Italia e il mondo

COMPAGNI DI SCUOLA – Usa scontro finale – Gianfranco Campa

Trump sempre più assillato da un dilemma che si sta trasformando in una trappola. Deve mantenere in piedi una amministrazione basata su due forze sempre più manifestamente avverse. Il gioco dello scompaginamento continuo delle carte, di una tessitura sotterranea stridente con la narrazione pubblica sta sfuggendo di mano verso una condizione schizofrenica. Trump sta rischiando di perdere il sostegno di MAGA, per meglio dire di quello che ne rimarrà, della forza della quale è espressione. Come in Ucraina gli Stati Uniti si arrogano la posizione di arbitro-giocatore-mediatore, così Trump si trova nella posizione imbarazzante di padrino di MAGA-mediatore tra MAGA e neocon. I vari centri decisori, in gran parte disarticolati, tendono ad agire sempre più per proprio conto e con prospettive opposte. Gli Stati Uniti sono ad un passo dal subire una rivoluzione colorata devastante al proprio interno e dall’avventurarsi in crescenti provocazioni militari all’estero. A meno che……dal cappello sul capo dal ciuffo rosso non esca a sorpresa il coniglio. Mah!_Giuseppe Germinario

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Il pacco, di WS

Con grandi fuochi d’ artificio Trump ha “lanciato” il suo ennesimo “piano di pace per l’Ucraina nel momento stesso che è sempre più evidente che il fronte ucraino sta cedendo , e lo scopo mi sembra evidente : “ congelare il conflitto” dichiarando che la Russia abbia “sostanzialmente” vinto .

E questo chiunque può vedere che sia solo un “pacco” per la Russia.

Infatti per la parola “pacco” il dizionario dà la definizione “Involto ben legato o confezionato apposta per la spedizione o la vendita” e nel mondo di oggi ogni vendita viene sempre sostenuta da una apposita campagna.

Così noi, di questo nuovo “piano Trump per l Ucraina “, abbiamo questo nuovo lancio “all’ americana”.

Innanzitutto sul “ prodotto” si crea “l’ attesa”: il prodotto sarà meraviglioso e definitivo.

Poi se ne conclama la genuità: il “piano Trump” e “russo-americano”, sebbene i russi dicano di non saperne molto. Però sarebbe stato “confezionato” direttamente dai due “inviati personali” di Trump e Putin , cioè un oligarca americano e un oligarca russo-americano.

Poi se ne descrive la qualità: il “piano Trump” impone la “ capitolazione” dell’ Ucraina ed è quindi una “vittoria russa” . E quale ne sarebbe la prova ? Ma è ovvio, la “rivolta” degli €uroascari al piano del loro padrone e le grida del burattino-capo a Kiev , in una raffinata variante del solito “ bad cop , good cop”

Infine se ne proclama il carattere di assoluta urgenza per cui “l’ acquirente” deve precipitarsi a comprare “il pacco” così come esso viene pubblicizzato. Il “prodotto” è imperdibile e va preso subito senza esitazione perché poi si adombrano anche delle “punizioni” per aver rifiutato un offerta tanto generosa ed irripetibile.

Ma a chi è mirato questo “prodotto”? E’ evidente che esso sia mirato alla opinione pubblica russa e soprattutto alla elite russa. Ci sono infatti segnali di problematiche interne che definiscono un certo grado di stanchezza soprattutto nella oligarchia economica russa di cui Dimitrev , “il negoziatore” russo-americano, è un esponente,

Questa oligarchia ha fretta di tornare a fare affari con “l’ occidente” e gradirebbe una qualche “pace” dichiarata come “vittoria russa” in maniera tale che l’ ala patriottica che sostiene la guerra se ne dichiarasse soddisfatta, ma…

Sorpresa! Se si apre “il pacco” si vede subito a che cosa esso mira. Esso mira ad un semplice “armistizio” che eviti il crollo della NATO-Ucraina, di fatto non solo salvando il regime NATO a Kiev , ma dotandolo di garanzie NATO ”automatiche”; in sostanza, quando la NATO sarà pronta a riprendere la guerra, basterà per questo, come al solito, una semplice provocazione di Kiev.

“Il pacco” quindi è solo un’altra “Min(s)kiata” in cui nessuna promessa sarà mantenuta e gli spazi di reazione russa a questa nuova presa in giro saranno stati notevomente ridotti dal fatto che con il “cessato il fuoco” le truppe NATO entreranno ufficialmente in Ucraina sotto vari pretesti , cosa che adesso non osano fare per non farsi dichiarare coobelligeranti. La Russia del “legalista” Putin non oserebbe di certo bombardarle dopo aver firmato la propria “vittoria “.

E qui nasce la domanda : perché mai il Kremlino non tuona contro questa ennesimo tentativo di fregare la Russia ? Putin è debole ? O addirittura Putin è complice?

Allora sgombriamo il campo al ritorno di simili sciocchezze . Non solo Putin , se mai lo sia stato, non può essere più “ complice” perché non c’ è ritorno dall’essere stato proclamato “ male assoluto” , ma anche Putin non è debole : è prudente.

Prudente perché conosce la propria debolezza e in primis l’inaffidabilità degli oligarchi russi suoi “alleati”, sempre da lui “beneficiati” seppur solo alle SUE condizioni.

Per questo manda in giro questo Dimitriev e si tiene l’inetta Nabulina , secondo il noto precetto del “ Padrino” : “gli amici tienteli stretti, ma i nemici anche di più”.

La risposta di Putin a questi “pacchi” non può quindi che essere la solita : cercare sempre queste “min(s)kiate” ed accettarle solo nell’ ambito della sua solita strategia attendista, rimanendo “ candido come colomba”, operando da “astuto come serpente”

Quindi anche se di questo ennesimo “pacco” potrà accettare molte cose, io dubito che si farà fregare così platealmente.

Questo è un teatro delle ombre in cui ognuno cerca di apparire quello che non è in attesa che i FATTI disvelino la realtà. Putin ha certamente tanti problemi ma può ancora aspettare, Trump e “l’ occidente collettivo “no.

In conclusione io ritengo che questo nuovo “pacco” , questo ritorno allo “spirito di Anchorage”, farà la fine del precedente con l’ unico vantaggio che avremo dato un altro “ calcio al barattolo”.

Il che non è poco.

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Cuius Regio Eius Religio_di Ernesto

Cuius Regio Eius Religio

Inizio questo contributo, in prosecuzione degli interventi di WS e Massimo, con riferimento al principio stabilito nella Pace di Augusta del 1555 ma che troverà definitiva conferma nel 1648 con la Pace di Westfalia perchè, a mio avviso, il 1648, la pace predetta e la decapitazione di Carlo Primo d’Inghilterra di un anno dopo (1649) segnano una chiave di volta essenziale per l’Europa nel suo complesso.

Ritengo (e la mia è una argomentazione  che potrà non essere condivisa o smentita essendo disposto a rivedere il ragionamento) che questi due eventi pongano fine, definitivamente, a quel progetto mai completato ma comunque sempre riproposto, di unificare l’Europa in prosecuzione della Romanità imperiale che si era dissolta nel 476 D.C..

Un progetto che vedeva la Chiesa cattolica Apostolica e Romana, sul presupposto della Donazione di Constantino (donazione poi falsa) quale successore nel potere Romano e quindi Imperiale: progetto che tra la dissoluzione dell’Impero d’occidente e la notte di natale dell’800, aveva vissuto alterne fortune guerre e contrasti che avevano messo a ferro e fuoco anche e, forse soprattutto, la penisola italiana.

Nella notte di natale dell’ 800 d.c., quindi, nasce il sacro Romano Impero che, però, alla morte di Carlo Magno, viene già suddiviso come ha acutamente osservato l’amico WS e, tuttavia, nei quasi mille anni successivi,  quel progetto torna comunque  a essere perseguito con lotte, guerre e frizioni di teste coronate che, comunque, ambiscono al titolo di Imperatore del sacro Romano Impero.

Chiariamoci: l’unità Imperiale, nei fatti, dopo Carlo Magno non fu mai raggiunta ma, comunque, il titolo, forniva quell’influenza capace di indirizzare le scelte, le successioni, i matrimoni e le dinastie, nei vari regni che ne facevano parte e nei quali, la “religio” cristiana, cattolica, apostolica e romana, svolgeva un ruolo di legittimazione al predetto potere imperiale: nel mezzo lo scisma d’oriente che divide cattolici da ortodossi, la riforma protestante nonché lo scisma Anglicano di Enrico VIII che, seppure con una analisi semplicistica, costituiscono elementi delle evoluzioni che porteranno alla suddetta pace di Westfalia.

Tutto questo processo si chiude nel 1648 con la Pace  de quo e nel 1649 con la decapitazione di Carlo Primo a Londra che, a dispetto di quanti credono che il primo Re a perdere la testa in una “rivoluzione” fosse Luigi XVI in Francia, dovrebbe essere letta come l’inizio di quella trasformazione della società medievale/mercantilista, in società embrionale del capitalismo moderno nel quale una nuova classe sociale, la borghesia, afferma il diritto all’esercizio del potere: processo iniziato a Londra in anticipo sui tempi rispetto al resto del continente occidentale e che, in Francia, si realizza nel 1789 con la Rivoluzione.

Quindi si può affermare che, dopo il 1648 inizia quell’evoluzione politico/sociale/economica e, anche, antropologica, che produrrà i seguenti effetti: l’Inghilterra procede a passo spedito verso la creazione di quello che sarà l’impero Inglese e l’Europa continentale, procede a disegnare quelli che diverranno, seppure con mutevoli confini, gli stati nazione.

Un processo che si chiude nel 1870 con la guerra franco/prussiana che archivia, secondo me definitivamente, le ambizioni francesi all’egemonia globale che diventano, per contro, ambizioni germaniche dopo avere archiviato, ben prima, le ambizioni spagnole in tal senso.

Si può quindi ire che, tra il 1648 ed il 1945, si assiste alla nascita ed al declino dell’Egemonia Inglese sull’Europa e sul mondo, che seppellisce in sequenza Spagnoli, Francesi e tedeschi con i quali, per ultimi, ottiene una vittoria ma non senza passare lo scettro ai cugini a stelle e strisce che sostituiscono l’impero inglese in una nuova realtà globale divisa in blocchi: l’impero Usa si concentra sull’Europa al di qua della Cortina di Ferro.

Quindi potremmo dividere il suddetto periodo in due fasi: 1648/1870 sviluppo dell’impero Inglese nell’evoluzione degli stati nazione; 1870 /1945, inizio declino Inglese e archiviazione delle ambizioni Germaniche con sostituzione degli Inglesi con gli Americani quale potenza Imperiale ad Occidente della neonata Cortina di Ferro.

I due periodi suddetti sono attraversati dal pensiero illuminista, liberale, hegeliano e poi marxiano di pari passo con le coperte scientifiche che trasformano l’economia ed i rapporti sociali: tra il 1648 ed il 1870 le aristocrazie mutano il loro rapporto con i sudditti per ragioni economico/produttive e quindi sociali/antropologiche e, poi, tramontano definitivamente tra il 1870 ed il 1945: all’esito di questo periodo, di pari passo con l’affermarsi del capitalismo moderno, i privilegi  e le prerogative dell’aristocrazia o meglio di quella che sopravvive, non hanno niente a che fare con le caratteristiche ante 1648.

Quindi, in qualche modo, l’Europa moderna e figlia della Pace di westfalia e da li, prendiamola con la dovuta approssimazione, si realizzerà, l’Italia unita prima e repubblicana poi.

Non è questa la sede per commentare l’eterogenesi dei fini di questa unità e della sua forma repubblicana ma, in questa sede, voglio solo dire che, quanto meno sotto il profilo della continuità territoriale caratterizzata da un linguaggio comune con forti legami con il latino ed un comune sentimento religioso che, figlio comunque della “familia” romana e latina e dello “ius” sempre romano, sono o, almeno, erano i tratti distintivi delle tradizioni e della cultura Italiana.

Caso mai, forse, dovremmo interrogarci sull’abbandono di tali tradizioni per influenze esterne e di come recuperarle all’interno di una cornice “repubblicana” che costituisca quel contenitore del concetto di “Patria” tale da ispirare l’appartenenza, appunto, degli Italiani ad essa.

Le forme di questa “Repubblica” intese come forma di governo e di Stato/Nazione, possono essere le più disparate e non sono certo io, uomo qualunque, a poter indicare quale sia la migliore.

Ma se il pensiero di Preve e di La Grassa mi hanno insegnato qualcosa è che, senza rinnegare il passato, ci si deve confrontare con la realtà odierna e partendo dalla comprensione del  passato, si devono aggiornare le teorie e le prassi per adattarle al presente in ottica futura.

Insomma, come dice l’amico WS: bisogna fare i conti con il passato e questo, aggiungo io, anche a rischio di essere considerati “revisionisti” (accusa che spesso mi viene mossa) anche se, in fin dei conti, non è mica detto che il revisionismo sia sempre e del tutto negativo.

Quindi lo dico assumendomene la responsabilità: revisione dell’analisi storica sul passato nostro Italiano all’interno di una cornice globale per costruire il pensiero, la teoria del  presente e tradurla in prassi per costruire il concetto di “Patria” che, mi associo a Massimo, deve essere ovviamente Repubblicana.

Che poi, ci siano i rischi di un suo uso distorto come è già stato (WS docet) è verissimo.

Ma compito di chi sa pensare ed agire, è quello di creare i pesi e contrappesi con contromisure per impedirlo.

Come?

Bhe, forse, la risposta a questa domanda va oltre le competenze di chi scrive.

Mi limito a dire che, là fuori, nella realtà di tutti i giorni, io percepisco un vuoto (la diserzione dell’urna né è un segnale anche se, per certi aspetti, non è negativo) ed i vuoti, prima o poi, vengono riempiti.

Si tratta di capire da chi e per che cosa e se la “Patria” possa giocare un ruolo in questo “riempimento” e questa volta, ovviamente, con adeguate tutele dall’eterogenesi di fini.

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Il Documento di Crosetto: Una Mappa Strategica per Navigare nell’Arcipelago delle Minacce Ibride_di Cesare Semovigo

Il Documento di Crosetto: Una Mappa Strategica per Navigare nell’Arcipelago delle Minacce Ibride

Di Cesare Semovigo italiaeilmondo.com / X @italyworld

La doppia lettura di un testo strategico e di malcelata impulsività italica

Il documento presentato dal ministro Guido Crosetto si configura come un testo denso, carico di significati stratificati e malcelata impulsività italica, che richiede una decodifica ad alto livello. Come un iceberg, appare in superficie solo una frazione del suo valore reale, mentre la sua essenza più profonda si cela nel meta-testo che, in modo calibrato, parla più agli alleati che ai nemici e lo fa in una proporzione stimabile in circa 60 a 40. Leggerlo con strumenti di Open Source Intelligence (OSINT) e di analisi militare avanzata significa trasformarlo in una mappa indispensabile per orientarsi nell’arcipelago complesso e minaccioso delle guerre ibride del XXI secolo.

L’espressione “viviamo in un’era di instabilità senza precedenti”, presente nelle prime pagine del documento, non è un mero dato di fatto o una retorica di rito. Funziona da ancora emotiva, evocando nelle menti un senso di vulnerabilità esistenziale che legittima e giustifica misure straordinarie di sicurezza e difesa. Dietro questa scelta lessicale, si nasconde una velata critica all’attuale ordine mondiale liberale, ormai percepito come inadeguato a fronteggiare le sfide di un mondo multipolare, iperconnesso e radicalmente instabile. Più che un annuncio, questa frase è un invito a prepararsi a un cambio radicale di paradigma sulle politiche di sicurezza[1][2].

Il contesto geopolitico e la genesi del documento**

Non si può capire il documento di Crosetto senza contestualizzarlo nel teatro di tensioni geopolitiche che agitano l’Europa e l’Occidente negli ultimi anni. La guerra in Ucraina ha segnato una cesura decisiva, mostrando con brutalità come anche l’Europa, considerata spesso un’isola tranquilla, possa essere teatro di conflitto e fragilità sistemica. Intorno si aggiungono faglie geopolitiche nel Mediterraneo e la netta competizione tecnologica con la Cina, che approfondisce il senso di urgenza nella revisione della sicurezza nazionale ed europea.

Il documento utilizza con intelligenza la definizione di sicurezza “ibrida, fluida, pervasiva”, un “reframe” semantico che amplifica la complessità e mutabilità della minaccia, imponendo una visione olistica che rompe definitivamente con vecchi schemi militari settoriali. Non più solo eserciti o missili, ma una commistione di cyberattacchi, disinformazione, pressioni economiche e manipolazione sociale.

Tra questi aspetti emerge con concretezza la questione drammatica della sicurezza delle infrastrutture fisiche, un tema a lungo sottovalutato in Italia. I cavi sottomarini, metaforicamente definiti “sistema nervoso dell’economia digitale”[6], sono stati oggetto di cessioni strategiche a investitori esteri, in particolare cinesi, che hanno acquisito quote rilevanti in Sparkle, la controllata internazionale di TIM, nel 2016 per circa 250 milioni di euro. Queste vendite, avvenute fra il 2015 e il 2020 sotto governi Renzi e Gentiloni, hanno indebolito la sovranità italiana su asset critici, aprendo vulnerabilità pericolose per la sicurezza nazionale. Un simile disinvestimento è stato fatto anche nel settore energetico e delle infrastrutture, e oggi Crosetto ne dà atto ufficialmente.

L’idea che la territorialità digitale passi anche per il controllo di strutture fisiche come i cavi o le reti è una presa di coscienza tardiva che emerge con forza dal documento. D’altro canto, la privatizzazione selvaggia di TIM, iniziata alla fine degli anni ’90 e conclusa nei primi anni 2000, ha trasferito il controllo di infrastrutture vitali a soggetti con priorità finanziarie, e non strategiche. Oggi la rete TIM vale oltre 15 miliardi di euro, ma il suo valore reale come pilastro di sovranità digitale è incalcolabile.

Meta-narrazione e messaggio celato agli alleati

Il nucleo nervoso del documento risiede nella sua narrazione sottesa, di cui sono destinatari principalmente gli alleati europei ed occidentali. Il messaggio scorre sotto la superficie, solcando con forza i passaggi chiave ma presentato con una discrezione tipica di comunicazioni strategiche di alto livello. Output di un’analisi semiotica e di formato PNL avanzata evidenzia come il richiamo all’unità “solo insieme possiamo affrontare queste sfide epocali” sia un appello diretto ben più che retorico.

L’uso del termine “epocali” aumenta la gravità dell’appello, suggerendo che la divisione tra Stati membri è oggi un lusso che nessuno può permettersi. Questa espressione contiene un “meta-messaggio” critico verso egoismi nazionali e liti di cortile.

Soprattutto, il richiamo alla cooperazione industriale deve essere letto attentamente. Apparentemente un generico auspicio di collaborazione, diventa una missiva indiretta a potenze come Germania e Francia affinché superino la frammentazione industriale e tecnologica che mina l’autonomia europea, favorendo invece programmi multinazionali come la EDTIB (European Defence Technological and Industrial Base)[4]. È un messaggio che si inserisce in una realtà di mercato: Leonardo, fiore all’occhiello italiano, ha subito un calo di valore azionario di circa 3,4% nel primo semestre del 2023[1], a causa non solo della domanda contratta ma soprattutto per la latitanza di una visione strategica paneuropea che manca di coordinare ricerca, finanziamenti e indirizzi produttivi.

Il caso Panther KF51[2], esempio paradigmatico di questa disarmonia, è emblematico: nato da una joint venture tedesco-francese, con un budget iniziale stimato in 1,2 miliardi di euro, ha escluso efficacemente Leonardo dalle fasi decisionali chiave. Una marginalizzazione che segna l’italia come attore di secondo piano nei futuri programmi d’armamento europeo, a grave rischio di perdita di autonomia strategica.

Il documento, in forma celata, rivoluziona inoltre il modo di concepire l’alleanza atlantica: definire “l’Europa padrona del proprio destino” è un preciso segnale politico nei confronti degli USA, affermando implicitamente il desiderio (e la necessità) di una maggiore indipendenza, bilanciata da un’intesa più paritaria e autonoma nell’integrazione ai sistemi occidentali.

Screenshot

Un moto evolutivo indispensabile: formazione e competenze tecnologiche

Qui emerge la critica più ferma verso la realtà italiana. Crosetto evidenzia la vastità delle minacce nei “campi di battaglia” ibridi, con termini come “cyberspazio”, “spazio”, “infosfera” che, pur evocando innovazione e urgenza, restano un appello generico senza indicare con chiarezza le riforme strutturali necessarie. L’Italia soffre di un deficit formativo enorme: solo 2.500 laureati in cybersecurity ogni anno, contro 15.000 in Germania e 12.000 in Francia. Questa forbice si traduce inevitabilmente in incapacità di risposta “state of the art” nei servizi di intelligence e difesa cyber. 

L’ambizione di “investire nella sicurezza come mai prima d’oggi” implica dunque ben più della mera dotazione finanziaria. Serve un cambio culturale e operativo, con dettagliata programmazione di **counter-intelligence**, formazione coraggiosa e attrazione di talenti da settori privati ad alto contenuto tecnologico. Si rende necessario creare centri di eccellenza che, pur prendendo ispirazione da modelli come le cyber academy israeliane o i centri di formazione NSA, mantengano un’originalità strategica e culturale italiana, capace di integrare diplomazia e intelligence in modo unico, soprattutto in aree critiche come il Medio Oriente.

L’informazione è definita “moneta del potere del XXI secolo”, frase che usa una metafora mercatistica per sottolinearne il valore strategico. La condivisione dell’informazione, soprattutto in un contesto di minacce  ibride, è oggi il vero fattore di successo. Ma per condividerla necessita di una produzione di intelligence robusta, che richiede a sua volta investimenti e competenze avanzate. 

Non va infine dimenticata l’eccellenza italiana nei servizi di intelligence e unità speciali. Nonostante le limitazioni finanziarie e di struttura, organizzazioni come AISE e AISI, unità come GIS e COMSUBIN, hanno saputo fornirci vantaggi strategici in scenari complessi dal Mediterraneo fino al Sahel. Questa esperienza va tutelata, valorizzata e aggiornata, poiché rappresenta un patrimonio inestimabile che rischia di andare perso senza volontà e investimenti coerenti.

Il contesto nemico e il progetto emergenziale cyber

Il documento affronta con rara franchezza il quadro delle minacce, indicandole come una guerra ibrida continua e multidominio che è già realtà quotidiana per l’Italia[5]. La proposta di istituire un progetto emergenziale per la cybersecurity italiana prevede investimenti tra 5 e 7 miliardi di euro in cinque anni, per portare le strutture al livello di Francia e Germania. Si prevede anche di sviluppare capacità offensive nel cyber, difendere infrastrutture critiche e attivare una rete nazionale di centri di eccellenza.

Di particolare interesse è l’idea, forte e innovativa, di utilizzare il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità)[3] per finanziare questa spesa, evitando così il ricorso a un aumento incontrollato del debito pubblico italiano, oggi al 145% del PIL. Il MES, nato come risposta alla crisi del debito sovrano, potrebbe dunque trasformarsi in un pilastro anche della difesa europea, incarnando la fusione tra politica economica e sicurezza strategica, una strada percorsa con favore anche da Ursula von der Leyen.

La minaccia russa nel dominio ibrido è evidenziata apertamente come primaria, con i noti attacchi a infrastrutture energetiche, disinformazione e sabotaggio, come dimostrato dagli attacchi ai cavi sottomarini del Baltico nel 2023[6]. Più sfumata ma altrettanto grave è la minaccia cinese, data dalla penetrazione e controllo economico-strategico di punti nodali come porti europei (Trieste in primis), oltre allo spionaggio tecnologico e informatico.

Il progetto emergenziale di intelligence europea cyber prevede una dotazione di 2 miliardi di euro e mira a integrare, con governance trasparente, le capacità nazionali in un’unica piattaforma predittiva e reattiva ispirata al modello Five Eyes ma con specificità UE. Tra le proposte figura anche la creazione di un corpo di riserva cyber (stima a regime: 50.000 unità), essenziale per bilanciare la carenza di personale esperto nel settore pubblico. Il costo di questa unità sarebbe modesto se confrontato con i danni potenziali di un grave attacco cyber.

Ridefinizione di una sicurezza europea d’avanguardia

L’ultima pagina del documento è un appello potente: “Il futuro dell’Europa dipende dalle scelte che faremo oggi”. Qui la retorica si concretizza in responsabilità storica, un imperativo di azione immediata e strategica. È una chiamata che va oltre il semplice documento tecnico, posizionandosi come manifesto politico per una nuova stagione della difesa europea.

Questo testo rappresenta uno spartiacque che riconosce gli errori del passato — dalla svendita di asset strategici fino all’indebolimento delle capacità operative nelle nuove guerre ibride — ma indica anche la strada per un ritorno nelle stanze che contano. Solo con investimenti mirati, riforme strutturali e una visione politica lungimirante Italia e Europa potranno trasformare le minacce in opportunità per un’autonomia reale.

L’evoluzione formativa come chiave per un futuro all’altezza è imprescindibile, così come la volontà ferma di salvaguardare le eccellenze italiane di intelligence e forze speciali, aggiornandole agli standard tecnologici più avanzati.

Il documento è dunque un invito all’unità e alla collaborazione, che supera la canonica dicotomia amico-nemico per abbracciare la complessità del mondo ibrido, in cui la guerra si combatte tanto con i codici informatici quanto con le idee, la cultura e la capacità di leggere e influenzare la realtà.

 Note e Fonti

[1] Reuters, 2023 – Calo del valore azionario di Leonardo, con focus sul settore elicotteristico.

[2] Defense News, 2023 – Programma Panther KF51, joint venture Rheinmetall-KNDS.

[3] Il Sole 24 Ore, 2023 – Uso potenziale del MES per finanziamenti strategici.

[4] OSINT Framework, 2023 – Base industriale e tecnologica europea della difesa (EDTIB).

[5] NATO Review, 2023 – Definizione e impatti della guerra ibrida.

[6] Atlantic Council, 2023 – Vulnerabilità delle infrastrutture sottomarine (Baltico 2023).

Il Sole 24 Ore, 2023 – Privatizzazione TIM e implicazioni strategiche.

Kaspersky, 2023 – Gap formativo italiano in cybersecurity.

Politico, 2023 – Interventi Ursula von der Leyen sulla difesa europea.

NATO, 2023 – Debati sul 5% del PIL per la difesa europea.

L’ “acquarugiola sul colle”_di WS

L’  “acquarugiola  sul  colle”  fa parte   delle  manovre in corso  in Italia per portarci in guerra;  perché    qualcuno  la guerra  dovrà firmarla   ed in particolare il borbottio  di ieri   sembra  legato  ad  un  possibile “ Mattarella III “ .

Perché  di  sicuro  Mattarella la  sua firma  la metterà.

Sia   chiaro  che  non   è mia intenzione  di accusare  di alcunché  il  “nostro”    Augustissimo  Presidente.  La mia   è attualmente   solo    una ipotesi  (geo)politica   che potrebbe   essere  passata  nella testa  dei suoi meno  augusti   consiglieri , così come è stata denunciata   da un giornale  di destra.

Ma  facciamo prima un breve  ricapitolazione  della  “time  table”   con  cui  ci sta portando in guerra.

1)   La NATO provoca la Russia in Ucraina

2) La    Russia  fa un “prempitive  attack”   ( come previsto nel piano NATO).

3) L’ Ucraina     non  accetta le condizioni  politiche  richieste  dalla Russia   e dichiara la  guerra totale ( come previsto nel piano NATO).

4)  la Russia  non la segue  su  questo piano ,  si mette sulla  difensiva   e  si adatta  al conflitto (cosa non prevista  dal piano NATO).

5)  La NATO   spinge  l’ Ucraina  all’ offensiva,    assistendola in tutti i modi provocatorii possibili  ma mantenendo   una formale   negazione     del proprio  coinvolgimento  nel conflitto.

6) La  Russia    ignora le provocazioni  e   si limita  a difendersi     distruggendo  l’esercito Ucraino.

7) la NATO propone un cessate il fuoco   che  comunque lasci  l’ Ucraina   nelle  sue mani e politicamente scornata la Russia.

8) la Russia  rifiuta   questa “pace”   ribadendo le sue precondizioni  politiche  che però  l’ Ucraina  rifiuta. La Russia passa  all’offensiva.

 La NATO  però  non    può e non vuole     mollare l’ Ucraina; deve quindi intervenire DIRETTAMENTE   per salvare il  suo  regime  a Kiev.

Ma  così la posta  diventa troppo  grossa  per  il master  della NATO  (  gli U$A);  le potenze nucleari non possono  farsi      guerra  DIRETTAMENTE .  E così  gli U$A hanno deciso  di lasciare  l’ onere della guerra  ai suoi ascari  €uropei .

Il motivo per il quale    dovrà  essere    l’ €uropa  a   dover  correre il rischio  e prendersi il danno  facendo  guerra  alla  Russia in un modo  o nell’ altro.

E  qui  veniamo     al cumquibus. A nessun  ascaro   sarà permesso  di sottrarsi  a  questa  guerra.   Riguardo a  ciò il  problema non è politico,  nel senso  che  in €uropa  i padroni  della NATO   detengono  il controllo non solo dei governi ma anche delle opposizioni.   Si  tratta  solo  di definire    l’ opportuna  “ narrazione”  per portare  avanti le decisioni prese.

E  qui  veniamo all’ Italia .

 L’ attuale    governo   non ha la  maggioranza   bellicista necessaria. Il partito  contrario, la Lega,   ( per ora ) non  sembra  disponibile a   “cambiare idea”.   Nel caso si tratterebbe  quindi    di costruire  una  maggioranza     ”ad hoc”    con pezzi  di opposizione   atti  a sostituire  i  renitenti  alla guerra  della attuale maggioranza.  Una  dinamica che  “  a parti invertite”   abbiamo  già visto con il governo Prodi1

Quindi :

Ipotesi  uno  : Giorgia   sbatte  fuori  la Lega .

E’ un cosa  abbastanza  semplice   fare un Giorgia 2  “  deguera” .  Basterebbe  mettere insieme  TUTTO  FdI,   TUTTA FI,        i “calendiani ”  e un pugno  di leghisti    sedicenti  “padanisti”; con   un   sapiente    contributo  della opposizione   sarebbe  fatta.

 Ma Giorgia nicchia.  Lei ha costruito   tutto il suo  successo politico  succhiando le ruote leghiste; non è disposta   a ridare  alla Lega   la sua libertà d’ azione elettorale . Quindi non se parla

Ipotesi  due :   Giorgia   cade   come Prodi e  arriva  un  ammucchione   di “guerrafondai”  come  ai tempi  del governo  D’Alema.  

C’ è anche   l’uomo giusto  : Crosetto. Ma   Crosetto , al contrario  di D’Alema nel 1998,  non ha il controllo del suo partito;  se Giorgia non vuole  non se ne fa nulla. 

 Giorgia probabilmente  è tentata   di lasciare  ad altri   la patata bollente   del   governo  “deguera”  portando    gran parte  del  suo partito all’ opposizione   con Salvini , ma…

Il problema è  in quel “gran parte”;   per  vari motivi   “gran  parte”  di FdI   seguirebbe  comunque  Giorgia   e Crosetto  non potrebbe guidare  un governo   nel quale     la  sua  squadra   sarebbe  quella  di minor peso.

In   questo  caso   entrerebbe  in campo il “noto  garante”,    recuperando   il  noto  “SSalvatore  della patria”  per un “governo  di SSalvezza nazionale”.   Si  andrebbe  in guerra  e buonanotte  ma ad una condizione…

Solo dopo le elezioni del ‘27.   Come ben noto   dalle  fine   de  “l’ altro  SSalvatore  della patria”,  un  ammucchione  che massacra il paese  poi non potrebbe  presentarsi   alle  elezioni    e vincerle.

Quindi abbiamo  l’ ipotesi 3:  L’ ammucchione del “ salvatore”  si  fa  prima  delle elezioni .

 Ovviamente  su l’ onda  di un emergenziale  “fate presto” e in questo  caso  presentandosi   tutti insieme  contro  gioggia&salvini con  “il garante”  che farà  la  sua  ( solita) parte   in  cambio  di un “terzo mandato”   da consegnare poi (forse)  al “Ssalvatore”.

Tanto,   comunque   non si voterà più  perché   “c’è  la guera”…

E’   quindi ovvio  che  qualche  consigliore   del “nostro”  Re  possa  “coltivare”  questa ultima ipotesi   e  che   Giorgia  ci abbia  voluto “ veder  chiaro”.

Che  ci piaccia o meno,  siamo tutti nelle mani  di  Giorgia     la quale evidentemente   non vuol collaborare ( per ora).

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La Lotaringia, cuore dell’Europa_di WS

Oggi la cronaca geopolitica è priva di grandi novità. Tutto prosegue come prevedibile. E così, mentre viviamo sospesi in questa “bonaccia “, oggi divagherò sulle svolte mancate della SStoria e sui “movimenti tettonici” che periodicamente le ripropongono evidenziando così i sottostanti substrati “culturali”, per non dire “etnici”, che ancora vi sussistono a dispetto della massa di “detriti” che la suddetta SStoria vi abbia nel frattempo deposto sopra.

Farò questo “in lode” degli uomini “perdenti” che queste “svolte” le hanno tentate , non sappiamo quanto coscientemente.

Gli “storiografi” , che sono pressoché sempre i “lacché “ dei “vincitori” , non sono stati mai pagati per farlo.

L’ ho già fatto scrivendo in questa sede “in lode di Niccolò ( e di Giovanni)” per spiegare il “tornante” che ha spezzato per sempre la grandezza italiana cinque secoli fa; lo farò per spiegare il “tornante” che ha spezzato per sempre la grandezza dell’Europa non molto tempo prima .

Come spiega il Toynbee, le grandi civiltà ci impiegano molto a morire, anzi più grandi esse sono state e più l’agonia si protrae.

Roma era infatti già moribonda ai tempi di Augusto; eppure, per i cinque secoli successivi i ( sedicenti) romani del tempo credevano che fosse ancora viva .

L’ Italia, di par suo, fu colpita al cuore cinque secoli fa; eppure, molti italiani fino ad appena un secolo fa pensavano che fosse ancora ”risanabile”; per non parlare poi di un maestrucolo che pensava addirittura di potervi resuscitare “Roma”! Addirittura !

Per spiegare il tornante europeo partirò dalla strana divisione operata dai figli di Carlo Magno, con la quale si ripartirono Il Sacro Romano Impero del padre.

Guardate questa carta:

Cosa vedete in questa mappa ? Non vedete tre “culture”, tre “popoli” ? Non vedete “a sinistra” i “galli” e “ a destra” i “germani” ?

E non vedete nel “centro” i “gallo-germani” , dalla “Belgica” fino alla “ Gallia cisalpina“?

Ma perché questa strana striscia ? Non ne cogliete anche il fattore aggiunto ?

Non vedete la linea del “limes imperiale”, quella della massima romanizzazione prodotta come sempre dall’ insediamento territoriale degli ex-legionari sui territori sui quali avevano prestato servizio di guardia; è la ragione per cui la ex-Dacia si è poi conservata “romanza” in mezzo ad un mare slavo ?

Quella “ striscia” è il luogo di sintesi di tre apporti “culturali “ : celtici, germanici e romani “omogeneizzati” da una comune religione cristiana.

Quella “ striscia è il “ cuore dell’ Europa”; è il luogo fisico dove statisticamente si è poi creata almeno l’ 80% della cultura europea occidentale : religione , arte , letteratura economia.

Tutto ciò che noi oggi consideriamo europeo è nato li .

Non ci credete ? Eppure le tracce di quel grande splendore sono ancora oggi visibili dall’alto .

Guardate qui questa foto notturna de l’ Europa! Dove si concentrano le luci , si concentrano la popolazione e i consumi di luce perché li “ si vive meglio ”.

Ma la mappa ci dice anche un’ altra cosa: una “striscia” per di più spezzata dalla barriera delle Alpi, ben evidenziata anche dalla foto, viene naturalmente schiacciata dalle due ali molto più tozze, omogenee e compatte che l’avvolgono.

La Lotaringia infatti politicamente non resse e finì per essere rapidamente assorbita dal “fratello” più forte e barbaro, la “ grande SSassonia”, che rivendicò per sé l’impero.

Il Sacro Romano Impero Germanico appunto, la cui legittimità però venne subito contestata dal “ re dei Franchi”, in realtà dei Galli (le originali terre dei Franchi erano tutte in Lotaringia ) e dal Papa di Roma che rivendicava per se l’ eredità imperiale di Costantino.

In pratica tutti gli irrisolvibili contrasti che hanno poi travagliato la SStoria dell’Europa in generale e dell’ Italia in particolare erano tutti già li inseminati.

In controtendenza, poco prima che Colombo scoprisse l’ America, provocando così una rivoluzione “copernicana “ nella geopolitica europea , due uomini tentarono di resuscitare la Lotaringia creando per l’ “occidente” una prospettiva diversa.

Ma questo sarà argomento di un’ altra divagazione.

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Le Frontiere Corrotte dell’Ucraina: La Guerra come Copertura per il Boom del Traffico di Droga_di Eugenio Fratellini

Le Frontiere Corrotte dell’Ucraina: La Guerra come Copertura per il Boom del Traffico di Droga

Mentre le sirene antiaeree echeggiano nei bunker ucraini, un’ombra più subdola si allunga sulle frontiere occidentali del Paese: quella della corruzione sistemica tra le guardie di frontiera. Il Servizio di Guardia di Frontiera Statale dell’Ucraina (DPSU), incaricato di vigilare sui confini con l’Unione Europea, è diventato il fulcro di reti criminali che facilitano il transito di tonnellate di stupefacenti e merci di contrabbando verso Polonia, Ungheria, Romania e, più a sud, l’Italia. Non si tratta di episodi isolati, ma di schemi consolidati, alimentati dal caos della guerra russo-ucraina, che i funzionari corrotti sfruttano come scudo impunibile.

Secondo un rapporto del Global Initiative Against Transnational Organized Crime (GI-TOC) pubblicato ad aprile 2025, la regione della Transcarpazia – il “corridoio” ucraino verso i quattro Paesi UE confinanti – è un hub di “corporazioni del contrabbando” dove le guardie di frontiera incassano tangenti da 100 a 500 dollari per carico, permettendo il passaggio di eroina, cocaina e droghe sintetiche nascoste in veicoli agricoli o container di merci legittime.

Il documento denuncia “vertici di corruzione” interni al DPSU: ex capi come Serhiy Deineko, arrestato per schemi su sigarette, alcol e droga, hanno orchestrato reti che fruttano miliardi di euro annui. Un caso emblematico: a ottobre 2025, guardie a Leopoli hanno sequestrato 27 kg di stupefacenti per un valore di 42 milioni di UAH (circa 1 milione di euro), ma solo dopo aver “scoperto” un canale che loro stessi avevano facilitato per mesi.

La guerra, entrata nel quarto anno, amplifica questo degrado. L’UNODC, nell’ambito del World Drug Report 2025, spiega come il conflitto abbia “trasformato il paesaggio criminale ucraino”, spostando rotte di trafficking verso i Balcani e l’UE: la produzione locale di sintetiche come metadone e catinoni è esplosa, con i confini porosi – sorvegliati da personale demotivato e sottofinanziato – come valvola di sfogo.

Funzionari corrotti, protetti dall’emergenza bellica, giustificano negligenze con “priorità militari”, mentre incassano da cartelli sudamericani e gruppi balcanici. L’European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction (EMCDDA) nel suo report 2025 conferma: il 40% delle eroina sequestrate in Europa orientale proviene da rotte ucraine, con un calo del 30% nel trafficking diretto ma un boom del 150% nelle sintetiche.

L’impatto è devastante sui vicini dell’Ucraina. In Polonia, dove il confine di 535 km è saturo di rifugiati e aiuti umanitari, il traffico di anfetamine e MDMA ha causato un +25% di overdosi nel 2025, colpendo soprattutto giovani nelle periferie di Varsavia e Cracovia. Famiglie distrutte, comunità frammentate: un report UNODC evidenzia come queste droghe, “low-cost” grazie al contrabbando ucraino, alimentino dipendenze croniche e criminalità minore.

In Ungheria e Romania, la Transcarpazia funge da “porta d’ingresso”: a Budapest, il sequestro record di 5 tonnellate di eroina nel giugno 2025 è stato rintracciato a reti ucraine, con effetti sociali catastrofici – aumento della prostituzione forzata e del degrado urbano nei sobborghi. In Romania, migliaia di rifugiati ucraini sono vulnerabili al reclutamento da parte di trafficanti, esacerbando il trafficking umano-droga e sovraccaricando servizi sanitari già al collasso.

L’Italia non è immune: come endpoint meridionale delle rotte balcaniche, riceve flussi deviati dalla guerra. L’EMCDDA stima che il 15% della cocaina e eroina intercettata nei porti di Genova e Napoli nel 2025 provenga da hub ucraini, con un incremento del 20% nelle importazioni sintetiche via camion attraverso Slovenia e Croazia.

Questo non solo gonfia il mercato nero – con prezzi calati del 10% per l’abbondanza – ma erode la sicurezza: bande miste ucraine-albanesi controllano piazze di spaccio a Milano e Roma, alimentando violenza e dipendenze tra adolescenti. L’economia sommersa drena risorse: stime UE parlano di 2 miliardi di euro annui persi in evasione fiscale e cure sanitarie.

Mentre l’UE eroga miliardi in aiuti anti-corruzione al DPSU – come il programma del maggio 2025 per “analisi rischi smuggling” – i risultati sono modesti. È tempo che Bruxelles condizioni i fondi alla depurazione radicale delle frontiere ucraine. Altrimenti, la “coalizione dei volenterosi” contro la Russia rischia di annegare nel marcio del crimine transnazionale. La guerra non è solo un dramma geopolitico: è il brodo di coltura per mostri che avvelenano l’Europa intera.

Fonti consultate:

UNODC, “War transforming Ukraine’s criminal landscape” (18 luglio 2025): https://www.unodc.org/unodc/press/releases/2025/July/unodc_-war-transforming-ukraines-criminal-landscape–causing-economic-and-social-damage.html

GI-TOC, “Smuggling, Inc.” (1 aprile 2025): https://globalinitiative.net/wp-content/uploads/2025/04/Smuggling-inc.-Illicit-trade-between-Ukraines-Transcarpathia-and-the-EU-GI-TOC-April-2025.pdf

UNN, “Border guards in Lviv region uncovered a drug supply channel” (28 ottobre 2025): https://unn.ua/en/news/border-guards-in-lviv-region-uncovered-a-drug-supply-channel-over-27-kg-worth-uah-42-million-seized

EMCDDA, “European Drug Report 2025”: https://www.euda.europa.eu/publications/european-drug-report/2025/drug-supply-production-and-precursors_en

UNODC, “World Drug Report 2025”: https://www.unodc.org/documents/data-and-analysis/WDR_2025/WDR25_B1_Key_findings.pdf

GI-TOC, “Impact of the Ukraine war on drug markets in South Eastern Europe” (17 luglio 2023, aggiornato 2025): https://globalinitiative.net/analysis/ukraine-war-impact-drug-markets-south-eastern-europe/

U.S. Department of State, “2025 Trafficking in Persons Report: Romania” (30 settembre 2025): https://ro.usembassy.gov/2025-trafficking-in-persons-report-romania/

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Onora il padre e la madre_di WS

In un suo contributo l’ amico Ernesto ha sollevato il problema della “Patria”, un concetto/valore molto complesso. Dopo averlo profondamente eroso le attuali élites globaliste che ci dominano, sicuramente e presto, ripristineranno perché serve a LORO per mandarci a morire in guerra per i LORO interessi, essendo il richiamo della “Patria” “l’ ultima risorsa delle canaglie” utile a questo scopo.

Che è poi ciò che teme Massimo Morigi in questo suo intervento e che io riprendo partendo dal presupposto di Morigi che “Il compito della politica è quello di imporre anche ai pochi, qualche volta, alcuni sacrifici appunto nell’interesse di tutti.”

Cosa però improbabile laddove i ”padroni della politica” possono semplicemente , quando serve, utilizzare il concetto di “bene comune” per imporre ai “tanti” sacrifici nel nome di “tutti” .. ma per interessi LORO.

Non lo abbiamo forse recentemente visto con la “pandemia” ?

E non lo abbiamo anche visto nella prima delle LORO guerre mondiali laddove le masse dei contadini, gli operai gli servivano in fabbrica, furono mandate a morire nelle trincee in nome della “Patria” promettendo loro la terra che poi col cavolo gli fu data?

Perché quanto auspica Morigi può avvenire solo per la resipiscenza di “qualcuno” dei “pochi” che coarta tutti gli altri “pochi” , e solo sulla base dell’ assunto di un destino comune che non riguarda solo il futuro ma anche “il passato”. Non fece questo Augusto ? Non sta tentando di fare questo Putin ?

La questione della “Patria” esula la forma politica con cui essa si esprime sebbene io concordi con Morigi che la “repubblica” la incarni almeno simbolicamente molto di più.

Singoli capi possono però realizzarla più efficacemente grazie al loro rapporto diretto con il popolo. Il problema, però, in questi casi sta nel meccanismo di successione come ho già descritto in altri interventi in questo blog.

La sostanza comunque è che tra “popolo” ed élites ci deve essere un “ contratto” che li obblighi reciprocamente su valori comuni . Possiamo chiamarlo SPQR o “democrazia” o “dittatura” o “impero”, ma l’ impegno delle élites a sacrificarsi per un bene comune è fondamentale affinché anche il “popolo” ci si sottometta volontariamente.

Massimiliano I d’ Asburgo, un altro soggetto che andrebbe studiato più attentamente, creò la fortuna della sua casata sposando la derelitta orfana di Carlo il Temerario il cui ricco ducato di Borgogna era ormai in mano francese giacché , dopo la morte di Carlo ,gran parte della elite borgognona aveva già giurato fedeltà al Re di Francia.

Massimiliano non aveva un esercito, aveva con sé solo due migliaia di Tirolesi e pochi cavalli; l’ esercito francese al contrario aveva decine di migliaia di cavalieri.

Ma aveva visto come i fanti svizzeri avevano a Morat distrutto la cavalleria del suo futuro suocero e così ,giunto a Gand, si rivolse ai contadini fiamminghi e li inquadrò “alla svizzera” promettendogli la terra dei loro signori ribelli alla propria autorità .

Massimiliano a Guinegatte non avrebbe però vinto la cavalleria francese se non avesse schierato se stesso e suoi tirolesi in prima linea in mezzo ai fanti fiamminghi.

Questo concetto che “noblesse oblige “ se si vuole veramente comandare, i Romani l’avevano capito benissimo e applicato in quello che era appunto il massimo sacrificio da chiedere : morire in guerra.

L’ ordine di battaglia della repubblica romana imponeva infatti uno schieramento in ordine di età che coinvolgeva tutte le classi . Nelle quattro linee destinate ad entrare in combattimento in sequenza dai più giovani impegnati in prima linea ai più vecchi posti nell’ ultima, erano tutti coetanei , “ricchi” e “poveri” patrizi e plebei.

Così non solo ogni “ familia” doveva versare alla repubblica lo stesso “tributo di sangue”, ma solo i figli del patriziato che avevano mostrato a TUTTI sul campo di battaglia il proprio valore lottando insieme ai loro coetanei potevano, partendo dalla “prima linea” , cominciare il “cursus honoris” che li avrebbe eventualmente portati a diventare in vecchiaia i “patres” della repubblica.

Perché “Patria” ( alias ” terra dei padri” ) è infatti una parola che evoca un “destino” che guarda al passato , sia perché si richiama a “chi non c’ è più”, ma soprattutto evidenzia quanto l’ essenza di questo “destino” dipenda dagli uomini che hanno “generato” il mondo poi lasciato ai ” figli”.

E questa eredità è essenzialmente culturale sebbene sia imprescindibile da quella “genetica”.

Qualcuno infatti avrà notato la “disinvoltura” con cui i romani ” affiliavano” i figli degli altri “. Ma questo era a discrezione totale del “pater familias” e sulla base di elementi stringenti quali :

1) si trattava sempre e solo di “maschi”

2)le strettissime relazioni già intercorse tra i due ” pater familias” 

3) le minori risorse della “familia” dell’ adottato

4) la mancanza di eredi all’ altezza di succedere al “pater familias” adottante

5)l’ affido in giovane età dell’ adottato all’ adottante onde ricevere “come un figlio” la cultura e gli arcana imperii della “familia” adottante.

 Si capisce quindi ora quanto “la famiglia” sia il mattone fondamentale di una società che volesse chiamarsi “patria” e perché la famiglia in generale e “il maschio” in particolare siano i bersagli primari di chi vuole cancellare FISICAMENTE e per SEMPRE i “bianchi” cioè noi ” ultimi ” europei.  

Ma se la famiglia romana era evidentemente “patriarcale”, quantomeno nelle sue espressioni pubbliche, la trasmissione culturale non è mai ” affare di soli di maschi”.

 Non sappiamo per il passato, ma ancora oggi ci sono esempi interessanti di società “criptomatriarcali” in cui le donne “comandano in famiglia” lasciando la sfera pubblica ai propri uomini.

Si tratta certamente di “adattamenti” di società un tempo matriarcali; un esempio la famiglia sarda e quella ebraica.

Anzi, quasi tutte le famiglie dei popoli mediterranei antichi , a dispetto delle apparenze, si possono considerare tali in quanto dividevano il mondo in due sfere : una privata dominata dalla donna che assicurava gran parte della continuità culturale e una pubblica dominata dall’uomo che questa cultura la deve mettere in pratica a suo rischio e pericolo.

Anzi è sicuro che sia la donna a definire gran parte di questa continuità culturale per il fatto che le donne occidentali siano il bersaglio preferito della corruzione culturale globalista che ci ha investiti.

D’altronde è lo stesso mito di Adamo ed Eva a dirci che il serpente corrompe l’umanità “ convincendo” la donna, no ?

E l’ importanza della donna , anzi della “madre” , nel “ comune destino” non è evidenziata anche dal fatto che i russi , il “popolo bianco“ con la cultura più resiliente , chiamano “ madre Russia” la loro “Patria “ ?

Tornando quindi “a bomba” , può esistere ancora oggi un concetto di “Patria” che non sia snaturato ad un interesse di parte ?

Io non credo , perché “onora il padre e la madre” non è solo un precetto religioso. Chi rinnega il proprio passato non ha altro “comune destino” che quello di servire altri.

La scommessa, di Ernesto

La scommessa

Mi riallaccio all’articolo di Michael Hudson ed al contributo dell’ottimo WS che, seppure da punti di vista diversi, mi portano alle considerazioni che seguono.

Da un lato, pur apprezzando le argomentazioni di Hudson sulla sovranità, mi pare che la soluzione prospettata di tassazione delle multinazionali che sfruttano le risorse dei paesi “in via di sviluppo” quale soluzione alle problematiche dello sfruttamento occidentale nonchè metodo per riacquistare sovranità, mi sembrano conclusioni riduttive e, forse, utopistiche.

La tassazione, qualora venisse rispettata senza alcuna reazione da parte delle imprese straniere e versata in moneta “pesante”, sarebbe, a mio modesto avviso equiparabile al respiratore forzato ed alle flebo di liquidi ed alimenti al paziente in coma irreversibile: non risolve nulla.

Su punto basti il seguente esempio: la nazione “A” concede alla Multinazionale americana “B” i diritti di sfruttamento di un bacino petrolifero e incassa dalla multinazionale i diritti previsti nella concessione in dollari americani. Inoltre, ammesso e non concesso che non ci siano accordi di extraterrtorialità dei redditi prodotti dalla multinazionale, l’impresa straniera deve presentare la dichiarazione dei redditi prodotti nella nazione “A” mediante un preciso sistema di verifica da parte dell’Erario della nazione “A” di tutte le fatture emesse alle società che acquistano il petrolio estratto. Anche questa rimessa erariale avviene in moneta “pesante”. La nazione “A”, però, deve acquistare all’estero, la benzina, il gasolio, il GPL ed Kerosene avio, per il fabbisogno della nazione e, quegli acquisti, ovunque siano effettuati, devono essere pagati in moneta “pesante”. Ecco dimostrato come tutta la moneta “pesante” entrata nelle casse della nazione per i diritti e per le tasse, riesce immediatamente anche perchè, il combustibile finito e pronto all’uso, ha un costo superiore al greggio estratto. Se poi, la multinazionale americana “B”, nell’accordo per ottenere la concessione, ottiene di essere il fornitore unico o privilegiato per gli acquisti del combustibile, il gioco è fatto. La Nazione “A” rimane stretta nella spirale del dominio Americano aggravato da fatto che, anche volesse fare acquisti diversi, la piattaforma per i pagamenti internazionali è governata dagli Usa (Swift) che possono sanzionare con la preclusione al suo utilizzo come e quando vogliono.

Del resto l’impero inglese aveva fondato il suo potere sul controllo delle rotte commerciali forse in misura maggiore rispetto al controllo delle risorse stesse: quando si affacciarono competitori in grado di rivaleggiare (Francia in alcuni momenti) e Germania dopo il 1870, la conclusione è sempre stata la guerra.

Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione simile a quella che precedette il 1914: una globalizzazione a guida Americana in crisi perchè nuovi attori con capacità tecnologica e militare (Russia e Cina) reclamano il loro posto e non intendono sottostare alle “regole” Americane.

Ed allora, come nel 1914, si arriverà al conflitto e ci sono altri segnali in questo senso: “l’attenzione” americana per Venezuela e Nigeria, dimostrano la loro necessità di dominare direttamente le risorse laddove, nell’epoca d’oro, bastava dominare gli scambi perchè ora, stanno emergendo e si stanno costruendo, realtà di scambio alternative allo SWIFT ed al dollaro molto attrattive per le nazioni che vogliono sottrarsi al giogo.

Lo fanno perchè sanno che si andrà in guerra anche se pensano di non esserne coinvolti direttamente, ma pensano di potersi limitare ad essere il fornitore di risorse a chi combatterà per loro cioè noi europei. Ma per fornirci, a caro prezzo, quelle risorse, devono controllarle e Venezuela e Nigeria servono allo scopo.

Forse l’estromissione della Francia dal continente Africano, è stata in qualche modo consentita dagli USA che pensano di sostituirla, in un modo o nell’altro, perchè una Francia assolutamente bisognosa di risorse, è una nazione perfetta per essere un’altra UCRAINA.

E quello che vale per la Francia, vale per l’intera Europa.

Ma questa certezza Americana di essere fuori dal futuro conflitto, su cosa si fonda?

Non è forse stata sufficientemente chiara la Russia, con i messaggi anche espliciti che ha dato all’occidente ed agli USA?

Ho cercato una risposta che fosse razionale ma, in realtà, non vi è spiegazione razionale per un comportamento, irrazionale.

L’amico WS ha molto efficacemente ricordato il Film “Killing me softly” ed il monologo di Brad Pitt sul finale del Film.

Io mi permetto di ricordare l’incipit di Hostiles, altro film made in USA, nel quale si descrive l’anima americana come solitaria, violenta ed assassina.

Inoltre gli americani adorano il gioco d’azzardo al punto da avere creato una città che si basa solo su questo.

Quindi la risposta è tutta qui: sono solitari giocatori d’azzardo, violenti ed assassini ma eccezionali cui spetta il diritto di fare quel che vogliono.

Scommettono e se la scommessa non va a buon fine, chi se ne frega, estraggono la pistola e fanno fuori tutti.

Solo che, questa volta, esplode l’intero Casinò con anche loro dentro ma chi scommette mica si preoccupa di questo.

BREVE NOTA INTORNO ALLO STIMOLANTE INTERVENTO PATRIA? ALCUNE IDEE IN ORDINE SPARSO_di Massimo Morigi

BREVE NOTA INTORNO ALLO STIMOLANTE INTERVENTO PATRIA? ALCUNE IDEE IN ORDINE SPARSO

di Massimo Morigi

Scrive, fra le altre pregevoli e condivisibilissime cose, il nostro amico Ernesto nel suo bell’interventoPatria? Acune idee in ordine sparso (Wayback Machine:http://web.archive.org/web/20251108095938/https://italiaeilmondo.com/2025/11/04/patria-alcune-idee-in-ordine-sparso_di-ernesto/):

«É quindi chiaro che parlare di patria rischia di essere, in buona o malafede, frainteso.Tuttavia, faccio comunque le seguenti  domande scomode accollandomi i rischi di fraitendimenti, critiche ed accuse di vetero nazionalismo di ritorno: che cosa è la Patria? Può essere la Patria, una volta definitone il concetto, quella piattaforma ideale capace di creare un senso di appartenenza e di ispirazione? Può essere il filo conduttore di una politica che intenda costruire e difendere una comunità fatta di individui, famiglie, imprese ed apparati statali, in una ottica di interesse generale? Ripeto e ribadisco: non si tratta di ritornare ai miti novecenteschi o a ideologie superate e sorpassate. Si tratta di trovare un contenitore adatto ad interpretare ed agire, come ente collettivo (lo Stato), nel conflitto strategico internazionale e, nel contempo, interpretare e gestire il conflitto interno tra le varie formazioni sociali che fanno parte dell’Italia: tutto nell’interesse della comunità che la costituisce, della sua autonomia, della sua economia e dei suoi cittadini intesi come complesso di formazioni sociali alle quali, in alcuni casi, dovranno essere chiesti (imposti) sacrifici. Sacrifici alle volte ad alcune formazioni sociali ed alle volte ad altre formazioni sociali (il nostro WS ha ragione quando ritiene che la vera lotta non sia quella di classe ma il conflitto tra chi per vivere deve lavorare – i molti – e chi invece vive senza dover lavorare – i pochissimi –. Tuttavia compito della politica è quello di imporre anche ai pochi, qualche volta, alcuni sacrifici appunto nell’interesse di tutti.»

Ora, alle molte (e tutte condivisibili) osservazioni del Nostro sarebbe assai avventuroso affiancare un’analisi e, soprattutto, predizioni, che non siano vaticini alla divino Otelma ma a questa domanda (o ragionamento) la risposta è molto facile accompagnata da un piccolo appunto. Sì, la Patria è l’unico punto di partenza dal quale iniziare ad affrontare il caso italiano (non certo lo Stato, perché lo Stato può benissimo esistere senza Patria, lo si vede bene in Italia e lo si vede altrettanto bene considerando con un minimo di oggettività l’Unione europea, una burocrazia arrogante ed autoreferenziale che prescinde totalmente da qualsiansi legame storico, sociale e culturale con i popoli che pretende di rappresentare) e lo è per il semplice motivo che un’azione politica o geopolitica che non voglia essere semplice scontro intestino all’interno del gruppo degli agenti strategici alfa (sui gruppi strategici alfa, le grandi unità strategiche che guidano le danze e i gruppi strategici omega, coloro che subiscono l’azione strategica alfa e cercano di reagire con controstrategie di solito inefficaci, in altri tempi si sarebbe detto il proletariato, cfr. Massimo Morigi, Teoria della distruzione del valore. Su Internet Archive all’URL https://archive.org/details/MarxismoTeoriaDellaDistruzioneDelValore, sull’ “Italia e il Mondo” e tramite congelamento Wayback Machine all’URL https://web.archive.org/web/20170205031134/https://italiaeilmondo.com/2017/02/04/teoria-della-distruzione-del-valore-teoria-fondativa-del-repubblicanesimo-geopolitico-e-per-il-superamentoconservazione-del-marxismo-di-massimo-morigi/) anarchici ed irresponsabili che si contendono le risorse ha come condizione necessaria (anche se, ovviamente, non sufficiente) l’esistenza (o la credenza nell’esistenza, che poi per quanto riguarda il discorso che qui ci interessa è la stessa cosa) di un’unità di riferimento universalmente reputata ontologicamente superiore e concretamente politicamente prevalente su tutti i gruppi particolari (e soprattutto sui grandi gruppi strategici alfa) presenti e all’interno della singola società e anche in lotta intestina sullo scenario internazionale (immancabile qui il richiamo anche al fondamentale Lenin col suo L’imperialismo fase suprema del capitalismo). Insomma, per fare una facile metafora ma che penso estremamente illuminante, così come la medicina non può fare a meno di cercare di porre rimedio al corpo umano malato o a concepire le strategie per mantenerlo in salute, la politica e la geopolitica non possono fare a meno di quel fulcro di tutto il sistema relazionale umano che si chiama popolo con tutte le sue più o meno infelici problematiche storico-sociali al fine, se non di porvi un totale rimedio, di offrire, almeno in linea di principio, praticabili e concrete strategie per dialettizzare e superare le contraddizioni storiche, politiche e culturali (per compiere, cioè, l’hegeliana Aufhebung) che si frappongono al dispiegamento delle potenzialità positive di questo popolo. Nel caso contrario, una consocenza del corpo umano che non si proponga di curare o di procurare benessere al corpo, siamo in presenza di una conoscenza meramente fisiologica o patologica e nel caso di una politica senza popolo siano in presenza della conoscenza – e della pratica – da parte dei maggiori gruppi strategici alfa che si contendono le risorse sì di una politica e/o geopolitica ma una politica e una geopolitica riservate a gruppi ristretti, cioè, in ultima analisi, siamo in presenza di una conoscenza più o meno elitaria e/o esoterica dove il termine politica può essere, anzi deve, essere espunto, perché quello che manca è l’elemento della Polis o per esprimerci in termini otto-novecenteschi, la Patria (e, infatti, di conoscenza elitaria e/o esoterica e, simmetricamente, delle fantasiose suggestioni da ammanire al popolo si deve parlare oggi, tanto per fare esempio, riguardo all’attuale guerra Russia-Nato. I grandi gruppi strategici alfa ragionano al riguardo sulla falsariga del realismo politico – quanto questo realismo sia però “ragionato” e praticato con criteri di razionalità è però un altro discorso – mentre per il “popolaccio”, gli omega, i mass media e tutto il sistema politico delle c.d. democrazie occidentale riservano le consunte e ridicole litanie sulla difesa della democrazia).

L’appunto riguarda quando viene affermato che non si tratta di ritornare ai miti novecenteschi, e qui ci si riferisce al fatto che non bisogna tornare al mito romantico otto-novecentesco della Patria. Ora, per questo breve ragionamento non rileva tornare alla distinzione fra patriottismo e nazionalismo, che molto erroneamente viene oggigiorno fatta in particolare da quella scuola di pensiero che va sotto il nome di neorepubblicanesimo cui io non appartengo avendo lo scrivente elaborato un paradigma repubblicano che ho definito ‘Repubblicanesimo Geopolitico’ e proprio in omaggio al criterio di brevità che esprime questo intervento e al fatto che su ciò mi sono espresso in moltissime occasioni non dettaglierò ulteriormente questo paradigma (ho già qui rinviato alla Teoria della distruzione del valore, che può ben essere propedeutica per una sua conoscenza iniziale).

Ma, in estrema sintesi, si può affermare quanto segue: certamente la ‘mitologizzazione’ di qualsiasi cosa, sia un concetto poliltico ma anche quanto colpisce la nostra sensibilità nella vita di tutti i giorni, è da evitare perché, come si dice, ci fa vedere lucciole per lanterne ma l’oggetto sul quale è stata poi operata l’operazione di mitologizzazione deve focalizzare la più attenta attenzione e cosiderazione perché, in caso contrario, ci si trova a muovere in un piatto e controstorico eterno presente dove le sole cose che contano sono le fugaci sensazioni del momento. E quindi, per tornare al mito della Patria, che non bisogna certo assumere acriticamente o come una sorta di spirito ultraterreno ma come di un oggetto storico di cui non ci si può facilmente sbarazzare, cito dal giuramente di affiliazione alla Giovine Italia dove il nuovo affiliato a questa rivoluzionaria organizzazione voluta da Giuseppe Mazzini giura «Nel nome di Dio e dell’Italia. Nel nome di tutti i martiri della santa causa italiana, caduti sotto i colpi della tirannide, straniera e domestica. Pei doveri che mi legano alla terra ove Dio m’ha posto e ai fratelli che Dio m’ha dati. Per l’amore, innato in ogni uomo, ai luoghi ove nacque mia madre e dove vivranno i miei figli. Per la memoria dell’antica potenza. Per la coscienza della presente abiezione. Per le lagrime delle madri italiane […] [ e quindi giuro] Di consacrarmi tutto e per sempre a costituire con essi l’Italia in Nazione, Una, Indipendente, Libera, Repubblicana.»: giuramento di affiliazione alla Giovine Italia all’URL Wayback Machine http://web.archive.org/web/20250118110304/https://www.schule-bw.de/faecher-und-schularten/sprachen-und-literatur/italienisch/land-und-leute/kursstufe-themen/storia-politica/risorgimento/mazzini.pdf.

Certo, possiamo discutere il fatto di far svolgere a Dio il ruolo di chiusura del sistema semantico-simbolico del giuramento (ma però va sottolineato che qualsiasi umana comunicazione implica, più o meno esplicitamente, sempre una struttura logica con un elemento di chiusura all’interno della stessa indimostrato – e indimostrabile in ultima istanza –, e non addentriamoci qui ulteriormente intorno alla problematica dei Teoremi di incompletezza di Gödel e alle potenzialità che questi offrono anche ad un inquadramento teorico delle varie e possibili teologie politiche, non solo quelle consegnateci dalla storia ma anche quella che è sotto i nostri occhi – il mito della democrazia ampiamente ‘smitizzato’ e dal punto di vista della teoria politica ma anche nel sentire popolare, definizione corretta di ‘democrazia’ è ‘polioligarchia competitiva’, cfr. a questo proposito proprio qui sull’ “Italia e il Mondo” miei precedenti e recenti interventi – e, infine, quelle che ci riserva il futuro, delle quali nulla possiamo dire se non che la speranza che si ha quasi timore ad esprimere è che si possa in qualche modo influenzarne positivamente la dialettica), e possiamo anche convenire che l’impostazione retorica del giuramento rinvia ad una società e ad una sensibilità romantica dove nella vita pubblica deve essere prevalente il ruolo maschile ma non possiamo eludere che quello che veramente rileva e che ci riguarda direttamentamente severamente ammonendoci è il giuramento per costituire «l’Italia in Nazione, Una, Indipendente, Libera, Repubblicana». In seguito all’esito fallimentare del Risorgimento, e nonostante si accettino pareri contrari, in seguito anche alla caduta del fascismo, non abbiamo avuto nessuna di queste cose, nemmeno la Repubblica, a meno che non si intenda Repubblica, sostituire un re con un presidente (e a meno che per Italia Una non ci si fermi, sempre in entrambi i casi, ad un rappresentazione puramente formale buona solo per colorare la carta politica dell’Europa ). E qui non stiamo parlando di miti ma di una concreta realtà storica, per comprendere e, possibilmente, rettificare la quale ha scritto il nostro amico Ernesto e per la quale anche lo scrivente è stato stimolato ad intervenire con questa breve nota.

Massimo Morigi, novembre 2025

https://marxist.com/lenin-100-years-on.htm

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