Quali sviluppi potrebbe avere il conflitto in corso in Ucraina. Di Claudio Martinotti Doria

Prima di addentrarmi in quello che voglio comunicare, devo fare alcune premesse.

Quanto ho scritto nei miei pochi articoli precedenti, si è rivelato preciso e centrato come previsioni almeno al 90%, il 10% di margine di errore è attribuibile a una mia ancora latente vena di ottimismo, che mi fa deviare dall’analisi necessariamente critica e cinica della realtà.

Oltre ovviamente al fatto che le notizie arrivano progressivamente e non sempre la tempistica coincide con la possibilità e voglia di scrivere, e spesso sono peggiori del previsto.

Non avevo alcuna intenzione di scrivere altri articoli, ma la gravità della situazione mi ha indotto a rompere gli indugi e la proverbiale pigrizia. Non fosse altro che per contrastare le menzogne mediatiche di regime che continuano a descrivere una realtà che esiste solo nella narrativa propagandistica, che ha raggiunto livelli parossistici e ridicoli che solo gli imbecilli possono ancora ritenere attendibili.

Dovrò necessariamente essere telegrafico e riduttivo, perché gli argomenti sono moltissimi e potrò solo sfiorarli. Mi limiterò soltanto a fornire un quadro a grandi linee della situazione e della sua pericolosità.

Fatte queste premesse, esaminiamo subito dati importanti che non sono certo stati forniti nei media mainstream.

Le Forze Armate ucraine finora hanno avuto oltre 380 mila perdite, e intendo proprio morti, poi aggiungeteci i feriti, che di solito sono più dei morti. Le perdite ucraine sono all’incirca 15 volte superiori alle perdite subite dai russi. Ma la sorpresa che mi ha spiazzato è stata rilevare l’aggiornamento sulle perdite tra i soldati della NATO, perché si tratta di una guerra tra la NATO e la Russia, l’Ucraina è solo il campo di battaglia e gli ucraini sono solo gli utili idioti sacrificabili, sfruttati a questo scopo, così come avverrà per tutti gli altri popoli che si presteranno.

Ebbene da indagini eseguite accuratamente presso tutti i punti sociali e istituzionali utili a tale scopo (ad esempio le pompe funebri e i dati degli obitori, in proposito ho attinto prevalentemente da OSINT – open source intelligence) hanno rivelato che sono morti oltre 30mila soldati del cosiddetto contingente internazionale, cioè della NATO con divisa ucraina. Alcune fonti sono addirittura superiori, ma io, come sono solito fare, prendo sempre la cifra più bassa, per prudenza. Quindi complessivamente i morti tra le fila NATO/Ucraina superano abbondantemente le 400mila unità. Un’enormità che avrebbe dovuto indurre qualsiasi governo che abbia a cuore le sorti del suo popolo a negoziare.

Questo dato cosa rivela in particolare?

Rivela che alle poche migliaia di soldati NATO (inizialmente mercenari), che io stesso indicavo come presenti in Ucraina e ininfluenti sulle sorti del conflitto durante i primi mesi, di fronte all’evidente catastrofe cui andava incontro l’esercito ucraino, se ne sono aggiunti col tempo decine di migliaia, INVIATI DAI LORO STESSI COMANDI, seppur sotto l’ipocrita definizione di “volontari” e sotto le mentite spoglie di soldati ucraini materializzatisi improvvisamente. Ovviamente sono strapagati, alla pari dei cosiddetti contractors, per indurli ad affrontare rischi così elevati occorre che il compenso sia adeguato.

Il compenso supera abbondantemente i 1000 euro al giorno, somma solo apparentemente elevata rispetto ai rischi che si corrono di rimanere uccisi o mutilati.

Questo spiegherebbe le grandi offensive ucraine dell’ultimo mese e mezzo, che si stima abbiano coinvolto oltre 60mila soldati perfettamente addestrati ed equipaggiati, e non potevano certo essere tutti ucraini, visto che l’esercito ucraino è ormai decimato, nel senso che ne è rimasto un decimo, ormai da mesi ricorrono alle unità delle milizie territoriali per sopperire alle pesanti perdite, che sono poco addestrate e le usano come carne da cannone costringendole a combattere.

Ormai per trovare persone disposte ad andare a farsi ammazzare al fronte devono costringerli con la forza e se si rifiutano non c’è il carcere (come era all’inizio) ma la fucilazione. E i nazisti che fungono da polizia militare li uccidono sul posto se si rifiutano di combattere o se accennano ad arrendersi. Questi fatti ovviamente i media mainstream occidentali non li riportano. Continuano a riferire di un’Ucraina democratica e civile aggredita dai russi. Tacciono sulle migliaia di uccisioni di civili ritenuti collaborazionisti solamente perché sono rimasti nelle loro abitazioni dopo l’arrivo dei russi o sulla corruzione tra gli esponenti nazisti del regime, a tutti i livelli, per cui hanno consentito di emigrare solo a coloro che hanno pagato una sorta di tariffario. Tantomeno i media occidentali rivelano che il regime di Kiev approfittando della guerra ha assunto pieni poteri dittatoriali eliminando tutta l’opposizione e silenziando ogni voce contraria, ogni manifestazione di dissenso, anche minimo. La pena è la morte e la confisca di tutti i loro beni. Mica per nulla sono nazisti, perché si comportano come tali, anche peggio.

Quindi ricapitolando, alcuni analisti militari stimano che almeno la metà dei soldati che hanno realizzato le offensive ucraine negli oblast di Kharkiv e Kherson erano della NATO, e siccome hanno avuto mediamente circa 500 morti al giorno durante i combattimenti nelle fasi più acute degli scontri, e sono trascorsi quasi un paio di mesi, fate presto a fare i conti di quante migliaia di soldati NATO sono morti solo nelle ultime settimane, senza contare quelli caduti sotto gli intensi bombardamenti nelle retrovie.

Inoltre la Russia con i bombardamenti mirati alle infrastrutture dell’Ucraina sta mettendo in ginocchio il paese, impedendo le comunicazioni, gli approvvigionamenti e la logistica, oltre a lasciare al freddo, senza luce e senza carburanti e cibo la popolazione oltre all’esercito.

Tutto questo sacrificio di vite umane aveva il solo scopo di ottenere qualche effimero successo militare ucraino per favorire i DEM prima delle elezioni di medio termine negli USA, che avverranno l’8 novembre. Senza questi successi sul campo il regime nazista di Kiev rischiava l’interruzione dei finanziamenti e delle forniture militari da parte dell’Occidente, cosa che comunque avverrà, perché i mezzi militari e le munizioni si stanno esaurendo anche in Occidente e ci vogliono mesi per produrle. Inoltre i costi sono esorbitanti e l’Occidente non può permettersi di continuare a finanziare la guerra in Ucraina, indipendentemente dalle dichiarazioni di facciata dei politicanti di turno.

Ma questi successi militari sul campo non influiscono minimamente sulle sorti della guerra, far retrocedere di qualche decina di km le truppe russe non determinerà le sorti della guerra, se poi, come è infatti avvenuto, le offensive ucraine si spengono e vengono respinte con gravissime perdite di vite umane e di mezzi bellici.

A questo punto gli USA non potranno fare altro che forzare la mano e intervenire direttamente, o quantomeno tramite alleati affidabili e russofobi, come i polacchi e i paesi baltici, probabilmente dopo una false flag (operazione sotto falsa bandiera) da imputare ai russi per giustificare un intervento NATO. Da mesi si sospetta che i nazi-ucraini stiano preparando una bomba sporca, cioè radioattiva, sotto la supervisione degli anglosassoni (UK e USA sono i maggiori fomentatori del conflitto perché le loro economie stanno collassando), per poi accusare i russi e provocare un’escalation bellica, coinvolgendo altri paesi NATO.

Gli USA NON POTRANNO MAI ACCETTARE CHE IL MONDO DIVENTI MULTIPOLARE, come vorrebbero Russia e Cina, perché provocherebbe il tracollo del dollaro come moneta internazionale (l’ingresso dell’Arabia Saudita nei BRICS significa proprio questo: la fine del petrodollaro), senza il dollaro come moneta dominante gli americani dovrebbero rinunciare al loro elevato tenore di vita parassitario sulle spalle del resto del mondo, e non sono certo disposti a farlo, quindi non rimane che la guerra totale. Purché non sia nucleare. E’ questo il punto che li ha frenati finora.

Hanno confidato che la Russia, essendo un paese responsabile e non criminale come gli USA, non vi ricorresse mai in alcuna circostanza, ma non possono esserne certi. E siccome la Russia con i missili ipersonici ha una netta superiorità tecnologica nel settore, se dovesse ricorrervi, gli USA come potenza militare cesserebbe di esistere, la loro preziosa flotta che li ha resi una potenza marittima di primo piano verrebbe spazzata via dal Mediterraneo e dal Mare del Nord in pochi minuti. Nessuna difesa aerea è in grado fermare i loro missili ipersonici. Solo gli imbecilli che s’informano tramite la tv non sanno della netta superiorità tecnologica militare russa raggiunta ormai da alcuni anni, ma credono ancora che siano gli USA a detenere la supremazia militare del pianeta. Gli americani invece lo sanno benissimo, soprattutto al Pentagono, che non ha alcuna intenzione di misurarsi con la Russia.

Quindi sottobanco si stanno consultando con i russi per cercare di limitare il conflitto alla sola guerra convenzionale terrestre. Vorrebbero cioè che si sacrifichino solo vite umane (possibilmente di altri popoli) e non le loro preziose e costosissime navi da guerra o i satelliti (anche questi ultimi la Russia potrebbe eliminare facilmente, ad esempio con armi a impulsi elettromagnetici).

Se negli USA la popolazione, che è in maggioranza contraria alla guerra in Ucraina contro la Russia (come anche in Europa), non si deciderà a dare una spallata definitiva al fantoccio demente Biden e al suo entourage DEM, composto da neocons e/o sionisti, psicopatici guerrafondai che stanno distruggendo l’Occidente, Europa in primis, si arriverà a una guerra totale e verrà combattuta in Europa, la quale è già prostrata a causa della crisi energetica artificialmente indotta per sottometterla come colonia degli USA e non più concorrente.

In alternativa potrebbero scegliere l’opzione terroristica permanente, cioè ricorrere ad azioni continue di sabotaggio, incursioni, attentati, guerriglie e guerra sporca, ecc., in tutta Europa e in Russia. L’importante è tenere alta la tensione, la paura, la ferocia, la vendetta, la ritorsione … com’è nel loro stile barbaro distruttivo e involutivo. Con la miseria che loro stessi hanno creato in Europa, non avranno alcuna difficoltà a reclutare decine di migliaia di mercenari russofobi per i loro scopi, addestrandoli e occultandoli nelle loro numerose basi militari sul suolo europeo.

Sui burattini che governano attualmente l’Europa non dedico tempo, perché sarebbe sprecato, non mi interessa sapere se sono corrotti o sono stupidi o entrambe le cose, per me è come non esistessero, sono solo marionette, prive di anima e di autonomia di pensiero e di azione. Non riuscirebbero a fare nulla di utile e adeguato alle circostanze neppure per sbaglio. Non bisognava votarli, nel senso che non si doveva proprio votare, era l’unico modo per delegittimarli. Chi li ha votati ora risolva il problema che ha contribuito a creare. Li renda innocui, perché questi obbediranno al padrone, non sanno fare altro, e quindi ci porteranno alla catastrofe.

 

 

 

Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria, Via Roma 126, 15039 Ozzano Monferrato (AL), Unione delle Cinque Terre del Monferrato,  Italy,

Email: claudio@gc-colibri.com  – Blog: www.cavalieredimonferrato.it – http://www.casalenews.it/patri-259-montisferrati-storie-aleramiche-e-dintorni

Un mondo senza super poteri_di Oleg Barabanov, Timofei Bordachev, Yaroslav Lissovolik, Fyodor Lukyanov, Andrey Sushentsov, Ivan Timofeev

Il Club Valdai è una fondazione fondata inizialmente per promuovere l’immagine e la cultura della Russia. Successivamente si è trasformato in un pensatoio, costituito da personalità ed intellettuali di decine di paesi, in grado di fornire analisi ed indirizzi geopolitici, laddove il punto di vista russo assume una funzione essenziale. Molto importante ed interessante da seguire. Uno dei segnali della consapevolezza di sé che stanno assumendo stati e centri decisori ormai autonomi, anche culturalmente, da quelli statunitensi. Buona lettura, Giuseppe Germinario

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introduzione

Quando le proprie previsioni più cupe si rivelano le più accurate, questo è destinato a provocare sentimenti contrastanti. La soddisfazione di rivelarsi preveggenti è controbilanciata dalla realtà di un futuro più allarmante. Dal 2018, il Valdai Club avverte che i processi che portano al collasso totale del sistema politico ed economico globale stanno accelerando, mentre l’ordine internazionale che si è sviluppato come insieme di istituzioni nella seconda metà del 20 ° secolo e si è protratto lungo il secolo in corso, sta diventando sempre più deformato.

La crisi della globalizzazione come quadro universale per lo sviluppo globale è iniziata negli anni 2000. La pandemia ha dimostrato che la globalizzazione, come era intesa negli anni ’80, era abbastanza reversibile. La crisi politico-militare scoppiata in Europa nel 2022 – una ricaduta estremamente pericolosa e quasi imprevedibile nella rivalità tra le maggiori superpotenze – ha colpito in un modo o nell’altro la maggior parte del mondo . Esso segnala anche la fine del modello di relazioni del quale la “benedizione” della dipendenza reciproca era un presupposto fondamentale .

La misura in cui i diversi attori sono coinvolti nell’attuale cataclisma internazionale varia . Molti stanno cercando di prendere le distanze in sicurezza dal feroce confronto tra la Russia e l’ Occidente collettivo guidato dagli Stati Uniti , per il quale l’Ucraina era un pretesto. Tuttavia, nessuno ha dubbi sul fatto che ciò che sta accadendo ora non sia semplicemente un conflitto regionale o anche una disputa per determinare quale dei principali attori occuperà un posto più alto nella gerarchia internazionale . La domanda principale è se questa gerarchia sarà preservata nella forma a cui siamo abituati e , in tal caso , come sarà costituita . _ _

Le cause dirette degli acuti problemi di sicurezza internazionale che il mondo deve affrontare superano la portata di questo rapporto, così come le previsioni sull’esito finale, che sarebbero in ogni caso terribilmente premature. Tuttavia, possiamo essere così audaci da immaginare quali principi possano costituire la base di un futuro sistema di convivenza globale e quali saranno giustamente relegati nel passato. Un nuovo sistema è destinato a prendere forma in una fase futura della politica globale,  anche se è improbabile che ciò possa succedere presto . _

Principi imperiali

A causa della sua relativa semplicità, il sistema internazionale del secondo dopoguerra , a cui la maggior parte dell’umanità è abituata , prevedeva l’ esistenza di superpoteri come suo segno distintivo. Il mondo dominato dalle superpotenze era caratterizzato dalla capacità di un piccolissimo gruppo di stati particolarmente potenti di controllare il resto del mondo, direttamente o indirettamente, attraverso istituzioni, regole e denaro, e di stabilire per loro standard di comportamento di base .

Gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica erano tali superpotenze durante la Guerra Fredda. Non solo ognuno di loro aveva un gruppo di satelliti alleati, ma forniva anche a una gamma abbastanza ampia di paesi i fondi di cui quei paesi avevano bisogno per andare avanti. Le istituzioni internazionali emerse sulla scia della seconda guerra mondiale hanno creato le infrastrutture necessarie. Dopo il 1991 e l’auto-scioglimento dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti assunsero la posizione di monopolio come unica superpotenza e leader dell ‘”ordine mondiale liberale”. Le risorse sono state distribuite nell’ambito di questo ordine in larga misura attraverso le istituzioni internazionali backbone (la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, in una certa misura le Nazioni Unite, con gli Stati Uniti che svolgono un ruolo guida nel loro attuale funzionamento: tutti sono anche fisicamente situati sul suolo statunitense). Nel 2013, la Cina ha iniziato a lavorare per ottenere uno status simile quando ha presentato l’iniziativa Belt and Road come parte della più ampia dottrina filosofica della Comunità del Destino Comune .

La disponibilità di capacità militari è segno di una superpotenza che, tuttavia, non deve essere considerata un attributo ultimo . Ad esempio, le forze nucleari non possono svolgere un ruolo decisivo nella governance internazionale proprio per la loro natura unica. Inoltre, la vasta esperienza nell’uso delle forze armate convenzionali dopo la seconda guerra mondiale ha rivelato il limite di efficacia di questo strumento, riguardo soprattutto ai principali paesi. Più importante è la loro capacità di creare l’ infrastruttura politica ed economica in cui la partecipazione (e, di conseguenza, il rispetto delle sue regole) è percepita come un valore assoluto . La gerarchia è stabilita attraverso un accesso regolamentato all’infrastruttura.

A metà del XX secolo , questo tipo di ordine internazionale ha sostituito il classico equilibrio di potere delle epoche precedenti, quando un gruppo di imperi europei, inclusa la Russia, aveva interagito tra loro e con altre nazioni quasi esclusivamente attraverso la forza militare. L’equilibrio di potere comportava condurre guerre continue per ” aggiustarlo ” .

Il crollo degli imperi europei nel 1918-1991 ha portato all’emergere di numerosi stati di piccole e medie dimensioni prive della disponibilità delle risorse energetiche o della tecnologia necessarie a supportare lo sviluppo indipendente, il che ha guidato la domanda dei “servizi” forniti dalle superpotenze come sponsor. Durante la seconda metà del 20 ° secolo, la comunità internazionale ha visto l’ ascesa di un gruppo di leader in termini demografici come Cina, India, Brasile, Indonesia, Turchia, Iran, Sud Africa e molti altri. Tuttavia, fino all’inizio del 21 ° secolo, tutti gli stati emergenti , formalmente o di fatto , sono rimasti nella sfera di influenza delle superpotenze , prima due , e poi solo una .

Chiariamo ancora una volta : lo status di superpotenza, per come la intendiamo noi , è conferito solo a uno Stato al quale un numero significativo di altri Paesi associa la propria capacità di superare le sfide e sopravvivere in un caotico ambiente internazionale. In un certo senso, è un ordine mondiale imperiale, ma l’ autorità è esercitata attraverso un insieme di strumenti che fanno della subordinazione al centro una scelta privilegiata rispetto alla coercizione primitiva, il che rende tale subordinazione praticamente l’ unica opzione disponibile .

La Russia è un esempio calzante . Dopo aver perso il proprio ruolo (sovietico) di costruzione del sistema nel 1991, le sue relazioni con l’ Occidente si sono basate sulla convinzione che l’ interesse della Russia a partecipare a un sistema internazionale incentrato sull’Occidente è molto più importante degli interessi di Mosca nel garantire la propria sicurezza . Tutti si sono abituati a questa circostanza e hanno cominciato a darla per scontata, soprattutto in Occidente. Da qui, la natura quasi rivoluzionaria degli eventi  quali quello avvenuto nel 2022, quando la Russia è diventata la prima grande potenza che, guidata dalle proprie idee di sicurezza ed equità, ha scelto di scartare i benefici della “ pace globale ” creata dall’unica superpotenza (gli Stati Uniti). Tali benefici sono stati considerati dal Cremlino troppo rischiosi, poiché l’ integrazione politica ed economica nel sistema di interdipendenza collettiva impone restrizioni eccessive alla libertà di azione di un determinato Stato .

La Russia ha una storia di relazioni con l’ Occidente che si riflette nelle decisioni che prende ma questa questione è diventata una preoccupazione anche per altri paesi . Congelando le riserve di oro e valuta estera della Russia, gli americani hanno innescato una reazione a catena di dubbi sulla natura globale dell’economia globale e sulla sicurezza delle attività finanziarie dei paesi collocate presso mercati internazionali . Gli sforzi spietati per “ripulire ” le proprietà della Russia all’estero, inclusa la proprietà privata, hanno dimostrato che le giurisdizioni occidentali possono, se necessario, essere guidate dall’opportunità politica piuttosto che dalla legge. Guardando alla Russia, altri paesi si sono chiesti se dovessero mitigare i propri rischi e agire per proteggere i propri asset finanziari .

Gli Stati Uniti  si rendono conto  che  la loro  posta  in palio in  questo  gioco  è  paragonabile a quella della Russia e potrebbe essere anche più alta. È in gioco il futuro del dollaro come valuta di riserva chiave del mondo e il dollaro è stato la linfa vitale dell’economia globale negli ultimi decenni . Agendo all’interno della logica dell’economia globale , i principali produttori di risorse e beni – Russia e Cina – si sono scambiati beni fisici per il tramite della valuta statunitense, tenuta per altro  e nelle banche occidentali chiaramente per non vederla congelata a un certo punto .

I  paesi  che apprezzano  la loro  indipendenza di politica estera devono affrontare la questione di dove esattamente e in quale forma dovrebbero immagazzinare l’ eccedenza delle loro risorse. Ha senso investirli in buoni del tesoro statunitensi o mantenerli presso le banche occidentali ? _ _ O li sta investendo nelle attività che possono _ essere smaltite in modo indipendente, indipendentemente da chi pensa che cosa della tua politica estera o interna sia una scommessa migliore? Se la scelta viene fatta a favore di quest’ultimo, ciò stimolerà il processo di creazione di meccanismi alternativi, i quali a loro volta eroderanno ulteriormente l’ ordine imposto dalle superpotenze .

Domanda antimonopolistica

Le interruzioni nelle fondamenta economiche del sistema globale sono state la manifestazione più eclatante della crisi delle superpotenze. Efficienza , concorrenza aperta, regole economiche razionali , trasparenza delle imprese, sostenibilità e posizioni avanzate delle economie occidentali – tutti questi slogan degli anni ’90 – non hanno resistito alla prova. A partire dagli anni 2000, l’economia mondiale ha iniziato ad affrontare crisi sempre più potenti con epicentri alternativi negli Stati Uniti e in Europa. In questo contesto, i paesi in via di sviluppo intensificano i loro sforzi per creare i propri meccanismi di mutua assistenza, che proteggano le economie del Sud del mondo dalle ondate di crisi provenienti dai paesi avanzati. Sottolineiamo un punto: i paesi avanzati che avrebbero dovuto apportare benefici universali al sistema globale si sono trasformati in una fonte di pericolose perdite.

La crisi dei mutui del 2008 , un cataclisma interno americano completamente fatto in casa, è stata la prima e la più forte crisi scoppiata nel mondo sviluppato negli ultimi decenni. Il crescente debito delle famiglie è stato aggravato dall’aumento dei tassi di interesse del Federal Reserve System . Hanno guidato il crollo dei prezzi del mercato immobiliare e il crollo dei  mercati finanziari lungo una recessione su larga scala che ha provocato un declino economico globale. Seguì la crisi del debito sovrano dei paesi europei. Ancora peggio, il debito nazionale di diversi stati dell’UE ha superato di gran lunga la soglia critica del 100% del PIL. Un ruolo importante nel causare questa crisi è stato svolto dalle statistiche fiscali non trasparenti in alcuni Stati dell’UE e dal loro sistematico allontanamento dalle regole di bilancio precedentemente stabilite ( i criteri di Maastricht che stabilivano i limiti il disavanzo di bilancio e il debito nazionale non superano rispettivamente il 3% del PIL e il 60% del PIL ).

Anche i tentativi di realizzare la libertà di commercio su scala globale sono falliti. Invece, negli ultimi decenni, l’economia mondiale ha incontrato i crescenti fenomeni di protezionismo. L’ Organizzazione mondiale del commercio (OMC) è impotente di fronte all’inasprimento delle restrizioni , comprese le restrizioni sulle sanzioni , da parte dei paesi avanzati. L’organismo di risoluzione delle controversie dell’OMC (DSB)  non è stato in grado di funzionare correttamente da diversi anni a causa del rifiuto degli Stati Uniti di nominare nuovi giudici all’organo di appello . In una certa misura, la loro posizione può essere spiegata dal fatto che gli americani erano sempre di più
spesso sconfitti nel DSB sullo sfondo di un protezionismo crescente
e di una perdita di competitività nelle industrie tradizionali.

La concorrenza ristretta nell’economia mondiale è stata una conseguenza non solo del crescente protezionismo, ma anche della monopolizzazione di un certo numero di industrie che hanno svolto un ruolo chiave e sistemico nell’economia globale. Ciò riguarda principalmente i sistemi di pagamento e i regolamenti internazionali che sono stati effettuati per la maggior parte in un’unica valuta (il dollaro USA). È importante sottolineare che le società americane e dell’Europa occidentale rappresentavano quasi tutti i sistemi di pagamento. I verdetti sul rischio di un investimento in attività di mercato erano emessi principalmente da solo tre agenzie di ranking occidentali. L’ assenza di alternative e la monopolizzazione di interi segmenti dell’economia mondiale ha prodotto rischi a livello di sistema. Così, alla vigilia della crisi  del debito in Europa, queste tre agenzie classificano il rating sovrano di alcuni paesi europei con un grosso debito al livello della prima categoria “A ” .

I problemi di stabilità contabile e finanziaria delle più grandi società erano evidenti sia nel settore finanziario che nell’economia reale . Il fallimento di Lehman Brothers è stato uno dei detonatori della crisi finanziaria del 2008-2009 . Anche altri giganti di Wall Street , come Bear Stearns, ne sono diventati vittime. Lo scandalo Enron è scoppiato nel settore dell’economia reale nel 2001. Ha rivelato problemi di occultamento _ delle perdite mediante l’ utilizzo di fondi di investimento esterni e di gestione aziendale .

Naturalmente , questi inconvenienti non esistevano solo nei paesi occidentali avanzati . Tuttavia, questi paesi impostano lo spartito nell’economia globale . Avevano le maggiori opportunità di influenzarlo e affermavano di monopolizzare il “modello di gestione aziendale”. Quindi, l’intero sistema internazionale è stato colpito dai loro abusi.

L’ economia mondiale non crollerà e non perderà la sua connettività interna sebbene il precedente modello di globalizzazione sia ormai superato . _ Tuttavia, è certo che non sarà più lo stesso di prima. Dopo la crisi emergeranno nuove strutture economiche.  Non saranno così reciprocamente dipendenti perché la dipendenza reciproca è ora considerata piuttosto un rischio che un’opportunità . Detto questo, consentiranno alle parti di condurre i migliori scambi economici possibili in termini di equilibrio degli interessi. Il sistema richiederà un diverso assetto politico: il controllo verticale dei processi da un centro egemone non è più possibile.

La Democratizzazione e le sue conseguenze

È ancora prematuro valutare i risultati dell’operazione militare russa in Ucraina, ma la decisione di lanciarla è di per sé rivelatrice. È stato motivato, in misura significativa , dal fatto che le prospettive per  l’ordine mondiale “imperiale” non sembrano più stabili. Il processo di cambiamento, in ogni caso, sarà molto doloroso .

Il declino dell’attuale modello di relazioni internazionali , che ha preso forma negli ultimi due decenni, è il risultato della collisione di due tendenze diverse . Per una serie di ragioni interne , l’Occidente sta perdendo la capacità di mantenere il suo ordine su scala globale . L’ obiettivo principale per ora è preservare la coesione dei più stretti alleati che compongono l’Occidente. Allo stesso tempo, le capacità dei paesi in via di sviluppo stanno crescendo grazie ai loro risultati o all’emergere di fonti alternative. Ciò significa che i paesi avanzati dell’Occidente hanno sempre meno attrattive da offrire ai paesi in via di sviluppo (e sono ancor meno desiderosi di farlo, dal momento che l’esempio della Cina è stato una grande delusione per gli Stati Uniti; invece di un partner leale , ha tirato fuori un pericoloso rivale). Dal canto loro , i paesi in via di sviluppo non vedono il senso di rimanere obbedienti, se ciò non aiuta a risolvere i loro problemi più importanti .

La conseguenza politica internazionale di ciò è una crescente consapevolezza di sé a livello statale e la democratizzazione delle relazioni internazionali, come difficilmente si poteva immaginare all’inizio degli anni ’90. A quel tempo, era quasi universalmente riconosciuto che non c’era alternativa al percorso di sviluppo occidentale. I trent’anni di graduale declino della leadership statunitense sono diventati un periodo di transizione dal “mondo degli imperi” con il suo approccio universalistico a un “mondo di stati”. Ma il problema è come rendere praticabile un così gran numero di giurisdizioni sovrane di varie dimensioni, se molte di esse semplicemente non hanno le risorse per l’ autosufficienza elementare? Di per sé, la tanto decantata multipolarità garantisce solo una cosa: l’assenza di un effettivo controllo gerarchico .

La documentazione storica di molti paesi mostra che il crollo di qualsiasi regime autoritario e la sua sostituzione con una forma di democrazia è inevitabilmente accompagnato da sconvolgimenti. Raramente le democrazie sono in grado di imporre una stabilità a un livello che, di regola, può essere garantito da un regime autocratico. Lo stesso vale per il sistema internazionale.  Gli Stati Uniti sono stati garanti di un certo insieme di regole, anche se tutti le consideravano lontanamente soddisfacenti. Come si possono garantire sicurezza e sviluppo in un mondo che manca di leadership? Non pochi paesi si sentono insicuri di fronte al crollo dell’ordine mondiale. Molti consideravano la loro nicchia nella “catena alimentare” guidata dall’Occidente come abbastanza comoda.

È vero, però, che non c’è nessun esempio di paesi che siano stati in grado di evitare di rimanere intrappolati in un certo livello di sviluppo , un tetto imposto da un sistema in cui questi membri non hanno un peso decisivo. Questo vale sia per l’ economia che per la politica.

I leader dell’ordine internazionale delle superpotenze sono consapevoli delle sfide che si moltiplicano . Non si può escludere che cercheranno di riportare indietro l’ orologio e ripristinare alcuni meccanismi del passato. Ad esempio, diventerà di fondamentale importanza per Washington ad un certo punto recidere il legame economico tra la Russia e la Cina, che potrebbe minare la stabilità dell’ordine economico statunitense. Per fare ciò, dovrà revocare alcune delle sanzioni introdotte contro la Russia. I rischi connessi all’emergere di unioni economiche internazionali alternative e  l’impossibilità – nonostante le forti pressioni – di ridurre a zero la presenza della Russia nell’economia europea fanno ben sperare per un ammorbidimento delle misure volte a        isolare la Russia. Questo vale per l’energia, gli scambi alimentari , le catene di produzione ora interrotte e gli acquisti di beni e risorse russe indispensabili . È probabile che anche i collegamenti di trasporto , compresi i servizi aerei, vengano normalizzati. Questo ha un senso economico per tutti e porterà a una nuova “pace fredda”. Ma anche questa (non garantita) normalizzazione non fermerà la fondamentale  ricostruzione del sistema internazionale sulle nuove basi . _

Una “fredda pace” imperfetta

Gli Stati Uniti stanno perdendo lo status di superpotenza, in quanto ora possono agire come tali solo tra le controparti più vicine , e anche se queste ultime fanno parte del ristretto gruppo di beneficiari privilegiati . Per quanto riguarda tutti gli altri, l’ Occidente deve ricorrere a pressioni vere e proprie come la minaccia o l’effettivo utilizzo di sanzioni. Possiamo vedere esempi di questo tipo non solo nella politica o nell’economia, ma anche nella lotta contro il cambiamento climatico e persino nella cultura, dove il progressismo occidentale sta cercando di dettare i propri termini ai rappresentanti di altre comunità culturali ed etiche .

Un tentativo di consolidare le capacità militari dei paesi occidentali intorno agli Stati Uniti è una reazione istintiva alla contrazione delle basi materiali interne del loro potere militare e politico . Questo consolidamento molto probabilmente incontrerà ostacoli come le posizioni speciali di alcuni paesi, come la Germania o la Francia, che cercheranno di mantenere il loro posto tra le grandi potenze indipendenti pur rimanendo membri del sindacato. Ciò, tuttavia, è improbabile che accada nel prossimo futuro .

Comunque sia , la questione della governance internazionale rimane senza risposta in mezzo a un’ampia varietà di attori indipendenti, la maggior parte dei quali difficilmente sarà in grado di svilupparsi in modo indipendente. Cosa succederà dopo? Sarà l’ impoverimento di massa di una parte significativa dell’umanità che non è stata in grado di continuare a fare progressi in circostanze così sfavorevoli? Costruire nuovi imperi dagli Stati che finora sono rimasti sovrani? _ Oppure, sviluppare un nuovo formato di interazione nell’arena internazionale?

Certo , è necessario lottare per quest’ultimo. A questo proposito, un ruolo particolarmente importante hanno assunto le potenze di medie dimensioni, come Brasile, Indonesia, Pakistan, Arabia Saudita, Sud Africa, Corea del Sud, Turchia, Uzbekistan, Vietnam e molte altre, in quanto esemplificano la democratizzazione della politica internazionale. Con risorse che consentono loro di condurre politiche indipendenti e una maggiore  flessibilità rispetto ai giganti ingombranti, possono fungere da ammortizzatori durante i periodi di sconvolgimento. Non è un caso che Washington, Mosca e Pechino stiano seguendo da vicino questi paesi.

Presumibilmente, essendo parte del nuovo ordine internazionale, questi stati occuperanno un posto importante tra le (grandi) potenze più influenti in termini di risorse energetiche aggregate, come Stati Uniti , Cina, Russia, India e, possibilmente, Germania, e una moltitudine di paesi deboli e impraticabili. Alcuni di questi ultimi molto probabilmente delegheranno la loro sovranità e diventeranno parte delle associazioni guidate dalle maggiori potenze, anche all’interno dei blocchi economici regionali .

Indipendentemente da come finirà l’attuale conflitto, gli sviluppi in corso in Europa non determineranno l’ equilibrio di potere globale , ma saranno importanti nell’indicare la direzione di un ulteriore sviluppo . Almeno subito dopo la fase acuta della crisi, il sistema di sicurezza in Europa e nel mondo sarà basato su un’ostilità reciproca che preclude l’ aggressività di azioni provocatorie. Quest’ultimo scenario è possibile solo se nessuno crede che l’altra parte risponderà .

Ad esempio, negli ultimi anni, episodi pericolosi , come manovre rischiose di navi militari , avvicinamenti di aerei militari, esercitazioni militari improvvise e altre provocazioni sono stati un evento permanente lungo i confini occidentali della Russia. Dopo il 24 febbraio, questo tipo di attività militari “stuzzicanti” lungo i confini russi si è interrotto bruscamente e le cose sono diventate estremamente serie. I paesi della NATO (l’ Alleanza personificava il precedente ordine nelle questioni di sicurezza) non sono più sicuri che non ci sarà risposta. Anche se l’ obiettivo ufficiale è far pagare alla Russia il prezzo più alto per le sue azioni, che si esprime in massicce forniture di armi all’Ucraina, è improbabile che ciò impedisca a Mosca o ad altri potenziali obiettivi di espansione politico-militare di fornire risposte dure in futuro .

Da un lato, la nuova situazione scatenerà un aumento delle spese militari  dei  paesi  europei  e un cambiamento nella posizione geografica delle forze e delle risorse della NATO basate in avanti man mano che si avvicinano  ai confini russi. D’altra parte, questo dovrebbe andare di pari passo con una maggiore responsabilità per l’ uso di tali forze e capacità. Qualsiasi incidente può innescare una crisi che minaccia gli interessi vitali dei paesi europei. È probabile che il  sistema  di  controlli  e  contrappesi porti ad una “ pace fredda” che è la migliore soluzione oggi disponibile . Il termine “coesistenza pacifica” ricorda troppo un periodo storico particolare per riflettere accuratamente lo stato di cose odierno, ma, in realtà, questo è essenzialmente ciò che abbiamo in serbo per noi.

Tuttavia, questo non è il modo migliore, ma piuttosto un modo forzato e altamente instabile di organizzare la comunità internazionale . Più precisamente, è un prerequisito imprescindibile per iniziare a lavorare su un nuovo sistema di relazioni improntato alla prudenza e al controllo reciproco . Come sarà ? _

Prima di azzardare qualsiasi ipotesi, si dovrebbe avere una chiara comprensione dei suoi valori sottostanti .

Come valori e interessi si sono distrutti a vicenda

L’ idea di “fine della storia” che è arrivata a definire l’ era dell’ “ordine internazionale liberale “, rappresenta l’apice di una grande tradizione intellettuale rappresentata principalmente da due teorie politiche moderniste , il liberalismo e il socialismo , entrambe basate sulla convinzione nel potere illimitato e nel valore normativo della ragione umana. Entrambe le teorie moderniste pretendevano di raggiungere una situazione ideale, in cui la società avrebbe funzionato come un meccanismo snello e razionale che rivelava la natura creativa dell’uomo e tagliava gli aspetti irrazionali e distruttivi . La “fine della storia” è stata concettualizzata come punto di arrivo nella scalata verso l’ideale o almeno come il passaggio a un’era qualitativamente nuova nella storia.

Logicamente, l’era delle superpotenze, o di stati che aspiravano al dominio del mondo, si basava su questi precetti ideologici e assiologici. Durante la Guerra Fredda, le superpotenze avversarie hanno offerto al mondo le proprie vie per raggiungere l’ ideale, ognuno dei quali è stato pensato come universale, cioè adatto a tutti. Con la fine della Guerra Fredda , l’universalismo divenne l’ unica opzione, dal momento che era rimasta una sola superpotenza nel mondo. In primo luogo, la sua sopravvivenza sullo sfondo del crollo dell’avversario è stata interpretata come prova della sua correttezza storica e morale. In secondo luogo, una gerarchia con un “egemone benevolo” al vertice sembrava ottimale per garantire la sicurezza universale, radunare la comunità internazionale “basata su regole” dietro il leader, ecc. L’emergere dell’ordine unipolare liberale ha coinciso nel tempo con la “terza ondata di democratizzazione” nel mondo più ampio e l’efflorescenza della globalizzazione economica. Vale a dire che c’erano segni della “fine della storia “a più livelli contemporaneamente; pensare, quindi, che fosse davvero arrivata è comprensibile. Rappresentava la logica ideale per il modello della superpotenza .

Nella politica estera statunitense, il liberalismo convive da tempo con il realismo, che è una teoria incentrata su interessi che devono essere difesi con la forza. Il primo svolge il ruolo ideologico e dottrinale , mentre il secondo compensa gli stereotipi ideologici con pragmatismo e buon senso. Nel frattempo, il dualismo di ideologia e pragmatica nasconde una trappola, dove l’ideologia, invece di essere uno schermo per realisti pragmatici, sta emergendo come Simbolo di Fede per numerosi diplomatici, studiosi, giornalisti, militari, uomini d’ affari e    altri membri dell’élite della politica estera.  L’ideologia può diventare un valore autonomo, che, come ha detto Max Weber, renderà l’ azione sociale orientata al valore piuttosto che all’obiettivo.

Il problema è che il trionfo della ‘”unica vera idea” rende impossibile per definizione un dialogo e un accordo efficaci con sostenitori di opinioni e valori diversi . La crescita del reciproco antagonismo assiologico e del rifiuto ha in gran parte portato Mosca alla conclusione che “non abbiamo altra scelta” e che un’opzione militare era inevitabile. Precetti ideologici contrastanti e la loro amplificazione da parte dei media non lasciano spazio a negoziazioni o formati pacifici per dirimere le divergenze. Tutto questo non è più considerato possibile.

In tutti questi anni le parti non si sono ascoltate non solo per gli opposti interessi che difendevano, ma anche per le differenze di valore moltiplicate dalla percezione interpersonale . In una società globale influenzata dal diktat dell’universalismo , anche il meccanismo con cui vengono allevate le élite politiche ha subito un cambiamento. L’impennata delle restrizioni nello spirito di correttezza politica ha portato a una totale “ cultura dell’annullamento” rivolta a coloro che non riescono a inserirsi nel quadro  sempre più dogmatico della cultura politica dominante. Questo sta accadendo sia a livello nazionale nei paesi leader che a livello di scala globale.

L’ideologia ha un impatto diretto sulla percezione della politica estera e sulla definizione degli obiettivi; ad esempio quando gli obiettivi di politica estera dichiarati danno la priorità non agli interessi nazionali concreti ma alla democratizzazione di altri paesi, alla protezione di diritti personali interpretati in modo specifico o al raggiungimento di un certo grado di coinvolgimento nell’economia di mercato globale. Potremmo elencare una serie di guasti causati dall’approccio di cui sopra , ma la maggiore importante conseguenza è alimentare la rivalità tra le grandi potenze. Russia e Cina (e un certo numero di paesi minori) hanno percepito l’ espansione ideologicamente motivata degli Stati Uniti e di alcune istituzioni statunitensi come un tentativo aperto di esercitare pressioni geopolitiche su di loro .

Dopo la fine della “ fine della storia”

 

La politica mondiale ha cominciato a tornare  rapidamente a uno stato di anarchia costruito sulla forza. “La fine della storia” culminò con il ripristino del suo corso abituale : la distruzione dell’ordine internazionale risultante vasta scala tra centri di potere.

Un conflitto militare come forza trainante dello sviluppo significa un ritorno all’era prima del superpotere . _ Tuttavia, la precedente pratica di “debug” continuo dell’equilibrio di potere non verrà ripristinata, se non altro perché la moltitudine di giocatori e le dinamiche di potere stanno rendendo praticamente impossibile stabilire un equilibrio in   primo luogo . _

L’attualità solleva con nuova urgenza la della  trasformazione della trasformazione della  gerarchia dei valori. È destinato a cambiare se i conflitti armati su larga scala sono possibili e persino inevitabili. La dinamica di questa trasformazione determinerà l’ atteggiamento degli individui e dei vari gruppi sociali nei confronti di ciò che sta succedendo.

Si veda, ad esempio: Timofeev I. Report: A New Anarchy? Scenari per World Order Dynamics // Valdai Discussion Club, 18 luglio 2019. URL: https://valdaiclub.com/a/ reports/a-new-anarchy- scenari-for-world- order- dynamics/

Nell’analizzare questo fenomeno è opportuno guardare al contrasto tra società “eroiche” e società “post-eroiche”. C’è una differenza fondamentale nel modo in cui percepiscono i conflitti armati e nel livello di coinvolgimento umano emotivo e basato  sui valori nel confronto .

Formatasi in un periodo relativamente calmo di egemonia, la società moderna è dominata dai consumi ed è socialmente smobilitata per impostazione predefinita. In altre parole, questa società è nell’ovvia condizione “post-eroica ” . Questo vale principalmente per i paesi avanzati , anche se l’ elenco dei beneficiari “post-eroici” stava crescendo praticamente ovunque con    l’aumento generale della prosperità del sistema globale .

La fine dell’egemonia e il ritorno della guerra come nuova realtà internazionale è destinata a incidere su tutte le strategie individuali. Azioni militari, pressioni sulle sanzioni e crescenti  problemi nell’economia globale stanno rapidamente erodendo la zona stabilita di benessere individuale e sociale per praticamente ogni persona. Nel frattempo, la ricerca del comfort è giustamente considerata un valore evidente nel nostro secolo di consumatori. Nella società post-eroica, questo valore determina molti modelli di condotta sociale , di aspettative ed esigenze.

Il consueto livello di benessere è legato alle benedizioni che le società (o i loro membri più attivi) hanno tratto dalla partecipazione alla globalizzazione. Gli appelli dei governi alla coesione e alla mobilitazione (non necessariamente nel senso militare di questa parola) di fronte ai cataclismi, per quanto appassionati possano suonare, difficilmente possono cambiare il sentimento pubblico profondamente radicato.  Al contrario , spesso innescano a _ effetto inverso e una lotta per recuperare l’oasi cosmopolita perduta. Tuttavia, il nuovo sistema di benchmark sociali non sarà mai universale perché in condizioni di intensa rivalità, qualsiasi narrativa sovranazionale suona come uno strumento del nemico .

I futuri meccanismi di governance internazionale non possono essere determinati da una base comune di idee e valori. Non emergerà  da solo            perché l’ eterogeneità culturale del mondo è immensa. Occorre un’egemonia effettiva per imporla agli altri , ma non esiste più . _ Detto questo , non c’è nemmeno spazio per il confronto ideologico nella nuova era che sta nascendo, perché esso equivale a un tentativo di dimostrare che alcuni sono migliori di altri. E questo è semplicemente inutile in una comunità internazionale molto più diversificata in cui gli attori sono principalmente interessati alla propria sopravvivenza e al proprio sviluppo nell’ambiente esterno sfavorevole .

Il mondo distribuito

Quindi, il periodo storico a venire sarà segnato da conflitti e, molto probabilmente, ostilità che sono una parte inevitabile dell’emergere di un nuovo ordine internazionale . Un sistema di inneschi che possa almeno mitigare le minacce emergenti è vitale  per la sicurezza globale . Ma è improbabile che venga mai sviluppato senza fornire una risposta alla suddetta domanda su come garantire il funzionamento equilibrato del sistema internazionale in assenza di un egemone e di una chiara gerarchia.

Lo stato attuale delle cose è segnato dal fatto che gli Stati Uniti e i loro alleati , di fatto, non godono più dello status di superpotenza dominante, ma l’ infrastruttura globale che li serve è ancora in atto. Di conseguenza, una potente macchina creata per la “corretta” ( nell’interesse dell’egemone ) distribuzione dei beni e (dopo tutto) la promozione dello sviluppo è diventata un meccanismo per punire le nazioni che rivendicano il potere globale o sono semplicemente insoddisfatte dello stato attuale delle cose. L’uso improprio porta a un’usura accelerata del sistema e blocca anche le prospettive che si trasformi in qualcosa che è allineato con i nuovi tempi. Cambiare semplicemente l'”operatore” come è successo nei secoli precedenti (ad esempio , gli Stati Uniti hanno preso il posto della Gran Bretagna) non aiuterà oggi. Semplicemente non funzionerà .

In teoria, la Cina dovrebbe essere la prossima nazione al timone, ma ci sono diversi ostacoli concomitanti perché ciò accada. In primo luogo, l’attuale leader è decisamente contrario a cedere il suo primo posto a Pechino, e l’intero    sistema sotto il suo controllo (principalmente finanza ed economia) si opporrà a questo. In secondo luogo, la RPC non sembra essere pronta o disposta ad assumersi l’onere dei rischi associati. Terzo, e soprattutto, la struttura della politica globale è cambiata in modo tale che i paesi importanti semplicemente non acconsentiranno al dominio di nessuno .

Tuttavia, la necessità di una ristrutturazione internazionale è estremamente urgente, poiché il mondo in generale e i singoli paesi devono affrontare  molteplici sfide, comprese quelle esistenziali. I processi oggettivi stanno portando il mondo a un sistema molto più basato sugli spazi   regionali . “Riunire ” i paesi che formano una comunità spaziale e razionalizzare (semplificando e accorciando) le catene del valore e di approvvigionamento è un percorso verso il superamento delle sfide legate alla pandemia. La crisi provocata dalla guerra economica dell’Occidente contro la Russia ha anche messo in luce il valore di un’interazione immune da ingerenze esterne che includono la vicinanza geografica .

Fare affidamento sull’interazione regionale e la creazione di comunità spaziali può risolvere i problemi di sviluppo dei paesi di piccole e medie dimensioni che non dispongono di risorse proprie sufficienti per lo sviluppo . Facendo parte di associazioni regionali, hanno buone possibilità di trovare la propria  nicchia, sfruttare il potenziale collettivo e contribuire ad esso.

L’unificazione dei paesi basata sui loro interessi e sul principio di complementarità aiuterà alla fine a risolvere il problema alla radice di oggi che è quello di limitare l’efficacia dell’infrastruttura che è stata costruita per supportare l’ egemonia delle superpotenze e alla fine lasciarsela alle spalle. La questione più urgente – la dipendenza del mondo dal sistema finanziario basato sul dollaro – sarà risolta molto più facilmente anche da un gruppo di paesi stakeholder che potranno concordare tra loro forme alternative di insediamento e commercio che aggirino la sfera di influenza statunitense. Gli Stati Uniti possono utilizzare sanzioni secondarie, ma sono innegabili gli abusi che hanno già iniziato a minare l’ efficacia di questo strumento .

Il futuro sistema deve essere simile al modello di superpotenza nel suo design originale solo per un aspetto. Il ruolo chiave in esso non sarà svolto dalla forza militare , anche se le tensioni politico-militari internazionali aumenteranno durante il periodo di transizione . I conflitti militari , compreso quello che ora divampa in Europa, non riguardano la costruzione di un nuovo ordine, ma sono il risultato della disfunzione di quello che è esistito finora. Anche se il riaggiustamento degli squilibri nello sviluppo globale, come vediamo, può portare all’uso della forza militare, in quanto tale non è e non dovrebbe essere un fattore decisivo per andare avanti.

La democratizzazione  dell’ambiente internazionale necessita  di una risposta adeguata ,  che non riguardi la soppressione , ma l’armonizzazione degli interessi e il rispetto del pluralismo di opinioni e valutazioni. La gerarchia lascia il posto all’interazione distribuita. Un mondo senza superpoteri avrà bisogno di un sistema di autoregolamentazione, il che implica una libertà molto maggiore  di azione e responsabilità per tali azioni. Con ciò, alla fine saremo in grado di passare dalla fase del completo collasso alla fase successiva che è la creazione.

 

 

Tanti soldi all’Ucraina, chi paga? _di Fernando Rossi

Giovedì 20 ottobre il Parlamento UE ha approvato una risoluzione per la solidarietà culturale con l’Ucraina

(https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2022-0374_IT.html).

La NATO continua a fornire armi e tecnologie militari all’Ucraina, mentre la scorsa settimana la commissione UE ha approvato una nuova trance miliardaria di ‘aiuti’ finanziari al bilancio dell’Ucraina, bypassando il fatto che l’Ucraina non fa parte della NATO, né della Unione Europea e fingendo di non sapere che per creare odio verso la Russia i golpisti fecero massacrare loro aderenti di Azov e Pravy Sector, in piazza Maidan, dando la colpa agli oppositori russofoni (Parlano i cecchini di Maidan. Tacciono i media di regime – Come Don Chisciotte ).

Alla quasi totalità degli Italiani sfugge il fatto che per sostenere i golpisti ucraini del B’nai B’rith:

  • noi applichiamo sanzioni alla Russia, che è intervenuta verso il non rispetto degli accordi e per difendere la minoranza russofona del sudest ucraino (sanzioni che stanno duramente colpendo le nostre imprese e le nostre famiglie con il prezzo stratosferico dell’energia);

. in più, noi italiani siamo il terzo pagatore, dopo Germania e Francia, delle spese NATO (https://italybynumbers.it/chi-paga-per-la-nato/) e UE per l’Ucraina.

Curioso il fatto che gli stati UE che più premono per sanzioni alla Russia e per erogare sempre altri miliardi di euro per ‘aiuti’ al governo ucraino e per dargli armamenti, siano paesi che non sostengono quelle spese: Estonia, Lituania, Lettonia, Bulgaria, Slovacchia, Romania, Repubblica Ceca, Portogallo e Polonia. Essi sono infatti beneficiari netti, cioè incassano dalla UE più di quanto concorrano al suo bilancio; la Polonia, ad esempio, dal 2009 al 2015, ha versato circa 27 miliardi alla UE ottenendone 158.

Il fiume di denaro UE/NATO/BEI/FMI (che si somma a quelli del B’nai B’rith) incanalato in Ucraina per preparare, gestire e sostenere i governi golpisti ne ha fatto il paese più corrotto del continente.

Anche questa fantomatica ‘solidarietà culturale’ altro non è che un modo per dare altri soldi a Zelensky.

Colpito un ospedale a Donetsk, separatisti: “Attacco ucraino più feroce dal 2015”

Se si trattasse di reale amore per la libertà culturale e per il patrimonio artistico, come ipocritamente Popolari, Socialdemocratici e SorosVerdi, hanno manifestato nel dibattito, costoro non avrebbero potuto restare silenti di fronte a:

– 8 anni di bombardamenti e aggressioni della Azov nei territori russofoni ed alle chiese ortodosse dell’Est Ucraina e Crimea, compresi i patrimoni UNESCO (Hardiske-Crimea, la riserva della biosfera steppica nazionale di Askania -Nova, il Palazzo dei Kan di Crimea Bachcysaraj, il complesso di monumenti della fortezza di Sdak e le stazioni commerciali e fortificazioni sulle rotte genovesi, le città rupestri della Gotia Crimeana);

– Il divieto e la distruzione di libri, quadri, sculture, musica e monumenti di artisti russi in tutta l’Ucraina, deciso dai vari governi golpisti.

Ma governi e partiti atlantici eseguono gli input della grande finanza americana senza battere ciglio anche di fronte a palesi violazioni di quelli che, a parole, sono i ‘loro’ valori di democrazia, libertà, onestà, nonché rispetto dei diritti e della cultura delle minoranze.

https://nandorossi.wordpress.com/2022/10/23/tanti-soldi-allucraina-chi-paga/

In corso sul serio boom, di Fred Reed per il blog Saker

Giusto per avere una idea di quello che potrebbe attenderci con i giochini in corso_Giuseppe Germinario

In corso sul serio boom

di Fred Reed per il blog Saker

Una piacevole eccitazione si diffonde attraverso la solita noia di Washington, e le curiosità dei residenti godono di squisiti brividi, sulla possibilità di una guerra nucleare sull’Ucraina. Qualche funzionario dell’UE, o forse era la mediocrità alla Casa Bianca con il problema della truculenza, ma comunque uno dei geni che governano le sorti del pianeta ha detto che se la Russia avesse usato le armi nucleari, l’esercito russo sarebbe stato distrutto, grrr, bowwow, trama. Esattamente come sarebbe stato distrutto, chi dice non ha detto. Ad ogni modo, le minacce e le controminacce ruotano attorno all’idea che potrebbe verificarsi una guerra nucleare tra Russia e Occidente. Forse, con le armi nucleari tattiche in Ucraina, di cui nessuno si frega della regione inferiore di un topo. Il mondo è pieno di dannati sciocchi.

Ma:

Lo stato maggiore sia della Russia che della Cina sono, qualunque altra cosa tu possa pensare di loro, sani di mente. Conoscono le enormi forze nucleari americane. Non lanceranno una guerra atomica. Non si può fare affidamento su un comportamento sano con gli avvocati di second’ordine di Washington, ma i generali del Pentagono non sono pazzi. A loro piacciono le guerre per hobby e i grandi budget, ma se Biden ordinasse un attacco nucleare, probabilmente si ricorderebbero improvvisamente che il Congresso deve dichiarare guerra e, visto che i loro schermi radar erano privi di missili in arrivo, e direbbero: “Mr. Presidente, non siamo autorizzati a farlo”. E consigliare un comitato.

come sarebbe una guerra del genere? Immaginiamo.

L’America è fragile. Non ce ne accorgiamo perché funziona senza intoppi e perché quando si verifica una catastrofe locale – terremoto, uragano, tornado – il resto del paese interviene per rimediare alle cose. Il paese può gestire catastrofi normali e regionali. Ma la guerra nucleare non è né normale né regionale. Pochissime testate servirebbero a distruggere gli Stati Uniti oltre il recupero per decenni. Questo dovrebbe essere chiaro a chiunque ci pensi davvero.

La difesa è impossibile. Le difese missilistiche non hanno senso se non come incanalamenti di denaro nell’industria delle armi. Questo non è il posto dove andare in esche, ipersonici, Poseidon, manovrare veicoli plananti, stazionamento in bastioni, MIRV, semplicemente noiosi vecchi missili da crociera e così via. Le città costiere sono bersagli particolarmente facili, essendo vulnerabili ai missili a sfioramento lanciati dai sottomarini. Washington, New York, Boston, San Diego, Los Angeles, San Francisco, Seattle per cominciare, tutto finito.

Un paese moderno è un sistema di sistemi, interdipendenti e interconnessi: acqua, elettricità, produzione, energia, telecomunicazioni, trasporti, gasdotti e complesse catene di approvvigionamento. Questi sono interconnessi, interdipendenti e si basano su un gran numero di persone addestrate che si presentano al lavoro. Le moderne testate non sono i cannoni a scoppio di Hiroshima. Parlare di riparazioni subito dopo il bombardamento nucleare di una conurbazione è sciocco perché la città avrebbe molte centinaia di migliaia di morti, abitazioni distrutte, incendi massicci, persone orrendamente bruciate senza speranza di cure mediche e, in generale, la popolazione troppo concentrata su rimanere in vita a preoccuparsi di astrazioni come le catene di approvvigionamento.

L’eliminazione dei trasporti potrebbe causare più morti delle bombe. Le città, le periferie e le città non possono sfamarsi. Fanno affidamento su un afflusso costante e pesante di cibo coltivato in regioni remote. Questo cibo viene spedito su rotaia o camion ai centri di distribuzione, come ad esempio Chicago, da dove viene trasbordato in città come New York. Il pesante megatonnellaggio su Chicago interromperebbe le linee ferroviarie e le aziende di autotrasporti. Treni e camion hanno bisogno di benzina e diesel che provengono da qualche parte, presumibilmente negli oleodotti. Questi, rotti dall’esplosione, bruciando furiosamente, avrebbero richiesto tempo per essere riparati. Il tempo è ciò che le città non avrebbero.

Cosa accadrebbe, diciamo, a New York City anche se, improbabile, non fosse bombardata? Qui ignoreremo la probabilità di un panico puro e ribollente e il conseguente caos nell’apprendere che gran parte del paese è stato raso al suolo. Nei primi giorni ci sarebbe stato il panico degli acquisti con lo svuotamento degli scaffali dei supermercati. La fame sarebbe presto diventata seria. Entro il quarto giorno, le persone si davano la caccia a vicenda con i coltelli per procurarsi il cibo. Entro la fine della seconda settimana, le persone si sarebbero mangiate a vicenda. Letteralmente. Questo accade nelle carestie.

La maggior parte delle cose in America dipendono dall’elettricità. Questo deriva da impianti di generazione che bruciano materiale, di solito gas naturale o carbone. Questi arrivano su treni, che non sarebbero in funzione, o su camion, che probabilmente non sarebbero in funzione. Dipendono da giacimenti petroliferi, raffinerie e oleodotti che difficilmente funzioneranno. Tutto quanto sopra dipende dal fatto che i dipendenti continuino ad andare al lavoro invece di cercare di salvare le loro famiglie. Quindi, niente elettricità a New York, che va al buio.

Ciò significa niente telefoni, niente internet, niente illuminazione e niente ascensori. Come funzionerebbe in una città di grattacieli? La maggior parte delle persone sarebbe quasi in isolamento in una città senza luce. Enormi ingorghi si sarebbero formati quando le persone con le auto cercavano di andarsene – di andare dove? – finché durava la benzina nel serbatoio.

Da dove viene l’acqua a New York? Non lo so, ma non scorre spontaneamente al trentesimo piano. Ha bisogno di essere pompato, il che implica l’elettricità, da ovunque provenga a ovunque debba andare. Niente elettricità, niente pompa. Niente pompa, niente acqua. E nessuno sciacquone dei servizi igienici. L’acqua del fiume poteva essere bevuta, ovviamente. Pensa alla folla.

Con ogni probabilità, la società civile crollerebbe entro la fine del quarto giorno. Le etnie più virili sarebbero uscite dai ghetti con pistole e mazze da sfamare. La polizia sarebbe scomparsa o si sarebbe presa cura delle loro famiglie o avrebbe saccheggiato se stessa. La civiltà è una patina sottile. Le strade e le metropolitane non sono sicure nemmeno senza una guerra nucleare. La maggioranza sarebbe disarmata e incapace di difendersi. Le persone che non avevano mai toccato una pistola avrebbero improvvisamente capito l’appello. Se pensi che ciò non accadrà, dai il mio meglio a Trilli.

Quindi non sarebbe necessario bombardare una città per distruggerla, ma isolarla dagli snodi dei trasporti per un paio di settimane. Un aggressore ovviamente distruggerebbe molte città oltre alle infrastrutture necessarie. Coloro che pianificano guerre nucleari possono essere psicopatici, o semplicemente dei secchioni insulari che armeggiano con astrazioni incruenti, ma non sono sciocchi. Hanno calcolato attentamente come danneggiare seriamente un paese bersaglio. In non più di un paio di mesi, forse duecento milioni di persone sarebbero morte di fame. Pensi che sia fantastico? Dimmi perché è fantastico.

Tra parentesi, quando camminavo sull’E-ring al Pentagono, leggevo manuali su come continuare a combattere i soldati dopo che avevano ricevuto dosi letali di radiazioni. Non muoiono immediatamente e, a seconda del dosaggio, potrebbero essere somministrati stimolanti per tenerli in piedi, o almeno così dicevano i manuali. Questi manuali discutevano anche se a questi morti viventi dovesse essere detto che stavano per morire. Gli autori hanno usato la frase evocativa “alterazione del terreno” per descrivere paesaggi con tutti gli alberi sdraiati su un lato, e tutti abbiamo sentito parlare di “eccessivo”. Dopo una guerra nucleare, milioni di persone sarebbero lentamente morte a causa delle radiazioni – documentati su Nagasaki e Hiroshima – e i cadaveri bruciati marcirebbero per le strade, troppo numerosi per essere sepolti dai sopravvissuti con altre cose in mente.

Come verranno piantati i raccolti della prossima stagione? Risposta: non lo sarebbero. Da dove verrebbe il fertilizzante? Ricambi per trattori, camion, mietitrebbie? Per realizzarli sono necessarie fabbriche funzionanti che richiedono elettricità, materie prime e lavoratori. Se l’attaccante scegliesse di colpire i terreni agricoli con bombe al cobalto sporche di radiazioni, queste regioni sarebbero letali per anni. I pianificatori nucleari pensano a queste cose.

Tra gli “intellettuali della difesa”, c’è, o c’era quando ho trattato queste cose, discorsi folli di come l’America potrebbe “assorbire” un primo attacco russo e avere abbastanza missili in riserva per distruggere la Russia. Queste persone dovrebbero essere rinchiuse in scatole sigillate e tenute in miniere di carbone abbandonate.

Nota anche che Biden, Blinken e Bolton, bibbety bobbety boo, e le loro famiglie, vivono a Washington, l’obiettivo prioritario. Mentre i topi sono a bordo della nave, non la affonderanno. Se vengono scoperti mentre salgono a bordo di un Greyhound da Washington alle tre del mattino, vestiti da lavandaie, sarà il momento di preoccuparsi.

https://thesaker.is/on-going-seriously-boom/?fbclid=IwAR0_H-l56OHjj9TyzxsHutOx2eZRq37iZmdnSPvMhNYX2KVND5Po0KpyJUw

Quello che i media non hanno raccontato del discorso di Xi Jinping, di Mauro Bottarelli

Stavolta, Xi Jinping l’ha fatta breve. Ha tagliato corto. Solo 100 minuti di discorso. All’ultimo Congresso del PCC aveva parlato per tre ore. Nonostante questo, i media italiani non hanno perso l’abitudine di trattare la Cina con la supponenza di chi, in fondo, ritiene quel Paese nulla più che una fabbrica di chincaglieria a cielo aperto, una sartoria da sottoscala globale dove si cuciono orli e palloni. Complimenti, d’altronde ognuno si suicida come preferisce. Basta dare un’occhiata ai resoconti sui giornali: Taiwan e Covid. Di fatto, le uniche materie di cui si conosceva già a menadito la posizione del Presidente cinese.

Qualcuno, forse in vena di bizzarrie, ha sottolineato il passaggio su Hong Kong e il ritorno all’ordine dell’ex colonia garantito dalla Cina, dopo decenni di caos. Altri, invece, hanno proseguito con la manfrina di Pechino che starebbe voltando le spalle all’alleato russo, facendosi forte della non menzione esplicita della questione ucraina. Peccato che poco prima dell’apertura dei lavori del Congresso, il ministero degli Esteri cinese – per la prima volta dall’inizio del conflitto – abbia diramato l’ordine di evacuazione dei propri cittadini dall’Ucraina.

Seguito a stretto giro di posta dalla Serbia, la quale ha chiuso tutti gli uffici diplomatici nel Paese. Giova ricordare come Belgrado sia stata la prima a consigliare l’evacuazione dall’Ucraina ai propri connazionali: lo fece in forma ufficiale l’11 febbraio scorso, due settimane prima dell’inizio delle operazioni. Guarda caso, droni all’attacco del centro di Kiev.

Non c’è nulla da fare, continuiamo a trattare l’altra metà (abbondante) del mondo come colonie di inferiori da compatire e convertire. Peccato che ora cominciamo a pagare seriamente il prezzo di tutto ciò. Deve far riflettere, ad esempio, non solo e non tanto la messa in guardia di Xi Jinping ai suoi connazionali rispetto alle sfide senza precedenti che ci attendono, bensì il suo ribadire in maniera ancora più esplicita un concetto espresso chiaramente nel luglio del 2021, in occasione del 100° anniversario dalla fondazione del Partito comunista cinese. Ovvero, la Cina non cerca e non cercherà mai l’egemonia globale. Un chiaro monito a non confondere gli interessi commerciali con l’imperialismo geopolitico.

E se ovviamente balza alla mente come Pechino abbia ormai colonizzato mezza Africa, giova ricordare come lo abbia fatto tramite prestiti a quei Governi: esattamente la stessa politica posta in essere dal Fmi. Il quale, però, appare sempre meno affidabile, se si preferisce l’abbraccio cinese al nodo gordiano di Washington. La quale usa il Fondo proprio per finalità geopolitiche, basti vedere il trattamento di favore accordato all’Ucraina fin dai tempi di Poroshenko.

Ma attenzione, perché ciò che Xi Jinping ha voluto dire all’Europa sta tutto in questi due grafici, ovvero nella presa d’atto di un’egemonia che Pechino si trova ad amministrare quasi involontariamente e per conto terzi. Anzi, per gentile concessione.

1

 

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La Germania oggi vede nella Cina il suo primo partner commerciale, ma con una dinamica che, a causa della crisi energetica e dell’inflazione, nell’ultimo periodo ha patito una biforcazione epocale: esportazioni tedesche verso la Cina stagnanti, esplosione dell’export cinese verso Berlino. Da una dinamica simile non si esce. Ma ancora più esiziale è quanto mostrato dalla seconda immagine: fatto 100 della platea di oltre 40 esportatori verso la Russia, oggi Pechino pesa per 52.

Ovvero, il 52% delle importazioni totali di Mosca è garantito dalla sola Cina. Esattamente il piano di Washington: polarizzare al massimo gli equilibri, spingendo la Russia nell’abbraccio ritenuto mortale con Pechino e, soprattutto, recidere del tutto il cordone ombelicale politico, culturale e commerciale della Federazione Russa con l’Europa. Ovviamente, utilizzando l’arma delle sanzioni e della crisi energetica. La quale, giova ripeterlo, sta facendo il solletico agli Usa rispetto ai disastri epocali che sta sostanziando nel Vecchio Continente.

Altresì non è un caso che persino un alleato storico degli Stati Uniti come l’Arabia Saudita si sia stufata dell’atteggiamento rapace di Washington e abbia deciso di fare fronte comune con Mosca in sede Opec+, tagliando la produzione di petrolio e facendo infuriare la Casa Bianca. La quale, focalizzata com’è sul midterm, avrebbe operato moral suasion su Ryad affinché attendesse un mese prima di rendere operativa la decisione. Ovvero, dopo l’8 novembre, in modo da non generare aumenti dei prezzi alla pompa prima del voto.

Ecco come gira il mondo, ecco cosa non vi hanno raccontato del discorso di Xi Jinping, una vera e propria lectio magistralis di geopolitica per il nuovo millennio. Certo, lo scambio di cortesie fra Berlusconi e Meloni appare culturalmente e intellettualmente più alto e degno di approfondimento, lo capisco. Non capiamo quale rivoluzione si stia compiendo sotto i nostri occhi, giorno dopo giorno, decisione dopo decisione. E, nel caso dell’Europa, errore dopo errore. Ma lo capiremo. A breve. E con la spietatezza che la realtà tiene in serbo per gli stupidi e i boriosi.

Nel silenzio generale, il Belgio la scorsa settimana si è astenuto rispetto all’ottavo pacchetto di sanzioni contro la Russia, di fatto aggiungendo spaccatura a spaccatura nel fronte europeo, dopo il blitz tedesco sul fondo di sostegno contro il caro-bollette. E domenica Parigi ha vissuto un’anticipazione violenta e di massa di quanto la attende questa settimana, a partire dallo sciopero generale indetto per oggi dalla Cgt contro il caro-vita. Ovviamente, nemmeno un’immagine o una parola nei tg. Ma questo video dell’emittente all-news francese BFMTV parla chiaro: a detta del ministro con delega ai Trasporti, Clément Beaune, un ritorno alla normalità non è previsto, né preventivabile fino alla settimana prossima. Ma si sa, in Italia certe realtà scomode è meglio nasconderle sotto il tappeto, almeno finché si può.

E attenzione a questo ultimo grafico: quei diavoletti di Goldman Sachs, infatti, hanno deciso di ingannare il tempo dei 100 minuti di intervento di Xi Jinping calcolando la frequenza ponderata nell’utilizzo dei termini crescita e sicurezza rispetto ai due precedenti discorsi inaugurali dei congressi del PCC. Come notate, l’economia è rimasta stabile a livello di menzioni. Ma la sicurezza è schizzata.

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Ovvero, c’è la forte possibilità che Pechino decida di seguire l’esempio statunitense, puntando meno su settori a bolla ciclica come l’immobiliare e concentrando gli sforzi sul moltiplicatore storico del Pil. Ovvero, il warfare. La deterrenza genera crescita, d’altronde. E un domani, può tradursi in qualcosa di più concreto e terribilmente distruttivo di una mera minaccia. Siamo nel pieno di uno snodo della Storia. E ci limitiamo a fotografare il panorama come turisti.

Quello che i media non hanno raccontato del discorso di Xi Jinping

POLITICA E REALTA’_ di Pierluigi Fagan

Politica, da almeno quattro decenni e non solo in Italia, ha sostanzialmente perso il contatto con la realtà. Si sono sommate varie perturbazioni.
La prima è il dominio di teorie irrealistiche come il neo-liberismo. Il neo-liberismo non è una teoria buona o cattiva, è soprattutto una teoria che non funziona, non fa funzionare l’economia di una società per come economia e società sono state entangled lungo tutta la storia della civiltà.
La seconda teoria è il globalismo ingenuo ovvero la credenza che il mondo potesse diventare un unico mercato (libero e bello) sopra la rugosità delle differenze geostoriche, etniche, culturali. Di nuovo, questa teoria è “neanche sbagliata” come sarcasticamente diceva il prof. W. Pauli (“Ciò non solo non è corretto, ma nemmeno sbagliato!”) quando si trovava davanti a formulazioni semplicemente inconsistenti, letteralmente “sopra la realtà” (ovvero “surreali”).
La famosa “distruzione dei corpi intermedi” (partiti, sindacati) ha privato della catena di trasmissione delle informazioni e delle problematiche che chiamano attenzione politica, dalla realtà ai centri pensanti e decisionali. Così questi non pensano e non decidono rispetto alla realtà. Terza componente.
Quarta componente, il trasloco della politica nel virtuale e nello spettacolo, poi nei social: slogan, beauty contest, sembrare simpatici, poca riflessione, scarsa argomentazione, dialettica ridotta alle polarizzazioni semplificanti. Lo spettacolo ha sue regole proprie e l’intero sistema risponde a logiche che nulla hanno a che vedere con la realtà concreta.
Infine, quinta componente e solo per darci un taglio che non siamo in un trattato analitico, la realtà, negli ultimi quaranta anni, ha scalato gradi sempre maggiori di complessità nell’ambito della più generale transizione all’Era complessa iniziata nel dopoguerra. Ricordo che in questa transizione la popolazione umana si è triplicata, così gli Stati ed anche di più i sistemi multilaterali, pubblici e privati, legali ed illegali. Sono aumentate di molto le interrelazioni tra le parti per via delle rivoluzioni dei trasporti, delle telecomunicazioni, delle transazioni commerciali e finanziarie e la complessità delle catene del valore. Ormai tutto il mondo organizza il fare economico nel modo moderno il che aumenta di molto la competizione che nasce economica, finanziaria, valutaria per diventare -come vediamo oggi- geopolitica. Sono venti anni che andiamo avanti con “post-moderno”. Ma mettersi l’anima in pace e dichiarare finito il moderno e quindi interrogarsi su i caratteri specifici della nuova era storica, no? Chissà, magari sincronizzeremmo meglio le nostre immagini di mondo sulla specialità dei tempi in cui siamo capitati. Non è che si cambia era storica tutti gli anni come il guardaroba.
Se ponete l’oggetto-fenomeno “Mondo” in rapida ed intensa inflazione di complessità da una parte e la somma dei primi quattro punti che hanno distrutto la catena pratica ed ideologica di relazione tra politica e realtà, avrete la prima diagnosi del problema dato.
E veniamo all’attualità che mi ha mosso a scrivere il post.
Scandalo e risate per il concetto di “sovranità alimentare”. Il concetto nasce in organizzazioni alter-mondialiste (Via Campesina) in quel degli anni Novanta in cui nasce il WTO e la stagione della prima globalizzazione ingenua, oggi ripudiata in favore di nuovi blocchi geopolitici “democrazie vs autocrazie”. Il concetto nasce in favore dei produttori agricoli medio-piccoli per consumo prevalentemente locale vs grandi multinazionali tendenti OGM, per produzioni standard per consumo globale. Ma ci sono anche altri aspetti. Abbiamo temuto tutti, nel mondo, l’improvvisa mancanza di produzioni agricole ucraine e russe. Shock del genere tenderanno a ripetersi una volta che il mondo ha abbandonato, come sembra, il globalismo in condizioni di sostanziale pace. Non solo per conflitti, anche per la nuova competizione geopolitica che porrà ostracismi verso sistemi-Paese non allineati o diversamente allineati, ma anche per improvvisi rovesci ambientali e climatici. Il problema s’era già posto con la sovranità sanitaria, mascherine prima, ventilatori polmonari poi, vaccini infine. Già tutto scordato nell’acquario dei pesci rossi?
Scandalo con meno risate per la questione della “famiglia”. Sentivo un giornalista ieri dire di aver il giorno prima partecipato ad una conferenza ISTAT il cui presidente avvertiva che il pronunciato calo demografico italiano da qui al 2040, porterà ad allora ad una perdita di un quarto del Pil. Non so se sarete in grado di collegare il dato al debito pubblico ed il servizio sul debito o alla consistenza geopolitica che in primis è dato dal peso demografico e produttivo dei diversi attori o ai problemi di bilancia di spesa sanitarie e pensionistica. Dovreste esserlo visto che andrete a schiantarvi in quell’annunciato buco nero.
Ora, il primo argomento promosso da un governo di destra con tendenze post-fasciste (quindi non fascista in sé per sé, ma neanche così attento a rinnegarne la tradizione), porta al facile dileggio dell’autarchia di antica memoria. Realismo consiglierebbe magari di capire che tipo di interpretazione ne danno ovvero quanto sono o non sono vicini al mondo rurale delle produzioni perché magari sono più vicini e collegati politicamente di chi scrive il meme per farsi due risate su facebook. Il che porterebbe anche a domandarsi perché la destra fa lavoro politico in campagna mentre la sinistra (o supposta tale) fa brunch in città.
Il secondo argomento, sempre interpretato per come si pensa lo interpreterà la destra, diventa la Polonia o Dio, Patria, Famiglia. A ciò si oppone la politica dei diritti per la pluralità interpretativa dell’affettività e della sessualità. Così per aborto permesso di diritto che può esser impedito di fatto poiché con la catena logistica ospedaliera si può pur sempre fare il contrario di ciò che in teoria di dovrebbe fare. Se non addirittura impedito di diritto con la surreale iniziativa di Gasparri.
Riportare la politica alla realtà però, imporrebbe lasciar perdere il meccanismo per cui semplifichiamo ed estremizziamo quello che dice l’avversario per dire il simmetrico inverso che sarà altrettanto semplificato, alimentando così politica ineffettiva che diventa chiasso di slogan spettacolari.
Si potrebbe invece presidiare il concetto di autonomia di certe produzioni di base affinché non diventi a sua volta uno slogan inconsistente ma intervenga davvero sul modello produttivo adatto alle caratteristiche produttive sia del nostro Paese, sia dei tempi che si prospettano assai turbolenti, per chi non se fosse accorto. Sempre senza rinunciare ad importazioni giudiziose.
Altresì si potrebbe presidiare il problema della scarsa natalità parlando di servizi pubblici, case popolari ad affitti calmierati per le giovani coppie, potatura dell’immane pletora di contratti di lavoro senza garanzie, salario minimo. O forse anche discutere serenamente se, nel frattempo che tali improbabili politiche sociali possano venir implementate, aprirsi a forme di importazione controllata di popolazioni migranti, notoriamente più riproduttive di quelle occidentali per motivi culturali. Sempre battendosi per i diritti precedentemente accennati.
La differenza dei due modi corre tra mantenere la politica ad un gioco di ruoli virtuali in cui lo strato chiacchierato va per conto suo sopra lo strato dei fatti e riportare la politica a misurarsi coi fatti. Sono convinto che in effetti nel mondo delle chiacchiere la distinzione destra-sinistra non ha più senso, sono convinto che tale distinzione mostrerebbe la sua ostinata consistenza se invece ci misurassimo con la realtà concreta del come si vogliono fare certe cose. Ma se poi si trovano anche convergenze saltuarie, non vedo il problema.
Ma quanto meno facile, semplice e giocherellona sarebbe la politica con i vincoli di realtà?

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Interpretazione dell’avvertimento dello Sputnik sulla presunta provocazione nucleare della falsa bandiera di Kiev, Di Andrew Korybko

Tutto sommato, gli osservatori dovrebbero decidere da soli quanto sia veramente credibile questo scenario, ma non dovrebbero nemmeno ignorarlo anche nel caso in cui rimangano scettici poiché Sputnik non avrebbe citato fonti anonime credibili per avvertirlo il patrono dello stato non lo riteneva possibile.

L’ammiraglia dei media internazionali russi, finanziata pubblicamente, Sputnik , domenica ha citato quelle che ha descritto come fonti anonime credibili in vari paesi per avvertire che Kiev sta presumibilmente complottando una provocazione nucleare falsa per coinvolgere Mosca. Korobochka , una popolare fonte di informazioni favorevoli alla Russia su Twitter, ha precedentemente elaborato questo scenario nel suo articolo Substack sul motivo per cui ” La Russia non utilizzerà armi nucleari in Ucraina “. Ha generato una discussione in una parte dell’Alt-Media Community (AMC) che è stata appena ampliata alla luce del terribile avvertimento di Sputnik.

Secondo quel rispettabile sbocco, Kiev sta costruendo una bomba sporca che intende utilizzare per “lanciare una campagna globale anti-russa volta a minare la fiducia in Mosca”. Hanno aggiunto che questo “suggerirà una reazione estremamente negativa da parte della comunità internazionale. Di conseguenza, Mosca perderà il sostegno di molti dei suoi partner chiave, mentre l’Occidente cercherà di nuovo di sollevare la questione della privazione della Russia dello status di membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’ONU e di rafforzare la sua retorica anti-russa. ” Considerando la gravità della posta in gioco, tutto questo dovrebbe essere preso molto sul serio.

C’è una certa logica inerente a questi avvertimenti che li rende ancora più credibili, vale a dire il modello di Kiev e dei suoi sostenitori nel Miliardo d’oro dell’Occidente guidato dagli Stati Uniti che affermano falsamente che la Russia sta facendo esattamente ciò di cui loro stessi sono colpevoli. Questa arma di teorie del complotto false flag riguarda più recentemente le accuse controfattuali secondo cui la Russia sta bombardando la stessa centrale nucleare di Zaporozhye (ZNPP) sotto il suo controllo e presumibilmente complottando per far saltare in aria la diga di Kakhovka al fine di inondare il proprio territorio e innescare un’azione umanitaria crisi in Crimea privando la penisola dell’acqua.

Inutile dire che queste due affermazioni sono prive di senso, simili nello spirito alla paura di Biden all’inizio di questo mese secondo cui la Russia avrebbe spinto il mondo sull’orlo dell’Armageddon . Il leader americano ha affermato che il suo omologo sta complottando per utilizzare armi nucleari nel conflitto ucraino , che è una deliberata distorsione delle sue parole rispetto al presidente Putin che avverte che la Russia utilizzerà tutti i mezzi a sua disposizione per difendere la sua integrità territoriale. L’ unico scenario credibile che ciò accada è come l’ ultima risorsa assoluta per l’autodifesa se Kiev dovesse colpire con successo Novorossiya.  

Il nuovo comandante dell’operazione speciale dell’esercito, il generale Surovikin, ha cercato di anticipare questo scenario proprio attraverso l’attuazione da parte del suo paese della propria versione di “ shock and awe ” nelle ultime settimane. Indebolendo le capacità militari del suo avversario dietro la linea di controllo (LOC), la Russia ha ridotto notevolmente la probabilità che Kiev colpisse la regione di Novorossiya con la quale si era riunificata di recente, spingendo così potenzialmente Mosca a difendere la sua integrità territoriale con armi nucleari tattiche come ultima assoluta ricorrere.

Comunque sia, i Western Mainstream Media (MSM) e Kiev guidati dagli Stati Uniti continuano a temere che il Cremlino abbia ancora intenzione di usare quelle armi di distruzione di massa (WMD), e per scopi offensivi invece di quelli puramente difensivi che impiegherebbe se assolutamente necessario. Questa narrativa di guerra dell’informazione ricorda minacciosamente a molti osservatori le precedenti false flag che erano state precedentemente armate contro la Russia per quanto riguarda la ZNPP e la diga di Kakhovka, facendo così chiedere a molti se Kiev stia davvero tramando un simile complotto sotto falsa bandiera esattamente come ha appena avvertito Sputnik.

Fino al rapporto di quel rispettabile giornale di domenica pomeriggio, è rimasto il regno della speculazione prendere seriamente in considerazione quello scenario poiché si presumeva giustamente che la Russia avrebbe almeno inviato una sorta di segnale semi-ufficiale al riguardo esattamente come ha fatto in precedenza ogni volta che il Miliardo d’Oro stava pianificando attacchi con armi chimiche false flag in Siria. Ora che ha indirettamente esteso la credibilità a questa possibilità tramite lo Sputnik, tutti dovrebbero essere molto preoccupati poiché il Cremlino vuole chiaramente che la gente sia alla ricerca di una falsa bandiera legata al nucleare nel prossimo futuro.

Per essere chiari, questo non significa che uno scenario del genere sia imminente, né che accadrà. Tutto ciò che viene segnalato è che lo scenario dovrebbe essere preso sul serio e non più liquidato come pura speculazione poiché Sputnik non avrebbe riferito di ciò citando fonti credibili e anonime a meno che la Russia non avesse la sensazione che qualcosa del genere fosse stato davvero inventato dai suoi oppositori. Ricordando i vaghi dettagli condivisi nel loro articolo, sembra certamente che la motivazione dietro questa provocazione senza precedenti di armi di distruzione di massa sarebbe quella di coinvolgere la Russia e quindi cercare di esercitare ulteriore pressione su di essa.

Ciò potrebbe assumere la forma di qualsiasi cosa, dal costringere ulteriormente i suoi partner nel Sud del mondo (soprattutto i suoi altrettanto strategici cinesi e indiani con i quali la Russia sta costruendo insieme l’ emergente Ordine Mondiale Multipolare ) a prendere le distanze da quella potenza mondiale appena restaurata per produrre anche artificialmente il pretesto per un intervento militare convenzionale guidato dagli Stati Uniti nel conflitto ucraino. Il primo sarebbe semplicemente la continuazione di una tendenza preesistente , mentre il secondo è stato casualmente suggerito dall’ex capo della CIA Petraeus, che ha proposto una cosiddetta “coalizione dei volenterosi”.

Gli osservatori dovrebbero anche tenere a mente che l’ élite democratica al potere negli Stati Uniti desidera disperatamente che accada qualcosa di drammatico nella guerra per procura della NATO contro la Russia attraverso l’Ucraina, nell’ultima disperata speranza di attutire il colpo che gli elettori dovrebbero infliggere loro durante i prossimi midterm . Se la controffensiva di Kherson continua a bloccarsi, ne consegue quindi naturalmente che la provocazione nucleare sotto falsa bandiera potrebbe essere iniziata per creare una grave crisi che potrebbe spaventare gli americani nel sostenere il partito in carica per motivazioni “patriottiche” manipolate da MSM.

Riflettendo sull’intuizione che è stata finora condivisa in questa analisi, ci sono quindi tre motivazioni principali dietro gli Stati Uniti che potenzialmente autorizzano Kiev ad andare avanti con la provocazione nucleare sotto falsa bandiera di cui lo Sputnik ha appena messo in guardia. Questi sono il desiderio dell’élite democratica al potere che qualcosa di drammatico accada in quella guerra per procura allo scopo di attutire il colpo degli elettori al loro partito o di radunare gli americani attorno agli incumbent prima del midterm; facendo ulteriormente pressione sul Sud del mondo affinché prenda le distanze dalla Russia; e forse creando il pretesto per un intervento diretto guidato dagli Stati Uniti.

Ognuno di questi è strategico a modo suo e potrebbe quindi finire per cambiare il gioco se anche uno solo di loro avesse successo se questo complotto nucleare sotto falsa bandiera dovesse davvero andare a buon fine. Detto questo, ci sono anche ragioni per cui potrebbe non accadere, in primo luogo perché la Russia lo sta già smascherando indirettamente attraverso il suo pre-bunking perfettamente sincronizzato che è stato appena effettuato dallo Sputnik. In secondo luogo, nessuno può prevedere esattamente come reagirebbe la Russia a Kiev che fa esplodere un ordigno nucleare e quindi coinvolge immediatamente Mosca. E terzo, esiste un’ambiguità simile quando si tratta di un intervento guidato dagli Stati Uniti nel conflitto.

Tutto sommato, gli osservatori dovrebbero decidere da soli quanto sia veramente credibile questo scenario, ma non dovrebbero nemmeno ignorarlo anche nel caso in cui rimangano scettici poiché Sputnik non avrebbe citato fonti anonime credibili per avvertirlo il patrono dello stato non lo riteneva possibile. Tutto ciò che si può sapere con certezza è che entrambi i partecipanti diretti a questo conflitto avvertono che l’altro sta presumibilmente pianificando importanti attacchi false flag, il che suggerisce che tutti dovrebbero prepararsi per qualcosa di grande nel prossimo futuro anche se non è chiaro esattamente cosa è che potrebbe succedere.

Riassumendo l’importanza della nuova strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per la Russia, di Andrew Korybko

Nel complesso, lo spirito di questa grande strategia quando si tratta della Russia si riduce al “bracconaggio” dei suoi partner in tutto il Sud del mondo attraverso iniziative di cooperazione non sincera e sovversione, parallelamente al contenerla convenzionalmente attraverso l’UE/NATO.

La nuova strategia di sicurezza nazionale (NSS) degli Stati Uniti inquadra il modo in cui questo egemone unipolare cercherà di riaffermare la sua influenza in declino sulla transizione sistemica globale nei prossimi anni. È estremamente rilevante per la Russia poiché questo documento descrive quella potenza mondiale appena restaurata come “una minaccia immediata”, da cui l’urgenza di contenerla attraverso mezzi interconnessi. Nonostante neghi di volere una Nuova Guerra Fredda , il testo non lascia dubbi sul fatto che l’America vede tutto attraverso quel paradigma.

Divide il mondo in cosiddette “autocrazie” e “democrazie”, sebbene l’NSS affermi anche pragmaticamente che gli Stati Uniti coopereranno anche con paesi che “non abbracciano istituzioni democratiche ma tuttavia dipendono e supportano un sistema internazionale basato su regole. ” Questo può essere interpretato come un tentativo di fare appello a quelle dozzine di paesi del Sud del mondo e specialmente dell’Africa che hanno mantenuto relazioni strategiche con la Russia nonostante l’immensa pressione degli Stati Uniti.

Per quanto riguarda l’area del mondo in cui risiede la stragrande maggioranza dell’umanità, l’NSS suggerisce fortemente che gli Stati Uniti competeranno attivamente con la Russia nel tentativo di “modellare il [suo] ambiente esterno in modo da influenzare il [suo] comportamento”. Sebbene non sia dichiarato direttamente, questo può essere inteso come una risposta al manifesto rivoluzionario globale del presidente Putin , che invita il mondo a sollevarsi in opposizione all’unipolarità in modo da aprire la strada a un sistema più democratico, eguale e giusto.

Quel risultato previsto non può essere raggiunto senza che il Sud del mondo si unisca a questo scopo, ergo l’importanza che gli Stati Uniti dividano e governino quell’insieme di paesi attraverso una combinazione di iniziative di cooperazione pragmatica e l’esportazione armata della democrazia ( Rivoluzioni Colorate ) . Riguardo alla seconda strategia menzionata, ciò è fortemente implicito nella parte su come “Lavoreremo per rafforzare la democrazia nel mondo”.

Ogni paese in via di sviluppo è un potenziale obiettivo poiché l’NSS afferma anche che “Gli Stati Uniti sono una potenza globale con interessi globali… Se una regione cade nel caos o è dominata da una potenza ostile, avrà un impatto negativo sui nostri interessi nelle altre”. Ciò indica che l’ingerenza americana continuerà senza sosta per un futuro indefinito poiché è della massima importanza per gli strateghi statunitensi impedire al Sud del mondo di unirsi sotto la guida della Russia.

Come ci si poteva aspettare, i suoi responsabili della percezione stanno attivamente inducendo il loro pubblico mirato a pensare che il loro egemone unipolare in declino sia quello che presumibilmente sostiene la loro autonomia strategica nel mezzo della transizione sistemica e non la Russia. Questa menzogna è esplicitamente sputata nella parte in cui si afferma falsamente che gli Stati Uniti “mirano a preservare l’autonomia ei diritti degli stati meno potenti”, a differenza di Russia e Cina. È vero il contrario, infatti, come ha confermato a luglio il presidente Putin.

Un’altra falsità diffusa attraverso l’NSS è che il conflitto ucraino “ha profondamente sminuito lo status della Russia nei confronti della Cina e di altre potenze asiatiche come l’India e il Giappone”. Mentre l’India è diventata indiscutibilmente una grande potenza influente a livello globale grazie allo status di kingmaker che ha ottenuto come risultato del suo magistrale equilibrio tra il miliardo d’oro dell’Occidente guidato dagli Stati Uniti e il Sud globale guidato da BRICS SCO , la traiettoria di superpotenza della Cina ha è stato deragliato e il Giappone è solo un proxy degli Stati Uniti .

La valutazione imprecisa condivisa nel testo non è casuale né dovuta alla mancanza di un’analisi adeguata, ma è deliberata e collegata al piano di guerra dell’informazione dell’ex capo spia del Pentagono di cui lui e un lobbista neoconservatore si sono vantati a Politico il mese scorso. Secondo loro , gli Stati Uniti dovrebbero manipolare il sentimento nazionalista/patriottico dei russi distorcendo il loro paese come una forza geopolitica sempre più irrilevante sotto il presidente Putin. Il relativo passaggio è semplicemente un mezzo per raggiungere tale fine.

Tutto ciò che è stato descritto finora sulla rivalità degli Stati Uniti con la Russia della Nuova Guerra Fredda si svilupperà in tutto il Sud del mondo e potrebbe quindi non ricevere l’attenzione che merita dal pubblico occidentale, che sarà molto più concentrato sul fronte di questa rispettiva competizione. A questo proposito, i passaggi applicabili dell’NSS sono prevedibili nel senso di rafforzare l’influenza degli Stati Uniti sull’UE al fine di migliorare le sue capacità di contenimento globali, senza quindi bisogno di elaborazioni.

Nel complesso, lo spirito di questa grande strategia quando si tratta della Russia si riduce al “bracconaggio” dei suoi partner in tutto il Sud del mondo attraverso iniziative di cooperazione non sincera e sovversione, parallelamente al contenerla convenzionalmente attraverso l’UE/NATO. La seconda era già in atto da anni mentre la prima è una tendenza emergente che si è manifestata solo a partire da febbraio. Da questa osservazione, si prevede che il Sud del mondo sarà il centro della rivalità nella Nuova Guerra Fredda. 

https://korybko.substack.com/p/summarizing-the-relevance-of-the?utm_source=post-email-title&publication_id=835783&post_id=78150690&isFreemail=true&utm_medium=email

Per cambiare il mondo, la Cina deve cambiare, di Antonia Colibasanu

La guerra economica mondiale si sta scaldando ed entrambi i principali contendenti sono allo sbando.

Nell’ultimo mese ho parlato in diverse conferenze sulle sfide che l’invasione russa dell’Ucraina e la successiva guerra economica pongono all’economia globale e alla regione del Mar Nero, l’area in cui vivo. Ad ogni evento, il pubblico ha impostato i temi del dibattito. A Washington, i temi principali sono stati il ​​trasporto marittimo nel Mar Nero, la dipendenza economica della regione dalla Russia, la sicurezza energetica europea e la probabile risposta europea a un’altra crisi economica. L’attenzione in Europa era leggermente diversa. Ad esempio, al Clube de Lisboa (Club di Lisbona) – che ha riunito relatori da Europa, Stati Uniti, Asia e Africa – le discussioni sulla guerra in Ucraina hanno avuto una portata globale.

Tuttavia, un tema comune a ogni evento era la Cina: le sfide che deve affrontare e cosa significano per il mondo. La questione più urgente riguardava la possibilità di un’alleanza sino-russa contro l’Occidente. Le domande più interessanti hanno riguardato il Congresso Nazionale di questa settimana e il futuro modello economico di Pechino, che determinerà il suo rapporto con l’Occidente e la Russia. Il fatto che i problemi della Cina stiano plasmando in modo significativo l’economia globale non è nuovo; infatti, l’avevo già elencato tra le maggiori sfide mondiali nei prossimi mesi . Ma la continua capacità del modello di promuovere la prosperità e la stabilità interna, così come il modo in cui viene percepita nel resto del mondo, sono questioni critiche che interesseranno il mondo intero.

La creazione e la rottura di un ordine globale

La Cina è sotto pressione non solo a causa della sua dipendenza dagli Stati Uniti, ma anche a causa dei cambiamenti nelle sue relazioni con i paesi in via di sviluppo. Le economie emergenti dell’Africa e dell’Asia meridionale non cercano più l’aiuto di paesi più sviluppati come la Cina, gli Stati Uniti e altri. Invece, stanno aspettando il loro tempo e stanno guardando l’evolversi della guerra economica globale per assicurarsi che non si impegnino eccessivamente dalla parte dei perdenti e facciano la scelta migliore per le loro nazioni. Per loro, il CHIPS and Science Act recentemente approvato da Washington – inteso a preservare la leadership tecnologica degli Stati Uniti, anche limitando le esportazioni alla Cina – ricorda che il conflitto tra Occidente e Oriente coinvolge più della semplice Russia.

Le prime scaramucce nella guerra economica mondiale sono iniziate anni fa come una guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. Le dipendenze reciproche dei due paesi avevano creato problemi socioeconomici per entrambi. Il protezionismo ha guadagnato il favore in entrambi i paesi. Nel 2020, la pandemia di COVID-19 e la conseguente crisi della catena di approvvigionamento hanno aggravato notevolmente questi problemi. Quest’anno, la relazione si è interrotta irreparabilmente, o almeno così sembra ora.

La lotta attuale non è tra due stati ma tra due sistemi di governo. Entrambi hanno origine nel 1944, verso la fine della seconda guerra mondiale, anche se entrambi si sono trasformati da allora (e probabilmente devono cambiare ulteriormente per rimanere efficaci). Uno è il modello del capitalismo di mercato articolato in “The Road to Serfdom”, pubblicato nel 1944 dall’economista e filosofo austriaco Friedrich Hayek. Afferma che la pianificazione centrale e la proprietà pubblica portano all’oppressione, mentre il libero mercato massimizza il profitto e il benessere generale. L’altro modello è stato presentato nello stesso anno dallo storico economico e antropologo americano-ungherese Karl Polanyi in “The Great Transformation”. Polanyi sostiene che i capitalisti sfruttano la società attraverso il libero mercato e un’economia di mercato impone alla società regolamenti e politiche che generano divisione e alla fine crisi. Invece, sostiene un compromesso tra le politiche economiche liberali a livello internazionale (come il libero scambio e l’apertura economica) e la stabilità sociale interna, assicurata principalmente dallo stato sociale. Per Polanyi, l’agenda sociale dovrebbe stabilire regole economiche, non viceversa.

L’Occidente ha adottato il modello di Hayek di mercati e democrazia regolamentati ma sostanzialmente liberi, mentre la Cina ha ampiamente seguito la “grande trasformazione” di Polanyi. Il sistema di governance cinese mira a fornire benefici alla maggior parte della popolazione tentando di controllare la maggior parte delle sue attività. L’Occidente, invece, detta le regole del mercato e definisce i diritti individuali, e poi generalmente lascia che il mercato si svolga da solo, controllato dalla democrazia elettorale.

Nonostante fossero completamente diversi, questi due sistemi si sono completati a vicenda durante la Guerra Fredda e all’inizio degli anni 2000. Il modello cinese ha sradicato la povertà assoluta nel paese e ne ha fatto la potenza economica che è oggi. Gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo fondamentale nel consentire e sostenere il commercio e gli investimenti a livello mondiale. Il dollaro stabile, la tecnologia americana e la potenza militare statunitense hanno aumentato la sicurezza globale, rendendo più facile per la Cina utilizzare i suoi bassi costi di manodopera per diventare il produttore più economico del mondo. Inoltre, impegnando direttamente la Cina, gli Stati Uniti hanno vinto la Guerra Fredda contro l’Unione Sovietica. Entrambi i modelli hanno avuto successo, ispirando ovunque le economie in via di sviluppo all’inizio del millennio.

Mentre molti degli ex stati sovietici e satelliti dell’Europa orientale hanno adottato il modello capitalista occidentale, la Russia ha adottato un ibrido dei due. Allo stesso tempo, le grandi economie emergenti come l’Indonesia, il Brasile e l’India hanno lottato per affrontare le conseguenze dei fallimenti del mercato, come la disuguaglianza di reddito e ricchezza, e hanno cercato di adattare il modello di Hayek a quello di Polanyi. In America Latina e Africa, i luoghi più dipendenti dagli investimenti esteri per lo sviluppo, la maggior parte degli stati ha accolto il modello economico del loro investitore più generoso. L’esplosione del commercio e degli investimenti ha permesso la convivenza pacifica dei due sistemi.

La corsa per riscrivere le regole

La crisi finanziaria del 2008 e la Grande Recessione hanno segnato la fine della loro pacifica convivenza. Quando i mercati globali falliscono, gli stati hanno urgente bisogno di limitare i fallimenti nei propri mercati, ridurre al minimo i danni e, in generale, soddisfare le aspettative del pubblico di prosperità e sicurezza. Non ci sono riusciti. I sistemi occidentale e cinese erano diventati troppo dipendenti l’uno dall’altro per fornire risposte uniche ai problemi globali proteggendo allo stesso tempo il loro pubblico. Con la polarizzazione delle società e delle nazioni, ogni stato ha sviluppato strategie per limitare le ricadute delle future crisi globali.

Nel processo, la cooperazione tra Stati Uniti e Cina – tra i modelli di Hayek e Polanyi – è stata sostituita dalla competizione e dal confronto. Sebbene entrambi parlassero di riforma strutturale, nessuno dei due modelli è stato effettivamente aggiornato. Invece, la crisi della catena di approvvigionamento indotta dalla pandemia ha accelerato l’attuazione di misure protezionistiche, dal reshoring o dall’amici degli investimenti aziendali alle restrizioni alle esportazioni. L’invasione russa dell’Ucraina e le sanzioni occidentali hanno ulteriormente accelerato questo processo e, attraverso l’armamento dei media, della finanza e del commercio, hanno reso inevitabili l’escalation e una maggiore incertezza.

Sia gli Stati Uniti che la Cina stanno ora lottando per salvare e riformare i loro modelli di governo, le basi del loro sviluppo e la loro influenza sull’economia globale. In effetti, è sorprendente che americani e cinesi stiano entrambi provando sentimenti molto negativi riguardo al loro benessere personale. (In Cina, i sentimenti negativi sul benessere personale sono a livelli record.) Entrambi sono preoccupati per il futuro e la fiducia è infranta. Tutto ciò indica che i rispettivi modelli socioeconomici devono adattarsi. L’Occidente (soprattutto gli Stati Uniti) sta vivendo un’elevata inflazione e affronta la prospettiva di una crisi energetica senza precedenti che inizierà questo inverno, data la dipendenza europea dal gas naturale russo. Gli Stati Uniti, l’Europa e il Giappone stanno tentando di affrontare insieme i loro problemi economici, riunendo nei formati del G-7 e dell’UE,

Stress, preoccupazioni ed esperienze negative negli Stati Uniti e in Cina
(clicca per ingrandire)

La Cina, invece, si trova relativamente isolata. Il compito più urgente del congresso del partito di quest’anno è ripristinare la crescita economica. Ma la Cina dipende troppo dal mercato statunitense per rischiare le sanzioni occidentali se si avvicina troppo alla Russia. Allo stesso tempo, anche gli Stati Uniti non sono amici, poiché di recente hanno rafforzato la loro presa sull’industria dei semiconduttori. Il più grande ostacolo alla ripresa della Cina è la sua politica zero-COVID, ma a causa della sua associazione con il presidente Xi Jinping, non può essere apertamente messa in discussione. Inoltre, la scarsa qualità dei vaccini cinesi contro il COVID-19 e la scarsa diffusione del vaccino tra le coorti più vulnerabili complicano la riapertura. (Pechino potrebbe ricorrere a una coercizione ancora maggiore per vaccinare la popolazione, una potenziale minaccia alla stabilità del regime.)

Mentre gli Stati Uniti (e l’Occidente in generale) scaricano aiuti militari e finanziari in Ucraina e distribuiscono denaro in patria per far fronte all’aumento dei prezzi dell’energia, la Cina sta limitando i suoi finanziamenti esterni a progetti come la Belt and Road Initiative, la chiave di volta della strategia cinese per costruire la sua influenza in Eurasia e oltre. Xi ha presentato la sua Global Security Initiative, un piano per un nuovo ordine globale, all’inizio di quest’anno, ma è pesante sui principi e leggero sui dettagli su come raggiungerli. Pechino può provare a plasmare le istituzioni globali e regionali per servire gli interessi cinesi, ad esempio facendo pressioni per una maggiore sovranità statale su Internet, ma non è chiaro se la sua ideologia avrebbe lo stesso fascino senza enormi finanziamenti a sostegno.

La lotta tra i modelli socio-economici americano e cinese continuerà nei prossimi mesi con l’intensificarsi della guerra economica globale. La Cina comprende i rischi di un confronto diretto con gli Stati Uniti e quindi lo eviterà. Nel suo tentativo di riscrivere le regole globali, Pechino preferisce la sottigliezza (come lavorare all’interno delle Nazioni Unite) all’approccio più diretto della Russia. Ad esempio, la Cina ha esercitato con successo pressioni affinché il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite iniziasse a dare la priorità ai diritti collettivi, come le garanzie di sussistenza economica, rispetto alle libertà individuali come la libertà di parola e di associazione. Allo stesso tempo, la Cina potrebbe cercare di assicurarsi un ruolo più importante negli oceani Indiano e/o Artico, dove le norme sono più flessibili che nell’Atlantico o nel Pacifico. In questo modo,

Per avere successo, tuttavia, la Cina deve rimanere stabile internamente e ciò richiede una riforma del suo modello in stile Polanyi. Ecco perché l’attuale congresso del Partito Comunista è importante. Chiunque nominerà la Cina come leader alla fine della settimana, il successo del partito per la riforma del modello socio-economico cinese determinerà il ruolo del Paese nel plasmare il sistema globale.

Antonia Colibasanu è Chief Operating Officer di Geopolitical Futures. È responsabile della supervisione di tutti i dipartimenti e delle operazioni di marketing dell’azienda. Il Dr. Colibasanu è entrato a far parte di Geopolitical Futures come analista senior nel 2016 e parla spesso di temi di economia internazionale e sicurezza in Europa. È anche docente di relazioni internazionali presso l’Università nazionale rumena di studi politici e pubblica amministrazione e professore associato presso l’Università nazionale rumena di difesa Carol I Dipartimento regionale di studi sulla gestione delle risorse della difesa. Prima di Geopolitical Futures, il Dr. Colibasanu ha trascorso più di 10 anni con Stratfor in varie posizioni, tra cui quella di partner per l’Europa e vicepresidente per il marketing internazionale. Prima di entrare a far parte di Stratfor nel 2006, la Dr. Colibasanu ha ricoperto diversi ruoli presso la World Trade Center Association di Bucarest. La dott.ssa Colibasanu ha conseguito un dottorato in Economia e commercio internazionale presso l’Accademia di studi economici di Bucarest, dove la sua tesi si è concentrata sull’analisi del rischio paese e sui processi decisionali di investimento all’interno delle società transnazionali. Ha inoltre conseguito un Master in International Project Management. È un’allieva dell’International Institute on Politics and Economics della Georgetown University.

GUERRA APPARENTE E GUERRA REALE, di Jean Goychman

Da diversi mesi buona parte della cronaca quotidiana è dedicata alla guerra in Ucraina. Molti dibattiti, tavole rotonde, interviste ad esperti (con quali criteri vengono reclutati?) sono interamente dedicati alle azioni sul campo, con la loro immancabile comunicazione di guerra, un tempo chiamata “propaganda”.
Ma diamo un’occhiata più da vicino al lato inferiore delle carte…

 

 

LA MANCANZA DI UNA VISIONE AMPLIATA DEL CAMPO DI BATTAGLIA

Le operazioni militari, per quanto spettacolari possano essere, sono solo un aspetto di questo conflitto. Si stanno verificando profondi sconvolgimenti del pianeta e dei suoi equilibri geopolitici, ma non sembrano essere oggetto dello stesso trattamento mediatico. Certamente in questa notizia vengono citati alcuni eventi, come l’incontro dei paesi della SCO (Shanghai Cooperation Organization) tenutosi qualche giorno fa in Uzbekistan, ma sono presentati in isolamento rispetto al contesto generale.

Tuttavia, questa guerra è probabilmente la parte visibile di questi profondi sconvolgimenti.

Solo chi, per molte ragioni, non si tiene informato sui progressi del mondo, può credere che una mattina del febbraio 2022 la Russia, per capriccio dei suoi leader, la cui sanità mentale è messa in discussione da alcuni commentatori, abbia deciso di invadere Ucraina.

Per gli altri, più familiari con la geopolitica degli ultimi trent’anni, e che hanno seguito l’estensione della zona NATO nell’Europa orientale, la tensione tra Russia e NATO è andata via via acuendo. Gli eventi del 2014 a Kiev avevano ulteriormente aggravato questo disaccordo. Ma più recentemente si sono verificati altri eventi che hanno giocato un ruolo importante, se non preponderante.

LA GRADUALE PERDITA DI INFLUENZA DI OCCIDENTE E USA

Durante la Guerra Fredda del dopoguerra, il mondo era diviso in due blocchi e la parte “occidentale” sembrava essere la più potente. Tuttavia, questa superiorità si basava sulla presenza di alleati accanto agli Stati Uniti. Era compito della NATO mantenere questa coesione occidentale.

La scomparsa dell’Unione Sovietica lasciò solo gli Stati Uniti al controllo, aprendo la strada a un mondo monopolare sotto l’egemonia di quest’ultima. Il trio di dollari USA – NATO – ha concesso loro questo dominio quasi incontrastato.

Come ha detto de Gaulle:

“  Una situazione di monopolio è la migliore, soprattutto per chi la detiene … »

Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da una politica estera americana sempre più bellicosa e meno diplomatica. Ma, nello stesso periodo, il resto del mondo non è rimasto congelato. Nel 1970 la popolazione occidentale rappresentava il 25% della popolazione mondiale per un PIL del 90% del totale. Oggi le cifre sono scese al 12% (compreso il Giappone) e al 40% per il PIL. Questo cambiamento nella demografia e nell’attività economica è inevitabile e influenza la geopolitica globale.

Non si può, con tali cifre, imporre un mondo monopolare che sarebbe diretto da un paese la cui popolazione rappresenta solo il 4% della popolazione totale.
Inoltre, si può ancora parlare di blocco occidentale quando assistiamo a una stretta mortale degli Stati Uniti sull’Unione Europea attraverso la NATO, riportando i suoi membri allo status di vassalli?

Tutto questo sembra essere stato preso in considerazione dalla Russia. Vladimir Putin appare oggi come l’unico avversario veramente offensivo di questo Occidente, ma è davvero così?

VLADIMIR PUTIN È DAVVERO COSÌ ISOLATO?

Dopo la fine dell’inammissibilità espressa dall’Unione Europea nei confronti della Russia negli anni 2000, quest’ultima si è rivolta all’Asia. Dopo il Trattato di Shanghai firmato nel 1996, seguito nel 2001 dalla creazione della SCO , la Russia è diventata un partner importante dell’Asia, soprattutto perché “a cavallo” dei due continenti. Da parte sua, la Cina si sta dimostrando sempre più critica nei confronti dell’egemonia americana e sta cercando di estendere la sua influenza sull’intera zona del Pacifico. Il Giappone rimane apparentemente un fedele alleato degli Stati Uniti, ma i circoli finanziari giapponesi hanno ricordato lo scoppio della bolla immobiliare di Tokyo.causato nel 1988 dalle eccedenze in dollari alimentate dal disavanzo americano. Per ora, il Giappone osserva con paura la crescente influenza della Cina, avvicinandola agli Stati Uniti, ma per quanto tempo?

Gli altri Paesi asiatici sembrano aver fatto il grande passo, se guardiamo alla partecipazione all’incontro della SCO, durante il quale il leader cinese Xi Jinping ha sottolineato che i leader devono “lavorare insieme per promuovere un movimento internazionale di ordine in una direzione più giusta e razionale “.

Ma l’Asia è tutt’altro che sola a sfidare l’egemonia americana. Il Sud America, dopo aver sofferto troppo per la dittatura del dollaro e l’ingerenza americana, paesi come Argentina, Brasile, Cile, Bolivia e Venezuela guardano con interesse a ciò che sta accadendo in Asia.

Anche da parte africana, dove l’influenza sovietica è stata parzialmente esercitata qualche decennio fa, alcuni paesi sembrano sempre più ricettivi a questo discorso. Sempre più si sta delineando la divisione tra l’Occidente e il resto del mondo in via di riunificazione attorno a una concezione multipolare, i cui nuovi poli potrebbero essere i continenti. Ciò rischia di essere accelerato da un ritorno all’isolazionismo americano a seguito di un possibile ritorno all’attività da parte di Donald Trump. Questo può anche essere molto dannoso per un’Unione europea che sta lottando per trovare il suo posto nel mondo di oggi e che segue a capofitto le direttive americane.

IL PRINCIPALE EFFETTO DELLE SANZIONI OCCIDENTALI

Bisogna riconoscere che, dal 2015 e dalla firma degli accordi di Minsk , questi sono rimasti lettera morta. Lo stesso Noam Schomski ha ammesso che gli Stati Uniti avevano provocato la Russia e che, se avessero appoggiato Volodimir Zelensky affinché applicasse gli accordi di Minsk, non ci sarebbe stata la guerra .

Quel che è certo è che i due campi si erano preparati a questa guerra e che ciascuno aveva determinato la propria strategia. La NATO e l’Ucraina da una parte, la Russia dall’altra, avevano spiegato i loro piani. Vladimir Putin è un giocatore di scacchi e la sua strategia riflette questo. Ha intuito che le sanzioni economiche, già in vigore dal 2014, sarebbero state rafforzate e ha compreso i benefici che ne potrebbe derivare in quanto principale fornitore di petrolio e gas all’Unione Europea.

Ma aveva anche giocato sul fatto che molti altri paesi sarebbero stati colpiti da queste sanzioni, pur rimanendo a priori neutrali rispetto a questo conflitto. Da quel momento in poi, il gioco di Vladimir Putin è stato quello di mettere questi paesi dalla sua parte. L’Occidente, e in particolare gli europei, avrebbero dovuto tenere conto di queste massicce astensioni all’ONU quando si è trattato di condannare la Russia. Lo stesso Emmanuel Macron avrebbe dovuto imparare da un pubblico quasi vuoto durante il suo discorso.

Invece niente. Nessuna reazione. Le sanzioni stanno portando l’Unione Europea verso una penuria di energia? Non importa ! Peggio ancora, negando alla Russia l’accesso ai pagamenti SWIFT, ha fornito il pretesto perfetto per richiedere pagamenti in rubli.

Oggi il dollaro, che godeva di un quasi monopolio degli scambi internazionali, non è più utilizzato per più del 50% di essi. E questo non è senza conseguenze per l’economia americana. La FED, nel tentativo di frenare l’inflazione, alza i tassi, che indebolisce l’euro perché la BCE, visto l’indebitamento dei paesi della zona euro, non può seguire questi rialzi. I prezzi all’importazione dall’Eurozona aumentano considerevolmente, il che genera maggiore inflazione e perdita di potere d’acquisto . Tuttavia, continuiamo come se nulla fosse.

IL TEMPO FUNZIONA PER LA RUSSIA E CONTRO L’OCCIDENTE

Tutto questo, lo sanno i leader russi. Quindi non hanno motivo di negoziare o passare all’offensiva. L’ attuale status quo sembra adattarsi perfettamente a loro.

L’Ucraina è solo il luogo di un confronto il cui quadro si estende ben oltre i suoi confini . Il vero problema è quello del mantenimento o dell’eventuale scomparsa dell’egemonia americana.

In questa battaglia di titani, nessuno sembra preoccuparsi del destino dell’Europa, le cui luci rosse lampeggianti lampeggiano una dopo l’altra.

Che responsabilità per i nostri leader, che troveranno molto difficile affermare “di non sapere! »

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