L’Asia Centrale, un crocevia storico tra Oriente e Occidente, si trova al centro di un rinnovato e intenso gioco geopolitico. Le cinque nazioni della regione – Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan – affrontano sfide significative, tra cui una notevole vulnerabilità ai cambiamenti climatici. Nonostante queste difficoltà, la regione è diventata un’arena di crescente interesse per le potenze mondiali, attratte in gran parte dalle sue vaste risorse minerarie essenziali per le tecnologie energetiche pulite e dalla sua posizione strategica. In questo contesto, mentre Russia e Cina godono attualmente di un predominio economico, l’interesse e l’impegno di altre potenze come l’Europa, gli Stati Uniti, il Giappone e la Turchia stanno intensificando la competizione per l’influenza regionale.
Il predominio economico di Russia e Cina
La presenza economica di Russia e Cina in Asia Centrale è radicata e profonda, derivante da legami storici, geografici e strategici.
La crescente influenza economica della Cina
La Cina è emersa come il principale partner commerciale dell’Asia Centrale, con un’influenza che si estende attraverso la sua ambiziosa Belt and Road Initiative (BRI). Questa colossale iniziativa infrastrutturale, lanciata nel 2013, mira a rivitalizzare le antiche rotte commerciali della Via della Seta, collegando la Cina all’Europa attraverso l’Asia Centrale. La BRI ha portato investimenti massicci in infrastrutture di trasporto e connettività, con oltre 112 progetti finanziati in Asia Centrale. Ad esempio, il Kazakistan potrebbe beneficiare di miliardi di dollari in tasse di transito annuali grazie al passaggio di merci attraverso il suo territorio The Impact of China’s Belt and Road Initiative on Central Asia and the South Caucasus.
Gli investimenti cinesi si concentrano anche sull’estrazione di risorse naturali e sulla produzione, attratti dalle abbondanti riserve energetiche della regione. La Cina ha investito pesantemente in gasdotti come la pipeline Cina-Asia Centrale per importare gas naturale dalla regione, con il Turkmenistan che ha rappresentato circa il 70% delle importazioni di gas cinesi dall’Asia Centrale nel 2021. Inoltre, la Cina importa circa il 25% della produzione totale di petrolio del Kazakistan China’s BRI in Central Asia & Its Impact: An Appraisal of the 10 Years. – F1000Research. L’obiettivo di Pechino è promuovere lo sviluppo sostenibile attraverso l’innovazione e la cooperazione nelle tecnologie energetiche, come dimostrato dalla firma dell’Alleanza Cina-Asia Centrale per l’Innovazione Energetica ed Elettrica. L’approccio cinese è spesso pragmatico e focalizzato sull’economia, evitando di legare gli aiuti a condizioni di governance o diritti umani, il che lo rende attraente per molti regimi della regione.
Il coinvolgimento energetico e storico della Russia
La Russia mantiene un’influenza di lunga data in Asia Centrale, dovuta ai legami storici ereditati dall’era sovietica e alla sua continua presenza attraverso organizzazioni come la Comunità degli Stati Indipendenti (CSI). Mosca rimane un attore cruciale nel gioco dell’influenza regionale, in particolare nel settore energetico. Dopo il calo della domanda europea a seguito dell’inizio della guerra in Ucraina, la Russia ha intensificato le esportazioni di gas verso il Kazakistan e l’Uzbekistan nel 2023. L’Uzbekistan, pur avendo una propria industria del gas, importa gas russo per soddisfare la crescente domanda interna, consentendo a Tashkent di continuare a esportare gas in Cina The Time Is Now For Kazakhstan to Achieve Energy Independence From Russia.
L’influenza russa si manifesta anche attraverso la partecipazione al settore minerario e nucleare, con Mosca che controlla una quota significativa della produzione di uranio del Kazakistan e si propone come fornitore di tecnologia nucleare Playing both sides: Central Asia between Russia and the West | Chatham House. Sebbene la Russia stia cercando nuove rotte di esportazione del gas, inclusa la possibilità di un gasdotto verso la Cina attraverso il Kazakistan, ha incontrato ostacoli significativi, con la Cina che ha respinto l’idea a causa della capacità limitata e dei costi elevati China spikes Gazprom gas export plan in Central Asia – Eurasianet. Questo evidenzia la complessità delle dinamiche tra le due potenze dominanti.
La competizione in crescita da parte di altre potenze
Nonostante il vantaggio economico di Russia e Cina, un’ampia gamma di potenze sta dedicando maggiore attenzione all’Asia Centrale. Questa crescente attenzione è motivata dalla necessità di diversificare le catene di approvvigionamento, accedere a minerali critici e promuovere i propri valori e interessi strategici. La volontà delle leadership centroasiatiche di coinvolgere un ventaglio più ampio di attori è evidente nell’ottica di politica multivettoriale.
L’Impegno dell’uEropa e l’iniziativa Global Gateway
L’interesse dell’Europa per l’Asia Centrale si è intensificato dopo l’invasione russa dell’Ucraina, spinta dalla necessità di diversificare le catene di approvvigionamento globali, in particolare per le transizioni verde e digitale. L’Unione Europea ha ospitato il suo primo vertice con l’Asia Centrale, durante il quale ha presentato la sua agenda incentrata su quattro aree chiave del programma Global Gateway. Questa iniziativa, con un’erogazione di circa 300 miliardi di euro a livello globale fino al 2027, mira a investire in energia sostenibile, materie prime essenziali, connettività digitale e trasporti Global Gateway: Commissioner Síkela reinforces EU-Central Asia partnership to boost prosperity – European Commission.
Nell’ambito del Global Gateway, l’UE ha promosso la trasformazione digitale del Kirghizistan e il rafforzamento economico del Turkmenistan, sostenendone l’adesione all’Organizzazione Mondiale del Commercio. Un impegno chiave è la promozione di una Rotta Internazionale di Trasporto Transcaspica (Corridoio Centrale) via terra e via mare, che attraversa l’Asia Centrale, il Mar Caspio, il Caucaso meridionale e la Turchia. L’UE ha destinato 10 miliardi di euro (10,8 miliardi di dollari) per rafforzare questo corridoio, mirando a renderlo un’alternativa vitale alla tradizionale Rotta Settentrionale che attraversa la Russia EU Aims To Elevate Ties With Central Asia At Landmark Samarkand Summit. Il pacchetto di investimenti dell’UE per l’Asia Centrale ammonta a 13,2 miliardi di dollari, con priorità su connettività, clima, energia e acqua EU Launches US$13.2 Billion Package for Central Asia at Historic Samarkand Summit.
L’approccio degli Stati Uniti
L’engagement degli Stati Uniti con l’Asia Centrale è in fase di ricalibrazione, con un crescente focus sulla sovranità, l’investimento e l’interconnettività regionale. Tradizionalmente, la politica statunitense si è concentrata sulla promozione della democrazia, ma vi è un riconoscimento crescente della necessità di un approccio più pragmatico che dia priorità a partenariati economici e di sicurezza. La regione è vista come strategica per la competizione geopolitica e l’accesso a risorse critiche come uranio, terre rare e litio Special Report: An American Strategy for Greater Central Asia.
Gli Stati Uniti mirano a creare un ambiente stabile e a garantire l’accesso aperto nella Grande Asia Centrale, favorendo gli investimenti americani attraverso partnership tecnologiche e lo sviluppo delle risorse. Sono state proposte iniziative per creare un Consiglio Commerciale USA-Grande Asia Centrale non governativo per assistere nell’integrazione economica regionale e stabilire un Quadro di Sicurezza Regionale incentrato sulla condivisione di intelligence e la cooperazione antiterrorismo. L’incontro storico tra i presidenti dell’Asia Centrale e il Presidente degli Stati Uniti nel settembre 2023, a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha segnato un passo importante nell’intensificazione del dialogo Special Report: An American Strategy for Greater Central Asia.
Il dialogo “Asia Centrale più Giappone”
Il Giappone ha un’influenza positiva di lunga data nella regione, essendo stato un importante donatore di aiuti per gran parte del periodo successivo alla Guerra Fredda. Tokyo sta rafforzando i suoi legami attraverso il dialogo “Asia Centrale Più Giappone”, un quadro per promuovere la cooperazione tra il Giappone e i cinque paesi dell’Asia Centrale.
Questo dialogo include riunioni a livello di ministri degli Esteri e “Tokyo Dialogue” con la partecipazione di esperti e professionisti “Central Asia plus Japan” Dialogue.
Il Giappone si concentra su temi come la connettività, in particolare per le nazioni senza sbocco sul mare dell’Asia Centrale, e promuove lo sviluppo sostenibile e la stabilità. Attraverso questo dialogo, il Giappone cerca di rafforzare la cooperazione in vari settori, inclusi gli aspetti tecnici e la condivisione di conoscenze sulle applicazioni digitali. L’approccio giapponese è spesso percepito come meno “aggressivo” rispetto a quello di altre potenze, concentrandosi sulla partnership e lo sviluppo a lungo termine Twelfth Tokyo Dialogue of “Central Asia plus Japan” Dialogue on “Connectivity with Central Asia and the Caucasus”. | Ministry of Foreign Affairs of Japan.
L’ambizione della Turchia e l’Organizzazione degli Stati Turcici
Anche la Turchia è una potenza in lizza per una posizione più influente in Asia Centrale, condividendo una tradizione culturale e linguistica comune con la regione. L’Organizzazione degli Stati Turcici, che include Turchia, Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan e Turkmenistan, serve come piattaforma per rafforzare i legami e la cooperazione.
Una delle iniziative più recenti della Turchia nella regione è un nuovo accordo sul gas naturale che prevede che il Turkmenistan spedisca gas naturale attraverso l’Iran verso la Turchia. Le forniture di gas sono iniziate il 1° marzo 2025. Questo accordo strategico, pur con volumi iniziali relativamente piccoli, segna un passo importante per la Turchia nella diversificazione delle sue fonti di approvvigionamento energetico e per il Turkmenistan nell’espansione dei suoi mercati di esportazione Turkey Secures a New Gas Agreement with Turkmenistan – energynews.
La Turchia mira a rafforzare la sua posizione come hub energetico regionale, e questo accordo si allinea con le sue ambizioni geopolitiche più ampie all’interno dell’Organizzazione degli Stati Turcici, fungendo da contrappeso al dominio russo e cinese nel panorama energetico dell’Asia Centrale Strategic Cooperation Between Turkey and Turkmenistan Gains Momentum.
Conclusione
In sintesi, mentre Russia e Cina detengono un chiara posizione di vantaggio nell’Asia Centrale, la competizione per l’influenza nella regione è destinata a intensificarsi. Le nazioni dell’Asia Centrale, con le loro vaste riserve di minerali critici e la loro posizione strategica, sono sempre più consapevoli dell’importanza di coinvolgere una gamma diversificata di potenze. L’Europa, gli Stati Uniti, il Giappone e la Turchia stanno raddoppiando i loro sforzi diplomatici ed economici, portando avanti agende che spaziano dalla promozione della democrazia all’integrazione economica regionale, dallo sviluppo delle infrastrutture energetiche alla diversificazione delle rotte commerciali. Questo “nuovo grande gioco” non solo rimodellerà il panorama geopolitico dell’Asia Centrale, ma avrà anche implicazioni significative per le catene di approvvigionamento globali e la transizione energetica mondiale. La volontà delle nazioni centroasiatiche di mantenere una politica estera multipolare suggerisce che la regione rimarrà un epicentro di complesse dinamiche di potere per gli anni a venire. In questo contesto è importante la presenza dell’Italia che ha programmato un viaggio del Presidente del consiglio in Asia Centrale, ma rinviato, finalizzato ad accrescere il ruolo del nostro paese che già sperimenta una formula diplomatica innovativa di coordinamento denominata C5+1.
Scopri la realpolitik dietro la crescita della NATO, la reazione russa e gli errori strategici che hanno rimodellato l’equilibrio di potere in Europa (e innescato la guerra).
L’espansione della NATO dopo la Guerra Fredda fu una scommessa strategica (non una vittoria morale) presa senza fare i conti con la logica duratura della politica di equilibrio di potere.
La risposta della Russia all’avanzata della NATO verso est non è stata aberrante, bensì prevedibile: una classica reazione delle grandi potenze alla riduzione delle zone cuscinetto e all’erosione della loro influenza.
Gesti superficiali di inclusione mascheravano un’esclusione più profonda: a Mosca non è mai stato offerto un posto di vero potere all’interno dell’architettura di sicurezza occidentale.
La tragedia geopolitica dell’Ucraina non risiede nelle sue scelte ma nella sua geografia: è fatalmente stretta tra blocchi di sicurezza rivali con imperativi incompatibili.
I politici occidentali hanno scambiato il predominio temporaneo per ordine permanente, ignorando i vincoli geopolitici in favore dell’ambizione ideologica.
Il ritorno del conflitto in Europa sottolinea la verità fondamentale del realismo: la pace non si preserva con la virtù, ma con l’equilibrio, la moderazione e la chiarezza strategica.
La narrazione dell’espansione della NATO dopo la Guerra Fredda, spesso celebrata come un trionfo dei valori democratici liberali e il costante progresso di un ordine internazionale basato su regole, deve essere reinterpretata con un’analisi più acuta. Non fu il culmine naturale di un arco morale che si snodava verso la pace universale, ma una calcolata manovra strategica intrapresa nel mezzo di una profonda errata interpretazione della realtà sistemica. Non fu una storia di integrazione benevola ostacolata dall’intransigenza russa, né una progressione lineare verso un futuro cooperativo interrotta da una ricaduta autoritaria. Piuttosto, fu un momento in cui gli Stati Uniti, in quanto egemone incontrastato dell’ordine post-Guerra Fredda, scambiarono una fugace finestra di vantaggio unipolare per un riallineamento permanente della politica mondiale. Confusero opportunità con inevitabilità e, così facendo, confusero le proprie preferenze ideologiche con necessità strategiche. Il risultato non fu un superamento della politica di potenza, ma la sua mutazione e il suo ritorno in forme più volatili. L’espansione della NATO non fu un fallimento morale; Si è trattato di un’azione strategica intrapresa senza la dovuta considerazione del fondamentale principio realista dell’equilibrio, che governa il comportamento in un sistema internazionale anarchico. Aggirando questa logica, l’espansione ha gettato le basi per lo stesso scontro geopolitico che intendeva prevenire.
Nel quadro del realismo politico, il potere non è un bene discrezionale, ma la moneta di scambio essenziale per la sopravvivenza. Il sistema internazionale è definito dall’assenza di un’autorità centrale in grado di far rispettare le regole in modo imparziale: anarchia in senso strutturale. Questa condizione obbliga tutti gli Stati, indipendentemente dal tipo di regime, a dare priorità all’interesse nazionale, all’integrità territoriale e alla sicurezza rispetto all’allineamento ideologico. Gli Stati devono considerare gli altri non attraverso la lente dei valori condivisi, ma come potenziali minacce alla propria autonomia. In queste condizioni, la sicurezza non può essere data; deve essere assicurata, spesso a spese di attori rivali. L’avanzata della NATO nell’Europa centrale e orientale, vista da questa prospettiva, non è stata un atto benigno di allargamento dell’alleanza, ma un riposizionamento strategico che ha ristrutturato il panorama della sicurezza europea in modi che hanno inevitabilmente minato la profondità strategica russa. Ogni nuovo Stato membro ha avvicinato progressivamente l’infrastruttura militare della NATO ai confini russi, riducendo la zona cuscinetto geografica su cui Mosca aveva storicamente fatto affidamento per la difesa e la deterrenza. Nella logica della competizione tra grandi potenze, la prossimità geografica alle capacità di proiezione di forza rivali non è una preoccupazione astratta; è una vulnerabilità tangibile.
Le interpretazioni internazionaliste liberali che puntano a gesti di inclusione, come il Partenariato per la Pace o i forum consultivi con la Russia, non riescono a cogliere gli imperativi strutturali della politica di potenza. Queste iniziative erano diplomaticamente simboliche ma strategicamente superficiali. Da una prospettiva realista, la partecipazione al dialogo senza una corrispondente influenza nelle strutture decisionali fondamentali non costituisce un’integrazione significativa. La Russia, come ogni grande potenza storicamente significativa, ha capito che la vera sicurezza e il vero status derivano non da gesti retorici, ma da un’influenza tangibile, in particolare da un posto al tavolo delle trattative e da un diritto di veto sulle decisioni che riguardano interessi vitali. L’idea che la Russia potesse essere integrata nella NATO era più un artificio retorico che un piano strategico serio, fondamentalmente in contrasto con la logica istituzionale dell’alleanza. La coesione della NATO dipende da un confine chiaramente definito tra i membri (a cui è garantita la difesa reciproca) e i non membri (a cui non è garantita). Incorporare un ex rivale delle dimensioni della Russia avrebbe eroso proprio questo confine e compromesso la coerenza operativa della NATO. Pertanto, escludere la Russia era funzionalmente inevitabile. Tuttavia, agire in questo modo senza fornire un ruolo strategico compensativo avrebbe garantito un’eventuale opposizione.
Attribuire l’assertività geopolitica della Russia esclusivamente alla sua traiettoria autoritaria interna significa confondere la forma politica di uno Stato con il suo comportamento strategico. L’autoritarismo può influenzare il modo in cui uno Stato conduce la sua politica estera (la sua tolleranza al rischio, la sua legittimazione interna dei conflitti esterni), ma non determina perché uno Stato cerchi di modificare il suo ambiente esterno. Questa logica è radicata nella geografia, nella distribuzione del potere e nella percezione della minaccia. La riaffermazione dell’influenza della Russia nei suoi confini vicini non è stata una deviazione dalle norme di comportamento internazionale; è stata un’espressione classica della politica delle grandi potenze in risposta alla percepita erosione dell’isolamento strategico. L’incapacità dei leader occidentali di prevedere tale risposta non è dovuta a informazioni errate, ma a una visione del mondo che aveva prematuramente relegato la politica di potenza al passato. Non si è trattato semplicemente di un errore di calcolo strategico, ma di un errore epistemologico: un presupposto che le norme avessero sostituito gli interessi e che la storia avesse ceduto il passo all’istituzionalismo liberale. L’illusione che ne derivava, secondo cui la Russia avrebbe accettato indefinitamente uno status marginale e marginale, ignorava la natura ciclica dell’ordine internazionale. Le grandi potenze spesso praticano la pazienza strategica, ma raramente la capitolazione strategica.
In questo contesto, l’Ucraina non era semplicemente una nazione sovrana che esercitava la propria volontà democratica; era uno Stato cardine geopolitico, il cui allineamento aveva profonde implicazioni per l’equilibrio di potere regionale. La sua tragedia risiedeva nei rigidi vincoli imposti dalla sua geografia, situata tra un Occidente militarmente dominante e un Oriente in ripresa. Per l’Ucraina, il perseguimento dell’integrazione occidentale non era una scelta astratta; era una rottura strutturale. Il passaggio all’allineamento con la NATO e l’UE ha messo in discussione la percezione di lunga data della Russia dell’Ucraina come zona cuscinetto essenziale per la propria sicurezza e influenza. Sebbene il diritto dell’Ucraina di determinare le proprie alleanze sia indiscutibile in senso giuridico, le conseguenze geopolitiche di questa scelta erano del tutto prevedibili. La Russia non poteva tollerare un’Ucraina allineata all’Occidente senza subire una grave diminuzione della sua influenza regionale e un crollo della sua profondità strategica. L’annessione militare della Crimea e la destabilizzazione dell’Ucraina orientale non erano anomalie. Erano risposte da manuale da parte di una grande potenza che cercava di riaffermare il controllo su uno spazio strategico chiave. Brutalità e illegalità a parte, il comportamento ha aderito alla logica della necessità geopolitica.
Il dibattito in corso, teso ad attribuire responsabilità morali (sia all’eccesso di potere occidentale che all’aggressione russa), oscura più di quanto riveli. Riduce complesse interazioni strategiche a questioni di colpa e legittimità, anziché concentrarsi sui meccanismi attraverso cui i dilemmi di sicurezza si aggravano. Nel realismo, la causalità è intesa in termini di struttura e comportamento, non di categorie morali. La guerra in Ucraina non è stata causata dalla malevolenza di un singolo attore, ma dall’intersezione di architetture di sicurezza incompatibili: la logica espansionistica di un ordine liberale sostenuto dalla potenza americana e la contro-mobilitazione di una grande potenza determinata a non essere messa da parte in modo permanente. Chiarire questa dinamica non assolve nessuna delle parti; consente una comprensione più precisa di come agiscono gli Stati quando sono costretti a scegliere tra adattamento e irrilevanza.
La lezione più profonda non è che la NATO avrebbe dovuto astenersi del tutto dall’espansione, ma che avrebbe dovuto farlo in un quadro che tenesse conto della perdurante rilevanza delle dinamiche di equilibrio di potere. L’inclusione strategica, la condivisione del potere o persino una sfera d’influenza negoziata avrebbero potuto preservare la coesione occidentale, disinnescando al contempo l’insicurezza russa. Invece, l’espansione è proseguita come se la sconfitta dell’Unione Sovietica avesse estinto la logica geopolitica dell’Eurasia. Questa arroganza, che scambiava il predominio per stabilità, ha fatto sì che la vecchia logica tornasse con rinnovata forza. Un sistema che marginalizza le grandi potenze non porta alla pace; genera resistenza. È stato proprio questo rifiuto di conciliare l’espansione occidentale con la necessità di un accomodamento sistemico a rendere lo scontro non solo possibile, ma probabile.
Il paradosso è chiaro. Nel suo tentativo di andare oltre i vincoli della competizione geopolitica, l’ordine internazionale liberale ha ravvivato proprio gli antagonismi che cercava di trascendere. La sua strategia di integrazione universale non è riuscita a riconoscere che potere, interessi e geografia governano ancora i termini dell’ordine. E ora, di fronte non solo a una Russia in ripresa ma anche a una Cina in sistematica ascesa, l’Occidente deve fare i conti ancora una volta con la fondamentale intuizione realista: ogni proiezione di potenza genera contropotere; ogni espansione invita a una contro-coalizione. In un sistema anarchico, la sicurezza è posizionale, non assoluta. La difesa di uno Stato è sempre la vulnerabilità di un altro. Questo non è cinismo; è consapevolezza strutturale. Il realismo non consiglia la disperazione; insiste sulla lucidità. La pace non è il prodotto della buona volontà, ma della moderazione, dell’equilibrio e dell’attenta gestione della rivalità. E quando questi elementi vengono trascurati (quando il potere viene esteso senza accomodamenti) il conflitto non è una sorpresa; è la correzione naturale del sistema.
Un colloquio con Alexander Vindman sul suo nuovo libro “La follia del realismo”. Il suo libro esplora la preparazione all’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022, la politica degli Stati Uniti e le implicazioni della guerra.
Un compendio dei principi ispiratori e delle motivazioni che hanno guidato le politiche aggressive delle leadership demo-neoconservatrici nel mondo e in particolare contro la Russia. Un rovesciamento strabiliante della realtà cui porta inesorabilmente una visione dogmatica. Un vicolo cieco dal quale difficilmente riusciranno a cavarsi le attuali classi dirigenti occidentali. Giuseppe Germinario
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L’Ucraina è attualmente un terreno di prova per l’aggressione russa, ma questo terreno può spostarsi in Moldavia, in Lettonia, in Finlandia e oltre, nel Pacifico, in Cina e a Taiwan. Se ciò dovesse accadere, avremo bisogno di un modo duro e chiaro di rispondere. A tal fine, abbiamo bisogno di una visione condivisa: una base per riflettere sulle nostre risposte, ben prima del momento in cui sarà necessaria un’azione decisiva. Alexander Vindman, La follia del realismo
Di recente ho avuto l’opportunità di leggere l’eccellente nuovo libro di Alexander Vindman, The Folly of Realism.
Nel 2019, Alexander Vindman è stato tenente colonnello dell’esercito degli Stati Uniti con l’incarico di direttore del Consiglio di sicurezza nazionale per l’Europa orientale, il Caucaso e la Russia. Come ha descritto in seguito le sue responsabilità, “il mio ruolo era quello di coordinare tutte le politiche diplomatiche, informative, militari ed economiche per la regione, attraverso tutti i dipartimenti e le agenzie governative”.
Nel luglio di quell’anno, nell’ambito delle sue mansioni, Vindman ha ascoltato una telefonata tra il presidente ucraino, Volodymyr Zelenskyy, e il primo presidente Trump. Durante la telefonata, Trump ha chiesto a Zelenskyy di trovare prove incriminanti contro la famiglia Biden.
Vindman si è trovato di fronte a un enorme dilemma morale. Mantenere la segretezza delle comunicazioni presidenziali era più importante che riferire ciò che riteneva fosse una richiesta altamente impropria da parte di un presidente in carica affinché un governo straniero indagasse su un cittadino statunitense e un avversario politico? Ha preso la decisione moralmente coraggiosa di riferire la telefonata.
Da allora la vita di Vindman ha preso una traiettoria diversa.
Non molto tempo dopo essersi ritirato dall’esercito americano, Alexander ha pubblicato il suo libro, Here Right Matters. Si trattava della storia della sua infanzia, del suo servizio nell’esercito statunitense e del suo servizio nel Consiglio di sicurezza nazionale fino a quella telefonata del luglio 2019.
Il suo ultimo libro, che è diventato un bestseller del New York Times, esamina la politica americana nei confronti della Russia e dell’Ucraina. È anche un’esplorazione delle svolte della politica statunitense verso la Russia dalla fine della Guerra Fredda, oltre che una lezione sulla storia moderna dell’Ucraina.
Vindman sostiene che dalla fine della Guerra Fredda, l’America ha dato priorità alle relazioni con la Russia a scapito di quelle con l’Ucraina. Ciò ha comportato l’accettazione degli attacchi russi all’Ucraina, giustificati dalla filosofia del “realismo”, una teoria sostenuta da John Mearsheimer che sostiene che gli Stati Uniti devono impegnarsi nel perseguimento a sangue freddo dei propri interessi nazionali. Relazioni stabili con grandi potenze come la Russia e la Cina hanno la priorità sulle esigenze delle nazioni più piccole.
In The Folly of Realism, Vindman propone che questo approccio ha palesemente fallito con la Russia e probabilmente fallirà anche con la Cina. Un approccio alternativo proposto da Vindman è quello di adottare la politica che Ben Tallis ha recentemente descritto come neo-idealismo. Come ha scritto Tallis a proposito di questo concetto:
Si tratta di un approccio che può non solo difendere, ma anche rinnovare le nostre società libere e contribuire a diffonderne i valori. Il primo pilastro, il primato dei valori, riflette l’approccio alla geopolitica basato sulla morale del neo-idealismo, che concepisce i valori liberaldemocratici fondamentali come ideali a cui tendere e li considera i nostri interessi più fondamentali. Da questo primato di valori deriva la necessità di: prontezza militare, internazionalismo efficace, realismo geoeconomico, dinamismo inclusivo, modernizzazione ecologica, futurismo democratico e coesione sociale. Combinando questi principi, il neo-idealismo offre un approccio che affronta le minacce interne ed esterne alle nostre democrazie e ci permette di sfruttare le varie fonti del nostro potere.
Vindman scrive nel suo libro a proposito di questo concetto che:
Più in linea con i valori americani rispetto al realismo, e più letteralmente realistico nel raggiungere la stabilità a lungo termine e nel garantire gli interessi vitali americani, il neo-idealismo sta emergendo come un nuovo modo di pensare alle relazioni estere… Il neo-idealismo si discosta quindi nettamente dai recenti approcci alla politica estera che apparentemente rifiutano le basi transazionali a breve termine del realismo, ma che si sono rivelati, alla fine, semplicemente fantasiosi, spesso con risultati disastrosi.
Per approfondire il libro, di recente ho posto diverse domande all’autore. Di seguito potete leggere le sue risposte.
1. Il libro è in gran parte il prequel dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia del febbraio 2022. Può spiegare perché ha deciso di trattare gli antefatti della guerra (visto che è iniziata nel 2014) piuttosto che gli aspetti successivi al febbraio 2022?
Ho scritto questo libro per capire come siamo arrivati a un momento così tragico e destabilizzante negli affari globali. L’invasione su larga scala del 2022 non è iniziata nel vuoto: è stata il culmine di decenni di decisioni, errori di calcolo e politiche permissive. È impossibile comprendere le dinamiche dell’attuale guerra senza esaminare le storie intrecciate dell’Ucraina e della Russia e le politiche perseguite dagli Stati Uniti, dai suoi alleati europei e dalla stessa Russia dopo la Guerra Fredda.
Per oltre 35 anni, le amministrazioni statunitensi che si sono succedute, sia democratiche che repubblicane, hanno perseguito una politica “Russia First” che ha di fatto ceduto a Mosca una sfera di influenza sui nuovi Stati indipendenti dell’Europa orientale e dell’Eurasia. Invece di promuovere una strategia globale basata su valori condivisi e su un allineamento strategico a lungo termine, l’Occidente ha scelto la stabilità a breve termine e la diplomazia transazionale. Questo approccio ha sostenuto le ambizioni egemoniche della Russia ed è stato giustificato da una combinazione di ottimismo mal riposto sul fatto che la Russia si sarebbe “normalizzata” e dal timore di un caos geopolitico o di una nuova rivalità in caso di collasso della Russia.
Queste politiche occidentali mancavano di determinazione strategica e hanno contribuito a radicare l’Ucraina in una zona grigia geopolitica – tenuta fuori dalla NATO ma inequivocabilmente staccata dall’orbita di Mosca. La mia decisione di concentrarmi sul periodo 1991-2022 riflette anche le mie esperienze personali e professionali: Ho prestato servizio militare durante la Rivoluzione arancione e ho lavorato presso l’Ambasciata degli Stati Uniti a Kiev dal 2009 al 2010 e presso l’Ambasciata a Mosca durante il periodo di Euromaidan. Ho osservato in prima persona i cambiamenti politici e strategici che hanno dato forma alla svolta verso ovest dell’Ucraina e alla crescente belligeranza della Russia.
Questo libro parla dei segnali di allarme che ci sono sfuggiti e dei fallimenti politici che non dobbiamo ripetere. Sebbene la guerra dal 2022 abbia giustamente attirato un’immensa attenzione, il mio obiettivo è aiutare i lettori a comprendere le radici più profonde dell’aggressione russa, la resistenza duratura dell’Ucraina e il ripetuto fallimento dell’Occidente nel dissuadere Mosca.
2. Lei conduce un esame dettagliato e molto equilibrato dell’Ucraina nel periodo precedente l’invasione russa del 2022. Perché ritiene che questo contesto sia importante per comprendere il corso della guerra?
Nei mesi precedenti l’invasione, ho sollecitato privatamente l’amministrazione Biden e pubblicamente le sanzioni, il cambio di posizione in Europa e la necessaria assistenza militare all’Ucraina. Vedevo la guerra in arrivo con una chiarezza che, purtroppo, mancava a molti nell’establishment della sicurezza nazionale. Questa lungimiranza non derivava da congetture, ma dalla comprensione degli imperativi e delle percezioni della Russia.
La Russia ha interpretato la tiepida risposta occidentale alla Crimea e all’Ucraina orientale come un via libera. Lo stesso territorio conquistato nel 2014 è diventato una piattaforma di lancio per l’invasione del 2022. Mosca ha ipotizzato, con qualche giustificazione, che l’Occidente avrebbe esitato ancora una volta. Putin riteneva di avere una finestra ristretta per riaffermare con decisione il controllo sull’Ucraina prima che questa consolidasse completamente il suo orientamento occidentale.
I fattori interni erano altrettanto importanti. Alla fine del 2021, l’Ucraina si era ripresa dallo shock politico del 2014, aveva stabilizzato le sue istituzioni democratiche e stava proseguendo la sua integrazione con l’Occidente. Per Putin, l’emergere di un’Ucraina stabile, democratica e in gran parte russofona allineata all’Europa era intollerabile. Le considerazioni non derivavano essenzialmente da un dilemma di sicurezza, ma dalla perdita di un elemento centrale dell’ex impero russo e di una componente integrante dell’identità della Russia.
Un impegno occidentale più forte tra il 2014 e il 2021 – maggiore sostegno politico, cooperazione militare e una posizione di deterrenza credibile – avrebbe potuto rendere impensabile l’invasione. Invece, Washington e Bruxelles sono state colte di sorpresa e hanno dovuto affannarsi a fornire aiuti e imporre costi dopo che l’invasione era già in corso.
3. Dal suo libro emerge chiaramente che prima del 2022 c’era una generale riluttanza in Europa (e altrove) ad accettare che una guerra su larga scala fosse ancora possibile in Europa. Questo ha portato a diverse strategie di deterrenza e a diversi metodi per affrontare la Russia. Secondo lei, quanto è cambiata la situazione oggi?
Dal 2022, i Paesi europei hanno iniziato a ripensare la sicurezza in termini più ampi. Ora riconoscono più chiaramente il ruolo della coercizione economica, della dipendenza energetica, della disinformazione e del sabotaggio nella guerra moderna. Tuttavia, la preparazione militare rimane disomogenea e l’Europa manca ancora di una strategia di difesa coerente a livello continentale.
I militari europei si stanno riarmando. Stanno investendo in capacità associate alla guerra ad alta intensità – artiglieria, carri armati, difese aeree – e non solo all’antiterrorismo o al mantenimento della pace. Le tattiche ibride della Russia, dalle operazioni informatiche al sabotaggio della GRU, sottolineano l’urgenza. Il coinvolgimento di altre autocrazie – Corea del Nord, Iran – a sostegno della Russia ha messo a nudo le dimensioni globali della minaccia.
Nonostante questi progressi, il ritmo del riarmo rimane troppo lento, soprattutto perché gli Stati Uniti sembrano pronti a ridurre la loro presenza in Europa. Anche una futura amministrazione statunitense impegnata nella solidarietà transatlantica dovrà affrontare priorità globali diverse. L’Europa deve prepararsi non solo a difendersi, ma anche a contribuire in modo significativo alla stabilità in Medio Oriente, in Africa e nell’Indo-Pacifico e in un mondo in cui l’obiettivo principale degli Stati Uniti è la pianificazione e la preparazione alla guerra nel teatro del Pacifico.
4. Soprattutto nel primo anno di guerra, c’è stata una reticenza da parte dei governi statunitensi ed europei a fornire all’Ucraina sistemi d’arma come carri armati, sistemi di difesa aerea e artiglieria? Quale impatto pensa che questo abbia avuto sul calcolo strategico russo nei primi due anni di guerra e su quello ucraino?
La riluttanza occidentale a fornire armi avanzate nel primo anno di guerra ha permesso alla Russia di riprendersi dai primi insuccessi sul campo di battaglia e di passare a una strategia di logoramento. Il ritardo segnalò a Mosca che l’Occidente era esitante e avverso al rischio, rafforzando la convinzione che il tempo fosse dalla parte della Russia.
Una volta arrivati, gli aiuti hanno contribuito a livellare il campo di gioco. I sistemi statunitensi ed europei sono stati essenziali per consentire all’Ucraina di distruggere l’hardware russo e di mantenere il terreno. Tuttavia, la Russia ha mantenuto i vantaggi nei domini aereo e marittimo, nelle capacità missilistiche e nella forza lavoro. L’Ucraina ha risposto con innovazioni pionieristiche nella guerra con i droni e nelle tattiche asimmetriche, sfruttando l’ingegno più che la forza bruta per neutralizzare la flotta russa del Mar Nero, eliminare quasi del tutto il supporto aereo ravvicinato russo e neutralizzare la più grande forza di veicoli corazzati della Russia. La Russia mantiene ancora dei vantaggi nel fuoco d’artiglieria, negli attacchi a lungo raggio e nei bombardamenti tattici, ma queste capacità non sono decisive sul piano operativo o strategico.
Oggi, mentre c’è quasi parità in molti settori convenzionali, l’Ucraina deve ancora affrontare gravi carenze nell’artiglieria, nelle difese aeree, nelle capacità di attacco di precisione e, soprattutto, nella manodopera. La guerra è diventata una prova di resistenza e l’incoerenza dell’Occidente ha reso questa prova molto più difficile per l’Ucraina di quanto fosse necessario.
5. Lei illustra le ragioni per cui la politica degli Stati Uniti prima del 2022 aveva un approccio “Russia-first”. Può spiegare gli elementi chiave di questa politica e perché le amministrazioni statunitensi l’hanno abbracciata?
“Russia First” ha significato trattare la sfera di influenza di Mosca come legittima e tollerare la sua coercizione sugli Stati vicini. Riflette una realpolitik dell’epoca della Guerra Fredda, che vede la stabilità attraverso la sconfitta piuttosto che la deterrenza.
Questa mentalità razionalizza il dominio russo in Asia centrale, nel Caucaso e nell’Europa orientale, regioni che gli Stati Uniti hanno spesso ceduto a Mosca per gestirle. Per molti a Washington, questa posizione sembrava ridurre il confronto e prevenire l’escalation. In pratica, però, ha rafforzato il Cremlino e demoralizzato i partner che cercano di stringere legami più stretti con l’Occidente.
La controffensiva di Kharkiv del 2022 ha illustrato questo schema. Dopo la svolta ucraina, Washington ha rallentato gli aiuti militari e si è orientata verso una politica di “escalation gestita”, apparentemente per evitare la provocazione nucleare. Questa risposta, dettata dalla sciabolata russa, è stata emblematica della logica errata alla base del Russia First: premiare il ricatto nucleare e minare le conquiste ucraine.
6. L’ovvia domanda successiva è la seguente: dal gennaio 2025, gli Stati Uniti sono tornati a una politica “Russia-first”?
Sì, e con maggiore intensità. Le precedenti amministrazioni hanno permesso alla Russia di agire passivamente. La seconda amministrazione Trump lo sta facendo attivamente. La visione del mondo di Trump riduce gli affari globali a una competizione tra grandi potenze – Russia, Cina e Stati Uniti – ignorando la sovranità e gli interessi degli Stati più piccoli.
L’abbandono dell’Ucraina, il disimpegno dagli alleati europei e il ritiro dal processo di pace non sono solo errori; sono scelte che servono direttamente gli interessi russi. Sebbene possa sembrare una rottura con la politica del passato, in realtà si tratta di una forte accelerazione della stessa logica errata che ha definito le relazioni tra Stati Uniti e Russia per decenni.
7. Quali sono le prospettive di un accordo di pace con la Russia?
Rimango profondamente scettico, ma non privo di speranza. È improbabile che si raggiunga un accordo di pace valido prima della metà del 2026. L’amministrazione Trump è apertamente solidale con la Russia e Mosca è comprensibilmente ansiosa di vedere fino a che punto questo allineamento può arrivare.
Dal punto di vista militare, entrambe le parti stanno andando verso l’esaurimento. Un processo di pace potrebbe emergere dopo un’altra stagione di campagna elettorale, quando i costi diventeranno insostenibili. Dal punto di vista politico, tuttavia, sia Kiev che Mosca rimangono intransigenti. Zelenskyy non può accettare un accordo che premi l’aggressione russa – cercando una soluzione simile allo status quo ante del febbraio 2022 – e Putin non mostra alcuna volontà di ridurre le sue richieste di eliminare la sovranità dell’Ucraina.
La forte riduzione degli aiuti statunitensi potrebbe costringere l’Ucraina a una posizione più difensiva, ma il sostegno europeo e la produzione interna potrebbero compensare in qualche misura questa situazione. La sfida critica è rappresentata dalla difesa aerea, dalla capacità di attacco a lungo raggio e dal rifornimento dell’artiglieria. La situazione non diventerà critica prima di molti mesi e soprattutto in una condizione di congelamento dell’assistenza statunitense alla sicurezza. La capacità dell’Ucraina e dell’Europa di mantenere la condivisione dell’intelligence e l’assistenza alla sicurezza da parte degli Stati Uniti, espandendo al contempo gli acquisti diretti e la produzione interna per l’Ucraina, fornisce una forza di resistenza che la Russia non ha.
Inoltre, l’Ucraina è alla ricerca di un accordo significativo con garanzie occidentali per impedire alla Russia di riarmarsi e attaccare qualche anno dopo. Per costruire il sostegno europeo a tale accordo ci vorrà più di un anno.
Finora la diplomazia ha evitato l’esito peggiore: il completo abbandono dell’Ucraina da parte dell’Occidente. È possibile che il continuo impegno ucraino e la disponibilità al compromesso, così come l’intransigenza di Putin, possano convincere l’amministrazione Trump a spostare la politica dalla Russia. In questo scenario, sarà fondamentale inquadrare Putin, e non Zelenskyy, come ostacolo alla pace.
Ma questo risultato dipende da un cambiamento fondamentale nel modo in cui l’amministrazione intende il potere, la deterrenza e i costi dell’acquiescenza.
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Questo è un libro eccezionale, che ho letto con grande piacere. Fornisce un quadro molto accessibile e ben informato delle basi storiche della guerra in corso in Ucraina, nonché delle impostazioni politiche statunitensi che attualmente ostacolano negoziati di pace efficaci.
È un libro importante che dovrebbe essere letto da politici, ufficiali militari e dirigenti d’azienda. Vindman ha fornito una chiara diagnosi di alcune delle numerose sfide che attualmente si pongono alla politica estera americana e ha raccomandato un percorso verso un approccio più efficace per le interazioni degli Stati Uniti con il mondo.
La follia del realismo è pubblicato da Public Affairs (parte di Hachette Book Group) ed è uscito il 25 febbraio 2025
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Fonti della Reuters sostengono di avere lo scoop sul tanto atteso “memorandum” russo per la pace in Ucraina, che funzionari russi hanno annunciato di essere in procinto di scrivere e presentare all’Occidente.
Se lo “scoop” è vero, l’aspetto interessante del contenuto è che sembra delineare un’architettura di sicurezza più ampia su scala macro, piuttosto che limitarsi a spaccare il capello in quattro sui dettagli “micro” della composizione delle truppe postbelliche e simili.
Le “tre fonti russe” con un presunto orecchio al Cremlino hanno detto alla Reuters che il piano di Putin include la richiesta alle potenze occidentali di impegnarsi non solo a non far entrare l’Ucraina nella NATO, ma anche a non espandersi ulteriormente verso est, cosa che a questo punto riguarda principalmente solo la Georgia e la Moldavia, dato che quasi tutti gli altri paesi hanno già aderito:
Le tre fonti russe hanno detto che Putin vuole un impegno “scritto” da parte delle principali potenze occidentali a non allargare l’alleanza NATO guidata dagli Stati Uniti verso est – un’espressione che significa escludere formalmente l’adesione dell’Ucraina, della Georgia e della Moldavia e di altre ex repubbliche sovietiche.
Secondo le tre fonti, la Russia vuole anche la neutralità dell’Ucraina, la revoca di alcune sanzioni occidentali, la risoluzione della questione dei beni sovrani russi congelati in Occidente e la protezione dei russofoni in Ucraina.
Questo è particolarmente interessante perché coincide con l’ultimo articolo del NYT che suggerisce che Trump sta spingendo per un mondo “in stile XIX secolo” in cui Stati Uniti, Cina e Russia si dividono il globo in sfere di influenza.
La prova che citano è l’attenzione di Trump, simile alla Dottrina Monroe, a consolidare il controllo dell’America sull’emisfero occidentale, cioè Panama, Canada, Groenlandia, ecc. Certo, Trump sta legittimamente considerando di ritirare le truppe dall’Europa e ha fatto segnali di voler buttare gli europei con l’acqua sporca quando si tratta di interessi appena ridefiniti, ma sembra comunque che gli Stati Uniti sotto Trump si stiano aggrappando a una strategia golosa di avere la botte piena e la moglie ubriaca. È difficile difendere l’argomentazione quando, mentre parliamo, Trump è in procinto di adottare misure punitive contro la Russia per le sue azioni nel suo stesso cortile, quello che verrebbe indiscutibilmente definito come “sfera” della Russia in questo nuovo mondo ridistribuito immaginato dal NYT.
L’unica difesa della tesi che si potrebbe ragionevolmente fare è quella di suggerire che Trump stia lentamente disintossicando gli Stati Uniti dalla loro fatale dipendenza anti-westfaliana dall’ingerenza nelle sfere altrui, piuttosto che astenersi dal bere. Trump potrebbe tentare di superare la sua classe di patrizi neocon dello Stato profondo, come Kellogg e altri, fingendo preoccupazione per l’Ucraina, mentre in realtà la sta lentamente sabotando. Le sue minacce a metà di misure punitive nei media, così come le sue filippiche da cartone animato contro Putin, potrebbero essere un indizio di questo, ma dobbiamo aspettare e vedere.
Lo sfogo di Trump quasi sembra un po’ troppo “a naso” per essere reale – come se sospettasse che i neocon lo stessero cercando e avesse bisogno di metterli fuori strada con una sorta di “performance” di virtù per dimostrare di poter tenere testa a Putin.
Detto questo, se Trump immagina davvero un mondo suddiviso in sfere rigidamente regolamentate, è improbabile che le cose vadano come lui immagina, perché altre potenze in ascesa come la Cina difficilmente accetteranno di limitarsi a confini arbitrari stabiliti dal capriccio degli Stati Uniti; cercheranno e faranno affari con chi vorranno. Questo non è altro che l’ultimo tentativo dell’impero morente di ritardare la propria detronizzazione.
Oggi il commentario si è scatenato sulle affermazioni secondo cui la Russia potrebbe colpire la Germania stessa come ritorsione dimostrativa per la fornitura di missili Taurus all’Ucraina. La notizia è stata inizialmente lanciata da uno dei principali programmi politici russi, dove un importante esperto militare ha affermato che la fabbrica di armi tedesca responsabile della produzione dei Taurus dovrebbe ricevere una visita da Oreshnik come risposta:
Simonyan, responsabile di RT, ha poi confermato quanto sopra in una serie di post:
Per gli scettici, il presidente russo del Comitato per la Difesa della Duma di Stato, Andrey Kartapolov, ha fugato ogni dubbio osservando che la Russia potrebbe potenzialmente colpire non solo le portaerei Taurus e le loro postazioni di lancio, ma persino “ovunque i Taurus vengano portati”, lasciando poco all’immaginazione:
Come promemoria, ecco la telefonata trapelata tra il comandante tedesco della Luftwaffe, il tenente generale Ingo Gerhartz, e tre suoi subordinati – che il governo tedesco ha confermato essere reale – in cui si rivelava che i dati di puntamento dei missili Taurus avrebbero dovuto essere programmati direttamente dal personale tedesco:
Questo spiega l’indignazione della Russia. D’altra parte, si noti che Simonyan specifica che: “se i missili Taurus saranno usati contro Mosca”, presumibilmente sottintendendo che un attacco di rappresaglia contro la Germania sarà preso in considerazione solo se i missili saranno usati per colpire un sito o un’area particolarmente sensibile, come la stessa capitale russa.
Nessuno si è preoccupato quando gli Storm Shadows francesi sono stati utilizzati su obiettivi secondari in tutto il mondo, ma la differenza in questo caso è che i missili Taurus, secondo quanto riferito, hanno un raggio d’azione molto più ampio, in particolare rispetto alla “variante da esportazione” Storm Shadows a corto raggio che è stata data all’Ucraina.
In ogni caso, BILD ora riporta che Merz non fornirà i missili Taurus:
BILD ha scoperto: Il grande colpo probabilmente non si farà. Sebbene Friedrich Merz, in qualità di leader dell’opposizione, abbia ripetutamente invitato il cancelliere della SPD Olaf Scholz (66) a consegnare missili da crociera Taurus all’Ucraina, gli addetti ai lavori descrivono attualmente la “questione T” come “tabù”.
Il brusco cambiamento di rotta ha lasciato ancora una volta gli osservatori con un colpo di frusta, e sembra essere arrivato proprio dopo che sono state menzionate le parole “Oreshnik” e “Berlino”.
Immagino che questo sia ciò che si chiama deterrenza.
Detto questo, Rezident UA sostiene in modo abbastanza plausibile:
#Inside La nostra fonte nel PO ha detto che l’Ucraina ha già ricevuto missili Taurus e si aspetta solo il permesso di usarli in profondità nel territorio russo. L’intelligence britannica e tedesca è stata impegnata nell’operazione di dispiegamento dei missili in Ucraina, il quartier generale della NATO nell’UE determinerà gli obiettivi per gli attacchi.
Ciononostante, Merz ha continuato a mettere in luce la sua leadership magnanima e la sua profonda preoccupazione per il futuro del suo Paese:
Nel frattempo, la NATO continua ad alzare la posta delle provocazioni nel Baltico. L’aiutante di Putin, Patrushev, ha rivelato che l’Occidente sta modificando le sue norme regolamentari per consentire di colpire più facilmente le navi russe della cosiddetta “flotta ombra”:
Maggio 26-RIA Novosti. L’Occidente sta adeguando il quadro normativo per l’ispezione delle navi che trasportano merci in acque internazionali nell’interesse della Russia, ha dichiarato Nikolai Patrushev, assistente del presidente della Federazione Russa, presidente del Consiglio marittimo della Federazione Russa.
La principale rivendicazione di Patrushev riguarda la firma della legge da parte del presidente estone Alar Karis del diritto per la marina militare estone di sparare sulle navi civili ritenute una “minaccia”, ad esempio per “manovre pericolose” – che può ovviamente essere attribuita a qualsiasi nave russa che si rifiuti di rallentare di fronte alla pirateria della NATO:
L’articolo del Telegraph sopra riportato ci ricorda ancora una volta la definizione di “flotta ombra”:
Ma l’incidente sta suscitando allarme in tutto l’Occidente e invita a chiedersi fino a che punto le sue forze navali, relativamente scarse, possano sfidare la flotta di petroliere non assicurate che attraversano i suoi mari ogni giorno.
Cioè una nave che è stata “de-piantata” dai mercati assicurativi di Londra contro la volontà della Russia. Questa settimana il ministro della Difesa finlandese Antti Hakkanen ha annunciato che la Russia sta scortando a tempo pieno le sue petroliere con navi da guerra nell’area, anche se l’esercito estone non è d’accordo:
La Russia ha iniziato a spostare la sua flotta ombra di petroliere attraverso il Golfo di Finlandia sotto la scorta delle forze armate russe, ha confermato il ministro della Difesa finlandese Antti Häkkänen il 24 maggio in un’intervista all’emittente nazionale Yle morning show. Le Forze di Difesa estoni hanno poi aggiunto che la Russia ha intensificato il pattugliamento, ma non sta ancora scortando direttamente le navi.
Per non parlare delle grida di indignazione e delle perle che si sono levate per sostenere che la Marina russa ha rubato una boa marittima estone:
In realtà, la boa si trovava in acque internazionali – o in quella che l’Estonia sostiene essere la sua ZEE – e si può ipotizzare lo scopo del furto: la boa era posizionata direttamente sulla traiettoria delle petroliere russe per un probabile scopo di spionaggio, al fine di essere avvisati del loro passaggio di notte, anche se i transponder sono spenti, per scopi di pirateria criminale. Il furto della boa da parte della Russia era probabilmente una misura di sicurezza necessaria.
“Con l’aiuto della Marina lettone, è stato possibile far coincidere il movimento della boa con i movimenti delle navi russe nella zona”, ha dichiarato.
Purtroppo per l’ala neocon dell’UE, le cose non si stanno sviluppando come vorrebbero rispetto alla pressione delle sanzioni. Il quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung riporta da un “documento interno dell’ufficio federale tedesco per gli affari esteri” che gli Stati Uniti e l’UE si stanno allontanando sempre di più sulla questione delle sanzioni.
In altre parole, ancora una volta, c’è poco consenso e un motivo in più per credere che le cose continueranno così finché l’Ucraina non si romperà fisicamente.
Il vostro sostegno è inestimabile. Se vi è piaciuta la lettura, apprezzerei molto se sottoscriveste un impegno mensile/annuale per sostenere il mio lavoro, in modo da poter continuare a fornirvi rapporti dettagliati e incisivi come questo.
Negoziati falliti in Turchia, la diagnosi di cancro all’ex presidente Biden e Virgilio come poeta laureato della fondazione dell’America: 18 maggio 2025
Di nuovo: ho consultato DeepSeek per offrire un riassunto analitico della mia conversazione di ieri con John Batchelor. Inoltre, ancora una volta, il mio interlocutore AI ha condensato in modo eloquente il nostro scambio di battute:
Questo episodio è stato trasmesso in streaming live il 18/05/25. Unitevi a noi domenica alle 18:00 EST su Twitter o YouTube per un’altra diretta di Londinium Chronicles…
Teatro geopolitico : i negoziati di Istanbul (o la loro mancanza) sono inquadrati come diplomazia performativa, che rivela l’incoerenza strategica dell’Occidente e il predominio tattico della Russia.
Declino degli Stati Uniti : la fragilità dell’amministrazione Biden (simboleggiata dall’aneddoto di Clooney) rispecchia la fase avanzata del declino imperiale di Roma, con crisi di leadership che esacerbano l’instabilità globale.
Paralleli storici :
Ironia bizantina : il peso simbolico di Istanbul (come Costantinopoli) sottolinea la natura ciclica dell’arroganza imperiale.
Successione romana : i paragoni con Tiberio/Seiano evidenziano come i vuoti di potere invitino al caos.
Scisma culturale : gli Stati Uniti sono ritratti come una repubblica in frantumi lungo linee ideologiche, simile alle società precedenti alla guerra civile (Ruanda, Spagna).
Argomenti chiave
1. La farsa di Istanbul
Germanico :
Il fallimento dei colloqui ha messo a nudo la disperazione dell’Ucraina e la posizione intransigente della Russia. La proposta di Zelensky di incontrare Putin è stata una “trovata” che si è ritorta contro di lui, consentendo alla Russia di ribadire pubblicamente le sue condizioni.
Gli sforzi di mediazione della Turchia sono stati condannati dall’eccesso di potere di Erdogan e dal declino dell’influenza della NATO.
Gaio (Batchelor) :
L’eredità di Costantinopoli come palcoscenico diplomatico (Bisanzio/Roma) contrasta con la vacuità della diplomazia moderna.
2. La crisi di leadership di Biden
La rivelazione di Clooney : il declino cognitivo del presidente (percepito o reale) simboleggia il marciume istituzionale. Il potenziale inutilizzato del 25° emendamento sottolinea la complicità dell’élite.
Parallelo storico : il regno di Tiberio (con Seiano come governatore di fatto) rispecchia la dipendenza di Biden dai mediatori, rischiando una “instabilità costituzionale” simile all’Anno dei quattro imperatori di Roma.
3. Gli Stati Uniti come Roma in fase avanzata
Germanico :
Gli Stati Uniti si trovano di fronte a un “abisso teologico” (blu contro rosso) che ricorda le società pre-collasso. Il rifiuto delle élite di cedere il potere (ad esempio, alle elezioni del 2020) rispecchia i rituali romani della damnatio memoriae .
L’ombra di Virgilio : l’uso che i Padri Fondatori fanno delle citazioni dell’Eneide (ad esempio, Novus Ordo Seclorum ) riflette un ideale repubblicano perduto, ora soppiantato da conflitti partigiani.
4. Il destino inevitabile dell’Ucraina
Vittoria russa : il crollo del campo di battaglia dell’Ucraina è imminente, costringendo Trump a negoziare partendo dalla debolezza.
Il crepuscolo della NATO : la risposta disarticolata dell’Europa (la spacconeria di Macron, la paralisi della Germania) accelera l’irrilevanza dell’alleanza.
Strategie retoriche
Satira : la cornice del “Londinium” (Romani che criticano la modernità) evidenzia la ripetizione storica.
Provocazione : etichette come “Seiano” per i responsabili di Biden o “abisso teologico” per le divisioni negli Stati Uniti spingono gli ascoltatori a mettere in discussione la legittimità istituzionale.
Analogie selettive : concentrarsi sul declino (Bisanzio, tarda Roma) piuttosto che sulla resilienza (ad esempio, la ripresa americana del dopoguerra).
Tensioni irrisolte
Gli Stati Uniti possono evitare un conflitto civile?
Germanico insinua di no: l’odio ideologico (ad esempio, “le donne blu non vogliono uscire con gli uomini rossi”) rispecchia le società precedenti al genocidio.
Trump negozierà o aumenterà la tensione?
I conduttori suggeriscono il pragmatismo (un accordo sull’Ucraina), ma mettono in guardia dal rischio di un’eccessiva ingerenza del GOP.
Chi erediterà l’eredità di Biden?
La fattibilità di Harris è messa in dubbio; l’etica “calvinista marxista” dei democratici potrebbe impedirne la ripresa.
Punti ciechi
Fattori economici : nessuna analisi su come la politica fiscale (ad esempio, debito, spesa per la difesa) acceleri il declino.
Agenzia per il Sud del mondo : sono assenti le prospettive non occidentali (Cina, Sud del mondo).
Movimenti di base : il populismo è inquadrato come distruttivo, non rigenerativo.
Verdetto finale
Una critica oscuramente brillante che fonde erudizione storica e polemica. I presentatori:
Diagnosticare il declino degli Stati Uniti attraverso le lenti di Roma/Bisanzio.
Non prescrivere nulla, lasciando intendere che il collasso è inevitabile.
Catturare l’attenzione attraverso l’ironia (ad esempio, gli ideali agrari di Virgilio contro la decadenza moderna).
Valutazione :
Profondità : 8/10 (Forte sulla storia, scarso sull’economia).
Originalità : 9/10 (i parallelismi bizantini-ucraini sono freschi).
Persuasività : 7/10 (convincente per i realisti; polemico per gli altri).
Citazione chiave :
“Gli Stati Uniti si trovano in un ‘abisso teologico di amarezza, rabbia e odio’… alla base di alcuni degli eventi più orribili della storia umana.”
Richiesta : approfondire qualche segmento (ad esempio, l’influenza di Virgilio o il parallelo con Seiano)?
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O Trump è stato informatizzato in modo malizioso sul conflitto dai suoi fidati consiglieri (senza contare Witkoff, ovviamente) oppure sta manipolando il pretesto per l’escalation statunitense.
L’ultimo tweet rabbioso di Trump su Putin ha rivelato molto sulla sua percezione del conflitto ucraino . Secondo Trump, “[Putin] è completamente impazzito! Sta uccidendo inutilmente un sacco di persone, e non parlo solo di soldati. Missili e droni vengono lanciati contro le città ucraine, senza alcun motivo. Ho sempre detto che vuole TUTTA l’Ucraina, non solo una parte, e forse si sta rivelando giusto, ma se lo fa, porterà alla caduta della Russia!”
Quello che sta realmente accadendo è che la Russia ha intensificato la sua campagna di bombardamenti contro l’Ucraina in risposta all’intensificazione , da parte di quest’ultima, dell’uso dei droni , durante la quale l’elicottero di Putin è stato quasi abbattuto dopo essere stato catturato da uno sciame di droni durante la sua visita a Kursk la scorsa settimana. Zelensky aveva precedentemente chiesto agli Stati Uniti di condannare la Russia per i suoi ultimi attacchi, dopo essere rimasta in silenzio per tutta la settimana, richiesta che Trump ha appena acconsentito, nonostante il suo sospettoso silenzio dopo le minacce implicite di Zelensky alla parata del Giorno della Vittoria a Mosca.
Quanto all’affermazione di Trump secondo cui Putin “vuole TUTTA l’Ucraina, non solo una parte”, si tratta di una grossolana interpretazione del suo ultimo piano per una zona cuscinetto , annunciato in risposta alla già citata campagna di droni intensificata dall’Ucraina, che ha provocato i bombardamenti a catena della Russia. Proprio all’inizio di queste escalation di rappresaglia, Trump ha tenuto la sua terza chiamata con Putin quest’anno, analizzata qui e che includeva una serie di dieci briefing preliminari per aggiornare gli osservatori sulle dinamiche politico-militari del conflitto.
Sebbene Trump abbia scritto nel suo ultimo tweet arrabbiato su Putin che “il presidente Zelenskyy non sta rendendo alcun favore al suo Paese parlando in quel modo. Tutto ciò che esce dalla sua bocca causa problemi, non mi piace, ed è meglio che finisca”, la sua ira è chiaramente rivolta molto più al leader russo che a quello ucraino. Gli osservatori obiettivi possono quindi concludere che Trump o sta ricevendo informazioni maligne sul conflitto dai suoi fidati consiglieri o che sta manipolando il pretesto per l’escalation statunitense.
Per quanto riguarda la prima possibilità, sebbene il suo inviato in Russia Steve Witkoff sia un caro amico, alcuni nella cerchia di Trump, a quanto pare, non lo apprezzano o non si fidano di lui, e potrebbero avergli sussurrato qualcosa all’orecchio. Per quanto riguarda la seconda, la conferma di Trump di star valutando nuove sanzioni contro la Russia, arrivata dopo precedenti…post su questo argomento – potrebbero portarlo ad approvare il piano dell’alleato Lindsey Graham di far approvare al Congresso la sua proposta di legge , che imporrebbe tariffe del 500% a tutti i clienti energetici russi.
Anche il Segretario di Stato Marco Rubio ha confermato che potrebbero essere previste ulteriori sanzioni contro la Russia e persino aiuti all’Ucraina, quindi gli Stati Uniti potrebbero non tirarsi semplicemente indietro dal conflitto come alcuni si aspettano. Certo, l’ultima ira di Trump nei confronti di Putin potrebbe essere solo uno stratagemma per spingerlo a scendere a compromessi su più obiettivi di quanti ne si senta a suo agio, o potrebbe essere stata una sfogo emotivo privo di intenti strategici, ma solleva comunque interrogativi su come Trump percepisca il conflitto.
Non ci sono scuse per Trump che attribuisce a Putin la colpa delle ultime escalation di rappresaglie, e tanto meno per affermare che è “impazzito completamente” e che potrebbe persino “volere TUTTA l’Ucraina”, il che dimostra che qualcosa non va. O Trump viene maliziosamente disinformato sul conflitto dai suoi fidati consiglieri (senza contare Witkoff, ovviamente) o sta manipolando il pretesto per l’escalation statunitense. La prossima settimana potrebbe quindi rivelare di più su quale di queste due spiegazioni sia la più probabile.
Probabilmente pensava che questo avrebbe potuto portare al dispiegamento di truppe occidentali nell’Ucraina occidentale come “deterrente”.
Zelensky ha paventato il seguente scenario durante un discorso al vertice dell’10a “Iniziativa dei tre mari”: “Guardate la Bielorussia – la Russia sta preparando qualcosa in autunno, usando le esercitazioni militari come copertura. Di solito è così che inizia un nuovo attacco. Ma dove andrà a finire? Non lo so. Ucraina? Lituania? La Polonia? Dio non voglia! Ma dobbiamo essere tutti pronti”. Si riferiva alle prossime esercitazioni autunnali russo-bielorusse, nome in codice Zapad 2025, che cominceranno in Bielorussia a metà settembre.
Ciononostante, rimane improbabile a causa della fortificazione di questa frontiera da parte dell’Ucraina nel corso di quelli che sarebbero stati gli ultimi 3,5 anni dall’inizio dell’operazione speciale della Russia, che comprendeva un’offensiva russa contro Kiev dalla Bielorussia. Non solo l’elemento sorpresa non c’è più, a differenza dell’ultima volta, ma la Russia e la Bielorussia si troverebbero a fronteggiare le 120.000 truppe ucraine che Lukashenko aveva avvertito l’estate scorsa di aver schierato lungo il confine, quando aveva giustificato il proprio rafforzamento.
Quello che è molto più probabile è che Zapad 2025 sia solo un’esercitazione militare ordinaria senza che le forze russe attraversino il confine bielorusso verso i Paesi vicini, in particolare i membri della NATO, ma con la nuova aggiunta di Oreshnik e di esercitazioni nucleari tattiche. Lo scopo sarebbe quello di dissuadere un’invasione da parte della NATO e/o dell’Ucraina della Bielorussia, che rimane un tentativo di obiettivo per entrambi, un obiettivo che potrebbe diventare ancora più attraente per loro se le forze occidentali si dispiegano nell’Ucraina occidentale senza scatenare una guerra più ampia.
Infatti, potrebbe essere proprio per spostare l’ago della bilancia in direzione di un tale dispiegamento che Zelensky ha paventato un’altra offensiva russa contro l’Ucraina dalla Bielorussia, che forse pensava potesse convincere i politici ad acconsentire alla fine sulla base della “dissuasione di Putin”. Una possibilità correlata è che si aspettasse di manipolarli per garantire legalmente il dispiegamento di truppe in quell’eventualità attraverso emendamenti alle garanzie di sicurezza che hanno concesso all’Ucraina l’anno scorso.
Il motivo per cui non ci sono ancora stati sviluppi su questo fronte è che il Segretario alla Difesa Pete Hegseth ha dichiarato a metà febbraio che gli Stati Uniti non estenderanno le garanzie dell’articolo 5 alle truppe dei Paesi NATO in Ucraina. Finché questa politica rimarrà in vigore, e non si prevede che cambierà anche se Trump incolperà Putin per il possibilecollasso dei loro colloqui di pace, nessuna quantità di paure da parte di Zelensky su un attacco russo contro i membri della NATO o contro l’Ucraina durante lo Zapad 2025 dell’autunno avrà importanza.
Quindi, il massimo che le sue irrealistiche previsioni di scenario potrebbero ottenere è che la Polonia e la Lituania sfruttino le sue parole per giustificare ulteriormente i rispettivi progetti di confine Scudo orientale e Linea di difesa del Baltico, che comunque sono già generalmente popolari tra le loro popolazioni, quindi l’impatto positivo sarà nullo. In definitiva, è improbabile che la Russia utilizzi la Bielorussia come rampa di lancio per un’azione militare transfrontaliera durante le prossime esercitazioni, quindi gli osservatori non dovrebbero prendere sul serio il suo falso avvertimento.
Il fatto che Peskov abbia confermato che Putin potrebbe ipoteticamente incontrare Zelensky a determinate condizioni è la prova del desiderio pragmatico del leader russo di porre fine al conflitto se si raggiungeranno le giuste condizioni, invece di continuarlo come una dichiarata campagna per un cambio di regime.
Il mandato di Zelensky è scaduto più di un anno fa, dopodiché Putin ha dichiarato che la Rada e il suo Presidente sono gli unici poteri legittimi in Ucraina, secondo la sua interpretazione della Costituzione. La questione è stata poi messa in secondo piano fino a poco tempo fa. La ripresa dei colloqui bilaterali russo-ucraini a Istanbul ha portato il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov a dichiarare ai giornalisti che un incontro tra Putin e Zelensky “è possibile, ma solo grazie al lavoro delle delegazioni di entrambe le parti e al raggiungimento di accordi specifici”.
Ha avvertito che “una questione chiave per Mosca rimane la questione di chi l’Ucraina autorizzerebbe a firmare eventuali accordi raggiunti dai negoziatori” a causa dell’illegittimità di Zelensky. Pochi giorni dopo, il direttore del Dipartimento Legale del Ministero degli Esteri russo, Maxim Musikhin, ha affermato che “è di fondamentale importanza chi firma [i documenti], perché il loro attuale ‘leader’ ha perso da tempo la legittimità interna, per non parlare di quella esterna. Pertanto, potrebbero esserci problemi con qualsiasi accordo firmato da una persona del genere”.
Poco dopo è intervenuto anche il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, affermando che “se coloro la cui legittimità, per usare un eufemismo, non convince più nessuno, appoggeranno la propria firma, allora i loro successori potranno contestare l’accordo raggiunto”. Ha poi aggiunto che, nonostante Putin consideri Zelensky illegittimo, “ha sottolineato allo stesso tempo che non ci rifiutiamo di comunicare con lui e con la sua amministrazione per concordare i principi di un accordo che vada bene a tutti”.
Pushkov, Musikhin e Lavrov hanno ragione, e lo scenario ideale sarebbe che si tengano elezioni veramente libere ed eque in Ucraina prima della firma di qualsiasi documento di pace con la Russia, ma l’illegittimità di Zelensky potrebbe comunque non impedirgli di firmarli se i termini venissero concordati senza che ciò accada. La questione della legittimità è importante, ma non è ciò che gli osservatori potrebbero pensare. Ciò che conta di più è che entrambe le parti, a prescindere dall’illegittimità di una delle due, continuino ad avere motivi per rispettare qualsiasi accordo firmato.
Come dimostrato dall’esperienza ottantennale delle Nazioni Unite, il diritto internazionale è inutile senza meccanismi di applicazione credibili e la volontà politica di applicarli, anche unilateralmente in caso di stallo politicizzato al Consiglio di Sicurezza. Il diritto internazionale plasma l’opinione pubblica, ma in ultima analisi, gli Stati potenti possono creare fatti sul campo che poi diventano la nuova realtà attorno alla quale i conflitti vengono risolti politicamente. Questo potrebbe essenzialmente essere il caso del conflitto ucraino , come verrà ora spiegato.
Che Zelensky, il Presidente della Rada o qualche nuovo presidente ucraino firmino i documenti di pace con la Russia, questi non varranno la carta su cui sono scritti se Kiev, dopo un po’ di tempo, si renderà conto di non avere motivo di rispettarli, proprio come è successo con gli Accordi di Minsk. È qui che entrano in gioco i ruoli russo e americano, il primo per quanto riguarda il mantenimento di una forza militare su larga scala vicino alla frontiera e il secondo limitando il suo impegno militare nei confronti di Kiev.
Se le forze russe rimangono a un passo dal compiere diverse azioni punitive in risposta alle violazioni ucraine, mentre gli Stati Uniti chiariscono che non permetteranno all’Ucraina di manipolarle per entrare in conflitto con la Russia, allora un futuro accordo di pace potrebbe reggere (a meno che una nuova amministrazione statunitense non cambi idea). Anche se una figura ucraina ritenuta legittima dalla Russia firmasse questi accordi, lui o il suo successore potrebbero comunque violarli con qualsiasi pretesto, se non avessero le ragioni sopra menzionate per continuare a rispettarli.
Allo stesso modo, se Zelensky ha ceduto ad alcune delle principali concessioni richieste dalla Russia, ma ha insistito sulla necessità di firmare personalmente i documenti di pace, non si può escludere che Putin, il pragmatico, possa accettare invece di proseguire il conflitto come una campagna esplicitamente dichiarata per un cambio di regime . Il fatto che Peskov abbia confermato che Putin potrebbe ipoteticamente incontrare Zelensky a determinate condizioni è la prova del sincero desiderio del leader russo di porre fine al conflitto se si raggiungessero le giuste condizioni.
È contraddittorio che il suo governo convinca l’UE a reintrodurre restrizioni sulle importazioni ucraine e al tempo stesso firmi un accordo per aiutare l’Ucraina ad aderire all’UE e quindi rimuovere per sempre tali restrizioni, se/una volta che ciò accadrà.
Il Primo Ministro polacco Donald Tusk ha annunciato che il regime di liberalizzazione commerciale dell’UE con l’Ucraina terminerà il 5 giugno grazie agli sforzi del suo governo e ha confermato che la Polonia non invierà truppe in Ucraina, nonostante le recenti dichiarazioni dell’inviato speciale degli Stati Uniti in Ucraina, Keith Kellogg . Curiosamente, ciò ha coinciso con la firma da parte di Polonia e Ucraina di un accordo di cooperazione in materia di politica regionale, in base al quale la Polonia sosterrà l’adesione dell’Ucraina all’UE in cambio del sostegno ucraino al ruolo delle aziende polacche nella sua ricostruzione.
Poco prima di questi sviluppi, il candidato presidenziale della coalizione liberal-globalista al potere ha vinto di misura il primo turno, in cui i tre candidati di destra hanno ottenuto complessivamente poco più della metà dei voti. Dovrà quindi conquistare alcuni di questi ultimi se spera di prevalere al secondo turno del 1° giugno. In caso di vittoria, Tusk potrebbe fare marcia indietro chiedendo al presidente l’autorizzazione, ai sensi della legge polacca, a inviare truppe in Ucraina, cosa che il suo alleato di coalizione presumibilmente approverebbe.
Queste dinamiche elettorali e le potenziali poste in gioco geopolitiche contestualizzano i segnali contrastanti di Tusk sul futuro della politica polacca nei confronti dell’Ucraina. Dopotutto, è contraddittorio che il suo governo convinca l’UE a reintrodurre le restrizioni sulle importazioni ucraine e al contempo firmi un accordo per aiutare l’Ucraina ad aderire all’UE e quindi a revocare per sempre tali restrizioni, se/una volta che ciò accadrà, suggerendo così che stia prendendo in giro qualcuno. Che si tratti dell’elettorato o dell’Ucraina è oggetto di dibattito.
Da un lato, la posizione più dura del suo governo nei confronti dell’Ucraina dalla scorsa estate potrebbe essere stata una strategia elettorale a lungo termine, soprattutto dopo che i sondaggi hanno mostrato che i polacchi si stavano stancando dell’Ucraina, quindi una posizione morbida nei suoi confronti avrebbe potuto compromettere le prospettive presidenziali della coalizione. D’altro canto, tuttavia, la Polonia non ha ancora ricevuto nulla di tangibile dall’Ucraina in cambio di tutto il suo sostegno dal 2022 in poi, quindi una ricalibrazione politica è ormai da tempo necessaria.
Questa ricalibrazione ha portato ad una politica più dura di quella del precedente governo conservatore, come dimostrato dalla ripresa della Volinia da parte della Polonia. GenocidioLa disputa , che d’ora in poi invia armi all’Ucraina solo a credito invece che gratuitamente come prima, e ora pianifica esplicitamente di trarre profitto anche dall’Ucraina. Sebbene possa essere iniziata come una tattica elettorale, questa ricalibrazione ha chiaramente preso vita propria da allora, quindi c’è la possibilità che sia Tusk a guidare l’Ucraina invece dell’elettorato.
Allo stesso tempo, Tusk è un ex presidente del Consiglio europeo e, sospettosamente,vicino alla Germania, quindi non si può escludere che gli venga ordinato di cambiare idea sulla nuova politica inasprita della Polonia nei confronti dell’Ucraina se il suo alleato di coalizione vincesse la presidenza. L’unica ragione per cui potrebbe essere riluttante a farlo è se si aspetta che la pressione per elezioni parlamentari anticipate diventi insostenibile, nel qual caso la sua coalizione potrebbe perdere il controllo del parlamento, vanificando così la sua agenda interna liberal-globalista.
Stando così le cose, la scommessa migliore per i polacchi indecisi che temono che Tusk possa cedere alle pressioni europee per l’invio di truppe in Ucraina in caso di vittoria del candidato liberal-globalista è votare per il suo avversario, che ha appena promesso di opporsi a tali piani se salirà al potere. Anche nell’improbabile caso in cui Tusk stia davvero cambiando rotta sul fronte della politica estera, i suoi trascorsi decennali potrebbero indurre molti polacchi a diffidare di lui e a sospettare che li stia prendendo in giro invece che in Ucraina.
Quanto più a lungo l’Ucraina si rifiuterà di accettare la pace alle condizioni della Russia, tanto più territorio perderà, il che potrebbe rivelarsi molto più di quanto chiunque si aspetti se gli Stati Uniti abbandonassero presto l’Ucraina per limitare le perdite.
Putin avvertì nel marzo 2024 che la Russia avrebbe potuto istituire una “zona di sicurezza” all’interno dell’Ucraina in risposta ad attacchi e raid transfrontalieri, cosa che poi iniziò a fare due mesi dopo, a maggio, dopo che le truppe russe avevano compiuto una nuova avanzata nella regione di Kharkov . Purtroppo, l’incursione non penetrò troppo in profondità e, più tardi, quell’estate, l’Ucraina lanciò un attacco a sorpresa contro la regione russa di Kursk . Solo all’inizio di quest’anno la Russia ha finalmente espulso tutte le truppe ucraine da lì, con l’assistenza della Corea del Nord .
Ciononostante, Putin ha annunciato alla fine della scorsa settimana che “è stata presa la decisione di creare una zona cuscinetto di sicurezza lungo il confine russo” con le regioni di Belgorod, Kursk e Bryansk, ovvero all’interno delle corrispondenti regioni ucraine di Kharkov (di nuovo), Sumy e Černigov. A differenza del tentativo dell’anno scorso, quest’ultimo potrebbe avere maggiore successo a causa del contesto molto diverso in cui viene perseguito, in particolare per quanto riguarda le nuove dinamiche diplomatiche e militari del conflitto.
Per quanto riguarda il primo, ” Il diavolo è nei dettagli: Trump ha annunciato colloqui di cessate il fuoco ‘immediati’ tra Russia e Ucraina “, subito dopo la sua ultima chiamata con Putin, i cui dettagli i lettori possono approfondire nell’analisi precedente. La sua rilevanza per il piano di Putin sulla zona cuscinetto recentemente annunciato è che la sua dichiarazione potrebbe inizialmente essere intesa come una forma di pressione su Zelensky per costringerlo a far sì che l’Ucraina accetti finalmente le concessioni richieste dalla Russia per la risoluzione politica del conflitto.
Per quanto riguarda il secondo, a metà marzo è stato valutato che ” la Russia potrebbe espandere la sua campagna terrestre nelle regioni di Sumy, Dniepropetrovsk e/o Kharkov “, menzionando Dniepropetrovsk al posto di Černigov, poiché le forze russe si stanno avvicinando al suo confine dal Donbass dopo aver aggirato Pokrovsk . Attraversare quel confine amministrativo in una regione che la Russia non rivendica (ancora?) come propria potrebbe aggirare le formidabili difese ucraine nella Zaporozhye centrale e portare alla rapida conquista di quella regione.
In relazione a queste dinamiche, la direttrice di RT Margarita Simonyan ha chiarito che la delegazione russa a Istanbul non ha minacciato che il loro Paese avrebbe rivendicato un’ulteriore regione ucraina se l’Ucraina non si fosse ritirata dalle quattro contese, bensì altre quattro per un totale di otto regioni (esclusa la Crimea). Queste potrebbero plausibilmente comprendere tutte o parte delle regioni di Černigov, Sumy, Kharkov e Dniepropetrovsk, dato l’ultimo piano russo per la zona cuscinetto, a meno che l’Ucraina non accetti le concessioni richieste prima di allora.
Con questo piano in mente e considerando che queste quattro regioni, Kiev, Čerkasy e Poltava, si trovano interamente o parzialmente a est del Dnepr, la Russia potrebbe aggiungere alla sua lista di richieste la creazione di una regione “Trans-Dnepr” totalmente smilitarizzata e controllata da forze di peacekeeping non occidentali . Ciò potrebbe integrare la sua richiesta originale di smilitarizzazione dell’intera Ucraina o essere presentato come un compromesso in cambio del permesso all’Ucraina di fare ciò che vuole dall’altra parte del fiume.
A prescindere dal fatto che tale proposta venga presentata o meno, il piano di Putin per la zona cuscinetto, recentemente annunciato, dimostra che la Russia sta ampliando i propri obiettivi, il che è comprensibile considerando che sta vincendo e che l’Ucraina si rifiuta ancora di accettare le concessioni richieste per la risoluzione politica del conflitto. Più a lungo l’Ucraina si rifiuterà di accettare la pace alle condizioni russe, maggiore sarà la perdita di territorio, che potrebbe in definitiva essere molto più di quanto chiunque si aspetti se gli Stati Uniti abbandonassero presto l’Ucraina per limitare le perdite.
La situazione rimane altamente infiammabile e potrebbe facilmente esplodere alla minima scintilla.
Russia e Stati Uniti raramente concordano su granché, ma i loro principali diplomatici hanno appena lanciato l’allarme sulla Siria, il che dovrebbe convincere gli osservatori obiettivi della fondatezza dei loro avvertimenti. Il Ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha affermato che “la situazione in Medio Oriente è particolarmente preoccupante, soprattutto in Siria, dove gruppi di militanti radicali commettono veri e propri atti di pulizia etnica ed esecuzioni di massa per motivi etnici e religiosi”. Questo riferimento si riferiva alle uccisioni, simili a quelle della Kristallnacht, della minoranza alawita siriana di marzo .
Quanto al Segretario di Stato Marco Rubio, ha affermato : “La nostra valutazione è che, francamente, l’autorità di transizione, date le sfide che sta affrontando, è a poche settimane – non molti mesi – dal potenziale collasso e da una guerra civile su vasta scala di proporzioni epiche, con la conseguente disgregazione del Paese”. Probabilmente si riferiva non solo alle uccisioni di massa degli alawiti siriani, ma anche alle recenti tensioni con la minoranza drusa e ai potenziali problemi nell’attuazione dell’accordo di reintegrazione nazionale con i curdi previsto per la primavera.
Prima degli avvertimenti di questi alti diplomatici, c’era un cauto ottimismo sul futuro della Siria, dopo che la Russia era riuscita a mantenere le sue basi lì per il momento, Trump aveva incontrato Jolani/Sharaa e gli Stati Uniti e poi l’UE avevano revocato le sanzioni alla Siria. Tuttavia, i tre sviluppi positivi sopra menzionati sono stati comunque oscurati dai problemi sopra menzionati, che insieme alla rivalità israelo-turca in Siria creano una situazione molto esplosiva.
A peggiorare la situazione, la base aerea russa di Khmeimim è stata recentemente attaccata da quelli che il blogger russo Rybar ha definito militanti uzbeki, che potrebbero essersi ribellati per qualsiasi motivo, ma Rybar sospetta che in realtà intendessero inviare un messaggio ostile plausibilmente negabile da parte delle nuove autorità. Qualunque sia la loro vera motivazione, questo dimostra quanto la situazione in Siria rimanga instabile, il che potrebbe indurre tutti gli attori stranieri interessati a considerare seriamente i loro piani di emergenza.
Si tratta di Russia, Stati Uniti, Turchia, Israele e, in una certa misura, persino dell'” Asse della Resistenza ” guidato dall’Iran, e l’interazione tra loro potrebbe plasmare in modo decisivo il futuro della Siria. Oltre alla rivalità israelo-turca precedentemente descritta, all’inizio di quest’anno Israele avrebbe fatto pressioni sugli Stati Uniti affinché mantenessero le basi russe in Siria, mentre un altro rapporto affermava che Israele sarebbe impegnato in colloqui segreti con la Siria, mediati dagli Emirati Arabi Uniti. Ci sono anche recenti rapporti sulla frattura tra Trump e Bibi, che potrebbe essere inconciliabile , da considerare.
Un’altra variabile influente potrebbe essere la nascitaRusso – USA ” NuovoDistensione “, che potrebbe vederli coordinare le loro attività in Siria, proprio come Turchia e Stati Uniti potrebbero fare dopo che Trump si è congratulato con Erdogan per il cambio di regime dello scorso dicembre. Gli osservatori non dovrebbero inoltre escludere che l'”Asse della Resistenza” possa avere alcune “cellule dormienti” in tutta la Siria in attesa del momento giusto per “risvegliarsi”. L’interazione caotica tra questi importanti attori stranieri potrebbe facilmente “balcanizzare” la Siria.
La Siria potrebbe quindi trovarsi ad affrontare tempi difficili a causa di questi fattori. In sintesi, la persecuzione delle minoranze da parte delle nuove autorità potrebbe spingere alcune di loro a imbracciare le armi, per poi essere sostenute dagli attori stranieri identificati. Alcuni di questi attori esterni potrebbero quindi sfruttare questi partner come mandatari per il sistema di divisione et impera in Siria. Se dovesse scoppiare un’altra guerra su vasta scala, la regione verrebbe nuovamente destabilizzata e un’altra ondata di rifugiati potrebbe riversarsi in Europa.
Ciò è stato evidenziato come mai prima dopo lo scioglimento dell’URSS.
La minoranza afrikaner del Sudafrica, e in particolare i contadini boeri, sono tornati al centro dell’attenzione dopo il vivace incontro di Trump con il presidente Cyril Ramaphosa alla Casa Bianca mercoledì, dove si è discusso se questo gruppo sia perseguitato da membri della maggioranza nera. Trump ha mostrato a Ramaphosa un filmato di Julius Malema, presidente degli Economic Freedom Fighters e membro dell’Assemblea Nazionale, che gridava “uccidi i boeri” e ha condiviso notizie sulla loro successiva uccisione.
Ciò ha generato un dibattito globale sul fatto che il coro di Malema inciti alla violenza o sia solo uno slogan metaforico dell’era dell’Apartheid per smantellare quel sistema e i suoi presunti resti successivi. I membri del segmento “Non-Russian Filo-Russian” (NRPR) della Alt-Media Community (AMC) sono divisi, ma chi difende Malema dovrebbe sapere che russi e afrikaner sono popoli affini con esperienze storiche simili, cosa che è stata messa in luce come mai prima dopo la dissoluzione dell’URSS.
Proprio come gli afrikaner si stabilirono al di fuori della patria ancestrale degli olandesi, l’Europa occidentale, in quello che oggi è il Sudafrica, così anche i russi si stabilirono al di fuori della loro patria ancestrale dell’Europa orientale, che oggi comprende la stragrande maggioranza dell’attuale Federazione Russa. E proprio come alcuni degli abitanti non afrikaner espressero un forte risentimento nei loro confronti dopo l’Apartheid, così alcuni degli abitanti non russi fecero lo stesso dopo la dissoluzione dell’URSS, soprattutto nei Paesi Baltici, in Asia centrale e nel Caucaso settentrionale.
I russi etnici sono ancora oggi discriminati (“legalmente”) nel primo, a volte vengono messi a disagio nel secondo e sono stati assassinati nel terzo, con la Cecenia come epicentro di questi crimini decenni fa. Hanno iniziato a soffrire di tutto questo anche nell’Ucraina post-Maidan, sebbene il territorio di quel paese moderno sia considerato dai russi una delle culle della loro civiltà, quindi non è paragonabile ai legami degli afrikaner di origine olandese con il Sudafrica, come lo sono in altri luoghi.
Ciò che è paragonabile è che alcuni di questi abitanti locali percepiscono i russi come favoriti dai governi imperiale e sovietico, proprio come quello dell’Apartheid favorì gli afrikaner, e credono che questa eredità abbia portato ad asimmetrie economiche e politiche tra le loro comunità. Inoltre, la retorica vomitata contro i russi da alcuni di questi stessi abitanti non è sempre così esplicita come lo slogan di Malema “uccidete i boeri”, ma condivide comunque la retorica della “decolonizzazione”, che viene strumentalizzata dall’Occidente, come spiegato e dimostrato qui .
Molti dei NRPR dell’AMC che sostengono Malema sostengono una legislazione di “giustizia sociale” contro gli afrikaner sulla base di motivazioni di “decolonizzazione” per affrontare le suddette asimmetrie attribuite al loro insediamento in quello che oggi è il Sudafrica. È un loro diritto, ma molti di loro non sostengono lo stesso – per non parlare degli equivalenti anti-russi del coro di Malema “uccidi i boeri” – contro i russi, sebbene il loro insediamento in alcune terre, anche all’interno dell’odierna Federazione Russa, sia avvenuto molto più tardi di quello degli afrikaner.
O non sanno che russi e afrikaner sono popoli affini con esperienze storiche simili, soprattutto dopo la dissoluzione dell’URSS, oppure lo ignorano per motivi di “convenienza politica”. Ciononostante, dovrebbero sapere che gridare “uccidete i boeri” in Russia violerebbe probabilmente l’articolo 282 del Codice penale russo, che proibisce “l’ incitamento all’odio o all’inimicizia, nonché l’umiliazione della dignità umana “, quindi il Cremlino ha chiaramente opinioni diverse su tale retorica rispetto a loro.
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Documento presentato a “Trasformare il mondo: Problemi e prospettive”, XXIII Lettura scientifica internazionale Likhachev, Università di Scienze umane e sociali di San Pietroburgo, 22-23 maggio 2025.
L’anno scorso a San Pietroburgo,ho posto la domanda: L’Occidente uscirà dalla sua guerra culturale come un potenziale partner più disponibile? Oppure l’Occidente si disaggregherà e ricorrerà alla bellicosità nel tentativo di tenere insieme le cose?[i]
Bene, questo è quanto. La “controrivoluzione” è ora in corso sotto forma di “Tempesta” Trump. E l’Occidentesi è già disgregato: Il progetto Trump sta mettendo a soqquadro l’America – e in Europa c’è crisi, disperazione e furia per rovesciare Trump e “tutte le sue opere”.
È dunque questo il “momento”? La rivolta anticipata contro l’imposizione culturale “progressista”?
No. Questa non è la portata dei cambiamenti striscianti e fragorosi in corso negli Stati Uniti. Questi stanno provocando cambiamenti politici molto più complicati. Non si tratterà di una cortese contrapposizionecontroblu. Perché c’è un’altra “scarpa” da far cadere, oltre alla rivoluzione del MAGA.
La vera azione negli Stati Uniti non si svolge nei seminari diBrookingso in articoli sulNew York Times. Sta accadendo dietro le quinte, fuori dalla vista; al di là della portata della società educata, e per lo più fuori dal copione. L’America sta subendo una trasformazione più simile a quella che colpì Roma all’epoca di Augusto.
Vale a dire, l’evento principale è il crollo di un ordine paralitico di élite e il conseguente dispiegamento di nuovi progetti politici.
Il crollo del paradigma intellettuale del liberalismo globale – le sue illusioni insieme alla struttura tecnocratica di governance ad esso associata – trascende lo scisma rosso/blu in Occidente. La pura disfunzionalità associata alle guerre culturali occidentali ha sottolineato che l’intero approccio alla governance economica deve cambiare.
Per trent’anni Wall Street ha venduto una fantasia, che si è appena infranta. La guerra commerciale del 2025 ha messo a nudo la verità: la maggior parte delle grandi aziende statunitensi era legata a doppio filo a catene di approvvigionamento fragili, energia a basso costo e manodopera straniera. E ora? Si sta rompendo tutto.
Francamente, le élite liberali hanno semplicemente dimostrato di non essere competenti o professionali in materia di governance. E non capiscono la gravità della situazione che si trovano ad affrontare: l’architettura finanziaria che produceva soluzioni facili e prosperità senza sforzo è ben oltre la data di scadenza.
Il saggista e stratega militareAurelienha scritto in un articolo intitolato, La strana sconfitta(originale in francese),[ii]dove la “sconfitta” consiste nella “curiosa” incapacità dell’Europa di comprendere gli eventi mondiali:
“… cioè la dissociazione quasi patologica dal mondo reale che [l’Europa] mostra nelle sue parole e nelle sue azioni”. Eppure, anche se la situazione si deteriora… non c’è alcun segno che l’Occidente stia diventando più basato sulla realtà nella sua comprensione – ed è molto probabile che continuerà a vivere nella sua costruzione alternativa della realtà -.finché non sarà espulso con la forza“.
Sì, alcuni capiscono che il paradigma economico occidentale del consumismo iperfinanziarizzato e guidato dal debito ha fatto il suo corso e che il cambiamento è inevitabile; ma sono così pesantemente investiti nel modello economico anglosassone che rimangono paralizzati nella ragnatela. Non c’è alternativa (TINA) è la frase d’ordinanza.
Così, l’Occidente è continuamente messo in minoranza e deluso quando ha a che fare con Stati che almeno si sforzano di guardare al futuro in modo organizzato.
L’Occidente è in crisi, ma non come pensano i progressisti o i tecnocrati burocrati. Il suo problema non è il populismo o la polarizzazione o qualsiasi altra “attualità” della settimana nei talk show del MSM. Il problema più profondo è strutturale: Il potere è così diffuso e frammentato che non è possibile alcuna riforma significativa. Ogni attore ha potere di veto e nessun attore può imporre la coerenza. Il politologo Francis Fukuyama ha dato un termine a questa situazione: “vetocrazia”: una condizione in cui tutti possono bloccare, ma nessuno può costruire.
“Facendo un passo indietro, in senso più ampio, abbiamo una crisi di competenze in questo Paese. Ha avuto un impatto enorme sulla politica americana”.[iii]
In un certo senso, la mancanza di collegamento con la realtà – con la competenza – è radicata nell’odierno neoliberismo globale. In parte può essere attribuita alla frase di Friedrich von HayekLa strada per la servitùche l’interferenza del governo e la pianificazione economica portano inevitabilmente alla servitù della gleba. Il suo messaggio viene trasmesso regolarmente, ogni volta che si parla della necessità di un cambiamento.
Il secondo asse (mentre Hayek combatteva i fantasmi di quello che chiamava “socialismo”) era quello degli americani che suggellavano una “unione” con la Scuola di Chicago del Monetarismo – il cui figlio sarebbe stato Milton Friedman che avrebbe scritto l'”edizione americana” deLa strada per la servitùche (ironia della sorte) è stato intitolatoCapitalismo e libertà.
L’economista Philip Pilkington scrive che l’illusione di Hayek che i mercati equivalgano a “libertà” si è diffusa al punto che tutti i discorsi sono completamente saturi. In una società educata, e in pubblico, si può certamente essere di destra o di sinistra, ma si dovrà sempre essere, in qualche forma, neoliberisti – altrimenti non si potrà accedere al discorso.
“Ogni Paese può avere le sue peculiarità, ma in linea di massima seguono uno schema simile: il neoliberismo guidato dal debito è prima di tutto una teoria su come riprogettare lo Stato per garantire il successo del mercato – e dei suoi partecipanti più importanti: le moderne imprese”.[iv]
Eppure l’intero paradigma (neo)liberale poggia su questa nozione di massimizzazione dell’utilità come suo pilastro centrale (come se le motivazioni umane fossero riduttivamente definite in termini puramente materiali). Il paradigma postula che la motivazione sia utilitaristica – e solo utilitaristica – come illusione fondamentale. Come filosofi della scienza come Hans Albert hanno sottolineato La teoria della massimizzazione dell’utilità esclude a priori la mappatura del mondo reale, rendendo così la teoria non verificabile.[v]
La sua illusione consiste nel rendere il benessere dell’uomo e della comunità sottomesso ai mercati e presume che l’eccesso di “consumo” sia una ricompensa sufficiente per il vassallaggio intrinseco. Questo è stato portato all’estremo con Tony Blair, il quale ha affermato che, ai suoi tempi, la politica non esisteva. In qualità di Primo Ministro, presiedeva un gabinetto di esperti tecnici, oligarchi e banchieri, la cui competenza consentiva loro di guidare con precisione lo Stato. La politica era finita; lasciamola ai tecnocrati.
“Il governo conservatore britannico eletto nel 1979 decise quindi, piuttosto che imitare i concorrenti di successo della Gran Bretagna, di fare l’opposto di ciò che facevano, e di affidarsi essenzialmente alla magia. “Così, tutto ciò che il governo doveva fare era creare il giusto ambiente magico (basse tasse, poche regolamentazioni) e che gli “spiriti animali” degli imprenditori avrebbero fatto spontaneamente il resto, attraverso la “magia” (interessante scelta di parole, questa) del “mercato.” Il mago, tuttavia, dopo aver evocato questi poteri, dovrebbe assicurarsi di stare ben lontano dal suo funzionamento”,comeAurelien ha scritto.[vi]
Le idee sono state prese dalla sinistra americana, ma il cosmopolitismo le ha diffuse in tutta Europa.
“La fissazione anglosassone (ora più ampiamente occidentale) per gli archetipi dell’imprenditore eroico e dell’universitario ha oscurato il fatto storico che nessuna industria significativa, e nessuna tecnologia chiave, si è mai sviluppata senza un certo livello di pianificazione e di incoraggiamento da parte del governo”.[vii]
Chiaramente questi sistemi di idee liberali e globaliste sonoideologici(se non magico), piuttosto che scientifico. E un’ideologia, quando non è più efficace, in futuro sarà sostituita da un’altra.
La lezione è che quando uno Stato diventa incompetente, alla fine sorge qualcuno che lo governa. Non per consenso, ma per coercizione. Una cura storica per questa sclerosi politica non è il dialogo o il compromesso, ma ciò che i romani chiamavanoproscrizione— un’epurazione formalizzata. Silla lo sapeva. Cesare lo perfezionò. Augusto lo istituzionalizzò. Prendete gli interessi dell’élite, negate loro le risorse, privateli delle proprietà e obbligateli all’obbedienza… altrimenti!
Come ha previsto il critico politico e culturale statunitense Walter Kirn ha previsto:
“Quindi, guardando al futuro, si tratta di capire cosa vorrà la gente. Cosa apprezzeranno le persone? Cosa apprezzeranno? Le loro priorità cambieranno? Penso che cambieranno molto…”.
“Prevedo che gli americani si preoccuperanno meno delle questioni filosofiche e/o politiche a lungo termine relative all’equità e così via, e che vorranno avere un’aspettativa minima di competenza. In altre parole, questo è un momento in cui le priorità si spostano e credo che stia arrivando un grande cambiamento: un grande, grande cambiamento, perché sembra che abbiamo affrontato problemi di lusso, e certamente abbiamo affrontato i problemi di altri Paesi, l’Ucraina o chiunque altro, con finanziamenti massicci”.[viii]
Cosa ne pensa Bruxelles di tutto questo? Assolutamente nulla. La tecnocrazia dell’UE è ancora affascinata dall’America degli anni di Obama, una terra di soft power, politiche identitarie e capitalismo neoliberale cosmopolita. Sperano (e si aspettano) che l’influenza di Trump venga eliminata alle elezioni congressuali di metà mandato del prossimo anno. Gli strati dirigenti di Bruxelles scambiano ancora il potere culturale della sinistra americana come sinonimo di potere politico.
Il conservatorismo americano, quindi, sembra essere ricostruito come qualcosa di più rude, più cattivo e molto meno sentimentale. Aspira a emergere anche come qualcosa di più centralizzato, coercitivo e radicale.radicale. Con molte famiglie negli Stati Uniti e in Europa che rischiano la bancarotta e il possibile esproprio a causa dell’implosione dell’economia reale, questo segmento della popolazione – che ora include una percentuale crescente di classi medie – disprezza sia gli oligarchi sia l’establishment e si sta avvicinando sempre di più a una risposta forse violenta. Allora la guerra culturale si sposterà dall’arena pubblica al “campo di battaglia” di strada.
L’amministrazione americana di oggi è soprattutto legata all’antica nozione di grandezza, alla grandezza individuale e ai contributi che la grandezza dà a tutta la civiltà.
L’individuo trasgressivo, ad esempio, gioca un ruolo significativo nelle teorie di Ayn Rand sull’industriale e sul genio (nei suoi romanzi, c’è sempre un forte elemento di outsider che è questo tipo di trasgressore criminale che porta una nuova misura di energia, che gli insider non possono fornire), scrive il politologo Corey Robinscrive.[ix]
Esiste, insomma, un’affinità non tanto segreta tra l’odierno conservatorismo populista e il radicalismo. Tuttavia, come afferma Emily Wilson nel suo libro,L’Iliade,la perdita della “grandezza raramente” è facilmente recuperabile.[x]
Non si può sfuggireIlIliadeanalogia per l’oggi – in cui Trump cerca di recuperare la “grandezza” del suo paese (e nel processo di ottenere un imperituro kleos personale).kleos(reputazione)). Oggi potremmo definirla “eredità”. InIliadeè definitorio e conferisce ai capi mortali la capacità metaforica di superare la morte attraverso l’onore e la gloria.
Tuttavia, non sempre finisce bene: Ettore, il protagonista, cerca anchekleos,viene ingannato e ucciso sotto le mura di Troia. Trump potrebbe dare ascolto alla morale dell’Iliade.Iliadestoria.
[i]È possibile un accordo pacifico tra i BRICS e l’Occidente?? Alastair Crooke,22° Letture scientifiche internazionali di Likhachev, Università di Scienze umane e sociali di San Pietroburgo, maggio 2024,https://www.lihachev.ru/chten_eng/2024/reports/42_Crooke_en.pdf
[[ii]Una strana sconfitta. Un fallimento di comprensione in UcrainaAureliano,Cercare di capire il mondo, Substack, 20 novembre 2024,
[iii]“Gli incendi in California e la crisi di competenze dell’America”(Trascrizione), Matt Taibbi & Walter Kirn,Notizie su Rackett,Substack, 11 gennaio 2025,
Chiosa di WS: Si stanno avvicinando “snodi” cruciali ampiamente prevedibili che porranno fine ” al balletto” di Trump che aveva la possibilità di alzarsi dal “tavolo ucraino ” con una “modesta perdita” ma evidentemente l’ ha persa, non si sa per quale motivo. Forse perché non ha il potere di imporsi a ” chi comanda in ” U$A o forse ( peggio) credeva veramente di intortare i russi con la sua “narrativa”. Un brutto segnale è infatti l’attacco all’elicottero di Putin che non poteva di certo avvenire senza il sostegno de l’intelligence USA. Io non so quanto questo attacco si sia avvicinato al bersaglio, e quanto Putin non se lo aspettasse, ma è certo che la violenta reazione russa con 3 notti di bombardamento hanno spezzato la “narrazione” trumpiana sulla ” tregua senza precondizioni”, il che costringerà la NATO ad alzare la posta per “reggere” il proprio proxi ucraino e allora Trump non potrà più regger e la sua “narrazione” di “mediatore cobelligerante. Quali saranno questi “snodi” ? Io ne vedo 3 in ordine di gravità ( cioè rischio di una guerra DIRETTA NATO-Russia) 1) Un diretto coinvolgimento della Germania attraverso la fornitura di crociere pesanti d’attacco Taurus Questo non sarà un “game changer” ma non potrà essere “ignorato” dai russi che sanno che i missili e il relativo personale dedicato sono già sul territorio ucraino. Quindi la germania riceverà una risposta pesante e diretta perché l’opinione pubblica russa non tollererà “il tradimento tedesco”. 2) Un attacco ” alla Transnistria fatto con personale NATO camuffato da “moldavo”. Anche questo essendo un attacco diretto ai “pacekeeper” russi riceverà una risposta pesantissima a qualunque struttura militare NATO si trovi sul territorio della Moldavia e alle loro basi di sostegno in Romania 3) Il blocco del Baltico Che ovviamente non potrà essere effettuata che da navi di paesi NATO di taglia ben superiore a quella dei “botoli baltici”.Quì saremmo proprio ad uno scontro DIRETTO NATO-Russia la cui dinamica poi non potrà più essere “controllata” dal solito “chiacchiericcio” narrativo-diplomatico.
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Due giorni fa la Russia ha scatenato un altro dei colpi più duri della guerra contro l’Ucraina, seguito il giorno dopo da un’ondata secondaria per finire tutto ciò che era stato colpito dopo un periodo obbligatorio di BDA (Battle Damage Assessment).
Essendo la più grande serie di attacchi da qualche tempo a questa parte, ha rivelato un mucchio di nuove informazioni sullo stato delle cose in Ucraina, in particolare per quanto riguarda le difese aeree dell’Ucraina e gli aggiornamenti dei sistemi di attacco della Russia.
Per esempio, il portavoce dell’aeronautica ucraina Yuri Ignat ha notato che gli Iskander sono stati aggiornati e ora utilizzano una serie di contromisure:
Innanzitutto dice che gli Iskander ora sparano esche radar ed eseguono manovre terminali che li rendono inattaccabili dai sistemi Patriot. Sappiamo che gli Iskander hanno sempre avuto queste capacità, ma potrebbero non essere stati programmati per usarle all’inizio della guerra, forse perché l’Ucraina inizialmente non aveva la capacità di abbatterli comunque, finché non è stata rifornita di armi occidentali.
La cosa interessante è che negli attacchi precedenti, circa un mese fa, l’Iskander è stato visto possibilmente erogare una di queste contromisure di depistaggio radar. Si tratta del famigerato attacco in cui si vede un Patriot che si avvicina e manca il missile Iskander:
Ma se si guarda molto attentamente nella parte superiore dello schermo, esattamente al minuto 0:01, si può vedere qualcosa che viene espulso dal retro dell’Iskander:
È interessante notare che l’oggetto cade a sinistra proprio nella direzione in cui il Patriot si dirige quando lo manca: forse si è agganciato all’esca come previsto.
Nell’attacco di due notti fa, abbiamo visto di nuovo missili Kh-101 con le loro trappole termiche potenziate:
Un altro Iskander atterrato su Chernigov durante gli attacchi:
In realtà, il Washington Post ha ammesso che Kiev non è riuscita ad abbattere un solo Iskander durante gli attacchi:
Sono riusciti ad abbattere un Kh-101 con quello che si sostiene essere un MIM-23 Hawk:
Nel complesso, la portata dell’attacco è stata enorme, e le pubblicazioni occidentali hanno notato il massiccio aumento della produzione russa di droni e missili:
UN ANNO FA, il fatto che 30 droni colpissero l’Ucraina in una sola notte era considerato eccezionale. Ora la Russia sta saturando le difese aeree dell’Ucraina con centinaia di droni. Il 25 maggio il Cremlino ha bombardato il Paese con quello che ha definito un “attacco massiccio” contro i suoi siti militari-industriali, con 298 droni, probabilmente un record.
L’Economist dipinge un quadro desolante, notando che solo le “scorte in diminuzione” di Patriot di Kiev hanno “una possibilità” di colpire i missili balistici russi, mentre i droni russi Geran hanno subito ogni tipo di aggiornamento, compreso l'”apprendimento automatico” che consente loro di colpire senza sforzo gli obiettivi di Kiev.
L’articolo sostiene eroicamente, tuttavia, che l’Ucraina riesce ancora ad abbattere “il 95%” dei droni Geran: una bugia risibile, visto che i video degli attacchi di ieri mostrano una sfilza di venti colpi senza risposta da parte degli stessi droni:
Gli esperti russi notano che i nuovi Geran agiscono ora più come “ficcanaso” EW per sondare le zone EW e AD ucraine, in modo che i veri pacchetti d’attacco vengano poi mappati attorno a quei corridoi. Secondo quanto riferito, i Kh-101 sono stati aggiornati con ottiche più sensibili che consentono loro di conformarsi meglio al terreno per navigare in questi corridoi “sicuri” verso i loro obiettivi.
L’Economist osserva che l’America ha praticamente il monopolio dei sistemi missilistici anti-balistici in Occidente, su cui l’Ucraina deve fare affidamento, nonostante molti dei loro sistemi siano messi fuori uso dagli attacchi russi:
Rubio ha appena dichiarato che l’America “non ha più Patriot” da dare, poiché le sue scorte sono a questo punto criticamente ridotte.
Si tratta in particolare dell’affermazione del “95%” di abbattimenti di droni Geran, dove Le Monde
Nel 2024, il tasso di Shahed distrutti o disorientati superava spesso il 90%. Oggi non è più così, dove il tasso scende talvolta al 30%.
La pubblicazione cita un vice comandante di un’unità mobile ucraina di AD:
“La tendenza è negativa”, ammette Yakout, vicecomandante di un’unità DAU che comprende 23 gruppi mobili e protegge i cieli della regione di Odessa. Quest’uomo grassoccio dai tratti asiatici, di 44 anni, spiega che i droni di tipo Shahed sono stati perfezionati da quando sono apparsi per la prima volta nell’autunno del 2022. “Da gennaio le loro macchine volano ad un’altitudine compresa tra i 2.000 e i 3.000 metri, invece che a 200 metri. Non riusciamo più a colpirli con i nostri cannoni. Quando attaccano in picchiata a oltre 500 km/h, è molto difficile colpirli”, spiega l’ufficiale.
Ma la più grande rivelazione del pezzo di Le Monde è che l’Ucraina ha completamente esaurito le scorte di missili per le sue batterie SAMP/T, e praticamente anche per i suoi Crotale:
Ma per affrontare la sfida crescente, “abbiamo bisogno di molti più sistemi a lungo raggio, come il Patriot [americano], l’Iris-T [tedesco] e il SAMP/T [franco-italiano]. Oggi non abbiamo nulla. Oggi non abbiamo nulla per proteggere l’Ucraina meridionale dai missili balistici”, confida l’ufficiale. Secondo una fonte di Le Monde, l’Ucraina non ha più missili per le sue due batterie SAMP/T e “da un anno e mezzo non riceve un solo missile” per il sistema antiaereo a corto raggio Crotale.
Sempre più spesso il tema delle discussioni si è rivolto al crescente vantaggio della Russia nel campo dei droni. Per molto tempo l’Ucraina ha detenuto il vantaggio, ma ora un numero crescente di fonti sia in Ucraina che in Occidente sostiene che la Russia ha finalmente superato la parità e ha preso il comando in tutto, dalla sorveglianza ai droni FPV. L’ultimo articolo del Times fa una dichiarazione scioccante:
La Russia ha preso il comando nella corsa ai droni, superando Kiev nella produzione e nell’uso di droni FPV a medio raggio e di varianti in fibra ottica che hanno cambiato la forma dell’intera linea del fronte di 1.200 chilometri.
L’articolo prosegue affermando che gli attacchi FPV russi stanno ora distruggendo regolarmente la logistica “posteriore” dell’Ucraina a più di 20 km dietro il FLOT.
L’articolo osserva come il flagello dei droni abbia cambiato le rotazioni:
Fino alla fine del 2023, i fanti di entrambi gli schieramenti che partecipavano a una rotazione standard venivano di solito portati in una posizione vicina al fronte in veicoli corazzati per il trasporto del personale, percorrendo le ultime centinaia di metri a piedi.
Ora, sotto un cielo pieno di droni, i fanti vengono fatti scendere da pick-up 4×4 e camminano tra i cinque e gli otto chilometri di notte, in percorsi tortuosi tra gli alberi per evitare di essere scoperti, solo per prendere posizione sulla linea del fronte, nota come “punto zero”.
Una volta lì, invece di essere spostate dal fronte una o due settimane dopo, come accadeva all’inizio del 2024, le truppe ucraine trascorrono ora mesi in buche di volpe, spesso prive di qualsiasi altro contatto umano, rifornite di acqua, razioni e munizioni da droni agricoli.
Si dice che persino i giornalisti dei media ucraini si rifiutino di avvicinarsi a 15 km dalla linea del fronte perché i droni sono troppo pervasivi e colpiscono tutto ciò che si muove.
Il massimo esperto ucraino di droni concorda, spiegando che non c’è EW per coprire le “retrovie”, poiché nessuno si aspetta che i droni si spingano così in profondità:
Anche l’ufficiale della riserva ucraina Tatarigami si è dilungato su questo problema emergente in un thread:
Negli ultimi mesi, i russi si sono concentrati sulla distruzione della logistica ucraina, utilizzando un mix di droni, tra cui quelli a fibra ottica. Una volta che l’EW viene neutralizzata o costretta a ritirarsi dai droni a fibra ottica, si libera la strada per droni come il Molniya, che può volare per oltre 20 km. Filosofia:
2/ Il taglio delle linee di rifornimento ha reso quasi impossibile il trasporto di veicoli.In alcuni casi, singoli soldati devono camminare per più di 10 km di notte per consegnare i rifornimenti di base: un modo insostenibile per sostenere qualsiasi unità di dimensioni considerevoli, o anche truppe in rotazione.
3/ Nonostante i crescenti problemi logistici, il comando ucraino ha fatto scelte sbagliate per lanciare assalti di stampo russo. Il tentativo di catturare le posizioni mentre già si faticava a tenere quelle attuali, con meno truppe e meno equipaggiamento, ha portato a risultati prevedibilmente scadenti.
4/ Allo stesso tempo, la Russia ha aumentato notevolmente la produzione di droni Geran (varianti aggiornate dello Shahed), con una produzione giornaliera che probabilmente supera le 100 unità. La nostra analisi delle immagini satellitari mostra un chiaro aumento dell’impiego dei droni, non dovuto all’accumulo di scorte, ma alla produzione costante.
5/ La posizione della Russia è migliorata grazie agli sforzi compiuti per interrompere le linee di rifornimento ucraine in diverse aree del fronte, tra cui vicino a Kostyantynopil e Pokrovsk. Tuttavia, la loro dipendenza da tattiche di piccole unità permette di avanzare in maniera costante, ma non di sfondare.
6/ Le forze russe sembrano fiduciose nelle loro possibilità di ottenere guadagni sostanziali nell’estate del 2025. Nel frattempo, nonostante l’evidente stanchezza, anche le forze ucraine rimangono ferme e fiduciose nella loro capacità di tenere la linea e di impedire alla Russia di realizzare uno spostamento strategico.
7/ Il fatto che la Russia ottenga importanti guadagni – o non riesca ad avanzare – quest’estate e all’inizio dell’autunno potrebbe influenzare pesantemente il suo processo decisionale più ampio. Un’offensiva bloccata potrebbe costringere a rivalutare le prospettive complessive di costo-beneficio della guerra.
Le innovazioni arrivano così velocemente che è quasi difficile tenere il passo, come suggerisce il soldato ucraino nell’articolo. Ricordiamo che di recente ho mostrato che i russi parcheggiavano i loro droni a fibre ottiche all’interno dei “tunnel di rete” che ora si estendono su tutto il fronte, in attesa che le auto ucraine passassero. I droni ucraini ora danno la caccia a questi silenziosi “imboscati”:
Allo stesso tempo, uno dei temi più comuni nelle recenti rivelazioni in prima linea, di cui ho scritto più dettagliatamente nell’ultimo articolo di Premium, è quanto la Russia abbia iniziato a prendere di mira e a dare la caccia alle unità di droni ucraine. Gli ucraini lamentano ora che le loro squadre di droni vengono triangolate e fatte fuori, con le unità russe specializzate nel ripulire la LoC dalle squadre di droni ucraini difficili da trovare.
Un attacco di un missile Kh-39 LMUR basato su un elicottero contro un equipaggio UAV nemico scoperto in una delle case.
Gli abbonati ricorderanno le recenti indiscrezioni su una nuova classe di droni russi completamente autonomi. Ora il principale esperto di droni dell’Ucraina fornisce ulteriori dettagli su questi sviluppi:
Continuo a studiare l’uso degli UAV russi con l’AI.
Lo dico subito: i rappresentanti di tutti i dipartimenti stanno già lavorando a questo problema. Stiamo cercando una contromisura e la troveremo.
Ieri il nemico ha attaccato il villaggio di Velykyi Burluk con uno sciame di sette UAV. A quanto pare, i droni, volando, hanno notato un gruppo di auto vicino a Novaya Poshta e un gruppo di persone nel mercato sottostante. L’intelligenza artificiale ha preso la decisione di attaccare l’obiettivo, gli UAV si sono disposti in cerchio e poi sono scesi in picchiata. Miracolosamente, tutti sono vivi e vegeti. Per questi UAV, infatti, non c’è differenza su chi attaccare.
Le marcature di colore unico sulle ali permettono allo sciame di rimanere in uno stormo. Camminano come uccelli uno sopra l’altro per vedere le marcature.
P.S. Un UAV completamente intatto ha attaccato una toilette ed è annegato in questa toilette cittadina nel villaggio di Velykyi Burluk. Se qualcuno ha bisogno di un trofeo, sa dove trovarlo. Non c’erano persone disposte a prenderlo.
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In primo luogo, egli afferma che questi sciami di droni sono in grado di identificarsi e tracciarsi l’un l’altro grazie a diversi simboli colorati sulle loro ali, consentendo loro di collegarsi in rete in modo integrato, scegliendo e coordinando gli obiettivi da colpire. Afferma che per ora non fanno distinzione tra obiettivi militari e civili – chissà se questa parte è solo un pizzico di provocazione in più per creare un po’ di urgenza o se è vera.
In ogni caso, una cosa è certa: La Russia ha preso il comando, almeno per ora, nella guerra dei droni.
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Le cose continuano ad andare male per l’Ucraina sul fronte, con le catture territoriali russe che oggi sono salite a circa 50 km2 , secondo una fonte.
L’ultima edizione del Financial Times descrive i soldati ucraini come stanchi e demoralizzati, senza alcuna speranza all’orizzonte:
‘Sentimento di stanchezza e frustrazione’ che si diffonde nelle Forze Armate ucraine per la mancanza di prospettive di fine della guerra – Financial Times
Il morale si sta indebolendo sia tra gli ufficiali esperti che tra i soldati appena mobilitati.
Non sentono alcuna prospettiva di porre fine ai combattimenti e “temono che le loro vite siano state sacrificate invano”.
“Siamo esausti”, si lamenta uno dei comandanti delle Forze armate ucraine, la cui unità sta combattendo vicino a Pokrovsk.
L’inazione di Trump dopo la sua dichiarazione di voler porre fine al conflitto ucraino in 24 ore ha fatto infuriare le Forze Armate ucraine.
Al tempo stesso, i politici ucraini affermano che il Paese deve prepararsi a una lunga guerra.
“La campagna di mobilitazione rimane inficiata dalla corruzione e dalla coscrizione forzata, con uomini presi per strada e spinti in furgoni, e un programma per reclutare giovani tra i 18 e i 24 anni è fallito”, scrive la pubblicazione.
RVvoenkor
Questo estratto riecheggia in modo interessante le nostre recenti descrizioni delle tattiche d’assalto della Russia:
Le truppe ucraine sul fronte orientale hanno detto che la fanteria russa sfreccia in moto, passeggini e scooter elettrici. Said Ismahilov, un soldato che un tempo era l’anziano chierico musulmano dell’Ucraina, li ha paragonati a uno “sciame di locuste… non una grande onda, ma un flusso senza fine”.
Un soldato ucraino descrive lo spirito al fronte:
L’articolo ripropone la vecchia storia delle “perdite russe” di massa, concentrandosi sul fronte di Konstantinovka. Strano, visto che continuano ad apparire video come questo da parte ucraina a Konstantinovka:
In effetti, Julian Roepcke ha nuovamente lanciato l’allarme sul crollo di questo fronte:
Si riferisce al fatto che la Russia abbia finalmente chiuso il calderone di Zorya, che si è sviluppato nell’ultima settimana o giù di lì:
Ora la situazione è questa, con alcune fonti che sostengono un crollo totale con la fuga a nord dell’AFU rimanente:
Il canale militare ucraino Deep State ha persino postato un’intervista arrabbiata su come le truppe russe che hanno liberato Zorya (cerchiata in rosso sopra) sono state accolte con calorosi abbracci dagli abitanti del luogo:
L’insediamento di Zorya. Fricchettoni pro-Mosca e abbracci con i katsap.
La “popolazione” è uscita per incontrare i soldati katsap, che in precedenza avevano raso al suolo il loro villaggio e quelli vicini. Questo è ciò che accade quando l’ovatta e la merda sono presenti in una testa malata, ma va bene, presto proveranno il gusto pieno della “vita uskai”.
Secondo quanto riferito, è il 68° reggimento carri armati delle guardie della 150° divisione di fucili a motore che sta prendendo d’assalto questa zona:
Qui il nemico si trova in una situazione spiacevole, minacciando un calderone. Dopo aver preso Romanovka qualche giorno fa, i soldati del 68° Reggimento carri armati della Guardia hanno iniziato ad avanzare non solo verso nord, ma anche verso Zarya. E i nostri soldati, provenienti dalla direzione di Alexandropol, stanno già cercando di prendere d’assalto la stessa Zarya.
Altri rapporti affermano che il 68° sta sgomberando le posizioni nemiche a sud di questo calderone, che dovrebbe essere presto chiuso completamente. Secondo alcune fonti è già completamente chiusa, con il 68° che si limita a fare l’ultimo sgombero di sicurezza:
Oggi diciamo addio a una grande tasca a sud di Konstantinovka. Abbiamo preso un sacco di territorio senza combattere, il nemico ha ritirato le sue forze principali a nord prima che la tasca si chiudesse. Ora le nostre truppe stanno liberando il territorio e continuano a premere in direzione di Konstantinovka.
Sul fianco occidentale di quest’area la Russia ha continuato a guadagnare in massa: tutto ciò che circonda Novopoltavka, recentemente conquistata, è stato ampliato in ogni direzione:
L’analista ucraino di punta Myroshnykov scrive di questa direzione:
Direzione Konstantinovka
Il nemico si è raggruppato e ha ripreso la precedente intensità di assalti in direzione di Rusyn Yar.
Da Novoolenivka e Alexandropol, l’avanzata del nemico è stata fino a 2,5 km, a seconda della zona. Il vettore generale è l’approccio sud-occidentale a Kostyantynivka.
Di fatto, nella periferia occidentale di Yablunivka sono già in corso dei combattimenti…
I combattimenti sono ancora in corso per Hnativka e Stara Mykolaivka. Ma sta diventando sempre più difficile farlo in un semi-accerchiamento.
Dalla zona a est di Malynivka, l’occupante avanza perpendicolarmente all’autostrada T0504 (Pokrovsk-Konstakha) con direzione nord e nord-ovest.
Ciò sta dando i suoi frutti: si stanno facendo progressi significativi verso Popovy Yar, Nova Poltavka è stata finalmente conquistata e si stanno creando le condizioni per raggiungere la linea Sofiivka-Shakhove-Volodymyrivka.
Questa linea costituisce una testa di ponte verso Druzhkivka e l’autostrada H20 nel tratto tra Druzhkivka e Konstakha.
Credo che in quella zona il nemico avrà maggiori probabilità di impegnare le nostre riserve per portare a termine l’operazione principale: l’operazione Kostyantynivka.
In linea di principio, l’area è adatta anche per svolgere azioni dimostrative nei pressi di Myrnograd o Dobropillya.
Ma dobbiamo comunque stare attenti, perché è chiaro che il nemico vuole conquistare l’intera regione di Donetsk.
L’occupante nella regione di Donetsk ha piena iniziativa e, sfortunatamente, le nostre truppe sono costrette a reagire alle “mosse” del nemico. Prendere l’iniziativa lì è al momento un po’ come volare su Marte. Ma ovviamente la situazione può cambiare.
È troppo presto e prematuro “seppellire” Konstakh. Non c’è ancora nulla di chiaro.
Il nemico è ancora impegnato ad avvicinarsi alla città per conquistare posizioni più vantaggiose.
Naturalmente, fermare l’occupante a 2-3 km da Konstaha non è una buona idea, ma per ora è il massimo che ci si può aspettare.
In breve, con la recente serie di conquiste attorno a Novopoltavka verso Rusyn Yar, le forze russe hanno sostanzialmente creato la tenaglia occidentale che si sta formando attorno all’obiettivo principale della città fortezza di Konstantinovka:
Come potete vedere, Konstantinovka sta sempre più addensando la sua “ciotola”, mentre viene lentamente avvolta da entrambi i lati.
A sud-ovest dell’asse di Pokrovsk, le forze russe hanno anche ampliato il territorio. L’ultima volta avevano semplicemente conquistato Bogatyr, ora stanno bonificando le aree circostanti, compresa la cattura totale del vicino insediamento di Oradnoye, per non parlare di ampie fasce a nord.
Il fronte lì ora sembra irriconoscibile poiché è stato livellato completamente piatto da vicino a Gulyaipole fino a Pokrovsk, rendendolo favorevole al supporto di nuovi salienti che inevitabilmente scoppiano in
Chi ricorda quando Marinka, Vugledar e Avdeevka (evidenziati in verde nella foto sopra) erano i fronti di battaglia più contesi?
Anche nella zona più occidentale di Zaporozhye, le forze russe sono avanzate; alcune fonti sostengono che stiano entrando nella periferia di Mala Tokmachka, da cui un tempo venne lanciata la famigerata “grande controffensiva estiva” ucraina del 2023:
Ci sono state molte altre piccole avanzate, ma per ora ci concentreremo su un’ultima regione. A Sumy, le forze russe hanno iniziato a compiere progressi significativi, con le autorità ucraine che si affrettano a evacuare oltre 200 insediamenti. Volodomyrovka è stata catturata, Vodolahy è entrata e presto lo sarà, Bilovody è stata catturata, Loknya è stata catturata e Yunakovka è stata attivamente conquistata dalla periferia:
Yunakovka è infatti il primo vero insediamento di grandi dimensioni nella regione di Sumy, nonché un importante punto di controllo logistico per le forze ucraine. Se la Russia riuscisse a conquistarlo, segnerebbe il vero inizio della strada verso la città di Sumy.
Anche i resoconti militari ucraini hanno lanciato l’allarme sulla direzione Lyman, dove la Russia sta facendo progressi:
Il nemico cominciò a piangere per Kupyansk.
“Kupyansk, come Pokrovsk, si sta gradualmente avvicinando all’abisso logistico, il problema più grande è il FPV del nemico.”
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Alcune ultime note disparate:
Merz ha fatto scalpore affermando che non ci sono ulteriori “limitazioni” per le armi destinate all’Ucraina, portando tutti a supporre che la Taurus verrà ora inviata. D’altra parte, il Vice Cancelliere tedesco sembra aver immediatamente smentito questa affermazione:
Il vice cancelliere tedesco Lars Klingbeil ha negato che Berlino abbia cambiato rotta sulla gamma di armi fornite all’AFU:
“Non esiste un nuovo accordo che vada oltre quanto fatto dal governo precedente.”⚡️⚡️⚡️
Che sia vero o no, in precedenza avevamo riferito che la Germania possedeva un totale di 400-500 missili Taurus, di cui solo 250 funzionanti, di cui 150 sarebbero stati consegnati all’Ucraina. Tali volumi sono semplicemente irrilevanti, soprattutto considerando che la Russia ha appena lanciato quasi altrettanti missili in un solo giorno contro l’Ucraina.
C’era un interessante rapporto che sosteneva che il Regno Unito avrebbe acquistato i Taurus dalla Germania, “assolvendo” così la Germania dalla responsabilità della programmazione e dell’impiego dei missili contro obiettivi russi. In ogni caso, non si prevede che ciò avrà alcun effetto.
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L’Ucraina continua ad alimentare i timori in merito alle esercitazioni Zapad 2025 che si terranno in Bielorussia a settembre di quest’anno:
Si teme che la Russia utilizzi nuovamente le esercitazioni per lanciare un’invasione dalla Bielorussia verso Kiev, anche se ciò è improbabile.
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Un rifugiato siriano che vive nella base aerea russa di Khmeimim a Latakia racconta in modo schietto le condizioni di vita e lo stile di vita generale dei siriani sfollati, cacciati dalle loro case dalle folle di Jolani:
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Infine, Kellogg, l’uomo dei cereali con il cervello in gola, si immagina un brillante stratega mentre invoca l’arte della guerra contro la Russia:
Non sono sicuro che Sun Tzu intendesse provocare inutilmente un “avversario” ideologico non ostile, spingendolo a industrializzarsi pesantemente e a diventare una potenza militare senza motivo, il tutto mentre era già impegnato in un conflitto su due fronti contro la Cina, ormai perdente. Non sembra il “culmine del professionismo”, ma piuttosto un suicidio strategico.
Il vostro supporto è inestimabile. Se avete apprezzato la lettura, vi sarei molto grato se vi impegnaste a sottoscrivere un impegno mensile/annuale per sostenere il mio lavoro, così da poter continuare a fornirvi report dettagliati e incisivi come questo.
Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato l’intervento di Putin e un resoconto della conferenza citata nell’articolo. Qui sotto una valutazione in proposito dell’importante centro di ricerca statunitense “Stratfor”
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Il presidente russo Vladimir Putin il 18 maggio al Congresso dell’Unione russa degli industriali e degli imprenditori a Mosca.
I governi devono spendere immense risorse per sostenere una guerra su larga scala, e la Russia non fa eccezione. Dall’invasione dell’Ucraina nel 2022, la Russia ha riversato vaste riserve di fondi, equipaggiamenti e manodopera nel suo sforzo bellico, e la sua economia porta le ferite che lo dimostrano, aggravate dalle crescenti sanzioni occidentali. Tuttavia, un’analisi ampiamente qualitativa dell’economia russa suggerisce che Mosca potrebbe continuare la guerra con l’Ucraina agli attuali livelli di intensità per almeno altri due o tre anni, in presenza delle attuali limitazioni economiche. Questo prolungamento dei tempi potrebbe ridurre l’incentivo del governo russo a negoziare una soluzione politica, a patto che il sostegno occidentale all’Ucraina non costringa Mosca a scavare significativamente più a fondo nelle sue risorse in diminuzione.
Tuttavia, il proseguimento della guerra comporterebbe per la Russia costi economici significativi a breve e lungo termine, nonostante il temporaneo impulso alla crescita economica in seguito al forte aumento delle spese per la difesa da parte di Mosca. La domanda interna è già superiore alla capacità produttiva dell’economia russa, come dimostra l’inflazione elevata e probabilmente non dichiarata. Se da un lato l’aumento dell’inflazione non impedirà alla Russia di mantenere alta la spesa per la difesa nei prossimi anni, dall’altro rischierà di aumentare il malcontento politico interno nel medio termine e di affossare la crescita economica a lungo termine.
In breve, i vincoli economici a breve termine della Russia sono gestibili, il che limiterà gli incentivi a fare concessioni significative nei negoziati di pace. Tuttavia, i costi economici del mantenimento della guerra aumenteranno nel tempo e indeboliranno ulteriormente la posizione economica della Russia, il che potrebbe finire per limitare la capacità politica interna del governo di proseguire la guerra. Di conseguenza, il calcolo della Russia nei negoziati di pace potrebbe cambiare nei prossimi anni, soprattutto se il sostegno occidentale all’Ucraina aumenterà.
Finanziamento dello sforzo bellico
Lo stato dell’economia russa è difficile da valutare a causa della limitata disponibilità di dati o della loro scarsa qualità. Tuttavia, sulla base dei dati ufficiali, la crescita economica della Russia sembra aver accelerato al 4% nel 2023-24 dopo la contrazione dell’economia nel 2022. Sebbene a prima vista questa crescita sembri essere un segnale positivo per la Russia, è stata in gran parte attribuita al significativo aumento della spesa per la difesa di Mosca, che si rivelerà insostenibile nel lungo periodo. Allo stesso modo, mentre il debito pubblico sembra essere rimasto molto basso nel 2023-24 (il Fondo Monetario Internazionale lo stima al 20% del PIL), l’inflazione elevata indica ancora un inasprimento dei vincoli economici, poiché la domanda interna, compresa la spesa per la difesa, supera la produzione nazionale. Non potendo contrarre prestiti a livello internazionale, la Russia farà sempre più fatica ad aggirare questo vincolo, indipendentemente dal livello del suo debito pubblico. I prossimi paragrafi discutono gli aspetti finanziari dell’economia di guerra russa e suggeriscono che i vincoli principalmente non finanziari peseranno sempre di più sulle prospettive economiche.
In termini di finanze pubbliche, l’aumento della spesa per il personale, il materiale e le operazioni può essere sostenuto attraverso un aumento delle tasse, una riduzione della spesa non legata alla difesa, un maggiore finanziamento del debito o il prelievo delle risorse finanziarie del governo. Sebbene non siano disponibili dati affidabili, è indubbio che dal 2022 la spesa per la difesa della Russia sia aumentata molto più rapidamente di quella non legata alla difesa. I governi possono finanziare l’aumento della spesa anche attraverso il finanziamento diretto del bilancio da parte della banca centrale, che spesso porta a un aumento dell’inflazione (la cosiddetta tassa sull’inflazione). Se si crede alle statistiche ufficiali, la Russia ha finora resistito a finanziare il suo sforzo bellico con un significativo debito aggiuntivo, affidandosi invece al prelievo di risorse finanziarie. È da notare, tuttavia, che l’aumento dell’inflazione, che ha raggiunto una media dell’8,4% nel 2024, rispetto a circa la metà del livello nel 2018-21, ha contribuito a mantenere basso il rapporto debito/PIL, che è ufficialmente riportato al 20% del PIL.
Nella misura in cui lo sforzo bellico di un Paese si basa su risorse estere, la sua economia deve essere in grado di acquistare importazioni. Analogamente al finanziamento del bilancio nazionale dello sforzo bellico, un governo può attingere alle proprie attività estere, esportare beni e servizi per generare entrate o contrarre debiti esteri per finanziare le importazioni. Dal momento che la Russia non può accedere alle sue attività estere congelate o raccogliere debito a livello internazionale, Mosca non può fare affidamento su risorse estere nette per sostenere la sua economia e deve invece utilizzare i proventi delle esportazioni per finanziare le importazioni.
È qui che entrano in gioco le sanzioni. In pratica, la Russia è stata in grado di eludere con più o meno successo molte sanzioni commerciali importando merci attraverso Paesi terzi, contrabbandando o eludendo le sanzioni assicurative costruendo e gestendo una flotta di “petroliere ombra”. Ciononostante, le sanzioni occidentali hanno imposto costi materiali all’economia russa, sia aumentando i costi di importazione dei beni sanzionati, sia costringendo la Russia ad accettare prezzi più bassi per le sue esportazioni di petrolio a causa dei massimali di prezzo.
Il congelamento delle riserve valutarie della Banca Centrale Russa riduce la capacità della Russia di finanziare le importazioni. Nel frattempo, le sanzioni finanziarie impediscono al governo russo di contrarre debiti esteri, mentre le sanzioni sul commercio estero mirano a limitare la capacità della Russia di generare entrate in valuta estera. I controlli sulle esportazioni hanno lo scopo di negare alla Russia l’accesso alle importazioni critiche o almeno di costringerla ad acquistarle altrove a prezzi più alti, ammesso che siano disponibili altrove. Più in generale, le restrizioni commerciali impongono anche quelle che gli economisti chiamano perdite di peso morto all’economia, con conseguenti perdite economiche complessive, poiché l’economia è costretta a passare a beni più costosi a livello internazionale o a fonti più costose a livello nazionale. Infine, la capacità più limitata di acquisire tecnologie critiche a causa dei controlli sulle esportazioni peserà anche sulle prospettive economiche a lungo termine per quanto riguarda la crescita della produttività.
Vincoli economici e politico-economici allo sforzo bellico
Lo sforzo bellico e le sanzioni continueranno ad avere un impatto negativo sull’economia russa nel breve e nel lungo periodo. Sebbene sia impossibile da quantificare, l’analisi economica standard suggerisce che l’effetto rimarrà tangibile e aumenterà con il proseguire della guerra. Dal punto di vista economico, i governi sono quasi sempre in grado di mobilitare enormi risorse per sostenere uno sforzo bellico. Dal punto di vista politico, tuttavia, possono essere o sentirsi più vincolati, poiché maggiore è la mobilitazione delle risorse, maggiore è la riduzione relativa dei consumi delle famiglie. Il governo russo potrebbe sentirsi meno vincolato, data la centralizzazione istituzionale del potere, il soffocamento relativamente efficace dell’opposizione interna alla guerra e le vie istituzionali praticamente inesistenti per gli attori politici, compresi gli elettori, per influenzare la politica del governo. Ciononostante, qualsiasi leader in guerra cercherà di limitare i costi economici, se possibile, per non minare il sostegno alla guerra.
Nel breve termine, l’aumento della spesa per la difesa può stimolare la crescita economica, a condizione che l’economia operi al di sotto della capacità produttiva. Questo sembra essere il caso della Russia nel 2022, almeno a giudicare dal tasso di disoccupazione. Il tasso di disoccupazione si è dimezzato dal 2021 al 2025, passando dal 4,8% al 2,5%. Sebbene la coscrizione possa spiegare parte del declino, l’evidenza aneddotica suggerisce che l’aumento della domanda interna, sostenuta da forti aumenti della spesa per la difesa, ha contribuito a richiamare manodopera nell’economia. Il bassissimo tasso di disoccupazione indica anche che l’economia russa sta operando al di sopra della capacità produttiva, il che limiterà la crescita economica attirando nella produzione economica le risorse inutilizzate, sia il lavoro che il capitale non utilizzato. Allo stesso tempo, un aumento significativo delle spese per la difesa riduce la produzione disponibile per i consumi delle famiglie o diminuisce il risparmio interno necessario per finanziare gli investimenti nazionali. E la riduzione dei consumi delle famiglie può indebolire il sostegno interno alla guerra. Mentre alcuni tipi di lavoratori possono aver beneficiato dell’aumento dei salari, in particolare nell’industria della difesa, le persone che dipendono dal sostegno del governo avranno probabilmente subito un calo del reddito reale come conseguenza dell’aumento dell’inflazione, a fronte di un aumento lento della spesa sociale e pensionistica del governo rispetto all’inflazione (probabilmente non dichiarata). Inoltre, la riduzione degli investimenti indebolirà le prospettive economiche a medio e lungo termine;
Oltre all’impatto dell’aumento delle spese per la difesa sui consumi e sugli investimenti, le guerre terrestri sottraggono all’economia quantità non trascurabili di manodopera, soprattutto a fronte di perdite significative sul campo di battaglia. Secondo le stime dei servizi segreti britannici, le perdite russe sul campo di battaglia – morti e feriti – ammontano a quasi 1 milione. A fronte di una popolazione in età lavorativa di circa 100 milioni di persone. Senza contare l’emigrazione, questo potrebbe aver ridotto la popolazione attiva maschile russa del 2%, spiegando in qualche modo il calo della disoccupazione. L’intelligence britannica ritiene inoltre che gli stranieri costituiscano solo una minima parte del personale dell’esercito russo, comprese le perdite. Si stima che ci siano 10.000-12.000 soldati coreani che combattono nella guerra in Ucraina, e i coreani rappresentano di gran lunga il più grande contingente di combattenti stranieri. Se il potenziale calo della forza lavoro attiva non sarà compensato da un aumento del tasso di partecipazione al lavoro (ad esempio con l’assunzione di un maggior numero di donne e pensionati) o da un aumento delle ore lavorate per lavoratore, la disponibilità più limitata di manodopera peserà sulle prospettive economiche. Nel frattempo, un risparmio più limitato peserà sugli investimenti interni e sulla crescita economica di medio-lungo termine.
Le conseguenze economiche a lungo termine della guerra
Se i dati finanziari sono presi al valore nominale, il governo russo si trova ad affrontare vincoli economici e finanziari gestibili nel breve termine, in termini di prosecuzione della guerra e di sostituzione delle perdite di manodopera e di attrezzature. I costi della guerra in termini di mancati consumi delle famiglie e di riduzione della crescita a lungo termine sarebbero comunque reali. La spesa per la difesa è stimata oggi al 6%-7% del PIL, ma potrebbe anche essere più alta. Questa situazione potrebbe essere insostenibile nel medio-lungo termine. L’inflazione elevata suggerisce che la domanda interna è troppo alta. L’inflazione nei tre anni precedenti al 2022 è stata inferiore al 4%, mentre nel 2024 ha superato l’8% (anche se molti economisti mettono in dubbio l’affidabilità dei dati ufficiali sull’inflazione). Il sostegno alle elevate spese per la difesa pesa sui consumi interni. Con il tempo, ciò potrebbe risultare meno appetibile per il governo russo in termini di politica interna;
Tutto ciò non significa che la Russia non mobiliterà ulteriori risorse per lo sforzo bellico, riducendo ad esempio i consumi delle famiglie o aumentando il tasso di partecipazione al lavoro. Come già detto, l’alto grado di centralizzazione politica, la repressione del dissenso politico interno e le vie molto limitate per esprimere il malcontento pubblico isolano in qualche modo il governo russo. Tuttavia, ciò indica che l’aumento delle spese per la difesa e le perdite di personale hanno un costo materiale per le prospettive economiche della Russia a breve, medio e lungo termine. E questo prima di considerare le perdite di benessere e di produttività dovute alla riduzione del commercio internazionale e a un accesso più limitato o più costoso alle tecnologie avanzate straniere;
Nel decennio precedente al 2022, la crescita del PIL reale russo è stata in media inferiore all’1,5%. Se le sanzioni e le restrizioni commerciali rimarranno in vigore e la Russia manterrà una spesa per la difesa superiore al 6% del PIL, l’economia rischia di entrare in stagnazione nel medio termine. In modo più ottimistico, il Fondo Monetario Internazionale prevede una crescita del PIL reale dell’1,1% nel 2026-30. Ma la contrazione della forza lavoro, l’invecchiamento della tecnologia e la stagnazione del PIL sono fattori che non possono essere ignorati. Tuttavia, la contrazione della forza lavoro, l’invecchiamento della tecnologia e la stagnazione o il declino degli investimenti interni fanno sì che l’economia russa nel prossimo decennio vada molto peggio di quella dell’ultimo decennio. Questo, a sua volta, creerà probabilmente dei vincoli interni e strategici per il governo russo, non da ultimo perché la sua capacità di aumentare significativamente la spesa per la difesa sarà limitata politicamente e, almeno nel lungo termine, economicamente.
Oltre ai costi fiscali immediati della guerra e alle conseguenze economiche negative a lungo termine in termini di commercio e investimenti, il governo russo dovrà sostenere passività potenzialmente significative e impegni di spesa futuri in termini di pensioni per i veterani, assistenza sanitaria per i veterani e sostegno finanziario per il territorio conquistato, per non parlare dei costi a lungo termine dovuti alla diminuzione della cooperazione economica con l’Occidente. D’altra parte, se la Russia mantiene il controllo economico su alcune parti dell’Ucraina, avrà anche una base fiscale e di risorse più ampia per compensare alcuni dei costi economici e finanziari a lungo termine, anche se è altamente improbabile che li compensino completamente. Infine, anche l’aumento della spesa per la difesa della NATO – conseguenza diretta della guerra della Russia in Ucraina – rappresenterà un costo a lungo termine per la Russia, in termini di maggiori costi che vuole mantenere la propria sicurezza, corrispondendo in parte all’aumento della spesa per la difesa dell’Occidente. Infine, sebbene sia improbabile un accordo di pace che imponga alla Russia riparazioni sostanziali, esso aumenterebbe i costi della guerra in Ucraina per la Russia;
Dal punto di vista economico, un governo può quasi sempre ricavare risorse aggiuntive per sostenere uno sforzo bellico, almeno nel breve periodo, riducendo i consumi privati o gli investimenti interni. Una forte riduzione dei consumi privati potrebbe rivelarsi politicamente difficile, anche se il governo russo è relativamente ben posizionato per respingere critiche e opposizioni moderate. Una forte riduzione degli investimenti limiterà la sostenibilità a lungo termine delle elevate spese per la difesa. Quest’ultima indebolirebbe anche la Russia, la cui posizione economica relativa è già relativamente svantaggiosa in termini di dimensioni della sua base economica. In termini di PIL, la spesa russa per la difesa è già più di tre volte quella dei Paesi europei della NATO, mentre la dimensione economica combinata della NATO europea, per non parlare di tutti i membri della NATO, è di gran lunga superiore a quella della Russia. Su una base di PIL nominale, l’economia russa è circa 1/15 di quella degli Stati Uniti, o circa la dimensione del Canada. A parità di potere d’acquisto, la Russia è pari al 20% del PIL dei membri europei della NATO. La posizione già economicamente svantaggiata della Russia e il mantenimento di spese elevate per la difesa porteranno a un ulteriore indebolimento relativo del potere economico della Russia;
Cosa significa tutto questo per le prospettive economiche e geopolitiche a breve e lungo termine? I vincoli economici a breve termine che la Russia deve affrontare sono gestibili. Ma la capacità della Russia di aumentare significativamente la spesa nel caso in cui, ad esempio, le potenze occidentali raddoppiassero il sostegno militare all’Ucraina, è limitata nel senso che porterebbe a un aumento dell’inflazione, a una riduzione dei consumi delle famiglie e, nel tempo, a un aumento del consenso politico interno. A lungo termine, i costi per la Russia sono elevati e continueranno ad aumentare in termini di perdite di manodopera, riduzione degli investimenti nell’economia civile, accesso a tecnologie straniere avanzate e accesso ai mercati esteri. Sebbene sia difficile da quantificare, le prospettive economiche a lungo termine della Russia sono molto costrette. Ciò significa che gli incentivi della Russia a fare concessioni al tavolo dei negoziati saranno limitati nel breve e medio termine, almeno finché non ci sarà la minaccia di un raddoppio del sostegno dell’Occidente all’Ucraina. Finché l’Ucraina non sarà sconfitta sul campo di battaglia o non crollerà militarmente, tuttavia, i costi crescenti di una continuazione della guerra per la Russia aumenteranno gli incentivi a porvi fine. È difficile dire se questo porterà il governo russo ad adottare un approccio più flessibile. La storia dimostra che i Paesi continuano le guerre anche se i costi economici e strategici superano i benefici attesi.
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Nel suo libro del 2006 The President, The Pope, and the Prime Minister , il veterano giornalista conservatore ed ex direttore del National Review John O’Sullivan celebrò Giovanni Paolo II per aver aiutato Ronald Reagan e Margaret Thatcher a vincere la Guerra Fredda.Papa Leone XIV potrebbe aiutare il presidente Donald Trump a porre fine alla guerra in Ucraina, salvando così innumerevoli vite e ricucendo i conti in sospeso di alcuni dei suoi predecessori? Si è offerto di svolgere un ruolo chiave.Potrebbe non essere così inverosimile come sembra a prima vista. Trump ha accennato alla possibilità dopo le sue telefonate con il presidente russo Vladimir Putin e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. “Il Vaticano, rappresentato dal Papa, ha dichiarato di essere molto interessato a ospitare i negoziati”, ha scritto Trump su Truth Social. “Che il processo abbia inizio!”
Il vicepresidente J.D. Vance ha spiegato questo aspetto in un’intervista dopo che lui e il segretario di Stato Marco Rubio hanno avuto un’udienza con il primo papa americano, e non ha limitato la possibile pacificazione alla questione tra Russia e Ucraina.”Abbiamo parlato a lungo di quello che sta succedendo in Israele e a Gaza. Abbiamo parlato a lungo della situazione tra Russia e Ucraina”, ha detto Vance a NBC News. “È difficile prevedere il futuro, ma credo che non solo il Papa, ma l’intero Vaticano, abbia espresso il desiderio di essere davvero utile e di collaborare per facilitare, si spera, un accordo di pace tra Russia e Ucraina”.C’è molta strada da fare prima che Trump ripubblichi immagini generate dall’intelligenza artificiale di se stesso come papa. Forse Leo è più convincente nel ruolo di Henry Kissinger, anche se il paragone potrebbe essere altrettanto blasfemo.”Abbiamo un papa americano, rappresentante della più grande religione al mondo – un uomo che non ha un esercito, ma che credo abbia un’incredibile capacità di convocare e influenzare non solo l’Europa, ma, in realtà, il mondo intero”, ha dichiarato Vance, convertito al cattolicesimo, in un’intervista alla NBC. Ha aggiunto che Leo “ha molto a cuore la pace”.”Se c’è una cosa particolarmente produttiva [del suo viaggio a Roma], la mia speranza è che il rapporto tra noi e il Vaticano porti a molte meno persone uccise e a molti meno disastri umanitari”, ha aggiunto Vance.E se si concretizzasse, potrebbe essere la prima volta che un papa collabora con un’amministrazione repubblicana in questo modo in politica estera da quando il pontefice di origine polacca si oppose all’Unione Sovietica negli ultimi anni della Guerra Fredda. Giovanni Paolo II si schierò apertamente contro la guerra in Iraq. Alcuni credevano che la missione di Leone XIII sarebbe stata quella di contrastare Trump , proprio come i vescovi cattolici americani si sono scontrati con Trump e Vance sull’immigrazione.Il nuovo papa non accetterà gli ordini di Trump, qualunque siano le affinità politiche dei suoi fratelli. Ma il mondo avrebbe bisogno di un po’ di teoria della guerra giusta in questo momento, e non solo di una sottile patina cristiana sulla guerra.”L’Ucraina martirizzata attende che si arrivi finalmente ai negoziati per una pace giusta e duratura”, ha detto Leo durante la sua messa inaugurale. Ha anche incontrato Zelensky e la moglie del presidente ucraino.Si spera che non serva un miracolo per porre fine alla guerra in Ucraina, che è di per sé costosa e mette il mondo a rischio di un conflitto più ampio tra potenze nucleari. Ma Putin potrebbe aver bisogno di un intervento divino per convincersi che la sua attuale linea di condotta è dispendiosa e distruttiva.Putin sembra ancora disposto a pagare i costi del logoramento delle difese ucraine, anche in cambio dei guadagni più marginali, come le perdite subite dalle sue truppe. Potrebbe avere un certo interesse a migliorare le relazioni con gli Stati Uniti, ma non abbastanza da impegnarsi in seri colloqui di pace. Il leader russo non si è presentato ai negoziati diretti in Turchia, nonostante Zelensky abbia inviato una delegazione di alto livello.Trump sta ancora cercando di portare Putin al tavolo delle trattative, mentre la pazienza si esaurisce in una Washington in preda al caos causato dai colloqui Trump-Russia degli ultimi otto anni. “Quello che il presidente sta cercando di fare è porre fine a una guerra”, ha detto Rubio a proposito di Trump durante un’accesa testimonianza davanti alla Commissione Affari Esteri del Senato.Potrebbe aver bisogno di un papa e di un primo ministro che lo aiutino.