I significati di una scelta_ di Giuseppe Germinario, Antonio de Martini, FF

Già dalle prime mosse Mario Draghi sta confermando la sua missione di “costruttore”. Con la nomina di Gabrielli a sottosegretario, di Curcio alla Protezione Civile, del generale Figliuolo a Commissario per l’emergenza Covid ha dato un bello scossone a tre degli apparati chiave così come si sono assestati in questi ultimi dieci anni. Ha concesso a man bassa posti di sottosegretario ed alcuni ministeri secondo le logiche da manuale Cencelli, ma ha mantenuto strettamente il controllo diretto o indiretto dei ministeri economici e della sicurezza; ha affidato alcuni ministeri chiave a politici di peso (Guerini e Giorgetti) dei due partiti più importanti, ma ne ha svuotate in parte le competenze di uno di essi. La defenestrazione di Arcuri e la mancata conferma di numerosi funzionari del governo precedente segnano probabilmente una svolta importante. Rappresentano l’inizio di un declino di un ceto manageriale e dirigenziale radicatosi progressivamente in quaranta anni e consolidatosi negli ultimi quindici. Una discesa che trascinerà con sè il partito che più ne è stato l’espressione e il fattore di coagulo e legittimazione; quel Partito Democratico ormai da anni in crisi di consenso, con una base elettorale stravolta rispetto alle origini, ma che rimane abbarbicato da più di venti anni e sostenuto dai centri di governo e di potere più stantii, con una funzione assertiva e un dinamismo talmente insufficiente da mettere a repentaglio la coesione interna del paese e l’utilità stessa della sua collocazione internazionale pur così remissiva ed accondiscendente. Devono essersene resi definitivamente conto anche a Washington e Londra soprattutto, ma anche più a malincuore a Berlino e Parigi. Non sarà solo il PD a pagare pegno. Man mano che saranno evidenti l’insulsaggine, i misfatti e la distruttività dell’azione del Governo Conte nella corrente emergenza sanitaria ed economica agli occhi della popolazione e nel ruolo internazionale, specie nel Mediterraneo, agli occhi dei centri di potere, l’acclamazione di Giuseppe Conte a salvatore del M5S rischierà di trasformarsi nella condanna definitiva all’estinzione del movimento durante una fase di competizione, simile per altro ad un abbraccio mortale, più che di occupazione di spazi complementari, con il suo alleato piddino. Un sodalizio che rischia di trasformarsi in un abbraccio mortale. Se questo schieramento sarà chiamato a pagare pegno nell’immediato, il futuro riserverà qualche sorpresa anche nel centrodestra, in particolare nella Lega. L’impegno dei tre commissari sarà probabilmente la prova generale per una riconfigurazione e un riordino dei poteri e della gestione dello Stato e soprattutto di una ridefinizione più chiara dei poteri dello stato centrale rispetto alle amministrazioni periferiche. L’intento sarà di porre fine alla surrettizia e logorante competizione sulle competenze tra Stato centrale e regioni e ad una definizione delle gerarchie più favorevole e funzionale allo Stato Centrale; scemerà con esso l’argomento con il quale si è alimentato il radicamento e la ragion d’essere della Lega e soprattutto potrà dissolversi l’equivoco di un partito proclamatosi nazionale ma con una classe dirigente in realtà ancora espressione di una parte geografica del paese. Tutto dipenderà dalla forza effettiva di Mario Draghi e dalle logiche geopolitiche che determineranno l’importanza e il ruolo dell’Italia nel contesto europeo e mediterraneo; quanto alla forza e alla consapevolezza dei centri interni al paese, tutto sembra muoversi ancora sotto traccia. Non è un buon segno. Ne vedremo comunque delle belle e soprattutto di drammatiche. Non sarà facile costruire o ricostruire sulle ceneri di questo sistema partitico i soggetti politici incaricati di garantire il “front-line”. Personaggi del calibro di Mario Draghi non devono e di solito non gradiscono rimanere troppo esposti per lungo tempo. Devono farlo in situazioni di emergenza; ma le emergenze per definizione vivono in tempi delimitati. Potrebbero quindi rimanerne prigionieri; non sarebbe la prima volta di una guerra lampo trasformatasi in guerra di posizione, se non in una disfatta_Giuseppe Germinario

SIGNIFICATI DI UNA SCELTA PRIMAVERILE, di Antonio de Martini
Mentre la macchina della disinformazione é occupata a “scaricare” il sig Domenico Arcuri sulle braccia dell’avvocato Conte e dei 5 stelle, ma io l’ho conosciuto a Invitalia nel 2005 come rappresentativo del giro “ Prodi& Co”,
vorrei fare un piccolo ragionamento sui significati del gesto di sostituire un borghese con un militare.
Il primo significato da dare a questo gesto é dimostrare che si vuole agire e liberarsi del malcontento generale provocato dalla pandemia e accentuato dalla “mala gestio” in specie della informazione al pubblico che non si é mai sentito rassicurato vedendo i propri leader rubare il ruolo ai rispettivi addetti stampa invece di contrastare coi fatti l’epidemia.
Gente che non rispetta il proprio ruolo, non può pretendere il rispetto altrui.
Il secondo significato é che Draghi ha dato dimostrazione di indipendenza decisionale rispetto al sistema dei partiti che lo ha nominato, prescindendo dai meriti o demeriti del sig Arcuri che altri giudicheranno.
Il terzo significato é stato il riconoscimento implicito che la sorgente della sovranità é la competenza e non il suffragio popolare.
Non conosco il generale Figliuolo, ma é incontestabile che sia stato scelto per la competenza che gli viene da studi rigorosi dove la logistica é materia di studio continuo ( Accademia, 2 anni; Scuola di applicazione 2anni; Scuola di guerra 3 anni) e dal ruolo ricoperto di ispettore logistico dell’Esercito: l’unica organizzazione in Italia a gestire oltre centomila uomini ( e numerosi ospedali) sparsi in una ventina di paesi.
Nel gesto e nella accettazione generale della decisione c’é anche qualche importante e sotteso significato politico e,segnatamente, l’inizio della fine della competenza regionale su un affare tanto serio quanto la salute dei cittadini.
La conquistata libertà di circolazione delle persone ( e merci) ha comportato libertà analoghe per bacilli, batteri, virus e contagi.
Che senso hanno ormai cambi di regolamenti sanitari ogni cento chilometri?Che senso ha una regione come il Molise, la Liguria, il Friuli o la Basilicata ?
La ripartizione regionale avrebbe avuto un senso se i confini avessero ricalcato le frontiere dei vecchi stati preunitari come ha fatto la Germania che si riunificò nello stesso periodo storico.
Gli attuali confini regionali possono al più avere contenuti folcloristici, ove esistenti, e gestire gli investimenti turistici, prima industria nazionale.
Le regioni andranno bene per festival della castagna secca e manutenzioni stradali ma gli standard mondiali e la diffusione delle seconde case – spesso site in altre regioni o stati- la pericolosa velocità dei contagi, chiedono dimensioni analoghe in termini di spazi, procedure e strutture.
Aspettare di giungere a settantamila morti perché si palesasse la presenza dello Stato, é peggio che un crimine: é un errore che farà saltare l’equilibrio sociale e politico della Nazione e se dicessi che mi dispiace non sarei sincero.
Il regionalismo e la politica politicante vanno verso le loro idi di marzo.
UN BRAVO FIGLIUOLO, di Antonio de Martini
Il presidente del Consiglio ha nominato a commissario straordinario per l’emergenza ( ormai permanenza ) Covid 19 , l’ispettore logistico dell’Esercito.
Ovviamente, il generale conosce perfettamente tutte le potenzialità dell’Esercito essendone il responsabile.
Ci voleva una delle menti più brillanti del paese per attivare al massimo livello le FFAA coinvolgendole nella pianificazione invece che nella sola servile esecuzione???
E nessuno mi leverà dalla testa l’idea che la nomina di Arcuri sia stata fortemente caldeggiata da qualcuno che poi ha raccomandato – per interposta persona si capisce- i fornitori che si sono ingrassati sulle spalle dei morti nostri e de li mortacci loro.
Punti interrogativi, di FF
“Mario Draghi è intervenuto in mattinata alla sessione Sicurezza e Difesa del Consiglio Ue, sottolineando l’importanza dell’autonomia strategica dell’Ue in un quadro di complementarietà con la Nato e di coordinamento con gli Usa” (ANSA).
Che significa? Nulla. Parlare di autonomia strategica della UE senza che vi sia alcuna strategia della UE è come pretendere di abitare in un palazzo che non esiste.
Quale sarebbe infatti il nemico dell’Europa se non quello scelto dall’America?
Quale sarebbe la sua politica estera?
Quale sarebbe la sua politica di difesa?
Chi comanderebbe?
Quale sarebbe la sua struttura logistica?
Quale sarebbe la sua forza anfibia?
Quale sarebbe la sua struttura di intelligence?
E l’opinione pubblica europea è forse disposta ad appoggiare una azione militare che potrebbe causare la morte di centinaia o migliaia di soldati europei?
Insomma, come potrebbe l’UE avere autonomia strategica se di fatto dipende del tutto dalla NATO, ossia dagli USA, anche solo per controllare i propri confini?
Peraltro, l’UE ora è priva dell’esercito britannico, in pratica l’unico esercito europeo in grado di svolgere delle “vere” missioni di combattimento (e la Gran Bretagna è pure l’unico Paese europeo che può trarre vantaggio dal sistema Echelon, controllato dagli USA, dalla Gran Bretagna, dal Canada, dall’Australia e dalla Nuova Zelanda).
Di fatto i Paesi europei, tranne per quanto concerne l’impiego di pochi reparti speciali, possono tutt’al più svolgere delle missioni di peacekeeping “sotto l’ombrello” della NATO. La stessa Francia può avere una certa autonomia strategica in Africa, ma nulla di più.
Insomma, il Proconsole si sta rivelando sempre più non uno stratega ma un abile tecnocrate al servizio del grande capitale occidentale, sia per quanto concerne la scelta di ministri e sottosegretari (cui nessuno sano di mente affiderebbe la gestione di un vespasiano), sia per quanto concerne la geopolitica.
In altri termini, si conferma che questo governo deve limitarsi ad eseguire un disegno politico-strategico deciso, almeno nelle sue linee essenziali, dagli incappucciati della finanza, sia pure secondo un’ottica euro-atlantista. E per realizzare un programma politico-strategico certo occorre competenza, ma non intelligenza politica e strategica.
In definitiva, la strategia – sia politica che economica – non è “affare” che riguardi il nostro Paese.

L’Europa dopo la pandemia, di Antonia Colibasanu

L’Europa dopo la pandemia

L’epidemia di COVID-19 ha fatto deragliare i piani dell’UE per il 2020.

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Nota del redattore: la seguente analisi è adattata dal libro di prossima uscita, “Contemporary Geopolitics and Geoeconomics”.

Per l’Unione Europea, due eventi avrebbero dovuto definire il 2020: la Brexit e l’imminente budget 2021-27, che include il cosiddetto Green Deal. Come la nuova leadership a Bruxelles ha annunciato all’inizio dell’anno, questi sviluppi avrebbero posto le basi per una nuova Unione Europea “geopolitica”. Renderebbero il blocco più forte, eliminando l’incertezza sulla perdita di un membro e trasformando l’economia per affrontare le sfide del 21 ° secolo. Dopo un decennio di instabilità, tutti in Europa hanno guardato alle visioni presentate dalla nuova Commissione europea e dal Parlamento europeo come un’opportunità per un nuovo inizio.

I motori di questa focalizzazione su quella che i francesi chiamano “autonomia strategica” – cioè il ripristino dell’indipendenza dell’Europa come attore economico, militare e politico – sono stati molteplici. Le relazioni tra gli Stati Uniti e l’Europa occidentale sono diventate sempre più tese da quando Washington ha iniziato a esercitare maggiori pressioni sugli stati membri della NATO per aumentare la loro spesa per la difesa nel 2009 per affrontare il crescente squilibrio dell’alleanza. Le operazioni della NATO in luoghi come la Libia hanno evidenziato quanto l’Europa dipendesse dagli Stati Uniti per la sua sicurezza. Nel 2014, al vertice del Galles, i membri della NATO hanno deciso di aumentare la loro spesa per la difesa nazionale al 2% della produzione economica entro un decennio. Ma per l’Europa occidentale, di fronte a una crisi economica che si è trasformata in una crisi esistenziale per l’UE, e non sentendo minacce credibili alla sicurezza nazionale,

Ma se il mondo non sembrava una minaccia militare dalla maggior parte delle capitali europee, negli anni 2010 ha iniziato a sembrare pericoloso in altri modi. Anni di acquisizioni cinesi di aziende e infrastrutture europee strategiche, furti di proprietà intellettuale e la crescita e la fiducia in forte espansione della Cina hanno portato l’UE nel 2019 a cambiare lo status di Pechino da “partner economico” a “concorrente strategico e rivale sistemico”. La dipendenza dall’energia russa le dava uno scomodo grado di leva. L’instabilità cronica in alcune parti del Medio Oriente e del Nord Africa potrebbe rivisitare la crisi dei migranti del 2015-16 nell’UE. E a cominciare dall’amministrazione Trump, il blocco è stato sempre più schiacciato dagli Stati Uniti e tra Stati Uniti e Cina. Dopo il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo nucleare iraniano nel 2018, l’UE non poteva sostenere le sue relazioni commerciali con l’Iran anche se gli interessi economici dei suoi membri favorivano tali relazioni. La guerra commerciale USA-Cina ha aumentato costi e rischi per le multinazionali europee le cui catene di approvvigionamento di solito attraversavano uno o entrambi i paesi. Nel 2019, la Cina ha minacciato la Germania, la più grande economia europea, con tariffe punitive sulle auto per fare pressione su Berlino affinché consentisse alle telecomunicazioni cinesi Huawei di costruire l’infrastruttura 5G del paese. Washington ha regolarmente sventolato la minaccia delle tariffe automobilistiche per cercare di ottenere concessioni sul commercio, in particolare un accordo commerciale UE-USA. Persino la Russia ha vietato le importazioni di una vasta gamma di prodotti agricoli dalla Polonia dopo che l’UE ha imposto sanzioni nel 2014 per l’annessione della Crimea da parte della Russia. -La guerra commerciale cinese ha aumentato costi e rischi per le multinazionali europee le cui catene di approvvigionamento di solito attraversavano uno o entrambi i paesi. Nel 2019, la Cina ha minacciato la Germania, la più grande economia europea, con tariffe punitive sulle auto per fare pressione su Berlino affinché consentisse alle telecomunicazioni cinesi Huawei di costruire l’infrastruttura 5G del paese. Washington ha regolarmente sventolato la minaccia delle tariffe automobilistiche per cercare di ottenere concessioni sul commercio, in particolare un accordo commerciale UE-USA. Persino la Russia ha vietato le importazioni di una vasta gamma di prodotti agricoli dalla Polonia dopo che l’UE ha imposto sanzioni nel 2014 per l’annessione della Crimea da parte della Russia.

L’impatto della pandemia

La pandemia ha accelerato queste tendenze. Cina e Russia hanno sfruttato le prime divisioni dell’Europa inviando pubblicamente forniture mediche e medici nelle regioni più colpite. Dietro le quinte la Cina ha persino minacciato di frenare le forniture mediche ai Paesi Bassi in aprile per costringere il paese a riconsiderare la possibilità di cambiare il nome della sua ambasciata di fatto a Taiwan. A marzo, i tedeschi erano sconvolti dopo che sono emerse notizie secondo cui l’amministrazione Trump aveva tentato di acquistare i diritti esclusivi per un vaccino contro il coronavirus in fase di sviluppo da parte di un’azienda tedesca (rapporti che sia Washington che la società hanno negato).

Peggio ancora per l’UE, la pandemia ha riportato in superficie il nazionalismo. Sebbene l’UE possa vantare il più grande mercato comune del pianeta, manca di strategie o obiettivi condivisi. Anche prima della pandemia, l’avvio dei negoziati sul prossimo bilancio a lungo termine, il quadro finanziario pluriennale (QFP), stava ricordando a tutti la fragilità del sindacato, mettendo in luce le disparità tra ovest ed est e tra nord e sud. Gli stati membri del nord, che sono anche i più sviluppati, non erano disposti a pagare per lo sviluppo degli stati del sud. I vecchi Stati membri dell’ovest – Stati come Francia e Italia, anch’essi sotto stress economico – non erano disposti ad accettare che i nuovi arrivati ​​nell’est avessero bisogno di finanziamenti per lo sviluppo dell’UE più di loro.

Quando il coronavirus ha cominciato a diffondersi in Europa, la prima reazione degli Stati membri dell’UE è stata quella di chiudere i confini per prevenire afflussi di persone e deflussi di forniture mediche. La protezione della salute della popolazione era una prerogativa nazionale e Bruxelles poteva assumere solo un ruolo di gestione, contribuendo a creare strutture in cui gli Stati membri potessero condividere le risorse. All’inizio, questo sistema ha fallito. Le richieste di aiuto umanitario dell’Italia, il paese più colpito all’inizio, sono state accolte da Cina e Russia prima dei pari dell’Italia nell’UE. La situazione è cambiata nel giro di poche settimane e gli Stati membri dell’UE sono riusciti a coordinare le loro azioni per aiutarsi a vicenda, anche condividendo alcune scorte mediche, ma si è appresa la lezione che il protezionismo prevale quando è in gioco la sicurezza nazionale.

A luglio, dopo la fine della prima ondata di blocchi nazionali, gli Stati membri dell’UE hanno deciso di stanziare 750 miliardi di euro (920 miliardi di dollari) a un fondo di recupero, denominato “Next Generation EU”, per garantire la “sopravvivenza del progetto UE”. Lo scopo del fondo a breve termine è aiutare le economie europee più deboli a riprendersi dalla recessione seguita alla crisi sanitaria e, a lungo termine, aiutare a colmare i divari tra gli Stati membri più ricchi e quelli più poveri. Potrebbe anche segnare un punto di svolta per il blocco, poiché è la prima volta che gli Stati membri emetteranno sul mercato obbligazioni a livello di UE (i cosiddetti coronabond). Il fondo di recupero rappresenta anche una svolta per l’affidabilità creditizia di alcuni Stati membri e la sostenibilità dei loro rating del debito sovrano. Nello scenario più ottimistico, l’accordo potrebbe persino portare l’UE più vicina a diventare un’unione politica, poiché il lancio (riuscito) dei coronabond avrebbe avvicinato il blocco più che mai all’unione fiscale. L’euro potrebbe anche diventare una valuta di riserva e le banche centrali avrebbero accesso a una nuova serie di grandi obbligazioni liquide da acquistare. Altri cambiamenti drammatici includono la sospensione temporanea delle norme dell’UE su debito, deficit e aiuti di Stato; accesso a prestiti condizionati alla luce tramite il meccanismo europeo di stabilità; e l’accesso a un nuovo fondo di disoccupazione denominato SURE (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency).

Nel complesso, il processo decisionale dell’UE durante la pandemia si è dimostrato flessibile e adattabile. Sebbene ci siano diversi passaggi da compiere prima che il fondo di recupero sia completamente formalizzato – i trattati dell’UE richiedono che i parlamenti degli Stati membri ratifichino l’accordo – Bruxelles ha portato a decisioni difficili. Alla fine, però, è il pubblico che deciderà cosa funziona e cosa no, e quanto velocemente l’economia si riprenderà. Prima l’UE si riunirà e inizierà la ripresa economica, maggiori saranno le possibilità che essa svolga veramente un ruolo geopolitico importante a livello globale.

Europa orientale 

In nessuna parte dell’UE la divergenza nelle prospettive strategiche differisce più che tra gli Stati membri occidentali e orientali. Stati come la Francia e l’Italia cercano le loro minacce alla sicurezza nel Mediterraneo e non trovano la Russia tra di loro, ma per stati come la Polonia e la Romania la Russia è inevitabile. Occupando la via di mezzo, la Germania considera la Russia un partner economico, pur riconoscendone l’aggressività.

Per l’Europa orientale, l’UE è stata un motore efficace per lo sviluppo economico. Ma sono gli Stati Uniti ad essere visti nell’Europa orientale come il principale alleato contro la Russia, con la quale la maggior parte dei membri dell’UE ha interessi diversi. Pertanto, poiché l’Europa occidentale e gli Stati Uniti si sono discostati sulle questioni di sicurezza, l’Europa orientale deve mantenere un atto di equilibrio tra Bruxelles e Washington. Anche la creazione di alleanze regionali sostenute dagli Stati Uniti come la Three Seas Initiative è diventata una parte importante della strategia di difesa dell’Europa orientale.

La pandemia ha esacerbato l’instabilità nella regione. Una guerra nel Caucaso e disordini legati alle elezioni in Bielorussia hanno confermato sia la debolezza della Russia che la sua aggressività. Allo stesso tempo, la pandemia ha convalidato l’idea che la linea di contenimento occidentale – o americana – contro la Russia si sia spostata dall’Europa centrale all’Europa orientale, che attualmente comprende un triangolo di accordi strategici con Stati Uniti, Polonia e Romania. A luglio, Washington ha annunciato l’intenzione di ritirare 12.000 truppe dalla Germania in quello che ha descritto come un riposizionamento strategico delle sue forze europee. Gli Stati Uniti stanno attualmente negoziando con Polonia e Romania su ulteriori spiegamenti, nonché su nuove linee di cooperazione.

Con così tanta parte dell’Europa orientale in continuo mutamento, le sfide che la regione deve affrontare diventano più chiare se ci concentriamo sugli ultimi sviluppi nelle regioni del Mar Baltico e del Mar Nero.

Regione del Mar Baltico

Per Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia, la Russia è la principale minaccia alla sicurezza. La Russia ha condotto una guerra ibrida nella regione da prima del 2010, ma i suoi sforzi si sono intensificati dopo il 2014, quando la rivoluzione ucraina ha rafforzato la sensazione a Mosca di essere minacciata dall’Occidente. Considerando che la maggior parte della comunità russofona nei paesi baltici si affida ai media russi per ottenere informazioni, lo scenario più temuto dai governi baltici è che il Cremlino possa orchestrare o aggravare segretamente un incidente interno che coinvolge la comunità russofona per provocare una crisi. La Russia potrebbe quindi trarre vantaggio dai disordini che ne seguiranno e intervenire militarmente a difesa della minoranza russa.

In risposta, la Polonia ha lavorato per garantire la sua partnership strategica con gli Stati Uniti attraverso la firma in agosto di un accordo di cooperazione rafforzata in materia di difesa. Nel dicembre 2019, i tre stati baltici hanno deciso di istituire una brigata NATO congiunta con la Polonia come paese quadro, con l’obiettivo di rafforzare la prontezza del fianco orientale della NATO. Tutti i paesi della regione hanno integrato nuovi concetti nelle loro strategie di sicurezza nazionale che contrastano gli attacchi ibridi provenienti dalla Russia o altrove. Varsavia sta anche negoziando con Washington per ulteriori 1.000 soldati statunitensi da aggiungere ai già 4.500 di stanza nel paese.

In prima linea tra la Russia e l’Occidente, però, c’è la Bielorussia, che è stata duramente colpita dalla pandemia di coronavirus. Dopo anni di stagnazione economica, il presidente Alexander Lukashenko, che ha ricoperto la carica da quando il paese è diventato indipendente nel 1994, ha rifiutato di prendere misure contro COVID-19. Sebbene il paese di oltre 9 milioni di persone avesse oltre 70.000 casi e oltre 700 morti entro la fine di settembre, Lukashenko ha tenuto duro, negando la gravità del virus e aggrappandosi al suo potere. In mezzo a questa crisi, il paese ha tenuto le elezioni ad agosto che Lukashenko vinse in circostanze dubbie, scatenando proteste persistenti e su vasta scala. Inaugurato per il suo nuovo mandato a fine settembre, Lukashenko è ancora al potere, ma Mosca può fare poco per migliorare la situazione.

La Polonia e gli altri stati baltici vedono la situazione in Bielorussia come un’opportunità per tirare il paese fuori dalla sfera di influenza russa e trascinarla in quella occidentale. Tuttavia, sebbene la Polonia e la Lituania abbiano sostenuto l’opposizione bielorussa, c’è poco altro che possono fare – non solo a causa della minaccia dalla Russia, ma anche a causa delle loro difficoltà socioeconomiche e della mancanza di strumenti specifici per aiutare l’economia bielorussa . La Bielorussia ha cercato per anni di stringere legami più stretti con l’UE, ma dipende ancora troppo dalla Russia per farlo, soprattutto dall’energia. La sfida principale per la Polonia e gli Stati baltici è che l’ambiente politico ed economico instabile della Bielorussia si estenderà all’Ucraina.

Regione del Mar Nero

La regione del Mar Nero è un punto critico tra l’Occidente, la Russia e il Medio Oriente. È stato il sito di due recenti operazioni di combattimento terrestre russe, nel 2008 e nel 2014, ed è un’area di transito critica per l’accesso marittimo russo alla Siria. Dal 2014 la Russia ha ampliato e modernizzato la sua flotta del Mar Nero. La flotta include ora nuovi sottomarini e fregate diesel con capacità di missili da crociera, nonché dispiegamenti di risorse di difesa aerea e costiera in Crimea. La Russia ha anche dispiegato truppe di terra aggiuntive nel suo distretto militare meridionale, che si estende tra il Mar Nero e il Mar Caspio e nel Caucaso settentrionale.

La Turchia, d’altra parte, aspira a diventare una potenza importante in Medio Oriente e oltre attraverso la sua politica neo-ottomana. Si è impegnata in una modesta cooperazione con la Russia in Medio Oriente in un momento in cui i legami di Ankara con Washington e le principali capitali europee si stanno logorando. La Russia ha anche acquisito maggiore influenza con la Turchia (e potenzialmente la Bulgaria) attraverso il suo gasdotto TurkStream. Nel frattempo, gli Stati Uniti stanno cercando di lasciare il Medio Oriente, ma non possono ignorare gli sviluppi intorno al Mar Nero. E a causa della pandemia, la regione è in continuo mutamento. Ha indebolito le economie sia della Russia che della Turchia, rendendole solo più attente ai potenziali pericoli nelle loro terre di confine. La crisi nel Nagorno-Karabakh ne è un esempio.

Date le sue relazioni instabili con la Turchia, gli Stati Uniti hanno posto maggiormente l’accento sulle loro relazioni militari con la Romania. La base aerea di Mihail Kogalniceanu vicino a Constanta, inizialmente una base di transito per le operazioni militari statunitensi in Afghanistan, ha acquisito importanza negli ultimi anni poiché gli Stati Uniti hanno intensificato la loro partecipazione alle esercitazioni regionali. Anche il porto di Constanta sul Mar Nero ha ricevuto visite periodiche da navi statunitensi. Questa tendenza è stata accelerata dai recenti eventi nel Caucaso e dal potenziale di nuovi problemi nella regione (ad esempio, la transizione al potere in Moldova, dove un candidato pro-UE ha sconfitto l’incumbent filo-russo) o in Asia centrale.

All’inizio di ottobre, gli Stati Uniti e la Romania hanno firmato una roadmap decennale per la cooperazione in materia di difesa e un accordo di finanziamento da 8 miliardi di dollari per la modernizzazione della centrale nucleare di Cernavoda. Gli Stati Uniti hanno anche annunciato un altro accordo di finanziamento da 7 miliardi di dollari per modernizzare e completare le infrastrutture stradali e ferroviarie che collegano i mari Nero e Baltico. Poi, alla fine di ottobre, gli Stati Uniti e la Bulgaria hanno firmato un memorandum d’intesa sulla cooperazione nucleare, indicando che la Bulgaria probabilmente utilizzerà la tecnologia statunitense per sviluppare il suo reattore nucleare di Kozloduy. I due paesi hanno anche firmato un accordo sulla sicurezza 5G. Sebbene non sia stato menzionato il progetto nucleare bulgaro di Belene, attualmente in fase di sviluppo con la Russia, questi annunci indicano i passi intrapresi dagli Stati Uniti per limitare l’influenza russa nella regione. Infatti, 

Conclusioni 

È ancora troppo presto per sapere come sarà il futuro post-pandemia dell’Europa orientale. Ma possiamo già vedere tre cambiamenti che prendono forma che avranno un impatto sull’equilibrio di potere regionale.

In primo luogo, aumenterà l’impegno degli Stati Uniti nella regione. Considerati i crescenti legami con la Polonia e la Romania, gli Stati Uniti probabilmente assumeranno un ruolo più importante nella governance regionale. Ciò presenterà nuove opportunità di sviluppo economico e riforme strutturali che potrebbero portare a un’ulteriore integrazione nella grande regione dell’Europa orientale, dal Mar Baltico al Mar Nero. Allo stesso tempo, tuttavia, aumenterà anche il potenziale di resistenza in aree e settori in cui l’influenza russa è forte.

In secondo luogo, la sovranità economica dell’UE aumenterà. Il mercato comune è il fondamento del blocco e con la crescita del protezionismo in tutto il mondo, in particolare negli Stati Uniti e in Cina, i suoi stati membri probabilmente guarderanno a Bruxelles per imporre misure protezionistiche per abbinare quelle introdotte da altre potenze globali. Considerando che i paesi dell’Europa occidentale e orientale hanno interessi economici diversi, queste misure potrebbero dividere il blocco. Se, tuttavia, i suoi membri raggiungono un raro accordo su come imporli, potrebbero effettivamente trasformarsi in un primo passo verso una maggiore unità politica.

In terzo luogo, il settore energetico rimarrà fondamentale per l’integrazione e la stabilità dell’UE. L’UE non ha rinunciato al Green Deal. Al contrario, il supporto sembra essere cresciuto. Il Green Deal sostiene la parità di accesso alle moderne infrastrutture energetiche per tutti i membri dell’UE, il che è particolarmente importante durante le crisi come quella che l’Europa sta attualmente affrontando. Tuttavia, il Green Deal riconosce anche il divario tra Europa orientale e occidentale quando si tratta di energia. Sembra che alcuni paesi dell’Europa orientale – vale a dire Polonia, Romania e Bulgaria – abbiano cercato negli Stati Uniti, invece che nei loro vicini a ovest, un sostegno per modernizzare la loro produzione di energia nucleare. Progetti come Nord Stream 2 e Turkish Stream hanno anche diviso il continente.

La sfida più grande dell’Europa resta la polarizzazione, in particolare delle sue nazioni orientali. È probabile che il divario tra aree rurali e urbane e tra classi si approfondisca man mano che la pandemia continua. L’anarchismo diventerà una minaccia crescente, poiché intere aree all’interno di questi stati potrebbero diventare ingovernabili.

Ma man mano che queste sfide diventano più chiare, potrebbe crescere anche l’apertura alla riforma. I leader dovranno adattarsi alle nuove realtà e trovare modi creativi per colmare le lacune, sfruttando il progresso tecnologico disponibile. L’Europa orientale dispone delle risorse umane necessarie per sostenere il progresso tecnologico, ma resta da vedere quanta di quella creatività e adattabilità si tradurrà in ristrutturazione politica e se alla fine porterà a un cambiamento positivo per la regione.

tratto da https://geopoliticalfutures.com/europe-after-the-pandemic/

La geopolitica della distribuzione dei vaccini, Di Alex Berezow

La geopolitica della distribuzione dei vaccini

Le inoculazioni sono uno sviluppo positivo, ma il pubblico dovrebbe moderarne l’eccitazione.

Di: Alex Berezow

L’azienda farmaceutica americana Pfizer, in collaborazione con l’azienda tedesca BioNTech, ha sorpreso il mondo quando ha annunciato che il suo vaccino contro il coronavirus ha mostrato un’efficacia del 90% nella prevenzione del COVID-19. Giorni dopo, un’altra azienda americana chiamata Moderna ha annunciato che il suo vaccino era efficace quasi al 95%. E poco dopo, AstraZeneca ha annunciato che il suo vaccino era efficace dal 62% al 90%. La Food and Drug Administration degli Stati Uniti impone che i vaccini siano efficaci almeno al 50% per ottenere l’autorizzazione all’uso di emergenza e la maggior parte degli osservatori non si aspettava che i candidati vaccini avessero prestazioni migliori di così. I risultati riportati, quindi, sono stati una piacevole sorpresa che ha entusiasmato allo stesso modo governi e mercati.

L’entità di questo risultato non può essere sopravvalutata. In genere, la tempistica dall’inizio all’approvazione normativa di un nuovo farmaco è di circa 10 anni. Dopo aver ricevuto l’approvazione, le aziende farmaceutiche si preparano per la produzione di massa, che a sua volta potrebbe richiedere un altro decennio. Tuttavia, grazie a una combinazione di fattori – programmi governativi come Operation Warp Speed, approvazione normativa accelerata e cooperazione globale senza precedenti – i primi lotti di un vaccino COVID-19 da una fonte affidabile verranno consegnati in meno di un anno. (Anche Cina e Russia affermano di aver creato vaccini, ma dati e trasparenza insufficienti rendono la maggior parte degli scienziati occidentali scettica sulla loro efficacia e sicurezza.)

Anche così, l’entusiasmo del pubblico è prematuro. Mancano mesi prima che la stragrande maggioranza delle persone, inclusi gli americani, possa aspettarsi di ricevere il colpo tra le braccia. L’ostacolo immediato è ottenere l’approvazione della FDA. Sebbene l’approvazione dovrebbe richiedere circa tre settimane poiché gli esperti governativi esaminano attentamente i dati, il processo potrebbe richiedere più tempo. Secondo il dottor Henry Miller, un collega presso il Pacific Research Institute e direttore fondatore dell’Office of Biotechnology della FDA, la FDA è preoccupata per la coerenza nella produzione del vaccino. In altre parole, la FDA vuole sapere se le aziende possono produrre lotto dopo lotto che soddisfano determinate misure di controllo della qualità, come potenza e purezza. Entro la fine di dicembre, Moderna prevede di avere 20 milioni di dosi, Pfizer 50 milioni di dosi e AstraZeneca 200 milioni di dosi. Quindi, alcune persone dovrebbero ricevere i colpi prima della fine del 2020 (il regime richiede due iniezioni a un mese di distanza, il che significa che il numero di persone immunizzate è la metà del numero di dosi). Entro la fine del 2021, dovrebbero esserci miliardi dosi disponibili da tutte le aziende combinate.

La corsa a un vaccino contro il coronavirus
(clicca per ingrandire)

Ma la produzione è solo uno dei rompicapi. Un altro è la distribuzione, che in realtà è un duplice problema: (1) il vaccino di Moderna deve essere mantenuto congelato durante l’immagazzinamento e la spedizione a lungo termine, ma il vaccino di Pfizer deve essere mantenuto a una temperatura enorme di -94 gradi Fahrenheit (-70 gradi Celsius) spedizione; e (2) non è né eticamente né strategicamente chiaro chi dovrebbe ricevere i vaccini per primo.

Il dilemma della distribuzione

Il motivo per cui il tuo negozio di alimentari locale contiene cibo relativamente fresco dall’altra parte del pianeta è a causa di qualcosa noto come “catena del freddo”, una serie di contenitori refrigerati che consentono di spedire cibo deperibile senza rovinarsi. Molti farmaci e soprattutto i vaccini richiedono la stessa cosa. Tuttavia, il vaccino di Pfizer, che consiste in una molecola contenente informazioni instabile chiamata RNA racchiusa in una bolla di grasso altrettanto instabile, richiede una conservazione a -94 F (-70 C). In generale, solo i laboratori di ricerca possiedono congelatori che raffreddano; farmacie e ospedali no. La soluzione di Pfizer è fornire contenitori speciali che possono essere imballati con ghiaccio secco per mantenere la temperatura richiesta, ma una volta che il vaccino è stato rimosso e posto all’interno di un normale frigorifero, la durata è di cinque giorni. Il vaccino Moderna può essere conservato e spedito a -4 F e ha una durata di 30 giorni nei frigoriferi regolatori, quindi rappresenta una sfida logistica molto più piccola . Il vaccino di AstraZeneca è il più facile da distribuire, poiché può essere spedito alla normale temperatura di refrigerazione di 36-46 F e conservato sullo scaffale per sei mesi.

Coronavirus | Confronto tra potenziali vaccini
(clicca per ingrandire)

La questione di chi riceve il vaccino per primo si svolgerà inizialmente a livello internazionale. I paesi che hanno effettuato ordini di acquisto saranno i primi a riceverli. Ad esempio, secondo Mint , l’Unione Europea si è assicurata 200 milioni di dosi (con un’opzione per 100 milioni in più) per il vaccino Pfizer, il Giappone 120 milioni di dosi, gli Stati Uniti 100 milioni di dosi (con un’opzione per altri 500 milioni) e nel Regno Unito 30 milioni di dosi. Se tutte le opzioni vengono esercitate, Pfizer semplicemente non può soddisfare tale domanda nemmeno entro la fine del 2021, il che potrebbe significare che i paesi ricchi combatteranno tra loro su chi ottiene quale lotto e quando. Gli Stati Uniti hanno già un rapporto teso con l’Europa e una lotta per i lotti di vaccini metterebbe più stress su una fragile relazione transatlantica, soprattutto perché il paese che riceve la maggior parte delle dosi di vaccino ha più probabilità di migliorare la sua economia il più rapidamente. Poiché Moderna, AstraZeneca e altre società produrranno anche vaccini, queste tensioni possono essere allentate in qualche modo, anche se qualunque paese funge da “casa” di un’azienda sarà probabilmente sottoposto a notevoli pressioni per fornire prima i vaccini ai compatrioti. Quest’ultimo punto è complicato dal fatto che alcune di queste società sono entità multinazionali e hanno “case” in diversi paesi in tutto il mondo.

Mentre i paesi ricchi se la cavano, il resto del mondo dovrà aspettare. Il denaro non risolve tutto. Le sfide logistiche poste dalla catena del freddo rendono quasi impossibile fornire un vaccino in una regione con infrastrutture scadenti e elettricità inaffidabile. Le lacune nella catena del freddo, cioè i periodi in cui il vaccino non è conservato alla giusta temperatura, distruggerebbero il vaccino. (Questo per non parlare di attività criminale. Ognuno è un potenziale bersaglio di imprese criminali che offrono vaccini falsi, ovviamente, ma i paesi più poveri sono i più sensibili dal momento che la consegna di vaccini legittimi potrebbe richiedere mesi se non anni.)

Internamente, i paesi dovranno affrontare le preoccupazioni politiche interne sull’assegnazione dei vaccini. Negli Stati Uniti, c’è tensione tra agenzie federali come i Centers for Disease Control and Prevention e governi statali sul numero di dosi che ogni stato riceverà. L’amministrazione Biden entrante sarà sottoposta a pressioni tremende per fornire prima i vaccini agli americani, indipendentemente da eventuali obblighi contrattuali che le aziende potrebbero avere. Se necessario, il presidente e il Congresso possono essere coinvolti, annullando i contratti delle società farmaceutiche in nome della sicurezza nazionale.

Dopo di che, ci sono decisioni etiche e strategiche da prendere su chi riceve il vaccino per primo. Lo stato di Washington, ad esempio, ha proposto tre fasi di distribuzione : in primo luogo, fornitori di assistenza sanitaria in prima linea, primi soccorritori e popolazioni vulnerabili (come quelli con condizioni di salute sottostanti o residenti di strutture di assistenza a lungo termine); secondo, la comunità generale; e terzo, colmare eventuali “lacune” nell’accesso ai vaccini (come nelle comunità più povere). È probabile che molti altri stati utilizzino una strategia simile.

C’è anche la questione dell’efficacia del vaccino. In poche parole, alcuni vaccini sono migliori di altri. Ricorda che i vaccini prodotti da Pfizer e Moderna sono efficaci al 95%, ma quelli di AstraZeneca sono efficaci solo dal 62% al 90%. Chi ottiene il vaccino meno efficace? E chi prende questa decisione?

The Amazing Race

Le nazioni più povere hanno maggiori probabilità di ottenere un vaccino contro il coronavirus per ultime. Ma c’è spazio per l’ottimismo poiché molte altre aziende continueranno a sviluppare vaccini contro il coronavirus. La maggior parte, come quella prodotta da AstraZeneca, non richiederà l’estrema catena del freddo di cui ha bisogno il vaccino Pfizer. Inoltre, AstraZeneca si è impegnata a rinunciare ai profitti fino alla fine della pandemia . L’azienda sta anche lavorando con organizzazioni non governative come la Bill & Melinda Gates Foundation per fornire vaccini ai paesi in via di sviluppo.

La domanda sulla distribuzione globale dei vaccini si è quindi spostata da se a quando. Ma i vaccini arriveranno in tempo per prevenire ulteriori danni economici e disordini sociali? I ritardi dei vaccini potrebbero creare o aggravare i rischi di insolvenza nei paesi più poveri, con il contagio finanziario che si diffonde ai paesi più ricchi. Molte persone non sono più disposte a tollerare i blocchi. In tutta Europa i cittadini stanno protestando contro ulteriori misure di sicurezza, con manifestazioni in Italia che sono diventate violente la scorsa settimana.

Gli effetti accessori dei blocchi hanno creato anche altri reclami contro i governi. In molti luoghi, famiglie e coniugi sono stati separati a causa della chiusura delle frontiere e delle politiche di immigrazione arbitrarie. In Indonesia, ad esempio, le coppie binazionali non sposate non possono ricongiungersi, ma gli stranieri anziani possono entrare come turisti nonostante il fatto che le persone anziane siano le più probabilità di morire di coronavirus. Queste politiche hanno portato il governo indonesiano ad essere inondato di denunce di cittadini arrabbiati. Rivelano la tensione tra le preoccupazioni per la salute pubblica, l’economia e il tessuto sociale e non è chiaro se possano essere migliorate fino a quando un vaccino non sarà completamente distribuito.

In effetti, poche società sono disposte a controllare il virus a costo di strappare il tessuto sociale. Il coronavirus ha rivelato un’immensa tensione tra i pilastri economici e sociali della nostra società. I governi non hanno buone opzioni. Alcuni saranno tentati di reimporre i blocchi, giustificandoli con l’affermazione che saranno allentati non appena sarà disponibile un vaccino. Ma questa è una falsa rassicurazione. Per i cittadini dei paesi ricchi, mancano ancora mesi alla vaccinazione diffusa. Per i cittadini dei paesi poveri, la vaccinazione diffusa potrebbe essere lontana anni. Un pubblico irrequieto non tollererà blocchi indefiniti fino al 2021 ei governi che cercano di imporli dovrebbero essere preparati a disordini civili.

https://geopoliticalfutures.com/the-geopolitics-of-vaccine-distribution/?tpa=OGJhYTFkMjcwODdiNGJlOTM5ZWM3YjE2MDc3ODczODUwZTk2NDM&utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_term=https%3A%2F%2Fgeopoliticalfutures.com%2Fthe-geopolitics-of-vaccine-distribution%2F%3Ftpa%3DOGJhYTFkMjcwODdiNGJlOTM5ZWM3YjE2MDc3ODczODUwZTk2NDM&utm_content&utm_campaign=PAID+-+Everything+as+it%27s+published

Il “Deep state” dietro il Covid-19?, di Max Bonelli

Il “Deep state” dietro il Covid-19?

In un mondo dove il complotto diviene realtà quotidiana

dai voti dei morti viventi nelle elezioni Usa per arrivare

al pompaggio surreale della pericolosità di un virus (il covid-19) con una letalità ,quando va male, del 4,5% ed una mortalità molto ben al di sotto dell 1%.

Diventa fondamentale capire la sua origine e gli attori che hanno finanziato ricerche per rendere più aggressivo questo Rna virus per capire chi si è avvantaggiato in questo probabile spregiudicato atto di guerra biologica asimmettrica su scala mondiale.

Riflessioni

I Romani in assenza di prove rispetto ad un atto ostile ricorrevano al concetto “cui prodest” per risalire al colpevole.

Ormai siamo ad un anno dalla comparsa nel mondo di questo micro drone virale che corrisponde al nome di Covid19 e nella mia mente di ex ufficiale istruttore di difesa guerra chimica e biologica passo il mio tempo libero (poco e irregolare) a mettere insieme i puzzle di questo quadro che mi dovrebbe dare il colpevole di questo atto di guerra biologica su scala mondiale, il primo di questa portata nella storia di questa triste umanità.

Il lettore mi darà sicuramente del complottista, ma gli voglio ricordare che abbiamo i video riferiti all’11 settembre della avvenuta demolizione controllata , nell’arco di alcune ore ,di due grattacieli ad opera dell’impatto di due aeroplani di cui nessun ingegnere od architetto vi potrà dare una spiegazione plausibile adoperando le leggi della fisica. Eppure il 99% delle persone crede al messaggio mediatico e non alle leggi della fisica.

Ritorniamo al simpatico Rna virus, dalla sua comparsa ho accumulato una serie di indizi che questa epidemia fosse frutto di un pianificato attacco biologico.

Partiamo dalle certezze è una malattia che ha un distribuzione geografica e stagionale che predilige i climi temperati e le stagioni meno irradiate dai raggi solari. Una buona capacità di evolversi in sottotipi come quasi tutti gli Rna virus, il che spiega la seconda ondata che stiamo vivendo in Europa.

Letale fondamentalmente per gli anziani con molte patologie e come testimonia lo studio fatto dal Prof tedesco Hugo Zeberg dell’istituto Max Planck e dello svedesese Svante Paabo del Karolinska institute a farne le spese sono prevalentemente persone che hanno un particolare genoma del cromosoma 3 che sembra derivare dai Neanderthal. Questa variazione origina da quella percentuale variabile tra 1% ed il 4% del nostro DNA ad origine da questo progenitore .Questo restringe le aree di maggiore letalità del virus alle razze che in percentuali diverse hanno tracce di questo nostro progenitore. Si arriva a punte percentuali di quasi il 50% nel sud est asiatico e percentuali tra il 3 ed il 16% nei caucasici.

In pratica i cinesi sarebbero stati un obbiettivo ideale per il nostro

Covid-19.(1).

Quindi riassumendo virus letale per gli anziani di alcune razze e che si è presentata con sintomi insoliti e ripetitivi in questa fascia obbiettivo.

Un altro tassello importante sono le sue caratteristiche di persistenza e di facile trasmissibilità che teoreticamente dovevano far palesare questo virus molto prima del 2019 almeno se fosse un normale coronavirus presente peraltro in molti animali tra cui alcuni domestici.

I media ci hanno indottrinato con la storia che un pipistrello in qualche maniera ha infettato un uomo e da li la pandemia. Certo non sono tanti che cercano di addomesticare i pipistrelli e questo poteva semplicisticamente spiegare perché solo nel 2019 è avvenuto questo salto di specie che secondo gli studiosi del settore ci metterebbe centinaia di anni.

La storiella ha avuto un certo successo casalingo perché alimentava lo sciovinismo culinario italico (ultima vera roccaforte di orgoglio nazionale nel bel paese) nei confronti dei cinesi accusati di assaporare carni di varia provenienza animale.

La versione che fosse un virus naturale che veniva data per sicura dall’ OMS era il macigno che occludeva in maniera perentoria la teoria del virus creato in laboratorio ed in particolare in quello di Wuhan centro leader a livello mondiale nel campo delle ricerche virologiche.

Il lavoro d’inchiesta di Franco Fracassi

Devo ringraziare il giornalista Franco Fracassi che nel sua intervista concessa a ByoBlu ha frantumato questo macigno.(2).

La manipolazione fu di fatto sponsorizzata dalla CIA insieme a soggetti finanziari facenti capo a colossi farmaceutici.

Questi infatti erano i principali finanziatori del laboratorio di Wuhan.

Dalle informazioni prodotte dagli stessi principali autori di ricerche sui Coronavirus e cioè la Dottoressa cinese Shi Zhengli dirigente delle ricerche sui Coronavirus del laboratorio di Wuhan ed il Dott. Statunitense Ralfph Baric dell’università del North Carolina che dal 2009 hanno entrambi effettuato manipolazioni genetiche sui coronavirus per renderli più letali.

Ma erano questi due scienziati due mitomani pericolosi?

La risposta è no almeno in parte, effettuavano queste ricerche su ordine dei loro finanziatori che erano due studi legali che lavorano per la CIA

TarterKrinsky&Drogin e Lo&Sons.

Aggiungiamo che il Prof.Antony Fauci colui che combatte adesso il Covid-19 in USA ha di fatto trasferito le sperimentazioni americane sui Coronavirus dagli USA al laboratorio di Wuhan nel 2015.

Altri finanziatori erano una azienda tedesca che si occupa di vaccini (Boeringher Ingelheim), le due multinazionali americane Johnsson&Johnsson e la Colgate.

Tutti questi soggetti fanno capo ad una rispettabilissima

facciata molto “politically correct” come si può ben vedere dal loro sito dal nome rassicurante EcoHealthAlliance .(3) principale finanziatrice delle ricerche in questo laboratorio.

Nell’intervista Fracassi riporta diversi studi di università prestigiose tra cui

uno studio inglese-norvegese(4) australiano(5) che affermano che il Covid -19 può essere stato geneticamente modificato. Una operazione difficile ma non impossibile chiaramente nessuno riesce a dare la prova certa e qui per mettere insieme i pezzi del puzzle rivado al metodo dei nostri progenitori Romani: a vantaggio di chi tutto questo?

Cui prodest?

Siamo nel campo delle congetture ma alla luce del dramma avvenuto nelle elezioni americane, dove sicuramente l’epidemia da Covid-19 ha contribuito a svantaggiare la rielezione di Trump. Si può ipotizzare uno scenario di attacco biologico con un virus fondamentalmente innocuo per la stragrande maggioranza della popolazione mondiale ma viceversa letale per una fascia di età improduttiva.

L’elevata mortalità in tale fascia avrebbe colpito popolazioni dove la terza età ha un peso culturale ancora consistente come quella cinese o sud europea.

I paesi di cultura anglosassone-germanica vera patria del neoliberismo avrebbero retto meglio allo shock di perdite consistenti in questa fascia di età.

Si sarebbe avuto uno svecchiamento della popolazione occidentale ed una crisi del tessuto sociale cinese e magari anche una crisi politica.

Negli Usa paese coacervo di razze e culture sebbene riunite dal credo neoliberista sarebbe stata una gatta da pelare non da poco per l’amministrazione Trump.

Si sarebbero accentuati processi d’informatizzazione del lavoro e del commercio via rete a vantaggio di una elite finanziaria dai nomi ben conosciuti.

Senza calcolare l’enorme opportunità di mettere alla prova modelli di controllo della popolazione in situazioni di crisi, che potrebbero risultare utili per futuri confronti militari con potenze concorrenti che mettono in discussione il mondo unipolare statunitense.

Non tutti gli obbiettivi di questa operazione sono stati raggiunti, la Cina ha dimostrato di avere una classe dirigente capace di gestire situazioni gravi

ed impreviste, mentre l’obiettivo di svecchiamento e di accelerazione di processi evolutivi della società occidentale si possono dire pienamente raggiunti. Lo stesso dicasi per la spallata alla amministrazione Trump anche se con dei costi pesanti in termine di divisioni interne degli USA.

Il lettore meno dotato di pensiero critico mi darà del cinico complottista

ma riandiamo con la mente a quei due grattacieli a New York che vanno in demolizione controllata pur avendo una struttura di piloni di acciaio con temperatura di fusione a 1600 gradi. Andate ad interrogare ingegneri od architetti e nessuno vi potrà spiegare il denso fumo nero che usciva dall’impatto degli aerei con quelle temperature di fusione. Come gli scoppietti sequenziali suil’intera struttura durante il crollo inspiegabili se non con le demolizioni.

Alcune migliaia di vite offerte sull’altare della guerra al terrorismo forgiato dai servizi deviati (ve la ricordate la nostra strategia della tensione?)

Ricordate le boccette vuote sbandierate allìONU contenente armi di distruzione di massa e la successiva guerra in Irak le centinaia di migliaia di morti.

Ora tutte queste nefandezze hanno un solo colpevole lo “stato profondo ovvero il deep state” più potente della storia dell’uomo e voi pensate che avevano qualche remora a mettere sul piatto dei contro alcuni milioni di morti della parte più anziana della terza età?

Max Bonelli

(1)https://it.insideover.com/societa/perche-alcuni-pazienti-covid-presentano-sintomi-lievi-e-altri-finiscono-in-rianimazione.html?fbclid=IwAR1fRUORSbGOjLZqr63LXGtSeIWT0FEP1RsPPmT4qrK0pSl0QhMsIHO_uOA

https://www.lescienze.it/news/2014/01/29/news/geni_neanderthal_uomo_moderno_mescolamento_ibridi_malattie_sterilit-1987737/

(2)

https://www.byoblu.com/2020/11/06/nel-laboratorio-di-wuhan-esperimenti-per-trasformare-i-virus-nella-loro-versione-peggiore-franco-fracassi/?fbclid=IwAR0T9lQK3sa1n8VycyT0J0VhLXShoar-Twqtr0zip-4mjMksv9gjad0PlGI

(3)

https://www.ecohealthalliance.org/

(4)

https://www.wionews.com/opinions-blogs/covid-19-virus-has-properties-that-have-never-been-found-in-nature-before-304229

(5)

https://www.washingtontimes.com/news/2020/may/21/australian-researchers-see-virus-design-manipulati/

Imperialisti buoni, imperialisti cattivi_a cura di Giuseppe Germinario

La crisi pandemica, oltre ad essere uno dei maggiori fattori scatenanti e soprattutto di accelerazione di dinamiche profonde di cambiamento dei rapporti sociali di produzione, delle catene di produzione e degli equilibri economici e geoeconomici, dei rapporti sociali stessi, sarà di per sé un arma, uno strumento di regolazione dei rapporti di potere interni ai paesi e delle relazioni geopolitiche. Non scommettiamo sulla piena attendibilità delle informazioni offerte dall’articolo; sta di fatto che sin dall’inizio il gruppo dirigente cinese ha cercato di attribuire l’origine della pandemia a svariati paesi oltre a quelli già citati dall’articolo. Uno strattagemma per sfuggire alle responsabilità politiche, ai danni di immagine, alle richieste possibili di risarcimento; soprattutto, un modo per scacciare il sospetto denso di implicazioni di una crisi originata da una manipolazione incontrollata di un virus. Considerazioni che devono spingere ad una riflessione di fondo! Quanto più avanza il multipolarismo, quanto più si avvicina una fase di policentrismo tanto meno sarà proficua una suddivisione manichea tra paesi “buoni” e paesi “cattivi”, soprattutto per quei paesi e quelle classi dirigenti con qualche ambizione di indipendenza ed autonomia, ma con forze strettamente misurate_Giuseppe Germinario

 

Dal New York Post

China suggests Italy may be the birthplace of COVID-19 pandemic

La Cina è all’opera su di un nuovo studio sulla diffusione precoce e nascosta del coronavirus in Italia per mettere in dubbio la ferma convinzione che la nazione asiatica sia stata il luogo di origine della pandemia, stando ai rapporti.

Funzionari di Pechino stanno spingendo su di un nuovo studio che suggerisce che il contagio potrebbe essersi diffuso nella nazione europea già a settembre, tre mesi prima che fosse confermato che si stava diffondendo nel presunto epicentro della città cinese di Wuhan, come il Times of London ha sottolineato .

La nazione asiatica ha anche in precedenza  ipotizzato la Spagna alle origini della pandemia, così come anche l’esercito americano, sresponsabile di aver portato il virus a Wuhan nell’ottobre dello scorso anno durante i Giochi mondiali militari; così afferma il rapporto.

Secondo il quotidiano britannico, i media statali cinesi stanno ora sostenendo con forza l’idea che il nuovo studio del National Cancer Institute dimostri che il contagio probabilmente è iniziato in Italia, non in Cina.

“Questo dimostra ancora una volta che rintracciare la fonte del virus è una complessa questione scientifica che dovrebbe essere lasciata agli scienziati”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian, secondo il Times britannico. “[È] un processo in via di sviluppo che può coinvolgere più paesi.”

Zhao Lijian
Zhao LijianGetty Images

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ammesso che è possibile che il virus “circolasse silenziosamente altrove” prima di essere rilevato a Wuhan.

Tuttavia, molti scienziati sono scettici sulla ipotesi italiana dello studio e altri osservano che non ciò esclude che il coronavirus sia originario della Cina.

“Sappiamo che la Cina ha ritardato l’annuncio del suo focolaio, quindi non si sa quando è iniziato lì; la Cina del resto ha legami commerciali molto forti con il nord Italia”, ha detto allo UK Times Giovanni Apolone del National Cancer Institute di Milano.

https://nypost.com/2020/11/20/china-suggests-italy-may-be-the-birthplace-of-covid-19-pandemic/?utm_medium=SocialFlow&utm_campaign=SocialFlow&utm_source=NYPTwitter

TANTO TUONÓ…, di Teodoro Klitsche de la Grange

TANTO TUONÓ…

Si legge sulla stampa che il veto di Polonia ed Ungheria all’accordo sul bilancio UE 2021-2027 e l’aumento delle risorse proprie, è stato da queste posto “perché insoddisfatti della recente decisione del Parlamento e del Consiglio di condizionare con uno specifico testo legislativo l’esborso dei fondi europei al rispetto dello stato di diritto” (Il Sole 24 ore – tra i tanti). Il che ha scatenato il solito coro anti-sovranisti, tendente a equipararne le azioni ad atti da delinquente: i due Stati avrebbero “preso in ostaggio” il bilancio U.E. e i fondi del Recovery Fund; avrebbero violato ripetutamente il principio dello Stato di diritto (art. 2 TUE); sarebbero “irresponsabili”. Dall’altra parte si risponde che subordinare l’esborso dei fondi europei al rispetto dello Stato di diritto è un “ricatto”.

A guardarlo con distacco, il comportamento delle parti in causa è logico: se l’UE cerca di ottenere il via libera al bilancio (ecc.) ha bisogno che polacchi e ungheresi acconsentano; ma questi esercitano il veto perché i fondi potrebbero essere bloccati per la “condizionalità” al rispetto dello Stato di diritto annunciata dalle rispettive procedure di infrazione iniziate dalla U.E.. La soluzione della querelle dovrebb’essere rinunciare da un lato al veto esercitato; dall’altro alla “condizionalità” introdotta.

Comunque, dato che a decidere sulle (pretese) violazioni allo Stato di diritto, non è un arbitro scelto dalle parti, ma per l’appunto un organo U.E. come la Commissione, il veto dei due Stati non è privo di ragione.

Ed ancor più perché come scritto1 la nozione di “Stato di diritto” è tra le più polisemiche, essendo stati ricondotti al relativo concetto ordinamenti assai differenti; peraltro è stato elaborato da tanti pensatori in modo non univoco, ma con vistose differenze. A sintetizzare quanto sopra, si può riportare quanto si legge nella voce “Stato di diritto” scritta da Anna Pintore per il “Dizionario del liberalismo” (Rubettino): “non è affatto pacifico quali siano le caratteristiche che un’organizzazione statale deve possedere per essere considerata uno Stato di diritto e quali rapporti intercorrano tra questo e altri modelli di Stato, in particolare lo Stato liberale, quello democratico e quello costituzionale. Per questa ragione nessuna trattazione del tema può essere neutrale, e neppure questa lo sarà” (e se non può esserlo la trattazione scientifica, figuriamoci l’applicazione politica!); e prosegue la Pintore “Forse proprio a causa della sua indeterminatezza, la formula ha goduto fin dalla sua nascita di apprezzamento pressoché universale, al punto da segnare oggi una strada senza alternative: uno Stato che non incarni questo modello deve essere considerato illegittimo e indegno di obbedienza. Ma il carattere apprezzativo della formula, unito all’evanescenza del suo contenuto, ha fatto sì che di essa si appropriassero le più disparate ideologie… Ciò non deve stupire, se è vero che il concetto di Stato di diritto non è legato né a particolari condizioni storiche, né a specifiche premesse filosofiche, essendo viceversa antico quanto il pensiero filosofico-politico stesso”2 (i corsivi sono miei).

In attesa che la vertenza abbia una conclusione, occorre ribadire due considerazioni.

Non è difficile prevedere – non occorreva un Bismark o un Cavour – che introducendo quella “condizionalità”, polacchi e ungheresi avrebbero apposto il veto sul bilancio. In altri tempi si sarebbero rischiate guerre; consoliamoci che si siano limitati ad esercitare un proprio diritto.

Secondariamente è quanto mai inopportuno utilizzare a fini di lotta politica, caratterizzata dalla volontà di prevalere sull’avversario (il nemico), il diritto e, ancor più un concetto polisemico e, almeno in larga parte, controverso come quello di “Stato di diritto”. Se poi una delle parti ha il potere di applicare il precetto indefinito – come nella vicenda trattata -, lo squilibrio è evidente. Quando Luigi XIV rivendicava alla corona francese – per il tramite della moglie – i territori del (fu) ducato di Borgogna, avendo la consorte il diritto di devoluzione, almeno questo era vigente nel Brabante. Il Re Sole si serviva del diritto per la politica di potenza, ma almeno non se lo era “pre-confenzionato” da solo, come succede nel caso alla Commissione U.E.

Teodoro Klitsche de la Grange

1 Rinvio il lettore all’esposizione più dettagliata che ho fatto negli articoli “L’unione europea e lo Stato di diritto” e “Unione europea e Stato di diritto II”.

2 Tra i contributi più recenti che confermano la differente connotazione del concetto di Stato di diritto ricordiamo il saggio di R. Bin Stato di diritto (in rete); sempre in rete è interessante leggere il Dossier Stato di diritto dei radicali, che ha il pregio di stigmatizzare le violazioni dello Stato di diritto in Italia; ad avviso di chi scrive non meno lesive di quelle polacche o ungheresi.

Paradossi di una pandemia, di Vincenzo Cucinotta

C’è questo di paradossale in questa vicenda COVID, che una elite tecnico-scientifica si impone sull’intera popolazione saltando anche la garanzie costituzionali, ma lo fa imponendo una sua modellazione che per ragioni di forza maggiore non può essere oggetto di verifica sperimentale, e quindi non è distinguibile dai dogmi che una casta sacerdotale impone ai sudditi.
L’unica fonte di verifica sperimentale potrebbe essere costituita da un raffronto tra stati differenti per verificare se una certa strategia abbia o no avuto più successo di un’altra differente. Seppure non si possa mai raggiungere l’affidabilità di un vero e proprio esperimento di laboratorio nel quale hai il controllo su ciascuna variabile sperimentale, e quindi devi tollerare che esistono condizioni sperimentali non identiche nei paesi messi a raffronto, tuttavia ciò non può arrivare fino al punto da chiudere gli occhi di fronte a queste differenze che costituiscono in ogni caso evidenze sperimentali che dovrebbero quanto meno essere spiegate e inserite nel modello. Un modello se pretende di stare nella pertinenza delle scienze sperimentali e non si considera articolo di fede non può essere costruito su una base dogmatica, deve sempre confrontarsi con dati sperimentali, e anche se qui sconfiniamo nella filosofia della scienza, bisogna che i dati raccolti abbiano un carattere davvero obiettivo. Ad esempio, non credo che ci sia scienziato che metta in dubbio il significato di temperatura corporea, è un dato facilmente misurabile e che comunque denota uno stato di sofferenza dell’organismo. Si tratta semmai, è questo il suo punto debole, di un dato generico perchè le cause che portano all’alterazione febbrile possono essere le più diverse, ma certo nessuno può ragionevolmente affermare che sia un dato di fantasia, generico sì, fittizio certamente no.
Lo stesso non può dirsi, per fare un esempio estremamente significativo, del numero di persone che risultano positive al tampone rinofaringeo.
La cosa che dovrebbe mettere all’erta tutti coloro che sono interessati a capire cosa stia succedendo, è che tale test finisce per mettere assieme “pere e mele” per citare un insegnamento che si da sin dai primi rudimenti dell’istruzione scolastica, anzi si separano tra loro le pere a seconda la varietà, ad esempio le pere coscia dalle dalle pere decane, mettendo quelle di quest’ultimo gruppo assieme alle pere. Uscendo di metafora, separiamo tra loro le persone sane oggi improvvidamente definite asintomatiche, a seconda della risposta al tampone, e quelli che rispondono positivamente ad esso vengono raggruppate assieme ai malati. Giornalmente, ognuno di noi non può accendere la TV senza che in uno dei numerosissimi notiziari o talk-show di ogni tipo, gli venga dato il numero dei positivi al tampone, cioè stiamo sommando alle mele le pere decane sol perchè hanno un peso comparabile, e teniamo da parte le pere coscia sol perchè pesano di meno.
Aggiungiamoci che questo test non da risposte univoche perchè si basa su cicli di amplificazione del segnale che tendono a farlo individuare al di sopra del rumore di fondo, e chiunque capisce che la scelta del numero di cicli di amplificazione fornisce numeri di positivi differenti. Ormai, ad esempio, sembra chiaro che la situazione tedesca difforme dagli altri paesi europei derivi dalla scelta lì fatta di usare cicli di amplificazione in numero nettamente inferiore.
Per chiarezza ulteriore, quando l’amplificazione del segnale è eccessiva, il rischio di produrre un segnale che non c’è, cioè di trasformare qualcosa che appartiene al rumore di fondo in segnale, è inevitabile. Non è che se amplifichiamo di più otteniamo sempre più informazione, a volte esagerando creiamo un’informazione fittizia.
Riassumendo, usare una variabile chiaramente determinabile come la temperatura corporea e un’altra legata a una procedura complessa, che richiede l’uso di costose apparecchiature, e che crea nella sua stessa modalità di esecuzione variabili aggiuntive (nel nostro caso i cicli di amplificazione), non sono cose equivalenti. Sia chiaro, non è che io sostenga che non si debba attingere a dati sperimentali di più difficile reperibilità e interpretazione, dico che quando tentiamo di trarre delle conclusioni, non dovremmo mai dimenticare la natura delle informazioni che stiamo usando e la fonte di tali informazioni.
Invece, questi organismi tecnico-scientifici che presiedono alle scelta fatte, hanno del tutto rimosso ogni riferimento a una questione che per qualsiasi scienziato è fondamentale, sulla affidabilità dei dati che usa in termini di accuratezza, riproducibilità e significato univoco. Tutto si decide sulla base di un modello preconfezionato, che punta su una variabile del tutto inventata e senza riscontro nelle realtà (nella metafora da me usata, il peso dei frutti indipendentemente dal tipo di frutto, come se resistesse una singola persona che sceglie cosa mangiare purchè stia in una determinata fascia di peso).
Voglio inoltre ricordare che non si parla di contagi ma di nuovi contagi, come se il fatto che una persona sia stata sottoposta a tampone in un determinato giorno significasse che il contagio fosse stato contratto quello stesso giorno, e infine che si usa una procedura di estrapolazione dei dati in funzione del tempo che rimane comunque una procedura di trattamento dei dati molto pericolosa perchè si basa sulla condizione in sé arbitraria che l’andamento osservato in un certo intervallo di tempo si estenda a un futuro, tra l’altro spesso imprecisato.
La cosa che tuttavia ritengo più grave in assoluto è questo negare l’unica forma che citavo di evidenza sperimentale, il raffronto tra differenti strategie di contrasto alla COVID-19.
Eppure, i risultati di numerosi possibili raffronti ci dicono che le misure di isolamento che si praticano soprattutto nell’Europa occidentale e in alcuni paesi sudamericani, a partire dal caso dell’Argentina particolarmente nell’area di Buenos Aires, non abbiano avuto successo. Difatti, a queste obiezioni, i favorevoli non sanno opporre altro che la sciocca affermazione che senza di queste misure sarebbe stata un’ecatombe, come l’annuncio che dopo la morte ci aspetta l’inferno, fede allo stato puro.
Si impone qui una spiegazione di tipo differente che avrei voluto leggere da parte degli esperti in materia, genetisti, virologi ed epidemiologi in primis, ma che, seguitando a non vedere, proverò, mettendo assieme informazioni raccolte da varie fonti, a descrivere in un prossimo post, a cui vi rimando.

Per capire meglio cosa non vada nelle strategie così invadenti e aggressive anti-contagio proprie della fascia più occidentale dell’Europa così come dell’Argentina e di altri paesi sud-americani, rivolgiamo la nostra attenzione a paesi che al contrario hanno usato strategie del tutto differenti.
In particolare occupiamoci del Brasile, di alcuni degli stati USA nei quali si è seguita una filosofia più permissiva, e infine dal caso più citato, quello della Svezia.
In questi paesi che ho elencato e che hanno sposato una strategia ben differente da quella italiana, si è osservata una prima fase durante la quale i casi erano più numerosi che da noi, la COVID-19 galoppava dando apparentemente ragione ai fautori di una severa politica di isolamento.
Successivamente però, complice forse, ma certo non nel caso del Brasile che si trova nell’emisfero australe, il sopravvenire della stagione calda, si osservava come anche da noi una diminuzione nella diffusione della malattia e soprattutto dei suoi effetti nocivi e a volte letali.
Potremmo quindi riassumere dicendo che dopo una fase iniziale in cui chi sceglieva una politica più permissiva si avevano più casi, si aveva poi una situazione abbastanza omogenea nei differenti paesi indipendentemente dalle scelte delle modalità di contrasto all’epidemia.
A settembre tuttavia, da noi e ancora di più in altri paesi che avevano adottato una analoga politica di contenimento, si iniziava ad osservare un certo incremento di ammalati che man mano è andato crescendo fino ai nostri giorni, quando la versione ufficiale è che i casi aumentano ancora ma con minore rapidità, insomma la velocità aumenta, ma l’accelerazione diminuisce.
Basta consultare i dati diffusi su più siti nel web per verificare che analogo incremento non si è osservato in quei paesi prima elencati che avevano scelto strategie più morbide.
Questo dato è estremamente interessante e va spiegato perché così si può mettere alla prova le tesi OMS, cioè quelle subite passivamente nell’Europa occidentale.
Ci sono due aspetti nel meccanismo di diffusione dell’epidemia che vanno considerati, l’uno è che ogni agente infettivo, avendo una velocità di riproduzione elevatissima, va facilmente incontro a mutazioni e tali mutazioni ne determinano un rapido processo di selezione, favorendo quel tipo di mutazioni che ne favoriscono la diffusione. In particolare, è noto che un virus che sia molto aggressivo con alti indici di letalità viene sfavorito perchè portando a una rapida morte dell’organismo ospite, ha meno tempo per contagiare soggetti terzi e quindi rischia di sparire assieme ad esso. Così si dice con un’espressione imprecisa ma efficace, che il virus sceglie di diventare meno aggressivo così da potere permanere nell’organismo ospite per un tempo sufficiente al contagio di altri soggetti. Ciò spiegherebbe la tendenza di epidemie che inizialmente si mostrano molto aggressive, col tempo a divenire poco letali e divenire magari infezioni che si cronicizzano nelle società colpite.
Parallelamente, il sistema immunitario dell’uomo sviluppa delle forme di resistenza al virus che pure in presenza di mutazioni frequenti, danno comunque una certa copertura seppure parziale e temporanea.
Si tratta di due meccanismi del tutto indipendenti che agiscono su organismi differenti, l’agente infettante da una parte, e l’organismo infettato dall’altra, che non per caso contribuiscono a attenuare gli effetti più clamorosi di un’epidemia trasformandola in poco tempo in un evento seppure nocivo per soggetti particolarmente deboli, innocuo dal punto di vista di una società organizzata come effetto complessivo.
Rimane da capire perchè da noi questo meccanismo stenta a manifestarsi più che in paesi più permissivi. Dobbiamo a questo scopo ricordare che questi fenomeni avvengono in presenza di contagio, è il contagio che induce una minore virulenza del virus, come è il contagio che consente a una frazione più ampia di popolazione di immunizzarsi, e quindi quando tu, anche in presenza di un rallentamento fino a un arresto vero e proprio dell’epidemia (ironizzavo quest’estate quando si arrivò ad avere decessi che si contavano sulle dita di una sola mano, sul fatto che il governo puntava a osservare qualche resurrezione (😎) tanto basso era il rischio presente), non dismetti immediatamente ogni forma di isolamento ed anzi promuovi un aumento deliberato del contagio, tu stai impedendo al meccanismo naturale classico di difesa dalle malattie infettive, di agire liberamente, in preda a un delirio di onnipotenza, contrasti la natura per imporre un addomesticamento guidato da tecnologie la cui efficaci assumi dogmaticamente, anche rispetto ad evidenze opposte.
La strategia che l’OMS ha deciso e che molti paesi sviluppati hanno sposato è sbagliata non in dettagli, o almeno non solo in numerosi dettagli che tutti noi abbiamo avuto in questi mesi modo di osservare, ma proprio nella filosofia di fondo, non di concentrare ogni sforzo nell’assecondare le difese naturali, come è proprio nello sviluppare forme di cura, ma con la pretesa rivelatasi fallimentare di sradicare del tutto un virus in una fase in cui esso si era ormai capillarmente diffuso e che ha determinato questo spreco di risorse economiche, strumentali e umane collegate a questa assurdità di eseguire tamponi a tappeto, perfino più di 250 mila al giorno, così distraendole da quel compito primario di ogni sistema sanitario, quello di curare e guarire gli ammalati.
Vorrei che questa triste esperienza della COVID-19 soprattutto per come è stata affrontata dai vari paesi servisse anche a ricordare che qualsiasi sviluppo culturale, per quanto sofisticato, non può sostituire, né contrastare frontalmente la nostra natura, ma deve partire da essa per assecondarla quanto è necessario e indirizzarla verso obiettivi desiderabili quanto è possibile. Andare oltre queste finalità sin dall’inizio da concepire come limitate, presto porterà alla stessa estinzione dell’umanità, o alternativamente all’estinzione della tecnologia, cioè a un ritorno a un mondo selvatico, due prospettive che spero riteniamo tutti da evitare accuratamente.

LA TORRE DI BABELE, di FF

LA TORRE DI BABELE
La montagna ha partorito un altro topolino ed è subito cominciata un’altra zuffa di tutti contri contro tutti.
Difatti, com’è noto, il governo adesso ha imposto nuove misure anti-contagio, dividendo l’Italia in tre fasce (zona rossa, arancione e gialla) in base a criteri che tengono conto della differente situazione delle regioni del nostro Paese per quanto concerne la pressione sul sistema sanitario causata dal virus, ma questi criteri vengono già contestati anche da diversi esperti.
Le regioni, che fino a pochi giorni fa chiedevano che venissero adottate restrizioni più severe, ora criticano il governo perché le nuove misure anti-contagio sarebbero sarebbero insufficienti per ridurre il contagio o, all’opposto, perché sarebbero tropo severe (solo due giorni fa i medici della Lombardia e del Piemonte chiedevano che queste regioni fossero ‘zone rosse’ ma adesso i governatori della Lombardia e del Piemonte criticano il governo perché ha inserito queste regioni nella ‘fascia rossa’).
I ‘nazi-populisti’ dell’opposizione, dal canto loro, pretendono addirittura di sostituirsi ai medici – ossia di stabilire come devono essere curati i malati di Covid – e di debellare il virus lasciando morire a casa i ‘nonni’, perché ormai ‘improduttivi’.
Molti protestano perché penalizzati dalle misure anti-contagio, ma badando soprattutto a difendere i loro interessi e infischiandosene degli interessi nonché della salute degli altri, come se si fosse tornati allo stato di natura immaginato da Hobbes, caratterizzato dalla guerra di tutti contro tutti.
La scuola, che prima del Covid era più simile ad una fabbrica di ‘semicolti idioti’ (nel senso etimologico del termine ossia socialmente più dannosi che utili) che ad un ‘sistema educativo’, è diventata improvvisamente un centro di ‘eccellenza didattica’ di vitale importanza per il Paese, di modo che adesso si può chiudere tutto – fabbriche e ospedali inclusi – tranne la scuola.
Intanto, piccoli ma aggressivi gruppi di interesse si contendono il controllo degli apparati dello Stato per tutelare i loro interessi e/o per imporre i loro ‘particolari valori’ all’intera collettività, spacciandoli per ‘valori universali’, mentre la maggiore preoccupazione del capitalismo ‘tricolore’ è sempre quella di socializzare le perdite e privatizzare i profitti.
Naturalmente, ci sono pure quelli – e il loro numero aumenta ogni giorno, perfino più di quello dei ‘positivi’ – che considerano tutta la ‘vicenda del Covid’ una gigantesca ‘montatura’ allo scopo di instaurare una ‘dittatura sanitaria’, nonostante che lo Stato neoliberale occidentale (meglio ‘rimarcarlo’, dacché in generale in Oriente vi è un diverso ‘senso dello Stato’) sembri una sorta di grottesco e imbelle ‘Stato groviera’ (capace cioè di soddisfare solo gli ‘appetiti’ dei gruppi di interesse più ‘pre-potenti’), per non parlare del governo e della maggioranza ‘giallo-rosa’, che sembrano più simili ad un’armata Brancaleone ma senza Brancaleone (che perlomeno non mancava di coraggio).
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Impossibile quindi evitare il paragone con la Cina.
Tuttavia, che la Cina sia riuscita a mettere ‘sotto controllo’ il virus non importa quasi a nessuno perché i cinesi sono ‘comunisti’ ossia brutti, sporchi e cattivi (al punto che alcuni accusano i cinesi di avere addirittura diffuso intenzionalmente il virus in tutto il mondo). Ma la Cina come ha messo ‘sotto controllo’ il virus?
‘Lockdown’ durissimo per due mesi, controlli capillari e ‘a tappeto’, personale sanitario e ospedali (costruiti, peraltro, in un batter d’occhio) solo per malati di Covid, eccezionale potenziamento del sistema sanitario, immediata ‘rimozione’ dei dirigenti politici o sanitari inetti, controlli severissimi alle frontiere e misure anti-contagio condivise e rispettate dalla popolazione, pena sanzioni severissime, così la Cina ha messo ‘sotto controllo’ il virus
E se si afferma che questo lo possono fare solo i cinesi, perché in Cina vi è una ‘dittatura’, allora come si può al tempo stesso affermare che Italia vi sarebbe una ‘dittatura sanitaria’?
Ma, si obietta, si può credere che gli ‘arconti dell’Occidente’ abbiano davvero a cuore la nostra salute e in particolare quella dei ‘nonni’? Ovviamente no. Sicché per alcuni questa sarebbe la prova migliore che la ‘vicenda del Covid’ è (perlomeno) una ‘mezza bufala’.
Insomma, per costoro il capitalismo si sarebbe imposto con l’inganno, la truffa e il complotto, non mediante il dominio della natura, sapendo cioè porre la natura e la stessa tecnoscienza al servizio degli interessi della classe capitalistica.
Certo, che per la parte più ‘avanzata’ della classe capitalistica il virus costituisca un’ottima occasione per una ‘distruzione creatrice’, al fine di imporre una nuova forma di capitalismo ‘green e digitale’, come, del resto, già stava accadendo prima del Covid, è ben difficile negarlo.
Tuttavia, un conto è controllare il virus in funzione dei propri interessi, un altro è ‘ficcare la testa sotto la sabbia’, lasciando correre liberamente il virus, come se il ‘grande capitale’ si potesse permettere di perdere il controllo della natura (tanto varrebbe pensare che la classe capitalistica occidentale si stia comportando come il Romolo Augusto di Friedrich Dürrenmatt!) e la storia del capitalismo non fosse caratterizzata solo dalla lotta tra dominanti e dominati ma pure dalla lotta tra dominanti e quindi dallo scontro tra ‘vecchio’ e ‘nuovo’ capitalismo, nonché dalla lotta per l’egemonia tra i diversi Stati (altro che ‘megacomplotto internazionale’!).
Nondimeno, che il capitalismo non possa ignorare le sfide della natura e della tecnoscienza, perché per il capitalismo o, meglio, per qualsiasi forma di capitalismo è comunque essenziale ‘vincere’ queste sfide – ossia imprimere, per così dire, il proprio ‘sigillo’ su tutto (virus incluso, che potrebbe pure mutare in modo imprevedibile) – a molti, anzi a troppi, non passa neppure per la mente. Difatti, è assai più facile spiegare tutto con i complotti e le ‘filosofesserie’ sulla ‘biodittatura’.

Disturbare il conducente!?, di Gennaro Scala

LOTTA E TUMULTO_Trascinati per inerzia dentro un dilemma drammatico_Giuseppe Germinario
Lasciamoli lavorare, non disturbiamoli con le proteste, che stanno lavorando davvero molto bene. Le proteste dopo, bisogna pensare alla salute adesso! Peccato che quando vai alla cassa del supermercato non puoi dire: “Segni pure, che i conti li facciamo dopo” come si faceva una volta con i bottegai. Soltanto una popolazione attiva, reattiva rende virtuosi i governanti. Bisogna che abbiano del popolo paura, che sappiano che se si passa il segno, una massa inferocita che non ha nulla da perdere può venire a darti fuoco alla casa, come accadde durante la “rivolta dei Ciompi” a Firenze, secondo il racconto di Barbero (qualcuno ci ha fatto anche una vignetta). Il “governatore della Campania” deve aver intravisto questa possibilità, negli ultimi giorni è diventato meno delirante, più ragionevole. Chi comanda se ne frega della salute e del benessere collettivo. In presenza di una massa passiva, tende a prendere la soluzione che ritiene più comoda. Si è visto in questi mesi, in cui hanno fatto ben poco per prepararsi ad una seconda ondata, che ben era nel novero delle possibilità. Tanto se i ricoveri superano un certo numero tutti chiusi in casa. È automatico. Automatico un corno! si è dimostrata troppa disponibilità e passività verso una misura eccezionale che se prolungata nel tempo diventa una mostruosità.
Sì alle proteste, è un bene che ci siano, e bisogna mantenerle nell’ambito della protesta simbolica democratica. Ma bisogna che siano consapevoli che se si passa la misura può accadere l’impensabile. Tante cose che si credevano impensabili poi sono accadute.

LA CAPUEIDE,

Il sistema dell’informazione ha un ruolo cruciale nelle modalità di condizionamento delle scelte politiche e degli orientamenti. Quando si parla di “opinione pubblica” i più la identificano con gli ascoltatori e i lettori; in realtà sono gli “organi a vario titolo dell’informazione e della formazione dell’opinione”, compresi gli spettacoli di intrattenimento. Le modalità di gestione della crisi pandemica sono dipese in gran parte dalla gestione delle informazioni. Una mistura venefica di allarmismo ed approssimazione che è servita a confondere e condizionare pesantemente. Tra le vittime più o meno consapevoli gran parte del ceto politico, incapace di gestire tempi, rapporti e metodi con il sistema mediatico, quando no consapevolmente connivente. Più che una cupola onnipotente ci troviamo di fronte a dinamiche mosse e sfruttate da centri decisionali i più vari, spesso in conflitto tra loro stessi. Buona lettura_Giuseppe Germinario
LA CAPUEIDE
In questi mesi, grazie al Corriere della Sera e a La7 è diventata il vate del coronavirus, sempre con un occhio attento agli input che arrivano dal Colle. Per lei, scienziata, non esiste il dubbio che è l’anima della ricerca scientifica. Lei ha solo certezze, anche se un giorno è una e un altro giorno è un’altra. Dipende dall’aria che tira.
Il 21 marzo sul Messaggero la Capua fece l’ottimista, esprimendo la “speranza che non ci sarà bisogno del vaccino perché si sarà attenuata la forza del coronavirus, ricordiamoci che nella stragrande maggioranza dei casi chi è infetto è asintomatico”.
Il 25 marzo su La7 prosegue con il mood ottimista: “Il virus sembra allentare la presa. Sono cautamente ottimista, nelle prossime settimane speriamo di vedere il blocco del contagio”. E arriva ad ipotizzare che donne possano diventare il semaforo del via libera: “Il Coronavirus è più aggressivo negli uomini. Si potrebbe pensare di far tornare prima al lavoro le donne”. Idea di poco successo, subito accantonata.
Sempre ottimista, il 31 marzo dice che i “dati spingono all’ottimismo, ma fino a quando non ci sarà immunità di gregge dovremo avere pazienza”.
Il 28 aprile, però, su La7 vira sul pessimismo: “È verosimile una ondata di ritorno”.
Ma il 26 maggio su La7 torna ottimista: “Vi garantisco che se continuiamo ad osservare alcuni comportamenti potrebbe anche non esserci una seconda ondata”.
Il 24 settembre il Presidente Mattarella risponde a Boris Johnson spiegando che noi non siamo come i britannici, perchè “gli italiani amano la libertà, ma anche la serietà”. E subito allineata al verbo mattarelliano, il 29 settembre su La7 la Capua sentenzia che “la seconda ondata arriverà se gli italiani si comporteranno come i britannici”.
E oggi l’Icona del politicamente e sanitariamente corretto nomina l’orrenda formula: “Il vaccino sarà lento, spero nell’immunità di gregge”.
Ascoltando Ilaria Capua torna alla mente il vecchio slogan di un dentifricio: “Con quella bocca, può dire ciò che vuole”. Ma quella era Virna Lisi, ed era una pubblicità di Carosello.
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