Frenate gli entusiasmi e i trionfalismi, c’è poco da festeggiare_Di Claudio Martinotti Doria

Scrivo queste brevi note dopo aver letto accurate analisi compiute da esperti indipendenti sull’offensiva ucraina nell’oblast di Kharkiv.

Come sempre quanto scrivo è a scopo divulgativo, i dati indicati non hanno valenza tecnica, sono ponderati in base a quanto letto finora di attendibile, non certo tramite i media mainstream che fanno solo propaganda e tantomeno da fonti ucraine che sono totalmente inattendibili. Anche quelle russe vanno prese con grano salis, anche se occorre riconoscere che generalmente sono improntate a discrezione e riservatezza nel riportare i dati inerenti i colpi inferti al nemico, non vantandosene o gonfiandone l’entità come fanno abitualmente le fonti ucraine, che esagerano in maniera persino patetica e puerile, fino ad inventarsi successi bellici inesistenti.

 

Ci sarebbe da scrivere per ore, ma voglio essere estremamente sintetico, quindi riporto solo l’essenziale.

 

In seguito a quest’offensiva le forze armate ucraine hanno riconquistato circa 2000 kmq di territorio occupato dai russi nell’oblast di Kharkiv (nell’impeto dell’entusiasmo la cifra è già salita in alcune fonti ucraine a 5000 kmq, sapete come vanno queste cose, quando si sniffa troppo per l’entusiasmo!) e si rileva che la Russia ha perso molte attrezzature militari che ha dovuto abbandonare durante la ritirata.

Preciso che si è trattata di ritirata non di disfatta, le parole hanno un peso e devono soprattutto averlo e mantenerlo durante una guerra. Le perdite russe sono state modeste, i comandi militari preferiscono ritirarsi e perdere territori e armamenti piuttosto che vite umane preziose di soldati, a differenza del regime di Kiev che non esita a mandare a morte i propri soldati ANCHE SOLO PER ESIGENZE POLITICHE DI PROPAGANDA, infatti durante l’offensiva le perdite ucraine sono state molto elevate.

A tal proposito è bene precisare che in un paio di settimane di combattimenti, tra la fine di agosto e la prima decade di settembre, durante la fallito offensiva nell’oblast di Cherson, poi trasformata ad arte in “diversivo” dalla propaganda occidentale di cui avremo modo di parlarne in altri articoli, e quella successiva e vittoriosa a Kharkiv l’Ucraina ha perso tra gli 8000 e i 10mila mila soldati, intendo proprio morti, e come minimo il doppio sono rimasti feriti più a meno gravemente (generalmente i feriti dopo una cruenta battaglia sono dal doppio al triplo rispetto ai morti).

Nei sei mesi precedenti i regime di Kiev ne aveva già persi, tra morti feriti e prigionieri, circa 250mila (secondo fonti del Pentagono), su un esercito che stime realistiche compiute da esperti militari valutavano in 600mila (le cifre che sentite di due milioni sono pura propaganda), quindi siamo alla metà circa. 

Qualsiasi paese civile e responsabile con un 50% di perdite si sarebbe già arreso, ma non l’Ucraina, per diversi motivi, il principale è che vive ormai esclusivamente di economia di guerra, finanziata dall’Occidente, USA e UK e UE in primis.

L’Ucraina non è solo sostenuta dalla NATO ma la NATO PARTECIPA IN PRIMA PERSONA ALLA GUERRA, con migliaia di uomini in divisa ucraina e decine di migliaia di attrezzature belliche fornite in continuazione, armi sempre più letali e in gradi colpire a distanza, in genere queste ultime vengono usate contro obiettivi civili e non militari, per terrorizzare e punire, come ritorsione contro la popolazione filorussa, considerata collaborazionista e nemica dai nazisti di Kiev. Ecco perché la popolazione delle aree riconquistate fuggono insieme coi militari russi, per evitare di fare una brutta fine,

Questa è la verità dei fatti, gli ucraini si limitano a fornire carne da cannone. anche se parecchie centinaia di soldati NATO muoiono anch’essi tra le fila dei combattenti, ma in proporzione di 1 a 100 rispetto agli ucraini. Sono gli ucraini che si stanno facendo massacrare, anche quando gridano vittoria, l’hanno pagata a caro prezzo.

Le guerre si devono valutare soprattutto dal punto di vista delle forze in campo e della disponibilità di armi e munizioni e da questo punto di vista la guerra di logoramento che entrambi gli schieramenti volevano attuare, volge indubbiamente a favore della Russia, anche dopo il successo dell’offensiva ucraina a Kharkiv.

La NATO non mollerà mai e proseguirà ad libitum (fino all’ultimo ucraino, non era solo uno slogan), ma come arsenali da mettere in campo è agli sgoccioli, l’UE non supererà l’inverno dovendo gestire molto probabilmente vere e proprie sommosse popolari, perché il malcontento esploderà sia per il freddo che per le bollette esorbitanti da pagare oltre al resto dell’inflazione che colpisce anche generi di prima necessità. I governi europei non reggeranno a lungo, 

Inoltre, com’era prevedibile, la Russia sarà meno moderata nel colpire, non combatterà più in stile cavalleresco con particolare riguardo ai civili, i bombardamenti saranno più intensi e feroci, gli ucraini si devono preparare a un inverno al freddo e senza corrente elettrica, senza mezzi di sussistenza, nella miseria più assoluta, e l’Occidente non potrà aiutarli perché sarà messa male per conto suo. Pare che i russi abbiano già colpito, nelle ore appena precedenti la stesura di questo scritto, diverse centrali elettriche e infrastrutture ucraine e continueranno a farlo fino a ridurre il paese in una totale dipendenza dagli aiuti esterni, peggiorando in tal modo la situazione (già tragica) per tutti paesi complici di Kiev.

Le guerre non si vincono solo con la propaganda o con qualche incursione di successo per rioccupare momentaneamente delle porzioni di territorio per quanto vaste. Queste sono vittorie effimere che servono solo alla propaganda e per motivare gli stolti a combattere e continuare a offrirsi come carne da cannone. Quando i russi inizieranno a fare sul serio, la propaganda potrà solo tacere per lo sgomento o urlare contro i cattivi russi che infieriscono sui poveri ucraini nazisti, parassiti e corrotti che hanno portato la loro nazione alla distruzione totale. Come fecero Hitler e i nazisti con la Germania nella metà degli anni ‘40. 

Nel frattempo un’intera armata russa ha oltrepassato il confine ed è penetrata nel Donbass posizionandosi attorno ai territori riconquistati dagli ucraini. Altri 10mila guerrieri ceceni, guerrieri e non soldati, perché i ceceni è da secoli che sanno combattere come sanno respirare, stanno confluendo nel Donbass. Nel frattempo in Russia sono stati reclutati altri 135mila soldati per rinforzare le forze armate. E non è stata ancora avviata la mobilitazione generale, perché significherebbe passare dallo stato di OPERAZIONE MILITARE SPECIALE allo STATO DI GUERRA TOTALE.

Se non fosse chiaro questo concetto, se questo temuto passaggio avvenisse, significherebbe la completa distruzione dell’UCRAINA e uno scontro diretto con la NATO. Quindi gli sprovveduti che fanno tifo da calcio, tifando per gli ucraini democratici ed eroici, come descritti dai media occidentali, farebbero bene a rinsavire, perché non si sta giocando a Risiko,

i russi fanno sul serio, e se si superano troppe linee rosse poi anche i lobotomizzati e decerebrati che tifano da casa davanti agli schermi televisivi, dovranno fare i conti con le conseguenze vere, reali, di una guerra. E non mi riferisco solo alla chiusura dei rubinetti del gas, al freddo durante l’inverno, ai prezzi alle stelle per l’inflazione, alle bollette stratosferiche per luce e gas, ecc., ma al rischio di sentire vibrare le mura di casa e frantumare i vetri delle finestre per tutti coloro che vivono nei pressi di obiettivi militari e strategici in tutta Europa. Se la cosa vi diverte, proseguite pure col vostro tifo demenziale.

Io sono anziano e dispongo di una formazione storico psicologica e vi assicuro che la situazione è drammatica, soprattutto dopo il trionfalismo ingiustificato montato ad arte dalla propaganda occidentale per questa unica offensiva riuscita in sei mesi di conflitto. Si monteranno la testa e proseguiranno convinti di aver messo in gravi difficoltà la Russia, di essere a un passo dalla vittoria. Del resto coi politicanti che governano l’Europa l’UK e gli USA in questo periodo, dobbiamo aspettarci di tutto, essendo di una supponente e spaventosa ignoranza sfociante in atteggiamenti guerrafondai, tipici di coloro che la guerra l’hanno sempre fatta fare ad altri o non la conoscono minimamente.

Riprendendo la metafora calcistica delle tifoserie, che pare essere appropriata per essere compresa dagli italiani, temo che tra non molto, continuando così, non vi saranno neppure più squadre di calcio per le quali tifare, non ci saranno più gli stadi, non ci sarà la corrente elettrica per far funzionare il televisore per vedere le partite (intendo quelle vecchie registrate), e il rischio è anche che non ci saranno più neppure molti tifosi. Ho reso il quadro della situazione? Dopo di ché se vorrete ancora divertirvi, cercate di fumare roba buona e potente per farvi evadere dalla realtà, perché quest’ultima sarà plumbea oltre ogni più pessimistica immaginazione.

 

 

Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria, Via Roma 126, 15039 Ozzano Monferrato (AL), Unione delle Cinque Terre del Monferrato,  Italy,

Email: claudio@gc-colibri.com  – Blog: www.cavalieredimonferrato.it – http://www.casalenews.it/patri-259-montisferrati-storie-aleramiche-e-dintorni

Independent researcher, historiographer, critical analyst, blogger on the web since 1996

VINCOLO ESTERNO E STRABISMO ECONOMICISTA, di Teodoro Klitsche de la Grange

VINCOLO ESTERNO E STRABISMO ECONOMICISTA

  1. Da almeno un trentennio si parla di vincolo esterno, della necessità del medesimo al fine di assicurare comportamenti economicamente virtuosi della classe dirigente, soprattutto di quella politica. Le c.d. “cessioni di sovranità” a istituzioni sovranazionali, soprattutto quelle europee sono state gli strumenti per favorirli.
  2. In effetti a giudicare il tutto dei risultati, quelli seguenti al c.d. “vincolo esterno” (e cioè soprattutto Maastricht e il “seguito”) sono stati tra i peggiori della storia d’Europa e soprattutto italiana. A fronte di una crescita economica nazionale che nei primi trent’anni del dopoguerra fu tra le migliori del pianeta, ridimensionata dopo la crisi petrolifera degli anni ’70, ma comunque rimasta tra le “mediane” della comunità europea, proprio a partire dagli anni ’90, si è ridotta prima, per poi passare da tracolli (nelle crisi del 2008 e del 2020) del PIL ad incrementi millimetrici, spesso spacciati dalla stampa di regime come grandi successi. Ad attribuire l’intera “responsabilità” da questi risultati al vincolo esterno, si può dire soltanto che è stato un pessimo affare. Né si può replicare, che senza il “vincolo esterno” sarebbe andata peggio: come sarebbe andata nessuno lo sa, perché non è accaduto: e quindi paragonare risultati ad ipotesi immaginarie è un altro dei modi per non applicare l’aureo consiglio di Machiavelli nel XV capitolo del “Principe”.

Piuttosto è interessante notare perché il “vincolo esterno” non potesse funzionare – se non in modo limitato e quindi secondario – e pertanto sia stato – in larga parte – un’illusione.

Occorre in primo luogo intendere come è stato definito il “vincolo esterno”, e cioè il condizionamento virtuoso che avrebbe dovuto ridimensionare le pratiche viziose della classe politica nazionale. La quale era considerata poco incline alle politiche (sostanzialmente) liberali, prevalenti nei paesi occidentali e sostanzialmente vincolanti per l’Italia sia a causa della sudditanza agli U.S.A. (compresi gli accordi di Bretton Woods) sia dell’adesione al processo di costruzione europea. Tali condizioni hanno indubbiamente costituito, in misura probabilmente maggioritaria, la ragione dello straordinario sviluppo del dopoguerra. Del pari è noto che i partiti ciellenisti,  tranne PLI o PRI, non avevano una cultura politica prevalentemente liberista. E gran parte del padronato italiano era avvezzo al protezionismo più che alla concorrenza[1].

Negli auspici dei sostenitori il vincolo (o meglio i vincoli) esterno futuro avrebbe dovuto ripetere (o non sfigurare) col “miracolo” passato. Esito non conseguito.

  1. In effetti il ragionamento a fondamento dell’effetto positivo del vincolo esterno si basava su un insieme di circostanze irripetibili (o difficilmente ripetibili); e sulla sottovalutazione e financo l’omissione della considerazione di presupposti e regolarità influenti sul comportamento collettivo ed individuale.

In primo luogo che l’uomo non è solo homo oeconomicus, ma anche zoon politikon: le essenze (à la Freund) “politico” ed “economico” fanno parte della natura e dell’esistenza umana. Ragionare in base ad una escludendo (o sottovalutando) l’altra è il miglior percorso per valutazioni parziali e perciò errate. Ad esempio: alla ricostruzione europea ha contribuito – secondo quasi tutti gli economisti – il piano Marshall. Con questo – a parte gli altri Stati europei – gli U.S.A. vincitori aiutavano due ex-nemici come Germania ed Italia a ricostruire il proprio tessuto economico. Di per se è un comportamento raro: al nemico sconfitto si chiedono tributi, indennizzi, “riparazioni”: lo si sfrutta, lo si impoverisce, non lo si aiuta a crescere. Lo stesso può dirsi degli accordi sul debito tedesco (da Londra nel 1953 ai successivi): l’America condizionò i due ex nemici servendosi più della carota che del bastone (che a Versailles si era dimostrato addirittura controproducente) rafforzato sia dalla competizione con l’URSS che dal possesso di un potere militare irresistibile (quello nucleare- e non solo) che rendeva impossibile ogni forma di revanscismo.

Dall’altro c’era un calcolo economico: aiutando l’Europa disastrata, si aiutava l’economia americana, nei fatti ripresasi completamente dalla crisi del ’29 solo con la guerra mondiale, e che rischiava di ridurre (o invertire) la crescita. Era quindi l’interesse USA a consigliare l’atteggiamento positivo e “morbido”, sia per  ragioni politiche che economiche. E cioè era la costante politica del perseguimento degli interessi dello Stato a far sì che era il vincolo esterno, con i caratteri premianti per chi lo subiva, a determinare l’effetto positivo (perché soddisfacente sia per l’interesse del vincolante che del vincolato). Era la scelta preferibile per governanti capaci e lungimiranti. Ma che succede se il vincolo è “amministrato” da governanti meno capaci, meno lungimiranti (e spesso) più inclini a interessi di “corto respiro”?

Il vincolo è un rapporto che permette a qualcuno di imporre (o condizionare) la decisione dell’altro, ma nulla dice sulla capacità e volontà del vincolante e del vincolato.

Indubbiamente auspicare il vincolo significa, in concreto, che non si giudica preferibile un governo nazionale la cui classe politica è ritenuta inadatta o comunque peggiore. Ma non è detto che la situazione perduri nel tempo e cambiando le circostanze.

Peraltro il vincolo esterno spesso non è riconducibile alla volontà di Stati e governi stranieri, ma a quelli di soggetti neppure pubblici o ad entità come i “mercati”. Gli uni e gli altri aventi in comune di non avere una responsabilità pubblica, in sostanza politica, ed essere di fatto incontrollabili (o troppo – e indirettamente  – controllabili). Quindi crea potestates indirectae (poteri indiretti) il cui connotato decisivo è di esercitare potere senza (chiara ed apparente) responsabilità; e, a differenza di quanto capita nell’occidente liberaldemocratico, di non rispondere al popolo, ossia di non essere democratici.

Gli anatemi antipopulisti delle elites sono in effetti nient’altro che la negazione del potere del popolo di decidere sul proprio destino.

  1. Dal carattere economicista del vincolo esterno deriva anche la difficoltà a comprendere i comportamenti politici, quando questi – come spesso succede – sono determinati da ragioni non economiche (e non soltanto economiche). Ne abbiamo un esempio attuale nella guerra russo-ucraina che, presentata come assurda perché non se ne comprendono le cause economiche (del tutto secondarie), onde Putin doveva per forza essere un visionario o tarato, un matto, mentre non ha fatto altro che ripetere quanto praticato a partire da Pietro il Grande, da gran parte dei governanti russi: creare sbocchi sui mari caldi, il Mar Nero soprattutto. Onde farlo è un “interesse dello Stato”, come sosteneva Meinecke. Rispondente a considerazioni strategiche (in primo luogo) quindi politiche, ma anche culturali e religiose. Per cui non è detto che il vincolante, nell’ “amministrare” il vincolo esterno, non si faccia prendere la mano da considerazioni non solo economiche. Anzi c’è da aspettarsi che lo faccia.
  2. Il vincolo esterno, così come concepito (da tecnocrati, come Carli) ha un carattere essenzialmente tecnico-economico: è buono ciò che è economicamente valido (come il Piano Marshall). Ma non è detto che lo sia sempre. In realtà, come cennato prima, ciò che rese “buono” il piano suddetto era (la felice) la coincidenza/complementarietà degli interessi.

Ma se questi non lo sono il vincolo diventa solo uno strumento per fare prevalere la volontà (e gli interessi) del vincolante sul vincolato.

Peraltro nell’interpretazione “rigorosa” (ma più che altro ragionieristica) che ha avuto negli ultimi vent’anni di politica economica europea, il vincolo si è qualificato più che tecnico-economico, contabile. Non importa tanto che l’economia cresca, ma che i conti siano in ordine.

  1. Quanto poi alla “beatificazione” del vincolo esterno, con il riferimento a quello applicato nel secondo dopoguerra, appare poco credibile che si ripeta quanto allora capitato. Ma soprattutto non si può fare di un’eccezione una regolarità, e neppure indicarla come probabile. Anzi, come sopra scritto, il comportamento dei vincitori dopo la II guerra mondiale è di per se un’eccezione. E le eccezioni, anche se ripetute, non fanno la regola, e neppure rendono probabile l’esito voluto, ma solo possibile.

Quel che invece può accadere ed è in linea con le regolarità e le probabilità della politica è che il vincolante trovi la collaborazione del governo vincolato, vuoi per timore , vuoi per l’interesse dei governanti subordinati.

Governi influenzati, protettorati, colonie, civitates foederatae, governi quisling fanno parte della storia, dato lo squilibrio di potenza tra le sintesi politiche (il Principato di Monaco non ha la potenza della Francia). La Storia e il diritto hanno conosciuto tutto un insieme di rapporti tra sintesi politiche non paritarie, sia che quella disparità trovasse formalizzazione giuridica (come nei protettorati o nelle città legate a Roma con foedera iniqua) o che lo fosse soltanto di fatto.

Ovviamente la forma politica del vincolante, ma soprattutto il vincolato possono aggravare il vincolo esterno; ossia la possibilità che la volontà del vincolante prevalga su quella del vincolato. Un governo debole e instabile, come può capitare (anche) nelle forme politiche moderne, alle Repubbliche parlamentari e/o a larga frammentazione pluralistica può facilitare l’imposizione del vincolo esterno, sfruttando la lotta tra frazioni della classe politica (partiti in primis). Cosa ancora più evidente nelle forme politiche pre-moderne, come il Sacro Romano Impero e il Regno di Polonia. Rousseau scriveva che il liberum veto era causa dell’anarchia e quindi della debolezza polacca, onde per lo più i re di Polonia eletti (nel ‘700) erano “proposti” dalle potenze straniere.

  1. Il vincolo esterno consiste – a concludere – nella speranza che, laddove si ritenga che la classe politica sia inadatta (e spesso lo è), il sistema possa guadagnare da un’influenza straniera.

A patto di sperare anche che questa sia a) animata da buone intenzioni; b) disinteressata; c) e non affetta da manie di dominio. Cioè non agisca politicamente: tutt’e tre le condizioni citate sono in contrasto con altrettante regolarità e presupposti politici: quello della problematicità della natura umana (Machiavelli); dell’interesse degli Stati (Meinecke); della competizione per il dominio (Tucidide).Perché alle buone probabilità di funzionare come auspicato servirebbe un mondo governato da anime, se non proprio belle, almeno corrette e lungimiranti.

Teodoro Klitsche de la Grange

[1] Ciò non toglie che seppe utilizzare lo stimolo concorrenziale del MEC, compresa l’abolizione progressiva delle “tariffe“ doganali.

20 Osservazioni strategiche sul blitz di Kiev sostenuto dalla NATO nella regione di Kharkov, di Andrew Korybko

Il mondo intero ora si chiede se la dinamica militare-strategica del conflitto ucraino si sia finalmente spostata a favore di Kiev.

Kiev ha colpito la regione di Kharkov durante il fine settimana con il sostegno della NATO dopo aver messo fuori combattimento la Russia e poi aver lanciato migliaia di truppe sulla linea del fronte indebolita di Kharkov per sopraffare i difensori sorpresi. Il portavoce del ministero della Difesa russo Igor Konashenkov ha dichiarato domenica che le vittime degli aggressori tra il 6 e il 10 settembre hanno superato le 12.000, più di un terzo delle quali è stato ucciso. Tuttavia, hanno effettivamente compiuto progressi tangibili sul campo al punto di conquistare più di 2.000 chilometri quadrati durante quei cinque giorni. Il mondo intero ora si chiede se la dinamica militare-strategica del conflitto ucraino si sia finalmente spostata a favore di Kiev.

Per quei lettori che non hanno seguito la serie analitica dell’autore su questo argomento, sono incoraggiati a sfogliare almeno i seguenti pezzi per aggiornarsi sull’evoluzione dei suoi pensieri durante il fine settimana:

* ” Kharkov: cosa sta guidando le ultime dinamiche militari e cosa potrebbe venire dopo? 

* ” Critiche costruttive collegate al ritiro tattico della Russia da Kharkov 

* ” Interpretare le carenze dell’intelligence russa in vista della controffensiva di Kharkov 

Alcune di queste intuizioni verranno riciclate in questa analisi mentre altre parti verranno scartate alla luce di tutto ciò che è accaduto finora. Il presente articolo inizierà quindi esaminando la sequenza degli eventi che hanno portato al blitz di Kiev sostenuto dalla NATO nella regione di Kharkov:

* È stato rivelato che la Russia ha gravi carenze di intelligence

Sia i critici che i sostenitori di quel paese si stanno grattando la testa chiedendosi come abbia fatto a non vedere l’arrivo della controffensiva di Kharkov e prepararsi di conseguenza considerando il fatto che dovevano esserci stati molteplici segnali che l’hanno preceduta, il che può essere attribuibile solo a gravi carenze di intelligence.

* Alcuni a Mosca erano sotto il fascino del pio desiderio

Nonostante il presidente Putin li avesse messi in guardia contro un pio desiderio alla fine di giugno, alcune figure di spicco a Mosca erano chiaramente sotto il suo fascino a causa di una combinazione delle suddette gravi carenze di intelligence, ma anche del loro stesso desiderio di credere che le forze militari di Kiev fossero irrimediabilmente paralizzate.  

* La Russia aveva finora evitato di intraprendere una guerra totale contro Kiev

Le osservazioni precedenti, unite alla sincera convinzione del presidente Putin nell’unità storica di russi e ucraini e alla sua conseguente sensibilità alle vittime civili , hanno portato le sue forze a evitare la guerra totale rifiutando di distruggere infrastrutture critiche come ponti e centrali elettriche.

* La NATO ha continuato a rafforzare con successo le capacità militari di Kiev

Non è chiaro come abbiano continuato a farlo con successo di fronte alle innumerevoli affermazioni russe di aver distrutto numerosi elementi dell’equipaggiamento in arrivo, ma la NATO ancora in un modo o nell’altro ha continuato a rafforzare le capacità militari di Kiev al punto che le forze del suo procuratore sono diventate ancora una volta una minaccia.

* La mentalità di Kiev era che i fini giustificassero i mezzi a prescindere

Mentre la Russia continuava a combattere con una mano volontariamente legata dietro la schiena, Kiev considerava il conflitto una guerra totale e quindi non era contraria a militarizzare le aree residenziali per rallentare l’avanzata di Mosca o a gettare un numero illimitato di suoi uomini nel tritacarne per recuperare il territorio che ha perso.

L’analisi condividerà ora alcune osservazioni su come si è svolta la controffensiva di Kharkov:

* La controffensiva di Kherson ha coperto quella di Kharkov

Uno dei rappresentanti di Kiev ha ammesso che il primo aveva lo scopo di psicanalizzare la Russia riguardo al secondo, ma questa finta non sarebbe riuscita se la Russia non avesse avuto gravi carenze di intelligence e alcuni dei suoi funzionari non fossero stati attirati da un pio desiderio che li ha accecati a questo bait-and-switch.

* La Russia ha difeso in modo inadeguato il fronte di Kharkov dopo essere stata ingannata

Cadere per la finta di Kiev dando la priorità alla difesa delle sue conquiste lungo il fronte di Kherson non era problematico in linea di principio, ma la decisione della Russia di ridistribuire alcune delle sue forze da quella di Kharkov a lì e poi lasciare quel fronte nord-orientale non adeguatamente difeso non era saggia col senno di poi.

* Kiev ha sfruttato questa opportunità per cogliere la Russia completamente alla sprovvista

Il ritmo, le dimensioni e i tempi di ciò che il Ministero della Difesa russo ha descritto come il suo raggruppamento in risposta al blitzkrieg sostenuto dalla NATO di Kiev conferma che è stato colto completamente alla sprovvista, la cui ottica è stata manipolata dai media mainstream (MSM) come “La debolezza militare di Mosca”.

* Gli attaccanti hanno sfruttato appieno la reazione dei difensori

Tirarsi indietro di fronte a questa controffensiva a sorpresa è stata la cosa giusta da fare per la Russia per evitare di perdere inutilmente la vita dei suoi soldati facendo un’ultima resistenza destinata a fallire, ma ha anche portato Kiev a trarre pieno vantaggio dalla sua reazione riconquistando sulla sua scia vaste fasce di territorio.

* La Russia ha perso molte attrezzature mentre Kiev ha perso molte vite

Per quanto impressionanti siano state le conquiste sul campo sostenute dalla NATO di Kiev nei cinque giorni della sua controffensiva di Kharkov, ha anche perso un gran numero dei suoi soldati secondo le statistiche citate in precedenza, mentre i difensori hanno salvato la vita ai loro uomini ma lasciato un sacco di attrezzature nel processo.

Le informazioni raccolte dalle due sezioni precedenti consentono di trarre diverse conclusioni rilevanti:

* Russia e Kiev stanno combattendo due conflitti drasticamente diversi

Il primo è rimanere sinceramente fedele alle auto-restrizioni imposte alla sua condotta militare dal presidente Putin per la sua visione di un’operazione speciale, mentre il secondo sta conducendo una guerra totale senza alcuna preoccupazione per le conseguenze collaterali fintanto che alla fine può rivendicare un avvincente vittoria.

* La costruzione di Kiev sostenuta dalla NATO è stata facilitata dalla mancanza di una guerra totale da parte della Russia

Probabilmente non ci sarebbe mai stata alcuna controffensiva di Kharkov in primo luogo se la Russia non avesse evitato di intraprendere una guerra totale e invece avesse distrutto l’intera infrastruttura critica del suo avversario all’inizio della sua operazione speciale.

* Le operazioni di Infowar di MSM ora hanno una base semi-solida

L’ottica connessa con le conseguenze di quanto appena accaduto fornisce una base semisolida per le due spinte primarie delle operazioni di infowar del MSM: 1) convincere l’opinione pubblica occidentale della necessità di continuare ad armare Kiev; e 2) seminare dubbi su Mosca tra i suoi sostenitori.  

* La Russia deve ripristinare urgentemente la fiducia nelle sue forze in patria e all’estero

Coloro che negano l’ultima battuta d’arresto stanno screditando la Russia in patria e all’estero dopo che è indiscutibile che gli eventi di questo fine settimana sono stati dannosi per la sua causa, ecco perché Mosca deve urgentemente ripristinare la fiducia nelle sue forze, specialmente in risposta alle imminenti operazioni di infowar di MSM.

* Kiev ha inavvertitamente provocato la Russia a un’escalation contro le infrastrutture regionali

Secondo quanto riferito , la reazione della Russia agli ultimi sviluppi ha preso la forma di un attacco alle infrastrutture elettriche e idriche nell’est controllato da Kiev domenica notte, cosa che è stata finora riluttante a fare come spiegato in precedenza, ma sembra obbligata ad essersi impegnata a “salvare la faccia”. ”.

Con queste conclusioni in mente, è possibile fare alcune previsioni sul futuro:

* Il rifiuto di adeguarsi alla politica di guerra totale di Kiev limiterà le opzioni della Russia

Con le forze di Kiev che si rafforzano continuamente con l’appoggio della NATO ei loro leader non si fanno scrupoli a gettare un numero illimitato di uomini nel tritacarne, le opzioni della Russia rimarranno gravemente limitate fintanto che rifiuta di adeguarsi alla politica di guerra totale del suo avversario.

* La mentalità politica del Cremlino deve cambiare per Total War

L’operazione speciale si basa sulle auto-restrizioni militari della Russia volte a promuovere l’obiettivo politico postbellico di ripristinare le relazioni storicamente fraterne tra il suo popolo e quello ucraino, ma l’intero paradigma deve cambiare se il Cremlino decide finalmente di dichiarare una guerra totale.

* Total War rientra nelle capacità militari di Mosca

È puramente dovuto a fattori politici e non militari inesistenti presumibilmente collegati alla diminuzione delle riserve di armi o qualsiasi altra cosa che la Russia non abbia condotto una guerra totale contro Kiev fino a questo punto, essendo ben all’interno delle sue capacità militari e può essere fatto con il minimo costo fisico per sé.

* La Russia potrebbe richiedere una mobilitazione formale per intraprendere una guerra totale

La precedente osservazione connessa con l’inadeguata difesa russa del fronte di Kharkov dopo aver ridistribuito le forze da lì a quello di Kherson suggerisce che potrebbe essere già al limite della sua forza lavoro, quindi perché probabilmente richiederà una mobilitazione formale – con tutto ciò che comporta – fare una guerra totale.

* “Putin Oscuro” potrebbe finalmente diventare una profezia che si autoavvera

Lungi dall’essere il ” mostro, pazzo o mentitore ” che i suoi amici e nemici hanno finora immaginato che fosse, il presidente Putin ha finora dimostrato di essere molto riservato in tutto ciò che fa, ma potrebbe finalmente ribaltarsi per conformarsi (sia sostanzialmente o superficialmente) alla sua reputazione popolare.

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Alla luce delle 20 osservazioni strategiche sulla guerra lampo di Kiev sostenuta dalla NATO nella regione di Kharkov che sono state condivise in questa analisi, si può dire che le affermazioni sulle dinamiche strategico-militari del conflitto ucraino che si stanno finalmente spostando a favore di Kiev non sono accurate. Quello che è successo in realtà è che l’ultima controffensiva ha svelato alcune amare verità sulle carenze russe, ma questo sviluppo ha anche creato involontariamente il pretesto per il Cremlino per intensificare la guerra totale contro il suo avversario in risposta se alla fine viene presa la decisione in tal senso. Il prossimo futuro fornirà quindi maggiore chiarezza sul fatto che il presidente Putin stia seriamente tollerando quella scelta fatale.

https://korybko.substack.com/p/20-strategic-observations-about-kievs?utm_source=substack&utm_medium=email

CRISI: IMPOVERIRE I CITTADINI IN NOME DI COSA? LA POLITICA DIA DELLE RISPOSTE, di Marco Giuliani

CRISI: IMPOVERIRE I CITTADINI IN NOME DI COSA? LA POLITICA DIA DELLE RISPOSTE

A rischio centomila imprese e giù i riscaldamenti per tutti. Il disagio sociale provocato dal coinvolgimento dell’Europa nella guerra e dall’aumento del caro-vita, se non seriamente motivato, non è più giustificabile

Le istituzioni politiche non ci hanno comunicato ancora in nome di quale obiettivo la UE stia trascinando la comunità e i suoi cittadini verso una condizione allarmante, sia dal punto di vista logistico che sociale. Sorgono, spontanee, alcune domande, che crediamo siano le stesse che milioni di persone rivolgerebbero ai rispettivi governi. Il motivo delle costrizioni è quello di punire Putin all’eccesso, facendone una questione morale? Oppure è quello di obbedire a nonno Biden, Borrell e Stoltemberg, che continuano a fomentare il riarmo acuendo il muro contro muro con Mosca e arricchendo le multinazionali che producono bombe? O, ancora, dare luogo a un neobipolarismo economico e politico con l’est del pianeta che sembrava superato ed è, come la Nato, vecchio di quasi ottant’anni? Non è chiaro. E mentre in Italia imperversano le elezioni, i contribuenti soffrono e la politica continentale si sta via via spaccando. Qual è il punto? Tentiamo, come è nostra prassi, di dare spiegazioni suffragate da fatti e da dati analitici raccolti in modo concreto.

Come prima riflessione, non si può non fare riferimento ai redditi medio-bassi e ai pensionati. Ergo: che tipo di interesse o giovamento può riscontrare un anziano che riceve seicento o settecento euro di pensione dal momento in cui la coppia Draghi-Di Maio, su input estrinseci, continua a ripetere, come un disco scassato, che è giusto inviare miliardi di armi agli ucraini perché è l’Occidente che lo chiede? Se la sua bolletta elettrica quadruplica, è più lecito pensare che la prenda bene poiché è un sacrificio chiesto da Washington e da Bruxelles oppure è più razionale presumere che rimanga scioccato dagli aumenti fregandosene del fatto che il signor Zelensky batta cassa un giorno sì e l’altro pure per soldi e missili? L’operaio con busta paga di 1300-1400 euro mensili, rispetto al vertiginoso aumento del caro-vita, si sente più tranquillo o più incavolato se gli si dice che il suo sacrificio si compie per indebolire Putin e per procrastinare la guerra a data da destinarsi? Propendiamo per la seconda ipotesi, e chiunque sostenga il contrario è in malafede o è da legare. Nel frattempo, all’insegna del regit et tuetur in nome della Nato, per l’anno 2022 l’Italia ha stanziato in armi qualcosa come 26 miliardi di euro (+ 5, 4 % rispetto al 2021).

Andiamo avanti. Migliaia di imprese, dopo aver sopportato due anni e mezzo di pandemia, rischiano di chiudere a causa del triplice, quadruplice e anche quintuplice aumento dei carburanti e dell’energia; qui da noi, Palazzo Chigi si giustifica sostenendo che “è priorità essenziale sostenere Kiev con sanzioni a Mosca, con l’acquisto di bombe e con la spedizione di denaro sonante al governo ucraino”. Non può più bastare, non è credibile, così come non è più ammissibile tollerare questa bassa tutela verso il fabbisogno nazionale. Non sono questi gli interessi dell’Italia, così come quelli di Germania o Spagna. Il lato peggiore dell’intera vicenda è tuttavia la penuria di volontà – da parte della comunità europea, lo ripetiamo – di ricercare una soluzione della crisi, promuovere proposte di compromessi che inevitabilmente porterebbero le parti a concedere qualcosa in modo reciproco. Chi rappresenta oggi le istituzioni, sta mascherando la corsa al riarmo con iniziative sconsiderate che tende invece a definire prioritarie ed essenziali. Allora ci pensa l’informazione, ovviamente quella indipendente, a tentare di fare luce su politiche opacissime e spesso sponsorizzate dai media mainstream senza uno straccio di autocritica o contraddittorio. Mentire all’opinione pubblica circa la convenienza di acquistare materie prime dall’Angola, dall’Algeria, dal Congo e dal Qatar (che non rappresentano certo delle democrazie illuminate), magari tacciandole come “misure urgenti”, significa tradire la fiducia dei cittadini perché il prezzo dei carburanti russi è tra i più bassi su scala mondiale. Ricorrere alle centrali a carbone (in piena era di transizione ecologica), come un secolo fa, senza riportare in modo doveroso e onesto che le stesse rappresentano una delle maggiori fonti d’inquinamento dell’intero sistema energetico, significa essere ipocriti con gli elettori a cui fu garantito un maggiore uso delle rinnovabili ai fini della salvaguardia della salute del pianeta.

La sensazione è, ma ci aggiorneremo al 26 settembre, che in Italia le elezioni cambieranno ben poco. È un sospetto che ha la sua variabile indipendente nella fila dei partiti che si è creata, come dietro a uno sportello postale, per fare a gara tra chi sarà il più gradito alla Casa Bianca e a Bruxelles. Qualunque schieramento vinca le elezioni, dovrà, per forza di cose, dichiarare la sua fedeltà a un euroatlantismo che ha fatto dello scontro frontale e della corsa al riarmo i suoi cavalli di battaglia. Ma c’è una contraddizione: poiché gli interessi geopolitici non combaciano, o si è europeisti o si è atlantisti. Lo dice la storia.

 MG

 

 

 

BIBLIOGRAFIA & SITOGRAFIA

 

Osservatorio Milex sul bilancio previsionale dello Stato per l’anno 2022, dati raccolti il 10 gennaio 2022, fonte Ministero della Difesa italiano –

Science of the Total Enviroment, rivista di scienze, 1° dicembre 2019, numero 694 –

www.ipsoa.it, pagina del 19 marzo 2022 consultata il 07/09/2022 –

www.ilsole24ore.com, pagina del 22 agosto 2022 consultata il 7 settembre 2022 –

www.micromega.net, pagina dell’8 settembre 2022 consultata l’8 settembre 2022 –

 

 

 

 

 

Interpretazione delle carenze dell’intelligence russa in vista della controffensiva, Di Andrew Korybko_

Tre articoli cruciali, proprio per la autorevolezza e l’orientamento politico della fonte, che riequilibrano il punto della situazione e spiegano nelle more anche alcune dinamiche del conflitto, cruciali per il suo esito, come l’attenuazione degli attacchi in profondità sui punti di raccolta ed i centri logistici e di comunicazione. Da leggere con attenzione, Giuseppe Germinario
Non c’è dubbio che la Russia e i suoi alleati siano stati colti di sorpresa, soprattutto dopo che l’ex consigliere per la sicurezza nazionale diventato addetto stampa per la brigata Bohun delle forze speciali ucraine Taras Berezovets si è vantato di come la sua squadra abbia elettrizzato i suoi avversari prima di questa operazione.

La polvere ha iniziato a depositarsi dopo la fulminea controffensiva di Kiev sostenuta dalla NATO nella regione di Kharkov, che ha portato le sue forze a riconquistare circa 2.000 chilometri quadrati nell’Ucraina nord-orientale. Non c’è dubbio che la Russia e i suoi alleati siano stati colti di sorpresa, soprattutto dopo che l’ex consigliere per la sicurezza nazionale diventato addetto stampa per la brigata Bohun delle forze speciali ucraine Taras Berezovets si è vantato di come la sua squadra abbia elettrizzato i suoi avversari prima di questa operazione. Secondo lui nei commenti riportati da The Guardian :

“[La tanto decantata controffensiva di Kherson] è stata una grande operazione speciale di disinformazione. [La Russia] ha pensato che [la prevista controffensiva] sarebbe stata nel sud e ha spostato le loro attrezzature. Poi, invece del sud, l’offensiva è avvenuta dove meno si aspettavano (a Kharkov), e questo li ha fatti prendere dal panico e fuggire. Nel frattempo i [nostri] ragazzi a Kharkiv hanno ricevuto il meglio delle armi occidentali, per lo più americane”.

Quel giornale britannico ha anche citato una fonte militare senza nome che ha affermato che i servizi di controspionaggio della loro parte hanno sradicato con successo tutti gli informatori e gli agenti sotto copertura di Mosca a Kharkov, dopo di che “I russi non avevano idea di cosa stesse succedendo”. Sebbene entrambe le affermazioni sarebbero normalmente trattate con scetticismo considerando la storia di Kiev di bugie ed esagerazioni, questa volta risultano credibili alla luce di tutto ciò che è appena accaduto. Il presente pezzo cercherà quindi di interpretare le carenze dell’intelligence russa in vista della controffensiva di Kharkov.

Prima di procedere, il lettore è invitato a rivedere le precedenti analisi dell’autore su questo argomento:

* ” Kharkov: cosa sta guidando le ultime dinamiche militari e cosa potrebbe venire dopo? 

* ” Critiche costruttive collegate al ritiro tattico della Russia da Kharkov ”

Dopo averlo fatto, probabilmente saranno d’accordo sul fatto che Kiev abbia davvero messo a dura prova la Russia, cosa che ha avuto successo perché:

* La Russia ha gravi carenze nell’intelligence umana, delle immagini e dei segnali

Questa osservazione potrebbe suonare dura per quei lettori che simpatizzano con la Russia, ma non c’è altro modo per spiegare come le sue forze non abbiano rilevato il massiccio accumulo di forze di Kiev sostenuto dalla NATO intorno a Kharkov, che ovviamente sono arrivate lì da tutta l’Ucraina e persino dall’estero anche.

* Le sue forze militari erano curiosamente sicure nonostante fossero cieche intorno a Kharkov

Il punto di cui sopra rende ancora più curioso il fatto che le forze russe fossero così fiduciose sulla situazione militare intorno a Kharkov che, secondo quanto riferito, non avrebbero nemmeno pensato di costruire difese adeguate né di schierare forze aggiuntive lì nonostante i regolari scambi di fuoco con Kiev nelle ultime settimane.

* Kiev ha sfruttato le percezioni imprecise della Russia sulle capacità militari del suo avversario

Con il senno di poi, sembra convincente che la Russia abbia falsamente pensato, nonostante le gravi carenze dell’intelligence, che Kiev non fosse in grado di preparare una grande controffensiva, non avrebbe avuto successo anche se ci avesse provato, e che questo scenario si sarebbe realisticamente realizzato solo a Kherson, se non del tutto, cosa che i suoi oppositori hanno sfruttato.

Da questi punti, si può dedurre quanto segue sulle percezioni russe prima degli ultimi eventi:

* Le carenze dell’intelligence russa sono state nascoste da funzionari di livello inferiore ai loro livelli superiori

Per quanto difficile possa essere da credere, il vantaggio del senno di poi infonde agli osservatori obiettivi la fiducia di concludere che i funzionari di livello inferiore hanno nascosto le gravi carenze dell’intelligence russa in Ucraina ai loro livelli superiori, che hanno messo in moto tutto ciò che è accaduto di recente.

* Kherson era chiaramente considerato molto più militarmente significativo di Kharkov

Il riferito ridispiegamento delle forze da parte della Russia da Kharkov a Kherson suggerisce che considerava solo il primo fronte militarmente rilevante per vincolare le risorse di Kiev in modo che non potessero sostenere la prevista controffensiva contro il secondo, che Mosca aveva pianificato di schiacciare prima di avanzare su Odessa.

* L’ossessione strategica con Odessa alla fine ha condannato la difesa russa di Kharkov

Praticamente tutti gli osservatori credono che uno degli obiettivi massimalisti della Russia sia incorporare Odessa in Novorossiya, che apparentemente è diventata una tale ossessione che i suoi funzionari hanno trascurato le loro gravi carenze di intelligence in tutta l’Ucraina e sono stati quindi facilmente manipolati da Kiev intorno a Kharkov.

Se la leadership russa arriva a riconoscere uno dei precedenti, allora ci si può aspettare quanto segue:

* Un’indagine globale e in rapido movimento potrebbe portare a sconvolgimenti organizzativi

La causa principale delle carenze dell’intelligence russa è dovuta ai funzionari di livello inferiore che nascondono “fatti scomodi” ai loro superiori, il che probabilmente richiederà un’indagine su chi ha fatto cosa e perché (incluso il motivo per cui il suo controspionaggio non lo ha rilevato) prima di ( importanti?) cambiamenti organizzativi.

* La difesa sarà probabilmente prioritaria rispetto all’attacco

Dopo aver realizzato che è praticamente cieco in Ucraina e lo è già da tempo, la Russia probabilmente darà la priorità alle sue difese su tutto il fronte invece di pianificare potenziali offensive poiché non può essere certo che altre controffensive non siano attualmente in preparazione.

* Mosca potrebbe mitigare i suoi obiettivi massimalisti o tracciare percorsi per ripristinarne la fattibilità

È molto probabile che due scenari strategico-militari considerino i punti precedenti: 1) la Russia si concentrerà sull’assicurarsi i guadagni esistenti e li considererà il massimo che realisticamente otterrà nel conflitto; oppure 2) pianificherà le proprie controffensive al fine di ripristinare la fattibilità dei suoi obiettivi massimalisti (es. Odessa).

Di Andrew Korybko

Analista politico americano

Kharkov: cosa sta guidando le ultime dinamiche militari e cosa potrebbe venire dopo?

La realtà dietro le ultime dinamiche è più sfumata di quanto affermano Kiev, i suoi mecenati occidentali e la Russia, cosa che la presente analisi spiegherà in modo conciso. A tal fine, identificherà i fattori meno discussi che guidano gli sviluppi sul campo più recenti, pronogherà cosa potrebbe accadere dopo e quindi condividerà alcune osservazioni rilevanti sul conflitto ucraino in generale.

Il Western Mainstream Media (MSM) guidato dagli Stati Uniti è estasiato dalle ultime dinamiche militari intorno a Kharkov dopo che le forze di Kiev avrebbero riconquistato circa 1.000 chilometri quadrati (385 miglia quadrate) di territorio dalla Russia e dai suoi alleati del Donbass. Ciò a sua volta ha spinto molti degli oppositori di Mosca a glorificare l’avanzata dell’esercito sui social media e condividere le previsioni sulla sua presunta vittoria imminente nell’ultima fase del conflitto ucraino , provocata dagli Stati Uniti, scoppiata alla fine di febbraio. La realtà è più sfumata, tuttavia, come la presente analisi spiegherà concisamente. Quello che segue è un elenco puntato di punti che attirano l’attenzione sui fattori meno discussi dietro le ultime dinamiche militari:

* Le forze di Kiev dipendono interamente dal supporto militare straniero

Il consigliere presidenziale ucraino Alexey Arestovich ha ammesso a fine marzo che la Russia ha “praticamente distrutto la nostra industria della difesa”, il che significa che le forze di Kiev sono state in grado di mantenere il conflitto in corso da allora solo grazie al supporto militare straniero (USA-NATO).

* Dal 2021 gli Stati Uniti hanno già fornito ai propri procuratori 15,2 miliardi di dollari in aiuti militari

Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha dichiarato la scorsa settimana che gli ultimi 2,8 miliardi di dollari in aiuti militari del suo paese a Kiev portano il totale complessivo a 15,2 miliardi di dollari da quando l’amministrazione Biden è salita al potere, dimostrando così che le forze riceventi sono veramente delegati USA-NATO, soprattutto quando considerando il punto precedente.

* La controffensiva di Kherson ha coperto quella di Kharkov

La controffensiva di Kharkov ha seguito rapidamente quella fallita di Kherson ed è riuscita così a ottenere un certo successo sul campo (per quanto potenzialmente transitorio) dopo che i difensori hanno dato giustamente la priorità alle loro forze limitate per proteggere il fronte meridionale molto più strategicamente significativo.

* La Russia preferirebbe ritirarsi piuttosto che tirare un Mariupol (per ora)

A differenza delle forze di Kiev che militarizzano illegalmente le aree residenziali per sfruttare de facto i civili lì come scudi umani esattamente come ha dimostrato Amnesty International il mese scorso, la Russia preferirebbe ritirarsi piuttosto che rischiare danni collaterali ai civili e alle infrastrutture, almeno secondo i suoi calcoli attuali (che potrebbero cambiare) .

* Kharkov potrebbe essere sacrificabile in Russia da una prospettiva strategica

Non tutti i guadagni sul campo in qualsiasi conflitto devono essere mantenuti indipendentemente dal costo, che è stato precedentemente dimostrato nel contesto ucraino rispetto a Kiev all’isola dei serpenti , quindi ne consegue che il ritiro tattico della Russia da Kharkov potrebbe anche servire a strategie simili rispetto al fronte meridionale per esempio.

Dopo aver identificato i fattori rilevanti, è tempo di prevedere cosa potrebbe accadere dopo:

* La Russia potrebbe completare completamente il suo ritiro tattico dalla regione di Kharkov…

Ricordando il precedente stabilito dal suo precedente ritiro tattico dalle regioni settentrionali dell’Ucraina intorno a Kiev, la Russia potrebbe anche completare completamente la stessa manovra da Kharkov per ragioni strategiche che possono essere solo ipotizzate in questo scenario fino a quando tutto non sarà più chiaro in seguito.

* …Oppure la Russia e i suoi alleati del Donbass potrebbero respingere l’esercito per procura della NATO

C’è anche la possibilità che le forze in difesa respingano attivamente gli aggressori, sia per fermare l’avanzata alimentata dalla NATO di questi ultimi e quindi congelare la linea di contatto in questa parte dell’Ucraina o per ri-liberare il territorio recentemente conquistato, che potrebbe in ogni caso portare a una grande battaglia.

* La potenziale battaglia di Kharkov potrebbe rivelarsi un punto di svolta nel conflitto

Se la Russia e i suoi alleati del Donbass decidessero di invertire le ultime dinamiche militari, la conseguente battaglia di Kharkov potrebbe alla fine rivelarsi un punto di svolta nel conflitto, dopo di che i colloqui di pace potrebbero potenzialmente riprendere prima del prossimo inverno e prevedibilmente essere dettati dal vincitore.

* La Russia potrebbe finalmente dichiarare la mobilitazione ufficiale delle sue forze

Secondo lo scenario precedente, il significato della potenziale battaglia di Kharkov nel determinare la successiva dinamica militare-strategica del conflitto ucraino potrebbe costringere la Russia a dichiarare finalmente una mobilitazione ufficiale per eguagliare il numero, sostenuto dall’estero, del crescente esercito per procura della NATO.

* Successo rapido = Cambio di gioco mentre stallo = Più o meno lo stesso

Nel caso in cui i delegati della NATO combattano una grande battaglia con le forze potenzialmente mobilitate della Russia su Kharkov, il rapido successo di uno di loro sarebbe un punto di svolta per la loro parte, mentre una situazione di stallo porterebbe a qualcosa di più o meno lo stesso e alla fine potrebbe portare al congelamento della linea di contatto entro l’inverno.

* Non si può escludere una mossa asimmetrica della Russia

Indipendentemente dal fatto che la Russia completi il ​​suo ritiro tattico in corso da Kharkov per ragioni strategiche che restano da vedere o decida di contrattaccare in una grande battaglia su quella regione, non si può escludere che il presidente Putin non ordini una delle sue classiche mosse asimmetriche per scuotere tutto.

Alcune osservazioni generali concludono ora l’analisi:

* La controffensiva di Kharkov è l’ultimo evviva dell’anno a Kiev (e forse mai)

Si prevede che il prossimo inverno complicherà le operazioni militari per entrambe le parti, il che significa che la controffensiva di Kiev a Kharkov sarà il suo ultimo hurra dell’anno, anche se potrebbe anche essere l’ultimo hurry in assoluto se la Russia ottiene un rapido successo nella potenziale battaglia su questa regione che detti i suoi termini di pace.

* La guerra dell’informazione da entrambe le parti si intensificherà inevitabilmente

Considerando che le ultime dinamiche militari rappresentano l’ultimo hurra di Kiev dell’anno (e forse mai), e tenendo conto che la possibile battaglia sulla regione di Kharkov potrebbe cambiare le regole del gioco nel conflitto, è inevitabile che le operazioni di guerra dell’informazione di entrambe le parti si intensificheranno.

* Il pio desiderio potrebbe strappare la sconfitta dalle fauci della vittoria

L’opinione pubblica russa e ucraina sul conflitto è irrilevante per plasmare le sue dinamiche militari, ma se le operazioni di informazione delle loro stesse parti fuorviano inavvertitamente i loro decisori con un pio desiderio , allora entrambi potrebbero improvvisamente perdere importanti guadagni e quindi essere sconfitti nonostante loro.

* Entrambe le parti probabilmente si aspettano che i colloqui di pace riprendano entro l’inizio del prossimo anno

Tutti gli eventi militari che si svolgeranno prima del prossimo inverno saranno quasi certamente sfruttati dalla parte con il maggior slancio (sia assoluto nello scenario del loro rapido successo o relativo in una situazione di stallo continua) per riprendere i colloqui di pace entro l’inizio del prossimo anno con condizioni favorevoli alla propria causa.

* Nessuna delle due parti probabilmente raggiungerà mai i risultati massimalisti desiderati

Non c’è alcuna possibilità che la Russia lasci che i fascisti invadano la Crimea dopo essersi riunita democraticamente con essa per scongiurare quello scenario né permetterà a Kiev di riconquistare tutto il Donbass dopo aver riconosciuto la sua indipendenza, anche se la NATO non permetterà nemmeno a Mosca di smilitarizzare completamente l’Ucraina poiché la manterrà pompandola a piene mani.

* Il grande contesto strategico dimostra che il tempo è dalla parte della Russia

La transizione sistemica globale al multipolarismo , accelerata dalle controproducenti sanzioni anti-russe dell’Occidente, significa che il tempo è dalla parte di Mosca poiché l’UE sta affrontando gravi crisi economiche politiche che porteranno a cambiamenti strategici irreversibili che alla fine andranno a beneficio del Cremlino.

https://korybko.substack.com/p/kharkov-whats-driving-the-latest

Critiche costruttive legate al ritiro tattico della Russia da Kharkov

Gli eventi in rapida evoluzione intorno a quella regione hanno screditato in modo irresistibile l’interpretazione prevalente del conflitto ucraino che è stata finora promossa dai quartieri multipolari della comunità dei media alternativi. Considerando tutto ciò che è accaduto negli ultimi giorni, è giunto il momento per gli influencer chiave di rivalutare molto di ciò che avevano dato per scontato se aspirano sinceramente a ottenere una comprensione più obiettiva di tutto possibile.

Le forze russe e alleate stanno attualmente effettuando un ritiro tattico dalla regione di Kharkov di fronte alla controffensiva sostenuta dalla NATO di Kiev, che ha avuto molto più successo sul campo rispetto a quella fallita di Kherson che l’ha immediatamente preceduta. L’autore ha condiviso i suoi pensieri su questo sviluppo nel suo pezzo intitolato ” Kharkov: cosa sta guidando l’ultima dinamica militare e cosa potrebbe venire dopo? ”, che risponde a queste due domande e poi si conclude con alcune osservazioni generali sul conflitto ucraino .

Il presente articolo affronta l’argomento da una prospettiva diversa condividendo critiche costruttive legate al ritiro tattico della Russia, con lo scopo di sfrondare alcuni dei pensieri di gruppo e frantumare i miti correlati spinti dai quartieri multipolari della Alt-Media Community (AMC). Il presidente Putin ha messo in guardia i membri delle sue burocrazie militari, di intelligence e diplomatiche (” stato profondo “) dal concedersi un pio desiderio a fine giugno, quindi è importante promuovere quella causa pragmatica attraverso uno sforzo ben intenzionato per valutare oggettivamente ciò che la Russia avrebbe potuto fare diversamente.

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Per cominciare, ecco le principali narrazioni dell’AMC che sono screditate dagli ultimi eventi:

* Le forze militari di Kiev sono state schiacciate da tempo

Ovviamente, mentre il consigliere presidenziale ucraino Alexey Arestovich ha ammesso a fine marzo che la Russia aveva già “praticamente distrutto la nostra industria della difesa”, Kiev da allora è stata in grado di riprendersi abbastanza con l’aiuto militare della NATO per fare progressi sul campo intorno a Kharkov .

* La Russia ha distrutto tutte le armi occidentali in arrivo

Basandosi su quanto sopra, è ovvio che la Russia non ha distrutto tutte le armi occidentali in arrivo poiché ne sono arrivate in prima linea abbastanza da riequipaggiare con successo le forze di Kiev al punto da consentire loro di lanciare la loro controffensiva in corso nel nord-est.

* Mosca domina tutte le dimensioni dello spazio di battaglia

Dopo aver dato per scontate le due narrazioni precedenti, sono portati naturalmente a presumere che Mosca domini tutte le dimensioni dello spazio di battaglia, anche se chiaramente non è così, altrimenti non si sarebbe impegnato in un ritiro tattico così rapido a differenza di quanto intrapreso finora nel conflitto.

* L’ultimo ritiro tattico è quello di creare un calderone per Kiev

I modi in cui l’attuale ritirata tattica viene condotta in modo molto forte suggeriscono che non fa parte di una manovra pianificata per circondare le forze di Kiev in un calderone e credere che ogni passo fisico indietro in un conflitto al proprio fianco sia uno “scacco 5D”  non è comunque una mossa realistica.

* La Russia vince sempre, qualunque cosa accada

Nessuna entità in questo mondo è perfetta e niente va sempre secondo i piani, essendo infatti il ​​caso che la Russia, proprio come qualsiasi altro attore internazionale (soprattutto Kiev, gli Stati Uniti, la NATO e l’Occidente collettivo in questo contesto) a volte subisce battute d’arresto pur cercando sinceramente di raggiungere i suoi obiettivi.

La parte successiva dell’analisi descriverà in modo conciso la realtà dietro quelle narrazioni screditate:

* La NATO ha ripristinato con successo alcune delle capacità militari di Kiev

Proprio perché l’ultima fase del conflitto ucraino è davvero diventata una guerra per procura senza precedenti tra NATO e Russia, quel blocco guidato dagli Stati Uniti ha fatto del suo meglio per ripristinare con successo alcune delle capacità militari dei suoi delegati nonostante la distruzione da parte di Mosca del relativo complesso industriale.

* Le “linee dei topi” dell’Occidente rimangono in gran parte intatte

Nonostante i migliori sforzi della Russia per distruggerli, i corridoi logistici-militari dell’Occidente verso i loro delegati ucraini che Politico ha descritto ad aprile come “linee dei topi” sono rimasti in gran parte intatti e quindi fungono da ancora di salvezza di Kiev per far andare avanti il ​​conflitto già da oltre sei mesi.

* Nessuna delle parti in conflitto esercita un dominio militare

Né la Russia, né Kiev, né gli alleati NATO di quest’ultimo esercitano il dominio militare, con la mancanza di tale status da parte del primo non sorprende considerando i molti stati che sta combattendo per procura; mentre il fallimento del blocco guidato dagli Stati Uniti nel raggiungere lo stesso suggerisce che la capacità difensiva di Mosca è più forte di quanto pensassero.

* Il ritmo, la scala e il tempismo delle ultime mosse della Russia suggeriscono una sorpresa

I tre fattori summenzionati associati al ritiro tattico in corso dalla regione di Kharkov suggeriscono fortemente che la Russia, i suoi alleati del Donbass, e in particolare i civili, sono stati veramente sorpresi dalle ultime dinamiche militari e che non c’è alcun piano “scacchi 5D” in gioco.

* Questo ritiro tattico è quasi sicuramente una battuta d’arresto inaspettata

Il precedente controllo della realtà porta alla probabile conclusione che il processo descritto si sta svolgendo a causa di pressioni esterne e quindi non è stato avviato volontariamente dalla Russia a differenza dei suoi precedenti ritiri tattici dall’Ucraina settentrionale e da Snake Island , il che lo renderebbe quindi una battuta d’arresto inaspettata.

Con queste amare verità in mente, ecco le loro possibili conseguenze imminenti:

* Kiev continuerà a combattere fino a quando l’Occidente non chiuderà il rubinetto militare

Non c’è dubbio che le forze di Kiev siano mantenute in funzione esclusivamente dal supporto militare occidentale, ma il fatto che gli aiuti esteri abbiano già portato loro a ripristinare abbastanza delle loro capacità per lanciare l’ultima controffensiva con un certo successo sul campo suggerisce che questa guerra per procura andrà avanti.

* L’Occidente dovrebbe pompare più e migliori armi in Ucraina

A meno che la controffensiva di Kiev non finisca con la sua schiacciante sconfitta da parte della Russia oppure Mosca non faccia con successo qualcosa di asimmetrico per rimodellare le dinamiche del conflitto, si prevede che l’Occidente si sentirà incoraggiato anche da una situazione di stallo intorno a Kharkov per pompare più e migliori armi in Ucraina.

* Riguadagnare il terreno perduto rimarrà difficile per la Russia

La Russia avrà difficoltà a riguadagnare il terreno perduto considerando la pratica parità militare tra sé e Kiev a causa del solido sostegno di quest’ultima da parte di molti stati della NATO, il che significa che l’attuale battuta d’arresto probabilmente non sarà invertita presto in assenza di una importante (e forse prolungata) battaglia.

* Sono probabili rappresaglie contro gente del posto che ama la Russia

Kiev probabilmente condurrà una feroce caccia alle streghe anti-russa in pieno coordinamento con i suoi sostenitori della NATO contro tutti quei locali che non erano stati in grado di fuggire dai territori rapidamente riconquistati, il che potrebbe portare a violazioni dei diritti umani su vasta scala che l’Occidente continuerebbe prevedibilmente a negare nonostante le possibili prove.

* La Russia deve accettare la realtà intorno a Kharkov o cambiarla

Ci sono solo due strade da percorrere per la Russia intorno a Kharkov: 1) accettare la realtà dell’inaspettata battuta d’arresto che ha appena subito per le ragioni che sono state spiegate in precedenza; oppure 2) lavorare attivamente per cambiarlo preparandosi a combattere una battaglia importante e possibilmente prolungata per riguadagnare il terreno perduto.

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Per concludere, l’autore vorrebbe ricordare al lettore il motivo per cui ha pubblicato queste critiche costruttive legate al ritiro tattico della Russia da Kharkov. Gli eventi in rapida evoluzione intorno a quella regione hanno irresistibilmente screditato l’interpretazione prevalente del conflitto ucraino che è stata finora spinta dai quartieri multipolari dell’AMC. Considerando tutto ciò che è accaduto negli ultimi giorni, è giunto il momento per gli influencer chiave di rivalutare molto di ciò che avevano dato per scontato se aspirano sinceramente a ottenere una comprensione più obiettiva di tutto possibile.

Proprio come nell’introduzione, è pertinente nella conclusione ricordare la cautela del presidente Putin di abbandonarsi a un pio desiderio in modo che tutti possano soffermarsi su di esso come impressione finale. Non solo i canti delle sirene associati a quella mentalità hanno infettato l’AMC, ma hanno anche influenzato alcuni membri dello “stato profondo” russo che sono responsabili dell’operazione militare speciale del loro paese in Ucraina. Se c’è un lato positivo in questa battuta d’arresto, è che quei funzionari impareranno da questo controllo della realtà, correggeranno le loro false percezioni e di conseguenza formuleranno politiche più efficaci.

https://korybko.substack.com/p/constructive-critiques-connected

La toppa e lo sbrego_di Francesco Dall’Aglio

Le dichiarazioni rese ieri dal portavoce del Ministero della Difesa russo sono francamente risibili: e sebbene nessuno ascolti le dichiarazioni del portavoce di un qualsisia Ministero delle Difesa di un paese implicato in un conflitto credendo di trovarci la verità (oddio, qualcuno lo fa e poi lo scrive pure sui giornali), mi aspettavo qualcosa di meglio della riedizione del “gesto di buona volontà” della ritirata dai dintorni di Kiev e Kharkiv di qualche mese fa. Certo, così come allora anche adesso la ritirata è stata pianificata bene: ma questo significa solo che la possibilità che fosse necessaria era stata presa in considerazione, non che la ritirata stessa fosse desiderabile o parte di un piano strategico (quella di Kiev forse sì, ma queste sono altre considerazioni).
Il motivo per cui la ritirata è avvenuta è chiaro, ma non può essere detto ufficialmente: non ci sono gli uomini per tenere tutto il fronte, soprattutto se l’esercito ucraino va all’attacco con tutto quello che ha. E soprattutto se va all’attacco in un settore, quello di Kharkiv, che per mesi ha funzionato da riserva di unità da mandare in altri settori del fronte, dove stoccare unità da rigenerare o dove spedire reparti non proprio eccellenti. La verità è che la “pausa strategica” di questa estate è stata sfruttata bene dall’esercito ucraino, male da quello russo. Le unità non sono state avvicendate, non tutti i settori potenzialmente critici sono stati coperti meglio e la terza armata è stata organizzata in ritardo e con meno mezzi del necessario, ed è arrivata nella zona delle operazioni pochissimi giorni fa – e dal punto di vista russo meno male che ci è arrivata, altrimenti la situazione tra Kharkiv e Izyum sarebbe ancor più catastrofica.
Poche cose sono peggiori, in guerra o nella vita, del ripetere sempre la stessa tattica perché in passato è andata bene. È vero, l’esercito russo ha sempre agito in inferiorità numerica ed è riuscito finora a ottenere buoni risultati sia in attacco che in difesa (vedi Cherson), ma alla fine i nodi vengono al pettine. Se vuoi fare la guerra devi fare la guerra; se non vuoi fare la guerra non devi fare la guerra; ma non puoi fare e non fare la guerra allo stesso momento. Ora si tratta di capire quali saranno le misure che il comando russo prenderà per il prosieguo del conflitto: perché la guerra non è finita, purtroppo, nonostante i commenti di alcuni entusiasti – così come non era finita a marzo, nonostante i commenti di altri entusiasti. La situazione sul campo è peggiorata per l’esercito russo, ma il guadagno territoriale dell’esercito ucraino non basta a risolvere la questione; si dice siano in preparazione altre offensive in altri settori, ma anche qui bisogna vedere in primo luogo se la notizia è vera, e poi considerare che tutti gli altri settori (Donbas, Zaporozhie) sono strategicamente fondamentali per la Russia e meglio difesi. E considerare le perdite subite dall’esercito ucraino, molto elevate sia in uomini che in materiali, e vedere come e quando saranno rimpiazzate. La palla ora passa a Putin, che è chiamato da varie parti a decidere cosa fare dell’operazione speciale. Se lasciarla così com’è (e militari e nazionalisti gli daranno addosso, come stanno già facendo) fidando nel successo delle misure economiche anti-occidentali, del logoramento dell’esercito ucraino in questa serie di avanzate, dell’inverno che sta arrivando eccetera; o se trasformarla in operazione militare, cosa che garantirebbe migliori risultati sul campo ma comporterebbe uno stress molto maggiore per l’economia e la società russa.
PS – intanto Kadyrov ha detto che se le cose non cambiano in 48 ore “sarà costretto ad andare a Mosca e spiegare ai vertici la situazione sul campo”. Annamo bene.
e ancora…
È lunga, se preferite le cavolate propagandistiche dell’una o dell’altra parte (la nostra, occidentale) non perdete tempo.
“Nella notte le truppe russe a Kupyansk si sono ritirate senza combattere oltre il fiume Oskil, lasciando agli ucraini la parte occidentale della città. Se l’offensiva ucraina appena partita da sud, in direzione di Lyman, avrà successo, si procederà alla completa evacuazione del personale militare da tutto il settore di Izyum (io li avrei già fatti partire), il che è in linea con le decisioni prese finora – i russi non hanno bisogno al momento di scambiare vite per chilometri, come invece devono fare gli ucraini, e tutta l’avanzata ucraina in questo settore ha sempre visto lo sganciamento dei reparti russi ogni volta che rischiavano di essere sopraffatti, con l’eccezione di Balaklya dove uno dei due gruppi SOBR si è trincerato, resiste e manda in giro TikTok patriottici.
Alcune considerazioni su quella che ora possiamo tranquillamente considerare una débâcle russa, per quanto su un settore limitato del fronte.
Inutile girare intorno al problema fondamentale per l’esercito russo: schiera su tutto il fronte circa 150.000 uomini. L’esercito ucraino ne ha messi in campo più di 100.000 in due soli settori. A Cherson gli è andata molto male, a Kupyansk-Izyum molto bene. Questa differenza di risultato però ci dice alcune cose su quelle che sembrano essere le priorità strategiche del comando russo, che sa benissimo di non avere uomini a sufficienza. Quando era ovvio che prima o poi sarebbe partita l’offensiva sia verso Cherson che verso Izyum, il comando ha spostato dal fronte di Kharkiv QUATTRO gruppi tattici composti da unità del distretto militare orientale (36a, 37a, 38a e 64a brigata di fanteria motorizzata), rimpiazzati da TRE (quindi già uno in meno) gruppi tattici, DUE dei quali composti da unità della riserva e UN SOLO reparto in servizio attivo, il 752° reggimento della 3 divisione di fanteria motorizzata. Probabilmente l’ipotesi era di mandare in seguito altri reparti, ma questa cosa non è avvenuta. Le conseguenze sono evidenti.
Risulta evidente quindi che il comando russo ha dato la priorità al fronte di Cherson, dove in effetti l’offensiva ucraina è stata più o meno annichilita, a discapito di quello di Kharkiv. Non che fosse disposta a perdere tranquillamente il saliente di Izyum, ma trovandosi nella potenzialità di perdere entrambe le aree, per quella mancanza di personale di cui sopra, si è preferito rinforzare Cherson. E anche questo è in linea con la strategia seguita fino adesso: strategia sulla quale perdurano ancora una serie di incomprensioni che sarebbe il caso di risolvere una volta per tutte. La Russia vuole il Donbas, la Crimea, il territorio che c’è tra Donbas e Crimea, e (probabilmente) una zona di rispetto intorno alle due aree fuori tiro diretto dell’artiglieria. Non vuole Kiev, non vuole Kharkiv, non vuole, probabilmente, nemmeno Odessa. Se gliele regalano se le prende, ovviamente, ma non andrà mai all’assalto delle città, e di certo non lo farà né ha mai pensato di farlo con 150.000 uomini in totale: e senza le città le oblast’ restano in mano ucraina. In quest’ottica è chiaro che Cherson ha una importanza infinitamente maggiore di Izyum. Meglio tenerle tutte e due, ovviamente: ma dovendone perderne una, meglio tenere Cherson. E che una almeno l’avresti persa, viste le forze in campo, era non dico probabile ma certamente possibile. Lo sapevo io che gli ucraini stavano mettendo in campo più di 100.000 uomini per offensive localizzate, figuriamoci se non lo sapeva il comando russo.
La domanda che un po’ tutti si stanno facendo è: che succede ora? Lasciamo perdere la propaganda: i russi diranno che si è trattato di una brillante ritirata tattica che consente di accorciare il fronte e di salvare migliaia di vite (è vero), gli ucraini che si tratta di una brillante avanzata che risolve a loro vantaggio un’area finora molto problematica del fronte (è vero), col vantaggio aggiuntivo che dell’offensiva di Cherson già non si ricorda più nessuno. Perdere Izyum complica la situazione nel Donbas, naturalmente, perché l’area di Lyman torna in mano ucraina. Per tutto il resto, la situazione rimane invariata.
In realtà una variazione significativa c’è: le perdite ucraine. Per mettere in piedi un’altra offensiva del genere servono altri sei mesi, e ulteriori e continui aiuti NATO, e cosa succederà tra sei mesi nessuno lo sa. Certo si arriva all’inverno in una situazione di riequilibrio, che è appunto il trade-off di cui sopra: il nord all’Ucraina, il sud alla Russia. Però questo non risolverà i problemi dell’Ucraina. Altri sei mesi di bombardamenti (che sicuramente aumenteranno), di infrastrutture distrutte, di vite perse, di freddo non aiuteranno certamente: e non penso che l’Occidente possa, o voglia, pagare tutte le spese ucraine, visto che già non ce la fa più. Mentre in Russia da più parti si invoca la dichiarazione di guerra, la mobilitazione di tutta la popolazione, radere al suolo Kiev e bombardare l’aeroporto polacco di Rzeszów, da dove passano tutti i rifornimenti NATO, il comando resta inamovibile. Una cosa va detta degli alti gradi russi: sono immuni all’isteria. Del resto 80 anni fa hanno tranquillamente accettato l’idea che i nazisti potessero prendere Mosca, figuriamoci la perdita di Izyum. Io penso (o forse spero) che non ci saranno variazioni di rilievo, almeno per il momento. La Russia continuerà a spostare il conflitto sul piano economico più che su quello militare, e sul piano globale più che su quello locale, scommettendo sul fatto che resisterà più dell’Occidente. Se alla fine dei giochi hai azzoppato l’Euro e spostato l’asse economico a est, puoi anche perdere Kupyansk. Se però questa cosa non dovesse funzionare; se le sanzioni cominciassero a colpire più profondamente la società russa e la capacità militare russa; se ci fossero altre avanzate ucraine, e minacciassero le aree realmente strategiche e vitali dei territori occupati; allora le cose cambierebbero sicuramente. Quello che di certo cambierà adesso sono i vertici militari del distretto di Kharkiv.
Due PS.
PS 1: le truppe ucraine che avanzano sono addestrate da istruttori NATO, hanno equipaggiamento NATO, rifornimenti NATO, intelligence NATO, satelliti e AWACS NATO che comunicano in tempo reale ogni spostamento di truppe russe, i loro reparti sono coordinati da “volontari” NATO e altri “volontari” NATO si trovano sul campo. Sarebbe forse il caso di smetterla di considerare questo conflitto come una partita tra Russia e Ucraina, sia nella valutazione della performance militare russa (e ucraina) che nella valutazione del nostro ruolo che, ci piaccia o no, è quello di parte attiva nel conflitto. Finora questa cosa è passata in cavalleria. Se un HIMARS ammazza un civile russo in Crimea, non penso continuerà ad esserlo.
PS2: che succede ora a tutti i civili che nelle zone occupate hanno collaborato a vario titolo con i russi?”

 

La guerra non è ancora iniziata, di Vincenzo Costa

La guerra non è ancora iniziata
Papa Francesco ha parlato di “guerra mondiale”. Un’espressione sulle prime impropria. Si tratta, potremmo dire, di una guerra limitata, per una controversia di confine, al massimo di una guerra tra due paesi, se si vuole di una guerra dettata dalle mire imperiali di Putin. Eppure, forse Papa Francesco vuole invitarci ad allargare lo sguardo, perché è come se questo fosse catturato da due soli pezzi dello scacchiere, e in questo modo non presta attenzione alla posizione degli altri pezzi degli scacchi.
1. Verso una nuova fase della guerra in Ucraina
La guerra in Ucraina è stata segnata sinora da due fasi. Nella prima la Russia mirava, sbagliando, a rovesciare il governo ucraino. Immaginava di trovare un largo consenso tra la popolazione ucraina, che sarebbe stata una sorta di guerra di liberazione. I russi hanno scoperto che non era così, che era una trappola. L’esercito ucraino era pronto, li aspettava, erano stati per anni costruite le necessarie trincee. La macchina della propaganda era già pronta. La Russia ha dovuto modificare i suoi obbiettivi e la sua strategia.
È iniziata una guerra di posizione, in cui la Russia ha svolto una funzione di supporto in una guerra civile interna all’Ucraina. Gli obbiettivi sono stati limitati al Donbass, al riconoscimento della Crimea e alla neutralità dell’Ucraina. I russi pensavano che su questa base un negoziato sarebbe stato possibile e una soluzione diplomatica del conflitto percorribile. Si sbagliavano.
Il governo ucraino ha messo chiaramente in luce che la soluzione era una sola: ritiro dei russi da tutta l’Ucraina, Crimea compresa. Evidentemente, sapevano di poterlo fare.
In questa fase, i russi hanno comunque cercato di limitare l’estensione del conflitto. Non abbiamo visto bombardamenti a tappeto delle città, come avevamo visto a Belgrado per esempio o in Iraq. Anche una certa cautela è stata avanzata. Per esempio, l’Azovstal poteva essere annichilito, senza combattimenti uomo a uomo, che sono molto dispendiosi e comportano perdite. Naturalmente, non ho dubbi che vi siano stati crimini, come so anche che gli ucraini bombardano i mercati delle città, facendo vittime tra i civili. Come del resto sappiamo che l’esercito ucraino usa scuole e ospedali come basi militari. Non è che in guerra vi siano dei crimini: è la guerra ad essere un crimine.
Ma ora è partita una controffensiva massiccia, che sembra abbia spezzato le linee russe, l’esercito ucraino è penetrato per decine di chilometri. Come è stato possibile?
In primo luogo, in virtù del fatto che l’Occidente ha inviato un intero arsenale, miliardi di dollari di armi, ma soprattutto in quanto queste armi vengono usate direttamente dagli occidentali, che forniscono l’intelligence, i dati per orientare i tiri, molte cose che possono essere fatte da remoto. Sul campo sono dispiegati una quantità enorme di “mercenari” e di “volontari”. Al netto significa che unità militari occidentali operano sul suolo ucraino senza le loro divise.
Decine di miglia di soldati ucraini vengono addestrati in Inghilterra e in altri paesi NATO, Borrel ha annunciato che i paesi UE ospiteranno e addestreranno sul loro territorio soldati destinati alle prime linee contro i russi, in modo da familiarizzarli con i sistemi d’arma occidentali.
Attraverso il confine tra paesi UE e Ucraina fluisce un fiume di armi, devastanti, che sta dissanguando le stesse riserve occidentali, al punto che il ministro degli esteri tedesco ebbe a dire: “dopo queste basta perché stiamo esaurendo le nostre scorte strategiche”.
È evidente che la NATO è dentro il conflitto, che lo dirige, lo supporta, lo organizza, fornisce tutte le informazioni (via satellite indica la localizzazione dei militari russi e poi dove dirigere i sistemi d’arma, che gli USA forniscono). La guerra è tra NATO e Russia.
Sinora i russi hanno accennato a ciò, ma hanno evitato di trarne tutte le conseguenze. Probabilmente perché pensavano che si sarebbe giunti a un negoziato. Perché trarne le conseguenze ha conseguenze militari devastanti. Significa rendere obbiettivi strategici luoghi lontani dal fronte, colpire in maniera massiccia parti dell’Ucraina lontani dal fronte. I russi hanno un po’ fatto finta che la guerra fosse limitata al fronte. Ogni tanto qualche missile, ma più per dire “ci siamo” che per qualcosa di significativo.
Adesso questo gioco non può più essere sostenuto. Continuare così significa portare al massacro i propri soldati, demotivarli. La guerra entra in una nuova fase, in una terza fase.
Leggo che settimana prossima Putin effettuerà delle chiamate internazionali, con leaders internazionali. Per dire cosa? Per alzare bandiera bianca?
Non sappiamo che cosa dirà, né lo sapremo. Ma possiamo immaginarlo, sospettarlo. Credo che li metterà sul chi va là, avviserà che il gioco cambia, che è finita l’epoca del far finta.
Vi è del resto un punto che resta oscuro in tutta questa controffensiva. Essa era annunciata da mesi, persino normali cittadini come noi sapevano che vi erano nuovi armi, soldati addestrati. Dovevano saperlo anche i comandi russi. Eppure non è stato rafforzato il fronte. Non è stato fatto niente per prepararsi a questa controffensiva. Inefficienza dei comandi russi? Deficit di intelligence?
Solo quando i buoi sono scappati il ministero della difesa russa ha diffuso video con colonne di camion e armamenti che si dirigevano verso il fronte.
L’impressione che si ha è che sia stato voluto. Perché? Perché si sta per entrare in una nuova fase della guerra in Ucraina, una fase ancora più sanguinosa, più insidiosa, pericolosa, con grandi probabilità di allargamento del conflitto.
La popolazione russa deve sentire che la patria è in pericolo, e lo è davvero, perché se davvero gli ucraini sfondassero in profondità la Russia diverrebbe terra di conquista come lo fu nell’epoca di Yeltsin.
I russi devono capire che si combatte per la patria, che non è più una guerra verso l’esterno.
2. Allargare lo sguardo agli altri pezzi della scacchiera
C’è un fuoco che può divampare, e questo emerge se, sommariamente e senza poter connettere tra loro i puntini allarghiamo lo sguardo agli altri pezzi della scacchiera.
1) C’è un conflitto latente tra Grecia e Turchia e le autorità greche hanno comunicato alla UE e alla NATO che vi è la possibilità di un conflitto altrettanto devastante in Europa, tra Grecia e Turchia. La Turchia è il secondo esercito NATO, ma sta giocando in maniera spregiudicata, su tutti i tavoli. Senza la Turchia la NATO sarebbe monca, sguarnita su un fianco fondamentale. Quale prezzo chiederà Erdogan? Ed Erdogan ha mira molto ambiziose in Asia, che può realizzare solo a due condizioni: o con il disfacimento della Federazione russa o con il suo consenso regolato.
2) La Serbia sta riarmando, soprattuto con sistemi di difesa antiaerea. Comprensibile dopo l’esperienza dei bombardamenti di Belgrado. In quel caso tutto fu reso possibile dalla debolezza russa. Ma ora le cose sono cambiate, e la Serbia si rifiuta di riconoscere il Kossovo. Del resto, perché dovrebbe? I motivi di conflitto crescono. La serbia acquista droni dalla turchia. Il gioco è complesso.
3) L’Ungheria si smarca dall’Occidente, del resto che non ami particolarmente l’Ucraina è comprensibile. Le minoranze ungheresi erano duramente represse ed invitate ad andarsene dai nazionalisti ucraini. Poi, l’Ungheria ha chiaro che gli USA stanno stritolando la UE, capisce che il vento economico gira in un altro modo, e piuttosto che entrare a fare parte degli agnelli sacrificali gioca la sua partita (gas russo a prezzi stracciati, che significa “signori, investite qui che abbiamo costi dell’energia accettabili e producete in maniera concorrenziale”). Le minacce stanno perdendo peso.
4) La Libia è sempre una polveriera, dominata da Russi, turchi, i francesi presi a calci nel sedere dopo avere combinato un mare di guai ai nostri danni (col silenzio di Gentiloni, ma si sa che era un cameriere non un presidente del consiglio italiano)
5) A Taiwan continuano le provocazioni alla Cina, prima le visite, poi la vendita di armi, poi flette giapponesi attorno all’isola. Chiaro che si vuole provocare il dragone, in modo da gridare poi come sempre “c’è un aggressore e c’è un aggredito”. La Cina mostra i muscoli ma sta sulla sue. I cinesi ragionano nell’ordine dei secoli, non reagiscono. Colpiranno quando lo decisono loro, non quando li costringono gli altri. E colpiranno quando avranno sviluppato il loro arsenale nucleare al giusto livello. La cosa è in corso.
6) Il ministero della difesa polacco dice che nel periodo tra “tre e dieci anni” la polonia entrarà in guerra con la Russia. Il riarmo è pesantissimo. Ma la Polonia gioca per sé, non per l’Ucraina. La Polonia ha avviato una disputa persino con la Repubblica Ceca, a cui chiede la restituzione di pezzi di territorio. Figuriamoci con l’Ucraina. I polacchi ragionano in termini di grande Polonia, di cui l’Ucraina è una parte, per non dire che un pezzo di Ucraina la considerano Polonia a tutti gli effetti. Agli ucraini i polacchi dicono più o meno quello che Renzi diceva a Letta: “stai sereno”.
Sono solo alcuni pezzi, ve ne sono molti altri.
Tanti pezzi, ma un unico gioco. Ogni mossa modifica il sistema.
Ognuno sta posizionando i propri pezzi, in vista della guerra, tutti riarmano, anche noi lo facciamo.
La guerra non è ancora iniziata. E’ in cammino, un cammino lento ma deciso, con una direzione chiara

RITORNO ALLA TERRA, di Daniele Lanza

RITORNO ALLA TERRA – (Gorby ed altro, cap. 1)
Un nome sconosciuto tanto all’estero quanto presso la stessa società sovietica del suo tempo. Cognome come tanti (assai popolare), volto mite e tondeggiante – come tanti – costituzione media che tende vagamente alla pinguedine : un ometto semplice dall’accento meridionale che non beve e non fuma, evita relazioni extraconiugali ed altri vizi della nomenclatura di partito. Nel suo appartamento privato non riceve nessuno e la figlia a suo tempo l’ha mandata alla scuola pubblica anziché negli istituti per i figli dell’elite
Queste le sembianze del nuovo leader dell’URSS, che pare materializzarsi dal nulla in un lontano marzo del 1985.
Figura del tutto singolare a modo proprio, nel senso che si distingue per la sua strabiliante ordinarietà : non fosse per la famosa voglia che appare sul capo diradato, sarebbe arduo farne una caricatura per le vignette satiriche a differenza dei suoi più noti predecessori. Dai tempi della rivoluzione d’ottobre che ai massimi livelli di stato non si affaccia una fisionomia tanto ordinaria : potrebbe essere la personificazione dell’iconico uomo qualsiasi di romanzi e film, emerso da chissà quale profondità rurale e temperata del “grande paese”, dal cuore agricolo della patria sovietica. Non a caso, gran parte della sua esistenza l’ha passata tra gli sterminati campi della nativa regione di Stavropol (città del grande sud slavo orientale, a ridosso del Caucaso settentrionale), areale di popolamento ucraino e russo da tempo immemorabile (Gorbachev vanta entrambe le componenti genealogicamente). A dispetto dell’apparenza quasi anonima ha energicamente e sistematicamente scalato tutte le posizioni della gerarchia feudale di partito prevista ai tempi : lo fa placidamente, con “grazia” quasi, senza mai distinguersi né in zelo di partito né in stravaganze e deviazioni dalla linea (…). Presente – come tutti – ai funerali di Stalin, evita tuttavia in seguito (divenuto lui controllore dell’aderenza ideologica) di segnalare alcuno per qualsivoglia infrazione. Il giovanotto che lavorava assieme al padre nei campi per pagarsi studi (e matrimonio), col passare del tempo diventa il “signore” di Stavropol…..piattaforma dalla quale parte il lancio verso i corridoi del Cremlino.
Campi o meno dai quali sia emerso, finirà col viaggiare (per motivi ufficiali) fuori dei confini patri e vedere più mondo della massima parte dei suoi concittadini (e di molti dei suoi rivali). Sul serio, dare anche solo uno sguardo rapido alla biografia del soggetto lascia dietro sé un’impressione dell’incredibile linearità (non dico “tranquillità”, che sarebbe fuorviante) del suo percorso politico e umano : niente urti, niente frizioni, niente punti oscuri, lacune, intrighi e men che meno trame sanguinose (!) . Niente di NIENTE. Il nostro protagonista cresce, si rafforza e procede senza ostacoli (apparentemente), nel massimo silenzio, lentamente e inesorabilmente, di decade in decade per tutto il lasso di tempo della guerra fredda. E’ silenzioso senza essere un’eminenza grigia – anzi, al contrario, sono le eminenze grigie a benvolerlo e raccomandarlo (in primis Andropov, al comando del KGB e poi alla guida del paese nel breve interregno dopo Brezhnev), gli si aprono le porte, quelle che contano e al momento giusto, con un tempismo e disinvoltura da lasciare sorpresi………e il nostro corridore arriva al traguardo (scettro dell’Urss). Sembra quasi – mi si passi l’originale scelta di termini (che a dispetto dell’apparenza non vuole nemmeno essere offensiva) – che Mikhail Gorbachev “filtri” placidamente, come una qualche minuscola nube gassosa, inodore ed invisibile, che filtra traverso le pareti, verso l’altro, di livello in livello sino al massimo vertice, senza che nessuno se ne accorga.
Beh, no….ad accorgersene sono in molti in realtà, ma NON lo ostacolano (tutto il contrario, ed alcuni gli danno pure la “benedizione”) : il fatto è che il personaggio, per la sua natura e le sue caratteristiche…….non incute timore, quelle onde di ambizione e intrigo che solitamente pervadono l’aura dei candidati al trono (…). Laborioso e semplice, dinamico , senza vizi, che non si espone troppo e non scontenta né gli uni né gli altri (non si colloca in alcun ramo estremo dello spettro di correnti della nomenclatura sovietica. Riformista – chi non lo è , idealmente, tra i governanti ?! – ma con moderazione estrema). Per quanti si domandassero come ha fatto costui a scalare la vetta della seconda potenza planetaria, quali qualità esprimesse……..la risposta è questa : abbiamo di fronte la seguente tipologia di protagonista, ovvero l’”uomo qualsiasi” , senza superlative qualità o superpoteri, che riesce sgominare una legione di più vistosi ed accessoriati rivali, con semplicità e volontà.
In realtà, se si vuole andare sino in fondo alla cosa, ’”uomo qualsiasi” seppur sprovvisto di talenti pirotecnici e specifiche genialità , dispone di una formidabile potere : egli è TUTTI e NESSUNO al tempo medesimo. Un’entità in cui massima parte di chi osserva può in qualche modo ritrovarsi. Che non intimorisce chi sta in basso e non suscita perplessità in chi sta in alto (magari convinto quest’ultimo, che sia prevedibile e controllabile. Punto chiave questo).
E’ così che si arriva a quel marzo del 1985. Emerge dalle copertine dei principali settimanali chi non ci si sarebbe aspettato (la storia emerge da angoli inaspettati talvolta), una figura anonima fino a quel momento che tuttavia in un certo senso rappresentava la sintesi di tanti elementi di quel brodo che era la società sovietica lui coeva : tutto il resto è storia, alla base della nostra contemporaneità – uno dei pilastri dell’evoluzione storico-politica della generazione che conduce ai giorni presenti. Una storia raccontata 1000 volte, da infinite angolazioni e differenti luci, filtri (…).
Insomma, nessuno oserebbe affrontare da una bacheca di un social il “caso Gorbachev” e le sue ripercussioni sulla storia mondiale (io tanto meno), eppure un’impressione a prima vista rimane indelebile : il SISTEMA lo ha lasciato passare. Il sistema ha lasciato passare colui che ne avrebbe innescato il disfacimento. Il sistema inconsapevolmente ha rilasciato al proprio interno il virus che raggiunto il nucleo della cellula l’avrebbe alterata, portando poi all’alterazione virale delle milioni attorno ad essa (…). Il sistema lo ha lasciato passare perché si fidava di lui, perché non destava preoccupazione alcuna, perché la sua personalità non suscitava reazioni (se non benevole), perché in qualche modo suggeriva STABILITA’ (niente stravaganze o rischiose avventure) in un momento in cui ve n’era bisogno per superare la stagnazione accumulata dalla generazione precedente e le incertezza del futuro.
E’ chiaramente singolare, emblematico (e tragicomico) sottolineare le ultime due righe alla luce di quanto verrà.
Catturiamo, imbrigliamo il mantra, la cacofonia che si leva da una moltitudine di russi odierni in occasione dei funerali dell’ultimo leader della Cccp……riordiniamo e processiamo l’impasto sino a darvi una forma lineare e allora potremo articolare un discorso che suona nel seguente modo (ascoltare, prego) : “fino alla metà degli anni 80 esisteva una società multinazionale di 300 milioni di abitanti, istruiti, tutelati nella salute, difesi contro minacce esterne. Sostanzialmente felici entro il limite di benessere che la cornice sovietica permetteva : poi un giorno è arrivato LUI e nel giro di un pugno di anni tutto questo si è dissolto, aprendo le porte ad un mare di dolore (…)”.
Tanti la pensano così, cullandosi in reminiscenze di un Eden perduto (tra l’altro anche “bonificato” per i noti effetti della memoria selettiva). Costoro, che umanamente rispetto, hanno le loro ragioni e i loro torti al tempo medesimo.
Hanno torto nella misura in cui rimpiangono una culla che in realtà era già arrivata al suo fisiologico termine, a prescindere dal leader in carica : la stagnazione ereditata sin dai tempi di Brezhnev oramai esprimeva tutti i suoi effetti…..nel contesto di un villaggio globale divenuto più veloce di quanto fosse mai stato in precedenza. L’URSS – così come era concepita e strutturata – NON era oggettivamente in grado di affrontare le sfide del secolo a venire : una colossale creatura novecentesca contro una miriade di rivali ed avversari assai più agili che parlano un differente “linguaggio”, dotati di tecnologie e psicologie di comunicazione del tutto nuove, con economie in rapidissima crescita. Il “paradiso” se lasciato a sé stesso sarebbe rimasto stritolato in un meccanismo globale ancor più titanico, con tutta l’umana comprensione per la nostalgia di molti (…). La patria sovietica del 1985 si trovava già in stato di crisi a prescindere da tutto – senza saperlo – e necessitava assolutamente un mutamento, uno sostanziale, benchè le persone che vivessero non se ne rendessero conto……..occorreva un uomo del cambiamento, un uomo del destino, sì, occorreva una “perestroika” (rifondazione).
Il problema è che questo ”uomo del destino” di cui ci sarebbe stato bisogno non era Mikhail Gorbachev e la rifondazione di cui c’era assoluto bisogno non era quella da lui pianificata : la società sovietica nel suo momento più complicato aveva bisogno di una guida votata al cambiamento e per l’appunto ne ha ricevuta una………che però era quella sbagliata.
L’estesa riflessione sul lato umano di Mikhail Gorbachev nel capitolo precedente è la condizione essenziale per arrivare al cuore più profondo del problema che si affronta : non pretende di essere l’unica chiave di lettura (non lo è) in merito al nodo storico che ha sconvolto la geopolitica a cavallo tra XX e XXI secolo, ma un ulteriore prospettiva sul piano teoretico per quanto concerne la natura dello stato nazionale (o sovranazionale in questo caso).
Andiamo all’essenza senza giri di parole : la frase seguente – “Mikhail Gorbachev a capo dell’Unione Sovietica” – può essere considerata alla stregua di un ossimoro. Questo per una ragione essenziale che potremmo definire ontologica (il problema del fallimento dell’ultimo leader sovietico è ontologico se vogliamo trovare una risposta ai massimi livelli, quelli filosofici per dire). Il nostro protagonista, come osservato, vien su dagli sterminati campi di quel profondo meridione russo che lambisce Caucaso ed Ucraina : un volitivo e dinamico provinciale che CREDE nel proprio sistema, vi crede fedelmente, genuinamente……….forse anche TROPPO (per chi legge da qui in avanti è importante) : Mikhail appartiene a quella generazione nata a cresciuta sotto l’ala dello stato socialista, senza particolari scossoni e crede ai suoi ideali alla sua dottrina. Vi crede al punto da immaginarsi (quasi come la propaganda vuole) uno stato ed una società più forti e stabili di quanto effettivamente non fossero. Il suo essere tutt’uno col sistema vigente l’ha forse portato – in buona fede – a figurarselo come si desiderava che la gente lo immaginasse, apprezzandone le forze ma senza considerarne adeguatamente i punti deboli.
Iniziò riforme di grande spessore senza rendersi conto che il “giocattolo” che aveva per le mani era assai più fragile e sensibile di quanto non volesse credere (paradosso, enormità della cosa).
Mikhail, immaginava lo STATO (questo il punto) talmente solido da poterlo riportare alla madre terra, di poterlo normalizzare, umanizzare, restaurare privandolo di una specificità del quale NON poteva essere privato……
Mikhail Gorbachev, uomo onesto e genuino……pensa tante riforme per la casa sovietica di centinaia di milioni di anime : ognuna di esse meriterebbe un capitolo a sé stante, ma messe tutte assieme assumono un’altra definizione, collettiva, che le ingloba, elevando il tutto ad un altro livello di comprensione che ha a che fare con la filosofia della storia più che non con l’evidenza d’archivio (cioè qualcosa di più astratto, ma sicuramente non banale).
La definizione globale del processo innescato dall’ultimo leader Cccp, verso cui cerco di condurre gradualmente il lettore, potrebbe articolarsi in un’altisonante espressione quale : “PERDITA DELLA DIVINITA’ “.
Il significato ? L’insieme delle riforme, l’entità GLOBALE del cambiamento pensato da Gorbachev, porta ad intravedere la magnitudo della sua visione : egli intendeva in un qualche modo “normalizzare” l’intera macchina (stato), standardizzarla, plasmarla in modo tale da renderla a misura d’uomo……in breve, “RIPORTARE ALLA TERRA” (da qui il titolo di questi capitoli), farlo tornare ad uno status terreno rispetto al grado di eccezionalità che lo pervadeva sin dalla sua lontana e caotica palingenesi rivoluzionaria di quasi 70 anni prima.
Lo stato concepito da Lenin dopo il 1917 USCIVA DALLA STORIA – nella misura in cui il magmatico evento rivoluzionario che ne è alle fondamenta ESCE dalla storia : il consueto corso degli eventi che caratterizzava l’evoluzione della società umana di era in era veniva “spezzato” da questo incredibile accadimento che per forza di cose si poneva al di fuori dei canoni dell’umanità e delle sue leggi ordinarie : la storia naturale (dall’inizio del mondo) era una cosa……mentre la rivoluzione assieme a tutto ciò che essa generava (dal suo inizio in avanti) era un’altra, una dimensione parallela di livello superiore le cui leggi non potevano essere comparate moralmente con quelle del “mondo esterno”. Questo, signori, altro non è che l’indispensabile fondamento messianico dello stato socialista sovietico : altrimenti non può essere, pena un suo ridimensionamento al livello di qualsiasi altro suo vicino. L’eccezionalità morale e storica della rivoluzione socialista (e quindi del primo stato che genera), non può essere messa in discussione…….poichè per battersi e dare la propria esistenza occorre credere di farlo in qualcosa di più grande ancora della propria esistenza : per un IDEALE e non per un ingranaggio burocratico (come spesso purtroppo è).
Non è questa una caratteristica specifica del comunismo, ma di qualsiasi organizzazione che voglia darsi un fondamento solido : più tale organizzazione è grande, maggiore è il bisogno di tale fondamento, implementato e rafforzato da qualsiasi elemento possa tornare utile. Gli STATI…sono tra le organizzazioni più estese che le società umane abbiano elaborato : in quanto detentori del monopolio della forza nei confronti delle proprie microscopiche unità fondanti (cittadini) necessitano giocoforza di un fondamento morale per farlo. Tale principio di interdipendenza tra “dimensione fisica e dimensione morale” rimane attivo anche nella cornice degli stati : più essi sono minuscoli ed omogenei meno sono necessari fondamenti “assoluti” per il loro mantenimento, rivelandosi sufficienti costituzioni e sistemi democratici relativamente semplici (…). Al contrario più uno stato è esteso, maggiore il numero dei suoi abitanti e la complessità della propria composizione etnica, nonché difficoltà a tutelare i propri confini, maggiore sarà la necessità di una dimensione morale che rivaleggi con quella fisica, un fondamento forte, fortissimo, che vada oltre (ahimè) i canoni delle secolarizzate democrazie parlamentari.
L’Unione Sovietica ereditò la sagoma geografica e il peso demografico del secondo impero più esteso sulla faccia del pianeta : quest’ultimo rischiò la disintegrazione territoriale negli anni della guerra civile dopo la rivoluzione (a dimostrazione che lo zarismo di fine XIX secolo, pertinacemente reazionario e ormai secolarizzato era già di per sè inadeguato per il compito di tenere assieme, gestire e controllare lo spazio continentale cucito assieme dai propri predecessori).
Non era più possibile certo, in età contemporanea, credere nel messianismo cristiano ortodosso della prima età moderna (il 500 di Ivan il terribile), ma era tuttavia possibile trovare un nuovo messianismo laico….una fede che andasse oltre la materia, senza per forza scomodare la teologia : per l’appunto il momento delle ideologie.
Una costruzione come lo stato russo è per forza di cose – per le caratteristiche innate conferitegli dalla sua specifica storia – un qualcosa che non è in grado di reggersi su sistemi analoghi suggeriti ed importati dall’occidente. Lo stato russo per la sua natura più intima non può essere “democratico” nel medesimo senso in cui lo sono stati nazionali con parabole storiche differenti. Lo stato russo…….non può esser privato della sua “eccezionalità”, non può essere privata del suo “assoluto” le cui vestigia esteriori cambiano di era in era a seconda dell’esigenza….dalla terza Roma di Ivan IV°, allo stato marxista-leninista e la sua terza internazionale di 4 secoli dopo (in quest’ultimo caso a noi più prossimo cronologicamente, l’”assoluto” non è di stampo religioso chiaramente, quanto hegeliano : l’idea di quel regno di Prussia e della sua macchina statale la cui perfezione è incarnazione dell’incontro tra materia e spirito su questa terra è la premessa ontologica di base trasmessa a Lenin – tra i tanti seguaci di Hegel – il quale da essa parte, quando forgerà il proprio stato al momento debito (…).
Ci siamo spinti molto lontano….ai bordi dell’iperuranio platonico per dire cosa ?
Per far capire (o almeno provarci) la vera entità dell’inadeguatezza del capo di stato che arrivò al vertice nella primavera del 1985 : la tragedia di Mikhail Gorbachev fu di non capire l’essenza più profonda, la VERA natura della struttura che voleva non solo governare, ma modificare. Gorbachev da bravo cittadino sovietico che segue tutte le regole, conosceva la storia del proprio paese, ma solo superficialmente : ignorava la storia DIETRO LA STORIA, ovvero il senso storico alla base del susseguirsi degli eventi. In parole semplici il capo di stato NON conosceva il proprio grande paese nella misura in cui essendone un perfetto figlio difettava della giusta distanza, della giusta prospettiva per poterlo giudicare adeguatamente (come il figlio di genitori benestanti, che non si rende conto di essere “benestante” dato che per lui quella è la normalità). Egli NON vedeva il quadro, quello vero, nemmeno con i mezzi di cui un capo di stato disponeva…..sorvolava invisibili parametri vitali : in questo modo decise di “riportare alla terra” lo stato socialista sovietico (“elevato al cielo” dalla rivoluzione d’ottobre), decise di portarlo a misura d’uomo, attenuandone e alla fine cancellandone quella carica di “assolutezza” originaria. Venne indebolito il suo cuore sacro – il partito – , ritenendo che il corpo dello stato multinazionale sarebbe sopravvissuto senza (!).
Gorbachev, nel suo disegno di amplissimo respiro, si immaginava come lo scienziato di un laboratorio di ingegneria genetica, all’opera nel riformulare il DNA dell’essere che aveva in tutela : scisse con noncuranza il gene (quello dell’”eccezionalità”) che era alla base stessa non solo del sistema sovietico…ma del popolo russo e della civiltà slavo orientale in generale. Agì come un cardiochirurgo il quale nel mentre di operare un intervento per migliorare la funzione circolatoria nelle arterie del paziente, sbaglia rimuovendo anche………il cuore stesso (?!?).
L’eccezionalità di cui si parla, altro non è che il “SONDERWEG” di cui si è fatta menzione infinite volte, ossia la legge ultima che regola lo sviluppo di un’intera civilizzazione. L’ultimo leader sovietico – questa è la tragedia – non aveva nozione alcuna del Sonderweg del proprio popolo (e dei tanti che ne dipendevano), o forse l’aveva, ma falsata : pensò (può essere) di migliorare, aggiustare la traiettoria storica dello stato sbarazzandosi del fardello del comunismo sovietico ovvero spogliandolo della sua sacralità…..senza rendersi conto che proprio in tale sacralità era custodita la scintilla del Sonderweg in questione. Non seppe distinguere tra i vizi del sistema socialista sovietico e quelle caratteristiche profonde che tenevano in piedi l’intero edificio e che sarebbero state indispensabili a prescindere dal sistema in vigore : questo anche perché le due cose erano talmente intrecciate ed amalgamate che era arduo rimuovere una cosa senza danneggiarne altre (una scusante per Gorby).
Il risultato del processo di secolarizzazione (ideologica) promosso da lui, porterà in tempi brevissimi alla decade contraddistinta da anarchia con un altro personaggio – ancor più inadeguato (ed alcolizzato) al potere (il dramma divenne catastrofe…non proseguo).
Non si intende qui né condannare né giustificare il comunismo sovietico, ma solo riflettere. L’Unione Sovietica si trovava in condizione tale che avrebbe avuto bisogno – negli anni 80 – di una SECONDA RIVOLUZIONE, un secondo “1917” per rilanciare il destino di una società intera. Alla fine un evento magmatico l’ha avuto (da Gorby a Eltsin), ma non quella che serviva purtroppo, come si è visto.
—–
Non c’è altro da aggiungere. In questo contesto Lenin si pone come l’ALFA, mentre Gorbachev come l’OMEGA, non solo nel senso che sono stati rispettivamente il primo e l’ultimo leader dello stato sovietico…ma in un senso molto più profondo, filosofico : nel senso che Lenin “eleva all’empireo” (simbolicamente parlando) il sistema…..mentre Gorbachev lo “riporta alla terra” (dove tuttavia quest’ultimo non poteva sopravvivere e pertanto decomponendosi in fretta). Confronto ontologico impietoso, dialogo impossibile.
La terra sia lieve a Mikhail Gorbachev, che era un brav’uomo : in fondo la maggiore giustificazione la suggerisce Goethe forse, quando disse che nessun essere umano può veramente giudicare e valutare un evento di cui egli stesso è generato (…).

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LO STATO DELLE COSE DELLA GEOPOLITICA, di Massimo Morigi _ 11a di 11 parti

AVVERTENZA

La seguente è la undicesima di undici parti di un saggio di Massimo Morigi. Nella prima parte è pubblicata in calce l’introduzione e nel file allegato il testo di Morigi; nella sua undicesima parte è disponibile la prosecuzione a partire da pagina 130. L’introduzione è identica per ognuna delle undici parti e verrà ripetuta solo nelle prime righe a partire dalla seconda parte.

PRESENTAZIONE DI QUARANTA, TRENTA, VENT’ANNI DOPO A LE
RELAZIONI FRA L’ITALIA E IL PORTOGALLO DURANTE IL PERIODO
FASCISTA: NASCITA ESTETICO-EMOTIVA DEL PARADIGMA
OLISTICO-DIALETTICO-ESPRESSIVO-STRATEGICO-CONFLITTUALE DEL
REPUBBLICANESIMO GEOPOLITICO ORIGINANDO DALL’ ETEROTOPIA
POETICA, CULTURALE E POLITICA DEL PORTOGALLO*

*Le relazioni fra l’Italia e il Portogallo durante il periodo fascista ora presentate sono
pubblicate dall’ “Italia e il Mondo” in undici puntate. La puntata che ora viene
pubblicata è la prima e segue immediatamente questa presentazione, e questa prima
puntata (come tutte le altre che seguiranno) è preceduta dall’introduzione alla stessa di
Giuseppe Germinario. Pubblicando l’introduzione originale delle Relazioni fra l’Italia
e il Portogallo durante il periodo fascista come prima puntata e che, come da indice,
non è numerata, la numerazione delle puntate alla fine di questa presentazione non
segue la numerazione ordinale originale in indice delle parti del saggio, che è stata
quindi mantenuta immutata, quando questa presente.

UNDICESIMA PUNTATA STATO DELLE COSE

Ucraina, 15a puntata_odio irriducibile Con Max Bonelli e Stefano Orsi

Puntata dai toni particolarmente drammatici che tentano di estrapolare le pulsioni profonde che spingono a questa guerra. L’odio e il risentimento da una parte, frutto anche, ma non solo, dell’indottrinamento ideologico e della spregiudicatezza di una élite; la disponibilità a morire, anche con “leggerezza”, che attraversa gran parte dei contingenti militari. E’ il retroterra che rende possibili le offensive disperate e senza futuro, anche se ultimamente meglio organizzate, degli ucraini e l’azione ostinata e certosina dei russi e dei miliziani delle repubbliche secessioniste. E’ la condizione che rende possibile la sopravvivenza di un regime che per la sua natura scopertamente compradora, predatrice e ostile agli interessi del proprio stesso popolo non avrebbe ragione di esistere dopo tante sconfitte. E’ il nemico che i paesi europei hanno scelto di designare senza ragione che non sia la sudditanza atlantica e la sopravvivenza di un ceto politico decadente; ma anche lo strumento alleato e amico che diventerà la serpe in grado di trascinare ciò che resta dell’Europa nuovamente nel tragico caos conflittuale che ha innescato la sua decadenza a metà ‘900. In questo quadro abbiamo presentato gli sviluppi delle operazioni militari che vengono poi illustrate con maggior dovizia nei filmati di Stefano Orsi. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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