L’EUROPA TRA LE VIE DELLA NATO, LE VIE DELLA SETA E LE VIE DELL’ENERGIA. Prima parte.
di Luigi Longo
La Nato ovverosia gli Stati Uniti
Noam Chomsky*
Verso la fine del XIX secolo, un eminente geologo Tedesco, Ferdinand von Richthofen […] diede a questa estesa rete di connessione un nome che è entrato stabilmente nell’uso: SeidenstraBen, vie della Seta
Peter Frankopan**
- Premessa
La situazione politica in Europa, parafrasando Ennio Flaiano, è grave ma non è seria (1). Vediamo perché la situazione è grave e perché non è seria.
La situazione è grave perché il progetto dell’Unione Europea, pensato e messo in atto dagli USA nella fase monocentrica (dopo la seconda guerra mondiale), è finito. La sudditanza europea, coordinata soprattutto dalla Germania, cessa di avere la sua funzione unitaria nelle strategie statunitensi, di contrasto e di conflitto, verso le potenze Cina e Russia che vogliono ridefinire l’ordine politico mondiale con una nuova forma di relazioni tra grandi potenze, nel rispetto della propria effettiva sfera di influenza.
La nuova sudditanza europea è improntata a relazioni bilaterali tra ciascuna nazione e gli Usa. Cambia la tattica degli agenti strategici principali degli USA: quelli rappresentati da George W. Bush-Bill Clinton-Barack Obama hanno utilizzato soprattutto la sfera economica dell’Europa, in maniera coordinata, tramite la Germania << La Germania è l’emblema di un gigante economico e politico, che però a livello militare è rimasto un nano. E’ economicamente integrata con gli altri Stati vicini ed è protetta dall’America, il capo assoluto della sicurezza con il suo ombrello atomico >> (2); quelli rappresentati da Donald Trump stanno proponendo l’uso dell’Europa attraverso il sovranismo asimmetrico di ciascuna nazione. A mio avviso, diventa secondario pensare l’appartenenza delle nazioni europee ad uno dei due suddetti principali schieramenti di agenti strategici, mentre diventa prioritario riflettere sul perché l’Europa continua nella sua condizione di servitù volontaria verso gli Stati Uniti d’America. Il problema, quindi, come ho già sostenuto in altri scritti, non è passare da una servitù volontaria all’altra, a seconda delle strategie statunitensi di volta in volta egemoni, quanto, piuttosto, come pensare una strategia europea per liberarsi da questa servitù volontaria e costruire altre strade e altri ponti verso l’Oriente, in modo da restare nella fase multicentrica con le armi della dialettica (il dialogo tra le potenze mondiali) e non arrivare alla fase policentrica con la dialettica delle armi (la guerra di distruzione tra le potenze mondiali). Dalla fine del XV secolo ad oggi, nella storia tra le potenze dominanti e le potenze in ascesa, utilizzando la Trappola di Tucidide (3), abbiamo avuto dodici rivalità che si sono risolte con la guerra e quattro rivalità che non hanno prodotto nessuna guerra così come indicata nella sottostante figura (4).
Fonte:Allison,2018
La situazione europea non è seria perché gli attuali sub-decisori delle diverse nazioni (è bene ricordare sempre che l’Europa non è un soggetto politico!) e le relative forze politiche, cosiddette sovraniste e populiste, sono antitetico polari (in opposizione e sostegno reciproco) al mantenimento, in maniera diversa, della servitù volontaria europea verso gli USA; questi servi andrebbero liquidati con ‘o pernacchio, con il significato profondo che gli dà don Ersilio Miccio, interpretato con maestria da Eduardo De Filippo nel famoso episodio de “ Il professore”, nel film L’oro di Napoli, con regia di Vittorio de Sica (la sintesi dell’arte è straordinaria).
E’ proprio il segno dei tempi interpretare le relazioni della sfera economica come il cambiamento di strada verso l’Oriente (Russia, Cina, India); l’egemonia (coercizione e consenso) degli agenti strategici che dominano la società non è data solo da quelli della sfera economica ma da quelli espressi dall’insieme delle sfere sociali: nelle fasi multicentrica e policentrica essi trovano infatti maggior peso proprio nelle sfere politica, militare e istituzionale. In questa logica lo Stato è configurato come strumento all’interno dei rapporti sociali, esso è inteso, cioè, come l’insieme dei luoghi istituzionali e territoriali dove si svolge il conflitto sociale e politico tra dominanti e dominati e tra gli stessi dominanti per il potere e il dominio della società. La storia dimostra, tranne alcune eccezioni (le rivoluzioni), che il conflitto prevalente che si svolge nelle società è quello tra gli agenti strategici delle diverse sfere del legame sociale (dove si esprimono le forme del potere) che configurano il blocco degli agenti strategici egemonici che governano, in una situazione di equilibrio dinamico, la nazione (dove si esprimono le forme del dominio). E’ questa formazione degli agenti strategici egemonici che realizza le capacità di coordinare l’insieme delle relazioni nazionali e delle alleanze fra nazioni soprattutto nelle fasi multicentrica e policentrica.
2.Il declino irreversibile degli USA
Gli Stati Uniti sono una potenza mondiale in irreversibile declino; le ragioni sono molteplici: a) i gravi squilibri interni economici, sociali e territoriali; b) un allentamento complessivo dei legami della società civile; c) la incapacità degli agenti strategici di creare una nuova sintesi di sviluppo e di legame sociale [come quello che ha caratterizzato il Novecento come il secolo americano (5)] capace di ri-lanciare una nuova sfida per l’egemonia mondiale alle potenze che si sono configurate in questa fase storicamente data (Cina e Russia). La frattura all’interno degli agenti strategici è caratteristica del declino irreversibile di un impero; essa non produce più la sintesi nazionale, ma una sintesi di parte, su base imperiale, che si erode sempre di più proprio per la crisi interna della società sempre più impoverita e degradata (6).
Gli Usa hanno la convinzione di essere la nazione indispensabile a guidare il mondo e non accettano, per la propria storia, di condividere, in maniera rispettosa e dialogante, il governo del mondo con altre potenze.
Sergio Romano scrive che la superpotenza degli Stati Uniti << […] si considera autorizzata a stroncare qualsiasi aspirazione che possa turbare i suoi sogni imperiali. Dopo aver vinto la Seconda guerra mondiale, l’America ha fatto guerre inutili, da quelle del Vietnam a quella dell’Iraq, e le ha perdute con risultati che hanno scompigliato gli equilibri di intere regioni. Dopo aver assistito alla scomparsa dell’Unione Sovietica e alla nascita di Russia federale, ha fatto del suo meglio per restituire a quest’ultima il ruolo del pericoloso nemico che aveva sostenuto dalla fine della Seconda guerra mondiale al 1989. Dopo aver corteggiato la Cina, all’epoca di Nixon e Kissinger, per meglio isolare l’Unione Sovietica, ha deciso di trattare la Repubblica Popolare come un pericoloso concorrente e sta combattendo con Pechino due guerre: la prima, quella dei dazi, per impedirle di crescere sino a diventare la prima economia mondiale; la seconda, quella delle nuove tecnologie, per impedirle di conquistare un primato scientifico. Il Paese che si è presentato al mondo, sin dalle sue origini, come testimone e missionario di democrazia, è in realtà uno Stato militaresco, governato spesso da uomini che hanno una formazione militare. E’ una democrazia, ma ha una concezione gerarchica e militare della società internazionale e, quindi, ha sempre bisogno di un nemico che giustifichi i suoi arsenali e di alleati che obbediscano ai suoi ordini. >> (7).
Per queste ragioni gli USA vanno combattuti e neutralizzati nonché indirizzati a un modello di governo mondiale condiviso tra potenze (fase multicentrica) onde evitare il conflitto mondiale tra le potenze (fase policentrica).
Questo declino statunitense ha radici profonde nella crisi del modello sociale capitalistico che ha rappresentato la modernità Occidentale (8) [ben diversa dalla modernità Orientale anch’essa con il suo modello sociale capitalistico (9) ] a partire dai quattro cicli egemonici (il ciclo genovese-iberico, dal XV secolo agli inizi del XVII; il ciclo olandese, dalla fine del XVI secolo alla metà del XVIII; il ciclo britannico, dalla seconda metà del XVIII secolo agli inizi del XX; il ciclo statunitense, dalla fine del XIX secolo fino ad oggi) che hanno caratterizzato la storia del capitalismo (10).
3.Le vie della Nato
La situazione oggettiva è che abbiamo una Europa servile in totale sbando e decadenza e una potenza imperiale (USA) di coordinamento mondiale, in irreversibile declino, non propensa ad un ordine mondiale condiviso con altre potenze.
In questa fase storica data, l’Europa si trova ad un bivio: o proseguire la servitù volontaria verso gli Stati Uniti d’America scegliendo le vie della NATO, oppure iniziare un cammino di liberazione dalla servitù e scegliere un nuovo orientamento verso l’Oriente attraverso le vie della seta e le vie dell’energia (queste ultime che riguardano il ruolo dell’altra potenza in ascesa, cioè la Russia, saranno oggetto della seconda parte di questo scritto). Un cammino che non può prescindere dal << […] “saltare il passaggio” della piena restaurazione della sovranità politica e monetaria degli stati nazionali >> (11).
La strategia statunitense, nella fase multicentrica sempre più intensa, necessita di una Europa coordinata dalla Nato (12). La Nato non è solo una macchina da guerra come sostiene Sergio Romano: << La Nato è un’alleanza politica militare in cui esiste un esercito permanente integrato, esiste un comando militare che lavora 24 ore su 24 ore con un comandante supremo che è in realtà un Capo di Stato Maggiore di tutti i paesi dell’Alleanza Atlantica, ma è sempre americano[ corsivo mio], e questo Capo di Stato Maggiore fa esattamente quello che fanno tutti i capi di Stato Maggiore, cioè, preparano la prossima guerra […] >> (13); né essa è soltanto un mercenariato militare globalizzato al servizio della geopolitica di potenza USA come affermava Costanzo Preve (14), né tantomeno la Nato è in stato di “morte cerebrale” come dichiara Emmanuel Macron con i suoi deliri di grandezza nel concepire una Europa “come una potenza del mondo con una autonomia strategica e di capacità sul piano militare” (15), magari sotto l’egemonia francese (sic).
La Nato è una istituzione mondiale che ha subito diverse metamorfosi dalla sua costituzione (1949) ad oggi. Essa è lo strumento degli Stati Uniti in tutti gli scenari mondiali per affermare la democrazia e imporre il suo modello sociale, politico, culturale ed economico. La Nato penetra in tutte le sfere del legame sociale delle nazioni e delle macroregioni (economica, istituzionale, culturale, infrastrutturale, eccetera), trasforma territori e città (Europa, Medio Oriente, Mediterraneo, Africa, Asia), incide e condiziona lo sviluppo dei Paesi [penso, a mò di esempio, ai corridoi europei, ai territori e città Nato dell’Italia (Napoli, Taranto, Vicenza…), all’aumento delle spese militari sottratte agli investimenti, alla nuova base Usa di Alessandropoli (Grecia), alle strategie nel Mar Nero] in funzione degli scenari di guerra contro le potenze mondiali, per contrastare il formarsi di alleanze tra le potenze in ascesa in grado di mettere in discussione il loro dominio (16). La potenza mondiale da centrare, da parte degli USA è data dall’entità del pericolo che rappresenta e dalla capacità di potenza raggiunta che può mettere in discussione la sua egemonia; ma gli USA sono attenti anche alle alleanze che si possono formare tra le potenze in ascesa che sarebbero deleterie per loro (Cina e Russia hanno avuto ed hanno forme di collaborazione e di intesa politica, economica, finanziaria e militare ben raffigurate, in questa fase, dalle Vie della Seta). Con Richard Nixon-Henry Kissinger la Russia era nel mirino strategico degli USA e l’alleanza con la Cina era la logica conseguenza del divide et impera. Con Barack Obama-Donald Trump la Cina è nel mirino strategico degli USA, perché nel lungo periodo può rappresentare la potenza cardine del sistema mondiale, e l’alleanza con la Russia è la logica conseguenza del divide et impera.
Maurizio Molinari, direttore de La Stampa, ben introdotto nei gangli del potere servile statunitense, afferma, a proposito delle strategie Nato nel XXI secolo, che :<< Le interferenze russe avvenute nelle elezioni di più paesi occidentali e la nuova via della seta pongono la Nato davanti ad una competizione strategica […] maggiore cooperazione sulla sicurezza per affrontare le interferenze russe e unità per occuparsi dei rapporti con la Cina […] genesi della nova Nato del XXI secolo. >> (17).
Il presidente Sergio Mattarella, nel messaggio del 4 Novembre, definisce la Nato una<< alleanza alla quale abbiamo liberamente scelto di contribuire, a tutela della pace nel contesto internazionale, a salvaguardia dei più deboli e oppressi e dei diritti umani >>. Qui, per dirla con Costanzo Preve, siamo alla menzogna sistematica!
Le vie della Nato, ovverosia degli Stati Uniti, sono vie che preparano scenari di guerra e l’Europa per la prima volta nella storia sarà teatro passivo di future guerre!
Fonte: Limes, 2018
4.Le vie della seta
Riporto una lunga ma significativa sintesi di cosa sono le Vie della Seta tratta dall’omonimo libro dello storico Peter Frankopan:<<In realtà, per millenni, fu la regione che si estendeva tra l’Est e l’Ovest, collegando l’Europa con l’oceano pacifico, a fungere da asse da rotazione del mondo. La regione a metà tra Oriente e Occidente, che si estende approssimativamente dalle coste orientali del Mediterraneo e del Mar Nero fino all’Himalaya, potrebbe sembrare un luogo poco promettente per farne il punto di osservazione del mondo […] In realtà, il ponte tra Oriente e Occidente è il vero crocevia della civiltà. Lungi dall’essere al margine degli affari globali, questi paesi ne sono proprio al centro, come lo sono stati fin dall’alba della storia […] Fu su questo ponte tra l’Est e l’Ovest che circa 5000 anni fa vennero fondate grandi metropoli, fu qui che le città di Harappa e Mohenjo-daro, nella valle dell’Indo, fiorirono come meraviglie del mondo antico, con popolazioni che ammontavano a decine di migliaia di abitanti e strade che si connettevano in un sofisticato sistema fognario che non sarebbe stato uguagliato in Europa per migliaia di anni. Altri grandi centri di civiltà come Babilonia, Ninive, Uruk e Akkad, in Mesopotamia, erano celebri per la loro grandiosità e la loro architettura innovativa. E oltre duemila anni fa un geografo cinese annotava che gli abitanti della Battriana, una regione incentrata sul fiume Oxos e oggi situata nell’Afghanistan settentrionale, erano commercianti e negoziatori leggendari; la loro capitale ospitava un mercato in cui si comprava e vendeva un’enorme gamma di prodotti, provenienti da ogni dove.
Questa regione è il luogo dove videro la luce le grandi religioni del mondo, dove il giudaismo, il cristianesimo, l’islam, il buddhismo e l’induismo vissero gomito a gomito. E’ il crogiuolo dove competevano vari gruppi linguistici, dove lingue indoeuropee, semitiche e sino-tibetane coabitavano con idiomi altaici, turcici e caucasici. Questo è il luogo in cui grandi imperi sorsero e caddero, dove le conseguenze degli scontri fra culture rivali si avvertivano a migliaia di chilometri di distanza. Qui si aprivano nuovi modi di guardare al passato e si rivelava un mondo profondamente interconnesso, dove quanto accadeva in un continente aveva effetti su un altro, dove le scosse secondarie di ciò che succedeva nelle steppe dell’Asia centrale potevano essere avvertite nel Nord Africa, dove eventi verificatisi a Baghdad avevano risonanza in Scandinavia, deve scoperte compiute nelle Americhe alteravano i prezzi delle merci in Cina e facevano schizzare la domanda sui mercati dei cavalli in India settentrionale.
Questi scossoni si diffondevano lungo una rete estesa in ogni direzione, un ventaglio di strade lungo le quali hanno viaggiato pellegrini e guerrieri, nomadi e mercanti, lungo le quali merci e materie prime sono state trasportate e vendute, e le idee sono state scambiate, modificate e perfezionate. Queste strade hanno portato non solo prosperità, ma anche morte e violenza, malattie e disastri. Verso la fine del XIX secolo, un eminente geologo tedesco, Ferdinad von Richthofen (zio del <<Barone Rosso>>, l’asso dell’aviazione della prima guerra mondiale), diede a questa estesa rete di connessioni un nome che è entrato stabilmente nell’uso: SeidenstraBen, Vie della Seta.
Queste direttrici fungono da sistema nervoso centrale del mondo, collegando popoli e luoghi ma rimanendo sottotraccia, invisibili a occhi nudo. Allo stesso modo in cui l’anatomia spiega come funziona il corpo, la comprensione di queste connessioni ci consente di capire come funziona il mondo. Eppure, nonostante la sua importanza, questa parte del pianeta è stata dimenticata dalla storia tradizionale. In parte ciò è dovuto a quello che è stato chiamato <<orientalismo>>, ovvero la concezione netta e drasticamente negativa dell’Oriente come sottosviluppo e inferiore all’Occidente, e quindi non meritevole di uno studio serio. Ma deriva anche dal fatto che la narrazione del passato è diventata così dominante e consolidata da non lasciare spazio a una regione che è stata a lungo vista come periferica rispetto alla vicenda dell’ascesa dell’Europa e della società occidentale.>> (18).
Fonte Limes, 2019
I territori delle Vie della Seta, da inquadrare nelle diverse fasi della storia mondiale caratterizzate da segni particolari e da questioni rilevanti e peculiari proprie delle fasi (Peter Frankopan ne individua ben 25 Vie nei periodi storici che vanno dalla sua configurazione ad oggi passando dalla Via delle Fedi alla Via alla Tragedia), sono interessati da un grande progetto di respiro mondiale basato sullo sviluppo economico, politico, culturale tra le nazioni coinvolte nell’idea di scambio tra Oriente e Occidente che ricalca il senso e gli obiettivi delle antiche Vie della Seta. Xi Jinping così dichiarava, nel discorso di Astana (Kazakhstan), nell’autunno del 2013, dove annunciava per la prima volta il progetto della Via della Seta:<< Per più di duemila anni […] i popoli che vivono nella regione che collega l’Est e l’Ovest sono stati in grado di coesistere, cooperare e prosperare nonostante le differenze di razza, fede e cultura. Per la Cina è una priorità di politica estera […] sviluppare rapporti di cooperazione amichevole con i paesi dell’Asia centrale. E’ giunto il momento […] di rendere più stretti i legami economici, migliorare le comunicazioni, incoraggiare gli scambi e incrementare la circolazione monetaria […] >> (19).
E l’Europa che fa?
L’Europa mostra i suoi limiti nella cooperazione con la Cina sul grande progetto mondiale della Nuova Via della Seta (Belt and Road Iniziative), limiti derivanti da una mancanza di politica unitaria essendo l’Unione Europea, come già detto, un non soggetto politico. Diego Angelo Bertozzi (uno dei maggiori esperti italiani della Cina e della Nuova Via della Seta) sostiene che :<<E’ fuor di dubbio che, dal momento del suo lancio nel 2013, la Belt and Road Initiative abbia attirato l’interesse dei Paesi membri dell’Unione Europea. Poco dopo infatti, nel settembre del 2015, la Cina e l’UE hanno firmato un accordo per istituire la piattaforma di connettività UE-Cina per la promozione della cooperazione congiunta in materia di investimenti infrastrutturali e servizi di trasporto; già prima Pechino aveva mostrato il proprio interesse a rendere compatibili la nascente Bri con il piano Juncker da 385 miliardi di euro centrato principalmente sulla costruzione di infrastrutture. Resta però il fatto che la maggior parte degli investimenti cinesi in infrastrutture europee (autostrade, ferrovie e porti) si sono verificati al di fuori della piattaforma di connettività e che a prevalere è un approccio bilaterale con i singoli Paesi interessati, in modi e intensità diverse, alla collaborazione [corsivo mio, LL]>> (20). Molte nazioni europee (Francia, Germania, Regno Unito) hanno fatto accordi con la Cina nonostante ci siano critiche e conflitti all’interno dei Paesi G7 :<<Le critiche all’adesione italiana alla BRI, primo fra i paesi G7, nascono dal timore di uno stabile insediamento cinese, con investimenti industriali e logistici, che completi un corridoio dall’Asia al Centro Europa via Trieste (anche Genova ha firmato un’intesa preliminare), che potrà riprendere quella centralità che già l’Impero asburgico aveva compreso trasformandola in porto franco>>. La Commissione europea, inoltre, ha definito la Cina avversario sistemico nonostante <<Contando solo le partecipazioni almeno del 10%, in dieci anni la Cina ha speso per aziende europee 145 miliardi […] Ma altre stime […] arrivano a 350 miliardi. Più di 670 gruppi cinesi della terraferma o con sede a Hong Kong […] hanno investito in Europa dal 2008; quasi 100 hanno alle spalle lo stato o fondi di investimento. Circa 360 imprese sono state acquisite, anche colossi come l’italiana Pirelli. Controllo o partecipazioni riguardano inoltre quattro aeroporti, sei porti, parchi eolici e squadre di calcio […] In parecchi hanno dunque rapporti assai stretti con quello che la Commissione europea ha definito inaspettatamente avversario sistemico, timorosa forse di suscitare ritorsioni commerciali dalla Casa Bianca (corsivo mio, LL)>> (21).
La Nuova Via della Seta è un grande progetto a livello mondiale, messo in atto dalla Cina nella logica del dialogo con i popoli, ricalcando in maniera diversa il senso e l’idea delle relazioni tra Oriente e Occidente << Nonostante la loro apparente <<estraneità>>, queste terre sono sempre state di importanza fondamentale nella storia mondiale, in un modo o nell’altro, collegando est e ovest e ponendosi come un crogiuolo dove, dall’antichità ad oggi, si sono incontrate e scontrate idee, abitudini e lingue. E oggi le Vie della Seta stanno riacquistando importanza, un fenomeno che molti ignorano o a cui non prestano interesse. Gli economisti non hanno ancora rivolto l’attenzione alle ricchezze che si trovano sotto e sopra il suolo, sotto le acque o sepolte nelle montagne delle catene che collegano l’Himalaya al mar Nero, all’Asia Minore e al Levante. Si concentrano su gruppi di paesi senza connessioni storiche (corsivo mio, LL) i cui indici misurabili appaiono a prima vista simili, come i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), spesso ormai sostituiti dal nuovo trend dei MIST (Messico, Indonesia, Corea del Sud e Turchia). In realtà, è al vero Mediterraneo- << il centro del mondo >>- che dovremmo invece guardare. Non c’è un Selvaggio Oriente, nessun nuovo mondo da scoprire, ma una regione e una serie di connessioni che riemergono sotto i nostri occhi >> (22).
La Cina è una potenza in ascesa, come lo fu Atene nella fase multicentrica precedente la guerra del Peloponneso, con la caratteristica di sconvolgere l’ordine esistente: << Essi (gli ateniesi, mia precisazione) sono amanti delle novità, rapidi nel concepire un piano e nel portare a compimento ciò che hanno deciso […] >> (23). Per questo motivo gli Stati Uniti cercano di bloccare e contrastare il progetto cinese perché vedono in esso un serio pericolo alla loro egemonia mondiale (“sindrome della potenza dominante”).
Fonte Limes, 2016
La Nuova Via della Seta della Cina è una Via che recupera un nuovo senso e un nuovo dialogo tra Oriente e Occidente e ha come obiettivo l’equilibrio dinamico tra le potenze dominanti della fase multicentrica.
5.In sintesi: abbiamo due potenze in ascesa, Cina e Russia, che rivendicano un ordine mondiale dialogante e rispettoso delle proprie diversità storiche, politiche e culturali in modo da superare la “Trappola di Tucidide” e restare nella fase multicentrica.
Al contrario, la potenza dominante, gli Stati Uniti d’America, rivendica un ordine mondiale sotto la propria egemonia e non accetta un limite al proprio dominio nella configurazione di un nuovo ordine mondiale avanzato dalle potenze in ascesa. Quindi gli USA metteranno in atto strategie politiche di conflitto per contrastare sia la minaccia del proprio declino (ormai irreversibile) sia le potenze in ascesa; difficilmente si fermeranno nella fase multicentrica.
Cosa farà l’Europa? Quali vie intraprenderà?
Sono pessimista nell’accezione di Ennio Flaiano << Essere pessimisti circa le cose del mondo e la vita in generale è un pleonasmo, ossia anticipare quello che accadrà […].>>. Abbiamo, purtroppo, sub-decisori europei (in particolare quelli italiani per la loro peculiarità storica) che sono dei rubagalline (il significato pieno del termine è nel film Totò, Peppino e i fuorilegge, regia di Camillo Mastrocinque del 1956) e hanno le facce da servi (per il prosieguo della definizione delle facce rimando alla magnifica sintesi fatta da Giorgio Gaber nel brano Mi fa male il mondo dell’album “E pensare che c’era il pensiero”, 1995). Sub-decisori inaffidabili e pericolosi per la maggioranza delle popolazioni. Sono i cotonieri lagrassiani, soggetti politici espressione di una sfera economica caratterizzata da modelli di produzione superati e tecnologicamente arretrati (di processo e di prodotto), che hanno venduto l’anima e i relativi paesi per n’anticchia di potere e non sanno andare oltre una visione economica delle relazioni internazionali.
In Europa ci vorrebbe un Gelsomino (24) dalla voce potentissima che, con l’aiuto di un moderno Principe, sconfiggesse la prepotenza e l’arroganza e ristabilisse la verità e l’ordine per traghettare l’Europa fuori dalla servitù statunitense e pensare una Europa (espressione di una recuperata sovranità politica delle nazioni) dei dialoghi e dei confronti tra mondi diversi (Occidente e Oriente).
Le citazioni che ho scelto come epigrafe sono tratte da:
* Noam Chomsky, Venti di protesta, Ponte alle Grazie, Milano, 2018, pag.81.
** Peter Frankopan, Le vie della seta, Mondadori, Milano, 2017, pag.8.
NOTE
1.Ennio Flaiano, Diario notturno, Adelphi, Milano, 2012, pp. 114 e 165.
2.Graham Allison, Destinati alla guerra. Possono l’America e la Cina sfuggire alla trappola di Tucidide?, Fazi editore, Roma, 2018, pag.309.
3.La situazione storica che si venne a creare nella guerra del Peloponneso dove la potenza dominante di Sparta fu messa in discussione dalla emergente potenza di Atene. La trappola di Tucidide definisce la << “sindrome della potenza in ascesa” e la “sindrome della potenza dominante”. La prima mette in evidenza l’accresciuta consapevolezza di sé, dei propri interessi e del proprio diritto a essere riconosciuto e rispettato. La seconda è essenzialmente l’immagine speculare della prima, ossia il manifestarsi da parte del potere costituito di un crescente senso di paura e di insicurezza difronte alla minaccia del proprio “declino” […]. Sparta era una polis conservatrice, una potenza incline allo status quo. Come in seguito ebbe a dichiarare l’ambasciatore di Corinto all’Assemblea degli spartani:<< Loro caratteristica [degli ateniesi, mia specificazione] è di sconvolgere l’ordine esistente: veloci nell’ideare, veloci nel realizzare ciò che hanno deciso. Vostra caratteristica [degli spartani, mia specificazione] è invece l’immobilismo: non vi sforzate di ideare vie nuove e, sul piano dell’azione, non siete all’altezza neanche dello stretto necessario >> in Graham Allison, Destinati alla guerra, op.cit., pag. 90 e 74; Sull’ascesa della potenza di Atene si rimanda a Tucidide, La guerra del Peloponneso, Mondadori, Milano, 1976, volume primo, Libro I, pp.3-97.
4.Sul progetto della Trappola di Tucidide si rimanda a Graham Allison, Destinati alla guerra, op.cit., in particolare all’Appendice I dove è riportato il dossier completo sulla Trappola di Tucidide che fa parte del progetto di storia applicata del Belfer Center di Harvad (Cambridge, USA).
5.Per la costruzione di un nuovo modello di società che ha caratterizzato il Novecento come il secolo americano, si rimanda a Olivier Zunz, Perché il secolo americano?, il Mulino, Bologna, 2002.
6.Per gli indicatori economici del declino statunitense si rimanda a Graham Allison, Destinati alla guerra, op. cit., pp.33-63.
7.Sergio Romano, L’epidemia sovranista, Longanesi, Milano, 2019, pp.100-101.
8.Sulla crisi della modernità occidentale si veda Marshall Berman, L’esperienza della modernità, il Mulino, 1985; David Harvey, La crisi della modernità, il Saggiatore, Milano, 1993; Costanzo Preve-Luigi Tedeschi, Dialoghi sull’Europa e sul nuovo ordine mondiale, il Prato editrice, Saonara (Padova), 2016.
9.Sulla diversità della modernità orientale si legga Maxime Rodinson, Islam e Capitalismo, Einaudi, Torino, 1968; Luce Irigaray, Tra Oriente e Occidente, Manifestolibri, Roma, 1997; Guy Mettan, Russofobia. Mille anni di diffidenza, Sandro Teti Editore, Roma, 2016; Aleksandr Dugin, L’Occidente e la sua sfida in www.ariannaeditrice.it, 18/10/2018, prima e seconda parte; Graham Allison, Destinati alla guerra, op.cit.
10.Per una lettura che superi le periodizzazioni dei cicli economici delle diverse fasi storiche del capitalismo, si intreccino gli studi di Giovanni Arrighi, Gianfranco La Grassa e Costanzo Preve.
11.Costanzo Preve-Luigi Tedeschi, Dialoghi sull’Europa e sul nuovo ordine mondiale, op. cit., pag.153.
12.Luigi Longo, Il Progetto dell’Unione Europea è finito, la Nato è lo strumento degli Usa nel conflitto strategico della fase multicentrica, www.italiaeilmondo.com, 26/11/2018.
13.Sergio Romano, Sulle finalità della Nato e il bisogno di Occidente della Russia, www.ispionline.it, video intervento, 4/6/2018.
- Costanzo Preve-Luigi Tedeschi, Dialoghi sull’Europa e sul nuovo ordine mondiale, op. cit., pag.152.
15.Redazione Ansa, Macron, Nato in stato di “morte cerebrale”, www.ansa.it, 7/11/2019; Anais Ginori, Siria: Macron, la Nato è in stato di morte cerebrale, www.repubblica.it, 7/11/2019.
16.Per le politiche di espansione, di allargamento, di sicurezza, di alleanze e controalleanze, di partenariato di pace (sic), di investimenti infrastrutturali, di spese militari della Nato, si rimanda a Mahdi Darius Nazemroaya, La globalizzazione della NATO. Guerre imperialiste e colonizzazioni armate, Arianna editrice, Bologna, 2014; Manlio Dinucci, Geopolitica di una “guerra globale” in AaVv, Escalation. Anatomia della guerra infinita, DeriveApprodi, Roma, 2005, pp.11-112; sul continuo aumento delle spese militari a favore della Nato si veda Manlio Dinucci, 4 Novembre, vedi Napoli e poi muori, www.volitairenet.org, 10/11/2019; sulla base USA di Alessandropoli in Manlio Dinucci, Alessandropoli, nuova base USA contro la Russia, www.voltairenet.org, 24/9/2019; sulla strategia USA-NATO sul Mar Nero in Martin Sieff, USA e NATO in preda a “pazzia da Mar Nero”, www.comedonchisciotte.org, 17/6/2019.
17.Maurizio Molinari, Il doppio fronte della Nato, www.lastampa.it, video editoriale, 29/7/2019.
18.Peter Frankopan, Le Vie della Seta, op.cit., pp. 7-8; si legga anche Claudio Mutti, La nuova Via della Seta, www.euroasia-rivista.com, 24/6/2019.
- Peter Frankopan, Le Vie della Seta, op.cit., pag. 595; per una analisi sintetica degli obiettivi del progetto della Via della Seta si invia a Vladimiro Giacchè, Un progetto per molti obiettivi, www.sinistrainrete.info, 29/4/2019.
20.Osservatorio Globalizzazione, Sulle rotte della Nuova Via della Seta, conversazione con Diego Angelo Bertozzi, www.comunismoecomunita.org, 8/10/2019.
21.Luciano Santilli, La Nuova Via della crescita in Capital n. 465-466 giugno 2019, pag.7. E’ interessante la lettura completa dello speciale Cina perchè ricca di informazioni, dati, analisi delle relazioni tra Cina ed Europa e soprattutto il livello di penetrazione cinese in Italia; sugli accordi dei paesi europei con la Cina si rimanda a Pino Nicotri, Con la nuova Via della Seta la Cina è vicina, anzi è tra noi, www.sinostrainrete.info, 1/4/2019.
- Peter Frankopan, Le Vie della Seta, op.cit., pag.585.
- Tucidide, La guerra del Peloponneso, op.cit., pag. 46.
24.Per la storia di Gelsomino si legga Gianni Rodari, Gelsomino nel paese dei bugiardi, Einaudi, Torino, 2010.
BERLINO – La caduta del muro di Berlino nella notte dell’8 novembre 1989 ha improvvisamente e drammaticamente accelerato il crollo del comunismo in Europa. La fine delle restrizioni sugli spostamenti tra la Germania dell’est e la Germania dell’ovest ha dato il colpo di grazia alla società chiusa dell’Unione Sovietica. Allo stesso tempo, la caduta del muro ha segnato un punto fondamentale per la crescita delle società aperte.
Dieci anni prima della caduta del muro, fui coinvolto in quella che io definisco la mia filantropía política. Diventai un sostenitore del concetto di società aperta che mi conferì Karl Popper, il mio mentore alla London School of Economics. Popper mi insegnò che la conoscenza perfetta non è realizzabile e che le ideologie totalitarie, che affermano di possedere la verità assoluta, possono prevalere solo attraverso misure repressive. Negli anni ’80, sostenni i dissidenti contro l’impero sovietico e nel 1984 riuscii a creare una Fondazione nella mia nativa Ungheria che garantiva fondi ad attività promosse non da stati monopartitici. L’idea di fondo era che incoraggiando le attività esterne alle formazioni partitiche, i cittadini avrebbero avuto maggiore consapevolezza delle falsità dei dogmi ufficiali e in effetti questo sistema ha funzionato alla meraviglia. Con un budget annuale di 3 milioni di dollari, la Fondazione è diventata più forte del Ministero della Cultura. Da parte mia io sono rimasto affascinato dalla filantropia politica e, con il crollo dell’impero sovietico, ho creato diverse fondazioni in vari paesi. Il mio budget annuale è passato da 3 milioni a 300 milioni di dollari in pochi anni. Era un periodo esaltante in quanto le società aperte erano in ascesa e la cooperazione internazionale era il credo dominante. A trent’anni di distanza la situazione è ben diversa. La cooperazione internazionale ha trovato diversi ostacoli sul suo cammino e il nazionalismo è diventato il nuovo credo dominante. Inoltre, finora il nazionalismo si è rivelato essere ben più potente e distruttivo dell’internazionalismo. Non era tuttavia un risultato prevedibile. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, gli Stati Uniti erano diventati l’unica superpotenza che non è tuttavia riuscita a essere all’altezza delle responsabilità che la sua posizione le aveva conferito. Gli Stati Uniti erano infatti più interessati a godersi i frutti della vittoria della Guerra Fredda e non hanno quindi pensato a dare una mano ai paesi dell’ex blocco sovietico che si trovavano in gravi difficoltà. Pertanto, il paese ha aderito alle prescrizioni delle politiche neoliberali denominate “Washington Consensus”.