COME I FRANCESI DIVENNERO ITALIANI. O FORSE PEGGIO (?)_di Daniele Lanza

(analisi di una metamorfosi impietosa. Leggere*).
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Massì, ce l’abbiamo fatta, il pericolo è scampato.
I titoli di tutti I media nostrani ed europei si affrettano a rassicurare che il Fronte Nazionale e I suoi alleati sono stati fermati, sconfitti e schiacciati (l’ ”imparziale” messaggio di fondo).
L’unica evidenza sulla quale non ci si soffermerà è che si tratta di un furto di evidenti proporzioni, rapportando il numero di seggi ottenuti da le Pen con i risultati oggettivi della tornata passata: lo dico da osservatore allineato, ma con lucidità: affermerei le stesse cose che leggete anche se il partito penalizzato fosse dell’estrema sinistra (ho coerenza morale).
Tralascio ogni disamina minuta del voto perchè l’unica vera riflessione che abbia senso fare, l’unico vero pensiero da dedicare a queste consultazioni nell’esagono, non riguarda i partiti ma quanto vi è a monte di essi. Ha a che fare con l’anima del suo sistema politico che si incarna perfettamente del meccanismo elettorale scelto 2 generazioni orsono.
Alla fine degli anni 50 il generale de Gaulle riforma la REPUBBLICA, dotandola di un sistema presidenziale e di un sistema di voto doppio turno.
Quest’ultimo elemento è la cifra di tutto. Perfettamente democratico e assolutamente geniale nel tagliare le gambe a qualsiasi forza politica che esca dagli schemi (da destra come da sinistra). Grazie al doppio turno, venivano confinati A VITA I comunisti francesi per la generazione a seguire (1958-1988)…….ed oggi servono per tagliare le gambe al Fronte Nazionale e I suoi alleati.
Un genere di meccanismo congegnato in modo tale da favorire e proteggere un’ideale STABILITA’ ancor più che non assecondare la volontà dell’elettorato.
E’ questo lo scopo del doppio turno signori e signore: senza il doppio turno, il Fronte Nazionale avrebbe dovuto raccogliere qualcosa di prossimo ai 300 seggi……..invece ne otterrà lla META’ (attorno ai 150), salvando così le altre due formazioni che sarebbero dovute essere alle spalle – socialisti e centristi – ma soprattutto questi ultimi, riuniti attorno alla figura del presidente e delle istituzioni nazionali, che in questo modo capovolgono letteralmente un’evidente sfiducia popolare emersa tanto alle europee quanto adesso alle legislative, ottenendo così quel margine per continuare a imbastire trame, piani e stratagemmi per rimanere al potere.
Il primo partito francese (che lo si ami o che lo si odi) è stato derubato della metà dei suoi seggi potenziali: e questo poteva accadere a qualsiasi altro partito nella medesima posizione (fuori degli schemi cioè). Non so se qualcuno che legge si può rendere conto. Per quanto mi riguarda si tratta di uno scandalo assoluto: e lo dico senza nemmeno essere sicuro che avrei votato RN (anzi).
RICAPITOLO (leggere bene*):
per chi fosse interessato a capire gli umori dell’elettorato francese, vada a leggersi nel dettaglio I risultati delle europee e del primo turno delle legislative: quello è sufficiente.
Quanto al SECONDO turno di oggi, che significato ha ? Nessuno se non evidenziare il tecnicismo elaborato per impedire che un’ala estrema si avvantaggi troppo (pur meritandolo) grazie ad una reazione dell’estremo opposto che farà qualsiasi cosa pur di non permettergli di vincere (anche votare una capra, per partito preso). Un’espressione geniale di DIVIDE ET IMPERA, applicata nel contesto dei meccanismi elettorali e di come la psicologia agisce in quest’ambito.
Vado al punto e concludo: il sistema in questione ha una buona ragione d’essere nell’impedire a minoranze riottose di fare troppi danni ed avere troppo spazio. Ma cosa accade quando quella che si suppone essere una minoranza riottosa….diventa il primo partito ? Semplice: ne viene fuori un furto, seguito da un inciucio indescrivibile (la parola è stata coniata giustamente per il sistema italiano, e mai aveva avuto spazio in quello francese: voglio vedere come l’opinione pubblica si adatterà ad avere tra blocchi di eguale potenza che fanno intrighi all’infinito come nella politica nostrana. Ripeto è cosa ordinaria per chi è nato nella penisola, ma non Oltralpe….)
Ma a parte tutto questo, per parlare di principi……..ebbene, con tutto questo, quale principio si salvaguarda ? Quello dei numeri oggettivi o quella di un supposto equilibrio ideale che non veda alcuno vincere ? Perchè si tratta di due democrazie diverse.
Gente che mi ascolta……….posso bene comprendere che molti che mi seguono non voterebbero mai il Fronte Nazionale ed affini, d’accordo: ricordo tuttavia che il sistema elettorale avrebbe ugualmente avuto il medesimo effetto anche se al posto del Fronte vi fosse stato – per intenderci – un forte (e degno) partito comunista, con 1/3 dei voti (come il PCI italiano di un tempo). Nessuna differenza avrebbe fatto: sarebbe stato miniaturizzato e derubato del proprio risultato esattamente come si vedrà del Fronte in queste ore. Così da far capire.
D’altro canto…..gli elettori francesi questo lo sanno bene. Spetta a loro modificarlo se credono: in caso contrario non avranno mai I governanti che vogliono, ma piuttosto le creature che emergono dalla palude dell’inciucio: ecco penso di intravedere il punto alla base di tutto…………….la grande scelta della società francese da questo punto in avanti è questa, ossia non tanto scegliere un partito o un altro, una destra o una sinistra (quello è facile) quanto scegliere se rimanere “transalpini” oppure diventare ITALIANI (in termini di sistema politico e mentalità annessa).
P.S. = Dopo questo, se qualcuno osa anche solo fiatare (dico fiatare) in merito alla “democrazia” delle elezioni presidenziali che hanno eletto Putin, lo vado a cercare, ovunque sia e chiunque sia.
PASSO E CHIUDO.
 
L’ OCCIDENTE.
Un partito che sta al 33% del voto nazionale (RN) si ritrova con circa la metà dei seggi che avrebbe dovuto avere: forse nemmeno 140.
Il partito presidenziale macroniano – grande trombato di europee e primo turno delle legislative, dove è rimasto inchiodato al 20% – di seggi ne otterrà probabilmente 170.
La cifra della democrazia occidentale sta in cose come questa.
Non si aggiunge altro.
***
Se qualcuno – chiunque sia, dovunque sia – viene ancora a contestarmi le credenziali di DEMOCRATICITA’ delle elezioni presidenziali russe che hanno incoronato Putin, se il figlio di puttana, ci prova ancora una sola volta a parlarmi di procedure trasparenti ed istituzioni libere, faccia meglio a non rendersi più reperibile o riconoscibile o rintracciabile. In alcun modo.
FINE.
VOTO FRANCESE
⚫️ RN (Le Pen): 37,1% (10.1 milioni di voti)
NFP (Melenchon): 25,8% (6.9 milioni)
ENS(Macron): 24,5% (6.5 milioni)
TERZO (ed ultimo) intervento dedicato all’esito delle consultazioni nazionali nell’esagono.
Lascio perdere parole e discorsi: si osservi coi propri occhi il numero di voti dei primi tre partiti e la distribuzione finale di seggi (giudicare da soli, ognuno in coscienza e domandarsi – ciascuno – in quale concetto di democrazia ci si identifica, prima di giudicare altri stati alieni all’occidente).
Un momento di confusione sino a ieri prima della chiusura dei seggi vi è stato: si dava ancora il Fronte Nazionale di Le Pen come primo partito…….ed IN EFFETTI non ci si sbagliava. Il problema è che i sondaggisti, al pari della gente comune – almeno da come mi sembra ! – coscientemente o meno hanno dato maggiore rilevanza al numero di voti assoluto che non al macchiavellico gioco di assegnazione seggi basato sulla strategia di desistenza che era la vera chiave di volta del tutto.
A conti fatti direi che il VERO vincitore di questa tornata elettorale non è un partito o una formazione: il vero vincitore è il sistema stesso (e il suo meccanismo elettorale).
Elezioni come queste, con un esito come quello illustrato in alto ed in basso dimostrano che per vincere e governare non è indispensabile il numero di voti che oggettivamente ottenuto, ma la capacità di imbastire intrighi, accordarsi e maneggiare.
Non ha vinto il Fronte Nazionale come nemmeno i suoi antagonisti più sfegatati che da sinistra intonano canti in piazza e sulle bacheche: questi ultimi sono la parte più imbarazzante della situazione…..perchè malgrado “illuminati” non si rendono conto di cosa è successo. Ottusamente focalizzati su un’immaginario successo contro l’eterno nemico, non si accorgono che un voto popolare è stato letteralmente stravolto e che la medesima cosa può accadere a loro stessi alla prossima tornata (…).
Occorre scegliere il modello di democrazia in cui ci si riconosce: l’esito elettorale di queste legislative francesi è tanto eclatante, tanto emblematico che non mi convince molto della superiorità etica e democratica dell’Europa, ma piuttosto della sua ipocrisia. Un voto può essere capovolto se non è conforme alla linea ideologica occidentale ed un partito che ha poco meno del 40% dei voti (riguardateli sti grafici) può essere emarginato in TERZA posizione dietro avversari che hanno molto meno di lui.
Centristi e Progressisti assommati assieme hanno 12 milioni di voti circa…..il Fronte Nazionale di LePen ne ha 10 e qualcosa (manca poco che totalizzi la somma dei due rivali messi assieme).
Se non si riesce a sconfiggere un partito scomodo (destra o sinistra che sia), lo si elimina con espedienti, ecco il punto.
E’ talmente scandaloso che direi le medesime parole a favore di qualsiasi sconfitto in tali circostanze, non solo del Fronte: anche se fosse accaduto ai comunisti avrei detto le stesse cose.

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Le elezioni in Sud-Africa, di Bernard Lugan

Siamo abituati a cogliere le dinamiche politiche in Africa con gli occhi e le dinamiche dei paesi europei e occidentali. Un effetto collaterale è stato il tentativo di esportazione della democrazia occidentale in contesti sociali diversi.

Le stesse classi dirigenti locali, formatesi nel periodo coloniale, hanno assunto in qualche modo questi modelli, piegandoli più o meno consapevolmente alla realtà socio-politica. Da tempo Lugan ci offre analisi sugli effetti perversi di questa impostazione. Giuseppe Germinario

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Questo numero de L’Afrique Réelle si concentra su quattro temi.
In Sudafrica, dove l’ANC ha perso la maggioranza assoluta alle recenti elezioni, è stato formato un governo di coalizione. Ma, paradossalmente, mentre i programmi politici dell’ANC, dell’Umkhonto we Sizwe e dell’EFF sono praticamente identici, l’odio personale tra i loro tre leader, Cyril Ramaphosa, Jacob Zuma e Julius Malema, ha fatto sì che alla fine si sia formata un’alleanza quasi surreale. La nuova maggioranza riunisce l’ANC e la DA (Democratic Alliance). Un partito che vuole amplificare l’Affirmative Action, che chiede la condanna di Israele per genocidio, i cui parlamentari hanno tutti votato a favore del sequestro delle fattorie bianche, e un partito bianco che combatte l’Affirmative Action, sostiene Israele e si oppone al sequestro delle fattorie appartenenti ai bianchi, governeranno insieme… Di conseguenza, l’EFF e l’Umkhonto we Sizwe parlano di un tradimento degli ideali dell’ANC, di uno schema progettato per salvaguardare le posizioni e le prebende dei caciques dell’ANC, e chiedono a tutti i neri di unirsi a loro… Una situazione da seguire…


Le elezioni sudafricane del 2024 hanno assunto ancora una volta la forma di un censimento razziale. I neri hanno votato per i partiti neri (ANC, EFF, IFP, MK ecc.), mentre i bianchi, gli indiani e i coloured hanno dato i loro voti ai partiti non neri DA, PA e VF (Vreedom Front). Le cifre parlano chiaro: i neri rappresentano l’80% della popolazione, i coloured il 9%, i bianchi l’8,5% e gli indiani il 2,5%. Nelle elezioni del maggio 2014, il voto ha rispettato chiaramente questa divisione: i partiti neri nel complesso hanno ottenuto il 78% dei voti e i partiti non neri il 22%. All’interno di queste grandi categorie, è importante notare che gli zulu hanno votato IFP o MK, mentre i bianchi hanno votato DA con una frazione di loro, soprattutto afrikaner che hanno dato i loro voti al VF), mentre i coloured (Metis) si sono divisi tra DA e PA. La Nazione Arcobaleno è più che mai un mito.
CAMBIAMENTI NELL’ELETTORATO DAL 1994
Uno studio dell’elettorato sudafricano dal 1994, data delle prime elezioni multirazziali, cioè da oltre 30 anni, mostra che è rimasto molto stabile a causa delle determinanti razziali del Paese. Tuttavia, all’interno di questa costante possiamo notare diversi sviluppi.
1) Il declino dell’ANC Il partito storico della lotta contro la dominazione bianca è in declino dalle elezioni del 1994, anche se rimane di gran lunga il più grande partito del Paese. Questo costante declino è dovuto a due fattori: – Dissidenza interna (FF e MK). – Un bilancio di 30 anni di gestione disastrosa del Paese, corruzione diffusa, distruzione delle principali imprese statali, lotte interne tra fazioni e insicurezza. Oggi la posizione del Presidente Ramaphosa è delicata. Pragmaticamente, e contrariamente al voto unanime dei membri dell’ANC, il suo stesso partito, ha messo da parte la questione dell’esproprio immediato delle terre appartenenti ai bianchi. È perfettamente consapevole delle conseguenze disastrose che una tale misura avrebbe. Il settore agricolo, di grande successo, è l’unico in grado di sfamare la popolazione e di generare valuta estera attraverso le esportazioni. Lo smantellamento del settore agricolo porterebbe a rivolte alimentari e a un caos incalcolabile, ma sarà in grado di resistere, spinto dai parlamentari dell’ANC, dal suo stesso partito, dall’EFF e dall’MK?


2) Il DA ha raggiunto il suo punto più basso In 30 anni, il voto dei bianchi si è riunito nel DA, che ha completamente assorbito il National Party, l’ex partito di governo, il partito dell’apartheid, quello di Frederik De Klerk. Implacabile oppositore del regime bianco precedente al 1994, il DA incarna ora paradossalmente le speranze di bianchi, coloured e indiani. Il suo sogno era quello di formare un partito multirazziale che perdesse l’etichetta di “partito bianco” per attrarre il voto della borghesia nera e fornire un’alternativa liberale all’ANC. Il fallimento è evidente, in quanto non ha avuto successo, salvo eccezioni aneddotiche, mentre questa politica ha alienato alcuni elettori afrikaner che si sono rivolti al Vreedom Front. 3) Il movimento radicale nero dell’EFF sta ristagnando pur essendo dottrinalmente dominante Julius Malema, fondatore dell’EFF, è stato espulso dall’ANC nel 2012 ed è un demagogo corrotto la cui retorica violentemente anti-bianco è imponente. Non ha mai nascosto che il suo obiettivo primario e non negoziabile è la nazionalizzazione delle terre bianche, che diventerebbero proprietà dello Stato. La sua scommessa è che le masse nere abbandoneranno gradualmente l’ANC quando vedranno che il partito li ha traditi, e si riuniranno al suo slogan di “seconda liberazione”, che prevede la nazionalizzazione delle miniere, delle banche e delle terre appartenenti ai bianchi. Alle elezioni del 2024 ha dovuto affrontare la dura concorrenza dell’MK di Jacob Zuma, ma le sue idee sono condivise da quasi tutte le basi militanti dei vari movimenti politici neri. 4) Nel 2024, l’emergere dell’MK è costato all’ANC la sua tradizionale maggioranza. Con l’MK, siamo chiaramente in presenza di un dissidente zulu che non ha accettato il colpo di stato interno all’ANC che, nel 2018, ha visto il vicepresidente Cyril Ramaphosa spodestare il presidente Jacob Zuma prima di prendere il suo posto. Un putsch interno seguito dalla condanna dell’ex presidente al carcere. Il popolo zulu non ha perdonato la leadership dell’ANC per questo, il che spiega la vendetta elettorale di Jacob Zuma…

5) Il partito realista zulu Inkhata Freedom Party mantiene le sue posizioni L’IFP, che in …. ha perso un numero significativo di voti perché molti zulu hanno votato per l’ANC, allora guidata dallo zulu Jacob Zuma, ora sta risorgendo e ha persino creato una sorpresa nel suo tradizionale cuore rurale del Kwazulu-Natal. 6) I coloureds si stanno sempre più affermando come forza autonoma Con l’Alleanza patriottica (AP), un altro nuovo arrivato si sta affermando sulla scena politica affermando apertamente di essere un partito etnico di colore. Questi ultimi, va ricordato, non sono il prodotto dell’incrocio tra bianchi e neri, ma tra bianchi e khoisan. La loro lingua è l’afrikaans, la lingua degli afrikaner, con i quali condividono gli stessi valori culturali e sportivi, in particolare il rugby[1] . La loro roccaforte etnica è il Capo Occidentale. Questo nuovo partito ha preso piede ovunque ci fosse una forte comunità di colore, come ad esempio nella Ekhurhleni City Metro (le città industriali a est di Johannesburg), in particolare in due distretti con una popolazione di colore. Il leader del PA, Gayton Mackenzie, è un personaggio atipico, con un passato criminale da ex rapinatore di banche, ma politicamente ultra conservatore, che rifiuta l’aborto, la teoria del gender e i dettami LGBT. 7) A parte la scissione etnica Zulu (MK), tutte le altre scissioni dell’ANC sono fallite: piccoli partiti regionali neri come l’UDM sono stati assorbiti dall’ANC. Il Cope, il partito scissionista Xhosa dell’ANC formatosi contro la presa di potere all’interno del partito da parte di Jacob Zuma e degli Zulu, è scomparso tra il 2009 e il 2014 a causa delle sue divisioni interne. Per quanto riguarda SA (Azione Sudafrica), si è trattato di un fallimento. Il presidente fondatore di Action SA, Hermann Mashaba, un uomo d’affari di origine mozambicana che ha fatto fortuna creando “Black like me”, una catena di saloni di parrucchieri e prodotti per africani, aveva aderito al DA ed era persino diventato sindaco di Johannesburg. Le sue dimissioni dal DA segnarono il fallimento del tentativo di “africanizzare” questo partito bianco, radunando parte della borghesia e della classe media nera.
Il sistema elettorale sudafricano Le elezioni del maggio 2024 hanno eletto l’Assemblea nazionale e le assemblee provinciali. L’Assemblea nazionale è composta da 400 deputati eletti con il sistema della rappresentanza proporzionale, 200 con il sistema nazionale e gli altri 200 dalle 9 province con il sistema della rappresentanza proporzionale regionale. Il Presidente della Repubblica è eletto dall’Assemblea nazionale, mentre i presidenti delle assemblee regionali sono nominati dalle maggioranze provinciali.
SUDAFRICA: UN ELETTORATO MOLTO STABILE
Come al solito, l’analisi dei media sulle elezioni sudafricane del 29 maggio 2024 è stata superficiale. Parlare di “storica battuta d’arresto per l’ANC” è davvero affrettato:
1) È vero che l’ANC ha continuato il lento declino iniziato nel 2019, quando il movimento è sceso per la prima volta sotto la soglia del 60% a livello nazionale (57,5%). Tuttavia, con il 40,25% dei voti nel 2024, l’ANC non raggiungerà la maggioranza del 50%, ma rimane di gran lunga il più grande partito del Sudafrica. Al secondo posto, dietro di essa, il DA (Alleanza Democratica) ha ottenuto solo la metà dei suoi risultati, ovvero il 21,73% dei voti.

2) L’ANC ha vinto in 6 delle 9 province sudafricane, perdendo solo nel Gauteng, nel Kwazulu-Natal e nel Western Cape: – Nel Gauteng, i voti combinati dell’ANC (36%), dell’EFF (12%) e dell’MK (10%) hanno dato a questi tre partiti, che hanno lo stesso programma e sono divisi solo da questioni personali, una chiara maggioranza di governo del 58%. – Nel Kwazulu-Natal si è assistito a un chiaro voto identitario zulu, con il 46% dei voti per l’MK e il 16% per il vecchio partito realista zulu Inkhata, che sta mantenendo le sue posizioni nelle aree rurali. – Nel Capo Occidentale, essendo l’equilibrio etno-politico a favore dei bianchi e dei coloured, come mostra la mappa a pagina 5, l’ANC non poteva, da un punto di vista etno-matematico, aspettarsi di vincere elettoralmente. In realtà, il declino molto relativo dell’ANC è dipeso esclusivamente da quel 15% di voti zulu che hanno abbandonato il movimento di governo, considerato il tradimento dello zulu Jacob Zuma, e sono andati al suo partito, l’MK. Infatti, se sommiamo questo 14,68% al 40,25% ottenuto dall’ANC a livello nazionale, troviamo il punteggio dell’ANC per il 2019, ovvero quasi il 57%. Il vero partito di opposizione alla nebulosa nera ANC-IFF-MK, la DA (Democratic Alliance), ha ristagnato con un minuscolo guadagno di meno di un punto, passando dal 20,8% al 21,70%, in calo rispetto al punteggio del 2019, pari al 22,2%. Le ragioni di questa stagnazione sono due: – Perché parte dell’elettorato di razza mista ha votato per il partito di razza mista Alleanza Patriottica, che ha ottenuto il 2,04% a livello nazionale e il 7,4% nel Capo Occidentale. – Perché questo partito è considerato dai neri il partito dei bianchi. E come potrebbe “abboccare” all’elettorato nero se si è schierato a favore di Israele quando tutti i partiti neri e il governo chiedono che la Corte penale internazionale condanni quel Paese per “genocidio”? L’EFF di Julius Malema è sceso di un punto al 9,46%, avendo subito la concorrenza dell’MK. Gli afrikaner del FF, con l’1,36% dei voti, non sono più che una forza politica simbolica. Nel complesso, i quattro principali partiti neri (ANC, IFF, MK e Inkhata, più una decina di micro partiti) hanno ottenuto circa il 75% dei voti per una popolazione nera del 78-80%, mentre i partiti bianchi meticci e indiani hanno ottenuto circa il 24% dei voti per una popolazione del 20-22%.


QUALE COALIZIONE PER GUIDARE UN PAESE IN CRISI?


Per la prima volta dalla fine del regime bianco, con l’ANC privo di una maggioranza assoluta, il presidente Ramaphosa è stato costretto a formare un governo di coalizione, la cui composizione ha incontrato numerosi ostacoli e la cui formazione lascia perplessi.
Ora che sono stati resi noti i risultati ufficiali delle elezioni del maggio 2024, all’ANC mancavano 41 seggi per poter governare. Questa situazione, senza precedenti dal 1994, ha portato ai negoziati per la formazione di una coalizione. Il problema per l’ANC era che, anche se fosse riuscita a ottenere il sostegno della decina di piccoli partiti neri che avevano conquistato almeno un seggio in parlamento, il loro contributo non superava la ventina di seggi, che non era comunque sufficiente a formare una maggioranza. Erano quindi possibili tre opzioni: 1) Un’alleanza con il DA. (87 seggi in parlamento) Una tale coalizione sembrava impossibile per tre motivi principali: – Il DA si oppone alla discriminazione positiva, che è un pilastro del programma dell’ANC. – Il DA si è opposto con forza alla confisca delle fattorie di proprietà dei bianchi, mentre l’ANC ha votato all’unanimità a favore di questo piano di spoliazione. – Il DA sostiene Israele, mentre l’ANC si batte per la condanna di Israele per “genocidio” a Gaza. Infine, una simile alleanza sarebbe vista come una provocazione dagli altri partiti neri. 2) Un’alleanza con Umkhonto we Sizwe (58 seggi nell’ANC) È vero, ma Jacob Zuma aveva annunciato di essere pronto a collaborare con il suo ex partito, l’ANC, a condizione che Cyril Ramaphosa, il Presidente della Repubblica, si dimettesse… Gli zulu che sostengono Jacob Zuma, ma anche i radicali neri, criticano l’attuale Presidente, l’ex sindacalista Cyril Ramaphosa, per aver costruito la sua colossale fortuna tradendo i suoi elettori. Seduto nei consigli di amministrazione delle compagnie minerarie bianche, dove è stato cooptato in cambio della sua “esperienza” sindacale, è stato infatti onorato in cambio del suo aiuto nell’opporsi alle richieste dei minatori neri, di cui era rappresentante prima del 1994! Questo ha portato il leader rivoluzionario Julius Malema ad affermare: “In Sudafrica la situazione è peggiore di quella dell’apartheid (e che) l’unica cosa che è cambiata è che un governo bianco è stato sostituito da un governo nero”. C’è però una differenza: prima del 1994 i neri non morivano di fame, ricevevano cure mediche e istruzione gratuite, l’elettricità funzionava, la carenza d’acqua era sconosciuta e la polizia faceva il suo lavoro… 3) Un’alleanza con l’EFF di Julius Malema (39 seggi parlamentari) Per l’ANC sarebbe stata un’alleanza avvelenata perché il sostegno dell’EFF era subordinato all’immediata messa in pratica da parte dell’ANC del programma radicale sulla nazionalizzazione delle terre di proprietà dei bianchi votato il 27 febbraio 2018, quando, con 241 voti favorevoli e 83 contrari, il parlamento sudafricano ha votato per l’avvio di un processo di nazionalizzazione-espropriazione senza indennizzo di 35.000 agricoltori bianchi. 000 agricoltori bianchi. A parte il fatto che i 39 deputati dell’EFF da soli non basterebbero a dare all’ANC una chiara maggioranza, l’ingresso del partito al governo significherebbe che l’ANC sequestrerebbe di fatto le aziende agricole di proprietà dei bianchi e nazionalizzerebbe le industrie minerarie, portando a un esodo di capitali e alla rovina del Paese. Di conseguenza, mentre i programmi politici dell’ANC, dell’Umkhonto we Sizwe e dell’EFF sono virtualmente identici, l’odio personale tra i loro tre leader ha fatto sì che alla fine si sia formata un’alleanza a pezzi, e allo stesso tempo si potrebbe dire innaturale, con il sostegno dato all’ANC dal DA e dal partito zulu Inkhata… La nuova maggioranza combina quindi l’ANC, un partito che vuole estendere l’Affirmative Action, che chiede la condanna di Israele per genocidio e i cui parlamentari hanno tutti votato a favore del sequestro delle fattorie bianche, con il DA, che combatte l’Affirmative Action, sostiene Israele e si oppone al sequestro delle fattorie appartenenti ai bianchi… Di conseguenza, l’EFF ha parlato di un tradimento degli ideali dell’ANC, di uno schema progettato per salvaguardare le posizioni e le prebende dei suoi caciques, e ha invitato tutti i neri ad aderire… Una situazione da seguire…
Il governo di unità nazionale Il 17 giugno 2024 è stato ufficialmente creato il governo di unità nazionale (GNU). Cinque partiti compongono questo governo di unità nazionale: l’ANC, il DA, l’IFP (Inkhata Freedom Party), il Good e il PA (Patriotic Alliance). Questi cinque partiti hanno un totale di 273 seggi su 400 nell’Assemblea Nazionale, dando al GNU una maggioranza del 68%. Il comunicato stampa dell’ANC afferma che “il programma e le priorità del GNU sono pienamente allineati con gli impegni e le politiche di lunga data dell’ANC”, compresa “la riforma agraria”, cioè la politica di confisca delle aziende agricole di proprietà dei bianchi.

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Stati Uniti, NATO e strategie geopolitiche: Domande e risposte con Ann Marie Dailey

Folgorata sulla via di Damasco_Giuseppe Germinario

Stati Uniti, NATO e strategie geopolitiche: Domande e risposte con Ann Marie Dailey

Q&A

3 luglio 2024

Ann Marie Dailey serves as an engineer captain in the U.S. Army Reserves, photo courtesy of Ann Marie Dailey

Ann Marie Dailey è capitano ingegnere nelle riserve dell’esercito degli Stati Uniti.

Foto per gentile concessione di Ann Marie Dailey

Ann Marie Dailey è un’esperta di alcune delle questioni più urgenti che gli Stati Uniti e i loro alleati globali devono affrontare: Come aiutare l’Ucraina. Cosa aspettarsi dalla Russia. Come posizionare la NATO per i prossimi 75 anni.

È ricercatrice politica presso RAND e senior fellow non residente presso il Consiglio Atlantico. Per oltre vent’anni ha studiato i fattori politici, militari ed economici alla base della sicurezza globale. È stata consulente senior dell’Assistente del Segretario alla Difesa per gli Affari di Sicurezza Internazionale per quanto riguarda la Russia e l’Ucraina, nonché per le relazioni della NATO con l’Ucraina e la Georgia. Nel 2015 è entrata a far parte dell’Esercito degli Stati Uniti e ora presta servizio come capitano ingegnere nelle riserve.

Lei ha fornito consulenza ai leader militari sia in Russia che in Ucraina. Qual è la sua valutazione della guerra in Ucraina in questo momento e cosa prevede per i prossimi mesi?

Se si guarda al campo di battaglia, c’è un punto di inflessione artificiale che è stato determinato dal lungo ritardo nell’approvazione di ulteriori aiuti statunitensi all’Ucraina. I russi stanno passando all’offensiva. Ma se gli ucraini riusciranno a respingerli per tutto il 2024, credo che i fattori sistemici volgeranno a favore dell’Ucraina. La Russia dovrà affrontare difficoltà crescenti nella sua produzione di difesa, in particolare di veicoli blindati. Si assisterà a un aumento della produzione statunitense ed europea. Vedrete l’introduzione degli F-16, che almeno daranno all’Ucraina un po’ di flessibilità in più. La strategia dell’Ucraina fino al 2024 sarà quella di giocare in difesa, e si spera che questo metta le basi per una possibile offensiva nel 2025.

A proposito di aiuti statunitensi, lei ha avvertito che il mancato sostegno all’Ucraina potrebbe dare il via a una “serie di sconfitte americane”. In che senso?

A Washington c’è chi dice che non possiamo continuare a sostenere l’Ucraina perché ciò compromette la nostra capacità di prepararci alla Cina. Ma se stiamo guardando a un potenziale conflitto futuro con la Cina, ci sono due mondi in cui potremmo combatterlo.

Ann Marie Dailey

Foto di Diane Baldwin/RAND

Uno è un mondo in cui l’Ucraina perde. In quel mondo, tutti i nostri alleati europei saranno concentrati al laser sulla protezione dal prossimo attacco della Russia. Gli Stati Uniti saranno più isolati diplomaticamente, perché i 31 alleati della NATO saranno molto più preoccupati della propria sicurezza che di aiutare gli Stati Uniti nella lotta contro la Cina.

L’altro mondo è quello in cui l’Ucraina vince. Allora avrete un’Ucraina che sarà l’esercito più grande e più capace d’Europa e che agirà come baluardo contro l’aggressione russa. In questo modo si ottiene un forte fianco europeo a est degli Stati Uniti. Ci sono Paesi che hanno fiducia non solo nella propria sicurezza, ma anche nella capacità collettiva della NATO di scoraggiare e sconfiggere le aggressioni. Saranno più disposti a contribuire se gli Stati Uniti si troveranno in una guerra nell’Indo-Pacifico. L’idea che, in qualche modo, aiutare l’Ucraina ci renda meno preparati a una guerra in Cina è solo una visione del mondo piatta, quando invece non lo è.

Si è parlato molto della possibilità che la NATO inizi il processo di integrazione dell’Ucraina nell’alleanza durante il vertice di Washington di quest’estate. Cosa ne pensa?

Deve farli entrare o chiarire che non faranno parte della NATO. Lasciarli in un limbo diplomatico non fa altro che peggiorare le cose per l’Ucraina e minare la NATO. Personalmente, penso che l’Ucraina debba diventare un membro, ma la domanda più importante in questo momento è: cosa deve fare la NATO per garantire che l’Ucraina vinca questa guerra?

Un’Ucraina vittoriosa e unificata sarebbe l’esercito più capace d’Europa, e a quel punto sarebbe semplicemente sciocco non coinvolgerla.

Un’Ucraina vittoriosa e unificata sarebbe l’esercito più capace d’Europa, e a quel punto sarebbe semplicemente sciocco non farla entrare [nella NATO].

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Cosa deve fare la NATO per garantire che l’Ucraina vinca la guerra?

Aumentare la sua base industriale di difesa. Finché la Russia vedrà che sta superando le capacità combinate degli Stati Uniti e dei suoi alleati europei nella NATO, capirà che può continuare a combattere questa guerra. Non appena gli Stati Uniti e l’Europa raggiungeranno questi numeri, il calcolo cambierà.

Mi piacerebbe anche che le difese aeree della NATO fornissero uno scudo sull’Ucraina occidentale. La Russia ha lanciato missili e droni d’attacco che hanno sorvolato il territorio della NATO. E piuttosto che le difese aeree di quelle nazioni hanno sparato contro di loro e li hanno abbattuti, hanno fatto affidamento sull’Ucraina che ha usato le sue difese aeree per farlo. L’idea che non si proteggano i cieli della NATO impegnando quei missili e quei droni non solo non aiuta l’Ucraina, ma mina la deterrenza dell’articolo 5 della NATO. Appoggerei anche la proposta della Francia di iniziare a portare truppe nell’Ucraina occidentale, lontano dalle linee del fronte, per fornire addestramento sul campo agli ucraini.

Come pensa che reagirebbe la Russia?

Allo stesso modo in cui hanno risposto finora, ovvero con un sacco di spacconate nucleari. Sanno che non appena menzioneranno le armi nucleari tattiche, congeleranno i decisori in alcune capitali.

A lungo termine, mentre la NATO celebra quest’anno il suo 75° anniversario e guarda ai prossimi 75 anni, quali sono secondo lei le sfide più importanti che deve affrontare?

Stiamo assistendo a un aumento delle minacce al di sotto del livello di azione militare – massicce quantità di disinformazione, finanziamenti illeciti utilizzati per minare i processi politici. La NATO ha avuto un tale successo negli ultimi 75 anni che i suoi nemici stanno cercando di utilizzare altri modi per attaccare o minare l’alleanza. L’Alleanza dovrà lottare per definire ciò che costituisce un attacco e per assicurarsi di avere le capacità necessarie per rispondere. La Cina e la Russia si sono impegnate in queste minacce al di sotto del livello di quelle che si considerano azioni militari convenzionali. La NATO deve diventare un bersaglio più difficile, sviluppando più capacità al di sotto della soglia del confronto militare diretto e dimostrando la volontà di usarle. Ma deve farlo anche sostenendo le idee democratiche di libertà e apertura.

Lei si è arruolato nell’esercito un po’ più tardi, dopo essersi affermato nella sua carriera. Come mai ha deciso di arruolarsi?

Avevo preso in considerazione l’idea di entrare a farne parte in diversi momenti della mia vita. Poi, nel 2015, sono stato consigliere senior per la strategia della Russia e ho partecipato a questi wargame, in cui la Russia attaccava la NATO. Ho sempre sostenuto la necessità di aumentare le forze della NATO in avanti e, in particolare, di aumentare le forze statunitensi. Abbiamo anche constatato che l’Esercito americano non disponeva di sufficienti capacità ingegneristiche su larga scala. Mia madre diceva sempre: “Se vuoi che una cosa sia fatta bene, falla da solo”. Ho deciso di arruolarmi come ingegnere dell’esercito non solo perché pensavo che fosse importante per me personalmente. Stavo sostenendo l’avanzamento delle forze militari statunitensi, essenzialmente come filo spinato, e non mi sentivo a mio agio nel farlo se non ero disposto a mettermi in quella posizione.

In che modo la sua esperienza nell’esercito ha influenzato la sua ricerca al RAND?

Una cosa che l’esercito mi ha insegnato è il modo in cui l’esercito affronta il rischio. Non è l’esercito a decidere quali missioni perseguire. Deve solo valutare come valutare e mitigare i rischi, con la consapevolezza che dovrà sempre accettare un certo livello di rischio per portare a termine la missione. È una cosa che i leader militari capiscono molto bene, ma che non è necessariamente radicata nella cultura civile. Mi ha anche aiutato a pensare in modo più ampio ai problemi della difesa e della sicurezza, non solo guardando alle cose e alle piattaforme, ma anche alle persone e alla leadership.

Più in generale, c’è stata un’esperienza che oggi considera un punto di svolta, che le ha fatto intraprendere questo percorso professionale?

Da bambino ero un grande fan dei Detroit Red Wings. Gli appassionati di hockey potrebbero ricordare, negli anni ’90, i Russian Five. Si trattava di cinque giocatori russi che furono portati ai Red Wings e che finirono per vincere diverse Stanley Cup. Crescendo, guardavo con mio padre i film di Tom Clancy, dove i russi erano sempre i cattivi, e poi guardavo i Detroit Red Wings, dove i russi erano i buoni. Ciò ha causato questa dissonanza cognitiva nella mia mente, questa contraddizione che ho voluto approfondire. Così ho continuato a studiare la Russia e le relazioni internazionali all’università, e credo che il resto sia storia.

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SITREP 7/6/24: Si costruisce la narrativa secondo cui Putin è disperato per porre fine al conflitto – Lo è davvero?_di SIMPLICIUS

SITREP 7/6/24: Si costruisce la narrativa secondo cui Putin è disperato per porre fine al conflitto – Lo è davvero?

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI NON COPRONO NEMMENO UN TERZO DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO

La visita di Orban a Mosca ha infiammato il serraglio politico europeo questa settimana. L’istrionico teatrino è stato messo in piena mostra, mentre il coro di cugini e cuginette catturati si è messo a cantare in un’atmosfera di zoppicante futilità:

Da parte sua, Orban ha affermato che Putin è un negoziatore assolutamente razionale:

Ma la narrazione prevalente che ora ha travolto il commentario e la sfera di propaganda dei media è che la Russia sta disperatamente spingendo per la fine del conflitto. Ovunque si guardi, Putin viene caratterizzato come se stesse praticamente implorando un cessate il fuoco. Nelle ultime settimane, un comunicato stampa dopo l’altro è stato incentrato sul fatto che la Russia si sta avvicinando a una cessazione delle ostilità, con i vari discorsi e le parole di Putin utilizzati a sostegno.

Ma quanto è vero?

Sono qui per dirvi senza ambiguità che si tratta di un totale depistaggio.

Nessuna volta Putin ha tirato in ballo cessate il fuoco o negoziati – in tutti i casi sono gli altri a spingerlo sull’argomento, e lui è semplicemente costretto a rispondere in modo diplomatico. Come di recente, quando Putin ha commentato con stizza la questione nucleare, quando qualcuno gli ha chiesto perché negli ultimi tempi stesse insistendo così tanto sul concetto di guerra nucleare: Putin ha risposto che non era lui a tirarlo fuori, ma la gente continua a chiedergli delle armi nucleari durante le domande o le interviste, e lui è costretto a rispondere alle loro domande. Queste risposte vengono poi citate fuori contesto da organi di stampa gialli e clickbait per far sembrare che la Russia stia costantemente agitando per una guerra nucleare.

Allo stesso modo qui, c’è stata una serie costante di domande rivolte a Putin in ogni occasione pubblica dell’ultimo mese o giù di lì. Ne riportiamo alcune a titolo illustrativo:

Solo una settimana fa, in occasione della riunione della SCO ad Astana, Putin ha fatto diversi commenti sui cessate il fuoco e sui negoziati:

Questo è stato travisato per significare che è Putin a spingere l’argomento. Ma ciò che è stato tralasciato nei filmati troncati è che in realtà sono stati i membri della SCO a presentare una proposta di cessate il fuoco durante l’incontro, come si può vedere qui sopra.

In seguito, la stampa ha continuato a interrogare Putin sull’argomento, che è stato nuovamente costretto a rispondere:

Poi, dopo che Trump aveva recentemente fatto dichiarazioni sulla necessità di negoziare la fine della guerra “nel suo primo giorno di mandato”, Putin è stato nuovamente citato in modo errato per rispondere a questa affermazione. Gli opinionisti e la stampa hanno affermato che Putin ha detto di “sostenere il piano di Trump per porre fine alla guerra”, il che è una totale menzogna:

Prima di tutto, potete vedere voi stessi cosa ha detto Putin: non solo risponde ancora una volta alle domande dei giornalisti e non spinge lui stesso sull’argomento dei negoziati, ma si limita a fare un passo indietro sottintendendo diplomaticamente che lo sforzo di Trump è una buona cosa, ma che Putin non ne sa nulla:

Ancora una volta, si tratta di un grande nulla di fatto, distorto per spingere la narrazione che “Putin è vicino alla resa!” da parte di commentatori e ‘analisti’ della sesta colonna.

A questo ha fatto seguito la più grande notizia bomba di tutte, ripresa dai principali organi di stampa, che ha davvero rafforzato la narrazione falsificata:

Sembra tutto così autentico in quelle grandi pagine sgargianti, con le loro maiuscole audaci e perentorie. “Dev’essere vero!”, cantano all’unisono le pecore.

Ma da dove proviene questa “notizia bomba”? Da nientemeno che il più screditato propagandista ucraino, il buffone in disgrazia Dmitry Gordon:

È letteralmente l’unico “commentatore” in Ucraina preso meno seriamente dagli ucraini rispetto persino a “Lucy” Arestovich.

Dall’articolo del DailyMail sopra citato:

L’importante giornalista televisivo ucraino Dmitry Gordon ha detto di aver ricevuto i dettagli del pacchetto da “nostre fonti di intelligence”, mentre il canale Telegram russo Gosdumskaya – che sostiene di avere fonti interne a Mosca – ha riportato separatamente una serie simile di richieste di Putin.

Gordon è noto per le sue infinite bugie, tra cui quella che la Russia sarebbe crollata quest’anno, che la Crimea sarebbe stata conquistata entro l’estate e un’infinità di altre secche che nessuno prende sul serio. Il suo ultimo articolo dovrebbe essere considerato con lo stesso livello di credibilità.

Se leggete i punti salienti dell’accordo, vedrete quanto sia palesemente assurdo.

Ora vediamo di nuovo Orban venire a Mosca con lo scopo specifico di una “missione di pace”. È Orban a spingere l’iniziativa, non la Russia. Ma cosa dovrebbe fare Putin, rifiutare la visita di Orban? Naturalmente, Putin deve mantenere le apparenze per dare l’immagine che la Russia cerca la pace. In realtà, le condizioni della Russia non sono cambiate neanche minimamente – e la prova di ciò si può vedere nelle varie dichiarazioni recenti di Lavrov, Peskov, Zakharova, ecc. che continuano a sostenere che le condizioni fondamentali della Russia devono essere rispettate.

Legitimny channel lo ha sottolineato con le sue informazioni ricevute:

#ascolti
La nostra fonte riferisce che Orban ha tenuto lunghi negoziati con Putin, dove la crisi ucraina ha occupato non più del 5% del tempo, il resto del tempo ha discusso di questioni economiche e finanziarie.

Non ci sarà pace in Ucraina fino all’entrata in scena delle Forze Armate e alle elezioni negli Stati Uniti.
Ma è incoraggiante che molti siano consapevoli che ora il mondo è molto più vicino rispetto al 2022-23, in quanto i giocatori hanno iniziato a prestare maggiore attenzione agli accordi commerciali, che sono un fattore importante per dimostrare che il mondo è vicino.

Detto questo, dobbiamo riconoscere che ci sono stati almeno alcuni messaggi contraddittori da parte della Russia. Il più significativo è stato quando Putin ha dichiarato, pochi giorni prima del vertice svizzero del mese scorso, che la Russia avrebbe chiesto un “cessate il fuoco” immediato ai fini dei negoziati se l’Ucraina avesse ritirato tutte le sue truppe dai quattro nuovi territori russi di Kherson, Zaporozhye, DPR e LPR e si fosse impegnata a non aderire alla NATO. Si tenga presente che ciò sembra significare un cessate il fuoco temporaneo ai fini di ulteriori negoziati, con le condizioni di cui sopra intese come il gesto minimo iniziale che l’Ucraina dovrebbe compiere.

Dalla dichiarazione del 14 giugno:

Ma il problema è che, appena due settimane dopo, Lavrov ha rilasciato la seguente dichiarazione:

Abbiamo detto: saremo sempre pronti ai negoziati di pace, ma durante i negoziati non fermeremo l’operazione militare speciale. Abbiamo già avuto questa esperienza; siamo stati ingannati, come è successo nell’aprile 2022. – ha dichiarato Lavrov.

Quindi, ad essere onesti, dobbiamo ammettere che c’è chiaramente un conflitto nella messaggistica su questa linea. Putin è stato molto chiaro e categorico nell’affermare che sarebbe stato dichiarato un cessate il fuoco – anche se, se si ascolta il suo discorso, sembra che quello che sta descrivendo sia un cessate il fuoco temporaneo per facilitare il ritiro molto condizionato delle truppe ucraine dai territori – in modo che non vengano attaccate in modo disonorevole mentre si stanno ritirando.

Inoltre, va detto – almeno a mio parere – che Putin ha avanzato la proposta di mantenere ancora una volta gli apparenti gesti di pace, pur avanzando in realtà richieste che sapeva non essere realizzabili da Kiev. Per esempio, se si ascolta attentamente, egli afferma molto precisamente che l’Ucraina deve ritirarsi dai confini amministrativi completi delle regioni dichiarate. Che cosa significa? Significa, soprattutto, che l’Ucraina deve rinunciare completamente alla città di Kherson e a tutte le regioni periferiche.

La Russia occupa attualmente la maggior parte dell’Oblast’ di Kherson, ma l’Ucraina occupa ancora la città stessa:

Lo stesso vale per l’Oblast di Zaporozhye, l’AFU dovrebbe liberare l’enorme capitale di Zaporozhye stessa:

Si tratta di una maggioranza di quasi 1 milione di abitanti, settima città più popolosa dell’Ucraina, dopo Kiev, Kharkov, Odessa, Dnipro, Donetsk e Lvov. Ha quasi il doppio della popolazione di Sebastopoli, per intenderci. Quante possibilità ci sono, secondo voi, che la struttura di potere dell’Ucraina permetta mai l’abbandono totale di una tale città?

Ora, con questo in mente, rivalutate la proposta di Putin.

Anche l’ultimo rapporto di ISW dice che Putin non è seriamente intenzionato a negoziare:

Inoltre, ricordate cosa ha detto Putin qui, che in un certo senso mina i suoi precedenti:

Egli afferma essenzialmente di non essere interessato a nessun cessate il fuoco “temporaneo” che permetta all’Ucraina di riarmarsi, come i protocolli di Minsk e simili. Ora sappiamo che sarebbe aperto solo a una fine della guerra che cambierebbe totalmente il paradigma e che includerebbe necessariamente la riformulazione dell’intera architettura di sicurezza europea.

E infatti, nel suo nuovo incontro con Orban, ha nuovamente citato questo aspetto:

Quindi, per come ho inteso la sua precedente dichiarazione, se l’Ucraina accedesse alle richieste di rimozione di tutte le forze militari dalle quattro regioni, la Russia si atterrebbe a un cessate il fuoco temporaneo come atto d’onore per consentire il ritiro delle forze. Poi, Putin probabilmente valuterebbe quanto l’Ucraina sia disposta a veri negoziati sulle altre condizioni principali prima di decidere se riprendere le ostilità. Ma questa è solo la mia interpretazione della parte leggermente contraddittoria della questione.

L’altra questione importante da ricordare è che il Capo di Stato Maggiore della brigata neonazista Azov, Bogdan Krotevich, ha appena minacciato Zelensky per aver anche solo lontanamente preso in considerazione qualsiasi opzione di “pace”.

Il capo di stato maggiore di “Azov” minaccia chi chiede di fermare la guerra al fronte

Ha scritto su X/Twitter:

Nessuna pace senza vittoria. Vittoria significa non avere un solo soldato russo in territorio ucraino. Non lasceremo questa guerra ai nostri discendenti, e non lo farete nemmeno voi, perché se ci provate, sarà un male per voi e per loro. Se questo è un “test”, non pensateci nemmeno.L’ho scritto con calma.

Sarebbe meglio convocare i comandanti di brigata per una riunione, dare ad Azov armi occidentali, creare divisioni e mettere al comando comandanti di brigata esperti in battaglia come Radis. Sciogliere le Unità Tattiche Operative e ridurre il numero di generali nelle truppe: questo è il vostro piano per la pace attraverso la vittoria”.

Krotevych non ha specificato a quale “prova” si riferisse, ma a giudicare dal contesto, intendeva una dichiarazione di un analista politico vicino all’ufficio di Zelensky, Fesenko, che ha affermato che la guerra potrebbe essere fermata e i territori “restituiti in seguito”.

I media ucraini avevano già riferito che in Ucraina si era verificata un’escalation di tensioni tra le autorità e gli attivisti filo-occidentali, nonché tra i vertici militari e i soldati delle unità di alto profilo delle Forze Armate e della Guardia Nazionale, create sulla base di organizzazioni nazionaliste.

Come avevamo già scritto tempo fa, Zelensky è tenuto in punta di spada quando si tratta di portare avanti il resto del conflitto. È quindi di fatto intrappolato tra l’incudine e il martello, dato che le pressioni per capitolare diventeranno a un certo punto insopportabili, mentre le pressioni opposte – pena la morte – per continuare lo schiacceranno.

E poi c’è questa analisi finale che va alla radice delle cose e che si accorda con il taglio della mia tesi di cui sopra. In sostanza, propone l’idea che Putin stia giocando a fare il guastafeste con tutte le affettazioni di pace per dipingere Zelensky come un guerrafondaio deciso a continuare il conflitto:

Il Cremlino gioca a fare il partito diplomatico per screditare l’Ucraina

Le visite di Orban (il principale amico di Putin in Europa) dovrebbero sbiancare la reputazione del leader russo e mostrarlo “come un pacificatore”, che ha abbastanza responsabilità per portare a termine la sanguinosa guerra.

L’Ucraina, che ha abbandonato le condizioni del leader ungherese, sembra ora quasi l’unico promotore della continuazione delle ostilità. I leader di Turchia, India e Cina sono da tempo solidali con la posizione della Federazione Russa. E la performance di Orban ha dato loro un altro argomento a favore del sostegno a Putin.

Se la poltrona presidenziale per i Democratici verrà mantenuta, la Russia potrebbe iniziare una nuova grande fase della guerra, a partire dal rifiuto di Kiev di andare ai colloqui di pace.

In caso di arrivo di Trump, troveremo un probabile contratto che andrà bene a tutti, tranne che all’Ucraina.

Ancora una volta, il team di Zelensky dà prova di acrobazia diplomatica, aiutando i nemici dell’Ucraina ad avanzare per i loro obiettivi geopolitici…

L’unica riga sopra ci fa intravedere una potenziale risoluzione del conflitto:

In caso di arrivo di Trump, troveremo un probabile contratto che andrà bene a tutti tranne che all’Ucraina.

È possibile che si svolga come segue:

Trump entra in carica e usa il suo promesso ariete di minacce contro la NATO per piegare l’alleanza al suo volere, minacciando di disinnescarla o di far uscire gli Stati Uniti dall’alleanza, il che la distruggerebbe di fatto.

In questo modo, potrebbe potenzialmente costringere l’Europa ad accettare questa nuova architettura di sicurezza europea che Putin sta cercando, che sarebbe una nuova sorta di sistema di garanzie westfaliano. Come si risolverebbe il conflitto ucraino?

In primo luogo, Putin insisterebbe – come ha fatto – sul fatto che Zelensky è illegittimo e che non è possibile firmare alcuna garanzia con lui. Ciò provocherà lotte di potere all’interno dell’Ucraina, esacerbate dalle pressioni statunitensi, che porterebbero all’estromissione di Zelensky, che verrebbe sostituito da qualcuno più gradito sia a Putin che a Trump. Ciò sarebbe ovviamente favorito dai gruppi nazionalisti già citati, che arriverebbero comunque a eliminare Zelensky. Alcune delle questioni territoriali più spinose verrebbero probabilmente risolte attraverso un rinvio, come già discusso in passato; ad esempio, l’Ucraina può rivendicare legalmente alcune cose dopo un determinato periodo di 15-20 anni, e cose di questo tipo.

Se una di queste soluzioni si scontra con ostacoli, l’Ucraina continuerà a perdere sempre di più.

L’argomento opposto è quello secondo cui la Russia non può lasciare l’Ucraina in nessun caso, e deve continuare almeno fino alla cattura di Kharkov, Odessa, o addirittura di Kiev e dell’intero Stato. Questa è ancora una possibilità, come ho detto, soprattutto se una qualsiasi delle condizioni sopra citate dovesse crollare. Tuttavia, se tutti i tasselli della diplomazia dovessero andare a posto entro l’anno prossimo, con tutti i leader giusti eletti con successo e in carica, allora la pressione per la diplomazia potrebbe essere troppo forte perché Putin possa rifiutare, soprattutto se l’accordo è per lo più favorevole alla Russia, come nel caso dell’esempio precedente.

Ricordiamo che una delle condizioni dichiarate dalla Russia per qualsiasi pace è anche la revoca di tutte le sanzioni. Immaginate che tutte le oltre 20.000 sanzioni vengano revocate dal Paese più pesantemente sanzionato del mondo. Ci sono due possibilità:

  1. L’economia russa esplode in condizioni inimmaginabili e utopiche, raggiungendo il terzo posto nel mondo in pochi anni.
  2. Quello più probabile: la cabala globale con un profondo odio ancestrale per la Russia non permetterà mai una cosa del genere, e come tale qualsiasi trattato in questi termini sarebbe irrealistico per cominciare.

Come pensate che accadrà? Ecco il parere dell’Europa:

E un interessante sondaggio che rivela il sentimento degli stessi ucraini: la maggioranza preferirebbe perdere il territorio ma mantenere la sovranità piuttosto che il contrario:

Numeri pessimi per la propaganda, che sta cercando di convincere tutti della necessità di combattere fino alla fine, nonostante le perdite e le perdite.

Il 45% degli ucraini è d’accordo con la perdita dei territori occupati dalla Federazione Russa in cambio della “libertà di scelta” di aderire alla NATO e all’UE, mantenendo l’esercito e l’indipendenza, secondo un sondaggio del Consiglio europeo per le relazioni estere.

▪️il 26% preferirebbe restituire il territorio occupato, ma accettare la smilitarizzazione, lo status di neutralità e l’impossibilità di aderire all’UE e alla NATO.

▪️il 29% degli intervistati non sa cosa sia meglio.

L’AFU continua ad avere enormi problemi sul fronte, con unità che sempre più apertamente strillano nei forum pubblici su come tutto stia crollando intorno a loro.

Alcuni esempi dell’ultimo giorno o due.

Si è parlato molto di questa unità ucraina, che è stata confermata come pienamente autentica dai commentatori pro-UA:

“Amici per favore diffondete la parola. Ora abbiamo un grosso problema con il 206 battaglione. Si sta riducendo in polvere. Un sacco di 200 e 300. I combattenti forti vengono gettati come carne da macello…”

Un altro soldato ucraino esprime il suo cupo fatalismo:

Jihad Julian commenta i recenti sfondamenti di Toretsk e le continue avanzate di Vovchansk da parte delle forze russe:

In un nuovo ridicolo video Zelensky sostiene che l’Ucraina ha più di una dozzina di brigate in riserva, ma…non hanno armi: 

È come se la Wehrmacht nel 1945 dicesse “abbiamo il desiderio di vincere ma…”.

Egli stesso nota che le brigate sono sotto organico. In secondo luogo, recenti fughe di notizie affermano che gran parte delle “riserve” di nuova generazione vengono chiamate “brigate fantasma” o unità fantasma, dato che sono “brigate” solo sulla carta, e in realtà sono solo un’accozzaglia di compagnie spezzettate, o un battaglione o due.

Il deputato tedesco del partito AfD, Maximilian Krah, lo dice meglio qui:

MEP Maximilian Kra:

Cosa mi aspetto? Altre perdite ucraine, per quanto possa sembrare cinico. Ma siamo in guerra. E le perdite sono così grandi che ci stiamo avvicinando alla soglia del 30% della popolazione in grado di prestare servizio militare. Esiste una regola internazionale secondo cui se si perde il 30% della popolazione in grado di prestare servizio militare, la guerra finisce.Per due motivi.

In primo luogo, la popolazione non crede più nella vittoria, ma vuole salvare vite umane. I politici dicono che se sacrifichiamo ancora più giovani adesso, la sopravvivenza del nostro Stato sarà a rischio perché la popolazione si sta esaurendo. Immagino che quest’anno l’Ucraina avrà problemi di leva e quindi l’approvazione interna per la guerra calerà. In secondo luogo, la superiorità militare dei russi è così grande che persino voi capite che non c’è alcuna possibilità di vittoria. A questo proposito, sta aumentando la pressione per raggiungere in qualche modo un accordo all’interno dell’Ucraina.

D’altra parte, l’Occidente, in base alla sua logica, non può accettare la pace, perché sarebbe una sconfitta per lui. Pertanto, cercherà di continuare la guerra almeno fino alle elezioni presidenziali americane. Ma una volta terminate le elezioni presidenziali americane, si aprirà uno spiraglio per i negoziati di pace.

L’altra grande attenzione continua ad essere rivolta alla rete elettrica dell’Ucraina, con molte discussioni che ora si svolgono in Ucraina stessa.

Ecco la giornalista ucraina ed “esperta di sicurezza” Maria Avdeeva, in collegamento dal suo appartamento di Kharkov:

La sua sezione commenti è piena di altre conferme aneddotiche:

Altre notizie:

Una notizia terribile da Krivoy Rog:

Comunicato stampa di ArcelorMittal Krivoy Rog di oggi. Finalmente, sembra che il degrado della rete elettrica abbia raggiunto un livello critico. Dicono di non poter operare alla capacità attuale se sono obbligati a importare l’80% dell’elettricità, a causa dei costi dell’energia.

Un rapporto di Legitimny afferma che se la distruzione della rete elettrica continuerà, l’Ucraina sarà sottoposta a un blackout permanente di 8-12 ore al giorno per i prossimi anni:

La nostra fonte riferisce che se la guerra continuerà fino alla primavera del 2025, i problemi del settore energetico ucraino saranno risolti solo nei prossimi dieci anni e soggetti a miliardi di investimenti, e gli ucraini dovranno vivere in un terribile deficit di e / e per il 2024.25,26 anni con blackout costanti di 8-12 ore al giorno.

Inoltre, la fonte, sulla base di previsioni di esperti, indica che nei prossimi 3 anni il prezzo dell’e / e per la popolazione dell’Ucraina aumenterà del 300-400%.
Ora il prezzo è di 4,32 UAH per 1 kW, ed entro il 2026 salirà a 15 grivne per 1 kW/h.

I prossimi 3 anni nel Paese saranno “inverno nero”, e le conseguenze per le infrastrutture abitative e dei servizi comunali possono essere disastrose.

Persino Rob Lee è costretto a coprire l’imminente catastrofe:

Alcune notizie varie:

Un generale dei Marines americani è stato trovato “morto”:

È interessante notare che, secondo i rapporti, si trovava solo in Ucraina. Alcuni giorni fa sono stati segnalati voli statunitensi in partenza dalla Polonia, i tipici voli che trasportano i mercenari occidentali dopo gli attacchi russi. Una coincidenza?

Ora la sua morte è stata messa a tacere:

Quando è stato chiesto, l’NCIS non ha rivelato le modalità della morte di Mullen.

C’è stata un’ondata di attacchi russi a lungo raggio, compresi quelli sui punti di schieramento – molti dei quali su Odessa di recente, per esempio. È molto probabile che questo generale sia stato visitato dal dottor Ken Zhal per il suo ultimo controllo.

Se la situazione non fosse già abbastanza grave per gli Stati Uniti, è saltato in aria un altro impianto di difesa che, secondo quanto riferito, si occupa della produzione di Javelin e di altri missili:

Il comandante della 116ª Brigata ucraina è morto in direzione di Kupyansk:

E un altro noto ufficiale dell’AFU è diventato piuttosto avvilito:

Vi lascio con l’ultima toccante dichiarazione dell’analista russo Older Eddy:

Diremo una cosa. Più il potere e i suoi cani spingono il popolo ucraino a combattere, più grande sarà il crollo. A un certo punto, il fronte semplicemente si spolperà, perché l’80% dell’esercito sarà composto da chi non vuole combattere, o è stanco, o è deluso.
È come costruire una casa, ma facendo il cemento per le pareti e le fondamenta secondo la formula di 12 sacchi di sabbia per 1 sacco di cemento. Per qualche tempo rimarrà inattiva, dopodiché “comincerà ad addormentarsi”, e se ci sarà un minimo “terremoto”, semplicemente crollerà. Così nella situazione della Zemobilizzazione e delle Forze Armate.

Questa è una bomba ad orologeria.


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Russia, Ucraina, il conflitto 63a puntata! Il tempo delle scelte Con Max Bonelli e Cesare Semovigo

La situazione sul fronte ucraino, con ogni evidenza sfavorevole a Zelensky e soci, impone ormai delle scelte non prorogabili. Putin ha chiesto direttamente a Trump di chiarire quali potrebbero essere i termini di un accordo. Un disconoscimento di fatto della presidenza di Biden, ma anche il segnale esplicito che ogni tregua o interruzione dei combattimenti deve corrispondere ad una reale intenzione di addivenire ad un accordo generale con tutte le garanzie necessarie. Nessuna pausa prima delle elezioni statunitensi; nessuna tregua che consenta al regime di Zelensky di riprendere fiato e continuare a sacrificare il popolo ucraino sull’altare delle mire della NATO. Una situazione di crisi incipiente il cui prodromo più evidente sono le fibrillazioni dei valletti europei nei confronti della iniziativa di Orban a Mosca. Sarà anche latore di qualche messaggio discreto di Trump a Putin? Ringrazio, intanto, Cesare Semovigo per la sua partecipazione, per la scrittura della sigla e per il sapiente montaggio del filmato. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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La politica dell’esaurimento_di AURELIEN

La politica dell’esaurimento.

E l’esaurimento della politica.

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E fu così che, qualche decennio fa, ero seduto al Cavern Club ad assistere all’esibizione dei Beatles.

Ora, se ve lo state chiedendo, non è stato perché i miei genitori, straordinariamente indulgenti, hanno permesso a un bambino piccolo di andare a Liverpool da solo. Il Cavern Club non era a Liverpool e nemmeno in Inghilterra. Era in Giappone, più precisamente a Roppongi, uno dei principali quartieri del divertimento di Tokyo, e la band era composta da un gruppo di giapponesi che probabilmente non erano nemmeno nati quando i Beatles suonavano a Liverpool.

Ma ciò che mi colpì davvero – e per cui ricordo quella serata così tanti anni dopo – fu che i quattro giovani erano assolutamente perfetti: non solo assolutamente fedeli a ogni nota e parola suonata e cantata, ma anche a ogni gesto, persino alle acconciature e ai vestiti che indossavano. Posso solo immaginare le ore che devono aver trascorso guardando esibizioni dal vivo, ascoltando dischi ed esercitandosi senza sosta. Non si trattava di una cover band, e nemmeno di una tribute band, ma di una vera e propria ricreazione dei Beatles con dettagli allucinanti.

Se avete un po’ di dimestichezza con la cultura giapponese e la sua attenzione ossessiva per i dettagli, questo non vi sorprenderà: l’idea della ricreazione letterale e perfetta del passato è molto potente. Dopotutto, il santuario shintoista più famoso del Giappone, quello di Ise, viene demolito e ricostruito con identici dettagli ogni vent’anni, il che porta all’affascinante domanda filosofica se si tratti effettivamente dello “stesso” edificio. Allo stesso modo, nel teatro Kabuki, i ruoli e persino i nomi vengono tramandati di padre in figlio, per garantire che nulla cambi mai.

Questo è un modo di affrontare il passato: la conservazione e il recupero. Ha una sua logica e una sua validità in tutte le società. Un’alternativa è guardare al passato come fonte di ispirazione per creare qualcosa di nuovo. Qui discuterò entrambe le tendenze, ma sosterrò anche che la società occidentale moderna in realtà non fa nessuna delle due cose. In tutto, dalla politica alla cultura, il “passato” è ridotto a materia prima, da elaborare e sfruttare per guadagni politici e finanziari. Spesso questo comporta il rifiuto totale del passato reale, o la sua costante riscrittura per servire le agende del potere. In una situazione del genere, suggerisco, il disconoscimento del passato, o la sua riduzione a materia prima per lo sfruttamento politico e finanziario, impedisce di fatto lo sviluppo di qualcosa di veramente nuovo. Socialmente, politicamente e culturalmente, quindi, siamo bloccati in un solco e possiamo solo girare in tondo all’infinito, cercando disperatamente nuove e più estreme variazioni.

Alla fine, questo si trasforma inevitabilmente in una caricatura: in Occidente non abbiamo la politica, ma una caricatura della politica, una satira cooperativa sulla politica interpretata non da politici ma da attori che interpretano politici, piena di ironia autoreferenziale e di cinica manipolazione di simboli e slogan della politica del passato, quando le parole significavano davvero qualcosa. Ora ci restano solo la politica e la cultura dell’esaurimento. Niente “significa” più nulla, tutto è riciclato all’infinito.

Come ho suggerito, esistono due tipi di relazioni sane con il passato. Il primo è la conservazione, la riscoperta e la ricreazione. A volte questo avviene su larga scala. Per esempio, la nostra conoscenza della cultura dell’Antico Egitto deriva in larga misura dal lavoro degli archeologi europei del XIX e XX secolo, che hanno recuperato frammenti di tesori inestimabili da discariche e da metri di sabbia, li hanno restaurati faticosamente e hanno imparato a leggere le lingue delle iscrizioni. Quello che si vede al British Museum, per esempio, è letteralmente una ricostruzione degli originali, a partire dai pezzi che è stato possibile trovare. Allo stesso modo, i praticanti dell’archeologia sperimentale oggi cercano di risolvere le questioni sul passato attraverso esperimenti pratici  con strumenti e materiali dell’epoca.

Lo stesso approccio si applica anche a un livello più intimo. Ad esempio, uno dei grandi sviluppi culturali positivi del mio tempo è stata la riscoperta e la divulgazione delle tecniche e degli strumenti della musica antica, e in molti casi delle opere stesse. Al giorno d’oggi, nessuno si aspetterebbe di sentire i Concerti di Brandeburgo suonati da un’orchestra moderna, come accadeva fino agli anni Sessanta, o la Passione di San Matteo con un coro completo. Interi mondi musicali perduti sono stati quasi letteralmente scavati, spesso da manoscritti conservati nei musei. Ad esempio, grazie all’opera di William Christie e Les Arts florissants è ora possibile vedere le opere di Lully e Rameau, dimenticate per secoli, così come dovevano essere messe in scena. Allo stesso modo, dagli anni Sessanta in poi, la musica tradizionale di tutti i tipi è stata riscoperta e salvata dalle atrocità commesse dai cori scolastici e dai compositori di formazione classica benintenzionati.

Eccetera. All’interno di questo approccio, deve esserci anche una certa umiltà e un riconoscimento pratico del famoso detto di LP Hartley: “Il passato è un altro paese: lì fanno le cose in modo diverso”. Molti dei nostri attuali problemi culturali derivano dall’aver ignorato questo monito, trattando figure del passato come se fossero nostre contemporanee e presumendo di sedersi a giudicarle, senza considerare, forse, che un giorno il futuro potrebbe sedersi a giudicarci. Questa incapacità di comprensione – che viene definita “presentismo” – non è nuova, naturalmente. Basti pensare alla “correzione” di Re Lear nel XVIII secolo, o alla riscrittura o alla censura di Shakespeare nel XIX secolo per adattarlo a un’epoca più raffinata e moralmente sviluppata. Ma di recente sembra che la cosa sia sfuggita al controllo.

Il secondo (e talvolta complementare) tipo di relazione sana è il dialogo con il passato, che serve in vario modo come ispirazione, punto di riferimento e qualcosa a cui opporsi. Ciò è più evidente nell’area della cultura nel suo senso più ampio, dove artisti e pensatori prendono dal passato e reagiscono a esso, come TS Eliot ha descritto in Tradizione e talento individuale, e come aveva esemplificato in The Waste Land, che stava scrivendo più o meno nello stesso periodo. Movimenti culturali “moderni” come il surrealismo, la filosofia analitica anglosassone o la musica atonale possono essere compresi solo in termini di ribellione contro il clima intellettuale in cui sono cresciuti i loro esponenti. (E il fatto che nessuno di questi movimenti possa essere definito “moderno” al giorno d’oggi è di per sé interessante).

Ma si applica anche alla teoria e alla pratica politica. Fino a poco tempo fa, i movimenti politici avevano una storia, un’iconografia, dei martiri e lo sviluppo delle idee. Avevano conquiste da ricordare, controversie che suscitavano ancora forti sentimenti, lotte interne che si preferiva dimenticare, grandi figure e grandi cattivi, eroi e traditori. I partiti politici di massa della sinistra, in particolare, avevano un’iconografia che assomigliava a quella di una religione organizzata. (Ricordo ancora le vetrate dell’Università Humboldt in quella che era stata Berlino Est, trent’anni fa, con scene della vita di Marx e Lenin). Ma tutti i principali partiti politici avevano storie, culture e tradizioni ereditate. Oggi hanno agenzie pubblicitarie.

Le organizzazioni fanno lo stesso: non a caso, ad esempio, le forze armate di tutto il mondo coltivano le tradizioni, le unità e le navi al loro interno mantengono gli stessi nomi per decenni e generazioni, e alle nuove reclute vengono insegnate la storia e le tradizioni dell’unità a cui si sono unite. È sorprendente, ma non inaspettato, che le forze armate russe abbiano riportato in auge gran parte dell’iconografia dell’Armata Rossa durante la guerra in Ucraina.

Finché esiste un’interazione tra il passato e il presente, le società e le organizzazioni mantengono la possibilità di cambiare, adattarsi e svilupparsi. Una volta che il passato viene dimenticato o soppresso, le società tendono ad andare in modalità automatica, persino verso la decadenza e la caricatura, non sapendo più cosa stanno facendo o perché. Ma viviamo in società occidentali che hanno pienamente assimilato il disprezzo liberale per la storia e il passato e l’esaltazione del presente immediato. Il problema è che il liberalismo, con il suo feroce individualismo e il suo amore per le regole, le leggi, le norme e i calcoli sull’efficacia dei costi, non fornisce alcun quadro intellettuale o morale per lo sviluppo sociale collettivo, se non sotto forma di un individualismo sempre più aggressivo, in qualche modo mediato da leggi e regole sempre più dettagliate e complete. L’unico modo per valutare la cultura è quanto si vende. L’unica misura del successo in politica è il potere acquisito.  E non si può mantenere una società su queste basi, tanto meno svilupparla. Il risultato è che la caricatura è diventata il normale mezzo di espressione perché è tutto ciò che la gente sa fare.

Forse è sempre stato inevitabile. Non è mai stato molto chiaro che cosa il liberalismo pensi effettivamente della vita per, o quali obiettivi, se ce ne sono, dovremmo avere a parte l’aumento della nostra ricchezza personale e del nostro potere. “Libertà”, il grande grido liberale fin dall’inizio, è riconosciuto come uno slogan vuoto se non si hanno i mezzi pratici per goderne. E comunque, cosa facciamo con la nostra “libertà”? (È sorprendente che quasi tutte le figure culturali chiave del XIX secolo fossero quelle che oggi chiameremmo “reazionarie”. Alcuni erano socialisti, ma nessuno di loro era liberale). .

Per esempio, l’anno uno della Rivoluzione francese (1792, come lo chiameremmo noi) rappresentò più dell’abolizione della monarchia e della fondazione della Repubblica, ma un nuovo inizio per l’intera razza umana. Il passato di tradizioni, religione, storia, cultura e superstizione doveva essere spazzato via, per essere sostituito da un nuovo mondo scintillante di decisioni razionali. Le leggi avrebbero sostituito le usanze, la scienza le superstizioni, la luce le tenebre. L’aspetto interessante è che, in assenza di un’efficace opposizione politica a Parigi, i liberali semplicemente non sapevano quando fermarsi. Il sistema metrico, ovviamente, è una cosa meravigliosa e l’adozione del sistema centigrado divenne permanente. Ma per contro, il giorno decimale (dieci ore di cento minuti ciascuna di cento secondi) durò solo fino al 1800. Questo sarebbe stato il modello per il futuro. Alla fine, l’antico si è riaffermato: la Garde Royale è diventata la Guardia Repubblicana di oggi, e ancora oggi il Presidente presiede il Consiglio dei Ministri il mercoledì, proprio come facevano i re.

Ciò che è cambiato nell’ultima generazione o giù di lì è l’assenza di pressioni di contrasto. In passato, le strutture politiche e sociali erano molto meno omogenee di oggi. Ma certo, direte voi, diversità, inclusività bla, bla? Sì, ma c’è diversità e diversità. La diversità superficiale di genere e di colore della pelle, ad esempio, per quanto i suoi sostenitori si aspettassero grandi cose da essa, ha semplicemente reso più superficialmente varia una classe politica sempre più monotona. In passato, le diverse tendenze, anche all’interno dello stesso partito politico, dovevano essere in qualche modo conciliate. C’era un limite a quanto un partito politico (o un movimento sociale o culturale) potesse spingersi senza incontrare opposizione. Il partito politico medio di allora era un mix di estrazione sociale, istruzione, origini locali e professioni, oltre che di opinioni divergenti.  I partiti politici di oggi sono più simili a gruppi di gioco in cui i bambini competono per chiedere attenzione, ma non sono fondamentalmente in disaccordo tra loro. Così gli “antirazzisti” hanno i loro giocattoli, gli “antisessisti” hanno i loro giocattoli, gli ambientalisti, i transessualisti e altri hanno i loro. Il risultato è che tutti gridano più forte che possono, ma non c’è alcun controllo della realtà, se non la competizione per attirare l’attenzione e mettere in difficoltà il proprio rivale.

Così, i partiti degenerano in coalizioni instabili di politici che dicono cose diverse e spesso contrastanti. È una regola universale che tutti i movimenti politici e culturali finiscano per diventare la caricatura di se stessi, a meno che non intervenga una forza esterna, e in effetti è quello che vediamo ora. Quando questo si combina con il disprezzo per la storia (o anche solo per la conoscenza della storia) e con l’abitudine del liberalismo di ragionare a priori partendo da principi arbitrari, allora la caricatura diventa la norma.

Se il carrierismo è sempre stato una caratteristica della politica, nella maggior parte dei Paesi si è mescolato a principi di qualche tipo. Questi potevano essere discutibili (difesa del potere costituito, ad esempio) o puramente identitari (rappresentanza di gruppi etnici o religiosi), ma in molti casi riflettevano anche un genuino orientamento alla vita e alla politica. Il grande leader del Partito Laburista britannico Hugh Gaitskell era figlio di un ricco industriale, ma fu convertito al socialismo dalla povertà che vide intorno a sé in gioventù. Non era raro che le carriere politiche iniziassero in questo modo, o che venissero plasmate dalle pressioni di eventi esterni. In Paesi come la Francia e l’Italia, queste pressioni potevano essere molto forti: dalla strada, dai sindacati, dalle forze della reazione e da altri.

Tutto questo ora non c’è più, ovviamente. L’eliminazione di ogni significato dalla politica ha prodotto una professione ordinata, sterile e liberale di ricerca del potere tecnocratico, in cui i dibattiti vertono solo su punti di dettaglio e in cui la politica è ora tutto sul potere individuale e, in molti Paesi, sulla ricchezza. Come si fa a fare carriera in un mondo politico in cui la gamma di opinioni ammesse è così ristretta? Anche quando ci sono occasionalmente differenze genuine tra i partiti, queste tendono a essere piccole e in gran parte retoriche, e all’interno di ciascun partito le espressioni consentite di queste differenze sono strettamente controllate.

Ebbene, se volete distinguervi dal resto del vostro gruppo di gioco, dovete fare rumore e, se necessario, chiedere nuovi giocattoli o rompere quelli esistenti. Così è diventata una convenzione, ben illustrata dalle varie campagne elettorali in corso, il fatto che non si discutano le questioni più importanti, ma che i partiti si accaniscano su quelle più banali. In altre parole, la politica è diventata una caricatura, perché la caricatura è sicura. E poiché alla fine nulla di tutto ciò ha importanza, non importa fino a che punto ci si spinga nella caricatura. Soprattutto in questi giorni di social media, il modo per fare carriera è farsi notare, il che spesso significa assumere una posizione più intransigente ed estrema di quella del prossimo. In una democrazia tradizionale, questo sarebbe negativo per la carriera, ma nei sistemi politici odierni l’elettorato non conta: ciò che conta è la capacità di distinguersi dai propri pari.

Poiché i partiti politici sono ormai tagliati fuori da qualsiasi tradizione, come le vecchie aziende familiari rilevate da Private Equity, i loro rappresentanti non hanno norme condivise né punti di partenza per i dibattiti. La politica di oggi ha quindi un elemento di inquietante casualità, in quanto i politici si appropriano di argomenti che ritengono possano essere vantaggiosi per loro, spesso senza conoscere, o senza preoccuparsi di conoscere, le questioni in gioco. Ciò che conta è fare più rumore del proprio rivale nello stesso partito.

Questo accade soprattutto quando i politici sono impegnati in cause moralizzanti. Naturalmente le cause morali hanno sempre fatto parte della politica e saremmo peggio senza le severe convinzioni morali che hanno portato alle pensioni di anzianità, all’istruzione gratuita o ai tentativi di alleviare la disoccupazione e la povertà. Ma le cause di oggi sono moraleggianti nel senso che partono da un senso di superiorità morale rispetto al resto di noi, e i loro sostenitori cercano di avere potere su di noi, istruendoci su cosa fare. Nessun politico tradizionale intelligente avrebbe fatto una cosa del genere, ma i politici di oggi si presentano come esseri moralmente superiori, facendoci la morale sulla base di norme punitive che non hanno bisogno di essere dimostrate, o nemmeno supportate da fatti, perché sono intrinsecamente vere. Per esempio, vi sarà capitato di essere avvicinati da un militante vegano dagli occhi vitrei che vi ha chiesto cose come: “Suppongo che pensiate che sia giusto uccidere gli animali e poi farli a pezzi e mangiare i pezzi bruciati?”. La risposta ovvia (“gli esseri umani lo fanno da decine di migliaia di anni”) sarà ignorata, perché non ha senso. O la femminista militante che si lamenta della “pressione ad avere figli” senza rendersi conto che altrimenti non sarebbe mai nata.

L’abolizione del passato e l’ignoranza di un contesto contemporaneo più ampio riducono di conseguenza la maggior parte della politica di oggi a slogan e frasi fatte, incagliate in un vuoto ontologico. Questo garantisce praticamente che le questioni serie vengano ignorate o ridotte allo stesso livello superficiale. Se si potesse in qualche modo impedire alle nostre attuali classi politiche e mediatiche di pronunciare la frase “Israele ha il diritto di difendersi” o “dobbiamo sostenere l’Ucraina”, le loro bocche, e probabilmente i loro cervelli, si fermerebbero.

Di tutte le intuizioni di Orwell nel 1984, nessuna è più significativa dell’insistenza di O’Briens sul fatto che “il Partito non ha ideologia”. L’unico scopo del Partito, insiste, è il potere: un potere più grande, più perfetto, più raffinato per sempre. Tendiamo a dimenticare che 1984 è in fondo una satira e che Orwell aveva previsto, con terrificante chiarezza, come sarebbe stato un mondo con politici di professione motivati esclusivamente dal potere. L’ideologia esiste nel libro, ma solo come strumento per ottenere obbedienza. Sebbene il Partito sia una parodia o una caricatura della politica non ideologica assetata di potere, oggi sembra molto meno caricatura di quanto non fosse quando il libro fu pubblicato. Uno dei motti del Partito, ovviamente, era “chi controlla il presente controlla il passato. Chi controlla il passato controlla il futuro”  Orwell si ispirò principalmente alla riscrittura della storia sotto Stalin, ma forse non sarebbe stato sorpreso di vedere lo stesso metodo applicato nei moderni Stati occidentali, dove la riscrittura e la censura della storia sono diventate ovunque una delle principali attività dei gruppi di interesse e una fonte di aspro conflitto tra loro, in quanto cercano potere e influenza attraverso il controllo della realtà.

L’idea post-modernista della storia stessa come interamente plastica e malleabile a seconda dei gusti ideologici (che contiene ovviamente un fondo di verità) è stata abbracciata con gioia dai moderni attivisti politici. Internet ha anche permesso a intere controstorie di circolare con molto più effetto che in passato. Negli ultimi anni, ad esempio, mi è capitato di imbattermi in persone con opinioni contrarie estremamente rigide e decise su argomenti (come le origini della NATO o la costruzione degli imperi britannico e francese in Africa) per i quali, entro i normali limiti della disputa accademica, i fatti sono noti e i documenti e le memorie e le controversie dell’epoca sono stati tutti studiati. In genere, però, non sapevano dire su dove si basavano le loro opinioni eterodosse: le avevano avute da qualcuno che le aveva avute da qualcuno, che… La costruzione di interi sistemi di contro-conoscenza è oggi estremamente facile e si presta facilmente, ovviamente, a tentativi di controllo politico.

Non è un fenomeno del tutto nuovo, ma sembra essere stato massicciamente facilitato da Internet. In un libro innovativo a> una decina di anni fa, due politologi americani dimostrarono che molto di ciò che la gente pensava di sapere su argomenti come il traffico di esseri umani o le vittime in guerra, soprattutto per quanto riguarda i numeri, non era esagerato o soggetto a controversie, ma semplicemente fatto.In altre parole, nessuno era in grado di scoprire da dove provenissero le accuse e i presunti numeri. Tuttavia, in molti casi, l’uso di questi presunti “fatti” ha reso gruppi, istituzioni e governi più potenti di quanto sarebbe stato altrimenti. Come rifletteva Winston Smith alla sua scrivania nel Ministero della Verità, non c’era niente di più facile che inventare le cose, soprattutto se poi si aveva il potere di imporle come verità. E i nostri orizzonti storici sembrano accorciarsi sempre di più. Forse un decennio dopo la crisi del Kosovo del 1998-9, ricordo di aver letto un articolo di un ambasciatore della NATO dell’epoca che osservava con disinvoltura che la campagna di bombardamenti della NATO era stata provocata dall’espulsione dell’etnia albanese in Macedonia, mentre, come lui o lei avrebbe certamente saputo all’epoca, era vero il contrario. A quanto mi risulta, questa è la versione “autorizzata” della vicenda oggi. Ma anche più recentemente,  mi è capitato di imbattermi in articoli polemici, ad esempio sulle origini della guerra civile siriana, la cui unica fonte sembra essere stata altri articoli polemici, e le cui tesi di fondo sono minate da storie dei media che gli stessi autori devono aver letto all’epoca.

Ma questa non è solo un’altra lamentela sulla disinformazione e sulla censura. Sono molto più interessato alle conseguenze. Nel romanzo, alla fine ci rendiamo conto che è O’Brien, e non come insiste Winston Smith, a essere pazzo. Anzi, è l’intero Partito Interno, e forse l’intero governo di Airstrip One, a essere pazzo. L’insistenza di O’Brien sul fatto che non esiste una conoscenza oggettiva (Orwell aveva una macchina del tempo, ci si chiede?), che il passato e il futuro non esistono, che la realtà è creata dal Partito e che le stelle, per esempio, potrebbero essere facilmente tirate giù dal cielo, non sono una base solida per gestire un paese e affrontare problemi reali, per non parlare delle guerre. (È difficile immaginare che un regime che si comporti davvero come il Partito sopravviva a lungo). Naturalmente, essi evidenziano l’intento satirico del romanzo, ma rappresentano anche lo stato finale caricaturale di processi già in atto all’epoca di Orwell e ben visibili nella nostra. In effetti, sono in un certo senso il logico prodotto finale di un’ideologia che rifiuta e distrugge tutta la storia, la cultura e la tradizione, lasciando al loro posto solo delle ipotesi casuali a priori .

E in effetti, anche se i politici di oggi non assomigliano molto a O’Brien (non hanno la sua intelligenza, per esempio), condividono la sua convinzione solipsistica che il mondo giri intorno a loro e al loro partito, che loro capiscano tutto e che se non capisci perché loro hanno ragione e tu torto, tanto peggio per te. Dopo tutto, il mondo politico moderno è pieno di “consiglieri” e “consulenti”, la cui funzione principale è quella di rafforzare la narrazione e di dire al leader del partito che ha ragione, anche se non è chiaramente così.

Così la Francia sembra oggi avviata a una grave crisi politica perché un presidente molto antipatico ha pensato di poter spaventare lo stupido elettorato per indurlo a votare per lui come alternativa al “caos”. Ora sta disperatamente protestando che l’Assemblea Nazionale populista-sovranista è “alle porte del potere”, e la risposta ovvia e immediata è: Chi li ha messi lì? Nessuno ti ha obbligato a indire le elezioni, cretino.Ma questa è l’azione di un politico che non solo è relativamente giovane e inesperto, ma si è consapevolmente allontanato da tutta la tradizione e la cultura francese, che non capisce e non ama il popolo francese. Qualsiasi politico degli anni Cinquanta avrebbe potuto dirgli che identificare gli undici milioni di francesi che hanno votato per la RN e i suoi alleati come estremisti e nemici del popolo potrebbe non essere un’idea saggia.

Allo stesso modo, si può immaginare uno sfruttamento più cinico del passato che prendere il nome del Fronte Popolare, il grande governo riformatore del 1936-37 dei radicali e dei socialisti con il tacito sostegno dei comunisti, e appiccicare l’etichetta allo sgangherato, vagamente “di sinistra” Nuovo Fronte Popolare, che è tenuto insieme solo dalla paura e dall’ambizione? Riuscireste a immaginare, anche se si tratta di satira, François Hollande, che ha vinto la presidenza nel 2012, dove i socialisti erano più dominanti che in qualsiasi altro momento della storia, ha buttato tutto all’aria, non ha osato presentarsi per la rielezione e ha lasciato il candidato socialista alle elezioni del 2022 con meno del 2% dei voti, decidendo tuttavia che la situazione era così grave da doversi offrire di nuovo alla nazione come candidato parlamentare, e si vede chiaramente come futuro primo ministro? Il suono che avete sentito è quello di Satira che sbatte la porta in segno di disgusto.

Nel Regno Unito ci si gratta ancora la testa per capire perché Rishi Sunak abbia indetto le elezioni generali di questa settimana. Ma forse è solo l’ultima di una lunga serie di decisioni stupide e ignoranti, che risalgono almeno alla mezza idea intelligente di David Cameron di indire un referendum sulla Brexit senza considerare le possibili conseguenze. Dopotutto, non poteva sbagliarsi, no? Una classe dirigente incolta, narcisista e ignorante è passata dall’errore alla catastrofe con tutta l’arroganza del Partito Interno di Orwell. E, anche se di solito non parlo degli Stati Uniti, paese che non conosco bene, il grado di pura incompetenza dimostrato dalla cricca Clinton/Biden/Obama negli ultimi anni è incredibile.

Ma a differenza della situazione del 1984, qui il mondo reale vota e non gli piace quello che vede. La mentalità solipsistica, a priori, ideologica dei politici occidentali moderni, che si aggrappano a un MBA ma ignorano tutto ciò che conta davvero, potrebbe essere la fine di tutti noi.

Quindi, in assenza di fattori di contrasto e senza tenere conto del passato, tutto tende alla caricatura. Tornerò alla fine a parlare di cultura come cultura, ma ci sono alcuni esempi interessanti in altri settori. Prendiamo ad esempio lo Stato Islamico: sì, davvero. Visto in questo contesto, l’IS è in realtà una caricatura dell’Islam politico violento, che si rifà non solo alla tradizione di barbarie insensata del GIA in Algeria, ma anche a videogiochi, fumetti e forum online pieni di odio. Si è separatada Al Qaeda originariamente per la sua preferenza per l’azione indiscriminata, immediata e violenta, piuttosto che per gli obiettivi strategici, e i suoi primi leader hanno deliberatamente stabilito un “marchio” di folle crudeltà e violenza per attirare reclute lontano dal più conservatore AQ. Interviste con jihadisti, soprattutto convertiti, hanno mostrato che pochi di loro avevano una grande conoscenza dell’Islam, o della sua storia, o anche solo un grande interesse. Sono stati attratti dalla lotta da nozioni romantiche di combattimenti apocalittici e di violenza estrema. In alcuni casi, il rifiuto del passato, della cultura e del contesto più ampio è esplicito. Boko Haram, il nome informale dato ai gruppi jihadisti violenti della Nigeria settentrionale, potrebbe essere tradotto plausibilmente come “non abbiamo bisogno di istruzione”, riflettendo la loro predilezione per l’attacco alle scuole (in particolare a quelle femminili) e il massacro di insegnanti e alunni. Sebbene sia difficile generalizzare, molti di questi gruppi mostrano tendenze apocalittiche e suicide, molto più di qualsiasi credo religioso. L’Islam per Boko Haram, se vogliamo, è ciò che il socialismo è per il Partito Laburista britannico.

In Occidente, la pressione della competizione per l’attenzione e i finanziamenti dei media, la mancanza di interesse per la storia e il contesto più ampio e la mancanza di una cultura comune per il dibattito, spingono anche i movimenti politici e le campagne verso la caricatura. In questo riflettono fedelmente le dinamiche dei gruppi marxisti degli anni ’70, i loro modelli strutturali, se non sempre ideologici, che amavano proclamare “non c’è nessuno a sinistra di noi” (seguito, ovviamente, da una scissione e dalla risposta “ora c’è!”). Nello Spazio del reclamo, ad esempio, una delle cose più difficili da affrontare è la tolleranza. Cosa fate quando avete ottenuto l’accettazione che dite di cercare? Chiudete i battenti e restituite i fondi? Cosa fareste allora della vostra vita? Beh, se l’esperienza recente è una guida, cercate deliberatamente lo scontro attraverso provocazioni palesi, nel tentativo di creare nuovi nemici e quindi nuove minacce da contrastare.

In alcuni casi, questa progressione è ben visibile. Ad esempio, dal 1999 in Francia è disponibile una forma di relazione giuridica diversa dal matrimonio, il PaCS. Durante il difficile dibattito che ha preceduto la legge, la questione principale era se dovesse essere applicata alle coppie dello stesso sesso (come poi è avvenuto). I tradizionalisti e la Chiesa hanno sostenuto che ciò avrebbe inevitabilmente portato a pressioni per il matrimonio omosessuale. Sciocchezze, ha risposto con rabbia la lobby omosessuale. Si tratta di un suggerimento stupido e calunnioso degno solo dei fascisti. Nel giro di pochi anni, naturalmente, sono iniziate le pressioni per il matrimonio omosessuale, e solo i fascisti potevano essere contrari. Non credo sia necessario accusare i militanti di ipocrisia: erano semplicemente spinti dalle dinamiche della loro situazione e dalla feroce competizione nello spazio delle lamentele a essere più radicali. E ora, naturalmente, ci sono pressioni per il riconoscimento della poligamia, e per le coppie di donne che non vogliono avere rapporti con uomini per acquistare un bambino portato in grembo da un’altra donna. Si tratta di iniziative che hanno suscitato molti dibattiti in vari Paesi, ma che non potranno mai essere risolte, perché non esistono punti di partenza culturali o etici comuni per il dibattito, e in una società liberale la soddisfazione personale è l’unico criterio rilevante ammesso. La caricatura non ha nulla da temere: anzi, in un mondo perfettamente egoista, non può nemmeno esistere.

La cultura, ovviamente, è ciò che gli opinionisti amano definire un concetto “contestato”, ovvero può significare cose diverse per persone diverse. Tuttavia, la maggior parte delle culture prima di quella occidentale moderna aveva una comunanza culturale tale che anche le persone in violento disaccordo tra loro riconoscevano almeno l’oggetto della discussione. Protestanti e cattolici si scontravano ferocemente su questioni di dottrina, ma condividevano una serie di presupposti comuni. Monarchici e repubblicani si combattevano a vicenda, intellettualmente e praticamente, ma erano in grado di rispondere alle rispettive argomentazioni. La lunga e aspra lotta in Francia contro l’influenza della Chiesa in politica è stata condotta con una comprensione concordata di ciò che era in gioco, e la parte democratica e laica aveva una chiara ideologia e un chiaro senso di ciò che voleva (così come la Chiesa). Oggi, non c’è un Paese con un’ideologia coerente per affrontare il fondamentalismo islamico, che a sua volta è molto chiaro riguardo all’influenza politica che sta cercando.

Questo è sintomatico di un problema più ampio, ovviamente. Il liberalismo rifiuta la storia, la società e la cultura come anacronismi e presume implicitamente che tutti i dibattiti possano essere conclusi razionalmente: da qui la disperata ricerca di facili “indicatori” e “parametri di riferimento”. I problemi etici si risolvono con un attento esame dei testi giuridici. Ora, se da un lato ritengo che il grado di “globalizzazione” del mondo intero sia molto esagerato e sia un prodotto della scuola di analisi dell’aeroporto-taxi-inglese-albergo-e-ristorante, dall’altro è vero che in Occidente la cultura, in tutte le sue manifestazioni, ha ormai perso il contatto con qualsiasi contesto storico o sociale specifico e consiste in poco più che significanti liberamente fluttuanti e non legati a nulla di particolare. E come Olivier Roy ha recentemente fatto notare, non c’è nulla di “popolare” in tutto questo. Il liberalismo ha cercato di abolire la cultura alta, sulla base del fatto che è “elitaria”, ma ha abolito anche la cultura popolare, attraverso la globalizzazione dell'”industria” dell’intrattenimento (questa parola vi sembra strana?). La cultura di massa, che è ciò che abbiamo oggi, è essenzialmente spazzatura imposta alle popolazioni occidentali a scopo di lucro: Il “prolefeed” di Orwell”.

E la cultura di massa è ora una caricatura esaurita di se stessa: ripetitiva, autoreferenziale, tagliata fuori da tutte le sue fonti di ispirazione originarie, che produce meccanicamente variazioni banali. La musica popolare, che ha consumato se stessa per decenni, ora minaccia di diventare interamente virtuale e dominata dall’intelligenza artificiale. Volete l’album che i Doors non hanno mai registrato dopo LA Woman? Ecco qui, solo per voi. (Ascolta Rick Beato su questo). Non che la cosiddetta Alta Cultura sia messa meglio: quelli che lavorano nel teatro, per esempio, sono così lontani da qualsiasi tradizione che si agitano a caso cercando di essere “trasgressivi” e “interrogando” i testi, dimenticando che i loro predecessori lo fanno già da un secolo. Uomini che recitano parti di donne? Beh, Shakespeare l’ha fatto. Donne che recitano parti di uomini? Avete mai visto una pantomima? Come si può produrre qualcosa di “nuovo” se non si conosce e non ci si preoccupa di ciò che è esistito prima? Ricordo che un paio di anni fa ho assistito alla rappresentazione di una tragedia di Racine da parte di una compagnia di tutto rispetto. Era ambientata in quella che sembrava essere una fabbrica di cemento, e il cast era tutto vestito con tute da ginnastica. Che senso ha? Mi sono trovato a chiedere. Che cosa sta cercando di dire? Dubito che il regista ne avesse un’idea precisa.

La caricatura sta diventando il modo caratteristico della nostra cultura, e non ci rendiamo conto di quanto sia caricatura, chiusi come siamo nelle nostre piccole scatole solipsistiche, impegnati a perseguire la nostra soddisfazione. La caricatura è lo stato finale naturale della società liberale degli ultimi quarant’anni, ma è accompagnata da una specie di autismo politico narcisistico che ci impedisce di vederlo, e ancor meno di sviluppare una base comune su cui pensare e discutere. Il liberalismo ha distrutto le università e la cultura alta e popolare. Ci ha dato gli studi culturali al posto della cultura e gli MBA al posto dell’apprendimento. Ha prodotto probabilmente la classe dirigente più stupida della storia. Staremmo meglio se tutti avessero una laurea in lettere piuttosto che un master? Non lo so; ma allora le cose potrebbero peggiorare?

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I media di regime dicono l’impronunciabile, di SIMPLICIUS

I media di regime dicono l’impronunciabile

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È piuttosto scioccante ciò che sta accadendo nella politica americana in questo momento, ma solo perché processi a lungo sepolti “dietro le quinte” sono venuti alla ribalta come mai prima d’ora. I Democratici e l’establishment in generale sono in preda al panico per la crisi che ha colpito Biden. Ascoltate la franca discussione nei media di regime qui sotto, che apre gli occhi per le schiette ammissioni fatte:

Nel frattempo, l’Economist ha pubblicato un altro titolo e una copertina sbalorditivi:

In modo inaspettato, nella frase di apertura ammettono l’insabbiamento di cui essi stessi sono stati protagonisti per tutta la durata del mandato rubato:

Ricordate la loro copertura precedente:

I titoli che appaiono ora sono più scioccanti che mai: ciò che sarebbe passato per The Onion o Babylon Bee è ora la prassi delle agenzie di stampa aziendali di regime. Dalla CNN:

Due sono le rivelazioni che emergono dai recenti avvenimenti: la prima è che il regime sta usando l’attuale crisi politica solo per preservare il proprio potere e trovare modi per salvare la faccia e farsi scudo, invece di riconoscere anche lontanamente il danno totale che è stato fatto al Paese e al suo popolo da ciò che hanno provocato. Questo include il danno alla sicurezza nazionale derivante dall’avere al potere un “leader” chiaramente incapace di intendere e di volere, che hanno protetto fino ad ora. E poi c’è il fatto che hanno compromesso anni di sviluppo americano, lasciando che la società appassisse e si degradasse per mano di un sockpuppet chiaramente demente. Il Paese è stato completamente devastato da crisi storiche, dall’iperinflazione alla criminalità e alla droga, alla dilagante invasione di immigrati clandestini e molto altro ancora, e questa classe politica corrotta e auto-risparmiatrice ha consapevolmente permesso a un fantoccio di presiedere a tutto questo, incapace di fare qualcosa al riguardo.

La seconda madre di tutte le rivelazioni è la realtà, ormai apertamente dichiarata, che una “classe di donatori” oligarchica e il deepstate gestiscono effettivamente il Paese. L’ultima volta abbiamo visto Axios ammettere apertamente che il governo di Biden è stato voluto da una classe oligarchica. Ora, ovunque ci si giri ci sono titoli che descrivono la “classe dei donatori” che si riunisce in conclave segreti per discutere una strategia coordinata per allontanare Biden.

Sempre più spesso sentiamo che i “donatori” hanno deciso questo o stanno per fare quello e diventa chiaro che la cosiddetta “democrazia” con cui siamo stati ingannati è un’invenzione, e in realtà non è altro che una sorta di asta per le élite, dove ai burattini che fanno l’offerta più alta viene dato il privilegio di intrattenere miliardari come Ari Emanuel, il miliardario democratico “megadonatore” che non solo è fratello del capo di Obama Rahm Emanuel, ma è anche figlio dell’arci-terrorista Benjamin Emanuel del famigerato gruppo terroristico israeliano Irgun:

Il fatto che una camarilla segreta di donatori (leggi: oligarchi miliardari) si riunisca a porte chiuse per decidere la candidatura presidenziale degli Stati Uniti dice tutto quello che c’è da sapere su come funziona effettivamente il Paese, su chi detiene il vero potere e su quali interessi sono davvero al centro di tutte le decisioni politiche.

L’articolo del New York Magazine di oggi copre sorprendentemente la cortina di fumo orchestrata e fa alcune ammissioni scioccanti:

Leggete gli estratti da brivido qui sotto, che descrivono innanzitutto il deterioramento di Biden:

La domanda quasi troppo grande per essere posta, che ha incombuto sull’America come un asteroide di livello estintivo, viene di conseguenza sollevata: Chi è effettivamente al comando di questo paese?

Poi arriva un altro impensabile: anni di cospirazioni a livello di QAnon vengono letteralmente convalidate sulle pagine di un giornale mainstream aziendale:

“Deve esserci un gruppo segreto di leader governativi di alto livello che controllano Biden e che presto metteranno in moto il loro piano per sostituire Biden come candidato democratico alla presidenza”.

Gli anni di copertura della cabala hanno finalmente chiuso il cerchio e tutte le domande più scomode – e palesemente pericolose – vengono ora poste pubblicamente.

In realtà, ciò che l’articolo descrive in dettaglio è, in alcune parti, una lunga striscia di pregiudizi di normalità tra l’intellighenzia, troppo inorridita per esprimere a parole – o anche solo ammettere a se stessa – ciò a cui stava assistendo:

Quando discutevano di ciò che sapevano, di ciò che avevano visto, di ciò che avevano sentito, sussurravano letteralmente. Erano spaventati e inorriditi. Ma erano anche oppressi. Avevano bisogno di parlarne (anche se non in via ufficiale). Avevano bisogno di sapere che non erano soli e non erano pazzi. Le cose andavano male, e sapevano che le cose andavano male, e sapevano che anche gli altri dovevano sapere che le cose andavano male, eppure dovevano fingere, esteriormente, che le cose andavano bene. Il presidente andava bene. Le elezioni sarebbero andate bene. Loro sarebbero stati bene. Ammettere il contrario avrebbe significato mettere a repentaglio il futuro del Paese e, beh, nessuno voleva esserne responsabile personalmente o socialmente. Le loro rivelazioni seguivano spesso domande innocenti: Ha visto il Presidente di recente? Come le sembra? Spesso rispondevano solo con il silenzio, con gli occhi che si allargavano in modo cartoonesco e la testa che scuoteva avanti e indietro. O con suoni di disapprovazione. “Phhhhwwwaahhh”. “Uggghhhhhhhh”. “Bbbwwhhheeuuw”. Oppure con un semplice “Non buono! Non bene!”. Oppure con una domanda accusatoria: “L’hai visto?”.

E ancora, quella fatidica domanda rovente (sottolineatura mia):

Quelli che hanno incontrato il Presidente in ambienti sociali a volte hanno lasciato le loro interazioni turbate. Gli amici di lunga data della famiglia Biden, che mi hanno parlato a condizione di anonimato, sono rimasti scioccati nello scoprire che il Presidente non ricordava i loro nomi.Ad un evento alla Casa Bianca dello scorso anno, un ospite ha ricordato con orrore di essersi reso conto che il Presidente non sarebbe potuto rimanere per il ricevimento perché, era chiaro, non sarebbe stato in grado di farcela. L’ospite non era sicuro di poter votare per Biden, dato che ora era aperto a un’idea che prima aveva liquidato come propaganda di destra: Il presidente potrebbe non essere davvero il presidente ad interim, dopo tutto.

Prosegue descrivendo quello che in effetti è letteralmente il ventriloquio in diretta di un presidente americano in carica da parte di un deepstate burocratico (per lo più del tipo “doppio passaporto”, a quanto pare. Si tratta di un’altra “teoria del complotto di destra”, o sono state tutte tranquillamente cancellate?):

Altri mi hanno detto che il presidente stava diventando sempre più difficile da contattare, anche per quanto riguarda gli affari ufficiali del governo, il tipo di cose su cui qualsiasi presidente degli Stati Uniti comunicherebbe regolarmente con funzionari di alto livello in tutto il mondo. Biden invece è stato rinchiuso in strati crescenti di burocrazia, parlando per più di quanto non abbia parlato o parlato con lui.

Un articolo del NY Times sull’incontro di Biden con una tavola rotonda di governatori democratici ci offre un altro sguardo illuminante:

Leggete quanto evidenziato qui sotto:

Non preoccupatevi, gente: è solo il cervello marcio di Biden ad essere completamente andato, la sua salute è a posto. Dopo tutto, secondo i migliori propagandisti ucraini, è stato un raggio cerebrale russo a causare il singhiozzo mentale di Biden:

Già sollevato?

Questi sviluppi più ampi sono ormai sempre più evidenti in tutto il mondo, incorporati nelle tattiche dell’establishment globale:

L’unica cosa che il regime ha in mente è l’autoconservazione del proprio potere, nient’altro conta.

In effetti, la migliore teoria proposta finora sul motivo per cui hanno tolto il tappeto da sotto i piedi a Biden è che l’establishment sperava di prolungare la farsa della “competenza” di Biden per guadagnare tempo e far deragliare la campagna di Trump con lo stratagemma delle condanne penali. Speravano che l’accumulo di reati su di lui avrebbe offuscato il rating di Trump in modo tale che Biden non avrebbe avuto nulla di cui preoccuparsi e l’azione sarebbe potuta continuare incontrastata. Ma poiché il piano A non ha funzionato e hanno capito che Trump potrebbe essere qui per restare, l’unica cosa che rimane è il piano B: gettare Biden sotto l’autobus e scambiarlo con qualcuno che possa andare avanti colpo su colpo contro Trump senza sporcarsi i pantaloni.

Ad ogni passo di corruzione, i Democratici stanno minando la già fragile fiducia della nazione nella “democrazia”. La gente si sta risvegliando come mai prima d’ora di fronte alla nuda finzione del processo politico del Paese. È stato smascherato come nient’altro che un concorso a premi per una classe distaccata di élite, non interessata agli interessi dei cittadini o a qualsiasi principio, morale o di altro tipo.

A questo proposito, buon 4! Bevete, perché potrebbe essere l’ultimo.


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PREMIERATO, di Teodoro Klitsche de la Grange

PREMIERATO

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Se ci si chiede qual è la linea che divide il centrodestra e il centrosinistra sulle riforme volte a migliorare la governabilità dell’Italia, servendosi delle affermazioni (pubbliche) degli ultimi trent’anni, ne risulterebbe che la sinistra non ha le idee chiare. Si è divisa sia sull’oggetto da riformare (costituzione e/o legge elettorale?) sul carattere (premierato, fiducia costruttiva) nonché sulle tante varianti in cui possono declinarsi. Ma i connotati comuni a queste varie soluzioni sono due: opporsi a quanto propone il centrodestra e impedire un potere governativo forte e legittimato dal consenso popolare. Al contrario quelle del centrodestra sono connotate dall’inverso: realizzare un potere governativo forte e legittimato dal popolo.

Vediamo come le modifiche alla Costituzione proposte nel testo, approvato dal Senato il mese scorso, vadano in tal senso.

Le modifiche più rilevanti sono quelle all’art. 92, e in particolare che “Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per cinque anni, per non più di due legislature consecutive… Le elezioni delle Camere e del Presidente del Consiglio hanno luogo contestualmente. La legge disciplina il sistema per l’elezione delle Camere e del Presidente del Consiglio, assegnando un premio su base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al Presidente del Consiglio” e di conseguenza che “Il Presidente della Repubblica conferisce al Presidente del Consiglio eletto l’incarico di formare il Governo; nomina e revoca, su proposta di questo, i ministri”. Ma ad evitare che il Presidente del Consiglio legittimato dal corpo elettorale non ottenga dalle Camere la fiducia riconosciutagli dal popolo, è modificato l’art. 94 così “…il terzo comma è sostituito dal seguente:« Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. Nel caso in cui non sia approvata la mozione di fiducia al Governo presieduto dal Presidente eletto, il Presidente della Repubblica rinnova l’incarico al Presidente eletto di formare il Governo. Qualora anche in quest’ultimo caso il Governo non ottenga la fiducia delle Camere, il Presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere”. A ulteriore garanzia da manovre di palazzo è disposto “b) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

In caso di revoca della fiducia mediante mozione motivata, il Presidente del Consiglio eletto rassegna le dimissioni e il Presidente della Repubblica scioglie le Camere”. Quindi niente governi tecnici, balneari, d’emergenza e così via. E prosegue “Negli altri casi di dimissioni, il Presidente del Consiglio eletto, entro sette giorni e previa informativa parlamentare, ha facoltà di chiedere lo scioglimento delle Camere al Presidente della Repubblica, che lo dispone. Qualora il Presidente del Consiglio eletto non eserciti tale facoltà, il Presidente della Repubblica conferisce l’incarico di formare il Governo, per una sola volta nel corso della legislatura, al Presidente del Consiglio dimissionario o a un parlamentare eletto in collegamento con il Presidente del Consiglio.

Nei casi di decadenza, impedimento per-manente o morte del Presidente del Consiglio eletto, il Presidente della Repubblica conferisce l’incarico di formare il Governo, per una sola volta nel corso della legislatura, a un parlamentare eletto in collegamento con il Presidente del Consiglio”.

È evidente in tali disposizioni l’intento di blindare la nomina del Presidente del Consiglio; di predisporre che lo stesso abbia la maggioranza alle Camere, contemporaneamente elette; che se la sostituzione del Presidente del Consiglio sia necessitata, il sostituto deve far parte della maggioranza “collegata” al sostituendo; l’iniziativa del Presidente della Repubblica è minima, perché vincolata al mancato ottenimento della fiducia o al sopravvenire di una revoca della fiducia parlamentare prima concessa.

Lo scioglimento delle Camere, che già un tempo (prima del consolidamento dei regimi parlamentari) era un istituto per lo più usato dai monarchi per “addomesticare” il Parlamento, è divenuto da secoli un mezzo per risolvere le crisi della democrazia parlamentare.

Mentre fino alla Restaurazione l’uso era quello, successivamente divenne lo strumento per decidere conflitti istituzionali facendo appello al corpo elettorale, in sintonia con l’allargamento della base democratica dello Stato.

E divenne così, prevalentemente, d’iniziativa del Primo Ministro. Attualmente gli scioglimenti possono ricondursi a due specie: a iniziativa del Presidente della Repubblica o a quella del Primo Ministro. Nella novella costituzionale vi sono entrambe anche se quella del Presidente della Repubblica è vincolata sia nei presupposti che nelle persone da nominare (collegate politicamente al sostituendo). È (anche) una normativa anti-ribaltone con un ossequio alla volontà popolare manifestata nella fiducia ad una maggioranza di governo a cui comunque deve appartenere il sostituto. È evidente che tale novella è rivolta contro la prassi, invalsa negli ultimi decenni, dei governi (e delle relative “coalizioni”) non rispondenti alla volontà popolare. Il cui esempio più evidente è quello del governo Monti, il cui partito, un anno dopo le dimissioni del suddetto, riportava alle elezioni europee lo 0,7% dei suffragi. A conferma del fatto che a Monti, mai eletto in qualche consultazione popolare, mancava (prima e dopo) il consenso. Quanto al potere del Presidente della Repubblica, anche qui c’è una riduzione, anche se conserva tutti (gli altri) poteri conferitigli dalla Costituzione: gli resta solo difficile organizzare o assentire “ribaltoni”, come capitato nella storia recente. E a farne le spese sono anche (alcuni) di quei poteri indiretti che prosperano se un governo è debole e sostituibile. Ma questo è un altro capitolo.

Teodoro Klitsche de la Grange

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Rilanciare la base industriale americana: Il software e il futuro della produzione _ di Shyam Sankar

Rilanciare la base industriale americana: Il software e il futuro della produzione

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L’America ha vinto la Seconda guerra mondiale grazie alla produzione di massa, alla logistica e alla tecnologia. Il tanto decantato esercito tedesco andava a cavallo e a fieno; l’esercito americano, per non parlare dell’Armata Rossa che abbiamo rifornito, andava a cavallo e a Jeep. Due delle tre principali potenze dell’Asse non hanno mai costruito una portaerei. La Marina americana ne costruì 151 e ne rimase abbastanza per una flotta di chiatte refrigerate per gelati.

L’idea dell’America come arsenale della democrazia nella Seconda Guerra Mondiale – innovativa, produttiva e laboriosa – è ormai parte integrante della storia che raccontiamo di noi stessi. È una fonte di orgoglio, patriottismo e ispirazione. Ed è una storia vera.

Ma questo era allora e questo è oggi.

Oggi gli americani si stanno svegliando con la realtà che non siamo in grado di produrre cose in quantità sufficiente per tenerci al sicuro, mentre il nostro principale avversario sta inondando il mondo con i suoi prodotti. Molti dei nostri alleati sono messi ancora peggio.

Ricostruire e riarmare prima che sia troppo tardi sono i compiti urgenti che ci attendono. Fortunatamente, il declino industriale è un problema risolvibile e una scelta. Possiamo fare scelte migliori, creare incentivi migliori e utilizzare a nostro vantaggio i punti di forza che ancora abbiamo.

Non solo la produzione di massa è un problema risolvibile. È già stato risolto. Metà delle nostre attività alla Palantir Technologies, dove lavoro come Chief Technology Officer, sono con clienti commerciali. Lavoriamo ogni giorno per creare software che aiutino le più importanti realtà industriali del mondo libero a potenziare la produzione, a vedere le loro catene di fornitura e a responsabilizzare i loro lavoratori, dalla direzione generale alla catena di montaggio.

Ho visto i risultati e credo che questo modello, che a volte viene chiamato produzione definita dal software , sia la chiave per ricostruire la base industriale americana.

Niente più chiatte per i gelati

Ormai i lettori conosceranno i contorni fondamentali del problema di produzione dell’America e della dipendenza del mondo dalla produzione cinese. Ma vale la pena di ricordare quanto sia seria e grave la sfida.

Negli anni ’90, un dirigente occidentale disse che pensare alle dimensioni del mercato dei consumi cinese era “come cercare di pensare ai limiti dello spazio”. Qualcosa di simile si potrebbe dire del settore manifatturiero cinese, dopo tre decenni di politica industriale, di investimenti e di “learning by doing”.

Oggi la Cina detiene una quota di quasi un terzo della produzione manifatturiera mondiale : non quanto gli Stati Uniti all’apice della loro potenza nel dopoguerra, ma comunque una quota enorme. È stato il dominio manifatturiero dell’America a consentire la diffusione del nostro commercio e del nostro potere in tutto il mondo nel XIX e XX secolo. La vasta base industriale della Cina le offre la stessa opportunità.

La Cina possiede quasi la metà della capacità cantieristica mondiale. Sta utilizzando questa capacità per costruire portaerei drone, grandi navi cisterna per il GNL e navi roll-on/roll-off per l’esportazione di auto. La Cina ha una capacità di costruzione navale 232 volte superiore a quella degli Stati Uniti, la cui industria si è consolidata al punto che dobbiamo scegliere se costruire sottomarini per i nostri alleati o per noi stessi. Non possiamo più permetterci il lusso di costruire navi gelato.

Non si tratta solo di navi. Due aziende di Shenzhen producono praticamente tutti i droni commerciali del mondo, mentre gli Stati Uniti hanno a malapena un’industria di droni commerciali. Negli ultimi anni, la Cina ha superato gli Stati Uniti nella quota di produzione globale di semiconduttori e sembra pronta a fare piazza pulita dei cosiddetti chip legacy che alimentano l’elettronica commerciale, le armi e molto altro. La Cina è anche il maggior produttore ed esportatore mondiale di automobili, sia a gas che elettriche. Gli Stati Uniti hanno ancora un’industria automobilistica impressionante, ma il numero di veicoli assemblati qui non è cambiato molto dall’inizio del secolo. Le case automobilistiche statunitensi si trovano ora ad affrontare una minaccia esistenziale, in quanto i concorrenti cinesi, come BYD, costruiscono fabbriche di trapianti in America Latina, nel Sud-Est asiatico e in Europa.

Non si tratta di esempi casuali. Tutte e tre le tecnologie – droni, chip e automobili – sono state inventate negli Stati Uniti (nel caso delle automobili, la loro produzione di massa è stata inventata qui). General Atomics, Intel e Ford Motor Company sono state pioniere. Nell’arco di una vita, gli Stati Uniti sono passati dal dominare la produzione di tutte e tre le tecnologie ad affrontare la lotta della nostra vita in queste industrie. Perché?

La crisi produttiva dell’America è in definitiva una crisi di produttività. La produttività totale dei fattori ha ristagnato nell’ultimo mezzo secolo, allontanandosi dal trend negli anni Settanta. La produttività del settore manifatturiero è andata meglio per un periodo più lungo grazie al boom del settore elettronico, ma dopo la Grande Recessione anch’essa ha ristagnato. Questa stagnazione significa che le fabbriche americane stanno perdendo un’era di enorme automazione e crescita. Le “dreadnoughts aliene” vengono costruite. Ma vengono costruite dall’altra parte del mondo.

Questa “Grande Stagnazione” ha molte cause. Fino a poco tempo fa, l’industria manifatturiera non è stata molto amata dagli investitori, che preferivano aziende leggere che promettevano ritorni più facili sui loro soldi. Il talento ha seguito il denaro. Abbiamo visto le migliori menti della nostra generazione risucchiate nel buco dell’oscurità del SaaS, progettando pubblicità mirate per prodotti banali. Nel frattempo, la forza lavoro manifatturiera, impiegati e operai, è invecchiata e si è ridotta. Meno fabbriche significa meno operai e manager con le conoscenze necessarie per costruire altre fabbriche.

La burocrazia, i cattivi incentivi e l’apatia hanno peggiorato la situazione. Questo è evidente nel mercato della tecnologia della difesa, che non è un mercato funzionante. Il Pentagono è l’unico acquirente di prodotti per la difesa e si è appoggiato al suo monopsonio invece di incoraggiare le forze di mercato. Questo ha portato al consolidamento e al conformismo dell’industria. Solo di recente l’America si è resa conto che questo consolidamento ha danneggiato la concorrenza, l’innovazione e la capacità industriale. Molte grandi aziende americane sono state assorbite dai loro concorrenti. Ma, cosa ancora più importante, molte altre aziende hanno abbandonato del tutto il settore della difesa, risultato diretto di un monopsonio con regole onerose, enfasi sui costi piuttosto che sul valore e incapacità di premiare la velocità. Gli appaltatori che sono sopravvissuti a questo processo sono diventati delle estensioni e delle guardie dello Stato, accontentandosi di guadagnare piccoli profitti sui contratti mentre i costi aumentano e il mondo commerciale li supera. Le aziende che non rientrano in questo schema, come i nuovi campioni della produzione con cui lavoriamo, sono frustrate da regole bizantine e contratti che non riflettono il modo in cui l’America fa affari.

Qualche tempo fa, Palantir ha collaborato con un importante appaltatore della difesa americana per migliorare le sue prestazioni su un contratto standard di costruzione navale a costo maggiorato. Il programma pilota è stato un successo. L’appaltatore e i suoi dipendenti hanno apprezzato il nostro sistema. Ma non l’hanno comprato. Perché? Per via degli incentivi previsti dal contratto. Avrebbero dovuto restituire tutti i soldi risparmiati utilizzando il nostro software al momento della gara.

Si è trattato di una dura lezione su quanto possano essere disastrati gli appalti del Dipartimento della Difesa. Invece di premiare le aziende che si dimostrano macchine da combattimento snelle e cattive, il Dipartimento della Difesa le penalizza. Dovremmo sorprenderci che gli Stati Uniti siano un’entità inferiore nella costruzione navale, quando il loro cliente più importante incoraggia il gonfiore e l’autocompiacimento?

Soprattutto, l’America soffre di una mancanza di leadership e di visione. La nostra prosperità, unita alla fine cinematografica della Guerra Fredda, ha generato un’eccessiva fiducia e passività. Troppi leader del mondo degli affari e del governo si sono illusi che il nostro sistema avesse il Mandato del Cielo e che la nostra economia fosse una macchina per fare soldi che funzionava con il pilota automatico. La “politica industriale” divenne una parola di quattro lettere, trattata come una reliquia di un modello economico che era caduto insieme al Muro di Berlino. Alla maniera sovietica, la nostra storia è stata rivista per minimizzare i casi in cui l’investimento e la direzione dello Stato hanno favorito l’incubazione di nuove tecnologie. I modelli di contratto controproducenti del Dipartimento della Difesa possono essere sopravvissuti, ma molti programmi più efficaci sono svaniti.

Anche quando le catene di approvvigionamento si sono internazionalizzate e la produzione si è spostata all’estero, i nostri leader si sono consolati dicendo che l’America avrebbe continuato a produrre le cose “importanti”. E credevano che le fabbriche che erano state abbandonate in fretta sarebbero tornate altrettanto rapidamente. Se avessimo mai avuto bisogno di produzione, avremmo potuto premere un interruttore e riaccendere l’arsenale. Navi gelato per tutti. La nostra lotta per rifornire l’Ucraina nella sua lotta per la sopravvivenza ha infranto questa illusione.

Il contrasto tra questa passività e l’incredibile attività dei nostri nemici. Xi Jinping e Vladimir Putin sono dittatori spietati, ma qualunque cosa si possa dire di loro, non sono osservatori della storia da quattro soldi. Sono costruttori di imperi con grandi visioni di ciò che sperano di realizzare e stanno mobilitando le loro civiltà per trasformare queste visioni in realtà.

Nella Silicon Valley, abbiamo una parola per questo tipo di leader: “fondatore”. Possiamo deplorare i loro metodi e la loro visione, ma li sottovalutiamo a nostro rischio e pericolo. Molti fondatori falliscono, ma non tutti. Alcuni di loro cambiano il mondo. Quelli che ci riescono di solito non sono conosciuti per gli amici che si sono fatti lungo il cammino.

Dare all’America ciò che le spetta. Siamo un Paese libero e benedetto da una straordinaria eredità di idee, ricchezze e risorse. Abbiamo una forte leadership in molti campi, tra cui l’ingegneria del software, l’informatica e il design dei prodotti. Ma abbiamo perso la produzione di massa e l’abbiamo data a un nemico mortale.

Questo è un grave problema in un mondo pericoloso. Dopo tutto, non possiamo sparare al software. I nostri progetti brillanti non conteranno molto se non possiamo produrli in numero sufficiente a fare la differenza.

La storia più importante di questo decennio è stata la presa di coscienza da parte delle élite occidentali dell’importanza dell’hardware. Ma sarebbe un errore concludere da questa storia che il software non conta, o che i punti di forza che abbiamo sono irrilevanti per il problema in questione. È vero il contrario. L’industria moderna si basa su una produzione basata sul software, in modo che gli attori umani possano manipolare le macchine a velocità e su scala.

Se vogliamo tornare a produrre in America, dobbiamo sfruttare i nostri punti di forza. Ciò significa capire come il software di cui siamo stati pionieri possa essere utilizzato nei processi industriali e usarlo per costruire, prima che i nostri avversari ci rubino anche questo vantaggio.

Produzione definita dal software

Palantir si è guadagnata i galloni di fornitore di software per la comunità militare e di intelligence degli Stati Uniti dopo l’11 settembre. Le sfide che abbiamo affrontato allora erano immense. Le truppe americane operavano in alcune delle zone più sperdute del mondo. L’infrastruttura informatica delle forze armate era frammentata dalla distanza, dai comandi combattenti, dai servizi, dagli ambienti con copertura aerea e da innumerevoli sistemi legacy che non si parlavano tra loro. Abbiamo costruito un software su questa infrastruttura, fondendo i sistemi più disparati in modo che gli analisti del Pentagono e le truppe della provincia di Parwan potessero penetrare la nebbia della guerra e chiudere le catene di uccisioni.

I moderni sistemi industriali hanno una propria nebbia di guerra. La loro complessità è sbalorditiva. Un jet commerciale medio è composto da milioni di parti, distribuite tra fabbriche, aziende e Paesi. Inevitabilmente, alcuni pezzi sono difettosi. Altri non arrivano. Nella catena di montaggio si commettono errori. Alcuni vengono registrati e affrontati. Altri non lo sono. La catena di montaggio si muove comunque e i problemi si accumulano. Mentre si verifica questa frenesia, i membri del consiglio di amministrazione e gli azionisti attivisti stanno col fiato sul collo dei dirigenti aziendali, chiedendo perché gli obiettivi di produzione non vengono raggiunti. Mettere insieme gli aerei in queste condizioni è un’impresa di intenso coordinamento, logistica e forza di volontà, l’equivalente industriale del D-Day.

Il software ha il potere di peggiorare questo caos, se ciò che mostra sullo schermo ha poca somiglianza con ciò che accade a terra. I dirigenti aziendali possono pensare di avere il controllo dell’aereo – possono vedere i grafici con i loro occhi e la linea sta salendo – ma in realtà stanno facendo girare una ruota giocattolo. La loro rete è frammentata tra fornitori, fabbriche e macchine, con scarso coordinamento. Le scorte che i manager pensano siano in magazzino non ci sono. I controlli di qualità che pensano siano avvenuti non sono mai stati fatti. E per tutto il tempo, lo schermo luminoso li seduce facendogli credere di avere davvero il controllo della situazione, fino a quando il tappo della porta non si rompe sull’aereo.

C’è un modo migliore. Cosa succederebbe se le aziende potessero creare una sovrastruttura di software sull’intero processo produttivo frammentato, proprio come abbiamo fatto per il governo? Questo software assorbirebbe e analizzerebbe i dati provenienti dagli innumerevoli fornitori, componenti, macchine e lavoratori dell’azienda per creare un modello completo del processo produttivo. E controllerebbe le macchine fisiche, come i robot industriali e le macchine utensili, consentendo di perfezionare al volo il processo produttivo.

Questa è la promessa della produzione definita dal software. Permette ai manager di riprendere il controllo di burocrazie tentacolari. Aiuta i lavoratori a capire come agire in mezzo alla complessità. Collega la strategia alle operazioni. Agisce come un aiuto digitale per l’agenzia umana, consentendole di eseguire e vincere.

Solo qualche decennio fa, la modellazione, l’analisi e il controllo digitale di un intero processo produttivo erano fantascienza. Oggi, grazie ai progressi della potenza di calcolo e dei sensori, è realtà.

Lo abbiamo messo in pratica nel 2015 quando Airbus ha ridotto la produzione dell’A350, un jet passeggeri a doppio corridoio e a fusoliera larga. Il CEO di Airbus aveva un problema. Aveva promesso agli investitori che Airbus avrebbe prodotto cinquanta A350 nel primo anno di produzione. A metà anno, la produzione era di sedici esemplari.

La piattaforma Foundry di Palantir ha aiutato Airbus a comprendere e riorganizzare il proprio processo produttivo. Ha fuso in un’unica piattaforma dati su orari, turni, parti, consegne, difetti e molto altro. Le informazioni ricavate da questo sistema hanno aiutato Airbus a ridurre i difetti, a prevenire gli incidenti e a rispondere in modo flessibile ai ritardi dei fornitori. Quando arrivò la scadenza, Airbus realizzò quarantanove aerei, uno solo in meno dell’obiettivo. Un principio fondamentale della strategia militare è che nessun piano sopravvive al primo contatto con il nemico. Questo ci è andato vicino.

Il successo della produzione definita dal software dipende dalla capacità del software di riflettere e rispondere alla realtà. Ciò richiede la vicinanza fisica alla produzione e la presenza di personale sul campo.

Quando le truppe americane sono state dispiegate in Medio Oriente, gli ingegneri di Palantir sono partiti con loro per capire le sfide che dovevano affrontare e per creare codici che riflettessero le condizioni al fronte. Questa è la cosiddetta “forward-deployed engineering” e, quando l’abbiamo proposta per la prima volta, gli investitori si sono opposti. Dicevano che stavamo sprecando denaro per aggiungere un costoso segmento di servizi al cliente alla nostra attività. Si sbagliavano. Poiché ci presentavamo, potevamo andare alla radice del problema e adattare i sistemi alle esigenze delle truppe in prima linea. Le migliori testimonianze del nostro successo provengono dalle truppe che hanno insistito affinché Palantir le accompagnasse in battaglia. Ho molte storie di questo tipo.

Per i nostri clienti industriali operiamo allo stesso modo. Alcuni dei risultati più impressionanti della produzione definita dal software si ottengono grazie alla collaborazione tra ingegneri e addetti all’assemblaggio in fabbrica.

Lo abbiamo visto nello stabilimento Airbus di Amburgo, quando un’operaia addetta all’assemblaggio si stava riprendendo da un intervento chirurgico. Non poteva manovrare macchinari pesanti, ma era in grado di utilizzare un computer. Ha usato la sua conoscenza della produzione Airbus per analizzare i difetti più comuni, dove si verificavano e i ritardi che causavano. Si trattava di un’attività ingegneristica di avanguardia. Una normale lavoratrice ha utilizzato potenti strumenti di analisi dei dati per convalidare ciò che il suo istinto le diceva su ciò che non andava sulla linea. L’intera azienda ne è risultata più produttiva.

Le piattaforme software possono anche formare i lavoratori che non hanno le competenze necessarie per una produzione complessa. La manodopera qualificata è un ostacolo all’espansione della produzione americana. Come TSMC sta imparando, l’offerta nazionale di operai edili, tecnici e manager in grado di costruire le fabbriche più avanzate del mondo nel deserto è limitata. Questa carenza è la conseguenza del declino pluridecennale del nostro ecosistema industriale. Tim Cook lo ha detto chiaramente nel 2017: “Negli Stati Uniti si potrebbe tenere una riunione di ingegneri degli utensili e non sono sicuro che riusciremmo a riempire la stanza. In Cina, si potrebbero riempire diversi campi da calcio”.

Anche in questo caso, il software è in grado di hackerare il processo e di formare più velocemente i lavoratori. Panasonic Energy produce batterie EV in diversi stabilimenti negli Stati Uniti. L’azienda aveva bisogno di scalare la propria forza lavoro di tecnici della manutenzione e si è rivolta a noi per un aiuto. Abbiamo creato un copilota AI per ogni tecnico che consente a un diplomato di operare con le conoscenze e l’esperienza dei migliori esperti giapponesi di Panasonic.

Questo strumento ha accorciato il percorso di formazione dei tecnici di manutenzione di Panasonic da sei mesi a poche settimane. Permette a Panasonic di prendere lavoratori senza alcuna esposizione al settore manifatturiero e di riqualificarli per un lavoro gratificante in un settore strategicamente importante.

La tecnologia non è più appannaggio dei coder della West Coast e delle fantasie del cyberspazio. È fondamentale per il lavoro dei “colletti blu”, per l’apprendimento attraverso il lavoro e per la rinascita della produzione di massa.

In definitiva, la migliore prova a favore della produzione definita dal software è che gli stessi Paesi che dominano il settore manifatturiero stanno cercando di incorporarla. Uno degli obiettivi principali della strategia Made in China 2025 di Pechino è l’aggiornamento digitale della produzione. Il gigantesco dispiegamento di 5G di Huawei sta collegando fabbriche fortemente automatizzate con terminal container fortemente automatizzati come quello di Shanghai per incrementare le esportazioni. I funzionari del Partito Comunista Cinese spesso bacchettano le industrie tradizionali per la loro lentezza nell’aggiornamento. Il PCC sa che la digitalizzazione e l’automazione sono gli unici modi per sostenere il ritmo di produzione a rotta di collo della Cina, mentre la popolazione in età lavorativa si riduce nei prossimi decenni.

La Cina sa che la produzione definita dal software è il futuro. Vuole arrivare per prima e farlo meglio.

Abbiamo la tecnologia

Per risolvere il nostro problema di produzione saranno necessarie urgenza e visione all’altezza dei nostri avversari. Saranno necessari i fondatori. Gli incentivi perversi negli appalti della difesa devono essere eliminati, o almeno aggirati attraverso programmi innovativi come Replicator. Si dovranno ridurre le regolamentazioni che soffocano l’anima e ritardano i progetti. Gli impianti industriali dovranno essere ampliati e ricapitalizzati, da fonti pubbliche e private. E poi si dovrà passare al duro lavoro della produzione.

Si tratta di una sfida ardua, ma, parafrasando l’Uomo da sei milioni di dollaripossiamo ricostruire la base industriale americana. Abbiamo la tecnologia.

All’inizio di quest’anno, il Segretario della Marina Carlos Del Toro si è recato in Corea e si è confrontato con il modello di sviluppo dell’Asia orientale. Era lì per suscitare interesse per gli investimenti nei cantieri navali americani. Tra le sue tappe c’è stato il cantiere navale di Ulsan della HD Hyundai Heavy Industries, con una superficie di quasi duemila acri. Ulsan è il più grande cantiere navale del mondo, gestito dal più prolifico costruttore navale del mondo, in un Paese con una politica industriale notoriamente aggressiva. Del Toro è rimasto impressionato da ciò che ha visto. “Non potrei essere più entusiasta della prospettiva che queste aziende portino la loro esperienza, la loro tecnologia e le loro migliori pratiche all’avanguardia sulle coste americane”, ha dichiarato.

Gli Stati Uniti hanno molto da imparare dall’esperienza e dalle migliori pratiche di HD Hyundai. Ma per quanto riguarda la tecnologia, Del Toro aveva ragione solo in parte, perché l’America sta già fornendo alcune delle tecnologie che lo hanno stupito a Ulsan. HD Hyundai utilizza Palantir Foundry per progettare navi, migliorare il controllo di qualità e ridurre gli incidenti sul posto. La collaborazione sta già dando i suoi frutti. Stiamo sviluppando una nave di superficie senza equipaggio alimentata dall’intelligenza artificiale che un giorno potrebbe aiutare le marine militari del mondo libero nella ricognizione e nella difesa del Pacifico.

La tecnologia americana è già la spina dorsale di alcuni dei più impressionanti giganti industriali del mondo. Se vogliamo rivitalizzare l’Arsenale della democrazia, dobbiamo liberare la tecnologia che abbiamo a portata di mano.

Questo articolo è un’anteprima del numero di American Affairs Fall 2024.

Israele dovrebbe pensarci due volte prima di inviare alcuni dei suoi patrioti in Ucraina attraverso gli Stati Uniti, di ANDREW KORYBKO

Israele dovrebbe pensarci due volte prima di inviare alcuni dei suoi patrioti in Ucraina attraverso gli Stati Uniti

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CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI NON COPRONO NEMMENO UN TERZO DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO

Netanyahu e coloro che lo circondano potrebbero non rendersi conto di quanto questo possa cambiare drasticamente la politica regionale della Russia, considerando il modo in cui tutto viene sempre più percepito dal Cremlino, dato il contesto in evoluzione della Nuova Guerra Fredda.

Il Rappresentante Permanente russo presso le Nazioni Unite Vasily Nebenzia ha avvertito Israele di “certe conseguenze politiche” nel caso in cui inviasse alcuni dei suoi patrioti a Ucraina attraverso gli Stati Uniti, come CNN ha recentemente riferito che si sta negoziando tra loro. Questo avviene in mezzo al graduale deterioramento dei loro legami da quando l’attacco furtivo di Hamas l’anno scorso, nonostante l’orgoglioso filosemitismo di sempre del Presidente Putin che può essere approfondito qui. I cinque pezzi che seguono documentano il percorso che ha portato a quest’ultimo sviluppo:

* 25 gennaio: “La Russia è preoccupata che gli attacchi israeliani rischino di trascinare la Siria più a fondo nel conflitto dell’Asia occidentale.

* 6 febbraio: “Il nuovo ambasciatore israeliano in Russia si sbaglia completamente sulla politica regionale di Mosca.

* 7 marzo: “La parziale conformità di Israele alle richieste anti-russe degli Stati Uniti rischia di rovinare i legami con Mosca.

* 19 aprile: “La richiesta della Russia di sanzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU contro Israele è una mossa di principio di soft power.

* 7 giugno: “Chi potrebbe armare la Russia come risposta asimmetrica all’Occidente che arma l’Ucraina? 

Riassumendo, Israele ha iniziato a descrivere in modo errato l’atto di bilanciamento della Russia nell’ultimo conflitto (i cui dettagli possono essere letti qui) e a flirtare con l’idea di inviare sistemi di allerta precoce a Kiev, il che ha spinto la Russia a inasprire la sua retorica contro Israele e a flirtare con l’armare i suoi nemici dell’Asse della Resistenza. Finora, il loro scontro è rimasto nell’ambito delle percezioni e della retorica reciproca, ma il potenziale armamento dell’Ucraina da parte di Israele con sistemi di difesa aerea potrebbe portare a un reciproco armamento russo dell’Asse della Resistenza.

La prerogativa spetta a Israele, poiché è più facile per lui armare indirettamente l’Ucraina che per la Russia armare indirettamente l’Asse della Resistenza. Inoltre, Netanyahu potrebbe calcolare che l’invio di armi difensive non oltrepasserà la linea rossa politica della Russia, ma potrebbe fargli guadagnare un po’ di sollievo dalle pressioni degli Stati Uniti, di cui i lettori possono saperne di più qui. Non è chiaro se andrà fino in fondo con quanto riferito di recente dalla CNN, ma se lo farà, Nebenzia ha lasciato intendere che la reazione iniziale della Russia sarà di tipo politico.

Quello che probabilmente intendeva segnalare è che il suo Paese potrebbe ospitare altre delegazioni di Hamas in futuro, ma questa volta per discutere di legami bilaterali invece che di liberazione di ostaggi come durante le precedenti visite dall’inizio dell’ultimo conflitto, e/o ordinare ai suoi media di promuovere decisamente la narrativa anti-israeliana. Finora sono stati piuttosto equilibrati, ma la situazione potrebbe cambiare se la decisione venisse presa. Un’altra possibilità è quella di permettere alla Siria di usare finalmente gli S-300 per difendersi, nonostante finora le sia stato negato questo diritto per fini di de-escalation:.

* 10 ottobre 2023: “La Russia difficilmente lascerà che la Siria sia coinvolta nell’ultima guerra tra Israele e Hamas.

* 22 ottobre 2023: “Non ci si aspetta che la Russia fermi gli attacchi di Israele in Siria.

* 27 ottobre 2023: “Ecco perché la Russia non ha dissuaso né risposto all’ultimo bombardamento degli Stati Uniti sulla Siria

* 11 febbraio 2024: “L’ultimo bombardamento israeliano della Siria prova che la Russia non rischierà una guerra più ampia per fermare Tel Aviv

* 11 aprile 2024: “Le difese aeree siriane della Russia non aiuteranno l’Iran se Israele risponderà alle sue ritorsioni

È improbabile che la Russia inverta subito la rotta su questa questione ultra-sensibile, dopo aver già provocato l’ira di molti dei suoi sostenitori nella comunità degli Alt-Media mantenendola in vigore per così tanto tempo. Ciononostante, rimane una misura reciproca appropriata se Israele arma l’Ucraina, anche se per il momento ci si aspetta che si trattenga, dato che una volta concessa l’autorizzazione non si può più tornare indietro. In tal caso, i legami bilaterali non si ristabiliranno per anni, vanificando tutto il duro lavoro del Presidente Putin.

Detto questo, la Russia sembra effettivamente perdere la pazienza nei confronti di Israele e si può affermare che ha molto più da guadagnare facendo questa mossa, attesa da tempo, e solidificando i suoi legami strategici con l’Asse della Resistenza guidato dall’Iran, di quanto non abbia da perdere aggrappandosi alle speranze di una partnership regionale con Israele. Questa scuola di pensiero era praticamente inesistente nelle comunità politiche russe prima dell’ultimo conflitto, ma questo dimostra quanto tutto sia cambiato da allora.

L’ascesa di una fazione politica pro-Resistenza è parallela a quella pro-BRI, che i lettori possono conoscere meglio qui, e sono praticamente una cosa sola grazie alla sovrapposizione delle loro visioni del mondo. I loro rispettivi rivali sono la fazione filo-israeliana e quella equilibratrice/pragmatista, che sono anch’esse praticamente un tutt’uno in questo contesto regionale, poiché vogliono evitare una dipendenza regionale potenzialmente sproporzionata dall’Iran mantenendo legami strategici con Israele, anche se questi vanno a scapito dell’Iran.

Mentre la Russia sta ricalibrando la sua strategia asiatica, come spiegato qui e sembra quindi porre un freno all’espansione finora astronomica dell’influenza della fazione pro-BRI, quella pro-Resistenza potrebbe ricevere una spinta fondamentale se Israele inviasse i suoi Patriot in Ucraina attraverso gli Stati Uniti. Questa potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso e spinge i politici a sostenere le raccomandazioni politiche di questo gruppo, che potrebbero vedere la Russia autorizzare la Siria a usare gli S-300 contro Israele, come spiegato.

Per essere chiari, la fazione pro-Resistenza esiste per lo più solo nei media internazionali finanziati pubblicamente dalla Russia e tra i loro associati (anche informali), con un’influenza quasi nulla all’interno dei suoi think tank, sebbene alcuni di essi si stiano avvicinando alle loro opinioni. La fazione filo-israeliana/equilibratrice/pragmatica rimane predominante ed è per questo che l’attuale politica è rimasta in vigore per così tanto tempo, nonostante le ripetute provocazioni di Israele che avrebbero potuto portare a un cambiamento di politica molto tempo fa se ci fosse stata la volontà politica.

Questo stato di cose, tuttavia, potrebbe cambiare in modo decisivo se Israele armasse indirettamente l’Ucraina con i suoi Patriots. Netanyahu e coloro che lo circondano potrebbero non rendersi conto di quanto questo potrebbe cambiare drasticamente la politica regionale della Russia, considerando il modo in cui tutto viene sempre più percepito dal Cremlino, visto il contesto in evoluzione della Nuova Guerra Fredda. Israele dovrebbe quindi pensarci due volte per non rischiare di catalizzare lo scenario peggiore nelle relazioni con la Russia.

È giunto ormai da tempo il momento che il Pakistan metta i suoi soldi dove dice e cominci a fare ciò che è necessario per dimostrare che non si sta limitando a trascinare la Russia.

Gli osservatori dell’Asia meridionale hanno seguito da vicino l’incontro tra il presidente russo Putin e il primo ministro pakistano Shehbaz Sharif a margine del vertice SCO di questa settimana ad Astana per capire se questi due saranno in grado di rompere la loro impasse sull’espansione globale dei legami. Si sono incontrati l’ultima volta due anni fa al vertice SCO del 2022 a Tashkent, che all’epoca fu analizzato qui . Il precedente articolo con collegamento ipertestuale ha attirato l’attenzione sulle grandi speranze di Putin di raggiungere un accordo energetico strategico con il Pakistan.

Ciò non si è concretizzato perché il Pakistan rimane riluttante a sfidare gli Stati Uniti nonostante questi ultimi abbiano precedentemente chiarito che non saranno imposte sanzioni secondarie contro i partner energetici della Russia. Il postmoderno colpo di stato Il regime instaurato nell’aprile 2022 dopo la scandalosa cacciata dell’ex primo ministro Imran Khan prende la maggior parte – ma soprattutto non tutti – gli spunti dall’America. Anche se sanno che non saranno sanzionati per l’acquisto di queste risorse, sanno comunque che gli Stati Uniti lo disapprovano.

Questa intuizione mette in luce l’insincerità dei commenti che Sharif ha fatto a Putin secondo la trascrizione ufficiale del Cremlino che può essere letta qui . Il leader pakistano ha affermato che il commercio si avvicina al miliardo di dollari, ma ha omesso di menzionare che ciò è in gran parte dovuto alle esportazioni di grano russo verso il suo paese. Il suo suggerimento di “muoversi ulteriormente” nella direzione di maggiori importazioni di petrolio ignora il fatto che la palla è nel suo campo ed è così già da un anno da quando il Pakistan ha sospeso a tempo indeterminato tali spedizioni con pretesti dubbi.

Lo stesso si può dire della proposta di Sharif di ripristinare il baratto tra i loro paesi, la cui decisione è stata approvata più di un anno fa ma da allora non è successo nulla di significativo. Alcune esportazioni di frutta e cuoio hanno raggiunto il mercato russo, ma si trattava solo di prove intese a dimostrare la fattibilità del commercio attraverso il corridoio di trasporto nord-sud attraverso l’Iran e l’Azerbaigian. Se ci fosse la volontà, a questo punto il baratto sarebbe aumentato, ma si è invece trasformato in un’altra deludente opportunità persa.

Come è stato spiegato qui alla fine di marzo, il Pakistan deve liberarsi dal giogo dell’egemonia americana per espandere in modo completo i legami con la Russia, anche se per ora questa rimane una fantasia politica dal momento che l’attuale accordo politico è stato istituito con il sostegno degli Stati Uniti. A volte estende i limiti di quanto lontano può spingersi senza affrontare l’ira dell’America, come per quanto riguarda i legami con Cina e Iran , ma la cricca al potere sa che concludere un accordo energetico strategico con la Russia oltrepasserebbe una linea rossa invisibile.

Tuttavia, Putin ha ritenuto che valesse la pena menzionare il suo interesse in tal senso poiché è il fattore chiave nel determinare se le relazioni bilaterali rimangono cordiali o si evolvono in un partenariato strategico , l’ultimo dei quali potrebbe verificarsi se un simile accordo venisse raggiunto parallelamente a un accordo transnazionale. -Corridoio commerciale afghano . Esistono le basi affinché i loro legami raggiungano quel livello, anche se spetta interamente al Pakistan decidere se raggiungeranno o meno quel punto, e finora sembra che non sia seriamente interessato a che ciò accada.

Astenersi da risoluzioni ostili dell’Assemblea generale dell’ONU sulla Russia e lodare di tanto in tanto il ruolo regionale di quel paese sono solo segnali superficiali di sostegno che non si sono ancora tradotti in qualcosa di tangibile. Sono mosse benvenute, su questo non c’è dubbio, ma è ormai da tempo che il Pakistan metta i suoi soldi dove dice e cominci a fare ciò che è necessario per dimostrare che non si sta limitando a trascinare la Russia. Mantenere lo status quo va bene, ma se questo è tutto ciò che il Pakistan vuole, allora dovrebbe essere chiaro al riguardo.

C’è voluta la presidenza di turno ungherese del Consiglio d’Europa perché Orban visitasse finalmente Kiev, il che aumentava le possibilità che non venisse maltrattato da Zelenskyj per vendetta delle sue opinioni.

Il viaggio del primo ministro ungherese Viktor Orban a Kiev all’inizio di questa settimana ha suscitato molta attenzione poiché era la prima volta che visitava la capitale ucraina dall’ultima fase del conflitto NATO-russo. la guerra per procura in quel paese è scoppiata quasi due anni e mezzo fa. I media si sono concentrati soprattutto sulla sua proposta che l’Ucraina accettasse un cessate il fuoco per facilitare i colloqui di pace, proposta che come prevedibile è stata respinta , dando così l’impressione che la sua visita mirasse solo a questo e fosse quindi fallita.

Il nocciolo della questione è che sia i comunicati stampa ungherese che quelli ucraini affermano che lo scopo del suo viaggio era quello di fare progressi nelle relazioni bilaterali. L’interesse di Orban per la pace, che di recente potrebbe essere stato stuzzicato ancora di più da Zelenskyj che ha lasciato intendere che tali colloqui potrebbero aver luogo tramite un mediatore proprio come hanno fatto quelli per l’accordo sul grano, era secondario rispetto a questo obiettivo. A questo proposito, voleva soprattutto garantire che Kiev rispetti finalmente i diritti degli ungheresi nella regione di Zakarpattia.

Questa “ dimensione umanitaria poco discussa della posizione dell’Ungheria nei confronti del conflitto ucraino ” gioca un ruolo importante nel motivo per cui Budapest si rifiuta di armare Kiev o di consentire ai suoi alleati della NATO di farlo attraverso il suo territorio. Quella regione appartenne alla civiltà ungherese per oltre un millennio, ma finì sotto il controllo cecoslovacco dopo la prima guerra mondiale, prima della quale tornò brevemente in mano ungherese dal 1939 al 1945, per poi essere trasferita all’Ucraina sovietica alla fine della seconda guerra mondiale. .

Le politiche di coscrizione forzata di Kiev hanno avuto un impatto enorme sulla minoranza ungherese del paese, alcuni dei quali sono stati catturati dalla Russia ma poi inviati in Ungheria nel giugno 2023 su loro richiesta invece che tornare in Ucraina. Quell’incidente è stato analizzato qui in quel momento per coloro che volessero saperne di più. L’importanza sta nel fatto che gli ungheresi arruolati non si sentivano a proprio agio nel tornare in Ucraina a causa delle politiche discriminatorie contro il loro gruppo minoritario.

Orban è obbligato a garantire nel miglior modo possibile gli interessi dei suoi coetnici, ma finora ha rifiutato di viaggiare in Ucraina a tale scopo poiché finora non è stato fatto alcun progresso in merito, sebbene la presidenza di turno del Consiglio d’Europa del suo paese gli abbia dato l’opportunità di farlo esplorando anche un cessate il fuoco. Ha visitato Kiev non solo come Primo Ministro ungherese, ma come rappresentante del Consiglio d’Europa, assicurandosi così che Zelenskyj non cercasse di metterlo in ombra o di umiliarlo ma lo trattasse invece con rispetto.

Sebbene il viaggio riguardasse principalmente la risoluzione di questioni bilaterali, il contesto diplomatico del nuovo ruolo dell’Ungheria nell’UE nel semestre successivo ha creato un’atmosfera molto migliore che se si fosse trattato di un viaggio puramente bilaterale con Orban che avrebbe partecipato esclusivamente in qualità di Primo Ministro ungherese. . Inoltre, Zelenskyj sa che avrà bisogno dell’accordo di Orban se l’Ucraina vuole fare ulteriori progressi verso l’adesione all’UE, non importa quanto superficiale possa essere alla fine. Ciò a sua volta lo ha reso più disponibile ai negoziati bilaterali.

L’unico risultato tangibile del loro incontro è stato che Orban si è impegnato a costruire e finanziare tutte le scuole ucraine di cui la comunità ha bisogno in Ungheria a causa dell’afflusso di rifugiati. È stata una mossa intelligente poiché spinge Zelenskyj a rispondere reciprocamente ripristinando i diritti della minoranza ungherese anche se non si è ancora impegnato in nulla di tangibile. I colloqui sono in corso, anche se, a giudicare dall’ottimismo di Orban, la questione verrà risolta con un accordo globale di cooperazione.

Tutto sommato, è stata necessaria la presidenza di turno ungherese del Consiglio d’Europa perché Orban visitasse finalmente Kiev, il che aumentava le possibilità che non venisse maltrattato da Zelenskyj per vendetta delle sue opinioni. Anche se ha affrontato il tema del cessate il fuoco, il vero scopo del suo viaggio, come confermato da entrambe le parti, era quello di rafforzare i legami bilaterali, che rimangono problematici ma potrebbero presto normalizzarsi. La sua visita può quindi essere valutata come un passo positivo nella giusta direzione, ma ci vorrà ancora del tempo perché dia i suoi frutti, se mai ce ne saranno.

Non ci sono prove che il presidente Putin abbia mai preso seriamente in considerazione una cosa del genere.

La Alt-Media Community (AMC) si riferisce al gruppo eterogeneo di media, influencer e appassionati non mainstream, alcuni dei quali reagiscono in modo eccessivo e riportano in modo errato notizie conformi alle loro aspettative di pio desiderio o addirittura talvolta fuorviano deliberatamente il loro pubblico. Questo è stato il caso del popolare account X “BRICS News”, che ha oltre mezzo milione di follower ed è affiliato a un sito di criptovaluta con sede negli Stati Uniti , ma alcuni presumono erroneamente che sia affiliato a BRICS.

Martedì hanno twittato quanto segue : “APPENA ARRIVATO: la Russia armerà gli Houthi dello Yemen con missili da crociera balistici antinave”. Il loro pubblico, molti dei quali presumono erroneamente che l’assegno d’oro di “BRICS News” confermi il suo status di account di notizie ufficiale dei BRICS a meno che non facciano clic su quel simbolo per vedere con chi è veramente affiliato, hanno dato questa affermazione per scontata. In realtà, tuttavia, si tratta di un esempio di “BRICS News” che riporta erroneamente ciò che affermavano questi due articoli o che fuorvia deliberatamente il pubblico al riguardo:

* 28 giugno: “ I funzionari statunitensi temono che l’offensiva israeliana contro Hezbollah possa trascinarsi in Russia ”

* 1 luglio: “ Putin riflette sull’armamento degli Houthi con missili da crociera: rapporto ”

Il primo proveniva da “Middle East Eye” (MEE), con sede nel Regno Unito ma, secondo quanto riferito, finanziato dal Qatar , che ha citato un anonimo “alto funzionario statunitense” che ha detto loro che “il presidente Vladimir Putin ha preso in considerazione la possibilità di fornire ai combattenti ribelli Houthi crociere antinave missili” ma il principe ereditario saudita avrebbe posto il veto. La seconda notizia, nel frattempo, era semplicemente Newsweek che riportava le affermazioni di cui sopra. Nessuno dei due rapporti afferma che la Russia armerà effettivamente gli Houthi, a differenza di quanto twittato da “BRICS News”.

Ecco tre briefing di base che spiegano perché la Russia è riluttante a farlo:

* 18 marzo: “ Perché gli Houthi distorcono la verità affermando di avere legami con Russia, Cina e BRICS? ”

* 18 maggio: “ Gli investimenti russi nello Yemen potrebbero incentivare Mosca a mediare una risoluzione del suo conflitto ”

* 7 giugno: “ Chi potrebbe armare la Russia come risposta asimmetrica all’Occidente che arma l’Ucraina? ”

Verranno ora riassunti per comodità del lettore.

Il primo documenta la realtà oggettivamente esistente delle relazioni russo-houthi basandosi su fonti ufficiali, che smentiscono l’affermazione di molti membri dell’AMC secondo cui i due sarebbero alleati militari. La Russia ha criticato pubblicamente gli Houthi al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, mentre il ministro degli Esteri Lavrov li ha criticati in altre occasioni, ciascuno a causa delle loro obiezioni agli attacchi di quel gruppo contro navi civili. Esistono legami politici, soprattutto per ragioni pragmatiche legate al controllo del gruppo sullo Yemen del Nord, ma la questione è solo questa.

Per quanto riguarda il secondo, documenta la crescente vicinanza tra la Russia e il governo yemenita di Aden, riconosciuto dall’ONU, con il quale gli Houthi sono in guerra già da quasi un decennio, il che si allinea in gran parte con lo Yemen del Sud. La Russia di solito dà priorità ai legami con i governi legittimi rispetto ai gruppi ribelli, anche se esistono eccezioni come le sue relazioni con il generale libico Haftar. Detto questo, lo Yemen è un caso in cui si segue il libro, ed è contrario a sacrificare gli stretti legami con Aden armando gli Houthi.

Il briefing finale menziona verso la fine che è improbabile che la Russia armi gli Houthi perché non vuole rischiare di rovinare le relazioni con l’Arabia Saudita, che è in guerra con quel gruppo già da quasi un decennio e con la quale la Russia gestisce congiuntamente il petrolio globale. mercato tramite l’OPEC+. Anche se è possibile che l’armamento speculativo da parte della Russia dell’Asse della Resistenza in Siria e Iraq (in circostanze specifiche) possa portare indirettamente a un flusso di armi nelle mani degli Houthi, essa non lo approverebbe.

Questa intuizione aiuta a comprendere meglio ciò che la fonte anonima di un “alto funzionario statunitense” del MEE avrebbe detto loro riguardo a come il leader russo “abbia preso in considerazione l’idea di fornire” missili da crociera antinave agli Houthi, ma presumibilmente il suo suggerimento sia stato posto il veto dal principe ereditario saudita. Anche se non si può sapere con certezza data l’opacità di questo argomento, è possibile che la loro fonte dica la verità, anche se con l’avvertenza che tutto potrebbe non essere così chiaro come potrebbero supporre gli osservatori casuali.

Per spiegare, MEE ha riferito che “Secondo l’intelligence statunitense, il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman è intervenuto per impedire a Putin di fornire missili agli Houthi…’Putin ha ingaggiato Mohammed bin Salman che ha chiesto alla Russia di non portare avanti l’accordo,’ ha detto a MEE un alto funzionario americano”. Ciò suggerisce che il principe ereditario abbia programmato una telefonata con il leader russo per dirgli di non procedere con una simile mossa, non che il presidente Putin abbia chiesto il permesso ma sia stato rifiutato.

L’amministrazione di Mohammed Bin Salman potrebbe essersi imbattuta in voci al riguardo online, come quelle diffuse dall’AMC da quando gli Houthi hanno iniziato il blocco delle vie navigabili della regione, o aver ottenuto informazioni da altre fonti secondo cui alcuni russi ne stavano discutendo. Per quanto riguarda la seconda possibilità, questo articolo tocca la recente emergenza di una fazione pro-Asse all’interno della comunità politica russa, che è ancora subordinata a quella filo-israeliana.

Tuttavia, alcune comunicazioni potrebbero essere state intercettate dai sauditi (o da qualcun altro che ha trasmesso loro il messaggio) da parte di alcuni dei loro membri e/o potrebbero averne parlato con colleghi stranieri che poi glielo hanno trasmesso, rendendo così necessario l’intervento del principe ereditario. chiamata. Mohammed Bin Salman avrebbe preso molto sul serio entrambe le sequenze di eventi considerando quanto sia stata costosa la guerra quasi decennale del suo Regno contro gli Houthi anche senza che loro avessero armi russe.

Il fatto che abbia chiamato il presidente Putin per discutere di questo (ammesso che sia successo, cioè), non avrebbe significato automaticamente che la Russia stava per armare gli Houthi, ma è stato poi posto il “veto” all’ultimo minuto come molti nell’AMC senza sapere come. le cose funzionano ora potrebbe pensare dopo aver letto quei rapporti. In realtà, non ci sono prove che il leader russo abbia mai preso seriamente in considerazione la questione, ed è molto più probabile che la fazione pro-Resistenza, attualmente non influente, sia stata l’unica in Russia a discuterne.

Mentre l’approccio della Russia nei confronti di Israele potrebbe cambiare se armasse l’Ucraina di Patriots attraverso gli Stati Uniti, come nel suddetto pezzo con collegamento ipertestuale sulla fazione pro-Resistenza menzionata, non ci sono linee di faglia emergenti nei legami della Russia con l’Arabia Saudita che possano ipotizzare un cambiamento nella politica. verso di esso. Gli Houthi hanno già capacità missilistiche da crociera antinave, come hanno ripetutamente dimostrato, quindi la questione se riceveranno tali missili dalla Russia in futuro è irrilevante in senso pratico.

L’unico motivo per cui questa notizia è ancora in circolazione è perché alcuni membri dell’AMC credono fermamente che ciò accadrà (o sia già accaduto), stanno deliberatamente fuorviando il loro pubblico su questo per qualsiasi motivo, e/o le agenzie di spionaggio straniere come quelli del Qatar e degli Stati Uniti che vogliono dividere Russia e Arabia Saudita. Si consiglia pertanto ai membri responsabili dell’AMC di non condividere tali rapporti o di prestare loro falso credito poiché non esiste alcuna base fattuale per ritenere che la Russia armerà gli Houthi.

Sebbene l’amministrazione Biden sia controllata da liberali-globalisti che credono che gli Stati Uniti dovrebbero continuare a lasciare che l’UE se ne occupi come ricompensa per il loro allineamento ideologico, gli imperativi strategico-militari nei confronti della Cina hanno già spinto il Pentagono ad attuare parzialmente Il piano di Trump.

Martedì Politico ha pubblicato un articolo su come “ il piano di Trump per la NATO sta emergendo ”, in cui cita alcune fonti anonime e registrate per descrivere il suo approccio nei confronti del blocco se verrà rieletto. Si basa su un documento politico scritto dalla dottoressa Sumantra Maitra nel febbraio 2023 per il Center for Renewing America, affiliato a Trump. Intitolato “ Pivoting the US Away from Europe to a Dormant NATO ”, spiega in dettaglio come gli Stati Uniti possono convincere l’UE a difendere l’Europa mentre gli Stati Uniti si concentrano sul contenimento della Cina in Asia.

Il punto è che gli Stati Uniti trarrebbero finanziamenti da attività non essenziali della NATO che non hanno nulla a che fare con la difesa del blocco da un attacco russo, cosa che Maitra ritiene non realistica in ogni caso a causa della mancanza di volontà e capacità, consentendogli così di farlo. tornare alla sua missione principale e ridurre il peso burocratico. Tutti sarebbero costretti ad aumentare le spese militari per rimanere sotto l’ombrello nucleare degli Stati Uniti, ma le coalizioni del sottoblocco si assumerebbero la responsabilità di difendere il fianco orientale, non gli Stati Uniti.

La proposta di Maitra mira a porre fine all’era del freeloading europeo trasferendo bruscamente sulle loro spalle il peso della difesa continentale, con gli Stati Uniti che si trasformano in un “bilanciatore offshore” nei confronti dell’Eurasia (soprattutto rispetto a Cina e Russia) e “un fornitore logistico di ultima istanza” per l’UE. Nell’ambito di questa transizione, l’UE svilupperebbe industrie della difesa transfrontaliere invece di mantenere quelle puramente nazionali in modo da migliorare l’interoperabilità, facilitando così il suddetto ruolo logistico degli Stati Uniti.

Per quanto riguarda l’articolo di Politico, che si basa sul brief politico di Maitra nei modi appena spiegati, Trump 2.0, secondo quanto riferito, fermerebbe anche l’espansione della NATO, mentre prende in considerazione l’idea di congelare l’ accordo NATO-russo. guerra per procura lungo la linea di contatto. In linea di principio, questo approccio potrebbe soddisfare alcune delle richieste di garanzia di sicurezza della Russia, creando così le basi per un compromesso pragmatico . Basti dire che all’Ucraina non sarebbe permesso di aderire alla NATO, anche se manterrebbe comunque legami militari con l’Occidente.

Sebbene l’amministrazione Biden sia controllata da liberali – globalisti che credono che gli Stati Uniti dovrebbero continuare a lasciare che l’UE se ne occupi come ricompensa per il loro allineamento ideologico, gli imperativi strategico-militari nei confronti della Cina hanno già spinto il Pentagono ad attuare parzialmente Il piano di Trump. Ciò ha preso la forma di promuovere la rapida ripresa della leadership militare tedesca nell’UE attraverso la “ Fortezza ”. Europa ”, che le due analisi precedenti, collegate in collegamento ipertestuale, descrivono ampiamente.

In breve, l’idea è che gli Stati Uniti facciano affidamento su un sottoblocco guidato dalla Germania per contenere la Russia in Europa su ordine degli Stati Uniti mentre gli Stati Uniti “ritornano verso l’Asia” per contenere la Cina, cosa che sarebbe facilitata dalla sua strategia. “rivale amichevole” subordinazione totale della Polonia come “partner minore” di Berlino. Come la Germania, anche la Polonia vuole costruire la più grande forza terrestre dell’UE, e gli sforzi di questi due paesi possono completarsi a vicenda se saranno coordinati dagli Stati Uniti attraverso la suddetta gerarchia.

Lo “ Schengen militare ” concordato dai due paesi a febbraio, al quale ha recentemente aderito anche la Francia , potrebbe presto espandersi fino a includere gli Stati baltici e accelerare così la costruzione della prevista “ linea di difesa dell’UE ” lungo i confini orientali del blocco. . Questi processi si stanno già svolgendo nonostante l’agenda ideologica dell’amministrazione Biden proprio perché il Pentagono si è reso conto che questo è il modo migliore per mantenere la leadership militare americana nella Nuova Guerra Fredda .

Gli Stati Uniti non possono restare impantanati in una “guerra eterna” europea, che è ciò che potrebbe diventare la guerra per procura NATO-Russia in Ucraina se Mosca non riuscisse a ottenere una svolta militare grazie alla sua leadership nella “ corsa alla logistica ”. “ guerra di logoramento ”, altrimenti l’ascesa della Cina diventerebbe incontrollabile. Ciò spiega perché il falco anti-russo Kaja Kallas ha affermato il mese scorso che l’Ucraina può ottenere la “vittoria” anche senza riconquistare le regioni perdute, mentre Biden ha affermato più o meno nello stesso periodo che potrebbe non aderire alla NATO .

Si tratta di concessioni importanti che ridimensionano gli obiettivi fino ad allora massimalisti dell’Occidente in quel conflitto, sebbene coincidano anche con ulteriori escalation come consentire apertamente all’Ucraina di colpire qualsiasi obiettivo all’interno della Russia, inviare difese aeree aggiuntive in Ucraina e prendere in considerazione la possibilità di contrarre ufficialmente le PMC lì, ecc. al. Questa contraddizione è spiegata dalla lotta tra la fazione liberale-globalista al potere negli Stati Uniti e i suoi rivali relativamente meno radicali che vogliono “riorientarsi verso l’Asia” il prima possibile.

Il primo vuole una “guerra eterna” in Europa per ragioni ideologiche in modo da unire l’Occidente attorno alla “leadership morale” degli Stati Uniti poiché inquadra la Nuova Guerra Fredda come una battaglia tra “democrazie e autocrazie”, mentre il secondo ha più realismo tra le loro fila vedono tutto dal punto di vista geopolitico. Di conseguenza, i liberali-globalisti danno priorità al contenimento della Russia , mentre i loro rivali danno priorità al contenimento della Cina . Il crescente attrito tra loro in questo momento cruciale della Nuova Guerra Fredda è responsabile di questi segnali contrastanti.

Tuttavia, anche se l’esito della loro lotta non è chiaro poiché molto dipenderà dalle elezioni presidenziali americane, il fatto è che l’amministrazione Biden ha ancora presieduto all’attuazione parziale del piano di Trump, come già spiegato. Un’ulteriore prova di ciò include la prima “ Strategia per l’industria della difesa ” dell’UE, che Politico ha riassunto qui , dimostrando così che la proposta industriale transfrontaliera di Maitra viene avanzata parallelamente a quella del sottoblocco.

Questi sviluppi militari, politici e diplomatici mirano a ottimizzare la proiezione di potenza degli Stati Uniti, date le loro limitate capacità industriali al momento, e la ritrovata intensa concorrenza da parte dei Cino – Russi. Intesa e le ultime dinamiche strategiche del conflitto ucraino. Questi fattori sono confluiti nell’ultimo anno per spingere il Pentagono a promulgare in modo indipendente alcune delle politiche suggerite da Maitra, anche se i suoi politici potrebbero essere stati completamente all’oscuro dei suoi suggerimenti.

Se i delegati democratici dei liberal-globalisti rimarranno alla Casa Bianca, allora la visione di Maitra probabilmente rimarrà solo parzialmente attuata poiché è improbabile che gli Stati Uniti mettano fine all’era dello scroccone europeo a causa degli interessi ideologici di quella cricca dominante. Se Trump tornasse, tuttavia, tutti dovrebbero aspettarsi che i suoi piani vengano attuati in modo più completo, anche se alla fine potrebbero comunque non raggiungere i loro obiettivi massimalisti per ragioni attualmente imprevedibili.

La fazione pro-BRI emersa in Russia lo scorso anno è probabilmente responsabile di ciò, ma il danno che ha arrecato alla percezione popolare delle relazioni bilaterali sarà presto corretto mentre la Russia continua a ricalibrare la sua strategia asiatica riportandola alle sue radici pragmatiche/equilibrate originali. .

Membro associato presso l’Istituto per gli studi e l’analisi della difesa finanziato dal Ministero della difesa indiano Swasti Rao ha sensibilizzato sulle rappresentazioni incoerenti dell’integrità territoriale del suo paese da parte del Ministero degli affari esteri russo, RT e Sputnik nel periodo precedente al viaggio del primo ministro Narendra Modi Là. Il suo post su X può essere letto qui , che è stato poi ripreso e riportato da The Print qui . Prima di analizzare questo scandalo, è importante condividere con il lettore alcuni briefing di fondo:

* 9 marzo: “ La Russia dovrebbe riconsiderare l’invito al Pakistan a partecipare al progetto ‘Outreach’/’BRICS Plus’? ”

* 12 aprile: “ La Russia avrebbe dovuto invitare Cina e India a partecipare contemporaneamente ai colloqui sulla sicurezza eurasiatica? ”

* 8 maggio: “ Due studi commissionati sul Pakistan dicono molto sulle dinamiche intra-élite della Russia ”

* 16 giugno: “ Il sistema di sicurezza eurasiatico proposto dalla Russia deve rispettare gli interessi nazionali dell’India ”

* 23 giugno: “ Il patto logistico militare della Russia con l’India completa la sua strategia asiatica recentemente ricalibrata ”

* 25 giugno: “ Ecco i cinque argomenti che Modi dovrebbe discutere con Putin durante la sua visita ”

* 28 giugno: “ Interpretare l’ultima intuizione di Lavrov sulla geopolitica indiana ”

Questi articoli sostengono che nell’ultimo anno in Russia è emersa una fazione politica pro-BRI, che crede che un ritorno al bi-multipolarismo sino-americano sia inevitabile, quindi il loro paese dovrebbe quindi accelerare la traiettoria della superpotenza cinese come vendetta contro gli Stati Uniti per tutto ciò che sta facendo. fatto dal 2022. La loro crescita astronomica è stata recentemente frenata dai viaggi del presidente Putin in Corea del Nord e Vietnam, insieme ai progressi tangibili compiuti nella conclusione di un patto logistico militare a lungo negoziato con l’India.

Fino a questi ultimi tre sviluppi, avvenuti in rapida sequenza, sembrava che la Russia stesse scivolando verso una dipendenza potenzialmente sproporzionata dalla Cina. I “rivali amichevoli” della fazione pro-BRI sono gli equilibratori/pragmatisti, che vogliono scongiurare il suddetto scenario facendo affidamento sull’India come contrappeso alla Cina , e sono responsabili delle ultime mosse politiche. La Russia ha quindi ricalibrato la sua strategia asiatica giusto in tempo per l’imminente visita del Primo Ministro Modi.

Tuttavia, questo processo è ancora in fase di elaborazione e ci vorrà del tempo per identificare ovunque i progressi compiuti dalla fazione pro-BRI nell’ultimo anno, con l’obiettivo di invertire parte di ciò che hanno fatto. Considerando questo delicato contesto politico, è quindi molto probabile che questa fazione sia stata responsabile delle rappresentazioni incoerenti dell’integrità territoriale dell’India che Rao ha colto. Di conseguenza, si prevede che saranno inevitabilmente corretti, ma ciò potrebbe accadere prima se l’India dovesse sollevare il problema con la Russia.

L’ex ambasciatore indiano in Russia Venkatesh Verma ha dichiarato a The Hindu che il viaggio del primo ministro Modi “invertirà la percezione nella comunità internazionale di una deriva nelle relazioni bilaterali”, come sostenuto anche da alcuni media indiani secondo il suo predecessore Kanwal Sibal in un articolo per RT . Questo organo di informazione ha appena pubblicato un articolo del dottor Alexey Kupriyanov, uno dei giovani esperti russi più promettenti sull’India, in cui affronta i timori dell’India che la Cina voglia imporre l’unipolarità guidata dalla Cina in Asia .

Anche se l’ex ambasciatore Sibal collabora regolarmente con RT, questo è stato il primo contributo del dottor Kupriyanov, che hanno notato “è stato scritto per la sessione ‘BRICS: un passo verso una nuova architettura mondiale’ del forum internazionale ‘Primakov Readings’ ed è stato il primo pubblicato su Izvestia, tradotto e curato dal team RT. Pertanto, è chiaro che è stata presa una decisione editoriale – probabilmente per volere dei loro sostenitori statali – per amplificare la sua intuizione a livello mondiale, confermando così le osservazioni di una ricalibrazione politica.

Dopotutto, sarebbe stato impensabile solo poche settimane fa, quando la fazione pro-BRI stava ancora esercitando un’influenza senza precedenti sui media internazionali russi finanziati con fondi pubblici (come attraverso gli esempi menzionati da Rao), immaginare che avrebbero pubblicato un pezzo questo è critico nei confronti della Cina. L’esistenza stessa dell’articolo del dottor Kupriyanov in prima pagina, che hanno cercato e tradotto per aumentare la consapevolezza globale della sua intuizione, dimostra che le cose stanno cambiando dietro le quinte.

Ciò dovrebbe dare speranza a Rao e ad altri che hanno colto le recenti tendenze secondo cui la Russia riparerà il danno che la fazione pro-BRI ha inflitto alla percezione popolare dei legami bilaterali con l’India. Erano così presi dallo zelo ideologico che non si rendevano conto che alcune delle loro mosse, come cambiare il modo in cui veniva rappresentata l’integrità territoriale dell’India, causavano preoccupazione per un possibile cambiamento nella politica. La Russia farebbe quindi bene a tenerli d’occhio in futuro per evitare altri passi falsi del genere.

Sembra che i cospiratori siano dissidenti nostrani senza alcun legame con la Russia, anche se potrebbero avere qualche legame con membri scontenti delle forze armate.

Il procuratore generale ucraino ha rivelato lunedì che la SBU ha sventato un presunto complotto simile a quello del J6 per prendere il potere a Kiev il giorno prima, orchestrando una protesta che sarebbe deliberatamente sfociata in una rivolta i cui partecipanti, tra cui personale militare e PMC, avrebbero poi preso d’assalto la Rada. . Zelenskyj allarma da novembre sul cosiddetto “Maidan 3” che, secondo lui, era stato organizzato dalla Russia contro di lui, quindi è molto probabile che interpreterà quest’ultimo sviluppo come prova di quel presunto complotto.

È utile ai suoi interessi politici screditare la possibilità che si sia trattato di un tentativo di cambio di regime veramente interno, che potrebbe anche potenzialmente essere legato a membri scontenti delle forze armate, indipendentemente dal fatto che abbiano qualche legame con l’ex comandante in capo Zaluzhny. Era il principale rivale di Zelenskyj prima di essere sostituito e designato come nuovo ambasciatore ucraino nel Regno Unito ed era dell’opinione che fosse diventato impossibile raggiungere gli obiettivi massimalisti di Zelenskyj nel conflitto.

Gli osservatori dovrebbero anche ricordare che il mandato di Zelenskyj è scaduto a fine maggio, quindi è illegittimo a causa della convincente argomentazione legale avanzata dal presidente Putin il mese scorso secondo cui il presidente della Rada è ora il capo dello stato se la Costituzione ucraina viene ancora rispettata. Inoltre, c’è molta rabbia per le misure di coscrizione forzata del paese che sono aumentate a causa della nuova spinta della Russia nella regione ucraina di Kharkov all’inizio di maggio, per cui al giorno d’oggi esiste davvero un autentico sentimento antigovernativo.

Non si può quindi escludere che si tratti effettivamente del lavoro di autentici dissidenti nazionali senza alcun rapporto con la Russia, nonostante ciò che Kiev potrebbe affermare. Mentire sul presunto legame di quel paese con i cospiratori ha il duplice scopo di giustificare ulteriori repressioni sulla società e allo stesso tempo ricordare all’Occidente la presunta “minaccia russa” in vista del vertice NATO della prossima settimana, nel tentativo di spingerli a estendere un sostegno più significativo all’Ucraina .

Anche la tempistica con cui tutto si è svolto merita un ulteriore esame tenendo presente quell’evento imminente. Secondo il procuratore generale, i colpevoli hanno iniziato a diffondere messaggi antigovernativi sui social media a maggio e hanno continuato a farlo fino a giugno, cosa che presumibilmente ha attirato l’attenzione dello Stato. Si può quindi supporre che le autorità fossero a conoscenza di tutto riguardo a questo complotto fin dall’inizio e che quindi non abbia mai rappresentato una minaccia credibile.

Il motivo per cui non è stato arrestato immediatamente potrebbe essere stato quello di identificare l’intera portata dei loro piani e smascherare tutti gli altri all’interno di questa rete per eliminarli tutti in una volta. Ciò è abbastanza sensato, ma potrebbe esserci stato anche un ulteriore motivo in gioco, vale a dire assicurarsi che questa storia circoli nel periodo precedente al vertice della NATO per le ragioni politiche egoistiche di Zelenskyj già menzionate, invece di introdurla prematuramente nel dibattito pubblico. ecosistema informativo globale con settimane di anticipo.

Inoltre, visto che secondo quanto riferito l’Ucraina ha iniziato un rafforzamento militare lungo il confine bielorusso, è possibile che Kiev abbia pianificato di rendere pubbliche queste notizie tipo J6 più o meno nello stesso periodo al fine di sfruttare le prevedibili accuse di coinvolgimento russo nel complotto come pretesto per le suddette misure. In questo modo, questa mossa potrebbe essere interpretata come “difensiva”, anche se è probabilmente basata almeno sulla trasmissione dell’intento di minacciare l’alleato di mutua difesa della Russia, il cui scopo è stato spiegato qui .

Mettendo tutto insieme, sembra che i cospiratori siano dissidenti nostrani senza alcun legame con la Russia, anche se potrebbero avere qualche legame con membri scontenti delle forze armate. Le autorità erano a conoscenza dei loro piani fin dall’inizio, ma hanno rifiutato di arrestarli subito poiché volevano ottenere maggiori informazioni. Tuttavia, il secondo motivo era che questa storia coincidesse con le ultime tensioni bielorusse e con l’imminente vertice della NATO, forse presagendo così ulteriori escalation occidentali .

Morales e Milei rappresentano rispettivamente l’estrema sinistra e l’estrema destra, ma ciascuno di loro ha concluso in modo indipendente che l’ex generale boliviano Zuniga stava dicendo la verità la scorsa settimana quando ha affermato che il presidente Arce gli aveva chiesto di organizzare un falso colpo di stato.

L’ex presidente boliviano Evo Morales e il presidente argentino in carica Javier Milei , che rappresentano rispettivamente l’estrema sinistra e l’estrema destra, sono entrambi usciti allo scoperto per accusare ufficialmente l’attuale presidente boliviano Luis Arce di aver simulato il fallito tentativo di colpo di stato della scorsa settimana. Il generale Juan Jose Zuniga aveva precedentemente affermato che Arce gli aveva chiesto di mettere in scena un dramma politico per aumentare la sua popolarità in un contesto di tensioni intra-sinistra con Morales e una crisi economico-finanziaria in rapido peggioramento, ma inizialmente non era stato ritenuto credibile.

Tuttavia, considerando che due figure popolari ai lati opposti dello spettro politico sono appena diventate strane compagne di letto, ci sono ora motivi per riconsiderare ciò che ha affermato Zuniga e chiedersi se Arce abbia effettivamente orchestrato questo bizzarro tentativo di colpo di stato che non aveva nessuna delle solite tracce della CIA . Dopotutto, Morales e Milei hanno visioni del mondo completamente diverse, eppure ciascuno è arrivato indipendentemente alla conclusione che Zuniga stesse effettivamente dicendo la verità.

Potrebbe esserci anche un po’ di opportunismo politico in gioco, visto che Morales ha interesse a screditare Arce mentre gareggia per diventare il candidato del partito di sinistra al potere durante le elezioni del prossimo anno nonostante gli ostacoli legali mentre Milei odia tutti i socialisti, non importa quanto siano moderati. Forse. Tuttavia, l’ottica di questi due che escono allo scoperto e accusano Arce di aver inscenato un “auto-colpo di stato” è potente, e sicuramente spingerà gli osservatori a riflettere più profondamente su questa teoria.

Nel caso in cui ci fosse qualcosa di vero, Arce potrebbe effettivamente aver pensato che ciò avrebbe aumentato la sua popolarità nei confronti di Morales e allo stesso tempo avrebbe distratto dalla crisi economico-finanziaria in corso, quest’ultima che avrebbe potuto poi pensare di poter far girare in relazione al presunto colpo di stato. La CIA ha una lunga storia di ingerenze in Bolivia, quindi dopo quel fallito cambio di regime sarebbero state gettate le basi per accusarla di aver presumibilmente intrapreso in anticipo una guerra economico-finanziaria contro la Bolivia.

A questo punto, è impossibile dire cosa sia realmente accaduto poiché ciascuna parte del dibattito ha argomenti convincenti a proprio sostegno, anche se ciò non significa che non si possa avanzare una previsione generale. Le conseguenze dell’accusa di Morales ad Arce di aver architettato un falso colpo di stato aggraveranno la rivalità tra i due e allargheranno ulteriormente il divario all’interno della sinistra in vista delle elezioni presidenziali del prossimo anno. È imprevedibile che si riconcilieranno dopo questo e i loro sostenitori probabilmente diventeranno feroci nemici gli uni degli altri.

A seconda di come si svilupperanno le tensioni tra loro nel prossimo futuro, Arce potrebbe fare affidamento sui militari per reprimere i sostenitori di Morales, soprattutto se organizzano proteste a livello nazionale che chiudono le strade principali e peggiorano la già difficile crisi economico-finanziaria del paese. Detto questo, non si può dare per scontato che l’esercito storicamente allineato con gli Stati Uniti rimanga fedele ad Arce, con la possibilità che alcuni membri anziani si sentano profondamente offesi dal fatto che lui abbia presumibilmente orchestrato un falso colpo di stato con Zuniga.

La loro istituzione appare più debole che mai e fu umiliata dopo che Zuniga obbedì alle richieste di Arce di lasciare il palazzo presidenziale. Se percepissero che è diventato più vulnerabile di prima in seguito a quanto appena accaduto, in gran parte a causa del crescente divario all’interno della sinistra, allora potrebbero organizzare un vero e proprio colpo di stato per deporlo. In tal caso, potrebbero benissimo essere collusi con la CIA, e non si può escludere che anche loro cerchino l’appoggio di Milei a causa del loro allineamento ideologico antisocialista.

Per quanto riguarda il leader argentino, non vuole né Arce né Morales al potere nella porta accanto, inoltre ha anche ragioni politiche egoistiche nel sostenere qualsiasi colpo di stato contro di loro (anche se solo in seguito mantenendo aperti i corridoi commerciali se il Brasile di sinistra li blocca come punizione) per distrarre dai problemi domestici. Milei potrebbe anche calcolare che farebbe all’Occidente un grande favore che potrebbe poi ripagare in un modo che aiuti ad alleviare la crisi economico-finanziaria dell’Argentina.

Tenendo presenti queste variabili, ci sono ragioni per aspettarsi che la Bolivia rimarrà impantanata in una crisi multilaterale che è pronta a intensificarsi man mano che il paese si avvicina alle elezioni presidenziali del prossimo anno. Arce dovrà fare i conti con un Morales quasi letteralmente ribelle e gestire la sfiducia dei militari, per non parlare di garantire che la crisi economico-finanziaria non sfugga di mano. Ciascuno di questi compiti è estremamente difficile da solo, per non parlare di tutti insieme, e potrebbe non essere in grado di farcela.

Sequestrare fondi è completamente diverso dall’arrestare un funzionario, ma nessuno dei due sarebbe possibile senza che lo stato preso di mira si assumesse dei rischi investendoli all’estero e facendo in primo luogo viaggiare quelle cifre verso paesi conformi alla Corte penale internazionale.

L’ex presidente russo e vicepresidente in carica del Consiglio di sicurezza Dmitry Medvedev ha affermato durante il suo discorso al Forum legale internazionale di San Pietroburgo della scorsa settimana che il sequestro dei beni di un paese e l’arresto dei suoi funzionari all’estero potrebbero essere considerati casus belli. Si riferiva ai fondi russi per un valore di circa 300 miliardi di dollari che l’Occidente ha congelato nel 2022 e ai “mandati di arresto” della “Corte penale internazionale” (CPI) nei confronti del presidente Putin e di altri funzionari russi.

Però ha metà ragione e metà torto per le ragioni che ora verranno spiegate. Da un lato entrambe le azioni sono aggressive e mirano a danneggiare lo Stato preso di mira, ma in realtà è solo l’arresto dei suoi funzionari che potrebbe prevedibilmente portare allo scoppio delle ostilità convenzionali. Dopotutto, la Russia non si è nemmeno impossessata reciprocamente di una quantità equivalente di beni occidentali all’interno della sua giurisdizione dopo che i suoi erano stati sequestrati in Occidente, sebbene questa sia stata una mossa saggia per mantenere la fiducia internazionale.

Se la Russia avesse fatto esattamente la stessa cosa dell’Occidente, allora i paesi di tutto il mondo potrebbero temere che un giorno anche la Russia possa impossessarsi dei loro beni in caso di crisi, esattamente come ora sospettano che l’Occidente potrebbe fare ed è per questo che la Russia ha ragione. sostenendo che questa mossa ha danneggiato la reputazione dell’Occidente. In ogni caso, il punto è che la Russia non ha considerato motivo di guerra la confisca dei suoi beni in Occidente poiché non ha ancora risposto, rendendo così l’affermazione di Medvedev poco più che retorica.

Tuttavia, ha ragione su come l’arresto dei funzionari di un paese possa facilmente costituire ciò, dal momento che è impossibile immaginare che la Russia o chiunque altro non risponda in modo significativo se il loro capo di stato o i massimi leader militari vengono arrestati all’estero. Gli Stati Uniti, o chiunque sia ad arrestare quelle figure, ovviamente conoscerebbero le conseguenze che ciò comporterebbe, ma allo stesso modo, anche quelle figure avrebbero dovuto conoscere i rischi che corrono viaggiando in paesi dove ciò potrebbe accadere.

Lo stesso si può dire della Russia che mantiene in Occidente asset per un valore di 300 miliardi di dollari, che rischiavano sempre di essere congelati e sequestrati in caso di crisi, ma che rimanevano comunque lì perché era redditizio e i politici pensavano che non sarebbe successo nulla. a loro. Nella loro mente, l’Occidente non avrebbe mai toccato quei fondi a causa del danno reputazionale autoinflitto che ne sarebbe derivato, come è stato spiegato, il che era ovviamente un errore di calcolo anche se fatto in modo abbastanza innocente.

Tuttavia, sequestrare fondi è completamente diverso dall’arrestare un funzionario, ma nessuno dei due sarebbe possibile senza che lo stato preso di mira si assumesse dei rischi investendoli all’estero e facendo in primo luogo trasferire tali cifre verso paesi conformi alla Corte penale internazionale. Il punto generale di Medvedev, tuttavia, è solido, ovvero che gli atti di aggressione non convenzionali possono essere considerati casus belli, ma solo l’arresto di funzionari (indipendentemente da quanto sconsiderati possano essere i loro piani di viaggio) costituirebbe probabilmente una risposta militante.

La potenziale operazione bielorussa dell’Ucraina sembra basata sul calcolo di Kiev secondo cui la Russia potrebbe reagire in modo eccessivo in qualche modo, provocando l’intervento convenzionale della NATO che Zelenskyj spera o reindirizzando le truppe dalla linea del fronte esistente a quella nuova, creando così un’apertura da sfruttare.

Negli ultimi giorni i media bielorussi e russi sono stati inondati di notizie sulle nuove tensioni lungo il confine ucraino-bielorusso causate dal presunto rafforzamento militare dell’Ucraina lì:

* “ Drone che volava dall’Ucraina in Bielorussia abbattuto dal servizio di frontiera ”

* “ Deposito con parti di ordigni esplosivi improvvisati trovato al confine bielorusso-ucraino ”

* “ L’esercito bielorusso schiera lo squadrone MLRS Polonez per coprire sezioni del confine di stato ”

* “ Passaggi aperti al sabotaggio, forze di ricognizione nei campi minati sul lato ucraino del confine bielorusso ”

* “ Il Ministero della Difesa sulle provocazioni al confine con l’Ucraina: pronto a usare tutte le forze per difendere la Bielorussia ”

* “ Ulteriori forze dispiegate per rilevare i droni al confine bielorusso-ucraino ”

* “ L’esercito bielorusso avverte dell’aumento delle tensioni al confine con l’Ucraina ”

* “ Tutti i tipi di misure adottate per contenere la complicata situazione al confine meridionale della Bielorussia ”

* “ Le difese aeree bielorusse registrano un aumento del numero di droni ucraini ”

Ciò fa seguito alle preoccupazioni della Bielorussia nell’ultimo anno dall’inizio della controffensiva, alla fine fallita, di Kiev che potrebbe presto essere attaccata direttamente dall’Ucraina e/o dalla NATO:

* 25 maggio 2023: “ La NATO potrebbe considerare la Bielorussia un ‘frutto a portata di mano’ durante l’imminente controffensiva di Kiev ”

* 1 giugno 2023: “ Lo Stato dell’Unione si aspetta che la guerra per procura NATO-Russia si espanda ”

* 14 giugno 2023: “ Lukashenko ha lasciato intendere con forza che si aspetta incursioni per procura simili a quelle di Belgorod contro la Bielorussia ”

* 14 dicembre 2023: ” La Bielorussia si sta preparando alle incursioni terroristiche simili a Belgorod dalla Polonia ”

* 19 febbraio 2024: “ L’opposizione bielorussa con sede all’estero, sostenuta dall’Occidente, sta progettando revisioni territoriali ”

* 21 febbraio 2024: “ L’Occidente sta complottando una provocazione sotto falsa bandiera in Polonia per incolpare Russia e Bielorussia? ”

* 26 aprile 2024: ” Analisi delle affermazioni della Bielorussia sui recenti attacchi di droni provenienti dalla Lituania ”

Questi sviluppi sopra menzionati coincidono con l’aumento delle tensioni NATO-Russia mentre l’Occidente intensifica la sua delega guerra in Ucraina per la disperazione di ottenere una sorta di vittoria strategica nonostante le probabilità:

* 24 maggio: “ Gli Stati Uniti ora consentono più apertamente all’Ucraina di usare le proprie armi per colpire all’interno della Russia ”

* 26 maggio: “ Gli Stati Uniti stanno giocando un pericoloso gioco di pollo nucleare con la Russia ”

* 30 maggio: “ Putin si aspetta che la NATO, e forse la Polonia in particolare, intensifichino la guerra per procura in Ucraina ”

* 31 maggio: “ L’Ucraina sta diventando una canaglia o ha attaccato i sistemi di allarme rapido della Russia con l’approvazione americana? ”

* 11 giugno: “ Il piano di Kiev di immagazzinare gli F-16 negli stati NATO aumenta il rischio di una terza guerra mondiale ”

* 15 giugno: “ Il patto di sicurezza degli Stati Uniti con l’Ucraina è una consolazione per non aver approvato la sua adesione alla NATO ”

* 16 giugno: ” L’appello di Duda a ‘decolonizzare’ la Russia ha dimostrato che Putin aveva ragione a mettere in guardia su questo complotto ”

* 21 giugno: ” Più difese aeree e attacchi transfrontalieri non cambieranno le dinamiche del conflitto ucraino ”

* 27 giugno: “ Il piano PMC segnalato dagli Stati Uniti per l’Ucraina equivale a un intervento convenzionale parziale ”

* 28 giugno: “ La ‘Linea di difesa dell’UE’ è l’ultimo eufemismo per indicare la nuova cortina di ferro ”

Tutte le informazioni sopra menzionate verranno ora riassunte per comodità del lettore prima di analizzare il significato del presunto rafforzamento militare dell’Ucraina lungo il confine bielorusso.

In breve, la Russia ha già vinto la “ corsa logistica ”/“ guerra di logoramento ” con la NATO, essendo così avanti che ora produce tre volte più proiettili di quel blocco a un quarto del costo. La Russia è quindi pronta a ottenere una svolta militare in prima linea, che la sua nuova spinta nella regione ucraina di Kharkov dovrebbe facilitare, estendendo ulteriormente le forze del difensore. In tal caso, tuttavia, la NATO potrebbe farlo convenzionalmente intervenire in modo asimmetrico spartizione dell’Ucraina.

Il motivo per cui questa sequenza di escalation è così pericolosa è perché la Russia potrebbe temere che qualsiasi forza d’invasione NATO su larga scala che potenzialmente attraversi il Dnepr possa prepararsi ad attaccare le sue nuove regioni. Il dilemma della sicurezza NATO-Russia è così grave in questo momento, a causa delle escalation precedentemente elencate, che tali intenzioni non possono essere escluse con sicurezza se ciò accadesse. La Russia potrebbe quindi ricorrere alle armi nucleari tattiche come ultima risorsa di autodifesa, ergo le sue recenti esercitazioni .

Il presidente Putin preferirebbe che questo scenario oscuro non si realizzasse, ed è per questo che ha recentemente condiviso una generosa proposta di cessate il fuoco nel tentativo di scongiurarlo. Come era prevedibile, l’Ucraina si è rifiutata di ritirarsi dai confini amministrativi delle nuove regioni della Russia, come da lui richiesto, e starebbe invece rafforzando le sue forze lungo il confine bielorusso in preparazione di una possibile offensiva. Mentre il presidente Putin rimane aperto al compromesso , Zelenskyj rimane chiaramente recalcitrante, probabilmente a causa dei timori sul suo futuro politico .

La potenziale operazione bielorussa dell’Ucraina sembra basata sul calcolo di Kiev secondo cui la Russia potrebbe reagire in modo eccessivo in qualche modo, provocando l’intervento convenzionale della NATO che Zelenskyj spera o reindirizzando le truppe dalla linea del fronte esistente a quella nuova, creando così un’apertura da sfruttare. Il primo potrebbe verificarsi se si ricorresse alle armi nucleari tattiche come ultima risorsa di autodifesa o si lanciasse un’altra offensiva dalla Bielorussia, l’ultima delle quali La Repubblica ha riportato all’inizio di maggio scatenerebbe un intervento della NATO.

Per quanto riguarda la seconda dimensione del rischioso calcolo di Kiev, i politici potrebbero aspettarsi significativi guadagni sul campo che potrebbero costringere la Russia a dare priorità a questo nuovo fronte rispetto a quelli esistenti, alleviando così l’enorme pressione sull’Ucraina. In tal caso, potrebbe sfruttare qualunque apertura possa emergere per tornare all’offensiva lungo i fronti orientale e/o meridionale, cosa che potrebbe convenientemente avvenire prima del prossimo vertice della NATO dal 9 all’11 luglio e fornire così un notevole impulso al morale occidentale.

Tuttavia, questa scommessa potrebbe anche fallire e ritorcersi tremendamente contro l’Ucraina, ad esempio se la Russia riuscisse davvero presto a fare una svolta militare in prima linea e poi invadesse il resto delle sue nuove regioni proprio perché Kiev ha erroneamente assegnato così tante delle sue forze all’esercito bielorusso. confine. Inoltre, anche se la NATO potrebbe intervenire convenzionalmente a suo sostegno, l’Ucraina potrebbe perdere molto più territorio a est del Dnepr se il blocco rimanesse sulla sponda occidentale per gestire il dilemma della sicurezza con la Russia.

Allo stesso tempo, è anche possibile che l’intelligence occidentale abbia identificato un serio punto debole da qualche parte lungo il confine bielorusso e abbia detto all’Ucraina di sfruttarlo, nel qual caso questa scommessa potrebbe almeno parzialmente ripagare. È prematuro prevederne il successo o l’insuccesso in ogni caso, ma in ogni caso gli osservatori farebbero bene a tenere d’occhio il confine bielorusso-ucraino poiché il rafforzamento militare di Kiev sembra essere qualcosa di serio e non solo una finta per “psiche- fuori” la Russia.

Il paese è governato da un’oscura rete di élite transnazionali e nazionali unite dalla loro ideologia radicale liberale-globalista.

La disastrosa prestazione di Biden nel dibattito della scorsa settimana ha reso impossibile negare la sua senilità, ma l’élite occidentale sta gaslighting di cui fino ad ora erano presumibilmente ignare. Il Time Magazine ha pubblicato un pezzo intitolato “ Il disastro del dibattito di Biden e la corsa per reprimere il panico democratico ”, che è stato integrato da quello della CNN su come “ i diplomatici stranieri reagiscono con orrore al triste spettacolo del dibattito di Biden ”. Entrambi fanno sembrare che la senilità di Biden sia una sorpresa per tutti quelli che lo conoscevano.

La realtà è che lo sapevano da sempre, ma lo hanno nascosto mentendo e affermando che qualsiasi affermazione in tal senso era “propaganda russa” e/o una “teoria del complotto”, tutto perché in realtà approvavano che i democratici installassero un segnaposto letterale nel testo. Casa Bianca che è liberale – globalista l’élite potrebbe controllare. È stato un rinfrescante cambio di passo da parte di Trump, che era troppo indipendente per i loro gusti nonostante le sue occasionali capitolazioni alle loro richieste, e ha anche rassicurato gli alleati dell’America che lo detestavano.

Entrambi hanno accettato la menzogna secondo cui Biden è in ottime condizioni mentali per ragioni di convenienza politica, ma ora è impossibile continuare più a lungo con la farsa, ecco perché fingono tutti sorpresa e shock. All’élite non dovrebbe essere permesso di farla franca con il loro ultimo gaslighting e dovrebbero essere smascherati per uno dei più grandi insabbiamenti della storia americana. Il paese è governato da un’oscura rete di élite transnazionali e nazionali unite dalla loro ideologia radicale liberale-globalista.

Biden è stato scelto come candidato dei democratici nel 2020 proprio perché era già rimbambito e quindi completamente controllabile. Quel partito, che funge da volto pubblico della suddetta rete d’élite, voleva qualcuno che facesse tutto ciò che chiedevano sul fronte della politica interna ed estera. In particolare, hanno cercato di trasformare l’America in un inferno liberal-globalista mentre intensificavano il contenimento della Russia in Ucraina da parte della NATO , ma la seconda politica è fallita dopo lo speciale iniziata l’operazione .

Tuttavia, non avranno mai un’altra possibilità di insediare qualcuno come Biden dal momento che il 2020 è stato un anno elettorale eccezionale a causa del referendum su Trump – che una parte significativa del pubblico è stata precondizionata a credere erroneamente sia il nuovo Hitler – e per posta- nelle votazioni a causa del COVID-19. Queste condizioni non potranno mai più essere replicate nello stesso modo, non importa quanto duramente le élite ci provino, motivo per cui hanno deciso di mantenere Biden come loro candidato invece di sostituirlo all’inizio.

Anche se ora c’è una spinta di alcuni vogliono che venga sostituito durante l’imminente convention nazionale del partito, Politico e NBC News, tra gli altri, hanno entrambi sottolineato che questo sarebbe un processo difficile, quindi non c’è alcuna garanzia che ci proveranno seriamente. Detto questo, potrebbe anche subire una sorta di emergenza che lo rende inabile più di quanto non sia già, quindi lo scenario non può essere escluso. In tal caso, faranno comunque tutto il possibile per far luce sul fatto che non avevano idea che fosse così malsano.

Qualsiasi riconoscimento della loro consapevolezza rivelerebbe il loro ruolo nel colpo di stato di fatto del 2020 , che è stato l’ultimo delle élite dopo quelli del 2001, 1974 e 1963. All’epoca, l’11 settembre veniva sfruttato come pretesto per prendere la sicurezza nazionale. stato al suo livello successivo, mentre le dimissioni di Nixon di fronte allo scandalo Watergate della CIA avevano lo scopo di rimuovere un leader visionario veramente indipendente e popolare. Per quanto riguarda l’assassinio di Kennedy, molti credono che avesse lo scopo di fermare il suo ritiro programmato dal Vietnam .

L’ultimo colpo di stato dell’élite aveva lo scopo di potenziare la preesistente traiettoria liberale-globalista degli Stati Uniti dopo che Trump l’ha parzialmente compensata con le sue politiche nazionaliste-conservatrici, che hanno reso necessario provocare una guerra per procura con la Russia al fine di unificare l’Occidente attorno a questa causa ideologica. Il danno è già stato riparato e in gran parte è irreparabile, ma il ritorno al potere di Trump sarebbe comunque meglio per gli americani e per il resto del mondo, motivo per cui le élite sono fermamente contrarie.

Indipendentemente dal fatto che venga presa o meno la decisione di sostituire Biden, che ha i suoi vantaggi come mettere al ballottaggio un candidato più attraente per il pubblico ma anche i suoi svantaggi come alimentare il panico sulle prospettive elettorali del partito, l’élite farà di tutto per nascondere ciò che sa della sua senilità. Riconoscere che lo sapevano lascerebbe pochi dubbi nella mente di molti sul fatto che le elezioni del 2020 siano state in realtà l’ultimo colpo di stato dell’élite, ed è per questo che stanno esagerando con il gaslighting su come sono sorpresi.

In India non vengono maltrattati i cristiani, sono solo le bande terroristiche-separatiste del Myanmar che sfruttano il cristianesimo come falso pretesto per i loro crimini ad essere prese di mira dalle forze di sicurezza. Il piano americano di creare uno stato cristiano per procura fuori dalla regione attraverso i militanti estremisti Kuki fallirà.

L’ ultimo rapporto della Commissione statunitense per la libertà religiosa internazionale (USCIRF) ha criticato l’India per i suoi presunti abusi nei confronti delle minoranze religiose, con un’enfasi specifica posta su quelle cristiane. I rapporti precedenti tendevano a concentrarsi sui musulmani e recentemente sui sikh, con i primi tradizionalmente sostenuti dai democratici degli Stati Uniti mentre un terrorista separatista designato a Delhi dal secondo è al centro dell’ultima disputa indo-americana di cui si può leggere qui. poiché spiegare va oltre lo scopo di questo pezzo.

“ Il Bangladesh ha messo in guardia contro un complotto occidentale per ritagliarsi uno stato proxy cristiano nella regione ” a fine maggio, dopo che il primo ministro Sheikh Hasina aveva pubblicamente affermato che un paese occidentale senza nome, che dal contesto era inteso come gli Stati Uniti, sta perseguendo questo progetto geopolitico per ragioni strategico-militari. Lo sfondo riguarda la violenza provocata a Manipur più di un anno fa dalle bande terroristiche separatiste cristiane Kuki dedite al narcotraffico provenienti dal Myanmar, dove gli Stati Uniti sostengono una serie di ribelli .

Un mese prima, alla fine di aprile, “ gli evangelici americani avevano definito anticristiana la recinzione del confine tra India e Myanmar ” dopo che “Christianity Today” del defunto Billy Graham aveva pubblicato un pezzo di successo su quel paese, che col senno di poi può essere visto come un tentativo di far inasprire i repubblicani. La narrazione dei democratici sui presunti abusi statali contro i musulmani si combina quindi con quella emergente sui presunti abusi contro i cristiani per creare un sostegno bipartisan per adottare una linea più dura contro l’India.

Gli Stati Uniti non dimenticheranno mai come l’India abbia orgogliosamente respinto pressioni senza precedenti affinché scaricasse la Russia e si sia invece impegnata con aria di sfida a raddoppiare i legami con essa, il che ha dimostrato che questo stato dell’Asia meridionale rimane strategicamente autonomo nella Nuova Guerra Fredda nonostante i suoi stretti legami con gli Stati Uniti. Anche se i due condividono interessi nella gestione dell’ascesa della Cina, interessi che oggi si concretizzano nella tacita riapertura del “ Tibet” Domanda ”, gli Stati Uniti sono ancora arrabbiati con il loro partner per aver rifiutato di diventare un procuratore .

Qui sta il motivo per cui l’USCIRF ha iniziato a enfatizzare il presunto abuso dei cristiani da parte dell’India, poiché questa narrazione emotiva di guerra dell’informazione è intesa a garantire il sostegno bipartisan per le sanzioni potenzialmente imminenti del tipo che la commissione ha esplicitamente raccomandato nel suo rapporto. Sebbene abbiano suggerito solo misure mirate, la loro eventuale imposizione intossicarebbe comunque i legami bilaterali, per non parlare del fatto che gli Stati Uniti seguissero il loro consiglio di sollevare la questione in tutti gli eventi bilaterali e multilaterali.

È con questi scenari credibili in mente, i cui scritti erano già sul muro prima della pubblicazione dell’ultimo rapporto provocatorio, che il Primo Ministro Modi ha deciso di visitare presto la Russia per rafforzare ulteriormente il loro partenariato strategico speciale e privilegiato come copertura contro i rapporti indo-americani. problemi. Il ministro degli Esteri russo Lavrov ha recentemente elogiato l’India per il suo approccio multipolare alle relazioni internazionali, che pone le basi affinché il prossimo vertice Modi-Putin diventi una pietra miliare nei loro rapporti.

Le ultime false preoccupazioni degli Stati Uniti sui legami tecnologici indo-russi, che secondo la mente della strategia indo-pacifica potrebbero ostacolare la cooperazione indo-americana in questa sfera, non impediranno in alcun modo una più stretta cooperazione tra loro. Il governo indiano sapeva già che gli Stati Uniti erano inaffidabili, ma il rapporto dell’USCIRF ha dimostrato che, al di là di ogni dubbio, nella mente del suo popolo, che si oppone all’adozione di sistemi ibridi, Guerra contro di loro manipolando le percezioni sul loro stato-civiltà storicamente cosmopolita .

In India non vengono maltrattati i cristiani, sono solo le bande terroristiche-separatiste del Myanmar che sfruttano il cristianesimo come falso pretesto per i loro crimini ad essere prese di mira dalle forze di sicurezza. Il piano americano di ricavare uno stato cristiano per procura fuori dalla regione attraverso i militanti estremisti Kuki fallirà e la Russia sosterrà pienamente l’India, anche attraverso l’ulteriore invio di armi e munizioni, mentre difende la sua integrità territoriale di fronte a questo tradimento da parte dei suoi nuovo partner strategico.

Il punto centrale del rebranding di quella che era stata inizialmente concettualizzata come “Linea di difesa del Baltico” è quello di commercializzare questo progetto come un progetto paneuropeo inclusivo che si suppone sia stato costruito per il “bene superiore” dei cittadini del blocco.

La Polonia e gli Stati baltici hanno appena richiesto finanziamenti all’UE per finanziare quella che ora chiamano la ” Linea di difesa dell’UE “, che in realtà è solo l’ultimo rebranding della “Linea di difesa del Baltico” di gennaio, che è stata poi ribattezzata “Scudo del Baltico” prima della sua ultima iterazione . È stato durante la seconda fase concettuale che il progetto si è unito alla Polonia e ha gettato le basi per un’iniziativa congiunta “Shield”. Ecco cinque briefing di base per quei lettori che non hanno seguito da vicino questo progetto:

* 22 gennaio: “ La ‘Linea di difesa baltica’ ha lo scopo di accelerare lo ‘Schengen militare’ a guida tedesca ”

* 13 maggio: “ Il rafforzamento delle fortificazioni al confine della Polonia non ha nulla a che fare con la percezione di una minaccia legittima ”

* 25 maggio: “ Si sta costruendo una nuova cortina di ferro dall’Artico all’Europa centrale ”

* 2 giugno: “ La Polonia può difendersi dall’invasione degli immigrati clandestini senza aggravare le tensioni con la Russia ”

* 7 giugno: “ Il vertice NATO del mese prossimo potrebbe vedere la maggior parte dei membri aderire allo ‘Schengen militare’ ”

Per riassumere, gli Stati Uniti prevedono che la Germania utilizzi lo “Schengen militare” per accelerare la costruzione della “ Fortezza Europa ”, che consentirà alla Germania di contenere la Russia per volere degli Stati Uniti, mentre gli Stati Uniti “ritorneranno verso l’Asia” per contenere in modo più vigoroso la Cina. Le due analisi precedenti, collegate tramite collegamenti ipertestuali, elaborano il concetto di “Fortezza Europa” per coloro che desiderano saperne di più. Questo progetto è fondamentalmente incentrato sul ripristino della traiettoria di superpotenza tedesca perduta da tempo con il sostegno americano.

La sua rilevanza per la “Linea di Difesa dell’UE” è che il finanziamento (almeno parziale) del blocco guidato dalla Germania servirà probabilmente come pretesto per un coinvolgimento diretto della Germania nella sua costruzione, soprattutto se Lettonia ed Estonia aderiranno allo “Schengen militare” durante il prossimo futuro. Vertice della NATO come previsto da una delle analisi precedentemente citate. La richiesta della Polonia di assistenza alla polizia tedesca per proteggere il confine del blocco con la Bielorussia facilita anche la probabilità che Berlino svolga un ruolo di primo piano nella costruzione della “Linea di difesa dell’UE”.

Una delle altre analisi menzionate in precedenza era collegata alla nuova cortina di ferro che dovrebbe calare sull’UE dall’Artico all’Europa centrale, con i suoi confini più settentrionali che si riferiscono allo scenario in cui la Finlandia si unisce a quella che ora è stata ribattezzata “Linea di difesa dell’UE”. . In tal caso, una moderna linea Maginot verrebbe costruita lungo il confine UE/NATO-Russia, anche se questa volta con la Germania a prendere l’iniziativa nella sua costruzione (e con il pieno sostegno americano) al posto della Francia.

Il punto centrale del rebranding di quella che era stata inizialmente concettualizzata come “Linea di difesa del Baltico” è quello di commercializzare questo progetto come un progetto paneuropeo inclusivo che si suppone sia stato costruito per il “bene superiore” dei cittadini del blocco. Questa nozione ha lo scopo di giustificare il finanziamento dell’UE dal momento che la Polonia e gli Stati baltici non vogliono pagare da soli l’intero conto (né probabilmente possono permetterselo), rafforzando allo stesso tempo la falsa percezione di una cosiddetta “minaccia russa” progettata per radunare il popolo del blocco attorno a questa causa condivisa.

Considerando la sovrapposizione di interessi militari, politici e strategici in gioco, si dovrebbe quindi dare per scontato che la “linea di difesa dell’UE” verrà probabilmente costruita e funzionerà quindi come la nuova cortina di ferro. Simboleggerà la Nuova Guerra Fredda per la prossima generazione e garantirà che le tensioni NATO-Russia rimangano la “nuova normalità”. Nessuna normalizzazione tra questi due paesi sarà mai possibile dopo la costruzione di queste fortificazioni, ma è esattamente ciò che gli Stati Uniti vogliono per dividerli e governarli indefinitamente.

A Lavrov è stato chiesto direttamente di esprimere la sua opinione sull’osservazione secondo cui “l’India ora tende maggiormente verso gli Stati Uniti”, che il suo interlocutore ha provocatoriamente aggiunto che ora è anche un’opinione tra alcuni in Russia.

Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha condiviso alcuni approfondimenti dettagliati sulla geopolitica indiana durante le letture di Primakov di mercoledì , che è importante interpretare considerando il dibattito tra alcuni nella comunità Alt-Media (AMC) sul ruolo di quel paese nella transizione sistemica globale . Nell’ordine dei punti che ha sollevato su questo argomento, il massimo diplomatico russo ha iniziato descrivendo la troika Russia-India-Cina (RIC) del suo predecessore Yevgeny Primakov come l’antenata dei BRICS.

Ha poi espresso la fiducia che l’India farà ciò che è necessario per continuare a svilupparsi nel caso in cui venga mai sanzionata dagli Stati Uniti come lo è attualmente la Cina e non sia in grado di acquistare la tecnologia di quel paese. Lavrov ha poi parlato della partecipazione dell’India al Quad, facendo riferimento all’insistenza di quel paese sul fatto che i suoi interessi non hanno nulla a che fare con la cooperazione militare , ma avvertendo tuttavia che gli Stati Uniti sperano ancora di coinvolgere quel gruppo in tali piani contro la Cina.

Successivamente è stato chiesto direttamente a Lavrov di esprimere la sua opinione sull’osservazione secondo cui “l’India ora tende maggiormente verso gli Stati Uniti”, che il suo interlocutore ha provocatoriamente aggiunto che ora è anche un’opinione tra alcuni in Russia. Probabilmente si trattava di un riferimento alla fazione politica pro-BRI emersa lo scorso anno, che ritiene che la Russia dovrebbe accelerare la traiettoria della superpotenza cinese anche a costo di diventare il suo “partner junior” come vendetta contro gli Stati Uniti per tutto ciò che è accaduto dal 2022. .

Hanno una visione a somma zero delle relazioni internazionali poiché sono convinti che una forma di bi-multipolarità sino-americana sia inevitabile e di conseguenza sospettano che la politica di multiallineamento dell’India sia solo una scusa per mascherare la sua inclinazione verso gli Stati Uniti. I loro “rivali amichevoli” sono la fazione equilibratrice/pragmatica, che crede che sia ancora possibile ostetricare il complesso multipolarismo in collaborazione con l’India, che considerano un contrappeso per evitare preventivamente una dipendenza potenzialmente sproporzionata dalla Cina.

Questo contesto è fondamentale da tenere a mente poiché inquadra l’intuizione che Lavrov ha condiviso in risposta. Ha iniziato ricordando a tutti quanto siano antiche le loro relazioni strategiche e quanto siano diventate forti nei quasi ottant’anni trascorsi dall’indipendenza dell’India. Ha poi fatto riferimento ancora una volta al RIC, ma ha aggiunto che non è stato in grado di incontrarsi negli ultimi anni perché l’India ha richiesto prima la risoluzione della sua disputa sul confine con la Cina , cosa che Lavrov ha detto che “noi (Russia) capiamo”.

La cosa successiva che ha detto è stata che gli Stati Uniti non vogliono che il RIC si riunisca, suggerendo così che quei due dovrebbero risolvere rapidamente questa impasse per non promuovere inavvertitamente gli interessi americani del divide et impera. Su questo argomento, Lavrov si è basato sul suo precedente avvertimento sui piani degli Stati Uniti per affermare esplicitamente che “è anche chiaro che gli Stati Uniti stanno cercando di trascinare l’India nel progetto anti-Cina. Tutti capiscono di cosa stiamo parlando”, ma poi ha lodato l’India per aver sfidato le pressioni degli Stati Uniti per scaricare la Russia.

Un altro punto importante sottolineato da Lavrov è stato quello di attirare l’attenzione su come Cina e India siano in rapporti di complessa interdipendenza con il modello occidentale di globalizzazione formato dagli Stati Uniti, anche se ha subito chiarito che comprendono ancora la necessità di riformare questo sistema. Le sue osservazioni, riassunte nei due paragrafi precedenti, possono essere interpretate come un sincero riconoscimento di quanto sia grave la disputa sino-indocana e dell’impatto che può avere sulla multipolarità.

Ha pragmaticamente evitato di incolpare entrambe le parti, anche se la sua battuta su come “noi (Russia) comprendiamo” la posizione dell’India di non riprendere i colloqui RIC fino a quando la disputa sul confine con la Cina non sarà risolta suggerisce una educata riaffermazione della coerente politica di Mosca di sostenere sempre le pretese di Delhi su quelle di Pechino. Questa insinuazione è stata poi controbilanciata da avvertimenti sui secondi fini degli Stati Uniti in alcuni dei loro impegni con l’India, senza tuttavia implicare che l’India sarà mai ricettiva nei loro confronti.

Il commento finale di Lavrov su come i partner RIC del suo Paese si trovano in relazioni di complessa interdipendenza con il modello occidentale di globalizzazione aveva lo scopo di trasmettere che la Russia comprende il motivo per cui India e Cina sono ancora impegnate nel dialogo e nel commercio con gli Stati Uniti. Il segnale inviato è che i sostenitori del suo paese nell’AMC non dovrebbero speculare sconsideratamente che uno di questi due abbia motivi nefasti nel mantenere quelle relazioni come alcuni hanno fatto rispetto a quelli indo-americani.

India e Cina continueranno a mettere i loro interessi nazionali al primo posto poiché i loro leader li capiscono veramente quando trattano con gli Stati Uniti, e i legami di fiducia della Russia con ciascuno di loro significano che la sua stessa leadership non metterà in dubbio le loro intenzioni poiché sa che sono non diretti contro il loro paese. Anche così, la Russia preferirebbe che questi due risolvessero la loro disputa sui confini il prima possibile poiché teme che gli Stati Uniti la sfruttino per dividerli e governarli, il che potrebbe avere gravi implicazioni per l’Eurasia.

Questo non vuol dire che la Russia tema lo scenario in cui l’India diventi un burattino americano, ma solo che comprende la loro convergenza indipendente di interessi nei confronti della Cina, che oggi sta assumendo la forma di una tacita riapertura della “questione Tibet” come spiegato qui e qui . Ciò spiega perché si è iniziato a promuovere un nuovo sistema di sicurezza eurasiatico al fine di creare idealmente le condizioni affinché India e Cina possano risolvere in modo sostenibile i loro problemi e ridurre di conseguenza il rischio di un altro conflitto.

I lettori possono saperne di più su questi sforzi qui e qui , che vanno oltre lo scopo di questa analisi dettagliata, ma sono rilevanti se si ricorda che il Primo Ministro Modi è pronto a visitare Mosca il mese prossimo, quindi anche questo potrebbe finire all’ordine del giorno dei suoi colloqui. con il presidente Putin. Nel complesso, il risultato dell’intuizione di Lavrov sulla geopolitica indiana è che la Russia ha una comprensione matura e articolata della sua politica di multi-allineamento, e confida che l’India rimarrà sempre un partner affidabile.

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