quanto richiesto.

La grande disponibilità di finanziamenti consentirà a questi mezzi di informazione di disporre, a pagamento, della presenza di personaggi famosi (attori, calciatori, artisti, ecc.) e di disporre delle competenze dei migliori professionisti per realizzare dei contenuti che attirino il grande pubblico, al quale verrà poi rifilata la narrativa decisa dal potere politico.

Restano pertanto privi di finanziamenti i mezzi di informazione che, pur svolgendo un servizio pubblico, non si vogliono allineare al pensiero “governativo”. Pochi finanziamenti significa informare poche persone, il che significa evitare che la maggioranza della popèolazione rischi di cambiare opinione.

Un modo tutto sommato molto simile al precedente è il finanziamento dei mezzi di informazione tramite la raccolta pubblicitaria. Gran parte degli inserzionisti pubblicitari dei principali mass media sono tutti o grandi aziende nazionali o delle multinazionali, i cui dirigenti sono espressione o sono in strette relazioni con i poteri forti che hanno interesse a manipolare i mezzi di informazione per perseguire i propri interessi economici.
Chiunque voglia fare informazione ad un certo livello avrà bisogno dei finanziamenti degli inserzionisti e dovrà, quindi, adeguarsi alla linea informativa da loro richiesta. Pena il taglio delle inserzioni pubblicitarie ed il fallimento dell’editore.
Chi non si adegua perde i grandi finanziamenti e può al massimo accontentarsi della piccola pubblicità di imprese locali. Ancora una volta, pochi finanziamenti significa raggiungere poco pubblico ed essere irrilevanti per la censura statistica.

Vi è infine un terzo modo attraverso il quale i poteri forti riescono a manipolare i mezzi di informazione, persino nei casi in cui i finanziamenti pubblici siano distribuiti correttamente e in cui non sia necessario  finanziare l’informazione con le inserzioni pubblicitarie.
Tale modo, ovviamente, può convivere anche con i due sopra descritti.
Si tratta della corruzione mirata dei giornalisti e degli “opinion makers“, i quali vengono pagati per sostenere la narrativa desiderata da chi detiene il potere.
Chi sono gli “opinion makers“? Sono coloro che, in televisione, in radio, sui giornali e su internet si presentano con un’autorevolezza sufficiente ad essere creduti per quello che dicono, influenzando l’opinione dei cittadini.
Possono essere giornalisti, dei tecnici (economisti, medici, ecc.), dei personaggi dello sport o dello spettacolo. L’importante è che si sappiano presentare in modo credibile agli occhi della maggioranza dei cittadini, per condizionarli.

Senza voler accusare specificamente nessuno degli opinion makers attualmente operanti in Italia, possiamo citare il famoso caso tedesco di Udo Ulfkotte, famosissimo giornalista che faceva opinione sulle principali televisioni in Germania, autore di libri di gran successo.

Poco prima di morire nel 2017, per cause mai ben chiarite, Udo Ulfkotte rivelò: «Faccio il giornalista da 25 anni e sono stato educato a mentire, a tradire e a non rivelare la verità al pubblico…»
«con lo scopo di «portare ad una guerra contro la Russia, di manipolare l’opinione pubblica ed è quello che hanno fatto e fanno tuttora anche i miei colleghi, non solo in Germania, ma praticamente in tutta Europa».

Nel famoso “Piano di rinascita democratica” della Loggia massonica P2, ritrovato nella valigia della figlia di Licio Gelli, prevedeva al punto 1b):
«Nei confronti della stampa (o, meglio, dei giornalisti) l’impiego degli strumenti finanziari non può, in questa fase, essere previsto nominatim. Occorrerà redigere un elenco di almeno 2 o 3 elementi, per ciascun quotidiano o periodico in modo tale che nessuno sappia dell’altro. L’azione dovrà essere condotta a macchia d’olio, o, meglio, a catena, da non più di 3 o 4 elementi che conoscono l’ambiente.. »

Ritornando un po’ più indietro, è solo il caso di ricordare come un tal giovane giornalista chiamato Benito Mussolini, che nel 1914 era direttore dell’Avanti! (quotidiano socialista, partito che era contro l’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra), ricevette cospicui finanziamenti dai servizi segreti francesi ed inglesi per caldeggiare l’ingresso in guerra dell’Italia. Abbastanza soldi per fondare dal nulla il nuovo giornale Popolo d’Italia, attraverso il quale fu perseguito l’obiettivo richiesto dai poteri forti del caso, quello di trascinare l’Italia in guerra, con un certo consenso popolare e parlamentare.
E’ solo il caso di ricordare che questa intromissione costò al nostro paese il prezzo di 1’240’000 morti-

Il metodo della preponderanza
Nei casi sopra citati non si è mai avuta la censura totale tipica delle dittatura, ma è stato adottato il metodo della preponderanza, che ha consentito ad un certo tipo di narrativa, quella conferma ai voleri dei poteri forti, di prevalere su visioni alternative e persino sulla narrazione oggettiva dei fatti, in modo da condizionare l’opinione della maggioranza statistica della popolazione.

La preponderanza consente di far prevalere una narrativa sulle altre non in virtù della sua fondatezza, ma in funzione di altri criteri artificiali.
Il primo meccanismo è quello della “quantità” o della “frequenza“. Se una certa narrativa dei fatti viene presentata nel 90% del tempo, attribuendo alle visioni alternative solo il 10% del tempo, il risultato sarà l’adesione di almeno il 60-70% della popolazione alla prima versione, nonostante la maggiore credibilità dell’opinione alternativa.
Una variante di questo criterio è dedicare gli spazi informativi con molto pubblico (ad esempio in prima serata) alla narrazione che deve prevalere, relegando alle ore con poco pubblico le narrazioni alternative. Stesso tempo messo a disposizione (l’apparenza democratica è salvata), ma numero di destinatari molto diverso.

Il secondo meccanismo è presentare insieme in un confronto le diverse narrative, ad esempio nei talk show, ma creando delle situazioni nelle quali la narrazione dei poteri forti ha il sostegno di 4-5 persone presentate come autorevoli, contro una sola che la pensa diversamente. Il messaggio di fondo che passerà è che l’opinione della sola persone è minoritaria, per cui la maggioranza dei cittadini dovrà ritenere ragionevole schierarsi con la maggioranza degli opinionisti rappresentata in quel talk show.

Il terzo meccanismo è quello di presentare come iperqualificati gli opinionisti favorevoli alla narrativa da imporre, presentando nel contempo persone oggettivamente poco qualificate e non credibili a sostegno della visione alternativa.

Democrazia o dittatura?
In tutti questi casi non si può tecnicamente parlare di censura, come ai tempi del fascismo, per cui nessuno potrà contestare a quegli editori e a quei giornalisti di operare al di fuori della democrazia.
Se vogliamo, dal punto di vista formale non vi è alcuna violazione dell’art. 21 della Costituzione, che cita “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure…

Nello stesso tempo non possiamo dire di trovarci in una democrazia compiuta, perché al di là dell’apparente assenza di censure, il sistema di informazione è chiaramente pilotato artificialmente non per informare il popolo (demos), affinché possa conoscere la realtà e prendere adeguate decisioni di auto-governo (demo-crazia), ma per nascondere al popolo la realtà, affinché non possa prendere a ragion veduta le necessarie decisioni di auto-governo. Tali decisioni, come è ovvio, vengono invece prese da coloro che hanno investito sulle azioni di controllo dei mezzi di informazione, per trarne certamente un maggior profitto. A spese del popolo inconsapevole, naturalmente.

La situazione paradossale è che le democrazie sembrano essere indifese nei confronti di questi meccanismi di condizionamento dell’opinione pubblica.
Viceversa nei sistemi a governo autoritario l’esistenza di controllo politico sui mezzi di informazione riesce generalmente ad impedire che altri poteri forti esercitino la loro influenza nei mezzi di informazione.
Chi legge penserà: cosa ci abbiamo guadagnato? In un caso l’informazione viene condizionata dai poteri forti esterni, mentre nell’altro caso dal potere dittatoriale. Dovendo scegliere, ci teniamo la democrazia ad informazione limitata, che ci evita almeno di subire i soprusi e le violenze tipici di una dittatura.

Ovviamente si tratterebbe della scelta giusta, se ci trovassimo di fronte ad una dittatura feroce e che impoverisce economicamente il paese. Pensiamo, ad esempio, alle classiche dittature africane, in cui il dittatore arricchisce se stesso e la propria famiglia, lasciando che i poteri forti esterni facciano man bassa delle ricchezze del paese.
Ma se la scelta fosse fra un regime democratico-autoritario, ma non eccessivamente violento e che tutela gli interessi economici del paese  (come poteva essere quello di Gheddafi in Libia) ed una democrazia debole (ad esempio molti stati dell’America centrale), in cui le decisioni politiche ed i mezzi di informazione sono asserviti gli interessi di poteri forti esterni?
In questo caso quale sarebbe la scelta migliore?
La vera domanda da porci è: come possiamo difendere i mezzi di informazione delle democrazie dai condizionamenti dei poteri forti?

La questione chiave: l’eccessiva liberalizzazione dei capitali
Alla base dei meccanismi di condizionamento, siano essi volti al condizionamento dei decisori (i politici), o volti all’attuazione dei metodi della censura statistica per condizionare l’opinione pubblica, sta sempre la disponibilità di grandi capitali, che i poteri forti possono investire per poi trarne un maggior profitto.
Se gli investimenti economici vanno ad influenzare le decisioni politiche di interesse nazionale e se vanno ad alterare la narrazione dei mezzi di informazione, per impedire al popolo di esercitare il proprio diritto democratico di giudizio dei governanti, le democrazie vengono svuotate nel loro fondamento.

Per questa ragione sarebbe molto opportuno evitare che si verifichino eccessive concentrazioni di ricchezza nelle mani di pochi, non perché si debba necessariamente perseguire l’uguaglianza sociale per odio contro i ricchi, ma perché certi tipi di corruzione “su scala nazionale” sono possibili solo a chi disponga di grandi capitali da investire in tal senso.

Quindi il modo migliore per evitare che la narrativa dei mezzi di informazione sia subordinata ad interessi economici è prima di tutto necessario evitare che vi sia una concentrazione di ricchezza economica tale da essere in grado di incidere pesantemente sui bilanci della maggior parte dei mezzi di informazione o da essere in grado di corrompere decine e decine di giornalisti o i governanti e i funzionari di un paese.
Per evitare questi rischi, a livello nazionale potrebbe essere sufficiente contrastare fiscalmente l’eccessivo accumulo di ricchezza da parte di persone o di società. Nulla a che vedere con la classica “patrimoniale” che colpisce le prime e le seconde case. Il problema non è se una persona guadagna 200 mila euro l’anno o ha 2 o 3 ville al mare o se un imprenditore possiede stabilimenti industriali per 10 milioni di euro per potere produrre. Il problema è che dobbiamo evitare di avere soggetti, come ad esempio intendeva fare la loggia massonica P2, in grado di condizionare i mezzi di informazione grazie alle ingenti disponibilità di capitali.

Per quanto riguarda il rischio, forse ancora più grave, di condizionamenti provenienti da poteri forti che operano a livello internazionale, l’unico modo per limitarli è porre dei ferrei controlli ai flussi di capitali provenienti dall’estero.
Stando agli attuali trattati dell’Unione Europea e di adesione al WTO (l’organizzazione del libero commercio mondiale), la libera circolazione dei capitali è uno dei requisiti fondamentali che si richiedono ad uno stato democratico. Se uno stato non liberalizza la circolazione dei capitali, non è considerato democratico dalla comunità internazionale degli stati democratici.

In realtà è proprio questo “eccesso di democrazia” nel campo finanziario a rendere le democrazie indifese di fronte ai condizionamenti dei poteri forti sui mezzi di informazione. Se vogliamo davvero avere una democrazia effettiva, in cui il popolo è correttamente informato per giudicare le decisioni che vengono prese dal potere politico, dobbiamo avere il coraggio di sottrarci ai vincoli dei trattati internazionali che ci impediscono di controllare e limitare i flussi di capitali dall’estero.
Dopo di che dobbiamo avere il coraggio di introdurre una forte tassazione che impedisca gli eccessivi accumuli di ricchezza in Italia, per evitare che rappresentino un rischio per la nostra democrazia.

Per difendere ulteriormente la libertà di informazione è anche necessario non considerare le imprese che operano nel settore dell’informazione come delle normali imprese. E’ fondamentale garantire, con specifiche leggi anti-trust, che si realizzino delle concentrazioni di proprietà nel settore, sia in campo editoriale, sia in campo della raccolta pubblicitaria.
Una volta fatto questo, potremo anche studiare degli organismi di garanzia del pluralismo dell’informazione, i quali potranno funzionare solo se cesseranno le pressioni di ordine economico sui mezzi di informazione.

In realtà non è la troppa democrazia a fare male alla libertà d’informazione, ma è l’attuazione di un modello di democrazia sbagliato, che antepone gli interessi economici (la circolazione di capitali) alla salvaguardia della democrazia stessa.

UNIVERSO E PLURIVERSO, di Teodoro Klitsche de la Grange

UNIVERSO E PLURIVERSO

Sullo scorcio del secolo scorso, appariva sicuro, a seguire la comunicazione imperante, che l’assetto del pianeta era avviato all’uniformità, dato che era diventato unipolare dopo l’implosione del comunismo e dell’U.R.S.S., onde l’unica potenza egemone erano gli U.S.A. Così la prospettiva che iniziava era che la politica – e il suo scenario – si trasformavano dal pluriverso, cui alcuni millenni di storia ci hanno abituati, all’universo. Una (sola) potenza egemone; uno il contesto (il pianeta globalizzato); una la conseguenza, la pace; una avrebbe dovuto essere la forma politica ossia la democrazia più liberal che liberale; una l’ideologia, il rispetto dei diritti umani; uno il nemico, chi a tanto bene si opponeva. E via unificando.

Poco tempo dopo, con l’attentato dell’11 settembre, tale costruzione già presentava vistose e sanguinarie falle: un’organizzazione più terroristica che partigiana aveva colpito duramente il territorio U.S.A. A parte l’incrinarsi (a dir poco) delle prospettive rosee, era evidente che il problema reale, che quelle avevano più che sottaciuto, occultato, era ciò che millenni di pensiero politico avevano considerato: le differenze tra gli uomini, il loro voler vivere in comunità (relativamente) omogenee, in spazi costituenti il limite (anche giuridico) tra interno ed esterno. Così chi afferma l’universo e l’uniformità non riduceva il numero dei (possibili) nemici, ma lo incrementava di tutti coloro che non concordavano né con l’egemonia di una potenza, né con quella di una forma politica, né di un uguale “tavola dei valori” per tutti i popoli del pianeta e via distinguendo.

Di guisa che quello che con espressione involontariamente strapaesana la stampa nazionale chiamava l’“ulivo mondiale” si è rivelato un moltiplicatore (o almeno un non-riduttore) di zizzania planetaria. Abbiamo avuto guerre etniche, partigiane, religiose oltre a quelle più “tradizionali” di competizioni per la potenza e l’appropriazione (politica ed economica).

A questo hanno contribuito due elementi, l’uno consistente in una regolarità politica, quindi ineliminabile: il conflitto. Da Machiavelli a Schmitt passando per Hobbes e (tanti) altri lotta, conflitto e amico-nemico sono stati considerati intrinseci alla natura umana. Per cui è impossibile eliminarli; ed è difficile ridurli, anche se non impossibile.

In fondo sia la teologia politica cristiana che il diritto internazionale westphaliano erano volti a realizzarlo. In particolare la riduzione dei legittimi contendenti agli Stati sovrani (justi hostes) diminuiva il numero di guerre limitando chi ne poteva far uso, garantendo così lunghi periodi di pace e comunque di guerre limitate (guerres en dentelles) alle nazioni europee. A ciò concorrevano altri precetti fondamentali del diritto pubblico (internazionale e interno): il monopolio della violenza legittima e della decisione politica, le frontiere (conseguenti al carattere territoriale delle comunità sedentarie), le distinzioni giuridiche (romanistiche) tra nemico e criminale e carattere pubblico della guerra. Il diritto di ciascuna comunità di vivere secondo le proprie scelte e consuetudini, ovviamente all’interno del proprio territorio, ne garantiva il pluralismo ed il rispetto da parte delle altre.

L’universo non è in linea con tale metodo sperimentato nella storia, che è poi, come scriveva de Maistre, la politica applicata. Buona parte dell’armamentario di propaganda spiegato, da ultimo (ma non solo) nella guerra russo-ucraina è il contrario di quanto efficacemente praticato in qualche secolo di storia d’Europa. Il nemico è un “criminale, macellaio, pazzo”. Le sue pretese sono quelle di un malato grave, a Putin hanno fatto anche delle visite psichiatriche via televisione con diagnosi tutte infauste (dal tumore alla demenza).

Il fatto che quanto fatto da Putin somigli assai alla politica dei suoi predecessori negli ultimi secoli (da Pietro il grande a Caterina la grande passando per Alessandro I e II, Nicola I), rivolti a guerreggiare per acquisire la supremazia nel (e intorno al) Mar Nero, può avere due risposte: o che, per interessi, in primo luogo geopolitici, la Russia tende a conquiste ed accessi ai “mari caldi” tra cui in primis, il Mar Nero, e di tale tendenza occorre tener conto; ovvero che la Russia da Pietro il Grande ad oggi è stata governata per gran parte dalla sua storia, da dementi (tuttavia due dei quali fregiati dagli storici con l’appellativo di “grande”). La lotta sarebbe tra democrazia contro autoritarismo – argomento che ricorda assai quello del “mondo libero” contro il “totalitarismo comunista” – solo che nel primo caso, aveva fondamenti ben più seri. L’autoritario è ovviamente Putin (ma anche Erdogan, Xi-Jin-Ping, Orban, Modi ecc. ecc.). Dimenticando che, se per difendere la democrazia fosse necessario propiziare la guerra a Russia, Cina, India, ecc. ecc., il confronto risulterebbe assai problematico. Argomenti che hanno tutti i connotati comuni: a) di non riconoscere l’avversario come nemico giusto; b) di considerare le frontiere come intollerabile limite d’influenza; c) e di discriminare essenzialmente in base a “tavole di valori” nelle quali i “diritti umani” rivestono un ruolo fondamentale.

Ora se è vero che vivere in una democrazia liberale (reale, meno in quelle parlate come purtroppo – in parte – è l’Italia) è molto meglio che vivere in uno Stato autoritario e forse anche in una democrazia illiberale, è parimenti vero che altro è tenersi il proprio modo di esistenza e rispettare quello degli altri, altro è cercare di esportarlo con inopportune ingerenze, e ancor più con guerre (dirette o per procura).

Ancor più quando il fondamento è la diversità di valori, la cui conseguenza è, come scriveva Schmitt, che valorizzarne alcuni significa comunque dis-valorizzare altri, collocarli in una “scala” da quello superiore a quello inferiore. E quindi discriminare coloro che condividono quelli “in basso”..

Come sosteneva Max Weber la competizione tra valori crea una lotta dove non è possibile “nessuna relativizzazione e nessun compromesso”. Onde Schmitt riteneva: “la teoria dei valori celebra i suoi trionfi… nel dibattito sulla questione della guerra giusta” perché crea così il nemico assoluto “Il non valore non ha nessun diritto di fronte al valore, e nessun prezzo è troppo alto per la imposizione del valore supremo”[1].

Soprattutto per questo il pluriverso è preferibile all’universo – in politica, e specialmente nei rapporti tra popoli. E l’inclusione dell’orbe nell’urbs, capacità di cui i Romani erano maestri, richiede secoli e rispetto delle differenze. Tempo carente ed attitudine assente tra i globalizzatori. Onde il pluriverso, fondato sul rispetto della diversità tra i popoli, possiede un’attitudine pacificatrice superiore all’ “alternativa” universalista.

Teodoro Klitsche de la Grange

 

[1] E prosegue: “Tutte le categorie del diritto di guerra classico del jus publicum europaeum – nemico giusto, motivo di guerra giusto, proporzionalità dei mezzi e condotta conforme alle regole, debitus modus – cadono vittime, inesorabilmente, di questa mancanza di valore”, v. Carl Schmitt, La tirannia dei valori, A. Pellicani Editori, Roma 1987, p. 72.

FENOMENOLOGIA DELL’ ALESSANDRO   ORSINI, di Massimo Morigi

                      FENOMENOLOGIA DELL’ ALESSANDRO   ORSINI

 

E per la chiarezza concettuale e terminologica e per  iniziare l’indispensabile  percorso già indicato ai lettori in “Regnum Cliens”, (all’ URL  de “L’Italia  e il mondo” https://italiaeilmondo.com/2022/04/24/regnum-cliens-di-massimo-morigi/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20220424164612/https://italiaeilmondo.com/2022/04/24/regnum-cliens-di-massimo-morigi/; screenshot:  https://web.archive.org/web/20220424164625/http://web.archive.org/screenshot/https://italiaeilmondo.com/2022/04/24/regnum-cliens-di-massimo-morigi/, ed anche su Internet Archive agli URL https://archive.org/details/regnum-cliens-repubblicanesimo-geopolitico-massimo-morigi-italia e  https://ia801505.us.archive.org/10/items/regnum-cliens-repubblicanesimo-geopolitico-massimo-morigi-italia/REGNUM%20CLIENS%2C%20REPUBBLICANESIMO%20GEOPOLITICO%2C%20MASSIMO%20MORIGI%2C%20ITALIA.pdf )  è ora necessario fare un esempio concreto per instradarci verso una nuova pedagogia nazionale che si contrapponga alle vecchie e divisive narrazioni, iniziando innanzitutto da coloro che possono sembrare affini ma, in realtà, ammettendo pure la loro  buona fede, non fanno altro che seminare confusione nel campo di coloro che si stanno rendendo conto che l’Italia non è nient’altro che un “regnum cliens” degli Stati Uniti. Ci riferiamo al prof. Alessandro Orsini, del quale qui di seguito si indica per punti la complessa e contraddittoria fenomenologia di questo comunque interessante personaggio pubblico. Punto primo della fenomenologia di Orsini. Il professore accusato  –  vigliaccamente e distorcendo le sue parole bisogna sottolineare – di essere  fascista,  anziché rimarcare il ruolo paralizzante del mito della resistenza e dell’antifascismo, denuncia anche giustamente di essere stato volutamente frainteso per le posizioni assunte sulla guerra russo-ucraina e per queste sue  posizioni che si sta operando sulla sua persona una sorta di ridicola e deformante “reductio ad fascem” ma facendo ciò ribadisce la sua fedeltà ai valori paralizzanti di cui sopra e non gli passa nemmeno per l’anticamera del cervello (l’abbiamo già detto,  gli si concede la buona fede) che per l’Italia è fondamentale il passaggio ad una nuova pedagogia nazionale che si lasci completamente dietro di sé, appunto, il miti confusionari, divisivi e sommamente paralizzanti  dell’antifascismo e della resistenza e che risultano essere un fenomenale compattatore delle classi dirigenti e parassitarie italiane e, in prospettiva storica, nient’altro che una mitologia costruita ad hoc da un’Italia che aveva perso il secondo conflitto mondiale e che necessitava di questa mitologia per accreditarsi pubblicamente presso i vincitori come una nazione rinnovata ed affidabile (nella realtà inconfessabile, certamente affidabile perché col mito dell’antifascismo e della resistenza si rinunciava alla propria sovranità persa con la guerra ma rinnovata proprio no, anzi il mito copriva il fatto che le strutture dello stato erano sempre quelle fasciste – e quali avrebbero potuto essere ? – e gli italiani non erano per natura antifascisti ma, per la maggior parte, fascisti che avevano perso la guerra cui faceva gioco raccontare all’estero ed anche al loro foro interiore che erano sempre stati antifascisti). Punto secondo della fenomenologia di Alessandro Orsini. Non c’è praticamente alcuna pubblica dichiarazione del professore dove egli non si professi ammiratore della democrazia degli Stati Uniti (???) e nel contempo non affermi che l’Italia deve rendersi più autonoma da questi e cercando di fare i propri interessi, imitando, per giunta, proprio gli Stati Uniti dal professore ritenuti maestri nel perseguire il proprio interesse nazionale. Si tratta, come è di tutta evidenza, di una posizione in sé fortemente contraddittoria (perché allora rendersi autonomi da una potenza che promana tanta civiltà democratica?) ed anche antistorica, perché se è vero che gli Stati Uniti sanno fare i loro interessi (e anche questo è tutto da dimostrare, meglio dire che gli Stati Uniti  hanno di volta in volta grande capacità di imporre agli alleati e agli stati clienti – per l’Italia abbiamo già detto che questa è la definizione che meglio si attaglia riguardo al suo rapporto con gli Stati Uniti – la loro politica del momento), bisogna vedere cosa significhi, a livello di politica interna degli Stati Uniti, fare i propri interessi, che negli ultima trent’anni – se facciamo eccezione dell’amministrazione Trump – non è mai stato l’interesse di quella che più o meno si può definire una classe media (cosa che si intuisce importa molto al prof. Orsini) ma solo quello delle grandi corporation. Quindi, per farla breve e per essere benevoli, Orsini fortemente succube del mito americano e non andiamo oltre. Punto terzo. Orsini si definisce grande europeista e, purtroppo, c’è da credere alla sua sincerità, ma si tratta di una sincerità che confligge – e anche su ciò diamo credito ad Orsini sulla sua sincerità e quindi sul suo accecamento – con la sua volontà di voler rendere l’Italia più assertiva ed efficace in politica  estera. L’Unione Europea è nata per la volontà degli Stati Uniti di controllare il Vecchio continente uscito con le ossa rotte dal Secondo conflitto mondiale e, come si vede nella vicenda della guerra russo-ucraina, svolge egregiamente questo ruolo e non c’è molto altro da dire se non riflettere sull’ingenuità del prof. Orsini, ed anche, se proprio si vuole aggiungere una postilla, concordare  con il ragionamento di Orsini in merito al fatto che per la Francia l’Unione Europea è un moltiplicatore di potenza, ma anche sottolineare che, a differenza dell’opinione di Orsini, è assolutamente velleitario pensare che questo moltiplicatore di potenza possa valere anche per l’Italia, per il semplice fatto che per moltiplicare potenza, potenza bisogna avere e siccome la potenza internazione dell’Italia è uguale a zero, hai voglia a moltiplicare… . Quarto e ultimo punto. Orsini sostiene che l’Italia è un satellite degli Stati Uniti. Errore, grosso errore, errore da sottolineare con la matita blu. L’Italia non è un satellite degli Stati Uniti, perché com’è noto in astronomia, un satellite esercita una sua forza di gravità sul corpo celeste maggiore che va sotto il nome di pianeta, e usando quindi nella relazione di potenza fra Stati Uniti ed Italia la metafora del satellite, ciò vorrebbe dire che l’Italia esercita una pur minima influenza sugli Stati Uniti, ma questo è empiricamente smentito dai fatti, ricevendo l’Italia passivamente e servilmente i desiderata degli Stati Uniti senza portar un pur minimo contributo autonomo agli stessi (vedi sempre guerra russo-ucraina con la ridicolaggine che l’Italia è letteralmente indemoniata nel dire che bisogna fare a meno del gas russo, dimenticando il piccolo dettaglio che essa è la nazione occidentale che più dipende dallo stesso. In realtà l’Italia non è uno stato satellite degli Stati uniti come possono esserlo la Francia, la Germania o la Gran Bretagna, l’Italia è uno stato cliente degli Stati Uniti, dove, come nell’antica Roma, noi attribuiamo a questo termine il significato di uno stato che ha formale personalità giuridica internazionale e formale libertà di scegliersi al suo interno i propri governanti, ma che non solo in materia di difesa militare ma anche in quella delle scelte economiche vitali per il benessere della sua popolazione non può e non deve avere alcuna parola se non quella che direttamente le viene trasmessa dalla nazione con la quale è formalmente alleata ma, nella realtà, completamente sottomessa militarmente ed economicamente (rinuncia al gas russo per ordine degli Stati Uniti anche se questo può uccidere la nostra economia; aumento, sempre su direttiva degli Stati Uniti, delle spese militari per l’Italia anche se questo rischia di far schizzare la già nostra disastrata spesa pubblica, sempre su ordine diretto degli Stati Uniti, invio di armi all’Ucraina, anche se questo ci espone al rischio di essere la prima vittima sacrificale di una ritorsione nucleare da parte della Russia. I Romani con i regni clientes si comportavano esattamente come gli Stati Uniti con noi italiani: prelevavano soldati per le legioni, depredavano i territori dei regni clientes delle risorse minerarie, agricole ed umane, cioè, oltre ai soldati, imponevano de facto  presso costoro anche la fornitura di schiavi oltre quelli che già si procacciavano con la diretta brutale violenza dagli stati debellati tout court dalla loro forza militare). L’interesse della fenomenologia testé tratteggiata  è data dal fatto che col prof. Orsini ci troviamo di fronte ad uno studioso  –  contrariamente alla stragrande maggioranza  degli esponenti del circo intellettual-mediatico mainstream palesemente in malafede e/o talmente istupidito dal crollo delle ideologie novecentesche che “tout va très bien madame la marquise” –   che pur possedendo realmente una competenza geopolitica e pur volendo sinceramente far valere questa competenza a beneficio della nazione cui appartiene, non è riuscito ad acquisire quella necessaria souplesse che gli consenta di sbarazzarsi con decisione di tutti quegli idola fori  del c.d. Occidente che permettono ai gruppi alfastrategici di questo fantomatico e fantasmagorico Occidente di prevalere senza alcuno sforzo sui gruppi omegastrategici che vengono letteralmente privati della loro capacità critica e di autoconservazione vitale tramite l’uso   parareligioso della mitologia dei diritti dell’uomo e della c.d. democrazia rappresentativa (in Italia, sottomiti e diretta gemmazione del mito principale, mito dell’antifascismo presente anche all’estero ma mito dei vincitori per imporre la loro volontà di potenza agli sconfitti mentre in Italia è il mito degli sconfitti e per imporre la volontà di potenza delle classi egemoni sulle classi subalterne e mito della resistenza, anche questo presente all’estero ma in Italia particolarmente farlocco ed arma di “distrazione di massa” a totale detrimento, come nel primo caso, dei gruppi omegastrategici), democrazia e diritti dell’uomo che, secondo questo racconto mitologico, non solo dovrebbero essere imposti sui popoli che non ne vogliono sentire parlare ma, addirittura, dovrebbero essere la chiave di spiegazione universale per interpretare e giudicare le vicende storiche, culturali ed esistenziali dell’Umanità (e se l’imposizione è segno di mentalità imperialista mai morta, e questo passi,  scagli la prima pietra di chi non è mai stato imperialista magari solo sul piano personale, la spiegazione dell’avventura umana lungo le rotaie dei diritti umani e della democrazia quando non di malafede, è veramente segno di profonda ingenuità). In conclusione. Speriamo che la fenomenologia del prof. Orsini, pur segno a nostro giudizio, di buona volontà e anche di buone conoscenze in fatto di geopolitica, possa subire una sua evoluzione verso posizioni più mature ed adulte, speriamo cioè che il segno molto evidente della “fatica del concetto” rappresentato da questo studioso possa portare ad una Epifania Strategica non solo riservata a gruppi ristretti di intellettuali che pur onesti, si lasciano ancora abbindolare dagli idola fori liberaldemocraticistici lasciatici in eredità dal secondo dopoguerra ma anche ad un aumento dell’intelligenza collettiva che, per quanto non nutrita da approfondite conoscenze nelle masse, avverta  e sappia finalmente riconoscere quando i gruppi alfastrategici  tirano fuori le loro  supercazzole ideologiche per fregare gli omegastrategici nel sempiterno conflitto strategico fra gruppi con diverso livello di potere, una fregatura che oggi potrebbe avere come posta in gioco la distruzione dei gruppi omegastrategici stessi attraverso le prime fasi di un conflitto nucleare, prime fasi verso le quali i gruppi dirigenti avrebbero, c’è da scommetterlo, l’intelligenza e le risorse per mettersi al riparo in tempo mentre per i gruppi omegastrategici non ci sarebbe alcuno scampo se non raccomandare l’anima all’Altissimo (su questo punto Orsini è molto lucido: in polemica con Cacciari, per lui la guerra nucleare non significa distruzione di tutta l’Umanità ma, almeno all’inizio, distruzione delle classi più basse e subalterne della società: opinione banale, se vogliamo, ma di una banalità che è segno anche di anticonformismo e profondo realismo politico e sociale). Intanto, per quanto ci riguarda, teniamoci ben stretto, come il nostro (ed altrui, ce lo auguriamo) bene più prezioso la chiarezza terminologica e concettuale riguardo la condizione dell’Italia: l’Italia è stato cliente degli Stati Uniti e, come precedentemente detto, lungo questa consapevolezza si accettano suggerimenti, e perché no? anche dal nostro simpatico seppur non sempre del tutto conseguente prof. Orsini, al quale, comunque, va tutta la nostra solidarietà per i vili e stupidi attacchi ai quali è stato oggetto che testimoniano della sua libertà di studioso e che, ci auguriamo, porti ad una positiva evoluzione del suo pensiero. 

Stati Uniti! Turbolenze interne e avventure esterne_con Gianfranco Campa

Una amministrazione e una compagine politica in crescente difficoltà. Il tentativo di recuperare una narrazione che riesca ad attirare almeno in parte i consensi nel ceto medio professionale americano migrato ormai nell’area repubblicana. L’impossibilità di far corrispondere alle parole i fatti. La percezione che gli equilibri interni e il dominio degli attuali centri decisori siano ormai scossi definitivamente dal consolidamento della fase multpolare. Un mix esplosivo che sta spingendo i centri decisori verso scelte di vero e proprio avventurismo militare e di pura provocazione. La guerra in Ucraina è solo un momento di uno stillicidio sempre più frenetico. Il viaggio della famiglia reale di Giordania e di Mario Draghi negli Stati Uniti, l’opzione di ulteriore riarmo del Kossovo offrono qualche indizio sulle pedine più solerti e disponibili ad essere utilizzate in questa strategia della tensione continua e sulla geografia di questi futuri esercizi temerari. Le élites stanno cogliendo il punto di svolta e cominciano ad adeguarsi alla nuova realtà e ad approfittare delle nuove opportunità. E’ tempo di sollevare gli sguardi e uscire dall’apatia. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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