LA VERITA’ DI UN’EPOCA DALLA BOCCA DELLA SIGNORA PINA, di Roberto Buffagni

LA VERITA’ DI UN’EPOCA DALLA BOCCA DELLA SIGNORA PINA

 

Ieri è successa una cosa che mi ha colpito molto.

L’europarlamentare Francesca Donato interviene in aula e chiede un’inchiesta indipendente sulla strage di Bucha.

La vicepresidente dell’europarlamento Pina Picierno, una piddina che mai sinora richiamò la mia attenzione, la interrompe e la rimprovera battendo il pugno sul tavolo perché “quest’aula in nessun modo può divenire il megafono di posizioni che sono assolutamente non accettabili. […] Il massacro di Bucha è sotto gli occhi di tutti e non possiamo accettare che in quest’aula venga messo in discussione addirittura questo. […] quest’aula non è equidistante […] se ne faccia una ragione”.[1]

La signora Pina – una piddina di provincia dalla quale nessuno mai attese decisioni epocali – in un minuto e mezzo colpisce sotto la chiglia e affonda secoli di pluralismo politico, la democrazia parlamentare, il liberalismo, la Magna Charta, Westminster, forse anche le bianche scogliere di Dover.  Perché ovviamente – ma a quanto pare non così ovviamente – “quest’aula” parlamentare DEVE poter “divenire il megafono di posizioni” anche se sono “assolutamente non accettabili” e DEVE essere “equidistante”, altrimenti la possiamo anche chiudere e farci un parcheggio multipiano.

Quest’aula parlamentare infatti (come tutte le altre aule parlamentari), questo luogo in cui i deputati vanno per parlare, e per parlare liberamente, dicendo quel che ritengono opportuno dire, serve proprio a questo, da sempre: fino alla signora Pina.

Un altro parlamentare può certo contestare, anche con con asprezza, l’intervento del suo collega, e ribattergli, picchiando il pugno sul banco, che “quest’aula parlamentare non deve divenire il megafono di posizioni assolutamente non accettabili”: ma NON può farlo la vicepresidente del parlamento, che rappresenta l’istituzione parlamentare e sta alla presidenza proprio per garantire a TUTTI i parlamentari il pieno diritto di esprimere TUTTE le loro posizioni, anche quando lei personalmente le ritenga “assolutamente non accettabili”.

Il presupposto indispensabile del pluralismo politico, della democrazia parlamentare, del liberalismo, è questo: che l’istituzione parlamentare, e chi è delegato a rappresentarla, siano SEMPRE “equidistanti”, e garantiscano la piena libertà di espressione a tutti gli eletti: TUTTI, e SEMPRE, quali che siano le posizioni che assumono in aula.

Se in un suo intervento il parlamentare commettesse apologia di reato (non è il caso della Donato) la presidenza del parlamento potrà deferirlo alla magistratura, che richiesto e ottenuto dal parlamento il permesso di sospenderne le immunità e di inquisirlo, lo sottoporrà a procedimento penale.

Punto. Senza questi presupposti, in parlamento non si va per parlare ma per giocare col telefonino e combinare affarucci economici o di cuore.

Ma la signora Pina, come risulta inequivocabilmente dal video, non solo è pienamente convinta del suo diritto a dire quel che ha detto, ma è persuasa, intimamente, razionalmente persuasa di avere ragione, di essere nel giusto, di difendere valori non negoziabili, di assolvere pienamente il suo compito e il suo ruolo. È sicura di “fare la cosa giusta”, come dicono gli americani.

E qual è la cosa giusta? La cosa giusta è difendere la democrazia. E se vogliamo difendere la democrazia, nessuna democrazia per i nemici della democrazia.

Pas de liberté pour les ennemis de la liberté”. Saint-Just pronuncia queste parole alla Convenzione il 10 ottobre 1793, per giustificare la necessità di instaurare un governo rivoluzionario dittatoriale fino al ristabilimento della pace. Il Terrore è iniziato il 10 agosto precedente. Mentre Saint-Just tiene il suo discorso, in galleria ci sono i sanculotti armati, e fuori la ghigliottina. Chi dissentisse rischierebbe di essere fatto a pezzi all’uscita dall’aula, o di finire sul patibolo.

Ma che cos’è “la democrazia” in nome della quale la signora Pina affonda la democrazia parlamentare, il liberalismo, il pluralismo politico? Possiamo escludere che sia la democrazia parlamentare, il liberalismo, il pluralismo politico.

La “democrazia” della signora Pina siamo noi. Noi Occidente, noi che rappresentiamo e difendiamo i diritti umani, i principi universali, la libertà, l’umanità.

Per rappresentare e difendere i diritti umani, i principi universali, la libertà e l’umanità, noi:

  1. neghiamo il diritto di un parlamentare – che è un uomo anche lui – di esprimere in parlamento il suo pensiero
  2. violiamo il principio universale del diritto alla rappresentanza politica
  3. neghiamo la libertà di espressione del pensiero
  4. espelliamo dall’umanità chi non è come noi; per esempio i russi, che massacrano i civili e torturano i bambini. Che i russi massacrino e torturino lo diamo per scontato, tant’è vero che riteniamo superfluo e addirittura offensivo e inaccettabile anche solo menzionare l’opportunità di un’inchiesta indipendente sui loro massacri. Sono russi, dunque massacrano per natura: come gli orchi. Gli orchi sono orchi, cosa vuoi che facciano gli orchi? Massacrano e torturano, sono fatti così: non sono umani.

Curiosa, no, questa contraddizione? Per ottenere una cosa, fai il suo esatto contrario. Per essere umano, dichiari non-umana una porzione non trascurabile dell’umanità. Per essere democratico, distruggi la democrazia. Per difendere la libertà, applichi la coercizione in un luogo che è il tempio della libertà politica moderna, il parlamento. Per essere universale, sei particolaristico e identitario. Per difendere il mondo civile, distruggi la tua civiltà.

La logica aristotelica avrebbe qualcosa da ridire, ma che importa alla signora Pina? Aristotele non era democratico, era persino favorevole alla schiavitù; e poi la sua logica si chiama anche logica del terzo escluso, quindi non è inclusiva.

Forse è meglio rispolverare altri filosofi, per esempio la coppia Adorno-Horkheimer, molto cara alla generazione di piddini precedente quella della signora Pina; con il loro celebre libro “Dialettica dell’illuminismo”. In quel libro si dicono tante cose, condivisibili e non condivisibili, controverse o meno. Una però è di immediata attualità: che l’illuminismo parte con l’intenzione di realizzare tante belle cose, tipo il governo universale della ragione e della libertà, e non si sa bene come (Adorno-Horkheimer un’idea ce l’hanno, leggete il libro) finisce per realizzare l’esatto contrario, ossia un mondo dove abitano volentieri solo gli orchi, per esempio i personaggi delle opere di Sade, che torturano e massacrano gli inermi e, sì, anche i bambini.

Dalla bocca della signora Pina ascoltiamo, siderati, la verità di un’epoca: la nostra.

È un orco la signora Pina? No. La signora Pina è una brava persona, con i suoi pregi e i suoi difetti, che s’indigna di fronte alle cose cattive e desidera le cose buone. Non è un genio, ma chi è un genio? Molto pochi, quasi nessuno. Io certo no. È una piddina. Può risultare antipatico, ma c’è di peggio che essere piddini. Però la signora Pina, che pur vuole, vuole sinceramente tante cose belle e buone, finisce per fare tante cose brutte e cattive. Come mai?

Non avrei mai creduto che la signora Pina mi facesse pensare, e invece mi fa pensare molto. Mi interroga, mi lascia perplesso, turbato. La sento parlare in questo video, la guardo fare il viso dell’armi di una giusta collera, e mi chiedo: come siamo arrivati fin qui? Come siamo arrivati a questo capolinea? Nei suoi accenti sento risuonare la campanella di fine corsa, “si scende!” Ma dove si scende? Che cosa c’è in questo posto dove dobbiamo scendere? Che cos’è questo posto? È un posto? È un posto dove si può vivere? Un posto simile a quello dove stavamo quando salimmo alla nostra fermata? O è un posto assolutamente diverso, incomparabile, alieno? Lo sa la signora Pina? Ci abita già, lei, in questo capolinea? Forse sì, visto che pare trovarcisi così a suo agio.

Io no, io non mi ci trovo a mio agio. Non vedo niente di simile al posto dove sono salito, niente di familiare. Nebbia, vedo tanta nebbia; forse la nebbia della guerra? No, neanche, la guerra lo so cos’è. Non è questo.

Mi viene in mente un’analogia, ma è solo un’analogia. Avete visto le foto delle ombre sui muri di Hiroshima o Nagasaki? Quelle ombre che non sono ombre ma le impronte dei corpi umani nebulizzati dall’esplosione nucleare? Ecco. Questo capolinea dove ci fa scendere la signora Pina mi sembra l’impronta della civiltà europea impressa sul muro da un’esplosione atomica. I contorni sono identici, ma la sostanza, il corpo, l’essere un tempo vivo e senziente, non c’è più. Pùf!

 

 

 

[1] https://twitter.com/ladyonorato/status/1511659070914285571?s=20&t=cDE1_Dg2H1xe8uEimt1o4g&fbclid=IwAR2D0qMEQsklSIO-7A_0DXNAhASy-EBk1Ef4qQ4tu1vburqIEDI6dQyGp2k

– SONDERWEG – Alle radici del cosmo russo – Terza Roma [cap.2]_di Daniele Lanza

Forti degli “strumenti di navigazione” fin qui acquisiti (cap.1) possiamo iniziare ad analizzare.
Esiste un fattore banale che immancabilmente confonde lo spettatore.
La sembianza fisica, la sagoma geografica fuori scala dello stato russo quasi sempre distrae l’occhio dell’osservatore inesperto rendendo meno scontato di quanto sembri capire COSA sta osservando, decrittarne la natura. Un po come se il nucleo storico/spirituale del paese risultasse come annegato nella massa territoriale cucita attorno a sé in questi secoli : occorre far sbiadire il contorno di quel lunghissimo confine che dalla Polonia va fino alla Cina e regredire sino a qualcosa di assai più minuscolo che tuttavia ne contiene il DNA. Bisanzio, rifondata in terra slava e capitanata da un suo principe – superstite tra i RUS – è per l’appunto la cellula che stiamo cercando. Si tratta quindi di analizzarla con gli strumenti che abbiamo pazientemente assimilato fin qui.
La genesi dunque, quella Mosca tardo medievale (1450-1500) che, metaforicamente, si illumina come una fiaccola della cristianità nel vuoto di una landa remota punteggiata di torme turcomanne a cavallo, sulle macerie di quanto svariati secoli prima era stata la RUS – passato arcadico e irraggiungibile, età d’oro perduta – , ora da lungo tempo smembrata, sfigurata sotto la duplice pressione di scimitarre tatare ad est o spade teutoniche e polacche da ovest…..solo nemici – ad ogni punto cardinale – insidie in ogni angolo o, in alternativa, il nulla. Nessun alleato : troppo lontani i principi russi, troppo distanti dall’umanità (in ottica eurocentrica), nessuna convenienza a spingersi fino a quelle contrade sconosciute, nemmeno i pontefici della santa madre chiesa a Roma hanno volontà di intervenire e se lo fanno, peggio ancora, autorizzando crociate verso il nord, finiscono col favorire la penetrazione germanica dell’ordine teutonico nel cui mirino, dopo i pagani del Baltico, finiscono i russi stessi (!) a momenti bersaglio e vittima della crociata anziché soggetto da salvare.
Questa il genere di cornice entro la quale scocca la scintilla. La gravità del contesto oltrepassa la soglia oltre la quale si innesca il meccanismo di difesa che porta all’estremo opposto : Mosca allora non è più semplicemente un elemento qualsiasi della cristianità, ma ne è il suo fulcro ! Costantinopoli spiritualmente, abbandona la sua base terrena sul Bosforo – occupata dall’Islam dal 1454 – e si reincarna a questa nuova latitudine. Il concetto di TERZA ROMA è uno dei pilastri ideologici (diremmo con mentalità odierna) dell’aggregazione politica pan-russa attorno ai sovrani moscoviti tra il 15° e il 16° secolo : al cuore del mito fondativo dello stato unificato degli slavi orientali che verrà (che conosciamo col nome di zarato di Russia). Singolare notare l’ampiezza del disegno rispetto alla materia di cui si dispone nel momento in cui lo si tratteggia : nell’Anno Domini 1492, quando per la prima volta viene espressa formalmente l’idea dal metropolita di Mosca che parla del sovrano in carica (Ivan III°) come il “nuovo Costantino”, uno stato unificato ancora nemmeno esiste sebbene se ne intraveda la rapida formazione. In pratica ancora non c’è un regno sul terreno, che già si adotta la mitologia di un IMPERO, trionfo dell’idea sulla materia : la prima precede di molto la seconda in questo caso, ne prepara il terreno, la costringe ad assumere le sembianze di una visione. Farebbe quasi sorridere – quanto un gattino che si vede leone, riflesso in uno specchio – non fosse che conosciamo già l’esito storico di lungo corso.
Sogni, visioni, mitologie, idee, Bisanzio e Roma, pontefici e imperatori……..cribbio con COSA mai abbiamo a che fare ?! Con qualcosa di “eccezionale”, nella misura in cui non risponde e si adegua ai normali meccanismi e regole degli altri stati (non completamente) : entità eletta dal cielo che si muove al di fuori dei ritmi e degli spazi della realtà materiale. La santa chiesa di Roma si disinteressa di cosa accade ai cristiani slavi lasciati al destino ? Non c’è problema : lo stato moscovita non ha bisogno di Roma, “diventa” esso stesso Roma (pardon, Bisanzio) e su tale fondamento messianico la crociata se la fanno da soli da quel momento in poi, facendo capitolare uno ad uno inesorabilmente tutti i potentati turco tatari adiacenti, dai più prossimi fino ai più distanti. Lo zarato di Mosca (ora “di Russia”) nello spazio di mezzo secolo – la vita di Ivan il Terribile – diventa un titano fagocitando più terra di quanta ne abbia l’Europa messa assieme e non si ferma alle barriere geografiche convenzionali : varca la soglia degli Urali dando inizio al processo di conquista dell’Asia boreale che si snoderà per i 3 secoli a venire.
La Russia delle età a venire vedrà cambiare più volte forma, colori e parole d’ordine a seconda del momento, ma la sostanza alla base rimane il principato moscovita delle origini : rivestito di volta in volta, eppure sempre il medesimo. Spogliato di tutti i dettagli, orpelli estetici e superstizioni della propria era remota, ridotto ad un’essenza che tuttavia mantiene e che si mantiene distinta dalla comunità di regni – grandi e piccoli – del resto d’Europa. Un grande e misterioso vicino alle porte orientali dl nostro continente, i cui abitanti sono nell’aspetto simili agli europei eppure non lo saranno considerati mai (non del tutto).
L’identità messianica e ultraterrena del regno di IVAN IV – lo zarato di Russia che irradia la propria cristianità bizantina ad ovest e ad est di Mosca, ponendo le basi per l’impero territoriale che si vedrà in seguito – si ridimensiona, si standardizza nel corso del secolo seguente. Il 600 in effetti vede una successione di eventi chiave : la conclusione storica della dinastia rurikide (che governava sin dall’era RUS) che segna la definitiva cesura con l’era medievale e che tuttavia determina a sua volta un drammatico vuoto di potere alla base del collasso politico del regno agli inizi del secolo. I 15 anni di assenza di un vero monarca (squarciata la Russia dal conflitto dinastico) causano uno stato di debolezza tale da facilitare un’invasione polacca su larga scala che metterà a rischio l’esistenza stessa di uno stato russo (gli eventi del 1612, uno dei frangenti più critici per la nazione, parte integrante del discorso patriottico ancora oggi). Più avanti, verso la metà del secolo 40 anni dopo, si decide per lo strappo, il “raskol” che ridisegna la chiesa ortodossa russa riportandola su un binario di ordinarietà e compatibilità con la comunità delle altre chiese ortodosse, omologandola ad esse in un momento in cui era necessaria una vera comunità con esse in vista di espansioni territoriali e legami politici con altri popoli ortodossi (…). In parole altre l’edificio spirituale/statale dello zarato tardomedievale si aggiorna ai tempi, perdendo formalmente parte della propria eccezionalità : si tratta solo di un’impressione dal momento che siamo invece di fronte al primo esempio (un primo momento) di adattamento fisiologico dello stato al differente contesto in cui si viene a trovare….l’esteriorità si evolve, ed anche vistosamente a costo di affrontare perdite di consenso in modo da non danneggiare con eventuali rigidità gli interessi dell’intera macchina.
Ricapitolando : lo stato russo si genera in circostanze uniche e drammatiche di isolamento sin dall’era remota, per necessità autonomo da qualsiasi forza esterna a sé stesso : isolamento sacralizzato dall’elemento della fede che fa dello stato una vera e propria patria dello spirito ancor prima che della materia : uno “spazio dello spirito” dotato nel tempo di sagoma geografica ciclopica che pare corrispondere fisicamente alle ambizioni millenaristiche dell’ortodossia (a sua volta debitrice – come una capsula temporale – di quell’universalismo ellenistico inaugurato da Alessandro il macedone, che è il contraltare dell’universalismo latino che permea la chiesa cattolico romana). Ragionando in termini assolutamente astratti, come vuole la filosofia della storia, si potrebbe intravedere un grandioso e tragico filo conduttore che dagli abissi dell’antichità macedone vede l’affermarsi del concetto di impero universale di taglio greco come embrione……che sopravvive alla latinità (la quale vi si sovrappone senza poter cancellare il substrato) trasfigurato da questa fino a “riformularsi” sotto le sembianze di impero romano d’oriente, liquefatto il quale – sotto la spinta degli eventi storici – si ricompone, come già detto, più a settentrione tra gli slavi allora ancora circondati da entità tatare. L’imprevisto della storia sta nel fatto che quello che era allora un modesto regno di ambizioni regionali (zarato moscovita), vede invece un successo di conquiste territoriali che ne demoltiplica la prospettiva fino alla scala transcontinentale : in pratica quella che sul momento poteva sembrare una eccentrica sopravvivenza dell’ideale imperiale bizantino (in contesto decisamente improbabile) diventa invece una realtà per i secoli a venire, rimettendo per così dire tutto in gioco , quando da una prospettiva occidentale e romana un’idea di potenza ortodossa poteva sembrare storicamente concluso e per sempre. La bizantinità sopravvive infiltrandosi nel dna statale russo che sopravvive a tutt’oggi malgrado centinaia di anni di intemperie.

 

NEBBIA DELLA GUERRA E FAKE-NEWS, di Teodoro Klitsche de la Grange

NEBBIA DELLA GUERRA E FAKE-NEWS

Scriveva Clausewitz che la guerra è caratterizzata dalla “nebbia” che non consente o consente con poca chiarezza e distinzione la percezione della situazione effettiva.

Tale nebbia non è però solo quella di Austerlitz, cioè un fenomeno naturale, ma è dovuta ad attività (ed errori) umani: alla confusione, allo scarso o contraddittorio afflusso d’informazioni, agli espedienti del nemico volti ad ingannare. Le informazioni, scriveva il generale prussiano, sono la base per le “nostre idee ed azioni… base fragile ed oscillante, e si comprenderà ben presto quanto pericolosa sia l’impalcatura della guerra, con quanta facilità possa crollare, e schiacciarci sotto le sue macerie”. Le informazioni perciò “in guerra sono in gran parte contraddittorie, in maggior parte ancora menzognere, e quasi tutte incerte”. Tale difficoltà è già importante per chi deve decidere, cioè i comandanti politici e soprattutto militari, gli esperti. Ma è assai peggiore “la cosa per colui che non ha esperienza…ed invece le notizie successive si sostengono, si confermano, s’ingrandiscono, aggiungono”. E il “pubblico” cioè coloro che osservano le descrizioni belliche, sono il massimo della non-esperienza, e non si rendono conto o in misura minima che “la maggior parte delle informazioni è falsa… Ciascuno è disposto a credere più il male che il bene, ciascuno è tentato di esagerare un poco il male: ed i pericoli fittizi che vengono segnalati, in tal modo, pur dissolvendosi in se stessi come le onde del mare, si affacciano, al pari delle onde, senza una causa visibile”. Il capo ha così il difficile compito di valutare e selezionare tra le tante che gli giungono, le notizie più attendibili.

Quando poi le informazioni generosamente distribuite sono dirette al pubblico radio-televisivo e dei media in genere, la nebbia s’infittisce e si amplifica l’interesse a produrle, anche quando la saggezza le rende improbabili. Con ciò si passa alla “guerra psicologica”, definibile come l’insieme delle iniziative volte a controllare l’opinione pubblica e i di essa giudizi ed azioni, agendo – prevalentemente – sul sentimento  e l’emotività. Se indirizzato al nemico (in atto o in potenza) lo scopo assolutamente prevalente è di condizionarne e fiaccarne la volontà, inducendolo alla trattativa (a perdere), se la guerra è in atto, o a non farla (o a non intervenire) se è in potenza. Questo è ovvio, perché da un lato la guerra è un mezzo per affermare la propria volontà e potenza, onde il miglior nemico è quello poco determinato a combattere; dall’altra la prima regola dell’agire strategico è ridurre il numero (o almeno la potenza) dei nemici, come ben sapevano i romani. Il generale prussiano, tuttavia, in un’epoca in cui la stampa quotidiana muoveva i primi passi non era in grado di prevedere quanto si sarebbe intensificata col progredire dei media.

La guerra russo-ucraina è connotata, ancor più che le precedenti del XX e XXI secolo, da essere una guerra telematica, combattuta sui media, non meno – anzi di più – che sul campo. Ma sempre caratterizzata dallo scopo, ovvero fiaccare la volontà del nemico e indurlo a sottomettersi – e dei mezzi all’uopo spiegati: una massa d’informazioni false, artate, contraddittorie. Che non reggono, o sono del tutto improbabili una volta verificate o valutate.

Ad esempio il ruolo di Putin, elevato – in mancanza di più acconci interpreti – ad incarnazione del male assoluto. È lo stesso statista che fino a pochi mesi fa interloquiva con tutti i grandi della terra, che stringevano accordi e facevano affari con lui. Mostrandosi così, almeno, un po’ ingenui, facenti parte della razza dei Chamberlain, non dei Bismarck. E anche dimentichi che il nemico non è solo quello cui si fa la guerra, ma anche quello con cui si conclude la pace. Onde è meglio, come nel diritto (romano) e internazionale classico non demonizzarlo, o anche solo criminalizzarlo, perché così si rende ancora più difficile concludere la pace. E la stessa pace diventa così una tregua di briganti.

Altra notizia non falsa, ma costante, è quella sui “danni collaterali”, ossia sui civili morti a causa delle operazioni belliche. É cosa vera, semplicemente perché da millenni a far le spese della guerra sono (anche) gli innocentes (come scrivevano i teologi-giuristi del ‘600). Ancor più nelle guerre moderne dove la straordinaria forza distruttiva delle armi ne ha reso l’uso limitato spesso impossibile, Con la conseguente violazione del principio del diritto “in guerra” di risparmiare gli innocentes, ossia i non combattenti.

Solo che a distinguere tra crimine di guerra e “danni collaterali” è, molto spesso, la natura dell’obiettivo e l’intensità (e potenza) dell’attacco. Ad esempio non risulta che i russi abbiano impiegato l’aviazione per bombardamenti terroristici, tipo quelli di Dresda, Amburgo e Tokio (e di tante altre città dell’Asse) della seconda guerra mondiale. In cui i morti, nella più modesta delle valutazioni furono alcune decine di migliaia (a bombardamento). E dove furono largamente impiegate le bombe al fosforo per causare incendi difficilissimi da spegnere. Cioè proprio ordigni fatti con lo stesso elemento che tanto tiene banco tra le atrocità russe praticate in questa “operazione militare speciale”. Peraltro anche in tal caso qualcuno s’è impancato a docente di chimica bellica, confondendo fenomeni e norme. Le bombe al fosforo sarebbero armi “chimiche” perché… basate su una reazione chimica (produrre la combustione). Ma essendo una reazione chimica altresì l’esplosione causata dalle bombe convenzionali, anche queste, ragionando come certi esperti, sarebbero delle armi chimiche. Sul piano giuridico invece le bombe al fosforo sono classificate armi convenzionali e, per questo, vietate dalla Convenzione di Ginevra del ’98, ma tenute ben distinte dalle armi chimiche vietate da altra convenzione. Per cui reagire all’uso di ordigni al fosforo con un bombardamento di gas nervini sarebbe una rappresaglia sproporzionata.

Soprattutto non si può confondere il nemico con il criminale come fa la propaganda argomentando che l’uno e l’altro uccidono e danneggiano. La Russia – e così l’Ucraina – ha, come qualsiasi Stato lo jus belli, e quindi il diritto di servirsene. Chi la governa non è un animale, un essere non-umano, né un delinquente. Già lo sapevano i romani. Nel Digesto (L, 16, 118) si legge “Hostes’ hi sunt, qui nobis aut quibus nos publice bellum decrevimus: ceteri ‘latrones’ aut ‘praedones’ sunt”; e traducendo “i nemici sono coloro che a noi, o noi a loro,  abbiamo dichiarato pubblicamente guerra: gli altri sono briganti o pirati”. Caso mai Putin ha, secondo una moda invalsa da quasi un secolo, fatto la guerra chiamandola diversamente (operazione militare speciale). Ma in ciò è stato preceduto da tanti altri – Nato compresa – che ha condotto guerre denominandole “operazioni di polizia internazionale” (ecc. ecc.). L’ipocrisia non è una pratica peculiare a un contendente ma appare estesa a tutta un’epoca che, vagheggiando un pacifismo integrale, ha cominciato a  realizzarlo dal vocabolario. Purtroppo non andando oltre.

Resta da vedere se, diversamente dalle buone intenzioni esternate, una pratica siffatta non faccia crescere d’intensità lo scontro bellico: anzi la creazione del male, del nemico assoluto porta proprio a quello: ad intensificare il sentimento ostile (Clausewitz);e così a popolarizzare la guerra.

Le vie dell’infermo sono lastricate di buone intenzioni.

Teodoro Klitsche de la Grange

IN CHE GIOCO SIAMO CAPITATI?_di Pierluigi Fagan

IN CHE GIOCO SIAMO CAPITATI? Useremo qui “gioco” nel senso di -interrelazioni competitive tra giocatori secondo regole per raggiungere uno scopo-. Dal “Grande gioco” (Medio Oriente – Asia) alla “Grande scacchiera” di Brzezinski, al mio più modesto “Gioco di tutti i giochi”, le questioni geopolitiche sono spesso state metaforizzate con questa definizione di “gioco”. La stessa Teoria dei giochi allude a questi sistemi di interrelazioni e può valere tra individui come tra gruppi. Nel senso comune, gioco ha tutt’altro sapore, ludico, disinteressato, di intrattenimento, di divertimento. A taluni, quindi, potrà risultare antipatico trattare guerre, conflitti e tragedie inevitabilmente umane con un termine così leggero. Ma, come detto, qui si usa il termine nel senso analitico.
Il “gioco” in cui siamo capitati è dunque questo:
1. L’Occidente (Europa + Anglosassoni) è in una dinamica che dura da settanta anni in cui diminuisce costantemente il suo peso demografico (oggi solo al 16% sul totale mondo) ed in cui a minor velocità, ma non minor costanza, perde anche quote di peso economico e geopolitico. Questo perché il resto del mondo è costantemente e significativamente cresciuto negli ultimi settanta anni. Tutto ciò è previsto continuare con una certa ineluttabilità per almeno i prossimi trenta anni.
2. Tutto ciò si riflette su una inedita forma di ordine mondiale, l’ordine a più varietà detto “multipolare”. Da quello che sappiamo in cultura della complessità (tra cui la Teoria delle reti), che sia biologia o ecologia o sociologia ovvero in ogni campo che studia forme di vita, tutti i sistemi molto complessi oscillano intorno ad una media auspicata come forma di equilibrio (tipo omeostasi) e le loro dinamiche interne si ripartiscono tra più sottosistemi a più varietà. Ve ne sono di vari livelli e peso, con maggiori i minori connessioni, ma come nel caso della biodiversità, sistemi molto complessi sono resilienti nella misura in cui sono molto distribuiti. Sebbene ad alcuni dia fastidio la parola “resilienza” essa è omologa a resistenza solo che resistenza è concetto più proprio dei sistemi non vitali (ad esempio quelli fatti in ferro o cemento o altra materia), resilienza è più propria dei sistemi che assorbono perturbazione senza rompersi per poi ripristinarsi all’equilibrio che avevano prima della perturbazione, com’è nei sistemi vitali, a base cioè di varietà biologiche.
3. Questa maggior distribuzione di un ordine multipolare non è una scelta, è naturale laddove dai 2,5 mld del 1950 siamo passati ai 7,5 mld (e più) di esseri umani del 2020 con passaggio anche da sessanta circa a duecento Stati sovrani. Da 7,5 mld, diventeremo poco meno di 10 mld al 2050. Sono di pari aumentate le interrelazioni tra le varie parti, quindi in poco tempo, si è andato formando un sistema molto complesso che sta relativizzando il peso occidentale.
4. Tutto ciò insidia nel fondamento la forma della nostra civiltà che proprio dal dopoguerra ha vissuto un periodo in cui, partendo da un dominio sul mondo ancora molto forte che ereditavamo dai secoli precedenti, ciò che chiamiamo “era moderna”, ha poi assistito ad una sua lenta contrazione, con previsioni di ulteriore contrazione nella misura in cui vaste parti del mondo si emancipano e cominciamo ad avere interrelazioni incrociate tra loro di tipo cooperativo. Hanno relazioni di tipo cooperativo non perché siano “più buoni” di noi che invece tendiamo ad avere relazioni competitive, ma perché partono tutti da posizioni basse di potere ed interessi. Negli ultimi anni, si è venuta a formare una grande rete di questi sistemi non occidentali, dai Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa a cui oggi si sommano anche altri come Turchia, Messico, Indonesia o Pakistan, vari africani etc.) a molti altri, soprattutto in Asia che conta il 60% del mondo, con una sorta di naturale alleanza d’intenti: quella di promuovere l’avvento -che tanto ci sarà comunque- di un ordine multipolare che dia loro maggiori chance di sviluppo con un certo grado di autonomia.
5. Tale questione ha un lato drammatico non tanto per la civiltà occidentale nel suo complesso, ma per una sua componente, quella anglosassone ed in particolare americana. Gli Stati Uniti, infatti, dipendono più di chiunque altro dalle rendite di posizione che avevano nel 1950 che sia l’ordine World Bank – IMF o il dollaro o Wall Street o il primato tecnologico e quindi quello militare o il soft power (ma solo dopo l’hard power). Abituati ad ordini bipolari di cui loro erano il polo dominante, o addirittura vagheggianti un ordine unipolare, il multipolare è per loro un gioco che, comunque verrà giocato, promette perdita di dominio, potere, ricchezza. Ricordo che sono solo il 4,5% del mondo sebbene ancora facciano il 25% del Pil mondiale. Molto di questa esorbitante quota non è data da capacità competitive intrinseche come Cina, Giappone, Germania, India etc., ma da rendite di posizione dominante. Il tutto assomiglia molto alla posizione di semi-monopolio nelle questioni dei mercati. Trasferita nel campo geopolitico, il monopolista è disposto a condividere potere da oligopolio ma non da libero mercato e relativi ordini emergenti quali teorizzati nel concetto “mano invisibile”.
6. Arrovellatisi a lungo su come far fronte a tali eventi che, come detto, hanno una certa ineluttabilità, gli americani hanno di recente introdotto una versione di gioco che chiamano “democrazie vs autocrazie”. La faccenda non è così precisa, India e Brasile sarebbero in teoria democrazie mentre alleati dell’America come l’Arabia Saudita o la stessa Turchia nella NATO lo sono ben di meno. Ma il grande pubblico occidentale di queste cose sa meno di niente, è facilmente sensibile alle semplificazioni, gli slogan, la ripetizione ossessiva di concetti anche quando sono incredibili come “X lava più bianco”, viepiù si tratti di ideali. Si noti come, al di là delle imprecisioni, in verità i conflitti competitivi di potenza, avvengono del tutto al netto qualcuno sia o si ritenga essere “democratico” o meno. Nei conflitti di potenza, a volte si è adottato il vestito “civiltà vs barbarie” o “cristiani vs infedeli” o “sciti vs sunniti” o “popolo in missione per conto di Dio vs resto del mondo”, ma il vestito serve solo a coprire logiche materiali molto meno nobili.
7. Questo è il primo livello del gioco in cui siamo capitati, il più importante, il livello in cui si gioca la partita tra vari tipi di ordine uni-bi-multi polari. Il secondo livello è quello per il quale, gli Stati Uniti hanno da vari anni messo nel mirino la Russia come loro avversario più insidioso. Questo perché pur stando il fatto che il gioco è a più livelli (politici, geopolitici, economici, finanziari, culturali), i conflitti di potenza tra Stati sono regolati storicamente con le armi. In termini di armi, i russi sono molto inferiori agli USA, ma quel gioco specifico è determinato dall’ultima arma che potete mettere sul tavolo quando sarete spalle al muro. Tale ultima arma è l’arma atomica ed in quel specifico asset, russi ed americani sono pari. Questo porta gli uni e gli altri a doversi evitare dal conflitto diretto perché inizierebbero, anche non volendolo, a salire giocoforza i gradini della scala conflittuale in cui nessuno dei due può perdere se non perdendo la reputazione di potenza, motivo per il quale prima di perderla si arriverebbe ad usare l’arma proibita, quantomeno per pareggiare. Questo urta molto gli Stati Uniti anche perché i russi amano impicciarsi dei giochi militari di potenza americani aiutando a volte l’Iran o la Siria o la Libia o altrove secondo logica “il nemico del mio nemico …”, cosa per altro ricambiata come nella prima invasione russa dell’Afghanistan, del Caucaso o nel Centro Asia.
8. Ecco allora che gli Stati Uniti in proprio o versione NATO, hanno approntato da molto tempo la trappola di tutte le trappole: l’Ucraina. Una anti-Russia al confine della Russia quanto di più urticante possa esistere. Dopo le tante scaramucce indirette, l’Ucraina rappresenta il trappolone più promettente per le strategie competitive americane. E ciò ci porta al terzo livello, la guerra in Ucraina.
9. I russi hanno abboccato al trappolone non perché siano stupidi o pazzi o abbiamo il cancro alla tiroide, ma perché in termini concreti di pericolo strategico e di difesa reputazionale non potevano fare altro. Ad alcuni poco pratici del campo, “reputazione” suonerà strano. Non si tratta della reputazione della propria bellezza o giustezza o attrattività o idealità, si tratta della semplice reputazione di potenza, le fiches più importanti al gioco della competizione tra Stati in dimensione mondo. Non sono necessarie per esser giocate sempre, è il solo poterlo fare che fa ottenere reputazione di potenza.
10. A questo punto, giocatisi invece la reputazione che conta per noi occidentali che vestiamo i conflitti di potenza con aspirazioni ideali e valori, i russi sono diventati gli “intoccabili”, dei fuoricasta. Gli europei che condividono la massa continentale con russi, cinesi, indiani, musulmani ed africani (AfroEurasia) non potranno più avere relazione alcuna col nemico degli americani da cui dipendono per varie ragioni ed in varie forme e quindi dovranno accorparsi al sistema americano molto di più di prima, a livello diciamo del dopoguerra. Così, dal primo al terzo livello di gioco, il nuovo sistema Occidentale tornato ai fasti degli anni ’50, sarà in un campo di nuovo bipolare con tutti gli amici di qua e tutti i nemici di là, format guerra fredda con fine della globalizzazione ed il suo ridicolo “villaggio globale”, il riarmo, l’economia e finanza che prova a tagliare i ponti da ogni interdipendenza in cicli di feedback di rinforzo del sistema occidentale vs resto del mondo. Tutti a difesa dell’essenza dell’occidentalità. Quel sistema politico-economico che con sprezzo del ridicolo ama chiamarsi “democrazia di mercato”, una forma di potere oligarchico che però si veste da democratico per ratificare la propria “elezione”. Oligarchia sta per “potere dei pochi”. La nostra essenza ordinativa è difendere questo “potere dei pochi” come fosse l’interesse dei molti.
11. Nessuno si pone il problema di come aumentare i nostri tassi di democrazia interna, viepiù siamo tutti impegnati a difenderne la sua pallida versione occidentale dalle “aggressioni esterne” delle autocrazie. E’ il nemico esterno che detta le priorità e ci fa sentire tutti amici interni. Tanto poi in Occidente “democrazia” non ha né partiti che la promuovano, né intellettuali che la pensino in modo sistemico.
12. Ecco perché la guerra russo-ucraina è l’unica cosa che dovete osservare ovvero prender parte per “l’aggredito contro l’aggressore”, in gioco ci sono i valori occidentali. Tali valori ideali meritano il sacrificio di quelli più prosaici che pensavamo prima i più importanti. Dovete armare e finanziare gli ucraini che combattono nella piana di Armageddon per il Bene contro il Male e ringraziarli pure. Dovete tagliare il gas, prender milioni di profughi, sopportare l’aumento delle materie prime, inflazione, disastro economico, alimentare e sociale, disordine ai massimi livelli in AfroEurasia, tra cui le già precarie coste del Mediterraneo perché è in ballo l’ordine del mondo per i prossimi anni. Viepiù lo farete, viepiù i russi per raggiungere i loro imperscrutabili motivi strategici dovranno compiere atti immondi -veri o presunti nessuno potrà esserne certo per decenni- che distruggeranno ulteriormente la loro reputazione generale. Pagheranno in reputazione generale il loro ostinato perseguimento della difesa della loro reputazione di potenza. In più dovranno dissanguarsi materialmente, rischiare di non vincere e giocarsi anche la reputazione di potenza sul piano strettamente militare, dubitare in profondo sulla loro mossa, mettere in dubbio la loro stessa leadership. Se arriveranno spalle al muro, gli americani giurano che secondo i loro calcoli da Teoria dei giochi, non useranno l’arma della disperazione e quindi non sceglieranno “Sansone e tutti filistei” ma un più pragmatico, “meglio vivi che morti”, pagandolo in perdita relativa di potenza. Secondo loro è un rischio ben calcolato e poiché sono convinti che il calcolo è tutto nella vita, hanno adesso tecnologie e saperi per ottenere la massima calcolabilità. Il “caso ucraino” diventerà lezione per ogni altro vorrà sfidare qualche anno in più di dominio occidentale.
Attirati nella trappola ucraina, i russi dovranno perdere punti di reputazione, generale e di potenza, separandoli violentemente dagli europei catturati egemonicamente in un nuovo patto atlantico, stabilendo il nuovo format “democrazie vs autocrazie” che bipolarizzi il mondo rallentando l’avvento dell’ordine multipolare. Sottraendo ai multipolari la fondamentale sponda militare russa. Ed è per questo che gran parte del mondo sembra non avere la nostra stessa sensibilità per quello che sta succedendo in Ucraina.
L’eccezionale ed inquietante mobilitazione culturale, informativa e politica dei nostri oligarchi, è arma necessaria per compiere questo ambizioso disegno strategico che dia almeno un decennio (o più) di centralità di potenza-mondo agli Stati Uniti rinnovato centro gravitazionale del sistema occidentale in grado di mantenere ampie forme di dominio diretto o indiretto sul Mondo.
E di questo gioco che dovete scegliere come “fare il vostro gioco”, non il terzo livello o il terzo più il secondo, ma il primo più il secondo più il terzo, tutti assieme.

NON NEUTRALIZZARE L’ITALIA, MA L’INTERA EUROPA E ARMARLA BENE_di Antonio de Martini

LA PROPOSTA VIENE ….DALLA PRESIDENZA ( FEMMINILE) DELLA SVIZZERA E DEL CONSIGLIO D’EUROPA E SI BASA SULLA CONVENZIONE DELL’AIA DEL 1907.

Cominciamo col definire e distinguere, dopo un pò di storia.

COME E’ NATA L’IDEA

La neutralità svizzera – più correttamente l’estraniarsi dalle rivalità e beghe successorie tra i Borbone e gli Asburgo- nasce all’indomani della battaglia di Marignano ( 13/14 settembre 1515) in cui gli svizzeri persero 5.500 uomini su venticinquemila impiegati in combattimento.

Gli svizzeri decisero che del Ducato di Milano potevano fare a meno, ma che non avrebbero potuto permettersi il lusso di un altro salasso di quelle dimensioni senza scomparire dalla carta geografica.

Lo straniamento divenne neutralità, violata solo duecentottanta anni più tardi dalle truppe francesi del Direttorio nel 1798.

Il trattato di Parigi del 20 novembre 1815, offriva ” formalmente e autenticamente la neutralità perpetua della Svizzera” e da allora divenne un articolo di fede.

Identica formula ” stato indipendente e neutrale in perpetuo“fu applicata a proposito del Belgio nei trattati di Londra del 1831 e del 1839. Anche il Belgio ottenne grazie a questi trattati, ottanta anni di pace e scapolò la guerra franco prussiana del 1870.

Era nata un’abitudine ancora non codificata dal diritto internazionale, ma attrattiva per i cosiddetti ” stati cuscinetto” compressi tra due stati più potenti e rivali.

L’inquadramento giuridico prese forma con la Convenzione dell’Aia del 18 ottobre 1907.

https://avalon.law.yale.edu/20th_century/hague05.asp

Meno fortunato il Belgio che nel 1914 fu travolto dal nipote di Von Moltke il vecchio – il brillante vincitore del 1870- inverando ante litteram il detto churchilliano che “i discendenti degli uomini illustri sono come le patate: la parte migliore si trova sottoterra”. L’idiota ( Helmuth Johan Ludwig) non trovò di meglio che la brutale scorciatoia di travolgere il piccolo paese che si era affidato alla sola neutralità e disattendere la raccomandazione del suo predecessore e autore del piano ( Alfred Graf von Schieffen capo di S M) che, morente, raccomandò ” rafforzate l’ala destra”. Lui la indebolì e sappiamo come é finita.

Il feldmaresciallo Alfred Graf von Schlieffen autore dell’omonimo piano che il nipote del maresciallo von Moltke, Ludwig, nominato capo di Stato Maggiore, rovinò apportandovi modifiche che ne vanificarono i risultati e produssero una valanga di morti. Al termine della ” inutile strage”, si giurò che non sarebbe accaduto ” Mai più”. Vent anni dopo, il giuramento fu dimenticato e il numero dei morti passò da trenta milioni a sessanta. Per un residuo di pudore, a Churchill fu dato il premio Nobel per la letteratura. Adesso a Obama, Sharon, Begin, Saadat e qualche altro generale, hanno dato il Nobel ” per la pace”.

IL PROBLEMA SI RISOLVE AL LIVELLO CUI SI PONE:L’EUROPA. VIGILE, ARMATA E NEUTRALE.

Di qui la lezione numero uno : non basta dichiararsi neutrali, ci si deve armare fino ai denti.

La lezione numero due é che un paese neutrale deve disporre della profondità strategica necessaria ad assorbire il primo urto di sorpresa e reagire. La Svezia, che ha entrambe queste caratteristiche, nessuno l’ha mai importunata. La Svizzera supplisce all’esiguità territoriale con l’orografia montagnosa, armamenti di tutto rispetto e la milizia territoriale: ogni soldato si porta l’equipaggiamento a casa pronto per l’uso. La mobilitazione e il raggruppamento é questione di un lampo. Il reclutamento cantonale e la conoscenza del territorio completano i vantaggi di cui usufruire su un ipotetico avversario.

Accecato dal patriottismo inteso come reazione irritata al globalismo provinciale imperante ( glocal…), ho ripetutamente indicato la neutralità come via d’uscita, ma non ho tenuto conto dei due requisiti geopolitici necessari per la riuscita del progetto. L’Italia da sola, anche se governata da leoni – e non lo é- non saprebbe difendersi adeguatamente e l’alleanza con una tripletta di stati cuscinetto ( che improvvidamente abbiamo attirato nella NATO) potrebbe solo ritardare di un paio di giorni l’affacciarsi di un avversario alle porte di Trieste.

A riportarmi sulla via del realismo geopolitico, L’ex presidente della Confederazione svizzera e del Consiglio d’Europa Micheline Calmy-Rey con il suo libro “ Pour une neutralité active” ed Savoir Lausanne 2021.

Per essere all’altezza dei valori che proclama di difendere e raggiungere l’autonomia strategica, L’Unione Europea dovrebbe diventare una potenza ” neutrale e non allineata”” ” indipendente e non aggressiva” tra i due blocchi.

Ottenere la stessa convergenza di interessi tra gli stati membri – come fu il caso dei cantoni svizzeri- ” e divenire una potenza politica e militare, gli (alla UE ndt)permetterebbe di non sottomettersi a uno qualsiasi dei blocchi, di resistere meglio alle pressioni anziché subirle, a non annegare tra camomille unicamente lessicali e a non essere messa da parte in una posizione immobilismo e passività.”

LA NEUTRALITÀ HA RIGIDI CONTENUTI MILITARI, E AMPIA FLESSIBILITÀ POLITICA.

La Svezia, l’Austria e la Finlandia pur essendo dichiaratamente e ufficialmente neutrali, appartengono politicamente alla Unione Europea e hanno partecipato a esercitazioni militari NATO, ma senza far parte del dispositivo militare coFinlandia, Nicholas Sarkozy, Sauli Ninme del resto scelse di fare la Francia di De Gaulle, opzione rinnegata dal noto e indegno successore Nicholas Sarkozy, inquisito e già due volte condannato per aver inalato 50 milioni di dollari di finanziamento occulto da Muammar Gheddafi. Tre dei testimoni a carico sono nel frattempo deceduti di una malattia da piombo chiamata raffica di mitra.

In qualche caso, si esagera: la Bielorussia, oltre a dichiararsi ufficialmente neutrale, ha aderito anche all’OTSC ( Organizzazione del trattato di Sicurezza collettiva) così come la Serbia, Russia, Kazakistan, Turkmenistan.

Sul fronte opposto, ai tentativi di provocare un’ondata emotiva a favore di una adesione alla NATO, I il Presidente finlandese Sauli Niinisto, ha invitato i compatrioti a tenere ” i nervi a posto” e la premier svedese ( socialdemocratica) Magdalena Andersson, mentre la Svezia ha ripristinato il servizio militare obbligatorio, ha dichiarato che una adesione alla NATO ” accrescerebbe le tensioni internazionali e destabilizzerebbe ancor più la regione”.

Insomma, é un tiro alla fune da cui dobbiamo sottrarci se non vogliamo sperimentare le follie dello Stranamore di turno.

Svizzera, Austria, Irlanda, Croazia e Serbia sono già, in grado diverso, neutrali. Spagna Portogallo e Turchia lo sono dal 1939 ( gli iberici in realtà dal 1914). La lezione Ucraina ha fatto certamente molti adepti e , più dura, più adepti raccoglierà.

Purtroppo, gli Stati Uniti non sono in grado di comprendere le culture altrui, posto che ne abbiano una loro. Lo lascio dire all’ex capo del Mossad che lo ha scritto su queste colonne undici anni fa e di cui vi allego il link.

la grande strategia degli Stati Uniti dopo l’Ucraina_2a parte, a cura di Giuseppe Germinario

A partire dalla proposta-ultimatum di trattato di novembre scorso presentata da Lavrov a novembre scorso, i redattori di Italia e il Mondo hanno colto immediatamente, tra i primi in Italia, se non proprio i primi, il punto di svolta che rappresentava quel passo diplomatico. Da allora, assieme alle nostre considerazioni, ci siamo premurati di rappresentare le diverse posizioni dei tre principali attori strategici dello scacchiere geopolitico evidenziando soprattutto il dibattito esplicito in corso negli Stati Uniti, riflesso del violento scontro politico presente da anni in quel paese. Una schiettezza del tutto assente nel panorama politico europeo, ottenebrato dal conformismo, dal servilismo sino ad arrivare a forme sempre più esplicite di censura delle posizioni divergenti. Non solo! La maggior parte dei nostri interventi sono partiti dal ruolo determinante assegnato alle dinamiche interne alla vita politica interna e alle lotte di potere statunitensi nel tracciare le dinamiche geopolitiche. Questa volta allargiamo ulteriormente la platea di osservazione presentando alcuni articoli della componente dominante dei centri decisori statunitensi. Chi avrà seguito il blog in questi cinque anni saprà discernere gli elementi di analisi dalle distorsioni propagandistiche ed ideologiche che informano il contenuto di questi brevi articoli e trarre utili elementi di analisi e considerazione. Buona lettura, Giuseppe Germinario

L’invasione russa dell’Ucraina è vecchia di quasi un mese e definirlo un cambiamento epocale sembra già un cliché. È la prima guerra di aggressione totale in Europa dal 1945. La Cina sembra avvicinarsi a una Russia ferita. Gli Stati Uniti e i loro alleati non sono stati così uniti da decenni, con persino la Germania che si è resa conto della necessità di riarmarsi.

Ora, lo shock della guerra ha costretto l’amministrazione Biden a riscrivere il suo progetto di sicurezza nazionale. La strategia di difesa nazionale del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, che delinea l’approccio degli Stati Uniti alle sfide di sicurezza a lungo termine, era originariamente prevista per l’uscita a febbraio; ora è stato ritardato fino a nuovo avviso. Quando verrà pubblicata la versione rivista del più importante documento sulla sicurezza di Washington, dovrà riflettere nuove realtà: l’aggressione russa ha cambiato radicalmente la sicurezza europea in modi che non sono ancora chiari mentre la guerra si trascina, anche a causa dell’incertezza sulla misura in cui il conflitto avvicina Pechino a Mosca. Cosa c’è di più,

In che modo la guerra cambierà la grande strategia statunitense, che fino a un mese fa sembrava quasi interamente incentrata sulla Cina e sull’Indo-Pacifico? Abbiamo chiesto a sette eminenti pensatori di politica estera di intervenire.— Stefan Theil, vicedirettore

 

Potenzia le alleanze e condividi gli oneri

Di C. Raja Mohan, editorialista di Foreign Policy e ricercatore presso l’Asia Society Policy Institute

A differenza della strategia di sicurezza nazionale del 2017 dell’amministrazione Trump , che considerava sia la Russia che la Cina allo stesso modo come minacce, l’amministrazione Biden si è concentrata principalmente sulla Cina nella sua guida provvisoria del 2021 . Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha persino contattato il presidente russo Vladimir Putin alla ricerca di una relazione stabile e prevedibile che potesse consentire a Washington di concentrarsi sulle sue priorità nell’Indo-Pacifico.

Non sorprende che l’invasione russa dell’Ucraina abbia sollevato interrogativi sulla sostenibilità dell’inclinazione di Biden verso l’Indo-Pacifico. Gli Stati Uniti hanno abbastanza larghezza di banda politica e risorse militari per far fronte alle sfide simultanee sia in Europa che in Asia? Alcuni in Asia ora temono che la minaccia rappresentata dalla Russia in Europa possa costringere Biden ad allentare il confronto con la Cina e tornare a una strategia cinese prioritaria nella regione.

Nonostante i tentativi diplomatici di Washington di ottenere l’aiuto di Pechino per fermare la guerra di Putin, la proclamazione congiunta del 4 febbraio di una partnership sino-russa senza limiti da parte di Putin e del presidente cinese Xi Jinping preclude a Biden di scegliere tra il teatro europeo e quello asiatico. Inoltre, le traiettorie geopolitiche della Russia di Putin e della Cina di Xi si fondano su una profonda sfiducia condivisa nei confronti degli Stati Uniti. Lo spazio per entrambi i leader per negoziare una pace separata con Washington sembra piuttosto piccolo; semmai, la prospettiva di una Russia indebolita potrebbe avvicinarli.

Se Washington ora deve affrontare sfide sia cinesi che russe, deve necessariamente potenziare i suoi alleati e modernizzare gli accordi di condivisione degli oneri in Asia e in Europa. Fortunatamente, la grande strategia dell’amministrazione Biden ha lo spazio per fare entrambe le cose. La sua particolare enfasi sulla costruzione di ciò che il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan chiama un “lavoro a reticolo di partenariati flessibili, istituzioni, alleanze e [e] gruppi di paesi” ha già guadagnato un notevole successo in Asia.

Come ha affermato di recente il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, gli Stati Uniti hanno sviluppato una formazione ” cinque-quattro-tre-due ” in Asia: “dal rafforzamento dei Cinque Occhi al commercio del Quad, dal mettere insieme AUKUS al rafforzamento delle alleanze militari bilaterali. ” Non potrebbe esserci approvazione migliore del reticolo dell’amministrazione Biden in Asia. Grazie alla guerra di Putin in Ucraina, il lungo anno sabbatico dell’Europa dalla geopolitica è terminato. È finalmente pronto a fare di più per la propria difesa, inclusa una storica decisione tedesca di riarmarsi.

Se gli alleati europei degli Stati Uniti si assumono maggiori responsabilità nel proteggere le loro terre d’origine dalla minaccia russa, non ci sono ragioni per cui Washington declassi le preoccupazioni asiatiche per il bene della stabilità europea. A differenza della più recente epifania degli europei, gli alleati e i partner statunitensi nell’Indo-Pacifico, in particolare Australia, India e Giappone, sono stati pronti ad assumersi maggiori responsabilità per la sicurezza asiatica.

Né l’Asia né l’Europa possono bilanciare Cina e Russia da sole per il prossimo futuro. Ma facendo di più per la propria sicurezza, aiutano a rafforzare il sostegno politico interno degli Stati Uniti per un impegno militare sostenuto nelle due regioni. Promuovendo un ruolo più ampio e una maggiore voce politica per i suoi alleati, Washington può costruire equilibri di potere regionali durevoli in Asia e in Europa, sostenuti dalla potenza militare statunitense. Ciò, a sua volta, potrebbe costringere Pechino e Mosca ad adottare approcci più ragionevoli nei confronti dei loro vicini e scartare la convinzione di poter tagliare accordi di superpotenza con Washington al di sopra dell’Asia e dell’Europa. Gli oneri di sicurezza condivisi e le alleanze rafforzate con gli Stati Uniti renderanno più facile per l’Asia e l’Europa esplorare l’equilibrio tra contenimento a breve termine e riconciliazione a lungo termine con Cina e Russia.

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La sfida di Washington è mantenere la Russia isolata

Da Robin Niblett, direttore e amministratore delegato di Chatham House

L’invasione dell’Ucraina da parte del presidente russo Vladimir Putin ha rivelato tanto sullo stato debole dell’ordine di sicurezza europeo quanto lo ha cambiato. Putin aveva a lungo pubblicizzato il suo rifiuto dell’allargamento verso est della NATO e dell’Unione Europea e i rischi che riteneva che questa ondata democratica liberale ponesse agli interessi russi. Per due volte ha cercato di fermare la marea: prima in Georgia nel 2008 e poi di nuovo con il suo primo attacco all’Ucraina nel 2014, dopo il rovesciamento del presidente filo-russo dell’Ucraina, Viktor Yanukovich.

I responsabili politici di Washington e delle capitali europee si sono abituati alla risultante ambiguità strategica. Sembrava uno status quo sostenibile, anche se insoddisfacente, mantenere la Russia sotto persistenti lievi sanzioni per l’annessione della Crimea e la guerra per procura nell’Ucraina orientale, aumentando lentamente gli investimenti europei e statunitensi nella NATO e nella difesa nazionale, almeno fino a quando Putin non si è trasferito dal Cremlino . Nel complesso, la Russia sembrava essere un piccolo attore nell’architettura della sicurezza globale, interferendo con le elezioni, continuando con occasionali attacchi informatici e omicidi mirati e reinserindosi in paesi instabili in tutto il mondo.

Ciò ha creato spazio affinché l’amministrazione Biden intraprendesse un serio perno geopolitico verso l’Indo-Pacifico a seguito degli sforzi in stallo durante le amministrazioni Obama e Trump. Questo perno ha rafforzato le relazioni di sicurezza degli Stati Uniti con i suoi principali alleati nella regione, formalizzandole in diversi livelli di intensità, dalla più morbida partnership Quad con Australia, India e Giappone al più duro patto Australia-Regno Unito-Stati Uniti, noto come AUKUS, con le sue dimensioni di sicurezza palesi.

La strategia indo-pacifica degli Stati Uniti ha anche comportato una linea sempre più dura verso la Cina. Washington ha imposto restrizioni al trasferimento di tecnologia e ha imposto sanzioni a Pechino per l’abuso dei diritti umani nello Xinjiang e per la repressione anti-democrazia a Hong Kong. Per l’amministrazione Biden, questo è il momento di riconoscere che il mondo non è entrato in un confronto bipolare sino-americano, ma in una competizione globale tra il mondo democratico e le due autocrazie di ancoraggio, Russia e Cina.

Legare la Cina nell’orbita delle sanzioni occidentali insieme alla Russia, anche se per ragioni non correlate, ha avvicinato queste due grandi potenze, come dimostrato dalla dichiarazione congiunta di Putin e del presidente cinese Xi Jinping a febbraio secondo cui il sostegno reciproco dei loro paesi non avrebbe limiti”. Con il suo sostegno retorico alla guerra russa, la Cina sembra mantenere questo accordo.

Cercare di staccare la Cina dalla Russia in mezzo a questa crisi sarà molto difficile. Le minacce di sanzioni secondarie contro la Cina se fornisce un sostegno economico palese alla Russia comporteranno rischi significativi per la più ampia strategia statunitense. Il mercato cinese continuerà ad essere importante per i paesi europei e asiatici in modi che l’economia russa non lo è. Tenere insieme le alleanze transatlantiche e transpacifiche sarà molto più difficile se il conflitto non sarà solo tra l’Occidente e Putin, ma tra l’Occidente e una Russia e una Cina alleate.

Pochi paesi vorranno seguire gli Stati Uniti in un mondo così nettamente diviso. La sfida rimane quella di mantenere la Russia isolata ed esposta per la sua flagrante e brutale invasione di un vicino sovrano. E per evitare, se possibile, l’onere per la strategia statunitense di dover gestire i rischi di un conflitto a due con gli alleati che sarebbe molto più ambivalente su quello scenario rispetto alla minaccia rappresentata dalla sola Russia in Europa.

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La politica russa di Washington non funzionerà in Asia

Di Kishore Mahbubani, un illustre collega presso l’Asia Research Institute della National University of Singapore

La lezione per la strategia statunitense dalla guerra della Russia in Ucraina è semplice: il pragmatismo geopolitico è migliore nel mantenere la pace rispetto alla visione moralmente assolutista secondo cui ogni paese dovrebbe essere libero di scegliere il proprio destino, indipendentemente dalle conseguenze geopolitiche.

Naturalmente, l’invasione russa deve essere condannata. Tuttavia, coloro che hanno incautamente sostenuto l’adesione alla NATO per l’Ucraina e hanno accelerato le spedizioni di armi occidentali nel paese devono anche assumersi una responsabilità morale per aver condotto al macello l’agnello geopolitico ucraino e per aver creato una massiccia instabilità globale. Tutto questo dolore e questa sofferenza avrebbero potuto essere evitati se coloro che consigliavano il pragmatismo geopolitico, inclusi grandi pensatori strategici come George F. Kennan e Henry Kissinger, che mettevano in guardia su questo preciso problema, fossero stati ascoltati.

In Asia, è altrettanto pericoloso assumere l’opinione moralmente assolutista secondo cui il popolo di Taiwan dovrebbe essere libero di scegliere il proprio destino. L’ex segretario di Stato americano Mike Pompeo lo ha sostenuto in una recente visita a Taiwan quando ha affermato che “il governo degli Stati Uniti dovrebbe prendere immediatamente le misure necessarie e attese da tempo” e offrire a Taiwan “il riconoscimento diplomatico come paese libero e sovrano”.

Ci sono poche certezze geopolitiche nel mondo. Uno di questi è che se Taiwan dichiara unilateralmente l’indipendenza, la Cina gli dichiarerà guerra. Questo è il motivo per cui poche persone in Asia sostengono l’indipendenza di Taiwan.

Altrettanto importante, a differenza della forte risposta occidentale all’invasione russa dell’Ucraina, non ci sarebbe una risposta asiatica similmente unita a un’invasione cinese di Taiwan. La mancanza di una risposta energica non dimostrerebbe che i paesi asiatici sono immorali, solo che non approvano l’incoscienza geopolitica.

Il più grande cambiamento di mentalità richiesto ai politici statunitensi impegnati nella politica indo-pacifica è quello di abbandonare la lente politica in bianco e nero che li porta a lavorare solo con alleati e partner, ad esempio quelli nel patto AUKUS, inclusa l’Australia e il Regno Unito o il dialogo quadrilaterale sulla sicurezza, inclusi Australia, India e Giappone. Invece, gli Stati Uniti devono imparare a essere geopoliticamente pragmatici e lavorare con gruppi in Asia che includono la Cina.

C’è una differenza fondamentale tra l’Europa e l’Asia che i politici statunitensi potrebbero prendere in considerazione mentre modellano la loro strategia futura. Mentre l’economia russa, nonostante il suo ruolo di fornitore di energia, è solo leggermente integrata nello spazio geoeconomico europeo, quella cinese è completamente integrata in Asia. Ad esempio, il commercio dell’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico con la Cina è stato quasi il doppio di quello con gli Stati Uniti nel 2020.

I critici della strategia indo-pacifica di Washington hanno ragione a indicare il grande buco in questa strategia in cui dovrebbe esserci una politica economica a lungo termine. Ma il buco è ancora più grande: gli Stati Uniti non hanno la capacità di elaborare strategie geopoliticamente pragmatiche che siano in linea con quelle della maggior parte degli stati asiatici, che non hanno problemi a includere la Cina nei loro raggruppamenti regionali. In effetti, riconoscono che vincolare la Cina all’interno di gruppi multilaterali è l’approccio migliore. Se questo tipo di pragmatismo geopolitico impedisce lo scoppio di una guerra in Asia, sia per Taiwan che per un’altra questione, sarà di gran lunga superiore all’assolutismo morale dell’Occidente sull’Ucraina.

Censori, brava gente_di Giuseppe Germinario

Qui sotto la lettera, a firma del Team Manager di Google Ad, indirizzata agli editori con la quale si comunica il taglio degli introiti pubblicitari a coloro i quali affermano e denunciano, tra le altre cose, “che l’Ucraina stia commettendo genocidio o deliberatamente attaccando i propri cittadini”.

 

 

Qui sotto la traduzione del testo originale:

Gentile Editore,

a causa della guerra in Ucraina, sospenderemo la monetizzazione dei contenuti che sfruttano, minimizzano o giustificano la guerra.

Si prenda nota che abbiamo già agito contro affermazioni relative alla guerra in Ucraina quando violavano politiche già in vigore (per esempio, la Dangerous or Derogatory Content Policy proibisce di monetizzare contenuti che incitino alla violenza o neghi eventi tragici). Questo aggiornamento intende chiarire, e in certi casi estendere, le nostre linee guida per gli editori per quanto attiene a questo conflitto.

Questa sospensione include, ma non è limitata, ad affermazioni implicanti che le vittime siano responsabili per la loro tragedia o analoghi casi di incolpazione delle vittime, quali affermazioni che l’Ucraina stia commettendo genocidio o deliberatamente attaccando i propri cittadini.

Alla prossima,

The Google Ad Manager Team

 

 

Per essere chiari, non è un provvedimento che ci tocca particolarmente. Da due anni abbiamo chiuso gli spazi pubblicitari perché abbiamo scoperto di godere di attenzioni particolari, compreso tra l’altro un algoritmo dedicato, da parte dei gestori dei flussi di dati a vari livelli, tali da inibire e scoraggiare l’accesso ai motori di ricerca, alterare i dati di accesso con evidenti riflessi sia sulla potenziale che reale diffusione del sito, che ovviamente sugli introiti. Per dare un idea dell’andazzo, questo sito ha avuto punte reali anche di 150.000/250.000 accessi, vedendosi riconosciuti introiti al massimo tra i dieci e i quindici euri mensili. Sappiamo comunque di non essere i soli.

Abbiamo scelto al momento di soprassedere al danno economico, sia perché il contrasto a questa manipolazione è possibile, ma comporterebbe un costo economico rilevante ed insostenibile per l’attuale redazione; sia perché i tempi per un eventuale importante investimento economico non sono maturi. Non lo sono almeno sino a quando la pletora di analisti, opinionisti ed intellettuali, per quanto parte di essi acuti ed intelligenti, non comprenderanno che il confronto culturale, necessario ed indispensabile alla formazione di una nuova classe dirigente, sia pure con modalità peculiari è parte integrante di un sempre più acceso conflitto politico da affrontare e del quale far parte superando il narcisismo autoreferenziale e la convinzione della efficacia intrinseca “della forza delle idee”. Sino a quando non si comprenderà che l’agone e il conflitto politico non può riguardare unicamente e genericamente la gente, le classi sociali, gli strati sociali come soggetti e la scadenza elettorale come ambito fondamentale; ma deve avere come obbiettivo altrettanto fondamentale la sensibilizzazione, la conquista e la protezione di élites, centri decisori e parti di classe dirigente i quali operano sotto traccia diffusamente o tacciono cautamente, emergono regolarmente anche diffusamente qua e là, specie nelle situazioni di crisi come l’attuale, ma che regolarmente non trovano la necessaria copertura politica tale da poter esporsi ed agire efficacemente.

In Italia, con la fine dei partiti politici di massa strutturati, è una considerazione, patrimonio ormai dissolto, presente teoricamente in pochi individui ed intellettuali, ma concretamente utilizzato da un numero ancor più insignificante di persone, specie tra intellettuali e politici.

Questa lettera ci rivela solo in parte quali siano gli strumenti di controllo e manipolazione dell’informazione nelle società “democratiche-liberali”.

Non solo!

Come ogni testo ed espressione umana, quella lettera esprime un dato assertivo facilmente intelligibile, ma anche un “non detto” espressione di “un mondo vitale”, come direbbe Habermas, ancora più significativo.

Quella lettera urla a chi vuol sentire che il team manager, come pure il sistema mediatico, come pure i politici di rango, come pure i centri decisori, sanno benissimo come si è arrivati al conflitto russo-ucraino e NATO-Russia. Sanno benissimo cosa sta succedendo sul terreno in Ucraina. Sanno benissimo cosa stanno combinando le bande militari oltranziste e naziste ucraine ai danni non solo dei militari russi, il che potrebbe anche essere comprensibile, ma non giustificabile, ma anche ai danni della propria popolazione in quell’area specifica del paese. Fingono di non saperlo, perché sono disponibili, ma volutamente censurati, innumerevoli filmati delle vessazioni messe in atto oggi e da anni.

Sanno benissimo, lo affermano, che quelle bande elettoralmente rappresentano molto meno del 10% della popolazione; omettono però il fatto che politicamente sono in grado di infiltrarsi nei centri di comando e di controllo degli apparati ucraini e riescono a condizionare, minacciare e ricattare pesantemente anche i politici a loro estranei. Nell’esercito e negli apparati securitari esercitano la funzione di veri propri commissari politici armati tesi a garantire ed imporre con i mezzi anche i più “disinvolti” la disciplina, l’obbedienza e la copertura propagandistica. Come spiegare altrimenti, tra i tanti atti repressivi, la messa fuori legge del partito filorusso, maggioritario prima del colpo di stato del 2014, pur sempre il secondo partito nell’ultimo turno elettorale a dispetto dell’esodo e della separazione di buona parte della popolazione russofona e filorussa avvenuta in questi anni. Per inciso, una delle foto del massacro di Bucha, grazie alla fascia bianca sul braccio, rivela involontariamente che la vittima, se reale, è un filorusso. 

A pensarci bene non è però il carattere nazifascista di quella componente ad essere dirimente in quel contesto, giacché il carattere di resistenza che si vuole attribuire alla reazione all’intervento militare russo farebbe cadere in second’ordine la matrice politica dei resistenti. Non lo è dirimente per noi; lo dovrebbe essere, per inciso, per i portabandiera dell’antifascismo senza fascismo che trionfano in Italia e più in generale nel mondo del politicamente corretto e del dirittoumanitarismo. Varrebbe piuttosto considerare il carattere scellerato di una classe dirigente, simile ad una satrapia, incapace di definire un interesse nazionale comprensivo dell’intera popolazione ucraina e della collocazione geografica e geopolitica di quel paese e per questo totalmente dipendente e strumentalizzata dai disegni oltranzisti statunitensi.

Il problema vero è che quei gruppi neonazisti, nella loro brutalità e nel loro furore ideologico, nella loro ambizione di preservare l’integrità territoriale dell’Ucraina ed eventualmente allargarla prescindono dalla popolazione che vi abita da secoli, sino ad annichilirla, perseguitarla ed eliminarla. Si tratta, per inciso, non solo di quella russa, ma anche di quella ungherese e polacca. Divengono quindi un puro strumento, per altro ben foraggiato dalla gran parte delle decine di miliardi di dollari sin qui elargiti, di interessi esterni, direttamente agli ordini di centri decisori esterni. Un modo a dir poco distorto di difendere ed affermare l’interesse nazionale di un paese. Giuseppe Germinario

“L’avvento della Russia e il nuovo mondo”, di Pyotr Akopov

Definire “progetto imperialista” un disegno di ricostruzione nazionale significa non voler comprendere o, peggio ancora, voler travisare. Le dinamiche geopolitiche in corso potranno seguire una piega di contrapposizione tra imperialismi, ma potranno anche creare lo spazio per la conduzione di politiche autonome, indipendenti e neutraliste di singoli paesi. Tutto sta alle capacità ed ambizioni delle rispettive classi dirigenti. La condizione necessaria e preliminare è comunque la sconfitta delle ambizioni unipolari_Giuseppe Germinario

“La Russia non ha solo sfidato l’Occidente, ha dimostrato che l’era del dominio globale occidentale può essere considerata completamente e definitivamente finita”

Fondazione per l’Innovazione Politica | 02 mar 2022

La Fondazione per l’innovazione politica ha tradotto dal russo al francese la versione integrale di un editoriale dell’agenzia russa RIA Novosti, firmato dall’editorialista Pyotr Akopov e intitolato “L’avvento della Russia e il nuovo mondo”. Questo articolo è stato caricato accidentalmente il 26 febbraio 2022. Inizialmente, la pubblicazione di questo testo doveva aver luogo dopo l’occupazione dell’Ucraina da parte della Russia. L’articolo è stato eliminato rapidamente, ma il servizio Web Internet Archive è riuscito a salvarlo.

Questo articolo descrive il progetto imperialista concepito da Putin. La russificazione totale di Ucraina e Bielorussia si presenta come il punto di partenza per una ricomposizione dell’ordine mondiale. Il testo è stato tradotto dal russo da Inna Uryvskaya.

Giudizi

Un nuovo mondo sta nascendo davanti ai nostri occhi. L’operazione militare russa in Ucraina ha inaugurato una nuova era, e questo in tre dimensioni 1 alla volta. Senza dimenticare la quarta, la dimensione interna della Russia. Inizia oggi un nuovo periodo, sia dal punto di vista ideologico che socio-economico; ma questo argomento merita di essere discusso in seguito.

La Russia ristabilisce la sua unità. In effetti, la tragedia del 1991, questa terribile catastrofe nella nostra storia, questo sconvolgimento innaturale, è stata finalmente superata. Questa restaurazione richiede grandi sacrifici, attraverso i tragici eventi di una guerra quasi civile, in cui i fratelli, separati dalla loro appartenenza all’esercito russo e ucraino, si sparano ancora a vicenda, ma non ci sarà più un’Ucraina antirussa. La Russia viene riportata alla sua integrità storica, riunendo il mondo russo, il popolo russo: i Grandi Russi 2 , i Bielorussi ei Piccoli Russi 3 .

Abbandonare l’idea di questa riunificazione, lasciare che questa divisione temporanea si stabilizzi per secoli, significa tradire la memoria dei nostri antenati ed essere maledetti dai nostri discendenti per aver lasciato che la terra russa si disintegrasse.

Vladimir Putin si è assunto, senza alcuna esagerazione, una responsabilità storica prendendo la decisione di non lasciare la questione ucraina alle generazioni future. In effetti, la necessità di risolvere il problema dell’Ucraina non poteva che rimanere una priorità della Russia, per due ragioni principali. E la questione della sicurezza nazionale della Russia, cioè lasciare che l’Ucraina diventi anti-russa, non è la ragione più importante.

Il motivo principale è un eterno complesso di popoli divisi, un complesso di umiliazioni nazionali dovute al fatto che la patria russa ha prima perso parte delle sue fondamenta (kiev), e deve sopportare l’idea dell’esistenza di due Stati, di due popoli. Continuare a vivere così significherebbe rinunciare alla nostra storia, sia accettando l’idea folle che “solo l’Ucraina è la vera Russia” o ricordando, impotenti e digrignando i denti, il tempo in cui “abbiamo perso l’ucraino”. Nel corso dei decenni, la riunificazione della Russia con l’Ucraina sarebbe diventata sempre più difficile: sarebbero aumentati il ​​cambio dei codici, la derussificazione dei russi che vivono in Ucraina e la propaganda antirussa tra i Piccoli Russi ucraini. Inoltre, se l’Occidente avesse consolidato il controllo geopolitico e militare in Ucraina, il ritorno in Russia sarebbe diventato totalmente impossibile, dal momento che i russi avrebbero dovuto confrontarsi con l’intero blocco atlantico.

Ora questo problema non esiste più: l’Ucraina è tornata in Russia. Questo ritorno non significa che l’Ucraina perderà la sua statualità. Semplicemente, sarà trasformato, riorganizzato e riportato al suo stato originale come parte integrante del mondo russo. Sotto quali confini? In che forma? Sarà stabilita un’alleanza con la Russia, attraverso la CSTO e l’Unione economica eurasiatica o come stato che fa parte dell’Unione di Russia e Bielorussia? Questo sarà deciso quando l’Ucraina anti-russa non esisterà più. Comunque sia, il periodo di divisione del popolo russo sta volgendo al termine.

È qui che inizia la seconda dimensione della nuova era: riguarda le relazioni della Russia con l’Occidente, e non solo della Russia, ma del mondo russo, cioè tre Stati: Russia, Bielorussia e Ucraina, che agiscono come un’unica entità geopolitica. Queste relazioni sono entrate in una nuova fase e l’Occidente vede la Russia tornare ai suoi confini storici in Europa. Ne è fortemente indignato, anche se nel profondo della sua anima deve ammettere che non avrebbe potuto essere altrimenti.

Chi, nelle vecchie capitali europee, a Parigi o a Berlino, poteva davvero credere che Mosca avrebbe rinunciato a Kiev? Che i russi sarebbero stati per sempre un popolo diviso? E questo, proprio nel momento in cui l’Europa si unisce, quando le élite tedesca e francese stanno cercando di riprendere il controllo dell’integrazione europea dagli anglosassoni e di costruire un’Europa unita! Dimenticando che l’unificazione dell’Europa è stata resa possibile solo dall’unificazione della Germania, ottenuta grazie alla buona – seppur poco intelligente – volontà russa. Qualsiasi pretesa sulle terre russe è più che l’apice dell’ingratitudine, è stupidità geopolitica. L’Occidente nel suo insieme, e l’Europa in particolare, non avevano il potere di mantenere l’Ucraina nella sua sfera di influenza, per non parlare di conquistare l’Ucraina.

Per essere più precisi, c’era una sola opzione: scommettere sull’ulteriore crollo della Russia, cioè della Federazione Russa. Ma il fatto che questa opzione non funzionasse avrebbe dovuto essere chiaro vent’anni fa. Quindici anni fa, dopo il discorso di Putin a Monaco, anche i sordi avrebbero potuto sentire che la Russia era tornata.

Oggi l’Occidente sta cercando di punire la Russia per essere tornata, per aver impedito agli occidentali di arricchirsi a sue spese, per aver fermato l’espansione occidentale verso est. Cercando di punirci, l’Occidente crede che il nostro rapporto con esso sia di vitale importanza. Ma ormai non è più così da molto tempo. Il mondo è cambiato e gli europei così come gli anglosassoni che governano l’Occidente lo capiscono. Qualsiasi pressione occidentale sulla Russia sarà vana. Il danno dovuto all’escalation del confronto sarà bilaterale, ma la Russia è moralmente e geopoliticamente preparata, quando un aggravamento dell’opposizione comporterà per l’Occidente costi significativi, i principali dei quali non saranno necessariamente economici.

L’Europa, come l’Occidente, voleva l’autonomia. In effetti, il progetto tedesco di una maggiore Europa integrata è una sciocchezza strategica se gli anglosassoni mantengono il controllo ideologico, militare e geopolitico sul Vecchio Mondo. Inoltre, questo progetto non può avere successo poiché gli anglosassoni hanno bisogno di un’Europa che controllino. Tuttavia, l’Europa deve cercare l’autonomia per un altro motivo: nel caso in cui gli Stati Uniti si isolino (a causa dei crescenti conflitti e controversie interne) o si concentrino nella regione del Pacifico, dove oggi il baricentro geopolitico si sta spostando.

Gli anglosassoni conducono l’Europa in un confronto con la Russia e privano così gli europei di ogni possibilità di indipendenza. Allo stesso modo, l’Europa sta cercando di imporre una rottura con la Cina. Se gli atlantisti oggi si rallegrano che la “minaccia russa” stia unificando il blocco occidentale, Berlino e Parigi devono capire che, avendo perso ogni speranza di autonomia, il progetto europeo crollerà nel medio termine. Questo è il motivo per cui gli europei indipendenti non sono affatto interessati a costruire una nuova cortina di ferro ai loro confini orientali, rendendosi conto che si trasformerà in un bullpen per l’Europa. L’era della leadership mondiale del Vecchio Mondo (più precisamente, mezzo millennio) è comunque finita. Tuttavia, sono ancora possibili varie opzioni per il suo futuro.

La terza dimensione dell’attualità è l’accelerazione della costruzione di un nuovo ordine mondiale, i cui contorni sono sempre più chiaramente dovuti al fatto che la globalizzazione anglosassone è così diffusa. Un mondo multipolare è finalmente diventato realtà. In questa operazione in Ucraina solo l’Occidente si oppone alla Russia, perché il resto del mondo la comprende perfettamente: è un conflitto tra Russia e Occidente, è una risposta all’espansione geopolitica degli atlantisti, è il ritorno della Russia al suo spazio storico e il suo posto nel mondo.

Cina, India, America Latina, Africa, mondo islamico e Sud-est asiatico, nessuno crede che l’Occidente governi l’ordine mondiale, tanto meno ne stabilisca le regole del gioco.La Russia non ha solo sfidato l’Occidente, ha dimostrato che l’era del dominio globale occidentale può considerarsi completamente e definitivamente conclusa. Il nuovo mondo sarà costruito da tutte le civiltà e da tutti i centri di potere, e questo, ovviamente, in collaborazione con l’Occidente (unito o meno), ma quest’ultimo non potrà più imporre né i suoi termini né le sue regole .

https://www.fondapol.org/decryptage/la-russie-na-pas-seulement-defie-loccident-elle-a-montre-que-lere-de-la-domination-occidentale-mondiale-peut-etre-consideree-comme-completement-et-definitivement-revolue/

Intervista dal fronte_a cura di Max Bonelli

Mariupoli la  lotta tra il bene ed il male

 

Effettuo la traduzione di una intervista ad un combattente russo di Mariupoli. Tra i tanti scritti, articoli che ho tradotto in questi giorni, questo mi ha colpito per l’intensità e la stridente contronarrazione alle vulgate delle nostre televisioni atlantiste

Buona lettura,

Max Bonelli

 

 

Ripulire la città dai nazisti dell’Azov è un lavoro duro ed estenuante. Sei in tensione selvaggia tutto il giorno. Capisci perfettamente che puoi diventare una facile preda per un cecchino, quindi corri tra le case, piegandoti e incassando la testa nelle spalle.  il gioco mortale tra gatto e topo. Indossi un elmetto in Kevlar, un’armatura, munizioni. Ognuno di noi è magro come un lavabo ma  le gambe di tutti sono come quelle di atleti sollevatori di pesi.  Ti senti più calmo sotto la copertura di un carro armato o di un’altra armatura. Prima di correre dall’altra parte della strada, si “scansionano” tutti i grattacieli.

 

Tutto ruota intorno alla lotta contro i cecchini. Hanno un cecchino scalatore. Si piazza al quinto e sesto piano. E poi scende rapidamente tramite la corda e scappa fino a quando non è scoperto da un carro armato, mortaio o fuoco di artiglieria. I lanciatori di granate dell’AGS hanno imparato a inviare granate direttamente in finestre specifiche.  Abbiamo ragazzi che hanno operato in Medio Oriente contro  l’ISIS e sono tornati vittoriosi. A Mosul una città di più di un milione di abitanti L’ISIS ne aveva  fatto un’area fortificata. Così gli americani la martellarono asfaltandola,  con il fuoco dell’artiglieria. Per un membro dell’ISIS, potevano uccidere  un centinaio di civili.

Noi invece lavoriamo in modo mirato. Ecco perché è difficile. I  carri armati, lavorano solo sui punti di fuoco di cecchino identificati – se non lo   centriamo, seppelliamo comunque il tiratore sotto le macerie.

La verità è molto diversa da quella che raccontano gli ucraini. Diversi gruppi di cecchini buriati e  tuvani (popolazioni della siberia) sono tra noi. C’è anche un Khanty del distretto di Khanty-Mansiysk. Cacciatori da generazioni  Molti sono passati attraverso la Cecenia, l’Ossezia, la Siria… Ma dicono che Mariupol è qualcosa di speciale. Vedere un cecchino nella finestra o nella soffitta di un grattacielo distrutto è estremamente difficile. Passano ore a fissare le case – attraverso un binocolo, in una termocamera e con i propri occhi. Dopo due o tre giorni, gli occhi si infiammano, i volti diventano rossi – come da una costante mancanza di sonno. Li spalmano con un po ‘di grasso di cervo. I cecchini delle Forze per le operazioni speciali  lavorano con loro. I loro fucili perforano le pareti. Nel muro dopo il colpo – buchi delle dimensioni di un piatto…

In generale, nel nostro plotone, un terzo dei ragazzi ha cognomi ucraini. Dicono “ puliamo il nostro paese dagli spiriti maligni.” Ci sono quelli nati sotto l’Unione Sovietica – quelli che sono nati in Ucraina, Moldavia, Kazakistan. Le milizie russe in generale sono un’internazionale completa. Russi, ucraini, abkhazi, daghestani. Ci sono molti caucasici in generale. I combattimenti sono il loro elemento. Nella guerra, incrociamo costantemente i ceceni di Kadyrov. A volte loro ci aiutano, a volte noi aiutiamo loro. All’inizio, hanno mostrato uno sfacciato disprezzo per la morte. Poi sono diventati più attenti. La guerra è posizionale. Non c’è combattimento con il pugnale qui, gli attacchi di cavalleria non passano. Puoi diventare una facile preda per un cecchino o un mortaio. I banderiti, tra l’altro, hanno anche ceceni. Ma i nostri li chiamano “Satanisti di lingua cecena”. Li abbiamo raggiunti tramite comunicazione. Vieni fuori, gli dicono, una volta, non spareremo – combatteremo con i pugnali come uomini. Non sono usciti.

Tra le truppe di montagna  quelli più anziani –  hanno combattuto nella prima guerra cecena. E ora stanno combattendo i Banderisti insieme ai ceceni.

Adesso sono Fratelli in Armi. Il nostro odio per i Banderisti è reciproco in maniera  assoluta. Li distruggeremmo tutti con l’artiglieria in un’ora. Ma si nascondono dietro le spalle dei civili. Non lasciano entrare le persone nei corridoi umanitari che abbiamo aperto e strillano al mondo intero che i civili stanno soffrendo per gli occupanti.

Non c’è logica, nessun significato, nessuna idea alta nelle loro azioni. Tutto è costruito su bugie – sia per il clown Zelensky che per se stessi. Ci accusano costantemente di ciò che fanno loro stessi. Bugie, bugie, bugie.

Anche i ceceni vogliono distruggere i neonazisti. Furono i ceceni a carpire il maggior numero di nazisti che cercarono di lasciare la città insieme ai civili lungo il corridoio umanitario. Per prima cosa hanno controllato le spalle – erano contusi dal rinculo del calcio del fucile. Poi controllavano i segni di ginocchiere sulle mie ginocchia. E il casco lascia una striscia rossa sulla testa. Alcuni sono stati persino annusati. Se una persona spara molto, sente odore di polvere da sparo e olio per pistole. Il mestiere del militare militare è una corsa con lo zaino, rimangono tracce sui fianchi. Potrebbe esserci un callo sul pollice dal caricamento del caricatore con le cartucce. Di solito sono tutti leggermente piegati. Sul petto, le munizioni sono costantemente appese. E questo a volte sono più di mille colpi di munizioni. Ci sono segni  sulle spalle. Ci sono molte sfumature e segni che un militare trova..

In generale, i soldati di vecchia data gli” highlander “hanno una sorta di intuizione animale per il nemico. Lo sentono con la loro pelle. Indagano con gli occhi su una persona e aspettano che distolga lo sguardo. E i Banderisti non guardano negli occhi. A loro non piace affatto uno sguardo diretto e dal modo in cui reagisce alla presa , il nemico si sente.  Molti hanno tatuaggi sulle spalle. O una traccia di  acido.per cancellarlo.

Quando i civili furono portati fuori dalla città, non ebbero nemmeno la forza di gioire. Devastati totalmente. Quasi come zombie. Gli occhi di molti sono neri, devastati. Guardano come se fossero sull’abisso. Mi sembra che sia così che i prigionieri dei campi di concentramento non hanno avuto la forza quando i nostri soldati li hanno liberati. Molti sono sull’orlo della follia o di un esaurimento nervoso. Gli anziani che avevano tutti i tipi di piaghe, non appena escono dagli scantinati, muoiono di stress. Sono sepolti proprio in città. I vicini di solito li seppelliscono. Mariupol è costellata di queste fosse comuni.

Dopo aver continuato a correre per la città e sparare, si arriva alla sera morto di fatica. Pensi che oggi questo brutto sogno sia finito. Domani ricominceremo a dare veleno ai bastardi. Ed eccoci qui ad aspettare interi branchi di cani e gatti abbandonati. Si siedono e aspettano che i combattenti condividano la razione secca.  Sta scritto : “Condividi con  creatura di Dio”.

L’altro giorno è apparsa una gatta incinta. Strisciava, tremava, graffiava il terreno con i suoi artigli e urlava. Il cibo per i gattini è necessario in modo catastrofico. Le ho dato uno stufato. Tutti gli altri cani e gatti che erano in giro non si muovevano nemmeno. Anche se affamati non meno di lei. Anche la bestia capisce che una femmina incinta non può essere offesa. Ha mangiato tutto lo stufato e ha iniziato a leccare la mia scarpa polverosa. Il suo modo di dire “Grazie”. Le abbiamo fatto un “divano” nella scatola delle munizioni. Un piccolo ospedale di maternità felina da campo.

“Lascia che i tuoi gattini nascano”.

Abbiamo davvero bisogno di sostegno e comprensione; sentire che tutta la Russia è dietro di noi. E quando i ragazzi ci hanno mandato la canzone “We bite into Mariupol” – il nostro morale è andato alle stelle.

Chi ha scritto la canzone. Ha fatto una bella cosa, parla noi. Avevo una aureola proprio sopra la mia testa dopo averla ascoltata. Stiamo facendo un ottimo lavoro qui. Insieme, il mondo intero – cristiani, musulmani, buddisti. Salviamo la Russia. Solo questo pensiero ci mantiene in buona forma e non ci permette di rilassarci. Il Signore ci rispetta. Questo è quello che stiamo facendo qui. Quando morirò – ricorderò come abbiamo preso Mariupol.

Sergej Afonin

 

 

 

 

la grande strategia degli Stati Uniti dopo l’Ucraina_1a parte, a cura di Giuseppe Germinario

A partire dalla proposta-ultimatum di trattato di novembre scorso presentata da Lavrov a novembre scorso, i redattori di Italia e il Mondo hanno colto immediatamente, tra i primi in Italia, se non proprio i primi, il punto di svolta che rappresentava quel passo diplomatico. Da allora, assieme alle nostre considerazioni, ci siamo premurati di rappresentare le diverse posizioni dei tre principali attori strategici dello scacchiere geopolitico evidenziando soprattutto il dibattito esplicito in corso negli Stati Uniti, riflesso del violento scontro politico presente da anni in quel paese. Una schiettezza del tutto assente nel panorama politico europeo, ottenebrato dal conformismo, dal servilismo sino ad arrivare a forme sempre più esplicite di censura delle posizioni divergenti. Non solo! La maggior parte dei nostri interventi sono partiti dal ruolo determinante assegnato alle dinamiche interne alla vita politica interna e alle lotte di potere statunitensi nel tracciare le dinamiche geopolitiche. Questa volta allargiamo ulteriormente la platea di osservazione presentando alcuni articoli della componente dominante dei centri decisori statunitensi. Chi avrà seguito il blog in questi cinque anni saprà discernere gli elementi di analisi dalle distorsioni propagandistiche ed ideologiche che informano il contenuto di questi brevi articoli e trarre utili elementi di analisi e considerazione. Buona lettura, Giuseppe Germinario

L’invasione russa dell’Ucraina è vecchia di quasi un mese e definirlo un cambiamento epocale sembra già un cliché. È la prima guerra di aggressione totale in Europa dal 1945. La Cina sembra avvicinarsi a una Russia ferita. Gli Stati Uniti e i loro alleati non sono stati così uniti da decenni, con persino la Germania che si è resa conto della necessità di riarmarsi.

Ora, lo shock della guerra ha costretto l’amministrazione Biden a riscrivere il suo progetto di sicurezza nazionale. La strategia di difesa nazionale del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, che delinea l’approccio degli Stati Uniti alle sfide di sicurezza a lungo termine, era originariamente prevista per l’uscita a febbraio; ora è stato ritardato fino a nuovo avviso. Quando verrà pubblicata la versione rivista del più importante documento sulla sicurezza di Washington, dovrà riflettere nuove realtà: l’aggressione russa ha cambiato radicalmente la sicurezza europea in modi che non sono ancora chiari mentre la guerra si trascina, anche a causa dell’incertezza sulla misura in cui il conflitto avvicina Pechino a Mosca. Cosa c’è di più,

In che modo la guerra cambierà la grande strategia statunitense, che fino a un mese fa sembrava quasi interamente incentrata sulla Cina e sull’Indo-Pacifico? Abbiamo chiesto a sette eminenti pensatori di politica estera di intervenire.— Stefan Theil, vicedirettore

Consegna la sicurezza europea agli europei

Di Stephen M. Walt, editorialista di Foreign Policy e professore di relazioni internazionali all’Università di Harvard

Per più di un secolo, la grande strategia degli Stati Uniti si è concentrata sull’aiutare a mantenere favorevoli equilibri di potere in Europa, Asia orientale e, in misura minore, nel Golfo Persico. L’ascesa della Cina è la più grande sfida a lungo termine alla capacità degli Stati Uniti di mantenere queste favorevoli configurazioni di potere, e la brutale invasione russa dell’Ucraina non cambia questo fatto. Guardando al futuro, l’amministrazione Biden non dovrebbe permettere agli eventi scioccanti in Europa di distoglierla dal compito più ampio di ricostruire le forze in patria e bilanciare il potere cinese all’estero.

Ben intesa, la guerra in Ucraina mostra che per l’Europa assumersi maggiori responsabilità per la propria sicurezza non è solo auspicabile ma fattibile. La guerra è stata un campanello d’allarme per gli europei che credevano che una guerra su larga scala nel loro continente fosse stata resa impossibile da norme contro la conquista , le istituzioni internazionali, l’interdipendenza economica e le garanzie di sicurezza degli Stati Uniti. Le azioni della Russia ci ricordano brutalmente che l’hard power è ancora di vitale importanza e che il ruolo che l’Europa si auto-attribuisce come ” potenza civile ” non è sufficiente. I governi da Londra a Helsinki hanno risposto con vigore, smentendo le previsioni secondo cui la “cacofonia strategica” in Europa impedirebbe al continente di rispondere efficacemente a una minaccia comune. Anche la Germania pacifista e postmoderna sembra aver ricevuto il memorandum.

La guerra ha anche messo in luce le persistenti carenze militari della Russia. Nonostante mesi di pianificazione e preparazione, l’invasione russa dell’Ucraina, molto più debole, è stata una debacle imbarazzante per il presidente russo Vladimir Putin. Non importa cosa possa sperare, ora è ovvio che la Russia semplicemente non è abbastanza forte per ripristinare il suo ex impero, e lo sarà ancora meno quando l’Europa si riarmarà.

Inoltre, anche se le tattiche brutali della Russia ei numeri superiori alla fine costringeranno l’Ucraina a capitolare, il potere di Mosca continuerà a declinare. Né l’Europa né gli Stati Uniti torneranno agli affari come al solito con la Russia finché Putin rimarrà al potere e le sanzioni ora in vigore ostacoleranno l’economia russa malconcia negli anni a venire. Sostenere un regime fantoccio a Kiev costringerebbe la Russia a mantenere molti soldati infelici sul suolo ucraino, affrontando la stessa ostinata ribellione che tipicamente incontrano gli eserciti di occupazione. E ogni soldato russo schierato nella polizia di un’Ucraina ribelle non può essere usato per attaccare nessun altro.

La conclusione è che l’Europa può gestire da sola una futura minaccia russa. I membri europei della NATO hanno sempre avuto un potenziale di potere latente di gran lunga maggiore della minaccia al loro est: insieme, hanno quasi quattro volte la popolazione russa e più di 10 volte il suo PIL. Anche prima della guerra, i membri europei della NATO spendevano ogni anno da tre a quattro volte tanto per la difesa rispetto alla Russia. Con le vere capacità della Russia ora rivelate, la fiducia nella capacità dell’Europa di difendersi dovrebbe aumentare considerevolmente.

Per questi motivi, la guerra in Ucraina è un momento ideale per muoversi verso una nuova divisione del lavoro tra gli Stati Uniti ei suoi alleati europei, in cui gli Stati Uniti dedicano attenzione all’Asia e i suoi partner europei si assumono la responsabilità primaria della propria difesa. Gli Stati Uniti dovrebbero abbandonare la loro opposizione di lunga data all’autonomia strategica europea e aiutare attivamente i loro partner a modernizzare le loro forze. Il prossimo comandante supremo alleato della NATO dovrebbe essere un generale europeo, ei leader statunitensi dovrebbero considerare il loro ruolo nella NATO non come primo soccorritore ma come difensore dell’ultima risorsa.

Il passaggio della sicurezza europea agli europei dovrebbe avvenire gradualmente. La situazione in Ucraina è ancora irrisolta e le capacità di difesa europee non possono essere ripristinate dall’oggi al domani. A lungo termine, anche gli Stati Uniti, la NATO e l’Unione Europea dovrebbero adoperarsi per costruire un ordine di sicurezza europeo che non escluda la Russia, sia per rafforzare la stabilità in Europa sia per allontanare Mosca dalla sua crescente dipendenza dalla Cina. Questo sviluppo deve attendere una nuova leadership a Mosca, ma dovrebbe essere un obiettivo a lungo termine.

Dopo l’11 settembre, gli Stati Uniti sono stati sviati in una costosa cosiddetta guerra al terrorismo e in uno sforzo maldestro per trasformare il grande Medio Oriente. L’amministrazione Biden oggi non deve commettere un errore simile. L’Ucraina non può essere ignorata, ma non giustifica un più profondo impegno degli Stati Uniti nei confronti dell’Europa una volta risolta l’attuale crisi. La Cina rimane l’unico concorrente alla pari e affermare che la concorrenza con successo dovrebbe rimanere la massima priorità strategica degli Stati Uniti.

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La guerra economica ha cambiato per sempre il toolkit strategico

Di Shannon O’Neil, vicepresidente, vicedirettore degli studi e ricercatore presso il Council on Foreign Relations

La guerra di conquista e distruzione della Russia in Ucraina potrebbe tornare al brutale passato dell’Europa del 20° secolo, ma gli Stati Uniti e i loro alleati hanno risposto con una risposta distintamente del 21° secolo quando hanno imposto sanzioni economiche e finanziarie senza precedenti, fornendo anche una certa quantità di tradizionali aiuto militare. Non è stata solo una risposta calibrata per evitare l’escalation con un’energia nucleare, ma anche un audace esperimento per rompere i secoli di come sono state combattute le guerre e definito lo status di grande potenza. Piuttosto che l’occupazione fisica, l’approccio degli Stati Uniti è la sottomissione finanziaria e la distruzione economica. È un assedio virtuale piuttosto che reale, ma l’obiettivo è lo stesso: costringere la Russia alla sottomissione.

Ciò potrebbe cambiare per sempre il kit di strumenti di politica estera degli Stati Uniti, con profonde conseguenze per la prospettiva strategica di Washington.

L’esito, ovviamente, è incerto. L’uso passato delle sanzioni raramente, se non mai, ha portato a un cambio di regime o ha posto fine alle guerre. Come tutti possiamo vedere in Ucraina, anche le sanzioni massicce devono ancora ottenere vittorie riconoscibili. L’Occidente scoprirà che le sanzioni non sono prive di ricadute e persino vittime. Le carenze e i picchi di prezzo indotti dalle sanzioni danneggeranno le economie degli Stati Uniti e dell’Europa. I civili, specialmente nei paesi più poveri del mondo, potrebbero morire mentre i prezzi del cibo salgono alle stelle e le case diventano insopportabilmente calde o fredde quando viene a mancare l’elettricità.

Ma se gli Stati Uniti prevarranno – e la battaglia economica costringerà il presidente russo Vladimir Putin a ritirare il suo esercito o addirittura a perdere il potere – fondamentalmente riformuleranno la grande strategia, la natura delle alleanze e la gerarchia delle grandi potenze fino al 21° secolo. Riaffermerà il dominio degli Stati Uniti con un nuovo mezzo di egemonia. Dissuaderà gli altri aggressori quando si renderanno conto che hanno poco modo per proteggersi dalle devastanti ricadute della guerra economica e finanziaria. Farà presagire un nuovo tipo di corsa agli armamenti non militari, in cui le nazioni competono per creare i propri sistemi e blocchi commerciali regionali, riconfigurando l’equilibrio del potere economico. In definitiva, la guerra della Russia in Ucraina ridefinirà cosa significa essere una grande potenza e la natura dei conflitti a venire.

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Mantenere il focus strategico sulla Cina

Di Toshihiro Nakayama, professore di politica americana e politica estera alla Keio University

La guerra della Russia in Ucraina cambierà le percezioni geopolitiche molto più della realtà geopolitica. Mentre la Russia sotto il presidente Vladimir Putin incombe come una grande sfida a breve termine, la Cina rimarrà la principale minaccia a medio e lungo termine. Come bilanciare i due sarà di fondamentale importanza. Sebbene l’attenzione tenda ad essere attirata sul qui e ora, è necessario mantenere l’attenzione strategica. Possiamo aspettarci grandi cambiamenti in Russia dopo Putin, se non porterà il mondo all’inferno prima della sua scomparsa. Ma la minaccia proveniente dalla Cina è strutturale, dove un cambio di leadership non porterà grandi cambiamenti. La realtà schiacciante è che la Cina sta riducendo il divario di potere con gli Stati Uniti.

Tuttavia, l’attenzione di Washington dovrà essere portata sul fronte europeo. Di fronte al tentativo della Russia di ristabilire una sfera di influenza attraverso l’uso della forza, gli Stati Uniti non hanno altra scelta che confrontarla con il potere. Anche l’Europa, dopo essersi notevolmente allontanata dagli Stati Uniti, ha riscoperto che il potere degli Stati Uniti è indispensabile. La revisione da parte della Germania della sua posizione difensiva, ad esempio, si basa su questa premessa.

La Cina cercherà di comportarsi come un paese più responsabile anche se si avvicina alla Russia. Vedendo l’unità dell’Occidente e dei suoi partner in risposta alla guerra della Russia, Pechino potrebbe proprio ora imparare quanto sia pericoloso tentare di cambiare lo status quo con la forza. Diventerà sempre più difficile per la Cina giustificare una partnership sino-russa senza “limiti”, come hanno descritto insieme Putin e il presidente cinese Xi Jinping poco prima dell’invasione. La Cina potrebbe sottolineare che non è uno stato fuorilegge come la Russia mentre raddoppia la creazione di una sfera di influenza attraverso la coercizione non militare, come sta già facendo. A Washington, sembra che la battaglia tra i fautori della concorrenza strategica e quelli dell’ingaggio sia stata risolta a favore dei primi,

Gli Stati Uniti non hanno la capacità operativa o l’attenzione sostenuta per un impegno completo a lungo termine in due sfere. Ma la realtà geopolitica richiede che Washington si impegni in entrambi. Se questo è il caso, gli alleati e i partner statunitensi sia sul fronte europeo che indo-pacifico non avranno altra scelta che impegnarsi più attivamente. La buona notizia è che ci sono segnali che questo sta già accadendo.

Sta sicuramente arrivando il messaggio che gli Stati Uniti non interverranno direttamente in Ucraina. Ciò è comprensibile, poiché esiste una linea netta tra membri della NATO e membri non NATO. Sebbene questa logica non possa essere applicata direttamente all’Asia, non c’è dubbio che il modo in cui percepiamo la credibilità degli Stati Uniti sarà fortemente influenzato dal modo in cui gli Stati Uniti agiranno in Ucraina.

Costruisci il mondo transatlantico

Di Anne-Marie Slaughter, CEO di New America

L’opinione condivisa sull’invasione dell’Ucraina da parte del presidente russo Vladimir Putin è che siamo a un punto di svolta negli affari globali, che l’era del dopo Guerra Fredda è finita e che se Putin vince, avrà riscritto le regole dell’internazionale liberale ordine. L’invasione dell’Ucraina da parte di Putin è orribile, brutale e una flagrante violazione del diritto internazionale, e l’Occidente dovrebbe fare di tutto, a parte coinvolgere direttamente la Russia, per aiutare gli ucraini a combattere le forze russe fino all’arresto. Ma questa invasione è una differenza di grado così grande da essere una differenza di genere?

Putin ha già violato il diritto internazionale esattamente allo stesso modo nel 2014, quando ha invaso l’Ucraina e annesso la Crimea. Gli Stati Uniti hanno violato lo stesso pilastro dell’ordine internazionale quando hanno invaso l’Iraq senza l’approvazione formale del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Sia l’Unione Sovietica che gli Stati Uniti hanno invaso paesi che consideravano rientrare nelle loro sfere di influenza durante la Guerra Fredda.

Il cambiamento fondamentale oggi non è la guerra di Putin, ma il rifiuto della Cina di condannarla. Come ha scritto Fareed Zakaria della CNN, avvicinare Mosca e Pechino è un costoso sottoprodotto strategico della politica dell’amministrazione Biden di sfidare e contenere la Cina. Un mondo in cui Cina e Russia si sostengono a vicenda nel ridisegnare mappe territoriali e riscrivere le regole del sistema internazionale, invece di lavorare per ottenere influenza all’interno delle istituzioni esistenti, è un mondo molto più pericoloso.

In questo contesto, è tanto più evidente la follia dell’elevazione da parte dell’amministrazione Biden della rivalità USA-Cina a punto focale della sua politica di sicurezza. Washington avrebbe dovuto concentrarsi prima sull’Europa costruendo un’agenda economica, politica, di sicurezza e sociale transatlantica ed espandendola il più possibile in tutto l’emisfero atlantico, sia nord che sud. Il modo migliore per competere con la Cina è riconoscere che i continenti che sia l’Europa che gli Stati Uniti hanno trattato come i loro cortili meritano un trattamento da cortile.

L’invasione dell’Ucraina da parte di Putin sottolinea quanto l’Europa sia indispensabile come alleato militare ma ancor di più come partner economico, morale e legale. L’Europa, tuttavia, ha una prospettiva diversa: sebbene l’invasione sembri convincere i principali paesi europei, soprattutto la Germania, ad aumentare le proprie spese per la difesa, non lo stanno facendo per avvicinarsi agli Stati Uniti. Piuttosto, si stanno preparando per un futuro in cui l’Europa potrebbe non poter più contare sull’appoggio degli Stati Uniti. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha parlato dell’acquisto di una nuova generazione di caccia e carri armati, ma ha insistito che avrebbero dovuto essere costruiti in Europa con partner europei. L’ostilità dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump nei confronti della NATO e le continue disfunzioni degli Stati Uniti

Gli Stati Uniti dovrebbero incoraggiare tutti gli sforzi europei per sviluppare una difesa paneuropea più forte e coerente, anche perché la potenza militare europea renderà Washington meno propensa a dare l’Europa per scontata. Allo stesso tempo, l’amministrazione Biden dovrebbe portare avanti un nuovo trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti e un mercato comune digitale. Gli Stati Uniti dovrebbero anche incoraggiare le relazioni europee con i paesi del sud del mondo, pur riconoscendo che sono spesso carichi di bagagli postcoloniali. E dopo la scomparsa di Putin, Washington dovrebbe sostenere l’Europa nella costruzione di una nuova architettura di sicurezza dall’Atlantico agli Urali, magari con circoli intersecanti e sovrapposti di cooperazione di difesa tra gruppi di paesi. La NATO non potrà mai estendersi fino al Pacifico, quindi dovrebbero essere perseguiti altri quadri.

Questa grande strategia riprogettata degli Stati Uniti, infatti, metterà al centro le democrazie, ma non inquadrandola come un’epica lotta tra democrazie e autocrazie. Invece, l’Occidente dovrebbe concentrarsi sulle molte cose buone che la democrazia e lo stato di diritto possono apportare: azione individuale, autogoverno, trasparenza, responsabilità, una distribuzione più equa della ricchezza e vie di ricorso in caso di violazione dei diritti umani. Mettere questi valori al centro della politica estera degli Stati Uniti, ovviamente, renderebbe ancora più imperativo mantenerli in patria.

https://foreignpolicy.com/2022/03/21/us-geopolitics-security-strategy-war-russia-ukraine-china-indo-pacific-europe/#full-list

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