Covid e Vaccini! Il coraggio e il prezzo della verità Con la professoressa Ute Kruger e Max Bonelli

La gestione della recente pandemia ha avuto i suoi eroi, ha mietuto le proprie vittime illustri. Non c’è stata, però, alcuna consacrazione semplicemente perché eroi e vittime si trovano dalla parte di coloro che hanno contestato quella conduzione; ancora gli artefici tentano di coprire con il velo dell’omertà e della rimozione l’intricata rete di interessi, connivenze ed intenti manipolatori che ha guidato quelle scelte. E’ stato il primo tentativo manifesto e ostentato di manipolazione e conculcamento di una opinione pubblica negli ultimi decenni, seguito a ruota dall’evento bellico in Ucraina. Ha reso evidente la potenza, la pervasività dei mezzi a disposizione di queste élites dominanti, ma anche i limiti della loro capacità di penetrazione nel tempo. Il tempo, però, è il fattore chiave; è nell’immediato che tali comportamenti spianano la strada alle corrispondenti scelte politiche; è nell’immediato che l’esperienza deve educare a tempi e modi di reazione adeguati e tempestivi. Nel tempo lungo gli effetti sono più subdoli, ma ingenerano anche un sentimento di diffidenza direttamente proporzionale al contrasto della narrazione rispetto alla realtà che si vuole soffocare. La vicenda della professoressa Kruger rappresenta un caso emblematico. Ne avevamo già discusso in due registrazioni; offriamo adesso una testimonianza diretta che ci farà toccare con mano la crudezza della realtà. Non è purtroppo un caso isolato, in Svezia come altrove. https://www.gospanews.net/2024/06/07/scandalo-sul-turbo-cancro-da-vaccini-nellue-universita-di-stoccolma-costringe-accademici-a-ritirare-studio-shock-sui-danni-mrna/ Buon ascolto, Giuseppe Germinario

NB_Il video integrale è disponibile solo su rumble

 

https://rumble.com/v50wmfu-covid-e-vaccini-il-coraggio-e-il-prezzo-della-verit-con-la-professoressa-ut.html

Russia, strage al Krokus! Con R. Buffagni, G Gabellini, Max Bonelli, Flavio Basari, Dmitry Kuznetsov

Fonti dell’amministrazione statunitense e l’intera stampa occidentale continuano a sottolineare con enfasi sospetta che gli unici dati certi dell’attentato al Crucus di Mosca sono le vittime e la natura islamica della strage. L’accusa al Cremlino di strumentalizzazione del fatto è implicita e, spessp, esplicita. Dobbiamo necessariamente andare avanti per ipotesi, ma i punti oscuri ed ambigui della vicenda già emersi sono troppi per un giudizio così inequivoco. Ci soffermiano a lungo in proposito nella discussione. Più che di matrice islamica, sono ambiguità che spingerebbero a definire l’atto a coloritura islamica. Sono tesi che, comunque, non escludono, non sono incompatibili con ispirazioni, contributi, pianificazioni ed operatività di ben più alto livello strategico e respiro geopolitico. Comprovata la reiterata connivenza e il contributo di settori dell’intelligence statunitense e britannica sin dagli albori, ma anche di altri paesi europei a noi prossimi operanti in Africa, nella formazione e nella copertura delle formazioni islamiste più militanti e radicali. Probabilmente la completa verità resterà solo nelle mani degli ispiratori e potrebbe essere svelata, per opportunità e in tempi da definire solo dalle parti in causa vittime e/o protagoniste di queste scelte. Dobbiamo affidarci ad ipotesi e, al solito, all’interrogativo: cui prodest? I partecipanti alla conversazione cercano con arguzia di approfondire, ma la risposta appare verosimile e credibile, destinata a pesare, se confermata, come un macigno sul futuro delle dinamiche geopolitiche. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Ucraina, il conflitto attraverso le immagini. 9a puntata_a cura di Max Bonelli

Il filmato inizia con le immagini del bombardamento del ponte di Kerch che collega la Crimea alla terraferma russa, avvenuto questa notte. Prosegue con le immagini filmate che ci fanno toccare con mano le tattiche di conduzione del conflitto e gli esiti disastrosi e drammatici ai danni soprattutto dei militari ucraini. Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v30hzng-ucraina-il-conflitto-attraverso-le-immagini.-9a-puntata-a-cura-di-max-bonel.html

Lo stato della guerra in Ucraina_ con il colonnello Douglas McGregor

Avremmo preferito concludere l’anno con un testo meno impegnativo e più bene augurante. Le dinamiche geopolitiche, purtroppo, non volgono certamente al sereno o quantomeno al variabile e non è certo rimuovendole dalla nostra comprensione che potremo garantirci l’agognato “quieto vivere” possibile. La speranza, alquanto remota, è che nel nostro paese inizino ad emergere forze importanti e capaci di tirarci fuori dal pantano in cui ci sta trascinando l’attuale classe dirigente. Proponiamo e raccomandiamo quindi l’ascolto di questa lunga conversazione in tre parti, su un unico link o su tre link diversi, curata nella traduzione in sottotitoli dal sito “voci dall’estero”, sollecitata, commentata e supervisionata da Roberto Buffagni. Il link originale è  https://www.youtube.com/watch?v=GhA1yofpkMg Premendo sulla schermata l’icona delle impostazioni (ruota dentata) e selezionando nella cartella “sottotitoli” la lingua italiana, si ottiene la traduzione del testo. Buon ascolto e buon anno, Giuseppe Germinario

Questo lungo, appassionato colloquio sulla guerra in Ucraina tra *Michael Vlahos e **Douglas McGregor si è svolto all’inizio del mese di dicembre 2022, nella biblioteca dello Army and Navy Club di Washington D.C.

Per la serietà e la preparazione di entrambi, per l’ampiezza e la profondità della discussione, è forse la migliore analisi della situazione militare e politica conseguente al conflitto ucraino oggi disponibile.

Vlahos e McGregor appartengono entrambi all’ultima generazione dei Cold Warriors, e hanno operato, ad alto livello, all’interno delle istituzioni militari e accademiche dello Stato federale nordamericano. Dissentono dall’odierna politica estera statunitense, aderiscono entrambi all’interpretazione delle cause lontane della guerra in Ucraina come effetto dell’espansione a Est della Nato, proposta da John Mearsheimer. Da patrioti statunitensi, si interrogano sulle conseguenze di scelte strategiche che ritengono gravemente errate e pericolose, e sulla possibilità di correggerle.

Il colloquio è diviso in tre parti:

1) Che cosa ci fa capire questa guerra? Che cos’è accaduto sinora? A che punto siamo?

2) Perché la Nato ha commesso un errore strategico tanto grave, provocando una proxy war fondata sulla negazione della realtà e sull’inganno?

3) Che cosa si dovrebbe fare? In quale direzione stiamo andando?

Vocidallestero ringrazia Roberto Buffagni per aver segnalato e curato la presentazione di questo significativo colloquio e dei suoi protagonisti, nonché per la revisione finale della traduzione.

Ringrazia inoltre Roberto Pozzi (che svolge un prezioso lavoro di traduzione su gilbertdoctorow.com) e @X22Pedro per aver collaborato alla traduzione in italiano dei dialoghi, nonché @Asiaest per la sua collaborazione alla sottotitolatura dei video.

https://rumble.com/v23lnk0-ucraina-23a-il-fallimento-della-strategia-nato-la-sclerosi-dellesercito-usa.html

Altrimenti:

1) Che cosa ci fa capire questa guerra? Che cos’è accaduto sinora? A che punto siamo?

2) Perché la Nato ha commesso un errore strategico tanto grave, provocando una proxy war fondata sulla negazione della realtà e sull’inganno?

3) Che cosa si dovrebbe fare? In quale direzione stiamo andando?

*Michael Vlahos (1951) è uno storico militare e uno studioso di strategia e antropologia, con un lungo curriculum all’interno delle istituzioni statunitensi. Laureato a Yale e alla Fletcher School of Law and Diplomacy, ha lavorato presso la Johns Hopkins University (Co-Director of Security Studies), lo United States Naval War College, il Center for Naval Analyses, lo United States Department of State (Director of the State Department’s Center for the Study of Foreign Affairs), la Central Intelligence Agency. È autore di molti articoli e otto libri, il più recente dei quali è Fighting Identity: Sacred War and World Change, ABC-CLIO, 2008. Si possono seguire i suoi articoli più recenti sul blog: https://www.anewcivilwar.com/vlahos-blog

**Douglas McGregor (1953) è un colonnello (a riposo) dello U.S. Army. Ha combattuto nella prima guerra del Golfo (1991) e nell’intervento NATO contro la Jugoslavia (1999), nel quale fu il principale pianificatore dell’attacco alla Serbia, agli ordini del gen. Wesley Clark. Ha collaborato all’elaborazione strategica dell’operazione Desert Storm (2003, invasione dell’Irak). Nel 2020 il presidente Trump lo propose come ambasciatore in Germania, ma la nomina fu respinta dal Senato. È autore di molti articoli e di quattro libri, il più recente dei quali è Margin of Victory: Five Battles that Changed the Face of Modern War, Annapolis (MD): Naval Institute Press, 2016. È un commentatore politico molto attivo, spesso ospitato da Fox News.

Pubblicato da Carmenthesister alle 20:3401

http://vocidallestero.blogspot.com/2022/12/vlahosmcgregor-colloquio-in-tre-parti.html

Conversazioni sulla Cina 2a puntata! Le scelte di una classe dirigente_con Daniela Caruso

Siamo alla seconda puntata della serie di conversazioni con la professoressa Daniela Caruso. Tutte le scelte di un ceto politico che si è avvicendato in questi ultimi decenni hanno poggiato su due costanti inamovibili: la salvaguardia dello Stato e l’integrità territoriale del paese. Su questa base i vari schieramenti politici hanno trovato sempre un punto di equilibrio che ha consentito di avvicendarsi senza rimettere in discussione nei suoi fondamenti un programma di riforme e di trasformazione radicale che ha evitato le tragedie dell’implosione del blocco sovietico ed innescato un processo di sviluppo e di crescita che non ha paragoni nella storia per velocità e consistenza; che ha saputo evitare le conseguenze più catastrofiche e drammatiche che processi simili, in tempi diversi, hanno innescato nei vari continenti. Un mix di nazionalismo, controllo ferreo ma relativamente flessibile, capacità prospettica che ha consentito sino ad ora la tenuta sociale e l’assurgere della Cina a potenza mondiale. Sino a quando la sua classe dirigente riuscirà a mantenere il necessario dinamismo legato all’offerta di una prospettiva per l’intero paese correrà pochi rischi di delegittimazione pur in una realta sociopolitica e geopolitica sempre più complessa. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v215nfi-conversazioni-sulla-cina-2a-puntata-le-scelte-di-una-classe-dirigente-con-d.html

La Cina e i cinesi! Come li vediamo, come si vedono_Con Daniela Caruso

Tempo fa Xi Jinping rimproverò a Trump la scarsa conoscenza della civiltà e del modo di pensare dei cinesi. Non è purtroppo una prerogativa esclusiva di quell’uomo politico. Una civiltà, un modo particolare di pensare proprio di una rappresentazione, può avvicinarsi soprattutto per analogie, specie nei primi impatti, alla comprensione di altre civiltà. Se poi a queste difficoltà si aggiungono l’ostinazione degli stereotipi e le forzature connesse alle dinamiche geopolitiche, al conflitto di interessi e alle manipolazioni del confronto politico, facilmente il conflitto e lo scontro politico possono assumere la veste di uno scontro di civiltà e di una lotta tra il bene e il male. La capacità critica e la conoscenza sul campo di Daniela Caruso ci aiutano a capire, già in questa prima puntata, le caratteristiche e le dinamiche di una formazione sociale e di una classe dirigente tutt’altro che arroccata ed avulsa, per non dire insensibile, dal contesto in cui vive e dalle esigenze espresse dalla popolazione. Una classe dirigente abituata al pragmatismo e ai tempi lunghi dai quali sembre spesso rifuggere chi pretende al contrario di darle ancora lezioni, non ostante gli antefatti dolorosi e ignobili dei quali sono responsabili. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v1zhg9o-la-cina-e-i-cinesi-come-si-vedono-come-li-vediamo-con-daniela-caruso.html

39° Podcast_Scheletri negli armadi_di Gianfranco Campa

Avvincente! Ad un ascolto distratto il 39° podcast di Gianfranco Campa potrebbe sembrare solo un utile riepilogo e un riordino, sia pure arricchito di qualche interessante particolare, delle principali informazioni e congetture distribuite in quattro anni di impegno giornalistico. E’ molto di più. Ci offre un filo logico che consente una lettura coerente delle dinamiche accese di politica interna americana. Ci fa toccare con mano, soprattutto, la cruda realtà di dinamiche geopolitiche e di politica interna degli stati e delle formazioni sociali altrimenti presentati in maniera accademica e deterministica. Cristallizzazioni di centri di potere, di interessi, cinismi e passioni di uomini intrappolati in sistemi di relazioni in grado di rivoltare le situazioni come di perpetuare le inerzie consolidate da decenni di detenzione del potere decisionale. Centri di potere appesantiti da armadi pieni di scheletri. Flynn, negli States ne ha posseduto le chiavi. Inerzie che però in contesti diversi portano a risultati diversi ed opposti rispetto anche alle aspettative dei decisori. Una sorta di eterogenesi dei fini. Da voci sempre più ricorrenti Biden, in realtà chi per lui, sembra voglia riesumare tutta la vecchia classe dirigente legata a Bush, Clinton e soprattutto Obama; come pure l’annesso vecchio armamentario del multilateralismo e del globalismo, condito di ambientalismo catastrofista e dirittoumanitarismo. L’intenzione dichiarata sarebbe quella, se non di eliminarlo, quantomeno di ridurre e regolare il conflitto tra gli stati; quella reale si riduce a trasformare sempre più il conflitto tra stati in una sorta di guerra civile planetaria ed endemica dal carattere sovversivo e millenaristico. In un contesto radicalmente diverso da quello di appena quindici anni fa porterebbe ad agevolare ulteriormente l’emersione di nuovi centri polari, ma in maniera surrettizia, ancora più disordinata e caotica. Gianfranco Campa ci ricorda che la politica è spietata, fatta da uomini e richiede il sacrificio di uomini; il più delle volte dalla parte sbagliata. Il dopo elezioni americane si preannuncia incandescente. Il tweet di Trump che segue pare esserne un presagio oscuro: https://twitter.com/Rominu22/status/1291517793016324097?s=20&fbclid=IwAR1VH7uzf8PTnewX1qZ3h8sdw15TVeiUNIqUX6F9wZ1wMnRzBF3IiVP0wxc  . Del resto gli appunti di Peter Strzok chiariscono la diretta implicazione e responsabilità di Obama, Biden, Rice, ect. Raramente il potere è apparso così nudo; guai a concedergli tempi e modi per rivestirsi dei simboli della regalità.

Buon ascolto_Giuseppe Germinario

https://soundcloud.com/user-159708855/podcast-episode-39

38° podcast_Il bersaglio grosso, di Gianfranco Campa

Quando, ormai quattro anni fa, apparve sulla scena politica statunitense un personaggio politico apparentemente estraneo ai circoli che ci avevano assuefatti ormai per decenni, le sue filippiche contro il multilateralismo, il globalismo e il principale beneficiario degli assetti mondiali ad essi conseguenti, la Cina, apparivano ancora come fastidiose e rozze dissonanze. Eppure già allo scadere della presidenza Obama qualche disorientamento e la crescente situazione di stallo già spingevano per un cambio di paradigma. Quelle affermazioni apparentemente estemporanee avevano però un limite nella loro vulgata o sottintendevano qualcosa di più essenziale. Puntavano l’attenzione sul dito piuttosto che sulla luna; probabilmente nascondevano la luna dietro il dito; ancora meglio, il lato luminoso della luna impediva di conoscere quello più oscuro e intrigante. Il problema di fondo non era l’emersione di un rivale temibile, la Cina, quanto il fallimento del progetto egemonico mondiale americano e gli enormi scompensi nelle formazioni sociali, nella fattispecie quella americana, creati dai processi di globalizzazione ad esso connessi. Il successo duraturo di Trump, a prescindere dalla stessa eventualità di una sua rielezione, non è altro che la constatazione dell’avanzare di un mondo multipolare, dell’emersione quindi di più potenze. “L’America prima di tutto” comporta quindi la rinnovata capacità di una nuova classe dirigente statunitense di giostrare tra queste contraddizioni e tra le logiche e gli interessi di questi paesi emergenti per riaffermare e mantenere la propria potenza e, soprattutto, consolidare la propria coesione sociale e politica. L’esito positivo non è ancora scritto nel finale di spartito, ma la posta in palio inizia ad essere più definita e circoscritta. Il podcast di Gianfranco Campa si presta a due interpretazioni. Uno più emotivo e forse semplicistico, tende a ridurre il confronto ai due giganti riservando al resto il ruolo di comparse o figuranti. L’altra, di più difficile lettura, è che, comunque, l’emersione di nuovi soggetti crea situazioni di rivalità, di conflitto e di affinità mutevoli tra tutti i protagonisti prima che il processo arrivi a consolidarsi e cristallizzarsi in sodalizi più stabili. Gli scompensi, i dissesti, le tragedie e le riconformazioni riguarderanno tutte le formazioni sociali, non solo quella americana. La Cina, quindi, oltre ad essere un soggetto assoluto di competizione, inizia ad apparire anch’essa un oggetto. Il prevalere di una o dell’altra interpretazione non dipende dall’autore ma dall’atteggiamento manicheo, dogmatico o pragmatico del lettore. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

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