FONDAMENTI LINGUISTICI DELL’ASIA MEDIANA*_di Daniele Lanza

FONDAMENTI LINGUISTICI DELL’ASIA MEDIANA*
(dal nucleo persiano/afgano all’India)
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*Molti hanno trovato interessante la mia serie di capitoli sui rudimenti (non altro) della storia afgana : suppongo possa essere interessante anche una ancora più modesta appendice che aggiungo ora.*
Tutto parte da una considerazione semplice : spesso e volentieri ci si immerge in un tema sviluppando i suoi più suggestivi gangli………fino a sorvolare inconsapevolmente i fattori più elementari della materia. Sottolineo pertanto qui un fatto che forse non è stato realizzato dal lettore nei giorni scorsi.
L’Afganistan (quello contemporaneo che ritroviamo si notiziari) in che idioma si esprime ? Risposta essenziale : il paese legale vede due lingue ufficiali, affiancate, ovvero (1)
PASHTO – (2) PERSIANO.
La prima delle due è la lingua autoctona dell’Afganistan, quella naturalmente delle tribù pashtun che sono il nucleo della sua storia indipendente : il fatto è che rappresenta non oltre il 55-60% dell’intera popolazione. Il restante 40-45% parla correntemente il persiano invece (per la precisione una sua variante più orientale, denominata “DARI” per distinguerla da quella più occidentale della repubblica islamica dell’Iran). A conti fatti quindi, quasi metà della popolazione afgana parla in realtà la medesima lingua dei propri vicini irano/persiani : se poi consideriamo che – pur senza averne un comando – la quota di afgani in grado perlomeno di comprendere ad orecchio la parlata persiana si avvicina all’80%, questo ci porta alla conclusione che abbiamo a che fare con due entità nazionali (Iran e Afganistan) che si collocano su un piano di mutua intellegibilità culturale. La cosa non stupisce alcuno dei lettori che fin qui hanno avuto pazienza di seguirmi : se partiamo dalla consapevolezza storica di base che l’emirato afgano è paragonabile ad una cellula scissa dal grande corpo dell’impero persiano che ha preso vita propria, allora i conti tornano in pieno. L’Afganistan è anche – linguisticamente parlando – un’espansione verso oriente (verso il continente indiano) della parlata PERSIANA nei secoli passati.
Qualche precisazione in più : avete tutti presente l’alfabeto arabico standard ? (si parte di lì) Abbiamo a che fare con le fatidiche 28 LETTERE tramite le quali si articolano le comunicazioni scritte di centinaia di milioni di individui, sin dai tempi del PROFETA Maometto, con tutte le loro evoluzioni (…). Orbene, quando nel XII secolo gli eserciti dei califfati arabi in avanzata travolgono le oramai decadenti vestigia della Persia tardoantica (dinastia sasanide, contemporanea di Bisanzio), pur riuscendo ad imporre l’ISLAM come dimensione religiosa dominante, NON riescono tuttavia a piegare la cultura persiana né a diffondere la propria lingua (cosa impossibile visto lo spessore culturale millenario della Persia, a differenza della più depopolata e confusa Africa nord-sahariana che, comparativamente, sarà invece del tutto arabizzata). Questo – dicotomia arabo/persiana – è di dominio COMUNE per chiunque sappia anche solo qualcosa del vicino oriente (…)
Una vittoria tuttavia la lingua araba la riporta : dona il proprio sistema di caratteri alla cultura locale che finisce col servirsene per ragioni pratiche. Il processo di “conversione alfabetica” in questione è qualcosa di magmatico senza confini cronologici precisi……teniamo semplicemente conto che è qualcosa che dura svariati secoli (3 circa : la zona “buia” della storia persiana che ci conduce alla rinascita dei secoli successivi all’anno 1000 con poeti e scrittori come Omar Khayyam) : la grande PERSIA rinasce culturalmente con un alfabeto mutuato quindi dagli arabi, con alcune variazioni…….le lettere anziché 28 sono portate a 32, in modo da aggiungere alcuni suoni del persiano, assenti in arabo.
Abbiamo a questo punto l’alfabeto “arabo-persiano” (vale a dire, in altre parole, un alfabeto arabo preso a prestito, adattato e modificato per trasporre per iscritto la parlata persiana tradizionale) che a partire dal XIII secolo si standardizza ulteriormente quando un letterato unisce le due tradizioni calligrafiche del suo tempo (“Naskh e Tal’iq) per fondarne una unificata che sarà quella ufficiale della potenza persiana a venire : “ NASTALIQ “ (نستعلیق ).
Tenete bene a mente questo termine poiché è la base NON solo della scrittura persiana, ma di tutta l’area ad oriente verso la quale si espanderà : per analogia, così come gli arabi impongono il loro alfabeto alla Persia, quest’ultima a sua volta impone il proprio alfabeto (derivato) a tutta la sua grane sfera di estensione politico-culturale ad est, dove ognuno a sua volta lo prenderà a prestito apportando le sue modifiche (l’URDU, lingua nazionale del Pakistan utilizza l’alfabeto persiano/arabico in questione, aggiungendo altri 7 caratteri ed arrivando quindi a 39. Nell’emirato afgano si arrivò ad averne 41). Questo significa che la calligrafia NASTALIQ (utilizzata per fini artistici) è la scrittura di base da secoli in AFGANISTAN e in PAKISTAN (per non parlare della sua espansione in areale indiano dove la lingua persiana è mezzo di comunicazione a corte nell’impero MUGHAL)
L’Afganistan contemporaneo infine standardizza il proprio sistema di scrittura nel 1958, durante un congresso di intellettuali a Kabul (i caratteri vengono portati a 45, cercando forse di renderlo ancora più “afgano”, più specificamente nazionale….un alfabeto pashto -پښتو الفبې ). Se da un lato abbiamo sottolineato l’influenza persiana in Afganistan e altrove, rammentiamo allo stesso modo come il pashto mostra una diffusione significativa anche al di là dei confini afgani, oltre il passo di Khyber (faglia di divisione geografica tra Afganistan e Pakistan da sempre) in quelle provincie rivendicate talvolta dai nazionalisti afgani a danno del vicino (…) : di fatto il 15% della popolazione del Pakistan si esprime in pashto, nella sua frangia più di confine naturalmente (considerata la mole demografica pakistana, 15% = 30 milioni di parlanti circa…numericamente tanti quasi quanto nell’Afganistan stesso, paradossalmente).