Frenate gli entusiasmi e i trionfalismi, c’è poco da festeggiare_Di Claudio Martinotti Doria

Scrivo queste brevi note dopo aver letto accurate analisi compiute da esperti indipendenti sull’offensiva ucraina nell’oblast di Kharkiv.

Come sempre quanto scrivo è a scopo divulgativo, i dati indicati non hanno valenza tecnica, sono ponderati in base a quanto letto finora di attendibile, non certo tramite i media mainstream che fanno solo propaganda e tantomeno da fonti ucraine che sono totalmente inattendibili. Anche quelle russe vanno prese con grano salis, anche se occorre riconoscere che generalmente sono improntate a discrezione e riservatezza nel riportare i dati inerenti i colpi inferti al nemico, non vantandosene o gonfiandone l’entità come fanno abitualmente le fonti ucraine, che esagerano in maniera persino patetica e puerile, fino ad inventarsi successi bellici inesistenti.

 

Ci sarebbe da scrivere per ore, ma voglio essere estremamente sintetico, quindi riporto solo l’essenziale.

 

In seguito a quest’offensiva le forze armate ucraine hanno riconquistato circa 2000 kmq di territorio occupato dai russi nell’oblast di Kharkiv (nell’impeto dell’entusiasmo la cifra è già salita in alcune fonti ucraine a 5000 kmq, sapete come vanno queste cose, quando si sniffa troppo per l’entusiasmo!) e si rileva che la Russia ha perso molte attrezzature militari che ha dovuto abbandonare durante la ritirata.

Preciso che si è trattata di ritirata non di disfatta, le parole hanno un peso e devono soprattutto averlo e mantenerlo durante una guerra. Le perdite russe sono state modeste, i comandi militari preferiscono ritirarsi e perdere territori e armamenti piuttosto che vite umane preziose di soldati, a differenza del regime di Kiev che non esita a mandare a morte i propri soldati ANCHE SOLO PER ESIGENZE POLITICHE DI PROPAGANDA, infatti durante l’offensiva le perdite ucraine sono state molto elevate.

A tal proposito è bene precisare che in un paio di settimane di combattimenti, tra la fine di agosto e la prima decade di settembre, durante la fallito offensiva nell’oblast di Cherson, poi trasformata ad arte in “diversivo” dalla propaganda occidentale di cui avremo modo di parlarne in altri articoli, e quella successiva e vittoriosa a Kharkiv l’Ucraina ha perso tra gli 8000 e i 10mila mila soldati, intendo proprio morti, e come minimo il doppio sono rimasti feriti più a meno gravemente (generalmente i feriti dopo una cruenta battaglia sono dal doppio al triplo rispetto ai morti).

Nei sei mesi precedenti i regime di Kiev ne aveva già persi, tra morti feriti e prigionieri, circa 250mila (secondo fonti del Pentagono), su un esercito che stime realistiche compiute da esperti militari valutavano in 600mila (le cifre che sentite di due milioni sono pura propaganda), quindi siamo alla metà circa. 

Qualsiasi paese civile e responsabile con un 50% di perdite si sarebbe già arreso, ma non l’Ucraina, per diversi motivi, il principale è che vive ormai esclusivamente di economia di guerra, finanziata dall’Occidente, USA e UK e UE in primis.

L’Ucraina non è solo sostenuta dalla NATO ma la NATO PARTECIPA IN PRIMA PERSONA ALLA GUERRA, con migliaia di uomini in divisa ucraina e decine di migliaia di attrezzature belliche fornite in continuazione, armi sempre più letali e in gradi colpire a distanza, in genere queste ultime vengono usate contro obiettivi civili e non militari, per terrorizzare e punire, come ritorsione contro la popolazione filorussa, considerata collaborazionista e nemica dai nazisti di Kiev. Ecco perché la popolazione delle aree riconquistate fuggono insieme coi militari russi, per evitare di fare una brutta fine,

Questa è la verità dei fatti, gli ucraini si limitano a fornire carne da cannone. anche se parecchie centinaia di soldati NATO muoiono anch’essi tra le fila dei combattenti, ma in proporzione di 1 a 100 rispetto agli ucraini. Sono gli ucraini che si stanno facendo massacrare, anche quando gridano vittoria, l’hanno pagata a caro prezzo.

Le guerre si devono valutare soprattutto dal punto di vista delle forze in campo e della disponibilità di armi e munizioni e da questo punto di vista la guerra di logoramento che entrambi gli schieramenti volevano attuare, volge indubbiamente a favore della Russia, anche dopo il successo dell’offensiva ucraina a Kharkiv.

La NATO non mollerà mai e proseguirà ad libitum (fino all’ultimo ucraino, non era solo uno slogan), ma come arsenali da mettere in campo è agli sgoccioli, l’UE non supererà l’inverno dovendo gestire molto probabilmente vere e proprie sommosse popolari, perché il malcontento esploderà sia per il freddo che per le bollette esorbitanti da pagare oltre al resto dell’inflazione che colpisce anche generi di prima necessità. I governi europei non reggeranno a lungo, 

Inoltre, com’era prevedibile, la Russia sarà meno moderata nel colpire, non combatterà più in stile cavalleresco con particolare riguardo ai civili, i bombardamenti saranno più intensi e feroci, gli ucraini si devono preparare a un inverno al freddo e senza corrente elettrica, senza mezzi di sussistenza, nella miseria più assoluta, e l’Occidente non potrà aiutarli perché sarà messa male per conto suo. Pare che i russi abbiano già colpito, nelle ore appena precedenti la stesura di questo scritto, diverse centrali elettriche e infrastrutture ucraine e continueranno a farlo fino a ridurre il paese in una totale dipendenza dagli aiuti esterni, peggiorando in tal modo la situazione (già tragica) per tutti paesi complici di Kiev.

Le guerre non si vincono solo con la propaganda o con qualche incursione di successo per rioccupare momentaneamente delle porzioni di territorio per quanto vaste. Queste sono vittorie effimere che servono solo alla propaganda e per motivare gli stolti a combattere e continuare a offrirsi come carne da cannone. Quando i russi inizieranno a fare sul serio, la propaganda potrà solo tacere per lo sgomento o urlare contro i cattivi russi che infieriscono sui poveri ucraini nazisti, parassiti e corrotti che hanno portato la loro nazione alla distruzione totale. Come fecero Hitler e i nazisti con la Germania nella metà degli anni ‘40. 

Nel frattempo un’intera armata russa ha oltrepassato il confine ed è penetrata nel Donbass posizionandosi attorno ai territori riconquistati dagli ucraini. Altri 10mila guerrieri ceceni, guerrieri e non soldati, perché i ceceni è da secoli che sanno combattere come sanno respirare, stanno confluendo nel Donbass. Nel frattempo in Russia sono stati reclutati altri 135mila soldati per rinforzare le forze armate. E non è stata ancora avviata la mobilitazione generale, perché significherebbe passare dallo stato di OPERAZIONE MILITARE SPECIALE allo STATO DI GUERRA TOTALE.

Se non fosse chiaro questo concetto, se questo temuto passaggio avvenisse, significherebbe la completa distruzione dell’UCRAINA e uno scontro diretto con la NATO. Quindi gli sprovveduti che fanno tifo da calcio, tifando per gli ucraini democratici ed eroici, come descritti dai media occidentali, farebbero bene a rinsavire, perché non si sta giocando a Risiko,

i russi fanno sul serio, e se si superano troppe linee rosse poi anche i lobotomizzati e decerebrati che tifano da casa davanti agli schermi televisivi, dovranno fare i conti con le conseguenze vere, reali, di una guerra. E non mi riferisco solo alla chiusura dei rubinetti del gas, al freddo durante l’inverno, ai prezzi alle stelle per l’inflazione, alle bollette stratosferiche per luce e gas, ecc., ma al rischio di sentire vibrare le mura di casa e frantumare i vetri delle finestre per tutti coloro che vivono nei pressi di obiettivi militari e strategici in tutta Europa. Se la cosa vi diverte, proseguite pure col vostro tifo demenziale.

Io sono anziano e dispongo di una formazione storico psicologica e vi assicuro che la situazione è drammatica, soprattutto dopo il trionfalismo ingiustificato montato ad arte dalla propaganda occidentale per questa unica offensiva riuscita in sei mesi di conflitto. Si monteranno la testa e proseguiranno convinti di aver messo in gravi difficoltà la Russia, di essere a un passo dalla vittoria. Del resto coi politicanti che governano l’Europa l’UK e gli USA in questo periodo, dobbiamo aspettarci di tutto, essendo di una supponente e spaventosa ignoranza sfociante in atteggiamenti guerrafondai, tipici di coloro che la guerra l’hanno sempre fatta fare ad altri o non la conoscono minimamente.

Riprendendo la metafora calcistica delle tifoserie, che pare essere appropriata per essere compresa dagli italiani, temo che tra non molto, continuando così, non vi saranno neppure più squadre di calcio per le quali tifare, non ci saranno più gli stadi, non ci sarà la corrente elettrica per far funzionare il televisore per vedere le partite (intendo quelle vecchie registrate), e il rischio è anche che non ci saranno più neppure molti tifosi. Ho reso il quadro della situazione? Dopo di ché se vorrete ancora divertirvi, cercate di fumare roba buona e potente per farvi evadere dalla realtà, perché quest’ultima sarà plumbea oltre ogni più pessimistica immaginazione.

 

 

Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria, Via Roma 126, 15039 Ozzano Monferrato (AL), Unione delle Cinque Terre del Monferrato,  Italy,

Email: claudio@gc-colibri.com  – Blog: www.cavalieredimonferrato.it – http://www.casalenews.it/patri-259-montisferrati-storie-aleramiche-e-dintorni

Independent researcher, historiographer, critical analyst, blogger on the web since 1996

È tempo che una politica più muscolare sostituisca l’operazione militare speciale della Russia?_Di Andrew Korybko

Limitare volontariamente l’operazione speciale della Russia è stato fatto per le giuste ragioni legate a obiettivi umanitari e politici, ma ha inconsapevolmente impedito il successo militare di questa campagna da cui dipende il successo di questi due obiettivi sopra menzionati, rendendo così inevitabile l’esito dello scorso fine settimana.

Il contesto di Kharkov

Il capo della Repubblica cecena Ramzan Kadyrov ha preso la guida di quelle forze interne che chiedono una politica più energica per sostituire l’operazione militare speciale della Russia in Ucraina dopo la battuta d’arresto che il loro paese ha subito inaspettatamente durante il blitz di Kiev sostenuto dalla NATO nella regione di Kharkov. Ha detto ai suoi seguaci in un messaggio vocale su Telegram che “Se oggi o domani non verranno apportati cambiamenti nella conduzione dell’operazione militare speciale, sarò costretto ad andare dalla leadership del Paese per spiegare loro la situazione sul campo. Non sono uno stratega come quelli del ministero della Difesa. Ma è chiaro che sono stati fatti degli errori. Penso che trarranno alcune conclusioni”.

Le osservazioni di Kadyrov incanalano la frustrazione che molti in tutta la Russia provano dopo quello che è appena successo durante il fine settimana. L’ottica è stata particolarmente dolorosa dopo che il culmine di quella controffensiva si è verificato mentre il presidente Putin ha aperto la ruota panoramica più grande d’Europa poco prima che i fuochi d’artificio illuminassero il cielo della capitale per celebrare la fondazione della città 875 anni fa. Coloro che hanno familiarità con il capolavoro del famoso pittore polacco Jan Matejko “Stańczyk”, che Wikipedia descrive accuratamente come raffigurante un solenne giullare di corte che lamenta la perdita di Smolensk (che con il senno di poi preannunciava conseguenze molto peggiori a venire) mentre la famiglia reale ballava inconsapevolmente tutta la notte, probabilmente sembrava proprio come il suo soggetto.

Briefing di fondo

Per un contesto dettagliato di ciò che è appena accaduto nell’Ucraina nord-orientale e per comprendere meglio il resto del presente articolo, il lettore dovrebbe rivedere l’ultima serie analitica dell’autore a riguardo:

* ” Kharkov: cosa sta guidando le ultime dinamiche militari e cosa potrebbe venire dopo? 

* ” Critiche costruttive collegate al ritiro tattico della Russia da Kharkov “

* ” Interpretare le carenze dell’intelligence russa in vista della controffensiva di Kharkov “

* ” 20 osservazioni strategiche sul blitz di Kiev sostenuto dalla NATO nella regione di Kharkov “

Sarebbe anche d’aiuto se controllassero i suoi cinque pezzi precedenti di seguito che spiegano le varie dimensioni dell’operazione militare speciale in corso della Russia nella vicina ex Repubblica sovietica:

* ” La politica è sbagliata: è l’Occidente guidato dagli Stati Uniti, non il presidente Putin, che ha sbagliato i calcoli “

* ” Ecco perché è così importante per la Russia denazificare e smilitarizzare l'”Anti-Russia” “

* ” Perché gli Stati Uniti hanno dato la priorità al contenimento della Russia rispetto alla Cina? 

* ” La Russia sta conducendo una lotta esistenziale in difesa della sua indipendenza e sovranità “

* ” 15 spiegazioni per il ritmo lento ma costante dell’operazione militare speciale russa “

Per semplificare eccessivamente l’essenza dei primi quattro articoli dell’ultima serie analitica dell’autore, una combinazione di gravi carenze di intelligence, pio desiderio e le limitazioni autoimposte all’esercito russo dall’ibrido mandato di operazioni speciali umanitarie e politiche del presidente Putin erano discutibili responsabile della battuta d’arresto appena vissuta durante la controffensiva di Kharkov. Per quanto riguarda gli ultimi cinque pezzi, la loro rilevanza per il presente è che toccano il motivo per cui il leader russo ha limitato la missione della sua potenza mondiale appena restaurata a un’operazione speciale: è contrario alle vittime civili e spera di ricostruire   legami storici tra il loro popolo dopo.

Perfetto sulla carta ma controproducente in pratica?

Questa prospettiva era strategicamente valida sulla carta poiché mirava a mitigare i danni collaterali e quindi a mantenere le basi socio-fisiche su cui ricostruire le relazioni russo-ucraine, ma si basava sul fatto che le sue forze raggiungessero e mantenessero il pieno dominio militare sui loro avversari, che alla fine non è successo. Come l’autore ha detto ai media azerbaigiani a luglio, ” Tutti i lati del conflitto ucraino si sottovalutavano a vicenda “. Di pertinenza, la Russia non si aspettava che Kiev militarizzasse illegalmente le aree residenziali e quindi sfruttasse de facto i civili lì come scudi umani per rallentare la sua avanzata come ha recentemente dimostrato Amnesty International, né che la NATO riarmasse in modo così robusto e con successo i suoi delegati.

Rifiutando di eguagliare la dottrina della guerra totale di Kiev nei confronti del conflitto non prendendo di mira le infrastrutture di servizio e i centri di comando che avrebbero potuto paralizzare le sue capacità di riarmo e quindi assicurarne la smilitarizzazione duratura dopo aver distrutto il suo intero complesso militare-industriale entro la fine di marzo per ammissione del suo avversario , la Russia si è inavvertitamente preparata a tutto ciò che è accaduto. Limitare volontariamente la sua operazione speciale è stato fatto per le giuste ragioni legate a obiettivi umanitari e politici, ma ha inconsapevolmente impedito il successo militare di questa campagna da cui dipende il successo di quei due obiettivi sopra menzionati, rendendo così inevitabile l’esito dello scorso fine settimana.

Fodere d’argento

Il fatto stesso che tutto sia arrivato a questo punto drammatico in primo luogo conferma l’osservazione che le azioni militari della Russia nel corso della sua operazione speciale sono state relativamente miti e per nulla vicine a ciò che ci si sarebbe aspettati dagli Stati Uniti durante le proprie campagne . Inoltre, questo autocontrollo conferma che la Russia ha obiettivi socio-economici e politici di vasta portata reciprocamente vantaggiosi che intende avanzare dopo la fine del conflitto e quindi non vuole appiattire l’Ucraina come l’America ha adulato la Jugoslavia, l’Iraq e la Libia. Queste osservazioni complementari quindi screditano la narrativa prevalente dei media mainstream occidentali (MSM) guidati dagli Stati Uniti sulla condotta della Russia.

Le dozzine di partner della Russia attraverso la vasta fascia di umanità conosciuta come il Sud del mondo apprezzano il modo in cui i suoi militari si sono comportati finora, il che spiega perché si stanno tutti radunando attorno ad esso e nessuno di quegli stati ha capitolato di fronte alle pressioni dell’America per sanzionare Mosca. Tuttavia, nonostante rimanga un partner affidabile per aiutare quei paesi a rafforzare le loro capacità di ” sicurezza democratica ” e quindi salvaguardare la loro sovranità di fronte ai tentativi degli Stati Uniti di imporre loro la loro egemonia neoimperialista, molti di questi stessi stati e soprattutto le loro società potrebbe ora chiedersi se la Russia abbia in qualche modo perso il suo splendore dopo quello che è appena successo.

L’ingerenza dei media mainstream

Non si può negare che abbia subito una battuta d’arresto durante il fine settimana, una battuta d’arresto del tutto inutile con il senno di poi e in gran parte attribuibile a gravi carenze di intelligence e pio desiderio di alcuni funzionari, il che fornisce una base semi-solida su cui l’MSM può lanciare imminenti operazioni di guerra dell’informazione mirato a indebolire ulteriormente il sostegno alla Russia all’estero. Non solo, questi sforzi perniciosi potrebbero anche avere un impatto plausibile sulla situazione politica interna, in cui l’Occidente guidato dagli Stati Uniti ha sempre cercato di intromettersi per decenni e ha intensificato le sue attività in questo senso senza precedenti subito dopo l’inizio dell’operazione speciale della Russia.

Suggerimenti e critiche costruttive

È quindi fondamentale per la Russia contrastare in modo significativo il cambiamento nelle percezioni (indipendentemente da quanto tali opinioni potrebbero essere attualmente fondate sui fatti) in patria e all’estero sul corso della sua campagna in corso, che è uno degli argomenti più potenti a favore di una politica più politica che sostituisce l’operazione speciale strettamente limitata. A parte gli immediati fattori trainanti del soft power, un tale cambiamento di prospettiva consentirebbe alle forze armate russe di fare ciò che è necessario per raggiungere gli obiettivi militari da cui dipende il successo di quelli umanitari e politici. Alcuni ritengono che continuare a combattere volontariamente con una mano dietro la schiena complichi l’intera campagna di Mosca.

Abbastanza chiaramente, questo approccio ben intenzionato ha almeno indirettamente contribuito alla formazione di Kiev sostenuta dalla NATO in vista della controffensiva di Kharkov, che non avrebbe avuto luogo se le reti di servizi regionali e i centri di comando dell’Ucraina fossero già stati in gran parte inabili o distrutti a lungo fa all’inizio dell’operazione speciale. Naturalmente, va da sé che l’immediata promulgazione di una politica così vigorosa avrebbe probabilmente reso impossibile il raggiungimento degli obiettivi umanitari della Russia e quasi certamente avrebbe perso ogni possibilità di far avanzare quelli politici dopo il conflitto, per non parlare di come sarebbe stato distorto dal MSM come la cosiddetta “prova dei crimini di guerra russi”.

Benefici umanitari contro costi politico-militari

Mantenendo la rotta nella sua operazione speciale finora, la Russia ha mitigato con successo i danni collaterali ai civili e alle infrastrutture, per i quali merita un caloroso elogio. Comunque sia, questo lodevole risultato è avvenuto a spese non intenzionali della ripresa dell’Ucraina con il sostegno della NATO dalla sua smilitarizzazione su larga scala che era stata raggiunta alla fine di marzo, il che a sua volta significa che gli obiettivi politici del Cremlino rimangono ancora più lontani che mai. Inoltre, il MSM ha prestato assolutamente zero attenzione alla dimensione umanitaria dei calcoli del presidente Putin ordinando alle sue forze armate di trattenersi unilateralmente e invece ha continuato ad accusare la Russia di “crimini di guerra”.

Peggio ancora, il potenziamento militare sostenuto dalla NATO di Kiev da aprile in poi, inavvertitamente favorito dalle limitazioni autoimposte alle forze armate russe per le più rispettabili ragioni umanitarie legate agli ambiziosi obiettivi geopolitici a lungo termine del loro leader, ha mantenuto il conflitto in corso fino ad ora, perpetuando così le difficoltà dei civili. Questo non implica alcuna critica al presidente Putin personalmente, dal momento che lui tra tutte le persone vuole che il suo paese esca vittorioso più di chiunque altro, soprattutto considerando come tutto questo modellerà la sua eredità nel corso dei secoli, ma solo che “la strada per l’inferno è lastricato di buone intenzioni”, come recita il detto più volte ripetuto.

Psicoanalizzando Putin

Cercando veramente di aiutare il maggior numero possibile di persone o almeno di ridurre le loro difficoltà nel corso dell’operazione speciale del suo paese, la sua decisione puramente ben intenzionata di rimanere impegnata a limitare le azioni delle sue forze militari nell’operazione speciale per ibridi ragioni umanitarie-politiche sono uno dei fattori primari che spiegano perché il conflitto non è ancora terminato e la situazione per milioni di civili rimane precaria. Per dissipare qualsiasi ambiguità, speculazione o incertezza, il presidente Putin non viene incolpato di nulla di tutto ciò poiché è stato costretto dalle circostanze strategiche militari avviate dalla NATO a iniziare questa campagna per timore che la Russia si trasformi nel suo burattino.

Nessun leader che si rispetti avrebbe mai accettato di permettere al proprio paese di diventare il vassallo del suo avversario geostrategico, anche se nessun leader che si rispetti non avrebbe posto ragionevoli restrizioni alla condotta delle proprie forze militari che hanno autorizzato in difesa delle loro obiettive linee rosse di sicurezza nazionale per limitare il più possibile i danni collaterali, tanto più che il teatro delle ostilità era popolato dalle stesse persone che quel capo considera storicamente fraterne. Il presidente Putin ha quindi indiscutibilmente fatto la cosa giusta limitando inizialmente la portata di ciò che le sue forze armate potevano fare durante l’operazione speciale, ma da allora la situazione è cambiata.

Nonostante le nobili intenzioni del leader russo, alcune dimensioni del conflitto non stanno evolvendo secondo le sue aspettative. Sebbene non vi siano dubbi sul fatto che innumerevoli vite siano state salvate dai severi limiti imposti alle sue forze armate e le difficoltà che i civili hanno vissuto sono state quindi relativamente meno intense di quanto avrebbero potuto essere altrimenti, la conseguenza involontaria di questa politica ben intenzionata che ha consentito a Kiev continuare a perpetuare il conflitto con il sostegno della NATO e persino riarmarsi al punto da lanciare la controffensiva di Kharkov suggerisce che potrebbe essere giunto il momento per il presidente Putin di considerare di eliminare alcune delle restrizioni unilaterali dell’operazione speciale.

Pensieri conclusivi

Se decidesse di farlo, cosa che accadrebbe solo se credesse sinceramente che i benefici complessivi superano i costi prevedibili che ciò comporterebbe sui suoi obiettivi umanitari e politici inizialmente concepiti dopo aver esaminato tutte le informazioni a sua disposizione come capo di stato incaricato dal suo popolo nel plasmare la grande strategia del loro stato-civiltà , allora potrebbe anche essere necessario cambiare formalmente il modo in cui la missione dell’esercito è descritta da un’operazione speciale a qualcos’altro. Che d’ora in poi sia considerata un’operazione antiterrorismo come quella in Siria, ad esempio, lo scopo dietro questa ridenominazione sarebbe quello di enfatizzare le nuove regole di ingaggio e modellare di conseguenza le percezioni.

Solo il presidente Putin ha l’autorità di decidere se una politica più vigorosa debba sostituire l’operazione speciale, e lo farebbe solo se ritenesse che sia la cosa migliore da fare per il suo stesso popolo prima di tutto seguito in egual misura dai civili catturati nella zona di conflitto e il suo esercito che opera lì. Il leader russo potrebbe quindi concludere che è meglio continuare a seguire la rotta mantenendo i limiti autoimposti all’attività delle sue forze armate in Ucraina oppure potrebbe rendersi conto che potrebbe essere necessario un proverbiale “dolore a breve termine” per raggiungere guadagni a termine” che promuovono in modo più efficace e sostenibile gli interessi di quei tre summenzionati.

https://oneworld.press/?module=articles&action=view&id=3251

VINCOLO ESTERNO E STRABISMO ECONOMICISTA, di Teodoro Klitsche de la Grange

VINCOLO ESTERNO E STRABISMO ECONOMICISTA

  1. Da almeno un trentennio si parla di vincolo esterno, della necessità del medesimo al fine di assicurare comportamenti economicamente virtuosi della classe dirigente, soprattutto di quella politica. Le c.d. “cessioni di sovranità” a istituzioni sovranazionali, soprattutto quelle europee sono state gli strumenti per favorirli.
  2. In effetti a giudicare il tutto dei risultati, quelli seguenti al c.d. “vincolo esterno” (e cioè soprattutto Maastricht e il “seguito”) sono stati tra i peggiori della storia d’Europa e soprattutto italiana. A fronte di una crescita economica nazionale che nei primi trent’anni del dopoguerra fu tra le migliori del pianeta, ridimensionata dopo la crisi petrolifera degli anni ’70, ma comunque rimasta tra le “mediane” della comunità europea, proprio a partire dagli anni ’90, si è ridotta prima, per poi passare da tracolli (nelle crisi del 2008 e del 2020) del PIL ad incrementi millimetrici, spesso spacciati dalla stampa di regime come grandi successi. Ad attribuire l’intera “responsabilità” da questi risultati al vincolo esterno, si può dire soltanto che è stato un pessimo affare. Né si può replicare, che senza il “vincolo esterno” sarebbe andata peggio: come sarebbe andata nessuno lo sa, perché non è accaduto: e quindi paragonare risultati ad ipotesi immaginarie è un altro dei modi per non applicare l’aureo consiglio di Machiavelli nel XV capitolo del “Principe”.

Piuttosto è interessante notare perché il “vincolo esterno” non potesse funzionare – se non in modo limitato e quindi secondario – e pertanto sia stato – in larga parte – un’illusione.

Occorre in primo luogo intendere come è stato definito il “vincolo esterno”, e cioè il condizionamento virtuoso che avrebbe dovuto ridimensionare le pratiche viziose della classe politica nazionale. La quale era considerata poco incline alle politiche (sostanzialmente) liberali, prevalenti nei paesi occidentali e sostanzialmente vincolanti per l’Italia sia a causa della sudditanza agli U.S.A. (compresi gli accordi di Bretton Woods) sia dell’adesione al processo di costruzione europea. Tali condizioni hanno indubbiamente costituito, in misura probabilmente maggioritaria, la ragione dello straordinario sviluppo del dopoguerra. Del pari è noto che i partiti ciellenisti,  tranne PLI o PRI, non avevano una cultura politica prevalentemente liberista. E gran parte del padronato italiano era avvezzo al protezionismo più che alla concorrenza[1].

Negli auspici dei sostenitori il vincolo (o meglio i vincoli) esterno futuro avrebbe dovuto ripetere (o non sfigurare) col “miracolo” passato. Esito non conseguito.

  1. In effetti il ragionamento a fondamento dell’effetto positivo del vincolo esterno si basava su un insieme di circostanze irripetibili (o difficilmente ripetibili); e sulla sottovalutazione e financo l’omissione della considerazione di presupposti e regolarità influenti sul comportamento collettivo ed individuale.

In primo luogo che l’uomo non è solo homo oeconomicus, ma anche zoon politikon: le essenze (à la Freund) “politico” ed “economico” fanno parte della natura e dell’esistenza umana. Ragionare in base ad una escludendo (o sottovalutando) l’altra è il miglior percorso per valutazioni parziali e perciò errate. Ad esempio: alla ricostruzione europea ha contribuito – secondo quasi tutti gli economisti – il piano Marshall. Con questo – a parte gli altri Stati europei – gli U.S.A. vincitori aiutavano due ex-nemici come Germania ed Italia a ricostruire il proprio tessuto economico. Di per se è un comportamento raro: al nemico sconfitto si chiedono tributi, indennizzi, “riparazioni”: lo si sfrutta, lo si impoverisce, non lo si aiuta a crescere. Lo stesso può dirsi degli accordi sul debito tedesco (da Londra nel 1953 ai successivi): l’America condizionò i due ex nemici servendosi più della carota che del bastone (che a Versailles si era dimostrato addirittura controproducente) rafforzato sia dalla competizione con l’URSS che dal possesso di un potere militare irresistibile (quello nucleare- e non solo) che rendeva impossibile ogni forma di revanscismo.

Dall’altro c’era un calcolo economico: aiutando l’Europa disastrata, si aiutava l’economia americana, nei fatti ripresasi completamente dalla crisi del ’29 solo con la guerra mondiale, e che rischiava di ridurre (o invertire) la crescita. Era quindi l’interesse USA a consigliare l’atteggiamento positivo e “morbido”, sia per  ragioni politiche che economiche. E cioè era la costante politica del perseguimento degli interessi dello Stato a far sì che era il vincolo esterno, con i caratteri premianti per chi lo subiva, a determinare l’effetto positivo (perché soddisfacente sia per l’interesse del vincolante che del vincolato). Era la scelta preferibile per governanti capaci e lungimiranti. Ma che succede se il vincolo è “amministrato” da governanti meno capaci, meno lungimiranti (e spesso) più inclini a interessi di “corto respiro”?

Il vincolo è un rapporto che permette a qualcuno di imporre (o condizionare) la decisione dell’altro, ma nulla dice sulla capacità e volontà del vincolante e del vincolato.

Indubbiamente auspicare il vincolo significa, in concreto, che non si giudica preferibile un governo nazionale la cui classe politica è ritenuta inadatta o comunque peggiore. Ma non è detto che la situazione perduri nel tempo e cambiando le circostanze.

Peraltro il vincolo esterno spesso non è riconducibile alla volontà di Stati e governi stranieri, ma a quelli di soggetti neppure pubblici o ad entità come i “mercati”. Gli uni e gli altri aventi in comune di non avere una responsabilità pubblica, in sostanza politica, ed essere di fatto incontrollabili (o troppo – e indirettamente  – controllabili). Quindi crea potestates indirectae (poteri indiretti) il cui connotato decisivo è di esercitare potere senza (chiara ed apparente) responsabilità; e, a differenza di quanto capita nell’occidente liberaldemocratico, di non rispondere al popolo, ossia di non essere democratici.

Gli anatemi antipopulisti delle elites sono in effetti nient’altro che la negazione del potere del popolo di decidere sul proprio destino.

  1. Dal carattere economicista del vincolo esterno deriva anche la difficoltà a comprendere i comportamenti politici, quando questi – come spesso succede – sono determinati da ragioni non economiche (e non soltanto economiche). Ne abbiamo un esempio attuale nella guerra russo-ucraina che, presentata come assurda perché non se ne comprendono le cause economiche (del tutto secondarie), onde Putin doveva per forza essere un visionario o tarato, un matto, mentre non ha fatto altro che ripetere quanto praticato a partire da Pietro il Grande, da gran parte dei governanti russi: creare sbocchi sui mari caldi, il Mar Nero soprattutto. Onde farlo è un “interesse dello Stato”, come sosteneva Meinecke. Rispondente a considerazioni strategiche (in primo luogo) quindi politiche, ma anche culturali e religiose. Per cui non è detto che il vincolante, nell’ “amministrare” il vincolo esterno, non si faccia prendere la mano da considerazioni non solo economiche. Anzi c’è da aspettarsi che lo faccia.
  2. Il vincolo esterno, così come concepito (da tecnocrati, come Carli) ha un carattere essenzialmente tecnico-economico: è buono ciò che è economicamente valido (come il Piano Marshall). Ma non è detto che lo sia sempre. In realtà, come cennato prima, ciò che rese “buono” il piano suddetto era (la felice) la coincidenza/complementarietà degli interessi.

Ma se questi non lo sono il vincolo diventa solo uno strumento per fare prevalere la volontà (e gli interessi) del vincolante sul vincolato.

Peraltro nell’interpretazione “rigorosa” (ma più che altro ragionieristica) che ha avuto negli ultimi vent’anni di politica economica europea, il vincolo si è qualificato più che tecnico-economico, contabile. Non importa tanto che l’economia cresca, ma che i conti siano in ordine.

  1. Quanto poi alla “beatificazione” del vincolo esterno, con il riferimento a quello applicato nel secondo dopoguerra, appare poco credibile che si ripeta quanto allora capitato. Ma soprattutto non si può fare di un’eccezione una regolarità, e neppure indicarla come probabile. Anzi, come sopra scritto, il comportamento dei vincitori dopo la II guerra mondiale è di per se un’eccezione. E le eccezioni, anche se ripetute, non fanno la regola, e neppure rendono probabile l’esito voluto, ma solo possibile.

Quel che invece può accadere ed è in linea con le regolarità e le probabilità della politica è che il vincolante trovi la collaborazione del governo vincolato, vuoi per timore , vuoi per l’interesse dei governanti subordinati.

Governi influenzati, protettorati, colonie, civitates foederatae, governi quisling fanno parte della storia, dato lo squilibrio di potenza tra le sintesi politiche (il Principato di Monaco non ha la potenza della Francia). La Storia e il diritto hanno conosciuto tutto un insieme di rapporti tra sintesi politiche non paritarie, sia che quella disparità trovasse formalizzazione giuridica (come nei protettorati o nelle città legate a Roma con foedera iniqua) o che lo fosse soltanto di fatto.

Ovviamente la forma politica del vincolante, ma soprattutto il vincolato possono aggravare il vincolo esterno; ossia la possibilità che la volontà del vincolante prevalga su quella del vincolato. Un governo debole e instabile, come può capitare (anche) nelle forme politiche moderne, alle Repubbliche parlamentari e/o a larga frammentazione pluralistica può facilitare l’imposizione del vincolo esterno, sfruttando la lotta tra frazioni della classe politica (partiti in primis). Cosa ancora più evidente nelle forme politiche pre-moderne, come il Sacro Romano Impero e il Regno di Polonia. Rousseau scriveva che il liberum veto era causa dell’anarchia e quindi della debolezza polacca, onde per lo più i re di Polonia eletti (nel ‘700) erano “proposti” dalle potenze straniere.

  1. Il vincolo esterno consiste – a concludere – nella speranza che, laddove si ritenga che la classe politica sia inadatta (e spesso lo è), il sistema possa guadagnare da un’influenza straniera.

A patto di sperare anche che questa sia a) animata da buone intenzioni; b) disinteressata; c) e non affetta da manie di dominio. Cioè non agisca politicamente: tutt’e tre le condizioni citate sono in contrasto con altrettante regolarità e presupposti politici: quello della problematicità della natura umana (Machiavelli); dell’interesse degli Stati (Meinecke); della competizione per il dominio (Tucidide).Perché alle buone probabilità di funzionare come auspicato servirebbe un mondo governato da anime, se non proprio belle, almeno corrette e lungimiranti.

Teodoro Klitsche de la Grange

[1] Ciò non toglie che seppe utilizzare lo stimolo concorrenziale del MEC, compresa l’abolizione progressiva delle “tariffe“ doganali.

“Non c’è bisogno di combattere come un guerriero lupo”, una conversazione con Xiang Lanxin

Proseguiamo con la serie di articoli di analisti cinesi, presenti in Cina, ma con posizioni divergenti, rispetto alla linea al momento largamente maggioritaria e dominante espressa da Xi Jinping. La finalità di questa pubblicazione è, ancora una volta, di avvalorare che il confronto e lo scontro geopolitico si realizza attraverso il conflitto tra centri decisori e di influenza i quali si intersecano, nelle proprie relazioni, all’interno e all’esterno delle formazioni sociali. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Come si è trovato un giornalista britannico all’origine di una nuova dottrina diplomatica cinese? L’ascesa pacifica è ancora un paradigma rilevante per i pensatori geopolitici cinesi? La Cina dovrebbe assolutamente pretendere di imporre una nuova governance globale? Traduciamo e pubblichiamo questa intervista chiave con uno dei più originali e importanti specialisti della diplomazia di Pechino. Una nuova puntata della nostra serie “Dottrine nella Cina di Xi Jinping” — introdotta e commentata da David Ownby.

Xiang Lanxin (nato nel 1956) è un famoso studioso cinese di relazioni internazionali che ha trascorso gran parte della sua carriera negli Stati Uniti e poi in Europa. Dopo aver conseguito la laurea presso la Fudan University di Shanghai, ha conseguito il master e il dottorato presso la Johns Hopkins School of Advanced International Studies. Ha insegnato alla Clemson University fino al 1996, quando è entrato a far parte del Graduate Institute of International Studies di Ginevra (IHEID). Come molti intellettuali cinesi della sua generazione, ha un piede in diversi mondi: se la maggior parte degli articoli accademici di Xiang sono stati pubblicati in inglese, fa ad esempio parte della redazione di Dushu1ed è ben noto in Cina. Ma Guochuan, il giornalista che conduce l’intervista, è il direttore del quotidiano liberale Caijing.2.

Questa intervista3, pubblicato all’inizio della pandemia, nell’aprile 2020, si distingue principalmente per le aspre critiche di Xiang alla “diplomazia dei guerrieri lupo”, termine usato per descrivere le risposte molto combattive della Cina agli attacchi stranieri sulla gestione della pandemia di coronavirus. Il termine “guerriero lupo” si riferisce a due film di guerra d’azione, Wolf Warrior (2015) e Wolf Warrior 2 (2017), che presentano battaglie tra un’unità d’élite dell’Esercito popolare di liberazione (chiamata, appunto, i lupi guerrieri) e vari gruppi di mercenari, tra i quali spiccano gli americani.

Questi film hanno avuto un immenso successo popolare in Cina, paragonabile ai successi di Hollywood che celebrano la guerra e il patriottismo negli Stati Uniti. Uno dei rappresentanti emblematici di questa diplomazia guerriera-lupo è il portavoce del Ministero degli Affari Esteri, Zhao Lijian赵立坚 (classe 1972), che è arrivato a diffondere l’idea che sia l’esercito americano a diffondere il virus a Wuhan. Questi stessi guerrieri lupo hanno più recentemente fatto un passo indietro in risposta alle richieste di responsabilità, persino di rettifica, che sono arrivate da più parti.4.

La diplomazia dei guerrieri lupo, secondo Xiang, sta contribuendo alla destabilizzazione dell’ordine mondiale in un momento in cui la Cina si è in qualche modo convinta, attraverso affermazioni propagandistiche del Partito, della superiorità del “cinese modello”. Xiang ne attribuisce la maggiore responsabilità al giornalista britannico di sinistra Martin Jacques, il cui bestseller del 2009, Quando la Cina governa il mondo, ha entusiasmato i lettori cinesi, soprattutto perché è stato scritto da un occidentale. La responsabilità è in realtà condivisa con l'”accademico” cinese Zhang Weiwei 张维为 (nato nel 1957), che ha riconfezionato l’idea di Jacques per diventare il campione ufficiale delle virtù dello “Stato di civiltà” unico della Cina. Il disprezzo di Xiang per Zhang (che non cita nell’intervista) è palpabile e sembra condiviso da molti altri intellettuali liberali cinesi. Comunque sia, il punto di vista di Xiang è questo: continuare su questa strada corre il rischio che la Cina distrugga l’ordine mondiale che ha consentito la realizzazione del “sogno cinese”, apparentemente senza riguardo alle conseguenze, militari o economiche che questo comporterebbe.

Le osservazioni di Xiang sono interessanti perché la sua posizione di cinese che lavora all’estero gli consente un candore che i suoi compatrioti nella Cina continentale non possono permettersi. Altrimenti, le sue opinioni concordano ampiamente con quelle di altri liberali cinesi della sua generazione, che sono orgogliosi dell’ascesa della Cina ma continuano ad aderire a molti dei valori universali dell’Illuminismo. In una delle sue prime risposte all’intervista, Xiang ha osservato: “Ho lasciato la Cina 37 anni fa e non ho mai preso un nome straniero o acquisito un passaporto straniero. Oltre allo studio e all’insegnamento, ho dedicato tutti i miei sforzi al miglioramento delle relazioni tra Cina e Stati Uniti, Cina ed Europa.

NON C’È BISOGNO DI COMBATTERE COME UN “GUERRIERO LUPO”

La diffusione del coronavirus nel mondo ha suscitato molte riflessioni. In un articolo pubblicato all’inizio di aprile 2020, Henry Kissinger ha predetto che la pandemia avrebbe cambiato per sempre l’ordine mondiale.5. Come accademico che ha studiato a lungo le relazioni internazionali, condividi la sua opinione?

Xiang Lanxin

Per un certo periodo sono stato Henry Kissinger Fellow presso la Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti e ho discusso molte volte con lui la complessa questione delle relazioni USA-Cina. Kissinger è un grande pensatore strategico e ha una visione unica dei cambiamenti e delle tendenze in via di sviluppo nel sistema globale. Sono sostanzialmente d’accordo con lui su questo punto. Ma in sintesi, ciò che più mi preoccupa non sono le istituzioni dell’ordine internazionale esistente, quanto piuttosto la tendenza al calo della fiducia tra le principali nazioni, e in particolare tra Cina e Stati Uniti, che raggiunge un punto di non ritorno.

A mio parere, l’osservazione di Kissinger è un riflesso del suo modo di pensare generale. Il suo primo lavoro accademico, A World Restored (1957), si è concentrato sul pacifico nuovo ordine mondiale costruito dal Congresso di Vienna nel 18156. Anche se il capo di questo nuovo ordine internazionale non era la superpotenza mondiale (gli Stati Uniti), ma l’impero austro-ungarico, l’accordo durò comunque un secolo. Il fattore chiave di questo successo è stata l’attenta progettazione dell’ordine mondiale, costruito sulla base di un equilibrio di potere tra le maggiori potenze, che ha favorito la fiducia reciproca, tanto che tutte desideravano che questo ordine fosse mantenuto. Questo libro ci permette di vedere i principi guida del pensiero di Kissinger.

Kissinger ha trascorso mezzo secolo cercando di costruire un rapporto armonioso tra gli Stati Uniti e la Cina. Dalla fine della guerra di Corea (1950-1953), non c’è stata praticamente nessuna guerra tra le grandi potenze. Questa guerra contro il coronavirus ha messo in luce gravi distorsioni nella natura umana e la diplomazia irrazionale tra le grandi potenze è diventata la nuova normalità. Già prima della fine della pandemia è iniziata una guerra di “passaggio di palla (甩锅战)” tra le grandi potenze. Discussioni simili a Versailles su “colpa e responsabilità di guerra” hanno indebolito la nostra attenzione sulla lotta contro il coronavirus e discussioni ridicole sulle “riparazioni” sono state persino espresse nei circoli diplomatici. Da appassionato storico e pensatore, Kissinger deve essere estremamente rattristato. Senza la fiducia tra le grandi potenze, qualsiasi sistema pacifico è molto difficile da mantenere. È una scommessa sicura che le tensioni tra Cina e Stati Uniti non faranno che aumentare.

Attualmente, sulla scena internazionale, e in particolare negli Stati Uniti, le persone cercano di “ritenere la Cina responsabile” e persino di pretendere che paghi dei “danni”. Come dobbiamo capire questo?

Dal punto di vista del diritto internazionale, tenere conto di un paese sovrano non ha senso, perché quel paese gode dell’immunità sovrana. È vero che la mancanza di trasparenza nel sistema cinese ha portato all’inizio alla soppressione degli informatori, che di fatto ha rallentato la lotta al virus7. Ma il mondo intero ha assistito agli enormi sforzi e sacrifici fatti dalla Cina dopo la chiusura di Wuhan. Nel complesso, la lotta della Cina contro il virus ha avuto successo. Questa è una tattica politica comune per i leader stranieri che non riescono a trovare capri espiatori. Dovremmo quindi affidarci al giudizio della maggioranza dell’opinione pubblica, e non lasciarci trascinare in dibattiti sulla questione.

La Cina dovrebbe sfruttare il periodo in cui la pandemia continua a imperversare per raccogliere la sfida di riassumere l’esperienza del Paese con il coronavirus. Chiunque riesca prima a produrre un white paper (o una guida pratica) credibile e basato sull’evidenza può quindi trasmettere questa esperienza di lotta al virus ad altri paesi, il che sarebbe un grande vantaggio nella lotta internazionale per la libertà di espressione in il mondo post-pandemia.

Kissinger ha trascorso mezzo secolo cercando di costruire un rapporto armonioso tra gli Stati Uniti e la Cina.

XIANG LANXIN

Tutti i tipi di teorie del complotto sull’origine del virus sono strettamente legate alla questione della “responsabilità”. Tutte le discussioni che sono fiorite su questo argomento sono diventate terreno fertile per controversie diplomatiche.

Sulla questione dell’origine del virus, la Cina non deve essere troppo sulla difensiva, perché è una questione puramente scientifica e nessun altro punto di vista è credibile. Non importa quante teorie del complotto ci siano, nessuna ha credibilità internazionale. In un momento in cui non c’è una risposta definitiva alla domanda sull’origine del virus, la Cina dovrebbe rimanere estremamente cauta, e non c’è assolutamente bisogno di difendersi adottando la postura offensiva del “lupo guerriero”.”. Quanto ai diplomatici, dovrebbero capire come comunicare con la gente comune sulla scena internazionale, e dovrebbero sapere che non si può abusare del diritto internazionale per esprimersi per diffamazione tit for tat (以谤止谤).

Eppure, negli ultimi anni, sembra essere diventato normale che i diplomatici cinesi rispondano immediatamente con parole molto dure, come se non farlo fosse una prova di mancanza di “patriottismo”. Cosa ne pensi di questa diplomazia del “lupo guerriero”?

La maggior parte dei diplomatici cinesi è stata formata in lingue straniere, il che ci dà questa straordinaria immagine dell’Istituto di Lingue Straniere di Pechino come culla della diplomazia cinese. Se i traduttori si prendono cura dei nostri affari esteri, incontreremo sicuramente dei problemi. Anche quando la dinastia Qing (1636-1911) era sull’orlo del collasso, i traduttori non potevano guidare lo Zongli yamen[Ministro degli Affari Esteri]. Le abilità di un traduttore sono determinate dalle abilità linguistiche e dalle reazioni rapide, mentre la diplomazia di grande potere richiede un pensiero strategico a lungo termine e un’attenta capacità di pianificazione. Sarebbe abbastanza facile correggere la cultura del guerriero lupo nel campo della diplomazia: ciò che sarà più difficile correggere è questa stessa cultura nel campo della propaganda straniera.

LE ORIGINI DELLA CULTURA DEL LUPO GUERRIERO

Dal 1989, quando Deng Xiaoping disse che dovevamo ‘tenere basso’8, i diplomatici cinesi hanno adottato una posizione più calma. Perché allora vediamo l’emergere di questa cultura del lupo guerriero? Da dove viene ?

Ciò che ha dato origine alla cultura del guerriero lupo è la “teoria della superiorità del modello cinese”. Questa teoria non ha avuto origine in Cina, ma è stata copiata da un “guerriero lupo straniero”, il famoso giornalista britannico di sinistra Martin Jacques (nato nel 1945). Dieci anni fa Jacques pubblicò un libro intitolato Quando la Cina governa il mondo , che è la fonte dell’arroganza mostrata oggi da alcuni cinesi. All’epoca, la Cina era ancora in una fase in cui prevaleva l’atteggiamento di “tenere un profilo basso”, ma da quando la crescita economica della Cina ha superato quella dell’Occidente, la fiducia del popolo cinese ha iniziato a crescere.

Jacques è un personaggio dei media e un autoproclamato studioso. Molte persone in Cina pensano che ci capisca e la traduzione cinese di Quando la Cina governa il mondo è diventata un bestseller.

Questo libro ha ricevuto molta attenzione ad un livello molto alto, ma la sua base teorica è sbagliata. La sua idea di “la Cina che governa il mondo” è stata in realtà copiata da altre persone. È una versione della teoria dell'”ascesa e caduta delle grandi potenze” o della teoria dell'”evoluzione delle egemonie” che esiste da tempo in Inghilterra e negli Stati Uniti.

A prima vista, molte delle argomentazioni avanzate da James assomigliano a quelle dei missionari gesuiti che vennero in Cina molto tempo fa. Ad esempio, Matteo Ricci (1552-1610) ha elogiato il governo e la cultura cinese durante la dinastia Ming (1368-1644), affermando che la Cina “non è solo un regno, ma un intero mondo a sé stante”. Ma Matteo Ricci ha insistito sul fatto che la cultura cinese e quella occidentale potessero capirsi e coesistere e, appena arrivato in Cina, ha lavorato duramente per imparare la lingua e le tradizioni cinesi. Martin Jacques, invece, non parla cinese e conosce poco la storia e le tradizioni cinesi. Nel suo libro stabilisce un dualismo tra bene e male, in cui la Cina viene presentata come un modello per l’Occidente.

A prima vista, molte delle argomentazioni avanzate da James assomigliano a quelle dei missionari gesuiti che vennero in Cina molto tempo fa.

XIANG LANXIN

Pertanto, l’elogio di Jacques alla Cina e al modello cinese si basa sugli attacchi contro il sistema occidentale.

Durante l’Illuminismo in Europa, nel XVIII secolo, apparve una nuova teoria basata su un antagonismo assoluto tra il bene e il male, il bianco e il nero. Questa teoria, con sfumature profondamente teologiche, rifiutava ogni sistema politico diverso da quello che difendeva, e subordinava la legittimità di un sistema al rovesciamento della legittimità di un altro. L’argomentazione di Jacques rientra in questo stesso paradigma.

La tradizione cinese non ha rifiutato altre tradizioni e sistemi culturali , ma ha invece sottolineato l’importanza delle condizioni locali, come nel detto “L’arancia è un’arancia quando cresce a Huainan, ed è un limone quando cresce”. cresce a Huaibei ” (橘生淮南则为橘, 生于淮北则为枳)9. La tradizione cinese non distingueva tra superiore e inferiore, né c’era l’idea di “colpire l’Occidente per promuovere la Cina (抑西扬中). Questo è il motivo per cui, nel corso della storia cinese, confuciani, buddisti e taoisti hanno convissuto pacificamente per lunghi periodi di tempo e praticamente non ci sono state guerre di religione.

Per quanto riguarda la Cina di oggi, ancora in ascesa, la cosa più importante da coltivare è un’immagine internazionale di tolleranza. Tuttavia, all’interno della Cina, alcuni opportunisti politicamente esperti vedevano la “teoria del dominio della Cina” di Jacques come un nuovo modo per acquisire notorietà. Secondo loro, poiché la Cina è destinata a sostituire gli Stati Uniti come egemone mondiale , il modo migliore per proteggere gli interessi del Paese è resistere all’Occidente adottando la postura del guerriero lupo, e cantare le lodi della superiorità di il modello cinese per “denigrare l’Occidente e promuovere la Cina”. Non si rendono conto che questo modo di pensare non ha nulla a che fare con la realtà, e allo stesso tempo tradisce la tradizione cinese.

NON DISTRUGGERE PUBBLICAMENTE IL TUO NEMICO (棒杀) E NON “AUTODISTRUGGERSI ATTRAVERSO UN’ECCESSIVA AUTOPROMOZIONE” (捧杀)10

Jacques sviluppò una “teoria dello stato di civiltà” e divise le nazioni sovrane odierne in due campi: “civilizzato” e “nazionale”. In questo paradigma esisterebbe solo la Cina sia come “civiltà” che come “stato-nazione”11. Ha affermato che i problemi che devono affrontare questi due tipi di paesi sono fondamentalmente diversi. 

La “teoria della civiltà-stato-nazione” è una finzione totale e non regge affatto a livello scientifico. Jacques afferma che la Cina è l’unico “stato-nazione” e “civiltà” esistente e che deve quindi beneficiare di un trattamento culturale privilegiato nel mondo. Infatti, nel mondo di oggi, è impossibile dividere i paesi in “civiltà” e “stato-nazione”. In qualunque modo la si guardi, la Cina è una combinazione dei due. Inoltre, questa teoria distorce lo spirito di base della tradizione cinese. Non c’erano “valori universali” nella tradizione cinese e questa tradizione non distingueva tra culture superiori e inferiori.

Nell’ultimo decennio, alcuni uffici governativi hanno attivamente promosso una cultura del guerriero lupo nei loro rapporti con gli stranieri e hanno formato un corpo di “guerrieri lupo propagandistico”. La base della teoria della superiorità del modello cinese che promuovono è la stessa assurdità dell’idea di una “civiltà stato-nazione”. Dal momento che dicono senza mezzi termini che la Cina è l’unico vero “stato-nazione”, l’unica vera civiltà, ciò significa che i paesi occidentali possono essere solo delle semplici “forme meno avanzate di stato-nazione”. In realtà, la ricchezza della civiltà umana beneficia dello scambio e del dialogo tra le culture. Se tutto l’Occidente risulta essere senza “civiltà”, allora la logica impone che tutto al di fuori della Cina sarebbe territorio barbaro,

Martin Jacques elogia il modello cinese e cerca anche di definirlo, affermando che è sorto sullo sfondo della crisi finanziaria globale del 2008.

In termini di metodologia, questo argomento è l’esatto opposto del pensiero alla base della riforma e dell’apertura della Cina del 1978, che consiste nell’aderire alla tradizione e “cercare la verità dai fatti”12, come in detti come “attraversare il fiume sentendo i sassi”13e l’argomento del “gatto” di Deng Xiaoping14. Questa argomentazione rende i cinesi aderenti all’ontologia dello stesso tipo degli occidentali.

La Cina non ha una tradizione ontologica, e non è così che i cinesi vedono le cose. Una classica formulazione cinese sarebbe piuttosto “dov’è la via?” »15. L’obiettivo del gioco di Jacques, che dipinge la Cina come una “civiltà-stato-nazione”, è infatti quello di condurre le discussioni sulla Cina nell’impasse dell’ontologia occidentale. Quando i cinesi iniziano a pensare ontologicamente, discutendo “qual è il modello cinese”, hanno già perso la strada ( dao o tao nella filosofia cinese). Perché una volta che un “modello” ha una definizione, allora devi supportare il modello, il che porta necessariamente all’autopromozione.

Tuttavia, non si può ignorare che la teoria di Jacques era molto popolare in Cina ed è stata accreditata da molti uffici governativi e università.

Per i cinesi, la “novità” di Jacques era che l’idea del “dominio cinese” proveniva da un Occidente egocentrico. È un ragionamento che gli piaceva, ma rimane uno stile di analisi che ritrae l’Occidente e la Cina come antagonisti. Il fatto che Jacques, venendo da sinistra, lanci l’idea che “la Cina sfida l’ordine mondiale” farà danni infiniti.

C’è una tradizione in Occidente di mettere alla gogna la Cina nella pubblica piazza. Questo continua oggi nonostante il potere della Cina. I neoconservatori americani non hanno mai abbandonato l’idea della “minaccia cinese”. Ma da un’altra prospettiva, ciò che è più difficile da affrontare è che la Cina si fa male promuovendosi eccessivamente. Essere attaccati in pubblico non è un problema, perché tutto è noto e la verità verrà alla luce. Ma indulgere in fantasie di auto-glorificazione non è la stessa cosa, poiché coloro che sono elogiati dimenticano facilmente chi sono, o addirittura si perdono in sogni irrealizzabili. Attualmente, ci sono un certo numero di cinesi che stanno “rileggendo” con entusiasmo la cultura cinese con l’obiettivo di reinventare il “modello cinese”. Sono tutti manipolatori

I neoconservatori americani non hanno mai abbandonato l’idea della “minaccia cinese”. Ma da un’altra prospettiva, ciò che è più difficile da affrontare è che la Cina si fa male promuovendosi eccessivamente.

XIANG LANXIN

Da quello che vedo, non sono solo “lupi guerrieri alieni”. Abbiamo anche il nostro…

I lupi guerrieri di qui e altrove hanno una cosa in comune: sono molto tecnici e non hanno niente nella testa. Con ‘tecnico’ intendo che sono specializzati nell’opportunismo, che sanno sempre da che parte tira il vento e che hanno occhi solo per i loro superiori. Quando parlano del mondo esterno attaccano le culture straniere e quando parlano di affari interni usano il nazionalismo estremo per frodare le masse popolari. Ma nonostante tutto il rumore che fanno, sono sempliciotti. Non portano nulla di nuovo, non hanno posto sulla scena internazionale e sono odiati dagli accademici tradizionali. Questo perché non hanno basi scientifiche, moralità o background.

Ad esempio, l’opinione pubblica cinese ha scambiato Martin Jacques per qualcuno di grande influenza internazionale, quando in realtà è solo una figura marginale che ha scritto un bestseller e non ha posto nel mondo accademico. Quando i giornali cinesi lo hanno chiamato pubblicamente professore di scienze politiche a Cambridge, penso che lo stesso Jacques fosse probabilmente imbarazzato. C’è un altro individuo cinese che è stato un interprete di lunga data per le Nazioni Unite a Ginevra, e che è stato il primo a copiare la teoria della civiltà di Jacques, che ha usato per esaltare la superiorità della Cina sui cieli, e che ha cercato di dimostrare con resoconti di viaggi all’estero che nessuno poteva verificare16. Tale persona, il cui curriculum include un lavoro part-time presso una scuola straniera non riconosciuta dal sistema di istruzione superiore (nota come “scuola del pollo selvatico”17), divenne tuttavia un famoso professore in una famosa università cinese18 !

Allora, qual è la tua opinione su questa “autodistruzione attraverso un’eccessiva autopromozione”?

Sia dal punto di vista della metodologia che dell’opinione pubblica internazionale, “l’autodistruzione attraverso un’eccessiva autopromozione” è stupidità di alto livello (高级黑). Danneggia l’immagine internazionale della Cina e il popolo cinese dovrebbe mantenere un alto grado di vigilanza nei suoi confronti. Dovresti sapere che nella tradizione cinese, la legittimità politica era un concetto dinamico, sempre in evoluzione, un processo di movimento continuo, e non aveva nulla a che fare con una definizione ontologica occidentale. Nel contesto attuale, la legittimità del PCC è definita dalle sue conquiste politiche e non ha nulla a che fare con alcun modello.

Il tentativo di costruire un cosiddetto “modello cinese”, per promuovere teorie sull’unicità della cultura cinese o sulla superiorità del sistema tra le persone, è contrario alla tradizione cinese e non è coerente con i fatti. Prendendo come esempio la lotta contro il coronavirus, nessuno può negare l’enorme impresa che il popolo cinese ha realizzato sconfiggendo il virus, ma le parole e il comportamento dei diplomatici e dei propagandisti cinesi hanno suscitato il disprezzo dell’opinione pubblica mondiale. Da un lato, questi guerrieri lupo hanno colto l’occasione per propagandare il “modello cinese” al mondo, pubblicizzando pubblicamente la sua superiorità e insistendo sul fatto che il modello di governo dei paesi occidentali è allo stremo e sarà presto rovesciato, e che la vera natura degli Stati Uniti,

Questo tipo di arroganza è privo di fatti e manca di umanità; danneggia gravemente l’immagine internazionale della Cina. D’altra parte, usano i social media e le conferenze stampa per impegnarsi in attacchi e critiche invettive e indiscriminate dal mondo esterno, e persino i siti web del governo diffondono pubblicamente teorie del complotto. Il terzo problema è quello delle parole e dei comportamenti arroganti e del disaccordo con le misure del coronavirus adottate da altri Paesi. Quando i diplomatici cinesi chiedono costantemente, direttamente o indirettamente, al resto del mondo di ringraziare la Cina, non sorprende quindi che crei una cattiva impressione.

UNA “TEORIA DELL’ASCENSIONE PACIFICA” DIFFICILE DA SOSTENERE

Al di fuori del governo, molte persone sono interessate alle questioni diplomatiche. Ma altri pensano che queste questioni dovrebbero essere lasciate agli specialisti delle relazioni internazionali. Qual è la tua opinione su questo spartito?

In passato, su questi temi facevamo affidamento sull'”opinione pubblica (舆论)”; il popolo non faceva commenti oltraggiosi sugli affari internazionali perché questi argomenti non erano considerati “banali”, e questo era ancor più vero per la diplomazia e importanti questioni militari. La società si è evoluta e negli ultimi anni la posizione internazionale della Cina ha guadagnato slancio e il grado di trasparenza riguardo alla politica internazionale non è più lo stesso. Ad un certo punto, i commentatori di affari internazionali hanno cominciato a moltiplicarsi come torte calde. Negli ultimi vent’anni, il “commento internazionale” in Cina è diventato un esercizio popolare a cui tutti partecipano.

Certo, è positivo che tutti siano interessati alle questioni internazionali, ma sembra difficile elevare il “commento internazionale” al di sopra di qualcosa come la “selezione dei titoli”. In Cina, il “commento internazionale” di massa è condotto principalmente da un quotidiano sensazionalista chiamato Global Times . Purtroppo, io stesso ho già scritto per questo giornale. Ma allora c’erano dibattiti e discussioni accademiche, mentre oggi è una pubblicazione completamente populista. Questo giornale guida da tempo la vendetta della folla in una direzione nazionalista e le conseguenze che ciò avrà non devono essere prese alla leggera.

Man mano che il “commento internazionale” si è infiammato, anche il campo accademico delle relazioni internazionali si è trasformato, diventando improvvisamente un argomento popolare.

Dobbiamo ammettere che il campo delle “relazioni internazionali” in Cina, come le scienze politiche o l’economia, sono “alberi senza radici, un fiume senza una fonte”. Gli studiosi cinesi non avevano basi teoriche e quindi nessun modo per distinguersi. E quando questo campo, per sempre incuneato tra giornalismo e scienze umane, è diventato improvvisamente un “campo di studio popolare”, è stato solo per via della parola “internazionale”.

In effetti, il campo delle relazioni internazionali rimane alquanto problematico, poiché le fonti di informazione degli specialisti sono di gran lunga inferiori a quelle dei diplomatici in prima linea e, nella loro torre d’avorio, le relazioni internazionali mancano del rigore accademico di altre discipline. Quindi, a livello accademico, hanno difficoltà a trovare il loro posto e, a livello internazionale, hanno solo poca influenza: sono solo la ripresa di altri lavori accademici occidentali. È un paradosso: nel contesto storico dell’ascesa al potere della Cina, le relazioni internazionali sono diventate per essa sempre più importanti; eppure è rimasto al livello di riciclare le teorie occidentali sulle relazioni internazionali, copiando concetti e discorsi occidentali,

Sullo sfondo della rapida ascesa della Cina, ci sono quelli nel campo delle relazioni internazionali che sostengono che la diplomazia cinese dovrebbe essere più dura, mentre altri sostengono la dottrina di Deng Xiaoping del “fare di basso profilo”. I dibattiti su questo tema nella società cinese sono piuttosto vivaci. Come vedi questo dibattito?

In effetti, al momento, la questione non è se essere duri o meno, ma piuttosto presentare bene il caso della Cina. Tutti conoscono la storia della Cina dall’attuazione della politica di riforma e apertura, non c’è bisogno di soffermarci su di essa. Ma la conoscenza della Cina del mondo esterno rimane parziale e finiamo per sollevare dubbi sulle nostre intenzioni all’estero.

In questo momento, la domanda non è se essere duri o meno, ma piuttosto presentare bene il caso della Cina.

XIANG LANXIN

Ad esempio, i ministri del Partito hanno promosso attivamente la teoria dello “shock cinese”, che ha causato una sorpresa globale.19. Che colpo ? Non è altro che giocare con le regole dell’attuale sistema mondiale. Che lo “shock” sia un evento naturale o un tentativo attivo di sovversione, dobbiamo renderci conto che l’ascesa della Cina è il risultato dello sforzo collettivo del popolo cinese che ha costruito decenni di un ambiente esterno pacifico. Non c’è assolutamente bisogno di sconvolgere il sistema mondiale. Anche dal punto di vista della politica nazionale, tali discorsi sono estremamente pericolosi. Abbiamo appena raggiunto lo status di superpotenza e tuttavia stiamo pubblicamente abbandonando il nostro atteggiamento di “tenere un basso profilo”. Il nostro esercito è impreparato, eppure ci presentiamo come la potenza dominante. Come potrebbe il resto del mondo non avere paura?

Forse la teoria dell'”ascesa pacifica” della Cina è più rilevante della teoria dello “shock cinese”?

Quando si discute di concorrenza tra grandi potenze, non dovremmo concentrarci su scambi e dibattiti all’interno del quadro teorico di altre potenze (occidentali). La nostra preoccupazione non dovrebbe essere la “trappola di Tucidide”, ma piuttosto la “trappola del concetto” – e la “teoria dell’ascensione pacifica” è una di queste. Quando la teoria dell'”ascensione pacifica” era di gran moda, accettai l’invito del Washington Post e scrissi un lungo editoriale che sottolineava i difetti significativi della teoria.

Da un punto di vista scientifico, “pacifico” è un avverbio che modifica l’azione di “sorgere”, ma la parola “sorgere” in cinese è in contraddizione con “pace” e ha il significato di “rompere il sistema esistente”, come l’ascesa di una montagna dopo un terremoto. In altre parole, “pace” e “elevazione” si contraddicono a vicenda.20. Questa teoria riflette la psicologia di un piccolo paese, che erroneamente immagina che un grande paese plasmi la propria politica estera in modo indipendente, illustrando la mancanza di una comprensione fondamentale della logica della geopolitica internazionale.

L’idea di una pacifica ascesa non potrebbe essere utile a livello puramente strategico?

Strategicamente, ogni grande potenza che sta vivendo cambiamenti significativi nel suo status internazionale dovrebbe astenersi dal parlare di “ascesa”. Da un punto di vista storico, nessun grande potere ha dato grande importanza alla discussione dei mezzi con cui è sorto al momento della sua ascensione. In primo luogo, se elabori i mezzi con cui “rialzi”, inevitabilmente ti troverai di fronte a domande sulle politiche che utilizzerai quando sarai in declino. In secondo luogo, proclamare unilateralmente che non utilizzerai mai la forza militare per risolvere alcun conflitto internazionale non solo non convince i partner stranieri, ma crea anche dilemmi per te stesso.

Il motivo per cui ho detto che la teoria dell'”ascesa pacifica” riflette la mentalità di un piccolo paese è che presuppone che ci sia una soluzione diplomatica a qualsiasi conflitto internazionale. È veramente l’ideale più alto della visione del mondo [espresso da Laozi, padre fondatore del taoismo, in Il classico della via e del potere ], ovvero che “sebbene i suoni di galli e cani siano uditi da un [villaggio] all’altro, il gli abitanti dell’uno non visiteranno mai l’altro, anche se invecchiano e muoiono”21. L’idea di una “ascesa pacifica” non è sostenibile né ora né in futuro, e la Cina non può evitare la realtà o persuadere il mondo con argomentazioni “pacifiche” su come opera all’interno della governance globale.

L’idea di una “ascesa pacifica” non è sostenibile né ora né in futuro, e la Cina non può evitare la realtà o persuadere il mondo con argomentazioni “pacifiche” su come opera all’interno della governance globale.

XIANG LANXIN

Come vede il dibattito sullo scontro di civiltà nel contesto delle relazioni Cina-USA. Questo conflitto è necessario?

Alcuni anni fa, lo “scontro di civiltà” di Huntington non aveva posto nel mainstream delle relazioni estere americane. Il fatto che alcuni americani ne parlino di nuovo è in realtà una forte risposta ad argomenti come quello cinese sulle “grandi e piccole civiltà”.

Il dibattito non è una brutta cosa. Perché non è solo un dibattito accademico, ma piuttosto idee di governance globale. Ciò che dovrebbe essere chiaro è che le idee cinesi e straniere sulla governance interna e internazionale sono in realtà diverse, ma ciò non dovrebbe dar luogo a conflitti. Se vogliamo chiarire la visione cinese della governance globale, la questione chiave è la differenza tra la concezione cinese e quella straniera dell’ordine mondiale.

Nel mondo anglosassone, attualmente governato dagli Stati Uniti, le discussioni sull’ordine mondiale tornano sempre alle teorie dell'”ascesa e caduta delle grandi potenze”, che ebbe origine nel 19° secolo con lo storico Edward Gibbons e la sua opera The Ascesa e caduta dell’Impero Romano . Ha sottolineato che la distribuzione del potere era basata sulla forza nazionale, il che significa che ciò che determina se l’ordine mondiale è stabile o meno è meccanico e immutabile. Ciò ha avuto un enorme impatto sulla politica estera americana. Dopo la seconda guerra mondiale, gli americani adottarono la teoria dell ‘”egemonia stabile” e promossero la “pace americana”. La “trappola di Tucidide” è una versione più recente.

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Qual è la versione tradizionale cinese della governance?

Se diciamo che la visione occidentale dell’ordine mondiale si basa sulla distribuzione del potere nazionale, ciò che il sistema vestfaliano chiama “ordine” in opposizione a “disordine” e nel senso di dover scegliere tra l’uno e l’altro, allora il tradizionale La visione cinese della governance si basa su una logica in cui “ordine” e “caos” convivono in un reciproco rapporto di scambio.

Prendi l’esempio del controllo dell’acqua. Ci sono fondamentalmente due modi per controllare l’acqua. Il primo è costruire dighe sempre più alte per evitare che l’acqua trabocchi, che è l’idea di base della politica americana della Guerra Fredda [contenimento ] . Il secondo è cambiare la direzione della corrente. Le dighe hanno sempre, alla fine, un limite. Lavorare sulla direzione della corrente è la migliore strategia a lungo termine.

Pertanto, la tradizionale strategia di governance cinese contraddice sia la teoria dell'”ascesa e caduta delle grandi potenze” sia la teoria dell'”egemonia stabile”. La Cina deve implementare sistematicamente la propria visione della governance globale. La missione più importante della Cina, che cerca di integrare pacificamente l’attuale ordine mondiale, è quella di fornire una visione relativamente chiara e positiva del suo modo di pensare. Da una prospettiva a lungo termine, il tema principale delle relazioni estere della Cina dovrebbe essere la comprensione interculturale e la comunicazione di civiltà.

FONTI
  1. Dushu (读书, letteralmente “leggere”) è una rivista letteraria mensile influente nei circoli intellettuali cinesi.
  2. Caijing (财经) è una rivista indipendente con sede a Pechino che copre fenomeni politici, sociali, ecc.
  3. 相蓝欣, intervista di 马国川, “著名国际政治专家 相蓝欣教授:反思战狼文化,呼唤文明沟通”, 30 aprile 2020.
  4. Vedi in particolare le dichiarazioni degli ambasciatori cinesi nei paesi europei, ad esempio l’ intervista a Lu Shaye su BFMTV .
  5. Henry Kissinger, “La pandemia di coronavirus altererà per sempre l’ordine mondiale”, Wall Street Journal , 3 aprile 2020
  6. Henry Kissinger, Un mondo restaurato: Metternich, Castlereagh e i problemi della pace, 1812–22, 1957.
  7. Si fa qui riferimento al caso del primo famoso informatore del dicembre 2019, il dottor Li Wenliang.
  8.  Letteralmente “tieni la luce sotto il moggio” (韬光养晦). Nel contesto del dopo Guerra Fredda e del dopo Tienanmen, queste sono le parole pronunciate da Deng Xiaoping nel 1992 che sono all’origine della sua strategia diplomatica di “tenere basso il profilo”. Agli occhi della Cina, è meglio che il Paese nasconda i propri beni, soprattutto in risposta alle “interferenze” degli Stati Uniti che avevano deciso di sospendere le vendite di equipaggiamenti militari dalla Cina dopo gli eventi di Tienanmen, per reagire meglio in seguito.
  9. Huaibei e Huainan sono due grandi città nell’entroterra della provincia dell’Anhui, situate a nord ea sud l’una dall’altra. La loro vicinanza geografica evidenzia l’importanza delle condizioni microlocali in Cina: sebbene i frutti che crescono in queste due città geograficamente vicine sembrino simili, il sapore dei frutti è diverso.
  10.  棒杀: picchiare a morte qualcuno, 捧杀: letteralmente lusingare a morte qualcuno facendolo sentire compiacente
  11.  Nota dell’autore: in effetti, ci sarebbe una civiltà, la Cina, e il resto del mondo sarebbe versioni meno evolute dello stato-nazione. In altre parole, agli occhi della Cina, è l’unico paese al mondo in cui la civiltà coincide ancora con un moderno stato-nazione.
  12. “Cercare la verità dai fatti” (实事求是) è uno dei principali slogan del periodo maoista che promuove una visione realistica delle riforme ed è alla base dell’ideologia socialista cinese.
  13.  Questo proverbio cinese è un riferimento alla politica sperimentale della Cina durante il decennio di apertura che inizia dal 1978 con l’attuazione di misure graduali sugli investimenti esteri, sulle privatizzazioni e sull’apertura del mercato in generale. .
  14. Riferimento alla famosa citazione di Deng Xiaoping (1961) “Non importa se un gatto è bianco o nero, se cattura i topi, è un buon gatto”. In altre parole, non importa l’ideologia o la nazionalità degli imprenditori purché contribuiscano allo sviluppo economico della Cina. Ciò rientra nel contesto delle riforme di apertura difese da Deng già nel 1978.
  15. Concetto maestro del taoismo, la via si traduce in Dao o tao (道). Il taoismo è una delle tre grandi filosofie cinesi (con Buddismo e Confucianesimo) che pone al centro la via, il sentiero come principio fondante all’origine di tutto.
  16. Xiang fa riferimento a Zhang Weiwei, che iniziò la sua carriera di interprete prima di diventare un noto studioso nella trilogia di opere sull’ascesa della Cina degli anni ’90 (i primi due volumi sono stati tradotti in inglese), in cui prende liberamente in prestito da Martin Jacques . Zhang viaggia anche per il mondo per difendere il modello cinese; molte delle sue conferenze e dibattiti sono disponibili in inglese su Youtube.
  17. Xiang si riferisce alla Scuola di diplomazia e relazioni internazionali di Ginevra , un parente povero dell’Istituto universitario di Ginevra dove insegna Xiang. “Wild Chicken 野鸡” è un termine ampiamente utilizzato per qualcosa che non è brevettato.
  18. Zhang ricopre una posizione presso la Fudan University di Shanghai, l’ alma mater di Xiang , ed è anche preside dell’Istituto di studi cinesi all’interno della stessa università.
  19. Questo è un altro riferimento a Zhang Weiwei. Il titolo del secondo volume della sua trilogia è The China Shock (中国震撼).
  20. Un altro significato di “pace” (平) in mandarino è piatto, che contraddice anche il sorgere.
  21. Traduzione tratta da http://www.fang.ece.ufl.edu/daodejing.pdf , testo numero 80.

https://legrandcontinent.eu/fr/2022/09/10/il-ny-a-pas-besoin-de-se-battre-comme-un-loup-guerrier-une-conversation-avec-xiang-lanxin/?mc_cid=84212e0658&mc_eid=4c8205a2e9

Le conseguenze globali del grande riorientamento strategico dell’Asia meridionale, di Andrew Koribko

Mentre resta da vedere se il Pakistan si trasformerà in modo grottesco dalla “cerniera lampo dell’Eurasia” alla “faglia dell’Eurasia” come si teme, quello scenario è ancora abbastanza credibile da preoccupare seriamente tutte le parti interessate.

Il ruolo centrale dell’Asia meridionale nella grande biforcazione

La transizione sistemica globale al multipolarismo sta portando a profondi cambiamenti in tutto il mondo, in particolare la Grande Biforcazione del sistema precedentemente globalizzato nel Golden Billion occidentale guidato dagli Stati Uniti e nel Sud globale guidato dai BRICS . I complessi processi legati a questo megatrend stanno rapidamente convergendo in Asia meridionale, il che non è un caso. Questa regione geostrategica dell’Eurasia si trova tra la metà occidentale e quella orientale del supercontinente, ponendola così al centro della transizione sistemica menzionata in precedenza che sta spostando il centro di gravità globale dall’Atlantico al Pacifico.

Il precedente stato degli affari

Fino all’ultima fase del conflitto ucraino , provocata dagli Stati Uniti, scoppiata alla fine di febbraio, lo stato delle cose nell’Asia meridionale era relativamente semplice da capire: la decennale rivalità tra India e Pakistan era diventata parte della Nuova Guerra Fredda tra Superpotenze americane e cinesi . Il rafforzamento globale dei legami strategico-militari tra America e India è stato parallelo a quello di Cina e Pakistan. Inoltre, il dilemma di sicurezza cinese-indiano esacerbato dagli Stati Uniti è culminato durante gli scontri tra quei due nell’estate 2020 e quindi sembrava destinato a condannarli per sempre alla rivalità.

Gli osservatori quindi si aspettavano ragionevolmente che queste dinamiche sarebbero rimaste coerenti nel prossimo futuro. Considerando il ritmo e la profondità con cui le partnership strategiche di queste due coppie si erano sviluppate nell’ultimo decennio, e soprattutto tenendo presente come il dilemma della sicurezza cinese-indiana sembrava aver posto queste due grandi potenze asiatiche sulla strada di una rivalità irreversibile che gli Stati Uniti potrebbe facilmente manipolarli per dividerli e governarli perennemente, questa previsione aveva un senso. Sembrava davvero che non ci fossero sorprese serie in serbo per l’Asia meridionale a breve.

Ruoli geostrategici divergenti di India e Pakistan

Tutto ciò è improvvisamente cambiato dopo l’operazione militare speciale che la Russia è stata costretta ad avviare per difendere le sue linee rosse di sicurezza nazionale in Ucraina dopo che la NATO sostenuta dagli Stati Uniti le ha violate. L’America ha immediatamente chiesto all’India di condannare e sanzionare la Russia in solidarietà con il Miliardo d’Oro, sebbene Delhi abbia respinto con orgoglio tutte queste pressioni per difendere i suoi interessi nazionali oggettivi . I grandi calcoli dello stato-civiltà dell’Asia meridionale dovevano rafforzare la sua autonomia strategica nella Nuova Guerra Fredda mantenendo il suo multi-allineamento tra tutti gli attori rilevanti.

Il vicino Pakistan ha tentato qualcosa di simile, anche se purtroppo è caduto vittima di un colpo di stato postmoderno orchestrato dagli Stati Uniti ma guidato a livello nazionale che ha estromesso il suo Primo Ministro multipolare all’inizio di aprile come punizione per la sua politica estera altrettanto indipendente, in particolare la sua dimensione eurasiatica e il rifiuto di ospitare gli Stati Uniti basi o almeno concedere diritti di transito ai suoi droni. Sebbene Islamabad mantenga ufficialmente la sua politica di neutralità di principio nei confronti del conflitto ucraino, la realtà è che le sue autorità golpiste postmoderne sono in pratica prevedibilmente passate sotto il controllo quasi totale degli americani.

Il percorso del Pakistan verso lo status di vassallità

Non solo i talebani (con i quali il Pakistan si trova oggi in un pericoloso dilemma di sicurezza ) li hanno accusati di concedere segretamente diritti di transito al drone statunitense che ha attaccato un presunto obiettivo terroristico a Kabul all’inizio di agosto, ma avrebbero anche spedito munizioni a Kiev attraverso un ponte aereo transnazionale guidato dal Regno Unito. Inoltre, l’agenzia di spionaggio straniera russa sembrava aver suggerito un ruolo indiretto del Pakistan nell’attacco terroristico dell’ISIS-K contro la sua ambasciata nella capitale afgana, anche se solo le loro controparti si erano rifiutate di condividere informazioni rilevanti in anticipo per lasciare che gli eventi si svolgessero astutamente .

L’America sembrava quindi aver premiato i suoi delegati del colpo di stato postmoderno per aver promosso i suoi interessi strategici dopo che il Dipartimento di Stato ha annunciato mercoledì che stava approvando la potenziale vendita di apparecchiature F-16 per un valore fino a $ 450 milioni che erano state congelate sotto l’amministrazione Trump. In quella che non è stata una coincidenza, Cina e India hanno deciso un giorno dopo di disimpegnare reciprocamente le loro forze militari dalla frontiera contesa in quella che è stata una grande riduzione del loro dilemma sulla sicurezza , dovuto al fatto che Pechino ha apprezzato l’orgogliosa dimostrazione di Delhi di strategie strategiche autonomia di fronte alle pressioni statunitensi.

Le mutevoli percezioni della Cina sull’Asia meridionale

È stato a questo punto che è diventato possibile parlare del grande riorientamento strategico nell’Asia meridionale, che è una delle conseguenze più inaspettate della transizione sistemica globale, recentemente accelerata, alla multipolarità. Il precedente stato delle cose in questa regione che gli osservatori avevano finora dato per scontato sta indiscutibilmente cambiando dopo che gli Stati Uniti sono riusciti a ripristinare la loro influenza precedentemente perduta sul Pakistan a seguito del colpo di stato postmoderno da loro orchestrato, che contrasta con il declino dell’influenza degli Stati Uniti sull’India dopo che Delhi ha rifiutato di soddisfare le sue richieste anti-russe.

Questi sviluppi paralleli hanno contribuito a rimodellare la percezione cinese del ruolo che si aspettava che i due paesi più importanti dell’Asia meridionale svolgessero nell’emergente ordine mondiale multipolare. Mentre il Pakistan era stato precedentemente considerato come una risorsa e l’India come un ostacolo, da allora si sono scambiati di posto dopo che gli Stati Uniti hanno ripristinato con successo la loro egemonia sulla prima senza imporla sulla seconda. Fattori correlati sono stati l’India che ha espresso pubblicamente la speranza di aprire insieme il Secolo asiatico con Cina e Russia, sospettando ufficiosamente il Pakistan di un coinvolgimento indiretto nell’attacco dell’ISIS-K all’ambasciata di Kabul.

Tit-For-Tat ma senza intenzioni a somma zero (per ora)

Con il senno di poi, era inevitabile che queste variabili avrebbero portato la Cina a cercare di controbilanciare il “bracconaggio” statunitense del Pakistan migliorando in modo completo le relazioni con l’India, quest’ultima ha dimostrato la sua autonomia strategica e intenzioni sinceramente multipolari. La tempistica dell’accordo sull’equipaggiamento F-16 ripristinato dagli Stati Uniti con il Pakistan e la decisione di disimpegno militare cinese-indiano suggerisce che entrambe le superpotenze hanno previsto con precisione l’inversione del ruolo di quegli stati dell’Asia meridionale nella Nuova Guerra Fredda mesi prima e pianificato di conseguenza, ecco perché i loro sforzi hanno dato frutti più o meno nello stesso periodo.

Tuttavia, il grande riorientamento strategico in corso in questo momento nell’Asia meridionale non deve essere interpretato erroneamente come implicante la creazione di blocchi rigidi o l’ossessione immediata (parola chiave) di qualsiasi partito per le politiche a somma zero. L’India manterrà ancora stretti legami strategico-militari con gli Stati Uniti e continuerà per ora a non essere d’accordo con la Cina su alcune questioni, così come il Pakistan manterrà tali legami con la Cina (soprattutto quelli economico-finanziari tramite CPEC) pur continuando probabilmente ad essere occasionalmente criticato dagli Stati Uniti su alcune questioni interne (anche se questo diventa più raro e molto più mite).

Il significato della previsione strategica

L’importanza nel discutere il potenziale grande riorientamento strategico nell’Asia meridionale è prevedere l’impatto che potrebbe avere sulla più ampia traiettoria della transizione sistemica globale alla multipolarità, che a sua volta può consentire ai decisori di preparare meglio i loro paesi per gli scenari più credibili. Con questo in mente, proprio come la Cina ha risposto al “bracconaggio” del Pakistan da parte degli Stati Uniti attraverso il suo completo miglioramento dei legami con l’India, così anche i progressi della seconda coppia nel fare da pioniere insieme al Secolo asiatico potrebbero essere corrisposti dagli Stati Uniti che sfruttano il Pakistan come ostacolo.

Per non essere frainteso, ci sono ben note faglie preesistenti tra India e Pakistan (per lo più legate all’irrisolto Conflitto del Kashmir ) che occasionalmente portano all’aggravarsi organico di tensioni reciproche che ciascuno accusa sempre l’altro di provocare. Gli Stati Uniti, quindi, non devono svolgere alcun ruolo in questa dinamica poiché di tanto in tanto sono naturalmente decrescenti. Tuttavia, non si può escludere che possa cercare di incoraggiare il Pakistan a violare unilateralmente il cessate il fuoco in vigore dal febbraio 2021 come parte di un piano più ampio per manipolare le percezioni della sua gente sulla Cina.

L’affondamento del cessate il fuoco incoraggiato dagli Stati Uniti in Pakistan

Per spiegare, i pakistani considerano giustamente la Cina come il loro partner più vicino e affidabile in qualsiasi parte del mondo, anche se l’ottica di Pechino che rifiuta di sostenere Islamabad nello scenario che quest’ultima violi unilateralmente il cessate il fuoco con il tacito incoraggiamento di Washington ma incolpa pubblicamente Delhi potrebbe non stare bene con molti. Dopotutto, tutto ciò che è connesso al Kashmir è diventato una parte inestricabile dell’identità pakistana dall’indipendenza 75 anni fa, quindi un bel po’ della sua gente potrebbe essere indotto in errore a rimanere deluso dalla Cina se Pechino non li sostiene sempre su questo tema.

Nonostante la posizione della Cina verso la risoluzione di quel conflitto decennale sia molto vicina a quella del Pakistan, la Repubblica popolare è ancora fermamente contraria a qualsiasi parte che interrompa lo status quo. Ciò significa che Pechino non “tradirebbe” Islamabad non appoggiandola nello scenario in cui il suo regime golpista postmoderno violi unilateralmente il cessate il fuoco con l’incoraggiamento di Washington. Tuttavia, molti pakistani potrebbero ancora essere fuorviati dal momento che è ampiamente considerato patriottico sostenere le loro autorità sul Kashmir indipendentemente dal contesto, il che può fornire un’apertura narrativa per gli Stati Uniti.

Argomenti contro l’India che provocano prima il Pakistan

Gli obiettivi della guerra dell’informazione americana in questo scenario sono diversi, ma prima di raggiungerli, dovrebbe essere brevemente spiegato perché è improbabile che sia l’India a violare unilateralmente il cessate il fuoco. Delhi è fiduciosa che il Global South guidato dai BRICS abbia già concluso che gli Stati Uniti hanno ripristinato con successo il precedente status di vassallità del Pakistan e quindi considerano il suo vicino come se avesse invertito i ruoli con esso diventando il più grande ostacolo regionale alla multipolarità. La violazione del cessate il fuoco fermerebbe anche immediatamente il riavvicinamento cinese-indiano e saboterebbe così lo scenario del secolo asiatico.

Mantenendo lo status quo, tuttavia, l’India calcola che il grande riorientamento strategico dell’Asia meridionale continuerà a procedere rapidamente. Ciò a sua volta accelererebbe la sua ascesa come Grande Potenza influente a livello globale in grado di plasmare la transizione sistemica globale verso il multipolarismo, mentre il ritrovato isolamento regionale del Pakistan determinato dalla sottomissione strategica del regime post-golpe agli Stati Uniti si intensificherebbe. Lasciando semplicemente che gli eventi si svolgano in modo naturale lungo questa prevedibile traiettoria, gli obiettivi nazionali dell’India verrebbero portati avanti senza alcun costo per se stessa, compreso il miglioramento della sua reputazione.

Gli attacchi americani di Infowar contro il partenariato strategico cinese-pakistano

Dopo aver chiarito ciò, è giunto il momento di parlare degli obiettivi della guerra dell’informazione che l’America mirerebbe a raggiungere incoraggiando i suoi delegati pakistani a violare unilateralmente il cessate il fuoco con l’India. Fabbricare artificialmente percezioni negative sulla Cina manipolando l’ottica di quel suddetto scenario rispetto alla falsa insinuazione che la Repubblica popolare abbia “tradito” il Pakistan non sostenendolo durante un altro ciclo di tensioni sul Kashmir è prima di tutto volto a migliorare gli Stati Uniti’ stando agli occhi del pubblico per contrasto.

Questo ha lo scopo di renderli simultaneamente più ricettivi alla crescente conformità del loro regime di colpo di stato postmoderno alle richieste strategiche regionali americane, parallelamente alla produzione artificiale di sostegno popolare per quegli stessi burattini con un finto pretesto patriottico. Per non avere l’intuizione precedente fraintesa o falsata da forze ostili della guerra dell’informazione, non è implicito che il sostegno alla posizione di Islamabad sul conflitto del Kashmir non sia veramente una posizione patriottica per i pakistani. Piuttosto, ciò che viene trasmesso è che ci sono ulteriori motivi per provocare una crisi su di esso.

Lo scenario uigura/Xinjiang

Quelli collegati alle richieste strategiche regionali americane includono il regime di colpo di stato postmoderno che chiude un occhio sulla coltivazione sostenuta dall’estero del sentimento anti-cinese nella società che utilizza come arma le false percezioni sullo Xinjiang al fine di produrre artificialmente il sostegno di base per cambiare la posizione di Islamabad verso quello problema inesistente nel tempo. Lo scopo alla base di ciò è indebolire i loro legami strategici in modo che gli Stati Uniti possano poi prendere il controllo del CPEC e quindi porre l’economia pakistana interamente sotto il suo controllo egemonico, il che perpetuerebbe indefinitamente la vassallità di quel paese.

Lo scenario peggiore sarebbe che il regime di colpo di stato postmoderno appoggiato dagli Stati Uniti alla fine fornisca rifugio (e forse varie forme di supporto) a forze che la Cina considera giustamente terroristi, anche se ciò sembra ancora lontano e può ancora essere compensato molto prima che accada. In ogni caso, il punto per richiamare l’attenzione su questo è descrivere la sequenza di eventi che dovrebbero prima verificarsi, che molto probabilmente sarebbero legati alla manipolazione dell’ottica della Cina che rifiuta di sostenere il Pakistan nel caso in cui quest’ultimo violi unilateralmente il cessate il fuoco con l’India dopo essere stato incoraggiato dagli Stati Uniti.

Mantenere il colpo di stato postmoderno al potere

Il secondo obiettivo della guerra dell’informazione connesso all’ulteriore motivo dietro l’avvio di quello scenario è quello di fabbricare artificialmente un supporto di base per il regime golpista postmoderno con un finto pretesto patriottico. L’ex primo ministro Khan è riuscito selvaggiamente a esporre i suoi sostituti come burattini americani agli occhi della maggior parte dei pakistani, il che spiega perché ha ispirato le più grandi proteste pacifiche nella storia del suo paese e poi ha portato il suo partito a una vittoria schiacciante alle elezioni suppletive del Punjab. Anche se il regime golpista postmoderno lo imprigiona o lo uccide, Dio non voglia, il suo messaggio continuerà a vivere.

Ciò significa che le basi socio-politiche dell’influenza egemonica degli Stati Uniti sul loro vassallo pakistano appena restaurato rimarranno perennemente instabili, cosa che temono possa, nella peggiore delle ipotesi (dal loro punto di vista), alla fine fare una manifestazione moderna dell’antitesi dell’Iran. -Rivoluzione americana inevitabile. Gli Stati Uniti potrebbero facilmente evitarlo ordinando ai loro burattini di tenere elezioni libere ed eque il prima possibile al fine di fungere da valvola di pressione democratica, anche se ciò riporterebbe al potere il loro leader estromesso, dopodiché libererebbe il Pakistan dalla sua nuova stato di vassallo ripristinato.

L’ex primo ministro Khan non è antiamericano come i suoi nemici interni e internazionali lo hanno maliziosamente interpretato, ma filo-pakistano, motivo per cui quasi certamente cercherà di replicare l’equilibrio della vicina India nella Nuova Guerra Fredda coltivando contemporaneamente a vicenda relazioni vantaggiose sia con il Golden Billion dell’Occidente guidato dagli Stati Uniti che con il Global South guidato dai BRICS. Ciò, tuttavia, è assolutamente inaccettabile per l’America dal momento che l’egemone unipolare in declino ha orchestrato il suo rovesciamento proprio a causa dei suoi grandiosi progetti strategici nella Nuova Guerra Fredda legati all’ostacolo della multipolarità.

Dalla “cerniera lampo dell’Eurasia” alla “faglia dell’Eurasia”

Gli Stati Uniti non rinunceranno mai volontariamente alla loro egemonia appena restaurata sul Pakistan poiché intendono sfruttare il loro tradizionale vassallo allo scopo di ostacolare l’emergente Ordine Mondiale Multipolare nell’Asia meridionale attraverso i mezzi spiegati in precedenza. Va anche da sé che l’America aspira a che il suo fantoccio destabilizzi attivamente anche l’Afghanistan, il che danneggerebbe indirettamente gli interessi di sicurezza di tutte le parti interessate vicine e della Russia . Se il Pakistan alla fine ospita uiguri violenti, lo stato cardine globale potrebbe interrompere la multipolarità a est, ovest e nord.

Questo è esattamente il risultato potenzialmente rivoluzionario che l’America vuole portare avanti nella Nuova Guerra Fredda attraverso la sua “riconquista” del Pakistan e il conseguente grande riorientamento strategico che ha catalizzato nell’Asia meridionale. Lo scopo è trasformare il suo host in una piattaforma unipolare armata per esportare la destabilizzazione nell’Asia meridionale, orientale, centrale e occidentale come la “faglia dell’Eurasia” invece di lasciarle mantenere il ruolo multipolare positivo che aveva precedentemente svolto nel riunire quelle regioni come la “cerniera lampo dell’Eurasia” tramite CPEC+ , come spiegato nella tesi di dottorato dell’autore sulle relazioni russo-pakistane .

Compensazioni di scenario

Per quanto tutto questo suoni terribile, non è comunque inevitabile. ” Il potere del popolo pachistano sconfiggerà il loro impopolare governo importato ” se si terranno elezioni libere ed eque il prima possibile nella remota possibilità che i membri della scuola di pensiero multipolare all’interno dell’establishment pakistano in qualche modo convincano i loro più potenti pro- I coetanei americani lo fanno per ragioni patriottiche. Dopotutto, il ritorno al potere dell’ex primo ministro Khan in quello scenario non porterebbe a risultati “antiamericani” ma puramente filo-pakistani, considerando la sua visione del mondo multipolare e le sue intenzioni equilibranti.

Anche nell’oscuro scenario in cui viene incarcerato o ucciso, Dio non voglia, il suo messaggio continuerà a vivere e ispirerà i suoi compatrioti a continuare la loro ricerca per liberare il Pakistan dalle catene del neoimperialismo. Mettere al bando il più grande movimento nella storia del loro paese dall’indipendenza, per non parlare di perseguitare i suoi milioni di membri o peggio Dio non voglia, indebolirebbe ulteriormente la già molto fragile base socio-politica su cui è costruita l’egemonia restaurata degli Stati Uniti. Ciò significa che il suo crollo è destinato al tempo, anche se non è chiaro se sarà pacifico e/o accadrà prima che vengano inflitti troppi danni regionali.

Pensieri conclusivi

Dopo aver riflettuto su tutto ciò che è stato condiviso in questa analisi, ora non dovrebbero esserci dubbi sul fatto che un grande riorientamento strategico è attivamente in corso nell’Asia meridionale. È stato catalizzato dalla “riconquista” del Pakistan da parte degli Stati Uniti in seguito al colpo di stato postmoderno che hanno orchestrato e portato al livello successivo dal riavvicinamento cinese-indiano che alla fine è avvenuto in risposta. Mentre resta da vedere se il Pakistan si trasformerà in modo grottesco dalla “cerniera lampo dell’Eurasia” alla “faglia dell’Eurasia” come si teme, quello scenario è ancora abbastanza credibile da preoccupare seriamente tutte le parti interessate.

Ma quale inverno nucleare? Se scoppiasse un conflitto nucleare non sarebbero le città ad essere colpite … Di Claudio Martinotti Doria

Mi capita, con sempre maggiore frequenza, di assistere a video on line nei quali presunti esperti descrivono i rischi di escalation militare del conflitto in corso in Ucraina, prospettando un pericolo di guerra nucleare.

Tra l’altro colgo l’occasione per riflettere sul fatto che i video stanno proliferando mentre gli articoli seri ed esaustivi latitano, presumo per il semplice fatto che sia molto più facile fornire un video a volte improvvisato e superficiale, rispetto a uno scritto meditato, documentato e ponderato.

Devo dedurre che si sceglie la via più comoda per comunicare, che non è garanzia che sia anche quella più consona a informare correttamente. E questo purtroppo accade nella cosiddetta informazione indipendente detta impropriamente controinformazione. Che è uno dei motivi per cui ho sempre rifiutato di prestarmi a interviste e a interventi in video, anche per canali con decine di migliaia d’iscritti, quando non centinaia di migliaia.

Preferisco scrivere, anche se i lettori saranno sempre pochi, perché leggere e capire costa fatica, rispetto all’essere spettatori passivi.

In quasi tutti questi video cui mi riferisco, si descrive perlopiù il rischio di una guerra nucleare utilizzando paradigmi obsoleti e anacronistici, tipici della prima Guerra Fredda, cioè risalenti a una quarantina e oltre di anni fa. E così facendo non si offre un buon servizio d’informazione ma si contribuisce a creare il panico nella popolazione, facendo il gioco del sistema di potere, seppure in buona fede.

Per citare un esempio che rende bene l’idea, quasi tutti questi presunti esperti descrivono le conseguenze di una guerra nucleare come si sarebbe svolta negli anni ’70 e ’80 se fosse esplosa all’epoca. Insistono, infatti, sugli effetti che avrebbe sulla popolazione dando per scontato che si colpirebbero le città con ordigni nucleari di parecchi chilotoni o addirittura megatoni se ricorressero alle armi termonucleari, che sono molto più potenti.

Ma perché mai allo stato attuale della tecnologia e strategia militare si dovrebbero bombardare le grandi città? Per estinguere l’umanità? E a chi gioverebbe la distruzione reciproca?

Personalmente non condivido quest’approccio nel valutare il rischio di un conflitto nucleare, pur non escludendolo.

Semplicemente sono convinto che non avverrebbe in questo modo.

Le città a mio avviso non costituiscono un obiettivo primario. Gli obiettivi di un conflitto nucleare sarebbero semmai militari e strategici, colpirebbero cioè basi e depositi militari, aeroporti, porti, centri di comando e controllo e di comunicazione, satelliti, navi, sottomarini e portaerei, centrali elettriche, ecc..

E per farlo ricorrerebbero a bombe nucleari tattiche, cioè a bassa potenza e con fallout ridotto.

Il pericolo di estinzione dell’umanità paventato dai presunti esperti sarebbe ridotto. Chi colpisse per primo sarebbe ovviamente favorito, soprattutto se lo facesse con un numero elevato di ordigni lanciati quasi contemporaneamente, non dando modo all’avversario di fare altrettanto.

Quello sopra rappresentato è forse il pericolo maggiore, perché indurrebbe una delle grandi potenze a colpire per prima, contando sulla presunzione di disporre di armi più sofisticate e non in grado di essere intercettate.

Il pericolo maggiore in termini culturali e d’impostazione guerrafondaia e psicopatica è indubbiamente rappresentato in questa epoca dagli USA e UK che però fortunatamente non dispongono delle armi più sofisticate (ipersoniche) in materia nucleare, essendo i russi e i cinesi molto più avanzati tecnologicamente di loro.

Spero pertanto che la consapevolezza della loro inferiorità militare li faccia desistere, perché sono pressoché certo che se le parti fossero invertite non esiterebbero a colpire per primi, come del resto dichiarato esplicitamente dal neo premier UK Liz Truss in una sua recente intervista, nella quel si vantava che non esiterebbe a ordinare l’impiego di armi nucleari se la situazione secondo lei lo richiedesse.

Un soggetto quest’ultimo che emula pateticamente la Lady di Ferro nel suo decisionismo, ma senza possederne neppure una minima porzione di capacità, cultura e lungimiranza, essendo di un’ignoranza conclamata.

I mediocri e gli stupidi in posizione di potere politico sono funzionali al sistema finanziario dominante, perché prendono ordini senza valutare criticamente e responsabilmente le ripercussioni sulla popolazione. Ecco perché contribuiscono ad aumentare la tensione e le provocazioni, gettando benzina sul fuoco, per indurre la Russia alla prima reazione nucleare, sperando sia di modesta entità, quanto basta per giustificare un loro intervento congiunto come NATO contro la Russia.

Si tratterebbe in ogni caso di pura ipocrisia, perché la NATO è già di fatto cobelligerante in Ucraina contro la Russia, essendo presenti in combattimento migliaia di loro truppe, seppur con divise ucraine. E la Russia sarebbe perfettamente giustificata dal punto di vista giuridico bellico a considerare i paesi NATO in guerra contro di essa, sia per le forniture di armi all’Ucraina sia per la presenza di loro soldati al fronte.

Quindi se la situazione degenerasse in un conflitto nucleare, è vero che avremmo pressappoco le ripercussioni descritte dai pseudo esperti che straparlano di inverno nucleare, ma non perché raderebbero al suolo le città con estinzioni di massa conseguenti, ma perché la distruzione sistematica degli obiettivi militari e strategici, azzererebbero tutti i servizi cui siamo abituati, torneremmo cioè all’età della pietra, quantomeno per un periodo più o meno lungo, privandoci di tutto quello cui siamo abituati e che diamo per scontati: dall’acqua potabile, all’energia elettrica, dal collegamento a internet all’uso dei cellulari, dai rifornimenti presso i supermercati a tutti i mezzi che la modernità ci ha fornito. Non funzionerebbe più nulla, soprattutto per gli effetti elettromagnetici provocati dalle esplosioni nucleari, oltre alla distruzione dei siti di produzione ed erogazione dei servizi.

A morire nelle fasi immediatamente successive alle esplosioni nucleari locali sarebbero le popolazioni presenti nei siti colpiti e nelle loro immediate vicinanze. Le altre località potrebbero subire gli effetti delle limitate ricadute del materiale radioattivo, secondo la direzione dei venti in ogni singola area geografica.

Il problema per l’Italia sarebbe comunque molto grave, essendo il paese NATO con il maggior numero di basi militari straniere sul proprio suolo, tra cui due aeroporti militari dotati di decine di bombe nucleari, e il più grande deposito di armi dell’intero continente, situato in Toscana.

Credo che quanto da me descritto sia più attinente ai rischi reali che stiamo correndo, molto più che descrivere di presunti bombardamenti sulle grandi città che raderebbero al suolo non solo la superficie urbana ma l’intero paese, che se non immediatamente distrutto diverrebbe comunque invivibile per i decenni a venire per gli effetti devastanti e nefasti della radioattività e dei cambiamenti climatici, questi si reali e non fittizi.

E’ pertanto corretto essere preoccupati per i rischi reali che stiamo correndo ma non ricorrendo a paradigmi di quarant’anni fa ma a ipotesi molto più plausibili e aggiornate, come quelle cui ho fatto riferimento.

Come si possono evitare questi rischi? Prendendo una chiara, netta e risoluta posizione contro i guerrafondai e i loro complici in tutti i governi europei, manifestando con forte determinazione la propria contrarietà a rifornire l’Ucraina di armi e a farsi usare come carne da cannone dagli angloamericani per i loro interessi.

Che lo facciano i paesi dell’est europeo è comprensibile, essendo russofobi e colonie anglosassoni finanziate lautamente, ma che noi nell’occidente europeo ci si presti a questo gioco al massacro, è da utili idioti e imbecilli suicidi, avendo tutto da perdere, compresa la vita.

Articolo riproducibile citando la fonte.

 

Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria, Via Roma 126, 15039 Ozzano Monferrato (AL), Unione delle Cinque Terre del Monferrato,  Italy,

Email: claudio@gc-colibri.com  – Blog: www.cavalieredimonferrato.it – http://www.casalenews.it/patri-259-montisferrati-storie-aleramiche-e-dintorni

20 Osservazioni strategiche sul blitz di Kiev sostenuto dalla NATO nella regione di Kharkov, di Andrew Korybko

Il mondo intero ora si chiede se la dinamica militare-strategica del conflitto ucraino si sia finalmente spostata a favore di Kiev.

Kiev ha colpito la regione di Kharkov durante il fine settimana con il sostegno della NATO dopo aver messo fuori combattimento la Russia e poi aver lanciato migliaia di truppe sulla linea del fronte indebolita di Kharkov per sopraffare i difensori sorpresi. Il portavoce del ministero della Difesa russo Igor Konashenkov ha dichiarato domenica che le vittime degli aggressori tra il 6 e il 10 settembre hanno superato le 12.000, più di un terzo delle quali è stato ucciso. Tuttavia, hanno effettivamente compiuto progressi tangibili sul campo al punto di conquistare più di 2.000 chilometri quadrati durante quei cinque giorni. Il mondo intero ora si chiede se la dinamica militare-strategica del conflitto ucraino si sia finalmente spostata a favore di Kiev.

Per quei lettori che non hanno seguito la serie analitica dell’autore su questo argomento, sono incoraggiati a sfogliare almeno i seguenti pezzi per aggiornarsi sull’evoluzione dei suoi pensieri durante il fine settimana:

* ” Kharkov: cosa sta guidando le ultime dinamiche militari e cosa potrebbe venire dopo? 

* ” Critiche costruttive collegate al ritiro tattico della Russia da Kharkov 

* ” Interpretare le carenze dell’intelligence russa in vista della controffensiva di Kharkov 

Alcune di queste intuizioni verranno riciclate in questa analisi mentre altre parti verranno scartate alla luce di tutto ciò che è accaduto finora. Il presente articolo inizierà quindi esaminando la sequenza degli eventi che hanno portato al blitz di Kiev sostenuto dalla NATO nella regione di Kharkov:

* È stato rivelato che la Russia ha gravi carenze di intelligence

Sia i critici che i sostenitori di quel paese si stanno grattando la testa chiedendosi come abbia fatto a non vedere l’arrivo della controffensiva di Kharkov e prepararsi di conseguenza considerando il fatto che dovevano esserci stati molteplici segnali che l’hanno preceduta, il che può essere attribuibile solo a gravi carenze di intelligence.

* Alcuni a Mosca erano sotto il fascino del pio desiderio

Nonostante il presidente Putin li avesse messi in guardia contro un pio desiderio alla fine di giugno, alcune figure di spicco a Mosca erano chiaramente sotto il suo fascino a causa di una combinazione delle suddette gravi carenze di intelligence, ma anche del loro stesso desiderio di credere che le forze militari di Kiev fossero irrimediabilmente paralizzate.  

* La Russia aveva finora evitato di intraprendere una guerra totale contro Kiev

Le osservazioni precedenti, unite alla sincera convinzione del presidente Putin nell’unità storica di russi e ucraini e alla sua conseguente sensibilità alle vittime civili , hanno portato le sue forze a evitare la guerra totale rifiutando di distruggere infrastrutture critiche come ponti e centrali elettriche.

* La NATO ha continuato a rafforzare con successo le capacità militari di Kiev

Non è chiaro come abbiano continuato a farlo con successo di fronte alle innumerevoli affermazioni russe di aver distrutto numerosi elementi dell’equipaggiamento in arrivo, ma la NATO ancora in un modo o nell’altro ha continuato a rafforzare le capacità militari di Kiev al punto che le forze del suo procuratore sono diventate ancora una volta una minaccia.

* La mentalità di Kiev era che i fini giustificassero i mezzi a prescindere

Mentre la Russia continuava a combattere con una mano volontariamente legata dietro la schiena, Kiev considerava il conflitto una guerra totale e quindi non era contraria a militarizzare le aree residenziali per rallentare l’avanzata di Mosca o a gettare un numero illimitato di suoi uomini nel tritacarne per recuperare il territorio che ha perso.

L’analisi condividerà ora alcune osservazioni su come si è svolta la controffensiva di Kharkov:

* La controffensiva di Kherson ha coperto quella di Kharkov

Uno dei rappresentanti di Kiev ha ammesso che il primo aveva lo scopo di psicanalizzare la Russia riguardo al secondo, ma questa finta non sarebbe riuscita se la Russia non avesse avuto gravi carenze di intelligence e alcuni dei suoi funzionari non fossero stati attirati da un pio desiderio che li ha accecati a questo bait-and-switch.

* La Russia ha difeso in modo inadeguato il fronte di Kharkov dopo essere stata ingannata

Cadere per la finta di Kiev dando la priorità alla difesa delle sue conquiste lungo il fronte di Kherson non era problematico in linea di principio, ma la decisione della Russia di ridistribuire alcune delle sue forze da quella di Kharkov a lì e poi lasciare quel fronte nord-orientale non adeguatamente difeso non era saggia col senno di poi.

* Kiev ha sfruttato questa opportunità per cogliere la Russia completamente alla sprovvista

Il ritmo, le dimensioni e i tempi di ciò che il Ministero della Difesa russo ha descritto come il suo raggruppamento in risposta al blitzkrieg sostenuto dalla NATO di Kiev conferma che è stato colto completamente alla sprovvista, la cui ottica è stata manipolata dai media mainstream (MSM) come “La debolezza militare di Mosca”.

* Gli attaccanti hanno sfruttato appieno la reazione dei difensori

Tirarsi indietro di fronte a questa controffensiva a sorpresa è stata la cosa giusta da fare per la Russia per evitare di perdere inutilmente la vita dei suoi soldati facendo un’ultima resistenza destinata a fallire, ma ha anche portato Kiev a trarre pieno vantaggio dalla sua reazione riconquistando sulla sua scia vaste fasce di territorio.

* La Russia ha perso molte attrezzature mentre Kiev ha perso molte vite

Per quanto impressionanti siano state le conquiste sul campo sostenute dalla NATO di Kiev nei cinque giorni della sua controffensiva di Kharkov, ha anche perso un gran numero dei suoi soldati secondo le statistiche citate in precedenza, mentre i difensori hanno salvato la vita ai loro uomini ma lasciato un sacco di attrezzature nel processo.

Le informazioni raccolte dalle due sezioni precedenti consentono di trarre diverse conclusioni rilevanti:

* Russia e Kiev stanno combattendo due conflitti drasticamente diversi

Il primo è rimanere sinceramente fedele alle auto-restrizioni imposte alla sua condotta militare dal presidente Putin per la sua visione di un’operazione speciale, mentre il secondo sta conducendo una guerra totale senza alcuna preoccupazione per le conseguenze collaterali fintanto che alla fine può rivendicare un avvincente vittoria.

* La costruzione di Kiev sostenuta dalla NATO è stata facilitata dalla mancanza di una guerra totale da parte della Russia

Probabilmente non ci sarebbe mai stata alcuna controffensiva di Kharkov in primo luogo se la Russia non avesse evitato di intraprendere una guerra totale e invece avesse distrutto l’intera infrastruttura critica del suo avversario all’inizio della sua operazione speciale.

* Le operazioni di Infowar di MSM ora hanno una base semi-solida

L’ottica connessa con le conseguenze di quanto appena accaduto fornisce una base semisolida per le due spinte primarie delle operazioni di infowar del MSM: 1) convincere l’opinione pubblica occidentale della necessità di continuare ad armare Kiev; e 2) seminare dubbi su Mosca tra i suoi sostenitori.  

* La Russia deve ripristinare urgentemente la fiducia nelle sue forze in patria e all’estero

Coloro che negano l’ultima battuta d’arresto stanno screditando la Russia in patria e all’estero dopo che è indiscutibile che gli eventi di questo fine settimana sono stati dannosi per la sua causa, ecco perché Mosca deve urgentemente ripristinare la fiducia nelle sue forze, specialmente in risposta alle imminenti operazioni di infowar di MSM.

* Kiev ha inavvertitamente provocato la Russia a un’escalation contro le infrastrutture regionali

Secondo quanto riferito , la reazione della Russia agli ultimi sviluppi ha preso la forma di un attacco alle infrastrutture elettriche e idriche nell’est controllato da Kiev domenica notte, cosa che è stata finora riluttante a fare come spiegato in precedenza, ma sembra obbligata ad essersi impegnata a “salvare la faccia”. ”.

Con queste conclusioni in mente, è possibile fare alcune previsioni sul futuro:

* Il rifiuto di adeguarsi alla politica di guerra totale di Kiev limiterà le opzioni della Russia

Con le forze di Kiev che si rafforzano continuamente con l’appoggio della NATO ei loro leader non si fanno scrupoli a gettare un numero illimitato di uomini nel tritacarne, le opzioni della Russia rimarranno gravemente limitate fintanto che rifiuta di adeguarsi alla politica di guerra totale del suo avversario.

* La mentalità politica del Cremlino deve cambiare per Total War

L’operazione speciale si basa sulle auto-restrizioni militari della Russia volte a promuovere l’obiettivo politico postbellico di ripristinare le relazioni storicamente fraterne tra il suo popolo e quello ucraino, ma l’intero paradigma deve cambiare se il Cremlino decide finalmente di dichiarare una guerra totale.

* Total War rientra nelle capacità militari di Mosca

È puramente dovuto a fattori politici e non militari inesistenti presumibilmente collegati alla diminuzione delle riserve di armi o qualsiasi altra cosa che la Russia non abbia condotto una guerra totale contro Kiev fino a questo punto, essendo ben all’interno delle sue capacità militari e può essere fatto con il minimo costo fisico per sé.

* La Russia potrebbe richiedere una mobilitazione formale per intraprendere una guerra totale

La precedente osservazione connessa con l’inadeguata difesa russa del fronte di Kharkov dopo aver ridistribuito le forze da lì a quello di Kherson suggerisce che potrebbe essere già al limite della sua forza lavoro, quindi perché probabilmente richiederà una mobilitazione formale – con tutto ciò che comporta – fare una guerra totale.

* “Putin Oscuro” potrebbe finalmente diventare una profezia che si autoavvera

Lungi dall’essere il ” mostro, pazzo o mentitore ” che i suoi amici e nemici hanno finora immaginato che fosse, il presidente Putin ha finora dimostrato di essere molto riservato in tutto ciò che fa, ma potrebbe finalmente ribaltarsi per conformarsi (sia sostanzialmente o superficialmente) alla sua reputazione popolare.

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Alla luce delle 20 osservazioni strategiche sulla guerra lampo di Kiev sostenuta dalla NATO nella regione di Kharkov che sono state condivise in questa analisi, si può dire che le affermazioni sulle dinamiche strategico-militari del conflitto ucraino che si stanno finalmente spostando a favore di Kiev non sono accurate. Quello che è successo in realtà è che l’ultima controffensiva ha svelato alcune amare verità sulle carenze russe, ma questo sviluppo ha anche creato involontariamente il pretesto per il Cremlino per intensificare la guerra totale contro il suo avversario in risposta se alla fine viene presa la decisione in tal senso. Il prossimo futuro fornirà quindi maggiore chiarezza sul fatto che il presidente Putin stia seriamente tollerando quella scelta fatale.

https://korybko.substack.com/p/20-strategic-observations-about-kievs?utm_source=substack&utm_medium=email

CRISI: IMPOVERIRE I CITTADINI IN NOME DI COSA? LA POLITICA DIA DELLE RISPOSTE, di Marco Giuliani

CRISI: IMPOVERIRE I CITTADINI IN NOME DI COSA? LA POLITICA DIA DELLE RISPOSTE

A rischio centomila imprese e giù i riscaldamenti per tutti. Il disagio sociale provocato dal coinvolgimento dell’Europa nella guerra e dall’aumento del caro-vita, se non seriamente motivato, non è più giustificabile

Le istituzioni politiche non ci hanno comunicato ancora in nome di quale obiettivo la UE stia trascinando la comunità e i suoi cittadini verso una condizione allarmante, sia dal punto di vista logistico che sociale. Sorgono, spontanee, alcune domande, che crediamo siano le stesse che milioni di persone rivolgerebbero ai rispettivi governi. Il motivo delle costrizioni è quello di punire Putin all’eccesso, facendone una questione morale? Oppure è quello di obbedire a nonno Biden, Borrell e Stoltemberg, che continuano a fomentare il riarmo acuendo il muro contro muro con Mosca e arricchendo le multinazionali che producono bombe? O, ancora, dare luogo a un neobipolarismo economico e politico con l’est del pianeta che sembrava superato ed è, come la Nato, vecchio di quasi ottant’anni? Non è chiaro. E mentre in Italia imperversano le elezioni, i contribuenti soffrono e la politica continentale si sta via via spaccando. Qual è il punto? Tentiamo, come è nostra prassi, di dare spiegazioni suffragate da fatti e da dati analitici raccolti in modo concreto.

Come prima riflessione, non si può non fare riferimento ai redditi medio-bassi e ai pensionati. Ergo: che tipo di interesse o giovamento può riscontrare un anziano che riceve seicento o settecento euro di pensione dal momento in cui la coppia Draghi-Di Maio, su input estrinseci, continua a ripetere, come un disco scassato, che è giusto inviare miliardi di armi agli ucraini perché è l’Occidente che lo chiede? Se la sua bolletta elettrica quadruplica, è più lecito pensare che la prenda bene poiché è un sacrificio chiesto da Washington e da Bruxelles oppure è più razionale presumere che rimanga scioccato dagli aumenti fregandosene del fatto che il signor Zelensky batta cassa un giorno sì e l’altro pure per soldi e missili? L’operaio con busta paga di 1300-1400 euro mensili, rispetto al vertiginoso aumento del caro-vita, si sente più tranquillo o più incavolato se gli si dice che il suo sacrificio si compie per indebolire Putin e per procrastinare la guerra a data da destinarsi? Propendiamo per la seconda ipotesi, e chiunque sostenga il contrario è in malafede o è da legare. Nel frattempo, all’insegna del regit et tuetur in nome della Nato, per l’anno 2022 l’Italia ha stanziato in armi qualcosa come 26 miliardi di euro (+ 5, 4 % rispetto al 2021).

Andiamo avanti. Migliaia di imprese, dopo aver sopportato due anni e mezzo di pandemia, rischiano di chiudere a causa del triplice, quadruplice e anche quintuplice aumento dei carburanti e dell’energia; qui da noi, Palazzo Chigi si giustifica sostenendo che “è priorità essenziale sostenere Kiev con sanzioni a Mosca, con l’acquisto di bombe e con la spedizione di denaro sonante al governo ucraino”. Non può più bastare, non è credibile, così come non è più ammissibile tollerare questa bassa tutela verso il fabbisogno nazionale. Non sono questi gli interessi dell’Italia, così come quelli di Germania o Spagna. Il lato peggiore dell’intera vicenda è tuttavia la penuria di volontà – da parte della comunità europea, lo ripetiamo – di ricercare una soluzione della crisi, promuovere proposte di compromessi che inevitabilmente porterebbero le parti a concedere qualcosa in modo reciproco. Chi rappresenta oggi le istituzioni, sta mascherando la corsa al riarmo con iniziative sconsiderate che tende invece a definire prioritarie ed essenziali. Allora ci pensa l’informazione, ovviamente quella indipendente, a tentare di fare luce su politiche opacissime e spesso sponsorizzate dai media mainstream senza uno straccio di autocritica o contraddittorio. Mentire all’opinione pubblica circa la convenienza di acquistare materie prime dall’Angola, dall’Algeria, dal Congo e dal Qatar (che non rappresentano certo delle democrazie illuminate), magari tacciandole come “misure urgenti”, significa tradire la fiducia dei cittadini perché il prezzo dei carburanti russi è tra i più bassi su scala mondiale. Ricorrere alle centrali a carbone (in piena era di transizione ecologica), come un secolo fa, senza riportare in modo doveroso e onesto che le stesse rappresentano una delle maggiori fonti d’inquinamento dell’intero sistema energetico, significa essere ipocriti con gli elettori a cui fu garantito un maggiore uso delle rinnovabili ai fini della salvaguardia della salute del pianeta.

La sensazione è, ma ci aggiorneremo al 26 settembre, che in Italia le elezioni cambieranno ben poco. È un sospetto che ha la sua variabile indipendente nella fila dei partiti che si è creata, come dietro a uno sportello postale, per fare a gara tra chi sarà il più gradito alla Casa Bianca e a Bruxelles. Qualunque schieramento vinca le elezioni, dovrà, per forza di cose, dichiarare la sua fedeltà a un euroatlantismo che ha fatto dello scontro frontale e della corsa al riarmo i suoi cavalli di battaglia. Ma c’è una contraddizione: poiché gli interessi geopolitici non combaciano, o si è europeisti o si è atlantisti. Lo dice la storia.

 MG

 

 

 

BIBLIOGRAFIA & SITOGRAFIA

 

Osservatorio Milex sul bilancio previsionale dello Stato per l’anno 2022, dati raccolti il 10 gennaio 2022, fonte Ministero della Difesa italiano –

Science of the Total Enviroment, rivista di scienze, 1° dicembre 2019, numero 694 –

www.ipsoa.it, pagina del 19 marzo 2022 consultata il 07/09/2022 –

www.ilsole24ore.com, pagina del 22 agosto 2022 consultata il 7 settembre 2022 –

www.micromega.net, pagina dell’8 settembre 2022 consultata l’8 settembre 2022 –

 

 

 

 

 

Interpretazione delle carenze dell’intelligence russa in vista della controffensiva, Di Andrew Korybko_

Tre articoli cruciali, proprio per la autorevolezza e l’orientamento politico della fonte, che riequilibrano il punto della situazione e spiegano nelle more anche alcune dinamiche del conflitto, cruciali per il suo esito, come l’attenuazione degli attacchi in profondità sui punti di raccolta ed i centri logistici e di comunicazione. Da leggere con attenzione, Giuseppe Germinario
Non c’è dubbio che la Russia e i suoi alleati siano stati colti di sorpresa, soprattutto dopo che l’ex consigliere per la sicurezza nazionale diventato addetto stampa per la brigata Bohun delle forze speciali ucraine Taras Berezovets si è vantato di come la sua squadra abbia elettrizzato i suoi avversari prima di questa operazione.

La polvere ha iniziato a depositarsi dopo la fulminea controffensiva di Kiev sostenuta dalla NATO nella regione di Kharkov, che ha portato le sue forze a riconquistare circa 2.000 chilometri quadrati nell’Ucraina nord-orientale. Non c’è dubbio che la Russia e i suoi alleati siano stati colti di sorpresa, soprattutto dopo che l’ex consigliere per la sicurezza nazionale diventato addetto stampa per la brigata Bohun delle forze speciali ucraine Taras Berezovets si è vantato di come la sua squadra abbia elettrizzato i suoi avversari prima di questa operazione. Secondo lui nei commenti riportati da The Guardian :

“[La tanto decantata controffensiva di Kherson] è stata una grande operazione speciale di disinformazione. [La Russia] ha pensato che [la prevista controffensiva] sarebbe stata nel sud e ha spostato le loro attrezzature. Poi, invece del sud, l’offensiva è avvenuta dove meno si aspettavano (a Kharkov), e questo li ha fatti prendere dal panico e fuggire. Nel frattempo i [nostri] ragazzi a Kharkiv hanno ricevuto il meglio delle armi occidentali, per lo più americane”.

Quel giornale britannico ha anche citato una fonte militare senza nome che ha affermato che i servizi di controspionaggio della loro parte hanno sradicato con successo tutti gli informatori e gli agenti sotto copertura di Mosca a Kharkov, dopo di che “I russi non avevano idea di cosa stesse succedendo”. Sebbene entrambe le affermazioni sarebbero normalmente trattate con scetticismo considerando la storia di Kiev di bugie ed esagerazioni, questa volta risultano credibili alla luce di tutto ciò che è appena accaduto. Il presente pezzo cercherà quindi di interpretare le carenze dell’intelligence russa in vista della controffensiva di Kharkov.

Prima di procedere, il lettore è invitato a rivedere le precedenti analisi dell’autore su questo argomento:

* ” Kharkov: cosa sta guidando le ultime dinamiche militari e cosa potrebbe venire dopo? 

* ” Critiche costruttive collegate al ritiro tattico della Russia da Kharkov ”

Dopo averlo fatto, probabilmente saranno d’accordo sul fatto che Kiev abbia davvero messo a dura prova la Russia, cosa che ha avuto successo perché:

* La Russia ha gravi carenze nell’intelligence umana, delle immagini e dei segnali

Questa osservazione potrebbe suonare dura per quei lettori che simpatizzano con la Russia, ma non c’è altro modo per spiegare come le sue forze non abbiano rilevato il massiccio accumulo di forze di Kiev sostenuto dalla NATO intorno a Kharkov, che ovviamente sono arrivate lì da tutta l’Ucraina e persino dall’estero anche.

* Le sue forze militari erano curiosamente sicure nonostante fossero cieche intorno a Kharkov

Il punto di cui sopra rende ancora più curioso il fatto che le forze russe fossero così fiduciose sulla situazione militare intorno a Kharkov che, secondo quanto riferito, non avrebbero nemmeno pensato di costruire difese adeguate né di schierare forze aggiuntive lì nonostante i regolari scambi di fuoco con Kiev nelle ultime settimane.

* Kiev ha sfruttato le percezioni imprecise della Russia sulle capacità militari del suo avversario

Con il senno di poi, sembra convincente che la Russia abbia falsamente pensato, nonostante le gravi carenze dell’intelligence, che Kiev non fosse in grado di preparare una grande controffensiva, non avrebbe avuto successo anche se ci avesse provato, e che questo scenario si sarebbe realisticamente realizzato solo a Kherson, se non del tutto, cosa che i suoi oppositori hanno sfruttato.

Da questi punti, si può dedurre quanto segue sulle percezioni russe prima degli ultimi eventi:

* Le carenze dell’intelligence russa sono state nascoste da funzionari di livello inferiore ai loro livelli superiori

Per quanto difficile possa essere da credere, il vantaggio del senno di poi infonde agli osservatori obiettivi la fiducia di concludere che i funzionari di livello inferiore hanno nascosto le gravi carenze dell’intelligence russa in Ucraina ai loro livelli superiori, che hanno messo in moto tutto ciò che è accaduto di recente.

* Kherson era chiaramente considerato molto più militarmente significativo di Kharkov

Il riferito ridispiegamento delle forze da parte della Russia da Kharkov a Kherson suggerisce che considerava solo il primo fronte militarmente rilevante per vincolare le risorse di Kiev in modo che non potessero sostenere la prevista controffensiva contro il secondo, che Mosca aveva pianificato di schiacciare prima di avanzare su Odessa.

* L’ossessione strategica con Odessa alla fine ha condannato la difesa russa di Kharkov

Praticamente tutti gli osservatori credono che uno degli obiettivi massimalisti della Russia sia incorporare Odessa in Novorossiya, che apparentemente è diventata una tale ossessione che i suoi funzionari hanno trascurato le loro gravi carenze di intelligence in tutta l’Ucraina e sono stati quindi facilmente manipolati da Kiev intorno a Kharkov.

Se la leadership russa arriva a riconoscere uno dei precedenti, allora ci si può aspettare quanto segue:

* Un’indagine globale e in rapido movimento potrebbe portare a sconvolgimenti organizzativi

La causa principale delle carenze dell’intelligence russa è dovuta ai funzionari di livello inferiore che nascondono “fatti scomodi” ai loro superiori, il che probabilmente richiederà un’indagine su chi ha fatto cosa e perché (incluso il motivo per cui il suo controspionaggio non lo ha rilevato) prima di ( importanti?) cambiamenti organizzativi.

* La difesa sarà probabilmente prioritaria rispetto all’attacco

Dopo aver realizzato che è praticamente cieco in Ucraina e lo è già da tempo, la Russia probabilmente darà la priorità alle sue difese su tutto il fronte invece di pianificare potenziali offensive poiché non può essere certo che altre controffensive non siano attualmente in preparazione.

* Mosca potrebbe mitigare i suoi obiettivi massimalisti o tracciare percorsi per ripristinarne la fattibilità

È molto probabile che due scenari strategico-militari considerino i punti precedenti: 1) la Russia si concentrerà sull’assicurarsi i guadagni esistenti e li considererà il massimo che realisticamente otterrà nel conflitto; oppure 2) pianificherà le proprie controffensive al fine di ripristinare la fattibilità dei suoi obiettivi massimalisti (es. Odessa).

Di Andrew Korybko

Analista politico americano

Kharkov: cosa sta guidando le ultime dinamiche militari e cosa potrebbe venire dopo?

La realtà dietro le ultime dinamiche è più sfumata di quanto affermano Kiev, i suoi mecenati occidentali e la Russia, cosa che la presente analisi spiegherà in modo conciso. A tal fine, identificherà i fattori meno discussi che guidano gli sviluppi sul campo più recenti, pronogherà cosa potrebbe accadere dopo e quindi condividerà alcune osservazioni rilevanti sul conflitto ucraino in generale.

Il Western Mainstream Media (MSM) guidato dagli Stati Uniti è estasiato dalle ultime dinamiche militari intorno a Kharkov dopo che le forze di Kiev avrebbero riconquistato circa 1.000 chilometri quadrati (385 miglia quadrate) di territorio dalla Russia e dai suoi alleati del Donbass. Ciò a sua volta ha spinto molti degli oppositori di Mosca a glorificare l’avanzata dell’esercito sui social media e condividere le previsioni sulla sua presunta vittoria imminente nell’ultima fase del conflitto ucraino , provocata dagli Stati Uniti, scoppiata alla fine di febbraio. La realtà è più sfumata, tuttavia, come la presente analisi spiegherà concisamente. Quello che segue è un elenco puntato di punti che attirano l’attenzione sui fattori meno discussi dietro le ultime dinamiche militari:

* Le forze di Kiev dipendono interamente dal supporto militare straniero

Il consigliere presidenziale ucraino Alexey Arestovich ha ammesso a fine marzo che la Russia ha “praticamente distrutto la nostra industria della difesa”, il che significa che le forze di Kiev sono state in grado di mantenere il conflitto in corso da allora solo grazie al supporto militare straniero (USA-NATO).

* Dal 2021 gli Stati Uniti hanno già fornito ai propri procuratori 15,2 miliardi di dollari in aiuti militari

Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha dichiarato la scorsa settimana che gli ultimi 2,8 miliardi di dollari in aiuti militari del suo paese a Kiev portano il totale complessivo a 15,2 miliardi di dollari da quando l’amministrazione Biden è salita al potere, dimostrando così che le forze riceventi sono veramente delegati USA-NATO, soprattutto quando considerando il punto precedente.

* La controffensiva di Kherson ha coperto quella di Kharkov

La controffensiva di Kharkov ha seguito rapidamente quella fallita di Kherson ed è riuscita così a ottenere un certo successo sul campo (per quanto potenzialmente transitorio) dopo che i difensori hanno dato giustamente la priorità alle loro forze limitate per proteggere il fronte meridionale molto più strategicamente significativo.

* La Russia preferirebbe ritirarsi piuttosto che tirare un Mariupol (per ora)

A differenza delle forze di Kiev che militarizzano illegalmente le aree residenziali per sfruttare de facto i civili lì come scudi umani esattamente come ha dimostrato Amnesty International il mese scorso, la Russia preferirebbe ritirarsi piuttosto che rischiare danni collaterali ai civili e alle infrastrutture, almeno secondo i suoi calcoli attuali (che potrebbero cambiare) .

* Kharkov potrebbe essere sacrificabile in Russia da una prospettiva strategica

Non tutti i guadagni sul campo in qualsiasi conflitto devono essere mantenuti indipendentemente dal costo, che è stato precedentemente dimostrato nel contesto ucraino rispetto a Kiev all’isola dei serpenti , quindi ne consegue che il ritiro tattico della Russia da Kharkov potrebbe anche servire a strategie simili rispetto al fronte meridionale per esempio.

Dopo aver identificato i fattori rilevanti, è tempo di prevedere cosa potrebbe accadere dopo:

* La Russia potrebbe completare completamente il suo ritiro tattico dalla regione di Kharkov…

Ricordando il precedente stabilito dal suo precedente ritiro tattico dalle regioni settentrionali dell’Ucraina intorno a Kiev, la Russia potrebbe anche completare completamente la stessa manovra da Kharkov per ragioni strategiche che possono essere solo ipotizzate in questo scenario fino a quando tutto non sarà più chiaro in seguito.

* …Oppure la Russia e i suoi alleati del Donbass potrebbero respingere l’esercito per procura della NATO

C’è anche la possibilità che le forze in difesa respingano attivamente gli aggressori, sia per fermare l’avanzata alimentata dalla NATO di questi ultimi e quindi congelare la linea di contatto in questa parte dell’Ucraina o per ri-liberare il territorio recentemente conquistato, che potrebbe in ogni caso portare a una grande battaglia.

* La potenziale battaglia di Kharkov potrebbe rivelarsi un punto di svolta nel conflitto

Se la Russia e i suoi alleati del Donbass decidessero di invertire le ultime dinamiche militari, la conseguente battaglia di Kharkov potrebbe alla fine rivelarsi un punto di svolta nel conflitto, dopo di che i colloqui di pace potrebbero potenzialmente riprendere prima del prossimo inverno e prevedibilmente essere dettati dal vincitore.

* La Russia potrebbe finalmente dichiarare la mobilitazione ufficiale delle sue forze

Secondo lo scenario precedente, il significato della potenziale battaglia di Kharkov nel determinare la successiva dinamica militare-strategica del conflitto ucraino potrebbe costringere la Russia a dichiarare finalmente una mobilitazione ufficiale per eguagliare il numero, sostenuto dall’estero, del crescente esercito per procura della NATO.

* Successo rapido = Cambio di gioco mentre stallo = Più o meno lo stesso

Nel caso in cui i delegati della NATO combattano una grande battaglia con le forze potenzialmente mobilitate della Russia su Kharkov, il rapido successo di uno di loro sarebbe un punto di svolta per la loro parte, mentre una situazione di stallo porterebbe a qualcosa di più o meno lo stesso e alla fine potrebbe portare al congelamento della linea di contatto entro l’inverno.

* Non si può escludere una mossa asimmetrica della Russia

Indipendentemente dal fatto che la Russia completi il ​​suo ritiro tattico in corso da Kharkov per ragioni strategiche che restano da vedere o decida di contrattaccare in una grande battaglia su quella regione, non si può escludere che il presidente Putin non ordini una delle sue classiche mosse asimmetriche per scuotere tutto.

Alcune osservazioni generali concludono ora l’analisi:

* La controffensiva di Kharkov è l’ultimo evviva dell’anno a Kiev (e forse mai)

Si prevede che il prossimo inverno complicherà le operazioni militari per entrambe le parti, il che significa che la controffensiva di Kiev a Kharkov sarà il suo ultimo hurra dell’anno, anche se potrebbe anche essere l’ultimo hurry in assoluto se la Russia ottiene un rapido successo nella potenziale battaglia su questa regione che detti i suoi termini di pace.

* La guerra dell’informazione da entrambe le parti si intensificherà inevitabilmente

Considerando che le ultime dinamiche militari rappresentano l’ultimo hurra di Kiev dell’anno (e forse mai), e tenendo conto che la possibile battaglia sulla regione di Kharkov potrebbe cambiare le regole del gioco nel conflitto, è inevitabile che le operazioni di guerra dell’informazione di entrambe le parti si intensificheranno.

* Il pio desiderio potrebbe strappare la sconfitta dalle fauci della vittoria

L’opinione pubblica russa e ucraina sul conflitto è irrilevante per plasmare le sue dinamiche militari, ma se le operazioni di informazione delle loro stesse parti fuorviano inavvertitamente i loro decisori con un pio desiderio , allora entrambi potrebbero improvvisamente perdere importanti guadagni e quindi essere sconfitti nonostante loro.

* Entrambe le parti probabilmente si aspettano che i colloqui di pace riprendano entro l’inizio del prossimo anno

Tutti gli eventi militari che si svolgeranno prima del prossimo inverno saranno quasi certamente sfruttati dalla parte con il maggior slancio (sia assoluto nello scenario del loro rapido successo o relativo in una situazione di stallo continua) per riprendere i colloqui di pace entro l’inizio del prossimo anno con condizioni favorevoli alla propria causa.

* Nessuna delle due parti probabilmente raggiungerà mai i risultati massimalisti desiderati

Non c’è alcuna possibilità che la Russia lasci che i fascisti invadano la Crimea dopo essersi riunita democraticamente con essa per scongiurare quello scenario né permetterà a Kiev di riconquistare tutto il Donbass dopo aver riconosciuto la sua indipendenza, anche se la NATO non permetterà nemmeno a Mosca di smilitarizzare completamente l’Ucraina poiché la manterrà pompandola a piene mani.

* Il grande contesto strategico dimostra che il tempo è dalla parte della Russia

La transizione sistemica globale al multipolarismo , accelerata dalle controproducenti sanzioni anti-russe dell’Occidente, significa che il tempo è dalla parte di Mosca poiché l’UE sta affrontando gravi crisi economiche politiche che porteranno a cambiamenti strategici irreversibili che alla fine andranno a beneficio del Cremlino.

https://korybko.substack.com/p/kharkov-whats-driving-the-latest

Critiche costruttive legate al ritiro tattico della Russia da Kharkov

Gli eventi in rapida evoluzione intorno a quella regione hanno screditato in modo irresistibile l’interpretazione prevalente del conflitto ucraino che è stata finora promossa dai quartieri multipolari della comunità dei media alternativi. Considerando tutto ciò che è accaduto negli ultimi giorni, è giunto il momento per gli influencer chiave di rivalutare molto di ciò che avevano dato per scontato se aspirano sinceramente a ottenere una comprensione più obiettiva di tutto possibile.

Le forze russe e alleate stanno attualmente effettuando un ritiro tattico dalla regione di Kharkov di fronte alla controffensiva sostenuta dalla NATO di Kiev, che ha avuto molto più successo sul campo rispetto a quella fallita di Kherson che l’ha immediatamente preceduta. L’autore ha condiviso i suoi pensieri su questo sviluppo nel suo pezzo intitolato ” Kharkov: cosa sta guidando l’ultima dinamica militare e cosa potrebbe venire dopo? ”, che risponde a queste due domande e poi si conclude con alcune osservazioni generali sul conflitto ucraino .

Il presente articolo affronta l’argomento da una prospettiva diversa condividendo critiche costruttive legate al ritiro tattico della Russia, con lo scopo di sfrondare alcuni dei pensieri di gruppo e frantumare i miti correlati spinti dai quartieri multipolari della Alt-Media Community (AMC). Il presidente Putin ha messo in guardia i membri delle sue burocrazie militari, di intelligence e diplomatiche (” stato profondo “) dal concedersi un pio desiderio a fine giugno, quindi è importante promuovere quella causa pragmatica attraverso uno sforzo ben intenzionato per valutare oggettivamente ciò che la Russia avrebbe potuto fare diversamente.

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Per cominciare, ecco le principali narrazioni dell’AMC che sono screditate dagli ultimi eventi:

* Le forze militari di Kiev sono state schiacciate da tempo

Ovviamente, mentre il consigliere presidenziale ucraino Alexey Arestovich ha ammesso a fine marzo che la Russia aveva già “praticamente distrutto la nostra industria della difesa”, Kiev da allora è stata in grado di riprendersi abbastanza con l’aiuto militare della NATO per fare progressi sul campo intorno a Kharkov .

* La Russia ha distrutto tutte le armi occidentali in arrivo

Basandosi su quanto sopra, è ovvio che la Russia non ha distrutto tutte le armi occidentali in arrivo poiché ne sono arrivate in prima linea abbastanza da riequipaggiare con successo le forze di Kiev al punto da consentire loro di lanciare la loro controffensiva in corso nel nord-est.

* Mosca domina tutte le dimensioni dello spazio di battaglia

Dopo aver dato per scontate le due narrazioni precedenti, sono portati naturalmente a presumere che Mosca domini tutte le dimensioni dello spazio di battaglia, anche se chiaramente non è così, altrimenti non si sarebbe impegnato in un ritiro tattico così rapido a differenza di quanto intrapreso finora nel conflitto.

* L’ultimo ritiro tattico è quello di creare un calderone per Kiev

I modi in cui l’attuale ritirata tattica viene condotta in modo molto forte suggeriscono che non fa parte di una manovra pianificata per circondare le forze di Kiev in un calderone e credere che ogni passo fisico indietro in un conflitto al proprio fianco sia uno “scacco 5D”  non è comunque una mossa realistica.

* La Russia vince sempre, qualunque cosa accada

Nessuna entità in questo mondo è perfetta e niente va sempre secondo i piani, essendo infatti il ​​caso che la Russia, proprio come qualsiasi altro attore internazionale (soprattutto Kiev, gli Stati Uniti, la NATO e l’Occidente collettivo in questo contesto) a volte subisce battute d’arresto pur cercando sinceramente di raggiungere i suoi obiettivi.

La parte successiva dell’analisi descriverà in modo conciso la realtà dietro quelle narrazioni screditate:

* La NATO ha ripristinato con successo alcune delle capacità militari di Kiev

Proprio perché l’ultima fase del conflitto ucraino è davvero diventata una guerra per procura senza precedenti tra NATO e Russia, quel blocco guidato dagli Stati Uniti ha fatto del suo meglio per ripristinare con successo alcune delle capacità militari dei suoi delegati nonostante la distruzione da parte di Mosca del relativo complesso industriale.

* Le “linee dei topi” dell’Occidente rimangono in gran parte intatte

Nonostante i migliori sforzi della Russia per distruggerli, i corridoi logistici-militari dell’Occidente verso i loro delegati ucraini che Politico ha descritto ad aprile come “linee dei topi” sono rimasti in gran parte intatti e quindi fungono da ancora di salvezza di Kiev per far andare avanti il ​​conflitto già da oltre sei mesi.

* Nessuna delle parti in conflitto esercita un dominio militare

Né la Russia, né Kiev, né gli alleati NATO di quest’ultimo esercitano il dominio militare, con la mancanza di tale status da parte del primo non sorprende considerando i molti stati che sta combattendo per procura; mentre il fallimento del blocco guidato dagli Stati Uniti nel raggiungere lo stesso suggerisce che la capacità difensiva di Mosca è più forte di quanto pensassero.

* Il ritmo, la scala e il tempismo delle ultime mosse della Russia suggeriscono una sorpresa

I tre fattori summenzionati associati al ritiro tattico in corso dalla regione di Kharkov suggeriscono fortemente che la Russia, i suoi alleati del Donbass, e in particolare i civili, sono stati veramente sorpresi dalle ultime dinamiche militari e che non c’è alcun piano “scacchi 5D” in gioco.

* Questo ritiro tattico è quasi sicuramente una battuta d’arresto inaspettata

Il precedente controllo della realtà porta alla probabile conclusione che il processo descritto si sta svolgendo a causa di pressioni esterne e quindi non è stato avviato volontariamente dalla Russia a differenza dei suoi precedenti ritiri tattici dall’Ucraina settentrionale e da Snake Island , il che lo renderebbe quindi una battuta d’arresto inaspettata.

Con queste amare verità in mente, ecco le loro possibili conseguenze imminenti:

* Kiev continuerà a combattere fino a quando l’Occidente non chiuderà il rubinetto militare

Non c’è dubbio che le forze di Kiev siano mantenute in funzione esclusivamente dal supporto militare occidentale, ma il fatto che gli aiuti esteri abbiano già portato loro a ripristinare abbastanza delle loro capacità per lanciare l’ultima controffensiva con un certo successo sul campo suggerisce che questa guerra per procura andrà avanti.

* L’Occidente dovrebbe pompare più e migliori armi in Ucraina

A meno che la controffensiva di Kiev non finisca con la sua schiacciante sconfitta da parte della Russia oppure Mosca non faccia con successo qualcosa di asimmetrico per rimodellare le dinamiche del conflitto, si prevede che l’Occidente si sentirà incoraggiato anche da una situazione di stallo intorno a Kharkov per pompare più e migliori armi in Ucraina.

* Riguadagnare il terreno perduto rimarrà difficile per la Russia

La Russia avrà difficoltà a riguadagnare il terreno perduto considerando la pratica parità militare tra sé e Kiev a causa del solido sostegno di quest’ultima da parte di molti stati della NATO, il che significa che l’attuale battuta d’arresto probabilmente non sarà invertita presto in assenza di una importante (e forse prolungata) battaglia.

* Sono probabili rappresaglie contro gente del posto che ama la Russia

Kiev probabilmente condurrà una feroce caccia alle streghe anti-russa in pieno coordinamento con i suoi sostenitori della NATO contro tutti quei locali che non erano stati in grado di fuggire dai territori rapidamente riconquistati, il che potrebbe portare a violazioni dei diritti umani su vasta scala che l’Occidente continuerebbe prevedibilmente a negare nonostante le possibili prove.

* La Russia deve accettare la realtà intorno a Kharkov o cambiarla

Ci sono solo due strade da percorrere per la Russia intorno a Kharkov: 1) accettare la realtà dell’inaspettata battuta d’arresto che ha appena subito per le ragioni che sono state spiegate in precedenza; oppure 2) lavorare attivamente per cambiarlo preparandosi a combattere una battaglia importante e possibilmente prolungata per riguadagnare il terreno perduto.

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Per concludere, l’autore vorrebbe ricordare al lettore il motivo per cui ha pubblicato queste critiche costruttive legate al ritiro tattico della Russia da Kharkov. Gli eventi in rapida evoluzione intorno a quella regione hanno irresistibilmente screditato l’interpretazione prevalente del conflitto ucraino che è stata finora spinta dai quartieri multipolari dell’AMC. Considerando tutto ciò che è accaduto negli ultimi giorni, è giunto il momento per gli influencer chiave di rivalutare molto di ciò che avevano dato per scontato se aspirano sinceramente a ottenere una comprensione più obiettiva di tutto possibile.

Proprio come nell’introduzione, è pertinente nella conclusione ricordare la cautela del presidente Putin di abbandonarsi a un pio desiderio in modo che tutti possano soffermarsi su di esso come impressione finale. Non solo i canti delle sirene associati a quella mentalità hanno infettato l’AMC, ma hanno anche influenzato alcuni membri dello “stato profondo” russo che sono responsabili dell’operazione militare speciale del loro paese in Ucraina. Se c’è un lato positivo in questa battuta d’arresto, è che quei funzionari impareranno da questo controllo della realtà, correggeranno le loro false percezioni e di conseguenza formuleranno politiche più efficaci.

https://korybko.substack.com/p/constructive-critiques-connected

La toppa e lo sbrego_di Francesco Dall’Aglio

Le dichiarazioni rese ieri dal portavoce del Ministero della Difesa russo sono francamente risibili: e sebbene nessuno ascolti le dichiarazioni del portavoce di un qualsisia Ministero delle Difesa di un paese implicato in un conflitto credendo di trovarci la verità (oddio, qualcuno lo fa e poi lo scrive pure sui giornali), mi aspettavo qualcosa di meglio della riedizione del “gesto di buona volontà” della ritirata dai dintorni di Kiev e Kharkiv di qualche mese fa. Certo, così come allora anche adesso la ritirata è stata pianificata bene: ma questo significa solo che la possibilità che fosse necessaria era stata presa in considerazione, non che la ritirata stessa fosse desiderabile o parte di un piano strategico (quella di Kiev forse sì, ma queste sono altre considerazioni).
Il motivo per cui la ritirata è avvenuta è chiaro, ma non può essere detto ufficialmente: non ci sono gli uomini per tenere tutto il fronte, soprattutto se l’esercito ucraino va all’attacco con tutto quello che ha. E soprattutto se va all’attacco in un settore, quello di Kharkiv, che per mesi ha funzionato da riserva di unità da mandare in altri settori del fronte, dove stoccare unità da rigenerare o dove spedire reparti non proprio eccellenti. La verità è che la “pausa strategica” di questa estate è stata sfruttata bene dall’esercito ucraino, male da quello russo. Le unità non sono state avvicendate, non tutti i settori potenzialmente critici sono stati coperti meglio e la terza armata è stata organizzata in ritardo e con meno mezzi del necessario, ed è arrivata nella zona delle operazioni pochissimi giorni fa – e dal punto di vista russo meno male che ci è arrivata, altrimenti la situazione tra Kharkiv e Izyum sarebbe ancor più catastrofica.
Poche cose sono peggiori, in guerra o nella vita, del ripetere sempre la stessa tattica perché in passato è andata bene. È vero, l’esercito russo ha sempre agito in inferiorità numerica ed è riuscito finora a ottenere buoni risultati sia in attacco che in difesa (vedi Cherson), ma alla fine i nodi vengono al pettine. Se vuoi fare la guerra devi fare la guerra; se non vuoi fare la guerra non devi fare la guerra; ma non puoi fare e non fare la guerra allo stesso momento. Ora si tratta di capire quali saranno le misure che il comando russo prenderà per il prosieguo del conflitto: perché la guerra non è finita, purtroppo, nonostante i commenti di alcuni entusiasti – così come non era finita a marzo, nonostante i commenti di altri entusiasti. La situazione sul campo è peggiorata per l’esercito russo, ma il guadagno territoriale dell’esercito ucraino non basta a risolvere la questione; si dice siano in preparazione altre offensive in altri settori, ma anche qui bisogna vedere in primo luogo se la notizia è vera, e poi considerare che tutti gli altri settori (Donbas, Zaporozhie) sono strategicamente fondamentali per la Russia e meglio difesi. E considerare le perdite subite dall’esercito ucraino, molto elevate sia in uomini che in materiali, e vedere come e quando saranno rimpiazzate. La palla ora passa a Putin, che è chiamato da varie parti a decidere cosa fare dell’operazione speciale. Se lasciarla così com’è (e militari e nazionalisti gli daranno addosso, come stanno già facendo) fidando nel successo delle misure economiche anti-occidentali, del logoramento dell’esercito ucraino in questa serie di avanzate, dell’inverno che sta arrivando eccetera; o se trasformarla in operazione militare, cosa che garantirebbe migliori risultati sul campo ma comporterebbe uno stress molto maggiore per l’economia e la società russa.
PS – intanto Kadyrov ha detto che se le cose non cambiano in 48 ore “sarà costretto ad andare a Mosca e spiegare ai vertici la situazione sul campo”. Annamo bene.
e ancora…
È lunga, se preferite le cavolate propagandistiche dell’una o dell’altra parte (la nostra, occidentale) non perdete tempo.
“Nella notte le truppe russe a Kupyansk si sono ritirate senza combattere oltre il fiume Oskil, lasciando agli ucraini la parte occidentale della città. Se l’offensiva ucraina appena partita da sud, in direzione di Lyman, avrà successo, si procederà alla completa evacuazione del personale militare da tutto il settore di Izyum (io li avrei già fatti partire), il che è in linea con le decisioni prese finora – i russi non hanno bisogno al momento di scambiare vite per chilometri, come invece devono fare gli ucraini, e tutta l’avanzata ucraina in questo settore ha sempre visto lo sganciamento dei reparti russi ogni volta che rischiavano di essere sopraffatti, con l’eccezione di Balaklya dove uno dei due gruppi SOBR si è trincerato, resiste e manda in giro TikTok patriottici.
Alcune considerazioni su quella che ora possiamo tranquillamente considerare una débâcle russa, per quanto su un settore limitato del fronte.
Inutile girare intorno al problema fondamentale per l’esercito russo: schiera su tutto il fronte circa 150.000 uomini. L’esercito ucraino ne ha messi in campo più di 100.000 in due soli settori. A Cherson gli è andata molto male, a Kupyansk-Izyum molto bene. Questa differenza di risultato però ci dice alcune cose su quelle che sembrano essere le priorità strategiche del comando russo, che sa benissimo di non avere uomini a sufficienza. Quando era ovvio che prima o poi sarebbe partita l’offensiva sia verso Cherson che verso Izyum, il comando ha spostato dal fronte di Kharkiv QUATTRO gruppi tattici composti da unità del distretto militare orientale (36a, 37a, 38a e 64a brigata di fanteria motorizzata), rimpiazzati da TRE (quindi già uno in meno) gruppi tattici, DUE dei quali composti da unità della riserva e UN SOLO reparto in servizio attivo, il 752° reggimento della 3 divisione di fanteria motorizzata. Probabilmente l’ipotesi era di mandare in seguito altri reparti, ma questa cosa non è avvenuta. Le conseguenze sono evidenti.
Risulta evidente quindi che il comando russo ha dato la priorità al fronte di Cherson, dove in effetti l’offensiva ucraina è stata più o meno annichilita, a discapito di quello di Kharkiv. Non che fosse disposta a perdere tranquillamente il saliente di Izyum, ma trovandosi nella potenzialità di perdere entrambe le aree, per quella mancanza di personale di cui sopra, si è preferito rinforzare Cherson. E anche questo è in linea con la strategia seguita fino adesso: strategia sulla quale perdurano ancora una serie di incomprensioni che sarebbe il caso di risolvere una volta per tutte. La Russia vuole il Donbas, la Crimea, il territorio che c’è tra Donbas e Crimea, e (probabilmente) una zona di rispetto intorno alle due aree fuori tiro diretto dell’artiglieria. Non vuole Kiev, non vuole Kharkiv, non vuole, probabilmente, nemmeno Odessa. Se gliele regalano se le prende, ovviamente, ma non andrà mai all’assalto delle città, e di certo non lo farà né ha mai pensato di farlo con 150.000 uomini in totale: e senza le città le oblast’ restano in mano ucraina. In quest’ottica è chiaro che Cherson ha una importanza infinitamente maggiore di Izyum. Meglio tenerle tutte e due, ovviamente: ma dovendone perderne una, meglio tenere Cherson. E che una almeno l’avresti persa, viste le forze in campo, era non dico probabile ma certamente possibile. Lo sapevo io che gli ucraini stavano mettendo in campo più di 100.000 uomini per offensive localizzate, figuriamoci se non lo sapeva il comando russo.
La domanda che un po’ tutti si stanno facendo è: che succede ora? Lasciamo perdere la propaganda: i russi diranno che si è trattato di una brillante ritirata tattica che consente di accorciare il fronte e di salvare migliaia di vite (è vero), gli ucraini che si tratta di una brillante avanzata che risolve a loro vantaggio un’area finora molto problematica del fronte (è vero), col vantaggio aggiuntivo che dell’offensiva di Cherson già non si ricorda più nessuno. Perdere Izyum complica la situazione nel Donbas, naturalmente, perché l’area di Lyman torna in mano ucraina. Per tutto il resto, la situazione rimane invariata.
In realtà una variazione significativa c’è: le perdite ucraine. Per mettere in piedi un’altra offensiva del genere servono altri sei mesi, e ulteriori e continui aiuti NATO, e cosa succederà tra sei mesi nessuno lo sa. Certo si arriva all’inverno in una situazione di riequilibrio, che è appunto il trade-off di cui sopra: il nord all’Ucraina, il sud alla Russia. Però questo non risolverà i problemi dell’Ucraina. Altri sei mesi di bombardamenti (che sicuramente aumenteranno), di infrastrutture distrutte, di vite perse, di freddo non aiuteranno certamente: e non penso che l’Occidente possa, o voglia, pagare tutte le spese ucraine, visto che già non ce la fa più. Mentre in Russia da più parti si invoca la dichiarazione di guerra, la mobilitazione di tutta la popolazione, radere al suolo Kiev e bombardare l’aeroporto polacco di Rzeszów, da dove passano tutti i rifornimenti NATO, il comando resta inamovibile. Una cosa va detta degli alti gradi russi: sono immuni all’isteria. Del resto 80 anni fa hanno tranquillamente accettato l’idea che i nazisti potessero prendere Mosca, figuriamoci la perdita di Izyum. Io penso (o forse spero) che non ci saranno variazioni di rilievo, almeno per il momento. La Russia continuerà a spostare il conflitto sul piano economico più che su quello militare, e sul piano globale più che su quello locale, scommettendo sul fatto che resisterà più dell’Occidente. Se alla fine dei giochi hai azzoppato l’Euro e spostato l’asse economico a est, puoi anche perdere Kupyansk. Se però questa cosa non dovesse funzionare; se le sanzioni cominciassero a colpire più profondamente la società russa e la capacità militare russa; se ci fossero altre avanzate ucraine, e minacciassero le aree realmente strategiche e vitali dei territori occupati; allora le cose cambierebbero sicuramente. Quello che di certo cambierà adesso sono i vertici militari del distretto di Kharkiv.
Due PS.
PS 1: le truppe ucraine che avanzano sono addestrate da istruttori NATO, hanno equipaggiamento NATO, rifornimenti NATO, intelligence NATO, satelliti e AWACS NATO che comunicano in tempo reale ogni spostamento di truppe russe, i loro reparti sono coordinati da “volontari” NATO e altri “volontari” NATO si trovano sul campo. Sarebbe forse il caso di smetterla di considerare questo conflitto come una partita tra Russia e Ucraina, sia nella valutazione della performance militare russa (e ucraina) che nella valutazione del nostro ruolo che, ci piaccia o no, è quello di parte attiva nel conflitto. Finora questa cosa è passata in cavalleria. Se un HIMARS ammazza un civile russo in Crimea, non penso continuerà ad esserlo.
PS2: che succede ora a tutti i civili che nelle zone occupate hanno collaborato a vario titolo con i russi?”

 

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