La crisi pandemica in Italia_ con il dottor Giuseppe Imbalzano

Una lunga conversazione con il dottor Giuseppe Imbalsano. Si discute della gravità della crisi pandemica e delle modalità con le quali viene e dovrebbe essere affrontata. Le dinamiche politiche e geopolitiche rimangono nello sfondo; continueranno ad essere affrontate in altri articoli. La conversazione offre numerosi elementi per poterle individuare fondatamente secondo i vari punti di vista. Il dottor Imbalzano è medico, manager di aziende sanitarie e consulente; uno dei maggiori esperti nel settore. Ha scritto numerosi saggi e libri. Qui sotto alcuni link propedeutici alla intervista:

https://statisticallearningtheory.wordpress.com/2020/10/24/previsioni-covid-19-di-ricoveri-terapie-intensive-e-decessi-23-ottobre-15-novembre-2020/

https://www.valigiablu.it/scienza-etica-immunita-gruppo/

https://tg24.sky.it/cronaca/2020/10/24/covid-previsioni-contagi-ricoveri-terapie-intensive#06

dpc-covid19-ita-scheda-regioni-latest – 2020-10-23T170541.747

Buon ascolto_Giuseppe Germinario

Responsabilità e dilemmi, di Andrea Zhok e Antonio de Martini

RESPONSABILITA’, di Andrea Zhok
Il quadro di evoluzione della pandemia in Italia e il DPCM in fase di elaborazione sollecitano alcune brevi riflessioni sulla questione delle responsabilità civili, a vari livelli.
1) In primo luogo, una considerazione la merita il ruolo delle regioni. Finora tutte le regioni avevano la facoltà di intervenire in forme più restrittive di quelle blande promosse a livello centrale. Questa opzione era coerente con l’idea, costantemente rivendicata dai presidenti di regione, secondo la quale essi avrebbero il polso della situazione locale e potrebbero prendere decisioni consone. Ma curiosamente (con l’eccezione del talentuoso cabarettista che guida la regione Campania), nessun presidente di regione è intervenuto restrittivamente, modulando in forme specifiche e selettive gli interventi, se non in misura omeopatica.
Anzi, al contrario, tutte le regioni sollecitano il governo centrale ad intervenire per ‘coordinare gli interventi’.
Ma questo sollecito in verità esprime un desiderio molto più semplice: i presidenti delle regioni vogliono che a loro sia lasciato il ruolo del ‘poliziotto buono’.
Vogliono che sia lo stato centrale a fare la faccia feroce, mentre, agli occhi dei propri elettori, loro vestono i panni di chi si batte per preservarne la libertà.
Si tratta di un gioco di deresponsabilizzazione alquanto vile, con tanti saluti alle ciance sulle autonomie regionali: l’autonomia la vogliono quando si tratta di spendere, ma quando si tratta di sporcarsi le mani con assunzioni di responsabilità, allora si ritirano su postazioni protette.
2) Se le regioni hanno torto, non è che il governo centrale abbia ragione. Gli interventi che si profilano nel DPCM sono come al solito tagliati con l’accetta e ispirati da un’approssimazione che solo la perenne emergenzialità può cercar di nascondere.
Le aree in cui il governo poteva e doveva intervenire direttamente erano una principale, e due di rincalzo.
Innanzitutto si doveva portare subito in remoto tutto quanto era possibile portare in remoto della pubblica amministrazione, oltre che delle scuole superiori e dell’università. Questo intervento da solo avrebbe ridotto drasticamente gli spostamenti nei mezzi pubblici, che sono certamente il principale veicolo di diffusione del virus.
In tutti e tre questi comparti, un po’ di preparazione (in gran parte già fatta in occasione della prima ondata) avrebbe consentito di svolgere questi servizi con una perdita di efficacia tutt’al più modesta.
Ma rispetto a questa prospettiva ha avuto la meglio una componente squisitamente ideologica, in cui, le invettive di Confindustria contro la pubblica amministrazione neghittosa che sta a casa, e le paranoie sulla sostituzione definitiva dell’insegnamento pubblico con forme telematiche hanno avuto la meglio.
Interventi collaterali a questi dovevano essere l’intensificazione del trasporto pubblico e della medicina territoriale. Trattandosi di interventi massivi, non potevano essere implementati abbastanza da essere decisivi, ma qualcosa di più poteva essere fatto.
Così, invece di predisporre (anche sul piano normativo, oltre che tecnico) un buon sistema di didattica a distanza, ed un efficiente sistema di erogazione del lavoro in remoto, (abbinato ad incremento del trasporto pubblico e di medici sul territorio) si è preferito puntare i piedi proclamando d’ufficio il ‘ritorno alla normalità’.
E se la realtà non è d’accordo, tanto peggio per la realtà.
Invece di questo tipo di soluzioni, semplicemente pragmatiche, si finirà per chiudere forzosamente e a tappeto bar, ristoranti, palestre, piscine, ecc. anche quando sono stati ligi ai protocolli, e anche in regioni in cui la circolazione del virus è relativamente bassa (ci sono regioni in cui le percentuali di positività sono un terzo o un quarto di altre).
Così, alla faccia del richiamo alle ‘responsabilità individuali’ e alle ‘specificità dei territori’, si farà il solito taglio lineare che dimostra solo la pochezza e imprevidenza di un ceto politico.
3) Infine, quanto alle responsabilità individuali, una parola va spesa nei confronti di tutti quelli che in questi mesi hanno giocato la partita della minimizzazione. Tutti questi, e sono tanti, che con i loro argomenti farlocchi hanno alimentato comportamenti sciatti e incauti (in particolare tra i giovani, passabilmente certi di non correre comunque seri rischi), questi che hanno persino promosso l’idea del ‘contagio terapeutico’ (variante dell’immunità di gregge) magari finendo per contagiare altri, quando non per finire essi stessi ad occupare un letto d’ospedale, ecco tutti questi sono corresponsabili della situazione emergenziale attuale.
Essi hanno remato nella stessa direzione che ora porta all’intasamento dei pronto soccorso e dei ricoveri, tirando con la loro stupefacente ottusità la loro palata di terra sulla salma del paese.
Ecco, tutti questi, se avessero pudore, dovrebbero soltanto e definitivamente uscire in silenzio dal dibattito pubblico per non farvi più ritorno.
SCEGLIERE TRA SALUTE E ORDINE PUBBLICO ?, di Antonio de Martini
Temo che la gente non abbia capito a cosa serva la QUARANTENA e il termine americano LOCKDOWN non abbia semplificato la situazione.
A questo, si aggiunge una banda di pubblici amministratori e imbonitori sanitari che hanno drammatizzato i fatti distorcendoli vieppiù per valorizzare le proprie persone/funzioni/trasmissioni.
La Quarantena è l’unico strumento a disposizione per difenderci ( relativamente) dal contagio e mantenere efficiente ( relativamente) il servizio sanitario nazionale scaglionando gli afflussi alle terapie intensive.
Se le terapie intensive si intasano, il pericolo di morte dei contagiati diventa certezza.
Il fatto che esistano piu numerose cause INELUDIBILI di morte non ha senso.
Se la morte – anche di pochi – è eludibile, va rimandata, altrimenti la società civile non ha motivo di esistere. A morire da soli siamo buoni tutti.
La Svizzera ci ha forse preceduti di poco decidendo di non ammettere più gli anziani ( della mia età) in terapia intensiva per riservare i non sufficienti letti a disposizione a chi ha ( relativamente) maggiori probabilità di sopravvivenza.
Sta accadendo quel che è successo durante la grande crisi finanziaria: si cercò anzitutto di salvare il sistema bancario indispensabile a mantenere in funzione una società civile.
Analogamente, senza un sistema sanitario generale, salterebbe ogni forma di pacifica convivenza civile.
Le avvisaglie affiorano: la selezione alla dottor Mengele tra gli “ atti alla vita” e no ; il ribellismo dei lazzaroni napoletani e la convocazione del Consiglio Supremo di Difesa al Quirinale con un ordine del giorno surreale.
Se guardate il sito della Unione Europea sul COVID19 le statistiche di tutti i paesi, potrete fare un collegamento tra la credibilità di ogni singola classe dirigente e i risultati di morte.
Dove i dirigenti sono rispettati, credibili e sinceri, i contagiati e i morti sono di meno ( sotto il famoso 1%) e il SSN regge.
Dove la direzione è carente, insincera, pulcinellesca e pretesca il sistema va verso la crisi.
Se la gente non comprerebbe un auto usata da costoro, come volete che li creda capaci di sottrarci alla morte e all’impoverimento dei superstiti ?
La comunicazione sia univoca e affidata a veri portavoce professionali e i politici siano banditi dalle TV su questi temi.
Si dica la verità senza infingimenti , si usino i militari come cervelli esperti in sopravvivenza e non come becchini, spazzini o protettori di incapaci e la crisi rientrerà entro parametri gestibili.
UN MIO COMMENTO _ Giuseppe Germinario

Allo scaricabarile ha partecipato ampiamente anche il Governo Centrale sin dall’inizio della crisi ma con una aggravante: i governi regionali sono in realtà dei centri di spesa e di amministrazione. La deresponsabilizzazione è quindi consustanziale e su quello, con poche eccezioni si è formato il personale politico che poi di solito assurge ad incarichi nazionali. Il Governo no; ha la piena responsabilità gestionale sia pure all’interno del disastro istituzionale ormai venuto alla luce non a caso in una situazione di crisi gravissima anche se non ancora catastrofica. Stasera pubblicherò una videointervista al dottor

Giuseppe Imbalzano

che offrirà qualche ulteriore spunto di riflessione

PARADOSSO, di Roberto Buffagni

E’ comica la nostra epoca, la più fissata con il cambiamento di tutta la storia umana, e la meno dotata delle capacità intellettuali e morali di cambiare alcunché.

ASCOLTATE QUESTO INTERVENTO. PARTICOLARE ATTENZIONE ALLA PARTE CONCLUSIVA

NB_ tratti da facebook

scontro tra immagini, scontro tra pezzi di mondo, di Pierluigi Fagan

Alcune interessanti e, come sempre, lucide considerazioni di Pierluigi Fagan; in primo luogo la constatazione che lo scontro tra immagini e visioni del mondo, elaborate dai mainstream, anticipano, preparano, forniscono motivazioni allo scontro tra “pezzi di mondo”. Alla presa d’atto dell’affermazione di una fase multipolare, se non proprio ancora multicentrica, delle dinamiche geopolitiche corrisponde nel dibattito e nelle analisi ancora una sorta di inerzia che vede negli Stati Uniti gli artefici degli eventi, dei complotti, delle cantonate e così via. Se multipolarismo deve essere, anche gli artefici, con i loro complotti, errori e strategie, sono molteplici. Le loro motivazioni sono mosse da altri impulsi che la bontà, l’amicizia e la dirittura morale. La vicenda della pandemia da coronavirus si inserisce in una dinamica nella quale le élites americane tendono ormai sempre più a individuare nella Cina l’avversario principale, con qualche incertezza sulla sorte da riservare alla Russia. Diventa quindi una ottima occasione di manipolazione in un senso o nell’altro. Nella fattispecie gli Stati Uniti, ma anche Australia e Gran Bretagna, hanno accolto già all’inizio dell’inverno alcuni ricercatori transfughi in grado di rivelare alcuni segreti delle attività di ricerca cinesi. E’ probabile, sicuro direi, che gli americani manipolino e dosino in futuro le informazioni sulla base delle convenienze politiche interne e geopolitiche. La virologa Li Meng Yan è probabile che assuma al momento la funzione di parafulmine a copertura di ciò che si muove dietro le quinte. Stando ai tempi l’offensiva americana anticinese ha preso grande forza dopo i maldestri tentativi cinesi di attribuire la responsabilità dell’origine e della diffusione del virus prima ad americani in terra cinese e poi via via ad altri, parlando e sussurrando di virus giapponese, tedesco, coreano e così via, di virus nazionali quindi. Probabilmente la verità non la sapremo mai. Ritengo poco realistico e ragionevole una diffusione volontaria e programmata di un virus creato artificialmente. Proprio per le implicazioni che comporta l’innesco di una guerra batteriologica, di per sé poco gestibile e controllabile, in una fase così prematura. Se pure tale o tal’altra verità dovesse emergere, affiorerà tra talmente tante versioni da renderla invisibile e simil-veritiera essa stessa. Quello che conta è la gestione e manipolazione di un fatto così destabilizzante che vede partecipi diversi primi attori e con ruoli da protagonisti ormai sempre più equivalenti_Giuseppe Germinario
LO SCONTRO TRA IMMAGINI DI MONDO, ANTICIPA SEMPRE LO SCONTRO TRA PEZZI DI MONDO.
Si acuisce la deriva continentale delle immagini di mondo riguardo l’interpretazione del fenomeno conosciuto col nome SARS-CoV-2.
Il nuovo catalizzatore è la pubblicazione su un archivio open access (dove cioè scienziati e ricercatori fanno upload per conto proprio dei propri studi) del supporto scientifico alle accuse che la virologa cinese Li Meng Yan, fa costantemente da luglio 2020, ovvero che il virus è stato ingegnerizzato volutamente dai cinesi per scopi militari, guerra batteriologica. L’accusa venne anticipata da Trump ai primi di marzo, lasciando intendere lavori di accertamento in corso da parte dell’intelligence, nell’ancora indecisa questione relativa al fatto se i cinesi avessero volutamente rilasciato il virus o gli fosse sfuggito nottetempo per dabbenaggine. Il direttore dei servizi di intelligence americani, dichiarava però di esser d’accordo con “l’ampio consenso scientifico” della comunità degli scienziati internazionale che negava questa origine artificiale.
Da marzo fino a ieri, non risulterebbe nessuno studio peer reviewed in tutto il mondo, che sostiene l’origine non naturale del virus o meglio risulterebbero solo studi che dopo analisi su questa ipotesi, la escludono. Per lo più a firma di scienziati americani o inglesi. Potrebbe esser un caso di conformismo scientifico o addirittura interesse venale che inquinerebbe l’oggettività della scienza virologica mondiale? La questione, si capirà, sprofonda in tecnicalità di biologia molecolare assolutamente incomprensibili per chiunque non sia non solo un virologo, ma un virologo specializzato in coronavirus. Il fatto che la base tecnica dell’accertamento della verità sia così microscopico ed inaccessibile, è l’ideale per farvi fiorire sopra opinioni in libera uscita.
Dopo l’ondata di Trump a marzo e quella minore creata dalla stessa Li Meng a luglio, oggi c’è la terza creata dalle dichiarazioni della stessa scienziata ad un talk show inglese, visto che ora la cinese si trova sotto protezione americana in occidente. I cinesi sostengono addirittura che la Li Meng non risulterebbe negli archivi ufficiali dell’università di Hong Kong di cui lei dichiarò di esser membro del corpo scientifico di primo livello. Ovvio che i cinesi neghino, però non risulta neanche nella analisi di Web Archive che registra tutte le versioni delle pagine web nel tempo. In più registriamo che l’hanno tranquillamente fatta uscire dal paese invece che trasformarla in un pilone di un grattacielo di una delle loro famose città fantasma. Ma gente che si fa sfuggire i virus, è facile anche si faccia sfuggire la pericolosa “whistleblower”.
L’uscita nel talk show è presto diventata una nuova onda alimentata da due tipologie di media: quelli della destra trumpiana, sia americana che gli affiliati europei e quelli che non si dichiarano tali in prima battuta pur condividendo tra loro e con alcune frange della destra trumpiana americana ed ormai occidentale, vari tipi di teorie definibili “conspiracy fantasies”. Nel frattempo, ad oggi, gli USA hanno toccato il poco invidiabile tetto dei 600 morti per milione di abitanti.
Quanto a agli americani, nella ripresa della notizia della virologa o studentessa cinese, si segnalano l’immancabile Fox di Murdoch ed il fogliaccio scandalistico di New York Post sempre del magnate australiano amico di Trump che raggiunge 4,7 miliardi di persone nel mondo col suo impero media di news, sport e spettacolo. Murdoch che possiede il Sun, il conservatore The Times ed il Wall Street Journal (nonché l’intero gruppo Dow Jones da cui l’indice della borsa di Wall Street) che giusto pochi giorni fa pare abbia “sdoganato” Salvini. Per trenta anni è stato anche il proprietario di Sky dominando la tv digitale e satellitare del mondo, poi l’ha venduta due anni fa. Stranamente, le nuove teorie sulla misteriosa élite che controllerebbe i destini del mondo, non prevedono questo signore che obiettivamente, accanto a Zuckerberg, è quantomeno fratello di sangue del supposto Grande Fratello. Anzi, sono spesso i suoi media a veicolare o bordeggiare questa fumosa teoria su i controllori cospirativi, lasciando intendere che siano ovviamente altri ad impersonarla.
Di contro, si dovrebbe ipotizzare che la Cina, con WHO (OMS), l’intera comunità scientifica dei virologi e di quelli specializzati in coronavirus ed i compiacenti governanti di mezzo mondo a parte Trump e pochi altri magari silenziosi ma che sanno della cospirazione internazionale ma non parlano mentre il loro Pil viene distrutto, naturalmente asserviti ai disegni maligni di Big Pharma e Bill Gates (ma forse c’è anche Rockefeller che vuole diminuire la popolazione mondiale in esubero a botte di un virus che ad oggi però avrebbe fatto fuori solo lo 0,01% della popolazione mondiale, per lo più occidentale ) o affiliati nel disegno di sfruttamento dell’influenza trasformata in “peste nera” dai compiacenti media (eccetto quelli di Murdoch?) per istruire una dittatura sanitaria preludio di una dittatura neoliberista panoptico-orwelliana che ha deciso di auto-distruggere il tessuto economico (una dittatura neo-liberista che vuole distruggere il tessuto economico pare strano, ma in tutti i fenomeni di fede popolare c’è la sospensione dell’incredulità), siano in combutta.
Banale, ricordare che i “poteri” se tali sono, gestiranno anche le disgrazie a loro vantaggio. Ma questo è un altro argomento.
Di contro al contro, l’accusa di aperta cospirazione cinese tramite bioterrorismo, costituisce accusa gravissima che, con le giuste vibrazioni di sdegno, odio e ribellismo costruite nel tempo, anche con l’apparente movimento “grassroots” i cui coltivatori vediamo anche qui su i social tutti i giorni alacremente all’opera in nome del diritto/dovere al pensiero critico, può esser base per un arco di eventi che vanno dalle semplici sanzioni ed ostracismo totale, alla guerra nucleare di legittima ritorsione. Il tutto su una base popolare sempre più unificata dall’indignazione sebbene poi le sue variegate parti coltivino ognuna una agenda eterogenea all’altra (dal movimento americano tradizionalista, ai comunisti non di sinistra, ai libertariani anarco-capitalisti, ai fascisti che però ridono se li definisci tali negando abbia senso la definizione retaggio di mentalità otto-novecentesche). Il che ricorda molto Weimar.
Viepiù visto che Trump, alienandosi da tutte le istituzioni multilaterali, ha creato i presupposti per le “mani libere”, autonominandosi giudice globale a suo personale ed insindacabile giudizio. Libero e con “arma fine di mondo” come ha carinamente pensato di farci sapere prima di far incetta di Nobel per la Pace per aver fatto fare outing alle già intense relazioni amorose tra gli amici petrolieri arabi sunniti e gli amici tritura-palestinesi israeliani tramite il fido genero.
La faccenda è molto più complicata di questa breve nota, ma invito tutti a fare molta attenzione allo sviluppo di questa storia perché sta diventando “la storia” alla base della torsione globale che il mondo sta avendo sotto la sempre più insostenibile pressione delle miriadi di contraddizioni e conflitti tra interessi (politici, geopolitici, economici, finanziari, sociali, militari, strategici e financo culturali) che anima lo scontro delle civiltà, delle classi sociali e delle mentalità in un pianeta di quasi 8, prossimi 10 miliardi di abitanti in cui farà sempre più caldo, in molti sensi. In particolare, anzi quasi esclusivamente, nel nostro versante occidentale, almeno per ora…

 

LA CARICA DEI MONATTI, di Teodoro Klitsche de la Grange

LA CARICA DEI MONATTI

Sarà, ma non riesco a vedere del tutto negativo che i quattrini dell’U.E. arrivino, come dicono, nei prossimi anni.

Non sono un economista, e molti mi rimprovereranno di non tener conto dell’effetto shock che un’iniezione massiccia di liquidità ha su un’economia in recessione; ma credo di avere qualche esperienza della politica, di quella nazionale in particolare e questo mi induce a bilanciare, almeno parzialmente gli effetti positivi e quelli negativi del ritardo.

Molti pensano che il governo Conte sia prossimo al capolinea, probabilmente sostituito, entro l’anno, da un nuovo esecutivo, sorretto da una “scissione” di Forza Italia; altri (meno) pensano che si vada ad elezioni anticipate nel prossimo inverno (con altre probabilità di alternativa). Se è vero ciò, il vantaggio del ritardo è evidente: non sarà questo governo a spendere la massa di moneta – oltre 200 miliardi di euro – in arrivo dall’U.E.. Vantaggio che sarebbe modesto, ove il governo fosse comunque espressione del PD (e appendici), superiore se lo escludesse e fosse formato dall’attuale opposizione.

Il perché è semplice: il PD (nelle varie trasformazioni) è il maggiore (anche se non l’unico) responsabile della venticinquennale stagnazione economica italiana, che ne ha fatto l’economia più ferma sia dell’U.E. che dell’area euro (dopo essere stata, prima del 1993, una delle più dinamiche).Non c’è passaggio economico decisivo della “seconda repubblica” che non porti la firma di un boiardo di centrosinistra: dall’entrata nell’euro alle privatizzazioni, spesso farlocche e altrettanto spesso profittevoli per i privati, ma non per il pubblico (tra le tante – Autostrade); dal rigore a senso unico (quello sbagliato) alla tassazione a gogò. I protagonisti di questo quarto di secolo (abbondante) sono stati i vari Prodi, Ciampi, Amato, Padoa Schioppa, Monti, nessuno dei quali ha governato senza la fiducia del centrosinistra.

Con i risultati che abbiamo visto prima della pandemia. Per cui chiedersi perché gli italiani abbiano ridotto il PD (e connessi) da quasi la metà dei voti a poco più di un quinto dell’elettorato è sorprendente: a sorprendere – di fronte a tanto sfascio – sarebbe il contrario. Che poi a spendere i quattrini che l’U.E., (bisogna riconoscere, stavolta meno rigorosa del solito), mette a disposizione, debbano essere sempre coloro i quali da decenni ci hanno messo in questa situazione realizzando politiche “rigorose” (si fa per dire) è circostanza assai poco rassicurante. Da risultati passati così negativi non c’è da attendersi un futuro radioso.

E lo si vede già nelle normative per il rilancio: mentre tra le misure per il rilancio dell’economia post-Covid la “cattivissima” Merkel in Germania ha abbassato l’IVA di 3 punti (dal 19 al 16 per l’aliquota ordinaria), seguita dalla piccola Cipro, il governo PD-M5S ha inventato bonus, alcuni giustificati, altri surreali – quelli per bici elettriche e monopattini – , ma – a parte qualche breve rinvio di pagamento – nessuna riduzione d’imposta, tanto meno per quelle generali, gravanti su tutta la popolazione (come, tra l’altro, IRPEF, IVA, IMU). In realtà come al solito emerge la differenza sostanziale tra l’Italia e la maggior parte dell’Europa: che non è tanto il “rigore” ma il modo di governare (e governarlo).

Lì si prendono misure emergenziali che incidono per lo più a danno o a favore di tutti: hanno la stessa caratteristica positiva della legge di Rousseau: che viene da tutti e si applica a tutti.

In Italia viene da un governo di minoranza nella Nazione, nato per impedire alla maggioranza (Salvini e connessi) d’andare al governo e serve, in larga parte a fare favori a pochi, se non pochissimi. Quelli che stanno a cuore ai governanti minoritari. I quali hanno un consenso radicato tra i tax-consommers, ossia tra coloro che, sul bilancio dello Stato, ci campano, E non è solo la burocrazia; come scriveva un secolo fa circa Giustino Fortunato, il bilancio dello Stato è “la lista civile della borghesia parassitaria”. Quella che prospera grazie alle imposte, alle tasse, alle tariffe pagate da tutti. E che nutre grandi attese dalle conseguenze della pandemia. Ridurre le imposte (a tutti), profittando dei fondi europei significa ridurre i favori (a qualcuno); cosa improponibile a un governo che si “regge” sul consenso di quelli.

Tempo fa notavo che Manzoni narra come l’esclamazione dei monatti nella Milano appestata era “viva la moria”, perché i lutti di tutti erano occasione per i monatti di vivere (neppure tanto onestamente): e c’erano segnali in Italia che la situazione (e l’augurio) si stesse ripetendo con i monatti post-moderni.

Ne abbiamo avuto la conferma pochi giorni fa; il brindisi (completo) dei monatti nei Promessi sposi in effetti era: “Viva la moria. Moia la marmaglia”; un ministro l’ha completato dicendo che se i ristoratori non riescono ad adeguarsi, meglio che cambino mestiere. Il che vuol dire la morte economica di non poche imprese. Delle quali non molte (forse) propendevano per il partito del ministro e quindi lo “meritavano”. Ma chi spiegherà al ministro che se cessano di produrre le imprese, pochi pagheranno le tasse? E che se non pagano le tasse non solo i suoi elettori, ma persino lui sarà costretto a lavorare?

Teodoro Klitsche de la Grange

La malattia del mondo, a cura di Teodoro Klitsche de la Grange

Francesco Borgonovo, La malattia del mondo, Milano 2020, pp. 207, € 15,00

Questo libro è una riflessione sulla pandemia da coronavirus, che dall’evento risale alle condizioni ideali e materiali da cui è stato incentivato, in un’epoca in cui eventi del genere, che hanno funestato l’umanità per millenni, sembravano chiusi nell’archivio della storia. Archivio che a dispetto dei progressisti – e purtroppo non solo loro – si è riaperto.

La pandemia è stata frutto di due fattori fondamentali, ambo ideali: il primo è la ybris, il secondo è (la pretesa/aspirata) assenza di limiti (non solo fisici) che caratterizzano il pensiero della globalizzazione (e dei globalizzatori). Quanto alla prima scrive l’autore, la ybris è “prima di tutto superamento del limite, del confine. E se ci pensate, l’intera storia dell’epidemia di Covid-19 (esattamente come la storia della globalizzazione) è una faccenda di confini varcati e limiti infranti”. Il limite infranto è quello della natura “Della natura noi uomini siamo, al massimo, i custodi, come rivela il libro della Genesi. Quando veniamo meno al nostro ruolo, o quando tentiamo di farci creatori sostituendoci al Creatore, allora scateniamo l’epidemia, la pestilenza biblica”. Secondo gli scienziati il Coronavirus è nato – come altri agenti patogeni – da uno spillover da un “salto” tra specie (da animali selvatici all’uomo). Varcato il limite della specie è stato assai più agevole, dato il progresso tecnico e la permeabilità delle frontiere, diffondersi nel pianeta a velocità impressionante “Prigionieri come siamo dell’ideologia della dismisura, non abbiamo saputo chiudere tempestivamente i confini, non abbiamo voluto fermare il vortice della circolazione globale: la malattia, dalla Cina, è approdata in Germania, e da lì è giunta in Italia. Poi, il disastro. Quando il Covid-19 è calato nella nostra nazione, tutti i nostri limiti sono tornati prepotentemente a galla: quelli delle nostre strutture sanitarie, della nostra potenza industriale, della nostra indipendenza economica… Il confine, il limite, le barriere salvifiche che avrebbero potuto arginare l’avanzata del nemico occulto sono stati sbriciolati dal capitalismo selvaggio e dall’ideologia che impone: nessuna frontiera”.

Ricordando quanto scriveva Schmitt della contrapposizione tra terra e mare e le conseguenze che comporta sull’ordine, sul diritto e sull’economia, Borgonovo sostiene che non erra Zigmunt Bauman quando definisce la società post-moderna “società liquida” contrapposta alla solida terra che fonda società basate sul limite (confine delle proprietà, dei territori delle sintesi politiche, almeno di quelle stanziali, ossia, nella modernità, tutte). Per espandersi la “società liquida” necessita di superare se non di abolire i limiti.

Hegel lo aveva notato per l’industria nel paragrafo 247 dei Lineamenti di filosofia del diritto: “come per il principio della vita familiare è condizione la terra, cioè il fondo e il terreno stabile, così per l’industria l’elemento naturale che la anima verso l’esterno è il mare.

Nella brama di guadagno, esponendo al pericolo il guadagno stesso, l’industria si eleva a un tempo al di sopra di esso, e soppianta il radicarsi nella zolla e nella cerchia limitata della vita civile, i suoi godimenti e desideri, con l’elemento della fluidità, del pericolo e del naufragio…”; il mare pertanto era l’ “ambiente” più favorevole al commercio e all’industria. Ancor più quando, venuta meno la scoperta di nuove terre (e mercati) l’espansione deve basarsi sull’abolizione dei residui confini.

Il libro è colmo di idee. Per restare nei limiti di una recensione, la sintesi – purtroppo limitata come tutte le sintesi – è che la post-modernità si fonda sulla ybris, ossia la superbia di superare i limiti della natura. Borgonovo ricorda come i greci notassero ciò: Erodoto ed Omero, cui occorre aggiungere Sofocle, in particolare nell’Antigone e nell’Edipo re. Come condanna della ybris come distruttrice dell’ordine terreno e divino è particolarmente significativo il canto del coro nell’Edipo rePossa io avere destino di serbare santa purezza di parole e di azioni, a cui sono preposte leggi sublimi, procreate nell’etere celeste, e l’Olimpo solo è loro padre; non natura mortale di uomini le generò, né mai l’oblio le sopirà: un dio potente è in esse, e non invecchia. La dismisura genera tiranni”. O nella profezia di Tiresia a Creonte nell’Antigone, nella quale l’indovino prevede la rovina del re per aver violato le leggi di natura “questo non è un potere tuo, né degli dei supremi, anzi essi soffrono questa violenza da te”. Indubbiamente una civiltà come quella greco-romana che Spengler riteneva basarsi sul senso del finito, cioè del limite è particolarmente utile per capire la degenerazione faustiana della post-modernità.

La quale trova la propria caratteristica fondamentale nel ritenere superabili realtà e leggi naturali. Lo stesso comunismo reale, rapidamente espanso e conclusosi, si fondava sull’illusione del giovane Marx di cambiare la natura umana, mutando i rapporti di produzione; alla fine della dittatura si sarebbe costruita la società comunista, senza comando né obbedienza, pubblico e privato, amico e nemico. Cioè senza i presupposti del politico – le costanti che connotano ogni comunità politica umana. Risultato smentito dalla breve storia del comunismo. Il quale si è retto solo perché ha mantenuto anzi potenziato le costanti del politico nella dittatura sovrana del partito. Cessata la fede nella quale è imploso. Nella post-modernità questa ybris ha preso altre forme, immaginato altri idola: tutti accomunati dalla credenza di poter oltrepassare leggi e limiti naturali. Illusione sempre smentita e fondante, come cantava Sofocle, nuove tirannie.

Teodoro Klitsche de la Grange

FORSE NON LA STIAMO PRENDENDO PER IL VERSO GIUSTO, Pierluigi Fagan

FORSE NON LA STIAMO PRENDENDO PER IL VERSO GIUSTO. L’altro ieri, la missione di analisti dell’IMF, di ritorno dal suo soggiorno americano, ha pubblicato questo rapporto su stato e prospettive dell’economia americana che da sola vale un quarto di quella planetaria.

Nel secondo trimestre (A-M-G), il Pil USA ha fatto -37% (lo ripeto per i distratti e coloro che saltano i dati di quantità a priori perché preferiscono le parole: “meno trentasette per cento”). Si prevede che l’economia USA tornerà ai livelli di Pil fine 2019, solo a metà 2022, forse. IMF segnala che gli USA erano già un sistema con una forte componente di povertà interna, la crisi è destinata ad allargare e sprofondare questa parte addensata nelle etnie afro-americana ed ispanica. Al momento sono 15 milioni i disoccupati ed è appena iniziata la catena di fallimenti di esercizi commerciali ed imprese che accompagnerà la lenta ma costante caduta. Ed aggiunge: “il rischio che ci attende è che una grande parte della popolazione americana dovrà affrontare un importante deterioramento degli standard di vita e significative difficoltà economiche per molti anni a venire.”.

“Molti anni a venire” , come riportato in post precedenti, viene da Nouriel Roubini e dai “miliardari invocanti tasse”, quotato sulla prospettiva del decennio, magari non saranno proprio dieci anni, ma al momento le prospettive sono di crisi profonda e lunga. “Larga parte della popolazione” significa più che la maggioranza. Il “deterioramento dello standard di vita” è l’esatto opposto del contratto sociale americano basato sull’espansione continuata, ciò che tiene in piedi un sistema assai variegato e pieno di contraddizioni e pluralità problematiche. Tutto questo, nonostante gli eccezionali sforzi di pronto intervento messi in campo dall’Amministrazione e dal FED (che noi in Europa ci sogniamo) e nonostante lo sbandierato +8% dei consumi a maggio. Si stima un rapporto debito/Pil al 160% nel 2030 (reggerà la credibilità dell’unità di conto, scambio e valore internazionale di un paese che ha il 160% di debito pubblico/Pil?) , ma si teme che poiché grande parte dei costi di assistenza sanitaria, educazione e disoccupazione sono nei bilanci degli stati federati già per altro al limite o oltre il limite, l’intera situazione possa ulteriormente peggiorare. Ne segue una lunga ricetta di interventi che però è politicamente improbabile per via delle diverse priorità che le élite americana in genere hanno (o l’una o l’altra poco importa) e soprattutto di cui non si vede né la sostenibilità finanziaria, né il certo effetto ristoratore. Ironia della sorte, giusto il giorno prima, il governo cinese annunciava un +3,2% su aspettative del +2,5% per la crescita del proprio Pil nello stesso periodo.

Tutto ciò, mentre gli USA continuano a macinare record di contagi. Gli USA hanno tre volte i contagiati che abbiamo avuto noi (a parità di popolazione) ma per via del fatto che hanno iniziato dopo e si sono potuti avvalere di qualche parziale miglioramento nelle cure e nei trattamenti, nonché una popolazione decisamente più giovane della nostra, la mortalità è al momento a 430 per milione di abitanti, contro i 580 nostri. Sono però al limite di capienza alcune strutture sanitarie tra cui la Florida ed il Texas, ma non sono i soli. Il conflitto capitale-salute-libertà continua a dilaniare gli americani stante che quando si sceglie il capitale, peggiora la salute ma sopratutto non sembra neanche migliorare il capitale. C’è infatti la psicologia umana in mezzo che valuta il rischio non secondo pura logica statistica.

Tutto ciò potrebbe avere una svolta col vaccino ma al momento non si sa bene quando potrà esser operativo, a che condizioni, come verrà preso dalla popolazione, quanto sarà efficace. Non si è mai trovato un vaccino per i coronavirus che pure si conoscono da decenni. Questi tipi di virus hanno una strategia adattativa molto basica: grande semplicità (è un filo di RNA corto) e grande cambiamento (molte mutazioni per darsi più condizioni di possibilità), cambia molto ed in fretta per ingannare i sistemi immunitari. I virus sono qui sulla Terra da forse 3,5 miliardi di anni e sono le entità biologiche più diffuse sul pianeta, evidentemente la strategia ha i suoi perché. Noi invece non solo geneticamente ma soprattutto socialmente, siamo molto complessi e cambiamo poco e molto, molto lentamente.

Credo che noi non si stia capendo bene in che tipo di problema siamo capitati, un problema che non è italiano o americano ma quantomeno occidentale prima e mondiale poi. Molti si impegnano ad interpretare il virus, la sua genesi, gli interessi in gioco, le pratiche sanitarie, il rumore dei media, criticare il governo, l’Unione europea. Ognuno di questi punti è interessante ma perde il quadro d’insieme ed il quadro d’insieme è un lento armageddon economico e quindi sociale cui saremo soggetti, forse, per anni. E’ desolante il fatto che tra le tante analisi che si leggono, quelle mainstream non meno di quelle alternative, sembra non comprendersi la profondità della crisi cui siamo condannati. Poco o nulla importa se il virus è così o colà, come e da dove è venuto, se i suoi effetti sono esagerati e da chi e perché, poco importa prevedere catastrofi biopolitiche o incolpare i cinesi o Big Pharma. Questi sono intrattenimenti info-culturali. Il fatto crudo e duro è che nella misura in cui la gente teme di ammalarsi e forse morire, i suoi comportamenti sociali abituali o tali ritenuti, cioè i precedenti, non torneranno a sostenere la vita associata per lungo tempo. In tutto il mondo. Con questo avremo a che fare e per questo non sembra esserci medicina di pronto intervento. Questo minerà il funzionamento della società radicalmente. Molto ma molto più radicalmente di qualsiasi Recovery fund o MES, Trump o Biden, ricetta economica a base di interventi generici e consueti. Manca cioè, a mio avviso, consapevolezza dell’eccezionalità e radicalità del problema.

Per adattarsi a questo quadro d’insieme mancano tre cose essenziali. Una è il tempo, il tempo semplicemente non c’è, siamo in ritardo cronico. Qualsiasi intervento risulterà parziale, ci vorrà molto tempo a metterlo in essere e impiegherà molto tempo a dare gli effetti sperati, se li darà. Il secondo è la comprensione del fatto che dovrebbe portare ad una comprensione dell’intervento. Da tempo posto articoli su tassazioni ridistributive straordinarie e diminuzioni immediata dell’orario di lavoro con ridistribuzione dello stesso. Non son le uniche ricette possibili, forse neanche le migliori, ma danno il tono di quanto dovrebbero esser fuori norma gli interventi necessari. Non si può pensare normale in tempi eccezionali. Il terzo è la sistematica rimozione della realtà. Ci vuole un massa critica importante per spingere una società ad una mossa adattiva così importante e seria, qualcosa intorno ad un 60% del corpo sociale, non certo meno. Soprattutto, faccio notare quel “una grande parte della popolazione […] dovrà affrontare un importante deterioramento degli standard di vita e significative difficoltà economiche per molti anni a venire”. C’è da riformulare il contratto sociale, cosa di non poco conto in tutta evidenza, cosa necessaria e di attualità già da tempo prima, ora con una specifica urgenza conclamata. Siamo molto lontano ed in ritardo dall’affermarsi tale consapevolezza nei grandi numeri ma, mi pare, anche nei piccoli.

Scusate per quello che a voi, una domenica di fine luglio, apparirà pessimismo ma che per me è semplice realismo consapevole. Mi sentivo di allarmare sul fatto che forse non la stiamo prendendo per il verso giusto. Anche a livello teorico, penso si dovrebbe mettere in campo più pensiero radicale concreto, non narrativo o contro-narrativo e neanche critico, la critica non cambia il reale. C’è da modificare la realtà il prima possibile in quanti più è possibile, con idee semplici e forti. Forse non ci si riuscirebbe comunque, ma sarebbe sano vederne almeno il tentativo, la discussione, ci sarebbe da provar ad imporre un dibattito pubblico più serio e tra adulti non compromessi da rimozione nevrotica della realtà. Nella misura in cui la gente pensa che questa sia la realtà, questa sarà la realtà e se questa sarà la realtà come sembra, a lungo, gli effetti saranno quelli annunciati. Toccherebbe darsi una regolata …

https://www.imf.org/en/News/Articles/2020/07/17/mcs-071720-united-states-of-america-staff-concluding-statement-of-the-2020-article-iv-mission?fbclid=IwAR2Q0TOBoyweogopmS4Sy4ZTXWbzyqW7tKM9PF3CMB7FA3dgVTmGu6AlnfA

United States of America: Staff Concluding Statement of the 2020 Article IV Mission July 17, 2020 A Concluding Statement describes the preliminary findings of IMF staff at the end of an official staff visit (or ‘mission’), in most cases to a member country. Missions are undertaken as part of reg…

Intervista di Giuseppe Germinario a Max Bonelli sul coronavirus-Epifania Strategica e genesi e significato dell’ironico simbolo della morte della trascendenza dei moderni   Di Massimo Morigi

 

Intervista di Giuseppe Germinario a Max Bonelli sul coronavirus ovvero Cthulhu morbus come  teleologia  del (e) fallimento della moderna secolarizzazione. Epifania Strategica e genesi e significato dell’ironico simbolo della morte della trascendenza dei moderni

 

Di Massimo Morigi

 

 http://italiaeilmondo.com/2020/05/10/crisi-pandemica-e-modello-svedese-una-conversazione-con-max-bonelli/

 

The most merciful thing in the world, I think, is the inability of the human mind to correlate all its contents. We live on a placid island of ignorance in the midst of black seas of infinity, and it was not meant that we should voyage far. The sciences, each straining in its own direction, have hitherto harmed us little; but some day the piecing together of dissociated knowledge will open up such terrifying vistas of reality, and of our frightful position therein, that we shall either go mad from the revelation or flee from the deadly light into the peace and safety of a new dark age.

  1. P. Lovercraft, The Call of Cthulhu

 

 

«In questa intervista Max Bonelli mostra una notevole affinità con le tesi sul coronavirus espresse da Judy Mikovits ma la serietà e preparazione professionale di Max Bonelli nel campo della guerra batteriologica rende questa intervista, al di là dello specifico punto di dissenso sull’origine del coronavirus, uno dei più interessanti e stimolanti contributi che si sono potuti leggere in questi tempi in merito alla corretta metodologia  strategica su come affrontare la crisi epidemica del coronavirus  e che è distante anni luce dal delirio antiproduttivo ed antindustriale adottato in Italia ma va nella giusta direzione della responsabilizzazione dei comportamenti collettivi ed individuali, come si è cercato di fare pur fra grandi errori, ci riferisce nell’intervista Bonelli,  in Svezia. In conclusione, ribadendo dal  punto di vista del Repubblicanesimo Geopolitico il giudizio sulle reazioni delle autorità italiane sul coronavirus (e la cui censoria e totalitaria Weltanschauung, fra l’altro,  non è altro che un riflesso dei propositi censori  ed autoritari espressi dai grandi signori del Web) e con ciò esplicitando ancor meglio la finalità di questo lavoro di raccolta e congelamento di fonti: lo scaricamento e poi il ricaricamento  su Internet Archive di  questi video (con conseguente caricamento – per attenerci in maniera volutamente ridondante ad un principio di cautela per quanto riguarda la preservazione digitale delle fonti – sempre su Internet Archive di questa pagina Word con copiaincollati i video ed anche gli URL di Internet Archive che si sono generati con i caricamenti)  non sono stati realizzati perché dal punto di vista del Repubblicanesimo Geopolitico si sia  d’accordo sulle tesi “complottiste” di Judy Mikovits in merito alla creazione in laboratorio del coronavirus ma perché pur essendo con essa in disaccordo, si è ancora più in disaccordo con la censura  che, come nel caso della Mikovits, viene messa in atto contro tesi eterodosse, una censura che ci consente di affermare che effettivamente un grande complotto esiste, quella contro la libertà di pensiero nelle c.d. democrazie liberali e rappresentative e quindi nulla di meglio per stringere  erga omnes  bavagli che cominciare da chi, anche non possedendo solidi criteri di realismo dialettico e politico, osa andare contro il pensiero mainstream che vuole il nostro  essere un brave new world (ma non un coraggioso mondo nuovo ma il distopico Brave New World   di Aldous Huxley ottenuto, in questo caso specifico, ma già si vede la tendenza che si prepara per il futuro per le crisi prossime venture, attraverso una distopia alla Nineteen Eighty-Four di George Orwell o à la Fahrenheit 451 di Ray Bradbury). E sotto questo punto di vista, un congelamento digitale di fonti in piattaforme, si spera, non completamente asservite, rappresenta un atto di ostilità cultural-politica e quindi di guerra contro il Gran Sacerdote dei Grandi Antichi, Il gran sognatore, il dormiente di R’lyeh, il cosmico,  il talassico, il ctonio, lo smisurato, il  gelatinoso e tentacolare ben peggiore del coronavirus perché suscitatore delle  deliranti ed autodistruttive reazioni apparentemente contro questo agente patogeno ma, in realtà, contro il corpo e la psiche sociali ed individuali,  il sommo  e mitopoietico divo dell’antistrategicità e della follia e del terrore eterodiretti che risponde al nome di  Cthulhu morbus e che  simbolico e deforme parente, per parte di terra, di Behemoth e, per parte di mare,  del Leviatano  di Thomas Hobbes, ma anche della balena Moby Dick di Herman Melville e della Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo,  ammorba, ma anche ne evidenzia la loro vera  e più profonda entelechia, le attuali “democrazie” “liberali” e “rappresentative” (e perciò di concreto e prassistico attivo e produttivo riconoscimento dell’ Epifania Strategica, non solo il vero ed unico Katechon contro  questo mitopoietico,  mortifero  ma anche anfibio ed ambiguo mostro non solo per gli elementi, gli spazi uranici, talassici e ctoni e gli eoni  in cui soggiorna ma anche per l’ironia e la dissimulazione del Necronomicon di Abdul Alhazred necessari per infondergli vita, ma essa sì sola e somma fonte mitopoietica di tutta la totalità olistico-dialettica-espressiva-strategica-conflittuale da cui tutto si genera e tutto continuamente, nonostante gli smarrimenti del terrore e della follia, ritorna … ).»: da Massimo Morigi, (In)oltre Pandemic: Epifania Strategica vs Cthulhu morbus. Materiali di studio per il Repubblicanesimo Geopolitico scaricati dal Web e da YouTube su Judy Mikovits, Max Bonelli (intervistato sul Covid-19 da Giuseppe Germinario sul blog di geopolitica “L’ Italia e il Mondo”),  le teorie complottiste  sul Coronavirus ma in realtà solo non allineate rispetto al pensiero mainstream liberal-democraticistico e sul reale complotto che prendendo come pretesto una corretta informazione sulla presente pandemia vuole  tappare la bocca a tutte le voci dissenzienti sul brave  new    world     delle    c.d.    democrazie    liberali    e    rappresentative, p. 4, scaricabile agli URL https://archive.org/details/inoltre-pandemic-epifania-strategica-vs-cthulhu-morbus-massimo-morigi-judy-mikov_202005     e     https://archive.org/details/inoltre-pandemic-epifania-strategica-vs-cthulhu-morbus-massimo-morigi-judy-mikov, caricato su Internet Archive in data 30 maggio 2020; inoltre la versione PDF del documento, dal titolo leggermente modificato, (In)oltre Pandemic file PDF: Epifania Strategica vs Cthulhu morbus, etc.,   è consultabile e  scaricabile  presso                 https://archive.org/details/inoltre-pandemic-file-pdf-epifania-strategica-vs-cthulhu-morbus-massimo-morigi-j_202005/mode/2up e https://ia801403.us.archive.org/11/items/inoltre-pandemic-file-pdf-epifania-strategica-vs-cthulhu-morbus-massimo-morigi-j_202005/%28In%29oltre%20Pandemic%20file%20PDF%20%20Epifania%20Strategica%20vs%20Cthulhu%20morbus%20Massimo%20Morigi%2C%20Judy%20Mikovits%2C%20Max%20Bonelli%2C%20Repubblicanesimo%20Geopolitico%20neomarxismo%20neo%20marxism.pdf.  Anche se in due formati differenti (il documento formato PDF non contiene copiaincollati sul suo foglio i file mp4 dei video già direttamente disponibili sul foglio Word risultando così molto più leggero e di rapida consultazione), entrambi i documenti contengono, oltre gli URL della videointervista  di Giuseppe Germinario a Max Bonelli per l’ “Italia e il Mondo”  e relativi nostri caricamenti della  stessa su Internet Archive (che ad ogni modo forniamo anche qui:  accesso diretto alla  videointervista di Giuseppe Germinario a Max Bonelli Crisi pandemica e modello svedese. Una conversazione con Max Bonelli, pubblicata sul blog in data 10 maggio 2020: http://italiaeilmondo.com/2020/05/10/crisi-pandemica-e-modello-svedese-una-conversazione-con-max-bonelli/, il suo  caricamento ad opera sempre  dell’ “Italia e il Mondo” su YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=Ik6kPIdJC1Y&feature=emb_logo e i  nostri autonomi caricamenti su Internet Archive: https://archive.org/details/y-2mate.com-crisi-del-coronavirus.-il-modello-svedese-tra-realta-e-rappresentazi                                                       e                                                                                                                                                                                                                       https://ia801401.us.archive.org/9/items/y-2mate.com-crisi-del-coronavirus.-il-modello-svedese-tra-realta-e-rappresentazi/y2mate.com%20-%20Crisi%20del%20coronavirus.%20Il%20modello%20svedese%20tra%20realt%C3%A0%20e%20rappresentazione%20e%20non%20solo.%20Con%20Max%20Bonelli_Ik6kPIdJC1Y_360p.mp4), anche l’URL  della videointervista  dell’intervista a Judy Mikovits rimossa da YouTube, da  noi recuperata  da altra piattaforma e poi ricaricata su Internet Archive, per la quale omettiamo la citazione bibliografica internettiana rinviando  per questi nostri ricaricamenti del documento su Internet Archive  a   (In)oltre Pandemic: Epifania Strategica vs Cthulhu morbus o a (In)oltre Pandemic file PDF  ma a questo punto non potendo glissare su  (In)oltre Pandemic: Epifania Strategica vs Cthulhu morbus e  (In)oltre Pandemic file PDF né su una giustificazione della loro pressoché uguale  titolazione né del loro comune brano qui inizialmente citato. Sulla veramente interessante e stimolante videointervista di Giuseppe Germinario a Max Bonelli e alla mia personale quasi totale compatibilità fra le sue opinioni  in quella sede espresse e le mie non c’è nulla da aggiungere e da togliere rispetto a quanto già detto nella citazione, se non per ribadire che per quanto  le tesi della Mikovits  e sposate da Bonelli sull’origine laboratoristica e statunitense del coronavirus siano assai discutibili, definirle complottiste non fa altro che definire la ristrettezza mentale  di chi in questo caso, come in altri casi, usa questa terminologia veramente degna di una intelligenza informata ad una visione del mondo umano modello fairy tales (e qui ci fermiamo per non scendere al turpiloquio e alle ingiurie…), e che per esprimere la nostra gratitudine a Bonelli, oltre a queste parole e al già riferito caricamento della sua intervista su Internet Archive, qui immediatamente di seguito forniamo anche, tramite la Wayback Machine, i congelamenti di tutti i suo interventi apparsi sull’ “Italia e il Mondo” sin dalla nascita del blog: http://web.archive.org/web/20200603065849/http://italiaeilmondo.com/?s=max+bonelli e http://web.archive.org/web/20200610060846/http://italiaeilmondo.com/page/2/?s=max+bonelli. Invece, sul titolo del documento caricato su Internet Archive prendente a prestito il mostro lovecraftiano per antonomasia   e sulla parte finale della citazione da questo documento, dove sempre questo mostro trova, in termini di aggettivazioni e definizioni,  abbondante,  rigogliosa e barocca ospitalità è pur necessario spendere qualche parola. È ovvio, su tutta la questione del coronavirus, nonostante la tragicità della vicenda sia dal punto di vista strettamente medico che da quello delle improvvide decisioni politiche prese per contenerlo (ultima notizia sulla follia da paura da coronavirus sulla quale poi s’inserisce il solito pescecanismo di guerra:  vedi il caso del governo italiano e di Francia, Germania e Olanda che hanno stanziato 750 milioni di euro per produrre un vaccino, quello in corso di sperimentazione  dalla AstraZeneca e sponsorizzato dal noto “filantropo” Bill Gates, per il quale la stessa AstraZeneca afferma che, allo stato,  non c’è alcuna prova sulla sua efficacia, e, comunque, sulle quali decisioni politiche e sulla quale follia ci siamo già ampiamente espressi sulle pagine di questo blog e per questo  nostro più approfondito commento  si   rinvia tramite il congelamento documentario della Wayback Machine, agli URL  http://web.archive.org/web/20200524061610/http://italiaeilmondo.com/?s=morigi e http://web.archive.org/web/20200616065116/https://italiaeilmondo.com/page/2/?s=morigi;  e il  secondo URL, pur rinviando ad articoli scritti prima della crisi del  coronavirus, permette coi documenti che attraverso questo URL  si possono consultare,  di mettere a fuoco il concetto di ‘colpo di extrastato’, che, specificamente, è la categoria politologica esprimente la crisi delle istituzioni italiane – ma non solo di quelle italiane, perché la c.d. democrazie rappresentative delle società occidentali sono anch’esse  “pregne” di ‘colpi di extrastato’– ma che, sul piano della critica  filosofico-politica che vuole dare chiara e consapevole epifania alla crisi antropologico-morale della società occidentale nata dall’Illuminismo e dal liberalismo, viene ora  rappresentata tramite il simbolo del ‘Cthulhu morbus’), pesa ormai, complice sia l’ossessiva stucchevolezza dei mezzi di informazione nel trattarlo sia, oggettivamente, l’inevitabile logoramento mediatico presso i passivi recettori di questi mass-media per una vicenda che dura da più di tre mesi,  un’inevitabile cappa di trito e ritrito e di tedio che ormai ha come intensità raggiunto e quasi superato l’iniziale paura e terrore sulla vicenda, e quindi l’uso, come nel caso del brano citato di una prosa  barocca e il tentativo di far nascere, prendendolo a prestito dalla mitologia di H. P. Lovecraft, una sorta di mito politico, anche se negativo, potrebbe anche inquadrarsi nell’ambito di un tentativo retorico-letterario per ravvivare un argomento che ha sinceramente “rotto”. Ma anche se la reazione alla noia indotta dalle “rotture”  e “controrotture”  mediatico-politiche non deve essere esclusa dalla genesi di questa ironica contro-retorica adversus il Cthulhu morbus, molto modestamente si segnala che, in pratica, non è mai esistito alcun discorso pubblico che abbia avuto ambizioni filosofico-politiche che non abbia impiegato figure mitologiche o per rendere più espressiva la sua comunicazione o, addirittura, per giustificare come prova provata le sue previsioni (come vedremo fra poco nelle narrazioni politiche filosoficamente più degradate, quelle cioè ruotanti attorno all’ideologia liberale, il mito assume la forma di una visione distorta e scioccamente immensamente ottimistica sulla realtà). In Machiavelli abbiamo il simbolo del Principe, in Antonio Gramsci, riallacciandosi direttamente a questo autore, il moderno Principe, cioè il costituendo partito comunista che attraverso la sua prassi filosofico-politica sconvolge tutti rapporti sociali mettendo in diretta e rivoluzionaria comunicazione gli strati più bassi della società con le avanguardie intellettuali, in Sorel il mito dello sciopero generale, per non parlare di Karl Marx che molto ingenuamente aveva elaborato il mito di una classe operaia come classe Cristo che, in quanto depositaria e vittima di tutte le contraddizioni della società capitalistica, proprio come Cristo dotato di natura divina ma anche umana e quindi di tutte le sofferenze e contraddizioni dell’uomo e  per questa sua doppia natura in grado di sollevare l’uomo dal peccato e dalla morte, avrebbe salvato l’umanità dalle grinfie del capitalismo facendolo approdare al socialismo prima e al comunismo poi. Hobbes per rendere espressivamente la sua idea di uno Stato in grado, attraverso l’irreversibilità del patto degli uomini che gli avevano dato vita, di garantire ed imporre la pace e l’ordine, prese a prestito la mitica e potentissima figura biblica del Leviatano dal Libro di Giobbe e dal Libro di Isaia ma per questa scelta mal gliene incolse, come magistralmente è sottolineato in Carl Schmitt, Der Leviathan in der Staatslehre des Thomas Hobbes: Sinn und Fehlschlag eines politischen Symbols, Hamburg,  Hanseatische Verlagsanstalt, 1938  (trad. it. Id, Il Leviatano nella dottrina dello Stato di Thomas Hobbes. Senso e fallimento di un simbolo politico, in Carlo Galli (a cura di), Carl Schmitt, Scritti su Thomas Hobbes, Milano, Giuffrè, 1986. Reperita presso Academia.edu  una versione in inglese di questo saggio di Schmitt, Carl Schmitt, The Leviathan in the State Theory of Thomas Hobbes. Meaning and Failure of a Political Symnbol (Foreword and Introduction by George Schwab,  Translated by George Schwab and Erna Hilfstein), Westport (CT),  London,  Greenwood Press, 1996, congelamento tramite Wayback Machine dell’URL e del  documento presente su questa piattaforma che trascriviamo in dimensione 4 perché eccessivamente lungo:http://web.archive.org/web/20200506221054/https://s3.amazonaws.com/academia.edu.documents/52250781/The_Leviathan_in_the_State_-_Theory_of_Thomas_Hobbes_-_Meaning_and_Failure_of_a_Political_Symbol.pdf?response-content-disposition=inline%3B+filename%3DTHE_LEVIATHAN_IN_THE_STATE_THEORY_OF_THO.pdf&X-Amz-Algorithm=AWS4-HMAC-SHA256&X-Amz-Credential=ASIATUSBJ6BAFIOKIN3I%2F20200506%2Fus-east-1%2Fs3%2Faws4_request&X-Amz-Date=20200506T220936Z&X-Amz-Expires=3600&X-Amz-SignedHeaders=host&X-Amz-Security-Token=IQoJb3JpZ2luX2VjEHYaCXVzLWVhc3QtMSJHMEUCIFHwFwHWX2OLx%2Bix4imUsREZ39bq0c1imLxmT3rwamkoAiEA7Jar3%2BhckDEKrTP3DfWYeybFwb6yTy6w7R6h%2F%2BHLLVoqvQMIr%2F%2F%2F%2F%2F%2F%2F%2F%2F%2F%2FARAAGgwyNTAzMTg4MTEyMDAiDDOxExNSCMoL2i3nmyqRA6f8tEK8OdqjNB1p8FDKrRulTFUL1fuTrWDPhEJW5apjyDcCO1jyBtBW8UC%2BKX87129cgV8JDJRFJsahmSgNS9SsYhBlGvCXxZS0d7vqVx9iF32udZ%2F43HomSq43WKYl1MYmkqNlLOAUbp0iqqGmOKQ7VeWGLczg0MKHyM5o0DevjuQ8QnFoI7tLhvv7lXCstat2AWcw7meXSxMcZ6SjJO%2FvaiKCxYtcDHBxP7C9hladHJfktNXgwcBnIn%2F0WF%2BrUumI6D0p5MwZGCtWB2vAAXLZY4mIuCe2HoQZNM96hgaYUN2bOF9l5hjYfAsaoJxFk%2FQzckmwlfL3OOnAGoSFmoh8b%2BIWC8HyUp2XOnS44OQcXHzpEkWho5QLew69WqGkTa0ux8kGzpAGN%2BqMdRwnut9aMbGSJpDaRCGch8fZU4SLmZ6Vb4MDCXDkmT0ti8F9Y9LQJKmKnljhT%2BHXZb2rfu6oSFh6VPKU7gMxs3qycDFGbldukwE4ZhmQb9OX8se9p%2B6G2D2asffP%2FnPIQrMFY%2FVtMOzjzPUFOusBz8U04MDeWLarTuFXSuR%2F9S1dkIdF9PlqmTh6Ls9Nh25H%2B3c7cHJ2D75ytemXzdV49W1A9iG%2FWXFkMboiUdOFnjsGRHMRJHGIOHl%2BaWTVkc2TcuziL%2FNMSOfsgN4%2Bm8cHIaVfV5hUTBUNJvhyyKKz7NEBd%2B0mu6fxx1JS3r4T%2Fwfa3B0l4f0gOVQ0cvkRvZJ7BzJtBTEb7oKYZDpU9VjUM%2BUw5hjtnL14Jj%2FafEPyNrNNK4OUAckiBH%2BDMBhw78oTli%2FE17OaC9nNyGo6h0KhrTghwqGTRKOZJf2BWFFUKz0qCbPZ2uG2dYRpAQ%3D%3D&X-Amz-Signature=92b81cd7522fce795f1ba267bae85c8a5279ba60f93ff607314a5a1c13217b42, e ricaricamento del  documento su Internet Archive, generando  gli URL https://archive.org/details/the-leviathan-in-the-state-theory-of-tho/mode/2up                              e https://ia801403.us.archive.org/32/items/the-leviathan-in-the-state-theory-of-tho/THE_LEVIATHAN_IN_THE_STATE_THEORY_OF_THO.pdf, e alle eventuali osservazioni sulla bizzarria della dimensione 4 per  la trascrizione bibliografica internettiana relativa alla Wayback Machine, oltre a fornire un’ulteriore bizzarria bibliografica internettiana consistente nella trascrizione  del  congelamento tramite Wayback Machine della riduzione del lungo URL operata tramite Urly,  una piattaforma a questi accorciamenti deputata, https://web.archive.org/web/20200613064335/https:/urly.it/36x2b, e oltre  alla già data giustificazione basata sulla  lunghezza dell’  URL, si aggiunge anche un  ‘senza commenti’ sul fatto che il dantesco   “bel paese dove il sì suona” sia quasi un deserto per quanto riguarda la presenza in Rete di  traduzioni o edizioni in lingua originale delle più importanti opere di filosofia politica, e un vuoto quasi pneumatico che non riguarda solo la filosofia politica…), dove il giuspubblicista di Plettenberg ben sottolinea il fraintendimento del simbolo biblico del Leviatano così come immaginato da Hobbes, che presso  i contemporanei e i posteri di questo padre della filosofia politica moderna venne inteso come la rappresentazione stessa del male e di uno Stato spietato che riconosceva solo la sua legge ed ignorava la morale mentre per Hobbes altro non era che il segnale della direzione che si doveva intraprendere dopo le guerre di religione per passare dal bellum omnium contra omnes dello stato di natura caratterizzato dall’antropologia dell’homo homini lupus all’homo homini dei, una condizione di pace che seppur generata dal monopolio della forza del Leviatano, denotava del tutto positivamente questa figura, ed infatti nel frontespizio della prima edizione del Leviatano di Hobbes – titolo originale: Leviathan or The Matter, Forme and Power of a Common-Wealth Ecclesiastical and Civil – questo mostro biblico, non chiaramente descritto nel Vecchio Testamento  come un  non ben definito mostro marino, era disegnato, cercando di mutarne radicalmente la rappresentazione e di dotarlo di un significato del tutto positivo,  come un’enorme corpo umano composto  da tanti piccoli uomini – evidentemente a simbolizzare il patto di tutti i contraenti che lo avevano creato –,  brandente con una mano una spada e con l’altra il pastorale – quindi il segno che con quel corpo immenso ed artificiale  si erano estinte e le guerre di religione e il conflitto fra Stato e potere ecclesiastico – ma con il volto severo ma anche energico di un giovane uomo che, tutt’altro che un mostro ma figura alla fine salvifica per il vivere civile, garantiva la pace proprio in virtù della sua soverchiante forza – e, ovviamente anche del terrore provato da tutti coloro che pensano di sfidarla – conferitagli dal patto degli uomini che, associandosi, lo avevano creato. «This is, says Hobbes, the coming into being of that great leviathan. or, he adds, “to speake more reverently,”  of the deus mortalis, of the mortal god, who, because of the fright (terror) that this power evokes, imposes peace on everyone.» (Carl Schmitt, The Leviathan in the State Theory of Thomas Hobbes, cit., p. 19).  Ma dai contemporanei di Hobbes e poi da coloro che vennero dopo fino ad oggi questo Dio mortale ha sempre assunto una connotazione totalmente negativa e piuttosto che un Dio – magari al quale offrire non solo sottomissione ma anche da proteggere in ragione della sua natura mortale derivante, in ultima istanza, da un patto umano che lo rendeva sì pressoché invincibile ma anche sottoposto alla finitudine di tutte le cose umane: deus mortalis, così lo definisce Hobbes nel Leviatano –, venne considerato non solo un demone   ma anche denotante la malvagità di tutta la costruzione politica di Hobbes, mentre per Schmitt era semplicemente un simbolo sbagliato di una visione politica verso cui il grande giuspubblicista di Plettenberg provava grande simpatia. Non è questa la sede per diffonderci, lo abbiamo fatto più volte in altre sedi, sulla incompatibilità del modello conflittuale hobbessiano con quello del Repubblicanesimo Geopolitico e con quello, in ultima istanza, di Niccolò Machiavelli, per il quale, per farla breve, la conflittualità non era da eliminare dalla società ma doveva essere il materiale attraverso il quale costruirla e tantomeno questa è la sede per ritornare sul decisionismo timido di Schmitt e sull’iperdecisionismo del Repubblicanesimo Geopolitico che trae la sua linfa vitale dall’ iperdecisionismo di Walter Benjamin e dalla migliore filosofia della prassi del marxismo occidentale (Gramsci, Korsch ma anche, seppur il più grande filosofo del Novecento, il fascistissimo nonché profondamente ingenuo sulla reale natura del fascismo Giovanni Gentile ed il suo attualismo), decisionismo timido di Schmitt che, facciamo notare solo di sfuggita, era potentemente influenzato dalla mitica figura paolina del Katechon, cioè del frenatore del degrado della rivoluzione, mentre anche il Repubblicanesimo Geopolitico e il suo iperdecisionismo  hanno anch’essi un mito, ma questi non è un frenatore ma, il suo contrario, un acceleratore, e cioè l’Epifania strategica, quello che qui si è voluto sottolineare è che le grandi narrazioni filosofico-politiche (e poi, naturalmente, la loro immediata traduzione nella più grezza ideologia) hanno sempre alla loro base un mito che, per quanto possa essere più o meno giustamente giudicato da coloro verso i quali è stato rappresentato in maniera più o meno distorta o più o meno negativa, sempre si basa su un’iniziale visione realistica e dialettica della realtà (che poi Hobbes come Carl Schmitt dicano ad un certo punto  «fermate il mondo… voglio scendere» questo è un altro paio di maniche, o meglio, questa segna i limiti del loro  timido realismo e della loro repressa dialettica). Ma a questo punto è giunto il momento di passare dai miti “forti” intrisi di realismo ai miti “deboli” (ovviamente così li definiamo non perché non riscuotano un forte assenso presso le masse ma perché fondati su una del tutto mancante visione realistica della realtà e da una totale ottusità dialettica), e nella modernità occidentale, che poi in breve tempo, ha ricoperto e quasi sommerso tutto il resto dell’ecumene, il principale contenitore e propalatore di “miti deboli” è stato ed è il liberalismo (l’altro grande agente mitopoietico è stato il marxismo ma questo, dal punto di vista filosofico, partendo da una base hegeliana, è filosoficamente meno debole per quanto sociologicamente e storicamente si sia dimostrato del tutto soccombente rispetto alla capacità mitopoietica del liberalismo). Sull’ingenuità della Weltanschauung smithiana poggiante sulla libera concorrenzialità dei mercati e sull’individualismo metodologico non è necessario spendere ulteriori parole, mentre qualcosa è pur necessario dire sulle radici cultural-religiose di questa visione del mondo, che, in estrema sintesi, altro non è, come del resto lo è sul piano più strettamente culturale l’Illuminismo, la traduzione e secolarizzazione delle promesse di vita buona e serena garantite dalle pratiche cultuali cristiane. Certo nel cristianesimo questa vita buona e serena sarebbe stata inconcepibile senza l’immortalità dell’anima, mentre, almeno nella sua parte più espressamente politica, il liberalismo si è sempre limitato a promettere un progresso ad infinitum della prosperità e della concordia umane, insomma, non a promettere un Paradiso celeste ma una sorta di giardino dell’Eden secolarizzato ma, solo se si gratti un po’ la crosta di questa ideologia credulona – e solo se si gratti un po’ la crosta della psicologia delle persone, quasi tutti, fedeli compresi nell’immortalità cristiana, che di questa ideologia sono permeati –, ben si vede che, sebbene privata nella credenza di un Dio ultraterreno, l’animatore di questa mentalità è sempre la Weltanschauung cristiana di un futuro mondo migliore dove tutte le contraddizioni saranno risolte e quindi il male, non solo quello sociale ma anche quello soggettivo, sarà definitivamente vinto. Ma sebbene secolarizzato dal liberalismo e dall’illuminismo (la matrice cristiana dell’Illuminismo è, nonostante il durissimo anticlericalismo materialismo e/o deismo dei suoi esponenti, del tutto evidente nella ideologia-mitologia dei diritti dell’uomo, che sarebbe del tutto inconcepibile senza la credenza cristiana che tutti gli uomini sono fratelli perché sono stati creati dall’unico e stesso Dio), questa tradizione cristiana non si  limita a prendere le nuove forme alle quali abbiamo appena accennato, ma permane  come desiderio  di immortalità in  coloro che abitano anche il nuovo mondo culturale e politico del liberalismo, e per di più, visto che il liberalismo su questo punto nulla dice, come una sorta di sempre più dolorosa ed inappagata speranza visto il tramonto del Dio personale unico e creatore che questa immortalità garantiva. Insomma il brave new world illuminista-liberale nasce anche come trascendenza senza trascendenza. Ovviamente questa nuova Stimmung liberal-cristiana secolarizzata ma pure oscuramente ancora desiderosa della vecchia trascendenza, rispetto al vecchio mondo dove regnava una integrale trascendenza, ha ingenerato nella mentalità popolare la fiducia e richiesta fideistica di protezione in nuove figure umane di riferimento e se prima i punti di riferimento pratici ed ideologici  erano il santo, il prete, il  guerriero (possibilmente combattente per la fede) per finire col re e col Papa, ora queste figure sono state sostituite da coloro che in questo mondo secolarizzato si suppone sappiano meglio muoversi per potere garantire le promesse così a piene mani garantite dal brave new world  liberale e secolarizzato, sono cioè state sostituite dall’imprenditore, dall’economista e last but not the least, dal medico e dalla sua arte medica. Sull’imprenditore e sull’economista, cioè sulla caduta presso la pubblica opinione della loro popolarità, il primo per la sua evidente rapacità ed immoralità e il secondo per la sua idiota supponenza, si  può benissimo, viste le vicende di questi due primi decenni del XXI secolo, benissimo sorvolare. Ma un discorso particolare deve essere fatto per il medico e per la sua arte medica, cosa che, come si sarà capito, ha molto a che fare con la faccenda del coronavirus e del mito negativo, ma finanche anche ironico, del ben più tremendo Cthulhu morbus. Sebbene come esegesi e/o propaganda del pensiero illuministico e/o liberale o protoliberale, l’attuale tradizione del commentario liberal-democraticistico (cioè gli attuali intellettuali, dopo la caduta del muro di Berlino tutti spiaccicati come da un rullo compressore sulla linea che questo è l’unico mondo possibile, cui fanno da degni compari tutti i maggiori mezzi di informazione ancora più tristi, venduti e pedanti sulla stessa linea)  non si degni di trasmetterci alcun autore su cui sviluppare il nostro tipo di riflessioni, noi abbiamo ritenuto non di indegno significato recuperare due autori del momento in cui veniva   segnato il trionfo della trascendenza senza trascendenza del mondo illuminista e liberale sulla vecchia trascendenza ultraterrena del cristianesimo. Scriveva William Goldwin nel suo An Enquiry concerning Political Justice and its Influence on Morals and Happiness: «Let us here return to the sublime conjecture of Franklin, that “mind will one day become omnipotent over matter3.” [Nota n° 3 del Libro VIII, Of Property, Capitolo 7, Of the Objection to this System from the Principle of Population,  di An Enquiry concerning Political Justice: «I have no other authority to quote for this expression than the conversation of Dr Price. Upon enquiry I am happy to find it confirmed to me by Mr William Morgan, the nephew of Dr Price, who recollects to have heard it repeatedly mentioned by his uncle.»] If over all other matter, why not over the matter of our own bodies? If over matter at ever so great a distance, why not over matter which, however ignorant we may be of the tie that connects it with the thinking principle, we. always carry about with us, and which is in all cases the medium of communication between that principle and the external universe? In a word, why may not man one day be immortal? [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] {863} The different cases in which thought modifies the external universe are obvious to all. It is modified by our voluntary thoughts or design. We desire to stretch out our hand, and it is stretched out. We perform a thousand operations of the same species every day, and their familiarity annihilates the wonder. They are not in themselves less wonderful than any of those modifications which we are least accustomed to conceive. — Mind modifies body involuntarily. Emotion excited by some unexpected word, by a letter that is delivered to us, occasions the most extraordinary revolutions in our frame, accelerates the circulation, causes the heart to palpitate, the tongue to refuse its office, and has been known to occasion death by extreme anguish or extreme joy. These symptoms we may either encourage or check. By encouraging them habits are produced of fainting or of rage. To discourage them is one of the principal offices of fortitude. The effort of mind in resisting pain in the stories of Cranmer and Mucius Scævola is of the same kind. It is reasonable to believe that that effort with a different direction might have cured certain diseases of the system. There is nothing indeed of which physicians themselves are more frequently aware, than of the power of the mind in assisting or retarding convalescence. Why is it that a mature man soon loses that elasticity of limb, which characterises the heedless gaiety of youth? Because he desists from youthful habits. He assumes an air of dignity incompatible with the lightness of childish sallies. He is visited and vexed with all the cares that rise out of our mistaken institutions, {864} and his heart is no longer satisfied and gay. Hence his limbs become stiff and unwieldy. This is the forerunner of old age and death. The first habit favourable to corporeal vigour is chearfulness. Every time that our mind becomes morbid, vacant and melancholy, a certain period is cut off from the length of our lives. Listlessness of thought is the brother of death. But chearfulness gives new life to our frame and circulation to our juices. Nothing can long be stagnant in the frame of him, whose heart is tranquil and his imagination active. A second requisite in the case of which we treat is a clear and distinct conception. If I know precisely what I wish, it is easy for me to calm the throbs of pain, and to assist the sluggish operations of the system. It is not a knowledge of anatomy, but a quiet and steady attention to my symptoms, that will best enable me to correct the distemper from which they spring. Fainting is nothing else but a confusion of mind, in which the ideas appear to mix in painful disorder, and nothing is distinguished. The true source of chearfulness is benevolence. To a youthful mind, while every thing strikes with its novelty, the individual situation must be peculiarly unfortunate, if gaiety of thought be not produced, or, when interrupted, do not speedily return with its healing oblivion. But novelty is a fading charm, and perpetually decreases. Hence the approach of inanity and {865} listlessness. After we have made a certain round, life delights no more. A deathlike apathy invades us. Thus the aged are generally cold and indifferent; nothing interests their attention, or rouses the sluggishness of their soul. How should it be otherwise? The pursuits of mankind are commonly frigid and contemptible and the mistake comes at last to be detected. But virtue is a charm that never fades. The soul that perpetually overflows with kindness and sympathy, will always be chearful. The man who is perpetually busied in contemplations of public good, will always be active. The application of these reasonings is simple and irresistible. If mind be now in a great degree the ruler of the system, why should it be incapable of extending its empire? If our involuntary thoughts can derange or restore the animal economy, why should we not in the process of time, in this as in other instances, subject the thoughts which are at present involuntary to the government of design? If volition now can do something, why should it not go on to do still more and more? There is no principle of reason less liable to question than this, that, if we have in any respect a little power now, and if mind be essentially progressive, that power may, and, barring any extraordinary concussions of nature, infallibly will, extend beyond any bounds we are able to prescribe to it. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] Nothing can be more irrational and presumptuous than to {866} conclude, because a certain species of supposed power is entirely out of the line of our present observations, that it is therefore altogether beyond the limits of the human mind. We talk familiarly indeed of the limits of our faculties, but nothing is more difficult than to point them out. Mind, in a progressive view at least, is infinite. If it could have been told to the savage inhabitants of Europe in the times of Theseus and Achilles, that man was capable of predicting eclipses and weighing the air, of explaining the phenomena of nature so that no prodigies should remain, of measuring the distance and the size of the heavenly bodies, this would not have appeared to them less wonderful, than if we had told them of the possible discovery of the means of maintaining the human body in perpetual youth and vigour. But we have not only this analogy, showing that the discovery in question forms as it were a regular branch of the acquisitions that belong to an intellectual nature; but in addition to this we seem to have a glimpse of the specific manner in which the acquisition will be secured. Let us remark a little more distinctly the simplicity of the process. We have called the principle of immortality in man chearfulness, clearness of conception and benevolence. Perhaps we shall in some respects have a more accurate view of its potency, if we consider it as of the nature of attention. It is a very old maxim of practical conduct, that whatever is done with attention, is done well. It is because this was a principal requisite, that many persons {867} endowed in an eminent degree with chearfulness, perspicacity and benevolence, have perhaps not been longer lived than their neighbours. We are not capable at present of attending to every thing. A man who is engaged in the sublimest and most delightful exertions of mind, will perhaps be less attentive to his animal functions than his most ordinary neighbour, though he will frequently in a partial degree repair that neglect, by a more chearful and animated observation, when those exertions arc suspended. But, though the faculty of attention may at present have a very small share of ductility, it is probable that it may be improved in that respect to an inconceivable degree. The picture that was exhibited of the subtlety of mind in an earlier stage of this work4, gives to this supposition a certain degree of moral evidence. If we can have three hundred and twenty successive ideas in a second of time, why should it be supposed that we shall not hereafter arrive at the skill of carrying on a great number of contemporaneous processes without disorder? [Nota n° 4 del Libro VIII, Of Property, Capitolo 7, Of the Objection to this System from the Principle of Population,  di An Enquiry concerning Political Justice: «Book IV, Chap. VII, p. 330.»] Having thus given a view of what may be the future improvement of mind, it is proper that we should qualify this picture to the sanguine temper of some readers and the incredulity of others, by observing that this improvement, if capable of being realised, is however at a great distance. A very obvious remark will render this eminently palpable. If an unintermitted attention to the animal economy be necessary, then, before death can If an unintermitted attention to the animal economy be necessary, then, before death can be banished, {868} we must banish sleep, death’s image. Sleep is one of the most conspicuous infirmities of the human frame. It is not, as has often been supposed, a suspension of thought, but an irregular and distempered state of the faculty5. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione; nota n° 5 del Libro VIII, Of Property, Capitolo 7, Of the Objection to this System from the Principle of Population,  di An Enquiry concerning Political Justice: «Book IV, Chap. VII, p. 335.»] Our tired attention resigns the helm, ideas swim before us in wild confusion, and are attended with less and less distinctness, till at length they leave no traces in the memory. Whatever attention and volition are then imposed upon us, as it were at unawares, are but faint resemblances of our operations in the same kind when awake. Generally speaking, we contemplate sights of horror with little pain, and commit the most atrocious crimes with little sense of their true nature. The horror we sometimes attribute to our dreams, will frequently be found upon accurate observation to belong to our review of them when we wake. One other remark my be proper in this place. If the remedies here prescribed tend to a total extirpation of our nature, then, though we cannot promise to them an early and complete success, we may probably find them of some utility now. They may contribute to prolong our vigour, though not to immortalise it, and, which is of more consequence, to make us live while we live. Every time the mind is invaded with anguish and gloom, the frame becomes disordered. Every time that languor and indifference creep upon us. our functions fall into decay. In proportion as we cultivate fortitude and equanimity, {869} our circulations will be chearful. In proportion as we cultivate a kind and benevolent propensity, we may be secure of finding something for ever to interest and engage us. Medicine may reasonably be stated to consist of two branches, the animal and intellectual. The latter of these has been infinitely too much neglected. It cannot be employed to the purposes of a profession; or, where it has been incidentally so employed, it has been artificially and indirectly, not in an open and avowed manner. “Herein the patient must minister to himself6.” [Nota n° 6 del Libro VIII, Of Property, Capitolo 7, Of the Objection to this System from the Principle of Population,  di An Enquiry concerning Political Justice: «Macbeth, Act V.»] How often do we find a sudden piece of good news dissipating a distemper? How common is the remark, that those accidents, which are to the indolent a source of disease, are forgotten and extirpated in the busy and active? It would no doubt be of extreme moment to us, to be thoroughly acquainted with the power of motives, habit, and what is called resolution, in this respect. I walk twenty miles in an indolent and half determined temper, and am extremely fatigued. I walk twenty miles full of ardour and with a motive that engrosses my soul, and I come in as fresh and alert as when I began my journey. We are sick and we die, generally speaking, because we consent to suffer these accidents. This consent in the present state of mankind is in some degree unavoidable. We must have stronger motives and clearer views, before we can uniformly refuse it. But, though we cannot always, we may frequently refuse. This is a truth of which all mankind are {870} to a certain degree aware. Nothing more common than for the most ignorant man to call upon his sick neighbour, to rouse himself, not to suffer himself to be conquered; and this exhortation is always accompanied with some consciousness of the efficacy of resolution. The wise and the good man therefore should carry with him the recollection of what chearfulness and a determined spirit are able to do, of the capacity with which he is endowed of expelling the seeds and first slight appearances of indisposition. The principal part of the preceding paragraph is nothing more than a particular application of what was elsewhere delivered respecting moral and physical causes7. [Nota n° 7 del Libro VIII, Of Property, Capitolo 7, Of the Objection to this System from the Principle of Population,  di An Enquiry concerning Political Justice: «Book I, Chap. VII, Part I.»] It would have been easy to have cast the present chapter in a different form, and to have made it a chapter upon health, showing that one of the advantages of a better state of society would be a very high improvement in the vigour and animal constitution of man. In that case the conjecture of immortality would only have come in as an incidental remark, and the whole would have assumed less the air of conjecture than of close and argumentative deduction. But it was perhaps better to give the subject the most explicit form, at the risk of a certain degree of prejudice. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] To apply these remarks to the subject of population. The tendency of a cultivated and virtuous mind is to render us indifferent to the gratifications of sense. They please at present {871} by their novelty, that is, because we know not how to estimate them. They decay in the decline of life indirectly because the system refuses them, but directly and principally because they no longer excite the ardour and passion of mind. It is well known that an inflamed imagination is capable of doubling and tripling the seminal secretions. The gratifications of sense please at present by their imposture. We soon learn to despise the mere animal function, which, apart from the delusions of intellect, would be nearly the same in all cases; and to value it, only as it happens to be relieved by personal charms or mental excellence. We absurdly imagine that no better road can be found to the sympathy and intercourse of minds. But a very slight degree of attention might convince us that this is a false road, full of danger and deception. Why should I esteem another, or by another be esteemed? For this reason only, because esteem is due, and only so far as it is due. The men therefore who exist when the earth shall refuse itself to a more extended population, will cease to propagate, for they will no longer have any motive, either of error or duty, to induce them. In addition to this they will perhaps be immortal. The whole will be a people of men, and not of children. Generation will not succeed generation, nor truth have in a certain degree to recommence her career at the end of every thirty years. There will be no war, no crimes, no administration of justice as it is called, and no government. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] These {872} latter articles are at no great distance; and it is not impossible that some of the present race of men may live to see them in part accomplished. But beside this there will be no disease, no anguish, no melancholy and no resentment. Every man will seek with ineffable ardour the good of all. Mind will be active and eager, yet never disappointed. Men will see the progressive advancement of virtue and good, and feel that, if things occasionally happen contrary to their hopes, the miscarriage itself was a necessary part of that progress. They will know, that they are members of the chain, that each has his several utility, and they will need not feel indifferent to that utility. They will be eager to enquire into the good that already exists, the means by which it was produced, and the greater good that is yet in store. They will never want motives for exertion, for that benefit which a man thoroughly understands and earnestly loves, he cannot refrain from endeavouring to promote. Before we dismiss this subject it is proper once again to remind the reader, that the leading doctrine of this chapter is given only as matter of probable conjecture, and that the grand argument of this division of the work is altogether independent of its truth or falshood. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione]» : William Goldwin, An Enquiry concerning Political Justice and its Influence on Morals and Happiness (Libro VIII, Of Property, Capitolo 7, Of the Objection to this System from the Principle of Population), London, 1793 (citato da http://knarf.english.upenn.edu/Godwin/pj87.html, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200603202926/http://knarf.english.upenn.edu/Godwin/pj87.html; la pagina Web dell’ Università della  Pennsylvania che introduce a tutti i capitoli di An Enquiry concerning Political Justice scaricabili dal sito dell’Università è http://knarf.english.upenn.edu/Godwin/pjtp.html, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200603204534/http://knarf.english.upenn.edu/Godwin/pjtp.html). Gli faceva eco  Condorcet nel suo Esquisse d’un tableau historique des progrès de l’esprit humain: «Nous en avons exposé les preuves qui, dans l’ouvrage même, recevront par leur développement, une force plus grande; nous pourrions donc conclure déjà, que la perfectibilité de l’homme est indéfinie; et cependant, jusqu’ici, nous ne lui avons supposé que les mêmes facultés naturelles, la même organisation. Quelles seraient donc la certitude, l’étendue de ses espérances, si l’on pouvait croire que ces facultés naturelles elles-mêmes, cette organisation, sont aussi susceptibles de s’améliorer? et c’est la dernière question qu’il nous reste à examiner. La perfectibilité ou la dégénération organiques des races dans les végétaux, dans les animaux, peut être regardée comme une des lois générales de la nature. Cette loi s’étend à l’espèce humaine, et personne ne doutera sans doute, que les progrès dans la médecine conservatrice, l’usage d’aliments et de logements plus sains, une manière de vivre qui développerait les forces par l’exercice, sans les détruire par des excès; qu’enfin, la destruction des deux causes les plus actives de dégradation, la misère et la trop grande richesse, ne doivent prolonger, pour les hommes, la durée de la vie commune, leur assurer une santé plus constante, une constitution plus robuste. On sent que les progrès de la médecine préservatrice, devenus plus efficaces par ceux de la raison et de l’ordre social, doivent faire disparaître à la longue les maladies transmissibles ou contagieuses, et ces maladies générales qui doivent leur origine aux climats, aux aliments, à la nature des travaux. Il ne serait pas difficile de prouver que cette espérance doit s’étendre à presque toutes les autres maladies, dont il est vraisemblable que l’on saura un jour reconnaître les causes éloignées. Serait-il absurde, maintenant, de supposer que ce perfectionnement de l’espèce humaine doit être regardé comme susceptible d’un progrès indéfini, qu’il doit arriver un temps où la mort ne serait plus que l’effet, ou d’accidents extraordinaires, ou de la destruction de plus en plus lente des forces vitales, et qu’enfin la durée de l’intervalle moyen entre la naissance et cette destruction n’a elle-même aucun terme assignable? Sans doute l’homme ne deviendra  pas immortel; mais la distance entre le moment où il commence à vivre et l’époque commune où naturellement, sans maladie, sans accident, il éprouve la difficulté d’être, ne peut-elle s’accroître sans cesse? Comme nous parlons ici d’un progrès susceptible d’être représenté avec précision par des quantités numériques ou par des lignes, c’est le moment où il convient de développer les deux sens dont le mot indéfini est susceptible. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] En effet, cette durée moyenne de la vie qui doit augmenter sans cesse, à mesure que nous enfonçons dans l’avenir, peut recevoir des accroissements, suivant une loi telle, qu’elle approche continuellement d’une étendue illimitée, sans pouvoir l’atteindre jamais; ou bien suivant une loi telle, que cette même durée puisse acquérir, dans l’immensité des siècles, une étendue plus grande qu’une quantité déterminée quelconque qui lui aurait été assignée pour limite. Dans ce dernier cas, les accroissements sont réellement indéfinis dans le sens le plus absolu, puisqu’il n’existe pas de borne, en deçà de laquelle ils doivent s’arrêter.»: Marie Jean Antoine Nicolas de Caritat, Marquis of Condorcet, Esquisse d’un tableau historique des progrès de l’esprit humain (ouvrage posthume de Condorcet), Paris, 1794-1795, pp. 384-387 (direttamente citato da http://www.anthropomada.com/bibliotheque/CONDORCET-Marquis-de-Jean-Antoine-Nicolas-de-Caritat.pdf, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200602083540/http://www.anthropomada.com/bibliotheque/CONDORCET-Marquis-de-Jean-Antoine-Nicolas-de-Caritat.pdf, ma per PDF del testo originale ed indicazione delle pagine della citazione vedi Internet Archive agli URL https://archive.org/details/esquisseduntabl00conggoog/mode/2up/search/condorcet   e                          https://ia800905.us.archive.org/27/items/esquisseduntabl00conggoog/esquisseduntabl00conggoog.pdf). O tramite poteri della mente in William Goldwin (il quale, in chiusura del capitolo VII citato sembra mettere all’improvviso le mani avanti sulla promessa di immortalità sottolineando che questa è solo un’ipotesi) o per i più generici aumentati poteri della medicina annunciati dall’ Esquisse d’un tableau historique des progrès de l’esprit humain di Condorcet, la via è quindi tracciata per il futuro (cioè, è tracciata la via per la grande illusione messianica che alberga in ognuno di noi a partire dall’Illuminismo): l’uomo in un futuro più o meno lontano non dovrà più temere l’avvento della lugubre sorella  falcemunita. E se molto ci sarebbe da dire, e soprattutto da ironizzare, su come questi vaticini, nonostante i grandissimi progressi della medicina e delle condizioni igieniche, siano stati totalmente smentiti (certamente si è verificato un buon aumento della vita media rispetto al XVIII secolo di Goldwin e Condorcet nei paesi occidentali che hanno potuto godere di una plurisecolare civiltà industriale o in quelli non occidentali in cui l’innesto della forma culturale nata con la rivoluzione industriale ha avuto successo  ma veramente un battito di ciglia di fronte all’eternità che era stata promessa), ed anche da ironizzare sui punti specifici di questi vaticini (in questo Goldwin è veramente imbattibile nella sua avversione verso il sonno visto come anticipatore della morte, e come ironico segno del nostro giudizio su questo punto ben volentieri rimandiamo all’opera omnia di Freud,  oppure, sempre in Goldwin, quando afferma che uno spirito gioioso, buono e sereno già solo di per sé è la ricetta per una vita lunga e che, quindi, l’intensificazione di questo stato psico-fisico è la ricetta per la futura immortalità), è sicuramente migliore strategia retorico-ironica  e quindi conoscitiva non incentrarsi su singoli aspetti ma focalizzarci sull’inizio della nuova epoca che questi due scritti aprono, una nuova epoca caratterizzata da una trascendenza non più trascendente e totalmente secolarizzata, dove tramite il dominio della tecnica  all’umanità viene assicurata un aumento all’infinito della prosperità e un aumento altrettanto infinito della vita (Condorcet, infatti, come si è visto, non parla di immortalità ma di un aumento della vita che, man mano che aumentano le conoscenze, si avvicina, ma solo asintoticamente, all’eternità). E, a parte il fatto che Goldwin indica come sistema per ottenere questa immortalità tecniche di  autocondizionamento mentale (e da questo punto di vista si potrebbe aprire un intero capitolo della nostra discussione su Goldwin come anticipatore, nel male ma anche nel bene, ovviamente, di tutta l’ideologia New Age), siamo quindi pienamente tornati dalle parti dei nostri eroi – per la verità oggi sempre più acciaccati, viste le crisi economiche ed epidemiologiche – della nostra modernità: il tecnico esperto dell’economia (che può essere un tecnico pro domo sua, cioè l’imprenditore, o il tecnico funzionario al servizio di una organizzazione privata e/o pubblica, il manager o l’economista) oppure il tecnico deputato al mantenimento della nostra salute e, nell’inconscio delle popolazioni cresciute nella presente civiltà figlia dell’Illuminismo e del liberalismo, anche in grado di garantire l’immortalità (e cioè il medico, ancor meglio il grande luminare e specialista e, nella presente crisi epidemiologica, il virologo e/o l’epidemiologo, dei quali  le grandi imprese di quest’ultimi sono oggi sotto gli occhi di tutti…). Giunti a questo punto, potremmo qui chiudere tutta la faccenda, affermando sarcasticamente senza  tanti altri ulteriori approfondimenti che da diretti discendenti,  come noi tutti siano, di cotanto poco senno come così meravigliosamente evidenziato da Goldwin e Condorcet, non ci si poteva aspettare nulla di meglio sia per quanto riguarda, come si è visto e come si vede, le crisi economiche che periodicamente squassano il mondo industrializzato – e non solo, vista la globalizzazione – sia per quanto riguarda le crisi sanitarie e o epidemiologiche. Ma siccome il nostro scopo non è quello di fare della facile polemica – anche se del tutto filosoficamente e politicamente fondata – ma la creazione di un simbolo politico, il Chutlhu morbus, che rappresenti questo stato di cose e che attraverso la sua manifesta ironia possa al tempo stesso fornirci le armi per combattere la realtà che rappresenta (possa cioè dare anima e corpo all’Epifania Strategica), vediamo ora come ai giorni nostri ha avuto un esplicito sviluppo culturale questa promessa di immortalità iniziata da Goldwin e Condorcet (uno sviluppo, cioè dal punto vista della produzione professionale della cultura destinata al consumo delle masse, cioè la fantascienza e i racconti fantastici,  mentre per quanto riguarda più specificamente la più o meno inconscia credenza popolare nell’immortalità di origine illuministico-liberale garantita dalla tecnica e sulle sue conseguenze abbiamo appena già detto).  E se, su un piano generale, possiamo allora dire che, sin dagli inizi,  tutta questo produzione culturale, oltre ad essere il segno evidente della crisi della vecchia trascendenza cristiana, è anche il segno della speranza di un riscatto a questa crisi in via tecnologica e/o fantastica (esistono, come fra poco vedremo, anche una fantascienza o un narrare fantastico profondamente pessimisti, ma la nascita del genere è prevalentemente sotto il segno della speranza e anche quando le potenze malefiche sembrano prevalere di solito l’ingegnosità dell’uomo o l’intervento di una natura che viene in soccorso dell’uomo, vera e propria secolarizzazione della vecchia Provvidenza, riesce a mettere le cose a posto: vedi la Guerra dei Mondi di H. G. Wells, dove i Tripodi  marziani muoiono a causa dei batteri terrestri), perché il genere divenisse – ancor più esplicitamente di come prima era avvenuto, vedi per esempio Ursula Kroeber Le Guin, autrice  sì di racconti fantascientifici di  critica dell’esistente ma senza alcuna concreta proposta di suo cambiamento, tranne ovviamente l’auspicare l’avvento di una nuova umanità mondata dal presente imperante egoismo – un’esplicita e diretta proposta politica e si unisse così al genere utopico di più vecchia tradizione bisognava aspettare la metà degli anni ’80 del secolo passato. Ci stiamo ovviamente riferendo a Donna Jeanne Haraway, Manifesto for Cyborgs: Science, Technology, and Socialist Feminism in the 1980s, “Socialist Review”, N° 80, 1985, pp. 65-108 (una versione in italiano in Rete è consultabile all’URL https://monoskop.org/images/6/64/Haraway_Donna_1985_1995_Un_manifesto_per_Cyborg_scienza_tecnologia_e_femminismo_socialista_nel_tardo_ventesimo_secolo.pdf; Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20190924210523/https://monoskop.org/images/6/64/Haraway_Donna_1985_1995_Un_manifesto_per_Cyborg_scienza_tecnologia_e_femminismo_socialista_nel_tardo_ventesimo_secolo.pdf/, mentre all’URL https://monoskop.org/images/f/f3/Haraway_Donna_J_Simians_Cyborgs_and_Women_The_Reinvention_of_Nature.pdf;  Wayback Machine:  http://web.archive.org/web/20191115081308/https://monoskop.org/images/f/f3/Haraway_Donna_J_Simians_Cyborgs_and_Women_The_Reinvention_of_Nature.pdf, si può scaricare l’originale testo in inglese). Nonostante il suo dichiarato ed esplicito femminismo,  col   Cyborg Manifesto, che le donerà rinomanza mondiale,  Donna Haraway si discostò violentemente dai rigidi dettami del femminismo, che volevano, o meglio pretendevano, una superiorità antropologica della donna rispetto all’uomo, per proporre, culturalmente influenzata dalla letteratura fantascientifica ma anche dalle possibilità tecnologiche che l’informatica e la robotica sembravano dischiudere in quegli anni, la costruzione di una nuova umanità attraverso il sempre più massiccio inserimento nel corpo umano di dispositivi informatico-robotici. La proposta quindi era quella, appunto, della costruzione del cyborg che avrebbe sostituito il vecchio uomo in carne ed ossa, ma si farebbe veramente un grande torto alla Haraway e al suo manifesto liquidando tutta la faccenda affermando che si trattava del parto di una sovreccitata fantasia, lesa dalla consuetudine dell’autrice con la letteratura fantascientifica, perché, come emerge chiaramente dalla lettera del Cyborg Manifesto, questo cyborg era soprattutto il simbolo di un’umanità che, sulla scorta delle tecnologie di cui si è sopra detto, doveva abbandonare le vecchie illusioni di un ritorno alla purezza originaria prima che fosse contaminata dalla tecnologia e della  altrettanto illusoria  separazione fra cultura umana e mondo naturale non umano (per non dire, poi, che sulla scorta di questo simbolo di antipurezza originaria e biotecnologico, bisognava proprio gettare nella trotskyana pattumiera della storia tutti i sogni suprematisti di superiorità della donna sull’uomo tipici del peggior femminismo). In Epigenetica, Teoria endosimbiotica, Sintesi evoluzionista moderna, Sintesi evoluzionistica estesa e fantasmagorie transumaniste, di imminente pubblicazione, viene discusso più ampiamente questo aspetto simbolico della figura del cyborg e, nonostante si rilevi che  questa figura simbolica è anche il segno della difficoltà di sviluppare una coerente dialettica olistico-dialettica-espressiva-strategica-conflittuale, proprio questo segnale di difficoltà è, al tempo stesso, l’inequivocabile indice di una sua ricerca e definizione. Ma, come sempre rilevato in Epigenetica, Teoria endosimbiotica, Sintesi evoluzionista moderna, Sintesi evoluzionistica estesa e fantasmagorie transumaniste, il punctum dolens è che dopo il Cyborg Manifesto, la Haraway non ha fatto un passo avanti verso l’elaborazione attraverso il suo simbolo – che per espressa ammissione della scrittrice era soprattutto simbolo ironico e quindi strumento euristico, e perciò retorico,  di nuova conoscenza –  di una accresciuta consapevolezza dialettica, ma ha fatto mille passi a ritroso, andando attingere ad un simbolo letterario di cui tutto si può tranne che sia espressione di una qualsiasi forma di benevolenza verso l’umanità, cyborghiana o naturale e sessualmente veterotestamentariamente polarizzata essa sia. Ma andiamo con ordine. Tre decenni dopo il Manifesto, Donna Haraway, forse perché disillusa dalle fallite aspettative simbolico-operative del suo cyborg o forse, molto più semplicemente, per rinverdire con qualcosa di ancora più estremo una fama letterario-filosofica bisognosa di nuova vigore, se ne esce con un nuovo saggio, Staying with the Trouble. Making Kin in the Chthulucene, Durham (N.C.), Duke University Press, 2016 (è possibile scaricare Donna Jeanne Haraway, Staying with the Trouble. Making Kin in the Chthulucene, Durham (N.C.), Duke University Press, 2016 presso https://edisciplinas.usp.br/pluginfile.php/4374763/mod_resource/content/0/Haraway-Staying%20with%20the%20Trouble_%20Making%20Kin%20in%20the%20Chthulucene.pdf, congelamento del documento e dell’ URL presso la Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20190930132847/https://edisciplinas.usp.br/pluginfile.php/4374763/mod_resource/content/0/Haraway-Staying%20with%20the%20Trouble_%20Making%20Kin%20in%20the%20Chthulucene.pdf), saggio che segna il drastico  passaggio della Haraway dal mito del cyborg, anche se da costei inteso prevalentemente metaforicamente, al mito dell’endosimbionte, sempre prevalentemente una metafora ma una metafora, come vedremo, con un suo lato molto oscuro. Ora perché l’endosimbionte e il saggio che ne vuole creare la figura mitico-operativa rappresenta un grandissimo passo indietro rispetto al Cyborg Manifesto? Sul come questo nuovo simbolo si sviluppi in Staying with the Trouble accostato ad una densa semantica tanatofila  che va al di là delle intenzioni dell’autrice,  ne parleremo fra poco e, come vedremo, costituisce il vero convitato di pietra di tutta questa nuova operazione retorico-letteraria della Haraway. Sul piano invece di quello che l’utilizzo del simbolo dell’endosimbionte  implica in Haraway  sul piano di una nuova progettualità antropologica – anche se solo utopica nelle sue applicazioni estreme – che l’uomo dovrebbe intraprendere per superare le sue contraddizioni, nel saggio viene avanzato il progetto che nel corpo umano, anziché inserire un  numero sempre crescente di protesi informatico-bio-meccaniche come nel Cyborg Manifesto, deve essere inserito, allo scopo di rendere l’uomo più in simpatia, in diritto contatto e meno aggressivo verso la natura,  materiale genetico proveniente da altre specie animali e vegetali, e sempre allo scopo di un minor impatto delle comunità umane sempre sulla natura, l’uomo deve coscientemente dare inizio ad una vigorosa decrescita demografica (vedi la parte più espressamente narrativa del saggio, il capitolo VIII The Camille Stories. Children of Compost, dove cinque generazioni di ragazzine, tutte col nome di Camilla, per entrare in contatto simbiotico con una specie minacciata, le farfalle Monarca, generazione dopo generazione assumono sempre più materiale genetico e sembianze delle farfalle che devono proteggere, il tutto svolgendosi all’interno di una comunità animata dal proposito di un progressiva decrescita demografica). Oltre al tragico arretramento dialettico rispetto al Cyborg Manifesto  dove ora il concetto di natura-naturalità ritorna ad essere importante attraverso l’opposizione all’attività tecnico-tecnologica umana, si potrebbe a questo punto tangenzialmente notare non solo che le proposte di decrescita demografica hanno contrassegnato fin dall’inizio  l’Età dei Lumi  (e quindi che questa idea nasce in un ambito di tentativo di dominio tecnico-tecnologico sulla natura: vedi il caso Malthus, dove con visione pessimista, questa natura era la natura umana dedita alla lussuria e noncurante delle conseguenze economico-demografiche di questo vizio, oppure per rimanere all’interno del perimetro di questa comunicazione, vedi la nostra citazione di Goldwin, dove egli afferma che l’immortalità raggiunta tramite la tecnica mentale della serenità d’animo avrebbe reso superfluo la spinta a procreare per superare attraverso gli eredi la morte), un Illuminismo che con la sua smisurata fiducia nelle capacità dell’umanità  di interpretare senza compromessi il suo ruolo di Homo faber non deve mai essere stato troppo simpatico alla Haraway (si potrebbe dire che nel Cyborg manifesto siamo di fronte ad un Homo faber al quadrato, ma il cyborg è un postumano e, addirittura dall’incerta sessualità e certamente gli Illuministi, nonostante tutta la loro ingenua mentalità meccanicistica, non avrebbero approvato una nuova entità senziente non umana, mezzo uomo e mezzo dispositivo meccanico-macchinico,  e nemmeno sessualmente distinta), ma sia per comprendere meglio la Gestalt di Staying with the Trouble. Making Kin in the Chthulucene e sia per dar vita e al tempo stesso tempo combattere il mito ironico del Cthulhu morbus atteniamoci ad un’analisi dell’espressività retorico-letteraria del saggio. Iniziando dal titolo del capitolo VIII The Camille Stories. Children of Compost, nel quale le cinque generazioni di Camille vengono definite bambine del compost. Ora, in inglese la parola ‘compost’ è quasi sinonimo all’italiano letame, più precisamente indica «organic matter that has been decomposed in a process called composting. This process recycles various organic materials otherwise regarded as waste products and produces a soil conditioner (the compost)» (da https://en.wikipedia.org/wiki/Compost, Wayback Machine:  https://web.archive.org/web/20200612052442/https://en.wikipedia.org/wiki/Compost) e però, pur volendo tralasciare tutte le valenze negative del termine letame e pur volendo sottolineare tutta la semantica positiva che viene dall’etimologia della parola, «dal lat. composĭtus, […] part. pass. di componĕre «comporre»» (http://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/compost/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200612052744/http://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/compost/), e infatti anche in questo senso le Camille sono compost, cioè esseri compositi parte Homo sapiens e parte altra specie animale, non può assolutamente essere tralasciato l’elementare dato di fatto che tale parola, rimanda comunque ineluttabilmente al concetto di decomposizione. E tale concetto di decomposizione, e la ripetizione in numerosissimi luoghi del saggio della parola ‘compost’, è del resto centrale  in tutto il saggio della Haraway ma se si pensasse che questo ripetuto concetto di decomposizione segni nella Haraway un definitivo addio e dalle speranze di immortalità alla Condorcet, o alla Goldwin, o, per arrivare alla stessa Haraway, alla Cyborg Manifesto (nulla è più immortale del cyborg, potendo esso cambiare all’infinito i suoi pezzi) saremmo in grave errore, trattandosi, piuttosto, di un nuovo tipo di immortalità che non è l’immortalità del corpo ma una impersonale immortalità ottenuta attraverso la dissoluzione nel corpo di madre natura (che è poi quello che fanno ancora in vita le cinque Camille, le quali incorporano nel loro corpo parti di questa natura non umana). Piuttosto questa immortalità harawayna ha molto a che fare con una sorta di ritorno al passato, con l’immortalità cristiana nel paradiso celeste, del quale paradiso nulla si sa, tranne che i salvati ritroveranno il loro corpo (e il decomporsi dell’Haraway questo non garantisce, anzi nega) ma anche dove per dottrina viene affermato che questi salvati godranno della gloria di Dio, il che è anche una bella immagine ma è anche la negazione del corpo, bisognoso in quanto tale di precise condizioni fisico-chimiche e non solo di ineffabili stati psichico-spirituali.  Ma per la scrittrice di originaria formazione cattolico-romana Donna Haraway (sempre essa sottolinea questo suo originario background e a questo proposito si può vedere il film-intervista  che nel 2016 le ha dedicato il regista Fabrizio Terranova,   Donna Haraway: Storytelling for Earthly Survival (visionabile, sottotitolato in francese, all’URL di YouTube  https://www.youtube.com/watch?v=NPKGJQRjWAQ, nostro caricamento del documento presso Internet Archive, generando gli URL  https://archive.org/details/donna-haraway-story-telling-for-earthly-survival e https://ia601505.us.archive.org/10/items/donna-haraway-story-telling-for-earthly-survival/Donna%20Haraway_%20Story%20Telling%20for%20Earthly%20Survival.mp4), nonostante le accezioni negative e decompositorie del termine ‘compost’  e, diciamo noi in una sorta di stralunata reminiscenza del paradiso cattolico-cristiano, questa è il nuovo tipo di immortalità (composita) cui deve tendere l’uomo. A questo punto verrebbe da dire, contenta lei etc., ma il problema non è tanto prendere una posizione pro o contro questa cacotopia harawayna ma il fatto che all’interno dell’espressione letteraria di questo stesso sogno alberga un evidente mostro-incubo che la Haraway fa espressamente di tutto per dissolvere ma che, proprio in questo tentativo non fa altro che rafforzare e rendercelo anche palesemente evidente. E il mostro ha  la sua piena epifania già a partire dal titolo del saggio Staying with the Trouble. Making Kin in the Chthulucene, il quale titolo richiama direttamente Cthulhu il mostro Grande Antico creato da H. P. Lovecraft nel suo breve racconto del 1928 The call of Cthulhu. Vediamo quindi il tentativo intrapreso nel saggio di rifiutare l’eredità e di Cthulhu e del suo padre creatore H. P. Lovecraft: «So I think a big new name, actually more than one name, is warranted–hence Anthropocene, Plantationocene5,  [ndr: nota n° 5 non rilevante e quindi non citata ] and Capitolocene  (Andreas Malm’s and Jason Moore’s term before it was mine).6 [ndr: nota n° 6 non rilevante e quindi non citata ] I also insist that we need a name for the dynamic ongoing symchthonic forces and powers of which people are a part, within which ongoingness is at stake. Maybe, but only maybe, and only with intense commitment and collaborative work and play with other terrans, flourishing for rich multispecies assemblages that include people will be possible. I am calling all this the Chthulucene–past, present, and to come.7 [ndr: nota n° 7 non rilevante e quindi non citata ] These real and possible timespaces are not named after sf writer H. P. Lovecraft’s misogynist racialnightmare monster Cthulhu (note spelling difference), but rather after the diverse earthwide tentacular powers and forces and collected things with names like Naga, Gaia, Tangaroa (burst from water-full Papa), Terra, Haniyasu-hime, Spider Woman, Pachamama, Oya, Gorgo, Raven, A’akuluujjusi, and many many more. “My” Chthulucene, even burdened with its problematic Greek-ish rootlets, entangles myriad temporalities and spatialities and myriad intra-active entities-in-assemblages–including the more-than-human, other-than-human, inhuman, and human-ashumus. Even rendered in an American English-language text like this one, Naga, Gaia, Tangaroa, Medusa, Spider Woman, and all their kin are some of the many thousand names proper to a vein of sf that Lovecraft could not have imagined or embraced–namely, the webs of speculative fabulation, speculative feminism, science fiction, and scientific fact.8 [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione  e ancora ndr: nota n° 8 non rilevante e quindi non citata]  It matters which stories tell stories, which concepts think concepts. Mathematically, visually, and narratively, it matters which figures figure figures, which systems systematize systems.»: Donna Jeanne Haraway, Staying with the Trouble. Making Kin in the Chthulucene (Chapter 4: Making Kin. Anthropocene, Capitalocene, Plantationocene, Chthulucene), Durham (N.C.), Duke University Press, 2016, pp. 101-102. «Less simple was deciding how to spell Chthulucene so that it led to diverse and bumptious chthonic dividuals and powers and not to Chthulhu, Cthulhu, or any other singleton monster or deity. A fastidious Greek speller might insist on the “h” between the last “l” and “u”; but both for English pronunciation and for avoiding the grasp of Lovecraft’s Cthulhu, I dropped that “h.” This is a metaplasm.»: Ivi, p. 169 (nota n° 2 all’introduzione). «Chthonic derives from ancient Greek khthonios, of the earth, and from khthōn, earth. Greek mythology depicts the chthonic as the underworld, beneath the earth; but the chthonic ones are much older (and younger) than those Greeks. Sumeria is a riverine civilizational scene of emergence of great chthonic tales, including possibly the great circular snake eating its own tail, the polysemous Ouroboros (figure of the continuity of life, an Egyptian figure as early as 1600 BCE; Sumerian sf worlding dates to 3500 bce or before). The chthonic will accrue many resonances throughout my chapter. See Jacobsen, The Treasures of Darkness. In lectures, conversations, and e-mails, the scholar of ancient Middle Eastern worlds at uc Santa Cruz, Gildas Hamel, gave me “the abyssal and elemental forces before they were astralized by chief gods and their tame committees” (personal communication,  June 12, 2014). Cthulhu (note spelling), luxuriating in the science fiction of H. P. Lovecraft, plays no role for me, although it/he did play a role for Gustavo Hormiga, the scientist who named my spider demon familiar. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] For the monstrous male elder god (Cthulhu), see Lovecraft, The Call of Cthulhu. I take the liberty of rescuing my spider from Lovecraft for other stories, and mark the liberation with the more common spelling of chthonic ones. Lovecraft’s dreadful underworld chthonic serpents were terrible only in the patriarchal mode. The Chthulucene has other terrors–more dangerous and generative in worlds where such gender does not reign. Undulating with slippery eros and gravid chaos, tangled snakes and ongoing tentacular forces coil through the twenty-first centuryCE. Consider: Old English oearth, German Erde, Greek Gaia, Roman terra, Dutch aarde; Old English w(e)oruld (“affairs of life,” “a long period of time,” “the known life,” or “life on earth” as opposed to the “afterlife”), from a Germanic compound meaning “age of the human race” (wer); Old Norse heimr, literally “abode.” Then consider Turkish dunya and go to dunyā (the temporal world), an Arabic word that was passed to many other languages, such as Persian, Dari, Pashto, Bengali, Punjabi, Urdu, Hindi, Kurdish, Nepali, Turkish, Arumanian, and North Caucasian languages. Dunyā is also a loanword in Malay and Indonesian, as well as in Greek δουνιας–so many words, so many roots, so many pathways, so many mycorrhizal symbioses, even if we restrict ourselves only to Indo-European tangles. There are so many kin who might better have named this time of the Anthropocene that is at stake now. The anthropos is too much of a parochial fellow; he is both too big and too small for most of the needed stories.»: Ivi, p. 173 (nota n° 4 al Capitolo 2: Tentacular Thinking). Allora: il misogino e razzista H. P. Lovecraft non avrebbe mai approvato né immaginato che il mostro  Cthulhu, altrettanto razzista e misogino,  diversi decenni dopo sarebbe stato impiegato per illustrare la mia bella utopia di rinnovato accordo con la natura (il sublime del ridicolo: che non avrebbe approvato si può forse ipotizzare; affermare che non avrebbe immaginato un uso politicamente corretto di Cthulhu non va tanto a discredito delle capacità inventive del maestro del terrore ma delle capacità razionali dell’Haraway, la quale evidentemente pensa che chi non è misogino né razzista come lei evidentemente le possegga e, sia detto per inciso, H. P. Lovecraft non avrebbe certo immaginato che nel 2015 si sarebbe deciso che al vincitore del World Fantasy Award non avrebbe più ricevuto il solito trofeo che veniva consegnato dal 1975,  anno di nascita del premio,  e che era uno stilizzato  busto-caricatura di Lovecraft disegnato da Gahan Wilson ma un altro molto più “politically correct” riconoscimento, che dal 2016 risulta essere un animo bronzetto che raffigura rami intrecciati e contorti. Per chi voglia ricostruire questa vicenda segno del degrado dell’odierna cultura piegata ai peggiori automatismi buonisti – e paraculi ed intrinsecamente totalitari: una proposta, bandiamo i busti di Aristotele dai manuali di filosofia perché Aristotele non era contrario alla schiavitù – si rinvia ai seguenti URL e ai relativi congelamenti documentari tramite la Wayback Machine:  https://en.wikipedia.org/wiki/World_Fantasy_Award, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200606144010/https://en.wikipedia.org/wiki/World_Fantasy_Award; https://www.jimchines.com/2014/10/lovecraft-apologists-and-the-world-fantasy-award/; Wayback  Machine: http://web.archive.org/web/20200606144235/https://www.jimchines.com/2014/10/lovecraft-apologists-and-the-world-fantasy-award/; https://www.theverge.com/2017/4/15/15308118/world-fantasy-award-h-p-lovecraft-toxic-legacy, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200606144731/https://www.theverge.com/2017/4/15/15308118/world-fantasy-award-h-p-lovecraft-toxic-legacy; https://www.bustle.com/articles/124183-world-fantasy-convention-ditches-hp-lovecraft-award-amid-controversy-sparks-debate; Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200606145148/https:/www.bustle.com/articles/124183-world-fantasy-convention-ditches-hp-lovecraft-award-amid-controversy-sparks-debate; https://www.tor.com/2014/08/20/should-the-world-fantasy-award-be-changed/, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200606145526/https://www.tor.com/2014/08/20/should-the-world-fantasy-award-be-changed/; https://www.syfy.com/syfywire/after-40-years-hp-lovecraft-statue-nixed-world-fantasy-awards, Waybck Machine: http://web.archive.org/web/20200606150102/https://www.syfy.com/syfywire/after-40-years-hp-lovecraft-statue-nixed-world-fantasy-awards; https://www.theatlantic.com/entertainment/archive/2015/11/hp-lovecraft-world-fantasy-awards/415485/, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200612055620/https://www.theatlantic.com/entertainment/archive/2015/11/hp-lovecraft-world-fantasy-awards/415485/); comunque, anche se il nome e la fama sinistra di  Cthulhu sono stati certo importanti all’entomologo Gustavo Hormiga nell’assegnare il nome di ‘Cthulhu Pimoa’ al ragno ha egli per primo classificato e scoperto non lo sono certo per me, che, come si vede dal titolo del saggio, la parola   ‘chthulucene’ da me creata e che definisce l’epoca in cui stiamo vivendo, contiene, a differenza di Cthulhu, una ‘h’ prima della ‘c’, e ciò a significare non solo la mia abissale alterità rispetto a Lovecraft e al suo mostro ma anche la mia perizia come etimologista, linguista, e storica delle religioni e delle leggende, in quanto io ho forgiato il mio chthulucene attraverso il lemma khthonios, cioè della terra, con tutti gli annessi e connessi richiami  linguistici e mitici (chissà poi perché poi non si può concedere anche al povero Gustavo Hormiga lo stesso percorso logico-linguistico rendendolo così schiavo del Call of Cthulhu di Lovecraft. Ad ogni buon conto, oltre a fornire qui di seguito l’indicazione bibliografica del saggio di Hormiga che ha battezzato il ragno con un nome così inquietante, Gustavo  Hormiga, A Revision and Cladistic Analysis of the Spider Family Pimoidae (Aranae: Araneae),  “Smithsonian Contributions to Zoology”, N° 549 , 1994, pp.  1-104,  https://doi.org/10.5479/si.00810282.549, forniamo anche due URL e due congelamenti Wayback Machine attraverso i quali scaricare il documento e venire a capo dell’ “inquietante” accusa harawayna: https://pdfs.semanticscholar.org/56b6/df866a1845d9f741dc4246b6d515a5bf077b.pdf, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200605205240/https://pdfs.semanticscholar.org/56b6/df866a1845d9f741dc4246b6d515a5bf077b.pdf; https://repository.si.edu/bitstream/handle/10088/5401/SCtZ-0549-Lo_res.pdf?sequence=2&isAllowed=y, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200605205522/https://repository.si.edu/bitstream/handle/10088/5401/SCtZ-0549-Lo_res.pdf?sequence=2&isAllowed=y, ma per sollevare il lettore da questa fatica, citiamo anche da p. 39 del saggio di Hormiga il  passaggio che, evidentemente, ha incriminato agli occhi della Haraway Hormiga: «Pimoa cthulhu, new species FIGURES 85-117 TYPES.–Male holotype and female paratype from Mendocino Woodlands (S end), in hollow redwood stumps, Mendocino Co., California; 16-17 Sep 1990, D. Ubick col. Male and female paratypes from Mendocino Woodlands Camp, Mendocino Co.; 24 Feb 1979 (cf )and 2 Feb 1973 (9), S.C. Williams col. Holotype deposited in CAS. paratypes deposited in CAS and DU. ETYMOLOGY.–Named after H.P. Lovcrcraft’s mythological deity Cthulhu, akin to the powers of Chaos.»).  Queste ed altre successive dichiarazioni su come Chtulhu e Lovecraft non abbiano avuto alcuna influenza e nell’ideare il titolo del saggio (cfr. supra, il film di Terranova sulla Haraway, dove essa dichiara, nemmeno nominando Lovecraft che chthulucene è una sorta di scherzo lessicale, un neologismo inventato perché le parole ‘Anthropocene’, ‘Plantationocene’, ‘Capitalocene’ risultavano troppo “grandi” ed omnicomprensive;  vedi  anche la conferenza Anthropocene, Plantationocene, Capitalocene Chthulucene. Making String Figure with Biologies, Arts, Activism, tenuta il 25 aprile 2017 da Donna Haraway al San Francisco Art Institute per promuovere  Staying with the Trouble. Making Kin in the Chthulucene. Verso il cinquantesimo minuto della conferenza, sullo schermo di sala compare un’immagine di Cthulhu ma la Haraway non lo  nomina affermando che trattasi di una immagine tratta dalla serie televisiva del Doctor Who dalla quale essa è stata molto influenzata – e nella quale sono stati utilizzati esplicitamente  l’universo  e le suggestioni di Lovecraft e, nella specifico, Cthulhu: quando si dice: «Xe pèso el tacòn del buso» –. Finita la conferenza e dato il classico spazio per le domande, a domanda insidiosa di un partecipante alla conferenza se Cthulhu abbia in qualche modo influenzato la creazione del suo neologismo  ‘chthulucene’, Donna Haraway se ne esce, è trascorso circa 1 ora e 13 minuti dall’inizio della conferenza, con le seguenti sorprendenti parole: «I haven’t read Lovecraft’s Cthulhu stories, I’m sure that somewhere turning in my unconscious…. when chthulucene presented to me, but it didn’t became conscious  to me until friends said to me that Lovecraft [etc]». Siamo, come si dice, senza parole e, oltre a sottolineare che nel film-intervista di Terranova Donna Haraway si compiace della sua biblioteca privata  ricolma di romanzi di fantascienza e quindi, noi pensiamo, dovrebbe possedere una consapevole cultura in materia che non consente inconsce influenze lovecraftiane. Un’ipotesi per un’assoluzione con attenuanti: senza voler ricorrere ad un duro sarcasmo che ci farebbe dire che questa pur interessante ed anche simpatica scrittrice è una plagiara “a sua insaputa”, si può anche accettare l’idea di un influenza inconscia su di lei di Lovecraft, ma allora la cosa meriterebbe da parte sua un maggior e ben più rigoroso approfondimento in merito alle radici cthulhuiane e tanatofile del suo Staying with the Trouble. Comunque nonostante la simpatia che proviamo verso di lei, al momento la spiegazione ‘scherzo’ del termine ‘chthulucene e quella di tipo freudiano, trovano la risoluzione di questa contraddizione nel fatto che nel film a lei dedicato Haraway giocava in casa e si poteva permettere di fare la “šburóña”, mentre rispondendo alle domande post conferenza, pur trovandosi di fronte ad un pubblico di ammiratori, non poteva andare al di là di un certo limite di decenza trovandosi così costretta ad imbastire una sorta di spiegazione à la Freud, forse non del tutto falsa in linea di principio ma che necessiterebbe ben altra e più sincera e diretta articolazione. Per  diletto del lettore, oltre ad indicare qui di seguito l’URL di YouTube della conferenza dove tutti possono avere contezza di  cotanta disinvoltura e quelli del  nostro caricamento della stessa su Internet Archive: https://www.youtube.com/watch?time_continue=1298&v=GrYA7sMQaBQ&feature=emb_logo, https://archive.org/details/donna-haraway-staying-with-the-trouble-making-kin-in-the-chthulucene e https://ia601501.us.archive.org/7/items/donna-haraway-staying-with-the-trouble-making-kin-in-the-chthulucene/Donna%20Haraway%20-%20Staying%20with%20the%20Trouble_%20Making%20Kin%20in%20the%20Chthulucene.mp4, diamo anche  due altri URL relativi ad articoli che, fra i tanti, esprimono forse meno  costernazione ma simili pareri negativi su  queste dichiarazioni della Haraway: https://www.viewpointmag.com/2017/05/08/cthulhu-plays-no-role-for-me/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200112105102/https://www.viewpointmag.com/2017/05/08/cthulhu-plays-no-role-for-me/http://www.scienzaefilosofia.com/2019/06/29/cyborg-arrugginiti-e-animali-potenti-donna-haraway-alla-ricerca-di-un-mito-per-lantropocene/, Wayback Machine:

http://web.archive.org/web/20200112105433/http://www.scienzaefilosofia.com/2019/06/29/cyborg-arrugginiti-e-animali-potenti-donna-haraway-alla-ricerca-di-un-mito-per-lantropocene/) e tantomeno nella costruzione dell’ideologia organico-decompositiva-antinatalistica dello stesso (che dalla Haraway viene rivendicata però, come già detto, assegnandole una sorta di valenza positiva e di conferimento di una sorta di immortalità attraverso il dissolvimento nella natura e non certo di maligna avversità verso il genere umano, come invece il mostro Cthulhu sempre  mostra), hanno sempre ricevuto scarsissimo credito e presso i comuni lettori e presso la critica professionale. Per brevità, non le abbiamo elencate esaustivamente e commentate nel dettaglio, ma ce n’è una che merita essere ripresa integralmente: quella di Cthulhu stesso. In data 18 novembre 2016 il blog “Savage Minds. Notes and Queries in Antropology”  pubblica, preceduta da questa riverente ed intimorita introduzione: «Savage Minds welcomes guest blogger Cthulhu, Great Old One and Special Collections Librarian at Brown University.», la seguente recensione del Grande Antico sul saggio della Haraway: «When the puny mortals at Savage Minds invited me to review the latest work by Donna Haraway I was perplexed. After I had devoured the sanity of their pathetic messenger, I turned the book over in my tentacles. “Chthulucene,” eh? Was this meant to be a literary subversion of the Anthropocene, supplanting the implied anthropocentrism of that category with something alien and indifferent? And if so, was this really a wise move, politically speaking, when the purpose of the term was to draw attention to human actions that frequently remained hidden to those without the all seeing eyes of Yog-Sothoth? Needless to say, I was intrigued. Full disclosure: Haraway and I are somewhat estranged. She never forgave me for guiding my cultists to infect Sumatran rat-monkies with a zombie virus (for more on this consult the 1992 documentary Dead Alive). Sure my methods are “controversial” but she and I have the same goal in mind: confronting our shared ecological crisis by addressing the problem of accelerating human population growth. Whereas she seeks to carve out the possibility that feminism can navigate the racist and eugenicist histories of limiting human reproduction, I advocate for a strategy of direction action, i.e. human sacrifice. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] Our professional disagreements not withstanding I gave her latest monograph a fair reading. At just 168 pages exclusive of endnotes Staying with the Trouble is Haraway at her most accessible. Readers familiar with her work with recognize her characteristic style and language, polysemous metaphors co-mingle with evocative refrains, deep etymological readings, and even the occasional sentence with internal rhyme schemes. Some will argue that word games will only take you so far and, to be frank, I am sympathetic to this critique. Unlike her most rigorous works, Staying with the Trouble can get vague and repetitive. I mean, its not The Necronomicon. While “Tentacular Thinking” probably won’t replace “Cyborg Manifesto” in your theory sylabus it must be recognized that this was never the author’s intent. This is a work to provoke and inspire. It is a call to arms (or pseudopods as the case may be)! Thus to judge it in the terms it sets out for itself, the book is a success. Let us delve into some of the details, begining with why I was summoned here. What is this Chthulucene? Monsters are a warning. Like the word “demonstrate” with which it shares an identical root, we are here to show. Haraway mistakenly believes she has inoculated herself against my minions by adding a superfluous “h” to Cthulhu in order to make her Chthulucene but yet I linger! Haraway herself denies this. Sadly and on multiple ocassions, in the text and in the notes, she lashes out against me – personally – calling me racist and misogynistic. This is not true. I am indifferent to everyone’s suffering equally. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] Just as I sleep under the ocean, dead but dreaming in the city of R’leyh, the Chthulucene represents what comes from under. Invertibrates of all kinds abound, spiders and octopus especially, but it is bacteria that best embody this. (In an egregious oversight, Haraway fails to cite the Elder Things who created the slave race of shoggoths accidentally spawning bacteria and, hence, all life on Earth.) In other passages Haraway uses the Chthulucene to invoke indigeneity and the continuing struggles of native peoples for autonomy. At yet other times it takes on a quasi-spiritual and mythological mantle as she evokes Gaia and Medusa. A God Trick in reverse, perhaps? In short the Chthulucene is like an ecological unconscious, underneath it all but without necessarily being foundational in a teleological sense, constantly running in the background whether you care to notice it or not, a Lacanian “Real” that resists being made intelligible. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] Another important trope in Staying with the Trouble are String Figures. These join Haraway’s growing list of SF phrases going back to her earliest publications: science fiction, science fact, speculative feminism, etc. Moreover the Cat’s Cradle, a classic string game, fits perfectly into her career interest in webs and weaving. In this case what makes the String Figure so effective as a metaphor to think with is the way in which they can embody exchange, collective creation, and storytelling, crisscrossing like the moist tentacles dripping from my gaping maw. By now you’re all familiar with the Multispecies turn (can we call it a “turn” yet?) the proactive rethinking of scientific and humanities inquiry beyond the human. Frankly this poststructural evolutionary ecology is still incomplete as it has failed to account for Azathoth, his sons, and the elder races of aliens. But Haraway, citing Latour, remains resolute in her instance that you mortals stay “earthbound.” Haraway is, of course, at the vanguard of this Multispecies moment but here she outlines her objection to the so-called “posthuman,” calling instead for the “compost.” Like the ticklish extended title of Modest Witness it is a smart joke, punning on posts. Compost is meant to convey the importance of death to life and how life rises out of death. As an expert on death I must concur. You all need to die. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] Compost and the possibility of life coming from death is a key to what the author refers to as “ongoingness” (a productive alternative to philosophical discourses of “becoming”). For Haraway the key to unlocking an ongoingness that is more than mere survival is something she calls sympoiesis, or making with. Sympoiesis invites us to think beyond individualism to relationships, relations with relatives, human and not. String Figures can be a sympoesis because they are something you make with another. Kinship is sympoesis. Haraway: «We need to make kin symchthonically, sympoetically. Who and whatever we are, we need to make-with  – become-with, compose-with – the earth-bound.» (p.102) Haraway makes her case with theory and scholarship in the first 100 pages, following this up with three chapters of case studies. By way of conclusion the book finishes with a chapter not inaccurately described as fanfic. Throughout she relies heavily on the work of Anna Tsing, especially her recent Mushroom at the End of the World, with backing roles played by Latour, Le Guin, Strathern, Viveiros de Castro, Stengers, and Despret. As the god of an evil cult, one thing that I strongly identified with was Haraway’s reconception of theory and writing as something like magic. How else would you describe a worldview where the practice of thinking can have such transformative effective? Bizarre supernatural forces bend with realism. A world once inhabited by another race who was cast out and yearns to return. Unseen presences. Unspeakable names. There must be a reason she keeps repeating the same things over and over again! It is more than a refrain, it is a chant! These are merely a few of the reasons I am skeptical that she did not mean to summon me by speaking my name, extra-H or no.» Seppur solo attraverso un gioco letterario (al di fuori del gioco letterarario, citazione bibliografica e quindi autore reale del documento: Matt Thompson, Staying with the Trouble: Making Kin in the Chthulucene (review), “Savage Minds. Notes and Queries in Antropology”, 18 November 2016. Articolo pubblicato all’URL della rivista di filosofia online di cui sopra  https://savageminds.org/2016/11/18/staying-with-the-trouble-making-kin-in-the-chthulucene-review/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200112104253/https://savageminds.org/2016/11/18/staying-with-the-trouble-making-kin-in-the-chthulucene-review/), Cthulhu si è manifestato per inchiodare la Haraway alla sua responsabilità di irriconoscenza verso Lovecraft e verso lui stesso  ma la sua ironica messa in stato di accusa della scrittrice colpisce l’altro più fondamentale obiettivo che sta dietro la Haraway e che essa inconsapevolmente rappresenta: Cthulhu  giustamente rivendica l’inestricabile legame dialettico fra vita e morte, in altre parole che l’aspetto decompositorio e mortale-mortifero della natura non è altro che l’altra faccia della medaglia della dialettica vitale e generativa della stessa. Voler pretendere, come hanno fatto tre secoli prima Goldwin, Condorcet (e con loro tutto l’Illuminismo, il liberalismo e la civiltà, la nostra, che da essi  è derivata, e per ultima la Haraway) che la morte non esiste, è un assoluto non senso. Che poi Cthulhu sia personalmente dalla parte della morte, questo è poco importante, l’importante, e questo il mostro non ce lo dice espressamente ma inesorabilmente a questo il suo ragionamento  conduce, è che la trascendenza senza trascendenza della nostra civiltà ha fatto bancarotta, e il punto più alto di questa bancarotta è voler dare,  come ha fatto la Haraway in questo veramente simbolo del fallimento della rimozione della morte come ha fatto la nostra civiltà,  attraverso una sorta di gioco semantico-lessicale  una accezione positiva, o per meglio dire vitale,  alla morte  (stratagemma di rimozione della Haraway che raggiunge il massimo grado nel titolo e nel contenuto del capitolo VVIII, The Childen of Compost, dove non solo l’atto generativo è legato alla degenerazione del compost e questo se fosse inserito in una dialettizzazione della Weltanschauung cthulhuiana sarebbe totalmente accettabile perché volgendo positivamente la negatività del mostro otterremmo una vita strategicamente ed espressivamente significativa perché volta ad una consapevole riproduzione e quindi di vittoria sulla morte ma così non è perché  questi children of compost generazione dopo generazione sono sempre meno). Insomma la colpa della nostra civiltà, ci dice Cthulhu, è quella di avere rimosso la morte dal nostro orizzonte di senso. Ma questa rimozione non solo ci rende ovviamente più paurosi, come si è visto nella tremebonda psicologia  di massa e delle classi dirigenti durante la crisi del coronavirus, ma sin dalla sua nascita sotto le ali protettive dell’Illuminismo e del liberalismo ha avuto come inevitabile conseguenza la creazione di un tipo umano dalla Gestalt psicologica e sociale antistrategica (diritti dell’uomo universalistici, retorica sulla democrazia piuttosto che specifici gruppi umani che  strategicamente elaborano  una concreta filosofia-azione della prassi, Machiavelli e Gramsci docent),  il cui obiettivo esistenziale è sociale è quello dell’ ulteriore dissolvente mentre il tipo umano e sociale, che pur ha fatto la sua comparsa nella storia dell’umanità, cioè quello dell’ ulteriore definente, cioè il tipo umano e sociale che pensa sé stesso come strategico e non come astratto  contenitore di  astorici e metafisici diritti e rivendicazioni,  è andato sempre più degradando. E passaggio dopo passaggio, discesa dopo discesa, siamo arrivati al Chtulhu morbus, dove Chtulhu non e più come nei racconti di Lovecraft, una sorta di terribile divinità esterna che minaccia di travolgere con la sua quasi onnipotenza le fragili costruzioni umane ma la vera e palese manifestazione della forma che nei prossimi anni rischia di prendere espressamente la nostra civiltà. Insomma, quello che all’inizio della nostra civiltà si era malamente esorcizzato nascondendolo con ridicole promesse, cioè la morte,  oggi è rispuntato alla luce del sole (o dalle oscurità delle tenebre, se si preferisce, ma tenebre  da noi create perché la moderna società occidentale nata dall’Illuminismo e dal liberalismo ha preteso di  rescindere il legame dialettico fra la vita e la morte) ed è destinato ad accompagnarci per molti anni a venire. Un ultimo appunto. L’originale Cthulhu letterario nasce del tutto privo dell’ironia che ha mostrato nelle sua ultima evoluzione letterario-recensoria ma, comunque, dotato di una tanatologica terribilità che, rapportandolo ai nostri tempi,  ci permesso di ribattezzarlo Chtulhu morbus, il simbolo della bancarotta della nostra civiltà per la paura incontrollata che ha della morte. Ecco come nel racconto di H. P. Lovecraft, The Call of Chtulhu che ne ha visto la nascita, la vittima quasi condannata riesce momentaneamente a sfuggire dalle grinfie del mostro: «Three men were swept up by the flabby claws before anybody turned. God rest them, if there be any rest in the universe. They were Donovan, Guerrera, and Ångstrom. Parker slipped as the other three were plunging frenziedly over endless vistas of green-crusted rock to the boat, and Johansen swears he was swallowed up by an angle of masonry which shouldn’t have been there; an angle which was acute, but behaved as if it were obtuse. So only Briden and Johansen reached the boat, and pulled desperately for the Alert as the mountainous monstrosity flopped down the slimy stones and hesitated    
floundering at the edge of the water. Steam had not been suffered to go down entirely, despite the departure of all hands for the shore; and it was the work of only a few moments of feverish rushing up and down between wheel and engines to get the Alert under way. Slowly, amidst the distorted horrors of that indescribable scene, she began to churn the lethal waters; whilst on the masonry of that charnel shore that was not of earth the titan Thing from the stars slavered and gibbered like Polypheme cursing the fleeing ship of Odysseus. Then, bolder than the storied Cyclops, great Cthulhu slid greasily into the water and began to pursue with vast wave-raising strokes of cosmic potency. Briden looked back and went mad, laughing shrilly as he kept on laughing at intervals till death found him one night in the cabin whilst Johansen was wandering deliriously. But Johansen had not given out yet. Knowing that the Thing could surely overtake the Alert until steam was fully up, he resolved on a desperate chance; and, setting the engine for full speed, ran lightning-like on deck and reversed the wheel. There was a mighty eddying and foaming in the noisome brine, and as the steam mounted higher and higher the brave Norwegian drove his vessel head on against the pursuing jelly which rose above the unclean froth like the stern of a daemon galleon. The awful squid-head with writhing feelers came nearly up to the bowsprit of the sturdy yacht, but Johansen drove on relentlessly. There was a bursting as of an exploding bladder, a slushy nastiness as of a cloven sunfish, a stench as of a thousand opened graves, and a sound that the chronicler would not put on paper. For an instant the ship was befouled by an acrid and blinding green cloud, and then there was only a venomous seething astern; where
God in heaven! the scattered plasticity of that nameless sky-spawn was nebulously recombining in its hateful original form, whilst its distance widened every second as the Alert gained impetus from its mounting steam. That was all. After that Johansen only brooded over the idol in the cabin and attended to a few matters of food for himself and the laughing maniac by his side.»: Howard Phillips Lovecraft,  The Call of Cthulhu,  “Weird Tales”, Vol. 11(2), February 1928, p. 178 (prima edizione de The Call of Cthulhu scaricabile presso Internet Archive agli URL  https://archive.org/details/WeirdTalesV11N02192802/mode/2up                                                e                                                  https://ia903005.us.archive.org/24/items/WeirdTalesV11N02192802/Weird%20Tales%20v11%20n02%20%281928-02%29.pdf. Sempre su Internet Archive, per l’opera omnia di Lovecraft: https://archive.org/details/TheCompleteWorksOfH.P.Lovecraft/mode/2up                                           e                                                       https://ia802701.us.archive.org/17/items/TheCompleteWorksOfH.P.Lovecraft/The_Complete_Works_of_H.P._Lovecraft.pdf. Altra piattaforma presso la quale si possono scaricare tutte le opere di H. P. Lovecraft, The H. P. Lovecraft Archive, URL  http://www.hplovecraft.com/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200529091124/http://www.hplovecraft.com/; elenco dei testi sulla piattaforma di Lovecraft all’URL http://www.hplovecraft.com/writings/texts/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200529090522/http://www.hplovecraft.com/writings/texts/; e, infine l’URL della piattaforma relativo alla pagina del racconto in questione, http://www.hplovecraft.com/writings/texts/fiction/cc.aspx, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200527172444/http://www.hplovecraft.com/writings/texts/fiction/cc.aspx). E per quanto riguarda la sua mancanza d’ironia (sia del racconto in sé che del mostro, che non proferisce parola limitandosi a spaventare fino alla follia le sue vittime, ma in questo gioco simbolico-euristico l’uno vale l’altro): «Cthulhu still lives, too, I suppose, again in that chasm of stone which has shielded him since the sun was young. His accursed city is sunken once more, for the Vigilant sailed over the spot after the April storm; but his ministers on earth still bellow and prance and slay around idol-capped monoliths in lonely places. He must have been trapped by the sinking whilst within his black abyss, or else the world would by now be screaming with fright and frenzy. Who knows the end? What has risen may sink, and what has sunk may rise. Loathsomeness waits and dreams in the deep, and decay spreads over the tottering cities of men. A time will come – but I must not and cannot think! Let me pray that, if I do not survive this manuscript, my executors may put caution before audacity and see that it meets no other eye.»: Ivi, p. 287. Certo: «Chi può sapere come andrà a finire? Ciò che è risorto può cadere, ciò che è caduto può risorgere. L’orrore aspetta e sogna nel profondo, e la decomposizione e il marciume si spargono sulla Terra nelle fragili città degli uomini.» ma ai giorni nostri un divino Cthulhu che viene spappolato  dalla collisione contro un molto terreno vascello, per poi ricomparire come minaccia incombente, è francamente una figura ridicola che più che un demonio ci richiama la figura di Wylly il Coyote (e infatti l’originario Cthulhu lovecraftiano, vecchio di più di ottant’anni, ha subito una inarrestabile senescenza della sua terribilità e oggi, più che ispirare brividi di reale terrore  e sprofondamenti nella più cupa e delirante follia seppur letterariamente indotti,  è degradato a poco credibile nume tutelare della varie culture dark, a protagonista per filmacci di serie Z, a protagonista di giochi elettronici e, per non farsi mancare niente, a pupazzetto di peluche di umanoide con il viso, ovviamente, tentacolato similcalamaro. Un bel campionario di questi peluche, molti dei quali venduti tramite l’oggi ben più terribile,  spaventosa e tentacolare rispetto al Cthulhu originario Amazon all’URL https://www.google.com/search?q=cthulhu+peluche&tbm=isch&ved=2ahUKEwiHt6zh5_vpAhXS44UKHR2oD74Q2-cCegQIABAA&oq=cthulhu+peluche&gs_lcp=CgNpbWcQAzICCAAyBAgAEB4yBggAEAgQHjIGCAAQCBAeOgQIABBDOgYIABAFEB5QnTBY_D5guUBoAHAAeACAAdABiAHxBZIBBTUuMS4xmAEAoAEBqgELZ3dzLXdpei1pbWc&sclient=img&ei=WzbjXsedFNLHlwSd0L7wCw&bih=885&biw=1680, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200612080327/https://www.google.com/search?q=cthulhu+peluche&tbm=isch&ved=2ahUKEwiHt6zh5_vpAhXS44UKHR2oD74Q2-cCegQIABAA&oq=cthulhu+peluche&gs_lcp=CgNpbWcQAzICCAAyBAgAEB4yBggAEAgQHjIGCAAQCBAeOgQIABBDOgYIABAFEB5QnTBY_D5guUBoAHAAeACAAdABiAHxBZIBBTUuMS4xmAEAoAEBqgELZ3dzLXdpei1pbWc&sclient=img&ei=WzbjXsedFNLHlwSd0L7wCw&bih=885&biw=1680). Ma tutt’altro che ridicolo l’incipit del racconto e, al di là delle accuse di sessismo e razzismo,   nel suo acutissimo pessimismo su una ragione che decide di farsi guidare solo dalle varie scienze senza avere una visione dialettica d’insieme, riecheggiante la distinzione di Hegel fra Intelletto e Ragione e   vera ragione profonda per l’epurazione di cui si è detto di H. P. Lovecraft, presentandosi  come un terribile segnale d’incendio dell’irreversibile attuale fallimento della trascendenza senza trascendenza, ma al cospetto del quale si gira il capo per la rimozione che la morte ha subito nella nostra civiltà: «Ritengo che la cosa più misericordiosa al mondo sia l’incapacità della mente umana a mettere in correlazione tutti i suoi contenuti. Viviamo su una placida isola di ignoranza nel mezzo del nero mare dell’infinito, e non era destino che navigassimo lontano. Le scienze, ciascuna tesa nella propria direzione, ci hanno finora nuociuto ben poco; ma, un giorno, la connessione di conoscenze disgiunte aprirà visioni talmente terrificanti della realtà, e della nostra spaventosa posizione in essa che, o diventeremo pazzi per la rivelazione, o fuggiremo dalla luce mortale nella pace e nella sicurezza di un nuovo Medioevo.» (nostra traduzione da Ivi, p. 159 dell’edizione in inglese da noi già citata), e oggi che l’ ironica dissimulazione del Grande Antico nelle originarie forme lovecraftiane non è più possibile, forme letterarie ed espressive del maestro del racconto del terrore di una civiltà occidentale che  non era ancora giunta al punto odierno di bancarotta della trascendenza senza trascendenza ma nelle quali già si potevano cogliere gli attuali terrorizzanti ed alienanti esiti, assistiamo alla sua mutazione ed epifania   (molto più micidiale di quella del coronavirus) in Haraway e in tutte le similari speranze transumaniste, veri e propri segnali d’incendio dell’attuale scoppio della trascendenza senza trascendenza, ma il punto è che la sua vera forza ironica è che esso, pur compiendo anche questa finale  epifania della morte della trascendenza senza trascendenza,  non viene assolutamente riconosciuto e che quindi più l’ ulteriore dissolvente che consegue il suo stupefacente non riconoscimento si mostra più palese più questa rimozione diviene più rimossa. Cthulhu morbus ha, insomma, mantenuta intatta la vecchia capacità di Cthulhu di far impazzire l’umanità, come ben si è visto nell’attuale crisi sanitaria del Coronavirus, in cui le azioni degli uomini e delle istituzioni che le rappresentano piuttosto che essere ispirate ad un corretto principio di costi benefici sono solamente state guidate dal principio del terrore della morte, sono state cioè guidate dal terrore di accorgersi che le inconsce speranze dell’immortalità che stanno alla base della nostra civiltà illuminista e liberale si rivelassero alla fine totalmente illusorie. Per ora l’Epifania Strategica dell’ ulteriore definente, bisogna dirlo in tutta sincerità, se può permettersi di prendersi beffe di un mostro schiacciato modello Gatto Silvestro sotto un rullo compressore che poi riprende la sua forma originale per tornare a minacciare il povero canarino Titti, non può certo trattare con sufficienza il vero Cthulhu morbus. Ma a suo modo, nel suo mortifero modo, anche Chtulhu, o meglio Cthulhu morbus, è un ulteriore definente che piuttosto che stare celato negli insondabili  e terribili spazi e luoghi dei racconti di Lovecraft  sembra molto voglioso di risalire definitivamente in superficie  e assai poco propenso di avere una dinamica da cartoon comico. Insomma, come si è con sarcastica metafora visto anche nel Web, la sua ironia da ironia del nascondimento e del suo manifestarsi in forme letterarie a noi oggi certamente del tutto desuete, è divenuta un’ironia del manifestarsi e al tempo stesso del non essere riconosciuto nella sua terribile forza di impazzimento dell’uomo e dei sui attuali punti di riferimento. E, come ancora diceva quel filosofo a noi molto vicino, la nottola di Minerva prende il volo sul far del crepuscolo…

Massimo Morigi – Fiume, Solstizio d’Estate 2020

 

 

 

 

 

 

 

VIVA LA MORIA, di Teodoro Klitsche de la Grange

VIVA LA MORIA

Scrive Manzoni che nella Milano appestata i monatti – addetti al trasporto dei malati al lazzaretto e dei cadaveri al cimitero – brindavano allegramente ripetendo “Viva la moria!”, dato che l’epidemia garantiva agli stessi un lavoro continuo e remunerativo, e la connessa possibilità di rubare e di estorcere denaro a malati e parenti. Una delle vittime fu proprio Don Rodrigo derubato dai monatti d’accordo con il Griso. Mentre Renzo, preso dalla folla per untore (ossia diffusore volontario della pestilenza) era protetto dai monatti quale procacciatore d’affari dei medesimi.

Il contegno dei monatti è da non dimenticare perché per ogni situazione, anche quella più luttuosa, c’è sempre qualcuno che ci guadagna, e non solo l’erario, come mi è capitato di scrivere poco tempo fa, citando Puviani e Pareto. Qualche tempo dopo il terremoto d’Abruzzo, destò scandalo la registrazione della telefonata di un imprenditore edile che esultava nell’apprendere l’entità dei danni provocati dal sisma, che si sarebbero tradotti – per lui – in appalti e commesse per la ricostruzione.

Indubbiamente alcuni settori hanno già beneficiato della pandemia: farmacisti, industrie farmaceutiche, imprese di pulizia, industrie tessili convertitesi alle mascherine e così via. Ma dato il rapporto chiaro e diretto tra evento e beneficio relativo non v’è ragione di alzare la guardia. Che invece occorre in altri, meno diretti, rapporti tra virus, poteri pubblici e beneficiari della spesa (tax-consommers).

Sarà, ma quel gran parlare della novità, del mondo nuovo, di ricostruire dopo la pandemia sembra, o può diventare l’ouverture di una (prossima) grande abbuffata.

Ricorda il prof. Conte che il nostro è il Paese della bellezza (ovvio) e per farlo crescere – anzi ripartire – occorre la “modernizzazione”, la “transizione ecologica” e l’ “inclusione sociale, territoriale e di genere” (quest’ultima non poteva mancare).

Tutte ovvietà, ed alcuni idola esclusivi della sinistra. Per sostenere questi “tre pilastri” del rilancio, qualche euro è già disponibile ma altre spese “dobbiamo deciderle e per la redistribuzione delle somme, se non abbiamo progetti concreti, misure di impatto, non andiamo da nessuna parte” (fonte: qui finanza).

Il prof. Conte si regge con una maggioranza il cui socio principale, non in parlamento, ma nell’elettorato è il PD che nella quasi trentennale stasi italiana da cui ri-partire, ri-distribuire, ri-progettare (e via ri-partendo e ri-parlando) ha grandi responsabilità, onde come partner della ri-costruzione è poco credibile. Dato tale pilastro del governo il nuovo facilmente sarà la ri-edizione del vecchio copione (cambiati titoli, colori e al limite la punteggiatura). C’è da dire peraltro che proprio la vaghezza e ovvietà dei propositi non fa presagire granché di nuovo né di travolgente.

Quello che però conta è che propositi vaghi possono attrarre perché una volta determinati – e dotati delle idonee provviste monetarie, merito (anche) di un’Europa meno avara del consueto – suscitano vere folle di candidati alla ri-distribuzione, non solo disoccupati, cassintegrati, partite IVA, ma anche (soprattutto) fornitori dei beni e servizi di ri-costruzione.

Cioè attirano una folla di tax-consommers i quali, come dicono in Spagna si attivano a buscar un lugar en el presupuesto, ossai a trovare una nicchia nel bilancio ed essendo questo all’uopo abbondantemente fornito, hanno una ricerca facile.

Ciò che per i contribuenti italiani è assunzione di obblighi e pesi, per quelli costituisce guadagni e affari. È prevedibile che quindi la lotta per la re-distribuzione sarà ampia e dura e l’unico a soccombere il contribuente.

Accanto ad alcune iniziative logiche (investire per un vaccino) già se ne sentono altre che appaiono meno confortate dall’esperienza e dalla logica.

Come quella che l’inquinamento avrebbe provocato (o almeno aiutato) il virus. Ma l’umanità è stata funestata da millenni di pestilenze e non risulta che i contemporanei di Renzo, di Boccaccio o di Marco Aurelio bruciassero, come facciamo noi, miliardi di tonnellate di carbone, gas, petrolio.

E gli italiani che di sprechi (pubblici) ne hanno sopportati tanti, tutti motivati dalle buone intenzioni dei governanti e dei tax-consommers, devono vigilare perché i sacrifici richiesti a tutti non si risolvano in benefici per pochi.

Teodoro Klitsche de la Grange

Pandemia Tra bioetica e biopolitica, di Giulio de Martino

Pandemia

Tra bioetica e biopolitica

di Giulio de Martino

 

La pandemia provocata dal virus SARS-COV 2 avrà rilevanti implicazioni in relazione alle principali aree della bioetica. Se assumiamo il campo bioetico in una accezione larga e lo dividiamo in bioetica umana (a sua volta differenziabile in bioetica medica e in bioetica sociale) e in ecoetica (divisbile in bioetica animale e in bioetica ambientale) risulterà evidente come le vicende degli ultimi quattro mesi abbiano proposto riflessioni e sfide in tutti e quattro gli ambiti. Certo sarà opportuno, in linea di metodo, tenere distinte le questioni etiche e deontologiche dai casi e dalle situazioni particolari, ma l’urgenza dei fatti non potrà essere ignorata.

Nell’ambito della bioetica medica, le maggiori implicazioni derivanti dal COVID-19 sono quelle relative alle «cure mediche» e al «fine vita» e quindi alle problematiche del «consenso informato» e dei «diritti del paziente». Molti aspetti sono già stati analizzati al proposito[1]. Qui accenno, soltanto, al tema scottante del «danno iatrogeno», vale a dire alle questioni di bad therapy – dovute alla incertezza dei protocolli diagnostici, prognostici e terapeutici – e di bad practice – dovute alla inadeguatezza dei modelli organizzativi – comunque subordinate alla responsabilità e all’azione del personale sanitario[2]. Nella loro tipicità si tratta di questioni di etica e deontologia, nei fatti vediamo che su di esse – in contesti locali e in vicende particolari – si è annunciato l’intervento della magistratura per i risvolti penali e assicurativi che rivestono. In alcuni casi, infatti, l’intervento sanitario potrebbe aver favorito – senza dolo, né colpa – il contagio di pazienti collocati in ambienti protetti, come le R.S.A., o ricoverati presso altri reparti degli stessi ospedali[3].

In ambito di teoria politica, si è discusso del carattere «autoritario» delle misure di contenimento dell’epidemia: il divieto di spostamento, l’obbligo di quarantena non specificamente connesso a diagnosi e, in contesto ospedaliero, il divieto di visita ai congiunti malati, la rinuncia all’autopsia dei deceduti, addirittura la distruzione dei cadaveri. Tutte vicende che hanno fatto paventare un ritorno a modelli paternalistici di conduzione dell’azione medica e sanitaria e, secondo alcuni, avrebbero provocato una perversa osmosi fra il nuovo «paternalismo medico» e l’«autoritarismo» conforme il «paradigma biopolitico»[4].

In generale, nei mass media, si è dato maggiore risalto alle questioni politiche e giuridiche relative al Lockdown – e alla connessa restrizione dei diritti di privacy e di libertà – rispetto a stringenti argomenti di etica medica. Per lo più, le misure derivanti dai DPCM, dalle segnalazioni di contagiosità e dal tracciamento dei presunti «infetti» sono state discusse alla luce delle norme Costituzionali relative ai diritti personali (artt. 13 e successivi)[5].

Importante è lo specifico risvolto di bioetica sociale che è emerso in relazione alle sollecitazioni al «comportamento responsabile» dei cittadini e quindi l’invito alla «quarantena» volontaria e all’«autoisolamento» fiduciario. Si tratta di comportamenti eticamente rilevanti che sono stati prescritti – anche senza il rinforzo della sanzione penale – a coloro che, in assenza di diagnosi differenziali, venivano invitati a porsi in auto-isolamento e a indossare i D.P.I. allo scopo di non diffondere il contagio. Anche le auto-attestazioni in merito allo stato di necessità, o allo stato di salute, per giustificare gli spostamenti durante il Lockdown, potrebbero essere interpretate come derivanti dal combinato disposto di una norma coercitiva e di un appello alla sensibilità etica dei cittadini.

Invece, in contesto ecoetico e di bioetica animale, ha fatto irruzione la questione della zoonoosi del virus SARS-COV 2 e del suo «Spillover». Il problema è annoso e ampio: le zoonosi attualmente conosciute sono oltre 200 e comprendono infezioni e infestazioni di natura batterica, virale, parassitaria e provocante da bioagenti anomali come i prioni. Tali evenienze biologiche, negli ultimi decenni – per l’intensificarsi degli scambi commerciali di animali e dei prodotti di origine animale tra i diversi Paesi del mondo – hanno acquisito un’importanza crescente ed il loro studio costituisce uno dei settori in maggiore evoluzione della medicina umana e veterinaria. Nel nostro caso, il pipistrello e il pangolino – come ospite intermedio – avrebbero innescato una catena patogenetica che sarebbe stata del tutto improbabile nella originaria separazione degli ambienti biologici e degli ecosistemi terresti[6].

Da ultimo, segnalo le questioni di bioetica ambientale già emerse per le ricadute sulla salute umana dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua e per la diffusione nell’ambiente di materiale chimico e di particolato di metalli. In alcuni casi, tali emergenze hanno fatto pensare a forme collaterali di interconnessione tra la diffusione pandemica dell’epidemia COVID-19 e la conformazione dell’ambiente abiotico nelle aree di maggiore urbanizzazione[7]. Chiarito che non si deve stabilire alcuna correlazione causale di tipo microbiologico tra l’inquinamento chimico e ambientale e la diffusione del SARS-COV 2, si dovrà comunque mettere in evidenza la componente socio-economica dell’antropizzazione crescente del Pianeta. Infatti è stato possibile individuare modalità di produzione, trasporto e consumo, di merci e di persone, che sono state vettori della diffusione epidemica del nuovo virus e di altri agenti patogeni[8].

Non si tratta di argomenti sconosciuti. In relazione a epoche remote, la storiografia e la storia della medicina hanno già stabilito legami concausali fra gli eventi militari e socio-economici e le emergenze di tipo sanitario e biologico. Il fatto nuovo sarebbe costituito dalla fine della percezione di «sicurezza sanitaria» dei Paesi Occidentali – rispetto alle problematiche epidemiche presenti in altri Continenti – che è stata propria della seconda metà del ‘900[9].

Nel contesto pandemico e post-pandemico, la bioetica Occidentale è chiamata – dopo la prolungata attenzione rivolta alle questioni relative alle malattie croniche e degenerative e alle pratiche dei diritti in campo medico e sanitario – a porre di nuovo in discussione i modelli etici e sociali correlati alle malattie infettive: alla loro diagnosi, cura e diffusione. Dopo la endemizzazione dei virus HCV e HIV, con il nuovo corona-virus la tematica sanitaria e la riflessione bioetica si connettono in modo nuovo sia alle questioni mediche che a quelle socio-ambientali.

 

 

[1] Vedi una rassegna dei più recenti temi di etica medica in: “Consulta di Bioetica onlus”, sezione COVID-19: https://www.consultadibioetica.org/covid-19/.

[2]  Vedi: Ivan Cavicchi, “L’ospedale ai tempi del virus”, in: “quotidianosanità.it”, 02.03.2020.

[3] Vedi: AA.VV., “Responsabilità medica. La gestione della pandemia”, in: “Diritto.it”, 15 giugno 2020.

[4] Vedi: Alessandra Garibotti, Dal paternalismo medico al paternalismo giudiziale, in: “Rivista Italiana di Medicina Legale e del Diritto in campo sanitario”, Anno 2014, Fascicolo n. 4, Milano, Giuffrè; Davide Grasso, “Agamben, il coronavirus e lo stato di eccezione”, in: “minima&moralia”, giovedì, 27 febbraio 2020.

[5] Vedi: Sabino Cassese, “La pandemia non è una guerra. I pieni poteri al governo non sono legittimi”, su: “Il dubbio” quotidiano, 14 aprile 2020; Vittorio Pelligra, “Se l’occasione pandemica ci fa riflettere sulle nostre libertà”, su: “Il Sole 24 ore”, 17 maggio 2020.

 

[6] Vedi: Sara Gonzàlez, “Zoonoses: Animals and Major Pandemics in History”, in: “Open Mind”, BBVA’s knowledge community, 13 April 2020.

[7]  Vedi: Suresh V. Kuchipudi, “Why So Many Epidemics Originate in Asia and Africa”, in: “USnews”, March 4, 2020.

[8] Vedi: Ilaria Capua, Il dopo, Milano, Mondadori, 2020.

[9] Vedi:, Mario Arturo Ruiz Estrada, Khan Alam, “Globalization and Pandemics: The Case of COVID-19”, March 25, 2020, SSRN: https://ssrn.com/abstract=3560681; Centre on Global Change and Health, Lance Saker, Kelley Lee, Barbara Cannito, Anna Gilmore, Diarmid Campbell-Lendrum, Globalization and infectious diseases: A review of the linkages, London School of Hygiene & Tropical Medicine, 2019.

La Svezia pratica la selezione naturale nelle RSA colpite dal Coronavirus, di Max Bonelli

La Svezia pratica la selezione naturale nelle

RSA colpite dal Coronavirus

 

 

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Il buonismo multiculturale e globalista svedese riserva la  soluzione finale per gli anziani.

 

Mi ero ripromesso di non scrivere più niente sul Covid-19, dopo 4 mesi di lavaggio del cervello su scala mondiale è obbiettivamente difficile aggiungere un nuovo tassello a questo enorme mosaico di notizie che nonostante la mole d’informazione non riescono a dare un quadro di verità esaustiva sull’argomento.

Ma i casi della vita vogliono che la mia piccola esistenza sfiori delle situazioni storiche

rappresentate in maniera distorta dai media se non  totalmente censurate. Fu così 6 anni fa, quando fui il primo a scrivere e dimostrare che i cecchini a piazza Maidan in Ucraina erano al servizio delle forze che avevano sostenuto il golpe filo-occidentale contro il governo legittimamente eletto.

Così adesso che per una serie di situazioni famigliari e professionali posso raccontarvi  episodi di vita invece che fredde statistiche interpretate in maniera soggettiva da virologi e giornalisti più preoccupati di non contraddire le decisioni degli amici politici che di trovare un filo di Arianna che porti alla verità.

Ma andiamo per ordine: mia madre causa una serie di patologie importanti non curabili nelle mura domestiche è in RSA a Roma. Il bravo medico internista che ha la responsabilità clinica di circa 30 ultraottantenni allettate, all’inizio di marzo 2020 chiude la RSA alle visite esterne e prova a prevenire il contagio della struttura. Nonostante questo ad aprile il coronavirus entra nella casa di cura e circa due terzi delle vecchiette sono contagiate. Mia madre è tra le fortunate non risulta positiva, ed insieme alle altre negative viene messa in un piano in stanza singola.

Dopo 10 giorni nonostante le tute biologiche del personale risulta positiva, va in crisi respiratoria ma gli viene dato l’ossigeno  e la supera. Oggi sta bene e si è negativizzata, in totale nella struttura sono decedute 2 vecchiette su 30 con una letalità del 7%. Decisamente sotto la media nazionale che si attesta al 14%.

Un risultato più che dignitoso dovuto ad un buon medico che à riuscito a far affluire nella clinica l’attrezzatura necessaria e che ha 40 anni di pratica clinica alle spalle.

Per una persona come me che viaggia (o meglio viaggiava molto) è rassicurante sapere che la propria madre ha al servizio del personale sanitario di primo ordine.

Perchè ho usato l’imperfetto per il verbo viaggiare? Negli ultimi 3 mesi sono rimasto bloccato in Svezia paese dove ho vissuto in pianta stabile per una decina di anni e che continuo a frequentare per consulenze nell’ambito delle farmacie ospedaliere.

Poco male avevano bisogno di farmacisti nella emergenza Covid-19 e quindi non sto con le mani in mano.

La situazione delle RSA svedesi è a dir poco lacunosa ma non credevo fino al punto che vi sto descrivendo.

Ero alla fine di  un mio turno in farmacia ed aiutavo un collega di origine mediorientale che da poco ha acquisito una carica dirigenziale, a distribuire  i farmaci ad un addetto ad una RSA particolarmente colpita dal Coronavirus, il dialogo avvenne più o meno in questi termini.

 

Io: Salve Gustav ecco i farmaci che ci avete richiesto. Volevo poi chiedere se è vera la notizia che da voi sono morte 20 persone per Coronavirus?

 

Gustav: Sì purtroppo è vera.

 

 

Io: Ma quante persone ospitavate nella vostra casa da riposo?

 

Gustav: Una sessantina circa..

 

La curiosità mi pressa a continuare nelle domande

 

Io: Ma non avete provato a dare ossigeno con i respiratori?

 

Gustav arrossendo in viso sotto i capelli fulvi ben pettinati come un soldato:

 

Sai sono molto anziani ed allora parliamo con i parenti …se sopravvivono bene altrimenti è meglio che muoiono senza una lunga degenza in ospedale o lunghe cure.

Non abbiamo respiratori non ce ne sono così tanti quanti occorrono.

 

Collega arabo: Certo, quando sono così vecchi meglio così.

 

Io mi contraggo nei lineamenti a fatica dissimulo la rabbia:

 

Ma è terribile, non vi rendete conto che questa cosa è allucinante!

Vengono lasciati a morire perché anziani?!

E per te che preghi 3 volte a giorno il tuo Allah va tutto bene?

 

Collega arabo: 5 volte al giorno veramente…

 

Io ormai incontenibile:

ancora meglio ma che preghi a fare se non riesci a vedere quanto tutto questo è inumano!

 

Gustav ormai imbarazzato: adesso devo andare..

 

Collega arabo: No tu hai ragione questo paese è senza religione ma che possiamo fare?

 

Io: e non c’è uno straccio di giornalista che pubblica queste enormità!!

 

Finisco il turno penso al mio collega arabo andato via da Bassora, arrivato in Svezia

ha fatto la sua piccola carriera a forza di duro lavoro e tanti signorsì. Per comprare una villa di legno ad 80%sotto mutuo ed una volvo a 90% sotto debito.

Devi farti piacere tutto quando sei strozzato così. Sono contento delle mie mille attività e della frugalità della mia esistenza che mi da la libertà di alzare la voce anche quando non dovrei.

In fondo il mondo neoliberista è questo: ti convincono che devi avere certi status , una villa di 200 metri quadri piuttosto che una baita di 60, od una Volvo ultimo modello magari elettrica piuttosto che un usato che cammina a benzina, in cambio ti ruba la libertà di pensare, parlare e scrivere(se sei un giornalista).

Un mondo così ha bisogno di nuovi disperati pronti a fare il lavoro ad un prezzo più basso di un italiano o di uno svedese e dire sempre di sì a tutto anche contro i propri principi.

I giornali svedesi parlano di una star locale che viene accusata del reato di “commercio di essere umano” facendosi adescare da una prostituta e chiaramente  di Covid-19 che qui durerà più a lungo sia per il clima che rimane sotto i 23 gradi fino ad estate inoltrata sia per la non volontà di trasferire risorse nella sanità.

Le risorse vengono stanziate per le imprese in difficoltà non per gli anziani che sono un peso per la società. Per loro non ci sono soldi ne  posto sui giornali ma solo una  versione scandinava della “soluzione finale” di tedesca memoria.

 

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