La capacità di organizzazione non è strettamente legata a virtù particolari, di Andrea Zhok
Nella teoria delle élite elaborata da Gaetano Mosca e poi rielaborata da Vilfredo Pareto la differenza essenziale tra gruppi sociali è fornita dall’organizzazione. Le élite sono i gruppi che riescono ad organizzarsi e questo gli consente di esercitare il potere sui gruppi incapaci di organizzazione.
La capacità di organizzazione non è strettamente legata a virtù particolari. In ogni sistema economico-sociale ci sono gruppi che hanno evidenti facilitazioni ad organizzarsi, facilitazioni determinate dalla comunanza di ambiente, di appartenenza, di cultura, di ceto o di interessi. E parimenti ci sono strati sociali che hanno evidenti ostacoli a organizzarsi: esemplarmente i lavoratori subordinati e gli schiavi. Qui la condizione di dipendenza dalle decisioni altrui, l’eteronomia e la mancanza di mezzi economici sono spesso determinanti.
Nella storia gli eventi che consentono un capovolgimento dei rapporti di forza tra governanti e governati sono di solito eventi catastrofici, guerre, carestie, cataclismi naturali che da un lato rompono l’equilibrio del gruppo dominante, organizzato, e dall’altro chiama i disorganizzati a unire le forze di fronte al comune debordante pericolo.
In mancanza di queste cause di turbativa esogena le migliori alternative storiche che consentono una “contro-organizzazione” sono le forme claniche del familismo esteso, le forme di comunità religiose radicali (spesso apocalittiche), e le forme partito (in verità l’unico esempio noto di forma partito capace di divenire un’effettiva contro-organizzazione è rappresentata dai partiti socialisti di fine ‘800).
Nel primo caso a fornire la base per la fiducia reciproca, indispensabile nell’edificazione di un’organizzazione dal basso, è il vincolo degli affetti e delle lealtà tradizionali interni ad un gruppo famigliare esteso (molte forme di criminalità organizzata si muovono su questa base).
Nel secondo caso a fornire il fondamento per la fiducia reciproca è la condivisione di una fede trascendente di una minoranza in posizione difensiva. Ciò ha il doppio vantaggio di chiedere la pari subordinazione di tutti a ciò che trascende (e con ciò genera una parificazione tra i fedeli) e di non essere un’appartenenza che promette prebende, essendo condivisa da una minoranza che gioca in difesa (il cristianesimo delle origini era un questa posizione).
Nel terzo caso a fornire il fondamento per la fiducia reciproca è la condivisione di un’ideologia rivoluzionaria con toni escatologici, che gioca un ruolo affine alla fede trascendente, pur con alcuni limiti.
A parte queste opzioni vi possono essere combinazioni parziali tra di esse. Ad esempio, nella Rivoluzione russa vediamo l’efficace combinazione dello sconvolgimento bellico e di una forma partito guidata da un’ideologia rivoluzionaria.
In mancanza di queste condizioni nessuna organizzazione nuova viene alla luce, e in mancanza di organizzazione nessun contro-potere può emergere.
Richiamo molto opportuno. In effetti io da un bel po’ prevedo che la prossima classe dirigente politica sarà formata dalle criminalità organizzate, in pole position la ‘ndrangheta. Sinora hanno delegato, ma in caso di implosione vera e propria saranno costretti a prendere in mano la situazione. Non è una prospettiva lieta ma ha i suoi lati positivi, per es. sentendo Matteo Messina Denaro parlare della crisi ucraina si capisce subito che ha colto immediatamente il nocciolo della questione e se fosse stato il presidente del consiglio italiano si sarebbe mosso molto meglio della presente o degli altri in generale. Insomma ci sono controindicazioni ma può andar peggio, ci può essere il collasso e basta se va proprio male.
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