IMMUNITA’ DI GREGGE MA NON GREGGI, di Massimo Morigi

IMMUNITA’ DI GREGGE MA NON GREGGI.  BREVE CONSIDERAZIONE GEOPOLITICA SU REGNO UNITO ED ITALIA A CONFRONTO DI FRONTE AL CORONAVIRUS

 

Di Massimo Morigi

 

Nella conferenza stampa di martedì 12 marzo, Sir Patrick Vallace, UK Government Chief Scientific Adviser, vale a dire il consigliere scientifico particolare del Primo Ministro, carica inesistente nel Bel Paese ma di estremo e strategica importanza nel Regno Unito, in relazione all’epidemia di Cronavirus ha affermato, testuali parole: «It’s not possible to stop everybody getting it and it’s also not desiderable because you want some immunity in the population». Fornendo qui  l’URL attraverso il quale si può prendere diretta contezza di quella parte della conferenza stampa dove è stato pronunciato questo giudizio, https://twitter.com/BBCNews/status/1238151926379880449, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200313223603/https://twitter.com/BBCNews/status/1238151926379880449, osserviamo solo che il falso umanitarismo è sempre foriero di disastri  materiali e morali mentre una vera democrazia  – se per democrazia non s’intendono le “pappe del cuore” ma un preciso comune sentire, che travalica la destra e la sinistra e  sempre diretto a fare appello e leva sulle capacità di consapevolezza ed orgoglio di un popolo – è sempre collegata con una volontà imperiale che, nel caso inglese di come buona parte dell’opinione pubblica intende reagire a questa grave crisi epidemiologica, non significa certo ricostruire passati domini su terre lontane ma, molto semplicemente, accettare le sfide che ci presenta la storia  non in maniera passiva ma affrontarle a viso aperto ed attrezzandosi perché queste sfide procurino meno danni possibili (infatti il corollario di accettare che l’epidemia si diffonda e così sviluppare un’immunità di gregge che porti alla fine alla sua estinzione è, ovviamente, potenziare le strutture ospedaliere che possano consentire ai casi più gravi di essere salvati con le maggiori probabilità di successo). Certo, si tratta di una volontà imperiale molto “sui generis” che è, in primo luogo e principalmente, una volontà di comando sul proprio destino e non su qullo altrui ma, non nascondiamolo, siamo in presenza di propositi che se portati fino in fondo, infatti Sir Patrick Vallace parla anche per conto e per voce del nuovo primo ministro Boris Johnson (il quale churchillianamente tuona: «abituatevi a perdere i vostri cari»), intendono portare il Regno Unito sullo scenario internazionale come una potenza  la quale, anche se ha perduto dopo la seconda guerra mondiale il primato economico e militare, non accetterà mai alcun tipo di ricatto, né economico né militare. Il coronavirus, quindi, come un’occasione per riproporsi come un imprescindibile attore in uno scenario geopolitico in tempi, non di coronavirus come piagnucolando e scimmiottando titoli di opere letterarie ripetono ad ogni piè sospinto i nostri prezzolati e servi media nazionali, ma in tempi odierni e futuri di un sempre più tumultuoso e violento policentrismo. In una trasmissione di una importante emittente italiana, abbiamo potuto assistere alla piagnucolosa intervista a studenti italiani ospiti della “Perfida Albione” (questo era il senso del servizio) che di fronte al comportamento del governo di Sua Maestà Britannica si erano isolati in casa (comportamento legittimo,  evitare di cadere vittima di un’epidemia è una più che legittima aspirazione) ma che a questo comportamento, oltre aggiungere pesanti e gratuite querimonie contro il governo inglese, univano sentiti ed accorati elogi su quanto stava facendo il governo italiano. Piccole domande: se sono tanto impauriti perché non se ne tornano nella «Bella Italia, amate sponde» visto che nessuno li trattiene? e se apprezzano tanto l’operato del nostro governo perché una volta tornati in Patria (campa cavallo…)  non si mettono a fare politica attiva nel nostro paese piuttosto che rompere i … degli altri? (altrettanto campa cavallo, perché questi soggetti, oltre ad essere immediatamete spendibili per basse ricette di cucina politica nostrana, una volta tornati sul nostro artistico ed umanitario suolo potrebbero facilmente trovare lavoro, trovarlo sì ma come raccoglitori di pomodori).  Per ora in Italia la crisi epidemiologica del coronavirus non sembra  portare alcunchè di buono. Come sempre confidiamo sulla nottola di Minerva che spicca il suo volo solo all’imbrunire  (cioè, tradotto nel linguaggio di una rinnovata dialettica, sulle Epifanie strategiche di cui anche il nostro Paese ha fornito begli esempi nella sua storia).

 

 

 

 

 

 

EPIDEMIA CORONAVIRUS: DUE APPROCCI STRATEGICI A CONFRONTO, di Roberto Buffagni

Culto cinese degli antenati

Culto dei Lari

 

I due stili strategici di gestione dell’epidemia a confronto

 

 

Propongo una ipotesi in merito ai diversi stili strategici di gestione dell’epidemia adottati in Europa e altrove. Sottolineo che si tratta di una pura ipotesi, perché per sostanziarla ci vogliono competenze e informazioni statistiche, epidemiologiche, economiche che non possiedo e non si improvvisano. Sono benvenute le critiche e le obiezioni anche radicali.

L’ipotesi è la seguente: lo stile strategico di gestione dell’epidemia rispecchia fedelmente l’etica e il modo di intendere interesse nazionale e priorità politiche degli Stati e, in misura minore, anche  delle nazioni e dei popoli. La scelta dello stile strategico di gestione è squisitamente politica.

Gli stili strategici di gestione sono essenzialmente due:

  1. Non si contrasta il contagio, si punta tutto sulla cura dei malati (modello tedesco, britannico, parzialmente francese)
  2. Si contrasta il contagio contenendolo il più possibile con provvedimenti emergenziali di isolamento della popolazione (modello cinese, italiano, sudcoreano).

Chi sceglie il modello 1 fa un calcolo costi/benefici, e sceglie consapevolmente di sacrificare una quota della propria popolazione. Questa quota è più o meno ampia a seconda delle capacità di risposta del servizio sanitario nazionale, in particolare del numero di posti disponibili in terapia intensiva. A quanto riesco a capire, infatti, il Coronavirus presenta le seguenti caratteristiche: alta contagiosità, percentuale limitata di esiti fatali (diretti o per complicanze), ma percentuale relativamente alta (intorno al 10%, mi pare) di malati che abbisognano di cure nei reparti di terapia intensiva. Se così stanno le cose, in caso di contagio massiccio della popolazione – in Germania, ad esempio, Angela Merkel prevede un 60-70% di contagiati – nessun servizio sanitario nazionale sarà in grado di prestare le cure necessarie a tutta la percentuale di malati da ricoverarsi in T.I., una quota dei quali viene così condannata a morte in anticipo. La quota di pre-condannati a morte sarà più o meno ampia a seconda delle capacità del sistema sanitario, della composizione demografica della popolazione (rischiano di più i vecchi), e di altri fattori imprevedibili quali eventuali mutazioni del virus.

La ratio di questa decisione sembra la seguente:

  1. L’adozione del modello 2 (contenimento dell’infezione) ha costi economici devastanti
  2. La quota di popolazione che viene pre-condannata a morte è in larga misura composta di persone anziane e/o già malate, e pertanto la sua scomparsa non soltanto non compromette la funzionalità del sistema economico ma semmai la favorisce, alleviando i costi del sistema pensionistico e dell’assistenza sanitaria e sociale nel medio periodo, per di più innescando un processo economicamente espansivo grazie alle eredità che, come già avvenuto nelle grandi epidemie del passato, accresceranno liquidità e patrimonio di giovani con più alta propensione al consumo e all’investimento rispetto ai loro maggiori.
  3. Soprattutto, la scelta del modello 1 accresce la potenza economico-politica relativa dei paesi che lo adottano rispetto ai loro concorrenti che adottano il modello 2, e devono scontare il danno economico devastante che comporta. Approfittando delle difficoltà dei loro concorrenti 2, le imprese dei paesi 1 potranno rapidamente sostituirsi ad essi, conquistando significative quote di mercato e imponendo loro, nel medio periodo, la propria egemonia economica e politica.

Naturalmente, per l’adozione del modello 1 sono indispensabili due requisiti: un centro direzionale politico statale coerentemente e tradizionalmente orientato su una accezione particolarmente radicale e spietata dell’interesse nazionale (tipici i casi britannico e tedesco); una forte disciplina sociale (ecco perché l’adozione del modello 1 da parte della Francia sarà problematica, e probabilmente si assisterà a una riconversione della scelta strategica verso il modello 2).

L’adozione del modello 1, insomma, corrisponde a uno stile strategico squisitamente bellico. La scelta di sacrificare consapevolmente una parte della popolazione economicamente e politicamente poco utile a vantaggio della potenza che può sviluppare il sistema economico-politico, in soldoni la scelta di liberarsi dalla zavorra per combattere più efficacemente, è infatti una tipica scelta necessitata in tempo di guerra, quando è normale perché indispensabile, ad esempio, privilegiare cure mediche e rifornimenti alimentari dei combattenti su cura e vitto di tutti gli altri, donne, vecchi e bambini compresi, nei soli limiti imposti dalla tenuta del morale della popolazione, che è altrettanto indispensabile sostenere.

Gli Stati che adottano il modello 1, dunque, non agiscono come se i loro concorrenti fossero avversari, ma come se fossero nemici, e come se la competizione economica fosse una vera e propria guerra, che si differenzia dalla guerra guerreggiata per il solo fatto che non scendono in campo gli eserciti. La condotta di questo tipo di guerra, proprio perché è una guerra coperta, sarà particolarmente dura e spietata, perché non vi ha luogo alcuno né il diritto bellico, né l’onore militare che ad esempio vieta il maltrattamento o peggio l’uccisione di prigionieri e civili, l’impiego di armi di distruzione di massa, etc. Per concludere, la scelta del modello 1 privilegia, nella valutazione strategica, la finestra di opportunità immediata (conquistare con un’azione rapida e violenta un vantaggio strategico sul nemico)  sulla finestra di opportunità strategica di medio-lungo periodo (rinsaldare la coesione nazionale, diminuire la dipendenza e vulnerabilità  della propria economia dalle altrui accrescendo investimenti statali e domanda interna).

 

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Alla luce di quanto delineato a proposito degli Stati che adottano il modello 1, è più facile descrivere lo stile etico-politico degli Stati che adottano il modello 2.

Nel caso della Cina, è indubbio che il centro direttivo politico cinese sappia molto bene che la competizione economica è componente decisiva della “guerra ibrida”.  Furono anzi proprio due colonnelli dello Stato Maggiore cinese,  Liang Qiao e Xiangsui Wang, che negli anni Ottanta elaborarono il testo seminale sulla “guerra asimmetrica”[1]. Credo che il centro direzionale politico cinese abbia scelto, pare con successo, di adottare il modello 2 per tre ragioni di fondo: a) il carattere spiccatamente comunitario della tradizione culturale cinese, nella quale il concetto liberale di individuo e il concetto cristiano di persona hanno rilievo scarso o nullo b) il profondo rispetto per i vecchi e gli antenati, cardine del confucianesimo c) una valutazione strategica di lungo periodo, riassumibile in queste due massime di Sun Tzu, il pensatore che più ispira lo stile strategico cinese: “La vittoria si ottiene quando i superiori e gli inferiori sono animati dallo stesso spirito”  e  “Una guida coerente permette agli uomini di sviluppare la fiducia che il loro ambiente sia onesto e affidabile, e che valga la pena combattere per esso.” In altri termini, penso che la direzione cinese abbia valutato che il vantaggio strategico di lungo periodo di preservare e anzi rafforzare la coesione sociale e culturale della propria popolazione superasse il costo di breve-medio periodo del danno economico, e della rinuncia a profittare nell’immediato delle difficoltà degli avversari. Perché “le vie che portano a conoscere il successo” sono tre: 1. Sapere quando si può o non si può combattere 2. Sapersi avvalere sia di forze numerose che di forze esigue 3. Saper infondere uguali propositi nei superiori e negli inferiori.”

Nel caso dell’Italia, la scelta – per quanto incerta e mal eseguita – del modello 2 credo dipenda dalle seguenti ragioni. 1) Sul piano culturale, dall’influsso della civiltà italiana ed europea premoderna, infusa com’è di sensibilità precristiana, contadina e mediterranea per la famiglia e la creaturalità, poi parzialmente assorbita dal cattolicesimo controriformato e dal barocco: un influsso  di lunghissima durata che continua ad operare nonostante la protestantizzazione della Chiesa cattolica odierna, e nonostante l’egemonia culturale, almeno di superficie, di liberalismo ideologico e liberismo economico 2) Sempre sul piano culturale, dal pacifismo instaurato dopo la sconfitta nella IIGM e perpetuato prima dalle sinistre comuniste e dal mondo cattolico, poi dalle dirigenze liberal-progressiste UE; un pacifismo che genera espressioni buffe come “soldati di pace”, e la negazione metodica della dimensione tragica della storia 3) Sul piano politico, sia dal grave disordine istituzionale, ove i livelli decisionali si sovrappongono e ostacolano reciprocamente, come s’è palesato nel conflitto tra Stato e Regioni all’apertura della crisi epidemiologica; sia dalle preoccupazioni elettorali di tutti i partiti; sia dalla fragile legittimazione dello Stato, antico problema italiano 4) sul piano politico-operativo, dalla sbalorditiva incapacità delle classi dirigenti, nelle quali decenni di selezione alla rovescia e abitudine a scaricare responsabilità, scelte e relative motivazioni sulle spalle dell’Unione Europea hanno indotto una forma mentis che induce sempre a imboccare la linea di minor resistenza: che in questo caso è proprio la scelta di contenere il contagio, perché per scegliere la via del triage bellico di massa (comunque la si giudichi, e io la giudico molto negativamente) ci vuole una notevolissima capacità di decisione politica.

In altre parole, la scelta italiana del modello 2 ha ragioni superficiali e consapevoli nei nostri difetti politici e istituzionali, e ragioni profonde e semiconsapevoli nei pregi della civiltà e della cultura a cui, quasi senza più saperlo, l’Italia continua ad ispirarsi, specie nei momenti difficili: siamo stati senz’altro umani e civili,  e forse anche strategicamente lungimiranti, senza sapere bene perché. Però lo siamo stati, e di questo dobbiamo ringraziare i nostri antenati defunti, i Lari[2] il cui culto, sotto diversi nomi, si perde nei secoli e millenni; e che senza saperlo, oggi onoriamo e veneriamo facendo tutto il possibile per curare i nostri padri, madri, nonni, anche se non servono più a niente.

Farebbe sorridere Sun Tzu e forse anche Hegel constatare che i due modelli impongono metodi operativi di implementazione esattamente opposti rispetto allo stile strategico.

L’implementazione del modello 1 (non conteniamo il contagio, sacrifichiamo consapevolmente una quota di popolazione) non richiede alcuna misura di restrizione della libertà: la vita quotidiana prosegue esattamente come prima, tranne che molti si ammalano e una percentuale non esattamente prevedibile ma non trascurabile di essi, non potendo ottenere le cure necessarie per ragioni di capienza del servizio sanitario, muore.

L’implementazione del modello 2 (conteniamo il contagio per salvare tutti i salvabili) richiede invece l’applicazione di misure severissime di restrizione delle libertà personali, e anzi esigerebbe, per essere coerentemente effettuato, il dispiegamento di una vera e propria dittatura, per quanto morbida e temporanea, in modo da garantire l’unità del comando e la protezione della comunità dallo scatenamento delle passioni irrazionali, cioè da se stessa. Operativamente, la direzione esecutiva del modello 2 dovrebbe essere affidata proprio alle forze armate, che possiedono sia le competenze tecniche, sia la struttura rigidamente gerarchica adatte.

Concludo dicendo che sono contento che l’Italia abbia scelto di salvare tutti i salvabili. Lo sta facendo goffamente, e non sa bene perché lo fa: ma lo fa. Stavolta è facile dire: right or wrong, my country.

[1] Liang Qiao e Xiangsui Wang, Guerra senza limiti. L’arte della guerra asimmetrica fra terrorismo e globalizzazione, LEG Edizioni 2011

[2] v. https://www.romanoimpero.com/2018/07/culto-dei-lari.html

Coronavirus, politica e geopolitica, con Piero Visani e Gianfranco Campa

Qui sotto una conversazione con Gianfranco Campa e Piero Visani, registrata una settimana fa, sulle pesanti implicazioni politiche e geopolitiche della pandemia ormai in corso. L’Italia è ormai uno dei paesi più esposti ma la crisi è destinata a coinvolgere drammaticamente sempre più paesi e contribuirà a sconvolgere ulteriormente gli equilibri. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

Il Fiero Pasto, di Giuseppe Masala

Qui sotto alcune pregnanti riflessioni di Giuseppe Masala. In questi giorni si sono susseguiti gli appelli e le stigmatizzazioni per indurre tutto il paese e le forze politiche ad adottare uno spirito unitario e di concordia nazionale indispensabile a fronteggiare l’emergenza sanitaria. Emergenza che allo stato riguarda la contagiosità piuttosto che la letalità del virus. Appelli che poggiano in gran parte su un equivoco più che mai deleterio e subordinato a dinamiche politiche potenti. La diffusione del corona virus e la gestione dell’emergenza sanitaria sono l’occasione e lo strumento per rideterminare i rapporti di forza e le relazioni geopolitiche. Da una parte il colpevole ritardo della Cina nel comunicare ed affrontare l’epidemia. Nella fattispecie vediamo che per ragioni di gestione interna e di implicita attribuzione a soggetti esterni, gli untori di turno, delle responsabilità della diffusione, tra questi numerosi paesi europei, in particolare Francia e Germania si adoperano a nascondere, minimizzare e manipolare i dati di contaminazione del virus nei propri territori nazionali; dall’altro i suddetti, spalleggiati tempestivamente dai funzionari della Unione Europea, stanno spingendo per l’approvazione definitiva entro metà marzo del MES2 ed una accelerazione della Unione Bancaria. Due trattati particolarmente deleteri per il nostro paese, in particolare nell’attuale contingenza. Una operazione di vero e proprio sciacallaggio del resto consueta nel sistema di relazioni internazionali. Per quanto riguarda le dinamiche politiche interne al paese, i provvedimenti del Governo sono comunque il frutto di pressioni, punti di vista ed interessi contrastanti; ne parleremo a tempo debito. Stanno evidenziando le crepe e le disarticolazioni delle quali soffre particolarmente il nostro apparato statale ed amministrativo. Ancora una volta anzichè a un Giuseppe, continuiamo ad assistere a più “Giuseppi”, di Mattei ne abbiamo già almeno due; bastano ed avanzano. A questo punto un Governo che si vorrebbe di “afflato nazionale”, che invoca la concordia nazionale, che cerchi piena legittimità ed autorevolezza, dovrebbe contraccambiare la richiesta di responsabilità con l’accantonamento quanto meno delle scelte più divisive del paese e delle forze politiche. Il MES2 e l’Unione Bancaria sono appunto tra le scelte più divisive e su questo le forze di governo sembrano troppo ben disposte a cedere e accondiscendere. La gestione interna dell’emergenza sta assumendo toni contraddittori e ormai grotteschi. Il virus segue certamente una logica ed una dinamica più potente delle intenzioni politiche, anche le migliori; la contraddittorietà, la comunicazione e l’uso spesso maldestri dei provvedimenti sono il frutto di un progressivo disordine istituzionale ormai ultratrentennale e di un senso civico ed uno spirito di unità nazionale quantomeno carente tanto da rendere improbo il sacrificio degli operatori impegnati nell’emergenza. Non pare proprio che questa classe dirigente, questo Governo e la stessa PdR siano in grado di contrastare queste dinamiche; ne sembrano piuttosto una espressione. Non riesce ad ottenere dai fratelli europei nemmeno forniture di mascherine, medicinali e disinfettanti, nè pare porsi il problema di cominciare a produrne in casa propria.  Pare piuttosto propensa a manipolare ad uso proprio le progressive limitazioni. Il potere è protezione, e la protezione implica sempre il dominio. Non esiste la decretazione d’emergenza che si basa sul “per favore”. Le talpe che hanno diffuso in anticipo il decreto governativo di ieri vanno individuate, sanzionate, esposte al pubblico ludibrio. Lo stesso vale per i fuggitivi. Se la situazione si fa seria, e pare sia così, il governo si avochi i poteri necessari, metta fine al disordine istituzionale, consultata l’opposizione nomini un responsabile esecutivo (meglio un militare). L’opposizione, in particolare la Lega, all’inizio dell’emergenza virus ha gravemente sbagliato, attaccando il governo e facendo leva sul disordine istituzionale nel tentativo di accedere al governo. Poi i sondaggi l’hanno informata che el pueblo non gradiva, e si è corretta. Ora fa benissimo a contestare con la massima forza il tentativo di far passare i provvedimenti dei cravattari della UE come il MES. Può dunque con piena ragione condizionare il suo indispensabile appoggio alla necessaria avocazione governativa dei poteri emergenziali. Niente MES, e responsabile esecutivo dell’emergenza scelto di comune accordo. Parafrasando Giuseppe Masala ” Se la prossima settimana a Palazzo Chigi ci fosse un Generale dei Carabinieri non mi stupirei”. L’importante è che non si chiami Pietro Badoglio._Giuseppe Germinario, Roberto Buffagni

Il Fiero Pasto.

Fonti dell’Eurogruppo hanno fatto sapere che è attesa l’approvazione definitiva della riforma del Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità) per il 16 di Marzo. Ecco, allora, non è che ci vuole Nostradamus per capire che per l’Italia la firma del Mes significherebbe suicidarsi. Le nostre banche stanno crollando in borsa e conseguentemente lo spread Btp/Bund sta salendo. E’ evidente che avremo bisogno di finanziamenti e quelli della Bce sono vincolati all’attivazione del Meccanismo Europeo di Stabilità. Herr Weidman ha parlato chiaro: non sono all’orizzonte misure straordinarie di erogazione di liquidità da parte della Banca Centrale Europea. Letto in controluce significa: <<Chi ha bisogno di liquidità usi le procedure ordinarie attivando il Mes e firmando un Memorandum of Understanding in stile greco>>.

Ancora meno si può parlare di approvazione di norme capestro quali quella della dell’Unione Bancaria che prevedono la ponderazione del peso dei titoli di stato nazionali nel portafoglio titoli delle banche. Il cosiddetto doom loop tra banche e governi” è un concetto tortuoso e illogico che solo gli economisti – categoria maestra di pensiero gregario – può accettare. In una situazione di crollo generalizzato la logica dello spalmare il rischio sia nello spazio che nella diversificazione degli asset class non funziona: crolla tutto. Il concetto di Risk-Weighted Assets (RWA) è stato semplicemente demolito come concetto dal crollo del 2008. I tedeschi fanno finta di crederci e vorrebbero imporlo perchè è funzionale ai loro disegni. L’Italia ha un un’allocazione dei risparmi/capitali fortemente concentrata sui titoli di stato italiani e questa situazione va smontata (dal loro punto di vista) con la scusa dell’effetto contagio banche-governo. Ma le banche spagnole che hanno una distribuzione più incentrata sull’estero sono messe meglio? Non mi pare proprio, hanno centinaia di miliardi impelagati in quell’Argentina che non riesce manco a pagare le rate dell’FMI e in quella Turchia impegnata in due guerre a bassa intensità (Siria e Libia) e come se non bastasse che rischia uno scontro con la Grecia. E’ forse questa un allocazione delle risorse più razionale e meno rischiosa? Non mi pare proprio.

Perchè i tedeschi vorrebbero una allocazione meno incentrata sul nazionale da parte dell’Italia? Siamo alle solite: comportarsi alla prussiana mantenendo una parvenza di correttezza con la quale fare pistolotti morali agli altri. Ovviamente loro con questa manovra intendono attivare un meccanismo virtuoso per loro e mortale per l’Italia: convogliare verso gli assets tedeschi parte del risparmio italiano abbassando i tassi sui bund che sono già negativi e sottoponendo i capitali esteri che vi sono convogliati a una patrimoniale di fatto. Ovvero sia, le spese per l’emergenza sanitaria glielo pagano i risparmiatori italiani (che però non possono pagarle per se stessi). I tassi dei titoli italiani saliranno vista la mancanza dell’afflusso di risparmio italiano? Non c’è problema secondo loro, lo stato italiano può tranquillamente attivare il Mes firmando un Memorandum of Understendig che ci vincolerà per decine di anni a ciò che decide una società privata di diritto lussemburghese (questo è il Mes). Questo è il meccanismo. Non entro neanche nel discorso su come definire il vincolo del parlamento italiano e del governo alle decisioni di una società privata di diritto lussemburghese, dico solo che io nella costituzione italiana non vedo questa opzione che vincola il parlamento italiano nell’approvazione della legge finanziaria al placet di una società privata. Un colpo di stato bello e buono.

Semplicemente con l’attivazione di questo meccanismo mortale si vedrebbe la riedizione di quanto è accaduto con la crisi finanziaria partita nel 2008: il primo che cade viene usato come fiero pasto dagli altri che si rafforzano ed evitano così a loro volta di cadere semplicemente spolpando come degli avvoltoio il malcapitato. Chiedere ad Atene in cosa si sostanzia questo concetto. Solo che questa volta a rischiare di essere i primi a cadere siamo noi.

Scusate il sermone di primo mattino.

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NOTE A MARGINE
  • per amore di verità, spiega però che gran parte degli scenari che descrivi a partire dal secondo paragrafo fanno parte dell’Unione bancaria e non propriamente del MES2.
  • In realtà, il MES2 è preparatorio all’UB, va solo precisato che su quella l’Eurogruppo è ancora indietro. Ma non di molto. E con questo governo…
  • e si, le due cose vanno di pari passo….del resto è stato Conte a parlare di “logica di pacchetto” non avendo capito che è proprio il pacchetto che ci uccide…

tratto da https://www.facebook.com/bud.fox.58/posts/3078210225570615

IL GOVERNO PERICOLOSO DI DON FERRANTE ATTO IV (E FINALE), di Massimo Morigi

IL GOVERNO PERICOLOSO DI DON FERRANTE ATTO IV (E FINALE). NOTARELLA MANZONIANA E SCHMITTIANA OLTRE IL CORONAVIRUS DOPO IL DISCORSO ALLA NAZIONE     DEL        PRESIDENTE     DELLA       REPUBBLICA

 

Di Massimo Morigi

 

Così termina il capitolo XVII de I promessi sposi di Alessandro Manzoni: «Dice adunque che, al primo parlar che si fece di peste, don Ferrante fu uno de’ più risoluti a negarla, e che sostenne costantemente fino all’ultimo, quell’opinione; non già con ischiamazzi, come il popolo; ma con ragionamenti, ai quali nessuno potrà dire almeno che mancasse la concatenazione. – In rerum natura, – diceva, – non ci son che due generi di cose: sostanze e accidenti; e se io provo che il contagio non può esser né l’uno né l’altro, avrò provato che non esiste, che è una chimera. E son qui. Le sostanze sono, o spirituali, o materiali. Che il contagio sia sostanza spirituale, è uno sproposito che nessuno vorrebbe sostenere; sicché è inutile parlarne. Le sostanze materiali sono, o semplici, o composte. Ora, sostanza semplice il contagio non è; e si dimostra in quattro parole. Non è sostanza aerea; perché, se fosse tale, in vece di passar da un corpo all’altro, volerebbe subito alla sua sfera. Non è acquea; perché bagnerebbe, e verrebbe asciugata da’ venti. Non è ignea; perché brucerebbe. Non è terrea; perché sarebbe visibile. Sostanza composta, neppure; perché a ogni modo dovrebbe esser sensibile all’occhio o al tatto; e questo contagio, chi l’ha veduto? chi l’ha toccato? Riman da vedere se possa essere accidente. Peggio che peggio. Ci dicono questi signori dottori che si comunica da un corpo all’altro; ché questo è il loro achille, questo il pretesto per far tante prescrizioni senza costrutto. Ora, supponendolo accidente, verrebbe a essere un accidente trasportato: due parole che fanno ai calci, non essendoci, in tutta la filosofia, cosa più chiara, più liquida di questa: che un accidente non può passar da un soggetto all’altro. Che se, per evitar questa Scilla, si riducono a dire che sia accidente prodotto, dànno in Cariddi: perché, se è prodotto, dunque non si comunica, non si propaga, come vanno blaterando. Posti questi princìpi, cosa serve venirci tanto a parlare di vibici, d’esantemi, d’antraci…? – Tutte corbellerie, – scappò fuori una volta un tale. – No, no, – riprese don Ferrante: – non dico questo: la scienza è scienza; solo bisogna saperla adoprare. Vibici, esantemi, antraci, parotidi, bubboni violacei, furoncoli nigricanti, son tutte parole rispettabili, che hanno il loro significato bell’e buono; ma dico che non han che fare con la questione. Chi nega che ci possa essere di queste cose, anzi che ce ne sia? Tutto sta a veder di dove vengano. Qui cominciavano i guai anche per don Ferrante. Fin che non faceva che dare addosso all’opinion del contagio, trovava per tutto orecchi attenti e ben disposti: perché non si può spiegare quanto sia grande l’autorità d’un dotto di professione, allorché vuol dimostrare agli altri le cose di cui sono già persuasi. Ma quando veniva a distinguere, e a voler dimostrare che l’errore di que’ medici non consisteva già nell’affermare che ci fosse un male terribile e generale; ma nell’assegnarne la cagione; allora (parlo de’ primi tempi, in cui non si voleva sentir discorrere di peste), allora, in vece d’orecchi, trovava lingue ribelli, intrattabili; allora, di predicare a distesa era finita; e la sua dottrina non poteva più metterla fuori, che a pezzi e bocconi. – La c’è pur troppo la vera cagione, – diceva; – e son costretti a riconoscerla anche quelli che sostengono poi quell’altra così in aria… La neghino un poco, se possono, quella fatale congiunzione di Saturno con Giove. E quando mai s’è sentito dire che l’influenze si propaghino…? E lor signori mi vorranno negar l’influenze? Mi negheranno che ci sian degli astri? O mi vorranno dire che stian lassù a far nulla, come tante capocchie di spilli ficcati in un guancialino?… Ma quel che non mi può entrare, è di questi signori medici; confessare che ci troviamo sotto una congiunzione così maligna, e poi venirci a dire, con faccia tosta: non toccate qui, non toccate là, e sarete sicuri! Come se questo schivare il contatto materiale de’ corpi terreni, potesse impedir l’effetto virtuale de’ corpi celesti! E tanto affannarsi a bruciar de’ cenci! Povera gente! brucerete Giove? brucerete Saturno? His fretus, vale a dire su questi bei fondamenti, non prese nessuna precauzione contro la peste; gli s’attaccò; andò a letto, a morire, come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle. E quella sua famosa libreria? È forse ancora dispersa su per i muriccioli.». Abbiamo tutti ascoltato il discorso alla nazione  pronunciato dal  Presidente della Repubblica per infondere fiducia agli italiani in questo grave momento dominato dall’epidemia e per esortarli ad avere fiducia nei loro numi tutelari, vale a dire, e non potrebbe essere diversamente, in coloro che  attualmente hanno  la ventura di governarli e nella scienza. A questo punto verrebbe  da dire, se si volesse essere ingenerosi, che anche la massima carica dello Stato non è esente da colpe intellettuali (non morali, sia chiaro, se no l’umile scrivente potrebbe essere accusato di vilipendio al capo dello Stato,  e se c’è una dote che deve essere riconosciuta all’attuale Capo dello Stato è che i suoi atti ed azioni sono sempre ispirati al massimo senso del dovere e per il bene del paese, che poi noi si abbia un’opinione ben diversa in cosa consista questo bene è un altro paio di maniche) riguardo la sottovalutazione del pericolo (ricordate la sua visita ai bambini cinesi, come se il rischio in Italia fosse stato quello dell’esplosione del razzismo piuttosto che la diffusione del morbo?), oppure, ma questo riguarda la pragmatica del discorso presidenziale, si potrebbe dire che questo discorso più che tranquillizzare in realtà è ansiogeno, ma questo non per colpa di chi lo pronuncia (comunicatore fiacco ed inespressivo ma ciò non è una colpa) ma per il semplice fatto che quando in una situazione difficile si comincia a dire ‘niente panico’ allora è proprio il momento di preoccuparsi. Ma come si dice, in certe situazioni come si fa si sbaglia, e cristianamente  Perché non possiamo non dirci “cristiani come incomparabilmente titolava don Bendetto nel suo aureo saggio e quindi doverosamente propensi al perdono verso il prossimo (proprio perché cristianamente consapevoli che noi siamo i primi peccatori) ed anche perché, più popolarmente pragmatici siamo sempre anche propensi di muoverci all’insegna del partenopeo ed opportunistico  ‘scurdámmoce ’o ppassato’, il giudizio che più o meno benevolmente saremmo tentati di formulare potrebbe  essere riassunto  semplicemene  dicendo che il discorso è stato un doveroso atto d’ufficio e non aggiungere sostanzialmente altro. Perché allora la citazioncella manzoniana sulla morte di don Ferrante cagionata dalla sua cocciutaggine nel volere negare le natura contagiosa ed infettiva della peste attribuendo questa  ai molto distanti – e non rimediabili –  influssi delle sfere celesti? Non è forse questo un voler ribattere sulla responsabilità (per carità, lo ripetiamo, solo intellettuale, etc.) anche del Presidente della Repubblica nella sottovaltazione del pericolo? Non proprio (ma sì, un poco anche questo…), si è cercato, invece, di dire soprattutto  un’altra cosa e non riguarda tanto le modalità retoriche attraverso le quali  ha preso forma il dovere d’ufficio di avere rassicurato il popolo italiano ed anche i concreti atti presidenziali che hanno preceduto questo indirizzo ma di esprimere una profondissima critica in merito all’idea che sta dietro non solo questo discorso ma tutti i discorsi (e i pensieri politici e gli atti) del Presidente della Repubblica. Vale a dire all’idea che a)  ci si deve sempre e comunque fidare dell’operato delle autorità, siano queste istituzionali e politiche, siano queste scientifiche (o presunte tali, cioè accreditate dal sistema politico-istituzionale), e in sistema come quello italiano fidarsi del momento politico come in quello presumibilmente scientifico, clientelarmente attaccato al carro del primo, è un atto che più di natura razionalmente politica ha più a che fare col misticismo, e noi siamo convinti che l’attuale Capo dello Stato sia una sincera, per quanto interiormente combattuta, espressione di questo miticismo antipolitico e che 2)  ancor maggior fiducia si deve accreditare alla Weltanschauung più o meno espressa dal sistema politico-istituzionale di governo – ma questa nostra critica vale anche per buona parte della cultura politica del lato destrorso, oggi formalmente ma poco convintamente,  all’opposizione di detto sistema –, una visione filosofico-politica, cioè, che arrogantemente e ipocriticamente afferma che la vita politica democratica è rigidamente governata da regole e che, queste regole, sempre e comunque sono prevalenti sulle decisioni, siano queste decisioni eventualmente vitali per le sorti del paese ma anche solo formalmente contrarie alle regole del sistema poliltico-istituzionale, e importa ancor meno se queste regole, stabilite ab aeterno e flottanti sopra la nostra testa in una astorica iperunacità, incontrino sempre meno il favore del comune sentire (siamo sempre dalle parti di un conservatore ed antistrategico misticismo antipolitico al quale ribadiamo che la storia non è altro che un cimitero di idee ed istituzioni un tempo ritenute intoccabili e in cui la loro odierna  inferiorità rispetto a quelle contemporanee è solo quella di averle precedute nello storico cimitero. Se è tramontato il mondo dell’alleanza fra Trono ed Altare  dell’ ancien régime, che dire del più o meno lontano destino delle attuali pseudodemocrazie rappresentative?…). Ciò non detto, sia chiaro, per invocare fantomatici, ridicoli ed operettistici colpi per rimediare, con rinnovata e rivoluzionaria classe dirigente,  alla presente grave situazione epidemiologica (e alla futura gravissima situazione economica che ne conseguirà), e, a parte l’improponibilità politico-giuridica di una simile scemenza (escludendola, cioè per la deriva di criminalità politica che deriverebbe dal colpo di mano; ma, nella presente situazione storica italiana,  improponibilità  politica, purtroppo,  di agire anche per via c.d.  democratica con politiche maggiormente energiche verso il Coronavirus, rispetto alle quali il governo ora con ritardo  e tentennando ha messo tremolante mano: Carl Schmitt nella sua Dittatura osservava che il presidente ex articolo 48 della Costituzione della Repubblica di Weimar per difendere l’ordine pubblico «potrebbe anche far spargere gas velenosi su intere città se ciò fosse nel caso concreto una misura necessaria per il ristabilimento della sicurezza e dell’ordine»: Carl Schmitt, La dittatura. Dalle origini dell’idea moderna di sovranità alla lotta di classe proletaria, tr.it. a cura di F. Valentini, Laterza, Roma-Bari, Laterza, 1975, pp. 211-213 e anche in ragione della nostra ‘Costituzione più bella del mondo’ del tutto refrattaria al concetto di ‘stato d’eccezione’ quello che si è visto in questi  giorni è , in pratica, l’inversione politico-giuridica dell’ipotesi di scuola tratteggiata da Schmitt, cioè si è visto che in Italia prima che vengano riconosciuti momenti eccezionali  e si faccia qualcosa per porvi rimedio è necessario che qualcuno – nel nostro caso qualcosa –  sparga gas velenosi sul paese), non si è tanto stupidi da ritenere che il popolo è tanto buono mentre i politici che lo governano sono tanto cattivi e che quindi, con decise azioni extragiuridiche sarebbe possibile rimettere le cose a posto; in fondo, come diceva Joseph de Maistre, ogni popolo ha i governanti che si merita e se questo non vuol dire che i due livelli hanno le stesse responsabilità politiche e morali vuole perlomeno dire che della sua  mancanza di strategicità politica il popolo non ha che da lagnar sé stesso e che quindi le scorciatoie più o meno extragiuridiche per rimediare a questa situazione non farebbero altro che peggiorare la situazione. Ciò, però, invece detto, e questo sia altrettanto chiaro,  perché  –   pur augurando al Presidente della Repubblica la più lunga e felice vita possibile –  alla visione politico-ideale anche espressa dai discorsi del Presidente della Repubblica, altrettanto  auguriamo lo stesso destino (da raggiungersi, per carità, con una democraticissima e partecipatissima dal basso come dall’alto Epifania strategica) della famosa libreria di don Ferrante, quella di finire «dispersa su per i muriccioli», con le qual parole  Manzoni intendeva che i libri di don Ferrnante, che tanto avevano contribuito alla suo funereo e stupido destino, dopo la sua morte finirono sulle bancarelle dei rigattieri e noi che ci auguriamo che in futuro non troppo lontano le idee espresse dal Presidente della Repubblica e dall’auttale pensiero politico politicamente corretto siano presto un semplice relitto del passato relegato solo   alla ricerca degli storici del pensiero e/o dei curiosi eruditi librari vaganti fra i luoghi  delle –  si spera,  non ancora completamente virtualizzate – bancarelle ma non più un dannoso riflesso condizionato,  in primis delle classi dirigenti ma anche del popolo a loro sottoposto. His fretus, come sempre, non come i moderni don Ferrante negli astrali influssi degli idòla fori dell’ideologia democratico-liberale  ma, come già detto precedentemente, perchè la presente dolorosissima e disgraziata situazione epidemiologica ma anche politica del nostro paese possa essere  pronuba ad una prassisticamente concretissima Epifania strategica, la via migliore per liberarsi e combattere tutti i presenti e futuri morbi, siano questi di origine virale ma anche, se non soprattutto, di illusoria  matrice politico-ideologica.

Massimo Morigi – 7 marzo 2020

 

 

 

IL GOVERNO PERICOLOSO DI DON FERRANTE  ATTO III, di Massimo Morigi

 

 IL GOVERNO PERICOLOSO DI DON FERRANTE  ATTO III. L’EPIDEMIA DEL CORONAVIRUS E IL IL “PROTEGO ERGO    OBLIGO” DI THOMAS HOBBES E CARL SCHMITT 

 

Di Massimo Morigi

 

Dopo il mio primo intervento sul Coronavirus in data 21 febbraio 2020 sull’ “Italia e il Mondo” (Massimo Morigi, Il governo pericoloso di Don Ferrante: http://italiaeilmondo.com/2020/02/21/il-governo-pericoloso-di-don-ferrante-di-massimo-morigi/, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200229093334/http://italiaeilmondo.com/2020/02/21/il-governo-pericoloso-di-don-ferrante-di-massimo-morigi/), cui ha fatto seguito l’ottimo  Andrea Zhock,  Coronavirus e struzzi politicamente corretti, pubblicato sull’ “Italia e il Mondo” in data 23 febbraio 2020 (all’URL http://italiaeilmondo.com/2020/02/23/coronavirus-e-struzzi-politicamente-corretti-a-cura-di-giuseppe-germinario/, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200223132520/http://italiaeilmondo.com/2020/02/23/coronavirus-e-struzzi-politicamente-corretti-a-cura-di-giuseppe-germinario/), ancora, subito dopo,  un altro mio intervento, Massimo Morigi, Il governo pericoloso di Don Ferrante atto II, in “L’Italia e il Mondo”, 25 febbraio 2020 (http://italiaeilmondo.com/2020/02/25/il-governo-pericoloso-di-don-ferrante-2a-parte-di-massimo-morigi/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200229071219/http://italiaeilmondo.com/2020/02/25/il-governo-pericoloso-di-don-ferrante-2a-parte-di-massimo-morigi/), sempre il 25 febbraio due interessanti interventi di Antonio de Martini e di Piero Visani (https://italiaeilmondo.com/2020/02/25/cosa-abbiamo-imparato-di-antonio-de-martini-e-cosa-dovremmo-di-piero-visani/, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200229213932/https://italiaeilmondo.com/2020/02/25/cosa-abbiamo-imparato-di-antonio-de-martini-e-cosa-dovremmo-di-piero-visani/), per finire con il sempre intelligente e smaliziato Antonio de Martini cioè con Id.,
Lettera a un professore, in “Italia e il Mondo”, 26 febbraio 2020, (all’URL
https://italiaeilmondo.com/2020/02/26/lettera-da-un-professore-di-antonio-de-martini/, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200229090502/https://italiaeilmondo.com/2020/02/26/lettera-da-un-professore-di-antonio-de-martini/), sembrebbe che veramente, dal punto di vista dell’analisi politica, poco o nulla ci sarebbe da aggiungere sull’epidemia del Coronavirus. Si è già detto, abbiamo tutti più o meno già detto, sull’inefficenza  dell’azione governativa, prima troppo blanda, ora magari eccessiva nella sua isteria interventista, e si è già detto, e più o meno abbiamo tutti pensato, sulla debolezza del sistema Italia in questa crisi, come, per altro, in tutte le importanti crisi nazionali ed internazionali che mettono in discussione la sua stessa esistenza. Perché allora questo ulteriore intervento? Molto semplice. Perché oltre a tutti questi pensieri da tutti più o meno condivisi ora emerge, dopo che i (peraltro tardivi) provvedimenti del governo per arginare l’epidemia sono stati presi, un altro dato di fatto allarmante, se vogliamo ancora più allarmante sia della situazione oggettivamente grave sia della tardiva reazione governativa. Vale a dire l’abissale dolosa/colposa insipienza del sistema informativo  e delle c.d. élite intellettuali nel rappresentare la situazione a sé stesse e a chi dovrbbe prendere da loro consiglio. E se per quanto l’informazione massificata non si è riusciti ad andare oltre prima ad un flebile, molto flebile “piove governo ladro” ma poi, subito dopo, irridere  coloro che, giustamente terrorizzati dalla situazione, cercavano di accaparrarsi  al supermercato qualche scatoletta di carne ed invocare, sempre presso lo  stesso governo, il ritiro della misure poche ore prima (flebilmente) invocate, per quanto riguarda coloro che dovrebbero dare per dovere professionale un contributo di pensiero ci siamo trovati di fronte allo sciorinamento di predicozzi che, quando andava bene, tuonavano contro la globalizzazione (apparentemente benissimo, ma se non si sottolinea, come invece si è pur fatto sulle pagine dell’ “Italia e il Mondo”, il ruolo del tutto ancillare che l’Italia sta svolgendo in questo scenario, si tratta di parole al vento), quando andava male, attingevano alle solite contumelie contro la c.d. società consumistica che divora sé stessa nella sua frenesia produttiva e crea, per questo motivi, inenarrabili sconquassi economico-ecologici (infatti, quando non si produceva e distribuiva in maniera così forsennata, gli agenti alfa-strategici, i poveri cioè, morivano semplicemente di fame ma questi squilibri erano assenti! o forse no, vedi Peste Antonina, Peste Nera del Trecento e Peste manzoniana del Seicento…) e quando andava malissimo, orrore-errore di quella parte del sistema informativo e di quello politico ammorbata della peste ideologica, altro che Coronavirus…!, del  “politicamente corretto”, affermavano che le quarantene sono fasciste. E se per quest’ultime prese di posizione non rimane altro da dire che ci si trova davanti ad un caso di scuola di “distruzione della ragione”, focalizzandoci sulle contumelie general-generiche contro il sistema delle c.d. moderne democrazie industriali, il grave di queste  contumelie   non è tanto il fatto che contengano una pesante critica contro il mondo “democratico” ed industrializzato nel quale ci troviamo a vivere ma l’emotività e il (falso) moralismo anticonsumistico con cui vengono formulate e questo infantilismo espressivo è dovuto al semplice fatto che, tranne pochissime eccezioni, le classi intellettuali occidentali, e quelle italiane in particolare, hanno sempre rifiutato il pensiero politico realista, il solo modo di pensare che, pur nelle sue varie declinazioni, ha sempre posto l’accento sulla illusoria semantica del termine ‘democrazia’ così come comunemente (ed erroneamente) la si esprime e ideologicamente propaganda, appunto, nelle c.d. democrazie industriali.  Sulle ragioni di questo rifiuto abbiamo più volte detto e impiegando la famosa battuta di Leo Longanesi ‘La nostra bandiera nazionale dovrebbe recare una grande scritta: Tengo famiglia’, si definiscono in un sol botto non solo politici, mezzi di informazione di massa, intellettuali nazionali (ed internazionali) ma anche il povero popolo sottoposto a questi inetti ma anche feroci signori, un popolo per il quale ‘tenere famiglia’ è un diuturno affare serio e gravoso che, implica, ovviamente, anche i tanto moralisticamente deprecati accaparramenti di scatolette et similia.  Il governo pericoloso di Don Ferrante atto II terminava con la seguente frase del grande giuspubblicista di Plettenberg: «Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione.»: Carl Schmitt, Teologia politica, in Le categorie del ‘politico’, a cura di G. Miglio, e P. Schiera, Il Mulino, Bologna, 1972, p. 33.  Ora non tanto nella speranza di redimere una classe giornalistico-intellettuale-politica che è del tutto morta e, ancor meno, ovviamente, di dare un diretto contributo alla soluzione della crisi epidemiologica (a questo ci penseranno i tecnici medici e, ahinoi,  gli attuali sgangherati “decisori” politici che l’Italia ha oggi a disposizione – potrebbero essere definiti ‘lumpen decisori’ – nella speranza che questi due soggetti facciano meno vicendevole confusione di quanta ne han fatta finora, e ci penserà, anche, diciamolo chiaramente, l’epidemia stessa sulla cui natura e dinamica chi dice di sapere è la persona che men sa), ma col proposito di suscitare in tutti e in nessuno ragionamenti sul significato  filosofico-politico da attribuire alle  crisi di fiducia dei governati verso i governanti nella nostra italica c.d. democrazia  (crisi che, in questo caso, si è manifestata con gli accaparramenti di derrate alimentari, e i ganassa soloni che condannano questo comportamento si dovrebbero solo vergognare per la loro sì grande impudenza, dicono niente a costoro gli italici alluvioni e terremoti in cui l’aiuto dello Stato ai cittadini per superare la situazione è, per la sua totale assenza e inefficacia,  ancora più disastroso,  calmitoso – e finanche predatorio – dei disastri stessi?) e per stigmatizzare il sovrano che in questo, come in molti altri casi, non sa mai decidere sullo stato di eccezione, aggiungiamo altre tre altre auree massime schmittiane. La prima: «L’obbedienza non è arbitraria, ma è in qualche modo motivata. Perché dunque gli uomini danno il loro consenso al potere? In taluni casi per fiducia, in altri per timore, qualche volta per speranza, qualche volta per disperazione. Ma sempre hanno bisogno di protezione nel potere. Vista dall’uomo, la relazione fra protezione ed obbedienza resta la sola spiegazione del potere. Chi non ha il potere di proteggere uno, non ha nemmeno il diritto di pretendere da lui l’obbedienza. E viceversa chi cerca protezione e la ottiene, non ha nemmeno il diritto di rifiutare l’obbedienza.»: Carl Schmitt, Colloquio sul potere e sull’accesso presso il potente, in “Behemoth”, n. 2, anno II, 1987, pp. 47-57. La seconda: «La relazione di protezione obbedienza è la pietra angolare dello Stato architettato da Hobbes.»: Carl Schmitt, Lo Stato come meccanismo in Hobbes e Cartesio, in Scritti su Thomas Hobbes, a cura di C. Galli, Milano, 1986, pp. 52-53. La terza: «Il protego ergo obligo è il cogito ergo sum dello Stato, ed una dottrina dello Stato che non sia sistematicamente consapevole di questa massima, resta un frammento insufficiente. Hobbes ha indicato come scopo principale del suo Leviatano di riproporre agli occhi degli uomini la  “mutual relation between Protection and Obedience”, la cui inviolabile osservanza è imposta dalla natura umana così come dal diritto divino.»: Carl Schmitt, Il concetto di  ‘politico’,  in Id.,  Le categorie del politico, a cura di G. Miglio, P. Schiera, Il Mulino,  Bologna, 1972, pp. 136-137. Come sempre, declamato nella speranza che non tutto il male venga per nuocere, cioè che i vari “svuotamenti di Stato”  – o  colpi di extrastato che dir si voglia – cui stiamo assistendo in questi ultimi tempi siano veramente pronubi ad una autentica e profonda Epifania strategica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

lettera da un professore, di Antonio de Martini

Questa è la magistrale lettera che il preside del liceo Volta di Milano, Domenico Squillace, ha scritto a tutti gli studenti della scuola e pubblicato sul sito. Perdete qualche minuto per leggerla: è un capolavoro

AGLI STUDENTI DEL VOLTA

“La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia…..”

Le parole appena citate sono quelle che aprono il capitolo 31 dei Promessi sposi, capitolo che insieme al successivo è interamente dedicato all’epidemia di peste che si abbatté su Milano nel 1630. Si tratta di un testo illuminante e di straordinaria modernità che vi consiglio di leggere con attenzione, specie in questi giorni così confusi. Dentro quelle pagine c’è già tutto, la certezza della pericolosità degli stranieri, lo scontro violento tra le autorità, la ricerca spasmodica del cosiddetto paziente zero, il disprezzo per gli esperti, la caccia agli untori, le voci incontrollate, i rimedi più assurdi, la razzia dei beni di prima necessità, l’emergenza sanitaria…. In quelle pagine vi imbatterete fra l’altro in nomi che sicuramente conoscete frequentando le strade intorno al nostro Liceo che, non dimentichiamolo, sorge al centro di quello che era il lazzaretto di Milano: Ludovico Settala, Alessandro Tadino, Felice Casati per citarne alcuni. Insomma più che dal romanzo del Manzoni quelle parole sembrano sbucate fuori dalle pagine di un giornale di oggi.

Cari ragazzi, niente di nuovo sotto il sole, mi verrebbe da dire, eppure la scuola chiusa mi impone di parlare. La nostra è una di quelle istituzioni che con i suoi ritmi ed i suoi riti segna lo scorrere del tempo e l’ordinato svolgersi del vivere civile, non a caso la chiusura forzata delle scuole è qualcosa cui le autorità ricorrono in casi rari e veramente eccezionali. Non sta a me valutare l’opportunità del provvedimento, non sono un esperto né fingo di esserlo, rispetto e mi fido delle autorità e ne osservo scrupolosamente le indicazioni, quello che voglio però dirvi è di mantenere il sangue freddo, di non lasciarvi trascinare dal delirio collettivo, di continuare – con le dovute precauzioni – a fare una vita normale. Approfittate di queste giornate per fare delle passeggiate, per leggere un buon libro, non c’è alcun motivo – se state bene – di restare chiusi in casa. Non c’è alcun motivo per prendere d’assalto i supermercati e le farmacie, le mascherine lasciatele a chi è malato, servono solo a loro. La velocità con cui una malattia può spostarsi da un capo all’altro del mondo è figlia del nostro tempo, non esistono muri che le possano fermare, secoli fa si spostavano ugualmente, solo un po’ più lentamente. Uno dei rischi più grandi in vicende del genere, ce lo insegnano Manzoni e forse ancor più Boccaccio, è l’avvelenamento della vita sociale, dei rapporti umani, l’imbarbarimento del vivere civile. L’istinto atavico quando ci si sente minacciati da un nemico invisibile è quello di vederlo ovunque, il pericolo è quello di guardare ad ogni nostro simile come ad una minaccia, come ad un potenziale aggressore. Rispetto alle epidemie del XIV e del XVII secolo noi abbiamo dalla nostra parte la medicina moderna, non è poco credetemi, i suoi progressi, le sue certezze, usiamo il pensiero razionale di cui è figlia per preservare il bene più prezioso che possediamo, il nostro tessuto sociale, la nostra umanità. Se non riusciremo a farlo la peste avrà vinto davvero.

Vi aspetto presto a scuola.
Domenico Squillace

INFLUENZE, INFLUENZATORI E INFLUENZATI

Il governo ha impugnato il provvedimento di chiusura delle scuole adottato dalla regione Marche, ironia della sorte, alla vigilia della firma di un accordo con Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte per trasferire loro una serie di competenze aggiuntive oltre quelle che hanno e che si sono rivelate incapaci di gestire.

Trovo spettacolosa la muliebre contraddittorietà di questi provvedimenti: questa settimana accentriamo e la prossima decentriamo.

L’unico punto in comune tra la Chiesa cattolica e l’Unione Europea é sempre stato l’affermazione periodica del principio di sussidiarietà, ossia che « ogni problema deve essere risolto al livello cui si pone ».

In pratica, un problema regionale come quello dello smaltimento dei rifiuti dovrebbe essere risolto dalla regione, mentre la politica estera dovrebbe essere accentrata a livello nazionale.

Ognuno può constatare come questa affermazione di principio resti sulla carta. In realtà, tutti tendono ad accentrare i quattrini e liberarsi delle responsabilità.

Non c’è sintesi in niente, non c’è arte del governo. Solo fame di suffragi e denari nostri.

Nessuno che abbia detto, ad esempio per la crisi del virus, che abbiamo finora avuto ( nel mondo) 4.200 guariti e 2715 morti.

Chi cerca i quattrini cita solo il numero dei contagiati e chi vuole scaricarsi di responsabilità, i guariti.

Per far ammettere alla TV che i morti erano persone anziane e già ricoverate in ospedale per altre concomitanti e gravi malattie , si è dovuto insistere per quasi una settimana con media di minore impatto, ma non influenzati dal governo.

Tutte le corporazioni succhiasoldi sono all’opera per ottenere benefici : la Coldiretti , una organizzazione fatiscente, ha già fatto il fulmineo conto dei danni inferti dalla epidemia ( che non c’è..) alla zootecnia, dichiarando di aver censito 500 stalle in crisi.

Altra tradizionale coschetta di furbi, gli albergatori che hanno già conteggiato a livello italiano le disdette di prenotazioni nella misura del 70%.

Gli italiani saranno pure influenzati, ma la vicenda grave é che il governo é influenzabile e molto.

A proposito di sussidiarietà, il livello cui porre il problema virus é : il ministro della salute, il commissario alla salute UE, l’OMS.
Tutti « sconosciuti al portalettere » .Tacciono per non fare ombra alla primadonna.

In TV ci va il presidente del Consiglio che vuole influenzare l’elettorato.

Il governo pericoloso di Don Ferrante atto II, di Massimo Morigi

Il governo pericoloso di Don Ferrante II (Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione)
A parte lo scoramento per la situazione venutasi a creare in Italia in seguito alla diffusione
del Corona virus in Italia (se non sbaglio il primo paese del mondo non asiatico per numero di contagi, un brillante risultato dovuto alle ridicole reazioni governative di tutela della salute pubblica messe in campo non appena si ebbe notizia del pericolo), non ci sarebbe molto da aggiungere a quanto già detto sull’ “Italia e il Mondo” ne Il governo pericolooso di Don Ferrante (https://italiaeilmondo.com/2020/02/21/il-governo-pericoloso-di-don-ferrante-dimassimo-morigi/, Wayback Machine:
http://web.archive.org/web/20200223110210/https://italiaeilmondo.com/2020/02/21/il-governopericoloso-di-don-ferrante-di-massimo-morigi/) e, sempre sull’ “Italia e il Mondo” da quanto subito dopo ancor più dettagliatamente argomentato da Andrea Zhok sotto il titolo Coronavirus e struzzi politicamente correttti (all’URL
http://italiaeilmondo.com/2020/02/23/coronavirus-e-struzzi-politicamente-corretti-a-cura-digiuseppe-germinario/, Wayback Machine:
http://web.archive.org/web/20200223132520/http://italiaeilmondo.com/2020/02/23/coronavirus
-e-struzzi-politicamente-corretti-a-cura-di-giuseppe-germinario/).

Ma, tuttavia, c’è un piccolo dettaglio, che vale la pena mettere in rilievo. Chi ha avuto la stoica sopportazione di seguirmi in questi anni sulle pagine elettroniche dell’ “Italia e il Mondo” si sarà bene accorto del mio rapporto di odio-amore con Carl Schmitt, e questo non perché lo abbia mai giudicato macchiato dai suoi trascorsi nazisti (come invece tuttora fa il politicamente corretto, sempre confondendo il giudizio sul valore di un pensiero con quello di chi lo esprime; estrema putrefazione di questa mentalità: le contestazioni a Roman Polanski per non farlo partecipare a Cannes perché alcuni decenni fa avrebbe forse commesso una violenza carnale) ma, molto semplicemente ed apparentemente sorprendentemente, dal sottoscritto giudicato non sufficientemente decisionista. Ma ci sono momenti in cui il pur “timido” decisionismo di Carl Schmitt è tuttora la stella polare del moderno pensiero filosofico-politico ed è lo strumento principale per conferire il suggello analitico alle situazioni di crisi politica sulle quali ci dobbiamo confrontare come cittadini e come analisti. E, allora, non tanto di fronte alla tardiva reazione governativa del mese appena trascorso, sulla quale abbiamo già detto, ma di fronte all’altrettanto giuridicamente arlecchinesco Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 31- EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA DA COVID-2019, emesso in data 23 febbraio 2020 (all’Url http://www.governo.it/it/articolo/comunicato-stampa-delconsiglio-dei-ministri-n-31/14163, Wayback Machine:
http://web.archive.org/web/20200223131934/http://www.governo.it/it/articolo/comunicato-stampa-delconsiglio-dei-ministri-n-31/14163), nel quale, testuali parole si recita: «Il Consiglio dei Ministri si è riunito sabato 22 febbraio 2020, alle ore 19.02, presso la sede del Dipartimento della protezione civile, sotto la presidenza del Presidente Giuseppe Conte. Segretario il Sottosegretario alla Presidenza Riccardo Fraccaro. […] Si introduce, inoltre, la facoltà, per le autorità competenti, di adottare ulteriori misure di contenimento, al fine di prevenire la diffusione del virus anche fuori dai casi già elencati. L’attuazione delle misure di contenimento sarà disposta con specifici decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, sentiti i Ministri e il Presidente della Regione competente ovvero il Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, nel caso in cui gli eventi riguardino più regioni. Nei casi di estrema necessità ed urgenza, le
stesse misure potranno essere adottate dalle autorità regionali o locali, ai sensi dell’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, fino all’adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.», venie subito alla mente l’immortale sentenza del giuspubblicista di Plettenberg: «Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione.» (Carl Schmitt, Teologia politica, in Le categorie del ‘politico’, a cura di G. Miglio, e P. Schiera, Il Mulino, Bologna, 1972, p. 33). Già chi è in questo caso il sovrano? e  ha diritto chi di fatto sovrano non lo è più pretendere la sottomissione di coloro verso i quali non sa nemmeno prendere in prima persona provvedimenti eccezionali per difenderli? Se l’attuale epidemia potesse insinuare nella pubblica opinione queste domande, non tutto il male, come si dice, verrrebbe
per nuocere.
Massimo Morigi – 23 febbraio 2019

Mai sprecare un’arma: la guerra ibrida degli Stati Uniti contro la Cina, di Pepe Escobar

Qui sotto un articolo di Pepe Escobar che ipotizza, praticamente afferma, la natura sintetica del coronavirus la cui diffusione potrebbe essere un atto  proditorio della guerra ibrida ormai in corso tra gli Stati Uniti e le potenze (ri)emergenti, in particolare la Cina, in predicato quest’ultima di soppiantare in tempi brevi gli Stati Uniti nel ruolo di paese guida se non addirittura di potenza egemone. Tuttavia, se è vero che il confronto geopolitico e il conflitto tra stati e formazioni sociali sta assumendo un carattere sempre più virulento, mi pare che l’autore tenda a forzare un po’ troppo l’interpretazione delle dinamiche di un confronto ancora allo stato iniziale e dall’esito in realtà tutt’altro che scontato.

Partiamo dalla ipotizzata natura artificiale del corona virus. E’ vero che a Wuhan, epicentro della epidemia, sono localizzati laboratori batteriologici. Sono siti installati dai francesi e cogestiti da europei, americani e cinesi. Se in una prima fase la manipolazione era di fatto in mano totalmente agli occidentali, da diversi anni in realtà la Cina ha acquisito le abilità necessarie alla manipolazione e di conseguenza è in grado di controllare  attentamente i cicli operativi e le sperimentazioni. Non vanno sottovalutate inoltre le condizioni igieniche particolarmente precarie delle attività agricole, di trasformazione e distribuzione dei prodotti agricoli e animali; un ambiente nel quale virus e batteri trovano alimento e possibilità di mutazione. L’ipotesi quindi di un ciclo naturale trova anch’esso un fondamento anche se le particolari condizioni “favorevoli” non confliggono con l’ipotesi della manipolazione. Quanto al controllo dei processi e all’intenzionalità eventuale del contagio, date le capacità acquisite, sarebbe più riconducibile a qualcosa sfuggito accidentalmente ad opera dei cinesi. La guerra batteriologica, comunque, presenta ancora notevoli controindicazioni legate alla diffusione scarsamente controllabile del virus con tutti i rischi conseguenti a carico degli stessi provocatori. L’autore stesso, del resto, parrebbe in attesa di accertamenti più attendibili da parte delle autorità cinesi. Stessa riserva di giudizio un po’ troppo “ottimistico” sul livello di equilibrio del confronto tra Stati Uniti e Cina. La Cina ha indubbiamente saputo approfittare del processo di globalizzazione e di decentramento dei processi produttivi per acquisire rapidamente una potenza economica ed una capacità tecnologica sorprendente; come d’altronde gli Stati Uniti, per non parlare dei paesi europei ormai geopoliticamente fuori della partita, stanno rischiando seriamente di perdere il controllo di importanti e strategici settori della componentistica e della catena produttiva. La conseguenza di fatto di una visione troppo economicistica del proprio dominio e di una grave sopravvalutazione della propria capacità egemonica. Visione, tra l’altro, che sembra contaminare lo stesso Pepe Escobar quando tende ad assimilare ed identificare la potenza politica e il confronto geopolitico con la competizione e la guerra economica. Per proseguire il ragionamento, la Cina però non ha ancora raggiunto una efficienza ed una dinamicità sistemica tale da poter competere ed eventualmente superare gli Stati Uniti. Soffre ancora di grandi aree ancora depresse e marginali e di un mercato interno insufficiente che solo con l’ultimo piano quinquennale sta cercando di alimentare. Il suo sviluppo tecnologico è ancora settoriale e spesso, dietro i marchi nazionali, nasconde ancora almeno parzialmente il controllo occidentale. Lo stesso dato sui brevetti acquisiti, citato trionfalmente dal saggista, può essere particolarmente fuorviante se non si analizza qualitativamente il fenomeno. Gode di una espansione commerciale estera rilevante se non ridondante, necessaria ad una sorta di accumulazione primitiva, ma non ancora supportata dalla necessaria influenza politica e potenza militare. Parrebbe adottare una modalità operativa più simile a quella delle potenze di fine ‘800, senza per altro gli eccessi interventisti di allora, piuttosto che a quelle ben più sofisticate messe a punto e in opera alla fine del secolo scorso. Quest’ultima, la potenza militare e la capacità di influenza politica, ha raggiunto un livello sufficiente tale da garantire la difesa efficace del paese che prescinda dalla deterrenza nucleare, ma non ha ancora un carattere offensivo e di presidio territoriale, specie dei mari, paragonabile a quello statunitense. Lo stesso progetto di relazioni ed influenza legato alla nuova “via della seta” inizia ad evidenziare importanti contraddizioni e limiti nel relativo sistema di relazioni intessuto con gli altri paesi. Per non parlare della contraddizione politico-economica tra un settore indutriale privato medio-piccolo dipendente ancora dalla tecnologia occidentale ed un sistema di grandi industrie di fatto ristrutturato e molto più autonomo tecnologicamente nonché degli scompensi ricorrenti misconosciuti tra una amministrazione centralizzata e i centri periferici politicamente molto influenti. Gli Stati Uniti d’altro canto, pur con gli scompensi enormi creati dalle delocalizzazioni, non possono essere considerati “un guscio vuoto dedito al gioco d’azzardo”. Più che di un declino assoluto, si deve parlare di un declino relativo tale da indurre in tempi non remoti ad un confronto dall’esito però assolutamente non predeterminato. La truce lotta politica in corso negli Stati Uniti ha assunto questo come posta in palio e da quell’esito dipendono in gran parte le dinamiche geopolitiche mondiali. Una maggior cautela e riserva di giudizio mi paiono quindi opportune._Germinario Giuseppe

Mai sprecare un’arma: la guerra ibrida degli Stati Uniti contro la Cina

Markus 23 Febbraio 2020 , 10:01 Armamenti, Armi batteriologiche, Cina, Deep State, Eurasia, Guerra, Opinione, Pandemia 329 Viste
Pepe Escobar strategic-culture.org
La politica delle nuove vie della seta, o Belt and Road Initiative (BRI), era iniziata con il Presidente Xi Jinping nel 2013, prima in Asia centrale (NurSultan) e poi nel sud-est asiatico (Jakarta).
Un anno dopo, l’economia cinese, a parità di potere di acquisto, aveva superato quella degli Stati Uniti. Inesorabilmente, anno dopo anno dall’inizio del millennio, la quota statunitense dell’economia globale si è andata riducendo, mentre quella della Cina è in costante ascesa.

La Cina è già il centro nevralgico dell’economia globale e il principale partner commerciale di quasi 130 nazioni.
Mentre l’economia degli Stati Uniti è un guscio vuoto e il modo, tipico dei giocatori d’azzardo, con cui il governo degli Stati Uniti si autofinanzia (i mercati dei pronti contro termine e tutto il resto) viene visto come un incubo distopico, lo stato della civiltà avanza in una miriade di aree della ricerca tecnologica, anche grazie al Made in China 2025.
La Cina supera di gran lunga gli Stati Uniti nel numero dei brevetti registrati e produce almeno otto volte più laureati STEM [Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica] all’anno rispetto agli Stati Uniti, guadagnandosi lo status di miglior contributore alla scienza globale.
Una vasta gamma di nazioni in tutto il Sud globale ha sottoscritto accordi per entrare a far parte della BRI, che dovrebbe essere completata nel 2049. Solo l’anno scorso, le aziende cinesi hanno firmato contratti per un valore di 128 miliardi di dollari per progetti di infrastrutture su larga scala in decine di nazioni.
L’unico concorrente economico degli Stati Uniti è impegnato a ricollegare la maggior parte del mondo con la versione del 21° secolo, completamente interconnessa, di un sistema commerciale che era stato al suo apice per oltre un millennio: le vie della seta eurasiatiche.
Inevitabilmente, questa è una cosa che la classe dirigente statunitense non è assolutamente in grado di accettare.
Considerare la BRI come una “pandemia“

Mentre i soliti sospetti si arrovellano sulla “stabilità” del Partito Comunista Cinese (PCC) e dell’amministrazione Xi Jinping, il fatto è che la leadership di Pechino ha dovuto affrontare tutta una serie di problemi estremamente gravi: un’epidemia di influenza suina che ha ucciso la metà dei capi, la guerra commerciale voluta da Trump, la Huawei accusata di estorsione e prossima ad essere esclusa dall’acquisto dei chip prodotti negli Stati Uniti, l’influenza aviaria, il coronavirus che ha praticamente bloccato metà della Cina.
Aggiungeteci l’incessante raffica di propaganda da guerra ibrida del governo degli Stati Uniti, superata solo da una massiccia dose di sinofobia; tutti, dai “funzionari” sociopatici ai consiglieri autonominatisi, stanno consigliando alle imprese di spostare le catene di approvvigionamento globale al di fuori della Cina o si lanciano in vere e proprie richieste di cambio di regime, con ogni possibile forma di demonizzazione intermedia.
In questa offensiva totale, tutto è permesso per tirare calci al governo cinese mentre è a terra.
Alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, una nullità del Pentagono definisce, ancora una volta, la Cina come la più grande minaccia, economicamente e militarmente, per gli Stati Uniti e, per estensione, all’Occidente, costringendo una UE traballante e già subordinata alla NATO a sottomettersi ulteriormente a Washington in questo remix di Guerra Fredda 2.0.

L’intero complesso dei media aziendali statunitensi ripete fino allo sfinimento che Pechino sta “mentendo” e sta perdendo il controllo. Scendendo ai livelli più bassi e razzisti, questi scribacchini arrivano ad accusare la stessa BRI di essere una pandemia, con la Cina “impossibile da mettere in quarantena.”
Tutta roba forte, per non dire altro, che arriva dagli schiavi generosamente ricompensati di un’oligarchia senza scrupoli, monopolistica, estrattiva, distruttiva, depravata, criminale, che usa il debito in modo offensivo per aumentare la propria ricchezza e il proprio potere, mentre le masse proletarie statunitensi e globali sono costrette ad usare il debito in modo difensivo, per cercare di sopravvivere. Come ha dimostrato in modo conclusivo Thomas Piketty, la disuguaglianza si basa sempre sull’ideologia.
Siamo immersi in una feroce guerra di informazioni. Dal punto di vista dell’intelligence cinese, l’attuale cocktail tossico non può essere semplicemente attribuito ad una serie casuale di coincidenze. Pechino ha seri motivi per considerare questa straordinaria catena di eventi come parte di una guerra ibrida coordinata, un attacco alla Cina a tutto campo.
Prendiamo l’ipotesi di lavoro del Dragon Killer: un attacco con un’arma biologica in grado di causare immensi danni economici ma protetta da una plausibile negabilità. L’unica mossa possibile da parte della “nazione indispensabile” sulla scacchiera del Nuovo Grande Gioco, considerando che gli Stati Uniti non possono battere la Cina con le armi convenzionali e non sono in grado di vincere una guerra nucleare contro di essa.

Un’arma da guerra biologica?
All’apparenza, il coronavirus è un’arma biologica da sogno per coloro che sono intenzionati a provocare il caos in tutta la Cina nella speranza di un cambio di regime.
E’ comunque una cosa complicata. Questo articolo fa uno sforzo decente nel tentativo di tracciare le origini del coronavirus. Confrontalo ora con le intuizioni del Dr. Francis Boyle, professore di diritto internazionale presso l’Università dell’Illinois e autore, tra gli altri, di Biowarfare and Terrorism. È la persona che aveva redatto la bozza della proposta di legge antiterrorismo sulle armi biologiche degli Stati Uniti del 1989, approvata da George H. W. Bush.
Il dottor Boyle è convinto che il coronavirus sia un’arma offensiva da guerra biologica uscita dal laboratorio di Wuhan BSL-4, anche se “non dice che era stato fatto deliberatamente.”
Il Dr. Boyle aggiunge: “Tutti questi laboratori BSL-4 di Stati Uniti, Europa, Russia, Cina, Israele sono stati fatti per ricercare, sviluppare, testare agenti per la guerra biologica. In verità, non vi è alcun motivo scientifico legittimo per avere laboratori BSL-4.” A tutto il 2015, le sue stesse ricerche sulle armi batteriologiche erano arrivate a far spendere al governo degli Stati Uniti la bellezza di 100 miliardi di dollari: “Abbiamo oltre 13.000 presunti scienziati che dovrebbero occuparsi di medicina e che qui, negli Stati Uniti, … testano armi biologiche. In realtà, questo va molto indietro nel tempo, anche prima dell’11 settembre.”

Il Dr. Boyle accusa direttamente “il governo cinese di Xi e dei suoi compagni” di una copertura “fin dall’inizio. Il primo caso segnalato si era verificato il 1° dicembre, e avevano temporeggiato fino a quando non era stato più possibile. E tutto ciò che vi stanno dicendo è una bugia. È propaganda.”
Per il Dr. Boyle anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è d’accordo: “Hanno approvato molti di questi laboratori BSL-4 (…) Non potete fidarvi di ciò che dice l’OMS perché sono tutti comprati e pagati da Big Pharma e lavorano in combutta con il CDC [Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie], che è il governo degli Stati Uniti e lavorano in combutta con Fort Detrick.” Fort Detrick, ora un laboratorio all’avanguardia per la guerra biologica, in precedenza era un noto centro di ricerca della CIA per gli esperimenti sul controllo mentale.
Basandosi su decenni di ricerca nel campo della guerra biologica, il Deep State statunitense ha una notevole familiarità con tutta la gamma delle armi biologiche. Da Dresda, a Hiroshima e Nagasaki alla Corea, al Vietnam e a Falluja, i dati storici mostrano che il governo degli Stati Uniti non batte ciglio quando si tratta di scatenare armi di distruzione di massa su civili innocenti.
Da parte sua, la Defense Advanced Research Project Agency (DARPA) del Pentagono ha investito una fortuna nelle ricerche sui pipistrelli, sui coronavirus e sulle armi biologiche per l’editing genico. Guarda caso, proprio adesso, come se questa fosse una forma di intervento divino, gli “alleati strategici” della DARPA sono stati scelti per sviluppare un vaccino genetico.
La Bibbia dei Neoconservatori del 1996, il Progetto per un Nuovo Secolo Americano (PNAC), affermava in modo inequivocabile che “le forme avanzate di guerra biologica in grado di ‘colpire’ genotipi specifici possono far uscire la guerra biologica dal regno del terrore e trasformarla in uno strumento politicamente utile.”
Non c’è dubbio che il coronavirus, finora, sia stato uno strumento politicamente utile inviato dal Cielo, permettendo di raggiungere, con il minimo investimento (rafforzato da un’offensiva propagandistica senza sosta), gli obiettivi della massima potenza globale, gli Stati Uniti, mentre la Cina si è ritrovata relativamente isolata e con l’economia semi paralizzata.
Però bisogna vedere le cose in prospettiva. Il CDC ha stimato che durante la stagione influenzale 2018-2019, negli Stati Uniti si erano ammalate 42,9 milioni di persone. 647.000 erano state state ricoverate in ospedale. 61.200 erano morte.
Questo articolo descrive in dettaglio la “guerra popolare” cinese contro il coronavirus.
Tocca ai virologi cinesi decodificare la sua origine, probabilmente sintetica. Il modo in cui la Cina reagirà, a seconda dei risultati, avrà conseguenze sconvolgenti, letteralmente.
Preparare il palcoscenico per i Ruggenti Anni Venti

Dopo essere riusciti, a loro vantaggio, a trasferire in Eurasia le catene di approvvigionamento commerciali e a svuotare il continente americano, le élite statunitensi (e quelle occidentali subordinate) stanno ora fissando il vuoto. E il vuoto sta guardando verso di loro. Un “Occidente” guidato dagli Stati Uniti si trova ora di fronte all’irrilevanza. La BRI è in procinto di invertire almeno due secoli di dominio occidentale.
In nessun modo l’Occidente e soprattutto il “leader di sistema,” gli Stati Uniti, lo consentiranno. Tutto era iniziato con le operazioni sporche che avevano causato problemi nella periferia dell’Eurasia, dall’Ucraina alla Siria al Myanmar.
Ora è il momento in cui il gioco si fa davvero duro. L’assassinio mirato del Magg. Gen. Soleimani e in più il coronavirus, l’influenza di Wuhan, hanno davvero preparato il palcoscenico per i Ruggenti Anni Venti. In realtà, il nome giusto dovrebbe essere WARS, Wuhan Acute Respiratory Syndrome. Questo smaschererebbe immediatamente il gioco, facendo capire che si tratta di una Guerra contro l’Umanità, indipendentemente dalla sua provenienza.
Pepe Escobar
Fonte: strategic-culture.org Link: https://www.strategic-culture.org/news/2020/02/21/no-weapon-leftbehind-the-american-hybrid-war-on-china/

https://comedonchisciotte.org/mai-sprecare-unarma-la-guerra-ibrida-degli-stati-uniti-contro-la-cina/

BATTERI GEOPOLITICI, di Gianfranco Campa

Le notizie ( https://www.popsci.com/antibiotic-resistance-meat-farming-tax ) https://www.popsci.com/antibiotic-resistance-meat-farming-tax che arrivano dalla comunità medico-scientifica sono estremamente preoccupanti. In un recente incontro gli scienziati biomedici della Società Americana per la Microbiologia hanno rivelato che un gene chiamato MRC-1, presente nei batteri, conferisce agli stessi una resistenza a tutti gli antibiotici, inclusa la Colistina. La Colistina, conosciuta anche col nome di polimixina, è un farmaco di vecchia data creato da un ricercatore giapponese nel 1949. L’effetto collaterale più deleterio della Colistina è la pesante nefrotossicità e per questo motivo non è stata più utilizzata come antibiotico dalla comunità medica; questo fino a qualche anno fa, quando l’ascesa di microbi resistenti agli antibiotici tradizionali ha forzato la comunità scientifica a riesumare dagli armadi la Colistina per usarla come “arma di ultima speranza” per aver ragione di quelle infezioni resistenti ormai a tutti gli altri antibiotici. Ebbene, l’avvento dell’MRC-1 ha rivelato che anche quest’ultima arma è antiquata e quindi non rimane niente a disposizione della comunità medica da contrapporre ai superbatteri.

La scoperta del MRC-1 è relativamente nuova, avvenuta in Cina poco più di due anni fa. Gli scienziati trovarono un gene che permette ai batteri di diventare resistenti ad una classe di antibiotici conosciuti come polimine, comunemente utilizzati per combattere i superbatteri resistenti agli antibiotici più tradizionali. Contro MCR-1 anche le polimine erano diventate superflue eccetto in un primo momento, appunto, la Colistina; le ultime notizie sono preoccupanti poiché ci dicono che ora anche la Colistina è diventata inefficace. In altre parole l’MRC-1 rende invincibili i batteri, rendendo nuovamente mortali malattie precedentemente trattabili come per esempio la Polmonite. L’altra notizia è che la presenza dei batteri contenenti l’MRC-1, due anni fa, era circoscritta alla sola Cina; ora questi si stanno diffondendo anche nel resto del mondo. Molti scienziati hanno descritto questo avvenimento come una drammatica svolta epocale, un evento apocalittico, immune da contromisure adeguate. Tra qualche anno torneremo all’era pre-antibiotici, quando la gente moriva o si ammalava gravemente semplicemente per un’infezione più o meno banale, come detto prima la Polmonite, ma anche la Clamidia, la Gonorrea, la Tubercolosi, la Cistite, la Salmonellosi e così via. Insomma uno scenario appunto apocalittico. Attualmente 700.000 persone all’anno muoiono per infezioni resistenti ai farmaci. Secondo gli esperti nei prossimi tre decenni intorno ai 10 milioni di persone moriranno ogni anno per infezioni ormai intrattabili con gli attuali farmaci. Sul Guardian, Jonathan Pearce, l’immunolo del British Medical Research Council, ha detto che “ La Chirurgia in generale, i parti cesarei e la stessa chemioterapia, i quali devono il loro successo all’uso concomitante degli antibiotici, diverranno operazioni ad alto rischio”. Torneremo insomma all’era pre-antibiotici. Consideriamo questi cambiamenti potenzialmente catastrofici per la Medicina e l’umanità in generale.

Gli scienziati e le varie organizzazioni mondiali sulla salute hanno cominciato a proporre piani concreti, idee e soluzioni da proporre per allontanare questo incombente, catastrofico scenario.

Tra le varie opzioni, la riduzione drastica degli usi di antibiotici particolarmente nell’ambito degli allevamenti intensivi dove praticamente il loro abuso, negli allevamenti di animali da macello, ha contribuito a creare lo scenario apocalittico cui stiamo andando incontro. Non è un caso che l’MRC-1 sia stato individuato per la prima volta in Cina, paese in cui si fa uso indiscriminato di antibiotici per scongiurare il rischio di infezioni negli allevamenti intensivi, in particolare quelli dei maiali, dove si ritrovano a stretto contatto un numero elevato di animali. Gli allevatori Cinesi usando gli antibiotici anche per aumentare velocemente il peso e la massa muscolare degli animali. Qualcuno dirà vabbè, ma quelli sono i cinesi; noi italiani siamo più sensibili ai problemi di salute e ambientali. Nulla di più falso! Uno studio condotto l’anno scorso dall’associazione CIWF Italia ha rivelato che gli allevatori locali fanno uso massiccio degli antibiotici; il doppio rispetto all’utilizzo medio nella Comunità Europea. Secondo questo studio, il 71% degli antibiotici venduti in Italia finisce negli allevamenti. In Europa solo la Spagna e Cipro stanno peggio di noi. Negli Stati Uniti l’80% degli antibiotici viene usato negli animali in salute, non in quelli malati. Una stima mondiale rivela che 131.000 tonnellate di antibiotici vengono usati tutti gli anni negli allevamenti. Secondo il CDC Americano, il Centro per il Controllo e Prevenzione delle Malattie, due milioni di Americani vengono annualmente a contatto con infezioni resistenti agli antibiotici. Nel 2016 le Nazioni Unite hanno indetto un’assemblea straordinaria sul tema della resistenza dei microbi agli antibiotici. Da questa riunione sono venuti fuori dei programmi per cercare di fermare questa minaccia. La prima, ripeto, quella di bandire l’uso di antibiotici negli allevamenti. Questa soluzione è però ormai tardiva; sarebbe come chiudere la stalla con i buoi ormai scappati. L’altra soluzione sarebbe di cercare di coinvolgere più attivamente le grandi industrie farmaceutiche nella ricerca di un farmaco che possa risolvere il problema; questa sarebbe la soluzione forse più logica.

Ci sono poi altre soluzioni dalle significative implicazioni politiche e geopolitiche.

Di certo non sono un esperto in Biologia/ Medicina; non mi azzardo, quindi, a fare analisi sulle proposte prettamente scientifiche per risolvere questa crisi incombente. Vorrei piuttosto soffermarmi un attimo sull’aspetto prettamente politico delle proposte fatte.

Come diceva Rahm Emanuel, sindaco di Chicago ed ex Chief of Staff di Obama; “Non lasciare mai che una grave crisi vada sprecata. Queste congiunture ci offrono la possibilità di fare cose che non si potevano fare prima”; così ci è voluto poco per i soliti ignoti (noti) per arrivare a proporre soluzioni dalle pesanti implicazioni politiche e geopolitiche. La più interessante è quella che, al bando degli antibiotici negli allevamenti (cosa buona e giusta), si accompagna la proposta di ridurre il consumo di carne attraverso un pesante sistema di tassazione. In un articolo uscito sul Popular Science, l’Epidemiologo dell’Istituto di Biologia Integrativa di Zurigo, il Dottor Thomas Van Boeckel e i suoi colleghi hanno calcolato che si dovrebbe ridurre il consumo di antibiotici negli animali di almeno il 60 % entro l’anno 2030. Questo viene ottenuto riducendo l’uso di agenti antimicrobici intorno ai 50 mg per chilogrammo di prodotto animale. Questo specifico approccio comporta una serie di regolamentazioni, di sorveglianza e monitoraggio da erigere a livello mondiale. La Cina e il paese che fa più uso di antibiotici, pari a 318 milligrammi per chilogrammo di prodotto animale contro, per esempio, gli 8mg della Norvegia. Come si può indurre la Cina e a loro volta gli allevatori Cinesi ad allinearsi ad un eventuale trattato internazionale visto che la Cina non fa neanche parte dell’OECD? Per Van Boeckel la soluzione deve andare di pari passo con la riduzione di consumo di carne a livello mondiale. In altre parole bisognerà ridurre drasticamente il consumo di carne. In questa ottica hanno calcolato che, limitando il consumo quotidiano di carne a 40 grammi, si ridurrebbe del 66 % il consumo globale di carne. Secondo i ricercatori la riduzione delle razioni di carne porterebbe anche significativi benefici ambientali.

A parte la necessità di nuovi trattati e di conseguenti sistemi di monitoraggio, come pensano esattamente i nostri geni al lavoro di risolvere il problema di implementare la cosiddetta riduzione del consumo di carne? La soluzione consisterebbe nella proposta di imporre una tassa del 50 % sul costo attuale della carne. In altre parole, al un costo verosimile per chilo di vitello di venti euro, bisognerebbe aggiungere il 50% di tassa (chiamiamola anti-carne). Il costo finale sarebbe quindi di 30 euro. Un’altra soluzione sarebbe la tassazione delle aziende farmaceutiche, imponendo una imposta sui prodotti antibiotici fatturati, destinati all’impiego animale. La proposta comporterebbe due problemi: primo, l’aumento della tassazione su antibiotici ad uso animale comprometterebbe anche le cure legittime di gatti, cani e tutti gli animali domestici soggetti a malattie e cure del veterinario. Il secondo, una tariffa o meglio una tassa sugli antibiotici colpirebbe anche le stesse case farmaceutiche che investono nella ricerca scientifica di questi prodotti; colpirebbe, in altre parole, quella stessa industria che potrebbe trovare la soluzione contro i superbatteri.

Ci sono inoltre delle considerazioni importanti da fare a livello geopolitico. Pare che questo catastrofico evento possa dar vita a nuove occasioni per creare ulteriori trattati internazionali e imporre nuovi strumenti di controllo, monitoraggio e regole associate ad un aumento di tasse e/o di tariffe. Insomma assisteremmo alla nascita di nuove entità sovranazionali usate come strumento di oppressione della sovranità. In realtà potrebbe però esserci anche una risposta diametralmente opposta a quella descritta sopra; una crisi sanitaria su scala mondiale potrebbe invece incoraggiare la chiusura di frontiere, frenare l’immigrazione e bandire prodotti da vari paesi mettendo a rischio i meccanismi di scambio economici, un ritorno quindi al sovranismo nazionale come tentativo di controllare e gestire la crisi incombente. D’altronde è indubbio che c’è una diretta concomitanza fra l’avvento degli antibiotici, un’apertura graduale alla globalizzazione e la decadenza del concetto Stato-Nazione. Gli anni ‘50 e ‘60 con l’arrivo degli antibiotici e dei vaccini hanno visto di pari passo una graduale caduta di barriere fra i vari stati. Comunque sia, in mancanza di un rimedio veloce ed efficace all’incombente crisi sanitaria su scala planetaria, i sistemi e i meccanismi geopolitici ed economici mondiali sarebbero stravolti pesantemente. Non vorrei apparire troppo pessimista, ma inquietanti nubi nere si stanno accumulando all’orizzonte; segno che la tempesta è in arrivo.

Meglio essere preparati.

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