La sindrome dell’Onnipotente_a cura di Roberto Buffagni

Il dono della sintesi. In cinque minuti e ventitre secondi il professor John Mearsheimer descrive la traiettoria strategica degli Stati Uniti dalla loro nascita ad oggi. Gli Stati Uniti come lo stato più potente e aggressivo della storia moderna, che diviene l’egemone dell’emisfero occidentale e categoricamente non tollera MAI l’esistenza di altri peer-competitors e anzi li spazza via uno dopo l’altro.

Oggi, il peer-competitor degli Stati Uniti è la Cina. L’attuale decisione strategica americana, confermata ufficialmente dai Ministri della Difesa e degli Esteri nella recente visita a Kiev, ribadita dal Presidente Biden nella successiva riunione straordinaria NATO di Ramstein, è di incapacitare politicamente la Russia, ossia di frammentarla, per indebolire la Cina e poi rivolgere la propria attenzione contro di essa.

La Cina è l’obiettivo principale perché solo la Cina dispone dei requisiti di potenza (demografia, economia, potenziale militare in fieri) necessari per divenire l’egemone regionale nell’ Asia, come egemone dell’emisfero occidentale sono gli Stati Uniti d’America.

Già oggi la Cina dispone di una potenza latente (economica) superiore alla potenza latente americana; per di più, la Cina è in grado di produrre tutti i beni tipici delle quattro rivoluzioni industriali, mentre la manifattura americana, in larga misura delocalizzata, non lo è. Quindi, una alleanza tra la Cina e la Russia, con il vastissimo bacino siberiano ricco di materie prime e un arsenale nucleare modernissimo, suona la campana a morto per l’egemonia mondiale statunitense.

Le opzioni strategiche, per gli Stati Uniti, erano due: la prima, trovare un modus vivendi con la Russia, progressivamente avvicinarsela staccandola dalla Cina della quale è avversario naturale (4500 km di frontiere in comune), e allentare la propria egemonia sull’Europa: la Russia, comunque, non dispone dei fondamentali di potenza sufficienti a egemonizzare l’Europa, e non ne disporrà mai finché non riuscirà a invertire la dinamica demografica, sviluppare l’economia a ritmi cinesi, creare FFAA convenzionali abbastanza numerose e qualitativamente adeguate per un progetto espansionistico, imprese tutte che richiedono almeno vent’anni di sforzi coronati da successo.

La seconda, affrontare insieme Russia e Cina, iniziando dalla Russia, l’anello più debole. Logorare la Russia con una guerra interminabile in Ucraina, nella quale si riversino truppe polacche, rumene, baltiche; accendendo focolai di ostilità in tutti i luoghi sensibili per la Russia, Balcani, Medio Oriente, Artico; fomentando separatismi interni alla Federazione russa; ostacolando l’economia Russia con sanzioni durissime che pesano anzitutto sui paesi europei. Al contempo, contenere la Cina nella sua zona d’influenza immediata, dove è improbabile che l’avversario tenti un’espansione perché le sue FFAA non sono ancora in grado di competere con la potenza aeronavale statunitense. Frammentata la Russia, impadronirsi indirettamente delle risorse siberiane russe, creare un blocco occidentale atlantico che giunga fino a Vladivostok, e un blocco occidentale pacifico composto da Australia, Giappone, Corea del Sud che stringa la Cina in un accerchiamento su due fronti. Di qui, potrebbe iniziare il rollback della Cina, e gli Stati Uniti potrebbero riconfermare ed estendere la loro egemonia mondiale.

Gli Stati uniti hanno scelto questa seconda “Grand Strategy”. Non si tratta di una strategia prudente, per usare un understatement. I rischi che essa fallisca ed esponga l’intero blocco occidentale, anzitutto l’Europa, a contraccolpi terribili, persino annichilenti, sono manifesti.

Ma come dice Mearsheimer, gli Stati Uniti sono lo Stato più potente e aggressivo della storia moderna. Oggi, la loro supremazia è in forse, e non sono disposti a rinunciarvi, costi quel che costi: specialmente agli altri. A noi italiani, a noi europei, per esempio._Roberto Buffagni

 

https://youtu.be/9qNDDYu9I3A

 

 

FENOMENOLOGIA DELL’ ALESSANDRO   ORSINI, di Massimo Morigi

                      FENOMENOLOGIA DELL’ ALESSANDRO   ORSINI

 

E per la chiarezza concettuale e terminologica e per  iniziare l’indispensabile  percorso già indicato ai lettori in “Regnum Cliens”, (all’ URL  de “L’Italia  e il mondo” https://italiaeilmondo.com/2022/04/24/regnum-cliens-di-massimo-morigi/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20220424164612/https://italiaeilmondo.com/2022/04/24/regnum-cliens-di-massimo-morigi/; screenshot:  https://web.archive.org/web/20220424164625/http://web.archive.org/screenshot/https://italiaeilmondo.com/2022/04/24/regnum-cliens-di-massimo-morigi/, ed anche su Internet Archive agli URL https://archive.org/details/regnum-cliens-repubblicanesimo-geopolitico-massimo-morigi-italia e  https://ia801505.us.archive.org/10/items/regnum-cliens-repubblicanesimo-geopolitico-massimo-morigi-italia/REGNUM%20CLIENS%2C%20REPUBBLICANESIMO%20GEOPOLITICO%2C%20MASSIMO%20MORIGI%2C%20ITALIA.pdf )  è ora necessario fare un esempio concreto per instradarci verso una nuova pedagogia nazionale che si contrapponga alle vecchie e divisive narrazioni, iniziando innanzitutto da coloro che possono sembrare affini ma, in realtà, ammettendo pure la loro  buona fede, non fanno altro che seminare confusione nel campo di coloro che si stanno rendendo conto che l’Italia non è nient’altro che un “regnum cliens” degli Stati Uniti. Ci riferiamo al prof. Alessandro Orsini, del quale qui di seguito si indica per punti la complessa e contraddittoria fenomenologia di questo comunque interessante personaggio pubblico. Punto primo della fenomenologia di Orsini. Il professore accusato  –  vigliaccamente e distorcendo le sue parole bisogna sottolineare – di essere  fascista,  anziché rimarcare il ruolo paralizzante del mito della resistenza e dell’antifascismo, denuncia anche giustamente di essere stato volutamente frainteso per le posizioni assunte sulla guerra russo-ucraina e per queste sue  posizioni che si sta operando sulla sua persona una sorta di ridicola e deformante “reductio ad fascem” ma facendo ciò ribadisce la sua fedeltà ai valori paralizzanti di cui sopra e non gli passa nemmeno per l’anticamera del cervello (l’abbiamo già detto,  gli si concede la buona fede) che per l’Italia è fondamentale il passaggio ad una nuova pedagogia nazionale che si lasci completamente dietro di sé, appunto, il miti confusionari, divisivi e sommamente paralizzanti  dell’antifascismo e della resistenza e che risultano essere un fenomenale compattatore delle classi dirigenti e parassitarie italiane e, in prospettiva storica, nient’altro che una mitologia costruita ad hoc da un’Italia che aveva perso il secondo conflitto mondiale e che necessitava di questa mitologia per accreditarsi pubblicamente presso i vincitori come una nazione rinnovata ed affidabile (nella realtà inconfessabile, certamente affidabile perché col mito dell’antifascismo e della resistenza si rinunciava alla propria sovranità persa con la guerra ma rinnovata proprio no, anzi il mito copriva il fatto che le strutture dello stato erano sempre quelle fasciste – e quali avrebbero potuto essere ? – e gli italiani non erano per natura antifascisti ma, per la maggior parte, fascisti che avevano perso la guerra cui faceva gioco raccontare all’estero ed anche al loro foro interiore che erano sempre stati antifascisti). Punto secondo della fenomenologia di Alessandro Orsini. Non c’è praticamente alcuna pubblica dichiarazione del professore dove egli non si professi ammiratore della democrazia degli Stati Uniti (???) e nel contempo non affermi che l’Italia deve rendersi più autonoma da questi e cercando di fare i propri interessi, imitando, per giunta, proprio gli Stati Uniti dal professore ritenuti maestri nel perseguire il proprio interesse nazionale. Si tratta, come è di tutta evidenza, di una posizione in sé fortemente contraddittoria (perché allora rendersi autonomi da una potenza che promana tanta civiltà democratica?) ed anche antistorica, perché se è vero che gli Stati Uniti sanno fare i loro interessi (e anche questo è tutto da dimostrare, meglio dire che gli Stati Uniti  hanno di volta in volta grande capacità di imporre agli alleati e agli stati clienti – per l’Italia abbiamo già detto che questa è la definizione che meglio si attaglia riguardo al suo rapporto con gli Stati Uniti – la loro politica del momento), bisogna vedere cosa significhi, a livello di politica interna degli Stati Uniti, fare i propri interessi, che negli ultima trent’anni – se facciamo eccezione dell’amministrazione Trump – non è mai stato l’interesse di quella che più o meno si può definire una classe media (cosa che si intuisce importa molto al prof. Orsini) ma solo quello delle grandi corporation. Quindi, per farla breve e per essere benevoli, Orsini fortemente succube del mito americano e non andiamo oltre. Punto terzo. Orsini si definisce grande europeista e, purtroppo, c’è da credere alla sua sincerità, ma si tratta di una sincerità che confligge – e anche su ciò diamo credito ad Orsini sulla sua sincerità e quindi sul suo accecamento – con la sua volontà di voler rendere l’Italia più assertiva ed efficace in politica  estera. L’Unione Europea è nata per la volontà degli Stati Uniti di controllare il Vecchio continente uscito con le ossa rotte dal Secondo conflitto mondiale e, come si vede nella vicenda della guerra russo-ucraina, svolge egregiamente questo ruolo e non c’è molto altro da dire se non riflettere sull’ingenuità del prof. Orsini, ed anche, se proprio si vuole aggiungere una postilla, concordare  con il ragionamento di Orsini in merito al fatto che per la Francia l’Unione Europea è un moltiplicatore di potenza, ma anche sottolineare che, a differenza dell’opinione di Orsini, è assolutamente velleitario pensare che questo moltiplicatore di potenza possa valere anche per l’Italia, per il semplice fatto che per moltiplicare potenza, potenza bisogna avere e siccome la potenza internazione dell’Italia è uguale a zero, hai voglia a moltiplicare… . Quarto e ultimo punto. Orsini sostiene che l’Italia è un satellite degli Stati Uniti. Errore, grosso errore, errore da sottolineare con la matita blu. L’Italia non è un satellite degli Stati Uniti, perché com’è noto in astronomia, un satellite esercita una sua forza di gravità sul corpo celeste maggiore che va sotto il nome di pianeta, e usando quindi nella relazione di potenza fra Stati Uniti ed Italia la metafora del satellite, ciò vorrebbe dire che l’Italia esercita una pur minima influenza sugli Stati Uniti, ma questo è empiricamente smentito dai fatti, ricevendo l’Italia passivamente e servilmente i desiderata degli Stati Uniti senza portar un pur minimo contributo autonomo agli stessi (vedi sempre guerra russo-ucraina con la ridicolaggine che l’Italia è letteralmente indemoniata nel dire che bisogna fare a meno del gas russo, dimenticando il piccolo dettaglio che essa è la nazione occidentale che più dipende dallo stesso. In realtà l’Italia non è uno stato satellite degli Stati uniti come possono esserlo la Francia, la Germania o la Gran Bretagna, l’Italia è uno stato cliente degli Stati Uniti, dove, come nell’antica Roma, noi attribuiamo a questo termine il significato di uno stato che ha formale personalità giuridica internazionale e formale libertà di scegliersi al suo interno i propri governanti, ma che non solo in materia di difesa militare ma anche in quella delle scelte economiche vitali per il benessere della sua popolazione non può e non deve avere alcuna parola se non quella che direttamente le viene trasmessa dalla nazione con la quale è formalmente alleata ma, nella realtà, completamente sottomessa militarmente ed economicamente (rinuncia al gas russo per ordine degli Stati Uniti anche se questo può uccidere la nostra economia; aumento, sempre su direttiva degli Stati Uniti, delle spese militari per l’Italia anche se questo rischia di far schizzare la già nostra disastrata spesa pubblica, sempre su ordine diretto degli Stati Uniti, invio di armi all’Ucraina, anche se questo ci espone al rischio di essere la prima vittima sacrificale di una ritorsione nucleare da parte della Russia. I Romani con i regni clientes si comportavano esattamente come gli Stati Uniti con noi italiani: prelevavano soldati per le legioni, depredavano i territori dei regni clientes delle risorse minerarie, agricole ed umane, cioè, oltre ai soldati, imponevano de facto  presso costoro anche la fornitura di schiavi oltre quelli che già si procacciavano con la diretta brutale violenza dagli stati debellati tout court dalla loro forza militare). L’interesse della fenomenologia testé tratteggiata  è data dal fatto che col prof. Orsini ci troviamo di fronte ad uno studioso  –  contrariamente alla stragrande maggioranza  degli esponenti del circo intellettual-mediatico mainstream palesemente in malafede e/o talmente istupidito dal crollo delle ideologie novecentesche che “tout va très bien madame la marquise” –   che pur possedendo realmente una competenza geopolitica e pur volendo sinceramente far valere questa competenza a beneficio della nazione cui appartiene, non è riuscito ad acquisire quella necessaria souplesse che gli consenta di sbarazzarsi con decisione di tutti quegli idola fori  del c.d. Occidente che permettono ai gruppi alfastrategici di questo fantomatico e fantasmagorico Occidente di prevalere senza alcuno sforzo sui gruppi omegastrategici che vengono letteralmente privati della loro capacità critica e di autoconservazione vitale tramite l’uso   parareligioso della mitologia dei diritti dell’uomo e della c.d. democrazia rappresentativa (in Italia, sottomiti e diretta gemmazione del mito principale, mito dell’antifascismo presente anche all’estero ma mito dei vincitori per imporre la loro volontà di potenza agli sconfitti mentre in Italia è il mito degli sconfitti e per imporre la volontà di potenza delle classi egemoni sulle classi subalterne e mito della resistenza, anche questo presente all’estero ma in Italia particolarmente farlocco ed arma di “distrazione di massa” a totale detrimento, come nel primo caso, dei gruppi omegastrategici), democrazia e diritti dell’uomo che, secondo questo racconto mitologico, non solo dovrebbero essere imposti sui popoli che non ne vogliono sentire parlare ma, addirittura, dovrebbero essere la chiave di spiegazione universale per interpretare e giudicare le vicende storiche, culturali ed esistenziali dell’Umanità (e se l’imposizione è segno di mentalità imperialista mai morta, e questo passi,  scagli la prima pietra di chi non è mai stato imperialista magari solo sul piano personale, la spiegazione dell’avventura umana lungo le rotaie dei diritti umani e della democrazia quando non di malafede, è veramente segno di profonda ingenuità). In conclusione. Speriamo che la fenomenologia del prof. Orsini, pur segno a nostro giudizio, di buona volontà e anche di buone conoscenze in fatto di geopolitica, possa subire una sua evoluzione verso posizioni più mature ed adulte, speriamo cioè che il segno molto evidente della “fatica del concetto” rappresentato da questo studioso possa portare ad una Epifania Strategica non solo riservata a gruppi ristretti di intellettuali che pur onesti, si lasciano ancora abbindolare dagli idola fori liberaldemocraticistici lasciatici in eredità dal secondo dopoguerra ma anche ad un aumento dell’intelligenza collettiva che, per quanto non nutrita da approfondite conoscenze nelle masse, avverta  e sappia finalmente riconoscere quando i gruppi alfastrategici  tirano fuori le loro  supercazzole ideologiche per fregare gli omegastrategici nel sempiterno conflitto strategico fra gruppi con diverso livello di potere, una fregatura che oggi potrebbe avere come posta in gioco la distruzione dei gruppi omegastrategici stessi attraverso le prime fasi di un conflitto nucleare, prime fasi verso le quali i gruppi dirigenti avrebbero, c’è da scommetterlo, l’intelligenza e le risorse per mettersi al riparo in tempo mentre per i gruppi omegastrategici non ci sarebbe alcuno scampo se non raccomandare l’anima all’Altissimo (su questo punto Orsini è molto lucido: in polemica con Cacciari, per lui la guerra nucleare non significa distruzione di tutta l’Umanità ma, almeno all’inizio, distruzione delle classi più basse e subalterne della società: opinione banale, se vogliamo, ma di una banalità che è segno anche di anticonformismo e profondo realismo politico e sociale). Intanto, per quanto ci riguarda, teniamoci ben stretto, come il nostro (ed altrui, ce lo auguriamo) bene più prezioso la chiarezza terminologica e concettuale riguardo la condizione dell’Italia: l’Italia è stato cliente degli Stati Uniti e, come precedentemente detto, lungo questa consapevolezza si accettano suggerimenti, e perché no? anche dal nostro simpatico seppur non sempre del tutto conseguente prof. Orsini, al quale, comunque, va tutta la nostra solidarietà per i vili e stupidi attacchi ai quali è stato oggetto che testimoniano della sua libertà di studioso e che, ci auguriamo, porti ad una positiva evoluzione del suo pensiero. 

CHI ANDRA’ALLA FIERA DELL’EST ? BOICOTTANO LA RUSSIA SOLO IN UNA TRENTINA E NON TUTTI SINCERI…, di Antonio de Martini

CHI ANDRA’ALLA FIERA DELL’EST ? BOICOTTANO LA RUSSIA SOLO IN UNA TRENTINA E NON TUTTI SINCERI…

Questo é il tabellone del voto dell’ONU che illustra con un + i paesi che hanno votato a favore della censura alla Russia; con un X gli astenuti e con il colore rosso i contrari. Il quadratino nero – se preferite, vuoto, contraddistingue i paesi che hanno marinato la votazione e mancano i paesi sospesi dal diritto di voto come il Venezuela.

Sembra tutto molto facile da capire, ma esistono una serie di paesi che dopo aver riconosciuto e deplorato l’aggressione russa, si sono defilati e si premurano a dichiarare che non adotteranno altre sanzioni che quelle morali già comminate.

Qualche altro, come la Serbia, ha dichiarato per bocca del suo presidente di aver votato sotto minaccia di sanzioni troppo letali per il suo paese. Altri – come L’India, il Pakistan e la Bosnia Erzegovina – sono oggetto di battaglia di influenze perché adottino una posizione o l’altra.

Chi ha riassunto in maniera analitica lo stato delle sanzioni , diviso tra sanzioni militari ed economiche e articolato anche per società che hanno deciso il ritiro dagli affari coi russi, é l’agenzia Reuter che non ha bisogno di presentazioni:

https://graphics.reuters.com/UKRAINE-CRISIS/SANCTIONS/byvrjenzmve/

In buona sostanza, si tratta di una trentina di paesi che l’Agenzia ha trifolato a diverse creando un data base interattivo molto bello, ma serve sopratutto a chi voglia sostituirsi ai boicottato per decidere dove rivolgersi per sostituirli.

I paesi che per ora hanno apertamente rifiutato di comminare sanzioni alla Russia sono: Cina, Messico, Georgia, Egitto, Serbia, Moldova, Kazakistan, UAE, Arabia Saudita,Sud Africa, Nicaragua, Bolivia, El Salvador e Argentina.

Gli altri , non compresi tra la trentina di ossequianti e gli apertamente ribelli, hanno deciso di tacere e far finta che nulla sia avvenuto.

Un uomo d’affari che ho incontrato, mi ha fatto questa considerazione: “Gran parte del gas che giunge in occidente, arriva tramite pipeline che transitano attraverso il territorio ucraino.

Zelenski potrebbe chiudere i rubinetti , ma preferisce lasciarli in funzione perché incassa fior di quattrini.

Comodo far la guerra a spese degli altri.” E poi mi ha girato la mappa delle basi USA che vengono rifornite di gas e petrolio proveniente dalla Russia. Ve la giro

Nella foto a fianco: Una mappatura delle basi NATO e USA in Europa alimentate in carburanti grazie alla rete proveniente dalla Russia. A questo punto dovremmo dire ” vai avanti tu che io ti seguo.”

https://corrieredellacollera.com/2022/05/01/chi-andraalla-fiera-dellest-boicottano-la-russia-solo-in-una-trentina-e-non-tutti-sinceri/

MA COSA E’ LA NEUTRALITÀ E CHE DIFFERENZA C’E’ CON I NON ALLINEATI ?_di Antonio de Martini

MOLTI CREDONO CHE NEUTRALITÀ SIGNIFICHI AMBIGUITÀ ATLANTICA. INVECE SIGNIFICA INDIPENDENZA DALL’IMPERIALISMO DI ENTRAMBI

Illustriamo con una serie di carte geografiche l’evoluzione del concetto di neutralità e quello di non allineamento. Partiamo dalla vigilia della seconda guerra mondiale e dal patto di Monaco che illuse molti con la frase famosa di Chamberlain ” peace in our time”. Voleva solo guadagnare un anno per mettere in linea gli “Spitfire.”

LE CARTINE SONO COPYRIGHT DI ANTONIO de MARTINI

Dalla carta dell’Europa di oggi, risultano chiari alcuni elementi chiave per capire le situazioni: Vi sono quattro paesi neutrali che formano quasi una corona protettiva attorno all’Italia e il ” buco ” NATO é rappresentato da paesi a cui é stata l’Italia a proporre l’entrata nella alleanza atlantica e nel suo dispositivo militare. Spagna e Portogallo – ex neutrali- si sono aggregati alla NATO al fine di migliorare la loro integrazione con il resto d’Europa, mentre i paesi ex appartenenti al patto di Varsavia hanno fatto altrettanto dopo il crollo dell’URSS, grazie al quale, il confine é passato dal fiume Elba ( Berlino) al Dniepr ( Kijv) con una progressione, in avvicinamento a Mosca, di 1347 km. senza colpo ferire. I neutrali del nord Europa sono sottoposti a pressioni per aderire alla NATO con ‘obbiettivo di chiudere l’uscita del Baltico ai russi, come questi vogliono chiudere agli USA il mar nero privandoli delle basi.

Per essere al riparo dalla famelicità altrui bisogna anzitutto avere una favorevole posizione geografica e politica. Spagna, Portogallo e Turchia si sono trovate in questa posizione. La catena delle Alpi, oltre a proteggere la Svizzera favorisce anche il nostro paese. I paesi scandinavi – che simpatizzarono con le potenze dell’INTESA, rimasero neutrali e la Finlandia, già appartenuta agli zar, fu oggetto di un tentativo russo e di uno di rivincita finlandese, entrambi non riusciti. L’est dei Balcani si schierò con la Germania e l’Ovest con gli inglesi anche se la Jugoslavia fu oggetto di due colpi di stato tra i contendenti e finì smembrata con un ” Regno di Croazia” affidato a un Savoia. Danimarca e Paesi Bassi finirono occupati dai tedeschi e l’Islanda dagli inglesi. Le Repubbliche baltiche dai russi prima e dai tedeschi poi. Le sorti della guerra furono comunque decise dall’entrata in guerra di russi e americani alleati dell’Intesa per forza maggiore, dopo un periodo di non allineamento.

Ora che dovremmo avere più chiare le idee grazie alle carte geopolitiche comparate, possiamo definire quali siano le caratteristiche che consentono di sottrarre i rispettivi popoli alle pressioni dell’una o dell’altra parte interessata ad acquisire e/o mantenere satelliti nella propria sfera di influenza.

Il paese deve essere armato e – come per l’approvvigionamento energetico- possibilmente non da un solo fornitore di armi o di Know How. L’ideale é rappresentato dalla Thailandia che partecipa regolarmente a manovre militari sia con gli USA che con la Cina e , da quest’anno, invia i propri cadetti alle scuole militari russe.

Oggi come oggi, la dimensione – se preferite la “massa critica” di una potenza militare che si rispetti é quella continentale e quindi, nel caso nostro, l’Europa. Ammucchiare alcune brigate e chiamarle esercito europeo sarebbe un’idiozia già provata con la brigata franco tedesca che il presidente Hollande, all’epoca, sciolse senza nemmeno informare i Partners tedeschi che il reggimento francese lasciava l caserma.

Vanno integrati i sistemi industriali, i criteri formativi e di addestramento, gli organici e le truppe vanno inquadrate da un corpo di ufficiali e sottufficiali poliglotti come avviene in Svizzera. Il problema della lingua é già risolto per le forze aeree che usano l’inglese. Sarebbe un paradosso, ma é pratico e utilissimo.

Torniamo alla neutralità e definiamola rispetto al ” non allineamento”. Durante gli anni della ” guerra fredda” alcuni paesi guidati da Nehru, Tito e Nasser, Nkrumah ( Ghana), tutti antimperialisti, in odio all’idea di doversi accodare ai vecchi padroni che avevano cambiato pelle, proclamarono a chiunque volesse ascoltare che essi non avrebbero preso posizione per l’uno o l’altro contendente e riuscirono ad adunare attorno a questa tesi una trentina di paesi ( Conferenza di Bandung nel 1955, a iniziativa di India, Pakistan, Birmania, Ceylon, Indonesia e Repubblica popolare cinese) diventati col tempo sessanta. Non tutti rigorosamente ” non allineati” ( vedi Cina) , ma certamente aspiranti alla pace e alla non ripetizione di esperienze coloniali.

Il New York Timesel 26 aprile 2022 ha coperto la notizia con un articolo su sei colonne che ” girano” dalla prima pagina.

Poiché la prospettiva che abbiamo é – come minimo – la ripresa della guerra fredda a livello planetario, sarebbe bene rievocare quella esperienza alla quale stanno già aderendo, forse inconsapevolmente, molti paesi, specie in chiave antimperialista.

Il movimento dei non allineati esiste tutt’ora, conta 120 paesi e 17 osservatori ed é presieduto dal presidente dell’Azerbaijan, ma ha perso la forza trainante di personalità come Sukarno o Nehru, ma i recenti avvenimenti stanno imprimendo maggior velocità ai paesi partecipanti e si notano prese di posizione non solo in allontanamento dagli Occidentali, ma anche dalla Russia ( Cuba, Serbia, Venezuela) come dagli USA ( Messico, Tanzania, Uganda).

L’arrivo della guerra in Europa sta creando una voglia di neutralità documentata dalle sei colonne del New York Times del 26 aprile u.s. e dal Washington Times del 27 u.s. Una voglia che manca ai nostri rappresentanti politici, ma non a noi. E questo spiega le pressioni al limite del ricatto che le due parti esercitano in questi giorni sui paesi giudicati meno decisi.

SEI COLONNE DEL NEW YORK TIMES DEL “26 APRILE 2022 DEDICATE AL FENOMENO DELLA CRESCENTE TENDENZA AL NON ALLINEAMENTO:

WASHINGTON TIMES el 27 aprile che esprime dubbi circa l’equilibrio di Biden ed esclude abbia carisma.

La domanda che il mondo intero si pone é se valga la pena di seguire su una strada tanto pericolosa un leader inconsistente e non equilibrato. Se valga la pena – a parte cedere un pò di ferraglia per averne in cambio dagli USA fondi agevolati per acquistarne di nuova- rischiare il nostro approvvigionamento energetico e un mercato di 150 milioni di persone con reddito piccolo ma crescente per non dispiacere a un presidente che non piace più nemmeno a chi lo ha eletto. Nell’articolo qui sotto troverete i numeri di chi si é astenuto: il 55% della popolazione mondiale.

Ucraina, il conflitto militare_3a parte_con Max Bonelli

Con il passare del tempo affiora sempre più il pieno coinvolgimento occidentale nel conflitto russo-ucraino. Non solo nel coordinamento, nella rilevazione dei dati e nelle forniture militari. Arrivano le prime immagini di militari catturati al fronte, in attesa che la prossima resa all’acciaeria Azovstal rigurgiti il boccone più grosso. Potrebbe essere una grande vittoria di immagine; potrebbe al contrario rivelarsi un importante episodio di un progressivo processo di assuefazione alla guerra tale da rendere accettabile un intervento diretto delle forze di singoli paesi della NATO. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v1327od-il-conflitto-in-ucraina-con-max-bonelli.html

GLI U.S.A. DELUSI DAL SOFT POWER USANO LA STRATEGIA DELL’INSICUREZZA E MIRANO AI SOLDI_di Antonio de Martini

VEDIAMO ALL’OPERA LA CREAZIONE DEL BISOGNO DI UNO SCERIFFO. MA IL METODO NON PIACE A NESSUNO, NEMMENO AGLI AIUTANTI.

Questo articolo é del 28 maggio 2013 in questo blog ( cfr col “cerca”). L’ho ripreso, cambiando solo il titolo senza aggiornamenti completando la comprensione della situazione attuale ma evitando di abbellire col senno di poi.

E’ appena il caso di notare che negli ultimi dieci anni abbiamo visto svolgersi la STRATEGIA DELLA INSTABILITA’ e lo scontro felpato tra USA da una parte e Chiesa cattolica e paesi europei – separatamente- dall’altra. Se non si trova il modo di riunirli, saremo tutti perdenti.

Come la morte di Stalin nel 1953 diede uno stop allo sviluppo del processo di integrazione europea, così la morte dell’URSS nel 1991 ha dato un colpo mortale all’interesse degli europei verso il potenziamento della N.A.T.O.

Questo fatto non inaspettato ha innescato negli Stati Uniti una fase di pensiero strategico iniziata col concetto di New World Order lanciato dal Presidente George Bush senior nello stesso anno 1991 ( prima guerra irakena) e un ulteriore sviluppo pratico nell’attacco all’Irak nel 2003 ( seconda guerra irakena) in cui si ebbe conferma che in assenza di un Grande Nemico una coalizione militare difensiva ha maggiori difficoltà a tenere assieme i partners e che più ci si allontanava dalla data della scomparsa dell’URSS, più le coalizioni a guida USA diventavano incerte con adesioni simboliche quando non addirittura ambigue.

L’esperimento in Afganistan fu deludente fin dall’inizio, al punto di voler associare all’azione militare NATO persino truppe degli Emirati Arabi Uniti e l’attacco alla Libia fu ancor meno rassicurante: due importanti partners della NATO si dichiararono contrari all’intervento ( Germania e Turchia), mentre un altro partner NATO – l’Italia – dovette essere richiamato all’ordine in maniera energica perché mettesse le proprie basi a disposizione per l’operazione e facesse volare qualche aereo.

Le coalizioni strategiche e militari che in passato sussistevano anche in presenza di singoli importanti contenziosi economici interstatali, hanno cominciato a indebolirsi politicamente e perdere slancio di fronte alla mancanza di utilità marginale reale in cambio dei sacrifici richiesti.
Perché coalizzarsi e sacrificare i propri interessi nazionali quando non si ottiene che qualche posizione di parcheggio per politici scomodi in Patria?

Dopo una prima fase di economia euforica succeduta alla caduta dell’URSS, la mancanza di un limitatore di corsa rappresentato dalla minaccia di una sempre possibile crisi internazionale e la opportunità di sfruttare per la produzione industriale occidentale il sistema schiavistico di organizzazione del lavoro creato nei paesi a cultura socialista, ha sconvolto il commercio mondiale e creato il potenziale per la rinascita di microconflittualità interstatali che si credevano consegnate ai libri di storia.

La prima a prender vigore agli occhi del mondo è stata la Questione d’Oriente nome sotto il quale serpeggiarono e serpeggiano oggi, una miriade di problemi politici economici ed etnico-culturali nell’area balcanica e nel Levante.

La parte balcanica della questione è stata ” sistemata” con tre guerre, infiniti crimini di guerra, centinaia di migliaia di morti, di profughi e la creazione della più grande base militare USA fuori degli Stati Uniti in un territorio privo di identità, affidandolo a un mezzo bandito in cui i presidi di truppe straniere durano da anni e le chiese sono presidiate.

La crisi siriana, incistata nella crisi iraniana a sua volta avvolta nella rivalità falso-amichevole russo americana che condiziona lo svolgimento dei rapporti tra Stati Uniti e Cina, consente alcune riflessioni importanti per la nostra comprensione degli eventi internazionali.

La nascita dei concetti di guerra asimmetrica ( tra un forte e un debole) e di guerra senza limiti ( specie di settore e di intensità ) consente al paese o all’ideologia – o religione – che decida di resistere ad una aggressione e impostare la propria difesa strategica, una gamma di risposte di tale flessibilità da consentire una guerra indefinita e indefinibile o , se preferite, una guerra senza confini di tempo e di spazio.

È il conflitto per il possesso di tutte la stazioni di quella che fu un tempo “la via della seta” e che oggi notiamo quasi coincidere con la via delle risorse energetiche verso l’Europa intese come energia atomica, gas, petrolio e mano d’opera a basso costo.

La strategia di costruzione del secolo americano presuppone la necessità di acquistare questi beni al minimo costo, averne il controllo di vendita nel mondo ed imporre le transazioni nella moneta USA  ormai svincolata dall’obbligo di rapportarsi all’oro o a qualunque altro parametro che comporti la cessione di ricchezza reale a terzi.

Questa strategia geopolitica e geoeconomica incontra necessariamente ostacoli di varia capacità di  resilienza ( chiedo scusa per l’anglicismo) che vanno dalla Cina che aspira a distribuire e vendere le merci che produce ( su progettazione altrui) e vuole creare e proteggere le sue rotta commerciali; alla Russia che non vuole essere spossessata dell’ Asia e delle sue materie prime; alla Germania che insiste nel voler rifondare il valore delle monete sull’oro; ai Paesi emersi ( India, Brasile, Pakistan, Sud Africa, Indonesia ) ciascuno in uno dei settori prescelti ( es. il Pakistan nel nucleare, l’India nel software), specializzandosi nei subappalti di servizi e produzioni a costo infimo.

Accanto a questa politica Imperiale, una serie di clientes composti da alleati tradizionali un tempo egemoni o pari ( Francia, UK, Australia, Canada) e paesi le cui ambizioni geopolitiche inadeguate furono sconfitte in precedenza ( Germania, Giappone, Italia, ) che vivono ai margini di questa strategia raccogliendo le briciole politiche, ma rimasti ( finora) economicamente satolli.

Per reagire a questa tendenza a farsi la guerra tra paesi minori e disturbare la pax americana, gli Stati Uniti cercano di imporre regole di condotta dalle quali però si autoescludono in virtù della strampalata teoria  dell’eccezionalismo americano in virtù della quale si autoassolvono d’ogni colpa, dal genocidio dei pellerossa, allo sfruttamento del lavoro schiavistico dei neri, al conflitto per aprire e privatizzare il canale di Panama, alla guerra di Cuba, al lancio delle atomiche sul Giappone, al Vietnam, al tentativo di ridurre il troppo esuberante indice di natalità degli arabi, alle mire sul canale di Suez, all’esautoramento dell’ONU quando non conviene far votare il gregge.

Il problema geopolitico da risolvere per gli americani non è tanto la ricerca della supremazia militare che già hanno, ma la durata – auspicabilmente indefinita – e lo sfruttamento economico ottimale di questa supremazia.

La soluzione è non imporre d’iniziativa il proprio dominio politico sul mondo, ma provocare una tale atmosfera di insicurezza, squilibri e difficoltà a livello internazionale fino al punto di essere invocati a gran voce come equilibratori del globo ed accolti come salvatori.

Con questo espediente,Edward Luttvak promette che l’impero avrà una durata ottimale e non ha torto.

L’obiettivo prioritario è, ” dal momento che ad ogni egemonia imposta corrisponde prima o poi una reazione di rigetto, rinviare il piu possibile questo momento”.
Il comunismo, durato settanta anni in Russia, non è riuscito a sradicare la religione ortodossa.
Quindi la durata deve essere di almeno un secolo e superare la soglia delle tre generazioni di dominio con la prospettiva di allevare le nuove generazioni nell’ignoranza del concetto di indipendenza geopolitica nazionale, sostituita dal principio federalista di sussidiarietà ( “bevuto” per un periodo anche dalla CEI e inserito nel progetto di riforma del titolo V della Costituzione italiana del 2000, non andato in porto).

Il principio di sussidiarietà consiste nel ” risolvere i problemi al livello in cui si pongono”.
Il difetto sta nel fatto che si sono messi da soli in cima alla piramide decisionale.
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Noi potremo scegliere il tracciato della Roma-Civitavecchia, i francesi quello della TAV e loro la grande politica e le scelte economiche fondamentali.

Alcune tattiche politiche – ad esempio il brinkmanship – sono state mutuate  dall’impero romano d’Oriente, che Luttvak, nel suo bellissimo libro “La grande strategia dell’impero Bizantino” si ostina a chiamare Bizantino e non romano ( come d’altronde le Thermae le hanno chiamate ” bagno turco”): non sopportano di doverci tutto.

Il brinkmanship consiste nel muovere truppe con grande dispiego di mezzi e aggressività come se si volesse muovere guerra senza negoziare , ma si spera segretamente di vincere senza combattere piegando psicologicamente l’avversario.

Scriveva Clausevitz ” l’aggressore è amante della Pace, egli vorrebbe conquistare le nostre case senza sparare un sol colpo”.( CAP V della superiorità della Difesa strategica).

Nei casi iracheno, libico e siriano la tecnica intimidatoria non ha funzionato perché – sono affezionato alla metafora – gli USA si sono trovati di fronte ad altrettanti ” portieri ( di calcio) che parano i rigori perché non capiscono le finte” come dice il mio amico Mottironi.
Una concausa degli inconvenienti incontrati è stata provocata dalla necessità di subappaltare ai satelliti alcune incombenze militari per rigide ragioni di bilancio.

Lo strumento di dominio e predominio del New World Order è la tecnologia elevata a Moloch, alla quale sacrificano tutto e dalla quale si aspettano tutto.
Finora sono sempre riusciti ad essere i primi, magari comprando tecnologie altrove ed attraendo ogni possibile giovane talento con politiche di remunerazione e incentivi interessanti. ( i personal computer erano una creazione italiana).

L’attuale presidente Barak Obama, è stretto tra impegni inconfessabili presi per ottenere il reincarico, i vincoli di bilancio impostigli dall’ala dura dei ” tea party” che vogliono distruggere l’Obama care per rafforzare gli stanziamenti militari, tallonato dall’AIPAC ( la lobby filo Israele) che lo sospetta di simpatie filo islamiche, irritato per una serie di smacchi nord africani che attribuisce alla Clinton ( altra cambiale elettorale), ridicolizzato dalle superiori capacità manovriere di Putin, mal consigliato dallo staff della Casa Bianca in cui non c’è nessuno con esperienza militare e di strategia, sta distruggendo la propria immagine e ridicolizzando il conferimento del premio Nobel che la sua ambizione gli ha suggerito di ottenere e che assomiglia sempre piu al serto di lauro da poeta conferito a Claudio Nerone.

Parlo di Nerone a ragion veduta perché i paralleli con il mondo imperiale romano – anch’esso razionalista e materialista – sorgono ormai spontanei.
Anche Roma visse di tecnologia e di prepotenza.
La stessa crisi siriana è tutta impostata sulla necessità proclamata dallo stesso Obama in questi giorni di farsi obbedire a suon di bombe.

Non vi ricorda il romanissimo ” parcere subjectis et debellare superbos” ?

L’impero romano si infranse poi sullo scoglio spiritualistico e irrazionale del Cristianesimo, ossia con l’affermarsi di una corrente di pensiero e scelte di vita assolutamente diverse e risolutamente difese anche contro quanti tra gli israeliti – come Saulo, diventato poi San Paolo – si avventuravano fino a Damasco per lapidare gli ” ebrei dissenzienti.”
Saulo, credendo i cristiani una eresia ebraica aveva sottovalutato il fenomeno.

Il mondo angloamericano – protestante nella sua élite – ha percepito il pericolo demografico e cattolico rappresentato dagli ispanici che minacciano di diventare maggioranza nel paese, ha iniziato verso le altre tendenze religiose ( tranne i buddisti considerati positivamente) una campagna euroamericana di laicizzazione, flessibile nelle forme e nei contenuti : dalle iniziative fortemente mediatizzate anti pedofilia, al taglio dei fondi alle organizzazioni cattoliche americane operanti in Africa, alle critiche continue ( non completamente immeritate) sulle attività finanziarie dello Stato sovrano del Vaticano reo ( anche) di aver tolto i suoi fondi ( 8 miliardi e fischia) dalla borsa inglese, alle insinuazioni personali individuali a ogni livello.

Il nuovo Papa, giunto inaspettatamente ( stavo per dire provvidenzialmente) è stato un vero e proprio game changer che ha già iniziato a prendere in mano la situazione con decisione e capacità comunicativa fuori del comune.

Barak Obama per ora è sulla difensiva indiretta e finge di non vedere i milioni di persone che Francesco sta mobilitando contro “qualsiasi guerra”. (ma son tutte sue….)

Prima o poi Obama dovrà reagire in forma diretta o rinunziare alla irrinunciabile  strategia della instabilità, probabilmente credendo di limitarsi a rinunziare a una singola posta in pallio sia la Siria o Gerusalemme.
Il suo approccio pragmatico all’americana potrebbe far sottovalutare il problema anche a lui.

https://corrieredellacollera.com/2022/04/27/gli-u-s-a-delusi-dal-soft-power-usano-la-strategia-dellinsicurezza-e-mirano-ai-soldi/

 

Stati Uniti! Turbolenze interne e avventure esterne_con Gianfranco Campa

Una amministrazione e una compagine politica in crescente difficoltà. Il tentativo di recuperare una narrazione che riesca ad attirare almeno in parte i consensi nel ceto medio professionale americano migrato ormai nell’area repubblicana. L’impossibilità di far corrispondere alle parole i fatti. La percezione che gli equilibri interni e il dominio degli attuali centri decisori siano ormai scossi definitivamente dal consolidamento della fase multpolare. Un mix esplosivo che sta spingendo i centri decisori verso scelte di vero e proprio avventurismo militare e di pura provocazione. La guerra in Ucraina è solo un momento di uno stillicidio sempre più frenetico. Il viaggio della famiglia reale di Giordania e di Mario Draghi negli Stati Uniti, l’opzione di ulteriore riarmo del Kossovo offrono qualche indizio sulle pedine più solerti e disponibili ad essere utilizzate in questa strategia della tensione continua e sulla geografia di questi futuri esercizi temerari. Le élites stanno cogliendo il punto di svolta e cominciano ad adeguarsi alla nuova realtà e ad approfittare delle nuove opportunità. E’ tempo di sollevare gli sguardi e uscire dall’apatia. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v12rb5q-turbolenze-ed-avventurismo-negli-usa-con-gianfranco-campa.html

IL VOLTO DELLA GUERRA CIVILE RUSSO- UCRAINA E LA SUA DURATA ed altro_di Antonio de Martini

QUANDO GLI ANGLOSASSONI PARLANO DI FOSSE COMUNI, CAMPI DI CONCENTRAMENTO E DISTRUZIONI DI CASE, SE NE INTENDONO. SANNO MENO DI NEUTRALITA’ E RISPETTO DELLE ALLEANZE.

Si parla spesso della guerra civile di Spagna del 1936 per invocare analogie con la situazione ucraina attuale. Si cercano parallelismi blasfemi tra i volontari che accorsero da ogni parte d’Europa e dalle Americhe in difesa della Repubblica spagnola ( il fior fiore dell’intellighenzia di ogni paese, tutti disinteressati, molti morti, nessun prigioniero, alcuni poi famosi come: André MalrauxJohn Dos PasosErnest HemingwayRandolfo PacciardiIljia EhrenburgMarta Gelhorn, ).

Nulla a che vedere coi sottufficiali istruttori inglesi di oggi, che, per salvare la pelle, come ogni onesto mercenario professionista reduce dalla Siria, dallo Yemen e dall’Afganistan é pronto per lo scambio di prigionieri e l’incasso del bonus.

La somiglianza tra i due conflitti si limita alla eterna tentazione degli Stati Maggiori di testare ” sul campo” l’efficacia tecnica di nuove armi – tipo il Javelin – il missile anticarro che si impenna per colpire i mezzi corazzati dall’alto – la zona meno protetta – dotato di una doppia carica esplosiva che scoppia in differenziata: la prima per neutralizzare la mini carica esplosiva posta dietro le piastre di protezione della torretta che svia la prima esplosione; la seconda carica cava giunge così a diretto contatto, e distrugge il carro.

Gran successo. Peccato che ne siano stati prodotti solo seimila annualmente.

In Spagna, ad esempio, i tedeschi testarono la tecnica di bombardamento in formazione che distrusse Guernica e i russi i primi carri armati sovietici classe T.

E’ all’addetto militare francese a Madrid – colonnello Henri Morel – si deve la prima relazione sugli effetti psicologici di un bombardamento su persone ( lui stesso) in ambienti non fortificati. Ammise, pur essendo un reduce di guerra, dopo un bombardamento aereo italiano, di essere rimasto oltre un’ora inebetito, benché incolume ( rapporto al 2eme bureau del 22 ottobre 1937 “lezioni tattiche della guerra di Spagna”).

Le mitragliatrici furono invece collaudate da Lord Kitchener nella campagna del Sudan contro il Mahdi ( morto mesi prima)del 1898. A Ondurmann, le perdite umane sudanesi furono enormi ( in un giorno, tra morti e feriti oltre ventimila popolani sommariamente armati che attaccavano con vecchie sciabole, falci e archibugi spinti dal fervore religioso) contro perdite irrisorie dello schieramento britannico: 46 di cui oltre la metà soldati e graduati egiziani . Ufficiali inglesi caduti: tre.

Il razzismo innato degli inglesi impedì loro di capire che la mitraglia avrebbe avuto effetto anche sui bianchi e offrì inconsapevolmente alla mitraglia una intera generazione di inglesi e francesi che ne venne sterminata pochi anni dopo sui campi della Marna, della Somme e di Verdun.

Più simili all’attuale, i conflitti immediatamente precedenti la guerra mondiale, come ad esempio il conflitto anglo-boero ( e , in parte la guerra italo-turca in Libia che vide il primo uso del bombardamento aereo con un tenente dei bersaglieri che tirò un paio di bombe a mano su un accampamento beduino).

In sud Africa, si inaugurarono, i campi di concentramento per donne e bambini dei boeri che continuavano la guerra ad oltranza. Gli bruciavano le fattorie e i familiari venivano lasciati morire di inedia e di fame e di malattie, al punto che una eroica donna inglese Emily Hobhouse condusse una feroce campagna contro il governatore locale Alfred Milner, accusandolo – dopo un giro di ispezioni grazie alle sue conoscenze altolocate – di aver istituzionalizzato questi trattamenti inumani, le fosse comuni ed altre forme di brutale inciviltà che oggi vengono rimproverati a Israele e ai russi, per piegare i coloni riottosi al volere di sua maestà e allo sfruttamento britannico delle miniere d’oro.

Alfred Milner, Alto Commissario e Governatore della Colonia del Capo dal 1897 promosse la guerra contro i Boeri per conquistare le due repubbliche governate dai coloni bianch di origine olandese dello Stato Libero di Orange e della Repubblica del Sud Africa del presidente Paul Kruger.

Gli appetiti inglesi su quelle terre nacquero nel 1867 con la scoperta della più grande vena d’oro mai trovata nel Transvaal.

La conquista condotta con mano ferma e senza scrupoli fruttò all’Inghilterrauna nuova perla perll’impero e a Milner il titolo di Visconte. Cecil Rodhes, l’uomo più ricco del mondo alla sua morte delegò a Milner la gestione delle sue immense ricchezze perché le usasse per salvaguardare l’impero. e la supremazia della razza bianca. L’ex presidente degli USA Bill Clinton é stato un borsista della Fondazione Rodhes.

I due si ritroveranno su opposte barricate anche in occasione del primo conflitto mondiale di cui Milner fu poi uno degli artefici, assieme a Georges Clemenceau, entrambi legati anche dalla comune corrisposta passione per Lady Violet Cecil, nuora di Lord Salisbury, il primo ministro.

Anche qui, ci fu una errata valutazione della cavalleria a causa della carica di Kimberly che portò alla luce per ragioni di propaganda due dei protagonisti ( i generali John French e Douglas Haig) che poi comandarono le truppe inglesi sul continente credendo di essere ancora alle prese con contadini boeri e che il cavallo fosse l’arma risolutiva per eccellenza. Contro questi idee incrostatesi in menti anguste, si levarono prevalentemente donne di carattere provenienti dalla buona società come la già citata Emily Hobhouse Charlotte Despard ( nome da sposata, in realtà la sorella del generale French), pacifista, sindacalista e comunista.

Assisi: un momento della manifestazione straordinaria ” marcia per la pace” organizzata in questi giorni ad Assisi. La marcia ricorda i ” fioretti di San Francesco” sulla perfetta letizia che iniziano spesso con ” Andando una volta santo Francesco da Perugia ad Assisi a tempo di verno ed il freddo grandissimo fortemente il crucciava…” Ora si marcia con meno letizia e senza comunicati sui media, ma la fame di pace affligge ugualmente un largo strato della popolazione italiana.

Le azzittarono col trucco inventato da Milner in Africa della ” guerra di difesa perché aggrediti”.E continuano ancora oggi che il testimone dei Sassoni é passato agli USA dove Lady Violet Cecil trasferì, dopo il 1945 la sua rivista “ National Interest“. In pratica la lotta tra imperialismo e pacifismo é stata essenzialmente una lotta tra menti femminili inglesi, di cuore e di carattere.

Il coraggio e l’audacia sul campo di battaglia – riservato ai maschi- non furono però più l’elemento decisivo delle battaglie con l’arrivo del nuovo secolo. Il primo conflitto mondiale – come il secondo- furono vinti dai paesi con maggiore capacità di produzione industriale protetta.

All’alba del nuovo secolo – il XXI – le armi decisive stanno rivelandosi l’elettronica e la comunicazione ( e il loro abbinamento). Ecco perché l’Ucraina sembra essere vittoriosa contro un colosso industrial-militare di vecchio tipo. Ecco perché chi sta collaudando di più i nuovi metodi ( incluso il cecchinaggio dei comandanti, impiegato per la prima volta contro lo sbarco ” di prova ” della brigata canadese a Dieppe nel 1942 dai tedeschi, che indusse gli USA a mettere sul retro degli elmetti – invece che sul davanti- le insegne di grado dei comandanti) sono gli anglosassoni e chi sta imparando di più, a caro prezzo, sono i russi, come avvenne nella campagna di Finlandia ( 1939) di cui Curzio Malapararte ci ha lasciato reportages interessanti e battute indimenticabili, come la differenza con l’Italia (“i finlandesi sono praticanti ma non credenti, gli italiani sono credenti, ma non praticanti” per sottolineare che l’Italia era non belligerante, e faceva solo chiacchiere e proclami).

IL NEGOZIATO DI ISTANBUL E IL FANTASMA DELLA NEUTRALITÀ

Fedeli alla vecchia tradizione USA che finiscono per provocare proprio i fenomeni che vogliono esorcizzare, gli americani, con l’annunzio della possibile adesione alla NATO di due stati tradizionalmente neutrali quali Svezia e Finlandia, hanno aperto l’ennesimo vaso di Pandora: quello della neutralità, su cui si sta dibattendo anche a Istanbul nei giri negoziali tra Ucraina e Russia, mediati dalla Turchia di Erdogan che, con questa mossa, si é differenziata dalla posizione degli altri partner NATO senza rompere con l’Alleanza Atlantica.

Autrice feconda, Micheline Calmy-Rey già ministro degli Esteri e presidente della Confederazione svizzera, nonché presidente del Consiglio d’Europa, offre con questo libro una visione inedita dell’idea di neutralità che chiama ” neutralità attiva” e consistente nella promozione attiva dell’idea e presi di pace invece che del pavido ed egoistico ripiegarsi su se stessi in cerca di una impossibile conservazione in un mondo ormai multipolare. Con una prefazione dell’ex Presidente francese Francois Hollande e contributi dei notissimi scrittori svizzeri Jean Ziegler e Roger Koppel, l’autrice propone all’Europa una funzione che gli burocrati di Bruxelles non hanno mai saputo ideare, benché sia in perfetta linea con l’ispirazione che ha creato l’istituzione, non nata per determinare il prezzo dei fagiolini e dei cavoletti …di Bruxelles.

Su 193 paesi del pianeta, gli stati neutrali sono una ventina e due tra questi sembrano sul punto di tradire la loro quasi secolare neutralità per aderire al blocco NATO nella vana ricerca di una sicurezza che non potranno comunque avere vista la vicinanza di confine con il presunto probabile avversario. Contenti loro….

Nel nostro caso, come Europei, abbiamo la scelta di onorare i più nobili motivi per cui l’Europa ha visto la luce ( mai più altre guerre sul nostro continente) o di obbedire alle pressanti richieste di una fazione USA in via di disfacimento dato che l’attuale presidente viene ormai visto come un ” one term President” privo di carisma, seguito e capacità di governo che a novembre gli elettori probabilmente non rinnoveranno.

Tornando al conflitto in corso, la strategia generale é mutuata dall’inquadramento fornito dall’ambasciatore Friederich Werner von der Schulemburg, per lunghi anni( dal 1934 fino alla guerra) ambasciatore a Mosca ed in seguito a capo del dipartimento 13 del Ministero degli Esteri tedesco che amministrava i territori conquistati a est.

Perfetto conoscitore del russo, era nato ed era stato allevato costì, sostenne – assieme al colonnello Claus von Stauffenberg, del quale condivise il destino dopo l’attentato a Hitler, che la Germania avrebbe potuto sconfiggere la Russia solo con l’aiuto dei russi trasformando la guerra in guerra civile e a tal uopo reclutò e portò in linea con la Wehrmacht oltre 250.000 uomini, appartenenti alle varie etnie su cui oggi anche gli USA intendono far leva, fino a che Hitler proibì il reclutamento di altri volontari russi. Speculando sul fatto che le ” altre etnie” non fossero da considerare russe il reclutamento continuò, ma in sordina fino a che i due, coi tremila complici antinazisti della “ Swarze Kapelle“, non finirono sulla forca.

Lo scontro sia ormai arenato in una sorta di replica tecnologica del primo conflitto mondiale: trincee, fango, fame e scontri ” corpo a corpo” tra persone che addirittura si conoscono, assumendo sempre più i contorni di una guerra civile. Una proxy war con a contrastare la Russia, un avatar di Joe Biden che non vuole concludere una trattativa perché non può e che non può vincere perché, fino a che la Russia avrà la superiorità aerea i rifornimenti più significativi ( artiglieria pesante, aerei da caccia) non avranno alcuna possibilità di giungere al fronte.

Resta intatta la possibilità che il parallelo con Hitler si spinga fino a segrete intese con possibili cospiratori ( Medvedev, Nebiulina ecc) , ma é inutile speculare sui segreti che non si cono c’erano che tra un secolo come sta avvenendo oggi per la Germania degli anni quaranta. Resta la carta dell’allargamento del conflitto ad altre etnie ( Georgia, Cabardinia, Moldova, Turkestan).

Si arriva così al capitolo più delicato della affidabilità degli USA come alleati. Su questo tema darò a giorni alle stampe un mio elaborato sulla fine ingloriosa del comando ABDA ( American , British, Dutch, Australian area) che fu il primo tentativo di creare una forza multilaterale per contrastare l’offensiva giapponese ( altro paese definito aggressore, mentre oggi, dopo ottanta anni, tutti gli storici riconoscono che gli USA li stavano strangolando limitando la loro possibilità di espansione e approvvigionamento petrolifero:

Nello scontro, contrariamente a quanto in promessa e in premessa, le indie olandesi non vennero difese e si lasciò distruggere quanto rimaneva della flotta olandese d’oltremare, dando la colpa al Maresciallo Archibald Wavel ( inglese) incaricato di una missione impossibile, non rifornito e al cui comando vennero sottratti mezzi USA che continuarono a rispondere direttamente a Washington per poi essere gli unici siuperstiti della sconfitta navale pi dolorosa del conflitto.

A questo ” tradimento” andrebbe aggiunta una lunga linea di stati e governanti coi quali gli USA hanno iniziato guerre per poi abbandonarli al loro destino ( Vietnam, Panama, Irak, eccetera)

Il tradimento più significativo é stato l’aver ” schiodato” l’Inghilterra dal Vicino Oriente, più con rudezza che con savoir faire:

Ancora un libro , ahimè in inglese, per illustrare in 380 pagine la storia di come gli USA scacciarono dai paesi arabi e dall’Iran ogni influenza britannica inviando come rappresentante personaggi come John Landis che ” consideravano come nemico principale, non la Germania, ma l’Inghilterra” a favore della quale dichiaravano di essere scesi in campo.

Prego il lettore di notare che tutte le fonti citate sono di origine atlantica e anglosassone, escludendo ogni fonte che potrebbe essere intesa come faziosa o parziale e interessata. Con queste premesse é ovvio che la guerra ucraina durerà molto. Quando scoppiò la guerra civile in Libano, previdi venti anni. Durò diciassette e mi scuso per l’approssimazione. Questa, rischia di durare altrettanto, a meno che non riesca l’intesa con i cospiratori interni alla Russia i cui nomi non conosco ma che é facile immaginare.

https://corrieredellacollera.com/2022/04/24/il-volto-della-guerra-civile-russo-ucraina-e-la-sua-durata/

CON NESSUNO DEI DUE NEMICI E SOPRATUTTO NON CON MATTARELLA, DRAGHI, DI MAIO & CO.

UN QUARTETTO DI GERONTI CI TRASCINA VERSO LA GUERRA MENTRE IL MONDO SCEGLIE LA NEUTRALITÀ

Ecco la prima pagina del NEW YORK TIMES di oggi 26 aprile 2022. Il quotidiano USA informa i suoi lettori che la neutralità guadagna spazio nel mondo: “Leaders of many countries refuse to take either side in the ucrainian fight.” Solo in Italia si cerca la guerra. Per distrarre la gente dall’idea di rivolta?

Gli storici della romanità narrano che quando giunse a Ravenna la notizia del sacco di Roma all’imperatore Romolo Augustolo, questi, all’annunzio ” Roma é perita!” scoppiasse in lacrime credendo trattarsi della sua gallina preferita cui aveva dato quel nome.

Gli storici della nostra era, racconteranno della ben diversa profondità di pensiero del nostro Presidente Sergio Mattarella che ci ha confidato di aver pensato immediatamente a ” Bella Ciao” all’annunzio dell’inizio della guerra tra Russia e USA, spacciata per conflitto tra Ucraina e Putin.

Dopo esserci doverosamente inchinati di fronte a tanto spessore di pensiero, affidiamoci all’Europa e al presidente del ” Comitato militare della Unione Europea” generale Claudio Graziano di cui favorisco una fotografia di circa sei anni fa. Ora, sicuramente non é migliorato.

Nella foto accanto: l’allora capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano, oggi presidente del Comitato Militare della UE, mentre porge la mano cameratescamente a un manichino posto all’ingresso dello stand della Fiocchi. Più democratico lungimirante di così…

Non me la sento nemmeno di risparmiarvi la foto della ministra Elisabetta TRENTA del cui spirito improntato a criteri di assoluta democraticità non é parimenti lecito dubitare dopo che ha mostrato disponibilità assoluta a mettersi a disposizione delle nostre FFAA anima e corpo.

Nella foto a fianco: Elisabetta Trenta ministro della Difesa italiana gal giugno 2018 a settembre 2019, mentre da capitano in Irak si offre. All’obbiettivo si intende.

IL dibattito sull’opportunità di esaminare tutte le opzioni ferve un pò dappertutto come é agevole vedere nella foto del New York Times di oggi ( 26 aprile 2022) sopra e su ” Le Monde Diplomatique” di aprile 2022, sotto:

Ecco su quattro colonne l’articolo del prof Guillaume Lagane, ” aggregé d’histoire” che esamina la neutralità sotto ogni aspetto.

Prospettiva negata agli italiani che, come noto sanno che la parola d’ordine é una sola ” Vincere” ( è la parola d’ordine di una suprema volontà, come cantarono i nonni prima di piangere lacrime amare).

Mi scuso con i lettori più riflessivi, ma dopo aver constatato nel pubblico la massima disattenzione per questi temi riguardanti la vita e la morte della popolazione intera, non me la sento di spiegare troppo le varie posizioni del governo italiano su questo conflitto e il bullismo dei nostri dirigenti politici che andrebbero processati per non averci preparato ad eventuali conflitti dopo oltre ottanta anni di pace in Europa.

Non abbiamo il coraggio di difendere il nostro egoistico desiderio di sottrarre figli e amici al destino di chi é impreparato: essere il campo di battaglia e assistere impotenti come nella scorsa guerra allo scempio politico, economico e sociale dell’Italia.

Poco importa che si sia favorevoli o contrari. Siamo impreparati a tutto. Qualcuno dovrà pur pagare se negli ultimi trenta anni i pochi fondi a disposizione sono stati prima assorbiti dalla Marina e poi dall’aeronautica, lasciando l’esercito in stato di minorità, anche numerica, perfino rispetto alla polizia militare ( i CC) e privo di addestramento a livello gruppo tattico, di carri armati e artiglieria pesante. Sappiamo organizzare posti di blocco e siamo imbattibili nella raccolta rifiuti….

Putin ha avvertito con una serie di segnali precisi che ha capito il gioco: ha dato prima l’allarme nucleare ( segnale agli USA, non a noi che abbiamo poco o nulla di nucleare). Visto che Biden ha fatto il nesci, ha messo in stato di allarme la flotta del Pacifico (ovvia chiamata agli USA), altro segnale che i nostri hanno finto di non capire. Negli ultimi giorni, Lavrov ha evocato più direttamente lo spettro di ” una guerra con gli USA” ed ora “di una guerra nucleare”.

La Francia dispone di una trentina di bombe “A” di modesta dimensione e le elezioni di domenica mostrano che é spaccata a metà. Gli altri sono privi di armi nucleari. La guerra nucleare non ci riguarda. Riguarda Londra e gli USA.

E’ in corso una guerra limitata ( l’equivalente della “drole de guerre” del 1940 fino a Maggio) per avere – gli USA- basi nel mar nero. Se riescono, Putin potrebbe attaccare con armi nucleari direttamente gli USA.Non ora, ma a ottobre, in maniera da essere poi protetto anche dall’inverno russo.

Distrutte venti città di grande dimensione, gli USA sono una flotta ( e un Midwest) senza un paese. La Russia ha già ricostruito dal nulla Mosca ( 2 volte), Stalingrado, Leningrado e la Russia europea. Resta un immenso retroterra con decine di città da uno/due milioni di abitanti, alcune nemmeno segnate sulla carta geografica.

La direttiva nucleare presidenziale N 159 , firmata Carter, indica che gli obbiettivi principali sarebbero le infrastrutture.

L’autorizzazione recentemente chiesta dal Presidente Biden di poter lanciare i missili per primi (” first strike”: cosa fino a pochi mesi fa impensabile) significa che sanno di essere vulnerabili, a meno che il ” first strike” non miri all’Europa e dia loro abbastanza tempo per reagire.

In buon italiano significa che la Russia non ha interesse ad attaccare l’Europa, ma se decide di reagire potrebbe attaccare direttamente Londra o gli Stati Uniti. Questi, fin de non recevoir, cercano di coinvolgerci sperando che il primo campo di battaglia diventi il nostro continente.

La Cina lo ha capito. Il New York Times lo ha capito. Le Monde Diplomatique lo ha capito. E chi finge di non capire, é un beota o un traditore.

https://corrieredellacollera.com/2022/04/26/con-nessuno-dei-due-nemici-e-sopratutto-non-con-mattarella-draghi-di-maio-co/

“NON CE NE SIAMO DIMENTICATI”. Sul discorso del presidente Putin del 27 aprile 2022, di Roberto Buffagni

NON CE NE SIAMO DIMENTICATI”. Sul discorso del presidente Putin del 27 aprile 2022.

 

Il discorso del presidente Putin al “Consiglio dei legislatori” del 27 aprile1 segue immediatamente le dichiarazioni del Ministro della Difesa e del Segretario di Stato americani a Kiev2, che individuano come obiettivo strategico “rendere la Russia incapace di ripetere un’aggressione come quella all’Ucraina“; e la riunione della NATO a Ramstein, con le dichiarazioni del presidente Biden, secondo il quale ci troviamo in un frangente storico analogo al crollo dell’URSS3.

Le dichiarazioni ufficiali americane chiariscono che l’obiettivo strategico statunitense è la distruzione dell’integrità politico-territoriale della Russia, una frammentazione della Federazione russa sul modello jugoslavo analoga a quella che seguì il collasso dell’URSS. Infatti, solo così è possibile “rendere la Russia incapace di ripetere un’aggressione come quella all’Ucraina“. Finché la Russia resta politicamente coesa, essa resterà una grande potenza, che sarà SEMPRE in grado di muovere guerra ad altri paesi. Non lo sarebbe più soltanto quando fosse disgregata in entità politiche troppo piccole e deboli per designare autonomamente un nemico.

Ovviamente, su questa base è assolutamente impossibile ogni trattativa tra Ucraina e Russia, tra paesi occidentali e Russia. Le dichiarazioni ufficiali americane risultano infatti in una chiara minaccia esistenziale per la Russia.

Il discorso del Presidente Putin ne prende atto, e reagisce con fermezza, chiarendo che la Russia è disposta a opporvisi con tutti i mezzi a sua disposizione, e si richiama all’esperienza storica del suo paese:

Non abbiamo dimenticato i barbari piani dei nazisti per il popolo sovietico: scacciarlo. Ricordate, vero? Volevano costringere chi ne fosse in grado a lavorare come schiavi, a fare un lavoro servile, costretti in schiavitù. Chi venisse ritenuto superfluo, andava inviato oltre gli Urali o al Nord, per estinguervisi. Questo progetto è documentato, documentato storicamente. Noi non ce ne siamo dimenticati.

Ricordiamo anche come gli stati occidentali hanno incoraggiato terroristi e criminali nel Caucaso settentrionale nei primi anni ’90 e 2000, come hanno sfruttato i problemi del nostro passato, problemi reali, ingiustizie del passato nei confronti di interi popoli, compresi i popoli del Caucaso. Ma non lo hanno fatto per renderci migliori, nient’affatto. Hanno fatto tutto questo per riportare nel nostro presente i problemi del passato, per incoraggiare atteggiamenti separatisti nel nostro paese, e finalmente dividerlo e distruggerlo. Ecco perché hanno fatto tutto questo. Volevano ricacciarci nell’arretratezza. Molti hanno cercato di fare lo stesso con la Russia, in tutte le epoche.

[…] “Consentitemi di sottolinearlo ancora una volta: se qualcuno intende intervenire dall’esterno e creare una minaccia strategica per la Russia per noi inaccettabile, deve sapere che i nostri attacchi di rappresaglia saranno fulminei. Ne abbiamo gli strumenti, strumenti di cui nessun altro, oggi, può disporre. Non ci limiteremo a minacciare; li useremo, se necessario. E voglio che tutti lo sappiano: tutte le decisioni necessarie, su questo punto, sono già state prese.”

Da quanto sopra risulta che la Russia si dispone a combattere con tutte le sue forze per la propria sopravvivenza, e che è pronta a compiere gli stessi – spaventosi – sacrifici che l’hanno salvata dalla distruzione sia nella Seconda Guerra Mondiale (27 milioni di morti), sia nel più lontano passato, ad esempio contro l’invasione delle forze di coalizione europee guidate dalla Francia napoleonica.

Il 30 maggio 1962, alla Camera dei Lord, il Maresciallo Bernard Montgomery, Viscount El Alamein, disse: “Rule 1, on page 1 of the book of war, is: ‘Do not march on Moscow’.

L’Italia sta per partecipare a una guerra che si propone lo scopo di distruggere la Russia senza darsi neppure la pena di dibatterne in Parlamento. Per il bene dell’Italia, è necessario che tutti gli italiani protestino con la massima fermezza, in tutti i modi possibili e legali, contro questa decisione politica che coinvolge loro e i loro figli in una avventura bellica sciagurata.

2 “We want to see Russia weakened to the point where it can’t do things like invade Ukraine.” (Ministro della Difesa Austin) https://www.pbs.org/newshour/world/blinken-austin-return-from-visit-to-ukraine-say-russia-is-failing-in-war-efforts

Geopolitica della Russia_da Geopolitical Future

Un saggio senza dubbio interessante, ma con alcuni punti da chiarire:

  • la relativa debolezza della Russia rispetto alla relativa forza degli Stati Uniti e la compatezza e forza dei diversi sistemi di alleanza e cooperazione in via di formazione
  • la postura globale o prevalentemente locale della visione geopolitica russa rispetto a quella occidentale
  • la constatazione che comunque la Russia è una potenza nucleare di prim’ordine con un potere grandissimo di deterrenza
  • le alternative geopolitiche e geoeconomiche possibili della Russia rispetto a quelle del mondo occidentale.

Buona lettura, Giuseppe Germinario

Il presidente russo Vladimir Putin ha descritto il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991 come “la più grande catastrofe politica” del XX secolo. A quelli fuori dalla Russia può suonare come un’iperbole, ma per chi ci ha vissuto è una storia diversa. In breve tempo, hanno assistito al loro governo a Mosca, una potenza alla pari con gli Stati Uniti per quasi cinque decenni, perdere l’equilibrio e non riprendersi mai completamente. La Russia divenne indigente, persino senza scopo.
Il crollo dell’Unione è stato così traumatico che continua a definire l’identità della Russia di oggi.
E anche se il paese è rimasto formidabile nel suo vicino estero, è meno capace di una volta nel garantire i suoi interessi nazionali più lontani. Per capire perché è così, dobbiamo iniziare guardando una mappa.

Geografia, o i pericoli dell’Occidente

In effetti, la sfida più fondamentale e strategica della Russia – nelle sue due dimensioni internazionali e domestiche – deriva dalla geografia del paese. La gran parte del territorio russo si trova tra i 50 gradi e 70 gradi di latitudine. Per comparazione, la latitudine di Londra è di circa 51 gradi, quella di Berlino ha 52 gradi e quello di Ottawa 45. Il clima della Russia è generalmente fresco, e la vegetazione e l’uomo nel loro ciclo vitale tendono ad abitare aree che sono al di sotto dei 60 gradi di latitudine. Il cuore dell’agricoltura russa si trova a sud-ovest, lungo i suoi confini
con Ucraina, Caucaso e Kazakistan. Il clima e l’agricoltura spiegano molto dei motivi per i quali tre quarti della popolazione vive nella zona tra il confine della Russia con l’Europa e gli Urali. Le città più cruciali del paese, tra cui la sede del suo governo, inoltre, sono tutte vicine all’Europa. La Russia ha pochi fiumi, e quelli che ha fluiscono principalmente verso ovest, rendendo difficoltoso trasportare merci lungo il territorio nazionale.
La Russia compensa questi svantaggi naturali affidandosi alle ferrovie, che ulteriormente evidenziano l’importanza dell’occidente e delle regioni meridionali. Ed è così che la Russia è sproporzionatamente preoccupata – e in pericolo – per i suoi tratti occidentali.
In quanto potenza terrestre, la Russia è intrinsecamente vulnerabile.
Il suo confine con l’Europa è estremamente suscettibile all’invasione, situata com’è sulla pianura nord europea. Questa distesa piatta di terra inizia in Germania e, appena ad est dei Carpazi, ruota verso sud, aprendo proprio alle porte della Russia. Storicamente, è stata un’importante arteria di invasione militare occidentale. Poiché i nemici della Russia lo hanno fatto così spesso utilizzando questa rotta di invasione, Mosca ha provato a rendere più difficile per gli invasori raggiungere il suo territorio spingendo i confini della Russia il

più a ovest possibile. Quando i confini nazionali non potevano essere estesi, Mosca ha stabilito zone cuscinetto tra il nucleo della Russia e il resto della Europa. Al culmine dell’Unione Sovietica, Mosca ha goduto di un ampio zona-cuscinetto che si estendeva bene nell’Europa centrale.
Con il crollo dell’Unione Sovietica, però, la Russia ha perso la maggior parte di questi territori
e da allora è sulla difensiva. Considera che nel 1989 San Pietroburgo era a circa 1.000 miglia dalle truppe NATO. Adesso quella distanza è di circa 200 miglia.

UNA CONCENTRAZIONE DI RICCHEZZA

La geografia russa presenta una sfida si troppo evidente: chi governa il Paese deve gestire il paese più grande del mondo, che comprende popoli molto diversi, clima, risorse naturali e reti di infrastrutture. la Federazione Russa è composta da 85 soggetti federali che consistono amministrativamente in strutture che vanno da regioni autonome e repubbliche alle singole città. Di conseguenza, la Russia ospita economie altamente regionalizzate in cui ricchezza e prosperità sono distribuite in modo non uniforme.
La ricchezza è concentrata in Occidente, in particolare a Mosca e nel Distretto Federale Centrale.
In tempi di prosperità, la disparità economica può essere rappezzata e la pressione nei distretti ad alto reddito si allevia abbastanza facilmente.
Ma in tempi di costrizione economica, come è successo quando i prezzi del petrolio sono scesi alla fine del 2014, il governo centrale deve far fronte alla pressione sociale dei distretti più poveri dell’interno.
Non c’è da meravigliarsi, quindi, che lo sviluppo economico della Russia sia stato dalla fine della Guerra Fredda così irregolare. Gli anni ’90 erano dedicati alla sopravvivenza, non alla crescita economica. Le riforme del decennio erano finalizzate a una cosa: prevenire il ritorno della Russia al regime comunista.
La maggior parte dei russi viveva in condizioni di povertà o quasi; la maggior parte delle imprese statali sono state privatizzate – in offerta. La crisi finanziaria russa del 1998 e le proteste associate hanno portato a un grande cambiamento. Le persone erano pronte ad accettare un governo forte e così ha accolto con favore un sovrano più forte.
Entra in campo Vladimir Putin, che ha cercato di aggiustare l’economia e poi ricostruire il governo.
Da allora, lo sviluppo della Russia è stato basato sulle esportazioni di energia, che a loro volta hanno alimentato il bilancio della spesa e dei consumi.

Questo ha funzionato abbastanza bene quando i prezzi dell’energia erano alti. Ma quando cadono, cadono anche le entrate russe. Questo porta inevitabilmente a periodiche recessioni economiche. Dal 2015 al 2017, per esempio, i cittadini hanno protestato contro la disoccupazione, i salari bloccati, i tagli ai programmi di governo, salari reali più bassi, fallimento e frustrazione generale con standard di vita ridotti. Le proteste erano limitate, ma potevano minacciare Putin a lungo termine. Adesso tocca alle sanzioni occidentali minacciare l’economia russa e una volta, ancora una volta, Putin non deve solo mantenere il controllo ma mostrare anche alle persone che sta rispondendo ai loro bisogni.
Il modo in cui lo ha fatto è erigere un doppio livello del sistema economico. Controlla un livello attraverso la sua “cerchia ristretta”, che sono le aziende di proprietà statale, mentre l’altro livello è soggetto alle leggi del libero mercato. Quelle gestite dallo stato costituiscono circa un quinto della economia russa. Il popolo russo ancora sostiene Putin – e potrebbero anche fidarsi di lui – ma considerano oligarchi e amministratori regionali come persone corrotte. Il presidente deve contemperare i bisogni del suo popolo e i bisogni delle aziende che sostengono l’economia. Nel 2001 si è schierato con il popolo, ha condotto una campagna contro gli oligarchi per poi prendere il controllo dei media e delle aziende energia energetiche.

Ha anche riorganizzato parte dello stato e le agenzie di sicurezza che aiutano a mantenere l’ordine.
Ha istituito la Guardia Nazionale, che unifica diverse forze di sicurezza interna sotto il controllo diretto del presidente.
Lo scopo dichiarato delle truppe è quello di proteggere l’ordine pubblico, combattere l’estremismo, proteggere le figure e le strutture del governo, aiutare a proteggere il
confine e controllare il commercio di armi. Ha inoltre ins
ediato funzionari fedeli al suo governo
in luoghi importanti. Ad esempio, tra
il 2017 e il 2018, ha rimosso 16 generali dai loro incarichi presso il Ministero della Protezione Civile, le Emergenze ed eliminazione delle conseguenze
dei disastri nazionali; un corpo responsabile della risposta alla protezione civile,
ai disordini pubblici e proteste, all’interno del Ministero, sostituendoli con funzionari selezionati personalmente. I licenziamenti in primis hanno colpito il Caucaso, l’Estremo Oriente e città alla portata di Mosca – città dove, fino alla fine del 2017, era stato segnalato un aumento dei disordini.

Tutta la politica è locale

Politicamente, il governo russo sotto Putin ha consolidato il suo potere abbastanza presto.
Sotto la sua amministrazione, i partiti politici sono relativamente poco importanti; il sistema favorisce i partiti filo-Cremlino. Partiti che non supportano il governo hanno poche possibilità di ottenere seggi alla Duma, la camera bassa del parlamento. Nel 2000, a breve dopo aver assunto la sua prima presidenza, Putin in realtà ha ridotto il numero dei partiti rappresentati alla Duma. Nel 2012, l’allora Presidente Dmitri Medvedev sembrava fare marcia indietro su questa mossa approvando una legge che semplificava le procedure di registrazione per i partiti politici. Sulla carta, la nuova normativa intendeva aprire il sistema dei partiti a gruppi di interesse alternativi. In pratica, il sistema è rimasto chiuso.
Cinque partiti politici, tutti filogovernativi in una certa misura, attualmente dominano la Duma. Russia Unita, il partito di Putin, detiene 323 seggi su 450, facendo quello che dice Putin di fare. Il Partito Comunista (57), il Partito Democratico Liberale(23), Una Russia Giusta(27) e New People Party (14) detengono i posti rimanenti. Gli ultimi quattro partiti non sono visti come partiti ufficiali filo-governativi e quindi rappresentano almeno in parte l’opposizione. In particolare, il termine “opposizione” è usato liberamente; i rappresentanti raramente sfidano le iniziative guidate da Putin.

Voti espressi dai funzionari di questi partiti riflette un disaccordo con Russia unita e la burocrazia allo stesso tempo rimane fedele al presidente e al sistema. Hanno una certa distanza dal regime, ma non vi si oppone apertamente.
Putin ha anche consolidato il potere politico con l’epurazione dei governatori russi: un aspetto importante, considerando il rapporto tra governatori e membri del governo nazionale.
Spesso lavorano insieme, dipendono l’uno dall’altro e hanno cura degli interessi reciproci. Sono state reintrodotte le elezioni governative nel 2012, ma mentre la legge da reintrodurre si stava facendo strada nel sistema, più di 20 governatori erano riconfermati dal Cremlino, ritardando le elezioni in queste località fino al 2017. Poi, nel 2013 Putin ha firmato una legge regionale che ha permesso elezioni per decidere tra l’elezione diretta dei governatori o avere l’elezione regionale con seleziona e nomina di un governatore da una breve lista stilata da Putin.
I governatori regionali, a loro volta, svolgono un ruolo nel nominare membri del Consiglio della Federazione Russa, la camera alta del parlamento.
Il consiglio è composto da due rappresentanti eletti da ciascuna delle 83 entità federali della Russia. Un rappresentante è scelto dal legislatore regionale
e uno è selezionato dal governatore della regione. La lunghezza del mandato varia con l’entità federale. Costruito dentro questo sistema è un livello di reciprocità tra
governatore e presidente, abilitando ulteriormente Putin nell’esercizio di influenza. È in grado di garantire che un candidato ottenga una carica di governatore,e in cambio, il governatore può
nominare un membro pro-Cremlino al consiglio.

Questa relazione diventa ancora più importante considerando che il consiglio approva i decreti presidenziali di legge marziale, dichiara lo stato di emergenza, schiera truppe all’estero, sovrintende alla nomina presidenziale del procuratore generale e decide l’impeachment e i verdetti.
Putin ha dedicato gran parte della sua politica, di capitali e risorse per consolidare il suo potere attraverso le riforme inel governo dei vari organi di sicurezza. Ricostruendo il suo cerchio interno e rinnovando la struttura del potere, Putin ha dimostrato che ha bisogno di estendere la sua rete per garantire che decreti e politiche siano attuati correttamente e che i dissidenti restino messi a tacere.

Il fulcro della sua politica estera

Gran parte delle macchinazioni politiche di Putin, tuttavia, hanno lo scopo di perpetuare un mito all’estero. Il mito che la Russia sia forte quanto sembra. Senza la capacità di agire in modo altrettanto deciso come poteva fare durante la Guerra Fredda, in Russia è relegato a concentrarsi sul proprio cortile.
Le vulnerabilità lungo il suo confine occidentale costringono la Russia a mantenere un forte punto d’appoggio in Ucraina e Bielorussia. La Russia ha bisogno di questi due paesi per isolarlo dalle minacce esterne. Anche se la Bielorussia è rimasta saldamente all’interno della sfera di influenza della Russia nell’era post-sovietica, l’Ucraina no. Dopo che i sostenitori filo-occidentali hanno rovesciato il governo amico della Russia a Kiev, Mosca non aveva altra scelta che rispondere con forza. Sin dall’inizio del 2014 ha conquistato la penisola di Crimea e ha inviato truppe e rifornimenti ai ribelli pro-Russia che combattono nell’Ucraina orientale.
La Crimea è stata annessa in parte per garantire un punto d’appoggio in Ucraina e in parte per mettere in sicurezza il porto di Sebastopoli, sede della flotta del Mar Nero.
La marina russa è composta principalmente da quattro principali flotte – il Nord, il Baltico, il Mar Nero e Pacifico. I primi tre sono tutti basati sulla parte europea della Russia e sono vincolati da importanti strozzature che ne limitano l’accesso alle acque aperte. Dal momento che gran parte della Russia è senza sbocco sul mare, la perdita o la compromissione dei porti e del quartier generale per ognuno di queste flotte ridurrebbero gravemente il potere della flotta russa e incidono negativamente sul commercio marittimo.

Dal Mar Nero, attraverso il Bosforo, la Russia ottiene l’accesso al Mediterraneo e da lì l’Atlantico.
Nonostante tutto, l’Ucraina è rimasta la priorità assoluta della Russia e il fulcro della sua politica estera. La Russia post-sovietica non aveva nessuno né le risorse né i mezzi per riprendere l’Ucraina. Il potere ridotto della Russia ha forzato Mosca per adottare una strategia di disgregazione globale che mirava principalmente agli Stati Uniti. (La loro rivalità è un elemento dell’era della Guerra Fredda che rimane intatta.) Mosca lo ha fatto in modo più visibile in Siria, dove ha funzionato per sfruttare la sua influenza nella risoluzione del conflitto con un risultato più vantaggioso verso gli Stati Uniti che sull’Ucraina, anche se è stata parte attiva anche in Venezuela e Corea del Nord.
Ad esempio, a metà del 2013 si è inserita la Russia stessa nella crisi internazionale negoziando un accordo per distruggere il programma siriano di armi chimiche. Nello stesso anno, le proteste dell’Euromaidan in Ucraina hanno estromesso il Governo favorevole alla Russia a Kiev e sostituito esso con uno che ha favorito l’Occidente. In una posizione molto più debole di quella di pochi mesi prima, la Russia si rivolse ancora una volta al conflitto in Siria. Dopo aver rimodellato le percezioni del potere russo, rafforzando la posizione delle forze e dei suggerimenti di Assad nei negoziati con gli Stati Uniti, il limitato intervento siriano limitato ha ampiamente soddisfatto lo scopo strategico della Russia.
Recentemente la Russia ha deviato dalla globale strategia di interdizione e ha invaso l’Ucraina.
La mossa ha rivitalizzato la NATO e in generale la relazione USA-Europa. Mentre l’Occidente non si è impegnato direttamente in un’azione militare con la Russia in Ucraina, ha però fornito significativo supporto logistico e militare all’Ucraina.

In aggiunta l’Occidente ha applicato severe sanzioni contro la Russia, isolando il Paese da gran parte dell’economia globale. La Nato ha anche aumentato le rotazioni delle sue truppe, incrementato difesa e dispiegamento di sistemi d’arma lungo il fianco orientale della NATO. Per la Russia, l’aumento della presenza della NATO – e in particolare quella degli Stati Uniti – nel suo cortile costituisce una grave minaccia.

È una minaccia che non può gestire completamente. A più di 30 anni dal crollo dell’Unione Sovietica, la Russia sta ancora cercando di trovare la sua strada. Nella vita delle nazioni, 30 anni non sono così lunghi nel tempo, e la caduta degli imperi tende a risuonare per anni dopo. Inoltre, l’economia Russa dopo la pandemia ora deve affrontare gli ulteriori vincoli di sanzioni di vasta portata
Ciò è particolarmente problematico in una regione complessa e pericolosa come quella russa; una regione in cui apparire debole può essere una minaccia altrettanto grande che essere debole. La Russia deve contemporaneamente cercare di apparire più potente di quel che è e gestire meticolosamente la potenza che ha. Ma il vero potere è durevole. Le illusioni sono effimere. Azioni intraprese dalle nazioni deboli, progettate per farle apparire più forti quasi sempre falliscono nel lungo periodo.

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