IL POPOLO DEI LUPI. (3-4), di Daniele Lanza
IL POPOLO DEI LUPI. (3)
(note storiche sparse tra Moldova, Valacchia e Transilvania, dagli albori alla contemporaneità, ripubb. 2018*)
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Torniamo a noi……dove ci ha portati la corsa dei lupi ? Attraverso una selva che pare inghiottirli più volte, eppure non lo fa, solo ogni volta che ne escono sono differenti da come ne sono entrati : sono solo gli snodi dell’etnogenesi.
Gli orgogliosi e combattivi DACI, affini ai traci, che invocano ATTIS e non credono alla morte, precipitano nel mare della latinità e quando ne riemergono 3 centinaia di anni più tardi, si esprimono in un latino volgare che ha iniziato ad evolversi a modo suo….e la sera pregano Cristo.
Senza coscienza alcuna di unità territoriale, in un mondo successivo a Roma che muta forma e senso, scivolano e si perdono nuovamente nella macchia……è il momento della grande Bulgaria altomedievale, e quando i nostri lupi riemergono dal lungo abbraccio bulgaro/bizantino 400 anni più tardi, sono ormai orientati alla fede ortodossa.
A questo punto abbiamo varcato ormai di molto l’anno 1000 e questi discendenti intrepidi dei daci, vengono adesso chiamati VLACS da gran parte delle fonti che li menzionano. Si tratta di un curioso essere….un’umanità sprofondata tra Carpazi e Balcani che parla una stravagante variante del cosmo romanzo seppur circondata da parlate comparativamente indecifrabili (dal magiaro alle slave), ma a differenza dei cugini latini (sudditi di pontefici e monarchi francesi o spagnoli) sono saldamente ortodossi. Consolidato questo fascinoso equilibrio di romanità e grecità, ma PRIVI di qualsiasi unità politica (nemmeno la cercano) si avventurano tra le spire del tardo medioevo…….
I monarchi magiari e la loro progressiva conquista porta alla creazione di TRE aree abitate dai nostri Vlacs, nel corso del cruciale XIV secolo : Valacchia e Moldavia, costituite come territori cuscinetto (materialmente messi assieme da condottieri Vlacs in nome del re d’Ungheria, ma che quasi subito diverranno principati vassalli di fatto indipendenti) la terza invece, incamerata integralmente allo spazio ungherese col nome di Transilvania.
Il quadro, considerato con la sensibilità politica di un nostro contemporaneo parrebbe sconsolante : un popolo suddiviso in due potentati minori perennemente a rischio di essere assorbiti da qualche potenza, più un terzo che invece non vanta neppure una propria forma di stato, ma è regione di un altro regno il cui nucleo è magiaro. La coscienza del suddito premoderno tuttavia NON è la nostra……e non se ne facevano gran cruccio. A maggior ragione considerando che qualsiasi eventuale diatriba sta per risultare declassata per valore, del tutto miniaturizzata a paragone di quanto si prepara : la lunga notte ottomana si stende su tutti costoro, dalle più sperdute isole dell’Egeo fino (un giorno) alla Pannonia.
Il macro evento che si sviluppa tra il XIV° e il XV° secolo cambia gli equilibri di forza nel vecchio continente, sebbene non modifichi sensibilmente le organizzazioni territoriali preesistenti (come accade con tutti gli imperi : se già esiste una suddivisione organizzativa locale, più comodo servirsi di QUELLA sostituendone l’amministrazione anziché riformare tutto dal principio).
Pertanto per quanto riguarda la nostra storia : i principati di Moldavia e Valacchia continuano a esistere, come stati vassalli soggetti a tributo: il padrone non è più il sovrano d’Ungheria, ma il sultano ottomano.
Il 15° secolo scorre così in uno stato di tensione che vede la Valacchia, ancora libera ma sempre più soggetta alle volontà del sultano (che cerca di influenzarne la successione), in pratica tra due contendenti che tentano di tirarla dalla propria parte (l’altro contendente, ancora i sovrani d’Ungheria avversari dei turchi). In questo contesto, che più caotico non potrebbe essere per numero di intrighi e contendenti, deve governare Vlad l’impalatore che tutti conosciamo……….
Il controllo ottomano si rafforza dopo la vittoria storica sugli ungheresi (battaglia di Mohac 1526) che determina relativa stabilità dell’influenza ottomana nei Balcani ed oltre : con Solimano il magnifico si inaugura quasi un secolo di dominio saldo (ed in realtà anche oltre).
Saltando arbitrariamente un susseguirsi intrigante di fatti, passaggi e spargimenti di sangue si può dire che solo verso la fine del XVII° secolo la cristianità torna ad incombere sull’areale balcano/carpatico : a partire dalla vittoria del 1689, tanto la potenza asburgica dall’Europa centrale quanto quella zarista da oriente iniziano a far sentire tutto il proprio peso.
Siamo ormai nella tarda età moderna….è il tempo di Luigi XIV di Francia a Versailles come di Pietro il grande (suo emulo) a San Pietroburgo o della nascita del regno di Prussia. Secolo di guerre di successioni della prima guerra planetaria (dei 7 anni ossia) e di Diderot e la sua Enciclopedia.
Non molto è mutato per i vlacs sottoposti al potere ottomano : dopo 300 anni di tributi ai sultani l’esistenza scorre ancora come sempre. Qualcosa tuttavia sta per cambiare…..la riscossa (mitica) della fede cristiana ortodossa riprende vigore col sempre maggiore esaurimento turco e con un nuovo attore che si affaccia sull’intricato teatro balcanico……l’impero di RUSSIA.
Il popolo dei lupi incontra lo zar alla fine, sul termine dell’età moderna.
(prosegue)
[Liber Chronicarum di Norimberga, 1493. Ill. di Transilvania]
IL POPOLO DEI LUPI. (4)
(nell’immagine si vede la Tuhgra, sigillo personale dei sultani
,esempio ricco dell’arte calligrafica araba anche se in lingua turca. Per la precisione sarebbe quella di Suleiman il il magnifico, Solimano).
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Il lasso di tempo che gli schemi storiografici odierni chiamano “storia moderna” (1500-1800) è pertanto definito : gli antichi daci figli dei lupi, trasfigurati dal flusso della storia e rinati come VLACS “romanzofoni” ed ortodossi, vivono pacificamente (più o meno) come sudditi dei principi valacchi e moldavi, i quali a loro volta sono divenuti vassalli dei sultani osmanidi. Una parte di loro è invece suddita del re d’Ungheria e poi in seguito dell’imperatore d’Austria.
Lo schema (assai grossolano) è questo, per le centinaia di anni che vanno dalla caduta di Costantinopoli fino alla rivoluzione francese, su per giù (immaginiamola così, per dire).
In linea con lo stadio di coscienza socio-politica dell’era in questione, NON si fa sentire alcun eco di irredentismi o ricerca di un’unità nazionale più vasta : alla gente non fa differenza se il proprio regnante non parli la loro stessa lingua o se i vicini della provincia accanto abbiano un altro costume. Non si ricerca la fratellanza con chicchessia solo perché si esprime nel medesimo idioma e di conseguenza i vlacs rimangono sudditi di potentati differenti : in oltre 400 anni di influenza ottomana si registra un solo episodio (una meteora durata un battito di ciglia) in cui un pricipe vlac riesca a raccogliere sotto di sé in contemporanea Valacchia, Moldavia e Transilvania….si tratta di Mihai Viteazu nel 1600, che la effettua tra l’altro come unione personale dinastica, come norma dell’epoca (nella migliore tradizione di interpretazione romantica della storiografia patriottica ottocentesca, sarà retroattivamente eletto a campione dell’unità romena e precursore del risorgimento di questo stato).
Non è ancora il tempo e le masse sono ancora prigioniere dello schema di classe (legati ai loro “naturali superiori”, principi e granduchi) piuttosto che sviluppare un’identità etnica militante.
Se qualcosa si muove è grazie alla spinta di eventi assai più grandi che non le vicende interne di questi principati romeni e sarebbe a dire la pressione ormai congiunta di due grandi potenze (Austria e Russia) sui confini ottomani.
Nella totale impossibilità di riportare la catena innumerevole di avvenimenti che compongono la storia politico-militare del 700 nel sud-est Europa cerco di condensare per il lettore a digiuno focalizzandomi sui pochi punti cruciali (seguitemi).
Lo schema geopolitico GENERALE è il seguente : a patire dalla fine del 600 (ossia dalla fine della minaccia turca in Europa col conflitto conclusosi nel 1699 contro Russia ed Austria) per tutto il lungo corso del 18° secolo e ancora i primi decenni del secolo successivo, l’impero ottomano si ritrova ormai costantemente in una posizione DIFENSIVA. Gli equilibri tradizionali dell’età moderna sono radicalmente mutati ed ora la potenza turca anziché avanzare si ritrova in lenta, ma costante ritirata. Davanti a sé DUE grossi problemi : 1) il traballante regno d’Ungheria, suo tradizionale opponente dell’Europa centrale, si è unito dinasticamente all’Austria ed ora è un IMPERO (asburgico) con tutta la sua forza, il nuovo avversario. 2) In secundis, un nuovo rivale, di stazza sconfinata, si affaccia su tutto il perimetro che va dal Caucaso ai Carpazi, lungo la linea del mar Nero……..finalmente gli zar di Russia entrano nel gioco.
Morale della favola : gli ottomani si trovano contro due potenti concorrenti, con forti interessi nei Balcani e determinati a non retrocedere, il cui attacco sarà spesso quasi concomitante (congiunto oppure in successione).
Nello spazio di circa 150 anni menzionato sopra (1700-1850), si verificano una decina di conflitti militari tra zar e sultani (cosiddette “guerre russo-turche” tra 18°/19° sec. , come le cataloga la storiografia) e PARALLELAMENTE un’altra mezza dozzina contro gli imperatori d’Asburgo (“guerre austro-turche”) : quasi 20 confronti bellici di varia scala in un secolo e mezzo, contro antagonisti di notevole spessore. La collisione con l’occidente (austro/russo) dalla tarda modernità alla prima età contemporanea è decisamente più di quanto le risorse militari ed economiche ottomane possano oggettivamente sostenere…..gran parte di questi conflitti finiscono con sconfitte e con armistizi non memorabili : nessun insuccesso di per sé è determinante, ma messi tutti assieme determinano il lento declino della potenza ottomana.
Questo come riguarda i vlacs ? I nostri piccoli (a paragone delle forze in gioco) e coraggiosi autoctoni, sudditi di Moldavia e Valacchia si ritrovano quasi esattamente sulla linea di fuoco della contesa ! A guardare uno scacchiere bellico sono una striscia di terra che separa tutti i contendenti citati (letteralmente).
Gli effetti non si fanno attendere : GIA’ al tempo di Pietro il grande si registrano svariate defezioni da parte dei principi valacchi e moldavi (sostenute dalla Russia principalmente) il che costringe gli ottomani non soltanto a giustiziarli, ma a metter mano direttamente nel sistema di governo e successione, estromettendo i regnanti locali (ritenuti non abbastanza leali) per sostituirli con altri scelti direttamente a Istanbul. A partire dal 1715, Valacchia e Moldova non avranno più a governarli principi nativi, bensì inviati speciali dell’impero : si tratta dei “fanarioti”, ovvero nobili di origine GRECA appartenenti alle famiglie di più illustri natali residenti in una zona della capitale ottomana (l’argomento prende un capitolo a sé per interesse. Diciamo solo che ciò che simboleggiano è molto importante).
Questi greci di antichissima estrazione, discendenti di antichi clan greci o ellenizzati (in generale bizantini) da lungo tempo incorporati dall’impero ottomano (senza nulla perdere delle proprie tradizioni), sono la scelta ideale in quanto ortodossi come i popoli che dovranno governare, ma al tempo stesso distaccati da essi e ritenuti (ancora) fedeli alle istituzioni turche per il momento. Uno principe fanariota decreterà la fine del servaggio della gleba nel 1743, anche per limitare il flusso sempre maggiore di fuggitivi verso la più illuminata Transilvania asburgica.
Il trend tuttavia è ormai determinato e a partire dall’ultimo 1/3 del 18° secolo la situazione precipita per gli ottomani : nel 1768 inizia una dura guerra contro l’imperatrice Caterina II, che oltre a determinare la perdita definitiva della CRIMEA anni dopo (nonché una prima penetrazione nel Caucaso), indebolisce la posizione turca in Moldova e Valacchia. Quest’ultima è per la PRIMA VOLTA occupata dai russi che giungono fino a Bucharest e tutto si conclude quando 6 anni più tardi si firma la pace di Küçük Kaynarca : questo esotico nome è sorgente di tante cose a venire…….
[continua]
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