La Cina e i cinesi! Come li vediamo, come si vedono_Con Daniela Caruso

Tempo fa Xi Jinping rimproverò a Trump la scarsa conoscenza della civiltà e del modo di pensare dei cinesi. Non è purtroppo una prerogativa esclusiva di quell’uomo politico. Una civiltà, un modo particolare di pensare proprio di una rappresentazione, può avvicinarsi soprattutto per analogie, specie nei primi impatti, alla comprensione di altre civiltà. Se poi a queste difficoltà si aggiungono l’ostinazione degli stereotipi e le forzature connesse alle dinamiche geopolitiche, al conflitto di interessi e alle manipolazioni del confronto politico, facilmente il conflitto e lo scontro politico possono assumere la veste di uno scontro di civiltà e di una lotta tra il bene e il male. La capacità critica e la conoscenza sul campo di Daniela Caruso ci aiutano a capire, già in questa prima puntata, le caratteristiche e le dinamiche di una formazione sociale e di una classe dirigente tutt’altro che arroccata ed avulsa, per non dire insensibile, dal contesto in cui vive e dalle esigenze espresse dalla popolazione. Una classe dirigente abituata al pragmatismo e ai tempi lunghi dai quali sembre spesso rifuggere chi pretende al contrario di darle ancora lezioni, non ostante gli antefatti dolorosi e ignobili dei quali sono responsabili. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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DILEMMI MULTIPOLARI, di Pierluigi Fagan

DILEMMI MULTIPOLARI. Inizia oggi la tre giorni di Xi Jinping in Arabia Saudita. Raro Xi prenda l’aereo e vada fuori il suo Paese. La visita si articolerà in tre giorni e tre riunioni: bilaterale, Cina e Paesi del Golfo, Cina a Paesi arabi. la composizione di quest’ultimo non è al momento chiara. Vediamo in breve il significato.
Il primo e più importante è il venirsi a formare di due modelli di relazioni internazionali. Da una parte quello centrato sugli USA che di recente sembra propendere per una astiosa contrapposizione contro tutti coloro che non uniformano alle forme del modello lib-dem e dall’altra tutti gli altri. Questi altri procedono condividendo relazioni economiche e finanziarie di mercato, in modalità “doux commerce” à la Montesquieu. La formula delle relazioni bilaterali tra questi Paesi è “il rispetto per la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale e la non interferenza negli affari interni reciproci” che è il focus di IR cinese ma che già lo fu alla fondazione settanta anni fa del forum dei paesi non allineati, una configurazione terza rispetto alla contesa tra i due blocchi della guerra fredda che i più si dimenticano di considerare nelle analisi su gli ultimi settanta anni di storia.
Questo punto è assai rilevante. La Cina si presenta non come modello ma come partner, una posizione basata sul principio di reciprocità. Il mondo è pieno di diversità, ma tutti vogliamo star meglio. Star meglio significa sostanzialmente pace e sviluppo economico da riversare in consenso sociale e politico. Questo sul piano formale, su quello sostanziale, la Cina è oggi il principale soggetto statale dotato di capacità di investimento. Ognuno poi a casa sua fa come crede ma ci si incontra poi al crocevia degli scambi, al mercato potremmo dire, antichissima istituzione umana che risale alla notte dei tempi e su cui arabi e cinesi sono storicamente maestri.
Per la Cina, il “mondo arabo” è triplicemente importante: in sé per sé, per sottrarlo all’egemonia occidental-americana, come cerniera verso l’Africa. Quanto all’in sé per sé si declina in questioni energetiche sulle quali gli USA sono ormai autonomi mentre la Cina ha interesse a diversificare i fornitori e non legarsi in maniera troppo esclusiva alla Russia. Ma intorno a questo nucleo ci sono altri tre aspetti. Il primo è il reciproco sviluppo. Il giovane bin Salman, ma è questione che riguarda anche tutte le altre monarchie del Golfo, sa che in prospettiva la rendita energetica diminuirà ed è ora che bisogna avviare ipotetici progetti di diverso sviluppo economico il che, per paesi mono-risorsa e con ben poco di dotazione naturale e tradizione culturale economica moderna, non è facile.
Il secondo è la nascente convinzione che anni e decenni di conflitto armato da quelle parti non hanno portato alcun vantaggio. Dalla fine del conflitto siriano, in generale, da quelle parti soffiano venti di pace sostanziale. Si va dalla riappacificazione tra Qatar e sauditi, ai viaggi israeliani di qui e di là, ai colloqui riservati che vanno avanti da tempo tra sauditi ed iraniani, iraniani e turchi e così via. Fatti apparentemente banali di semplice soft power come i mondiali di calcio in corso, la stessa vittoria ieri del Marocco che è diventato il simbolo della rinascenza arabo-musulmana, forse anche i crescenti dubbi iraniani sulla c.d. “polizia morale”, sembrano dire che da quelle parti si sta formando una idea di comunità internazionale a modo suo simile a quella storicamente intesa dagli stessi occidentali, ma senza gli occidentali dentro. Sauditi ed affini sono da un po’ i maggiori acquirenti di armi, ma prima o poi si presenterà il dilemma tra spesa in armi e spesa in sviluppo.
Il terzo è molto rilevante e poco conosciuto. Noi stessi abbiamo a lungo scritto anni fa di come dietro al Qaida e soprattutto ISIS ci fossero chiari segni di presenza saudita-emiratina. Questo nucleo salafita-wahhabita era poi collegato a quello di diversa origine ma sostanziale similarità pakistano. Questa interpretazione integralista e ultra-tradizionalista dell’islam arrivava a turbare vaste porzioni del mondo musulmano non solo arabo o africano ma anche asiatico, i quattro “-stan” e ovviamente il Xinjiang cinese. Sappiamo che molta manovalanza ISIS nel conflitto siriano proveniva da quelle parti via Turchia. Forse poco noto a noi autocentrati sui destini occidentali ma più del 90% delle vittime di attentati di queste galassie di organizzazioni armate islamiche negli ultimi anni, erano nei paesi musulmani. La stessa penetrazione cinese in Africa deve farci i conti di convivenza. Sembra ora che in accordo anche con gli altri due punti, la strategia geopolitica di questa parte del mondo stia cambiando, la leva ideologico-religiosa sembra diventare meno importante, la cooperazione è in ascesa.
Quanto alla relativizzazione occidental-americana la faccenda è complicata e forse anche non così come l’abbiamo espressa sbrigativamente. Di fatto, l’Europa si sta sottraendo o tentennando ai legami progettuali sul progetto Vie della Seta, nel frattempo però i cinesi puntano all’Asia minore e l’Africa. Le strategie giocano su tempi medio-lunghi e nei fatti, l’Europa potrebbe trovarsi accerchiata dalla rete cinese-multipolare.
Ad un osservatore terzo, tutto ciò non potrà che esser giudicato come sostanzialmente positivo. Che questi Paesi cerchino la loro Via, commercino, si allaccino in reti di reciproco investimento, si scambino culture, è il modo penso auspicato da tutti di trovare un modo di convivenza planetaria in un mondo complesso. Ma forse, “l’osservatore terzo” è una astrazione, siamo tutti geo-storicamente e geo-politicamente collocati.
E veniamo appunto ai “dilemmi”. Qualche giorno fa, le cancellerie tedesco Scholz, ha rilasciato un lungo articolo sulla testata principe delle IR occidentali cioè americane: Foreign Affairs. Scholz ha introdotto un nuovo concetto: lo Zeitenwende, lo “spostamento tettonico epocale”, unitamente al riconoscimento ormai stabilito che la cifra della fase storica è il mondo multipolare, suoi ordini, assetti, problemi ed opportunità.
Lo Zeitenwende è tutta colpa di Putin, la rottura dei principi di convivenza stabiliti dalla carta dell’ONU e per altro anche dal semplice buonsenso. Non una parola sulla responsabilità europee o sulle comprensibili paturnie russe in fatto di sicurezza come fatto di recente da Macron, anzi, è colpa di Mosca se non si sono implementati gli Accordi di Minsk che erano l’unica strada perseguibile in Ucraina.
Da leggere la lunga requisitoria di Scholz contro Putin, un saggio di argomentazioni accusatorie perfettamente in linea con la posizione americo-anglosassone ed anche sintoniche con le idee dell’est Europa su cui Berlino ha rischiato di perdere la storica egemonia con i tentennamenti iniziali. Il pezzo di Scholz vale la pena di esser letto anche perché disegna una strategia del riarmo tedesco e la sua chiara volontà di porsi come futura forza armata di riferimento per l’intera Europa, fatto di non secondaria importanza a cui è legato anche un certo tipo di sviluppo di ricerca tecnologica e produzione industriale. Forse è questa prospettiva imposta nei primi giorni dagli americani che ha portato i tedeschi a cambiare atteggiamento da un giorno all’altro, quasi un anno fa. Ipotizzo che a Macron la lettura dell’articolo non piacerà, ma non è delle questioni interne la nostra area che qui volevamo parlare.
Se Scholz si mostra allineato e coperto nella strategia antirussa degli USA con portati energetici importanti ed altrettanto in termini NATO-Europa centro-nord/orientale, si smarca con decisione dall’idea di accettare il format democrazie-vs-autocrazie americano, quindi di iscriversi alla guerra fredda 2.0 voluta da Washington per mettere ordine al -per loro- “disordine” del mondo complesso. Per Berlino quindi, Europa dentro, Russia sotto ma NON Cina fuori. Infatti, l’ha visitata da poco con codazzo di industriali e banche a ribadire gli storici legami. Tutta l’industrializzazione cinese anni ’80-’90 quella a capitale 51% cinese e 49% partner nelle zone industriali speciali e poi in tutto il paese, era coi tedeschi. Insomma, il mercantilismo tedesco non ha alcuna intenzione di uscire dai circuiti finanziario-commerciali globali.
Le cronache del mondo nuovo multipolare e complesso ci impegneranno molto nei prossimi anni. Un vero peccato che la cultura politica media del nostro Paese ne sia completamente estranea nel pensiero quando ne è e sempre più ne sarà, dipendente nella sostanza.

La geopolitica energetica della Russia con Cina e India_di Andrew Korybko

Due precisazioni: dalle dinamiche geoeconomiche a quelle geopolitiche il passaggio non è così scontato; la connessione diretta ai confini con la Cina favorisce economicamente quest’ultima e i rapporti commerciali Russia-Cina ammontano ancora a sei volte quelli Russia-India. Rimangono l’interesse per un riequilibrio geopolitico della posizione dei russi e la tradizione di lunghi rapporti politici e militari tra Russia e India. Buona lettura, Giuseppe Germinario

I punti principali di questa analisi sono diversi. In primo luogo, la geopolitica energetica della Russia con Cina e India è reciprocamente vantaggiosa. In secondo luogo, la strategia di diversificazione energetica della Cina è bilanciata dall’insaziabile appetito dell’India per le risorse russe scontate. In terzo luogo, l’India sta rapidamente sostituendo la Cina come principale partner della Russia. In quarto luogo, né le suddette discussioni né le discussioni sino-americane in corso su una nuova distensione sono a somma zero per Mosca o Pechino. E finalmente sta emergendo un nuovo equilibrio strategico globale.

Il nucleo RIC della transizione sistemica globale

La Cina e l’India sono i due principali partner della Russia nel mondo, con i quali collabora strettamente sia a livello bilaterale che multilaterale attraverso i BRICS e la SCO . Collettivamente indicati come RIC, sono le forze trainanti nella transizione sistemica globale verso il multipolarismo . Tutti e tre prevedono di riformare le relazioni internazionali in modo che siano più democratiche, uguali e giuste, con un grande passo in quella direzione compiuto attraverso la cooperazione energetica reciprocamente vantaggiosa di Cina e India con la Russia.

Il ruolo della geopolitica energetica nella nuova guerra fredda

Prima di descrivere in dettaglio le dinamiche delle relazioni energetiche della Russia con entrambi, è importante sottolineare rapidamente come ciò aiuti in primo luogo a far avanzare il multipolarismo. In poche parole, garantire la sicurezza energetica delle grandi potenze asiatiche stabilisce una solida base economica su cui accelerare ulteriormente il loro sviluppo. Questo a sua volta stabilizza le loro società, scongiura complotti di divide et impera guidati dall’esterno e li rende forze più potenti da non sottovalutare in tutto il Sud del mondo.

È in quei paesi che comprendono la maggior parte dell’umanità che la Nuova Guerra Fredda dovrebbe essere combattuta più ferocemente per procura. Questa competizione mondiale è tra il miliardo d’oro dell’Occidente guidato dagli Stati Uniti e il Sud del mondo guidato congiuntamente da BRICS e SCO (o maggioranza globale come gli studiosi russi hanno recentemente iniziato a descriverlo) sulla direzione della transizione sistemica globale. Il primo vuole mantenere l’unipolarità mentre il secondo lavora attivamente per costruire un futuro multipolare.

L’asse energetico russo-cinese

Dopo aver spiegato il grande contesto strategico in cui si sta svolgendo la geopolitica energetica della Russia con Cina e India, è giunto il momento di dettagliare ciascuno di questi due assi. A partire da quello russo-cinese, l’energy business forum di martedì ha visto la condivisione di alcune importanti informazioni sui loro legami. Il CEO di Rosneft Igor Sechin ha rivelato che la Russia è ora il principale fornitore di petrolio della Cina dopo aver fornito il 7% delle sue importazioni e si aspetta che le consegne di GNL diventino pari alle forniture di gasdotti nel prossimo futuro.

Il vice primo ministro russo Alexander Novak ha ribadito la loro stretta collaborazione nel settore energetico e ha suggerito che lo sviluppo e la produzione congiunta di attrezzature potrebbe diventare la fase successiva in questo senso. Ha anche rivelato che stanno sviluppando un sistema di accordi per aggirare lo SWIFT e condurre scambi di valute nazionali. Infine, è stata letta una dichiarazione del presidente cinese Xi sull’intenzione del suo Paese di rafforzare ulteriormente i suoi legami energetici con la Russia, in particolare sulle rinnovabili.

L’asse energetico russo-indiano

Passando all’asse energetico russo-indiano, le importazioni di petrolio del suo partner da parte dello stato dell’Asia meridionale sono aumentate di oltre 50 volte dall’inizio dell’operazione speciale di Mosca Gli ultimi dati della società del mercato finanziario statunitense Refinitiv , che per coincidenza sono stati rilasciati più o meno nello stesso periodo del forum sul business energetico russo-cinese di questa settimana, hanno mostrato che l’India ha acquistato il 40% del petrolio russo di qualità degli Urali, rendendola così il più grande importatore di Mosca di questa risorsa e Il principale partner energetico di Delhi con il 22% del totale.

Mentre i dati hanno anche mostrato che la Cina ha importato 1,82 milioni di barili al giorno in ottobre rispetto al picco dell’India di 935.556, ha anche rivelato che il primo ha rappresentato solo il 5% delle esportazioni marittime degli Urali a novembre, anche se gli esperti prevedono che alcune petroliere dirette altrove cambieranno successivamente le loro destinazione per la Repubblica Popolare. In ogni caso, il significato dei suddetti dati è che la Cina è il principale partner energetico della Russia, ma la stragrande maggioranza delle sue importazioni avviene tramite oleodotti mentre l’India avviene via mare.

Confronto e contrasto

Questa osservazione fornisce chiarezza ai recenti rapporti secondo cui alcuni acquirenti cinesi avrebbero sospeso le loro importazioni di petrolio russo prima dell’incombente price cap dell’Occidente che entrerà in vigore il 5 dicembre. Mentre questo potrebbe probabilmente essere interpretato come un tacito “gesto di buona volontà” da parte della Repubblica popolare nei confronti del suo rivale americano per facilitare le loro discussioni in corso su una nuova distensione , è in gran parte superficiale poiché la maggior parte di tali importazioni di petrolio russo avviene tramite oleodotti, quindi ha vinto ‘t influenzare in modo significativo i legami bilaterali.

L’India, nel frattempo, ha respinto con orgoglio pressioni senza precedenti su di essa da parte dei suoi partner nel Golden Billion per continuare ad espandere in modo completo la sua cooperazione energetica reciprocamente vantaggiosa con la Russia. Nel grandioso contesto strategico della Nuova Guerra Fredda, questa è stata una potente mossa di sfida multipolare considerando il desiderio di Delhi di trovare un equilibrio tra i due blocchi de facto. Senza esagerare, ha svolto un ruolo indispensabile nell’accelerare l’ascesa di quel paese a Grande Potenza di rilevanza mondiale .

Acquisti cinesi di oleodotti contro acquisti marittimi indiani

Alla luce delle intuizioni finora condivise in questa analisi sulle dinamiche della geopolitica energetica della Russia con la Cina e l’India, emergono alcune tendenze emergenti. In primo luogo, la Cina continuerà a fare affidamento principalmente sugli oleodotti russi per ricevere il petrolio del paese vicino, mentre l’India continuerà a fare affidamento sulle rotte marittime. Il primo è più economico in quanto riguarda contratti a lungo termine con prezzi fissi mentre il secondo potrebbe essere un po’ più costoso a causa della loro assenza, ma questo non è scontato.

Questo porta l’analisi alla seconda tendenza emergente ed è che il ruolo di primo piano dell’India come principale importatore di energia per via marittima della Russia e la sua volontà politica nel garantire in modo indipendente i suoi interessi nazionali nonostante la pressione straniera le conferiscono un’influenza sproporzionata nella grande pianificazione strategica di Mosca. La dipendenza sproporzionata del Cremlino dalle esportazioni di energia per attutire il colpo alle sue entrate annuali inflitto dalle sanzioni dell’Occidente potrebbe portare anche a Delhi offerte allettanti a lungo termine.

Le conseguenze della strategia cinese di diversificazione energetica  

In terzo luogo, il “gesto di buona volontà” in gran parte superficiale della Cina nei confronti degli Stati Uniti, dopo che alcuni dei suoi importatori avrebbero interrotto l’acquisto di petrolio russo prima dell’incombente tetto massimo, potrebbe liberare più petrolio marittimo da acquistare da parte dell’India, accelerando così la tendenza precedente. Inoltre, la diversificazione energetica attiva di Pechino rispetto al suo recente accordo GNL da 60 miliardi di dollari per 27 anni con il Qatar potrebbe gradualmente erodere la posizione di Mosca come principale fornitore di energia.

Tale sviluppo potrebbe essere accelerato nel caso in cui la Cina riprenda il suo impegno de facto congelato per la prima fase dell’accordo commerciale dell’era Trump per l’acquisto di 50 miliardi di dollari di esportazioni di energia dagli Stati Uniti per facilitare la nuova distensione o premiare Washington per eventuali concessioni potenziali come ritardare a tempo indeterminato le spedizioni di armi a Taiwan. Ciò non significa che l’impegno del presidente Xi di rafforzare i legami energetici con la Russia non sarà rispettato, ma solo che l’impatto potrebbe non essere quello previsto.

Piuttosto, il punto negli ultimi due paragrafi è che la pragmatica strategia di diversificazione energetica della Cina non influirà in modo significativo sulle relazioni con la Russia a causa dei loro accordi di gasdotti esistenti e di quelli sperati di GNL come suggerito da Sechin, ma potrebbe liberare ancora più risorse per l’India da comprare. Mosca sarebbe incline ad estendere i termini preferenziali a Delhi per raggiungere accordi a lungo termine per garantire la stabilità di bilancio, alimentando al contempo l’ascesa del suo partner come Grande Potenza di importanza globale.

La quarta tendenza è quindi che i legami energetici russo-cinesi rimarranno stabili (anche se cambieranno gradualmente forma passando maggiormente al GNL e infine alle rinnovabili) mentre quelli russo-indiani continueranno a crescere. Il limite del secondo sarà solo la capacità produttiva della Russia e la continua volontà politica dell’India di sfidare la pressione occidentale. Questi possono essere corretti attraverso investimenti congiunti e aprendo la strada a un sistema di pagamento dedollarizzato non SWIFT come quello tra Russia e Cina.

Russia-India > Russia-Cina

Infine, l’ultima tendenza è che il partenariato strategico russo-indiano sta rapidamente sostituendo quello russo-cinese in termini di importanza per la grande strategia di Mosca. Questo non vuol dire che i legami russo-cinesi si deterioreranno – niente affatto! – ma solo che si stanno “normalizzando” di fronte alla lotta di Pechino per ricalibrare la sua grande strategia a causa degli sconvolgimenti sistemici globali causati dal conflitto ucraino e delle discussioni in corso con Washington su una nuova distensione che si stanno verificando di conseguenza.

Questi ultimi sviluppi non sono nulla di negativo per le relazioni russo-cinesi, ma suggeriscono che la cosiddetta “epoca d’oro” dei loro legami in cui si presumeva ( col senno di poi inesatto ) fosse sulla stessa identica pagina con uno un altro a tutti gli effetti è finito silenziosamente. Continueranno a lavorare a stretto contatto per riformare le relazioni internazionali nella direzione multipolare attraverso la de-dollarizzazione e forum multilaterali come i BRICS, ma stanno sempre più facendo le cose a modo loro.

Al contrario, le grandi strategie della Russia e dell’India sono rapidamente confluite da febbraio quando entrambe le grandi potenze si sono rese conto di quanto siano sempre state complementari rispetto alla loro visione condivisa di rompere l’ impasse bi-multipolare della transizione sistemica globale. Nessuno dei due voleva perpetuare indefinitamente il duopolio della superpotenza sino-americana che altrimenti avrebbe potuto radicarsi nelle relazioni internazionali, ecco perché si sono sforzati insieme di distruggerlo nell’ultimo anno.

Pensieri conclusivi

I punti principali di questa analisi sono diversi. In primo luogo, la geopolitica energetica della Russia con Cina e India è reciprocamente vantaggiosa. In secondo luogo, la strategia di diversificazione energetica della Cina è bilanciata dall’insaziabile appetito dell’India per le risorse russe scontate. In terzo luogo, l’India sta rapidamente sostituendo la Cina come principale partner della Russia. In quarto luogo, né le suddette discussioni né le discussioni sino-americane in corso su una nuova distensione sono a somma zero per Mosca o Pechino. E finalmente sta emergendo un nuovo equilibrio strategico globale .

Ucraina, il conflitto 21a puntata_azioni coordinate Con Stefano Orsi e Max Bonelli

La mano del generale Surovikin comincia a farsi notare anche sul campo di battaglia oltre che sul più esteso teatro di guerra. Dopo il grande ripiegamento, pressoché indolore, da Kherson, compresa la protezione della popolazione filorussa, questa volta l’impronta è impressa sulla capacità di sostenere, in maniera dinamica, il confronto con l’esercito ucraino su di un fronte ormai ben definito e disegnato. Ormai l’esito del confronto sarà determinato dall’esaurimento di una delle forze in campo piuttosto che dall’avvio di una azione diplomatica, sempre sul punto di emergere, ma senza riuscire ad imporsi. In Ucraina hanno preso piede ormai un vero e proprio regime di guerra ed una economia altrettanto di guerra che ormai procedono per inerzia, per quanto spaventosa. Dal canto loro, gli Stati Uniti, l’attuale leadership, si sono troppo compromessi finanziariamente e politicamente per poter fare un passo indietro. In venti anni hanno creato in Ucraina una vera e propria zona franca nella quale il riciclaggio di denaro, il commercio illegale, le spericolate sperimentazioni di laboratorio fanno da supporto ed incentivo prosaico al disegno di neutralizzazione ed annichilimento della Russia. Una zona franca diventata terreno di pascolo di buona parte del ceto politico responsabile di queste scelte. Nell’altro versante quello che è iniziato come una ipotesi di collaborazione sempre più stretta tra la Russia, la Cina, l’Iran e, un po’ più a latere, l’India si sta tramutando in prime forme di integrazione del complesso militare industriale, nella fattispecie tra Russia ed Iran. Da un mondo unipolare e tendenzialmente bipolare si sta passando ad una fase multipolare sempre più definita. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Le emergenti dinamiche strategico-militari della nuova guerra fredda nell’Asia-Pacifico, di ANDREW KORYBKO

La leadership cinese sente di essere caduta in una trappola dopo che è diventato ovvio che gli Stati Uniti li stanno provocando ad agire militarmente sull’emergente dilemma della sicurezza su Taiwan prima che siano pronti. La verità “politicamente scomoda” è che la Cina è strategicamente più vulnerabile in questo momento di quanto non lo sia stata da decenni, ecco perché ha deciso di guadagnare urgentemente tempo per ricalibrare i suoi piani pluriennali esplorando seriamente i parametri di una nuova distensione con gli Stati Uniti.

Il miliardo d’oro contro il sud del mondo

La nuova guerra fredda tra il miliardo d’oro dell’Occidente guidato dagli Stati Uniti e il sud del mondo guidato congiuntamente da BRICS SCO sulla direzione della transizione sistemica globale si sta attivamente svolgendo nell’Asia-Pacifico. Questa regione è la più popolosa del mondo e anche l’epicentro dei processi di globalizzazione, rendendola così il campo di battaglia più importante in questa competizione globale tra questi due blocchi di fatto. Di conseguenza, le sue emergenti dinamiche strategico-militari dovrebbero interessare tutti.

L’autopsia del deragliamento dei piani della superpotenza cinese

Gli Stati Uniti hanno dato la priorità al contenimento della Russia attraverso la guerra per procura guidata dalla NATO che hanno provocato in Ucraina poiché consideravano quella grande potenza eurasiatica relativamente più debole della Cina, ritenendo che la presunta inevitabile capitolazione strategica di Mosca faciliterà i piani di Washington contro Pechino. Lo stallo che si sta instaurando lungo la linea di controllo (LOC) si tradurrà con il tempo nella vittoria strategica della Russia , tuttavia, ecco perché gli Stati Uniti hanno portato avanti i loro piani anti-cinesi all’inizio di agosto.

Il provocatorio viaggio di Pelosi a Taiwan ha coinciso con la firma da parte di Biden del CHIPS Act , il primo dei quali ha segnato la ripresa del “Pivot to Asia” guidato dai militari degli Stati Uniti che è stato temporaneamente sospeso a causa dell’operazione speciale della Russia, mentre il secondo ha rappresentato una grande escalation in la “corsa tecnologica”. Da allora, AUKUS ha iniziato a fondersi con gli alleati del trattato regionale degli Stati Uniti come il Giappone insieme alla NATO incentrata sull’UE, mentre la nuova tabella di marcia del quadro economico indo-pacifico ha rafforzato la posizione economica degli Stati Uniti.

Queste nuove pressioni economico-militari regionali hanno contribuito alle inaspettate sfide sistemiche scatenate dal conflitto ucraino, rischiando di far deragliare la traiettoria speculativa della superpotenza cinese . In risposta, la nuova leadership cinese che si è insediata dopo il 20° Congresso nazionale del mese scorso ha iniziato a esplorare i parametri di una nuova distensione con gli Stati Uniti nel tentativo di alleviare temporaneamente alcune delle suddette pressioni, guadagnando tempo per ricalibrare i loro piani pluriennali.

Il percorso verso una nuova distensione americano-cinese

Questo era esattamente ciò che l’esperto cinese di fama mondiale Henry Kissinger prevedeva sarebbe accaduto , anche se non è chiaro se alla fine verrà raggiunto un tale equilibrio pragmatico di interessi tra queste due superpotenze al fine di sostenere il sistema bi-multipolare in dissolvenza in cui hanno condiviso interessi. Quella fase intermedia della transizione sistemica globale si sta rapidamente evolvendo verso la tripolarità prima della sua forma finale di multipolarità complessa (“multiplexity”) dovuta al magistrale atto di equilibrio dell’India .

Questa grande potenza in ascesa si è dimostrata in grado di allinearsi pragmaticamente tra il Golden Billion e il Global South di cui fa parte per diventare il kingmaker nella Nuova Guerra Fredda, il cui ruolo è oggi riconosciuto anche dai media e dagli Stati Uniti rappresentanti dello stato nonostante le precedenti smentite . L’ interazione risultante tra Stati Uniti, Cina, Russia e India – i quattro attori più significativi a livello globale nella transizione sistemica – crea in modo intrigante le basi per far avanzare la Nuova Distensione.

A tal fine, il ministro della Difesa cinese ha appena tenuto colloqui con il suo omologo americano in Cambogia nonostante avesse precedentemente sospeso l’impegno militare a militare all’indomani del provocatorio viaggio di Pelosi in agosto. Il segretario di Stato americano Blinken prevede inoltre di visitare Pechino all’inizio del prossimo anno per sfruttare i progressi politici raggiunti nello scioglimento delle tensioni tra queste due superpotenze dopo il primo incontro di persona dei loro leader durante il G20 della scorsa settimana in Indonesia.

Ricalibrazioni strategico-militari regionali

Sul tema di quel leader dell’ASEAN posizionato geostrategicamente, il suo ministro della Difesa ha appena riaffermato la sua neutralità di principio nella Nuova Guerra Fredda, riducendo così le possibilità (almeno per ora) che faciliterebbe passivamente l’anti- Piani di contenimento cinesi. Ciò contribuirà a placare ulteriormente le tensioni tra le superpotenze americana e cinese mentre continuano a esplorare i parametri di una nuova distensione.

Tuttavia, nessuno dovrebbe aspettarsi che gli Stati Uniti concedano unilateralmente ciò che considerano soggettivamente nel proprio interesse nazionale. La pressione militare continuerà ancora ad essere esercitata sulla Repubblica popolare, come evidenziato dal viaggio del vicepresidente Harris nelle Filippine, che è stato ampiamente interpretato come una riaffermazione dell’impegno di difesa reciproca dell’America nei confronti del suo alleato del trattato nel mezzo della sua accesa disputa territoriale con la Cina sul Mar Cinese Meridionale. .

Parlando di alleati del trattato, ci si aspetta che tutti diventino il nucleo di un’alleanza militare regionale simile alla NATO guidata dagli Stati Uniti incentrata su AUKUS, anche se tale non è mai stata dichiarata ufficialmente né tutti i membri finiscono con uguali impegni di difesa reciproca a uno altro. Lo scopo di questa piattaforma sarà tenere sotto controllo l’ascesa della superpotenza cinese, indipendentemente dal fatto che si compiano progressi verso il raggiungimento di una nuova distensione. In pratica, questo vedrà Australia, Giappone, Filippine, Corea del Sud e Thailandia giocare un ruolo da protagonisti.

Il nuovo normale”

La graduale espansione della NATO originale verso l’Asia-Pacifico integrerà le capacità militari e il potenziale complessivo della sua controparte emergente, servendo così a massimizzare il contenimento della Cina da parte dell’America. Sebbene non sia chiaro quale ruolo giocherà Taiwan in questo quadro guidato dagli Stati Uniti, è possibile che Washington possa tenerlo relativamente a debita distanza se si raggiungesse una nuova distensione per evitare di provocare Pechino, anche se nessuno dovrebbe aspettarsi che la loro cooperazione globale finisca .

Le grandi sfide strategiche che la Cina sta affrontando nella sua regione d’origine (comprese quelle sistemiche scatenate dal conflitto ucraino che sono state precedentemente spiegate nel relativo collegamento ipertestuale) dovrebbero quindi peggiorare e diventare istituzionalizzate fino al punto di trasformarsi nella “nuova normalità” . La nuova piattaforma militare AUKUS+ dell’Asia-Pacifico degli Stati Uniti diventerà la base su cui verrà ampliata la rete economica prevista, il che farà pressione sulla Cina in modo olistico come mai prima d’ora.

Fintanto che la sua autodichiarata ” linea rossa numero uno ” di Taiwan non sarà oltrepassata, è improbabile che la Repubblica popolare inizi la sua operazione speciale di tipo russo in risposta a questo innegabile dilemma di sicurezza tra essa e i suoi oppositori sistemici tra i Golden Miliardi. La ragione di questa previsione è che la grande strategia della Cina è stata completamente deragliata dalla combinazione delle sfide sistemiche scatenate dal conflitto ucraino e dalle mosse opportunistiche economico-militari degli Stati Uniti dopo agosto.

La risposta pragmatica della Cina alla trappola degli Stati Uniti

La sua leadership, sia quella precedente prima del 20° Congresso Nazionale di ottobre sia quei nuovi membri che sono entrati in carica a seguito di quell’evento, si sentono come se fossero stati condotti in una trappola dopo che è diventato ovvio che gli Stati Uniti li stanno provocando ad agire militarmente su questo dilemma di sicurezza prima che siano pronti. La verità “politicamente scomoda” è che la Cina è strategicamente più vulnerabile in questo momento di quanto non lo sia stata da decenni, motivo per cui ha deciso di guadagnare urgentemente tempo per ricalibrare i suoi piani pluriennali.

Questo spiega perché ha ripreso l’impegno militare con gli Stati Uniti a livello di ministro della Difesa, nonostante lo avesse sospeso in risposta al viaggio provocatorio di Pelosi in agosto, anche se gli Stati Uniti non hanno ancora fatto nulla in cambio. Lo stesso si può dire per i contatti del presidente Xi con il nuovo leader australiano, anche se il paese di quest’ultimo non ha fatto marcia indietro su nessuna delle sue aggressioni non provocate contro la Cina, responsabili del peggioramento delle loro relazioni nell’ultimo mezzo decennio.  

Dove sono finiti tutti i “Wolf Warriors”?

Per essere chiari, queste concessioni apparentemente unilaterali da parte della Cina sono superficiali per ora e vengono effettuate per motivi di buona volontà al fine di portare le discussioni sulla nuova distensione al livello successivo, ma confermano anche inavvertitamente quanto sia strategicamente vulnerabile in questo momento che lo sta facendo anche in primo luogo. L’ottica di queste mosse contrasta con le percezioni della politica cinese che erano state precedentemente spinte dai suoi cosiddetti ” guerrieri lupo “, che curiosamente sembrano essersi zittiti.

Le loro voci hanno raggiunto un crescendo all’inizio di agosto prima del viaggio provocatorio di Pelosi, ma poi sono state rapidamente messe a tacere dopo la risposta calma e strategicamente responsabile della Cina (o la sua mancanza). Col senno di poi, quello sviluppo del soft power suggeriva che i grandi calcoli strategici della sua leadership avevano tacitamente cominciato a cambiare per le ragioni precedentemente menzionate, da qui la necessità di “domare i lupi” (almeno per il momento) esplorando i parametri di una nuova distensione al fine di mantenere la buona volontà durante i colloqui.  

Questa intuizione suggerisce che gli osservatori possono monitorare i media cinesi per suggerimenti sui progressi compiuti dietro le quinte per raggiungere un equilibrio pragmatico di influenza tra le due superpotenze. La continua tendenza a criticare solo moderatamente gli Stati Uniti, sia in generale che in particolare per quanto riguarda le relazioni con la Cina, e persino a lodarli occasionalmente, suggerirebbe che tutto rimane sulla buona strada per il momento come dovrebbe essere il caso almeno fino al viaggio di Blinken a Pechino all’inizio del 2023.

Pensieri conclusivi

Nel frattempo, gli Stati Uniti cercheranno di rafforzare ulteriormente i propri risultati economico-militari nell’Asia-Pacifico al fine di renderli la “nuova normalità”, che terrebbe sotto controllo la Cina indipendentemente dal fatto che alla fine si raggiunga una nuova distensione pur funzionando come un modo per “salvare la faccia” se congela il suo già alto livello di cooperazione globale con Taiwan come “concessione” a Pechino. Finché la “linea rossa numero uno” della Cina non sarà oltrepassata, le dinamiche strategico-militari di questo pezzo rimarranno sulla buona strada.

Le trappole del Medio Oriente_con Antonio de Martini

Il pendolo dei focolai di crisi continua ad oscillare tra l’Europa e Taiwan con una tappa obbligata, ormai da decenni, in Medio Oriente. L’Iran e la Turchia tornano alla ribalta con l’emergere di pesanti crisi interne, ma con alcune novità determinanti: la capacità di reazione e di movimento delle classi dirigenti dominanti e del ceto politico da queste espresso; il contesto geopolitico che vede emergere nuovi grandi attori e che riesce ad offrire una sponda meno precaria a questa volontà di resistenza e di intraprendenza. Gli schemi adottati in Libia e in Siria si rivelano quindi meno efficaci, non ostante la serietà dei problemi interni ai rispettivi paesi. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Analizzando l’interazione USA-Cina-Russia-India nella transizione sistemica globale, di Andrew Korybko

Si spera che l’intuizione di questa analisi possa aiutare a guidare la ricerca di altri nella transizione sistemica globale, che continuerà a svolgersi attraverso l’attuale “Età della complessità”. Senza apprezzare i ruoli, gli interessi e l’interazione tra questi giocatori di ciascuno di questi giocatori, i ricercatori non saranno in grado di produrre il lavoro più accurato possibile, ergo lo scopo di questo pezzo.

L’ordine mondiale multipolare

La transizione sistemica globale verso il multipolarismo , che ha preceduto l’ultima fase del conflitto ucraino ma ne è stata accelerata senza precedenti, ha contribuito direttamente a creare la Nuova Guerra Fredda tra il Golden Billion dell’Occidente guidato dagli Stati Uniti il Global Sud innegabile. Ci sono quattro attori principali nella competizione mondiale: Stati Uniti, Cina, Russia e India, ognuno dei quali svolge un ruolo unico.

Il ruolo degli Stati Uniti

L’America vuole ritardare indefinitamente l’inevitabile declino della sua egemonia unipolare, a tal fine sta tentando di contenere contemporaneamente Cina e Russia. Gli Stati Uniti sembrano aver riconosciuto che la direzione multipolare della transizione sistemica globale è irreversibile dopo che il segretario stampa della Casa Bianca ha appena elogiato il crescente ruolo globale del primo ministro indiano Modi, nonostante il suo paese avesse precedentemente fatto pressioni affinché si sottomettesse. Ciò suggerisce una complementarità strategica che verrà toccata in seguito.

Il ruolo della Cina

Passando al ruolo della Cina, prevedeva di riformare gradualmente il modello di globalizzazione incentrato sull’Occidente, ma richiedeva l’assenza di conflitti tra le grandi potenze per avere successo. Di conseguenza, ” Il conflitto ucraino potrebbe aver già fatto deragliare la traiettoria della superpotenza cinese “, ma ciò non significa che non possa ancora essere la Grande Potenza economicamente più potente nell’emergente Ordine Mondiale Multipolare. Perché ciò accada, tuttavia, la transizione sistemica globale deve prima stabilizzarsi.

Il ruolo della Russia

L’ operazione speciale della Russia in Ucraina, iniziata per difendere l’integrità delle sue linee rosse di sicurezza nazionale lì dopo che la NATO le aveva attraversate clandestinamente, ha catalizzato una reazione a catena di conseguenze che hanno cambiato il mondo. Questo paese è stato improvvisamente catapultato a diventare il leader de facto del Movimento Rivoluzionario Globale (GRM) per porre fine radicalmente all’unipolarismo, fine a cui i suoi grandi interessi strategici sono ora serviti facilitando la completa decolonizzazione dell’Africa e l’ascesa delle grandi potenze eurasiatiche.

Il ruolo dell’India

La più importante tra le ultime categorie menzionate è indiscutibilmente l’India, che ha gestito magistralmente le conseguenze caotiche del conflitto ucraino attraverso la sua politica pragmatica di neutralità di principio nella Nuova Guerra Fredda per diventare il kingmaker in questa competizione mondiale. Al fine di aiutare il suo attento equilibrio tra il Golden Billion e il Sud del mondo di cui fa parte, l’India sta attivamente assemblando un nuovo Movimento dei non allineati (” Neo-NAM “) che spera di guidare in modo informale.

Gli interessi degli Stati Uniti

Avendo acquisito familiarità con i ruoli generali svolti da Stati Uniti, Cina, Russia e India nella transizione sistemica globale, è ora possibile vedere dove ciascuno si completa e contraddice l’altro. Gli Stati Uniti sperano di raggiungere una “nuova normalità” nella competizione sempre più tesa con la Cina attraverso una possibile nuova distensione; fantastica sulla ” balcanizzazione ” della Russia; e spera di utilizzare il Neo-NAM a guida informale indiana per gestire in modo più efficace la Repubblica popolare in tutto il Sud del mondo.

Gli interessi della Cina

Per quanto riguarda la Cina, anch’essa condivide l’interesse ad esplorare i parametri di una nuova distensione, purché non la portino a cedere unilateralmente sui suoi oggettivi interessi nazionali (il che spiega il successo degli incontri del presidente Xi con i suoi omologhi occidentali alla scorsa settimana G20); rimane impegnato a cooperare con la Russia al fine di riformare gradualmente il modello di globalizzazione incentrato sull’Occidente; e ha interessi simili rispetto all’India, in particolare nel fare da pioniere nel secolo asiatico .

Gli interessi della Russia

Per quanto riguarda la Russia, idealmente vorrebbe congelare la linea di controllo (LOC) in Ucraina tramite un accordo con gli Stati Uniti (nel cui scenario la sua operazione speciale sarebbe comunque un successo ); condivide la visione della Cina di riformare gradualmente il modello di globalizzazione incentrato sull’occidente; e sta dando la priorità all’India come suo principale partner nella transizione sistemica globale poiché quei due aspirano a creare congiuntamente un terzo polo di influenza ( insieme all’Iran ) per rompere l’ attuale impasse bi-multipolare di questa stessa transizione.

Gli interessi dell’India

L’India, a quanto pare, è indispensabile per tutti e tre i suoi pari. La sua crescente partnership strategica con gli Stati Uniti aiuterà questi due a raggiungere il loro obiettivo comune di gestire l’ascesa della Cina; il Neo-NAM che spera di guidare in modo informale ridurrà la pressione occidentale sulla Russia sbloccando una miriade di opportunità per Mosca in tutta l’Eurasia e nel resto del Sud del mondo; mentre il secolo asiatico di cui la Cina vuole aprire la strada è impossibile senza l’eguale partecipazione dell’India alla risoluzione delle loro controversie sui confini una volta per tutte.

Le contraddizioni degli Stati Uniti con i suoi pari

A parte la frase precedente sui piani dell’America di “balcanizzare” la Russia, l’intuizione precedente si è concentrata solo sulle possibili complementarità di ogni giocatore tra loro, quindi perché il seguito esaminerà ora le loro contraddizioni. Gli Stati Uniti temono la capacità della Cina di continuare a funzionare come il suo unico vero concorrente sistemico e potrebbero quindi sospettare che una nuova distensione potrebbe far guadagnare a Pechino il tempo necessario per guadagnare un vantaggio su di essa, mentre il Neo-NAM a guida informale indiana potrebbe eventualmente limitare l’influenza degli Stati Uniti.

Le contraddizioni della Cina con i suoi pari

La Cina considera anche gli Stati Uniti come il suo unico vero concorrente sistemico e potrebbe sospettare che una nuova distensione potrebbe far guadagnare a Washington il tempo di cui ha bisogno per ricalibrare la sua grande strategia al fine di contenere più efficacemente la Repubblica popolare in un secondo momento. Anche se Cina e Russia cooperano strettamente nella costruzione di istituzioni multipolari, la prima non si rende conto di come l’operazione speciale di quest’ultima abbia destabilizzato la globalizzazione, mentre non ha nemmeno piena fiducia che l’India non aiuterà gli Stati Uniti a contenerla.

Le contraddizioni della Russia con i suoi pari

La Russia non lo dirà mai apertamente, ma sembra risentirsi per il fatto che la Cina rispetti ufficiosamente molte delle sanzioni statunitensi contro di essa per paura che le sue società vengano colpite dalle cosiddette sanzioni secondarie che potrebbero ridurre la loro competitività globale nei confronti dell’America quelli, soprattutto in Europa. Non ci sono simili risentimenti nei confronti dell’India dal momento che il presidente Putin apprezza sinceramente la sua coraggiosa sfida alla pressione degli Stati Uniti e il continuo impegno per la loro partnership strategica che letteralmente cambia il mondo.

Le contraddizioni dell’India con i suoi coetanei

Proprio come la Russia non criticherà apertamente la Cina, nemmeno l’India criticherà apertamente gli Stati Uniti nonostante l’ intensa campagna di infowar di quest’ultimo contro i suoi legami con la Russia a causa dell’interesse di Delhi a mantenere relazioni cordiali con Washington per rimanere il kingmaker nella Nuova Guerra Fredda . Per quanto riguarda la Cina, l’India sospetta di voler diventare il “senior partner” del Secolo asiatico e imporre così un sistema unipolare al continente, mentre non sussistono dissensi o sospetti rispetto alla Russia.

La previsione politica degli Stati Uniti

Da questa rassegna degli interessi complementari e contraddittori di ciascun giocatore, è possibile raccogliere alcune informazioni sulle loro politiche potenzialmente imminenti. Gli Stati Uniti potrebbero pragmaticamente fare pressioni su Kiev affinché accetti un cessate il fuoco con la Russia o potrebbero prolungare artificialmente quella guerra per procura a tempo indeterminato; una nuova distensione con la Cina sarebbe reciprocamente vantaggiosa, ma solo se quei due prima ripristinassero una parvenza di fiducia, che non può essere data per scontata; e il Neo-NAM indiano ha la sua giusta quota di pro e contro per gli Stati Uniti.

Previsioni politiche cinesi

La Cina accetterà una nuova distensione con gli Stati Uniti solo se questi ultimi smettono di agitare le sciabole su Taiwan e compiono mosse tangibili nella direzione di porre fine gradualmente alla loro guerra commerciale o almeno di congelarla indefinitamente, nessuna delle quali è ancora avvenuta; le relazioni con la Russia rimarranno stabili ma non si prevede che si espandano in modo completo nel dominio economico fintanto che rimarranno in vigore le sanzioni statunitensi, che Pechino non violerà in modo significativo; e gli obiettivi massimalisti rendono improbabile una risoluzione della disputa sul confine indiano.

Previsioni politiche della Russia

Come accennato in precedenza, la Russia ha interesse a congelare la LOC in Ucraina al fine di consolidare i limitati successi della sua operazione speciale a fronte di crescenti battute d’arresto negli ultimi tempi, ma è improbabile che conceda ulteriore terreno come parte di un accordo speculativo; continuerà a cooperare con la Cina, ma rimarrà deluso dal fatto che Pechino abbia rispettato ufficiosamente le sanzioni statunitensi, erodendo così la fiducia nell’impegno del suo partner per il multipolarismo; mentre le relazioni con l’India continueranno a fiorire in tutti i regni.

Previsioni politiche dell’India

L’India non si schiererà dalla parte degli Stati Uniti nella Nuova Guerra Fredda, ma non si schiererà nemmeno contro gli altri, il che significa che il Neo-NAM che spera di guidare può essere un’efficace piattaforma di bilanciamento per tutte le parti; simile nello spirito al modo in cui l’India non concederà unilateralmente sui suoi oggettivi interessi nazionali di fronte alla pressione degli Stati Uniti per prendere le distanze dalla Russia, non concederà nemmeno la stessa di fronte a possibili pressioni cinesi sulla loro disputa sui confini; e per quanto riguarda la Russia, il loro asse multipolare in Eurasia continuerà a rafforzarsi.

Previsione dello scenario globale

Alla luce delle osservazioni di cui sopra, si possono prevedere i seguenti scenari: Stati Uniti e Cina continuano a esplorare seriamente i parametri di una nuova distensione al fine di restituire un senso di certezza al sistema globalizzato in cui entrambi hanno interessi altrettanto significativi (sebbene con diversi obiettivi in ​​mente); l’asse russo-indiano accelererà il declino dell’unipolarismo bilanciando pragmaticamente la Cina nel Sud del mondo; e il Neo-NAM a guida informale indiana sarà corteggiato dai tre pari di quel paese.

Punti in comune USA-Cina e Russia-India

Questa interazione tra i primi quattro attori della transizione sistemica globale appare la più probabile se si tiene conto dei loro ruoli e interessi, questi ultimi complementari e contraddittori. Gli Stati Uniti e la Cina sembrano curiosamente avere più cose in comune di quanto si possa pensare a prima vista a causa del loro ruolo di superpotenze (sia esistenti che speculativamente aspiranti), mentre lo stesso si può dire anche di Russia e India considerando il loro attuale ruolo di Grande Poteri.

Dinamiche contrastanti USA-Cina e Russia-India

Detto questo, i ruoli simili svolti da Stati Uniti e Cina significano anche che non si può escludere un’ulteriore competizione tra di loro poiché nessuno dei due si fida sinceramente dell’altro per non cercare di ottenere un vantaggio su di loro in una possibile Nuova Distensione. Nessuna diffidenza di questo genere caratterizza l’asse russo-indiano, tuttavia, né lo è mai stato da quando storicamente hanno goduto di relazioni così eccellenti che la loro partnership rappresenta un esempio di ciò che ogni coppia di paesi cerca di ottenere l’uno con l’altro nel migliore dei casi. .

Fattibilità contrastante tra Stati Uniti, Cina e Russia e India

Considerando tutto ciò, mentre non è chiaro se Stati Uniti e Cina metteranno da parte le loro divergenze per cercare di stabilizzare il sistema globale (indipendentemente da quanto tempo lo faranno e nonostante il loro successo o meno), non ci sono dubbi sul fattibilità dell’asse russo-indiano. La prima relazione rimarrà così pervasa dall’incertezza, mentre la seconda non ha alcuna possibilità credibile che emergano complicazioni irrisolvibili tra le sue metà costituenti.

Confronto dell’influenza USA-cinese e russo-indiana

Quindi, si può dire che queste coppie abbiano uguale influenza sugli affari globali a modo loro: il futuro dei legami USA-Cina ripristinerà una certa certezza e stabilità al sistema mondiale o accelererà ulteriormente la sua discesa nel caos; mentre il futuro dei legami russo-indiani continuerà a ripristinare i suddetti in Eurasia e infine nel resto del Sud del mondo indipendentemente dai legami delle superpotenze. Avvicinati da questa prospettiva, la Russia e l’India hanno un ruolo molto più importante di quanto molti potrebbero pensare.

Pensieri conclusivi

Complessivamente, si spera che l’intuizione di questa analisi possa aiutare a guidare la ricerca di altri nella transizione sistemica globale, che continuerà a svolgersi attraverso l’attuale “Età della complessità”. Senza apprezzare i ruoli, gli interessi e l’interazione tra questi giocatori di ciascuno di questi giocatori, i ricercatori non saranno in grado di produrre il lavoro più accurato possibile, ergo lo scopo di questo pezzo. Tutti guadagneranno su altri dagli Stati Uniti, dalla Cina, dalla Russia e dall’India contribuendo alla crescente letteratura su questo argomento.

https://korybko.substack.com/p/analyzing-the-us-chinese-russian?utm_source=post-email-title&publication_id=835783&post_id=85531128&isFreemail=true&utm_medium=email

COSA È CAMBIATO?_di Pierluigi Fagan

COSA È CAMBIATO? (Spoiler: non lo so). Due post fa ricordavo le dichiarazioni di Biden ad inizio ottobre che segnavano un deciso cambio di atteggiamento verso Russi, Putin e guerra in Ucraina. “Deciso” non sarà sembrato a chi non si interessa di questioni internazionali dove vige un codice simbolico per il quale anche piccoli accenni di qua e non di là fanno segnale, differenza, quindi informazione. Da allora, continuo il flusso di segnali, alcuni in una direzione, altri a mantenere calda l’atmosfera, ma seguendo chi diceva cosa e che potere ha, sempre più di un tipo e sempre meno dell’altro. Il generale Milley ha alla fine messo giù carte decise dicendo che era giunto il tempo di trattare, che gli ucraini avevano dato il massimo e di più non si poteva pretendere, ieri ha apertamente detto che la situazione sul campo non è credibilmente migliorabile. Attenzione, trattare non è pace, si può trattare per anni ed anni e così rendere di fatto una situazione che non si può accettare ufficialmente. Russia e Giappone non hanno ancora firmato la pace dopo 77 anni dalla IIWW.

Nel frattempo, i russi si ritiravano da Kherson, sia segnale di accettazione del presunto stato del campo ovvero darsi il Dnepr come confine, sia ovvia mossa di logistica militare. La questione del missile polacco ha mostrato come il dibattito pubblico non capisce quasi nulla di ciò che succede. Ho letto la notizia a tutta pagina prima di andare a letto ed ho pensato “ma perché mettere a tutta pagina una stupidaggine del genere?”. Un singolo missile a pochi chilometri dal confine di un paese in guerra è evidentemente un errore, non importa fatto di chi, certo non si attiva l’art. 5 della NATO per una cosa del genere. Viepiù in un clima generale che stava andando verso il sedersi al tavolo, anzi proprio questo generale andare verso il tavolo (USA-Russia), poteva ben spiegare chi aveva intenzione di sparare un missile dove non doveva.
Che Zelensky (nome collettivo dell’élite ucraina al potere) non abbia alcuna voglia di andare al tavolo e sostanzialmente accettare lo stato del campo o giù di lì (trattando qualcosa potrebbe ottenere se gli americani su un altro tavolo dessero qualcosa ai russi in termini di architettura di sicurezza generale), si comprende. Tuttavia, si spera siano abbastanza intelligenti da capire che affidarsi alle volontà strategiche di una iper-potenza dominante, comporta accettare questi cambi repentini di postura. Probabilmente, più si scende lungo la scala di rilevanza politica di questa scala, meno intelligenza si trova. Questo era noto e ne scrivemmo mesi fa, difficile per i vertici del potere ucraino richiamare ora le frange eccitate dal conflitto, armate, eroizzate, rese protagoniste, eccitate dal traffico d’armi e relativi introiti ed ora destinate a tornare nell’ombra. In questi casi capita anche che ti lancino un razzo a tua insaputa rendendo così palese che tu certe cose non le controlli.
Il che vale anche per il corteo di quelli che una volta si chiamavano “servi sciocchi” dell’establishment europeo e mediatico. Hanno preso tutti a vibrare all’unisono al segnale che forse, sì, era giunta “l’ora più buia” l’altra sera. Poi si sono resi conto che gli americani avrebbero sostenuto la tesi dell’incidente di tiro degli ucraini anche se il razzo fosse stato avvolto nel tricolore blu-bianco-rosso. Si capisce le opinioni pubbliche non siano veloci a cogliere i mutamenti di quadro, ma quelli che hanno responsabilità politiche e di interpretazione mostrano semmai più stupidità il che è sconfortante una volta di più.
Gente che in questi mesi è andata a dire che ii russi volevano andare a Berlino, poi che volevano prendere tutta l’Ucraina, che Putin aveva evidenti segnali di malessere psichico e fisico, poi che sarebbero crollati sotto le sanzioni, poi che ci sarebbe stato un colpo di stato contro Putin, poi che i russi avevano finito i missili, i soldati, i carrarmati, che ci si sarebbe fermati solo riconquistando la Crimea, che forse si poteva nuclearizzare Mosca preventivamente o forse anche solo con le armi convenzionali. Tonnellate e tonnellate di sciocchezze emesse 7/24 con sciami di replicatori su i social a creare nuvole di falsa percezione, altro che fake news. Anche loro, come gli eroi ucraini al fronte, ora presi in contropiede.
L’altro giorno a Bali, riunione dei G20, Biden ha dato altri segnali con Xi Jinping. E vabbe’ ci sarà competizione accesa ma forse conviene rimanere dentro quadrati predefiniti di ciò che si può e non si può dire o fare. Se ne riparlerà in un prossimo incontro sino-americano tra addetti ai lavori tecnici. La Dichiarazione di Bali, che si disperava si potesse avere in comune e che invece gli americani volevano fortemente, ammette che non tutti erano d’accordo, specie sulle unilaterali attribuzioni di colpe e sulle sanzioni ma che sì, la guerra perturba l’economia mondiale (che è l’oggetto per cui esiste il formato G20). Già, ne parlammo tempo fa a proposito della “pace multipolare”, la grande parte del mondo questa guerra non la voleva, non la vuole, la rifiuta come perno per operare in logica geopolitica contro la logica geoeconomica che dà speranze di sviluppo a tutti loro. Atteggiamento che vale verso gli americani, gli europei, i russi. Molti non hanno capito cosa significa “multipolare”, ovvero che gli attori sono tanti diversi, ognuno col proprio interesse e punto di vista. È da questa pluralità che può emergere un mondo sì dinamico (il mondo statico-ordinato tocca scordarcelo per sempre) ma più equilibrato come si conviene ad ogni sistema iper-complesso.
Biden se l’è sentito dire e ripetere a soggetto specifico Asia ed atteggiamento verso la Cina, nell’incontro precedente a Bali con gli ASEAN, gli 11 paesi asiatico orientali senza i quali la strategia di contenimento dei cinesi pensata a Washington non va da nessuna parte. Ma per la verità quella strategia era noto non andasse da nessuna parte. Da tempo penso che i circoli geopolitici di Washington sappiano qualcosa di Europa, Russia, Medio Oriente ma quanto all’Asia, mostrano di non saperne quasi nulla. Una cosa come quella della “Pelosi goes to Taiwan” la fai solo se non conosci i minimi termini di base della mentalità asiatica, asiatico confuciana diciamo. Tutta la storia dell’Indo-Pacifico ed i corteggiamenti multipli ai vicini del gigante di Beijing, mostra inquietanti segnali di wishful thinking. Ma si sono mai presi i dati di import-export di questi Paesi prima di pianificare strategie? Taiwan, per dirne una, a parte distare poche miglia dalla costa cinese, ha il 40% tanto dell’import che dell’export con RPC-Hong Kong. Alle brutte, basta un blocco navale totale e la sospensione totale di ogni scambio con l’isola che dopo due-tre settimane il capitalismo taiwanese farebbe un colpo di stato in favore di “una nazione, due sistemi” altro che Terza guerra mondiale. Se sottrai di colpo il 40% di un sistema, il sistema crolla per implosione.
Rimane la domanda: cosa ha cambiato la postura americana? Attenzione, di nuovo, in politica internazionale non puoi mai esser certo e definitivo, potrebbe esser un “buying time” in favore di cosa non so dire, ma un cambio moderato e però significativo c’è.
In questi due mesi pendeva la spada di Damocle delle elezioni in USA. Ora sappiamo che: 1) i democratici hanno salvato il Senato; 2) i repubblicani hanno preso la Camera; 3) l’area Trump ha problemi interni allo schieramento repubblicano. Tante altre cose del complesso ambiente economico e finanziario stelle e strisce non le sappiamo anche se possiamo intuire che siano, a parte ovviamente il complesso militar-industriale, più o meno sulle stesse posizioni di chi questo innalzamento della temperatura del conflitto non lo vuole per niente. Si fa presto a dire “friendshoring”, farlo è tutt’altro conto. Di questi tempi la nostra attenzione è strapazzata di qui e di là, forse pochi hanno registrato che Facebook ha operato 11.000 licenziamenti, più quelli di Musk a Twitter ed i prossimi di Amazon verso cui comincia qui in Europa a montare un certo fastidio allargato visto che chiudono negozi, gente va per strada, quei camioncini con lo sbaffo del sorriso inquinano e complicano il traffico, rubano dati, le vendite mondiali di smartphone sono in decisa contrazione etc.. Ma come? L’Era dei Dati, il mondo digitale e metaversico, il “Futuro”? Il Grande Reset è durato lo spazio di un mattino? Non ci sono più le distopie di una volta. Ma poi, questo comparto, non era poi il principale sponsor anche finanziario del partito democratico?
Andranno fatte ricerche ed analisi più a grana fine. I dem, forse, vedono la possibilità di spaccare i repubblicani tra l’area old style conservatrice ma sennata e l’area populista arruffona dissennata e quindi vedono luce per le elezioni fra due anni che prima erano buie. Gli alleati o i potenziali tali, stanno facendo sapere che qui ognuno ha i suoi problemi, tanti, economici, sociali, climatico-ambientali, politici. Forse è il caso di rallentare l’impeto della strategia “democrazie vs autocrazie” ovvero Cold War 2.0 che poi da Cold ad Hot ci mette un attimo. Russia va bene, ma con la Cina aspetta un attimo, come ha mostrato Scholz andando in Cina coi vertici delle sue multinazionali, i tedeschi sono lì per primi, erano tutte tedesche le aziende che aprirono le prime industrie a capitale misto (51% cinese) quando andai lì nel 1990. Magari meglio buttarla sulla diplomazia. Ne scrivemmo, ci pareva una strategia eccessivamente semplificante ed ambiziosa, difetti tipici di certi strateghi americani, lo si dice dal punto di vista “tecnico” che in questo periodo di grandi passioni ideali è un punto di vista poco frequentato ma che è sempre quello che, realisticamente, detta le partiture di gioco che è e rimane razionale.
Ai dem che ragionano ad elezioni, conviene ora metterla giù morbida, tanto internamente che esternamente. I mesi più difficili, dal punto di vista economico, finanziario, energetico, debbono ancora arrivare. Le olimpiadi greche sospendevano i conflitti, facciamo i mondiali, aspettiamo primavera, poi vediamo. Forse…

 

Gli accordi militari Russia-Africa, di Bernard Lugan

Mentre la Cina si sta affermando in Africa grazie all’economia, la Russia scava il solco attraverso una politica militare. Quest’ultimo richiede la firma di accordi e la garanzia di sicurezza data ai capi degli Stati partner che dispongono di guardie pretoriane totalmente sicure, il che consente alla Russia di avere alleati incondizionati.
Paesi africani con uno o più accordi militari con la Russia
Mentre la NATO avanza le sue pedine contro la Russia ottenendo nuovi membri o domande di adesione, in particolare nel Nord Europa, Mosca avanza le sue pedine in Africa firmando accordi militari con la maggior parte dei Paesi del continente. Risultato di questa politica, il 2 marzo 2022, durante il voto della risoluzione Onu di denuncia dell’attacco all’Ucraina da parte della Russia, tra i 35 Paesi che si sono astenuti dal condannare quest’ultima abbiamo infatti incluso 17 Paesi africani, ovvero Algeria, Angola , Burundi, Congo-Brazzaville, Repubblica Centrafricana, Guinea Equatoriale, Madagascar, Mali, Mozambico, Namibia, Sudan, Sud Sudan, Sud Africa, Senegal, Tanzania, Uganda e Zimbabwe, mentre l’Eritrea ha votato contro la risoluzione. A riprova del peso sempre più forte dell’influenza russa in Africa, quasi tre anni prima, nell’ottobre 2019 quasi tutti i capi di stato africani si erano recati in Russia per partecipare al vertice Russia-Africa da Sochi. Dal 2017, la Russia ha firmato numerosi accordi militari di vario tipo con 28 paesi africani mostrati nella mappa a pagina 8. Nel 2022, Madagascar e Camerun si sono aggiunti a questo elenco che copre l’intero continente e che testimonia l’entità dell’influenza russa. Il numero di questi accordi è peraltro tale che presto diventerà più facile contare gli Stati che non li hanno (ancora?) firmati. Ad oggi sono solo 19, ovvero Marocco, Mauritania, Senegal, Gambia, Liberia, Costa d’Avorio, Ghana, Togo, Benin, Niger, Ciad, Sud Sudan, Uganda, Gibuti, Somalia, Malawi, Namibia e Lesotho. Questi accordi hanno la particolarità di presentare nuovi contenuti. All’aspetto tradizionale della formazione sui mezzi erogati attraverso il dispiegamento di consiglieri militari, si aggiunge ora la cooperazione in materia di intelligence, di lotta al terrorismo e, forse ancor di più, quella alla criminalità. Accordi che contengono quindi una componente importante riguardante la sicurezza quotidiana delle popolazioni. Tradizionalmente, la Russia vende armi ai paesi africani che si adattano perfettamente al continente perché robusti, semplici ed economici. La domanda è tale che oggi la Russia è diventata il principale venditore di armi del continente. Tutto ciò spiega perché è con grande facilità che la Russia sta progressivamente cacciando la Francia dal suo ex cortile africano. Bisogna anche riconoscere che quest’ultima ha fatto di tutto per lasciarsi estromettere, e questo, a causa dei suoi colossali errori politici, come ho costantemente dimostrato nei numeri precedenti di Real Africa. L’obiettività ci costringe a riconoscere che la Francia, essendosi regolarmente affermata come ostile agli interessi russi, in particolare in Libia, Siria, Bielorussia e oggi in Ucraina, Mosca le sta in qualche modo restituendo la propria moneta.

LA SINDROME IMPERIALE DELLA RUSSIA SECONDO JIN YAN

Continuiamo a presentare tesi ed analisi di esponenti ed intellettuali cinesi, anche divergenti, ma inseriti nel mondo politico ed accademico di quel paese. Segno del dibattito in corso tra quelle élites a dispetto della dozzinale narrazione occidentale prevalente. I commenti in corsivo sono opera del curatore e non riflettono necessariamente il punto di vista del blog. Buona Lettura, Giuseppe Germinario

Dottrine della Cina di Xi | Episodio 11

L’invasione russa dell’Ucraina ha agitato i circoli intellettuali cinesi. In questo testo, lo storico Jin Yan esprime una posizione piuttosto favorevole a Mosca ma che implicitamente richiama un monito per i cinesi: la Russia ha l’ambizione di “restaurare” il suo impero – è una pessima scelta strategica a livello globale. che crea una situazione potenzialmente più pericolosa della Guerra Fredda.

AUTORE
DAVID OWNBY

 

Jin Yan (nato nel 1954) è professore presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, China University of Political Science and Law (中国政法大学). Eminente specialista di storia russa e sovietica, ha pubblicato in particolare numerosi lavori sulla storia della Russia ma anche sulla sua epoca contemporanea e più in generale sull’Europa orientale, scrivendo spesso testi insieme al marito, il famoso storico Qin Hui.

Il testo tradotto qui1è uno dei tanti testi pubblicati da studiosi pubblici cinesi dall’inizio della guerra in Ucraina che cercano di spiegare le radici del conflitto senza schierarsi esplicitamente. In altre parole, non sostengono né criticano la posizione del governo cinese. Non condannano nemmeno apertamente l’aggressione della Russia. Jin riesce comunque a far capire il suo punto di vista, come si evince dal titolo del suo testo, che letteralmente significa “rifare la doratura” in mandarino. Questo è un riferimento alle icone dorate trovate nei templi buddisti in Cina. Sebbene la sfumatura sia difficile da trascrivere in francese, Jin voleva sicuramente paragonare la nozione di “impero” in Russia a un simbolo religioso, e suggerire che la Russia sta solo “restaurando il tempio del proprio impero” e quindi non fa altro che tentare riciclare il proprio passato. Pertanto, anche se l’autore esprime una certa simpatia per la posizione russa e per la guerra,

L’argomento di Jin è fondamentalmente storico: l’Unione Sovietica è crollata, lasciandosi dietro nient’altro che miseria e quasi anarchia. Quando il liberalismo e la democrazia non sono riusciti a fare la loro magia, l’“impero” è venuto a riempire il vuoto e ad offrire una giustificazione per la grandezza passata e futura della Russia. Jin non si sofferma particolarmente su Putin in questo testo, ma fa notare che l’accettazione dell’idea di “impero” è diffusa tra intellettuali e opinione pubblica. Lasciando da parte considerazioni sulla NATO o sulla sicurezza, riprende l’idea spesso mobilitata dai sostenitori del Cremlino che, quando, negli anni ’90 e 2000, la Russia – e Putin – hanno chiesto aiuto all’Occidente ( adesione alla NATO, esenzione dal visto per i viaggi in Europa), l’Occidente avrebbe generalmente rifiutato la Russia. Jin sostiene che l’Occidente avrebbe potuto giocare meglio le sue carte, proponendo un nuovo Piano Marshall per aiutare la Russia in un periodo di grande difficoltà. In assenza di tale assistenza, Putin – e gran parte della Russia – sono diventati ostili nei confronti dell’Occidente e hanno deciso di difendere la loro grande identità di potere in altri modi.

Jin Yan inizia e conclude il suo saggio con un sottile appello ai leader cinesi alla prudenza. Questa non è una nuova Guerra Fredda , insiste, ma Putin rappresenta un’incarnazione della Russia il cui sentimento non scomparirà anche se il leader del Cremlino dovesse lasciare il centro della scena. Il mondo potrebbe quindi finire per dividersi nuovamente in “campi” definiti non dall’ideologia ma dal loro atteggiamento nei confronti della Russia. Jin pone qui una domanda fondamentale: a quale campo vuole aderire la Cina?

La Russia contemporanea ha un’eredità comune con la Russia zarista e l’Unione Sovietica. Tuttavia, si ispira più all’impero zarista che all’esperienza sovietica.

La somiglianza delle politiche di Putin con le politiche interne ed esterne degli Zar non è più in dubbio. Bambole, dipinti e sculture che ricordano l’era zarista possono essere visti in tutte le strade della Russia, e ad ogni attrazione turistica i viaggiatori accorrono per scattare foto con persone vestite da Pietro il Grande o Caterina. Sono tornati i simboli e gli slogan dell’impero, tutti gli zar sono diventati figure positive, Nicola II è stato “canonizzato” ed è ora oggetto di culto. Settant’anni di lavoro ideologico del Partito Comunista dell’Unione Sovietica sono stati spazzati via da un freddo vento siberiano. Attualmente, i “valori imperiali” sono decisamente un’ideologia nazionale positiva in Russia .

Ricostruisci l’Impero

Il nazionalismo è ormai l’unica bandiera sotto la quale la Russia di oggi può radunare le sue truppe , ed è l’arma magica di Putin. Questo vale anche per il mondo intellettuale. Si è notato che pochi intellettuali russi sono riusciti a sfuggire alla trappola dell’eccessivo “statalismo” quando si tratta di questioni nazionali; anche i migliori e i più brillanti smettono di pensare e si allontanano.

Sotto la guida di Putin, l’ intellighenzia russa ha abbracciato uno “slavismo” culturalmente conservatore, e gli individui all’interno e all’esterno del governo si sono affrettati a ridefinire il concetto di “impero” come scienza politica e dargli un nome appropriato. La “febbre dell’impero” era in pieno svolgimento e termini come “impero indipendente”, “impero libero” e “impero nazionale” erano di gran moda, e gli studiosi affermavano che “l’impero è radicato nel DNA della Russia” e discutevano la razionalità di costruire un impero. Il politologo Andrei Saveliyev (nato nel 1962) è arrivato al punto di affermare che “l’impero è il destino della Russia” e che “lo spirito nazionale russo è sempre stato radicato nell’impero. »

Nelle interviste che ha condotto per il suo libro, a Svetlana Alexievich (nata nel 1948), che ha vinto il Premio Nobel per la letteratura 2015 , è stato detto dai suoi intervistati che: “Amo l’impero, e senza di lui la mia vita non avrebbe significato”; “I geni dell’imperialismo e del comunismo sono nelle nostre cellule spirituali”; “La Russia ha bisogno di un’idea che faccia tremare: l’impero”; “La Russia era, è e sarà sempre un impero”; “Comunque, sono un imperialista, e sì, voglio vivere in un impero. »

La Russia iniziò a definirsi un impero durante il regno di Pietro il Grande (1672-1725), che combatté per 21 anni la Grande Guerra del Nord, trasformando la Russia da paese continentale in una grande potenza marittima. Il 22 ottobre 1721, in riconoscimento dei suoi successi, il Senato lo nominò ufficialmente “Grande Imperatore di tutta la Russia”, e da quel momento in poi lo Zar fu ufficialmente chiamato “l’Imperatore russo”. Le caratteristiche più distintive dell’Impero russo sotto Pietro il Grande e Caterina la Grande erano la repressione interna e l’espansione territoriale esterna, mentre combattevano per l’egemonia in Europa. Durante il regno di Caterina, la Russia ha combattuto sei guerre straniere: tre spartizioni della Polonia,

Dopo che i comunisti salirono al potere, la tradizionale visione russa dell’impero fu completamente screditata. La descrizione di Lenin dell’imperialismo come parassitario e morente era ben nota alla gente dell’epoca. Per dirla semplicemente, gli stati imperiali erano parassiti, monopolisti, litigiosi e predatori. La conclusione di Lenin fu che “l’imperialismo annuncia l’alba della rivoluzione sociale proletaria” che ne segnò inevitabilmente il crollo finale. Da quel momento in poi, “impero” divenne un termine peggiorativo, un segnale di rivoluzione nei paesi capitalisti in decadenza. Naturalmente, questi due “imperi” non sono esattamente la stessa cosa.

Grazie alla teoria della rivoluzione mondiale di Lenin e alle sue idee internazionaliste, la rivoluzione russa si è basata sulla negazione dell’impero. Infatti, al tempo di Stalin, molti elementi dell’impero tradizionale erano stati integrati nel sistema del Partito Comunista Sovietico, mentre il pragmatismo ideologico trasformava il marxismo in una copertura degli “interessi russi” sotto la bandiera dell’Unione Sovietica. risolvere alcuni conflitti nella teoria della rivoluzione. Sotto la copertura della retorica rivoluzionaria, “l’impero sovietico ha ereditato e portato avanti completamente gli aspetti interni ed esterni dell’impero zarista” (per inciso, questo era anche il termine usato in Cina per condannare l’URSS negli anni ’70, quando le relazioni diplomatiche tra i due paesi furono degradate). Tutti sapevano che l’Unione Sovietica era un “impero rosso” nella sua carne, anche se il velo della vergogna non era stato ancora apertamente rimosso.

Questo è un commento sulla natura dell’impero sovietico — la forma e, in un certo senso, l’ideologia dell’impero sarebbero state prese dai comunisti — ma anche un commento sulle relazioni sino-sovietiche, che erano pessime durante questo periodo. Oggi la Russia ribalta apertamente il verdetto sull'”impero”. Per volere dell’ideologia ufficiale, gli accademici hanno scritto articoli a destra ea manca per imbiancare il nome dell'”impero” che Lenin avrebbe “distrutto e distorto”. Alcuni credono che il “nuovo nazionalismo” e il “nuovo impero” ora emergenti in Russia rappresentino diverse tendenze del nazionalismo storico e dell’egemonia imperiale.

Eppure questa ideologia imperiale evidenzia la grandezza storica della Russia e la sua influenza sul mondo di oggi. L’obiettivo è quello di integrare la “nuova prospettiva imperiale” nella spiritualità e nell’ideologia nazionale. L’idea è di superare l’instabilità della storia russa e il problema della “scelta di civiltà” creato dalla posizione della Russia tra Oriente e Occidente, che spiega la sua stessa mancanza di valori fondamentali e la natura “discontinuo” della sua storia. Per ovviare a questo problema, è stato spesso necessario mettere in atto forti meccanismi di integrazione.

Per dirla senza mezzi termini, i “valori imperiali” dovrebbero essere la base della coesione nazionale nell’era post-sovietica. La “cortina di ferro” dell’era della guerra fredda è servita a proteggere e isolare in una certa misura l’Unione Sovietica, ma ha anche fissato l’agenda del regime. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, i “valori imperiali” sono diventati di nuovo un nuovo mezzo per identificare i confini esterni, così che il contenuto complessivo del nuovo stato russo includeva questi valori. In passato questi valori erano avvolti dal manto dell’internazionalismo, ma oggi ha senso giocare la “carta impero” per superare le forze centrifughe.

Alcuni studiosi hanno anche sostenuto che la Russia è un paese circondato da nemici e che in termini geopolitici manca di capacità difensive, quindi la sua espansione all’estero non è la stessa del colonialismo occidentale, ma piuttosto un’autoprotezione difensiva. In questo senso, “l’impero” è un soft power al servizio dello sviluppo complessivo e della strategia di potere della Russia.

Le ragioni del ritorno dell’Impero

I sondaggi dopo la Guerra dei cinque giorni con la Georgia del 2008 e dopo il conflitto Russia-Ucraina del 2014 hanno mostrato che quasi il 90% della popolazione riteneva che il dispiegamento di truppe russe in Georgia e la deterrenza in Ucraina fossero pienamente giustificati, il che rappresentava il più alto indice di gradimento governo aveva goduto dal crollo dell’Unione Sovietica, e alcuni media russi hanno persino affermato che il governo sarebbe stato respinto dal popolo se non avesse agito in quel modo.

Nel 2011, l’indice di gradimento di Putin è sceso al 42% prima di salire all’86% dopo la guerra in Ucraina. Le sanzioni occidentali e la rinnovata evocazione da parte di Putin dell’idea che la Russia sia “isolata” e “assediata” lo hanno reso popolare in patria, e la sua popolarità è salita alle stelle. Putin ha affermato che il crollo dell’Unione Sovietica “ha messo in luce le nostre debolezze e le persone deboli vengono ancora picchiate”. Il ritorno del paese all’impero è stato accolto con rara unanimità praticamente da tutti i gruppi. Anche il liberale Anatoly Chubais (nato nel 1955) sostiene che un “impero libero” dovrebbe diventare l’obiettivo nazionale della Russia e l’ideologia post-sovietica.

Il leader del Partito Comunista Russo, Gennady Zyuganov (nato nel 1944), ha dichiarato: “Sin dai tempi antichi, la Russia si è considerata l’erede e il difensore di un’eredità imperiale, e la Russia non dovrebbe rinunciare al sentimento di grandezza che è esistito per molti secoli. »

L’ex presidente Dmitry Medvedev (nato nel 1965) gli disse: “La Russia ha il suo posto nel mondo. Deve avere una sua sfera di interessi, ed è impensabile negarlo. Il 4 novembre 2013, il Congresso mondiale russo ha assegnato a Putin il “Premio per la difesa dello status di grande potenza della Russia”, che è un riconoscimento della sua posizione consolidata.

Sotto titoli come “L’Unione Sovietica non è realmente morta”, i media occidentali hanno notato che è sempre più chiaro che l’ideologia statale russa sta subendo “uno spostamento verso i valori imperiali tradizionali zaristi. Commenti dall’esterno della Russia affermano che la Russia soffre attualmente di una “nuova sindrome imperiale”. Nel 2008, il quotidiano francese Les Echos ha usato il titolo “Le retour de l’empire” per parlare della Russia, dicendo che “il risorgente impero russo potrebbe rappresentare una sfida più difficile della Guerra Fredda” e che questo impero potrebbe essere più pericoloso rispetto all’Unione Sovietica. La diplomazia dovrebbe imparare le lezioni della storia e prenderle sul serio.

Le ragioni del ritorno della Russia nell’Impero sono complesse

In primo luogo, il popolo russo ha un forte senso di orgoglio nazionale, avendo storicamente sconfitto Napoleone e Hitler, ed essendo diventato praticamente da un giorno all’altro una delle due superpotenze mondiali. I russi sono abituati a vedersi come fratelli maggiori, hanno sempre avuto un “complesso salvatore”, e sono estremamente sensibili ai temi della sicurezza territoriale. Come non essere indifferenti alla riduzione del territorio del Paese, al fatto che l’Occidente e gli Stati Uniti ignorino l’esistenza della Russia e facciano pressione sulle “aree di interesse privilegiato” della Russia? Come può questo non infiammare i russi?

L’eredità sovietica è uno degli elementi importanti nella costruzione dell’attuale immagine nazionale della Russia, che mescola temi zaristi con il sentimento di dominio che ha segnato l’era sovietica. In questo senso il tricolore dell’Impero russo e la falce e martello del periodo sovietico si sovrappongono, il risultato è la sintesi di una “nuova sindrome imperiale”.

In secondo luogo, quando negli anni ’90 Boris Eltsin propose i quattro obiettivi principali di “smilitarizzazione, non bolscevizzazione, privatizzazione e liberalizzazione”, l’Occidente non adottò un piano Marshall come dopo la seconda guerra mondiale per aiutare la Russia a superare le sue difficoltà economiche, ma invece ha suggerito che “la Russia sia come la Turchia dopo la caduta dell’Impero ottomano” e “si limiti strettamente al proprio ambiente. »

In un primo momento, la Russia ha esteso un ramoscello d’ulivo all’Occidente: nel 2000 Putin ha invitato a Mosca il segretario generale della NATO George Robertson (nato nel 1946), nel 2001 la NATO ha istituito un’intelligence a Mosca, seguita da una missione militare nel 2002, e le relazioni con la Russia con l’Europa occidentale sono stati molto cordiali. Nel 2002, il presidente Putin ha inviato una lettera al presidente della Commissione europea, parlando dell’intenzione della Russia di approfondire la cooperazione reciproca con l’UE, e Putin ha chiesto di aderire alla NATO.

Ma l’Occidente ha rifiutato, temendo in qualche modo che avere una “volpe nel pollaio” sarebbe stato un disastro. A differenza del caldo russo, la reazione dell’Occidente è stata molto più indifferente e riservata. L’UE era riluttante a cedere sulla questione dell’esenzione reciproca dal visto, lasciando i russi a sentirsi snobbati, portando ad attacchi russi al liberalismo occidentale e provocando una reazione nazionalista/populista.

La maggior parte degli occidentali crede che se alla Russia fosse concesso lo status europeo, l’omogeneità culturale e intellettuale dell’Europa sarebbe minata e le fondamenta della legittimità dell’Unione europea sarebbero scosse. I paesi dell’Europa orientale hanno le loro ragioni per non voler essere coinvolti di nuovo con i russi. Come ha affermato un ex ministro della Difesa polacco2, “La civiltà europea ha dei limiti e la Chiesa ortodossa russa è troppo lontana dalla civiltà europea. La cultura russa è in opposizione alla cultura occidentale”.

Inoltre, Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna e Francia hanno fatto marcia indietro sul loro impegno verbale a Gorbachev di non espandere la NATO, cosa che ha scioccato l’élite russa, dopo di che sono arrivate le rivoluzioni colorate, il dispiegamento di sistemi antimissile, la crisi ucraina… Il punto di vista dei russi, il loro cambio unilaterale di strategia non ha ricevuto la risposta attesa, e gli europei hanno continuato a considerarli alla stregua di Churchill, vale a dire come “figli di Gengis Khan venuti dalle regioni selvagge dell’Asia”. . Non avevano mai visto i russi come europei e la loro posizione era “non permettere loro di attraversare il Reno verso l’Europa. »

La categorizzazione delle “rivoluzioni colorate” per designare una serie di rivolte popolari che hanno causato alcuni cambi di governo tra il 2003 e il 2006 in Eurasia e nel Medio Oriente: la Rivoluzione delle rose in Georgia nel 2003, la Rivoluzione arancione in Ucraina nel 2004, la Rivoluzione dei tulipani in Kirghizistan, ecc. — è contestato e tende ad essere utilizzato sempre meno. Nelle tesi cospiratorie, queste rivolte, alcune delle quali sostenute in particolare da ONG americane, sarebbero l’unico atto degli Stati Uniti. Jin Yan sembra usare qui il termine per riferirsi al presunto coinvolgimento degli Stati Uniti – e dell’Occidente in generale – nel cambio di regime in questi paesi.

È chiaro che c’è sempre stata una notevole distanza tra l’immagine di sé della Russia e la percezione della Russia da parte dell’Occidente. La Russia una volta immaginava di entrare nella “corrente principale della civiltà umana” attraverso la trasformazione politica ed economica. Infine, di fronte alla definizione occidentale della Russia come “attore marginale”, la Russia ha fatto una sorta di “ritorno alla storia” in modo molto risoluto. Sembrava che stessero coraggiosamente andando controcorrente.

L’atteggiamento degli Stati Uniti e di altri paesi occidentali ha fortemente stimolato i sentimenti antioccidentali di molte élite russe e del popolo in generale, il che ha rafforzato quegli elementi antioccidentali e antilatini che sono stati a lungo radicati nella psichecittadino russo. Allo stesso tempo, durante il difficile processo di transizione economica, la Russia ha gradualmente preso coscienza della natura distruttiva dell’immagine idealizzata dell’Occidente, comprendendo che, su due fronti fondamentali, i valori occidentali non potevano informare il futuro sviluppo della Russia. In primo luogo, l’Occidente e la Russia non condividono gli stessi interessi e, in secondo luogo, il sistema ideologico occidentale non può essere applicato direttamente alle realtà russe. Occorreva, quindi, restituire alla nazione russa il significato positivo della parola “impero”, e non rifiutarla del tutto, come aveva fatto il Partito Comunista Sovietico.

Dal punto di vista di un osservatore, l’errore strategico a breve termine dell’Occidente negli anni ’90 è stato quello di accelerare le condizioni esterne che incoraggiavano il nazionalismo russo, che ha intensificato lo squilibrio psicologico del popolo russo che aveva già perso l’orgoglio di essere una grande potenza. Ciò a sua volta ha stimolato una reazione nazionalista e la “sindrome del nuovo impero” si è rapidamente diffusa tra la gente, quindi l’umore pubblico si è rapidamente spostato verso i tradizionali valori imperiali russi dopo aver fatto l’esperienza della perdita del crollo dell’Unione Sovietica. Si potrebbe dire che l’Occidente non era abbastanza amichevole all’inizio quando erano possibili relazioni amichevoli, e non abbastanza duro oggi quando la durezza è richiesta. In altre parole,

Oggi, quando la Russia danneggia altri paesi, l’Europa deve essere più dura, ma spesso la durezza retorica è inversamente proporzionale all’azione. La Russia di oggi è come la Germania dopo la prima guerra mondiale, quando l’accordo di Versailles era troppo duro per il paese, portando all’ascesa dei nazisti e ad un accresciuto militarismo che ha assunto l’intera nazione. Come la Germania, l’atteggiamento della Russia è che non ha nulla da perdere. È attorno a questo atteggiamento che gioca Putin quando si mostra mentre pilota aerei e combatte contro tigri.

Caratteristiche della sindrome dell’impero russo

Durante il secondo e il terzo mandato di Putin, la “nuova sindrome imperiale” della Russia si è gradualmente evoluta. Le sue caratteristiche sono le seguenti:

In primo luogo, c’è uno stato d’animo in cui “un sentimento di inferiorità si è trasformato in un sentimento di arroganza” che sopravvaluta il grado di sviluppo nazionale. Valery Tishkov (nato nel 1941), che ha servito come ministro delle nazionalità sotto Eltsin, una volta ha osservato che la tradizione imperiale della Russia è molto profonda, che “se l’impero è morto, il gene rimane” e che, specialmente in un momento in cui il potere della Russia ha declinate, le nozioni di impero possono servire agli scopi della coesione nazionale e fornire la mobilitazione sociale necessaria per gli spettacoli politici.

In secondo luogo, c’è anche una sorta di autovalorizzazione che spesso nuoce ai rapporti con i popoli vicini e tende a creare nuove tensioni.

In terzo luogo, c’è una tendenza a esternare i rancori, che si nutre di un’ostilità verso la cultura occidentale/latina, e cercare altrove risposte ai propri problemi è accompagnata da una debole capacità di autoriflessione. Negli anni ’50, Mao Zedong ha osservato che “i leader sovietici hanno sempre pensato di essere i migliori, che tutto ciò che facevano fosse giusto e che gli errori fossero tutti commessi da qualcun altro”. Sembra che ci sia ancora qualcosa da dire su questo.

Durante la nostra visita in Russia nel 2013, il capo della Heinrich Böll Foundation di San Pietroburgo3ha notato che non c’erano assolutamente dubbi sul fatto che Putin avesse rafforzato l’autorità centrale e la capacità di governo, e che in termini di controllo economico e controllo sociale, ci sono stati notevoli miglioramenti rispetto ai suoi primi due mandati. Quindi, dopo che il potere politico dello stato ha visto una serie di fluttuazioni dalla caduta dell’Unione Sovietica, le cose sono ora tornate alla tradizionale situazione russa in cui il potere centralizzato e concentrato ha il controllo. Il governo centrale si distingue ora come principale meccanismo di integrazione, ponendo fine a un periodo di frammentazione. L’attuale governo russo ha quindi maggiori capacità di azione e si sta essenzialmente trasformando in un governo della linea dura.

Il tono politico di base di Putin è diventato gradualmente più chiaro. La situazione passata in cui la sua posizione politica era poco chiara e la sua identità dottrinale ambigua, in cui era una sorta di “variabile sconosciuta”, è ormai un ricordo del passato. Per riassumere sinteticamente la sua posizione, è “sospettoso della globalizzazione, resiste all’occidentalizzazione e limita la democratizzazione”. Persegue gli interessi nazionali, cerca di esercitare un’influenza regionale e globale e pratica il protezionismo e il profitto. Avendo perso la Guerra Fredda, la Russia cercherà di sfruttare ogni possibile opportunità per riscrivere la storia.

Con il calo dei prezzi del petrolio, l’economia russa è in difficoltà, la dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia continua a diminuire e la Russia si sta ripiegando verso l’interno. Ciò intensifica lo stato d’animo di accerchiamento da parte di forze esterne ostili, il che rende la Russia ancora più chiusa e isolata. Il numero di persone xenofobe e paranoiche che affermano che “la Russia è infelice” è aumentato drammaticamente, creando un clima sociale di risentimento autoimposto e alienazione dal sistema globale.

Questo passaggio potrebbe fare riferimento per il lettore cinese a una serie di opere ultranazionaliste cinesi pubblicate negli anni ’90 e 2000. Questi libri consistono in forti denunce contro l’Occidente. In questo caso, l’espressione “Russia è infelice” è, per il lettore cinese, un ovvio riferimento al libro “China inhappy” di Song Jiang, pubblicato nel 2009, populista e antioccidentale.

Sia la sinistra che la destra reagiscono in modo eccessivo quando si tratta di questioni nazionali. Putin è rappresentativo di questo clima sociale. Dopo che l’Occidente ha imposto sanzioni economiche alla Russia, Putin si è offerto di tagliare gli stipendi del governo del 10%, ma ha anche insistito sul fatto che la spesa militare non sarebbe diminuita. Il 20% del bilancio è destinato alle spese per la difesa, che rappresentano l’importo più elevato nell’era post-sovietica.

Alcuni dicono che Putin stia fabbricando una nuova guerra fredda e che dopo l’incidente in Ucraina siamo entrati in un “nuovo contesto di guerra fredda”. La Guerra Fredda è stata un prodotto dell’ideologia, uno scontro tra socialismo e capitalismo, e la Russia oggi chiaramente non sta combattendo l’Occidente per scopi ideologici. La Russia non combatte né per il liberalismo né per il socialismo, il che significa che la situazione attuale non è una guerra fredda. Ma è potenzialmente più pericolosa della guerra fredda, perché se da un lato l’ideologia può essere aggressiva, dall’altro l’ideologia può regolare il comportamento dello Stato e quello della popolazione.

I conflitti della Russia contemporanea con i paesi vicini non sono ovviamente legati alla difesa di certe convinzioni, e Putin non crede nel socialismo, ma questo non riduce il pericolo dell’espansionismo russo. La Russia oggi ricorda l’era zarista, quando il patriottismo dello zar russo fece tremare di paura i suoi vicini, cosa che li fece diventare più filo-occidentali e conservatori dal punto di vista della sicurezza nazionale. Il panorama mondiale potrebbe nuovamente essere diviso tra due campi, il cui centro di gravità sarebbe la loro posizione rispetto alla Russia.

FONTI
  1. 金雁, “为帝国重塑金身,俄罗斯的 ‘新帝国综合征”, originariamente pubblicato sul canale WeChat congiunto di Qin Hui e Jin Yan, 秦川雁塔, ripubblicato sul sito web di Dunjiao (parte del gruppo multimediale Fenghua, con sede a Pechino ), 7 marzo 2022.
  2. Jin Yan fornisce il nome del Ministro della Difesa – Nuoshen/诺什.
  3. Jin Yan fornisce il nome del rappresentante-Yanci/晏茨

https://legrandcontinent.eu/fr/2022/10/29/le-syndrome-imperial-de-la-russie-selon-jin-yan/

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