OLAF SCHOLZ: L’ALTRA EUROPA GEOPOLITICA_di Olaf Scholz

Il discorso del cancelliere tedesco Olaf Scholz, qui tradotto, tenuto il 9 maggio al Parlamento Europeo, preceduto da un saggio-manifesto sulla rivista statunitense “Politico” a dicembre, anch’esso a suo tempo tradotto, rivela sostanzialmente due aspetti più volte rimarcati su questo sito: in Europa le spinte all’autonomia e all’indipendenza politica, sia pure flebili, esistono ma non riescono a trovare una espressione politica compiuta e matura; l’attuale compagine governativa tedesca, di fatto il ceto politico nella sua quasi totalità, si pone comunque agli antipodi di questa aspirazione. Li si coglie in ogni punto di questo discorso nel momento in cui:

  • definisce imperialistica la politica estera russa, quando il suo carattere prevalente è nazionalista. Un carattere alimentato soprattutto dalla natura espansionista della NATO, ben assecondata dal processo di allargamento della Unione Europea e dagli atti di aperta discriminazione delle popolazioni russe rimaste intrappolate nei nuovi stati scaturiti dall’implosione della Unione Sovietica;
  • ripropone una funzione ancillare alla Unione Europea quando definisce nella mera regolazione e normazione in punta di diritto dei rapporti e delle relazioni internazionali, siano esse di natura economica che diplomatica, la ragione di esistenza delle istituzioni europee, delegando con ciò ad altri la riserva di potenza necessaria a supportare autorità ed autorevolezza; una riproposizione della coltre di ipocrisia tesa che ha coperto per decenni la reale ragione d’esistenza della UE, consistita nello scindere il nesso tra forza e diritto e nel nascondere con sempre più ridotta efficacia sotto l’aura della forza propria del diritto la propria condizione di sudditanza.

Aspetti, quindi, dalle implicazioni politiche ormai evidenti e stridenti con una postura dignitosa nell’attuale contesto geopolitico. 

Di fatti, dopo qualche timido tentennamento iniziale, il leader tedesco non fa che traslare pedissequamente il peccato d’origine e la ragione d’esistenza antisovietica e filostatunitense della Unione Europea in quella antirussa, per meglio dire russofobica.

Una vera e propria, formale abdicazione da un ruolo autonomo compiuto, mai realmente considerato ed acquisito in questi ottanta anni.

Tre sono gli obbiettivi politici posti da Scholz:

  • l’accelerazione del processo di allargamento della UE, in particolare nei Balcani e ai confini della Russia. Il risultato sarà quello di accompagnare il ben più importante e strategico allargamento della NATO all’ulteriore indebolimento politico di una Unione incapace di formare un polo politico autonomo realmente coeso, magari più ristretto, però più efficace; in grado, quindi, di aggregare o quantomeno influenzare il resto del continente senza cercare contrapposizioni forzate con la Russia e la Cina;
  • una maggiore coesione ed efficacia decisionale interna con il voto a maggioranza in politica estera, di difesa e di immigrazione. L’assenza della rivendicazione di una politica industriale e finanziaria comune, come pure il mancato inserimento del contenzioso commerciale con gli Stati Uniti la dice lunga sul reale afflato unitario del suo proclama. Riguardo alla politica estera, la vera natura della UE, ossia la mancanza di una visione statuale unitaria del continente, emerge dal continuo strattonamento sulle priorità da definire e sull’assenza di definizione politica unitaria rispetto ai tutti e quattro i quadranti geografici che contornano il continente. Una definizione cui non si può pervenire con un voto a maggioranza, ma con una sintesi unitaria che al momento e nel futuro solo gli Stati Uniti sono in grado di garantire. Quanto alla politica di difesa e di sviluppo del complesso militare-industriale europeo, parlano da soli l’assenza di citazione dei progetti industriali comuni europei e il veto tedesco alla proposta francese di garantire all’industria europea l’esclusiva delle forniture ai propri eserciti;
  • il ripristino e il mantenimento della apertura e della cooperazione globale. Delle due l’una: siamo alla totale incomprensione della nuova fase geopolitica e geoeconomica verso cui ci si sta avviando nell’aspettativa illusoria del ritorno agli antichi fasti che hanno consentito alla Germania di lucrare copiosamente sulla propria posizione ancillare verso gli Stati Uniti e sub-egemonica in Europa; oppure siamo alla riproposizione di una funzione messianica e universalista del liberalismo occidentale, di fatto a guida statunitense, contrapposta anche fisicamente nelle varie parti del globo ai poli in formazione in un contesto multipolare ormai esplicitamente riconosciuto dallo stesso Scholz. Si tratta certamente, con questa considerazione, di allettare con un miraggio la stessa Cina per allontanarla dalla crescente tentazione di una alleanza stretta con la Russia capace di attrarre larga parte del mondo circostante. Lo sguardo di Scholz è però rivolto soprattutto all’interno dell’Europa. La sua visione ecumenica tende a contrastare l’emersione di rivali interni, in particolare la Polonia, con il corollario dei paesi scandinavi da una parte e dei paesi baltici e la Romania dall’altra, altrettanto e più congeniali agli attuali disegni statunitensi, i quali paesi hanno fondato sul nazionalismo straccione le proprie profferte di fedeltà atlantica.

L’ambizione ancillare di Scholz, della sua compagine e di gran parte della opposizione politica è certamente fondata. Posta di fronte ad un bivio, la Germania ha scelto la strada più facile ed apparentemente meno impegnativa. Tra il recupero dei cocci della sua sfera di sub-influenza nel vicinato e la prospettiva di rapporti più intensi con Russia e, presumibilmente, Cina ha scelto la prima pur di non contrariare l’attuale leadership statunitense. Con questo ha posto una pietra tombale sul timido tentativo di impostare una propria politica di influenza sull’Europa Orientale e la Russia, naufragata miseramente e tragicamente a cavallo degli anni 80/90 con l’assassinio di Herrhausen e Roewedder. Sholz dovrà passare, però, per il nodo scorsoio del campo d’azione geopolitico più ristretto e competitivo e per le crescenti e rapaci richieste, di fatto un vero e proprio saccheggio, esatte dagli Stati Uniti, ben lontane dai lauti margini concessi nei gloriosi trenta (quaranta) anni succeduti al secondo conflitto mondiale. Il nostro corre il rischio da un lato di agevolare la formazione di un cappio in grado di stringere il proprio paese da ovest con il Regno Unito, da Nord con gli scandinavi, da est con Polonia e soci e di alimentare dall’altro le rivalità interne al continente anche tra i paesi più importanti. L’esito prevedibile consisterà nell’innescare una gara convulsa al riconoscimento del proprio ruolo ancillare verso la nazione egemone; Giorgia Meloni e il suo governo ne sono l’ultimo esempio. La leadership statunitense sino a quando sarà in grado di tenere le redini e condurre il gioco, riuscirà a contenere e ricondurre ai propri disegni ambizioni e rivalità; dovesse implodere rischieremo il ritorno a scenari tragici già vissuti due volte nel secolo scorso, ma in condizioni peggiori di disfacimento. Buona lettura, Giuseppe Germinario

OLAF SCHOLZ: L’ALTRA EUROPA GEOPOLITICA
Scholz sta diventando il nuovo think tank del continente? Nel suo discorso al Parlamento europeo del 9 maggio, il Cancelliere tedesco ha proposto una formulazione alternativa dell’Unione geopolitica, opposta a quella di un’Europa potenza immersa nel mito della civiltà. Lo traduciamo e lo commentiamo riga per riga per la prima volta.
AUTORE PIERRE MENNERAT

Il discorso di Olaf Scholz per la Giornata dell’Europa prosegue una serie di interventi iniziata a Praga nel settembre 2022 e guarda già alle prossime elezioni europee del 2024. Questo discorso commemorativo non è una dichiarazione politica generale, ma ci permette di cogliere alcuni dei punti chiave della politica europea della coalizione tricolore in carica dal novembre 2021: il Cancelliere elogia l’Unione e ne presenta anche una concezione specificamente tedesca.

Si tratta indubbiamente di una volontà di “occupare spazio” in Europa e di sottrarre al presidente francese – indebolito dalla crisi sociale in Francia – una forma di leadership nell’agenda. Lo stile non è dissimile da quello di Emmanuel Macron. Come lui, Olaf Scholz fa largo uso di riferimenti, mescolando citazioni politiche (Robert Schuman e Willy Brandt) e letterarie (Paul Valéry e Oscar Wilde) per arricchire il suo discorso.

Il Cancelliere pronuncia un discorso che è una variante dello slogan socialdemocratico “L’Europa è il nostro futuro”, messo in prospettiva rispetto alla frattura civile rappresentata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Tuttavia, l’Europa che Scholz descrive non deve essere una “potenza vecchio stile”, ma deve essere “aperta” – geograficamente ai nuovi Stati membri, economicamente agli accordi di libero scambio e all’innovazione, e geopoliticamente all’alleanza transatlantica.

Signora Presidente,

Signore e Signori,

Vi ringrazio per l’opportunità di parlare con voi in questo luogo speciale oggi, nella Giornata dell’Europa. Sono onorato e commosso dal vostro invito. Mi onora perché voi, deputati liberamente eletti, rappresentate 450 milioni di europei – i cittadini d’Europa.

E mi commuove perché il 9 maggio è l’unica risposta valida per il futuro alla guerra mondiale scatenata dalla Germania, al nazionalismo distruttivo e alla megalomania imperialista.

Oggi, 73 anni fa, il ministro degli Esteri francese Robert Schuman propose di creare una nuova “Europa organizzata e viva”.

All’inizio c’era la collettivizzazione del carbone e dell’acciaio, i beni che per decenni erano stati utilizzati per produrre armi, armi che i nostri nonni e bisnonni hanno messo gli uni contro gli altri. Il sogno dei padri e delle madri d’Europa era quello di porre fine a questa uccisione reciproca. Per noi questo sogno si è avverato: la guerra tra i nostri popoli è diventata inconcepibile, grazie all’Unione Europea e per la felicità di tutti noi.

Ma se vi guardate intorno, vedrete che questo sogno non è una realtà in tutti i Paesi europei. A costo di molte vittime, gli ucraini difendono ogni giorno la loro libertà e democrazia, la loro sovranità e indipendenza contro la brutalità dell’esercito russo invasore, e noi li sosteniamo in questo.

I padri e le madri dell’Europa hanno già attribuito all’Europa una missione che va ben oltre la pacificazione dei suoi confini. Per loro era ovvio: l’Europa ha una responsabilità globale, perché il benessere dell’Europa non può essere separato dal benessere del resto del mondo.

La Dichiarazione Schuman afferma: “Questa produzione”, cioè il carbone e l’acciaio, “sarà offerta al mondo intero senza distinzioni o esclusioni, per contribuire all’innalzamento del tenore di vita e allo sviluppo di opere di pace. L’Europa sarà in grado, con maggiori mezzi, di perseguire uno dei suoi compiti essenziali: lo sviluppo del continente africano.

Lo “sviluppo del continente africano” era allora contrapposto allo sfruttamento coloniale perpetrato dall’Europa sul nostro vicino continente.

Ecco perché affrontare le conseguenze del colonialismo deve essere parte integrante di ogni partenariato con i Paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. Un partenariato che scarti la visione eurocentrica del passato. Un partenariato che non si limiti a proclamare l’uguaglianza, ma la metta in pratica. Costruire tali partenariati è più importante che mai.

Nell’Unione vivono 450 milioni di cittadini, forse 500 milioni dopo il prossimo allargamento. Si tratta solo del 5% della popolazione mondiale. In Asia, Africa e Sud America stanno emergendo nuovi pesi massimi economici, demografici e politici – un successo, tra l’altro, della divisione del lavoro tra Paesi e continenti che ha fatto uscire dalla povertà un miliardo di persone. Non si accontenteranno di un mondo bipolare o tripolare, e giustamente. Per questo sono convinto che il mondo del XXI secolo sarà multipolare – e lo è già da molto tempo.

Cosa significa questo per noi in Europa? “L’Europa diventerà”, per citare lo scrittore francese Paul Valéry, “ciò che realmente è: un piccolo promontorio del continente asiatico?”. Non possiamo trovare la risposta a questa domanda guardando al passato. Vivere nel passato significa aggrapparsi al ricordo nostalgico della potenza mondiale dell’Europa, illudersi con l’illusione nazionale di essere una grande potenza. Ma anche coloro che avvertono costantemente il declino dell’Europa non vincono il futuro, soprattutto perché sottovalutano la capacità dell’Europa di trasformarsi e di agire.

Lo abbiamo dimostrato più volte nelle crisi degli ultimi anni e nel presente. Ricordiamo solo come abbiamo superato lo scorso inverno insieme, in solidarietà e unità con i nostri partner in tutto il mondo.

Ma ne traggo tre lezioni:

Primo: il futuro dell’Europa è nelle nostre mani.

Secondo: più rafforziamo l’unità dell’Europa, più facile sarà assicurarci un buon futuro.

E terzo: ciò di cui abbiamo bisogno ora non è meno, ma più apertura e cooperazione.

Per garantire che l’Europa abbia un buon posto nel mondo di domani, non al di sopra o al di sotto di altri Paesi e regioni, ma su un piano di parità con loro, al loro fianco.

Il discorso si apre con una panoramica commemorativa della storia dell’Unione come risposta all’imperialismo e al nazionalismo guerrafondaio. Inoltre, Scholz presenta la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) come un progetto concepito fin dall’inizio con una vocazione esterna e una responsabilità per il mondo extraeuropeo, citando la Dichiarazione Schuman che assegnava alla CECA il compito di “sviluppare il continente africano”. Il contesto coloniale di questa dichiarazione non sfugge a Olaf Scholz, che tuttavia sostiene che il lavoro dei “padri e delle madri d’Europa” è un antidoto alle illusioni di grandezza e implica oggi la ricerca di partenariati tra pari. In ogni caso, l’Europa non può più permettersi di essere una potenza mondiale dominante, ma deve essere un attore con un’influenza globale positiva.

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Un’Europa geopolitica
Perché questo accada, l’Europa deve cambiare. Abbiamo bisogno di un’Europa geopolitica, di un’Europa allargata e riformata e infine di un’Europa lungimirante. Vedo il Parlamento europeo come una forza trainante e un alleato in tutto questo. Prendiamo la creazione di un’Europa geopolitica. Willy Brandt ne sottolineò la necessità esistenziale qui al Parlamento europeo cinquant’anni fa. “L’unificazione dell’Europa”, scriveva nel vostro libro degli ospiti, “non è solo una questione di qualità della nostra esistenza. È una questione di sopravvivenza tra giganti e nel mondo incrinato di nuovi e vecchi nazionalismi.

Il Parlamento europeo ha sempre agito secondo questa massima e per questo gli sono molto grato. Lo fate quando onorate il potere della legge e quando ricordate a tutti noi che l’Europa può essere ascoltata solo quando parla con una sola voce. La brutale guerra d’invasione della Russia contro l’Ucraina ci ha mostrato proprio di recente quanto ciò sia necessario, e di conseguenza, dopo questa infame violazione della pace internazionale, l’Unione si è riunita come raramente prima. Questa esperienza ci porta alla fondazione di un’Europa geopolitica, come ho proposto durante la mia visita all’Università Carlo di Praga la scorsa estate.

Ciò include un coordinamento molto più stretto dei nostri sforzi di difesa e la costruzione di un’economia di difesa integrata in Europa. Il Fondo europeo per la pace, l’acquisto congiunto di munizioni per l’Ucraina, la più stretta cooperazione tra i nostri Paesi in materia di difesa aerea, la nostra bussola strategica, la stretta collaborazione tra l’Unione e la NATO: sono tutti passi positivi che dobbiamo approfondire e accelerare.

Ora dobbiamo gettare le basi per la ricostruzione dell’Ucraina. Naturalmente, questo richiede un capitale politico e finanziario a lungo termine. Ma è anche una grande opportunità, non solo per l’Ucraina, ma anche per l’Europa nel suo complesso. Un’Ucraina prospera, democratica ed europea è la risposta più chiara alla politica imperialista, revisionista e illegale di Putin.

L’Europa deve anche ottenere buoni risultati nella competizione internazionale con le altre grandi potenze. Gli Stati Uniti restano il più importante alleato dell’Europa. Ciò significa che saremo alleati migliori per i nostri amici transatlantici quanto più investiremo nella nostra sicurezza e difesa, nella nostra resilienza civile, nella nostra sovranità tecnologica, nella sicurezza degli approvvigionamenti, nella nostra indipendenza dalle materie prime critiche. Il nostro rapporto con la Cina è giustamente descritto dal trittico “partner, concorrente, rivale sistemico”, anche se la rivalità e la competizione sono indubbiamente aumentate. L’UE se ne rende conto e sta reagendo. Sono d’accordo con Ursula von der Leyen: il nostro motto non è “de-coupling”, ma “intelligent de-risking”!

Come a Praga in settembre e alla Sorbona in gennaio durante la commemorazione del 60° anniversario del Trattato dell’Eliseo, il Cancelliere ha adottato l’idea di una “Europa geopolitica”. Tuttavia, riprendendo questo concetto, gli ha dato un significato “più tedesco”, dove non si tratta tanto di autonomia quanto di efficienza. I suoi principali elementi concreti riguardano aspetti logistici ed economici: l’integrazione dell’industria europea della difesa, l’acquisto congiunto di armi e munizioni per Kiev, gli aiuti per la ricostruzione dell’Ucraina. Per quanto riguarda i progetti strutturanti di questa Europa geopolitica, Olaf Scholz cita il progetto di difesa aerea europea, lanciato nell’ottobre 2022 dalla Germania all’insaputa della Francia, ma ancora una volta omette di menzionare lo SCAF e il MGCS. Anche la concezione delle alleanze del Cancelliere tedesco rimane fondamentalmente atlantista: la sua Europa geopolitica esiste solo nella NATO, dove è un partner migliore per gli Stati Uniti. Per Olaf Scholz, tuttavia, il mondo non è né “bi-” né “tripolare”, ma multipolare. La delicata questione dell’allineamento all’uno o all’altro polo è quindi sostituita da quella della necessaria diversificazione di alleanze e accordi. Per quanto riguarda la Cina, il Cancelliere tedesco sostiene la formula del “de-risking” promossa dalla Commissione europea, un’opzione meno radicale del “de-coupling” che egli rifiuta.

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I Paesi del Sud globale sono nuovi partner di cui prendiamo sul serio le preoccupazioni e gli interessi. Per questo è fondamentale che l’Europa si impegni con forza e solidarietà per la sicurezza alimentare e la lotta alla povertà, che mantenga le promesse fatte sulla protezione internazionale del clima e dell’ambiente.

E, poiché anche questa è una questione geopolitica dell’Europa, è più che ragionevole concludere nuovi accordi di libero scambio: con il Mercosur, il Messico, l’India, l’Indonesia, l’Australia, il Kenya e in prospettiva con molti altri Paesi, accordi equi, che incoraggino anziché ostacolare lo sviluppo economico dei nostri partner! Equo significa, ad esempio, che la prima lavorazione delle materie prime avvenga in loco, non in Cina o altrove. Se ancoriamo queste idee alle nostre relazioni commerciali, diamo anche un importante contributo alla diversificazione delle nostre filiere produttive.

L’Europa deve guardare al mondo, perché se continuiamo a negoziare per anni nuovi accordi di libero scambio senza risultati, saranno altri a dettare le regole, con standard ambientali e sociali più bassi.

Un’Europa allargata e riformata
L’anno scorso abbiamo preso una decisione centrale sulla forma dell’Europa geopolitica. Abbiamo scelto un’Europa più grande. Abbiamo detto ai cittadini dei Paesi dei Balcani occidentali, dell’Ucraina, della Moldavia e, in prospettiva, anche della Georgia: voi appartenete a noi. Vorremmo che diventaste membri della nostra Unione europea. Non si tratta di altruismo, ma di credibilità e senso economico. Si tratta di garantire la pace in Europa dopo il cambiamento epocale causato dalla guerra di aggressione della Russia. L’Europa geopolitica sarà giudicata anche in base alla misura in cui manterrà le promesse fatte ai suoi vicini più prossimi. Una politica di allargamento mantiene le sue promesse, in primo luogo nei confronti degli Stati dei Balcani occidentali, ai quali abbiamo fatto balenare la prospettiva dell’adesione negli ultimi vent’anni. Naturalmente, il processo di normalizzazione tra Serbia e Kosovo e le riforme nei Paesi candidati devono continuare. Naturalmente, dopo il coraggio politico della Macedonia del Nord, il suo processo di ammissione deve progredire rapidamente. Tali progressi devono essere onorati da parte nostra, altrimenti la politica di allargamento perderà il suo appeal e l’Unione perderà la sua influenza e il suo peso.

Siamo onesti: un’Unione allargata deve essere un’Unione riformata.

Va sottolineato che l’allargamento non deve essere l’unico motivo di riforma, ma l’obiettivo. Sono lieto che il Parlamento europeo stia lavorando su proposte di riforma istituzionale, comprese quelle che non si fermano al Parlamento stesso. Continuerò a lavorare in seno al Consiglio europeo per garantire che queste idee vengano accolte.

C’è molto da fare: più decisioni del Consiglio a maggioranza qualificata in politica estera e fiscale. Continuerò a impegnarmi per convincere i cittadini di questo e vi ringrazio per l’ampio sostegno dei vostri ranghi. Vorrei dire agli scettici: l’unanimità, l’accordo al 100% su tutte le questioni non crea la massima legittimità democratica. Al contrario! È la persuasione, la lotta per costruire maggioranze o alleanze che ci contraddistingue come democrazia, la ricerca di compromessi che rendano giustizia anche agli interessi delle minoranze. Questo è il nostro concetto di democrazia liberale!

Le riforme europee auspicate dal Cancelliere sono simili alle proposte francesi sotto diversi aspetti. A livello istituzionale, Olaf Scholz rimane favorevole all’estensione del voto a maggioranza qualificata. Il Cancelliere si definisce in più occasioni un alleato del Parlamento europeo in seno al Consiglio europeo e promette di difendere le loro proposte. Per quanto riguarda la riforma del diritto europeo in materia di asilo e migrazione, esorta le istituzioni europee e gli Stati membri a compiere rapidi progressi. Tuttavia, un punto ricorrente nei discorsi europei di Olaf Scholz rimane la richiesta di maggiore apertura commerciale, che lo differenzia da Emmanuel Macron, più critico nei confronti della globalizzazione. Nella tradizione della Repubblica Federale, il Cancelliere vede questi accordi di libero scambio “equi” come fattori di stabilità, di diffusione del progresso socio-economico e di creazione di nuove alleanze nel resto del mondo.

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Mi sembra inoltre essenziale per il futuro rimanere fermi sul rispetto dei principi democratici e dello Stato di diritto, e so che una grande maggioranza di voi è qui con me. Perché non sfruttare l’imminente discussione sulle riforme dell’UE per incoraggiare la Commissione europea ad avviare un processo di violazione dei trattati ogni volta che i nostri valori fondamentali di libertà, democrazia, uguaglianza, stato di diritto e protezione dei diritti umani vengono violati?

Questo discorso è caratterizzato da un forte sostegno all’allargamento, insistendo su un calendario e su rapidi progressi per onorare le promesse fatte dopo l’invasione dell’Ucraina. Per Olaf Scholz, l’urgenza è nei Balcani, dove chiede impegni seri per mantenere il ritmo del riavvicinamento. L’allargamento “non è altruistico”, ma al contrario un interesse ben compreso e un’opportunità “di buon senso economico”. Tuttavia, il Cancelliere non ha menzionato l’iniziativa francese per una comunità politica europea.

L’impressione di un confronto di vedute con il presidente francese è stata tuttavia accompagnata da un apparente riavvicinamento tra Berlino e Parigi, con un aumento degli eventi bilaterali: La presenza del ministro degli Esteri Annalena Baerbock a Parigi il 9 e 10 maggio, la visita di Emmanuel Macron al collegio elettorale di Olaf Scholz a Potsdam prevista per il 6 giugno – che ricorda il viaggio di François Hollande da Angela Merkel a Rügen nel maggio 2014, per discutere già allora della guerra in Ucraina) -, prima della prima visita di Stato di un presidente francese in Germania dal 2000, dal 2 al 4 luglio.

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Un’Unione aperta al futuro
Signore e signori, vorrei aggiungere un elemento che ho appena citato. Noi europei dobbiamo essere aperti al futuro senza esitazioni. Questo significa affrontare i problemi che ci hanno ostacolato per anni e che rendono così facile per altri Paesi dividerci e metterci l’uno contro l’altro.

Penso, ad esempio, al nostro rapporto con la migrazione dei rifugiati. Certo, dobbiamo trovare una soluzione all’altezza della domanda di solidarietà europea, ma non possiamo aspettare che questa solidarietà scenda su di noi come lo Spirito Santo. L’Europa, come disse Robert Schuman 73 anni fa, si concretizza in realtà concrete, in una “solidarietà di fatto”. Per questo motivo sostengo con forza che i progressi compiuti sulla riforma del diritto d’asilo europeo dopo lunghi e difficili negoziati devono essere resi permanenti prima delle elezioni europee. Il vostro accordo su una posizione negoziale per parti centrali della riforma il mese scorso è stato un passo molto importante in questa direzione. Ora dobbiamo completare questo lavoro con tutte le nostre forze.

Siamo uniti dall’obiettivo di gestire e organizzare meglio la migrazione irregolare, senza tradire i nostri valori. Tuttavia, possiamo trarre molti più vantaggi di prima: in molti luoghi d’Europa c’è bisogno di manodopera, anche da Paesi extraeuropei. Se colleghiamo saldamente queste opportunità di migrazione regolare con il requisito che gli Stati di origine e di transito riprendano anche coloro che non sono autorizzati a risiedere qui, tutte le parti possono trarne vantaggio. A ciò si aggiungono le misure per un’efficace difesa delle frontiere, come abbiamo deciso al Consiglio europeo di febbraio. In questo modo, aumenterà l’accettabilità di un’immigrazione intelligente, mirata e controllata nei nostri Paesi e saremo in grado di indebolire gli sforzi di chi fa politica con la paura e il risentimento.

Aprirsi al futuro significa anche affrontare quella che probabilmente è la sfida più importante del nostro tempo. Mi riferisco alla trasformazione dei nostri Paesi e delle nostre economie verso la neutralità climatica. La prima rivoluzione industriale è iniziata in Europa. Perché non avere l’ambizione che anche il prossimo grande cambiamento sia influenzato dall’Europa, per il bene di tutti?

L’apertura auspicata da Scholz si esprime anche nell’espressione “aperti al futuro”, che il Cancelliere utilizza tre volte. Egli individua due grandi progetti per l’Europa: a breve termine, la gestione equa e intelligente dei flussi migratori e, a lungo termine, la trasformazione ecologica delle nostre economie.

Anche se espone in termini abbastanza chiari la visione tedesca di un’Unione che sia soprattutto al servizio del benessere economico e svincolata da ambizioni di potere, il discorso non è strettamente polemico. Così il Cancelliere ha evitato alcuni temi caldi che sono comunque essenziali a livello europeo: i dibattiti sui criteri di bilancio, la politica industriale e l’atteggiamento commerciale da adottare nei confronti degli Stati Uniti.

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Non è necessario che vi spieghi le opportunità che questa trasformazione offre all’Europa. È importante che i cittadini dei nostri Paesi le percepiscano nella loro vita quotidiana. Per esempio, perché il prezzo dell’elettricità da fonti rinnovabili sta scendendo, perché ci sono abbastanza stazioni per auto e camion elettrici, perché si stanno creando nuovi posti di lavoro per il futuro nel settore dell’energia, nel settore dei microchip, perché stiamo sviluppando e commercializzando in Europa le tecnologie di cui il mondo intero ha bisogno per la transizione ecologica. Dare forma a questo cambiamento con ambizione e non lasciare indietro nessuno: questo è il grande progetto per il futuro dietro il quale noi europei dovremmo ora riunirci.

Conclusione
Come disse Oscar Wilde: “Il futuro appartiene a coloro che riconoscono le possibilità prima che diventino ovvie”, e non appartiene certo ai sogni nostalgici e revisionisti di gloria nazionale e di potere imperialista. Gli ucraini stanno pagando con la vita questa follia del loro potente vicino. 2200 chilometri a nord-est di qui, a Mosca, Putin sta ora facendo sfilare i suoi soldati, i suoi carri armati e i suoi missili. Non lasciamoci impressionare da una tale dimostrazione di forza. Restiamo fermi nel nostro sostegno all’Ucraina, finché sarà necessario! Nessuno di noi vuole tornare ai giorni in cui in Europa vigeva la legge del più forte, in cui i piccoli Paesi dovevano sottomettersi ai grandi, in cui la libertà era un privilegio di pochi e non un diritto fondamentale di tutti. La nostra Unione Europea, unita nella sua diversità, è la migliore garanzia che questo passato non tornerà, ed è per questo che il rumore di Mosca non è il messaggio di questo 9 maggio, ma il nostro messaggio: il passato non trionferà sul futuro. E il futuro – il nostro futuro – è l’Unione europea.

https://legrandcontinent.eu/fr/2023/05/10/la-geopolitique-europeenne-ouverte-dolaf-scholz/

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