Il corteggiamento tra Marocco e Regno Unito, di BAUDOUIN DE PETIVILLE

Fratellanza europea. Giuseppe Germinario

Il corteggiamento tra Marocco e Regno Unito
par BAUDOUIN DE PETIVILLE

Negli ultimi mesi, Londra e Rabat hanno confermato la loro vicinanza diplomatica. Questo è il risultato del riavvicinamento tra i due Paesi avvenuto negli ultimi anni. Sebbene la relazione con il regno di Cherifa non sia nuova, sembra essersi rafforzata in proporzione al raffreddamento delle relazioni franco-marocchine.
Lo scorso gennaio, in occasione della quarta sessione del dialogo strategico Marocco-Regno Unito a Rabat, il Regno Unito ha espresso il proprio sostegno alle importanti riforme in atto in Marocco. In un comunicato stampa del 9 maggio, Rabat ha confermato le sue buone relazioni con Londra. Il Regno di Cherifa è lieto di essere considerato dai britannici come “un partner regionale e internazionale credibile e ascoltato, che svolge un ruolo essenziale ed è un relè chiave per la stabilità “1 .

Le prime relazioni ufficiali risalgono al XIII secolo, quando Giovanni d’Inghilterra inviò un’ambasciata al sultano al-Maha Muhammad al-Nassir. Scomunicato e minacciato di invasione da parte della Francia, il re Giovanni chiese al sultano un sostegno militare, e il sultano si spinse fino a offrire la conversione all’Islam2. Qualche secolo dopo, nel 1600, il Marocco chiese un’alleanza contro la Spagna. La regina Elisabetta rifiutò, ma stabilì le prime relazioni commerciali tra i due regni. Le relazioni subirono una nuova svolta quando Caterina di Braganza sposò il re Carlo II nel 1661, ponendo temporaneamente Tangeri sotto la sovranità britannica. Successivamente, il 23 gennaio 1721, fu firmato a Fez il primo trattato commerciale tra i due Paesi.

Londra l’africana
Dal 2019, i legami tra il regno di Mohammed VI e Carlo III sono stati rafforzati attraverso la firma di un accordo di associazione3. Firmato cinque giorni prima dell’effettiva attuazione della Brexit ed entrato in vigore nel gennaio 2021, questo nuovo accordo è di importanza strategica per il Regno Unito. Come spiega Hamza Mjahed, ricercatore in relazioni internazionali presso il Policy Center for the New South (PCNS), in Jeune Afrique, l’espansione dei partenariati commerciali è diventata un imperativo strategico e il Marocco ne è al centro4. Il regno di Cherifa è la porta d’accesso all’ovest del continente africano: ha importanti legami commerciali con tutti i Paesi della regione. Un’alleanza con il Marocco facilita quindi la presenza nel corridoio interregionale. Un sostegno importante per il Regno Unito, che ha anche membri del Commonwealth nella regione come il Ghana e la Nigeria. Londra non si limita però a questi Paesi e sta cercando di stringere legami più stretti con la Costa d’Avorio e il Senegal, due partner di lunga data della Francia nella regione.

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Interessi convergenti
Il Marocco, da parte sua, vede nei nuovi scambi commerciali con i Paesi extra UE un’opportunità. L’accordo del 2019 si concentra sull’ottimizzazione della dimensione economica. A due anni di distanza, i risultati sono convincenti: gli scambi bilaterali sono aumentati del 50% e ora ammontano a 3,1 miliardi di euro5. Inoltre, gli scambi commerciali sono passati da 1,4 miliardi di euro nel 2019 a 2 miliardi di euro nel 2022 e le esportazioni marocchine sono quasi triplicate dall’entrata in vigore dell’accordo. La dimensione economica di questo partenariato è rafforzata dalla convinzione che le due economie siano complementari. Il Marocco si considera inoltre “una base industriale britannica competitiva per gli investimenti, la produzione e l’esportazione verso i mercati potenziali, dati i suoi punti di forza socio-economici e la sua rete di accordi di libero scambio”. Le autorità marocchine hanno anche l’ambizione di fare del Regno Unito uno dei loro 5 principali partner, un obiettivo già ben avviato.

La cooperazione tra i due Paesi nel campo delle energie rinnovabili è un buon esempio di questa complementarietà. L’accordo del 2019 prevede lo sviluppo di progetti in questo settore, tra cui la realizzazione di un progetto di interconnessione marittima. Il progetto Xlinks, recentemente citato nella tabella di marcia del governo britannico “Powering Up Britain: Energy Security Plan”, prevede un investimento di 22 miliardi di dollari per la posa del cavo marittimo più lungo del mondo che collegherà il Marocco al Regno Unito6. Nell’ambito di questo progetto, nella regione di Guelmim-Oued Noun verranno installati un parco solare e un parco eolico con una capacità totale di 10 GW. L’elettricità generata sarà poi trasmessa attraverso quattro cavi sottomarini al largo delle coste di Portogallo, Spagna e Francia.

Il disincanto francese
Come ha spiegato Mohamed El Mansour, professore di storia all’Università Mohammed-V di Rabat, in un’intervista a Jeune Afrique: “Il Marocco ha sempre cercato di trarre vantaggio dalle rivalità tra il Regno Unito e le potenze europee continentali. Da quando gli inglesi si sono stabiliti a Gibilterra nel 1704, il regno ha regolarmente giocato la carta britannica contro la Spagna”. 7″. Questa tradizione diplomatica è in linea con quella della Gran Bretagna che, come abbiamo visto, si è storicamente rivolta al Marocco per cercare di avere la meglio sulla Francia.

Il comunicato marocchino, che assomiglia a una dichiarazione congiunta, è stato pubblicato lo scorso maggio in un contesto di raffreddamento delle relazioni franco-marocchine.

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Dall’inizio di marzo, le relazioni tra Francia e Marocco sono state definite da Rabat “né buone né amichevoli”. Poche settimane prima, a febbraio, il re Mohammed VI ha richiamato il suo ambasciatore8 . Ad oggi, non è stato nominato alcun successore. Le fonti di tensione sono molteplici, la principale delle quali è lo spostamento strategico della Francia a favore dell’Algeria, a scapito del Marocco9. Le relazioni tra Rabat e Algeri, infatti, sono state storicamente segnate dalla rivalità, per non dire dall’aperto conflitto, su questioni territoriali: in particolare sulla questione dell’indipendenza delle province sahariane di Seguia El-Hamra e Oued Ed-Dahab.

I numerosi gesti di Emmanuel Macron verso Algeri negli ultimi mesi sono andati oltre le aspettative di Rabat. Allo stesso tempo, una serie di questioni ha contribuito a peggiorare la situazione. Il Marocco non ha apprezzato gli attacchi mediatici di cui è stato oggetto nel contesto della vicenda del “Qatarargate”: un caso di corruzione al Parlamento europeo venuto alla luce nel dicembre 2022. Inoltre, il regno è stato citato nella vicenda Pegasus10 , con l’accusa di aver effettuato intercettazioni telefoniche sul cellulare di Emmanuel Macron, che le autorità marocchine negano. Infine, a gennaio, il partito europeo Renew – di cui fanno parte i membri di Renaissance, il partito di maggioranza presidenziale francese – ha approvato una risoluzione al Parlamento europeo in cui si chiede alle autorità marocchine di “rispettare la libertà di espressione e la libertà dei media” e di porre fine alle “molestie contro tutti i giornalisti”. Gli stessi eurodeputati francesi hanno agito pochi mesi dopo per ritirare la stessa risoluzione rivolta all’Algeria. Una presa di posizione che non è passata inosservata a Rabat.

Mentre la Francia critica il Marocco per la sua mancanza di cooperazione nella gestione delle questioni migratorie e nella lotta al traffico di droga, la sua attuale politica sembra spingere Rabat al limite. Sebbene il Marocco sia il principale investitore africano in Francia – e viceversa – e un solido partner in Africa occidentale, il governo di Emmanuel Macron rischia di mettere a repentaglio questa relazione per molti anni a venire. È un’opportunità che il Regno Unito, un concorrente strategico della Francia molto attivo sul fronte diplomatico, non ha intenzione di lasciarsi sfuggire.

1 Agence Marocaine de Presse, Le Royaume-Uni marque son soutien aux grandes réformes menées sous la conduite de SM le Roi Mohammed VI, 09 mai 2023

2 “An Embassy from King John to the Emperor of Morocco” E. Denison Ross

3 https://www.jeuneafrique.com/mag/854186/politique/maroc-londres-et-rabat-signent-un-accord-post-brexit-incluant-le-sahara/ 

4https://www.jeuneafrique.com/1257398/politique/maroc-les-promesses-de-londres/

5 https://leseco.ma/maroc/maroc-royaume-uni-les-echanges-commerciaux-en-hausse-de-50.html

6 https://xlinks.co/powering-up-britain-policy/ 

7 https://www.jeuneafrique.com/1257398/politique/maroc-les-promesses-de-londres/ 

8 https://www.arabnews.fr/node/354966/zaid-m-belbagi 

9 https://www.valeursactuelles.com/monde/tribune-a-trop-vouloir-courtiser-alger-la-france-agace-rabat 

10 https://www.nouvelobs.com/politique/20210720.OBS46756/cible-par-le-logiciel-espion-pegasus-de-rugy-demande-des-explications-au-maroc.html 

https://www.revueconflits.com/parade-nuptiale-entre-le-maroc-et-le-royaume-uni/

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Russia, Ucraina_37a puntata La vita continua Con Max Bonelli, Flavio Basari, Roberta e Dmitry

Una realtà che annaspa in Ucraina, una società che reagisce ad una situazione critica in Russia. Due mondi sempre più lontani che in qualche modo dovranno riavvicinarsi per tornare ad una convivenza accettabile. La condizione è che una parte smetta di prestare orecchio e fiducia alle sirene d’oltreoceano e scelgano di proporsi come un ponte tra due mondi diversi, ma non incompatibili. Sarà dura. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Ultime notizie – Il tono dell’Occidente cambia drasticamente

Ultime notizie – Il tono dell’Occidente cambia drasticamente

Di recente c’è stata un’enorme quantità di articoli che fanno riflettere e che non sono riuscito a inserire in altri post e che si sono accumulati nella barra delle mie schede. Ho quindi pensato di raccogliere tutti questi articoli in un unico post dedicato a raccogliere gli ultimi segnali delle élite occidentali sul loro pensiero in merito all’evoluzione del conflitto.

E certamente, a giudicare da questi ultimi numeri, il tono e il sentimento stanno cambiando drasticamente. È difficile trovare un solo pezzo ancora ottimista per la parte ucraina, a parte i disonesti che continuano a iper-focalizzarsi su minuzie minuscole, come un irrilevante attacco di un drone ucraino a un edificio russo a Krasnodar, che potrebbe aver danneggiato l’angolo della grondaia del tetto.

Cominciamo quindi a vedere cosa hanno da dire i cognoscitori e i letterati occidentali, della NATO, filo-imperiali, sulla deriva della guerra:

Il primo titolo del menu è il titolo del 1945, che fa saltare le budella e svuota l’ego:

Tradotto con www.DeepL.com/Translator (versione gratuita)

 

Questo articolo è stato scritto da Daniel L. Davis, “Senior Fellow per Defense Priorities ed ex tenente colonnello dell’esercito americano che ha partecipato a quattro missioni di combattimento”.

Include perle come la seguente:

W

In cui si lamenta che l’Ucraina ha perso molte più vittime a causa della superiorità dell’artiglieria russa (10:1).

L’articolo sottolinea con sagacia che gran parte del tifo occidentale continua a basarsi su percezioni obsolete di quello che oggi è un conflitto molto cambiato:

Fin quasi dai primi giorni della guerra russo-ucraina, un tema ricorrente tra gli analisti occidentali è stato che le forze armate russe hanno avuto prestazioni nettamente inferiori alle aspettative, mentre le forze armate ucraine hanno costantemente superato le aspettative.

Pochi sembrano aver notato, tuttavia, che il pendolo sul campo di battaglia si è spostato.

L’autore esorta Washington ad aggiornare la propria analisi per non essere colta di sorpresa (troppo tardi?):

I responsabili politici di Washington devono aggiornare la loro comprensione dell’attuale traiettoria della guerra per garantire che gli Stati Uniti non vengano colti di sorpresa dagli eventi sul campo di battaglia – e che i nostri interessi non ne risentano.

Per una delle prime volte in Occidente, l’articolo attribuisce alla Russia la decisione tatticamente valida e strategicamente razionale di dislocare le sue forze l’anno scorso, un’azione all’epoca molto criticata e ridicolizzata. Ora si lamenta che questo saggio accorciamento delle linee ha di fatto portato a una posizione russa molto più forte.

L’articolo continua la tendenza della scarsa analisi occidentale sostenendo che la Russia è stata “presa con i pantaloni abbassati” nell’offensiva di Kharkov. Non è così: quelle forze erano da tempo sovraccariche e non erano altro che un residuo di una strategia già scontata che non prevedeva di occupare quella parte del Paese con una forza relativamente piccola. L’unica ragione per cui la Russia non le aveva ritirate prima era perché, se il tuo avversario non ti dà alcuna ragione per farlo, allora perché ritirarsi? Anche se si è sovraccarichi, è logico arroccarsi sul territorio fino a quando il nemico lo permette, e a patto che ci si preoccupi di evitare che i fianchi vengano invasi da bruschi assalti di accerchiamento.

E mentre ci sono stati molti errori a livello tattico durante la ritirata, dal punto di vista operativo non c’è stata una grande sconfitta o una distruzione di massa delle forze russe. Sembra quindi che la Russia sia riuscita ad attenersi alle prescrizioni di cui sopra.

Un’altra delle tante ammissioni dell’articolo:

Molti opinionisti occidentali hanno concluso che le truppe e i leader russi erano profondamente imperfetti e incapaci di migliorare, ritenendo che la Russia sarebbe rimasta incapace tatticamente per tutta la durata della guerra.

Ciò che molti di questi analisti non hanno riconosciuto, tuttavia, è che la Russia ha una capacità di fare la guerra di gran lunga superiore, sia in termini di materiale che di personale, e quindi ha la capacità di assorbire enormi perdite e rimanere comunque vitale. Inoltre, la storia russa è ricca di esempi di guerre iniziate male, che hanno subito ingenti perdite e che poi si sono riprese per ribaltare la situazione. L’Ucraina, d’altra parte, dispone di un numero significativamente inferiore di risorse o truppe e quindi ha meno margine di errore.

E un’altra cosa:

In questi 15 mesi di guerra, l’Ucraina ha combattuto e perso quattro grandi battaglie urbane contro la Russia, subendo in ciascuna di esse un livello di perdite progressivamente peggiore: Severodonetsk, Lysychansk, Soledar e più recentemente Bakhmut.

Quando la Russia ha dovuto affrontare battaglie cittadine – Kyiv, Kharkiv City e Kherson City – ha scelto di abbandonare ognuna di esse, stabilendo altrove posizioni difensive più difendibili. L’Ucraina, invece, ha scelto di combattere per le sue città principali. I risultati sono eloquenti.

Sì, i risultati sono davvero eloquenti. L’Ucraina ha un numero di vittime diverse volte superiore a quello della Russia, con probabilmente più di 100.000 morti.

Ammettono persino che la decisione muliebre di gettare un’infinità di carne da cannone nella difesa delle città potrebbe avere gravi conseguenze per il resto della guerra:

L’Ucraina, invece, ha scelto di contestare le città principali e ha perso un numero impressionante di truppe – ma alla fine ha perso anche la città stessa. La decisione dello Stato Maggiore ucraino di difendere Bakhmut fino alla fine potrebbe avere gravi implicazioni per il resto della guerra.

Si tratta di ammissioni sorprendentemente franche da parte di un Occidente che in passato ha sempre boccheggiato. Ma tenetevi forte, perché la linea del Bakhmut cannonfodder tornerà in auge poco dopo.

L’articolo termina con una serie di fosche previsioni. La prima è che la Russia si sta solo rafforzando, mentre l’Ucraina si indebolisce:

In parole povere, l’Ucraina non ha il personale o la capacità industriale per rimpiazzare gli uomini e le attrezzature perse rispetto ai russi. Inoltre, la Russia ha imparato dai suoi numerosi errori tattici e le prove suggeriscono che sta migliorando dal punto di vista tattico, espandendo contemporaneamente la sua capacità industriale. Ancora più importante della scarsità di munizioni ed equipaggiamento per l’Ucraina, tuttavia, è il numero di personale addestrato ed esperto che ha perso. Molte di queste truppe e leader qualificati non possono essere sostituiti nel giro di pochi mesi.

E il colpo di grazia finale:

Ritengo che al momento non vi sia alcuna possibilità per l’Ucraina di ottenere una vittoria militare. Continuare a combattere con questa speranza potrebbe perversamente far perdere loro ancora più territorio.

La tendenza della guerra si sta spostando verso Mosca, indipendentemente da quanto ciò possa far arrabbiare molti in Occidente. È la realtà osservabile. Ciò che Washington deve fare è evitare la tentazione di “raddoppiare” il sostegno a una proposta perdente e fare tutto il necessario per portare questo conflitto a una rapida conclusione, preservando al massimo la nostra sicurezza futura. Ignorare queste realtà potrebbe esporre l’Ucraina a perdite ancora maggiori e mettere la nostra stessa sicurezza a un rischio futuro inaccettabile.

Ebbene, Egad! Non solo ritiene che non ci sia alcuna speranza di vittoria, ma che continuare a combattere non farà altro che far perdere all’Ucraina ancora più territorio! Dica che non è così, Capo! Finalmente un osservatore militare americano ragionevole. Dopo aver attraversato un campo minato di sempliciotti come Kofman e Lee, pensavo che non ce ne fossero più.

Il colonnello Davis ci lascia una fredda doccia di realtà. I funamboli del circo della tangenziale ne terranno conto?

Passiamo al prossimo:

L’articolo che ha rubato la scena e di cui molti hanno parlato è il nuovo pezzo del New Yorker:

Lo scrittore ha trascorso due settimane in prima linea con l’AFU e racconta alcuni orrori. Per prima cosa, si libera della premessa obbligatoria secondo cui i soldati Wagner erano “zombie” che non avrebbero smesso di arrivare indipendentemente dal numero di uccisioni: queste bugie sono solo una scusa per attutire il dolore dell’imminente battuta finale della storia. Ed è un pugno di ferro:

Nel giro di poche settimane, il battaglione [ucraino] si trovò di fronte all’annientamento: interi plotoni erano stati spazzati via in scontri a fuoco ravvicinati, e circa settanta uomini erano stati accerchiati e massacrati. I sopravvissuti, in diminuzione, mi disse un ufficiale, “erano diventati inutili perché erano così stanchi”. A gennaio, ciò che restava del battaglione si ritirò dal villaggio e stabilì posizioni difensive tra gli alberi e i terreni agricoli aperti un miglio a ovest. “Wagner ci ha preso a calci nel sedere”, ha detto l’ufficiale.

Qualche zombie, eh?

Beh, in qualche modo devono farcela.

Quando lo scrittore si unì al battaglione, il comandante stimò che l’80% degli uomini erano nuovi arruolati, a causa delle massicce perdite subite:

Pavlo stimò che, a causa delle perdite subite dalla sua unità, l’ottanta per cento dei suoi uomini erano nuovi arruolati. “Sono civili senza esperienza”, ha detto. “Se me ne danno dieci, sono fortunato se tre di loro sanno combattere”.

Un soldato ucraino ha detto che quasi tutti i suoi conoscenti sono già stati uccisi:

Ha perso quasi tutti i suoi amici più cari a Kherson. Tirando fuori il telefono, ha sfogliato una serie di fotografie: “Uccisi … uccisi … uccisi … uccisi … uccisi … feriti. . . . Ora devo abituarmi a persone diverse. È come ricominciare da capo”.

L’autore continua confermando un adagio che tutti conosciamo, ovvero che la maggior parte delle truppe ucraine meglio addestrate e più coraggiose sono già state uccise:

Poiché l’alto tasso di logoramento aveva colpito in modo sproporzionato i soldati più coraggiosi e aggressivi – un fenomeno che un ufficiale ha definito “selezione naturale inversa” – i fanti stagionati come Odesa e Bison erano estremamente preziosi ed estremamente affaticati.

Un’altra ammissione è avvenuta quando il reporter è rimasto scioccato nel vedere le truppe con cui era incorporato usare una mitragliatrice Maxim inventata nel 1884. Si chiede dove siano finiti tutti i soldi e conferma che la maggior parte dell’equipaggiamento ucraino è già stato distrutto in battaglia:

Nel corso dell’ultimo anno, gli Stati Uniti hanno fornito all’Ucraina più di trentacinque miliardi di dollari in assistenza alla sicurezza. Perché, vista la generosità americana, la 28a Brigata ha fatto ricorso a un simile pezzo da museo? Molte attrezzature sono state danneggiate o distrutte sul campo di battaglia.

Un altro fatto che ha aperto gli occhi è stato che il suo battaglione aveva sparato 300 proiettili al giorno ai tempi di Kherson, e ora era ridotto a soli 5, mentre si diceva che i russi nelle loro vicinanze avessero una media “dieci volte superiore”.

Il giornalista fa poi un’ammissione piuttosto sorprendente:

In altre parti dell’Ucraina, la gente quasi sempre salutava o batteva i pugni contro i veicoli diretti al fronte. Qui, la maggior parte dei civili distoglieva lo sguardo. Secondo Volynyaka, “quasi tutti” coloro che non erano già fuggiti dalla città [Konstantinovka] erano filorussi. Un commesso del negozio di alimentari locale gli aveva detto: “Non vi vogliamo qui”. Gli ho chiesto se l’ostilità avesse intaccato la sua motivazione a continuare a combattere. Ha scosso la testa. “So che è la mia terra, perché dovrei preoccuparmi di quello che pensano?”.

E un altro:

A differenza dei soldati statunitensi in ogni conflitto americano dalla Seconda guerra mondiale in poi, i soldati ucraini non vengono generalmente ingaggiati per periodi di servizio fissi o dispiegati in tournée con limiti definiti. Vengono assunti per tutto il tempo in cui c’è bisogno di loro. Un ufficiale mi ha detto: “Si torna a casa con la vittoria, senza un arto o morti”. Una quarta opzione era la diserzione. “A volte tornano, a volte no”, ha detto l’ufficiale.

Al giornalista viene anche detto dai comandanti quanto poco addestramento ricevono i soldati di leva. Uno dei ragazzi del battaglione accanto a lui è stato “tolto dalla strada” dai commissari a Odessa, come abbiamo visto in innumerevoli video, e solo due giorni dopo, con un addestramento quasi nullo, era già con il battaglione in prima linea. Descrive inoltre la situazione come piuttosto fluida – a quanto pare, molti soldati si assentano per lunghi periodi di tempo, alcuni dei quali ritornano, sostenendo di aver “bisogno di una pausa”. È uno stile di condotta militare che probabilmente risulta del tutto estraneo a molti di noi.

Nel complesso, l’articolo dipinge un quadro macabro della vita di trincea ucraina; un sergente ha raccontato che “tutti si ammalano” e che, a quanto pare, è comune ammalarsi di tubercolosi. Altri contraggono “batteri famelici”, tra cui un soldato che ha avuto piaghe aperte per mesi ed è stato “mangiato vivo” dalle pulci. E sebbene l’autore si dilunghi in questo accorato resoconto alla ricerca di un pensiero che possa sublimare l’orrore di cui è stato testimone in un messaggio di speranza o di eroismo o di… significato, di qualsiasi tipo, per i poveri ucraini che egli cerca disperatamente di sollevare, egli termina invece con una nota nichilista, tracciando il parallelo di un cimitero disseminato di innumerevoli bandiere ucraine; anche sotto costrizione, non è riuscito a trovare nulla di ottimistico per risollevare gli spiriti dell’AFU.

E se pensavate che questo fosse squallido e deprimente, aspettate di sentire il prossimo:

https://archive.is/zPFVT

Il Wallstreet Journal ha pubblicato un’altra notizia:

Il documento riporta il resoconto di un gruppo di reclute che non hanno ricevuto alcun tipo di addestramento e che sono state semplicemente infilate come carne nel tritacarne di Bakhmut:

Le truppe russe stavano assaltando uno dei condomini che il suo gruppo di 16 reclute, molte delle quali erano state arruolate giorni prima e non avevano ricevuto alcun addestramento, era stato incaricato di difendere.

Nelle 36 ore trascorse in un brutale combattimento casa per casa nella città dell’Ucraina orientale, 11 dei 16 uomini del gruppo di leva di Malkovskiy sono stati uccisi o catturati, secondo i soldati sopravvissuti e i parenti dei dispersi.

L’articolo conferma che l’Ucraina ha imbottito le linee con reclute non addestrate per tenere Bakhmut il più a lungo possibile e per preservare le riserve fresche, addestrate dall’Occidente, che erano state messe da parte per la “grande” offensiva futura:

Nel tentativo di preservare le brigate addestrate ed equipaggiate dall’Occidente per un’offensiva ampiamente prevista, e con molti dei suoi soldati professionisti morti, Kiev inviò soldati mobilitati e unità di difesa territoriale, a volte con addestramento ed equipaggiamento frammentari.

Il documento descrive una serie di eventi sorprendenti: gli uomini vengono “arruolati” a Kharkov e inviati a Konstantinovka, alla periferia di Bakhmut, appena due giorni dopo. Quasi subito dopo il loro arrivo, a febbraio, un altro comandante chiese che venissero mandati in avanti per bloccare le linee fatiscenti al centro di Bakhmut, proprio mentre le forze Wagner stavano sfondando il fiume che divide la città.

Alcuni uomini minacciarono di scrivere un rifiuto ufficiale di eseguire l’ordine, adducendo la mancanza di addestramento. Vladyslav Yudin, un ex detenuto della città orientale di Luhansk, ha raccontato di aver detto al sergente maggiore di non aver mai impugnato un’arma, tanto meno di aver sparato, e di essere spaventato. “Bakhmut ti insegnerà”, gli ha risposto l’uomo.

Appena arrivati nelle nuove posizioni, uno dei soldati descrive di essere stato immediatamente colpito da RPG e granate, mentre il suo comandante e un altro compagno di squadra venivano uccisi davanti ai suoi occhi. Il soldato finì per essere catturato e i russi furono clementi, consegnandolo per lo scambio, perché videro sulla sua scheda militare che aveva prestato servizio per un totale di sole ventiquattro ore.

L’articolo successivo, o meglio la serie di articoli che riportano la stessa notizia, evidenzia come la Russia EW stia eliminando ben 10.000 droni ucraini al mese:

Business Insider conferma:

https://www.businessinsider.com/ukraine-losing-10000-drones-month-russia-electronic-warfare-rusi-report-2023-5

Alla luce di ciò, naturalmente, non bisogna dimenticare i rapporti precedenti che ci avevano già dato un’idea di quanto sia brutale l’EW russo per l’AFU:

Business Insider riporta che si tratta di 300 droni persi al giorno, una cifra sbalorditiva e difficile da comprendere. Ci danno un’idea approssimativa di quanto siano raggruppati i sistemi russi sul fronte:

Il rapporto RUSI afferma che lungo le circa 750 miglia della linea del fronte del conflitto, la Russia ha mantenuto un importante sistema di guerra elettronica circa ogni 6 miglia. Questi sono arretrati di circa 4 miglia dal fronte e si concentrano principalmente sulla neutralizzazione dei droni, secondo il rapporto.

I sofisticati sistemi russi, come la stazione di disturbo Shipovnik-Aero, sono difficili da individuare e possono imitare altri segnali.

E affermano che, alla luce di ciò, i piccoli droni DJI stanno “perdendo rapidamente la loro efficacia”.

Con l’immancabile frecciatina all’esercito russo per “preparare” la demoralizzante ammissione di prima, la fonte continua a ribadire che la Russia sta diventando sempre più forte con il passare del tempo:

“Il risultato è una struttura che diventa migliore nel tempo nel gestire i problemi che deve affrontare immediatamente, ma che fatica anche ad anticipare le nuove minacce”, si legge nel rapporto.

La prossima serie di articoli mostra come l’Occidente stia iniziando ad ammettere silenziosamente che le tattiche russe non solo stanno migliorando, ma stanno iniziando a cambiare il gioco in Ucraina. Il primo è di Bloomberg:

ACome di consueto, cercano di mascherare le loro ammissioni con menzogne a lungo smentite sulle tattiche dell'”onda umana” e sui vecchi carri armati. L’articolo inizia così:

Russia’s military has changed the way it fights 15 months into its disastrous invasion of Ukraine and poses a significant threat as Kyiv prepares a major counteroffensive, a study released Friday said.

Widespread perceptions of Russian army weakness are in some cases either out of date or misconceived according to the 30-page report by the UK’s Royal United Services Institute.

L’esercito russo ha cambiato il modo di combattere a 15 mesi dalla sua disastrosa invasione dell’Ucraina e rappresenta una minaccia significativa mentre Kiev prepara un’importante controffensiva, secondo uno studio pubblicato venerdì.

Secondo il rapporto di 30 pagine del Royal United Services Institute del Regno Unito, le percezioni diffuse sulla debolezza dell’esercito russo sono in alcuni casi obsolete o mal concepite.

Beh, non è una confessione?

I ricercatori affermano che il loro studio è stato condotto intervistando dieci diverse brigate ucraine che hanno combattuto contro la Russia negli ultimi mesi. Concludono che la Russia è ben lontana dalla “forza spesa” che viene dipinta come tale:

Secondo Nick Reynolds, uno dei due autori del rapporto, le forze armate russe sono ben lungi dall’essere una forza esaurita come spesso viene descritta.

“Sui social media si fanno molte illazioni sulla mancanza di capacità della Russia, ma i social media sono pieni di propaganda da entrambe le parti e a questo punto abbiamo pensato che fosse necessaria una valutazione più sobria”, ha detto Reynolds, aggiungendo che le aspettative per l’Ucraina sono state fissate “molto, molto in alto”.

Inoltre, conferma qualcosa che di recente è stato comunicato al pubblico con sempre maggiore regolarità: la Russia ha completamente annullato molti dei precedenti sistemi “wunderwaffe” dell’Ucraina:

Secondo il rapporto, la Russia ha ampiamente rimediato ai primi fallimenti nella difesa aerea sul campo di battaglia, collegando correttamente i sistemi missilistici e i loro sensori lungo il fronte dell’invasione di 1.200 chilometri (750 miglia).

Di conseguenza, le forze russe sono state in grado di spegnere in gran parte la minaccia dei missili HARM a ricerca radar dell’Ucraina, di intercettare i razzi e di abbattere un jet da combattimento ucraino a bassa quota da 150 chilometri.

L’articolo conferma ancora una volta che le forze elettroniche russe sono in grado di “decifrare i sistemi di comunicazione Motorola criptati dell’Ucraina in tempo reale e di abbattere 10.000 droni al mese”.

L’articolo menziona come la Russia abbia persino reso i propri carri armati meno vulnerabili ai sistemi anticarro ucraini. Questo è un fatto che è stato confermato di recente, in quanto la Russia ha introdotto una serie di sistemi che attenuano le emissioni di calore/IR dei carri armati, rendendoli difficili da agganciare per i Javelin e altri sistemi simili che si basano su forti firme IR.

Il rapporto conferma inoltre che i T-55 e i T-64 russi “derisi in Occidente” rappresentano in realtà una seria minaccia per il campo di battaglia, perché – sorpresa – non sono utilizzati nei ruoli tradizionali di carri armati, ma in quelli di supporto al fuoco e all’artiglieria, proprio come abbiamo detto letteralmente fin dall’inizio mentre l’Occidente derideva e rideva:

La Russia è stata ampiamente ridicolizzata in Occidente per l’impiego dei vecchi carri armati T-55 e T-62, eppure essi rappresentano “una seria minaccia sul campo di battaglia”, si legge nel rapporto. Questo perché non vengono utilizzati come carri armati, ma in un ruolo di supporto al fuoco come veicoli da combattimento per la fanteria, dotati di una corazza più pesante e di armi più grandi.

Questo dato è in linea con un rapporto separato pubblicato di recente che approfondisce ulteriormente la questione rispetto all’articolo sopra citato e che conferma ulteriormente questi risultati:

Il pezzo di Bloomberg riprende per lo più questo rapporto del Rusi Institute, che approfondisce gli aspetti militari e tattici dei cosiddetti “cambiamenti” ed evoluzioni che la Russia sta subendo: https://rusi.org/explore-our-research/publications/special-resources/meatgrinder-russian-tactics-second-year-its-invasion-ukraine

Uno degli aspetti più interessanti del rapporto è la specifica ammissione che anche il famoso “Complesso d’attacco di ricognizione” della Russia ha subito importanti miglioramenti. Si afferma che c’è stato uno snellimento dei cicli OODA e dei tempi di “chiamata per premere il grilletto”, creando una più stretta integrazione tra gli UAV di osservazione russi e i comandanti direttamente supportati che sono “autorizzati ad applicare il fuoco”.

Continuano dicendo che l’artiglieria russa è migliorata notevolmente anche nelle sue tattiche, comprese tattiche più efficaci di “scoot-and-shoot”, indicando specificamente il sistema Strelets, di cui ho scritto qui, come una componente importante di questo miglioramento.

Inoltre, confermano qualcosa che avevo già previsto e di cui avevo scritto tempo fa nello stesso articolo:

All Seeing Eye: Can Russia Break Through The West’s ISR Overmatch?

All Seeing Eye: Can Russia Break Through The West's ISR Overmatch?

All Seeing Eye: La Russia può superare l’overmatch dell’Occidente nel campo dell’ISR?
“Ogni guerra al punto di svolta delle epoche tecnologiche (e siamo proprio in uno stato di transizione di questo tipo) è gravata dalla mancanza di comprensione dei principi di funzionamento delle nuove armi e delle tattiche del loro uso, nonché della strategia complessiva dell’intero complesso di azioni militari e politiche”.

Leggi l’articolo completo
Scorrete fino alla sezione sulle “Economie di scala” e notate le mie affermazioni su come tutte le precedenti carenze attribuite alla Russia fossero in realtà il prodotto di un numero troppo basso di uomini in teatro, che era meno della metà di quello stimato dalla maggior parte delle persone. E man mano che i russi mobilitati si riempivano nei ranghi, avevo previsto che questo avrebbe avuto un effetto di massa su segmenti delle forze armate che la maggior parte non aveva previsto, dal momento che si pensava tipicamente alla forza della baionetta delle sole forze di terra, e non si considerava che tipo di effetto composto avrebbe avuto l’aumento delle divisioni AD sulla difesa aerea integrata per tutte le linee russe.

E ora, se leggete il nuovo rapporto dell’Istituto Rusi, vedrete che sta confermando esattamente quello che ho detto:

Anche le difese aeree russe hanno visto un significativo aumento della loro efficacia ora che sono state allestite intorno a posizioni note e piuttosto statiche e sono adeguatamente collegate. Sebbene la Russia abbia sempre faticato a rispondere alle minacce emergenti, col tempo si è adattata. Secondo le forze armate ucraine, le difese aeree russe intercettano ora una parte degli attacchi GMLRS, poiché le difese puntuali russe sono direttamente collegate a radar superiori.

Naturalmente, quando si hanno solo 80.000 uomini nel Paese, invece dei 250.000 che tutti pensano, ci saranno enormi lacune nella vostra AD e non sarà comunque completamente “in rete”, ma piuttosto un insieme ad hoc di sistemi mobili che proteggono solo le aree più critiche. Ora che la Russia ha riempito le linee con un numero reale di truppe, ha creato un vero sistema integrato e in rete che ha in gran parte annullato gli HIMAR.

Concludono:

Una panoramica dell’adattamento russo rivela una forza in grado di migliorare ed evolvere il proprio impiego di sistemi chiave. Vi sono prove di un processo centralizzato per l’identificazione delle carenze nell’impiego e lo sviluppo di mitigazioni….

Il risultato è una struttura che diventa migliore nel tempo per gestire i problemi che deve affrontare immediatamente, ma che fatica anche ad anticipare le nuove minacce. La conclusione è quindi che le Forze armate russe rappresentano una sfida significativa per l’esercito ucraino in materia di difesa.

Anche il recente articolo di Yahoo News conferma alcune delle precedenti affermazioni sui cosiddetti carri armati “obsoleti” della Russia:

Approfondisce ulteriormente le tattiche termiche della Russia:

La Russia ha anche utilizzato i suoi carri armati – principalmente il T80BV – per incursioni notturne durante le rotazioni delle truppe ucraine, con l’obiettivo di “avvicinarsi rapidamente al settore bersaglio, sparare il maggior numero possibile di colpi in un breve lasso di tempo e ritirarsi”.

Inoltre, alcune modifiche e tattiche russe hanno reso più difficile individuare e colpire i blindati russi con i missili guidati anticarro, scrivono gli autori. Vengono ora utilizzati materiali anti-termici e attacchi al crepuscolo e all’alba – un momento noto come “crossover termico” – quando il carro armato si trova a una temperatura più vicina a quella ambientale, ha spiegato il rapporto.

Nel frattempo, la Gran Bretagna si lamenta di essere a corto di armi:

Questo conferma altri rapporti che ho recentemente messo in evidenza, in particolare sul fatto che gli Stati Uniti hanno “esaurito” le loro scorte di armi da combattimento come gli M777.

Attualmente si parla molto degli Storm Shadows, con rapporti che affermano che la Gran Bretagna ne ha forniti fino a 300-400 all’Ucraina. Tuttavia, la Gran Bretagna stessa ne aveva solo 900-1.000 e la sua capacità di produrli si aggira probabilmente intorno ai 100-200 all’anno al massimo. Probabilmente è per questo che l’Ucraina ha già iniziato a implorare la Germania di fornire i suoi missili da crociera Taurus:

Il WSJ è tornato con un’altra notizia, che non richiede tanto un commento quanto una semplice occhiata di sfuggita come curiosità umoristica:

Ma alimenta le teorie già avanzate in precedenza, secondo cui l’obiettivo finale dell’Occidente è trasformare l’Ucraina nella “Israele” della regione. Con la sua premessa centrale di “garanzie di sicurezza” di lunga durata (leggi: permanenti) per l’Ucraina, ciò che l’articolo sta realmente spingendo è l’accettazione dell’idea che all’Ucraina dovrebbe essere assegnato un fondo militare perenne, simile a quello di cui gode Israele.

Un altro articolo simile – questa volta dei guerrafondai del New York Times – spinge sul concetto che l’Ucraina dovrebbe poter entrare nella NATO anche durante la guerra:

L’articolo sottolinea ulteriormente la linea aziendale ormai standard secondo cui l’offensiva dell’Ucraina è solo uno stratagemma per ottenere diritti di contrattazione favorevoli al successivo cessate il fuoco:

Per l’Ucraina, molto dipenderà dalla forma del campo di battaglia dopo la sua controffensiva, e se il risultato porterà a un qualche tipo di cessate il fuoco prolungato, a confini relativamente stabili, o addirittura a colloqui di pace.

La premessa è che Zelensky parteciperà al grande vertice della NATO a luglio, e gli apparati si stanno affannando per garantire che ci sia qualcosa di tangibile e sostanziale da offrire all’Ucraina durante il vertice.

L’articolo delinea inoltre l’idea che gli Stati Uniti dovrebbero spingere per la pace se “le linee di battaglia si induriscono”, usando il periodo intermedio per riempire l’Ucraina di denaro e potenzialmente farla entrare nella NATO, sia come membro diretto che in una versione de facto, “solo di nome”.

Ci sono state varie proposte per rendere l’Ucraina un riccio indigesto per la Russia, così imbottito di sofisticati armamenti occidentali che, anche se non membro della NATO, potrebbe scoraggiare Mosca. Questo è il nucleo di un’idea proposta per la prima volta da un ex segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, e da un collaboratore di Zelensky, Andriy Yermak.

L’idea di Rasmussen, che molti nella NATO per ora sostengono, suggerisce Israele come modello, dove l’impegno di Washington per la sua sicurezza continua è chiaro anche senza uno specifico trattato di mutua difesa. Ma i problemi sono evidenti: Israele ha armi nucleari, mentre l’Ucraina no. E anche gli impegni bilaterali di difesa dei membri della NATO per l’Ucraina potrebbero finire per trascinare l’intera alleanza in una futura guerra Russia-Ucraina.

Ma ciò che è interessante, alla luce di tutto questo, è che sia l’Ucraina che la Russia continuano nella loro posizione irremovibile di rifiuto assoluto di qualsiasi forma di cessate il fuoco. Diverse figure chiave ucraine hanno ribadito questa posizione di recente, tra cui il ministro Dmitriy Kuleba.

Una recente propaganda ucraina, d’altra parte, sostiene che la parte russa sta cercando di passare a una posizione di cessate il fuoco. Questa affermazione si basa soprattutto sulle recenti dichiarazioni di Dmitry Medvedev, il quale ha sottolineato che se mai verrà firmato un cessate il fuoco, il conflitto infurierà per molti anni e persino per decenni. Al contrario, egli ha usato retoricamente questo esempio per sostenere l’esatto contrario: dimostrare le ragioni per cui la Russia non può firmare un cessate il fuoco. Hanno convenientemente omesso questo aspetto per caratterizzare la Russia come un ammorbidimento verso una posizione di cessate il fuoco.

A sostegno, hanno citato anche altri funzionari russi che hanno dichiarato che la Russia verrà al tavolo dei negoziati se l’Ucraina rinuncerà a tutte le rivendicazioni sui territori attualmente liberati dalla Russia e “prometterà di non entrare nella NATO”. Per non parlare delle “fonti di intelligence” occidentali che hanno sostenuto queste affermazioni:

Mosca ha anche deciso di concentrarsi sul suo obiettivo di impedire all’Ucraina di entrare nell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (NATO), ha dichiarato giovedì ai legislatori Avril Haines, direttore dell’intelligence nazionale (DNI).

“Valutiamo che Putin abbia probabilmente ridimensionato le sue ambizioni immediate di consolidare il controllo del territorio occupato nell’Ucraina orientale e meridionale e di garantire che l’Ucraina non diventi mai un alleato della NATO”, ha detto Haines.

Ma ancora una volta, omettono subdolamente il fatto che i funzionari russi hanno ribadito che, oltre ai punti di cui sopra, l’Ucraina dovrebbe ancora essere de-nazificata e smilitarizzata – quindi, in breve, la posizione russa non è cambiata affatto. Figure importanti come il capo del Consiglio di sicurezza russo Patrushev hanno dichiarato che la Russia “andrà fino in fondo” e non accetterà alcun compromesso. Naturalmente, tali dichiarazioni passano inosservate in Occidente e vengono convenientemente ignorate.

Ma tutto questo serve a contestualizzare il punto finale dell’articolo:

Tuttavia, se la guerra non dovesse alla fine produrre un ritiro e una sconfitta russa su larga scala, ciò che potrebbe risultare convincente per il signor Zelensky e gli ucraini – dando a qualsiasi trattativa di pace la massima leva – sarebbe l’adesione alla NATO, dietro linee di cessate il fuoco solidificate, magari pattugliate, suggerisce Heisbourg, da una coalizione di forze di pace della NATO e di altri Paesi, come l’India o persino la Cina.

A ciò si aggiungerebbe la promessa, come in Germania, che la completa riunificazione dell’Ucraina rimarrà una questione aperta per il futuro. L’adesione alla NATO consoliderebbe la pace e permetterebbe la ricostruzione, gli investimenti privati e il ritorno di molti rifugiati.

Ne ho scritto a lungo di recente, in risposta alle domande su “come” l’Occidente cercherà di portare la Russia e l’Ucraina al tavolo dei negoziati. Per quanto riguarda in particolare l’Ucraina, che continua a mantenere la sua stoica facciata di “non arretrare di un centimetro”, ho spiegato come verrà usata la carota della NATO per mitigare la sua posizione. In particolare, l’Occidente avrebbe promesso non solo la piena integrazione nella NATO, ma anche la ripresa delle ostilità in un secondo momento, in modo che l’Ucraina avesse un meccanismo per salvare la faccia e poter dire al suo popolo che i territori attualmente persi sono solo “temporaneamente occupati” e che saranno riconquistati nel prossimo futuro.

Avevo ipotizzato che una delle ragioni principali fosse l’imminente ciclo elettorale e che l’establishment statunitense avesse bisogno di una pausa temporanea per poter proclamare una modesta “vittoria” nel periodo del 2024, dopodiché sarebbe stato libero di riprendere le ostilità da qualche parte lungo la strada. Quindi la citazione di cui sopra sembra sostenere le mie teorie e potrebbe essere un modo per convincere Zelensky a venire al tavolo.

Ma come ho appena detto, perché questo piano funzioni, l’offensiva ucraina dovrebbe ritagliarsi almeno una parvenza di posizione che possa essere interpretata come moderatamente redditizia. Sappiamo che, grazie al potere della propaganda mediatica occidentale, quasi tutto può essere venduto come una vittoria alle ottuse masse occidentali. Dopo tutto, sono persino riusciti a vendere il disastro di Bakhmut come una sorta di vittoria per gran parte del pubblico.

Quindi non mi aspetto che l’Ucraina abbia bisogno di grandi guadagni per far funzionare questo piano, ma ha bisogno almeno di qualcosa di simbolico su cui l’Occidente possa appendere il cappello. Per esempio, sappiamo che gli ultimi mesi di combattimenti saranno (e sono già stati) venduti come una vittoria ucraina sul piano della resistenza, mentre i dati falsi sulle “perdite” russe vengono utilizzati per imbottire la narrazione secondo cui, nonostante i guadagni, la Russia ha perso centinaia di migliaia di uomini, ecc.

Allo stesso modo, nell’imminente offensiva ucraina, finché riusciranno a guadagnare anche solo un piccolo punto d’appoggio, il resto sarà supportato da una propaganda istericamente gonfiata sulle perdite russe di massa, ecc. Tutto ciò di cui hanno bisogno è un paio di colpi psicologici decenti e la Russia sarà venduta come un “impero caduto”, mentre l’Ucraina potrà ricevere una pacca sulla testa con il premio di consolazione delle garanzie della NATO.

A parte questo, Biden ha nominato il generale Charles Q. Brown per sostituire il generale Milley a capo dello Stato Maggiore congiunto.

L’aspetto interessante è che Brown è un “equo” DEI a tutti gli effetti e sembra intenzionato a trasformare le forze armate statunitensi in un nuovo tipo di forza.

L’anno scorso Brown, insieme al sottosegretario all’Aeronautica Gina Ortiz Jones, la prima donna gay e filippina a ricoprire il suo ruolo, e ad altri leader, ha firmato uno dei documenti razzisti più scioccanti e distruttivi mai prodotti dall’esercito moderno. L’argomento del memorandum dell’Air Force erano le quote di ufficiali stabilite in base alla razza e al genere. -Fonte

 

Suppongo che questi cambiamenti continueranno a mettere in evidenza le differenze tra le forze armate russe e statunitensi, dove i militari russi tornano a casa per salutare i loro figli in questo modo:

Mentre i militari americani tornano a casa con questo:

Alla luce dei preparativi per la millantata “controffensiva” ucraina, i giochi psicologici dell’Occidente stanno raggiungendo il livello di guardia, per cui siamo costretti a pubblicare in modo coordinato titoli come il seguente:

From: https://www.pravda.com.ua/eng/news/2023/05/24/7403711/

and

https://www.theguardian.com/commentisfree/2023/may/23/arrest-warrants-petitions-tribunals-pressure-mounting-vladimir-putin

A questi si aggiungono articoli ridicoli come il seguente:

Che sostiene che il “pubblico” russo sembra essere inacidito sulla guerra. Come lo sanno? Perché glielo ha detto un’IA che ‘monitora’ Telegram. Si può dire “faccia a faccia”?

Lascio il meglio per ultimo: questo pezzo del Kiev Independent che sostiene che gli ucraini che indossano svastiche e altre immagini naziste non sono veri nazisti – sentite questa – ma semplicemente ammirano il coraggio, l’abilità marziale e lo spirito combattivo della Wehrmacht.

https://kyivindependent.com/illia-ponomarenko-why-some-ukrainian-soldiers-use-nazi-related-insignia/

Almeno riescono ad ammettere quanto segue:

Questi gruppi erano aggressivi e altamente motivati. È ovviamente vero che, ad esempio, il Battaglione Azov è stato originariamente fondato da gruppi neonazisti e di estrema destra (oltre che da molti tifosi di calcio), che hanno portato con sé l’estetica tipica – non solo le insegne neonaziste, ma anche cose come rituali pagani o nomi come “Il Corpo Nero”, il giornale ufficiale della principale organizzazione paramilitare Schutzstaffel (SS) della Germania nazista.

Ma come in ogni Paese, i veri neonazisti in Ucraina erano e sono ancora una minuscola minoranza.

Ma poi continua dicendo che questi gruppi sono stati “isolati con successo”, ma solo grazie alle pressioni dell’Occidente. Quindi, ammettono che se non fosse per la percezione da parte dell’Occidente dell’enorme problema di immagine creato da questi gruppi nazisti, l’Ucraina non avrebbe alcun incentivo o interesse a eliminare questi gruppi dai riflettori?

La tesi principale è raggiunta a metà dell’articolo (io ho letto questa robaccia apologetica, quindi non dovete farlo voi):

Ciononostante, i noti simboli nazisti e quasi-nazisti sono talvolta utilizzati da soldati che non si avvicinano ad alcuna visione estremista o odiosa.

Perché questo accade? Nella memoria troppo semplicistica di alcuni in tutto il mondo, in particolare all’interno di varie sottoculture militariste, i simboli che rappresentano la Wehrmacht, le forze armate della Germania nazista, e le SS sono visti come il riflesso di una macchina da guerra super-efficace, non come gli autori di uno dei più grandi crimini contro l’umanità nella storia dell’umanità.

Oh, giusto. Il saluto nazista e l’elogio aperto di Hitler in video non ha nulla a che vedere con le opinioni “estremiste”, ma è semplice e innocente ammirazione della “efficace macchina da guerra” della Germania, la stessa che ha perso contro la Russia.

Ma il povero Ponomorenko, che sia benedetto, sta davvero cercando di eseguire gli ordini dei suoi padroni della CIA per sbiancare il singolare e radicato problema nazista dell’Ucraina. Cerca di distribuire la colpa sostenendo che tutti i militari mondiali hanno adottato questi simboli, non solo l’Ucraina:

Sebbene questo, ovviamente, non assolva questi soldati dall’indossare insegne estremamente offensive, offre una spiegazione parziale del perché, a mio parere, questi simboli sono diventati parte integrante delle sottoculture militariste globali che abbracciano diversi simboli storici di guerra, in particolare quelli nazisti.

Man mano che queste insegne sono state assorbite nelle sottoculture militariste di tutto il mondo, molti di coloro che indossano le toppe naziste sulle loro uniformi sono arrivati a dissociare questi emblemi dai crimini commessi dai loro utilizzatori originari 80 anni fa.

Le immagini naziste sono diventate “parte integrante delle sottoculture militariste globali”? Davvero? E come mai non le vedo? Come mai non le vedo da nessuna parte, a parte nell’esercito ucraino? Queste persone devono pensare che siamo davvero stupidi. Ma poi, dimentico, questi pezzi non sono rivolti a noi, ma al loro pubblico di creduloni e ochette.

L’ultimo articolo, che ci porta completamente all’offensiva ucraina, rappresenta una serie di titoli guidati dalle recenti dichiarazioni della perfida strega di Maidan Victoria Nuland, secondo cui “gli Stati Uniti stanno lavorando con l’Ucraina sulla controffensiva da mesi”.

https://www.rt.com/news/576926-us-ukraine-counteroffensive-nuland/

Non solo ha fatto la suddetta affermazione:

“Anche se state pianificando la controffensiva, su cui stiamo lavorando con voi da circa 4-5 mesi, stiamo già iniziando a discutere con il governo ucraino e con gli amici di Kiev – sia dal punto di vista civile che militare – sul futuro a lungo termine dell’Ucraina”, ha dichiarato la Nuland al Forum sulla sicurezza di Kiev in collegamento video dal Dipartimento di Stato.

Ma si è lasciata sfuggire la seguente piccola chicca:

Ha aggiunto che l’attacco “probabilmente inizierà e si muoverà in concomitanza” con eventi come il vertice NATO in Lituania, previsto per l’11 luglio.

Il che conferma le nostre precedenti teorie sulla possibilità che la grande offensiva ucraina coincida con i grandi giochi dell’aviazione della NATO, definiti “i più grandi della storia”, che inizieranno a giugno e che si intrecceranno con il vertice della NATO di luglio.

Bene, questi sono i titoli per ora. Spero che vi sia piaciuto non doverli leggere e che mi sia permesso di fare questo servizio per voi, perché è davvero un esercizio che esaurisce le cellule cerebrali per gran parte della spazzatura pubblicata in Occidente. Ma almeno fornisce un resoconto che apre gli occhi sui cambiamenti tettonici che i cognoscitori e i commentatori occidentali stanno attualmente subendo nel loro approccio alla teorizzazione della guerra in Ucraina.

Si può quasi fare una tabella dei dodici passi per illustrare il loro lento ma prevedibile “avvicinamento” alla verità e alla luce. Prima viene sempre l’accettazione, che finalmente è riuscita. Ma sono ancora nella fase in cui credono che, sebbene l’Ucraina non stia vincendo, nemmeno la Russia sta vincendo, e quindi il “cessate il fuoco” è ora diventato l’usuale via d’uscita degli autoproclamati “eruditi”. Semplicemente non riescono a immaginare che le cose vadano in un altro modo.

E suppongo che possa essere comprensibile, dopo tutto la Russia non ha ancora mostrato all’Occidente o all’Ucraina un’azione veramente “decisiva”. Questo è il più grande asso nella manica che è stato lasciato fuori dal tavolo, un asso nella manica su cui anche i nostri interlocutori non sono del tutto convinti. La domanda che ci si pone è se la Russia “si scatenerà” in modo eclatante o se ha “perso” la capacità di condurre una guerra di manovra ed è ora impantanata in un’interminabile guerra di logoramento simile alla prima guerra mondiale, che difficilmente produrrà colpi grandiosi e decisivi.

Ma credo che quello che la Russia sta facendo sia la cosa più intelligente, indebolire l’avversario per il tempo necessario con uno stile di guerra che favorisce molto la Russia. Perché precipitarsi in azioni offensive solo perché i blogger su Telegram stanno diventando nervosi, e subire perdite, quando si può facilmente distruggere l’avversario da lungo raggio all’infinito, e poi piombare per finirlo quando è a malapena in grado di resistere.

L’argomento principale contro questo è “beh, l’Ucraina è stata armata dalla NATO per tutto questo tempo e si sta rafforzando”. Lo sono davvero? Nell’ultimo mese la Russia ha sferrato attacchi massicci all’Ucraina, al punto che la Germania ha annunciato una nuova tranche di oltre 100 Leopard 1A5. Perché mai, dov’è finito l’altro primo lotto di Leopard 2A4? Il punto è che è semplicemente una supposizione che l’Ucraina sia “armata” all’infinito, quando in realtà la Russia sembra distruggere grandi quantità di armi che arrivano nei magazzini.

A causa dell’effetto moltiplicativo degli attacchi, è molto più facile per la Russia annullare il cosiddetto programma di armamento Lend Lease dell’Ucraina, perché decine di milioni di dollari di equipaggiamento possono essere distrutti da un singolo missile preciso o da un drone economico in un batter d’occhio. Basta un solo missile per aggirare le difese e mesi di pianificazione cruciale e di coordinamento logistico vanno in fumo. Non si potrà mai superare l’effetto negativo degli attacchi russi in questo modo.

Ma presto vedremo chi ha ragione. La “grande offensiva” si profila davanti a noi e, man mano che le mani vengono forzate, le carte potrebbero presto essere tutte sul tavolo.

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Conferenza di Lennart Meri 2023, di Fiona Hill

Ai lettori più attenti il nome di Fiona Hill dovrebbe ricordare qualcosa. E’ stata consigliere G.W. Bush e Obama. Ha collaborato, tra gli altri, con Christopher Steele. Proprio lui, l’artefice dell’omonimo dossier, sponsorizzato da H. Clinton e certificato definitivamente come falso dalla Commissione Dhuram, che ha avviato il Russiagate ai danni di Donald Trump. Assistente di Bolton, quindi appartenente a pieno titolo allo staff presidenziale di Trump, si è distinta particolarmente per la vivacità delle sue testimonianze ai danni del Presidente.  Ne ha tratto, di conseguenza, gli ovvi benefici in termini di carriera e visibilità. Proprio per il suo curriculum il suo saggio merita una attenta considerazione e lascia intravedere le possibili nuove strade che i centri decisori attualmente maggioritari potranno intraprendere per uscire dalla trappola in cui si sono chiusi. Una riconsiderazione che dovrà passare per la defenestrazione di una buona parte dell’attuale compagine al governo. La sorte di una figura opaca come Biden, molto più incerta di quanto possa apparire, dipenderà dalla lunghezza e dalla complessità di questa fase di transizione dall’esito niente affatto scontato. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Conferenza di Lennart Meri 2023 di Fiona Hill

Fiona Hill
Borsista Richard von Weizsäcker presso la Fondazione Robert Bosch e Senior Fellow presso il Brookings Institution

L’Ucraina nel nuovo disordine mondiale
La ribellione del resto del mondo contro gli Stati Uniti
A più di un anno dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la brutale guerra scatenata da Vladimir Putin si è trasformata, come spesso accade nei grandi conflitti regionali, in una guerra con ramificazioni globali. Non si tratta, come sostengono Vladimir Putin e altri, di una guerra per procura tra gli Stati Uniti o l'”Occidente collettivo” (gli Stati Uniti e i loro alleati europei e non) contro la Russia. Nell’attuale scenario geopolitico, la guerra è ora effettivamente l’inverso: un proxy per una ribellione della Russia e del “Resto” contro gli Stati Uniti. La guerra in Ucraina è forse l’evento che rende evidente a tutti il passaggio della pax americana.

Nel perseguire la guerra, la Russia ha abilmente sfruttato una radicata resistenza internazionale, e in alcuni casi un’aperta contestazione, al mantenimento della leadership americana nelle istituzioni globali. Non è solo la Russia che cerca di spingere gli Stati Uniti ai margini in Europa e la Cina che vuole minimizzare e contenere la presenza militare ed economica degli Stati Uniti in Asia, in modo che entrambi possano assicurarsi le rispettive sfere di influenza. Altri Paesi, tradizionalmente considerati “medie potenze” o “swing states” – il cosiddetto “Resto” del mondo – cercano di ridurre gli Stati Uniti a dimensioni diverse nelle loro vicinanze e di esercitare una maggiore influenza negli affari globali. Vogliono decidere, non sentirsi dire cosa è nel loro interesse. In breve, nel 2023 sentiremo un sonoro no al dominio degli Stati Uniti e vedremo un marcato appetito per un mondo senza egemoni.

In questo contesto, la prossima iterazione del sistema globale di sicurezza, politico ed economico non sarà delineata solo dagli Stati Uniti. La realtà è già un’altra. Non è un “ordine”, che indica intrinsecamente una gerarchia, e forse nemmeno un “disordine”. Una serie di Paesi sta spingendo e tirando in linea con le proprie priorità per produrre nuovi accordi. Noi, nella comunità transatlantica, potremmo dover sviluppare una nuova terminologia e adattare i nostri approcci di politica estera per affrontare reti orizzontali di strutture che si sovrappongono e talvolta competono. Siamo entrati in quella che Samir Saran, presidente della Observer Research Foundation indiana, ha definito l’era delle “partnership a responsabilità limitata”. La regionalizzazione delle alleanze di sicurezza, commerciali e politiche complica le nostre strategie di sicurezza nazionale e la pianificazione politica, ma può anche intersecarsi con le nostre priorità in modi utili se riusciamo ad essere flessibili e creativi, invece di limitarci a resistere e rispondere quando le cose vanno in direzioni che non ci piacciono. Come ha suggerito l’esperto di sicurezza britannico Neil Melvin, dovremmo abbracciare l’idea del “mini-lateralismo”.

Lennart Meri, che celebriamo e commemoriamo con questa conferenza, ha dimostrato flessibilità e creatività in un frangente altrettanto dirompente alla fine della Guerra Fredda, proprio come ci si potrebbe aspettare da un poliglotta, scrittore e regista di talento, che come politico è stato sia ministro degli Esteri che presidente. In effetti, si potrebbe persino suggerire che Lennart Meri abbia prefigurato il nostro momento attuale. Negli anni Novanta, il presidente Meri ha promosso l’idea che diventare europei o transatlantici non significava rinunciare alla propria identità estone o ignorare il proprio contesto regionale. Come storico di formazione, egli comprendeva tale contesto nel suo nucleo più profondo. Il Presidente Meri ha cercato di sviluppare molteplici prospettive regionali e globali per l’Estonia. Ha dato priorità alle relazioni con i vicini immediati e con l’Europa, con gli Stati Uniti e con le Nazioni Unite. Le relazioni con gli Stati Uniti sono state fondamentali per Meri, perché Washington non ha mai riconosciuto l’occupazione sovietica degli Stati baltici dopo la Seconda Guerra Mondiale e ha facilitato la libertà dell’Estonia dopo il 1991. Ma Meri adottò anche un approccio fortemente baltico nell’elaborazione della politica estone. Non subordinò mai l’Estonia a una potenza più grande. Il Presidente Meri aveva un’acuta consapevolezza di ciò che un piccolo Paese poteva ottenere e perché. Come ha osservato in un famoso commento che rifletteva sull’ovvia vicinanza e sulla storia dell’Estonia con la Russia: “Rispetto alla Russia, l’Estonia è come un kayak degli Inuit. Una superpetroliera impiega 16 miglia nautiche per tornare indietro, ma gli Inuit possono fare una virata di 180 gradi in un attimo”.

Se fosse qui oggi, sospetto che il Presidente Meri riconoscerebbe che la guerra in Ucraina è una guerra che cambia il mondo o il sistema. Ha eliminato i dettagli superficiali ed esposto le falle e le linee di faglia dell’ordine internazionale. Non è un conflitto del XXI secolo. È una guerra retrograda – quella che speriamo sia lo spasmo terminale delle convulsioni europee che hanno scosso il resto del mondo nel XX secolo a causa del precedente dominio mercantilista e delle conquiste imperiali dell’Europa. Putin e Mosca stanno combattendo in Ucraina per riprendere il controllo di un territorio ex coloniale ceduto alla fine del XX secolo.

Putin ritiene che la Russia non sia solo lo Stato successore, ma lo “Stato in continuità” dell’Impero russo e dell’Unione Sovietica. Ed è proprio così che tutti noi abbiamo riconosciuto la Russia dopo la dissoluzione dell’URSS nel dicembre 1991. Questo fatto spiega molto del presente. La Russia è l’ultimo impero continentale in Europa. Nel corso del XX secolo, la Prima guerra mondiale ha fatto crollare gli imperi ottomano e austro-ungarico, il Kaiser tedesco e lo zar russo. I bolscevichi ricostituirono la Russia come Unione Sovietica e mantennero con la forza molti dei possedimenti territoriali contigui a Mosca. La Seconda guerra mondiale segnò la fine del colonialismo europeo e favorì la disintegrazione dell’Impero britannico d’oltremare, ma l’Unione Sovietica si espanse nuovamente. Infatti, l’URSS riconquistò l’Estonia e gli altri Stati baltici e tentò di riprendere la Finlandia. I sovietici esercitarono anche un nuovo dominio sull’Europa orientale dopo la Seconda guerra mondiale. Lo zelo espansionistico dell’URSS la portò poi a confrontarsi per quasi mezzo secolo con gli Stati Uniti, ex colonia britannica. L’Unione Sovietica, l’impero russo, è infine crollato alla fine di questo periodo, la Guerra Fredda, ma non nelle menti di Vladimir Putin e della sua coorte.

Dal 1991, gli Stati Uniti sono rimasti apparentemente soli come superpotenza globale. Ma oggi, dopo un periodo di due decenni di scontri, caratterizzato da interventi militari a guida americana e dall’impegno diretto in guerre regionali, la guerra in Ucraina evidenzia il declino degli Stati Uniti stessi. Un declino relativo dal punto di vista economico e militare, ma grave in termini di autorità morale degli Stati Uniti. Purtroppo, proprio come voleva Osama bin Laden, le reazioni e le azioni degli Stati Uniti hanno eroso la loro posizione dopo i devastanti attacchi terroristici dell’11 settembre. La “stanchezza dell’America” e la disillusione per il suo ruolo di egemone globale sono diffuse. Questo vale anche per gli stessi Stati Uniti – un fatto che si manifesta spesso al Congresso, nei notiziari e nei dibattiti dei think tank. Per alcuni, gli Stati Uniti sono un attore internazionale imperfetto con i propri problemi interni da affrontare. Per altri, gli Stati Uniti sono una nuova forma di Stato imperiale che ignora le preoccupazioni degli altri e getta il suo peso militare.

Nel breve termine, ciò è particolarmente dannoso per l’Ucraina. A livello globale, la guerra in Ucraina è vista come uno dei tanti eventi drammatici che si sono susseguiti dal 2001 in poi sotto la spinta degli Stati Uniti. La pesante conduzione della “guerra al terrorismo” da parte dell’America ha alienato un’ampia fetta del mondo musulmano. L’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003, sulla scia dell’Afghanistan, ha fatto rivivere gli orrori degli interventi statunitensi della Guerra Fredda in Corea e Vietnam. L’inazione degli Stati Uniti in conflitti come lo Yemen e gli interventi selettivi in Libia e Siria hanno sottolineato l’incoerenza della politica estera americana. La crisi finanziaria del 2008-2010 e la Grande Recessione, seguite dagli sconvolgimenti interni dell’America e dall’elezione di Donald Trump nel 2016, hanno offuscato il potere dell’esempio democratico americano. Il disprezzo di Trump per gli accordi internazionali e la sua flagrante cattiva gestione della pandemia globale, così come, più recentemente, il pasticciato ritiro dell’amministrazione Biden dall’Afghanistan, mettono ulteriormente in dubbio la capacità degli Stati Uniti di essere leader a livello globale.

Tutto ciò non significa che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sia considerata positivamente. I principi fondamentali del diritto internazionale sono ancora un ordine o un principio ordinatore universale, soprattutto per gli Stati più piccoli. I Paesi di tutto il mondo hanno ampiamente riconosciuto e condannato i fatti dell’aggressione russa, anche con diverse votazioni all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La Corte Internazionale di Giustizia, la Corte Penale Internazionale e altre sentenze internazionali hanno sottolineato che l’Ucraina ha un ruolo legale e non solo morale nella guerra. La condotta brutale e le atrocità di Mosca, insieme ai suoi errori e fallimenti militari, hanno sminuito la posizione della Russia. Ma l’opinione che la maggior parte degli Stati e dei commentatori ha degli Stati Uniti è il loro prisma per valutare le azioni della Russia.

L’Ucraina viene essenzialmente punita con il senso di colpa per associazione per aver ricevuto il sostegno diretto degli Stati Uniti nel suo sforzo di difendersi e liberare il proprio territorio. In effetti, in alcuni forum internazionali e nazionali americani, le discussioni sull’Ucraina degenerano rapidamente in discussioni sul comportamento passato degli Stati Uniti. Le azioni della Russia vengono affrontate in modo superficiale. “La Russia fa solo quello che fanno gli Stati Uniti”, è la replica… Sì, la Russia ha rovesciato il principio fondamentale post-1945 del divieto di guerra e di uso della forza sancito dall’articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite… Ma gli Stati Uniti avevano già danneggiato questo principio quando hanno invaso l’Iraq 20 anni fa.

Il “qualunquismo” non è solo una caratteristica della retorica russa. L’invasione statunitense dell’Iraq ha compromesso universalmente la credibilità degli Stati Uniti e continua a farlo. Per molti critici degli Stati Uniti, l’Iraq è stato il più recente di una serie di peccati americani che risalgono al Vietnam e il precursore degli eventi attuali. Anche se una piccola manciata di Stati si è schierata con la Russia nelle successive risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, significative astensioni, anche da parte di Cina e India, segnalano il malcontento verso gli Stati Uniti. Di conseguenza, il duplice compito vitale di ripristinare il divieto di guerra e di uso della forza come pietra angolare delle Nazioni Unite e del sistema internazionale e di difendere la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina si perde in una palude di scetticismo e sospetti sugli Stati Uniti.

Nel cosiddetto “Sud globale” e in quello che io definisco vagamente “Resto del mondo”, gli Stati Uniti non sono percepiti come uno Stato virtuoso. La percezione dell’arroganza e dell’ipocrisia americana è molto diffusa. La fiducia nel sistema internazionale che gli Stati Uniti hanno contribuito a inventare e che hanno presieduto dalla Seconda guerra mondiale è scomparsa da tempo. Le élite e le popolazioni di molti di questi Paesi ritengono che il sistema sia stato imposto loro in un momento di debolezza, quando stavano appena conquistando la propria indipendenza. Anche se le élite e le popolazioni hanno generalmente beneficiato della pax americana, ritengono che gli Stati Uniti e il loro blocco di Paesi dell’Occidente collettivo ne abbiano beneficiato molto di più. Per loro, questa guerra riguarda la protezione dei benefici e dell’egemonia dell’Occidente, non la difesa dell’Ucraina.

Le false narrazioni russe sull’invasione dell’Ucraina e sugli Stati Uniti risuonano e attecchiscono a livello globale perché cadono su questo terreno fertile. La disinformazione russa sembra più un’informazione: è conforme ai “fatti” come li vedono gli altri. Le élite non occidentali condividono la stessa convinzione di alcuni analisti occidentali che la Russia sia stata provocata o spinta alla guerra dagli Stati Uniti e dall’espansione della NATO. Non sopportano il potere del dollaro americano e il frequente uso punitivo delle sanzioni finanziarie da parte di Washington. Non sono stati consultati dagli Stati Uniti su questa serie di sanzioni contro la Russia. Vedono che le sanzioni occidentali limitano le loro forniture energetiche e alimentari e fanno salire i prezzi. Attribuiscono la colpa del blocco del Mar Nero e dell’interruzione deliberata delle esportazioni globali di grano agli Stati Uniti, e non al vero responsabile, Vladimir Putin. Fanno notare che nessuno ha spinto per sanzionare gli Stati Uniti quando hanno invaso l’Afghanistan e poi l’Iraq, anche se erano contrari all’intervento americano, quindi perché dovrebbero farlo ora?

La resistenza dei Paesi del Sud globale agli appelli di solidarietà degli Stati Uniti e dell’Europa sull’Ucraina è una ribellione aperta. Si tratta di un ammutinamento contro quello che considerano l’Occidente collettivo che domina il discorso internazionale e scarica i suoi problemi su tutti gli altri, ignorando le loro priorità in materia di compensazione del cambiamento climatico, sviluppo economico e riduzione del debito. Il Resto si sente costantemente emarginato negli affari mondiali. Perché infatti vengono etichettati (come sto riflettendo in questo discorso) come “Sud globale”, dopo essere stati precedentemente chiamati Terzo Mondo o Mondo in via di sviluppo? Perché sono addirittura il “Resto” del mondo? Sono il mondo, rappresentano 6,5 miliardi di persone. La nostra terminologia puzza di colonialismo.

Il movimento dei non allineati dell’epoca della Guerra Fredda è riemerso, se mai fosse scomparso. Attualmente, non si tratta tanto di un movimento coeso quanto di un desiderio di distanza, di essere lasciati fuori dal pasticcio europeo dell’Ucraina. Ma è anche una chiara reazione negativa alla propensione americana a definire l’ordine globale e a costringere i Paesi a schierarsi. Come ha esclamato recentemente un interlocutore indiano a proposito dell’Ucraina: “Questo è il vostro conflitto! … Abbiamo altre questioni urgenti, i nostri problemi … Siamo nelle nostre terre, dalle nostre parti … Dove siete quando le cose vanno male per noi?”.

La maggior parte dei Paesi, compresi molti in Europa, rifiuta l’attuale inquadramento statunitense di una nuova “competizione tra grandi potenze”, un braccio di ferro geopolitico tra Stati Uniti e Cina. Gli Stati e le élite si oppongono all’idea statunitense secondo cui “o si è con noi o contro di noi”, o si è “dalla parte giusta o sbagliata della storia” in un’epica lotta tra democrazie e autocrazie. Pochi al di fuori dell’Europa accettano questa definizione della guerra in Ucraina o della posta in gioco geopolitica. Non vogliono essere assegnati a nuovi blocchi imposti artificialmente e nessuno vuole essere coinvolto in uno scontro titanico tra Stati Uniti e Cina. A differenza degli Stati Uniti e di altri Paesi come il Giappone, la Corea del Sud e l’India, la maggior parte di essi non vede la Cina come una minaccia militare o di sicurezza diretta. Possono avere serie remore sul comportamento economico e politico approssimativo della Cina e sul suo palese abuso dei diritti umani, ma continuano a considerare la Cina un partner commerciale e di investimento per il loro sviluppo futuro. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea non offrono alternative sufficienti perché i Paesi si allontanino dalla Cina, anche nel campo della sicurezza, e anche all’interno dell’Europa la percezione di quanto sia in gioco per i singoli Paesi nel più ampio sistema internazionale e nelle relazioni con la Cina varia.

Al di fuori dell’Europa, l’interesse per nuovi ordini regionali è più pronunciato. In questo contesto, il BRICS – che per i suoi membri offre un’alternativa al G7 e al G20 – è ora attraente per altri. Diciannove Paesi, tra cui l’Arabia Saudita e l’Iran, si sono mostrati interessati ad aderire all’organizzazione in vista del recente vertice dell’aprile 2023. I Paesi vedono nei BRICS (e in altre entità simili come l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai o SCO) un’offerta di accordi diplomatici flessibili e di possibili nuove alleanze strategiche, nonché di diverse opportunità commerciali al di là degli Stati Uniti e dell’Europa. I membri e gli aspiranti BRICS, tuttavia, hanno interessi molto diversi. Dobbiamo tenere conto di questi interessi nel momento in cui ci accingiamo a trovare una soluzione alla guerra in Ucraina e nel momento in cui consideriamo il tipo di strutture e reti con cui dovremo confrontarci in futuro.

Passerò in rassegna alcuni dei fattori più rilevanti per pensare all’Ucraina nel contesto dei BRICS.

Putin e la Russia sperano certamente che la guerra abbia minato la precedente equazione globale post-1945. Mosca intende uscire dalla guerra concentrandosi sull’espansione del suo ruolo e della sua influenza in organizzazioni multilaterali come i BRICS, da cui gli Stati Uniti e l’Occidente collettivo sono esclusi. Ma vale la pena notare che all’interno del gruppo dei BRICS, proprio a causa della guerra, la Russia è vista come sempre più dipendente dalla Cina e meno come un attore globale indipendente.

La Cina domina chiaramente i BRICS e vuole usare l’organizzazione per consolidare le sue posizioni regionali e globali. Pechino vede gli Stati Uniti come nemici delle proprie ambizioni e Mosca come un importante contrappeso a Washington. La Cina non appoggia l’aggressione russa all’Ucraina, ma il framing statunitense in materia di sicurezza – comprese le frequenti invocazioni di Taiwan e “la Cina sta osservando l’Ucraina” al Congresso degli Stati Uniti – suscita a Pechino il timore che Washington veda la guerra in Ucraina come un banco di prova per uno scontro con la Cina.

Il Brasile apprezza la Cina come contrappeso agli Stati Uniti. Come ha detto di recente un interlocutore brasiliano a un gruppo di noi durante uno scambio di opinioni: “Il Brasile è condannato a esistere in un continente dominato dagli Stati Uniti”. Come in Cina, l’accesa retorica americana sulla guerra in Ucraina ha influenzato la percezione del conflitto in Brasile. Alcune élite e funzionari brasiliani considerano la guerra in Ucraina come “la prima guerra per procura del XXI secolo tra Stati Uniti e Cina”. Per loro la Russia è già subordinata alla Cina e indebolita come attore al di là del suo vicinato.

L’India vuole giocare un ruolo più ampio nell’Oceano Indiano ma, a differenza del Brasile, vede la Cina come una vera e propria minaccia per la sicurezza, soprattutto nell’Himalaya, dove i due Paesi si sono scontrati per il territorio. Per Nuova Delhi, Washington è una fonte di sostegno incostante, mentre Mosca è un importante fornitore di armi e munizioni. L’India teme la dipendenza della Russia dalla Cina. Di tutti gli Stati membri dei BRICS, l’India si trova nella situazione politica più difficile. Vuole tenere sotto controllo la Cina e la Russia all’interno dei BRICS e mantenere le relazioni con gli Stati Uniti.

Il Sudafrica, invece, vuole sviluppare le sue relazioni sia con la Cina che con la Russia all’interno dei BRICS. Per il Sudafrica, la Cina è una fonte di investimenti e di assistenza allo sviluppo, mentre la Russia è la continuazione dell’URSS, che è stata decisiva per aiutare l’African National Congress a combattere l’Apartheid durante la Guerra Fredda. In questo contesto, l’ANC considera gli Stati Uniti come la nuova potenza imperiale e rifiuta quella che considera la demonizzazione della Russia da parte dell’America nella guerra in Ucraina.

L’Arabia Saudita, tra gli aspiranti BRICS, vede il potere degli Stati Uniti affievolirsi in Medio Oriente dopo il ritiro militare da Iraq, Siria e Afghanistan. Cercando di entrare a far parte dei BRICS, l’Arabia Saudita vuole trarre vantaggio dagli spostamenti di potere e di commercio a livello globale. La Cina è il principale importatore di petrolio del Medio Oriente, un importante investitore regionale e il recente mediatore nelle relazioni dell’Arabia Saudita con l’Iran e lo Yemen. Per i sauditi, la Russia è un fattore nei calcoli energetici del Medio Oriente e della Siria e offre nuove opportunità economiche, poiché le imprese russe spostano denaro e attività nella regione del Golfo per evitare le sanzioni occidentali.

L’Iran, invece, è alla disperata ricerca di un sollievo economico. Vede nei BRICS l’opportunità di cambiare il suo status di paria regionale e di sfruttare il recente riavvicinamento con l’Arabia Saudita mediato dalla Cina. Teheran ritiene che la guerra in Ucraina abbia minato l’Europa come fonte di potere indipendente e l’abbia ri-subordinata a Washington. L’Iran percepisce la debolezza degli Stati Uniti in vista delle elezioni presidenziali americane del 2024 e la possibilità di giocare una partita internazionale diversa. L’Iran sta già fornendo a Mosca armi da usare contro l’Ucraina.

Con così tante agende e aspirazioni incentrate su uno solo degli ordini globali alternativi, la gestione della guerra in Ucraina – così come di altre questioni ad alta posta in gioco come il cambiamento climatico, le future pandemie e la non proliferazione nucleare – diventa estremamente difficile. Le prospettive a lungo termine dell’Ucraina dipendono da dinamiche globali più ampie e dalla buona volontà di altri Paesi, compresi i membri dei BRICS, non solo dal sostegno militare, politico ed economico degli Stati Uniti e dell’Europa.

Per le sue dimensioni e la sua posizione, l’Ucraina è uno Stato multiregionale. La sua sicurezza sarà definita dall’idea di Neil Melvin di “mini-lateralismo”. L’Ucraina dovrà consolidare le relazioni esistenti con gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la NATO, nonché con i suoi vicini dell’Europa centrale e orientale, i partner stretti degli Stati baltici, della Scandinavia, del Regno Unito e della regione del Mar Nero. Anche i gruppi di Paesi del G7 e del G20 saranno fondamentali. È qui che la visione globale persistentemente negativa degli Stati Uniti complica la politica estera dell’Ucraina. Cosa accadrà, ad esempio, se la Cina, insieme all’Iran (e si sospetta alla Corea del Nord), fornirà armi alla Russia sulla base dell’inimicizia con gli Stati Uniti? Poi c’è la NATO. Come diretta conseguenza della guerra e dell’adesione di Finlandia e Svezia, l’Alleanza è diventata il principale motore della sicurezza ucraina ed europea. Almeno per la durata del conflitto, i dibattiti in corso sull’autonomia strategica europea sono passati in secondo piano. L’Europa è tornata a fare affidamento sulla potenza militare degli Stati Uniti nel periodo 1945-1989. Questa è un’altra sfida. Al di fuori dell’Europa e dell’arena transatlantica, la NATO ha un problema di immagine che Putin sfrutta.

Negli affari internazionali le percezioni sono spesso più importanti della realtà; e dalla fine della Guerra Fredda, Putin ha continuato a dipingere la NATO come un’estensione militare degli Stati Uniti e un’istituzione intrinsecamente anti-russa. A differenza di Gorbaciov e Eltsin, Putin non ha mai cercato seriamente un accordo con la NATO. Per Putin, gli Stati Uniti sono ancora l’avversario della Guerra Fredda e la NATO è una provocazione per la sua presenza. Putin ha alimentato attivamente le preoccupazioni della Cina che gli Stati Uniti stiano espandendo strutture simili alla NATO in Asia e ha alimentato l’idea che l’espansione della NATO sia la causa prossima della guerra in Ucraina. Sia fuori che dentro l’Europa, Putin vuole che gli Stati Uniti e la NATO spariscano per sempre.

Tutto ciò significa che abbiamo bisogno di uno slancio diplomatico – uno sforzo abile e paziente che si affianchi al vitale percorso militare – per porre fine alla guerra brutale e insensata della Russia. L’Ucraina ha bisogno di un ampio sostegno globale. Dobbiamo respingere la disinformazione di Putin e le narrazioni contro gli Stati Uniti e la NATO. Gli Stati Uniti e l’Europa dovranno coinvolgere il resto del mondo in una conversazione onesta sulla posta in gioco di questa guerra e ascoltare attivamente il loro feedback e le loro preoccupazioni su questioni specifiche. Data la disparità dei punti di vista e delle agende, dovremo adottare un approccio frammentario e più transazionale per identificare le aree in cui possiamo fare causa comune con altri Stati e con gli attori internazionali e del settore privato.

Il cosiddetto Sud globale vede ancora le Nazioni Unite come un attore credibile e importante; ma la maggior parte dei Paesi vuole ridimensionare il potere esclusivo del Consiglio di Sicurezza e potenziare le attività dell’Assemblea Generale per sviluppare nuovi meccanismi per affrontare realmente il cambiamento climatico e lo sviluppo economico. Poiché l’ONU ha ancora una rilevanza e un’accettazione universale come attore, dovremmo considerare come affrontare questi problemi. Dove possiamo lavorare con le Nazioni Unite per fornire assistenza tecnica, mediazione e coordinamento all’Ucraina? Ad esempio, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite può bilanciare il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e limitare in qualche modo i veti di Russia e Cina? Quale ruolo più ampio potrebbero svolgere la Corte internazionale di giustizia e la Corte penale internazionale, soprattutto alla luce della recente decisione del Sudafrica di rimanere nella Corte penale internazionale e di suggerire a Putin di non partecipare al vertice BRICS di Johannesburg per non doverlo detenere in base al mandato di arresto della Corte penale internazionale di marzo? Come possiamo basarci sugli interventi di crisi guidati dalle Nazioni Unite, come gli sforzi dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica per mettere in sicurezza l’impianto nucleare ucraino di Zaporizhzhia e l’iniziativa sui cereali del Mar Nero, per trasformarli in soluzioni durature a lungo termine in collaborazione con altri Paesi.

Infine, se gli Stati Uniti sono il prisma di tutti per l’Ucraina e questa è diventata una ribellione per procura contro gli Stati Uniti, come ho sostenuto, quali attori alternativi potrebbero ottenere trazione per ripristinare la pace attraverso un’azione collettiva? Tutti gli occhi sono attualmente puntati sulla Cina, ma l’India ha una buona volontà storica in diversi contesti regionali che potrebbe aiutare a creare un terreno comune con altri. Lo stesso vale per Paesi come il Kenya in Africa e Singapore in Asia. In Europa, ci sono i Paesi scandinavi che non hanno mai fondato colonie in Africa o in Asia. E, naturalmente, abbiamo l’Estonia e gli Stati baltici, che individualmente e collettivamente hanno svolto ruoli importanti sia nell’UE che nella NATO, stimolando l’azione dei Paesi più grandi e mantenendoli poi onesti. Questo è un momento da Lennart Meri. Abbiamo bisogno della manovrabilità di un kayak Inuit, non delle laboriose virate di una superpetroliera… o di una superpotenza ingombrante.

https://lmc.icds.ee/lennart-meri-lecture-by-fiona-hill/

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Stati Uniti, elezioni col botto_Con Gianfranco Campa

Il canale YouTube di Italia e il mondo si è visto rimuovere la 35a puntata della serie sul conflitto in Ucraina per istigazione all’odio e mancanza di rispetto verso singoli o gruppi e inibire le pubblicazioni per una settimana. Ecco copia della comunicazione e del ricorso, prontamente respinto. Giudicate voi: ricorso avverso del 21 maggio 2023 YouTube ha rimosso i tuoi contenuti .

Un probabile prodromo a provvedimenti più drastici. Il video è comunque accessibile sul canale rumble.

Da ormai oltre sei anni i centri dominanti statunitensi sono assillati da un incubo in grado di disturbare i loro sonni ed intralciare i loro piani: neutralizzare o annichilire Donald Trump. Hanno ostacolato con tutti i mezzi leciti ed illeciti la sua azione da presidente; hanno impedito la sua riconferma nel 2020. Temono che la fenice possa risorgere alla Casa Bianca nel 2024; in parte per la crescente ostilità alle politiche demo-neoconservatrici; in parte per l’assenza di alternative credibili ed autorevoli a meno di clamorosi ripensamenti. Questa volta, però, le sorprese saranno improbabili. Loro conoscono Donald Trump, ma anche Trump ha imparato a conoscerli. Il problema sarà, quindi, quello di impedire il suo accesso alla campagna presidenziale o farlo giungere, nel malaugurato caso di vittoria alle primarie, spossato e privo delle risorse necessarie a sostenere il confronto. Trump prosegue con un pesante retaggio e con numerosi errori compiuti, primo fra tutti non aver prodotto alcuna alternativa ed eredità alla propria figura; gli fa merito l’ostinazione e la ormai consolidata conoscenza dei meccanismi di potere anche se i compromessi cui dovrà soggiacere, molto probabilmente, addomesticheranno in qualche maniera le sue intenzioni. Rimarrà, comunque, un incubo dal quale gli attuali avventurieri cercheranno di liberarsi in qualche maniera e in tempo utile. La fioritura di candidature più che contrapporsi a Trump confida in una sua neutralizzazione per poter trionfare. A giochi fatti saranno comunque delle meteore destinate ad evaporare a favore di personaggi di ben altro spessore e solidità di appartenenza. Saranno mesi scoppiettanti. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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La rielezione di Biden dipende dal successo della controffensiva di Kiev, di ANDREW KORYBKO

La rielezione di Biden dipende dal successo della controffensiva di Kiev

ANDREW KORYBKO
25 MAG 2023

In qualsiasi modo si giochi, non c’è quasi nessuna possibilità che la controffensiva di Kiev soddisfi le aspettative dell’opinione pubblica occidentale, a meno che non si verifichi un evento “cigno nero”, il che significa che Biden si candiderà alla rielezione con due sconfitte all’attivo, in Afghanistan e in Ucraina. È difficile immaginare che gli americani daranno a lui e alla sua squadra altri quattro anni di mandato dopo aver umiliato gli Stati Uniti in modo così grave, ma altre decine di migliaia di persone potrebbero morire prima che questi guerrafondai vengano rimossi dal potere.

L’alto consigliere presidenziale ucraino Mikhail Podolyak ha dichiarato ai media italiani che la tanto sbandierata controffensiva del suo Paese è iniziata già da qualche giorno, il che è curioso visto che questo lasso di tempo coincide con l’invasione per procura della regione russa di Belgorod, che era solo un copione per sviare dalla perdita di Artyomovsk. Tuttavia, quella trovata mediatica ha fallito clamorosamente nel conseguire qualsiasi guadagno tangibile, sollevando così ancora più domande che mai sulla possibilità che la controffensiva abbia successo.

A marzo, il Washington Post ha fatto notare quanto le truppe di Kiev si stessero comportando male nella guerra per procura tra NATO e Russia, seguito un mese dopo da Politico che citava funzionari dell’Amministrazione Biden senza nome, preoccupati per le conseguenze di un fallimento delle aspettative dell’opinione pubblica. L’ex campione di scacchi russo Garry Kasparov ha poi elaborato una teoria del complotto ipotizzando che agenti del Cremlino si siano infiltrati alla Casa Bianca e abbiano sabotato la controffensiva prima ancora che iniziasse.

Questa popolare figura pro-Kiev sembra essere stata spaventata dal presidente della Commissione Affari Esteri della Camera, Michael McCaul, che ha dichiarato a Bloomberg: “Penso che questa controffensiva sia molto importante. Se l’Ucraina avrà successo agli occhi del popolo americano e del mondo, credo che questo cambierà le carte in tavola per continuare a sostenerla. Se non ci riuscirà, anche questo avrà un impatto, anche se in modo negativo”. In altre parole, il suo fallimento potrebbe portare gli Stati Uniti a ridurre drasticamente gli aiuti a Kiev.

Qui sta il vero motivo per cui la controffensiva continua ad andare avanti nonostante le schiaccianti probabilità di successo descritte nei mesi precedenti dal Washington Post e da Politico. La rielezione di Biden dipende dal successo di questa campagna, dopo che la NATO ha già inviato a Kiev oltre 165 miliardi di dollari in aiuti forniti dai contribuenti, la maggior parte dei quali provenienti dagli Stati Uniti. Ha bisogno di qualsiasi cosa che i suoi manager della percezione possano far passare come una vittoria per giustificare questa campagna in vista delle elezioni del prossimo anno.

E non è solo per placare i contribuenti in questo conflitto sempre più di parte, che vede un numero crescente di repubblicani chiedere più pragmatismo e moderazione, in contrasto con i loro rivali democratici che continuano a puntare tutto su di loro per tutto il tempo necessario. Biden ha presieduto la più umiliante sconfitta militare della storia degli Stati Uniti dopo la caotica evacuazione dall’Afghanistan dell’agosto 2021, che ha tristemente provocato l’abbandono di un gran numero di americani e di alleati locali a un destino sconosciuto.

A lui e alla sua squadra non importa quante decine di migliaia di ucraini debbano essere sacrificati in questo conflitto, purché si riesca a ottenere qualcosa che i democratici possano distorcere come se fosse valsa la pena di provocare il conflitto più significativo dal punto di vista geostrategico dalla Seconda Guerra Mondiale. Un’incursione fallita in Russia e un tentativo di assassinio non riuscito contro il Presidente Putin non sono considerati dalla maggior parte degli americani degni del rischio di una terza guerra mondiale per errore di calcolo.

Dopo 15 mesi di combattimenti, Kiev è riuscita a riconquistare solo una parte del territorio che rivendica come proprio, il che non è impressionante se si considera che ha il pieno sostegno di quella che gli Stati Uniti dipingono come la più potente alleanza militare della storia. L’autoproclamata “gara logistica”/”guerra di logoramento” con la Russia, dichiarata a febbraio dal capo della NATO, ha inavvertitamente dimostrato che il complesso militare-industriale russo può competere con quello dell’intero Occidente.

Questo è stato un colpo involontario autoinflitto alla reputazione di superpotenza militare di questo blocco de facto della Nuova Guerra Fredda e ha anche screditato la loro narrativa di guerra d’informazione secondo cui l’economia russa sta crollando. Alla fine di gennaio, il New York Times ha ammesso che le sanzioni dell’Occidente sono fallite, per poi ammettere alla fine di febbraio, dopo la drammatica dichiarazione del capo della NATO, che anch’esse non sono riuscite a isolare la Russia.

I fatti sopra citati fanno già apparire Biden come un folle incapace di provocare questo conflitto, che ha solo dimostrato quanto limitati siano diventati l’influenza e il potere degli Stati Uniti negli ultimi anni, ma egli appare ancora peggiore se si considera il quadro generale. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, l’ex membro del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti Fiona Hill e il presidente di Goldman Sachs per gli Affari Globali Jared Cohen hanno tutti riconosciuto a maggio che il multipolarismo è ora una realtà geopolitica come risultato di questo conflitto.

Solo l’Amministrazione Biden e i propagandisti alleati all’estero continuano a negarlo, il che mette ancora più sotto pressione i loro proxy a Kiev affinché ottengano qualcosa di tangibile nel corso della controffensiva, che possano poi far credere che sia valsa la pena di provocare questo conflitto. Anche il tempo stringe, dato che c’è un crescente consenso in tutto il mondo sul fatto che questo è “l’ultimo hurrah” della loro parte prima di iniziare probabilmente il cessate il fuoco e i colloqui di pace entro la fine dell’anno o al più tardi all’inizio del 2024.

La crisi militare-industriale dell’Occidente limiterà inevitabilmente il ritmo, l’entità e la portata degli aiuti armati a Kiev, per non parlare della stagione elettorale statunitense che vedrà questo conflitto politicizzato senza precedenti. Invece di ammettere sobriamente le carenze della sua parte e di cercare proattivamente di raggiungere una sorta di accordo di pace che potrebbe poi essere sfruttato come pretesto per vincere il Premio Nobel per la Pace e quindi aumentare le sue prospettive di rielezione, Biden sta scommettendo contro le probabilità che la controffensiva abbia successo.

Persino il presidente dello Stato Maggiore Mark Milley aveva previsto a fine gennaio che sarebbe stato probabilmente impossibile per Kiev rimuovere la Russia da tutto il territorio che rivendica come proprio entro quest’anno, il che significa che Biden e la sua squadra stanno cercando di dimostrare che il più alto ufficiale militare degli Stati Uniti si sbaglia. Ciò conferma a sua volta che stanno dando la priorità alla politica rispetto ai consigli militari, dando così maggior credito all’affermazione che questa controffensiva riguarda solo la rielezione di Biden e non il ritorno della Russia ai confini precedenti al 2014.

Se non riuscirà a raggiungere questo obiettivo massimo, come previsto da Milley e dai media statunitensi già citati, i repubblicani si scaglieranno giustamente contro Biden per accusarlo di aver architettato il peggior conflitto dalla Seconda guerra mondiale nel disperato tentativo di vincere la rielezione, deviando dalla sua umiliante sconfitta in Afghanistan. Con le spalle al muro, non si può escludere che il suo team gli consiglierà un’escalation a livelli impensabili, anche se i missili ipersonici della Russia probabilmente gli impediranno di superare la linea rossa definitiva.

Comunque la si giochi, non c’è quasi nessuna possibilità che la controffensiva di Kiev soddisfi le aspettative dell’opinione pubblica occidentale, a meno che non si verifichi un evento “cigno nero”, il che significa che Biden si candiderà alla rielezione con due sconfitte all’attivo, in Afghanistan e Ucraina. È difficile immaginare che gli americani concedano a lui e alla sua squadra altri quattro anni di mandato dopo aver umiliato gli Stati Uniti in modo così grave, ma altre decine di migliaia di persone potrebbero morire prima che questi guerrafondai vengano rimossi dal potere.

https://korybko.substack.com/p/bidens-re-election-hinges-on-the

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BALTENDEUTSCHE (tedeschi del Baltico*) (cap. 3 e 4 di 4), di Daniele Lanza

BALTENDEUTSCHE
(tedeschi del Baltico*) (cap. 3 di 4).
[visto l’interesse riscosso dalle note sulla storia di Prussia aggiungo questo in merito all’elemento germanico nel Baltico]
Abbiamo pertanto estoni e lettoni pacificati in un perenne servaggio medievale sotto i loro naturali superiori che parlano un idioma differente (hochdeutsche, pare) a prescindere dal tormentato mutamento di confini di quella che più che una mappa geografica pare uno scacchiere bellico permanente tra (1) Polonia (2) Svezia (3) Russia. E’ per secoli a tutti gli effetti una zona cuscinetto tra le parti.
Gli equilibri vengono alterati sensibilmente solo nella tarda età moderna in quanto possiamo dire che il primo 1/4 del secolo XVIII° costituisce la svolta storica nell’esistenza dei tedeschi del Baltico.
Pietro il grande vince nettamente il conflitto che conosciamo come “grande guerra del nord” (1700-1721) sui manuali : con tale vittoria (decisiva la vittoria del 1709 a Poltava nell’attuale Ucraina orientale, dove si erano incautamente spinte le armate svedesi), il neonato impero russo incorpora in blocco tutta la regione del Baltico con cui confina. Vittoria russa di grande magnitudo storica, comporta l’avanzata di tale civilizzazione verso occidente, come a “bucare” quasi il millenario isolamento dello heartland slavo/russo aprendosi con sciabole e cannoni la via fino al mare : un mare aperto, solcato da altri popoli da sempre, quasi un boccaporto del paese verso il mondo esterno.
Aldilà di considerazioni di carattere così generale, diciamo più brevemente che i popoli della Livonia (odierni lettoni ed estoni) diventano d’un tratto sudditi dell’imperatore di Russia e, assieme ad essi, la loro elite rappresentata perfettamente nell’aristocrazia del tempo.
L’aristocrazia baltica (interamente germanica) entra improvvisamente a far parte dell’insieme molto più grande che è l’aristocrazia imperiale russa (quest’ultima è un autentico macro aggregato di TUTTE le elite locali degli sterminati territori che compongono il continente russo) : la fine di tutto ? NO ! Il vero gioco inizia ora anzi………………….
L’evento geopolitico dell’annesione baltica è qualcosa di parallelo al macroscopico mutamento di prospettiva, fortemente voluto dall’imperatore : la Russia diventa (deve diventare) qualcosa di “occidentale” o almeno il più possibile. La riforme petrine cambiano il volto del paese e la sua traiettoria storica.
Nel contesto di questa nuova мировоззрения (“visone del mondo”) tutto ciò che può servire allo stato nella sua marcia per uniformarsi all’occidente è desiderato, rincoso, bene accetto.
Si verifica pertanto la seguente situazione : che la nostra piccola nobiltà baltica di stampo germanico si ritrova come elevata al di sopra del proprio eterno ruolo egemone (di provincia) per esser proiettata in un meccanismo infinitamente più grande e complesso che regolerà l’esistenza di uno stato-continente come la Russia imperiale. L’aristocrazia balto-germanica è l’unica consistente elite di stampo occidentale che sia al tempo stesso suddita del sovrano di Russia : essa diviene pertanto per molti versi un modello VIVENTE di quella direzione in cui dovrebbe incamminarsi l’intero paese nella sua rivoluzione dello spirito (…).
I nobili del Baltico di antica ascendenza tedesca si risvegliano letteralmente alle soglie del 1700, strappati alle proprie secolari prerogative locali ed inseriti in un differente genere di “gioco” di ordine di grandezza che rende insignificante il sonnolento vivere quotidiano della piccola provincia baltica : essi incarnano ora, loro malgrado, il PRISMA attraverso il quale la Russia scruta ed intepreta il modo “altro” da sè (l’occidente)……tale ruolo chiave nell’insondabile processo di metamorfosi identitaria che caratterizza l’esistenza di un paese che dal Baltico arriva al Pacifico, trasfigura anche la stessa aristocrazia baltica, che da strato nobiliare locale si ritrova in un ruolo via via dilatato , diventando a tutti gli effetti un segmento di lusso dell’aristocrazia imperiale russa tra il XVIII° e XIX° secolo.
L’estrema vicinanza della nuova capitale (San Pietroburgo) al loro abitato atavico ne facilita la presenza e la diffusione nei gangli del potere. Tra il 1710 ed il 1880 godono di un’autonomia senza paragoni nel contesto dell’amministrazione dell’impero (Caterina II faciliterà ulteriormente il processo), seguitando a controllare la loro base nativa nel Baltico quanto ricoprendo incarichi ancor più importanti : alla metà dell’800 quasi la metà dei governatori delle “gubernje” che compongono l’impero portano un cognome tedesco. Nella capitale la lingua tedesca è indispensabile per tutte le portinerie (assieme a russo e polacco).
La stessa dinastia regnante Romanov è in realtà genealogicamente tedesca per 7/10……..
(continua)
 
BALTENDEUTSCHE
(tedeschi del Baltico*) (cap. 4 di 4).
[visto l’interesse riscosso dalle note sulla storia di Prussia aggiungo questo in merito all’elemento germanico nel Baltico]
Pieno 19° secolo, porta dell’età contemporanea. La popolazione tedesca del Baltico conta percentuali minuscole, ma preziose : all’incirca il 5-6% della popolazione di Lettonia ed Estonia al tempo del primo censimento imperiale (1897), concentrati soprattutto nei centri cittadini dove raggiungono anche un 1/10 delle anime. Molti se si considera che il nerbo delle professioni liberali e o che richiedono istruzione…buona parte della media borghesia dell’intero paese è costituita da loro, nonchè la totalità dell’aristocrazia : quest’ultima detiene il 50% di tutte le terre utili presenti sul Baltico. Fin qui ordinario in tutte le aristocrazie più conservatrici nell’Europa del tempo.
Oltre a tutto ciò tuttavia, L’aristorazia balto-germanica è anche divenuta il fiore all’occhiello dell’impero russo nella sua totalità dal momento che le circostanze storiche hanno determinato il paradosso : anzichè slavizzare le elite del Baltico, accade l’esatto opposto, ovvero che l’impero si fa “germanizzare” da esse (suonerà inaudito per la sensibilità nazionalista/rivoluzionaria che verrà).
Sarà per l’appunto la contemporaneità a estinguere tale gruppo sociale. A differenza di quanto enfatizzato da più parti NON è l’Unione Sovietica a liquidare questo segmento della società, quanto una spinta nazionalistica decisamente anteriore : a partire dagli ultimi decenni del 19° secolo l’età dei nazionalismi è sorgente di crescente resisteza da parte di una massa nativa oramai consapevole e cosciente del proprio status, nonchè in generale in Russia di insofferenza nei confronti di un elemento sempre più percepito come estraneo secondo il metro dell’identitarismo etnico che vuole un ritorno alla origini più incontaminate dello stato russo (una chiave di lettura della rivoluzione d’ottobre è quella nazionalista/primitivista, che strappa il paese alla collocazione “occidentale” che gli si è voluto imprimere dai tempi di Pietro il grande per riportarlo, tramite il socialismo, su un sentiero maggiormente autoctono e adatto alla psiche slavo orientale.. Ritornare alle origini…ritornare alla retta via. Eliminando o riducendo ai minimi termini l’elemento più alieno).
Già con la prima guerra mondiale iniziano i primi contenuti flussi mi gratori verso l’estero, che si intensificano al momento della rivoluzione : nel momento della verità (i momenti più critici della storia lo sono…) l’aristocrazia tedesca del Baltica svela il suo volto, invocando a gran voce la scissione territoriale di Estonia e Lettonia dal corpo del defunto impero russo.
In parole più grezze, accertata la conclusione storica (in realtà ancora PRIMA del conflitto tra bianchi e rossi) della loro fonte di prestigio, che il vecchio stato autocratico in fondo era, si dichiarano (primi mesi del 1918) dapprima favorevoli ad un’annessione diretta del loro Baltico all’impero del Kaiser…..successivamente ad una soluzione intermedia quale la creazione di un ducato unito del Baltico come area di influenza di Berlino.
I nazionalisti russi esageravano sulle presunte infedeltà dei tedeschi del Baltico nei confronti della madre Russia (in effetti il tedesco raramente “tradisce” anche quando soddisfatto non è…), quanto è vero che questi retroscena sono quantomai singolari (penso).
Si ha la faccia di bronzo di invocare il trattato di NYSTAD (firmato con la Svezia reale 200 anni prima, ai tempi di Pietro il grande !), come base LEGALE per pretendere un’indipendenza dall’impero.
I bolscevichi (tanto patrioti quanto i bianchi, consapevolmente o meno) seduta stante ne fanno arrestare a migliaia e rilasciati solo dopo Brest Litovsk.
A questo punto diventa esodo vero e proprio, che nel periodo tra le 2 guerre mondiali rapidamente abbassa la densità della popolazione tedesca del Baltico dato che costoro dalla fine dell’impero sono ormai stretti tra 2 fuochi : da oriente uno stato socialista e rivoluzionario che ne odia anche solo il ricordo, qual reminiscenza dello zarismo più reazionario e “straniero” “non-nazionale”…….dall’altro, letteralmente nel cortile di casa propria, un’ondata etno-nazionalista, ora di massa, di estoni e lettoni, determinata a privarli dell’antico status.
Morale della situazione : gli antichi dominatori nel giro di una generazione hanno perso molto del loro potere e sono in procinto di perderlo del tutto. Nella loro culla ancestrale sono ormai visti come nemici ed ostacolo alla democrazia da nativi a lungo subordinati…….e un ritorno eventuale della Russia (ora sovietica ) sarebbe anche peggio in quanto portatrice latente di un identitarismo russo (popolare, democratico o come preferite) determinato ad eradicarne sistematicamente la reazionaria presenza.
Nonostante negli anni 30 rappresentino ANCORA una potenza culturale sul territorio (scuole, organizzazione, etc.) molti dei superstiti si decidono per il passo finale : il patto Von Ribbentrop- Molotov prevede nelle sue clausole uno spostamento di popolazioni che coinvolge proprio loro, i tedeschi del Baltico come elemento che DEVE rientrare nella grande patria del REICH.
Dopo questo, il 90% del balto-germanici ha oramai lasciato Lettonia ed Estonia (ora sovietiche e russizzate col tempo da Stalin) : i restanti finiranno per lasciare precipitosamente i loro manieri a seguito del sisma bellico che a poco verrà. Quando Stalin nel dopoguerra vorrà far piazza pulita dei rimasti scoprirà che ne sono rimasti ben pochi…………
Come detto questo gruppo sociale, residuo di un passato remotissimo e medievale è vittima non tanto dei sovietici, quanto della nuova era, quella delle ideologie : l’ideologia identitaria e nazionalista opera come uno schiacciasassi dell’identità, un’energia che uniforma tutto e tutti, annientando interi microuniversi dell’identità come quello dei nostri simpatici (sì ?) amici del Baltico……
Se l’assenza di ideologia dell’identità aveva permesso loro di prosperare per 7 secoli in territorio estraneo, sono bastati 30/40 anni nell’ideologico XX° secolo per comprimerne la presenza al quasi zero percentuale. Massima parte è ritornata nella Germania (stato che non aveva mai visto prima).
I loro manieri sono oggi hotel lussuosi e ben tenuti sulle rive di fiumi e laghi, dove si passa l’estate…….

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François Mitterrand e Vladimir Putin: due visioni contrapposte del futuro dell’Africa, di Bernard Lugan

Il 20 giugno 1990, nel suo famoso discorso al 16° vertice franco-africano di La Baule, François Mitterrand dichiarò che era a causa della mancanza di democrazia che il continente non riusciva a “svilupparsi”. Di conseguenza, condizionò gli aiuti francesi all’introduzione di un sistema multipartitico.

Il risultato fu che, in tutta l’Africa francofona, la caduta del sistema monopartitico provocò una cascata di crisi e guerre, poiché il sistema multipartitico esacerbò l’etnismo e il tribalismo, che in precedenza erano stati contenuti e incanalati dal partito unico. Il risultato è stato il trionfo elettorale dei gruppi etnici più numerosi, che più di tre decenni fa ho definito “etno-matematica elettorale”.

Il fallimento è stato totale perché non si è verificato il postulato francese secondo cui le elezioni avrebbero permesso di ottenere un consenso “nazionale” tra le fazioni etno-politiche. In effetti, la democrazia non solo non ha risolto i conflitti africani, ma li ha anche alimentati. Tre esempi:

1) Nel Sahel, essendo in minoranza, i settentrionali, che hanno la garanzia di perdere le elezioni, sono quindi esclusi dal potere attraverso le urne. Per loro, la “soluzione” elettorale è quindi una farsa, poiché non fa che confermare le percentuali etniche a ogni elezione, e quindi la loro subordinazione democratica ai meridionali (si veda il mio libro Histoire du Sahel des origines à nos jours).

2) In Ruanda, dove i tutsi rappresentano il 10% della popolazione e gli hutu il 90%, su pressione della Francia, il presidente hutu Habyarimana fu costretto ad accettare un sistema multipartitico. Tuttavia, questo sistema portò alla luce le profonde divisioni nella società ruandese che esistevano in precedenza all’interno del partito unico. Il risultato fu un’atroce guerra civile seguita dal genocidio del 1994, al termine del quale i tutsi del generale Kagame, che erano ancora solo il 10% della popolazione, si ripresero con la forza delle armi il potere perso attraverso le urne tre decenni prima. In questo caso, la democrazia ha portato al caos, poi al genocidio (si veda il mio libro Rwanda, un genocidio in discussione) e infine alla destabilizzazione dell’intera regione dei Grandi Laghi e del Kivu.

3) In Libia, dopo aver provocato l’anarchia, la Francia, i suoi alleati della NATO e i suoi partner dell’UE hanno preteso di ricostruire il Paese sulla base di una precondizione elettorale. Tuttavia, quest’ultima è inapplicabile perché si scontra frontalmente con il sistema politico-tribale, in quanto le tribù libiche hanno le loro regole interne di funzionamento che non coincidono con la democrazia individualista occidentale basata su “Un uomo, un voto” (si veda il mio libro Histoire de la Libye des origines à nos jours).

La Russia di Vladimir Putin si è schierata esattamente all’opposto del “diktat” democratico di François Mitterrand. A differenza del presidente francese, ritiene che la causa dei blocchi dell’Africa non sia la mancanza di democrazia, ma la sua instabilità politica… Un’instabilità in gran parte causata da questa stessa democrazia…

Oggi sempre più Paesi africani fanno la stessa analisi. Queste sono le ragioni dell’estromissione della Francia, un fenomeno che fa parte del grande cambiamento in atto e che i leader francesi, impantanati nei loro concetti universalistici, non hanno visto arrivare. In Africa, come in molte altre parti del mondo, stiamo assistendo sia alla fine di un ciclo che a un cambio di paradigma.

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Anatomia della distruzione del MIM-104 Patriot + Prime informazioni sul missile ipersonico Kinzhal, di SIMPLICIUS THE THINKER

Anatomia della distruzione del MIM-104 Patriot + Prime informazioni sul missile ipersonico Kinzhal

Approfondiamo cosa è successo esattamente la notte dell’attacco al Patriot e aggiorniamo i fatti noti e le speculazioni. Ecco cosa si sa finora:

La Russia avrebbe condotto un attacco stratificato e multivettoriale proveniente da vari lati, tra cui nord, est e sud, che ha incluso droni Geran come copertura di schermatura, missili Kalibr, Kh-101 e infine i Kinzhal. L’attacco ha probabilmente incluso anche altri tipi di droni più economici come esche per saturare la difesa aerea, e in effetti Kiev lo attesta, dato che nel suo grafico ufficiale dell’abbattimento include diversi droni che ha comicamente identificato come Orlan “Supercum”, poi cambiato in “Supercam”.

Innanzitutto, vediamo come avviene un attacco di questo tipo. Secondo la logica, i droni da richiamo più economici vengono inviati per primi per vedere se riescono ad attirare l’attenzione della difesa aerea e farla aprire su di loro. Kiev cercherebbe di usare contro di loro solo i sistemi SHORAD (Short Range AD) meno importanti, come i Gepard tedeschi e i Tunguska/Shilka e simili di cui potrebbe disporre.

Poi arriverebbero i missili da crociera per stanare i veri AD di alto valore che potrebbero essersi trattenuti con la prima ondata e contro i quali i sistemi SHORAD dell’Ucraina potrebbero essere inutili. Una volta che i Patriot/SAMP-T/Iris-T/NASAM/Crotale, ecc. inizieranno ad aprirsi sui missili da crociera, la Russia osserverà il più da vicino possibile, con una varietà di metodi, per cercare di identificare le posizioni di difesa aerea. Mi soffermerò su questi metodi un po’ più avanti.

Va detto che ci sono alcune posizioni che la Russia sa già essere probabili e che sono prefigurate nelle loro matrici di ricerca. Per esempio, il sistema Mim-104 Patriot è un sistema estremamente complesso e di grandi dimensioni, non si può posizionare ovunque, come nel mezzo del cortile di un condominio o qualcosa del genere. Questi sistemi non solo richiedono molto spazio ma, essendo molto meno mobili di unità guidabili come i Gepard e simili, sono preferibilmente situati in un luogo dove non ci sono molti “occhi” civili nell’area, in modo che nessuno li filmi o faccia la spia, accidentalmente o meno.

Questo lascia solo poche scelte reali e solide su dove collocare un sistema di questo tipo. E sono quasi sempre collocati negli aeroporti, ad esempio. Non sorprende quindi che durante gli attacchi del 16/5, si dice che due dei Patriot fossero situati all’aeroporto Zhuliany di Kiev e uno allo zoo o nelle sue vicinanze, come riportato di seguito da Rybar:

A proposito della distruzione del sistema di difesa aerea Patriot a Kiev

Ieri sera, le Forze armate russe hanno distrutto almeno un lanciatore del sistema missilistico antiaereo Patriot a Kiev. Il team di Rybar è riuscito a stabilire l’esatta posizione della batteria antiaerea. In totale, c’erano tre lanciatori nell’area dell’aeroporto di Zhuliany, dove il “Kinzal” ha colpito.

Coordinate: 50.404161, 30.443186

Un altro luogo in cui è stato notato il lavoro della difesa aerea ucraina è stata la vicinanza dello zoo di Kiev, dove sono caduti i frammenti dei missili lanciati. Il complesso stesso lavorava nelle immediate vicinanze del Politecnico di Kiev intitolato a Sikorsky.

Coordinate: 50.452699, 30.459805

Per quanto riguarda l’aeroporto “Zhulyany”, le riprese della telecamera di sorveglianza sono entrate nella Rete. Nel video si vedono chiaramente i lanci di 32 missili (per un totale di 16 per ogni lanciatore), così come il lavoro dell’artiglieria antiaerea a sbarramento – a quanto pare, i Patriot erano coperti dai Gepard.

Una volta esaurito il carico di munizioni, si è sentita un’esplosione: il “Kinzal” russo è riuscito a colpire l’area di posizione, nonostante i “Patriot” e un “Gepard”.

Uno è stato distrutto, il secondo è stato gravemente danneggiato, ma è sopravvissuto. Il terzo lanciatore è sfuggito ai danni.

Due installazioni si trovavano una accanto all’altra e la terza dietro l’edificio. Il russo “Kinzal” ha volato tra le installazioni, ma più vicino alla prima: c’è stata una detonazione del carburante.

Pezzi del primo impianto e pezzi di terra/asfalto hanno crivellato il secondo.

Perché il terzo impianto di Zhuliany non sia stato coinvolto e non abbia partecipato a respingere l’attacco (o, almeno, i suoi lanci non siano stati ripresi in video) è una domanda a cui non abbiamo risposta.

Se voi, i vostri cari e parenti avete informazioni sugli oggetti colpiti, sui movimenti del nemico o qualsiasi altra informazione sensibile che possa aiutare le nostre truppe, sentitevi liberi di scrivere al nostro bot @rybar_feedback_bot.

Garantiamo la riservatezza.

Ho lasciato alla fine la richiesta a chiunque abbia informazioni sulla distruzione del Patriot di “farsi avanti” in modo confidenziale, poiché ciò avrà un ruolo nelle informazioni successive che verranno ricevute.

È ormai quasi universalmente riconosciuto che il sistema Patriot ha sparato 32 missili nei video visti il 16 maggio. Ciò corrisponde a una batteria completa di 8 lanciatori che hanno sparato tutti e 4 i loro missili (8 x 4 = 32), ma ora ci sono prove che in realtà avevano due lanciatori da 16 e li hanno sparati entrambi, cosa che descrivo poco più avanti.

Poi: come facciamo a sapere con certezza che sono stati i Patriot a sparare quella salva di 32 missili? In primo luogo, sappiamo che si tratta di un unico tipo di missile, in quanto la salva proveniva dallo stesso punto del video, che sembrava essere costituito da almeno 2-3 lanciatori separati posizionati relativamente vicini l’uno all’altro.

In secondo luogo, il Patriot spara notoriamente i suoi missili con un angolo inclinato, come si può vedere qui sotto:

I lanci dei missili vengono effettuati su una traiettoria inclinata, il che è dovuto alle caratteristiche tecniche del lanciatore. L’angolo di lancio dei missili è fisso: 38° dalla linea dell’orizzonte.

In terzo luogo, i lanciatori, di norma, sono disposti in modo compatto nelle posizioni di partenza (in fila, in quadrato, in semicerchio, in cerchio). Questo posizionamento è dovuto ancora una volta al TTX del radar multifunzionale AN/MPQ-65, in cui il settore di tracciamento in modalità di guida missilistica va da +55 a -45 gradi in azimut.

Alla fine del video, dopo aver avviato tutte le batterie, si possono osservare due esplosioni consecutive nell’area di posizionamento delle batterie. A quanto pare, è stata effettuata la sconfitta del radar e del KP, che sono sempre posizionati insieme al lanciatore.

Pertanto, lo scenario di un attacco notturno a Kiev si presentava così: due ondate di UAV e di “Calibri” hanno causato un colpo dalla batteria SAM, che ha così scoperto la sua posizione, dove è arrivato il “Kinzhal””.

Nei video dell’attacco del 16 maggio si possono vedere i missili che sparano esattamente con questo angolo di circa 45 gradi:

Molti altri sistemi missilistici, come ad esempio gli Iris-T e gli S-300 ucraini, sparano dritti e sarebbero facilmente identificabili in video:

L’altra prova inconfutabile è che ora diversi missili Patriot apparentemente falliti sono stati recuperati da terra e sono stati identificati come la variante che viene sparata da lanciatori a 16 lanci:

E anche a proposito di “Patriot”. Sull’uso dei più recenti missili antiaerei americani da parte delle Forze armate ucraine, sono stati girati dei filmati.
Le riprese con frammenti di munizioni hanno permesso di determinare con precisione il tipo di missili che le formazioni ucraine hanno utilizzato quella notte: si tratta dei PAC-3 Cost Reduction Initiative (CRI) americani, come indicato dagli elementi caratteristici del design.
Questi intercettori ad alta velocità sono stati testati per la prima volta nel 2011 e vengono utilizzati da lanciatori M902 a 16 cariche del complesso americano MIM-104 Patriot. I resti di questi oggetti trovati per le strade di Kiev confermano oggettivamente il trasferimento dei più recenti sistemi di difesa missilistica alle Forze Armate ucraine.
La consegna di questi missili, insieme al trasferimento di altri sistemi di difesa aerea di fabbricazione occidentale, indica le serie intenzioni dei Paesi della NATO di “chiudere il cielo” sopra la capitale ucraina.

Questo porta alla questione successiva: molti dei missili Patriot sembrano essersi guastati. Questi pezzi caduti non sono “stadi di razzi scartati” o cose del genere, ma le vere e proprie testate dei missili. Infatti, abbiamo la prova fotografica che molti di essi sono “falliti” a metà del volo e hanno fatto la famosa “manovra Patriot” ripresa tempo fa in Arabia Saudita:

Ecco una serie di angolazioni che mostrano il famigerato missile Patriot che compie il giro della morte e si schianta al suolo vicino al suo lanciatore:

Ed ecco le foto della notte del 16 maggio, quando almeno due distinti missili Patriot hanno inanellato la loro traiettoria verso il suolo:

Il Patriot sembra avere una sorta di problema critico con un tasso di guasto molto alto. Non sorprende che i seguenti risultati siano stati consegnati al Congresso degli Stati Uniti dopo la Guerra del Golfo:

Un autore:

To me it appears that: 32 Patriot missiles were fired by the patriot battery, of these 2 were catastrophic misfires that fell down almost immediately after launch, probably landing inside Kyiv, several others appears to be guidance failures that went off in random directions, and 1 failed to fire at all. It appears like the full load of 2 launch units with PAC-3 missiles…

Point defense, is the mode in which an anti air system defends it’s own location, it is the optimal mode of engagement for an anti aircraft missile. If 32 attempts in the optimal mode for an anti aircraft missile fails, it should tell you that in area defense mode (defending targets in an area away from the launcher against targets not coming at the launcher) the system will perform far worse.

A me sembra che: 32 missili Patriot sono stati lanciati dalla batteria Patriot, e di questi 2 sono stati catastrofici errori di fuoco che sono caduti quasi immediatamente dopo il lancio, probabilmente atterrando all’interno di Kiev, molti altri sembrano essere fallimenti di guida che sono andati in direzioni casuali, e 1 non ha sparato affatto. Sembra che il carico completo di 2 unità di lancio con missili PAC-3…

La difesa di punto è la modalità in cui un sistema antiaereo difende la propria posizione, è la modalità di ingaggio ottimale per un missile antiaereo. Se 32 tentativi nella modalità ottimale per un missile antiaereo falliscono, questo dovrebbe dirvi che nella modalità di difesa ad area (difendere bersagli in un’area lontana dal lanciatore contro bersagli non provenienti dal lanciatore) il sistema si comporterà molto peggio.

Ricordiamo che in un recente articolo ho sottolineato l’infame evento del 1991, quando il Patriot non riuscì a intercettare uno Scud iracheno che colpì una base americana, uccidendo 28 soldati. L’incidente è stato attribuito a un “guasto del software”, in cui il radar del Patriot non è riuscito a tracciare correttamente il missile a causa di un bug. Il fatto è che, tirando le somme, il Patriot ha un bilancio assolutamente catastrofico, probabilmente peggiore di quello dell’F-35, dato che sono molte di più le vite che contano sul successo del Patriot rispetto a quelle di un singolo velivolo F-35.

Nell’attacco di Abqaiq-Khurais, in Arabia Saudita, il Patriot non è riuscito a fermare alcun missile, e anche in questo caso sono state addotte scuse:

Gli Houthi sono persino riusciti a distruggere un intero sistema Patriot:

Uno dei problemi principali è che il radar Patriot ha enormi punti ciechi, non essendo un radar a 360 gradi, e può funzionare bene solo in una rete AD altamente stratificata, combinata con altre opzioni a medio raggio e SHORAD:

From PlutoniumGeneral:

I radar della serie MPQ 53/65 hanno seri problemi di punti ciechi

Scenario di attacco Abaqiq da parte dell’Iran, colto completamente alla sprovvista

Servono 2 radar per coprire un campo visivo di 240 gradi e ingaggiare – configurazione del Qatar con i più recenti 65.

Finora la prova di un sistema = 1 radar è stata Kiev (vista frontale a cono di 120 gradi), ora si può vedere quale problema porta quando si è sotto attacco da più direzioni.

2 Kinzhall che corrono da direzioni vicine e opposte possono metterlo a tenaglia = 100 % certo, senza se

(caduto più o meno alla stessa velocità da vettori aerei)

https://missiledefenseadvocacy.org/defense-systems/anmpq-5365-radar/#:~:text=%5Biii%5D%20Il%20radar%20può%20rilevare, con una portata%20di%20oltre%20100%20km.

Gli Stati Uniti e i regimi di Kiev hanno fatto un grave azzardo a mettere questo sistema (progettato per fallire in numero limitato contro nemici di pari livello) in “acque molto calde”.

C’è un nuovo radar LTAMDS con vista a 360 gradi, ma i suoi elementi radar laterali hanno prestazioni molto più deboli rispetto alla parabola principale, ed entrerà in servizio solo nel 2022. Anche questo non sarebbe di grande aiuto contro gli attacchi a tenaglia dei mezzi pesanti.

https://www.militaryaerospace.com/sensors/article/14284931/radar-hypersonic-upgrades

Ora che abbiamo trattato i rudimenti del Patriot, torniamo all’attacco. A parte il Pentagono che ha confermato almeno un colpo parziale e il Ministero della Difesa russo che ha confermato la completa distruzione, come facciamo a sapere che il Patriot è stato colpito? Questo è solo per coloro che non hanno seguito gli eventi, ma il video seguente mostra gli arrivi: Link al video.

Si tratta di una versione ridotta di un video più lungo che mostra molti missili Patriot che sparano da quella posizione. Ma al minuto 0:30 si possono vedere due colpi massicci che atterrano esattamente nel punto in cui i missili stavano sparando. Dopo il primo colpo, si possono anche vedere quelli che sembrano essere due missili a caso che sparano, probabilmente con munizioni che si cuociono e sparano via violentemente come abbiamo visto molte volte in passato quando gli attacchi russi hanno colpito unità MLRS ucraine, ecc.

Alcuni hanno anche tentato di geolocalizzare la posizione della telecamera:

Non molto tempo dopo gli attacchi, intorno al minuto 1:30, si può vedere del fumo denso e scuro che si alza in due punti distinti esattamente sopra il punto in cui i lanciatori avevano sparato, indicando la probabile distruzione di entrambi i lanciatori e/o dei sistemi radar.

Un video separato è stato pubblicato da un luogo diverso, dove si sente una voce maschile scioccata dichiarare alla telecamera che le esplosioni sono avvenute proprio nel punto in cui l’AD stava sparando, confermando che sembrava esserci stato un colpo diretto.

Ho detto che la MOD russa avrebbe aperto le difese con un attacco sofisticato e stratificato di esche. Avrebbero poi monitorato Kiev da una serie di piattaforme di osservazione. Questo include forse i droni, dato che l’AD di Kiev sarebbe stata molto impegnata con lo sbarramento di missili, potrebbero esserci droni con suite elettroniche (come gli Orlan-30 o gli Orion) da qualche parte a nord di Kiev, abbastanza vicini da osservare le letture dei segnali, le firme IR, ecc. Ricordiamo che solo una o due settimane fa, Kiev ha abbattuto il proprio drone Bayraktar TB2, che sembrava non essere stato identificato o agganciato fino a quando non era ben al di sopra dei quartieri centrali della capitale. C’è una buona possibilità che la Russia possa far arrivare di nascosto un drone a meno di 50 km da Kiev da nord e consentirne l’osservazione. In particolare, questo potrebbe essere fatto con i nuovi droni Orion, che hanno buone telecamere termiche e un’altitudine molto elevata che, con condizioni chiare, potrebbe consentire loro di osservare da una distanza di almeno 50-100 km. Recentemente sono stati diffusi dei video che mostrano come il Ministero della Difesa russo abbia effettivamente utilizzato questi Orion proprio in questo ruolo. In questo recente video si può vedere come il Ministero della Difesa li utilizzi proprio per sorvegliare le città da lontano, grazie alle sue ottiche IR superiori.

In secondo luogo, il monitoraggio può essere effettuato con i satelliti. I satelliti geostazionari, che lavorano sui segnali, possono eventualmente rilevare le posizioni dei segnali radar, mentre i satelliti ottici in orbita terrestre bassa (LEO) possono cercare di scattare immagini, comprese le letture radar SAR, delle posizioni probabili. Questo è più difficile perché questi satelliti impiegano più di un’ora o più per fare il giro del globo, anche se diversi di essi possono essere concatenati tra loro, a seconda di quanti se ne hanno, per fare il giro in brevi periodi intermittenti. La Russia ha almeno 4-5 satelliti spia elettro-ottici e altri segnali/SAR.

Il metodo finale e più utile è quello degli AWAC. Un A-50U russo può volare comodamente in profondità nel confine russo a nord di Kiev e ottenere comunque una lettura potente dal suo radar a rotodome. Gli AWAC possono avere un raggio d’azione di oltre 400-600 km, anche se questo vale per gli oggetti che volano più in alto. Il confine russo è a soli 80 km a nord di Kiev. Un calcolo di base per l’orizzonte radar da questo sito ci dà la seguente cifra:

Il limite di servizio dell’A-50U è di 39.000 piedi. A questa altitudine, il radar dell’AWAC può vedere o rilevare oggetti a un metro da terra a una distanza massima di 570 km. Ora, se si trattasse di un piccolo aereo, di un drone, eccetera, anche se l’orizzonte radar lo consente, il rilevamento non sarebbe probabilmente possibile, o almeno difficile, a causa delle piccole dimensioni dell’oggetto. Tuttavia, poiché il radar AN/MPQ-53/65 del Patriot è un emettitore molto potente, per l’A-50U sarebbe come un’esplosione nucleare anche a quella distanza. Come ho detto, gli AWAC possono volare appena sopra il confine russo a 100-150 km, e questa sarebbe solo una frazione della sua portata potenziale. Quindi, in breve, vedere le potenti emissioni radar di Kiev non sarebbe affatto un problema.

Come si può vedere dal grafico approssimativo qui sopra, l’A-50U può rilevare qualcosa come un F-16 a 98 miglia nautiche o 180 km. Ma si tratta di un piccolo bersaglio RCS che viene rilevato con le proprie onde radar. La batteria Patriot emetterebbe enormi segnali radar, probabilmente equivalenti a diversi giganteschi aerei bombardieri RCS, se non di più. Questo gli darebbe un raggio di rilevamento equivalente a quello dell’estremità assoluta dello spettro.

Molto probabilmente, la Russia utilizza tutti e tre i metodi precedentemente indicati per monitorare Kiev durante l’attacco. È probabile che esistano anche altri metodi più oscuri di cui non siamo a conoscenza, come le risorse HUMINT a terra, persino l’hacking delle telecamere stradali di Kiev o l’osservazione di quelle open source. È vero che subito dopo gli attacchi del 16 maggio è stato annunciato che Kiev stava ordinando la chiusura della maggior parte delle telecamere stradali. È molto probabile che la Russia abbia anche alcune talpe a terra in modalità standby, che segnalano le posizioni dei lanci di missili AD, per non parlare delle intercettazioni di comunicazioni (piuttosto che di onde radar/segnali) da parte di altri mezzi aerei e satellitari, che potrebbero rivelare i siti.

Tutti questi metodi lavorano all’unisono per identificare la posizione delle batterie missilistiche. Ciò che viene dopo è quanto segue:

In primo luogo, potrebbero esserci dei Sukhois russi armati con missili anti-radiazioni Kh-31P, che hanno una gittata di 110 km, e addirittura di oltre 160 km per l’ultima variante PK. Potrebbero tranquillamente sparare questi missili da oltre il confine russo sulla fonte di radiazioni più potente che sarebbe il radar AN/MPQ-53/65 dei Patriot.

E poi, naturalmente, c’è il Kinzhal. Se prendiamo il suo presunto valore di Mach 10, un Mig-31K / Tu-22M3, volando a circa 100-150 km a nord di Kiev oltre il confine russo, potrebbe sparare il Kinzhal e impiegherebbe appena 90 secondi circa per arrivare a Kiev.

Ciò significa che, utilizzando i metodi di monitoraggio, tracciamento e osservazione di cui sopra, una volta che il MOD russo individua la posizione di una batteria/radar Patriot, può trasferire le coordinate ai Mig-31K già in volo, e i Patriot avrebbero solo 90 secondi, che non sono neanche lontanamente sufficienti per muoversi o fare qualcosa per salvarsi davvero.

A questo punto, vediamo di analizzare il Kinzhal. Ci sono molte idee sbagliate in giro sui missili ipersonici in generale, e mi è stato chiesto più volte di trattare a lungo l’argomento.

Cominciamo con le basi dell’ipersonismo. Una cosa da capire è che ogni razzo che lascia l’orbita terrestre è “ipersonico”. Non c’è nulla di speciale nell’essere “ipersonico” in generale. Nello spazio non c’è atmosfera o resistenza e quindi tutto raggiunge la velocità ipersonica abbastanza facilmente, quindi tutti gli ICBM e i razzi spaziali che trasportano gli equipaggi alle stazioni spaziali, ecc. sono tutti ipersonici quando entrano nello spazio. Il trucco dei missili ipersonici consiste nel farlo entro i limiti dell’atmosfera terrestre.

Esistono poi tre tipi primari di veicoli ipersonici: quelli a propulsione a razzo, come il Kinzhal e l’Iskander-M. Si tratta di motori a razzo allo stato solido, privi di parti mobili. Vengono tipicamente chiamati missili balistici perché seguono un arco di missile balistico, che ha una traiettoria specifica come questa:

Nel grafico qui sopra si può vedere la varietà successiva di ipersonici, chiamata HGV o veicoli ipersonici a planata. Si tratta di razzi ICBM con in cima un veicolo di planata al posto della testata nucleare. Il missile accelera nell’atmosfera e rilascia il veicolo di planata che non ha alcun motore proprio. Si tratta semplicemente di un’ala aerodinamica che può utilizzare alcune superfici di controllo per “planare” verso il bersaglio dopo aver raggiunto la velocità ipersonica del razzo. Si dice che il russo Avangard sia di questo tipo HGV:

L’ultimo tipo è un missile da crociera ipersonico che è un vero e proprio missile da crociera con un motore a combustibile liquido piuttosto che con un motore a razzo a combustibile solido. In genere, per le velocità ipersoniche questi motori devono essere ramjet o scramjet. I missili da crociera seguono traiettorie di base più piatte, piuttosto che alti archi balistici. Si dice che il missile russo 3M22 Zircon sia di questa varietà e che abbia un motore scramjet, anche se nessuno lo sa con certezza perché è altamente riservato e persino i video del lancio del missile sono stati pixelati/censurati dal Ministero della Difesa russo per nascondere il suo vero tipo di propulsione. Ma si “immagina” che abbia questo aspetto:

La Russia è l’unico Paese al mondo ad avere tutti e tre i tipi di ipersonici già schierati e in pieno servizio, mentre gli Stati Uniti non ne hanno nemmeno uno.

Torniamo ora al Kinzhal:

Innanzitutto, per chiarire alcune cifre fuorvianti contenute nei grafici precedenti. Il raggio d’azione del Kinzhal non è in realtà di 1000 km – 3000 km – ma è quello che si ottiene sommando il raggio d’azione del vettore missilistico (Mig-31K o Tu-22M, ecc.). Il raggio d’azione del missile è probabilmente simile a quello dell’Iskander-M (400-500 km), anche se potrebbe essere maggiore grazie al vantaggio del lancio aereo e al fatto di non dover spendere tutto il carburante per accelerare e salire in quota come fa l’Iskander.

L’altra cosa importante da notare è che nessuno sa quanto il Kinzhal o qualsiasi altro sistema d’arma ipersonico vada veloce al punto di impatto terminale, ma quasi certamente non è ipersonico a quel punto. Sì, avete sentito bene: nessuna arma ipersonica sulla terra impatta effettivamente il bersaglio a velocità ipersonica.

Non è scritto da nessuna parte che l’arma colpisca il bersaglio a velocità ipersonica; si tratta semplicemente di un’ipotesi fuorviante che la gente fa. In realtà, la descrizione ufficiale della maggior parte dei veicoli ipersonici come il Kinzhal è che raggiunge la velocità ipersonica alla velocità di burnout. Per velocità di burnout si intende il momento in cui i motori finiscono di accendersi durante il picco del suo “arco balistico”.

Si pensa erroneamente che lo scopo di un missile ipersonico sia “colpire il bersaglio a velocità ipersonica”. In realtà non è questo il vantaggio principale. Il vero scopo di un veicolo ipersonico è quello di raggiungere il bersaglio il più velocemente possibile, e più velocemente di qualsiasi altra munizione convenzionale, il che dà al nemico pochissime possibilità di reagire, come ad esempio tentare di fuggire o nascondersi sottoterra, ecc.

Il fatto è che nessun oggetto artificiale può viaggiare a velocità ipersoniche a livello atmosferico. L’atmosfera è troppo spessa e qualsiasi oggetto che viaggi a tale velocità si riscalderebbe rapidamente fino a raggiungere livelli astronomici e poi si vaporizzerebbe. Come fanno allora i razzi spaziali a raggiungere velocità ipersoniche? Accelerano molto lentamente e non superano la soglia ipersonica finché non sono già nello spazio.

La maggior parte dei tipi di missili, come i missili balistici e persino i missili aria-aria sparati dai jet, raggiungono un’altitudine molto elevata per la maggior parte della loro crociera, per poi scendere solo quando si avvicinano al bersaglio. Lo scopo è volare dove l’atmosfera e la resistenza dell’aria sono molto più sottili per ottenere il massimo del consumo di carburante e dell’accelerazione/velocità. I missili da crociera sono un’eccezione, in quanto l’esigenza di essere “sotto i radar” richiede che la maggior parte di essi voli molto in basso.

Per quanto ne so, esiste un solo video conosciuto di un oggetto che accelera a velocità ipersoniche in condizioni atmosferiche. Negli anni ’60, sia gli Stati Uniti che l’URSS avevano sistemi ABM (missili anti-balistici) il cui scopo era quello di accelerare a velocità folli per proteggere i rispettivi Paesi dalla più esistenziale delle minacce: i veicoli nucleari di rientro MIRV.

Gli Stati Uniti hanno creato il missile Sprint, che avrebbe dovuto accelerare a Mach 10 in soli 5 secondi, come si può vedere qui sotto:

As the RV (re-entry vehicles) would be traveling at about 5 miles per second (8,047 m/s; 26,400 ft/s; Mach 24), Sprint had to have phenomenal performance to achieve an interception in the few seconds before the RV reached its target.

Poiché il veicolo di rientro viaggerebbe a circa 5 miglia al secondo (8.047 m/s; 26.400 ft/s; Mach 24), lo Sprint doveva avere prestazioni fenomenali per ottenere un’intercettazione nei pochi secondi prima che il veicolo di rientro raggiungesse il suo obiettivo.

Ora è qui che iniziamo a entrare nel vivo della mia argomentazione:

Sprint ha accelerato a 100 g, raggiungendo una velocità di Mach 10 (12.300 km/h; 7.610 mph) in 5 secondi. Una velocità così elevata ad altitudini relativamente basse creava temperature della pelle fino a 6.200 °F (3.427 °C), richiedendo uno scudo ablativo per dissipare il calore. L’alta temperatura ha causato la formazione di un plasma intorno al missile, che ha richiesto segnali radio estremamente potenti per raggiungerlo per la guida. Il missile si illuminava di un bianco brillante mentre volava.

Si potrebbe dire: “Il missile Sprint ce l’ha fatta”. Ma questo missile sta volando verso l’alto, fuori dall’atmosfera. Potrebbe aver raggiunto l’ipersonicità in 5 secondi, ma a quel punto avrebbe già raggiunto livelli atmosferici molto sottili. Inoltre, ci si aspettava che arrivasse e intercettasse l’oggetto all’incirca in quel lasso di tempo o poco più, quindi non è mai stato progettato per sostenere quella pressione ipersonica sul suo telaio/pelle per più di un breve periodo.

Se lo stesso missile volasse in linea retta vicino al livello del suolo, probabilmente si disintegrerebbe in 10-30 secondi o meno.

La seconda cosa più importante è che i veicoli ipersonici, come già detto, generano uno scudo di plasma intorno a loro. Questa è stata di gran lunga la ragione principale della “difficoltà” di creare armi ipersoniche. Accelerare qualcosa in modo ipersonico, specialmente con un motore a razzo di base, è abbastanza facile. Il problema è poi comunicare con l’oggetto. Lo scudo di plasma annulla completamente tutte le onde elettromagnetiche, rendendo l’oggetto completamente impermeabile alle onde, il che significa che non è possibile inviargli alcun segnale per “guidarlo” verso un obiettivo.

Tutti hanno probabilmente sentito parlare del famigerato problema del rientro dei veicoli spaziali:

Come sapete, qualsiasi capsula spaziale della NASA durante il rientro subisce un periodo completamente “radio cieco” in cui non è possibile comunicare. Il motivo è proprio questo: il veicolo raggiunge velocità ipersoniche mentre cerca di decelerare, e durante questo periodo una bolla di plasma lo avvolge completamente, bloccando tutti i segnali.

Sono state sperimentate diverse idee esotiche per superare questo problema per i missili. Per esempio, si è provato a creare una sorta di cavo di traino che pende dietro il veicolo, sporgendo attraverso la “bolla di plasma” e fungendo da antenna. Tra i metodi ancora più esotici, c’è stato quello di spruzzare getti d’acqua in un determinato punto, che “apre” un percorso per i segnali radio attraverso il plasma. E anche l’uso dell’interferenza magnetica per creare un qualche tipo di potente campo magnetico in grado di “modellare la bolla di plasma” in modo da creare un’apertura al suo interno.

Nessuno sa quale sia il metodo scelto e utilizzato dalla Russia per il Kinzhal, è tutto riservato. Tuttavia, il fatto probabile è che il Kinzhal, così come l’Iskander, semplicemente non sono più ipersonici quando raggiungono il bersaglio, il che consente ai segnali radio di fornire loro una correzione di rotta a metà strada verso il bersaglio. Il motivo è che, una volta che accelerano alla loro “velocità di burnout” ipersonica all’inizio dell’arco balistico, tutto ciò che segue inizia a perdere velocità. Nessuno lo sa con certezza, ma è probabile che al momento dell’impatto con il bersaglio la velocità sia compresa tra 3 e 5 Mach.

Si tratta di una velocità ancora molto elevata, ma che evita il problema del “campo di plasma”. Come facciamo a saperlo? Beh, ci sono alcuni video di impatti dell’Iskander, e mentre si dice che l’Iskander raggiunga un massimo di 6-7 Mach alla velocità di burnout, i suoi impatti non sembrano ipersonici, anche se sembrano molto più veloci di qualsiasi altro tipo di missile convenzionale.

Tenete presente che in questa sezione mi concentrerò sull’Iskander a causa della sua stretta relazione con il Kinzhal. Si dice che il Kinzhal sia basato sull’Iskander, in misura variabile. Alcuni ritengono che siano del tutto identici, con il Kinzhal che è semplicemente una variante a lancio aereo dell’Iskander-M. Quindi, lo studio dell’Iskander può probabilmente darci la visione più chiara delle potenziali capacità del Kinzhal.

Qui c’è un video che mostra un lancio in un poligono di prova:

Alla fine del video si vede un impatto. Se il missile stesse andando a più di 7 Mach, probabilmente non lo si vedrebbe nemmeno nella telecamera. Detto questo, la cosa interessante è che esiste una versione rallentata, che possiamo solo supporre sia a 60 fps, e anche su 60 fotogrammi ripresi in un solo secondo, il missile appare solo in un fotogramma. Qualcuno molto più bravo di me in matematica avanzata può probabilmente calcolare questo dato in una parvenza di velocità.

A proposito, come confronto interessante, guardate questa versione Iskander-K del missile da crociera R-500 e il suo impatto, che è un missile subsonico standard come un Kalibr:

Ma si noti come il missile si veda chiaramente impattare anche nel corso di diversi fotogrammi. Secondo quanto riferito, l’R-500 è basato sui missili 3M54/3M14 Kalibr e Kh-101, tutti con velocità terminale subsonica di circa 0,8 Mach. Il precedente attacco balistico Iskander-M sembra chiaramente più veloce di diversi ordini di grandezza, a occhio direi almeno 2-4 volte. Questo collocherebbe l’M nella zona di Mach 3-5 che ho ipotizzato. In effetti, forse con un po’ di matematica approssimativa si può anche dire che, dato che il missile da crociera appare in circa 3 fotogrammi e il missile balistico in uno solo, allora forse il balistico è circa 3 volte più veloce nella fase di impatto terminale. Poiché sappiamo che l’R-500 va a circa 0,8 Mach, questo porterebbe l’Iskander-M a circa 3 Mach.

L’altra prova, e uno degli unici altri attacchi Iskander mai ripresi in video, è stato il famigerato colpo a un centro commerciale di Kiev che nascondeva alcuni sistemi MLRS dell’AFU:

Nel video si vede l’Iskander scendere con il tipico arco balistico, dritto verso il bersaglio. È molto veloce per un missile normale, tuttavia è possibile calcolare la velocità in modo molto approssimativo stimando l’altezza dell’edificio e utilizzando alcuni altri parametri disponibili. Una volta l’ho calcolata il più fedelmente possibile e ho ottenuto qualcosa come 1,5-2 Mach, anche se potrebbe essere di più. Il calcolo si basava sull’altezza dell’edificio ricavata da google maps, estrapolando la velocità in base alla velocità con cui il missile percorre la lunghezza dell’edificio, ecc.

L’aspetto interessante, tuttavia, è che si tratta di un filmato di una telecamera termica e il missile sembra avere un bagliore bianco, anche se questo non è fuori dall’ordinario su una telecamera termica sensibile.

Tuttavia, questo è supportato dal fatto che un’altra telecamera non termica ha ripreso un fotogramma del missile in arrivo di notte, e sembra che il missile sia caldo anche senza l’ausilio di IR: VIDEO. VIDEO.

L’altra prova interessante in linea con questo è che, dal precedente filmato di prova dell’Iskander, se si mette in pausa l’unico fotogramma in cui appare il missile, si vede quanto segue:

Confrontatelo con il missile che si alza:

Diventa immediatamente evidente che il missile sembra carbonizzato. È completamente annerito nella metà anteriore. Gli anelli bianchi sono stati cancellati, il colore verde è scomparso ed è stato sostituito da un aspetto appannato, color carbone opaco o metallo cenerino. Alcuni in Occidente si sono chiesti se l’Iskander/Kinzhal sia davvero in grado di andare a velocità ipersonica, se sia in fase di burnout o in fase terminale. Ciò è comprensibile, dato che l’equivalente americano dell’Iskander, gli ATACM, non è in grado di raggiungere l’ipersonico, ma si ferma al massimo a 3+ Mach. Ma il chiaro grado di carbonizzazione del metallo sulla parte anteriore del missile indica effettivamente che probabilmente è stato ipersonico per un periodo di tempo significativo, riscaldando la pelle a temperature estreme.

Detto questo, l’aspetto cruciale è che al momento dell’impatto il missile non è ancora incandescente, il che indica chiaramente che non è più ipersonico e che non lo è stato per un bel po’, confermando tutte le mie affermazioni sul suo profilo di velocità.

Confrontatelo con il modello di riscaldamento sull’ogiva anteriore del missile Sprint quando raggiunge l’ipersonicità:

Ma resta il fatto che non è mai stato costruito un oggetto artificiale in grado di resistere alle ipersoniche a livelli atmosferici terrestri, almeno che io sappia. È possibile che la Russia abbia trovato un qualche tipo di formula magica per rivestimenti e ceramiche speciali, ma non sembra evidente dalla costruzione del missile.

Inoltre, ieri lo stesso Ministero della Difesa russo ha definito il Kinzhal come un veicolo planante:

Si tratta di una distinzione interessante perché, sebbene non si tratti di un tradizionale HGV come osservato in precedenza, il fatto è che l’Iskander/Kinzhal sembra avere un profilo in cui raggiunge la piena “fase di burnout” durante l’arco balistico, come ho spiegato prima, e poi plana verso il bersaglio, senza che i suoi motori si accendano o forniscano più spinta. Questo si può vedere anche nel video di prova che ho screenshottato: l’Iskander-M non sembra avere i motori accesi quando tocca il suolo.

Perché è importante? Perché è chiaro che se non è più spinto dalla spinta e si limita a “planare” dopo lo zenit del suo arco balistico, allora la velocità ipersonica che raggiunge da quel momento in poi si esaurirà lentamente, poco a poco. È probabile che questo avvenga naturalmente in modo tale che il missile non stia più creando uno scudo di plasma o disintegrandosi, in modo tale che stia ancora andando più veloce di qualsiasi altra cosa, ma possa ricevere i dati per la correzione della rotta. Per questo motivo, la mia ipotesi migliore è che questi missili impattino a qualcosa come 2-5 Mach al massimo.

Inoltre, si noti che durante l’attacco del 16 maggio, nei filmati delle telecamere notturne non c’erano “oggetti luminosi” che scendevano nel cielo. Se un Kinzhal viaggiava effettivamente a 5-7+ Mach quando ha colpito i Patriots, sarebbe sceso come una meteora, brillando e lanciando plasma. E sì, questo significa che quei famigerati video che pretendono di mostrare un Kinzhal russo che “va a velocità ipersonica” sono probabilmente tutti falsi:

Ma c’è un altro aspetto importante non ancora menzionato. Una bolla di plasma assorbe tutti i segnali elettromagnetici, rendendo il veicolo impermeabile ad essi. Indovinate cosa significa? Esatto, un veicolo ipersonico è essenzialmente “stealth” e non può essere rilevato dai radar. Le onde radar vengono semplicemente assorbite e ionizzate dalla bolla di plasma, e in effetti ci sono stati molti anni di ricerca stealth in questo campo.

Quindi il punto è che, a proposito della questione se il Patriot possa intercettare il Kinzhal o anche l’Iskander, il fatto è che questi missili sono probabilmente completamente stealth per il radar del Patriot per la maggior parte del loro arco balistico. Una volta che raggiungono l’arco, entrano in “modalità planata” e iniziano a rallentare, escono lentamente dallo stealth, ma il problema è che a quel punto sono già probabilmente sopra il bersaglio e a soli 15-30 secondi al massimo dall’impatto, forse meno, e stanno ancora andando a una velocità di Mach 4-5 all’inizio del rallentamento.

Se prendiamo l’esempio precedente, cioè che il Kinzhal viene sparato da oltre il confine a circa 100-150 km da Kiev, supponiamo che l’apice dell’arco balistico avvenga all’incirca a metà strada. Ciò significa che i restanti 50 km circa potrebbero essere spesi sulla traiettoria discendente di quell’arco, uscendo dall’invisibilità. Ma anche a Mach 4-5, 50 km saranno percorsi in circa 28 secondi. Potrebbe iniziare a passare sugli schermi radar a un certo punto, ma lascerebbe pochissimo tempo per reagire a tutti gli equipaggi, tranne che a quelli più addestrati.

In secondo luogo, la famosa caratteristica dell’Iskander-M, che presumibilmente il Kinzhal erediterà, è la capacità di manovrare selvaggiamente durante la fase terminale e di rilasciare esche. Le esche con designazione 9B899 sono state confermate in precedenza e sono state trovate da diversi Iskander colpiti in Ucraina:

Come si può vedere, la foto in basso del missile Iskander mostra le porte circolari da cui probabilmente fuoriescono le 6 esche. Si dice che le esche stesse siano molto avanzate e che non solo agiscano come esche anti-radar, ma che abbiano anche avanzate capacità elettroniche e di disturbo.

Guardate questo segmento qui sotto:

Non solo sono dotati di disturbatori, ma anche di fonti di calore bruciate simili a razzi per ingannare i missili a guida IR. È molto probabile che questo tipo di “disturbo” sia responsabile della quantità sproporzionata di missili Patriot andati in tilt il 16 maggio.

Abbiamo visto in video precedenti che i missili da crociera avanzati russi Kh-101 hanno mandato in tilt la difesa aerea ucraina in modi simili, poiché anche il Kh-101 è dotato di capacità di disturbo elettronico.

Inoltre, si noti che i missili Pac-2 Patriot erano del tipo a frammentazione, ma il Pac-3, che l’Ucraina ha confermato di aver utilizzato, è un progetto completamente diverso da tutti i precedenti Patriot. Si tratta di una tecnologia “hit to kill” (colpire per uccidere), il che significa che il missile tenta di colpire direttamente il bersaglio piuttosto che spruzzarlo con pallettoni simili a quelli di un fucile da caccia da una leggera distanza.

Il metodo “hit to kill” è poco credibile per intercettare un Iskander/Kinzhal, specializzato in manovre evasive terminali ad alto G e in contromisure EW. È altamente improbabile che un missile hit-to-kill possa tracciare e colpire un Kinzhal potenzialmente ipersonico (a seconda della fase del suo arco di intercettazione) mentre è impegnato in un jolly. È come cercare di colpire un proiettile che oscilla follemente con un altro proiettile.

Tra l’altro, l’Iskander ha altre caratteristiche speciali sconosciute ai più, tra cui l’elevata ri-targettibilità e una guida ottica nascosta, che probabilmente viene dispiegata solo nella fase terminale facendo saltare l’ogiva anteriore o un piccolo oblò da cui può vedere un sensore a telecamera.

I bersagli possono essere localizzati non solo da satelliti e aerei, ma anche da un centro di intelligence convenzionale, da un osservatore di artiglieria o da foto aeree scansionate in un computer. Un’altra caratteristica unica dell’Iskander-M è la testata a guida ottica, che può essere controllata anche tramite trasmissioni radio criptate, come quelle degli AWACS o degli UAV. Il sistema di guida elettro-ottico fornisce una capacità di auto-orientamento. Il computer di bordo del missile riceve le immagini del bersaglio, quindi lo individua con il suo mirino e scende verso di esso a velocità supersonica.

Si noti anche quanto sopra: “scende a velocità supersonica”, non ipersonica.

Come ho detto, si tratta dell’Iskander-M, ma possiamo solo supporre che le somiglianze siano state trasferite anche al Kinzhal. Dopotutto, perché non dovrebbe? Non è che il Kinzhal soffra di una mancanza di spazio rispetto all’Iskander, semmai dovrebbe essere il contrario. Dato che il Kinzhal ha il vantaggio di essere lanciato in aria, avrebbe bisogno di meno carburante comparativo e di interni per raggiungere le stesse caratteristiche prestazionali dell’Iskander, che deve lottare contro la gravità per raggiungere l’altitudine/velocità, ecc. Ciò significa che il Kinzhal avrebbe ipoteticamente ancora più spazio interno per “chicche” speciali. Dopo tutto, le loro dimensioni sono quasi identiche: entrambi sono alti 7,3 metri.

Supponiamo quindi che il Kinzhal abbia anche le esche. Sta rientrando in condizioni atmosferiche, perdendo lentamente la sua furtività al plasma mentre scivola verso il basso, dando agli operatori del Patriot 20-30 secondi al massimo, mentre inizia a lampeggiare sui loro schermi. Ma all’improvviso rilascia i suoi “aiuti alla penetrazione”, cioè le contromisure dell’esca, e lo schermo si riempie di numerosi blip dappertutto. Il “disturbo” infatti crea anche falsi ritorni e missili fantasma sullo schermo, il che, come altri hanno notato, è molto probabilmente responsabile del fatto che Kiev dichiari di aver abbattuto numerosi Kinzhal. Probabilmente pensano di averli effettivamente abbattuti, ma in realtà i loro missili AD stavano dando la caccia ai “fantasmi” radar che i Kinzhal rilasciavano sotto forma di contromisure di disturbo.

In effetti, nella dichiarazione di oggi Shoigu ha fatto un’ammissione interessante quando ha detto che Kiev dichiara “un numero di abbattimenti 3 volte superiore” a quelli realmente avvenuti. Zaluzhny ha sempre affermato di abbattere il 70-80% dei missili russi, mentre Shoigu sembra sottintendere che in realtà ne abbattono circa il 25%. Tuttavia, ha anche specificamente affermato che Kiev ha “abbattuto” più Kinzhals di quanti ne abbia sparati la Russia. Kiev sostiene di averne abbattuti 6, mentre Shoigu sembra sottintendere che la Russia ne abbia lanciati solo 2-3 il 16 maggio. Quei 2-3 sembrano aver colpito tutti i siti Patriot, dato che questo è esattamente il numero di esplosioni e di lanciatori distrutti di cui si parla.

Shoigu ha commentato la distruzione del sistema di difesa aerea Patriot a Kiev:
1. La Federazione Russa non ha lanciato tanti “Pugnali” come si sostiene che abbattano ogni volta con le loro dichiarazioni

2. Il numero di queste “intercettazioni ucraine è tre volte superiore a quello da noi consentito”.

3. “E sbagliano sempre il tipo di missili. Ecco perché non ci arrivano”.

Sul terzo punto, Shoigu sembra essersi riferito al fatto che l’Ucraina non “identifica” correttamente i missili, motivo per cui i missili riescono a passare. È difficile esserne certi, ma è possibile che si riferisca al problema delle esche, in quanto sta insinuando che i loro sistemi non identificano correttamente i tipi di missili.

Cosa sappiamo quindi dei risultati effettivi degli attacchi Kinzhal? Il Pentagono ha ammesso ufficialmente che un Patriot è stato “danneggiato”, ma sostiene che è riparabile sul posto. Hanno fatto questa interessante ammissione:

Quindi ammettono che la raccolta di segnali russi, che ho descritto in precedenza, ha effettivamente permesso alla Russia di tracciare il sistema Patriot e di colpirlo.

Ricordiamo che prima ho detto che Rybar stava raccogliendo informazioni anonime dall’Ucraina riguardo agli attacchi. È impossibile dire quanto siano accurate queste informazioni “insider”, ma vale comunque la pena di notarlo:

#Inside

La nostra fonte nell’OP ha detto che il sistema Patriot è stato danneggiato, 2 stazioni di lancio Patriot -3 e un radar Patriot sono stati distrutti. 5 soldati sono stati uccisi, di cui due erano istruttori stranieri, tutti i sistemi di difesa aerea occidentali sono forniti all’Ucraina con personale tecnico che aiuta i nostri specialisti a utilizzare il sistema antiaereo.

🇺🇸🇺🇦🇬🇧 Secondo notizie non confermate, il Pentagono ha vietato all’Ucraina di utilizzare il sistema di difesa aerea MIM-104 Patriot fino a quando la parte americana non riceverà tutte le informazioni sulle circostanze del recente attacco missilistico alla batteria di difesa aerea americana. Washington ha inviato una squadra speciale in Ucraina per valutare lo stato del sistema di difesa aerea Patriot colpito e le ragioni della distruzione della batteria di difesa aerea da parte dei missili russi.

Un altro:

❗️According secondo dati attendibili, il 16 maggio, a seguito di un attacco del sistema missilistico ipersonico Kinzhal a Kiev, sono stati colpiti e completamente distrutti una stazione radar multifunzionale e 5 lanciatori del sistema missilistico antiaereo PATRIOT prodotto dagli Stati Uniti – Ministero della Difesa russo

E ora si dice che la NATO abbia avviato riunioni urgenti perché questi attacchi hanno appena messo a nudo i più potenti sistemi di difesa strategica degli Stati Uniti e della NATO, il che è di pessimo auspicio per la sicurezza della NATO. È la prima volta nella storia che gli Stati Uniti hanno la prova assoluta che i sistemi russi possono penetrare le difese americane più avanzate. Ricordiamo che, secondo quanto riferito, l’Ucraina era armata con i più recenti missili Pac-3, non con i più vecchi Pac-2, ecc. Questo ha conseguenze terribili per tutta la sicurezza europea, poiché dimostra che i missili russi possono ora penetrare impunemente in qualsiasi base NATO in Polonia e altrove. In effetti, questi sono i tipi di momenti tettonici che creano interi cambiamenti dottrinali generazionali e cambiano completamente il calcolo delle posizioni di difesa.

Si è tenuta una riunione urgente in seno alla NATO sullo stato dei sistemi di difesa aerea/PRO che proteggono le principali basi militari e gli hub logistici situati sul suolo di Polonia e Slovacchia.

** Fonti turche ben informate fanno notare che la riunione è stata avviata dopo che 🇷🇺 missili ipersonici aria-superficie russi H-47M2 “Kinzhal” sono penetrati nella zona di difesa aerea/PRO della città di 🇺🇦Kiev e, nonostante il gran numero di missili intercettori sparati, hanno distrutto le unità MIM-104(F) Patriot che hanno partecipato alle operazioni di combattimento.

L’atmosfera degli incontri è stata valutata come allarmante, il che ha portato a una serie di conclusioni che prevedono l’adozione immediata di misure specifiche, con l’obiettivo di rafforzare ulteriormente le capacità di PVO/PRO in queste aree.

Questo non deve sorprendere. Solo pochi mesi fa è stato rinvenuto un missile russo Kh-55 nell’estrema Polonia occidentale. Si tratta dei missili più vecchi, lenti e altamente insensibili, che la Russia solitamente lancia come esca, per schermare i suoi Kh-101, più recenti e molto più avanzati.

Se un Kh-55 antico può aggirare tutte le difese della NATO, comprese le batterie Patriot e AEGIS Ashore di cui la Polonia è confermata essere dotata, allora non hanno alcuna possibilità di fermare il Kinzhal o simili.

Un’altra notizia non confermata:

Secondo le informazioni dello Stato Maggiore, oggi le nostre difese aeree sono state costrette a sparare una salva di 32 missili Patriot per evitare la detonazione e la distruzione massiccia nel settore residenziale. L’intera batteria è stata distrutta dall’arrivo di un missile ipersonico e l’SBU sta cercando la fonte della fuga di video che mostra il lancio dei missili e l’esplosione. Tutte le informazioni sull’attacco di massa a Kiev sono state lanciate appositamente per spiegare il lancio di massa dei missili e non una singola esplosione nel cielo.

Questo potrebbe essere un rapporto a bassa affidabilità, ma la seconda parte è vera. L’SBU ha lanciato una campagna senza precedenti sulla scia di questi attacchi per catturare tutte le persone che stavano registrando gli arrivi. Hanno già catturato una mezza dozzina di blogger:

Questo, insieme al fatto che l’SBU ha già iniziato a mettere fuori uso tutte le telecamere di strada, nel disperato tentativo di impedire la registrazione di eventuali arrivi futuri:

🇷🇺🚀🇺🇦In Ucraina, vogliono vietare la trasmissione dalle webcam durante gli attacchi missilistici – in modo che nessuno veda gli arrivi e il lavoro della difesa aerea.

Il funzionamento delle telecamere stradali installate ovunque può essere regolato in modo che il nemico non possa usarle per tracciare il lavoro della difesa aerea. Lo ha dichiarato lo speaker dell’Aeronautica militare ucraina Yuri Ignat alla radio НВ.

“Queste telecamere funzionano in tutto il mondo e vengono trasmesse online sui canali di Youtube. Ma nella nostra situazione, quando c’è la legge marziale nel Paese, penso che verranno fatti alcuni aggiustamenti con le amministrazioni militari. Quando c’è un’operazione di difesa aerea, quando c’è una minaccia di fuga di informazioni, penso che gli organi delle amministrazioni militari si adegueranno per evitare in qualche modo che il nemico possa osservare online le operazioni di combattimento dei nostri sistemi di difesa aerea”, ha spiegato Ignat.

Ha aggiunto che è necessario “lavorare” anche con le istituzioni e gli imprenditori privati che hanno installato telecamere stradali.

Questa sembra essere una tattica estrema e disperata sulla scia di ciò che sostengono essere una serie di abbattimenti di successo di tutti i Kinzhal, in cui il Patriot non ha subito alcun danno. Questo indica chiaramente che qualcosa è andato storto, perché un’escalation di questo tipo non ha precedenti, dato che non è mai stata fatta dopo nessuno degli attacchi precedenti, anche di maggiore entità.

Infine, se le “fughe di notizie” sono accurate e 2-3 lanciatori Patriot sono stati distrutti, con forse un radar, rimane ancora un’altra batteria e mezza operativa, dato che l’Ucraina avrebbe ricevuto due batterie. Tuttavia, se è vero che è stato colpito un radar, questo potrebbe essere molto più devastante, poiché sono molto più preziosi e costosi.

Nei recenti attacchi di Khmelnitsky, la Russia avrebbe distrutto anche centinaia di milioni di munizioni per i missili Patriot, quindi i due eventi combinati dovrebbero essere abbastanza devastanti per l’AFU, soprattutto visti i prezzi in gioco:

Non sono molti i sistemi e i missili che gli Stati Uniti possono continuare a fornire all’Ucraina. Tuttavia, per ora sono stati coperti con l’annuncio di una nuova consegna di sistemi SAMP-T italiani.

Nel frattempo, però, stiamo entrando nella fase di fine maggio, che le fughe di notizie del Pentagono hanno indicato come l’ultimo, definitivo periodo verso il quale le munizioni AD ucraine sarebbero durate. Gli S-300 e i NASAM sono stati specificamente indicati come esauriti entro il maggio 2023. Vedremo quindi quanto le nuove forniture saranno in grado di puntellare le difese ucraine.

D’altra parte, è stato dichiarato che la produzione di Kinzhal è stata massicciamente incrementata, almeno 7 volte o più, quindi resta da vedere se l’uso russo di Kinzhal diventerà un evento più comune.

Al momento in cui scriviamo, un altro attacco sembra imminente: i Tu-95 russi hanno spiccato il volo e ci sono allarmi aerei di massa in tutta l’Ucraina, quindi vediamo cosa succederà. Potrebbe trattarsi di un attacco di pulizia per colpire le rimanenti batterie di Patriot.

Per il momento, all’Occidente non resta che fare il poliziotto che sposta l’obiettivo:

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Siamo tutti Stati civili Solo che alcuni non se ne rendono conto, di Aurelien

Siamo tutti Stati civili
Solo che alcuni non se ne rendono conto.

AURELIEN
24 MAG 2023

Il termine “Stato civile” è stato molto utilizzato negli ultimi anni e ora ha anche l’onore di avere una propria pagina su Wikipedia, non che sia molto utile. Come al solito, il termine non ha un significato condiviso e viene usato dai suoi difensori e detrattori in sensi piuttosto diversi. In sostanza, si tratta di un tentativo di descrivere i Paesi, soprattutto quelli con una lunga storia, utilizzando un quadro concettuale diverso da quello dello Stato-nazione liberale standard post-westfaliano del 1789. I difensori del concetto sostengono che è sbagliato cercare di applicare concetti presumibilmente “universali”, ma in realtà occidentali moderni, a Paesi come la Cina, con la sua lunga e ricca storia, mentre gli oppositori sostengono che questa è solo una scusa per questi Stati che non rispettano gli stessi standard universali dei diritti umani e altri shibboleth moderni.

Non sono qui per arbitrare questo dibattito, e comunque non sono in grado di farlo, ma piuttosto per cercare di spiegare cosa penso stia succedendo e perché è importante nell’evoluzione della politica internazionale. È legato, ovviamente, alla lenta decadenza dell’egemonia intellettuale ed economica dell’Occidente e alle sue sfide che sono locali e differenziate, come ci si aspetterebbe se fossero culturalmente specifiche. Partiamo quindi dall’inizio. Possiamo procedere attraverso tre domande. Notate che la maggior parte dei miei esempi sono tratti dall’Europa e dall’UE, perché è lì che vivo, e non mi sento competente a discutere degli Stati Uniti, per esempio. Ma gli statunitensi sono invitati a considerare le questioni parallele.

In primo luogo, o ci sono sistemi e forme di governo ideali, a cui tutti gli Stati finiranno per arrivare, o non ci sono. Finora si è sostenuto che le forme tecniche di governo adottate nel XX secolo in Occidente, e perfezionate nel corso dell’ultima generazione o giù di lì, sono le uniche corrette e inevitabili, e che tutte le nazioni troveranno la loro strada verso tali forme prima o poi. Tradizione, cultura, religione e storia non sono contributi a un sistema politico, ma irritazioni e ostacoli che devono essere eliminati prima di raggiungere la forma di governo corretta. Questa forma è una democrazia indiretta di tipo elitario, in cui gruppi di politici professionisti competono per il potere facendo varie promesse economiche e sociali, e in cui il ruolo del pubblico si limita a votare occasionalmente alle elezioni. Sebbene vi siano notevoli variazioni nei dettagli (presidenti eletti o non eletti, ad esempio), il concetto fondamentale di una classe politica professionale, il cui accesso è limitato e su cui le forze esterne dovrebbero teoricamente avere poca influenza, si ritrova ovunque. Altri attori, tra cui la magistratura e il parlamento in alcuni tipi di sistemi, hanno una parte di potere e i loro protagonisti provengono generalmente dalle stesse classi sociali ed economiche e possono persino essere legati da rapporti di parentela o di educazione. Tali sistemi politici sono in pratica governati da élite oligarchiche, anche se la configurazione formale può apparire leggermente diversa in ciascun caso. È dunque questo il sistema politico ideale e uno Stato o un partito politico che dubiti della sua validità universale è automaticamente sbagliato?

Allo stesso modo, o ci sono visioni universali delle relazioni individuali e sociali, a cui tutti gli Stati finiranno per arrivare, o non ci sono. Finora si è sostenuto che la base di tutte queste visioni è il moderno concetto occidentale di “diritti umani”. Ho già analizzato la storia piuttosto discutibile di questa idea: qui voglio solo osservare che l’egemonia di questa particolare idea, vaga e contestata, è tale che in realtà è molto difficile parlarne razionalmente. È difficile trovare una risposta all’accusa “Suppongo che tu pensi che sia giusto rinchiudere le persone senza processo?” nei termini in cui viene posta. (Anche se è legittimo dire che molti sedicenti “difensori dei diritti umani” credono essi stessi nell’opportunità di rinchiudere le persone senza processo se hanno opinioni sbagliate). Come Socrate che si difende dalle accuse di empietà verso gli dei, o Giovanni Bruno che si difende dalle accuse di eresia, è impossibile difendersi se si è costretti a rimanere nei limiti intellettuali della domanda. Il problema, infatti, è la concezione liberale radicale della società, che si è affermata a partire dal XVIII secolo e che vede la società non come un’entità, ma come un insieme di individui che massimizzano l’utilità, in lotta tra loro per ottenere il massimo vantaggio finanziario e personale, e regolati solo dalle leggi assolutamente necessarie. In una “società” di questo tipo non c’è società: le questioni sociali riguardano o la garanzia di un equilibrio matematico tra i vari desideri degli individui (come in Bentham) o un semplice gioco libero in cui chi ha più soldi e potere confisca il maggior numero di diritti. Il concetto di interesse collettivo è una contraddizione in termini. Infatti, i membri di una società possono passare ad essere membri di un’altra società con poche formalità, poiché non esistono vere e proprie “società”, ma solo collezioni temporanee e contingenti di persone che commerciano tra loro e che potrebbero benissimo trovarsi altrove. Inoltre, non esistono “diritti” collettivi, ma solo la somma dei diritti di tutti gli individui nella stessa situazione. Quando i diritti di alcuni individui si scontrano con i diritti di altri (come è normale che sia), si ricorre ai giudici per decidere chi ha più diritti. L’esistenza stessa di interessi più ampi della sola massimizzazione dell’utilità individuale non viene semplicemente riconosciuta. È dunque questo il sistema sociale ed economico universalmente valido, e uno Stato o un partito politico che dubiti di questa validità universale è automaticamente sbagliato?

Infine, o esistono modi ideali post-culturali, post-storici, post-religiosi e post-nazionalisti di guardare alla politica e alla società, a cui tutti gli Stati finiranno per approdare, oppure non esistono. Il liberalismo ha sempre teso verso una sorta di efficienza vuota e manageriale, priva di tutte le caratteristiche che ci rendono umani. Considera le credenze, le lealtà, l’amicizia e i legami sociali di qualsiasi tipo nel migliore dei casi inefficienti, in quanto impediscono il buon funzionamento dell’economia di mercato, e nel peggiore dei casi come simboli di oscurità e superstizione, da scacciare con la pura luce della ragione. La sua epitome è forse la visione da incubo di Comte di una società perfettamente razionale in cui i dittatori scientifici si assicurerebbero che ogni persona viva una vita interamente razionale che massimizza l’utilità, senza la scomoda influenza di sentimenti o emozioni. Una società di questo tipo è in realtà già presente, a grandi linee, nei presupposti dell’Unione Europea. La religione, la storia, la cultura, la lingua e le credenze dividono le persone l’una dall’altra, causando così (si sostiene) conflitti e persino guerre. Di conseguenza, si deve fare ogni sforzo per estinguere le differenze nazionali scoraggiando l’insegnamento e l’invocazione di storie e culture distinte, se non per mettere in guardia dai loro aspetti negativi, promuovendo invece una zuppa di Bruxelles grigia e insapore, che si distingue in gran parte per gli ingredienti che mancano. La storia, nella misura in cui se ne riconosce l’esistenza, è passata dall’essere una storia nazionale a un campo di dibattiti e lotte feroci in cui i gruppi cercano di imporre le loro interpretazioni della storia gli uni sugli altri, come i membri di una famiglia che si combattono davanti a un giudice per i diritti di eredità.

Bruxelles oggi è, di fatto, il nulla: nessuna storia, nessuna cultura, nessun patrimonio comune e un’ideologia costruita interamente su luoghi comuni, dove gli argomenti difficili non vengono discussi. (La religione è considerata un artefatto puramente culturale e qualsiasi critica ai praticanti di religioni non europee, per qualsiasi motivo, è considerata razzismo). La storia, sotto forma di edifici e monumenti, è accettabile solo nella misura in cui favorisce l’industria del turismo o rappresenta un’opportunità commerciale. Anche la lingua ufficiale è artificiale: una sorta di inglese semplificato, con una forte influenza del vocabolario giuridico francese, spesso chiamato Globisch. Di certo, se si entra in un ristorante di rue Archimède, dove la Commissione si reca spesso a pranzo, non si sentirà parlare fiammingo e probabilmente non si sentirà nemmeno parlare francese. Persino i menu sono in Globisch e la gente paga con banconote in euro dal design volutamente anonimo, come se avesse paura di dire da quale continente provengono. Se si va a Strasburgo, sede (o almeno albergo) del Parlamento europeo, si vede la stessa cosa nell’area europea: edifici moderni, senza volto e senza carattere che sembrano essere stati progettati proprio per essere brutti e non memorabili. Geograficamente, sono posizionati esattamente sul confine franco-tedesco, come se avessero paura di essere visti in uno dei due Paesi. Questo sistema di credenze è dunque universale (o almeno idealmente tale) e uno Stato o un partito politico che dubiti della sua validità universale ha automaticamente torto?

Non vi sorprenderà sapere che io penso che la risposta a tutte queste domande sia “no”. Ma ciò che penso non ha molta importanza. Ciò che è molto più importante è che il tipo di opinioni che ho delineato sopra rappresentano in realtà un’opinione minoritaria nell’Occidente stesso, a volte una minoranza piuttosto piccola. In questo senso, l’argomento della divisione tra Stati “moderni” e “civilizzati”, e ancor meno le sciocchezze sulla presunta distinzione tra Stati “democratici” e “autoritari”, sono una falsa antitesi. Esiste una classe dirigente globale (e no, non si tratta di una cospirazione) che condivide ampiamente questi punti di vista e che ha avuto più successo nell’imporli ad alcuni Paesi che ad altri. Nella maggior parte dell’Occidente ha avuto successo, in altre parti del mondo ha fatto progressi, ma in altre parti del mondo ancora ha avuto meno successo, o addirittura ha fallito. Questi Paesi (Russia, Cina, India) tendono a essere grandi Stati con una lunga storia e una forte cultura. Ma ci sono anche altri Stati che contestano attivamente l’egemonia ideologica occidentale, eppure non vengono criticati allo stesso modo: gli Stati produttori di petrolio del Golfo, per esempio. Sto ancora aspettando che qualcuno me lo spieghi.

Se guardiamo ai termini con cui gli Stati civilizzati vengono spesso criticati: “autoritari”, “populisti”, “dittatoriali”, “nazionalisti” e così via, possiamo anche confonderci, perché alcuni di questi termini sembrano essere il contrario di altri. Non è possibile avere un dittatore populista, vero? Ebbene, se si aderisce a questa ideologia diffusa, contraddittoria e mal concepita che ho descritto, si può, o almeno si possono amalgamare tutte queste critiche in un’unica cosa negativa. Per capirlo dobbiamo dare un’occhiata alla storia del liberalismo stesso.

Per sua natura il liberalismo è una dottrina elitaria: non può essere altrimenti. Ideologia di avvocati e uomini d’affari della classe media e dei loro apologeti intellettuali, promuove il successo individuale, i diritti e i privilegi personali e l’organizzazione razionale della società da parte delle élite stesse. Depreca la tradizione, la comunità, la religione, la solidarietà e qualsiasi senso di impegno verso qualcosa al di fuori del proprio ego. Adora i libri di regole e le sue chiese sono tribunali che, a differenza dei luoghi di culto tradizionali, sono aperti solo a chi ha i soldi.

Il liberalismo è sorto in un luogo e in un’epoca particolari, quando la democrazia di massa, così come la intendiamo noi, non aveva ancora attecchito, ed era l’ideologia politica della nascente classe media nel suo tentativo di sottrarre il potere alle forze tradizionali dell’aristocrazia, della Chiesa e dell’esercito. Naturalmente non c’è nulla di sbagliato nel fatto che una classe politica sviluppi un’ideologia che sostenga i suoi interessi: anzi, è del tutto normale. La difficoltà è sorta con l’avvento della democrazia di massa, a cui il liberalismo è sempre stato fondamentalmente antipatico, e con la conseguente necessità di convincere un numero molto elevato di persone comuni a votare contro i propri interessi e a votare invece nell’interesse delle classi medie e dei datori di lavoro.

In una certa misura, fattori esterni hanno offuscato queste distinzioni e hanno permesso al liberalismo di fingere di essere qualcosa che non era. Mentre i liberali irriducibili erano tenuti in strutture di contenimento sicure nei think tank, soprattutto negli Stati Uniti, i pensatori liberali influenti in pubblico erano spesso persone piuttosto piacevoli e inoffensive (John Rawls, per esempio, dà l’impressione di una persona che non fa male a una mosca). La sfida elettorale dei partiti socialisti e comunisti fino all’ultima generazione ha costretto il liberalismo ad adottare almeno una certa retorica populista e a sostenere iniziative che andassero a beneficio della gente comune. La paura della rivoluzione (che è stata una nevrosi liberale per gran parte del XX secolo) ha obbligato i liberali ad accettare ogni tipo di politica e di accordo che altrimenti avrebbero disapprovato. Poi c’è stata la Guerra Fredda: che si accetti o meno la tesi che il comunismo sovietico sia nato essenzialmente dalla stessa mentalità del liberalismo, è vero che marcare la differenza tra l’Occidente e l’autoritario Stato comunista senza Dio ha richiesto ai liberali di prestare almeno un po’ di attenzione alle idee di costume, tradizione, religione ecc. che la loro stessa ideologia li avrebbe portati a rifiutare. Alcuni dei nodi in cui si sono annodati sono stati davvero impressionanti.

L’ironia della sorte è che la gente comune, che per definizione costituiva la massa degli elettori, tendeva ad aggrapparsi molto strettamente alle tradizioni e alle consuetudini. Non è difficile da capire: si trattava, in fondo, di una sorta di protezione collettiva. L’operaio o il bracciante agricolo erano ben consapevoli che sarebbero stati le prime vittime di una società liberale più debole e che la loro unica speranza risiedeva nelle strutture collettive e nella conservazione dei legami sociali e delle norme culturali. Anche le chiese (soprattutto quelle di tendenza anticonformista) potevano essere meccanismi di protezione per credenti e non credenti. I partiti della sinistra tradizionale spesso lo riconoscevano: l’internazionalismo della sinistra era una solidarietà collettiva contro i nemici di classe, non la negazione nichilista dell’esistenza stessa delle nazioni e delle differenze etniche e culturali che troviamo oggi. Il Manifesto comunista può aver detto che “gli operai non hanno patria”, ma questa era solo un’asserzione sulla situazione del 1848: la borghesia possedeva la patria e, dopo una rivoluzione socialista, le nazioni sarebbero rimaste ma l’antipatia tra di esse sarebbe cessata. La mescolanza di idee politiche ed economiche radicali con il patriottismo inglese, che risale almeno a William Blake ed è forse meglio espressa ne Il leone e l’unicorno di George Orwell, si colloca interamente in questa tradizione.

Lo stesso vale per gran parte dell’Europa: I partiti comunisti erano molto attivi nella Resistenza, ma le loro motivazioni erano spesso almeno altrettanto patriottiche che strettamente politiche. (Il grande poeta e romanziere francese Louis Aragon, comunista convinto, contribuì a fondare la Resistenza intellettuale all’occupazione e scrisse poesie ampiamente diffuse in cui invitava tutti i francesi a trarre forza dalla storia e dalla cultura del Paese). Allo stesso modo, il programma del Partito Comunista Francese del 1944 chiedeva, tra le altre cose, il ripristino della “gloria nazionale” della Francia e la conservazione del suo Impero. Questi sentimenti erano ineccepibili un paio di generazioni fa, e molto in sintonia con ciò che la gente comune sentiva istintivamente.

Ne Il leone e l’unicorno Orwell suggerisce che un governo veramente socialista, che sperava di vedere in Inghilterra, avrebbe abolito la Camera dei Lord ma mantenuto la monarchia. Era consapevole dell’enorme importanza simbolica e della risonanza storica della carica e sperava che potesse essere svincolata dal sistema di classi che tanto disprezzava. Il che ci porta al riferimento obbligato, suppongo, all’incoronazione di Carlo III e all’atteggiamento di sputo, derisione e scherno di gran parte dei media e dell’intellighenzia liberale nei suoi confronti, nonché al loro stupore per il fatto che così tante persone fossero uscite sotto la pioggia per assistere. Ma per certi versi questo disprezzo politico era solo un modo misconosciuto di ridere della gente comune e di chiamarla stupida, come i liberali fanno dai tempi di John Locke. Il liberalismo è fondamentalmente solipsistico: tutto riguarda me, i miei diritti, i miei privilegi e tutta la realtà è essenzialmente una proiezione del mio ego. Il desiderio di identificarsi con altre persone in una comunità più ampia e di identificarsi collettivamente con qualcosa che vada oltre il proprio ego è impossibile da capire per i liberali, perché richiede che il fantasma affamato che è all’origine del liberalismo taccia per un po’.

L’incoronazione (e parlo da repubblicano da sempre) è stata un gigantesco atto di resistenza collettiva all’ideologia liberale, e credo che sia stata in gran parte percepita come tale, motivo per cui l’élite liberale è diventata così isterica. Per ore e giorni interi, nessuno ha cercato di vendervi qualcosa. Non c’erano sponsor, non c’era pubblicità, non si poteva comprare un posto accanto al Re, non importa quanto denaro si avesse. La gente comune poteva assistere senza pagare e avvicinarsi al Re più di quanto la stragrande maggioranza di loro potesse sperare di fare con qualche personaggio dei media o persino con molti Presidenti eletti. (La visita di Carlo in Francia è stata annullata, non per timore della sua sicurezza, ma di quella di Macron). Per una volta, persone di tutte le classi, razze e nazioni si sono mescolate insieme. Si è tentati di immaginare un banchiere stanco del jet lag che arriva a Londra, accende la TV e si chiede: “Dove sono le tende VIP per i dirigenti della Silicon Valley? Perché a tutti questi comuni idioti è permesso di entrare senza pagare?

In effetti, è difficile capire come si possa costruire un’identità collettiva sulla base dei tre punti che ho esposto sopra: il che va bene, perché il liberalismo non crede comunque nelle identità collettive. Quindi, l'”Europa” in questo senso non è una costruzione culturale, storica o sociale, ma puramente giuridica. Non vive nell’architettura, nelle chiese, nella letteratura, nella pittura, nella musica e nella memoria, ma nei libri sugli scaffali e nei bit nei computer. È infatti impossibile descrivere cosa sia l'”Europa” come concetto e non come luogo. Per molti versi, è una costruzione virtuale o, se preferite, una quarta dimensione ad angolo retto rispetto al continente che conosciamo.

Mi è stato chiesto più volte in Africa e in Medio Oriente se penso che queste regioni possano o debbano evolvere nella stessa direzione istituzionale dell’Europa. La mia risposta è sempre: “Siete disposti ad avere anche la nostra storia? La vera storia dell’Europa, ed è una grande storia, è quella del superamento delle divisioni religiose e politiche, delle lotte dinastiche, delle guerre e delle atrocità, e infine della creazione di una zona di relativa pace, oltre che di un incredibile patrimonio culturale e intellettuale. I successi, gli errori e le false partenze dell’Europa sono una ricca fonte di lezioni per il resto del mondo.

Ma queste lezioni non vengono mai invocate. L’unico senso in cui il passato compare nel pensiero collettivo europeo è negativo. Cultura, storia, lingua e tradizione sono potenziali fonti di divisione da superare, in parte semplicemente ignorandole. A sua volta, l’interazione dell’Europa con il resto del mondo oggi non avviene mai in termini di storia, successi e fallimenti, ma in termini di principi astratti, dedotti a priori. In effetti, come i liberali radicali che introdussero brevemente la settimana di dieci giorni e la giornata di dieci ore dopo la Rivoluzione francese, il punto era voltare le spalle al passato e ricominciare da capo. La storia non aveva nulla da insegnare, solo cose da evitare. In questo, ovviamente, l’Europa è del tutto tipica delle istituzioni liberali internazionali che sono influenti in gran parte del pianeta. Non ha senso chiedersi su quale esperienza e riflessione si basino i programmi della Banca Mondiale, del FMI, dell’OCSE o del PNUD: la risposta è nessuna. Anzi, queste istituzioni non amano l’apprendimento dall’esperienza, perché può portare a conclusioni sgradite.

Questo spiega forse l’approccio querulo, aggressivo, intollerante ed esortativo di tante istituzioni e donatori di oggi: fai questo, perché. I loro programmi cercano essenzialmente di infliggere agli altri le conseguenze di assunti liberali a priori. Poiché tali presupposti sono universalmente validi, sono per definizione superiori e devono sostituire tutte le tradizioni e le pratiche culturalmente specifiche. L’interazione dell’Occidente con le altre parti del mondo ha quasi sempre un tono negativo, perché l’Occidente oggi non ha alcun contributo positivo da dare. Ci sono programmi per la lotta alla corruzione, ma non per rafforzare la società, programmi per il controllo della polizia, ma non per rendere le persone più sicure, e soprattutto programmi per sostituire la fiducia, le usanze e i controlli sociali con codici legali tradotti dalle lingue occidentali. E naturalmente per alcuni questo va benissimo. In molti Paesi ci sono strati della società occidentalizzati che vedono nelle idee liberali molte attrattive per se stessi, che studiano all’estero, parlano lingue straniere e sono ricompensati con lavori e profili lusinghieri nei media occidentali. Tuttavia, mentre questi individui sono talvolta in grado di prendere il potere in certi Paesi in determinati momenti, la base di questo potere è spesso fragile e facile da perdere. Quando ciò accade, o è minacciato, il risultato in Occidente è il panico e il vocabolario di “populismo”, “autoritarismo” e così via, viene ripreso e sventolato come una bandiera insanguinata.

L’ironia di tutto ciò è che l’Occidente ha in realtà molto da contribuire se solo mettesse da parte il proprio ego e smettesse di dire “perché lo dico io” o “perché noi facciamo così”. Questo è spesso difficile, a causa delle strette restrizioni ideologiche in cui operano i donatori e le organizzazioni internazionali, e della spesso palese ignoranza e mancanza di interesse per le circostanze sul campo. Ma si può fare: come sono solito dire regolarmente a certe platee, forse non abbiamo tutte le risposte, ma abbiamo fatto centinaia di anni di errori. Questi sentimenti sono spesso apprezzati.

In definitiva, il liberalismo è molto insicuro perché anche i suoi più ferventi sostenitori sono consapevoli della misura in cui si basa sulle nozioni a priori che ho descritto. È per questo che il liberalismo gestisce male i conflitti e ricorre ad abusi e lamentele, incapace di immaginare che potrebbe non essere chiaramente nel giusto. Nessuno, alla fine, ha mai combattuto per i principi liberali, nei quali, come mostrerò tra poco, i liberali non credono comunque. Hanno combattuto per i propri interessi. Nessuno è mai andato a morire per l’introduzione del diritto contrattuale, di tasse sulla proprietà più basse o di accordi matrimoniali non convenzionali, e nessuno lo farà mai. Tutto ciò che il liberalismo ha è l’opposizione alla tradizione, alla cultura, alla religione e alla società. Il che ci porta naturalmente all’Ucraina e alla violenta isteria che caratterizza la posizione occidentale, di cui ho già parlato in precedenza. Se avete letto fin qui, la negatività non dovrebbe sorprendere: L’ideologia liberale non può tollerare di vivere nello stesso mondo di un Paese in cui religione, patriottismo, tradizione, lingua e cultura sono ancora importanti: un Paese del genere è un abominio che deve essere distrutto. Inoltre, qualsiasi leadership nazionale che sposa tali idee è, per definizione, non rappresentativa del suo popolo e dovrebbe essere rovesciata.

Eppure, eppure. Se i liberali vivessero davvero la loro vita secondo questi precetti (sarebbero ovviamente molto infelici) sarebbe una cosa. Ma non lo fanno. I liberali, a mio avviso, hanno famiglie, amici, circoli sociali, aderiscono a organizzazioni e hanno legami emotivi, e sono capaci di comportamenti irrazionali e illogici come chiunque altro. In effetti, uno dei maggiori problemi politici delle società occidentali è la quantità di emozioni primitive e violente nascoste sotto una facciata di razionalità liberale, ma questo dovrà aspettare la prossima settimana.

Consideriamo ad esempio la “libertà di parola” (le virgolette sono ormai d’obbligo), che un tempo era un principio liberale e in teoria lo è ancora. Tuttavia, le sue origini risalgono alla lotta dei liberali per esprimersi liberamente sotto regimi assolutistici o autoritari a partire dal XVIII secolo. Una volta ottenute queste libertà, i liberali hanno inevitabilmente iniziato a notare gli inconvenienti associati alla libertà di parola che non condividevano. E poiché la loro era un’ideologia basata essenzialmente su una serie di asserzioni non supportate sul mondo, la libera indagine e la messa in discussione razionale, ironia della sorte, le erano inibite. Non sorprende quindi che negli ultimi tempi il sostegno alla libertà di espressione sia in netto calo tra le persone che si identificano come liberali e “di sinistra”, che di questi tempi equivalgono più o meno alla stessa cosa. Oppure si potrebbe sottolineare lo spettacolo sgradevole di sedicenti liberali che chiedono l’incarcerazione senza processo o addirittura l’assassinio di politici che non amano. Ma qui non si tratta di accusare i liberali di ipocrisia, di cui sono certamente colpevoli come tutti noi, ma piuttosto di notare che un insieme di principi basati su asserzioni a priori, avulsi dalla storia, dalla cultura, dalla lingua, dalla religione e dalla tradizione, non può funzionare efficacemente come base sicura per esprimere giudizi difficili. Questo, senza dubbio, è il motivo per cui in questo momento nei circoli liberali si sta agitando in modo così sgradevole.

Alla fine, tutti gli Stati devono essere “civili” (cioè basarsi su qualcosa di condiviso dalla popolazione) o non sopravviveranno. È stato notato che la credibilità e il sostegno politico di molti leader occidentali oggi sono spesso inferiori a quelli dei leader dei cosiddetti Stati “civilizzati”. Questo non dovrebbe sorprendere nessuno, ed è probabile che la situazione peggiori, soprattutto quando le conseguenze della guerra in Ucraina continueranno a svilupparsi. L’ironia finale, che difficilmente sarebbe sembrata possibile anche solo dieci anni fa, è che i liberali, molti dei quali identificati con la sinistra nozionistica e molti di quelli che si considerano “moderati”, sono diventati strillanti propagandisti di un regime nazionalista estremo con elementi neonazisti, e ora si sbizzarriscono con video di uomini virili con tatuaggi Waffen-SS e amazzoni bionde che imbracciano kalashnikov. In effetti, l’Ucraina non è solo una guerra per procura dal punto di vista politico, è una guerra per procura dal punto di vista ideologico. Per una volta, tutto il bagaglio nazionalista, culturale, militarista e storico che è stato soppresso con tanto successo in Europa può esplodere altrove, e noi possiamo applaudire deliranti da bordo campo, perché non siamo noi a farlo.

Il che è un altro modo per dire che non si può creare qualcosa dal nulla, non si può creare una struttura politica efficace dal nulla. L’Europa non ha nulla da contribuire alla crisi attuale se non l’odio delle élite e, quando sarà finita, ho il sospetto che anche in Occidente assisteremo a un nuovo modo di fare politica, più “civile”.

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