IL CANTO DEGLI ITALIANI, di Pierluigi Fagan

IL CANTO DEGLI ITALIANI. L’Italia è uno stato ed ogni stato serve a proteggere e fornire condizioni di possibilità per la popolazione che ci vive. Lo stato è cioè un veicolo adattivo, il soggetto che deve trovare il miglior adattamento al mondo di un dato tempo, per quel popolo. Lo stato italiano è in tre crisi contemporaneamente.

La prima è la crisi dimensionale che condividiamo con più o meno tutti gli stato europei. Gli stati europei sono mediamente più piccoli della media mondiale. Europa è solo il 7% della superficie delle terre emerse ma ha il 25% degli stati. Quando si sono cominciati a formare gli stati in Europa nel XVI secolo, il mondo –per quanto riguardava le logiche di contesto- era l’ Europa e quindi era secondo quella logica che s’andavano a formare gli stati. Oggi la logica è quella del mondo, con diciassette volte la popolazione di allora e molta più complessità.

La seconda crisi è di ordinatore ed anche questa la condividiamo con molti stati europei. Infatti, in Europa ci siamo dati un doppio ordinatore riservando a gli stati quello politico e donando al sistema comune quello economico, col risultato di avere politiche impotenti perché non hanno la sovranità monetaria ed economie acefale poiché non hanno una politica che possa indirizzarle.

La terza crisi è geopolitica ed anche questa la condividiamo con molti amici europei. Gli europei rimangono soggetto geopolitico solo a livello di stati, ma sono stati mediamente piccoli, a volte senza forze armate o con forze armate nominali, con limiti evidenti in ricerca, spesa militare e capacità operativa. Di fondo poi c’è proprio una assenza di mentalità nelle opinioni pubbliche, gli europei sono gli unici al mondo ad aver intimamente creduto che fosse finita la storia.

In questo bizzarro quadro di sovranità dissipate in cui comunque i paesi europei a maggior massa contano di più di quella a minor massa, nessuno stato europeo ha due dei tre requisiti fondamentali della sovranità: la moneta e la forza militare. Il terzo, la leva fiscale che ha storicamente fatto da trait d’union, è molto compromessa, sia per concorrenza interna all’UE, sia per l’esistenza di vasti arcipelaghi anglosassoni detti “paradisi fiscali”, sia per via dell’idea neo-liberal-globalista di dar libera circolazione dei capitali. Ne consegue che la sovranità politico-giuridica è ai minimi termini.

Il problema brevemente descritto è grave ed angosciante in sé, ma di più quando -dopo averlo assunto- si deve pensare a come porvi rimedio. Che si debba porvi rimedio non è infatti in discussione, gli stati esistono dalla nascita delle società complesse, cinquemila anni fa e come la nozione di soggetto in campo umano, tutte le chiacchiere liberal-strutturaliste sul superamento degli stati e del soggetto, pur notandone doverosamente la complessità e descrizioni meno ingenue e semplificate di quelle dei secoli passati, fanno solo perdere tempo. E di tempo ce n’è poco.

La difficoltà del problema è nella sua complessità, nel numero di variabili interconnesse che lo costituiscono. Da qualche anno, si è formata una certa sensibilità, per quanto ancora ampiamente minoritaria, su una parte del secondo problema. Il problema è stato ridotto al sistema UE – euro e si è vagheggiato che una uscita dall’UE e soprattutto dall’euro, avrebbe ridato all’Italia almeno il possesso delle chiavi di gestione monetaria, come se la sovranità non fosse una proprietà indivisa di molte forze e fosse riducibile a tipografia ed inchiostro per stampar moneta, monetizzare il debito statale e dar così una mano alla funzione economica a quel punto riportata a casa nel binomio dell’economia politica. Il che per altro ha senso in linea teorica, da vedere però poi sul pratico poiché per uno stato i margini di operatività sono dati comunque in ultima istanza dalla potenza geopolitica che è in gran parte la somma di quella economica e quella militare.

E sul piano geopolitico cosa osserviamo in questi giorni? Be’ l’altro giorno qualcuno negli USA ha pensato utile mandare un avvertimento sotto forma di una presunta donazione da parte di Chavez a Casaleggio padre, vedendo in lui l’eroe del “socialismo anticapitalista europeo”. Bisogna esser proprio americani per confezionare una balla del genere che fa una confusione infantile tra categorie politiche oltre ad esser irrealistica sotto molti altri punti di vista. Ma il pizzino avvelenato è stato comunque mandato per la gioia: a) dei nemici esterni dei 5 stelle, più qualche fazione interna in lotta con un’altra fazione interna per l’egemonia del movimentato movimento; b) dei nemici del governo in carica in ansiosa aspettativa crolli per partecipare al banchetto dell’ipotetico Recovery Fund in salsa MES; c) di tutti i regolarmente iscritti a libro paga CIA che abbondano nei giornali e partiti, oltre a gli stakeholder del sistema atlantista che sono tanti, forti e ben piazzati. Del resto se cantiamo come italiani “Noi siamo da secoli / Calpesti, derisi / Perché non siam Popolo / Perché siam divisi” è perché non essendoci mai pienamente uniti mentalmente, non abbiamo la nozione di “interesse nazionale” che è forse il requisito primo di una aspirazione sovrana.

Così per la faccenda della vendita delle navi all’Egitto che però ci ha massacrato un ricercatore per altro in missione di, come al solito, ambigue istituzioni britanniche. Molte cose di quello che è successo al povero Regeni non si possono e mai si potranno dire, cose in tutta evidenza che nulla hanno a che fare con l’Italia e che riguardano intrighi internazionali di alto livello (ma anche di aspro conflitto interno in Egitto), cioè non del nostro livello. Qualcuno, al governo, ha pensato di comunque barcamenarsi con l’Egitto facendo quello che molti spesso invocano, quel andreottismo mediterraneo (ma la tradizione affonda nella commedia dell’arte del cinquecento) che ci faceva amici di Israele ed Arafat al contempo. Con l’Egitto siamo su opposte sponde nel conflitto in Libia, ma ENI gestisce i loro nuovi promettenti pozzi off shore, in più stanno proprio lì davanti a noi e sarebbe il caso di mostrare loro che noi, dei loro maldipancia islamici che li oppongono ai turchi (fratelli musulmani che ricordiamolo, nascono in Egitto), non prendiamo parte. Anche perché se la Turchia è 12° come paese per i nostri flussi di export e 10° per l’import, l’Egitto non compare tra i primi trenta. Compaiono però sauditi ed emiratini, egiziani no, gli egiziani fanno affari coi francesi. Ma ecco che gli italici pupazzi al servizio di questo o di quello, urlano come le oche del Campidoglio, allo sfregio dell’italica dignità facendosi pifferai dei tanti incolpevoli ingenui che chiedono giustizia per il povero ragazzo che s’è infilato in un gioco più grande di lui e di noi.

E chiudiamo col diffuso terrore per l’imperialismo cinese. Da quando abbiamo firmato una innocente adesione commerciale ai possibili sviluppi della Via della Seta, c’è chi non ci dorme la notte. Coi cinesi possono fare affari tutti tranne noi. La Cina è il primo paese per import dell’intera UE ed il secondo per export. Pragmaticamente i tedeschi, a cui spetta dai primi di luglio la presidenza di turno del’UE, avevano indetto a Lipsia a metà settembre una meeting UE-China per darsi un quadro generale entro il quale regolare i reciproci rapporti. Ma anche lì, s’è ritenuto più conveniente non irritare troppo Trump già arrabbiato con i gasdotti russo-tedeschi, anche perché a quel punto conviene aspettare un paio di mesi per vedere se ci sarà ancora. Ecco allora i nostrani palpitanti per le sorti di Hong Kong, i partecipanti attenti alle scaramucce confinarie con quelle altre birbe dei nazionalisti indiani, l’orrore per il 5G con cui carpiranno tutti i nostri più profondi segreti (?), l’aver a che fare con “comunisti autoritari che non rispettano i diritti umani” come se invece turchi, sauditi, azeri, vietnamiti, indonesiani con cui intratteniamo fertili scambi commerciali, fossero i migliori dei modi possibili. Per non parlare degli umanitarissimi israeliani di cui appunto, è sempre meglio non parlare se non ci si vuol scottare di brutto.

Per non parlare degli aiuti sanitari accettati incautamente dai russi che tra l’altro questa estate promettono di essere uno dei pochi flussi esteri per la nostra esangue stagione turistica. Qualche polpetta avvelenata arriverà anche a saldare quel conto, potete giurarci.

Insomma, tra trenta anni saremo il 17% in meno con ospizi pieni e culle vuote, dati al 21° posto tra le potenze economiche per Pil PPP (oggi siamo al 12° posto, 21° è l’Egitto), ma come al solito pieni di cazzari urlanti in cerca del loro quarto d’ora di gloria al servizio di qualcuno dei tanti poteri che banchetteranno con ciò che di noi rimarrà e tutti a cantar “Uniamoci, amiamoci / L’unione e l’amore / Rivelano ai Popoli / Le vie del Signore / Giuriamo far Libero / Il suolo natio / Uniti, per Dio / Chi vincer ci può!?”.

Be’ visto che non unendoci non possiamo contare, lasciateci almeno cantare come diceva il nostro nazionale spirito di riferimento, Toto Cutugno.

tratto da https://www.facebook.com/pierluigi.fagan/posts/10221412610440290

Intervista di Giuseppe Germinario a Max Bonelli sul coronavirus-Epifania Strategica e genesi e significato dell’ironico simbolo della morte della trascendenza dei moderni   Di Massimo Morigi

 

Intervista di Giuseppe Germinario a Max Bonelli sul coronavirus ovvero Cthulhu morbus come  teleologia  del (e) fallimento della moderna secolarizzazione. Epifania Strategica e genesi e significato dell’ironico simbolo della morte della trascendenza dei moderni

 

Di Massimo Morigi

 

 http://italiaeilmondo.com/2020/05/10/crisi-pandemica-e-modello-svedese-una-conversazione-con-max-bonelli/

 

The most merciful thing in the world, I think, is the inability of the human mind to correlate all its contents. We live on a placid island of ignorance in the midst of black seas of infinity, and it was not meant that we should voyage far. The sciences, each straining in its own direction, have hitherto harmed us little; but some day the piecing together of dissociated knowledge will open up such terrifying vistas of reality, and of our frightful position therein, that we shall either go mad from the revelation or flee from the deadly light into the peace and safety of a new dark age.

  1. P. Lovercraft, The Call of Cthulhu

 

 

«In questa intervista Max Bonelli mostra una notevole affinità con le tesi sul coronavirus espresse da Judy Mikovits ma la serietà e preparazione professionale di Max Bonelli nel campo della guerra batteriologica rende questa intervista, al di là dello specifico punto di dissenso sull’origine del coronavirus, uno dei più interessanti e stimolanti contributi che si sono potuti leggere in questi tempi in merito alla corretta metodologia  strategica su come affrontare la crisi epidemica del coronavirus  e che è distante anni luce dal delirio antiproduttivo ed antindustriale adottato in Italia ma va nella giusta direzione della responsabilizzazione dei comportamenti collettivi ed individuali, come si è cercato di fare pur fra grandi errori, ci riferisce nell’intervista Bonelli,  in Svezia. In conclusione, ribadendo dal  punto di vista del Repubblicanesimo Geopolitico il giudizio sulle reazioni delle autorità italiane sul coronavirus (e la cui censoria e totalitaria Weltanschauung, fra l’altro,  non è altro che un riflesso dei propositi censori  ed autoritari espressi dai grandi signori del Web) e con ciò esplicitando ancor meglio la finalità di questo lavoro di raccolta e congelamento di fonti: lo scaricamento e poi il ricaricamento  su Internet Archive di  questi video (con conseguente caricamento – per attenerci in maniera volutamente ridondante ad un principio di cautela per quanto riguarda la preservazione digitale delle fonti – sempre su Internet Archive di questa pagina Word con copiaincollati i video ed anche gli URL di Internet Archive che si sono generati con i caricamenti)  non sono stati realizzati perché dal punto di vista del Repubblicanesimo Geopolitico si sia  d’accordo sulle tesi “complottiste” di Judy Mikovits in merito alla creazione in laboratorio del coronavirus ma perché pur essendo con essa in disaccordo, si è ancora più in disaccordo con la censura  che, come nel caso della Mikovits, viene messa in atto contro tesi eterodosse, una censura che ci consente di affermare che effettivamente un grande complotto esiste, quella contro la libertà di pensiero nelle c.d. democrazie liberali e rappresentative e quindi nulla di meglio per stringere  erga omnes  bavagli che cominciare da chi, anche non possedendo solidi criteri di realismo dialettico e politico, osa andare contro il pensiero mainstream che vuole il nostro  essere un brave new world (ma non un coraggioso mondo nuovo ma il distopico Brave New World   di Aldous Huxley ottenuto, in questo caso specifico, ma già si vede la tendenza che si prepara per il futuro per le crisi prossime venture, attraverso una distopia alla Nineteen Eighty-Four di George Orwell o à la Fahrenheit 451 di Ray Bradbury). E sotto questo punto di vista, un congelamento digitale di fonti in piattaforme, si spera, non completamente asservite, rappresenta un atto di ostilità cultural-politica e quindi di guerra contro il Gran Sacerdote dei Grandi Antichi, Il gran sognatore, il dormiente di R’lyeh, il cosmico,  il talassico, il ctonio, lo smisurato, il  gelatinoso e tentacolare ben peggiore del coronavirus perché suscitatore delle  deliranti ed autodistruttive reazioni apparentemente contro questo agente patogeno ma, in realtà, contro il corpo e la psiche sociali ed individuali,  il sommo  e mitopoietico divo dell’antistrategicità e della follia e del terrore eterodiretti che risponde al nome di  Cthulhu morbus e che  simbolico e deforme parente, per parte di terra, di Behemoth e, per parte di mare,  del Leviatano  di Thomas Hobbes, ma anche della balena Moby Dick di Herman Melville e della Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo,  ammorba, ma anche ne evidenzia la loro vera  e più profonda entelechia, le attuali “democrazie” “liberali” e “rappresentative” (e perciò di concreto e prassistico attivo e produttivo riconoscimento dell’ Epifania Strategica, non solo il vero ed unico Katechon contro  questo mitopoietico,  mortifero  ma anche anfibio ed ambiguo mostro non solo per gli elementi, gli spazi uranici, talassici e ctoni e gli eoni  in cui soggiorna ma anche per l’ironia e la dissimulazione del Necronomicon di Abdul Alhazred necessari per infondergli vita, ma essa sì sola e somma fonte mitopoietica di tutta la totalità olistico-dialettica-espressiva-strategica-conflittuale da cui tutto si genera e tutto continuamente, nonostante gli smarrimenti del terrore e della follia, ritorna … ).»: da Massimo Morigi, (In)oltre Pandemic: Epifania Strategica vs Cthulhu morbus. Materiali di studio per il Repubblicanesimo Geopolitico scaricati dal Web e da YouTube su Judy Mikovits, Max Bonelli (intervistato sul Covid-19 da Giuseppe Germinario sul blog di geopolitica “L’ Italia e il Mondo”),  le teorie complottiste  sul Coronavirus ma in realtà solo non allineate rispetto al pensiero mainstream liberal-democraticistico e sul reale complotto che prendendo come pretesto una corretta informazione sulla presente pandemia vuole  tappare la bocca a tutte le voci dissenzienti sul brave  new    world     delle    c.d.    democrazie    liberali    e    rappresentative, p. 4, scaricabile agli URL https://archive.org/details/inoltre-pandemic-epifania-strategica-vs-cthulhu-morbus-massimo-morigi-judy-mikov_202005     e     https://archive.org/details/inoltre-pandemic-epifania-strategica-vs-cthulhu-morbus-massimo-morigi-judy-mikov, caricato su Internet Archive in data 30 maggio 2020; inoltre la versione PDF del documento, dal titolo leggermente modificato, (In)oltre Pandemic file PDF: Epifania Strategica vs Cthulhu morbus, etc.,   è consultabile e  scaricabile  presso                 https://archive.org/details/inoltre-pandemic-file-pdf-epifania-strategica-vs-cthulhu-morbus-massimo-morigi-j_202005/mode/2up e https://ia801403.us.archive.org/11/items/inoltre-pandemic-file-pdf-epifania-strategica-vs-cthulhu-morbus-massimo-morigi-j_202005/%28In%29oltre%20Pandemic%20file%20PDF%20%20Epifania%20Strategica%20vs%20Cthulhu%20morbus%20Massimo%20Morigi%2C%20Judy%20Mikovits%2C%20Max%20Bonelli%2C%20Repubblicanesimo%20Geopolitico%20neomarxismo%20neo%20marxism.pdf.  Anche se in due formati differenti (il documento formato PDF non contiene copiaincollati sul suo foglio i file mp4 dei video già direttamente disponibili sul foglio Word risultando così molto più leggero e di rapida consultazione), entrambi i documenti contengono, oltre gli URL della videointervista  di Giuseppe Germinario a Max Bonelli per l’ “Italia e il Mondo”  e relativi nostri caricamenti della  stessa su Internet Archive (che ad ogni modo forniamo anche qui:  accesso diretto alla  videointervista di Giuseppe Germinario a Max Bonelli Crisi pandemica e modello svedese. Una conversazione con Max Bonelli, pubblicata sul blog in data 10 maggio 2020: http://italiaeilmondo.com/2020/05/10/crisi-pandemica-e-modello-svedese-una-conversazione-con-max-bonelli/, il suo  caricamento ad opera sempre  dell’ “Italia e il Mondo” su YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=Ik6kPIdJC1Y&feature=emb_logo e i  nostri autonomi caricamenti su Internet Archive: https://archive.org/details/y-2mate.com-crisi-del-coronavirus.-il-modello-svedese-tra-realta-e-rappresentazi                                                       e                                                                                                                                                                                                                       https://ia801401.us.archive.org/9/items/y-2mate.com-crisi-del-coronavirus.-il-modello-svedese-tra-realta-e-rappresentazi/y2mate.com%20-%20Crisi%20del%20coronavirus.%20Il%20modello%20svedese%20tra%20realt%C3%A0%20e%20rappresentazione%20e%20non%20solo.%20Con%20Max%20Bonelli_Ik6kPIdJC1Y_360p.mp4), anche l’URL  della videointervista  dell’intervista a Judy Mikovits rimossa da YouTube, da  noi recuperata  da altra piattaforma e poi ricaricata su Internet Archive, per la quale omettiamo la citazione bibliografica internettiana rinviando  per questi nostri ricaricamenti del documento su Internet Archive  a   (In)oltre Pandemic: Epifania Strategica vs Cthulhu morbus o a (In)oltre Pandemic file PDF  ma a questo punto non potendo glissare su  (In)oltre Pandemic: Epifania Strategica vs Cthulhu morbus e  (In)oltre Pandemic file PDF né su una giustificazione della loro pressoché uguale  titolazione né del loro comune brano qui inizialmente citato. Sulla veramente interessante e stimolante videointervista di Giuseppe Germinario a Max Bonelli e alla mia personale quasi totale compatibilità fra le sue opinioni  in quella sede espresse e le mie non c’è nulla da aggiungere e da togliere rispetto a quanto già detto nella citazione, se non per ribadire che per quanto  le tesi della Mikovits  e sposate da Bonelli sull’origine laboratoristica e statunitense del coronavirus siano assai discutibili, definirle complottiste non fa altro che definire la ristrettezza mentale  di chi in questo caso, come in altri casi, usa questa terminologia veramente degna di una intelligenza informata ad una visione del mondo umano modello fairy tales (e qui ci fermiamo per non scendere al turpiloquio e alle ingiurie…), e che per esprimere la nostra gratitudine a Bonelli, oltre a queste parole e al già riferito caricamento della sua intervista su Internet Archive, qui immediatamente di seguito forniamo anche, tramite la Wayback Machine, i congelamenti di tutti i suo interventi apparsi sull’ “Italia e il Mondo” sin dalla nascita del blog: http://web.archive.org/web/20200603065849/http://italiaeilmondo.com/?s=max+bonelli e http://web.archive.org/web/20200610060846/http://italiaeilmondo.com/page/2/?s=max+bonelli. Invece, sul titolo del documento caricato su Internet Archive prendente a prestito il mostro lovecraftiano per antonomasia   e sulla parte finale della citazione da questo documento, dove sempre questo mostro trova, in termini di aggettivazioni e definizioni,  abbondante,  rigogliosa e barocca ospitalità è pur necessario spendere qualche parola. È ovvio, su tutta la questione del coronavirus, nonostante la tragicità della vicenda sia dal punto di vista strettamente medico che da quello delle improvvide decisioni politiche prese per contenerlo (ultima notizia sulla follia da paura da coronavirus sulla quale poi s’inserisce il solito pescecanismo di guerra:  vedi il caso del governo italiano e di Francia, Germania e Olanda che hanno stanziato 750 milioni di euro per produrre un vaccino, quello in corso di sperimentazione  dalla AstraZeneca e sponsorizzato dal noto “filantropo” Bill Gates, per il quale la stessa AstraZeneca afferma che, allo stato,  non c’è alcuna prova sulla sua efficacia, e, comunque, sulle quali decisioni politiche e sulla quale follia ci siamo già ampiamente espressi sulle pagine di questo blog e per questo  nostro più approfondito commento  si   rinvia tramite il congelamento documentario della Wayback Machine, agli URL  http://web.archive.org/web/20200524061610/http://italiaeilmondo.com/?s=morigi e http://web.archive.org/web/20200616065116/https://italiaeilmondo.com/page/2/?s=morigi;  e il  secondo URL, pur rinviando ad articoli scritti prima della crisi del  coronavirus, permette coi documenti che attraverso questo URL  si possono consultare,  di mettere a fuoco il concetto di ‘colpo di extrastato’, che, specificamente, è la categoria politologica esprimente la crisi delle istituzioni italiane – ma non solo di quelle italiane, perché la c.d. democrazie rappresentative delle società occidentali sono anch’esse  “pregne” di ‘colpi di extrastato’– ma che, sul piano della critica  filosofico-politica che vuole dare chiara e consapevole epifania alla crisi antropologico-morale della società occidentale nata dall’Illuminismo e dal liberalismo, viene ora  rappresentata tramite il simbolo del ‘Cthulhu morbus’), pesa ormai, complice sia l’ossessiva stucchevolezza dei mezzi di informazione nel trattarlo sia, oggettivamente, l’inevitabile logoramento mediatico presso i passivi recettori di questi mass-media per una vicenda che dura da più di tre mesi,  un’inevitabile cappa di trito e ritrito e di tedio che ormai ha come intensità raggiunto e quasi superato l’iniziale paura e terrore sulla vicenda, e quindi l’uso, come nel caso del brano citato di una prosa  barocca e il tentativo di far nascere, prendendolo a prestito dalla mitologia di H. P. Lovecraft, una sorta di mito politico, anche se negativo, potrebbe anche inquadrarsi nell’ambito di un tentativo retorico-letterario per ravvivare un argomento che ha sinceramente “rotto”. Ma anche se la reazione alla noia indotta dalle “rotture”  e “controrotture”  mediatico-politiche non deve essere esclusa dalla genesi di questa ironica contro-retorica adversus il Cthulhu morbus, molto modestamente si segnala che, in pratica, non è mai esistito alcun discorso pubblico che abbia avuto ambizioni filosofico-politiche che non abbia impiegato figure mitologiche o per rendere più espressiva la sua comunicazione o, addirittura, per giustificare come prova provata le sue previsioni (come vedremo fra poco nelle narrazioni politiche filosoficamente più degradate, quelle cioè ruotanti attorno all’ideologia liberale, il mito assume la forma di una visione distorta e scioccamente immensamente ottimistica sulla realtà). In Machiavelli abbiamo il simbolo del Principe, in Antonio Gramsci, riallacciandosi direttamente a questo autore, il moderno Principe, cioè il costituendo partito comunista che attraverso la sua prassi filosofico-politica sconvolge tutti rapporti sociali mettendo in diretta e rivoluzionaria comunicazione gli strati più bassi della società con le avanguardie intellettuali, in Sorel il mito dello sciopero generale, per non parlare di Karl Marx che molto ingenuamente aveva elaborato il mito di una classe operaia come classe Cristo che, in quanto depositaria e vittima di tutte le contraddizioni della società capitalistica, proprio come Cristo dotato di natura divina ma anche umana e quindi di tutte le sofferenze e contraddizioni dell’uomo e  per questa sua doppia natura in grado di sollevare l’uomo dal peccato e dalla morte, avrebbe salvato l’umanità dalle grinfie del capitalismo facendolo approdare al socialismo prima e al comunismo poi. Hobbes per rendere espressivamente la sua idea di uno Stato in grado, attraverso l’irreversibilità del patto degli uomini che gli avevano dato vita, di garantire ed imporre la pace e l’ordine, prese a prestito la mitica e potentissima figura biblica del Leviatano dal Libro di Giobbe e dal Libro di Isaia ma per questa scelta mal gliene incolse, come magistralmente è sottolineato in Carl Schmitt, Der Leviathan in der Staatslehre des Thomas Hobbes: Sinn und Fehlschlag eines politischen Symbols, Hamburg,  Hanseatische Verlagsanstalt, 1938  (trad. it. Id, Il Leviatano nella dottrina dello Stato di Thomas Hobbes. Senso e fallimento di un simbolo politico, in Carlo Galli (a cura di), Carl Schmitt, Scritti su Thomas Hobbes, Milano, Giuffrè, 1986. Reperita presso Academia.edu  una versione in inglese di questo saggio di Schmitt, Carl Schmitt, The Leviathan in the State Theory of Thomas Hobbes. Meaning and Failure of a Political Symnbol (Foreword and Introduction by George Schwab,  Translated by George Schwab and Erna Hilfstein), Westport (CT),  London,  Greenwood Press, 1996, congelamento tramite Wayback Machine dell’URL e del  documento presente su questa piattaforma che trascriviamo in dimensione 4 perché eccessivamente lungo:http://web.archive.org/web/20200506221054/https://s3.amazonaws.com/academia.edu.documents/52250781/The_Leviathan_in_the_State_-_Theory_of_Thomas_Hobbes_-_Meaning_and_Failure_of_a_Political_Symbol.pdf?response-content-disposition=inline%3B+filename%3DTHE_LEVIATHAN_IN_THE_STATE_THEORY_OF_THO.pdf&X-Amz-Algorithm=AWS4-HMAC-SHA256&X-Amz-Credential=ASIATUSBJ6BAFIOKIN3I%2F20200506%2Fus-east-1%2Fs3%2Faws4_request&X-Amz-Date=20200506T220936Z&X-Amz-Expires=3600&X-Amz-SignedHeaders=host&X-Amz-Security-Token=IQoJb3JpZ2luX2VjEHYaCXVzLWVhc3QtMSJHMEUCIFHwFwHWX2OLx%2Bix4imUsREZ39bq0c1imLxmT3rwamkoAiEA7Jar3%2BhckDEKrTP3DfWYeybFwb6yTy6w7R6h%2F%2BHLLVoqvQMIr%2F%2F%2F%2F%2F%2F%2F%2F%2F%2F%2FARAAGgwyNTAzMTg4MTEyMDAiDDOxExNSCMoL2i3nmyqRA6f8tEK8OdqjNB1p8FDKrRulTFUL1fuTrWDPhEJW5apjyDcCO1jyBtBW8UC%2BKX87129cgV8JDJRFJsahmSgNS9SsYhBlGvCXxZS0d7vqVx9iF32udZ%2F43HomSq43WKYl1MYmkqNlLOAUbp0iqqGmOKQ7VeWGLczg0MKHyM5o0DevjuQ8QnFoI7tLhvv7lXCstat2AWcw7meXSxMcZ6SjJO%2FvaiKCxYtcDHBxP7C9hladHJfktNXgwcBnIn%2F0WF%2BrUumI6D0p5MwZGCtWB2vAAXLZY4mIuCe2HoQZNM96hgaYUN2bOF9l5hjYfAsaoJxFk%2FQzckmwlfL3OOnAGoSFmoh8b%2BIWC8HyUp2XOnS44OQcXHzpEkWho5QLew69WqGkTa0ux8kGzpAGN%2BqMdRwnut9aMbGSJpDaRCGch8fZU4SLmZ6Vb4MDCXDkmT0ti8F9Y9LQJKmKnljhT%2BHXZb2rfu6oSFh6VPKU7gMxs3qycDFGbldukwE4ZhmQb9OX8se9p%2B6G2D2asffP%2FnPIQrMFY%2FVtMOzjzPUFOusBz8U04MDeWLarTuFXSuR%2F9S1dkIdF9PlqmTh6Ls9Nh25H%2B3c7cHJ2D75ytemXzdV49W1A9iG%2FWXFkMboiUdOFnjsGRHMRJHGIOHl%2BaWTVkc2TcuziL%2FNMSOfsgN4%2Bm8cHIaVfV5hUTBUNJvhyyKKz7NEBd%2B0mu6fxx1JS3r4T%2Fwfa3B0l4f0gOVQ0cvkRvZJ7BzJtBTEb7oKYZDpU9VjUM%2BUw5hjtnL14Jj%2FafEPyNrNNK4OUAckiBH%2BDMBhw78oTli%2FE17OaC9nNyGo6h0KhrTghwqGTRKOZJf2BWFFUKz0qCbPZ2uG2dYRpAQ%3D%3D&X-Amz-Signature=92b81cd7522fce795f1ba267bae85c8a5279ba60f93ff607314a5a1c13217b42, e ricaricamento del  documento su Internet Archive, generando  gli URL https://archive.org/details/the-leviathan-in-the-state-theory-of-tho/mode/2up                              e https://ia801403.us.archive.org/32/items/the-leviathan-in-the-state-theory-of-tho/THE_LEVIATHAN_IN_THE_STATE_THEORY_OF_THO.pdf, e alle eventuali osservazioni sulla bizzarria della dimensione 4 per  la trascrizione bibliografica internettiana relativa alla Wayback Machine, oltre a fornire un’ulteriore bizzarria bibliografica internettiana consistente nella trascrizione  del  congelamento tramite Wayback Machine della riduzione del lungo URL operata tramite Urly,  una piattaforma a questi accorciamenti deputata, https://web.archive.org/web/20200613064335/https:/urly.it/36x2b, e oltre  alla già data giustificazione basata sulla  lunghezza dell’  URL, si aggiunge anche un  ‘senza commenti’ sul fatto che il dantesco   “bel paese dove il sì suona” sia quasi un deserto per quanto riguarda la presenza in Rete di  traduzioni o edizioni in lingua originale delle più importanti opere di filosofia politica, e un vuoto quasi pneumatico che non riguarda solo la filosofia politica…), dove il giuspubblicista di Plettenberg ben sottolinea il fraintendimento del simbolo biblico del Leviatano così come immaginato da Hobbes, che presso  i contemporanei e i posteri di questo padre della filosofia politica moderna venne inteso come la rappresentazione stessa del male e di uno Stato spietato che riconosceva solo la sua legge ed ignorava la morale mentre per Hobbes altro non era che il segnale della direzione che si doveva intraprendere dopo le guerre di religione per passare dal bellum omnium contra omnes dello stato di natura caratterizzato dall’antropologia dell’homo homini lupus all’homo homini dei, una condizione di pace che seppur generata dal monopolio della forza del Leviatano, denotava del tutto positivamente questa figura, ed infatti nel frontespizio della prima edizione del Leviatano di Hobbes – titolo originale: Leviathan or The Matter, Forme and Power of a Common-Wealth Ecclesiastical and Civil – questo mostro biblico, non chiaramente descritto nel Vecchio Testamento  come un  non ben definito mostro marino, era disegnato, cercando di mutarne radicalmente la rappresentazione e di dotarlo di un significato del tutto positivo,  come un’enorme corpo umano composto  da tanti piccoli uomini – evidentemente a simbolizzare il patto di tutti i contraenti che lo avevano creato –,  brandente con una mano una spada e con l’altra il pastorale – quindi il segno che con quel corpo immenso ed artificiale  si erano estinte e le guerre di religione e il conflitto fra Stato e potere ecclesiastico – ma con il volto severo ma anche energico di un giovane uomo che, tutt’altro che un mostro ma figura alla fine salvifica per il vivere civile, garantiva la pace proprio in virtù della sua soverchiante forza – e, ovviamente anche del terrore provato da tutti coloro che pensano di sfidarla – conferitagli dal patto degli uomini che, associandosi, lo avevano creato. «This is, says Hobbes, the coming into being of that great leviathan. or, he adds, “to speake more reverently,”  of the deus mortalis, of the mortal god, who, because of the fright (terror) that this power evokes, imposes peace on everyone.» (Carl Schmitt, The Leviathan in the State Theory of Thomas Hobbes, cit., p. 19).  Ma dai contemporanei di Hobbes e poi da coloro che vennero dopo fino ad oggi questo Dio mortale ha sempre assunto una connotazione totalmente negativa e piuttosto che un Dio – magari al quale offrire non solo sottomissione ma anche da proteggere in ragione della sua natura mortale derivante, in ultima istanza, da un patto umano che lo rendeva sì pressoché invincibile ma anche sottoposto alla finitudine di tutte le cose umane: deus mortalis, così lo definisce Hobbes nel Leviatano –, venne considerato non solo un demone   ma anche denotante la malvagità di tutta la costruzione politica di Hobbes, mentre per Schmitt era semplicemente un simbolo sbagliato di una visione politica verso cui il grande giuspubblicista di Plettenberg provava grande simpatia. Non è questa la sede per diffonderci, lo abbiamo fatto più volte in altre sedi, sulla incompatibilità del modello conflittuale hobbessiano con quello del Repubblicanesimo Geopolitico e con quello, in ultima istanza, di Niccolò Machiavelli, per il quale, per farla breve, la conflittualità non era da eliminare dalla società ma doveva essere il materiale attraverso il quale costruirla e tantomeno questa è la sede per ritornare sul decisionismo timido di Schmitt e sull’iperdecisionismo del Repubblicanesimo Geopolitico che trae la sua linfa vitale dall’ iperdecisionismo di Walter Benjamin e dalla migliore filosofia della prassi del marxismo occidentale (Gramsci, Korsch ma anche, seppur il più grande filosofo del Novecento, il fascistissimo nonché profondamente ingenuo sulla reale natura del fascismo Giovanni Gentile ed il suo attualismo), decisionismo timido di Schmitt che, facciamo notare solo di sfuggita, era potentemente influenzato dalla mitica figura paolina del Katechon, cioè del frenatore del degrado della rivoluzione, mentre anche il Repubblicanesimo Geopolitico e il suo iperdecisionismo  hanno anch’essi un mito, ma questi non è un frenatore ma, il suo contrario, un acceleratore, e cioè l’Epifania strategica, quello che qui si è voluto sottolineare è che le grandi narrazioni filosofico-politiche (e poi, naturalmente, la loro immediata traduzione nella più grezza ideologia) hanno sempre alla loro base un mito che, per quanto possa essere più o meno giustamente giudicato da coloro verso i quali è stato rappresentato in maniera più o meno distorta o più o meno negativa, sempre si basa su un’iniziale visione realistica e dialettica della realtà (che poi Hobbes come Carl Schmitt dicano ad un certo punto  «fermate il mondo… voglio scendere» questo è un altro paio di maniche, o meglio, questa segna i limiti del loro  timido realismo e della loro repressa dialettica). Ma a questo punto è giunto il momento di passare dai miti “forti” intrisi di realismo ai miti “deboli” (ovviamente così li definiamo non perché non riscuotano un forte assenso presso le masse ma perché fondati su una del tutto mancante visione realistica della realtà e da una totale ottusità dialettica), e nella modernità occidentale, che poi in breve tempo, ha ricoperto e quasi sommerso tutto il resto dell’ecumene, il principale contenitore e propalatore di “miti deboli” è stato ed è il liberalismo (l’altro grande agente mitopoietico è stato il marxismo ma questo, dal punto di vista filosofico, partendo da una base hegeliana, è filosoficamente meno debole per quanto sociologicamente e storicamente si sia dimostrato del tutto soccombente rispetto alla capacità mitopoietica del liberalismo). Sull’ingenuità della Weltanschauung smithiana poggiante sulla libera concorrenzialità dei mercati e sull’individualismo metodologico non è necessario spendere ulteriori parole, mentre qualcosa è pur necessario dire sulle radici cultural-religiose di questa visione del mondo, che, in estrema sintesi, altro non è, come del resto lo è sul piano più strettamente culturale l’Illuminismo, la traduzione e secolarizzazione delle promesse di vita buona e serena garantite dalle pratiche cultuali cristiane. Certo nel cristianesimo questa vita buona e serena sarebbe stata inconcepibile senza l’immortalità dell’anima, mentre, almeno nella sua parte più espressamente politica, il liberalismo si è sempre limitato a promettere un progresso ad infinitum della prosperità e della concordia umane, insomma, non a promettere un Paradiso celeste ma una sorta di giardino dell’Eden secolarizzato ma, solo se si gratti un po’ la crosta di questa ideologia credulona – e solo se si gratti un po’ la crosta della psicologia delle persone, quasi tutti, fedeli compresi nell’immortalità cristiana, che di questa ideologia sono permeati –, ben si vede che, sebbene privata nella credenza di un Dio ultraterreno, l’animatore di questa mentalità è sempre la Weltanschauung cristiana di un futuro mondo migliore dove tutte le contraddizioni saranno risolte e quindi il male, non solo quello sociale ma anche quello soggettivo, sarà definitivamente vinto. Ma sebbene secolarizzato dal liberalismo e dall’illuminismo (la matrice cristiana dell’Illuminismo è, nonostante il durissimo anticlericalismo materialismo e/o deismo dei suoi esponenti, del tutto evidente nella ideologia-mitologia dei diritti dell’uomo, che sarebbe del tutto inconcepibile senza la credenza cristiana che tutti gli uomini sono fratelli perché sono stati creati dall’unico e stesso Dio), questa tradizione cristiana non si  limita a prendere le nuove forme alle quali abbiamo appena accennato, ma permane  come desiderio  di immortalità in  coloro che abitano anche il nuovo mondo culturale e politico del liberalismo, e per di più, visto che il liberalismo su questo punto nulla dice, come una sorta di sempre più dolorosa ed inappagata speranza visto il tramonto del Dio personale unico e creatore che questa immortalità garantiva. Insomma il brave new world illuminista-liberale nasce anche come trascendenza senza trascendenza. Ovviamente questa nuova Stimmung liberal-cristiana secolarizzata ma pure oscuramente ancora desiderosa della vecchia trascendenza, rispetto al vecchio mondo dove regnava una integrale trascendenza, ha ingenerato nella mentalità popolare la fiducia e richiesta fideistica di protezione in nuove figure umane di riferimento e se prima i punti di riferimento pratici ed ideologici  erano il santo, il prete, il  guerriero (possibilmente combattente per la fede) per finire col re e col Papa, ora queste figure sono state sostituite da coloro che in questo mondo secolarizzato si suppone sappiano meglio muoversi per potere garantire le promesse così a piene mani garantite dal brave new world  liberale e secolarizzato, sono cioè state sostituite dall’imprenditore, dall’economista e last but not the least, dal medico e dalla sua arte medica. Sull’imprenditore e sull’economista, cioè sulla caduta presso la pubblica opinione della loro popolarità, il primo per la sua evidente rapacità ed immoralità e il secondo per la sua idiota supponenza, si  può benissimo, viste le vicende di questi due primi decenni del XXI secolo, benissimo sorvolare. Ma un discorso particolare deve essere fatto per il medico e per la sua arte medica, cosa che, come si sarà capito, ha molto a che fare con la faccenda del coronavirus e del mito negativo, ma finanche anche ironico, del ben più tremendo Cthulhu morbus. Sebbene come esegesi e/o propaganda del pensiero illuministico e/o liberale o protoliberale, l’attuale tradizione del commentario liberal-democraticistico (cioè gli attuali intellettuali, dopo la caduta del muro di Berlino tutti spiaccicati come da un rullo compressore sulla linea che questo è l’unico mondo possibile, cui fanno da degni compari tutti i maggiori mezzi di informazione ancora più tristi, venduti e pedanti sulla stessa linea)  non si degni di trasmetterci alcun autore su cui sviluppare il nostro tipo di riflessioni, noi abbiamo ritenuto non di indegno significato recuperare due autori del momento in cui veniva   segnato il trionfo della trascendenza senza trascendenza del mondo illuminista e liberale sulla vecchia trascendenza ultraterrena del cristianesimo. Scriveva William Goldwin nel suo An Enquiry concerning Political Justice and its Influence on Morals and Happiness: «Let us here return to the sublime conjecture of Franklin, that “mind will one day become omnipotent over matter3.” [Nota n° 3 del Libro VIII, Of Property, Capitolo 7, Of the Objection to this System from the Principle of Population,  di An Enquiry concerning Political Justice: «I have no other authority to quote for this expression than the conversation of Dr Price. Upon enquiry I am happy to find it confirmed to me by Mr William Morgan, the nephew of Dr Price, who recollects to have heard it repeatedly mentioned by his uncle.»] If over all other matter, why not over the matter of our own bodies? If over matter at ever so great a distance, why not over matter which, however ignorant we may be of the tie that connects it with the thinking principle, we. always carry about with us, and which is in all cases the medium of communication between that principle and the external universe? In a word, why may not man one day be immortal? [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] {863} The different cases in which thought modifies the external universe are obvious to all. It is modified by our voluntary thoughts or design. We desire to stretch out our hand, and it is stretched out. We perform a thousand operations of the same species every day, and their familiarity annihilates the wonder. They are not in themselves less wonderful than any of those modifications which we are least accustomed to conceive. — Mind modifies body involuntarily. Emotion excited by some unexpected word, by a letter that is delivered to us, occasions the most extraordinary revolutions in our frame, accelerates the circulation, causes the heart to palpitate, the tongue to refuse its office, and has been known to occasion death by extreme anguish or extreme joy. These symptoms we may either encourage or check. By encouraging them habits are produced of fainting or of rage. To discourage them is one of the principal offices of fortitude. The effort of mind in resisting pain in the stories of Cranmer and Mucius Scævola is of the same kind. It is reasonable to believe that that effort with a different direction might have cured certain diseases of the system. There is nothing indeed of which physicians themselves are more frequently aware, than of the power of the mind in assisting or retarding convalescence. Why is it that a mature man soon loses that elasticity of limb, which characterises the heedless gaiety of youth? Because he desists from youthful habits. He assumes an air of dignity incompatible with the lightness of childish sallies. He is visited and vexed with all the cares that rise out of our mistaken institutions, {864} and his heart is no longer satisfied and gay. Hence his limbs become stiff and unwieldy. This is the forerunner of old age and death. The first habit favourable to corporeal vigour is chearfulness. Every time that our mind becomes morbid, vacant and melancholy, a certain period is cut off from the length of our lives. Listlessness of thought is the brother of death. But chearfulness gives new life to our frame and circulation to our juices. Nothing can long be stagnant in the frame of him, whose heart is tranquil and his imagination active. A second requisite in the case of which we treat is a clear and distinct conception. If I know precisely what I wish, it is easy for me to calm the throbs of pain, and to assist the sluggish operations of the system. It is not a knowledge of anatomy, but a quiet and steady attention to my symptoms, that will best enable me to correct the distemper from which they spring. Fainting is nothing else but a confusion of mind, in which the ideas appear to mix in painful disorder, and nothing is distinguished. The true source of chearfulness is benevolence. To a youthful mind, while every thing strikes with its novelty, the individual situation must be peculiarly unfortunate, if gaiety of thought be not produced, or, when interrupted, do not speedily return with its healing oblivion. But novelty is a fading charm, and perpetually decreases. Hence the approach of inanity and {865} listlessness. After we have made a certain round, life delights no more. A deathlike apathy invades us. Thus the aged are generally cold and indifferent; nothing interests their attention, or rouses the sluggishness of their soul. How should it be otherwise? The pursuits of mankind are commonly frigid and contemptible and the mistake comes at last to be detected. But virtue is a charm that never fades. The soul that perpetually overflows with kindness and sympathy, will always be chearful. The man who is perpetually busied in contemplations of public good, will always be active. The application of these reasonings is simple and irresistible. If mind be now in a great degree the ruler of the system, why should it be incapable of extending its empire? If our involuntary thoughts can derange or restore the animal economy, why should we not in the process of time, in this as in other instances, subject the thoughts which are at present involuntary to the government of design? If volition now can do something, why should it not go on to do still more and more? There is no principle of reason less liable to question than this, that, if we have in any respect a little power now, and if mind be essentially progressive, that power may, and, barring any extraordinary concussions of nature, infallibly will, extend beyond any bounds we are able to prescribe to it. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] Nothing can be more irrational and presumptuous than to {866} conclude, because a certain species of supposed power is entirely out of the line of our present observations, that it is therefore altogether beyond the limits of the human mind. We talk familiarly indeed of the limits of our faculties, but nothing is more difficult than to point them out. Mind, in a progressive view at least, is infinite. If it could have been told to the savage inhabitants of Europe in the times of Theseus and Achilles, that man was capable of predicting eclipses and weighing the air, of explaining the phenomena of nature so that no prodigies should remain, of measuring the distance and the size of the heavenly bodies, this would not have appeared to them less wonderful, than if we had told them of the possible discovery of the means of maintaining the human body in perpetual youth and vigour. But we have not only this analogy, showing that the discovery in question forms as it were a regular branch of the acquisitions that belong to an intellectual nature; but in addition to this we seem to have a glimpse of the specific manner in which the acquisition will be secured. Let us remark a little more distinctly the simplicity of the process. We have called the principle of immortality in man chearfulness, clearness of conception and benevolence. Perhaps we shall in some respects have a more accurate view of its potency, if we consider it as of the nature of attention. It is a very old maxim of practical conduct, that whatever is done with attention, is done well. It is because this was a principal requisite, that many persons {867} endowed in an eminent degree with chearfulness, perspicacity and benevolence, have perhaps not been longer lived than their neighbours. We are not capable at present of attending to every thing. A man who is engaged in the sublimest and most delightful exertions of mind, will perhaps be less attentive to his animal functions than his most ordinary neighbour, though he will frequently in a partial degree repair that neglect, by a more chearful and animated observation, when those exertions arc suspended. But, though the faculty of attention may at present have a very small share of ductility, it is probable that it may be improved in that respect to an inconceivable degree. The picture that was exhibited of the subtlety of mind in an earlier stage of this work4, gives to this supposition a certain degree of moral evidence. If we can have three hundred and twenty successive ideas in a second of time, why should it be supposed that we shall not hereafter arrive at the skill of carrying on a great number of contemporaneous processes without disorder? [Nota n° 4 del Libro VIII, Of Property, Capitolo 7, Of the Objection to this System from the Principle of Population,  di An Enquiry concerning Political Justice: «Book IV, Chap. VII, p. 330.»] Having thus given a view of what may be the future improvement of mind, it is proper that we should qualify this picture to the sanguine temper of some readers and the incredulity of others, by observing that this improvement, if capable of being realised, is however at a great distance. A very obvious remark will render this eminently palpable. If an unintermitted attention to the animal economy be necessary, then, before death can If an unintermitted attention to the animal economy be necessary, then, before death can be banished, {868} we must banish sleep, death’s image. Sleep is one of the most conspicuous infirmities of the human frame. It is not, as has often been supposed, a suspension of thought, but an irregular and distempered state of the faculty5. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione; nota n° 5 del Libro VIII, Of Property, Capitolo 7, Of the Objection to this System from the Principle of Population,  di An Enquiry concerning Political Justice: «Book IV, Chap. VII, p. 335.»] Our tired attention resigns the helm, ideas swim before us in wild confusion, and are attended with less and less distinctness, till at length they leave no traces in the memory. Whatever attention and volition are then imposed upon us, as it were at unawares, are but faint resemblances of our operations in the same kind when awake. Generally speaking, we contemplate sights of horror with little pain, and commit the most atrocious crimes with little sense of their true nature. The horror we sometimes attribute to our dreams, will frequently be found upon accurate observation to belong to our review of them when we wake. One other remark my be proper in this place. If the remedies here prescribed tend to a total extirpation of our nature, then, though we cannot promise to them an early and complete success, we may probably find them of some utility now. They may contribute to prolong our vigour, though not to immortalise it, and, which is of more consequence, to make us live while we live. Every time the mind is invaded with anguish and gloom, the frame becomes disordered. Every time that languor and indifference creep upon us. our functions fall into decay. In proportion as we cultivate fortitude and equanimity, {869} our circulations will be chearful. In proportion as we cultivate a kind and benevolent propensity, we may be secure of finding something for ever to interest and engage us. Medicine may reasonably be stated to consist of two branches, the animal and intellectual. The latter of these has been infinitely too much neglected. It cannot be employed to the purposes of a profession; or, where it has been incidentally so employed, it has been artificially and indirectly, not in an open and avowed manner. “Herein the patient must minister to himself6.” [Nota n° 6 del Libro VIII, Of Property, Capitolo 7, Of the Objection to this System from the Principle of Population,  di An Enquiry concerning Political Justice: «Macbeth, Act V.»] How often do we find a sudden piece of good news dissipating a distemper? How common is the remark, that those accidents, which are to the indolent a source of disease, are forgotten and extirpated in the busy and active? It would no doubt be of extreme moment to us, to be thoroughly acquainted with the power of motives, habit, and what is called resolution, in this respect. I walk twenty miles in an indolent and half determined temper, and am extremely fatigued. I walk twenty miles full of ardour and with a motive that engrosses my soul, and I come in as fresh and alert as when I began my journey. We are sick and we die, generally speaking, because we consent to suffer these accidents. This consent in the present state of mankind is in some degree unavoidable. We must have stronger motives and clearer views, before we can uniformly refuse it. But, though we cannot always, we may frequently refuse. This is a truth of which all mankind are {870} to a certain degree aware. Nothing more common than for the most ignorant man to call upon his sick neighbour, to rouse himself, not to suffer himself to be conquered; and this exhortation is always accompanied with some consciousness of the efficacy of resolution. The wise and the good man therefore should carry with him the recollection of what chearfulness and a determined spirit are able to do, of the capacity with which he is endowed of expelling the seeds and first slight appearances of indisposition. The principal part of the preceding paragraph is nothing more than a particular application of what was elsewhere delivered respecting moral and physical causes7. [Nota n° 7 del Libro VIII, Of Property, Capitolo 7, Of the Objection to this System from the Principle of Population,  di An Enquiry concerning Political Justice: «Book I, Chap. VII, Part I.»] It would have been easy to have cast the present chapter in a different form, and to have made it a chapter upon health, showing that one of the advantages of a better state of society would be a very high improvement in the vigour and animal constitution of man. In that case the conjecture of immortality would only have come in as an incidental remark, and the whole would have assumed less the air of conjecture than of close and argumentative deduction. But it was perhaps better to give the subject the most explicit form, at the risk of a certain degree of prejudice. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] To apply these remarks to the subject of population. The tendency of a cultivated and virtuous mind is to render us indifferent to the gratifications of sense. They please at present {871} by their novelty, that is, because we know not how to estimate them. They decay in the decline of life indirectly because the system refuses them, but directly and principally because they no longer excite the ardour and passion of mind. It is well known that an inflamed imagination is capable of doubling and tripling the seminal secretions. The gratifications of sense please at present by their imposture. We soon learn to despise the mere animal function, which, apart from the delusions of intellect, would be nearly the same in all cases; and to value it, only as it happens to be relieved by personal charms or mental excellence. We absurdly imagine that no better road can be found to the sympathy and intercourse of minds. But a very slight degree of attention might convince us that this is a false road, full of danger and deception. Why should I esteem another, or by another be esteemed? For this reason only, because esteem is due, and only so far as it is due. The men therefore who exist when the earth shall refuse itself to a more extended population, will cease to propagate, for they will no longer have any motive, either of error or duty, to induce them. In addition to this they will perhaps be immortal. The whole will be a people of men, and not of children. Generation will not succeed generation, nor truth have in a certain degree to recommence her career at the end of every thirty years. There will be no war, no crimes, no administration of justice as it is called, and no government. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] These {872} latter articles are at no great distance; and it is not impossible that some of the present race of men may live to see them in part accomplished. But beside this there will be no disease, no anguish, no melancholy and no resentment. Every man will seek with ineffable ardour the good of all. Mind will be active and eager, yet never disappointed. Men will see the progressive advancement of virtue and good, and feel that, if things occasionally happen contrary to their hopes, the miscarriage itself was a necessary part of that progress. They will know, that they are members of the chain, that each has his several utility, and they will need not feel indifferent to that utility. They will be eager to enquire into the good that already exists, the means by which it was produced, and the greater good that is yet in store. They will never want motives for exertion, for that benefit which a man thoroughly understands and earnestly loves, he cannot refrain from endeavouring to promote. Before we dismiss this subject it is proper once again to remind the reader, that the leading doctrine of this chapter is given only as matter of probable conjecture, and that the grand argument of this division of the work is altogether independent of its truth or falshood. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione]» : William Goldwin, An Enquiry concerning Political Justice and its Influence on Morals and Happiness (Libro VIII, Of Property, Capitolo 7, Of the Objection to this System from the Principle of Population), London, 1793 (citato da http://knarf.english.upenn.edu/Godwin/pj87.html, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200603202926/http://knarf.english.upenn.edu/Godwin/pj87.html; la pagina Web dell’ Università della  Pennsylvania che introduce a tutti i capitoli di An Enquiry concerning Political Justice scaricabili dal sito dell’Università è http://knarf.english.upenn.edu/Godwin/pjtp.html, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200603204534/http://knarf.english.upenn.edu/Godwin/pjtp.html). Gli faceva eco  Condorcet nel suo Esquisse d’un tableau historique des progrès de l’esprit humain: «Nous en avons exposé les preuves qui, dans l’ouvrage même, recevront par leur développement, une force plus grande; nous pourrions donc conclure déjà, que la perfectibilité de l’homme est indéfinie; et cependant, jusqu’ici, nous ne lui avons supposé que les mêmes facultés naturelles, la même organisation. Quelles seraient donc la certitude, l’étendue de ses espérances, si l’on pouvait croire que ces facultés naturelles elles-mêmes, cette organisation, sont aussi susceptibles de s’améliorer? et c’est la dernière question qu’il nous reste à examiner. La perfectibilité ou la dégénération organiques des races dans les végétaux, dans les animaux, peut être regardée comme une des lois générales de la nature. Cette loi s’étend à l’espèce humaine, et personne ne doutera sans doute, que les progrès dans la médecine conservatrice, l’usage d’aliments et de logements plus sains, une manière de vivre qui développerait les forces par l’exercice, sans les détruire par des excès; qu’enfin, la destruction des deux causes les plus actives de dégradation, la misère et la trop grande richesse, ne doivent prolonger, pour les hommes, la durée de la vie commune, leur assurer une santé plus constante, une constitution plus robuste. On sent que les progrès de la médecine préservatrice, devenus plus efficaces par ceux de la raison et de l’ordre social, doivent faire disparaître à la longue les maladies transmissibles ou contagieuses, et ces maladies générales qui doivent leur origine aux climats, aux aliments, à la nature des travaux. Il ne serait pas difficile de prouver que cette espérance doit s’étendre à presque toutes les autres maladies, dont il est vraisemblable que l’on saura un jour reconnaître les causes éloignées. Serait-il absurde, maintenant, de supposer que ce perfectionnement de l’espèce humaine doit être regardé comme susceptible d’un progrès indéfini, qu’il doit arriver un temps où la mort ne serait plus que l’effet, ou d’accidents extraordinaires, ou de la destruction de plus en plus lente des forces vitales, et qu’enfin la durée de l’intervalle moyen entre la naissance et cette destruction n’a elle-même aucun terme assignable? Sans doute l’homme ne deviendra  pas immortel; mais la distance entre le moment où il commence à vivre et l’époque commune où naturellement, sans maladie, sans accident, il éprouve la difficulté d’être, ne peut-elle s’accroître sans cesse? Comme nous parlons ici d’un progrès susceptible d’être représenté avec précision par des quantités numériques ou par des lignes, c’est le moment où il convient de développer les deux sens dont le mot indéfini est susceptible. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] En effet, cette durée moyenne de la vie qui doit augmenter sans cesse, à mesure que nous enfonçons dans l’avenir, peut recevoir des accroissements, suivant une loi telle, qu’elle approche continuellement d’une étendue illimitée, sans pouvoir l’atteindre jamais; ou bien suivant une loi telle, que cette même durée puisse acquérir, dans l’immensité des siècles, une étendue plus grande qu’une quantité déterminée quelconque qui lui aurait été assignée pour limite. Dans ce dernier cas, les accroissements sont réellement indéfinis dans le sens le plus absolu, puisqu’il n’existe pas de borne, en deçà de laquelle ils doivent s’arrêter.»: Marie Jean Antoine Nicolas de Caritat, Marquis of Condorcet, Esquisse d’un tableau historique des progrès de l’esprit humain (ouvrage posthume de Condorcet), Paris, 1794-1795, pp. 384-387 (direttamente citato da http://www.anthropomada.com/bibliotheque/CONDORCET-Marquis-de-Jean-Antoine-Nicolas-de-Caritat.pdf, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200602083540/http://www.anthropomada.com/bibliotheque/CONDORCET-Marquis-de-Jean-Antoine-Nicolas-de-Caritat.pdf, ma per PDF del testo originale ed indicazione delle pagine della citazione vedi Internet Archive agli URL https://archive.org/details/esquisseduntabl00conggoog/mode/2up/search/condorcet   e                          https://ia800905.us.archive.org/27/items/esquisseduntabl00conggoog/esquisseduntabl00conggoog.pdf). O tramite poteri della mente in William Goldwin (il quale, in chiusura del capitolo VII citato sembra mettere all’improvviso le mani avanti sulla promessa di immortalità sottolineando che questa è solo un’ipotesi) o per i più generici aumentati poteri della medicina annunciati dall’ Esquisse d’un tableau historique des progrès de l’esprit humain di Condorcet, la via è quindi tracciata per il futuro (cioè, è tracciata la via per la grande illusione messianica che alberga in ognuno di noi a partire dall’Illuminismo): l’uomo in un futuro più o meno lontano non dovrà più temere l’avvento della lugubre sorella  falcemunita. E se molto ci sarebbe da dire, e soprattutto da ironizzare, su come questi vaticini, nonostante i grandissimi progressi della medicina e delle condizioni igieniche, siano stati totalmente smentiti (certamente si è verificato un buon aumento della vita media rispetto al XVIII secolo di Goldwin e Condorcet nei paesi occidentali che hanno potuto godere di una plurisecolare civiltà industriale o in quelli non occidentali in cui l’innesto della forma culturale nata con la rivoluzione industriale ha avuto successo  ma veramente un battito di ciglia di fronte all’eternità che era stata promessa), ed anche da ironizzare sui punti specifici di questi vaticini (in questo Goldwin è veramente imbattibile nella sua avversione verso il sonno visto come anticipatore della morte, e come ironico segno del nostro giudizio su questo punto ben volentieri rimandiamo all’opera omnia di Freud,  oppure, sempre in Goldwin, quando afferma che uno spirito gioioso, buono e sereno già solo di per sé è la ricetta per una vita lunga e che, quindi, l’intensificazione di questo stato psico-fisico è la ricetta per la futura immortalità), è sicuramente migliore strategia retorico-ironica  e quindi conoscitiva non incentrarsi su singoli aspetti ma focalizzarci sull’inizio della nuova epoca che questi due scritti aprono, una nuova epoca caratterizzata da una trascendenza non più trascendente e totalmente secolarizzata, dove tramite il dominio della tecnica  all’umanità viene assicurata un aumento all’infinito della prosperità e un aumento altrettanto infinito della vita (Condorcet, infatti, come si è visto, non parla di immortalità ma di un aumento della vita che, man mano che aumentano le conoscenze, si avvicina, ma solo asintoticamente, all’eternità). E, a parte il fatto che Goldwin indica come sistema per ottenere questa immortalità tecniche di  autocondizionamento mentale (e da questo punto di vista si potrebbe aprire un intero capitolo della nostra discussione su Goldwin come anticipatore, nel male ma anche nel bene, ovviamente, di tutta l’ideologia New Age), siamo quindi pienamente tornati dalle parti dei nostri eroi – per la verità oggi sempre più acciaccati, viste le crisi economiche ed epidemiologiche – della nostra modernità: il tecnico esperto dell’economia (che può essere un tecnico pro domo sua, cioè l’imprenditore, o il tecnico funzionario al servizio di una organizzazione privata e/o pubblica, il manager o l’economista) oppure il tecnico deputato al mantenimento della nostra salute e, nell’inconscio delle popolazioni cresciute nella presente civiltà figlia dell’Illuminismo e del liberalismo, anche in grado di garantire l’immortalità (e cioè il medico, ancor meglio il grande luminare e specialista e, nella presente crisi epidemiologica, il virologo e/o l’epidemiologo, dei quali  le grandi imprese di quest’ultimi sono oggi sotto gli occhi di tutti…). Giunti a questo punto, potremmo qui chiudere tutta la faccenda, affermando sarcasticamente senza  tanti altri ulteriori approfondimenti che da diretti discendenti,  come noi tutti siano, di cotanto poco senno come così meravigliosamente evidenziato da Goldwin e Condorcet, non ci si poteva aspettare nulla di meglio sia per quanto riguarda, come si è visto e come si vede, le crisi economiche che periodicamente squassano il mondo industrializzato – e non solo, vista la globalizzazione – sia per quanto riguarda le crisi sanitarie e o epidemiologiche. Ma siccome il nostro scopo non è quello di fare della facile polemica – anche se del tutto filosoficamente e politicamente fondata – ma la creazione di un simbolo politico, il Chutlhu morbus, che rappresenti questo stato di cose e che attraverso la sua manifesta ironia possa al tempo stesso fornirci le armi per combattere la realtà che rappresenta (possa cioè dare anima e corpo all’Epifania Strategica), vediamo ora come ai giorni nostri ha avuto un esplicito sviluppo culturale questa promessa di immortalità iniziata da Goldwin e Condorcet (uno sviluppo, cioè dal punto vista della produzione professionale della cultura destinata al consumo delle masse, cioè la fantascienza e i racconti fantastici,  mentre per quanto riguarda più specificamente la più o meno inconscia credenza popolare nell’immortalità di origine illuministico-liberale garantita dalla tecnica e sulle sue conseguenze abbiamo appena già detto).  E se, su un piano generale, possiamo allora dire che, sin dagli inizi,  tutta questo produzione culturale, oltre ad essere il segno evidente della crisi della vecchia trascendenza cristiana, è anche il segno della speranza di un riscatto a questa crisi in via tecnologica e/o fantastica (esistono, come fra poco vedremo, anche una fantascienza o un narrare fantastico profondamente pessimisti, ma la nascita del genere è prevalentemente sotto il segno della speranza e anche quando le potenze malefiche sembrano prevalere di solito l’ingegnosità dell’uomo o l’intervento di una natura che viene in soccorso dell’uomo, vera e propria secolarizzazione della vecchia Provvidenza, riesce a mettere le cose a posto: vedi la Guerra dei Mondi di H. G. Wells, dove i Tripodi  marziani muoiono a causa dei batteri terrestri), perché il genere divenisse – ancor più esplicitamente di come prima era avvenuto, vedi per esempio Ursula Kroeber Le Guin, autrice  sì di racconti fantascientifici di  critica dell’esistente ma senza alcuna concreta proposta di suo cambiamento, tranne ovviamente l’auspicare l’avvento di una nuova umanità mondata dal presente imperante egoismo – un’esplicita e diretta proposta politica e si unisse così al genere utopico di più vecchia tradizione bisognava aspettare la metà degli anni ’80 del secolo passato. Ci stiamo ovviamente riferendo a Donna Jeanne Haraway, Manifesto for Cyborgs: Science, Technology, and Socialist Feminism in the 1980s, “Socialist Review”, N° 80, 1985, pp. 65-108 (una versione in italiano in Rete è consultabile all’URL https://monoskop.org/images/6/64/Haraway_Donna_1985_1995_Un_manifesto_per_Cyborg_scienza_tecnologia_e_femminismo_socialista_nel_tardo_ventesimo_secolo.pdf; Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20190924210523/https://monoskop.org/images/6/64/Haraway_Donna_1985_1995_Un_manifesto_per_Cyborg_scienza_tecnologia_e_femminismo_socialista_nel_tardo_ventesimo_secolo.pdf/, mentre all’URL https://monoskop.org/images/f/f3/Haraway_Donna_J_Simians_Cyborgs_and_Women_The_Reinvention_of_Nature.pdf;  Wayback Machine:  http://web.archive.org/web/20191115081308/https://monoskop.org/images/f/f3/Haraway_Donna_J_Simians_Cyborgs_and_Women_The_Reinvention_of_Nature.pdf, si può scaricare l’originale testo in inglese). Nonostante il suo dichiarato ed esplicito femminismo,  col   Cyborg Manifesto, che le donerà rinomanza mondiale,  Donna Haraway si discostò violentemente dai rigidi dettami del femminismo, che volevano, o meglio pretendevano, una superiorità antropologica della donna rispetto all’uomo, per proporre, culturalmente influenzata dalla letteratura fantascientifica ma anche dalle possibilità tecnologiche che l’informatica e la robotica sembravano dischiudere in quegli anni, la costruzione di una nuova umanità attraverso il sempre più massiccio inserimento nel corpo umano di dispositivi informatico-robotici. La proposta quindi era quella, appunto, della costruzione del cyborg che avrebbe sostituito il vecchio uomo in carne ed ossa, ma si farebbe veramente un grande torto alla Haraway e al suo manifesto liquidando tutta la faccenda affermando che si trattava del parto di una sovreccitata fantasia, lesa dalla consuetudine dell’autrice con la letteratura fantascientifica, perché, come emerge chiaramente dalla lettera del Cyborg Manifesto, questo cyborg era soprattutto il simbolo di un’umanità che, sulla scorta delle tecnologie di cui si è sopra detto, doveva abbandonare le vecchie illusioni di un ritorno alla purezza originaria prima che fosse contaminata dalla tecnologia e della  altrettanto illusoria  separazione fra cultura umana e mondo naturale non umano (per non dire, poi, che sulla scorta di questo simbolo di antipurezza originaria e biotecnologico, bisognava proprio gettare nella trotskyana pattumiera della storia tutti i sogni suprematisti di superiorità della donna sull’uomo tipici del peggior femminismo). In Epigenetica, Teoria endosimbiotica, Sintesi evoluzionista moderna, Sintesi evoluzionistica estesa e fantasmagorie transumaniste, di imminente pubblicazione, viene discusso più ampiamente questo aspetto simbolico della figura del cyborg e, nonostante si rilevi che  questa figura simbolica è anche il segno della difficoltà di sviluppare una coerente dialettica olistico-dialettica-espressiva-strategica-conflittuale, proprio questo segnale di difficoltà è, al tempo stesso, l’inequivocabile indice di una sua ricerca e definizione. Ma, come sempre rilevato in Epigenetica, Teoria endosimbiotica, Sintesi evoluzionista moderna, Sintesi evoluzionistica estesa e fantasmagorie transumaniste, il punctum dolens è che dopo il Cyborg Manifesto, la Haraway non ha fatto un passo avanti verso l’elaborazione attraverso il suo simbolo – che per espressa ammissione della scrittrice era soprattutto simbolo ironico e quindi strumento euristico, e perciò retorico,  di nuova conoscenza –  di una accresciuta consapevolezza dialettica, ma ha fatto mille passi a ritroso, andando attingere ad un simbolo letterario di cui tutto si può tranne che sia espressione di una qualsiasi forma di benevolenza verso l’umanità, cyborghiana o naturale e sessualmente veterotestamentariamente polarizzata essa sia. Ma andiamo con ordine. Tre decenni dopo il Manifesto, Donna Haraway, forse perché disillusa dalle fallite aspettative simbolico-operative del suo cyborg o forse, molto più semplicemente, per rinverdire con qualcosa di ancora più estremo una fama letterario-filosofica bisognosa di nuova vigore, se ne esce con un nuovo saggio, Staying with the Trouble. Making Kin in the Chthulucene, Durham (N.C.), Duke University Press, 2016 (è possibile scaricare Donna Jeanne Haraway, Staying with the Trouble. Making Kin in the Chthulucene, Durham (N.C.), Duke University Press, 2016 presso https://edisciplinas.usp.br/pluginfile.php/4374763/mod_resource/content/0/Haraway-Staying%20with%20the%20Trouble_%20Making%20Kin%20in%20the%20Chthulucene.pdf, congelamento del documento e dell’ URL presso la Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20190930132847/https://edisciplinas.usp.br/pluginfile.php/4374763/mod_resource/content/0/Haraway-Staying%20with%20the%20Trouble_%20Making%20Kin%20in%20the%20Chthulucene.pdf), saggio che segna il drastico  passaggio della Haraway dal mito del cyborg, anche se da costei inteso prevalentemente metaforicamente, al mito dell’endosimbionte, sempre prevalentemente una metafora ma una metafora, come vedremo, con un suo lato molto oscuro. Ora perché l’endosimbionte e il saggio che ne vuole creare la figura mitico-operativa rappresenta un grandissimo passo indietro rispetto al Cyborg Manifesto? Sul come questo nuovo simbolo si sviluppi in Staying with the Trouble accostato ad una densa semantica tanatofila  che va al di là delle intenzioni dell’autrice,  ne parleremo fra poco e, come vedremo, costituisce il vero convitato di pietra di tutta questa nuova operazione retorico-letteraria della Haraway. Sul piano invece di quello che l’utilizzo del simbolo dell’endosimbionte  implica in Haraway  sul piano di una nuova progettualità antropologica – anche se solo utopica nelle sue applicazioni estreme – che l’uomo dovrebbe intraprendere per superare le sue contraddizioni, nel saggio viene avanzato il progetto che nel corpo umano, anziché inserire un  numero sempre crescente di protesi informatico-bio-meccaniche come nel Cyborg Manifesto, deve essere inserito, allo scopo di rendere l’uomo più in simpatia, in diritto contatto e meno aggressivo verso la natura,  materiale genetico proveniente da altre specie animali e vegetali, e sempre allo scopo di un minor impatto delle comunità umane sempre sulla natura, l’uomo deve coscientemente dare inizio ad una vigorosa decrescita demografica (vedi la parte più espressamente narrativa del saggio, il capitolo VIII The Camille Stories. Children of Compost, dove cinque generazioni di ragazzine, tutte col nome di Camilla, per entrare in contatto simbiotico con una specie minacciata, le farfalle Monarca, generazione dopo generazione assumono sempre più materiale genetico e sembianze delle farfalle che devono proteggere, il tutto svolgendosi all’interno di una comunità animata dal proposito di un progressiva decrescita demografica). Oltre al tragico arretramento dialettico rispetto al Cyborg Manifesto  dove ora il concetto di natura-naturalità ritorna ad essere importante attraverso l’opposizione all’attività tecnico-tecnologica umana, si potrebbe a questo punto tangenzialmente notare non solo che le proposte di decrescita demografica hanno contrassegnato fin dall’inizio  l’Età dei Lumi  (e quindi che questa idea nasce in un ambito di tentativo di dominio tecnico-tecnologico sulla natura: vedi il caso Malthus, dove con visione pessimista, questa natura era la natura umana dedita alla lussuria e noncurante delle conseguenze economico-demografiche di questo vizio, oppure per rimanere all’interno del perimetro di questa comunicazione, vedi la nostra citazione di Goldwin, dove egli afferma che l’immortalità raggiunta tramite la tecnica mentale della serenità d’animo avrebbe reso superfluo la spinta a procreare per superare attraverso gli eredi la morte), un Illuminismo che con la sua smisurata fiducia nelle capacità dell’umanità  di interpretare senza compromessi il suo ruolo di Homo faber non deve mai essere stato troppo simpatico alla Haraway (si potrebbe dire che nel Cyborg manifesto siamo di fronte ad un Homo faber al quadrato, ma il cyborg è un postumano e, addirittura dall’incerta sessualità e certamente gli Illuministi, nonostante tutta la loro ingenua mentalità meccanicistica, non avrebbero approvato una nuova entità senziente non umana, mezzo uomo e mezzo dispositivo meccanico-macchinico,  e nemmeno sessualmente distinta), ma sia per comprendere meglio la Gestalt di Staying with the Trouble. Making Kin in the Chthulucene e sia per dar vita e al tempo stesso tempo combattere il mito ironico del Cthulhu morbus atteniamoci ad un’analisi dell’espressività retorico-letteraria del saggio. Iniziando dal titolo del capitolo VIII The Camille Stories. Children of Compost, nel quale le cinque generazioni di Camille vengono definite bambine del compost. Ora, in inglese la parola ‘compost’ è quasi sinonimo all’italiano letame, più precisamente indica «organic matter that has been decomposed in a process called composting. This process recycles various organic materials otherwise regarded as waste products and produces a soil conditioner (the compost)» (da https://en.wikipedia.org/wiki/Compost, Wayback Machine:  https://web.archive.org/web/20200612052442/https://en.wikipedia.org/wiki/Compost) e però, pur volendo tralasciare tutte le valenze negative del termine letame e pur volendo sottolineare tutta la semantica positiva che viene dall’etimologia della parola, «dal lat. composĭtus, […] part. pass. di componĕre «comporre»» (http://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/compost/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200612052744/http://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/compost/), e infatti anche in questo senso le Camille sono compost, cioè esseri compositi parte Homo sapiens e parte altra specie animale, non può assolutamente essere tralasciato l’elementare dato di fatto che tale parola, rimanda comunque ineluttabilmente al concetto di decomposizione. E tale concetto di decomposizione, e la ripetizione in numerosissimi luoghi del saggio della parola ‘compost’, è del resto centrale  in tutto il saggio della Haraway ma se si pensasse che questo ripetuto concetto di decomposizione segni nella Haraway un definitivo addio e dalle speranze di immortalità alla Condorcet, o alla Goldwin, o, per arrivare alla stessa Haraway, alla Cyborg Manifesto (nulla è più immortale del cyborg, potendo esso cambiare all’infinito i suoi pezzi) saremmo in grave errore, trattandosi, piuttosto, di un nuovo tipo di immortalità che non è l’immortalità del corpo ma una impersonale immortalità ottenuta attraverso la dissoluzione nel corpo di madre natura (che è poi quello che fanno ancora in vita le cinque Camille, le quali incorporano nel loro corpo parti di questa natura non umana). Piuttosto questa immortalità harawayna ha molto a che fare con una sorta di ritorno al passato, con l’immortalità cristiana nel paradiso celeste, del quale paradiso nulla si sa, tranne che i salvati ritroveranno il loro corpo (e il decomporsi dell’Haraway questo non garantisce, anzi nega) ma anche dove per dottrina viene affermato che questi salvati godranno della gloria di Dio, il che è anche una bella immagine ma è anche la negazione del corpo, bisognoso in quanto tale di precise condizioni fisico-chimiche e non solo di ineffabili stati psichico-spirituali.  Ma per la scrittrice di originaria formazione cattolico-romana Donna Haraway (sempre essa sottolinea questo suo originario background e a questo proposito si può vedere il film-intervista  che nel 2016 le ha dedicato il regista Fabrizio Terranova,   Donna Haraway: Storytelling for Earthly Survival (visionabile, sottotitolato in francese, all’URL di YouTube  https://www.youtube.com/watch?v=NPKGJQRjWAQ, nostro caricamento del documento presso Internet Archive, generando gli URL  https://archive.org/details/donna-haraway-story-telling-for-earthly-survival e https://ia601505.us.archive.org/10/items/donna-haraway-story-telling-for-earthly-survival/Donna%20Haraway_%20Story%20Telling%20for%20Earthly%20Survival.mp4), nonostante le accezioni negative e decompositorie del termine ‘compost’  e, diciamo noi in una sorta di stralunata reminiscenza del paradiso cattolico-cristiano, questa è il nuovo tipo di immortalità (composita) cui deve tendere l’uomo. A questo punto verrebbe da dire, contenta lei etc., ma il problema non è tanto prendere una posizione pro o contro questa cacotopia harawayna ma il fatto che all’interno dell’espressione letteraria di questo stesso sogno alberga un evidente mostro-incubo che la Haraway fa espressamente di tutto per dissolvere ma che, proprio in questo tentativo non fa altro che rafforzare e rendercelo anche palesemente evidente. E il mostro ha  la sua piena epifania già a partire dal titolo del saggio Staying with the Trouble. Making Kin in the Chthulucene, il quale titolo richiama direttamente Cthulhu il mostro Grande Antico creato da H. P. Lovecraft nel suo breve racconto del 1928 The call of Cthulhu. Vediamo quindi il tentativo intrapreso nel saggio di rifiutare l’eredità e di Cthulhu e del suo padre creatore H. P. Lovecraft: «So I think a big new name, actually more than one name, is warranted–hence Anthropocene, Plantationocene5,  [ndr: nota n° 5 non rilevante e quindi non citata ] and Capitolocene  (Andreas Malm’s and Jason Moore’s term before it was mine).6 [ndr: nota n° 6 non rilevante e quindi non citata ] I also insist that we need a name for the dynamic ongoing symchthonic forces and powers of which people are a part, within which ongoingness is at stake. Maybe, but only maybe, and only with intense commitment and collaborative work and play with other terrans, flourishing for rich multispecies assemblages that include people will be possible. I am calling all this the Chthulucene–past, present, and to come.7 [ndr: nota n° 7 non rilevante e quindi non citata ] These real and possible timespaces are not named after sf writer H. P. Lovecraft’s misogynist racialnightmare monster Cthulhu (note spelling difference), but rather after the diverse earthwide tentacular powers and forces and collected things with names like Naga, Gaia, Tangaroa (burst from water-full Papa), Terra, Haniyasu-hime, Spider Woman, Pachamama, Oya, Gorgo, Raven, A’akuluujjusi, and many many more. “My” Chthulucene, even burdened with its problematic Greek-ish rootlets, entangles myriad temporalities and spatialities and myriad intra-active entities-in-assemblages–including the more-than-human, other-than-human, inhuman, and human-ashumus. Even rendered in an American English-language text like this one, Naga, Gaia, Tangaroa, Medusa, Spider Woman, and all their kin are some of the many thousand names proper to a vein of sf that Lovecraft could not have imagined or embraced–namely, the webs of speculative fabulation, speculative feminism, science fiction, and scientific fact.8 [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione  e ancora ndr: nota n° 8 non rilevante e quindi non citata]  It matters which stories tell stories, which concepts think concepts. Mathematically, visually, and narratively, it matters which figures figure figures, which systems systematize systems.»: Donna Jeanne Haraway, Staying with the Trouble. Making Kin in the Chthulucene (Chapter 4: Making Kin. Anthropocene, Capitalocene, Plantationocene, Chthulucene), Durham (N.C.), Duke University Press, 2016, pp. 101-102. «Less simple was deciding how to spell Chthulucene so that it led to diverse and bumptious chthonic dividuals and powers and not to Chthulhu, Cthulhu, or any other singleton monster or deity. A fastidious Greek speller might insist on the “h” between the last “l” and “u”; but both for English pronunciation and for avoiding the grasp of Lovecraft’s Cthulhu, I dropped that “h.” This is a metaplasm.»: Ivi, p. 169 (nota n° 2 all’introduzione). «Chthonic derives from ancient Greek khthonios, of the earth, and from khthōn, earth. Greek mythology depicts the chthonic as the underworld, beneath the earth; but the chthonic ones are much older (and younger) than those Greeks. Sumeria is a riverine civilizational scene of emergence of great chthonic tales, including possibly the great circular snake eating its own tail, the polysemous Ouroboros (figure of the continuity of life, an Egyptian figure as early as 1600 BCE; Sumerian sf worlding dates to 3500 bce or before). The chthonic will accrue many resonances throughout my chapter. See Jacobsen, The Treasures of Darkness. In lectures, conversations, and e-mails, the scholar of ancient Middle Eastern worlds at uc Santa Cruz, Gildas Hamel, gave me “the abyssal and elemental forces before they were astralized by chief gods and their tame committees” (personal communication,  June 12, 2014). Cthulhu (note spelling), luxuriating in the science fiction of H. P. Lovecraft, plays no role for me, although it/he did play a role for Gustavo Hormiga, the scientist who named my spider demon familiar. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] For the monstrous male elder god (Cthulhu), see Lovecraft, The Call of Cthulhu. I take the liberty of rescuing my spider from Lovecraft for other stories, and mark the liberation with the more common spelling of chthonic ones. Lovecraft’s dreadful underworld chthonic serpents were terrible only in the patriarchal mode. The Chthulucene has other terrors–more dangerous and generative in worlds where such gender does not reign. Undulating with slippery eros and gravid chaos, tangled snakes and ongoing tentacular forces coil through the twenty-first centuryCE. Consider: Old English oearth, German Erde, Greek Gaia, Roman terra, Dutch aarde; Old English w(e)oruld (“affairs of life,” “a long period of time,” “the known life,” or “life on earth” as opposed to the “afterlife”), from a Germanic compound meaning “age of the human race” (wer); Old Norse heimr, literally “abode.” Then consider Turkish dunya and go to dunyā (the temporal world), an Arabic word that was passed to many other languages, such as Persian, Dari, Pashto, Bengali, Punjabi, Urdu, Hindi, Kurdish, Nepali, Turkish, Arumanian, and North Caucasian languages. Dunyā is also a loanword in Malay and Indonesian, as well as in Greek δουνιας–so many words, so many roots, so many pathways, so many mycorrhizal symbioses, even if we restrict ourselves only to Indo-European tangles. There are so many kin who might better have named this time of the Anthropocene that is at stake now. The anthropos is too much of a parochial fellow; he is both too big and too small for most of the needed stories.»: Ivi, p. 173 (nota n° 4 al Capitolo 2: Tentacular Thinking). Allora: il misogino e razzista H. P. Lovecraft non avrebbe mai approvato né immaginato che il mostro  Cthulhu, altrettanto razzista e misogino,  diversi decenni dopo sarebbe stato impiegato per illustrare la mia bella utopia di rinnovato accordo con la natura (il sublime del ridicolo: che non avrebbe approvato si può forse ipotizzare; affermare che non avrebbe immaginato un uso politicamente corretto di Cthulhu non va tanto a discredito delle capacità inventive del maestro del terrore ma delle capacità razionali dell’Haraway, la quale evidentemente pensa che chi non è misogino né razzista come lei evidentemente le possegga e, sia detto per inciso, H. P. Lovecraft non avrebbe certo immaginato che nel 2015 si sarebbe deciso che al vincitore del World Fantasy Award non avrebbe più ricevuto il solito trofeo che veniva consegnato dal 1975,  anno di nascita del premio,  e che era uno stilizzato  busto-caricatura di Lovecraft disegnato da Gahan Wilson ma un altro molto più “politically correct” riconoscimento, che dal 2016 risulta essere un animo bronzetto che raffigura rami intrecciati e contorti. Per chi voglia ricostruire questa vicenda segno del degrado dell’odierna cultura piegata ai peggiori automatismi buonisti – e paraculi ed intrinsecamente totalitari: una proposta, bandiamo i busti di Aristotele dai manuali di filosofia perché Aristotele non era contrario alla schiavitù – si rinvia ai seguenti URL e ai relativi congelamenti documentari tramite la Wayback Machine:  https://en.wikipedia.org/wiki/World_Fantasy_Award, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200606144010/https://en.wikipedia.org/wiki/World_Fantasy_Award; https://www.jimchines.com/2014/10/lovecraft-apologists-and-the-world-fantasy-award/; Wayback  Machine: http://web.archive.org/web/20200606144235/https://www.jimchines.com/2014/10/lovecraft-apologists-and-the-world-fantasy-award/; https://www.theverge.com/2017/4/15/15308118/world-fantasy-award-h-p-lovecraft-toxic-legacy, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200606144731/https://www.theverge.com/2017/4/15/15308118/world-fantasy-award-h-p-lovecraft-toxic-legacy; https://www.bustle.com/articles/124183-world-fantasy-convention-ditches-hp-lovecraft-award-amid-controversy-sparks-debate; Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200606145148/https:/www.bustle.com/articles/124183-world-fantasy-convention-ditches-hp-lovecraft-award-amid-controversy-sparks-debate; https://www.tor.com/2014/08/20/should-the-world-fantasy-award-be-changed/, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200606145526/https://www.tor.com/2014/08/20/should-the-world-fantasy-award-be-changed/; https://www.syfy.com/syfywire/after-40-years-hp-lovecraft-statue-nixed-world-fantasy-awards, Waybck Machine: http://web.archive.org/web/20200606150102/https://www.syfy.com/syfywire/after-40-years-hp-lovecraft-statue-nixed-world-fantasy-awards; https://www.theatlantic.com/entertainment/archive/2015/11/hp-lovecraft-world-fantasy-awards/415485/, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200612055620/https://www.theatlantic.com/entertainment/archive/2015/11/hp-lovecraft-world-fantasy-awards/415485/); comunque, anche se il nome e la fama sinistra di  Cthulhu sono stati certo importanti all’entomologo Gustavo Hormiga nell’assegnare il nome di ‘Cthulhu Pimoa’ al ragno ha egli per primo classificato e scoperto non lo sono certo per me, che, come si vede dal titolo del saggio, la parola   ‘chthulucene’ da me creata e che definisce l’epoca in cui stiamo vivendo, contiene, a differenza di Cthulhu, una ‘h’ prima della ‘c’, e ciò a significare non solo la mia abissale alterità rispetto a Lovecraft e al suo mostro ma anche la mia perizia come etimologista, linguista, e storica delle religioni e delle leggende, in quanto io ho forgiato il mio chthulucene attraverso il lemma khthonios, cioè della terra, con tutti gli annessi e connessi richiami  linguistici e mitici (chissà poi perché poi non si può concedere anche al povero Gustavo Hormiga lo stesso percorso logico-linguistico rendendolo così schiavo del Call of Cthulhu di Lovecraft. Ad ogni buon conto, oltre a fornire qui di seguito l’indicazione bibliografica del saggio di Hormiga che ha battezzato il ragno con un nome così inquietante, Gustavo  Hormiga, A Revision and Cladistic Analysis of the Spider Family Pimoidae (Aranae: Araneae),  “Smithsonian Contributions to Zoology”, N° 549 , 1994, pp.  1-104,  https://doi.org/10.5479/si.00810282.549, forniamo anche due URL e due congelamenti Wayback Machine attraverso i quali scaricare il documento e venire a capo dell’ “inquietante” accusa harawayna: https://pdfs.semanticscholar.org/56b6/df866a1845d9f741dc4246b6d515a5bf077b.pdf, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200605205240/https://pdfs.semanticscholar.org/56b6/df866a1845d9f741dc4246b6d515a5bf077b.pdf; https://repository.si.edu/bitstream/handle/10088/5401/SCtZ-0549-Lo_res.pdf?sequence=2&isAllowed=y, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200605205522/https://repository.si.edu/bitstream/handle/10088/5401/SCtZ-0549-Lo_res.pdf?sequence=2&isAllowed=y, ma per sollevare il lettore da questa fatica, citiamo anche da p. 39 del saggio di Hormiga il  passaggio che, evidentemente, ha incriminato agli occhi della Haraway Hormiga: «Pimoa cthulhu, new species FIGURES 85-117 TYPES.–Male holotype and female paratype from Mendocino Woodlands (S end), in hollow redwood stumps, Mendocino Co., California; 16-17 Sep 1990, D. Ubick col. Male and female paratypes from Mendocino Woodlands Camp, Mendocino Co.; 24 Feb 1979 (cf )and 2 Feb 1973 (9), S.C. Williams col. Holotype deposited in CAS. paratypes deposited in CAS and DU. ETYMOLOGY.–Named after H.P. Lovcrcraft’s mythological deity Cthulhu, akin to the powers of Chaos.»).  Queste ed altre successive dichiarazioni su come Chtulhu e Lovecraft non abbiano avuto alcuna influenza e nell’ideare il titolo del saggio (cfr. supra, il film di Terranova sulla Haraway, dove essa dichiara, nemmeno nominando Lovecraft che chthulucene è una sorta di scherzo lessicale, un neologismo inventato perché le parole ‘Anthropocene’, ‘Plantationocene’, ‘Capitalocene’ risultavano troppo “grandi” ed omnicomprensive;  vedi  anche la conferenza Anthropocene, Plantationocene, Capitalocene Chthulucene. Making String Figure with Biologies, Arts, Activism, tenuta il 25 aprile 2017 da Donna Haraway al San Francisco Art Institute per promuovere  Staying with the Trouble. Making Kin in the Chthulucene. Verso il cinquantesimo minuto della conferenza, sullo schermo di sala compare un’immagine di Cthulhu ma la Haraway non lo  nomina affermando che trattasi di una immagine tratta dalla serie televisiva del Doctor Who dalla quale essa è stata molto influenzata – e nella quale sono stati utilizzati esplicitamente  l’universo  e le suggestioni di Lovecraft e, nella specifico, Cthulhu: quando si dice: «Xe pèso el tacòn del buso» –. Finita la conferenza e dato il classico spazio per le domande, a domanda insidiosa di un partecipante alla conferenza se Cthulhu abbia in qualche modo influenzato la creazione del suo neologismo  ‘chthulucene’, Donna Haraway se ne esce, è trascorso circa 1 ora e 13 minuti dall’inizio della conferenza, con le seguenti sorprendenti parole: «I haven’t read Lovecraft’s Cthulhu stories, I’m sure that somewhere turning in my unconscious…. when chthulucene presented to me, but it didn’t became conscious  to me until friends said to me that Lovecraft [etc]». Siamo, come si dice, senza parole e, oltre a sottolineare che nel film-intervista di Terranova Donna Haraway si compiace della sua biblioteca privata  ricolma di romanzi di fantascienza e quindi, noi pensiamo, dovrebbe possedere una consapevole cultura in materia che non consente inconsce influenze lovecraftiane. Un’ipotesi per un’assoluzione con attenuanti: senza voler ricorrere ad un duro sarcasmo che ci farebbe dire che questa pur interessante ed anche simpatica scrittrice è una plagiara “a sua insaputa”, si può anche accettare l’idea di un influenza inconscia su di lei di Lovecraft, ma allora la cosa meriterebbe da parte sua un maggior e ben più rigoroso approfondimento in merito alle radici cthulhuiane e tanatofile del suo Staying with the Trouble. Comunque nonostante la simpatia che proviamo verso di lei, al momento la spiegazione ‘scherzo’ del termine ‘chthulucene e quella di tipo freudiano, trovano la risoluzione di questa contraddizione nel fatto che nel film a lei dedicato Haraway giocava in casa e si poteva permettere di fare la “šburóña”, mentre rispondendo alle domande post conferenza, pur trovandosi di fronte ad un pubblico di ammiratori, non poteva andare al di là di un certo limite di decenza trovandosi così costretta ad imbastire una sorta di spiegazione à la Freud, forse non del tutto falsa in linea di principio ma che necessiterebbe ben altra e più sincera e diretta articolazione. Per  diletto del lettore, oltre ad indicare qui di seguito l’URL di YouTube della conferenza dove tutti possono avere contezza di  cotanta disinvoltura e quelli del  nostro caricamento della stessa su Internet Archive: https://www.youtube.com/watch?time_continue=1298&v=GrYA7sMQaBQ&feature=emb_logo, https://archive.org/details/donna-haraway-staying-with-the-trouble-making-kin-in-the-chthulucene e https://ia601501.us.archive.org/7/items/donna-haraway-staying-with-the-trouble-making-kin-in-the-chthulucene/Donna%20Haraway%20-%20Staying%20with%20the%20Trouble_%20Making%20Kin%20in%20the%20Chthulucene.mp4, diamo anche  due altri URL relativi ad articoli che, fra i tanti, esprimono forse meno  costernazione ma simili pareri negativi su  queste dichiarazioni della Haraway: https://www.viewpointmag.com/2017/05/08/cthulhu-plays-no-role-for-me/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200112105102/https://www.viewpointmag.com/2017/05/08/cthulhu-plays-no-role-for-me/http://www.scienzaefilosofia.com/2019/06/29/cyborg-arrugginiti-e-animali-potenti-donna-haraway-alla-ricerca-di-un-mito-per-lantropocene/, Wayback Machine:

http://web.archive.org/web/20200112105433/http://www.scienzaefilosofia.com/2019/06/29/cyborg-arrugginiti-e-animali-potenti-donna-haraway-alla-ricerca-di-un-mito-per-lantropocene/) e tantomeno nella costruzione dell’ideologia organico-decompositiva-antinatalistica dello stesso (che dalla Haraway viene rivendicata però, come già detto, assegnandole una sorta di valenza positiva e di conferimento di una sorta di immortalità attraverso il dissolvimento nella natura e non certo di maligna avversità verso il genere umano, come invece il mostro Cthulhu sempre  mostra), hanno sempre ricevuto scarsissimo credito e presso i comuni lettori e presso la critica professionale. Per brevità, non le abbiamo elencate esaustivamente e commentate nel dettaglio, ma ce n’è una che merita essere ripresa integralmente: quella di Cthulhu stesso. In data 18 novembre 2016 il blog “Savage Minds. Notes and Queries in Antropology”  pubblica, preceduta da questa riverente ed intimorita introduzione: «Savage Minds welcomes guest blogger Cthulhu, Great Old One and Special Collections Librarian at Brown University.», la seguente recensione del Grande Antico sul saggio della Haraway: «When the puny mortals at Savage Minds invited me to review the latest work by Donna Haraway I was perplexed. After I had devoured the sanity of their pathetic messenger, I turned the book over in my tentacles. “Chthulucene,” eh? Was this meant to be a literary subversion of the Anthropocene, supplanting the implied anthropocentrism of that category with something alien and indifferent? And if so, was this really a wise move, politically speaking, when the purpose of the term was to draw attention to human actions that frequently remained hidden to those without the all seeing eyes of Yog-Sothoth? Needless to say, I was intrigued. Full disclosure: Haraway and I are somewhat estranged. She never forgave me for guiding my cultists to infect Sumatran rat-monkies with a zombie virus (for more on this consult the 1992 documentary Dead Alive). Sure my methods are “controversial” but she and I have the same goal in mind: confronting our shared ecological crisis by addressing the problem of accelerating human population growth. Whereas she seeks to carve out the possibility that feminism can navigate the racist and eugenicist histories of limiting human reproduction, I advocate for a strategy of direction action, i.e. human sacrifice. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] Our professional disagreements not withstanding I gave her latest monograph a fair reading. At just 168 pages exclusive of endnotes Staying with the Trouble is Haraway at her most accessible. Readers familiar with her work with recognize her characteristic style and language, polysemous metaphors co-mingle with evocative refrains, deep etymological readings, and even the occasional sentence with internal rhyme schemes. Some will argue that word games will only take you so far and, to be frank, I am sympathetic to this critique. Unlike her most rigorous works, Staying with the Trouble can get vague and repetitive. I mean, its not The Necronomicon. While “Tentacular Thinking” probably won’t replace “Cyborg Manifesto” in your theory sylabus it must be recognized that this was never the author’s intent. This is a work to provoke and inspire. It is a call to arms (or pseudopods as the case may be)! Thus to judge it in the terms it sets out for itself, the book is a success. Let us delve into some of the details, begining with why I was summoned here. What is this Chthulucene? Monsters are a warning. Like the word “demonstrate” with which it shares an identical root, we are here to show. Haraway mistakenly believes she has inoculated herself against my minions by adding a superfluous “h” to Cthulhu in order to make her Chthulucene but yet I linger! Haraway herself denies this. Sadly and on multiple ocassions, in the text and in the notes, she lashes out against me – personally – calling me racist and misogynistic. This is not true. I am indifferent to everyone’s suffering equally. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] Just as I sleep under the ocean, dead but dreaming in the city of R’leyh, the Chthulucene represents what comes from under. Invertibrates of all kinds abound, spiders and octopus especially, but it is bacteria that best embody this. (In an egregious oversight, Haraway fails to cite the Elder Things who created the slave race of shoggoths accidentally spawning bacteria and, hence, all life on Earth.) In other passages Haraway uses the Chthulucene to invoke indigeneity and the continuing struggles of native peoples for autonomy. At yet other times it takes on a quasi-spiritual and mythological mantle as she evokes Gaia and Medusa. A God Trick in reverse, perhaps? In short the Chthulucene is like an ecological unconscious, underneath it all but without necessarily being foundational in a teleological sense, constantly running in the background whether you care to notice it or not, a Lacanian “Real” that resists being made intelligible. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] Another important trope in Staying with the Trouble are String Figures. These join Haraway’s growing list of SF phrases going back to her earliest publications: science fiction, science fact, speculative feminism, etc. Moreover the Cat’s Cradle, a classic string game, fits perfectly into her career interest in webs and weaving. In this case what makes the String Figure so effective as a metaphor to think with is the way in which they can embody exchange, collective creation, and storytelling, crisscrossing like the moist tentacles dripping from my gaping maw. By now you’re all familiar with the Multispecies turn (can we call it a “turn” yet?) the proactive rethinking of scientific and humanities inquiry beyond the human. Frankly this poststructural evolutionary ecology is still incomplete as it has failed to account for Azathoth, his sons, and the elder races of aliens. But Haraway, citing Latour, remains resolute in her instance that you mortals stay “earthbound.” Haraway is, of course, at the vanguard of this Multispecies moment but here she outlines her objection to the so-called “posthuman,” calling instead for the “compost.” Like the ticklish extended title of Modest Witness it is a smart joke, punning on posts. Compost is meant to convey the importance of death to life and how life rises out of death. As an expert on death I must concur. You all need to die. [Evidenziazione a cura dell’autore della presente comunicazione] Compost and the possibility of life coming from death is a key to what the author refers to as “ongoingness” (a productive alternative to philosophical discourses of “becoming”). For Haraway the key to unlocking an ongoingness that is more than mere survival is something she calls sympoiesis, or making with. Sympoiesis invites us to think beyond individualism to relationships, relations with relatives, human and not. String Figures can be a sympoesis because they are something you make with another. Kinship is sympoesis. Haraway: «We need to make kin symchthonically, sympoetically. Who and whatever we are, we need to make-with  – become-with, compose-with – the earth-bound.» (p.102) Haraway makes her case with theory and scholarship in the first 100 pages, following this up with three chapters of case studies. By way of conclusion the book finishes with a chapter not inaccurately described as fanfic. Throughout she relies heavily on the work of Anna Tsing, especially her recent Mushroom at the End of the World, with backing roles played by Latour, Le Guin, Strathern, Viveiros de Castro, Stengers, and Despret. As the god of an evil cult, one thing that I strongly identified with was Haraway’s reconception of theory and writing as something like magic. How else would you describe a worldview where the practice of thinking can have such transformative effective? Bizarre supernatural forces bend with realism. A world once inhabited by another race who was cast out and yearns to return. Unseen presences. Unspeakable names. There must be a reason she keeps repeating the same things over and over again! It is more than a refrain, it is a chant! These are merely a few of the reasons I am skeptical that she did not mean to summon me by speaking my name, extra-H or no.» Seppur solo attraverso un gioco letterario (al di fuori del gioco letterarario, citazione bibliografica e quindi autore reale del documento: Matt Thompson, Staying with the Trouble: Making Kin in the Chthulucene (review), “Savage Minds. Notes and Queries in Antropology”, 18 November 2016. Articolo pubblicato all’URL della rivista di filosofia online di cui sopra  https://savageminds.org/2016/11/18/staying-with-the-trouble-making-kin-in-the-chthulucene-review/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200112104253/https://savageminds.org/2016/11/18/staying-with-the-trouble-making-kin-in-the-chthulucene-review/), Cthulhu si è manifestato per inchiodare la Haraway alla sua responsabilità di irriconoscenza verso Lovecraft e verso lui stesso  ma la sua ironica messa in stato di accusa della scrittrice colpisce l’altro più fondamentale obiettivo che sta dietro la Haraway e che essa inconsapevolmente rappresenta: Cthulhu  giustamente rivendica l’inestricabile legame dialettico fra vita e morte, in altre parole che l’aspetto decompositorio e mortale-mortifero della natura non è altro che l’altra faccia della medaglia della dialettica vitale e generativa della stessa. Voler pretendere, come hanno fatto tre secoli prima Goldwin, Condorcet (e con loro tutto l’Illuminismo, il liberalismo e la civiltà, la nostra, che da essi  è derivata, e per ultima la Haraway) che la morte non esiste, è un assoluto non senso. Che poi Cthulhu sia personalmente dalla parte della morte, questo è poco importante, l’importante, e questo il mostro non ce lo dice espressamente ma inesorabilmente a questo il suo ragionamento  conduce, è che la trascendenza senza trascendenza della nostra civiltà ha fatto bancarotta, e il punto più alto di questa bancarotta è voler dare,  come ha fatto la Haraway in questo veramente simbolo del fallimento della rimozione della morte come ha fatto la nostra civiltà,  attraverso una sorta di gioco semantico-lessicale  una accezione positiva, o per meglio dire vitale,  alla morte  (stratagemma di rimozione della Haraway che raggiunge il massimo grado nel titolo e nel contenuto del capitolo VVIII, The Childen of Compost, dove non solo l’atto generativo è legato alla degenerazione del compost e questo se fosse inserito in una dialettizzazione della Weltanschauung cthulhuiana sarebbe totalmente accettabile perché volgendo positivamente la negatività del mostro otterremmo una vita strategicamente ed espressivamente significativa perché volta ad una consapevole riproduzione e quindi di vittoria sulla morte ma così non è perché  questi children of compost generazione dopo generazione sono sempre meno). Insomma la colpa della nostra civiltà, ci dice Cthulhu, è quella di avere rimosso la morte dal nostro orizzonte di senso. Ma questa rimozione non solo ci rende ovviamente più paurosi, come si è visto nella tremebonda psicologia  di massa e delle classi dirigenti durante la crisi del coronavirus, ma sin dalla sua nascita sotto le ali protettive dell’Illuminismo e del liberalismo ha avuto come inevitabile conseguenza la creazione di un tipo umano dalla Gestalt psicologica e sociale antistrategica (diritti dell’uomo universalistici, retorica sulla democrazia piuttosto che specifici gruppi umani che  strategicamente elaborano  una concreta filosofia-azione della prassi, Machiavelli e Gramsci docent),  il cui obiettivo esistenziale è sociale è quello dell’ ulteriore dissolvente mentre il tipo umano e sociale, che pur ha fatto la sua comparsa nella storia dell’umanità, cioè quello dell’ ulteriore definente, cioè il tipo umano e sociale che pensa sé stesso come strategico e non come astratto  contenitore di  astorici e metafisici diritti e rivendicazioni,  è andato sempre più degradando. E passaggio dopo passaggio, discesa dopo discesa, siamo arrivati al Chtulhu morbus, dove Chtulhu non e più come nei racconti di Lovecraft, una sorta di terribile divinità esterna che minaccia di travolgere con la sua quasi onnipotenza le fragili costruzioni umane ma la vera e palese manifestazione della forma che nei prossimi anni rischia di prendere espressamente la nostra civiltà. Insomma, quello che all’inizio della nostra civiltà si era malamente esorcizzato nascondendolo con ridicole promesse, cioè la morte,  oggi è rispuntato alla luce del sole (o dalle oscurità delle tenebre, se si preferisce, ma tenebre  da noi create perché la moderna società occidentale nata dall’Illuminismo e dal liberalismo ha preteso di  rescindere il legame dialettico fra la vita e la morte) ed è destinato ad accompagnarci per molti anni a venire. Un ultimo appunto. L’originale Cthulhu letterario nasce del tutto privo dell’ironia che ha mostrato nelle sua ultima evoluzione letterario-recensoria ma, comunque, dotato di una tanatologica terribilità che, rapportandolo ai nostri tempi,  ci permesso di ribattezzarlo Chtulhu morbus, il simbolo della bancarotta della nostra civiltà per la paura incontrollata che ha della morte. Ecco come nel racconto di H. P. Lovecraft, The Call of Chtulhu che ne ha visto la nascita, la vittima quasi condannata riesce momentaneamente a sfuggire dalle grinfie del mostro: «Three men were swept up by the flabby claws before anybody turned. God rest them, if there be any rest in the universe. They were Donovan, Guerrera, and Ångstrom. Parker slipped as the other three were plunging frenziedly over endless vistas of green-crusted rock to the boat, and Johansen swears he was swallowed up by an angle of masonry which shouldn’t have been there; an angle which was acute, but behaved as if it were obtuse. So only Briden and Johansen reached the boat, and pulled desperately for the Alert as the mountainous monstrosity flopped down the slimy stones and hesitated    
floundering at the edge of the water. Steam had not been suffered to go down entirely, despite the departure of all hands for the shore; and it was the work of only a few moments of feverish rushing up and down between wheel and engines to get the Alert under way. Slowly, amidst the distorted horrors of that indescribable scene, she began to churn the lethal waters; whilst on the masonry of that charnel shore that was not of earth the titan Thing from the stars slavered and gibbered like Polypheme cursing the fleeing ship of Odysseus. Then, bolder than the storied Cyclops, great Cthulhu slid greasily into the water and began to pursue with vast wave-raising strokes of cosmic potency. Briden looked back and went mad, laughing shrilly as he kept on laughing at intervals till death found him one night in the cabin whilst Johansen was wandering deliriously. But Johansen had not given out yet. Knowing that the Thing could surely overtake the Alert until steam was fully up, he resolved on a desperate chance; and, setting the engine for full speed, ran lightning-like on deck and reversed the wheel. There was a mighty eddying and foaming in the noisome brine, and as the steam mounted higher and higher the brave Norwegian drove his vessel head on against the pursuing jelly which rose above the unclean froth like the stern of a daemon galleon. The awful squid-head with writhing feelers came nearly up to the bowsprit of the sturdy yacht, but Johansen drove on relentlessly. There was a bursting as of an exploding bladder, a slushy nastiness as of a cloven sunfish, a stench as of a thousand opened graves, and a sound that the chronicler would not put on paper. For an instant the ship was befouled by an acrid and blinding green cloud, and then there was only a venomous seething astern; where
God in heaven! the scattered plasticity of that nameless sky-spawn was nebulously recombining in its hateful original form, whilst its distance widened every second as the Alert gained impetus from its mounting steam. That was all. After that Johansen only brooded over the idol in the cabin and attended to a few matters of food for himself and the laughing maniac by his side.»: Howard Phillips Lovecraft,  The Call of Cthulhu,  “Weird Tales”, Vol. 11(2), February 1928, p. 178 (prima edizione de The Call of Cthulhu scaricabile presso Internet Archive agli URL  https://archive.org/details/WeirdTalesV11N02192802/mode/2up                                                e                                                  https://ia903005.us.archive.org/24/items/WeirdTalesV11N02192802/Weird%20Tales%20v11%20n02%20%281928-02%29.pdf. Sempre su Internet Archive, per l’opera omnia di Lovecraft: https://archive.org/details/TheCompleteWorksOfH.P.Lovecraft/mode/2up                                           e                                                       https://ia802701.us.archive.org/17/items/TheCompleteWorksOfH.P.Lovecraft/The_Complete_Works_of_H.P._Lovecraft.pdf. Altra piattaforma presso la quale si possono scaricare tutte le opere di H. P. Lovecraft, The H. P. Lovecraft Archive, URL  http://www.hplovecraft.com/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200529091124/http://www.hplovecraft.com/; elenco dei testi sulla piattaforma di Lovecraft all’URL http://www.hplovecraft.com/writings/texts/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200529090522/http://www.hplovecraft.com/writings/texts/; e, infine l’URL della piattaforma relativo alla pagina del racconto in questione, http://www.hplovecraft.com/writings/texts/fiction/cc.aspx, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200527172444/http://www.hplovecraft.com/writings/texts/fiction/cc.aspx). E per quanto riguarda la sua mancanza d’ironia (sia del racconto in sé che del mostro, che non proferisce parola limitandosi a spaventare fino alla follia le sue vittime, ma in questo gioco simbolico-euristico l’uno vale l’altro): «Cthulhu still lives, too, I suppose, again in that chasm of stone which has shielded him since the sun was young. His accursed city is sunken once more, for the Vigilant sailed over the spot after the April storm; but his ministers on earth still bellow and prance and slay around idol-capped monoliths in lonely places. He must have been trapped by the sinking whilst within his black abyss, or else the world would by now be screaming with fright and frenzy. Who knows the end? What has risen may sink, and what has sunk may rise. Loathsomeness waits and dreams in the deep, and decay spreads over the tottering cities of men. A time will come – but I must not and cannot think! Let me pray that, if I do not survive this manuscript, my executors may put caution before audacity and see that it meets no other eye.»: Ivi, p. 287. Certo: «Chi può sapere come andrà a finire? Ciò che è risorto può cadere, ciò che è caduto può risorgere. L’orrore aspetta e sogna nel profondo, e la decomposizione e il marciume si spargono sulla Terra nelle fragili città degli uomini.» ma ai giorni nostri un divino Cthulhu che viene spappolato  dalla collisione contro un molto terreno vascello, per poi ricomparire come minaccia incombente, è francamente una figura ridicola che più che un demonio ci richiama la figura di Wylly il Coyote (e infatti l’originario Cthulhu lovecraftiano, vecchio di più di ottant’anni, ha subito una inarrestabile senescenza della sua terribilità e oggi, più che ispirare brividi di reale terrore  e sprofondamenti nella più cupa e delirante follia seppur letterariamente indotti,  è degradato a poco credibile nume tutelare della varie culture dark, a protagonista per filmacci di serie Z, a protagonista di giochi elettronici e, per non farsi mancare niente, a pupazzetto di peluche di umanoide con il viso, ovviamente, tentacolato similcalamaro. Un bel campionario di questi peluche, molti dei quali venduti tramite l’oggi ben più terribile,  spaventosa e tentacolare rispetto al Cthulhu originario Amazon all’URL https://www.google.com/search?q=cthulhu+peluche&tbm=isch&ved=2ahUKEwiHt6zh5_vpAhXS44UKHR2oD74Q2-cCegQIABAA&oq=cthulhu+peluche&gs_lcp=CgNpbWcQAzICCAAyBAgAEB4yBggAEAgQHjIGCAAQCBAeOgQIABBDOgYIABAFEB5QnTBY_D5guUBoAHAAeACAAdABiAHxBZIBBTUuMS4xmAEAoAEBqgELZ3dzLXdpei1pbWc&sclient=img&ei=WzbjXsedFNLHlwSd0L7wCw&bih=885&biw=1680, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200612080327/https://www.google.com/search?q=cthulhu+peluche&tbm=isch&ved=2ahUKEwiHt6zh5_vpAhXS44UKHR2oD74Q2-cCegQIABAA&oq=cthulhu+peluche&gs_lcp=CgNpbWcQAzICCAAyBAgAEB4yBggAEAgQHjIGCAAQCBAeOgQIABBDOgYIABAFEB5QnTBY_D5guUBoAHAAeACAAdABiAHxBZIBBTUuMS4xmAEAoAEBqgELZ3dzLXdpei1pbWc&sclient=img&ei=WzbjXsedFNLHlwSd0L7wCw&bih=885&biw=1680). Ma tutt’altro che ridicolo l’incipit del racconto e, al di là delle accuse di sessismo e razzismo,   nel suo acutissimo pessimismo su una ragione che decide di farsi guidare solo dalle varie scienze senza avere una visione dialettica d’insieme, riecheggiante la distinzione di Hegel fra Intelletto e Ragione e   vera ragione profonda per l’epurazione di cui si è detto di H. P. Lovecraft, presentandosi  come un terribile segnale d’incendio dell’irreversibile attuale fallimento della trascendenza senza trascendenza, ma al cospetto del quale si gira il capo per la rimozione che la morte ha subito nella nostra civiltà: «Ritengo che la cosa più misericordiosa al mondo sia l’incapacità della mente umana a mettere in correlazione tutti i suoi contenuti. Viviamo su una placida isola di ignoranza nel mezzo del nero mare dell’infinito, e non era destino che navigassimo lontano. Le scienze, ciascuna tesa nella propria direzione, ci hanno finora nuociuto ben poco; ma, un giorno, la connessione di conoscenze disgiunte aprirà visioni talmente terrificanti della realtà, e della nostra spaventosa posizione in essa che, o diventeremo pazzi per la rivelazione, o fuggiremo dalla luce mortale nella pace e nella sicurezza di un nuovo Medioevo.» (nostra traduzione da Ivi, p. 159 dell’edizione in inglese da noi già citata), e oggi che l’ ironica dissimulazione del Grande Antico nelle originarie forme lovecraftiane non è più possibile, forme letterarie ed espressive del maestro del racconto del terrore di una civiltà occidentale che  non era ancora giunta al punto odierno di bancarotta della trascendenza senza trascendenza ma nelle quali già si potevano cogliere gli attuali terrorizzanti ed alienanti esiti, assistiamo alla sua mutazione ed epifania   (molto più micidiale di quella del coronavirus) in Haraway e in tutte le similari speranze transumaniste, veri e propri segnali d’incendio dell’attuale scoppio della trascendenza senza trascendenza, ma il punto è che la sua vera forza ironica è che esso, pur compiendo anche questa finale  epifania della morte della trascendenza senza trascendenza,  non viene assolutamente riconosciuto e che quindi più l’ ulteriore dissolvente che consegue il suo stupefacente non riconoscimento si mostra più palese più questa rimozione diviene più rimossa. Cthulhu morbus ha, insomma, mantenuta intatta la vecchia capacità di Cthulhu di far impazzire l’umanità, come ben si è visto nell’attuale crisi sanitaria del Coronavirus, in cui le azioni degli uomini e delle istituzioni che le rappresentano piuttosto che essere ispirate ad un corretto principio di costi benefici sono solamente state guidate dal principio del terrore della morte, sono state cioè guidate dal terrore di accorgersi che le inconsce speranze dell’immortalità che stanno alla base della nostra civiltà illuminista e liberale si rivelassero alla fine totalmente illusorie. Per ora l’Epifania Strategica dell’ ulteriore definente, bisogna dirlo in tutta sincerità, se può permettersi di prendersi beffe di un mostro schiacciato modello Gatto Silvestro sotto un rullo compressore che poi riprende la sua forma originale per tornare a minacciare il povero canarino Titti, non può certo trattare con sufficienza il vero Cthulhu morbus. Ma a suo modo, nel suo mortifero modo, anche Chtulhu, o meglio Cthulhu morbus, è un ulteriore definente che piuttosto che stare celato negli insondabili  e terribili spazi e luoghi dei racconti di Lovecraft  sembra molto voglioso di risalire definitivamente in superficie  e assai poco propenso di avere una dinamica da cartoon comico. Insomma, come si è con sarcastica metafora visto anche nel Web, la sua ironia da ironia del nascondimento e del suo manifestarsi in forme letterarie a noi oggi certamente del tutto desuete, è divenuta un’ironia del manifestarsi e al tempo stesso del non essere riconosciuto nella sua terribile forza di impazzimento dell’uomo e dei sui attuali punti di riferimento. E, come ancora diceva quel filosofo a noi molto vicino, la nottola di Minerva prende il volo sul far del crepuscolo…

Massimo Morigi – Fiume, Solstizio d’Estate 2020

 

 

 

 

 

 

 

Vladimir Putin: Le vere lezioni del 75 ° anniversario della seconda guerra mondiale

Qui sotto un lungo articolo di Vladimir pubblicato sulla rivista americana National Interest https://nationalinterest.org/feature/vladimir-putin-real-lessons-75th-anniversary-world-war-ii-162982? . Importante la sede che ha ospitato il saggio; altrettanto importante il messaggio lanciato. I canali di comunicazione con gli Stati Uniti non sono stati evidentemente tutti recisi; al di là della inevitabile retorica distensivistica traspare la constatazione della fase policentrica ormai irreversibile_Giuseppe Germinario

Vladimir Putin: Le vere lezioni del 75 ° anniversario della seconda guerra mondiale

Il presidente russo offre una valutazione completa dell’eredità della seconda guerra mondiale, sostenendo che “Oggi, i politici europei, e in particolare i leader polacchi, desiderano spazzare il tradimento di Monaco sotto il tappeto. Il tradimento di Monaco ha mostrato all’Unione Sovietica che l’Occidente i paesi si occuperebbero di problemi di sicurezza senza tener conto dei propri interessi “.

Sono trascorsi settantacinque anni dalla fine della Grande Guerra Patriottica . Diverse generazioni sono cresciute negli anni. La mappa politica del pianeta è cambiata. L’ Unione Sovietica che rivendicò una vittoria epica e schiacciante sul nazismo e salvò il mondo intero è sparita. Inoltre, gli eventi di quella guerra sono diventati a lungo un ricordo lontano, anche per i suoi partecipanti. Allora perché la Russia celebra il nono maggio come la più grande festa? Perché la vita si ferma quasi il 22 giugno? E perché si sente un nodo alla gola?

Di solito dicono che la guerra ha lasciato una profonda impronta nella storia di ogni famiglia . Dietro queste parole, ci sono destini di milioni di persone, le loro sofferenze e il dolore della perdita. Dietro queste parole c’è anche l’orgoglio, la verità e la memoria.

Per i miei genitori, la guerra significava le terribili prove dell’assedio di Leningrado, dove morì mio fratello di due anni, Vitya. Era il posto dove mia madre riuscì miracolosamente a sopravvivere. Mio padre, nonostante fosse esente dal servizio attivo, si offrì volontario per difendere la sua città natale. Ha preso la stessa decisione di milioni di cittadini sovietici. Combatté contro la testa di ponte Nevsky Pyatachok e fu gravemente ferito. E più passano gli anni, più sento il bisogno di parlare con i miei genitori e conoscere meglio il periodo di guerra delle loro vite. Tuttavia, non ho più l’opportunità di farlo. Questo è il motivo per cui faccio tesoro nel mio cuore delle conversazioni che ho avuto con mio padre e mia madre su questo argomento, nonché della piccola emozione che hanno mostrato.

Persone della mia età e credo sia importante che i nostri figli, nipoti e pronipoti comprendano il tormento e le difficoltà che i loro antenati hanno dovuto sopportare. Devono capire come i loro antenati sono riusciti a perseverare e vincere. Da dove viene la loro forza di volontà pura e incessante che ha stupito e affascinato il mondo intero? Certo, stavano difendendo la loro casa, i loro figli, i loro cari e le loro famiglie. Tuttavia, ciò che condividevano era l’amore per la loro terra natale, la loro Patria. Quella sensazione profonda e intima si riflette pienamente nell’essenza stessa della nostra nazione ed è diventata uno dei fattori decisivi nella sua eroica, sacrificale lotta contro i nazisti.

Mi chiedo spesso: cosa farebbe la generazione di oggi? Come agirà di fronte a una situazione di crisi? Vedo giovani dottori, infermiere, a volte neolaureati che vanno nella “zona rossa” per salvare vite umane. Vedo i nostri militari che combattono il terrorismo internazionale nel Caucaso settentrionale e hanno combattuto fino alla fine in Siria. Sono così giovani. Molti militari che facevano parte del leggendario, immortale 6 ° Paracadutisti società erano 19-20 anni. Ma tutti dimostrarono che meritavano di ereditare l’impresa dei guerrieri della nostra terra natale che la difesero durante la Grande Guerra Patriottica.

Questo è il motivo per cui sono fiducioso che una delle caratteristiche distintive dei popoli della Russia sia l’adempimento del loro dovere senza dispiacersi per se stessi quando le circostanze lo richiedono. Valori come l’altruismo, il patriottismo, l’amore per la loro casa, la loro famiglia e la Patria rimangono fino ad oggi fondamentali e integrali nella società russa. Questi valori sono, in larga misura, la spina dorsale della sovranità del nostro paese.

Oggi abbiamo nuove tradizioni create dal popolo, come il Reggimento Immortale. Questa è la marcia della memoria che simboleggia la nostra gratitudine, così come la connessione vivente e i legami di sangue tra le generazioni. Milioni di persone escono per le strade portando le fotografie dei loro parenti che hanno difeso la loro Patria e sconfitto i nazisti. Ciò significa che le loro vite, le loro prove e sacrifici, così come la Vittoria che ci hanno lasciato non saranno mai dimenticate.

Abbiamo la responsabilità del nostro passato e del nostro futuro di fare del nostro meglio per impedire che queste orribili tragedie si ripetano. Quindi, sono stato costretto a pubblicare un articolo sulla Seconda Guerra Mondiale e sulla Grande Guerra Patriottica. Ho discusso questa idea in diverse occasioni con leader mondiali e hanno dimostrato il loro sostegno. Al vertice dei leader della CSI tenutosi alla fine dello scorso anno, siamo tutti d’accordo su una cosa: è essenziale trasmettere alle generazioni future il ricordo del fatto che i nazisti furono sconfitti prima di tutto dal popolo sovietico e che i rappresentanti di tutte le repubbliche dell’Unione Sovietica hanno combattuto fianco a fianco in quella battaglia eroica, sia in prima linea che nella parte posteriore. Durante quel summit, ho anche parlato con le mie controparti del difficile periodo prebellico .

Quella conversazione ha suscitato scalpore in Europa e nel mondo. Significa che è davvero giunto il momento di rivisitare le lezioni del passato. Allo stesso tempo, ci furono molte esplosioni emotive, insicurezze mal mascherate e forti accuse che seguirono. Agendo per abitudine, alcuni politici si affrettarono a sostenere che la Russia stava cercando di riscrivere la storia. Tuttavia, non sono riusciti a confutare un singolo fatto o confutare un singolo argomento. È davvero difficile, se non impossibile, discutere con i documenti originali che, a proposito, possono essere trovati non solo negli archivi russi, ma anche negli archivi stranieri.

Pertanto, è necessario esaminare ulteriormente le ragioni che hanno causato la guerra mondiale e riflettere sui suoi complicati eventi, tragedie e vittorie, nonché sulle sue lezioni, sia per il nostro paese che per il mondo intero. E come ho detto, è fondamentale fare affidamento esclusivamente su documenti d’archivio e prove contemporanee evitando qualsiasi speculazione ideologica o politicizzata.

Vorrei ancora una volta ricordare il fatto ovvio. Le cause profonde della seconda guerra mondiale derivano principalmente dalle decisioni prese dopo la prima guerra mondiale . Il trattato di Versailles divenne un simbolo di grave ingiustizia per la Germania. Sostanzialmente implicava che il paese dovesse essere derubato, costretto a pagare enormi riparazioni agli alleati occidentali che hanno prosciugato la sua economia. Il maresciallo francese Ferdinand Foch, che servì come comandante supremo alleato, diede una descrizione profetica di quel trattato: “Questa non è pace. È un armistizio da vent’anni”.

Fu l’umiliazione nazionale che divenne un terreno fertile per sentimenti radicali di vendetta in Germania . I nazisti giocarono abilmente sulle emozioni della gente e costruirono la loro propaganda promettendo di liberare la Germania dall’eredità di Versailles e riportare il paese al suo antico potere, spingendo essenzialmente il popolo tedesco in guerra. Paradossalmente, gli stati occidentali, in particolare il Regno Unito e gli Stati Uniti, hanno contribuito direttamente o indirettamente a questo. Le loro imprese finanziarie e industriali investirono attivamente in fabbriche e impianti tedeschi che fabbricano prodotti militari. Inoltre, molte persone nell’aristocrazia e nell’establishment politico hanno sostenuto movimenti radicali, di estrema destra e nazionalisti che erano in aumento sia in Germania che in Europa .

L ‘”ordine mondiale di Versailles” ha causato numerose controversie implicite e conflitti apparenti. Girarono attorno ai confini dei nuovi stati europei stabiliti casualmente dai vincitori nella prima guerra mondiale. Quella delimitazione dei confini fu quasi immediatamente seguita da dispute territoriali e rivendicazioni reciproche che si trasformarono in “bombe a tempo”.

Uno dei maggiori risultati della prima guerra mondiale fu l’istituzione della Società delle Nazioni. C’erano grandi aspettative per quell’organizzazione internazionale di garantire pace duratura e sicurezza collettiva. Era un’idea progressiva che, se seguita in modo coerente, poteva effettivamente impedire che si ripetessero gli orrori di una guerra globale.

Tuttavia, la Società delle Nazioni dominata dalle potenze vittoriose di Francia e Regno Unito si dimostrò inefficace e fu appena sommersa da discussioni inutili. La Società delle Nazioni e il continente europeo in generale non hanno ascoltato le ripetute chiamate dell’Unione Sovietica a stabilire un sistema equo di sicurezza collettiva e firmare un patto dell’Europa orientale e un patto del Pacifico per prevenire l’aggressione. Queste proposte sono state ignorate.

La Società delle Nazioni non è riuscita a prevenire conflitti in varie parti del mondo, come l’attacco dell’Italia all’Etiopia, la guerra civile in Spagna , l’aggressione giapponese contro la Cina e l’Anschluss d’ Austria . Inoltre, nel caso del tradimento di Monaco che, oltre a Hitler e Mussolini , coinvolse leader britannici e francesi, la Cecoslovacchia fu smantellata con la piena approvazione della Società delle Nazioni. Vorrei sottolineare a questo proposito che, a differenza di molti altri leader europei di quel tempo, Stalin non si disonora incontrandosi con Hitler che era noto tra le nazioni occidentali come un politico abbastanza rispettabile ed era un gradito ospite nelle capitali europee .

Anche la Polonia era impegnata nella spartizione della Cecoslovacchia insieme alla Germania. Decisero insieme in anticipo chi avrebbe ottenuto quali territori cecoslovacchi. Il 20 settembre 1938, l’ambasciatore polacco in Germania Józef Lipski riferì al ministro degli Esteri polacco Józef Beck sulle seguenti assicurazioni fatte da Hitler: “… in caso di conflitto tra Polonia e Cecoslovacchia sui nostri interessi a Teschen, il Reich avrebbe stare dalla Polonia “. Il leader nazista ha persino sollecitato e avvisato che la Polonia ha iniziato ad agire “solo dopo che i tedeschi occupano i Sudeti”.

La Polonia era consapevole che senza il supporto di Hitler, i suoi piani annessionisti erano destinati a fallire. Vorrei citare a questo proposito un resoconto della conversazione tra l’ambasciatore tedesco a Varsavia Hans-Adolf von Moltke e Józef Beck che ebbe luogo il 1 ° ottobre 1938 e si concentrò sulle relazioni polacco-ceche e sulla posizione del Soviet Unione in questa materia. Dice: “Beck ha espresso vera gratitudine per il trattamento leale accordato [agli] interessi polacchi alla conferenza di Monaco, nonché per la sincerità delle relazioni durante il conflitto ceco. L’atteggiamento di Führer e cancelliere è stato pienamente apprezzato dal governo e il pubblico [della Polonia]. ”

La spartizione della Cecoslovacchia fu brutale e cinica. Monaco distrusse persino le garanzie formali e fragili rimaste sul continente. Ha dimostrato che gli accordi reciproci erano privi di valore. Fu il tradimento di Monaco a fungere da “innesco” e rese inevitabile la grande guerra in Europa.

Oggi, i politici europei, e in particolare i leader polacchi, desiderano spazzare il tradimento di Monaco sotto il tappeto. Perché? Il fatto che una volta i loro paesi abbiano infranto i loro impegni e sostenuto il tradimento di Monaco, con alcuni di loro che hanno persino partecipato alla divisione della presa, non è l’unica ragione. Un altro è che è in qualche modo imbarazzante ricordare che durante quei drammatici giorni del 1938, l’Unione Sovietica fu l’unica a difendere la Cecoslovacchia.

L’Unione Sovietica, conformemente ai suoi obblighi internazionali, compresi gli accordi con la Francia e la Cecoslovacchia, ha cercato di impedire che accadesse la tragedia. Nel frattempo, la Polonia, alla ricerca dei suoi interessi, stava facendo del suo meglio per ostacolare l’istituzione di un sistema di sicurezza collettiva in Europa. Il ministro degli affari esteri polacco Józef Beck ne scrisse direttamente nella sua lettera del 19 settembre 1938 al summenzionato ambasciatore Józef Lipski prima dell’incontro con Hitler: “… l’anno scorso, il governo polacco ha respinto quattro volte la proposta di aderire all’Internazionale interferire in difesa della Cecoslovacchia “.

La Gran Bretagna, così come la Francia, che era all’epoca il principale alleato di cechi e slovacchi, scelsero di ritirare le loro garanzie e abbandonare questo paese dell’Europa orientale al suo destino. In tal modo, hanno cercato di dirigere l’attenzione dei nazisti verso est in modo che la Germania e l’Unione Sovietica si scontrassero inevitabilmente e si sanguinassero a vicenda.

Questa è l’essenza della politica occidentale di pacificazione, che è stata perseguita non solo verso il Terzo Reich, ma anche verso altri partecipanti al cosiddetto Patto anticomprano: l’Italia fascista e il Giappone militarista. In Estremo Oriente, questa politica culminò con la conclusione dell’accordo anglo-giapponese nell’estate del 1939, che diede a Tokyo una mano libera in Cina. Le principali potenze europee non erano disposte a riconoscere il pericolo mortale rappresentato dalla Germania e dai suoi alleati per il mondo intero. Speravano che sarebbero rimasti intatti dalla guerra.

Il tradimento di Monaco ha mostrato all’Unione Sovietica che i paesi occidentali avrebbero affrontato le questioni di sicurezza senza tener conto dei suoi interessi. In effetti, potrebbero persino creare un fronte antisovietico, se necessario.

Tuttavia, l’Unione Sovietica fece del suo meglio per sfruttare ogni possibilità di creare una coalizione anti-Hitler. Nonostante – lo dirò di nuovo – il doppio scambio da parte dei paesi occidentali. Ad esempio, i servizi di intelligence riferirono alla leadership sovietica informazioni dettagliate sui contatti dietro le quinte tra Gran Bretagna e Germania nell’estate del 1939. L’importante è che quei contatti fossero abbastanza attivi e praticamente coincidessero con i negoziati tripartiti tra la Francia , La Gran Bretagna e l’URSS, che sono state invece deliberatamente protratte dai partner occidentali. A questo proposito, citerò un documento dagli archivi britannici. Contiene istruzioni per la missione militare britannica arrivata a Mosca nell’agosto del 1939. Afferma direttamente che la delegazione avrebbe dovuto proseguire i negoziati molto lentamente e che il governo del Regno Unito non era pronto ad assumere alcun obbligo esplicitato in dettaglio e limitare la sua libertà di azione in qualsiasi circostanza. Noterò anche che, a differenza delle delegazioni britannica e francese, la delegazione sovietica era guidata dai massimi comandanti dell’Armata Rossa, che aveva l’autorità necessaria per “firmare una convenzione militare sull’organizzazione della difesa militare di Inghilterra, Francia e URSS contro l’aggressione in Europa “.

La Polonia ha giocato il suo ruolo nel fallimento di quei negoziati in quanto non voleva avere alcun obbligo nei confronti della parte sovietica. Anche sotto la pressione dei loro alleati occidentali, la leadership polacca ha respinto l’idea di un’azione congiunta con l’Armata Rossa per combattere contro la Wehrmacht. Fu solo quando venne a sapere dell’arrivo di Ribbentrop a Mosca che J. Beck con riluttanza e non direttamente, attraverso diplomatici francesi, notificò alla parte sovietica: “… in caso di azione comune contro l’aggressione tedesca, cooperazione tra Polonia e Unione Sovietica L’Unione non è fuori discussione, in circostanze tecniche che rimangono da concordare. ” Allo stesso tempo, ha spiegato ai suoi colleghi: “… Ho accettato questa formulazione solo per motivi di tattica, e la nostra posizione centrale nei confronti dell’Unione Sovietica è definitiva e rimane invariata”.

In queste circostanze, l’Unione Sovietica ha firmato il patto di non aggressione con la Germania. È stato praticamente l’ultimo dei paesi europei a farlo. Inoltre, è stato fatto di fronte a una vera minaccia di guerra su due fronti: con la Germania a ovest e con il Giappone a est, dove erano già in corso intensi combattimenti sul fiume Khalkhin Gol.

Stalin e il suo entourage, infatti, meritano molte legittime accuse. Ricordiamo i crimini commessi dal regime contro il suo stesso popolo e l’orrore delle repressioni di massa. In altre parole, ci sono molte cose per cui i leader sovietici possono essere rimproverati, ma la scarsa comprensione della natura delle minacce esterne non è una di queste. Hanno visto come sono stati fatti i tentativi di lasciare sola l’Unione Sovietica per trattare con la Germania e i suoi alleati. Tenendo presente questa vera minaccia, hanno cercato di guadagnare tempo prezioso necessario per rafforzare le difese del Paese.

Oggi sentiamo molte speculazioni e accuse contro la Russia moderna in relazione al Patto di non aggressione firmato allora. Sì, la Russia è lo stato successore legale dell’URSS e il periodo sovietico – con tutti i suoi trionfi e tragedie – è una parte inalienabile della nostra storia millenaria. Tuttavia, ricordiamo che l’Unione Sovietica ha dato una valutazione giuridica e morale del cosiddetto patto Molotov-Ribbentrop. Il Soviet Supremo nella sua risoluzione del 24 dicembre 1989 denunciò ufficialmente i protocolli segreti come “un atto di potere personale” che non rifletteva in alcun modo “la volontà del popolo sovietico che non ha alcuna responsabilità per questa collusione”.

Eppure altri stati hanno preferito dimenticare gli accordi che portano le firme dei nazisti e dei politici occidentali, per non parlare di dare valutazioni legali o politiche di tale cooperazione, inclusa la silenziosa acquiescenza – o persino il diretto abbattimento – di alcuni politici europei nei barbari piani del nazisti. Basterà ricordare la cinica frase pronunciata dall’ambasciatore polacco in Germania J. Lipski durante la sua conversazione con Hitler del 20 settembre 1938: “… per risolvere il problema ebraico, noi [i polacchi] costruiremo in suo onore … uno splendido monumento in Varsavia.”

Inoltre, non sappiamo se esistessero “protocolli” segreti o allegati agli accordi di un certo numero di paesi con i nazisti. L’unica cosa che resta da fare è prendere la parola per questo. In particolare, i materiali relativi ai colloqui anglo-tedeschi segreti non sono ancora stati declassificati. Pertanto, esortiamo tutti gli Stati a intensificare il processo di rendere pubblici i loro archivi e pubblicare documenti precedentemente sconosciuti della guerra e dei periodi prebellici, come ha fatto la Russia negli ultimi anni. In questo contesto, siamo pronti per un’ampia cooperazione e progetti di ricerca congiunti che coinvolgono gli storici.

Ma torniamo agli eventi immediatamente precedenti la seconda guerra mondiale. Era ingenuo credere che Hitler, una volta fatto con la Cecoslovacchia , non avrebbe fatto nuove rivendicazioni territoriali. Questa volta le affermazioni riguardavano il suo recente complice nella spartizione della Cecoslovacchia – Polonia. Qui, l’eredità di Versailles, in particolare il destino del cosiddetto corridoio di Danzica, è stata ancora una volta utilizzata come pretesto. La colpa della tragedia che la Polonia ha poi subito ricade interamente sulla leadership polacca, che ha impedito la formazione di un’alleanza militare tra Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica e si è basata sull’aiuto dei suoi partner occidentali, gettando la propria gente sotto il rullo compressore della macchina di distruzione di Hitler.

L’offensiva tedesca è stata montata in pieno accordo con la dottrina della guerra lampo. Nonostante la feroce, eroica resistenza dell’esercito polacco, l’8 settembre 1939 – solo una settimana dopo lo scoppio della guerra – le truppe tedesche si stavano avvicinando a Varsavia. Il 17 settembre, i leader militari e politici della Polonia erano fuggiti in Romania, abbandonando il suo popolo, che ha continuato a combattere contro gli invasori.

La speranza della Polonia per l’aiuto dei suoi alleati occidentali era vana. Dopo che fu dichiarata la guerra contro la Germania, le truppe francesi avanzarono solo poche decine di chilometri nel territorio tedesco. Tutto sembrava una semplice dimostrazione di azione vigorosa. Inoltre, il Consiglio di guerra supremo anglo-francese, che tenne il suo primo incontro il 12 settembre 1939 nella città francese di Abbeville, decise di annullare del tutto l’offensiva in vista dei rapidi sviluppi in Polonia. Fu allora che iniziò la famigerata guerra fasulla. Ciò che Gran Bretagna e Francia fecero fu un palese tradimento dei loro obblighi nei confronti della Polonia.

Più tardi, durante le prove di Norimberga, i generali tedeschi spiegarono il loro rapido successo in Oriente. L’ex capo dello staff operativo dell’alto comando delle forze armate tedesche, il generale Alfred Jodl ha ammesso: “… non abbiamo subito la sconfitta già nel 1939 solo perché circa 110 divisioni francesi e britanniche di stanza in Occidente contro 23 divisioni tedesche durante la nostra guerra con la Polonia è rimasto assolutamente inattivo “.

Ho chiesto il recupero dagli archivi dell’intero corpus di materiali relativi ai contatti tra l’Unione Sovietica e la Germania nei drammatici giorni di agosto e settembre 1939. Secondo i documenti, il paragrafo 2 del Protocollo segreto al non-tedesco-sovietico Il patto di aggressione del 23 agosto 1939 affermava che, in caso di riorganizzazione territoriale-politica dei distretti che costituivano lo stato polacco, il confine delle sfere di interesse dei due paesi avrebbe “attraversato i fiumi Narew, Vistola e San” . In altre parole, la sfera di influenza sovietica includeva non solo i territori che ospitavano principalmente la popolazione ucraina e bielorussa, ma anche le terre storicamente polacche nell’interfaccia di Vistola e Bug. Questo fatto è noto a pochi in questi giorni.

Allo stesso modo, pochi sanno che, subito dopo l’attacco alla Polonia, nei primi giorni di settembre 1939 Berlino ha fortemente e ripetutamente invitato Mosca a unirsi all’azione militare. Tuttavia, la leadership sovietica ignorò quelle chiamate e progettò di evitare di impegnarsi negli sviluppi drammatici il più a lungo possibile.

Fu solo quando divenne assolutamente chiaro che la Gran Bretagna e la Francia non avrebbero aiutato il loro alleato e la Wehrmacht poteva occupare rapidamente l’intera Polonia e quindi apparire sugli approcci a Minsk che l’Unione Sovietica decise di inviare, la mattina del 17 A settembre, le unità dell’Armata Rossa entrano nei cosiddetti confini orientali, che oggi fanno parte dei territori di Bielorussia, Ucraina e Lituania.

Ovviamente, non c’erano alternative. Altrimenti, l’URSS si troverebbe ad affrontare seriamente maggiori rischi perché – lo dirò di nuovo – il vecchio confine sovietico-polacco passava solo a poche decine di chilometri da Minsk. Il paese dovrebbe entrare nell’inevitabile guerra con i nazisti da posizioni strategiche molto svantaggiose, mentre milioni di persone di diverse nazionalità, tra cui gli ebrei che vivono vicino a Brest e Grodno, Przemyśl, Lvov e Wilno, sarebbero lasciati morire per mano di i nazisti e i loro complici locali – antisemiti e nazionalisti radicali.

Il fatto che l’Unione Sovietica abbia cercato di evitare di affrontare il conflitto crescente il più a lungo possibile e non fosse disposta a combattere fianco a fianco con la Germania era il motivo per cui il vero contatto tra le truppe sovietiche e tedesche avveniva molto più a est dei confini concordato nel protocollo segreto. Non si trovava sul fiume Vistola, ma più vicino alla cosiddetta Curzon Line, che nel 1919 fu raccomandata dalla Triple Intente come confine orientale della Polonia.

Come è noto, non ha senso usare l’umore congiuntivo quando parliamo degli eventi passati. Dirò solo che, nel settembre del 1939, la leadership sovietica ebbe l’opportunità di spostare i confini occidentali dell’URSS ancora più a ovest, fino a Varsavia, ma decise di non farlo.

I tedeschi hanno suggerito di formalizzare il nuovo status quo. Il 28 settembre 1939 Joachim von Ribbentrop e V. Molotov firmarono a Mosca il Trattato di confine e di amicizia tra la Germania e l’Unione Sovietica , nonché il protocollo segreto sulla modifica del confine di stato, secondo il quale il confine era riconosciuto al limite delimitato dove i due eserciti si trovavano di fatto.

Nell’autunno del 1939, l’Unione Sovietica, perseguendo i suoi obiettivi strategici militari e difensivi, iniziò il processo di incorporazione di Lettonia, Lituania ed Estonia. La loro adesione all’URSS è stata attuata su base contrattuale, con il consenso delle autorità elette. Ciò era in linea con il diritto internazionale e statale di quel tempo. Inoltre, nell’ottobre 1939, la città di Vilna e l’area circostante, che in precedenza aveva fatto parte della Polonia, furono restituite in Lituania. Le repubbliche baltiche all’interno dell’URSS conservarono i loro corpi di governo, la loro lingua e rappresentarono le strutture statali superiori dell’Unione Sovietica.

Durante tutti questi mesi ci fu una lotta diplomatica e politico-militare invisibile in corso e un lavoro di intelligence. Mosca capì che stava affrontando un nemico feroce e crudele e che una guerra segreta contro il nazismo stava già accadendo. E non c’è motivo di prendere dichiarazioni ufficiali e note formali sul protocollo di quel tempo come prova di “amicizia” tra URSS e Germania. L’Unione Sovietica aveva contatti commerciali e tecnici attivi non solo con la Germania, ma anche con altri paesi. Considerando che Hitler tentò ancora e ancora di attirare l’Unione Sovietica nello scontro della Germania con il Regno Unito. Ma il governo sovietico rimase fermo.

L’ultimo tentativo di persuadere l’URSS ad agire insieme fu fatto da Hitler durante la visita di Molotov a Berlino nel novembre 1940. Ma Molotov seguì accuratamente le istruzioni di Stalin e si limitò a una discussione generale sull’idea tedesca dell’Unione Sovietica che si univa al Patto tripartito firmato da Germania, Italia e Giapponenel settembre 1940 e diretto contro il Regno Unito e gli Stati Uniti. Non c’è da stupirsi che già il 17 novembre Molotov abbia dato le seguenti istruzioni al rappresentante plenipotenziario sovietico a Londra Ivan Maisky: “Per vostra informazione … Nessun accordo è stato firmato o era destinato a essere firmato a Berlino. Abbiamo appena scambiato le nostre opinioni a Berlino … e questo è stato tutti … Apparentemente, i tedeschi e i giapponesi sembrano ansiosi di spingerci verso il Golfo e l’India. Abbiamo rifiutato la discussione su questa questione poiché riteniamo inappropriati tali consigli da parte della Germania. ” E il 25 novembre la leadership sovietica lo ha definito del tutto un giorno presentando ufficialmente a Berlino le condizioni inaccettabili per i nazisti, tra cui il ritiro delle truppe tedesche dalla Finlandia, il trattato di mutua assistenza tra Bulgaria e URSS e un certo numero di altre . Pertanto ha deliberatamente escluso qualsiasi possibilità di aderire al Patto. Tale posizione ha sicuramente plasmato l’intenzione del Fuehrer di scatenare una guerra contro l’URSS. E già a dicembre, mettendo da parte gli avvertimenti dei suoi strateghi sul disastroso pericolo di una guerra a due fronti, Hitler approvò il piano Barbarossa. Lo fece con la consapevolezza che l’Unione Sovietica era la forza maggiore che gli si opponeva in Europa e che l’imminente battaglia in Oriente avrebbe deciso l’esito della guerra mondiale. E non aveva dubbi sulla rapidità e il successo della campagna di Mosca.

E qui vorrei evidenziare quanto segue: i paesi occidentali, infatti, concordarono in quel momento con le azioni sovietiche e riconobbero l’intenzione dell’Unione Sovietica di garantire la sua sicurezza nazionale. In effetti, il 1 ° ottobre 1939 Winston Churchill, il Primo Lord dell’Ammiragliato allora, nel suo discorso alla radio disse: “La Russia ha perseguito una fredda politica di interesse personale … Ma che gli eserciti russi dovrebbero stare su questa linea [si intende il nuovo confine occidentale] era chiaramente necessario per la sicurezza della Russia contro la minaccia nazista “. Il 4 ottobre 1939, parlando alla House of Lords, il segretario agli Esteri britannico Halifax disse: “… va ricordato che le azioni del governo sovietico furono di spostare il confine essenzialmente sulla linea raccomandata alla Conferenza di Versailles da Lord Curzon …

Nelle comunicazioni informali con il rappresentante plenipotenziario sovietico Maisky, i diplomatici britannici e i politici di alto livello hanno parlato ancora più apertamente. Il 17 ottobre 1939 il Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri RA Butler gli confidò che i circoli del governo britannico credevano che non ci sarebbe stata alcuna possibilità di riportare l’Ucraina occidentale e la Bielorussia in Polonia. Secondo lui, se fosse stato possibile creare una Polonia etnografica di dimensioni modeste con una garanzia non solo dell’URSS e della Germania, ma anche della Gran Bretagna e della Francia, il governo britannico si sarebbe ritenuto abbastanza soddisfatto. Il 27 ottobre 1939, il consigliere senior di Chamberlain H.Wilson affermò che la Polonia doveva essere ripristinata come stato indipendente sulla base etnografica, ma senza l’Ucraina occidentale e la Bielorussia.

Vale la pena notare che nel corso di queste conversazioni sono state anche esplorate le possibilità di migliorare le relazioni britannico-sovietiche. Questi contatti hanno ampiamente gettato le basi per la futura alleanza e la coalizione anti-Hitler. Churchill si distinse tra altri politici responsabili e lungimiranti e, nonostante la sua famigerata antipatia per l’URSS, era stato a favore della cooperazione con i sovietici anche prima. Nel maggio del 1939, disse alla Camera dei Comuni, “Saremo in pericolo mortale se non riuscissimo a creare una grande alleanza contro l’aggressione. La peggiore follia sarebbe quella di scacciare qualsiasi cooperazione naturale con la Russia sovietica”. E dopo l’inizio delle ostilità in Europa, al suo incontro con Maisky il 6 ottobre 1939, confidò che non c’erano contraddizioni serie tra Regno Unito e URSS e, quindi, non c’era motivo di relazioni tese o insoddisfacenti. Ha anche detto che il governo britannico era ansioso di sviluppare relazioni commerciali e disposto a discutere qualsiasi altra misura che potesse migliorare le relazioni.

La seconda guerra mondiale non è avvenuta dall’oggi al domani, né è iniziata inaspettatamente o all’improvviso. E l’aggressione tedesca contro la Polonia non era dal nulla. Fu il risultato di una serie di tendenze e fattori della politica mondiale di quel tempo. Tutti gli eventi prebellici andarono a posto per formare una catena fatale. Ma, senza dubbio, i principali fattori che hanno predeterminato la più grande tragedia nella storia dell’umanità sono stati l’egoismo di stato, la codardia, la pacificazione dell’aggressore che stava guadagnando forza e la riluttanza delle élite politiche a cercare un compromesso.

Pertanto, è ingiusto affermare che la visita di due giorni a Mosca del ministro degli Esteri nazista Ribbentrop sia stata la ragione principale dell’inizio della seconda guerra mondiale. Tutti i paesi leader sono in una certa misura responsabili del suo scoppio. Ognuno di loro ha commesso errori fatali, credendo con arroganza di poter superare in astuzia gli altri, assicurarsi vantaggi unilaterali per se stesso o stare lontano dall’imminente catastrofe mondiale. E questa miopia, il rifiuto di creare un sistema di sicurezza collettiva è costato milioni di vite e perdite tremende.

Detto questo, non intendo assolutamente assumere il ruolo di giudice, accusare o assolvere chiunque, per non parlare dell’avvio di un nuovo ciclo di confronto internazionale di informazioni nel campo storico che potrebbe mettere i paesi e le persone ai margini. Credo che siano gli accademici con un’ampia rappresentanza di scienziati rispettati provenienti da diversi paesi del mondo a cercare una valutazione equilibrata di ciò che è accaduto. Tutti abbiamo bisogno della verità e dell’obiettività. Da parte mia, ho sempre incoraggiato i miei colleghi a costruire un dialogo calmo, aperto e basato sulla fiducia, per guardare al passato comune in modo autocritico e imparziale. Tale approccio consentirà di non ripetere gli errori commessi allora e di garantire uno sviluppo pacifico e di successo per gli anni a venire.

Tuttavia, molti dei nostri partner non sono ancora pronti per il lavoro congiunto. Al contrario, perseguendo i loro obiettivi, aumentano il numero e la portata degli attacchi informativi contro il nostro paese, cercando di farci fornire scuse e sentirci in colpa, e adottare dichiarazioni completamente ipocrite e motivate politicamente. Pertanto, ad esempio, la risoluzione sull’importanza del ricordo europeo per il futuro dell’Europa, approvata dal Parlamento europeo il 19 settembre 2019, ha accusato direttamente l’URSS insieme alla Germania nazista di scatenare la seconda guerra mondiale. Inutile dire che non si fa menzione di Monaco.

Credo che tali “scartoffie” – poiché non posso chiamare questa risoluzione un documento – che è chiaramente inteso a provocare uno scandalo, sono piene di minacce reali e pericolose. In effetti, è stato adottato da un’istituzione di tutto rispetto. E cosa mostra questo? Purtroppo, questo rivela una politica deliberata volta a distruggere l’ordine mondiale del dopoguerra, la cui creazione è stata una questione di onore e responsabilità per gli Stati, un numero di rappresentanti dei quali hanno votato oggi a favore di questa ingannevole risoluzione. Pertanto, hanno contestato le conclusioni del Tribunale di Norimberga e gli sforzi della comunità internazionale per creare dopo le vittoriose istituzioni internazionali universali del 1945. Consentitemi di ricordare al riguardo che il processo stesso di integrazione europea che porta alla creazione di strutture pertinenti, incluso il Parlamento europeo, è diventato possibile solo grazie agli insegnamenti tratti dal passato e alla sua accurata valutazione giuridica e politica. E coloro che mettono deliberatamente in discussione questo consenso minano le basi dell’intera Europa postbellica.

Oltre a rappresentare una minaccia ai principi fondamentali dell’ordine mondiale, ciò solleva anche alcune questioni morali ed etiche. Dissacrare e insultare la memoria è meschino. La meschinità può essere deliberata, ipocrita e piuttosto intenzionale come nella situazione delle dichiarazioni commemorative del 75 °anniversario della fine della seconda guerra mondiale menzionare tutti i partecipanti alla coalizione anti-Hitler ad eccezione dell’Unione Sovietica. La meschinità può essere codarda come nella situazione in cui i monumenti eretti in onore di coloro che hanno combattuto contro il nazismo vengono demoliti e questi atti vergognosi sono giustificati dai falsi slogan della lotta contro un’ideologia sgradita e una presunta occupazione. La cattiveria può anche essere sanguinosa come nella situazione in cui coloro che escono contro i neonazisti e i successori di Bandera vengono uccisi e bruciati. Ancora una volta, la cattiveria può avere manifestazioni diverse, ma ciò non lo rende meno disgustoso.

Trascurare le lezioni della storia porta inevitabilmente a un duro rimborso. Sosterremo fermamente la verità sulla base di fatti storici documentati. Continueremo ad essere onesti e imparziali sugli eventi della seconda guerra mondiale. Ciò include un progetto su larga scala per istituire la più grande collezione russa di documenti d’archivio, materiale cinematografico e fotografico sulla storia della seconda guerra mondiale e sul periodo prebellico.

Tale lavoro è già in corso. Molti nuovi materiali, recentemente scoperti o declassificati sono stati usati anche nella preparazione di questo articolo. A questo proposito, posso affermare con tutta la responsabilità che non esistono documenti d’archivio che confermerebbero l’ipotesi che l’URSS intendesse iniziare una guerra preventiva contro la Germania. La leadership militare sovietica seguì davvero una dottrina secondo la quale, in caso di aggressione, l’Armata Rossa avrebbe prontamente affrontato il nemico, avrebbe iniziato l’offensiva e avrebbe fatto la guerra sul territorio nemico. Tuttavia, tali piani strategici non implicavano alcuna intenzione di attaccare prima la Germania.

Naturalmente, gli storici hanno a disposizione documenti di pianificazione militare, lettere di istruzione del quartier generale sovietico e tedesco. Infine, conosciamo il vero corso degli eventi. Dal punto di vista di questa conoscenza, molti discutono delle azioni, degli errori e dei giudizi errati della leadership militare e politica del Paese. A questo proposito, dirò una cosa: insieme a un enorme flusso di disinformazione di vario genere, i leader sovietici hanno anche ricevuto informazioni vere sull’imminente aggressione nazista. E nei mesi prebellici, hanno preso provvedimenti per migliorare la prontezza al combattimento del paese, incluso il reclutamento segreto di una parte dei responsabili del servizio militare per l’addestramento militare e la ridistribuzione di unità e riserve dai distretti militari interni ai confini occidentali .

La guerra non è stata una sorpresa, la gente se l’aspettava, preparandosi. Ma l’attacco nazista era davvero senza precedenti in termini di potere distruttivo. Il 22 giugno 1941, l’Unione Sovietica affrontò l’esercito più forte, più mobilitato e competente del mondo con il potenziale industriale, economico e militare di quasi tutta l’Europa che lavorava per esso. Non solo la Wehrmacht, ma anche i satelliti tedeschi, contingenti militari di molti altri stati del continente europeo, hanno preso parte a questa invasione mortale.

Le più gravi sconfitte militari nel 1941 portarono il paese sull’orlo della catastrofe. Il potere di combattimento e il controllo dovevano essere ripristinati con mezzi estremi, mobilitazione a livello nazionale e intensificazione di tutti gli sforzi dello stato e del popolo. Nell’estate del 1941, milioni di cittadini, centinaia di fabbriche e industrie iniziarono ad essere evacuate sotto il fuoco nemico ad est del paese. La produzione di armi e munizioni, che aveva iniziato ad essere fornita al fronte già nel primo inverno militare, fu lanciata nel più breve tempo possibile e, nel 1943, i tassi di produzione militare della Germania e dei suoi alleati furono superati. Entro sei mesi, il popolo sovietico fece qualcosa che sembrava impossibile. Sia in prima linea che in casa. È ancora difficile capire, capire e immaginare quali incredibili sforzi, coraggio,

L’enorme potere della società sovietica, unito dal desiderio di proteggere la loro terra natale, si ribellò contro la potente macchina d’invasione nazista a sangue freddo, armata fino ai denti. Si alzò per vendicarsi del nemico, che aveva spezzato, calpestato la vita pacifica, i piani e le speranze della gente.

Certo, paura, confusione e disperazione stavano prendendo il sopravvento su alcune persone durante questa terribile e sanguinosa guerra. Ci furono tradimento e diserzione. La dura scissione causata dalla rivoluzione e dalla guerra civile, dal nichilismo, dalla beffa della storia nazionale, dalle tradizioni e dalla fede che i bolscevichi tentarono di imporre, specialmente nei primi anni dopo l’ascesa al potere – tutto ciò ebbe il suo impatto. Ma l’atteggiamento generale della maggioranza assoluta dei cittadini sovietici e dei nostri compatrioti che si sono trovati all’estero era diverso: salvare e proteggere la Patria. Fu un impulso reale e irrefrenabile. Le persone cercavano supporto nei veri valori patriottici.

Gli “strateghi” nazisti erano convinti che un enorme stato multinazionale potesse essere facilmente portato al tallone. Pensavano che l’improvviso scoppio della guerra, la sua spietatezza e le insopportabili difficoltà avrebbero inevitabilmente aggravato le relazioni interetniche. E che il paese potrebbe essere diviso in pezzi. Hitler dichiarò chiaramente: “La nostra politica nei confronti dei popoli che vivono nella vastità della Russia dovrebbe essere quella di promuovere qualsiasi forma di disaccordo e divisione”.

Ma fin dai primi giorni, era chiaro che il piano nazista aveva fallito. La fortezza di Brest è stata protetta fino all’ultima goccia di sangue dai suoi difensori di oltre 30 etnie. Durante la guerra, l’impresa del popolo sovietico non conobbe confini nazionali, sia nelle battaglie decisive su larga scala che nella protezione di ogni punto d’appoggio, ogni metro di terra natia.

La regione del Volga e gli Urali, la Siberia e l’Estremo Oriente, le repubbliche dell’Asia centrale e della Transcaucasia divennero la dimora di milioni di sfollati. I loro residenti condividevano tutto ciò che avevano e fornivano tutto il supporto possibile. L’amicizia dei popoli e l’aiuto reciproco sono diventati una vera fortezza indistruttibile per il nemico.

L’Unione Sovietica e l’Armata Rossa, indipendentemente da ciò che qualcuno sta cercando di dimostrare oggi, hanno dato il contributo principale e cruciale alla sconfitta del nazismo. Questi erano eroi che combatterono fino alla fine circondati dal nemico a Bialystok e Mogilev, Uman e Kiev, Vyazma e Kharkov. Hanno lanciato attacchi vicino a Mosca e Stalingrado, Sebastopoli e Odessa, Kursk e Smolensk. Liberarono Varsavia, Belgrado, Vienna e Praga. Hanno preso d’assalto Koenigsberg e Berlino.

Contendiamo verità autentiche, non verniciate o imbiancate sulla guerra. Questa verità umana, nazionale, dura, amara e spietata, ci è stata tramandata da scrittori e poeti che hanno attraversato il fuoco e l’inferno delle prove sul fronte. Per la mia generazione, così come per gli altri, le loro storie oneste e profonde, i romanzi, la penetrante prosa di trincea e le poesie hanno lasciato il segno nella mia anima per sempre. Onorare i veterani che hanno fatto tutto il possibile per la Vittoria e ricordare coloro che sono morti sul campo di battaglia è diventato il nostro dovere morale.

E oggi, il semplice e grande nelle sue linee essenziali del poema di Alexander Tvardovsky “Sono stato ucciso vicino a Rzhev …” dedicato ai partecipanti alla sanguinosa e brutale battaglia della Grande Guerra Patriottica al centro della prima linea sovietico-tedesca sono sorprendenti. Solo nelle battaglie per Rzhev e Rzhevsky Salient dall’ottobre 1941 al marzo 1943, l’Armata Rossa perse 1.154, 698 persone, tra cui feriti e dispersi. Per la prima volta, chiamo queste figure terribili, tragiche e tutt’altro che complete raccolte da fonti d’archivio. Lo faccio per onorare il ricordo dell’impresa di eroi noti e senza nome, che per varie ragioni erano immeritatamente e ingiustamente poco discussi o non menzionati affatto negli anni del dopoguerra.

Lascia che ti citi un altro documento. Questo è un rapporto del febbraio 1954 sulla riparazione dalla Germania della Commissione Alleata per le riparazioni guidata da Ivan Maisky. Il compito della Commissione era definire una formula in base alla quale la Germania sconfitta avrebbe dovuto pagare per i danni subiti dai poteri vincitori. La Commissione ha concluso che “il numero di giorni di soldato trascorsi dalla Germania sul fronte sovietico è almeno 10 volte superiore a quello di tutti gli altri fronti alleati. Il fronte sovietico doveva anche gestire i quattro quinti dei carri armati tedeschi e circa i due terzi di Aereo tedesco “. Nel complesso, l’URSS rappresentava circa il 75% di tutti gli sforzi militari intrapresi dalla coalizione anti-Hitler. Durante il periodo di guerra, l’Armata Rossa “raddrizzò” 626 divisioni degli Stati dell’Asse, di cui 508 tedeschi.

Il 28 aprile 1942, Franklin D. Roosevelt disse nel suo discorso alla nazione americana: “Queste forze russe hanno distrutto e stanno distruggendo più potenza armata dei nostri nemici – truppe, aerei, carri armati e pistole – di tutte le altre Nazioni Unite mettere insieme”. Winston Churchill nel suo messaggio a Joseph Stalin del 27 settembre 1944, scrisse “è l’esercito russo che ha strappato le viscere alla macchina militare tedesca …”.

Tale valutazione ha risuonato in tutto il mondo. Perché queste parole sono la grande verità, di cui nessuno dubitava allora. Quasi 27 milioni di cittadini sovietici persero la vita sui fronti, nelle carceri tedesche, morirono di fame e furono bombardati, morirono nei ghetti e nelle fornaci dei campi di sterminio nazisti. L’URSS ha perso uno su sette dei suoi cittadini, il Regno Unito ha perso uno su 127 e gli Stati Uniti hanno perso uno su 320. Sfortunatamente, questa cifra delle perdite più gravi e gravi dell’Unione Sovietica non è esaustiva. Il lavoro scrupoloso dovrebbe essere continuato per ripristinare i nomi e le sorti di tutti coloro che sono morti: soldati dell’Armata Rossa, partigiani, combattenti sotterranei, prigionieri di guerra e campi di concentramento e civili uccisi dagli squadroni della morte. È nostro dovere E qui, membri del movimento di ricerca, associazioni militari-patriottiche e di volontariato, progetti come il database elettronico “Pamyat Naroda”, che contiene documenti d’archivio, svolgono un ruolo speciale. E, sicuramente, è necessaria una stretta cooperazione internazionale in un compito umanitario così comune.

Gli sforzi di tutti i paesi e tutti i popoli che hanno combattuto contro un nemico comune hanno portato alla vittoria. L’esercito britannico ha protetto la sua patria dall’invasione, ha combattuto i nazisti e i loro satelliti nel Mediterraneo e nel Nord Africa. Le truppe americane e britanniche liberarono l’Italia e aprirono il Secondo Fronte. Gli Stati Uniti hanno commesso potenti e devastanti attacchi contro l’aggressore nell’Oceano Pacifico. Ricordiamo gli enormi sacrifici fatti dal popolo cinese e il loro grande ruolo nella sconfitta dei militaristi giapponesi. Non dimentichiamo i combattenti di Fighting France, che non si innamorarono della vergognosa capitolazione e continuarono a combattere contro i nazisti.

Inoltre saremo sempre grati per l’assistenza fornita dagli Alleati nel fornire all’Armata Rossa munizioni, materie prime, cibo e attrezzature. E quell’aiuto fu significativo – circa il 7 percento della produzione militare totale dell’Unione Sovietica.

Il nucleo della coalizione anti-Hitler iniziò a prendere forma immediatamente dopo l’attacco all’Unione Sovietica, dove gli Stati Uniti e la Gran Bretagna lo sostenevano incondizionatamente nella lotta contro la Germania di Hitler. Alla conferenza di Teheran del 1943, Stalin, Roosevelt e Churchill formarono un’alleanza di grandi potenze, accettarono di elaborare la diplomazia della coalizione e una strategia comune nella lotta contro una comune minaccia mortale. I leader dei Big Three avevano una chiara comprensione del fatto che l’unificazione delle capacità industriali, di risorse e militari dell’URSS, degli Stati Uniti e del Regno Unito darà una supremazia incontrastata al nemico.

L’Unione Sovietica ha adempiuto pienamente ai suoi obblighi verso i suoi alleati e ha sempre offerto una mano. Pertanto, l’Armata Rossa ha sostenuto lo sbarco delle truppe anglo-americane in Normandia effettuando un’operazione Bagration su larga scala in Bielorussia. Nel gennaio del 1945, avendo sfondato il fiume Oder, pose fine all’ultima potente offensiva della Wehrmacht sul fronte occidentale delle Ardenne. Tre mesi dopo la vittoria sulla Germania, l’URSS, in pieno accordo con gli accordi di Yalta, dichiarò guerra al Giappone e sconfisse l’esercito di Kwantung, che aveva un milione di abitanti.

Nel luglio del 1941, la leadership sovietica dichiarò che lo scopo della guerra contro gli oppressori fascisti non era solo l’eliminazione della minaccia che incombeva sul nostro paese, ma aiutava anche tutti i popoli d’Europa che soffrivano sotto il giogo del fascismo tedesco. Entro la metà del 1944, il nemico fu espulso praticamente da tutto il territorio sovietico. Tuttavia, il nemico doveva essere finito nella sua tana. E così l’Armata Rossa iniziò la sua missione di liberazione in Europa. Ha salvato intere nazioni dalla distruzione e dalla schiavitù e dall’orrore dell’Olocausto. Furono salvati al costo di centinaia di migliaia di vite di soldati sovietici.

È anche importante non dimenticare l’enorme assistenza materiale fornita dall’URSS ai paesi liberati per eliminare la minaccia della fame e ricostruire le loro economie e infrastrutture. Ciò avveniva quando le ceneri si estendevano per migliaia di miglia da Brest a Mosca e al Volga. Ad esempio, nel maggio del 1945, il governo austriaco chiese all’URSS di fornire assistenza con il cibo, poiché “non aveva idea di come nutrire la sua popolazione nelle prossime sette settimane prima del nuovo raccolto”. Il cancelliere di stato del governo provvisorio della Repubblica austriaca Karl Renner descrisse il consenso della leadership sovietica a inviare cibo come un atto salvifico che gli austriaci non avrebbero mai dimenticato.

Gli Alleati istituirono congiuntamente il Tribunale militare internazionale per punire i criminali nazisti politici e di guerra. Le sue decisioni contenevano una chiara qualificazione giuridica dei crimini contro l’umanità, come il genocidio, la pulizia etnica e religiosa, l’antisemitismo e la xenofobia. Direttamente e senza ambiguità, il Tribunale di Norimberga ha anche condannato i complici dei nazisti, collaboratori di vario genere.

Questo vergognoso fenomeno si è manifestato in tutti i paesi europei. Figure come Pétain, Quisling, Vlasov, Bandera, i loro scagnozzi e seguaci – sebbene fossero travestiti da combattenti per l’indipendenza nazionale o la libertà dal comunismo – sono traditori e macellatori. Nella disumanità, hanno spesso superato i loro padroni. Nel loro desiderio di servire, come parte di speciali gruppi punitivi, eseguirono volentieri gli ordini più disumani. Erano responsabili di eventi sanguinosi come le sparatorie di Babi Yar, il massacro di Volhynia, l’incendio di Khatyn, gli atti di distruzione di ebrei in Lituania e Lettonia.

Anche oggi la nostra posizione rimane invariata: non ci possono essere scuse per gli atti criminali dei collaboratori nazisti, per loro non esiste uno statuto di limitazioni. È quindi sorprendente che in alcuni paesi coloro che sono sorrisi dalla cooperazione con i nazisti siano improvvisamente equiparati ai veterani della Seconda Guerra Mondiale. Credo che sia inaccettabile equiparare i liberatori con gli occupanti. E posso solo considerare la glorificazione dei collaboratori nazisti come un tradimento della memoria dei nostri padri e nonni. Un tradimento degli ideali che univano i popoli nella lotta contro il nazismo.

A quel tempo, i leader dell’URSS, degli Stati Uniti e del Regno Unito affrontarono, senza esagerare, un compito storico. Stalin , Roosevelt e Churchill rappresentavano i paesi con diverse ideologie, aspirazioni statali, interessi, culture, ma dimostravano una grande volontà politica, si alzavano al di sopra delle contraddizioni e delle preferenze e mettevano in primo piano i veri interessi della pace. Di conseguenza, sono stati in grado di raggiungere un accordo e raggiungere una soluzione di cui tutta l’umanità ha beneficiato.

I poteri vittoriosi ci hanno lasciato un sistema che è diventato la quintessenza della ricerca intellettuale e politica di diversi secoli. Una serie di conferenze – Teheran, Yalta, San Francisco e Potsdam – hanno gettato le basi di un mondo che per 75 anni non ha avuto una guerra globale, nonostante le contraddizioni più acute.

Il revisionismo storico, le cui manifestazioni osserviamo ora in Occidente, e principalmente riguardo al tema della Seconda Guerra Mondiale e al suo esito, è pericoloso perché distorce grossolanamente e cinicamente la comprensione dei principi di sviluppo pacifico, stabiliti a le conferenze di Yalta e San Francisco nel 1945. Il principale risultato storico di Yalta e di altre decisioni dell’epoca è l’accordo per creare un meccanismo che consenta alle potenze leader di rimanere nel quadro della diplomazia nel risolvere le loro differenze.

Il ventesimo secolo ha portato a conflitti globali su vasta scala e nel 1945 sono entrate in scena anche le armi nucleari in grado di distruggere fisicamente la Terra. In altre parole, la risoluzione delle controversie con la forza è diventata pericolosamente pericolosa. E i vincitori della seconda guerra mondiale lo capirono. Hanno capito ed erano consapevoli della propria responsabilità nei confronti dell’umanità.

Il racconto cautelativo della Società delle Nazioni è stato preso in considerazione nel 1945. La struttura del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è stata sviluppata in modo da rendere le garanzie di pace il più concrete ed efficaci possibile. È così che sono nati l’istituzione dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza e il diritto di veto come privilegio e responsabilità.

Qual è il potere di veto nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ? Per dirla senza mezzi termini, è l’unica alternativa ragionevole a uno scontro diretto tra i principali paesi. È una dichiarazione di uno dei cinque poteri secondo cui una decisione è inaccettabile e contraria ai suoi interessi e alle sue idee sul giusto approccio. E altri paesi, anche se non sono d’accordo, danno questa posizione per scontata, abbandonando ogni tentativo di realizzare i loro sforzi unilaterali. Quindi, in un modo o nell’altro, è necessario cercare compromessi.

Un nuovo confronto globale è iniziato quasi immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale ed è stato a volte molto feroce. E il fatto che la guerra fredda non sia cresciuta fino alla terza guerra mondiale è diventata una chiara testimonianza dell’efficacia degli accordi conclusi dai Grandi Tre. Le regole di condotta concordate durante la creazione delle Nazioni Unite hanno permesso di minimizzare ulteriormente i rischi e di tenere sotto controllo lo scontro.

Naturalmente, possiamo vedere che il sistema delle Nazioni Unite attualmente sta vivendo una certa tensione nel suo lavoro e non è così efficace come potrebbe essere. Ma l’ONU svolge ancora la sua funzione principale. I principi del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sono un meccanismo unico per prevenire una grande guerra o un conflitto globale.

Le richieste che sono state fatte abbastanza spesso negli ultimi anni per abolire il potere di veto, per negare opportunità speciali ai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza sono in realtà irresponsabili. Dopotutto, se ciò dovesse accadere, le Nazioni Unite diventerebbero in sostanza la Società delle Nazioni – un incontro per discorsi vuoti senza alcun effetto sui processi mondiali. Come è noto è noto. Ecco perché le potenze vittoriose si avvicinarono alla formazione del nuovo sistema dell’ordine mondiale con la massima serietà cercando di evitare la ripetizione degli errori dei loro predecessori.

La creazione del moderno sistema di relazioni internazionali è uno dei maggiori risultati della seconda guerra mondiale. Anche le contraddizioni più insormontabili – geopolitiche, ideologiche, economiche – non ci impediscono di trovare forme di convivenza pacifica e interazione, se c’è il desiderio e la volontà di farlo. Oggi il mondo sta attraversando un periodo piuttosto turbolento. Tutto sta cambiando, dall’equilibrio globale di potere e influenza ai fondamenti sociali, economici e tecnologici di società, nazioni e persino continenti. In epoche passate, cambiamenti di tale portata non sono quasi mai avvenuti senza importanti conflitti militari. Senza una lotta di potere per costruire una nuova gerarchia globale. Grazie alla saggezza e alla lungimiranza delle figure politiche delle Potenze Alleate, è stato possibile creare un sistema che si è frenato da manifestazioni estreme di tale competizione oggettiva, storicamente inerente allo sviluppo del mondo.

È nostro dovere – tutti coloro che si assumono la responsabilità politica e soprattutto i rappresentanti delle potenze vittoriose nella seconda guerra mondiale – garantire che questo sistema sia mantenuto e migliorato. Oggi, come nel 1945, è importante dimostrare volontà politica e discutere insieme del futuro. I nostri colleghi – Xi Jinping, Macron, Trump e Johnson – hanno appoggiato l’iniziativa russa di tenere una riunione dei leader dei cinque Stati con armi nucleari, membri permanenti del Consiglio di sicurezza. Li ringraziamo per questo e speriamo che un incontro faccia a faccia possa aver luogo il prima possibile.

Qual è la nostra visione dell’agenda per il prossimo vertice? Innanzitutto, a nostro avviso, sarebbe utile discutere i passi per sviluppare principi collettivi negli affari mondiali. Parlare francamente delle questioni relative al mantenimento della pace, al rafforzamento della sicurezza globale e regionale, al controllo strategico degli armamenti, nonché agli sforzi congiunti per contrastare il terrorismo, l’estremismo e altre importanti sfide e minacce.

Un punto speciale all’ordine del giorno della riunione è la situazione dell’economia globale. E soprattutto, superare la crisi economica causata dalla pandemia di coronavirus. I nostri paesi stanno adottando misure senza precedenti per proteggere la salute e la vita delle persone e per sostenere i cittadini che si sono trovati in situazioni di vita difficili. La nostra capacità di lavorare insieme e in concerto, come veri partner, mostrerà quanto sarà grave l’impatto della pandemia e quanto velocemente l’economia globale emergerà dalla recessione. Inoltre, è inaccettabile trasformare l’economia in uno strumento di pressione e confronto. Le questioni più comuni includono la protezione dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici, oltre a garantire la sicurezza dello spazio informativo globale.

L’agenda proposta dalla Russia per il prossimo vertice dei Cinque è estremamente importante e rilevante sia per i nostri paesi che per il mondo intero. E abbiamo idee e iniziative specifiche su tutti gli articoli.

Non vi è dubbio che il vertice di Russia, Cina , Francia , Stati Uniti e Regno Unito possa svolgere un ruolo importante nel trovare risposte comuni alle sfide e alle minacce moderne e dimostrerà un impegno comune per lo spirito di alleanza, per quegli alti ideali e valori umanistici per i quali i nostri padri e nonni stavano combattendo spalla a spalla.

Attingendo a una memoria storica condivisa, possiamo fidarci l’uno dell’altro e dobbiamo farlo. Ciò servirà come solida base per negoziati di successo e azioni concertate per migliorare la stabilità e la sicurezza del pianeta e per il benessere e il benessere di tutti gli Stati. Senza esagerare, è nostro comune dovere e responsabilità verso il mondo intero, verso le generazioni presenti e future.

Vladimir Putin è Presidente della Federazione Russa. 

VIVA LA MORIA, di Teodoro Klitsche de la Grange

VIVA LA MORIA

Scrive Manzoni che nella Milano appestata i monatti – addetti al trasporto dei malati al lazzaretto e dei cadaveri al cimitero – brindavano allegramente ripetendo “Viva la moria!”, dato che l’epidemia garantiva agli stessi un lavoro continuo e remunerativo, e la connessa possibilità di rubare e di estorcere denaro a malati e parenti. Una delle vittime fu proprio Don Rodrigo derubato dai monatti d’accordo con il Griso. Mentre Renzo, preso dalla folla per untore (ossia diffusore volontario della pestilenza) era protetto dai monatti quale procacciatore d’affari dei medesimi.

Il contegno dei monatti è da non dimenticare perché per ogni situazione, anche quella più luttuosa, c’è sempre qualcuno che ci guadagna, e non solo l’erario, come mi è capitato di scrivere poco tempo fa, citando Puviani e Pareto. Qualche tempo dopo il terremoto d’Abruzzo, destò scandalo la registrazione della telefonata di un imprenditore edile che esultava nell’apprendere l’entità dei danni provocati dal sisma, che si sarebbero tradotti – per lui – in appalti e commesse per la ricostruzione.

Indubbiamente alcuni settori hanno già beneficiato della pandemia: farmacisti, industrie farmaceutiche, imprese di pulizia, industrie tessili convertitesi alle mascherine e così via. Ma dato il rapporto chiaro e diretto tra evento e beneficio relativo non v’è ragione di alzare la guardia. Che invece occorre in altri, meno diretti, rapporti tra virus, poteri pubblici e beneficiari della spesa (tax-consommers).

Sarà, ma quel gran parlare della novità, del mondo nuovo, di ricostruire dopo la pandemia sembra, o può diventare l’ouverture di una (prossima) grande abbuffata.

Ricorda il prof. Conte che il nostro è il Paese della bellezza (ovvio) e per farlo crescere – anzi ripartire – occorre la “modernizzazione”, la “transizione ecologica” e l’ “inclusione sociale, territoriale e di genere” (quest’ultima non poteva mancare).

Tutte ovvietà, ed alcuni idola esclusivi della sinistra. Per sostenere questi “tre pilastri” del rilancio, qualche euro è già disponibile ma altre spese “dobbiamo deciderle e per la redistribuzione delle somme, se non abbiamo progetti concreti, misure di impatto, non andiamo da nessuna parte” (fonte: qui finanza).

Il prof. Conte si regge con una maggioranza il cui socio principale, non in parlamento, ma nell’elettorato è il PD che nella quasi trentennale stasi italiana da cui ri-partire, ri-distribuire, ri-progettare (e via ri-partendo e ri-parlando) ha grandi responsabilità, onde come partner della ri-costruzione è poco credibile. Dato tale pilastro del governo il nuovo facilmente sarà la ri-edizione del vecchio copione (cambiati titoli, colori e al limite la punteggiatura). C’è da dire peraltro che proprio la vaghezza e ovvietà dei propositi non fa presagire granché di nuovo né di travolgente.

Quello che però conta è che propositi vaghi possono attrarre perché una volta determinati – e dotati delle idonee provviste monetarie, merito (anche) di un’Europa meno avara del consueto – suscitano vere folle di candidati alla ri-distribuzione, non solo disoccupati, cassintegrati, partite IVA, ma anche (soprattutto) fornitori dei beni e servizi di ri-costruzione.

Cioè attirano una folla di tax-consommers i quali, come dicono in Spagna si attivano a buscar un lugar en el presupuesto, ossai a trovare una nicchia nel bilancio ed essendo questo all’uopo abbondantemente fornito, hanno una ricerca facile.

Ciò che per i contribuenti italiani è assunzione di obblighi e pesi, per quelli costituisce guadagni e affari. È prevedibile che quindi la lotta per la re-distribuzione sarà ampia e dura e l’unico a soccombere il contribuente.

Accanto ad alcune iniziative logiche (investire per un vaccino) già se ne sentono altre che appaiono meno confortate dall’esperienza e dalla logica.

Come quella che l’inquinamento avrebbe provocato (o almeno aiutato) il virus. Ma l’umanità è stata funestata da millenni di pestilenze e non risulta che i contemporanei di Renzo, di Boccaccio o di Marco Aurelio bruciassero, come facciamo noi, miliardi di tonnellate di carbone, gas, petrolio.

E gli italiani che di sprechi (pubblici) ne hanno sopportati tanti, tutti motivati dalle buone intenzioni dei governanti e dei tax-consommers, devono vigilare perché i sacrifici richiesti a tutti non si risolvano in benefici per pochi.

Teodoro Klitsche de la Grange

Pandemia Tra bioetica e biopolitica, di Giulio de Martino

Pandemia

Tra bioetica e biopolitica

di Giulio de Martino

 

La pandemia provocata dal virus SARS-COV 2 avrà rilevanti implicazioni in relazione alle principali aree della bioetica. Se assumiamo il campo bioetico in una accezione larga e lo dividiamo in bioetica umana (a sua volta differenziabile in bioetica medica e in bioetica sociale) e in ecoetica (divisbile in bioetica animale e in bioetica ambientale) risulterà evidente come le vicende degli ultimi quattro mesi abbiano proposto riflessioni e sfide in tutti e quattro gli ambiti. Certo sarà opportuno, in linea di metodo, tenere distinte le questioni etiche e deontologiche dai casi e dalle situazioni particolari, ma l’urgenza dei fatti non potrà essere ignorata.

Nell’ambito della bioetica medica, le maggiori implicazioni derivanti dal COVID-19 sono quelle relative alle «cure mediche» e al «fine vita» e quindi alle problematiche del «consenso informato» e dei «diritti del paziente». Molti aspetti sono già stati analizzati al proposito[1]. Qui accenno, soltanto, al tema scottante del «danno iatrogeno», vale a dire alle questioni di bad therapy – dovute alla incertezza dei protocolli diagnostici, prognostici e terapeutici – e di bad practice – dovute alla inadeguatezza dei modelli organizzativi – comunque subordinate alla responsabilità e all’azione del personale sanitario[2]. Nella loro tipicità si tratta di questioni di etica e deontologia, nei fatti vediamo che su di esse – in contesti locali e in vicende particolari – si è annunciato l’intervento della magistratura per i risvolti penali e assicurativi che rivestono. In alcuni casi, infatti, l’intervento sanitario potrebbe aver favorito – senza dolo, né colpa – il contagio di pazienti collocati in ambienti protetti, come le R.S.A., o ricoverati presso altri reparti degli stessi ospedali[3].

In ambito di teoria politica, si è discusso del carattere «autoritario» delle misure di contenimento dell’epidemia: il divieto di spostamento, l’obbligo di quarantena non specificamente connesso a diagnosi e, in contesto ospedaliero, il divieto di visita ai congiunti malati, la rinuncia all’autopsia dei deceduti, addirittura la distruzione dei cadaveri. Tutte vicende che hanno fatto paventare un ritorno a modelli paternalistici di conduzione dell’azione medica e sanitaria e, secondo alcuni, avrebbero provocato una perversa osmosi fra il nuovo «paternalismo medico» e l’«autoritarismo» conforme il «paradigma biopolitico»[4].

In generale, nei mass media, si è dato maggiore risalto alle questioni politiche e giuridiche relative al Lockdown – e alla connessa restrizione dei diritti di privacy e di libertà – rispetto a stringenti argomenti di etica medica. Per lo più, le misure derivanti dai DPCM, dalle segnalazioni di contagiosità e dal tracciamento dei presunti «infetti» sono state discusse alla luce delle norme Costituzionali relative ai diritti personali (artt. 13 e successivi)[5].

Importante è lo specifico risvolto di bioetica sociale che è emerso in relazione alle sollecitazioni al «comportamento responsabile» dei cittadini e quindi l’invito alla «quarantena» volontaria e all’«autoisolamento» fiduciario. Si tratta di comportamenti eticamente rilevanti che sono stati prescritti – anche senza il rinforzo della sanzione penale – a coloro che, in assenza di diagnosi differenziali, venivano invitati a porsi in auto-isolamento e a indossare i D.P.I. allo scopo di non diffondere il contagio. Anche le auto-attestazioni in merito allo stato di necessità, o allo stato di salute, per giustificare gli spostamenti durante il Lockdown, potrebbero essere interpretate come derivanti dal combinato disposto di una norma coercitiva e di un appello alla sensibilità etica dei cittadini.

Invece, in contesto ecoetico e di bioetica animale, ha fatto irruzione la questione della zoonoosi del virus SARS-COV 2 e del suo «Spillover». Il problema è annoso e ampio: le zoonosi attualmente conosciute sono oltre 200 e comprendono infezioni e infestazioni di natura batterica, virale, parassitaria e provocante da bioagenti anomali come i prioni. Tali evenienze biologiche, negli ultimi decenni – per l’intensificarsi degli scambi commerciali di animali e dei prodotti di origine animale tra i diversi Paesi del mondo – hanno acquisito un’importanza crescente ed il loro studio costituisce uno dei settori in maggiore evoluzione della medicina umana e veterinaria. Nel nostro caso, il pipistrello e il pangolino – come ospite intermedio – avrebbero innescato una catena patogenetica che sarebbe stata del tutto improbabile nella originaria separazione degli ambienti biologici e degli ecosistemi terresti[6].

Da ultimo, segnalo le questioni di bioetica ambientale già emerse per le ricadute sulla salute umana dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua e per la diffusione nell’ambiente di materiale chimico e di particolato di metalli. In alcuni casi, tali emergenze hanno fatto pensare a forme collaterali di interconnessione tra la diffusione pandemica dell’epidemia COVID-19 e la conformazione dell’ambiente abiotico nelle aree di maggiore urbanizzazione[7]. Chiarito che non si deve stabilire alcuna correlazione causale di tipo microbiologico tra l’inquinamento chimico e ambientale e la diffusione del SARS-COV 2, si dovrà comunque mettere in evidenza la componente socio-economica dell’antropizzazione crescente del Pianeta. Infatti è stato possibile individuare modalità di produzione, trasporto e consumo, di merci e di persone, che sono state vettori della diffusione epidemica del nuovo virus e di altri agenti patogeni[8].

Non si tratta di argomenti sconosciuti. In relazione a epoche remote, la storiografia e la storia della medicina hanno già stabilito legami concausali fra gli eventi militari e socio-economici e le emergenze di tipo sanitario e biologico. Il fatto nuovo sarebbe costituito dalla fine della percezione di «sicurezza sanitaria» dei Paesi Occidentali – rispetto alle problematiche epidemiche presenti in altri Continenti – che è stata propria della seconda metà del ‘900[9].

Nel contesto pandemico e post-pandemico, la bioetica Occidentale è chiamata – dopo la prolungata attenzione rivolta alle questioni relative alle malattie croniche e degenerative e alle pratiche dei diritti in campo medico e sanitario – a porre di nuovo in discussione i modelli etici e sociali correlati alle malattie infettive: alla loro diagnosi, cura e diffusione. Dopo la endemizzazione dei virus HCV e HIV, con il nuovo corona-virus la tematica sanitaria e la riflessione bioetica si connettono in modo nuovo sia alle questioni mediche che a quelle socio-ambientali.

 

 

[1] Vedi una rassegna dei più recenti temi di etica medica in: “Consulta di Bioetica onlus”, sezione COVID-19: https://www.consultadibioetica.org/covid-19/.

[2]  Vedi: Ivan Cavicchi, “L’ospedale ai tempi del virus”, in: “quotidianosanità.it”, 02.03.2020.

[3] Vedi: AA.VV., “Responsabilità medica. La gestione della pandemia”, in: “Diritto.it”, 15 giugno 2020.

[4] Vedi: Alessandra Garibotti, Dal paternalismo medico al paternalismo giudiziale, in: “Rivista Italiana di Medicina Legale e del Diritto in campo sanitario”, Anno 2014, Fascicolo n. 4, Milano, Giuffrè; Davide Grasso, “Agamben, il coronavirus e lo stato di eccezione”, in: “minima&moralia”, giovedì, 27 febbraio 2020.

[5] Vedi: Sabino Cassese, “La pandemia non è una guerra. I pieni poteri al governo non sono legittimi”, su: “Il dubbio” quotidiano, 14 aprile 2020; Vittorio Pelligra, “Se l’occasione pandemica ci fa riflettere sulle nostre libertà”, su: “Il Sole 24 ore”, 17 maggio 2020.

 

[6] Vedi: Sara Gonzàlez, “Zoonoses: Animals and Major Pandemics in History”, in: “Open Mind”, BBVA’s knowledge community, 13 April 2020.

[7]  Vedi: Suresh V. Kuchipudi, “Why So Many Epidemics Originate in Asia and Africa”, in: “USnews”, March 4, 2020.

[8] Vedi: Ilaria Capua, Il dopo, Milano, Mondadori, 2020.

[9] Vedi:, Mario Arturo Ruiz Estrada, Khan Alam, “Globalization and Pandemics: The Case of COVID-19”, March 25, 2020, SSRN: https://ssrn.com/abstract=3560681; Centre on Global Change and Health, Lance Saker, Kelley Lee, Barbara Cannito, Anna Gilmore, Diarmid Campbell-Lendrum, Globalization and infectious diseases: A review of the linkages, London School of Hygiene & Tropical Medicine, 2019.

DEL GATTO E DEL TOPO, di Pierluigi Fagan

DEL GATTO E DEL TOPO. La frase: “Non importa se il gatto è bianco o nero, purché catturi i topi” è attribuita a Deng Xiaoping. Ma compare in un testo del 1977 che era un anno prima che Deng diventasse segretario del PCC e compare addirittura in un discorso alla gioventù comunista del ’62, quindi forse è un classico “detto cinese”. Nella metafora, il topo è la prosperità dell’intera società, il gatto è il modo per ottenerla.

Nel 1978 Deng diventerà il capo del gigante povero cinese e da allora condurrà, dentro un sistema che continuerà convintamente a definire “comunista”, un disaccoppiamento strutturale tra economia e politica, in pratica una inversione di logica all’interno del concetto fondativo del sistema di idee di Marx detto “materialismo storico”. Nella formulazione che Marx aveva dato del concetto del MS nella Per la Critica dell’Economia Politica, il tedesco sosteneva che “Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita”. In seguito ed in modo complicato qui da ricostruire, quel “… condiziona, in generale, …” che si opponeva dialetticamente all’idea di Hegel per il quale altresì rapporti giuridici e forme dello Stato avevano una loro storia e sviluppo proprio, divenne un determinismo. Per cui, la tradizione comunista sviluppata nel Novecento, pensò che cambiando il modo economico si sarebbe cambiata la società tutta che da quel modo sembrava dipendere. Su chi e come doveva cambiare quel modo ci fu e c’è ancora dibattito.

Purtroppo però, nell’attualizzazione storica del comunismo tanto sovietico che maoista, quel nuovo “modo economico” non sembrava in grado di acchiappare nessun topo. Viceversa, l’adozione dei modi dell’economia moderna occidentale a partire da quel del Giappone del 1868 (Restaurazione Meiji), mostrava come si poteva senz’altro adottare il modo economico occidentale senza per questo diventare altro da ciò che si era tradizionalmente, attualizzandolo.

Deng varò allora le quattro modernizzazioni (agricola, industriale e commerciale, scientifica e di difesa), coltivò i primi esperimenti dal basso delle Zone Economiche Speciali, ripristinò rapporti non conflittuali con l’URSS, abolì il “sistema delle classi”, tesse vaste relazioni attive con vari paesi occidentali tra cui gli USA che a quel punto disconobbero Taiwan per allacciare rapporti con RPC, ma anche con Giappone e Germania che da allora divenne uno dei principali fornitori di tecnologie per lo sviluppo economico cinese riservandosi tra gli occidentali un ruolo di partner di feconde relazioni speciali che dura tutt’oggi. Contrattò ed ottenne la restituzione di Hong Kong dagli inglesi e Macao dai portoghesi, limitò progressivamente l’intervento dello Stato in economia lasciandogli il ruolo di regista macroeconomico, schivò sette attentati alla sua vita ed infine morì nel 1997.

L’ascesa del mondo asiatico che culminerà con l’adesione della Cina la WTO nel 2002, il processo di convergenza di potenza tra Oriente ed Occidente posti su traiettorie divergenti dal 1850, lo si deve molto probabilmente alla sua profonda azione riformatrice. Come notava Domenico Losurdo nel suo “Il marxismo occidentale” (Laterza, 2017), sul piano ideologico, Deng o comunque questa torsione teorica e pratica cinese, introduceva anche l’obiettivo del cambiamento di lunga durata non solo o tanto posponendo il traguardo finale del processo che doveva portare ad una nuova forma di società, ma incaricandosi di perseguirlo passo dopo passo a partire dalle situazioni contingenti con pazienza e lenta costanza.

Tutto questo racconta di come ideologie occidentali sono state interpretate in ambiente orientale, l’ideologia economica moderna di mercato da una parte, l’ideologia marxista da Deng ricalibrata nei rapporti tra politica ed economia. Per ambiente orientale, intendiamo un polo geo-storico radicalmente diverso dal nostro, dove che si parli di Cina o di Corea tanto del Nord che del Sud, del Giappone o di Singapore, piuttosto che di Cambogia, Laos o Vietnam, si parla di società a forte influenza confuciana. A riguardo, vale la distinzione tra Confucio e confucianesimo (come vale per Gesù Cristo ed il cristianesimo o per Marx ed il marxismo e molti altri), stante che del primo ci sono pervenuti dei libri del – VI/V secolo che comportano complicati esercizi di filologia ed ermeneutica, mentre il secondo è una ininterrotta e vastissima tradizione plurale lunga duemilacinquecento anni e non solo o del tutto, cinese.

La storia del gatto e del topo di Deng quindi ci serve solo come modulo del già a noi noto problema dei mezzi e dei fini. Riportato qui da noi, prendo questa frase di Piketty le cui ultime 1200 pagine ho in programma di leggere (T. Piketty, Capitale ed ideologia, La nave di Teseo, 2019), da una intervista nel suo attuale tour di lancio (da il manifesto): “Per cominciare, penso che sia importante parlare del sistema economico che vogliamo.”. Ne segue quello che lui chiama “socialismo partecipativo” a base di giustizia educativa, imprese partecipate dai lavoratori, tassa progressiva su patrimonio e successioni. La domanda allora è: se il fine è in prospettiva una società meno diseguale e sempre più egalitariamente partecipata, qual è il mezzo? Il mezzo, ovvero il gatto, è ancora disegnare modi economici a priori che poi nessuno sa come implementare, è ancora e sempre scrivere libri dei sogni in cui ci dilettiamo in ingegneri dell’utopia che producono letteratura fantasy che lascia le condizioni del mondo come le trova?

In Oriente, il gatto è lo Stato confuciano (che si dica “comunista” come in Cina o Vietnam o si dica “democratico” senza esserlo come in Giappone o provenga dal dominio di una singola famiglia come a Singapore o Corea del Nord, è solo sua declinazione), in Occidente qual è il gatto?

Sahel: tra jihadismo universalista e jihadismo etnico, di Bernard Lugan

L’attacco notturno a cavallo di mercoledi 10 e giovedì 11 giugno, alla frontiera tra il Burkina Faso e la Costa d’Avorio, è la prima azione jihadista che ha preso di mira la Costa d’Avorio, dalle azioni del Grand Bassam nel 2016. Essa viene inscritta in un quadro di confronto mortale tra l’EIGS (Stato Islamico nel Grand Sahara) e AQMI (Al-Quaïda per il Maghreb islamico).
In questa parte del Sahel Occidentale, il jihadismo è ormai imploso in due grandi correnti che si combattono:
– Uno, quello dell’EIGS (Stato islamico nel Grand Sahara), è legato a Daesh e il suo obiettivo è la creazione in tutto il BSS (striscia Sahelo-Sahariana) di un vasto califfato transetnico che sostituisce il stati attuali. Il suo leader, Adnane Abou Walid al-Saharaoui è un arabo Réguibat, ex dirigente del Polisario..
– L’altro, quello di Aqmi (Al-Quaïda per il Maghreb islamico), è il prodotto di grandi frazioni di due grandi popoli, il Tuareg e il Fulani, compresi i leader locali, il Touareg Iyad Ag Ghali e il Fulani Ahmadou Koufa, i quali non sostengono la distruzione degli attuali stati del Sahel.
Le rivendicazioni dei tuareg di Azawad non essendo quelle dei fulani di Macina, Soum o Liptako, era quindi del tutto artificioso che i loro combattenti si fossero radunati sotto lo stendardo di Al-Qaeda che, tutti come Daesh, rivendica il califfato, quindi la distruzione degli stati del Sahel.

Questa artificiosità ha condotto infine ad una frattura tra l’Algérino Abdelmalek Droukdal, il capo d’Al-Qaïda per l’Africa del Nord e la BSS, e gli altri principali capi etno-islamisti régionali, quindi Iyad Ag Ghali e Ahmadou Koufa. Questi ultimi che detengono in parte le chiavi del conflitto, negoziano attualmente con Bamako. Iyad Ag Ghali sotto gli auspici dei padrini algerini sono preoccupati della progressione regionale di Daech; analogamente Ahmadou Koufa sotto la protezione del suo mentore, l’imam Dicko.

Come da me spiegato in un comunicato in data 6 giugno , Abdelmalek Droukdal si è opposto a questi accordi, aveva deciso di ripristinare la propria autorità su Iyad Ag Ghali e Ahmadou Koufa. Il suo tentativo di intralciare i futuri accordi di pace, già oggetto di sottili e molto complesse discussioni, era parecchio mal visto in Algeria. Soprattutto da quando, per diverse settimane, il presidente Tebboune ha rilevato dal loro stato di “semifinanziati” alcuni degli ex DRS, veri “intenditori” del dossier, già licenziati dal generale Gaïd Salah e dal clan Bouteflika

La morte d’Abdelmalek Droukdal e di altri tre comandanti locali, tali Sidi Mohamed Hame, Abou Loqman alias Taoufik Chaib e Ag Baye Elkheir, il tre giugno, à Talahandak, nel cerchio di Tessalit in Mali, a pochi chilometri dal confine con l’Algeria, pone in essere quindi la libertà di Iyad Ag Ghali e Ahmadou Koufa..

Infine, poiché gli “emiri algerini” che hanno guidato a lungo Al Qaeda nel BSS sono stati uccisi uno dopo l’altro, l’eliminazione di Abdelmalek Droukdal segna la fine di un periodo. D’ora in poi, Al Qaeda nel BSS non è più guidato da stranieri, da “arabi”, da algerini, ma da “regionali” che hanno un approccio politico regionale e le cui affermazioni sono principalmente rivendicazioni radicate nei loro popoli, come mostro nel mio libro Le guerre del Sahel dalle origini ai giorni nostri. Per anni ho scritto che le componenti locali di Aqmi hanno usato l’Islam come uno schermo per le richieste inizialmente etno-politiche, che sono attualmente verificate sotto i nostri occhi.

Siamo quindi, e ancora una volta, di fronte al ritorno, in una forma “modernizzata”, della grande realtà africana che è l’etnia. Se fosse ancora necessario, questi eventi dimostrano che, ovviamente, l’etnia ovviamente non spiega tutto … ma che nulla può essere spiegato senza di essa …

Resta dunque Daech, la cui distruzione in BSS non potrà realizzarsi che:
1) Opponendo la direzione allogena, dunque il «marocchino» Adnane Abou Walid al-Saharaoui, alle sue truppe autigene.
2) Esasperare le contraddizioni tra le rivendicazioni di diversi generi etnici, tribali e clanici.
3) Impedendo al nostro “fedele alleato” turco nella NATO di rifornire i combattenti dell’ISIS. Ma se la rotta del maresciallo Haftar continuasse e le sue truppe perdessero il controllo di Fezzan come sembra essere in corso, allora …

Maggiori informazioni sul blog di Bernard Lugan

il razzismo degli antirazzisti, di Giuseppe Germinario

Qui sotto la traduzione di un articolo della rivista statunitense di categoria delle forze di polizia particolarmente espressivo della situazione e dello stato d’animo delle forze dell’ordine. Una condizione non nuova, ma che sta trovando un momento di precipitazione nell’attuale situazione di conflitto politico e disordine sociale di quel paese. Questa volta anticipiamo la traduzione cui seguirà un lungo commento proprio per non scoraggiarne la lettura.

America, ce ne stiamo andando

Sembra ormai chiaro che il cambiamento degli equilibri geopolitici, gli squilibri della formazione socio-economica, l’insolita asprezza del conflitto politico stiano intaccando pesantemente l’assetto istituzionale ed inizino ad intaccare la fluidità di funzionamento degli apparati statali e pubblici sino a raggiungere le stesse forze dell’ordine statunitensi. L’ondata di proteste scatenata dall’uccisione di Floyd a Minneapolis rientra tra le spallate ormai sempre più frequenti in grado di accentuare l’instabilità di quell’edificio politico. Gli atti peggiori hanno però spesso bisogno di ammantarsi della più nobile delle motivazioni. https://twitter.com/RPD_PSI/status/1267202275895803904La denuncia di razzismo rientra a pieno titolo in questa casistica. Per cogliere al meglio il peso di tali valutazioni occorre porsi delle domande e fornire qualche dato.

Il comportamento delle polizie e delle forze dell’ordine possono essere tacciate oggi di discriminazione razziale? I dati diffusi confermano questa tesi e questa convinzione così diffusa in determinati ambienti sociali e politici?

Le forze dell’ordine americane hanno compiuto nel 2019 370 milioni di interventi con circa mille uccisioni di cittadini e la morte di diverse decine di poliziotti in un contesto di libera circolazione delle armi.

La percentuale di morti neri rispetto a quelli di origine europea è 2 volte e mezza maggiore. La percentuale di neri che hanno minacciato e aggredito con armi e automezzi le forze dell’ordine è di gran lunga maggiore rispetto a quella dei bianchi. I neri sono i maggiori responsabili della morte violenta di neri; uccidono molto più spesso i bianchi che viceversa. ( I dati sono tratti da https://www.washingtonpost.com/graphics/2019/national/police-shootings-2019/?fbclid=IwAR10teMtLb9P9kpFgMeDivzonaf6DBEXBvO3heztwArU43JqgD0TkdZd9JM e dalle statistiche della FBI).

I neri di recente immigrazione sono molto più integrati e riescono a migliorare la loro posizione sociale molto più dei neri delle comunità originarie americane. Si potrebbe continuare su questa falsariga. Questi, come altri dati, non ci dicono che il razzismo è scomparso da quella società. Ci dicono che non investe le istituzioni in quanto tali. Gli Stati Uniti attuali sono molto diversi da quelli di cinquanta anni fa. Ai propositi di “melting pot” si è sostituita la chiusura e la giustapposizione di comunità. Il degrado sociale e delle aspettative le attraversano sempre più trasversalmente. Il mercato elettorale, perché sempre più di mercato ormai si tratta, si è prontamente adeguato alla situazione. Più che preoccuparsi di creare un linguaggio comune fatto di significati condivisi e doveri e diritti comuni, le famiglie politiche conseguono il successo elettorale assecondando le rivendicazioni più disparate e i diritti e processi identitari più particolaristici. L’assetto democratico di quel paese sta rivelando limiti analoghi all’applicazione dei sistemi democratici nelle società di tipo tribale. I paradossi in effetti non mancano. Dal razzismo si sta passando ai razzismi. Una sorta di nemesi delle intenzioni dei progressisti. I disordini e le contestazioni hanno mostrato la loro maggiore virulenza proprio in quelle città, per lo più democratiche, dove più il ceto politico prevalente ha assecondato queste tendenze. Ha compreso e appoggiato i manifestanti e contemporaneamente è finito sotto accusa perché responsabile da decenni della organizzazione delle polizie locali così duramente contestate. Alla fine piuttosto che dimettere i responsabili, tra le forze dell’ordine, degli atti di arbitrio specifici e reprimere i pesanti atti di vandalismo e linciaggio, piuttosto che compromettere assetti di potere ultradecennali ha preferito assecondare gli istinti e sottomettersi al pubblico ludibrio https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/06/07/george-floyd-il-sindaco-di-minneapolis-si-unisce-ai-manifestanti-ma-viene-contestato-vergogna-torna-a-casa-ed-e-costretto-ad-andarsene/5827143/ e delegittimare le istituzioni in quanto tali con pubblici atti di prostrazione e contrizione.  

Atti che hanno trovato emuli patetici ed interessati anche qui a casa nostra

E’ la goccia che sta facendo traboccare il vaso. Lo scoramento e la disaffezione tra le forze dell’ordine sono al livello di guardia; l’abbandono delle fila assume dimensioni preoccupanti; corrispondentemente le forze anarcoidi e le bande si stanno ringalluzzendo.

https://www.foxnews.com/media/tulsa-police-travis-yates-law-enforcement-exodus?fbclid=IwAR1kANFZ4DhLMebJ40idwBEkpEimVmsqRXhL4z1zX1ROKSMuJyexxgxJOIo

La conseguenza sarà che per rimpolpare le fila dovranno abbassare gli standard qualitativi per le assunzioni di poliziotti avvicinandoli pericolosamente ai livelli sudamericani per non parlare delle tentazioni di autogoverno e di iniziative autonome. Se queste sono le tendenze di medio periodo, un discorso a parte merita una contingenza politica perfettamente inserita in queste dinamiche. Trump è sempre più il nemico delegittimato da abbattere. Alle soglie di una inchiesta che rischia di ribaltare le accuse del Russiagate e dell’Ucrainagate, di compromettere ex capi della FBI, di Stato ed aspiranti candidati alle presidenziali, di smascherare alla luce del sole le connivenze vergognose di uomini politici e funzionari degli apparati di sicurezza europei, le manifestazioni ed i disordini si stanno rivelando un provvidenziale diversivo teso a prendere tempo e distogliere l’attenzione. I sempre più frequenti appostamenti, aggressioni, agguati e uccisioni ai danni di singoli poliziotti, bianchi e neri e delle loro famiglie creano un clima di ingovernabilità che potrebbe legittimare la richiesta di decadenza prematura dell’attuale Presidente, ormai sempre più accerchiato da avversari e finti amici, da apparenti difensori che non fanno altro che perdere tempo prezioso nel concludere le indagini sulle manipolazioni delle inchieste. Una situazione che potrà portare alla vittoria non risolutiva di una fazione, non di una classe dirigente legittimata da tutto il paese. Una eventuale vittoria su Trump, per altro per nulla scontata, si rivelerebbe allora ancora più amara, più disastrosa e distruttiva di una sua riconferma sia per il paese che per lo stesso ceto politico a lui ostile; proprio per l’ostilità organizzata e al momento silenziosa che cinque anni di delegittimazione pretestuosa hanno fatto crescere nello zoccolo duro del suo elettorato ormai in possesso di qualche aggancio negli apparati. George Soros tre anni fa era stato profetico. Ma era solo preveggenza?

GLI “STATI GENERALI” DI CONTE, di Teodoro Klitsche de la Grange

GLI “STATI GENERALI” DI CONTE

È impegnativa l’espressione con cui il prof. Conte ha designato il convegno programmato per la settimana in corso. “Stati generali”, che rimanda a quelli convocati (l’ultima volta) nel 1789, per risanare le finanze francesi e il cui risultato – come spesso accade – non fu quello preventivato, ma l’altro di cambiare in toto la forma politica, e ancor più, il mondo moderno; passando per rivoluzioni, terrore, guerre (civili e internazionali). Pare comunque da escludere che il convegno – a onta del nome – possa avere esiti così epocali; proprio perciò occorre fare qualche considerazione, per non confondere con le parole quel che è distinto nei fatti.

In primo luogo quali differenze hanno gli Stati generali di Conte da quelli convocati da Luigi XVI, e a cosa di attinente alla rivoluzione invece somigliano? È diverso, in primo luogo il ruolo (e la posizione) costituzionale: l’assemblea francese era un organo dell’Ancien régime, quello del prof. Conte è un’iniziativa che non ha funzione, rilievo, effetti istituzionali. E ciò fa gioco alla maggioranza parlamentare, perché qualunque cosa decida (??) il convegno, non può comandare e soprattutto mandarli a casa, né ora, né nel futuro.

Secondariamente, altro pregio del convegno, i partecipanti sono degli invitati di Conte e non dei delegati o rappresentanti di qualcuno (nazione, popolo, ceti, terzo stato, ecc. ecc.), quindi non possono parlar quali “rappresentanti” e a nome di qualcuno né esprimerne la volontà. I componenti degli Stati generali erano stati eletti dalle assemblee di “ceto”, ne riportavano volontà e aspirazioni esposte nei Cahiers des doléances, erano vincolati al mandato ricevuto; la funzione che avevano – anche se istituzionale – era consultiva. Ma erano scelti con procedimenti pubblici; nel regolamento (per l’elezione degli Stati generali) del 24 gennaio 1789 si leggeva che “il Re… ha voluto che i suoi sudditi venissero tutti chiamati a concorrere alle elezioni dei deputati che dovranno formare questa grande e solenne assemblea”. Così attraverso il procedimento elettorale si saldava la delega tra mandanti e mandatari. Comunque ben diversi dagli invitati del prof. Conte.

Semmai qualche tratto di maggiore somiglianza la convention di Conte ce l’ha con l’altra assemblea consultiva convocata nel 1787 da Calonne: l’Assemblea dei notabili, la quale, a differenza dei deputati – mandatari degli Stati generali, era composta da nominati dal monarca e quindi, malgrado fossero non del tutto proni alla volontà del governo non avevano alcuna intenzione di fare una rivoluzione, tantomeno quella che ne venne fuori. Anche perché come pensavano (e pensano) i rispettivi governi è improbabile che nominati dal re provvedano a tagliargli (e tagliarsi) la testa. E infatti non assentirono alle richieste del governo, ma se ne tornarono a casa buoni buoni (seguiti, subito dopo, da Calonne).

L’altra somiglianza è nella situazione critica, anche se priva del carattere epocale e del lavorio preventivo della talpa (illuminista) della storia.

Allora furono il deficit e i cattivi raccolti il contesto, e l’occasio che fece brillare la scintilla rivoluzionaria; oggi il Coronavirus, la più che ventennale stasi economica italiana e la crisi, non ancora esaurita, del 2008-2011.

Se è vero che la “talpa” non ha lavorato come quella del XVIII secolo, ha comunque scavato qualche tunnel: la scarsa considerazione in cui le élite globaliste sono considerate dai governati ne è il risultato. Misurata anche dal consenso crescente ai partiti sovran-popul-dentitari.

E la stessa convocazione dell’ (innocua) convention di Conte lo conferma.

I mandatari del 1789 avevano i Cahiers des doléances elaborati dalle assemblee dei mandanti e così un qualcosa di concreto e reale da esporre al monarca: gli invitati di Conte, non hanno né quelli, né un mandato, né – alle spalle – una procedura di scelta da parte dei mandanti. Sono dei partecipanti a un convegno: sicuramente innocui e probabilmente inutili.

Chi ha la rappresentanza nella versione forte, tipica della dottrina moderna dello Stato, e formulata da Sieyès per trasformare proprio gli Stati generali in assemblea costituente, è il Parlamento: e non ha neanche bisogno del genio di un abate rivoluzionario, perché è già presente ed enunciata nella costituzione (v. art. 67), come tale ogni parlamentare è un rappresentante e organo rappresentativo è il Parlamento: al contrario dell’ancien régime, un organo rappresentativo che discuta e decida, già c’è. E quindi non deve far altro che il proprio mestiere: eletto dal popolo deve decidere in favore del popolo, e soprattutto, in una repubblica parlamentare, dando (o revocando) la fiducia al governo. Proprio quella che il governo giallo-fucsia teme. E per questo preferisce una convention di invitati.

Teodoro Klitsche de la Grange

Quali relazioni internazionali dopo la pandemia di coronavirus?

Questo articolo tratto dal mensile “Foreign Policy” ci dice che negli Stati Uniti il confronto e lo scontro politico su come orientare le scelte internazionali e le dinamiche geopolitiche è tutt’altro che risolto a prescindere anche dalle dinamiche reali e dalla forza della realtà. L’oggetto, però, non è il dilemma tra conflitto e cooperazione, come vuole la retorica, ma su quale sia l’avversario principale e su come va affrontato_Giuseppe Germinario

Come la caduta del muro di Berlino o il crollo di Lehman Brothers, la pandemia di coronavirus è un evento devastante, le cui conseguenze possiamo solo iniziare a immaginare.

Questo è certo: proprio come questa malattia ha rovinato vite, sconvolto mercati e dimostrato la competenza (o la mancanza di essa) dei governi, causerà cambiamenti permanenti nel potere politico ed economico in modi che non saranno apparente solo dopo.

Per aiutarci a comprendere i cambiamenti geopolitici che stanno avvenendo sotto i nostri occhi durante questa crisi, la Politica estera ha intervistato diversi importanti pensatori di tutto il mondo sulle loro previsioni per il futuro dell’ordine mondiale.


Un mondo meno aperto, meno prospero e meno libero

di Stephen M. Walt , professore di relazioni internazionali all’Università di Harvard.

La pandemia rafforzerà lo stato e il nazionalismo. I governi di tutti i tipi adotteranno misure di emergenza per gestire la crisi e molti saranno riluttanti a rinunciare a questi nuovi poteri al termine della crisi.

Il Covid-19 accelererà anche il trasferimento di potere e influenza da ovest a est. La Corea del Sud e Singapore hanno reagito meglio e la Cina ha reagito bene dopo i suoi primi errori. In confronto, la reazione in Europa e in America è stata lenta e disordinata, che ha ulteriormente offuscato l’aura dell’immagine occidentale.

Ciò che non cambierà è la natura fondamentalmente contrastante della politica mondiale. Le precedenti pestilenze, in particolare l’epidemia di influenza del 1918-1919, non ponevano fine alla rivalità tra le grandi potenze né aprivano una nuova era di cooperazione globale. Neanche il Covid-19 lo farà. Assisteremo a un ulteriore declino dell’iper-globalizzazione, mentre i cittadini si rivolgono ai governi nazionali per proteggerli e gli stati e le imprese cercano di ridurre le vulnerabilità future.

In breve, The Covid-19 creerà un mondo meno aperto, meno prospero e meno libero. Non doveva essere così, ma la combinazione di un virus mortale, una pianificazione inadeguata e una leadership incompetente hanno portato l’umanità su una nuova e inquietante rotta.


La fine della globalizzazione come la conosciamo

di Robin Niblett , direttore e CEO di Chatham House.

La pandemia di coronavirus potrebbe essere l’ultima goccia che sta rompendo gli schemi della globalizzazione economica. Il crescente potere militare ed economico della Cina aveva già scatenato una determinazione bipartisan negli Stati Uniti per separare la Cina dalla proprietà intellettuale di alta tecnologia e di origine americana e cercare di costringere gli alleati a seguire l’esempio.

La crescente pressione pubblica e politica per raggiungere gli obiettivi di riduzione del carbonio aveva già messo in discussione la dipendenza di molte aziende dalle catene di approvvigionamento a lunga distanza. Oggi, il Covid-19 sta costringendo i governi, le imprese e le società a rafforzare la loro capacità di far fronte a lunghi periodi di autoisolamento economico.

In questo contesto, sembra molto improbabile che il mondo ritorni all’idea di una globalizzazione reciprocamente vantaggiosa che ha definito l’inizio del 21 ° secolo. E senza l’incentivo a proteggere i vantaggi condivisi dell’integrazione economica globale, l’architettura della governance economica globale stabilita nel 20 ° secolo si atrofizzerà rapidamente. I leader politici avranno quindi bisogno di un’enorme autodisciplina per sostenere la cooperazione internazionale e non ricorrere alla concorrenza geopolitica aperta.

Dimostrare ai loro cittadini che possono gestire la crisi di Covid-19 consentirà ai leader di guadagnare del capitale politico. Ma coloro che falliranno troveranno difficile resistere alla tentazione di incolpare gli altri per il loro fallimento.


Una globalizzazione più incentrata sulla Cina

di Kishore Mahbubani , eminente ricercatore presso l’Asian Research Institute dell’Università Nazionale di Singapore, autore di Has China Won? La sfida cinese al primato americano .

La pandemia di Covid-19 non cambierà radicalmente la direzione dell’economia globale. Accelererà solo un cambiamento che era già iniziato: l’abbandono di una globalizzazione incentrata sugli Stati Uniti a favore di una globalizzazione più incentrata sulla Cina.

Perché questa tendenza continuerà? La popolazione americana ha perso la fiducia nella globalizzazione e nel commercio internazionale. Gli accordi di libero scambio sono tossici, con o senza il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. D’altra parte, la Cina non ha perso la fiducia.

Perché non ha perso la fiducia? Ci sono ragioni storiche più profonde. I leader cinesi sanno che il secolo di umiliazione cinese, dal 1842 al 1949, fu il risultato della sua stessa compiacenza e di uno sforzo inutile da parte dei suoi leader per tagliarlo fuori dal mondo. Al contrario, gli ultimi decenni di ripresa economica sono stati il ​​risultato dell’impegno globale. Anche il popolo cinese ha vissuto un’esplosione di fiducia culturale. Credono di poter essere competitivi ovunque.

Pertanto, come documento nel mio nuovo libro, la Cina ha vinto? gli Stati Uniti hanno due scelte. Se il loro obiettivo primario è mantenere il loro primato globale, dovranno impegnarsi in una competizione geopolitica a somma zero, politicamente ed economicamente, con la Cina.

Tuttavia, se l’obiettivo degli Stati Uniti è migliorare il benessere del popolo americano – le cui condizioni sociali sono peggiorate – devono cooperare con la Cina. Il consiglio più informato suggerirebbe la cooperazione come la scelta migliore. Tuttavia, dato l’ambiente politico tossico degli Stati Uniti nei confronti della Cina, il consiglio più saggio potrebbe non prevalere.


Le democrazie emergeranno dai loro gusci

di G. John Ikenberry , professore di politica e affari internazionali all’Università di Princeton, autore di After Victory e Liberal Leviathan .

A breve termine, la crisi alimenterà le varie parti del dibattito sulla grande strategia occidentale. Nazionalisti e anti-globalisti, falchi cinesi e persino internazionalisti liberali vedranno tutti nuove prove dell’urgenza delle loro opinioni. Dato il danno economico e il collasso sociale che si sta verificando, è difficile vedere altro che un rafforzamento del movimento verso il nazionalismo, la rivalità tra grandi potenze, il disaccoppiamento strategico, ecc.

Ma proprio come negli anni ’30 e ’40, potrebbe esserci anche una controcorrente più lenta, una sorta di internazionalismo testardo simile a quello che Franklin D. Roosevelt e alcuni altri statisti hanno iniziato a articolare prima e durante la guerra. Il crollo dell’economia globale negli anni ’30 ha dimostrato quanto le società moderne connesse e vulnerabili siano quelle che la FDR chiamava contagio.

Gli Stati Uniti furono meno minacciati da altre grandi potenze che dalle forze profonde – e dal carattere del Dr. Jekyll e del Sig. Hyde – della modernità. Ciò di cui hanno parlato la FDR e altri internazionalisti è un ordine postbellico che ricostruisca un sistema aperto con nuove forme di protezione e la capacità di gestire l’interdipendenza. Gli Stati Uniti non potevano semplicemente nascondersi all’interno dei propri confini, ma per funzionare in un aperto ordine postbellico, era necessario costruire un’infrastruttura globale per la cooperazione multilaterale.

Gli Stati Uniti e le altre democrazie occidentali potrebbero quindi attraversare questa stessa sequenza di reazioni animate da una sensazione di vulnerabilità a cascata; la risposta potrebbe essere inizialmente più nazionalista, ma a lungo termine, le democrazie emergeranno dai loro gusci per trovare un nuovo tipo di internazionalismo pragmatico e protettivo.


Meno profitti, ma più stabilità

di Shannon K. O’Neil , ricercatore di studi latinoamericani presso il Council on Foreign Relations e autore di Two Nations Indivisible: Messico, Stati Uniti e Road Ahead.

Il Covid-19 mina i fondamenti della produzione globale. Le aziende ora ripenseranno e ridurranno le catene di fornitura multi-fase e multi-nazione che dominano la produzione oggi.

Le catene di approvvigionamento globali erano già sotto tiro, sia economicamente, a causa dell’aumento del costo del lavoro in Cina, della guerra commerciale del presidente degli Stati Uniti Donald Trump e dei progressi nel robotica, automazione e stampa 3D, solo politicamente, a causa di perdite di lavoro reali e percepite, soprattutto nelle economie mature.

Il Covid-19 ha ora rotto molti di questi collegamenti: chiusure di impianti nelle aree colpite hanno lasciato altri produttori, così come ospedali, farmacie, supermercati e negozi al dettaglio, senza scorte o forniture.

Dall’altro lato della pandemia, sempre più aziende chiederanno di conoscere meglio la fonte delle loro forniture e si scambieranno l’efficienza con la ridondanza. Interverranno anche i governi, costringendo le industrie che considerano strategiche ad avere piani di emergenza e di riserva nazionali. La redditività diminuirà, ma la stabilità dell’offerta dovrebbe migliorare.


La storia di COVID-19 sarà scritta dai vincitori

di John Allen , presidente della Brookings Institution, ritirò il generale a quattro stelle del Corpo dei Marines degli Stati Uniti ed ex comandante della Forza di assistenza alla sicurezza internazionale per la NATO e le forze degli Stati Uniti in Afghanistan.

Come sempre, la storia della crisi di Covid-19 sarà scritta dai “vincitori”. Ogni nazione, e sempre più ogni individuo, sta vivendo la pressione sociale di questa malattia in modi nuovi e potenti. Inevitabilmente, le nazioni che persevereranno – sia per i loro sistemi politici ed economici unici sia dal punto di vista della salute pubblica – reclameranno il successo contro coloro che sperimenteranno un risultato diverso e più devastante.

Per alcuni, questo sembrerà un grande trionfo definitivo per la democrazia, il multilateralismo e l’assistenza sanitaria universale. Per altri, metterà in evidenza gli ovvi “benefici” di un regime autoritario e decisivo.

Ad ogni modo, questa crisi rimodellerà la struttura di potere internazionale in modi che possiamo solo iniziare a immaginare. Il Covid-19 continuerà a deprimere l’attività economica e ad aumentare le tensioni tra i paesi.

A lungo termine, è probabile che la pandemia riduca in modo significativo la capacità produttiva dell’economia globale, soprattutto se le imprese chiudono e le persone lasciano la forza lavoro. Questo rischio di dislocazione è particolarmente importante per i paesi in via di sviluppo e altri paesi che hanno una grande percentuale di lavoratori economicamente vulnerabili. Il sistema internazionale, a sua volta, subirà una forte pressione, il che porterà all’instabilità e conflitti diffusi all’interno e tra i paesi.


Un nuovo drammatico passo nel capitalismo mondiale

di Laurie Garrett , ex ricercatrice mondiale in materia di salute presso il Council on Foreign Relations e il vincitore del premio Pulitzer.

Lo shock fondamentale per il sistema finanziario ed economico globale è il riconoscimento che le catene di approvvigionamento globali e le reti di distribuzione sono profondamente vulnerabili alle perturbazioni. La pandemia di coronavirus non avrà quindi solo effetti economici duraturi, ma porterà anche a cambiamenti più fondamentali.

La globalizzazione ha consentito alle aziende di esternalizzare la produzione in tutto il mondo e consegnare i loro prodotti ai mercati just-in-time, aggirando i costi di magazzino. Gli inventari rimasti sugli scaffali per più di qualche giorno sono stati considerati fallimenti del mercato. Le forniture dovevano essere assicurate e spedite a un livello globale attentamente orchestrato. Il Covid-19 ha dimostrato che i patogeni non solo possono infettare le persone ma anche avvelenare l’intero sistema di flusso teso.

Data l’entità delle perdite subite dai mercati finanziari da febbraio, le aziende probabilmente usciranno da questa pandemia con una certa timidezza rispetto al modello just-in-time e alla dispersione della produzione in tutto il mondo. Ciò potrebbe comportare un nuovo drammatico passo nel capitalismo globale, in cui le catene di approvvigionamento vengono avvicinate a casa e riempite di licenziamenti per proteggersi dalle interruzioni future. Ciò potrebbe ridurre i profitti aziendali a breve termine, ma rendere l’intero sistema più resiliente.


Altri stati in bancarotta

di Richard N. Haass , presidente del Council on Foreign Relations e autore di The World: A Brief Introduction .

Penso che la crisi del coronavirus porterà la maggior parte dei governi, almeno per alcuni anni, a rivolgersi su se stessi, concentrandosi su ciò che sta accadendo all’interno dei loro confini piuttosto che su ciò che sta accadendo. al di fuori. Prevedo un’evoluzione più marcata verso l’autosufficienza selettiva (e, quindi, verso il disaccoppiamento) data la vulnerabilità della catena di approvvigionamento; opposizione ancora più forte all’immigrazione su larga scala; e una volontà o un impegno ridotti per affrontare i problemi regionali o globali (compresi i cambiamenti climatici) vista la necessità percepita di dedicare risorse alla ricostruzione del paese e di far fronte alle conseguenze economiche della crisi.

Mi aspetto che molti paesi troveranno difficile riprendersi dalla crisi, con gli stati deboli e gli stati falliti che diventano una caratteristica ancora più diffusa nel mondo. È probabile che la crisi contribuisca al continuo deterioramento delle relazioni sino-americane e all’indebolimento dell’integrazione europea. Sul lato positivo, dovremmo assistere a un leggero rafforzamento della governance globale della sanità pubblica. Ma nel complesso, una crisi radicata nella globalizzazione indebolirà piuttosto che aumentare la volontà e la capacità del mondo di reagire ad essa.


In ogni paese vediamo il potere dello spirito umano

di Nicholas Burns , professore alla Kennedy School of Government di Harvard ed ex sottosegretario agli affari politici presso il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.

La pandemia di Covid-19 è la più grande crisi globale di questo secolo. La sua profondità e ampiezza sono enormi. La crisi della salute pubblica minaccia ciascuno dei 7,8 miliardi di persone sulla Terra. La crisi economica e finanziaria potrebbe avere un impatto maggiore sulla Grande recessione del 2008-2009. Ogni crisi da sola potrebbe causare uno shock sismico che cambierebbe permanentemente il sistema internazionale e l’equilibrio di potere come lo conosciamo.

Finora, la collaborazione internazionale è stata deplorevolmente insufficiente. Se gli Stati Uniti e la Cina non fossero in grado di mettere da parte la loro guerra di parole per determinare quale di loro è responsabile della crisi, la credibilità dei due paesi potrebbe essere notevolmente ridotta. Se l’Unione europea non può fornire aiuti più mirati ai suoi 500 milioni di cittadini, i governi nazionali potrebbero riguadagnare più potere a Bruxelles in futuro. Negli Stati Uniti, ciò che è maggiormente in gioco è la capacità del governo federale di prendere provvedimenti efficaci per arginare la crisi.

In ogni paese, tuttavia, ci sono molti esempi del potere dello spirito umano: medici, infermieri, leader politici e cittadini comuni che dimostrano capacità di ripresa, efficienza e leadership. Ciò dà speranza che uomini e donne in tutto il mondo possano prevalere di fronte a questa straordinaria sfida.

tratto da https://foreignpolicy.com/2020/03/20/world-order-after-coroanvirus-pandemic/

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