L’elezione di Trump riporterà l’isolazionismo e minaccerà la NATO?_di Uriel Araujo

Le tesi di Uriel Araujo, esposte nel suo articolo, ma particolarmente diffuse nell’area del dissenso qui in Italia, ma anche nel movimento dei BRICS, sono particolarmente significative su almeno quattro aspetti:

  • ha certamente ragione quando sottolinea l’ingenuità di quelle componenti che vedono in Trump, in particolare nella sua passata ed eventualmente prossima amministrazione, il salvatore delle patrie altrui, il sostenitore ed il fiero paladino del multipolarismo e dell’isolazionismo. Trump è espressione rigorosamente statunitense e sintesi particolarmente conflittuale di due componenti, una delle quali più presente tra i centri decisori, l’altra più radicata nel movimento popolare a loro supporto e condizionamento di questi e dell’emersione di nuove élites decisorie. Al meglio Trump, tutto dipende da come si evolverà il confronto interno alla sua compagine, potrà prendere atto dell’affermazione del multipolarismo, piuttosto che di un bipolarismo dai rapporti di forza squilibrati e propugnerà un confronto più improntato alla attività diplomatica, corroborata da esibizione di forza puntuale e dosata, piuttosto che ad un improbabile isolazionismo o ad un uso generalizzato e destabilizzante della forza e delle attività sovversive. È, per altro, il filo logico che ha percorso le intenzioni e in parte la condotta pratica della passata presidenza di Trump e che, probabilmente, percorrerà quella futura, sempre che riesca in qualche maniera, a dispetto dei malintenzionati, a conseguirla. Si vedrà allora, a sua volta, con quale coerenza.
  • ha torto, gravemente torto, a parere dello scrivente, quando definisce in maniera univoca ed unidirezionale il rapporto tra centri decisori, specie quelli presenti e annidati nei settori cruciali dello Stato e la compagine di Governo. Nella fattispecie degli Stati Uniti tra i centri decisori presenti in particolare nelle centrali di intelligence, negli apparati militari e nel complesso militare-industriale-finanziario e la compagine governativa. Ha torto per vari motivi, tra i quali due essenziali: 1- la funzione del Governo e della sua compagine amministrativa non è solo e puramente di immagine e di offerta di un volto presentabile a centri decisori “occulti”. Ha il compito di regolare la circolazione, l’esecuzione, l’accettazione e la pervasività delle decisioni dei centri decisori nel rapporto circolare che si determina tra vertici e base popolare ed intermedia e che si dirama partendo e ritornando solitamente ai vertici 2- riveste, o quanto meno contribuisce a rivestire in maniera determinante, una funzione di sintesi politica e di coerenza delle azioni conseguenti nella gestione dei rapporti di cooperazione/conflitto tra centri decisori all’opera nei vari apparati. Su questo aspetto, Nicos Poulantzas, Louis Althusser e Theda Skocpol, negli anni 70/80, pur non arrivando alla distinzione tra funzione degli apparati e azione dei centri decisori all’interno di essi, esplicitati successivamente ad esempio in Italia dal professor Gianfranco La Grassa, hanno comunque scritto pagine egregie di segnalazione e denuncia degli scompensi e delle fibrillazioni e, in fase acuta o di incancrenimento,  eventualmente dei punti di crisi acuta e di dissesto che si creano nel funzionamento dello stato quando parte di questi apparati si atrofizzano, si destabilizzano o si dissociano dagli orientamenti e dall’azione comune e di sintesi a seguito di dinamiche interne ed esterne sfuggite al controllo sino, a volte, a creare condizioni di rivolgimento rivoluzionario
  • Arajuio, ma non è purtroppo il solo, ha torto, quindi, nel presentare l’azione politica di Trump assimilandola e uniformandola in un unico coacervo a quella della Amministrazione e governo di Trump. A corroborare la propria tesi Arajuio adduce numerosi esempi che in realtà offrono il destro a interpretazioni opposte. Cita l’episodio gravissimo dell’assassinio del generale iraniano Suleimani, ma ignora il fatto che fu una reazione all’atteggiamento gradasso e troppo spregiudicato della dirigenza iraniana nell’assalto all’ambasciata statunitense a Bagdad e dell’umiliazione legata all’ostentazione televisiva dei marinai americani fatti prigionieri e liberati dopo un attacco ad una unità navale della flotta del Golfo Persico sino a scatenare l’istinto di vendetta tra le truppe del quale si era fatto espressione il Generale Flynn ed abile profittatore Pompeo. Atteggiamento che, di fatti, la dirigenza iraniana si è guardata bene dal ripetere in un contesto geopolitico successivo, per altro, ad essa ben più favorevole. Lo stesso Trump, nelle more, è stato colui che, con un atto di imperio, ha bloccato la missione degli aerei ormai in volo, su ordine del suo Segretario Pompeo, per bombardare l’Iran. Lo stesso dicasi per l’analogo contrasto alla decisione di Pompeo di eliminare fisicamente Maduro, in Venezuela e creare una situazione di golpe e di guerra civile; e ancora della citazione del bombardamento, come azione guerrafondaia piuttosto che atto simbolico e senza vittime, di una base siriana dell’esercito di Assad a seguito della montatura dello scandalo dell’uso di gas tossici. Quanto all’atteggiamento bellicoso nei confronti della Cina, l’impostazione originaria di Trump, diversa da quella di parte della sua amministrazione, è stato quello di un confronto duro, ma di carattere diplomatico e prettamente rivolto agli aspetti economici delle relazioni sino-statunitensi. Sulla successiva e progressiva prevalenza della componente più propensa ad un confronto militarista, per altro in combutta sempre più sodale e saldata con la componente di confronto aggressivo e destabilizzante dell’integrità della Russia, ha per altro influito la probabile illusione della dirigenza cinese di poter procrastinare le dinamiche di globalizzazioni sino a quel momento a lei così favorevoli. Illusione resa verosimile dall’atteggiamento più comprensivo manifestato inizialmente nei confronti di Biden e della sua componente demo-neoconservatrice. Quanto all’approccio con la dirigenza russa e all’ostilità crescente con la Russia il discorso è troppo complesso per essere affrontato compiutamente in questa chiosa. Va sottolineato, però, che i centri decisori della NATO, i nuclei decisori rappresentati dal quartetto Nuland, Kagan, Blinken, Sullivan e dei quali fanno parte a pieno titolo la quasi interezza delle élites europee ed europeiste in una particolare scala gerarchica, hanno avuto, durante la Presidenza Trump, un ruolo del tutto autonomo e proattivo sia nel condurre la propria politica russofoba, sia nel sabotare ed infiltrare ulteriormente l’amministrazione presidenziale. Quanto si sta muovendo attualmente in casa Europa non fa che presagire e confermare per il futuro tale attivismo.  Nelle more, le recenti annunciate dimissioni di Nuland dalla sua carica, rappresentano certamente una presa d’atto della situazione vacillante in Ucraina, ma potrebbero nel contempo rappresentare un nuovo riconoscimento delle sue note capacità di destabilizzatrice e di fomentatrice di “rivoluzioni colorate” questa volta ad uso interno agli Stati Uniti, in previsione di una nuova presidenza di Trump e della necessità di distrugger, una volta per tutte il movimento MAGA. Queste sono, infatti, le voci ricorrenti in Europa e, soprattutto, negli Stati Uniti.
  • Araujo sbaglia, quindi e a mio parere, nel presentare l’azione dell’amministrazione di Trump come una serie di atti coerenti, piuttosto che contraddittori, legati alle vicende interne e antitetiche della sua compagine e al conflitto cruentemente ostile, ma sordo con la compagine neocon ancora presente nel Partito Repubblicano ed esplicito con quella neocon-democratica esterna molto ben rappresentate tra i centri decisori e radicati nella società statunitense. Va ricordato, tra l’altro, che il movimento MAGA e Trump non sono riusciti ancora ad assumere il controllo del comitato del Partito Repubblicano che gestisce i fondi, non ostante il crescente radicamento popolare e la presenza sempre più pervasiva negli apparati degli stati federali. Tutto questo a prescindere dalle capacità indubbie, ma anche dalla evidente inadeguatezza sulle motivazioni e sui tanti aspetti delle scelte di Trump. Non a caso il comitato promotore della prima candidatura di Trump, che avrebbe dovuto supportarlo auspicabilmente nell’azione presidenziale, si sciolse a pochi mesi dal suo insediamento e si dissolse dopo la defenestrazione di Flynn da Segretario di Stato.

Non si tratta, quindi, di adottare un atteggiamento falsamente disincantato o partigiano verso un possibile “Podestà Straniero” più o meno benevolo. Atteggiamento, purtroppo, particolarmente diffuso in ambienti così immaturi politicamente come quelli cosiddetti “sovranisti” in Europa, ma presenti anche nei pochi livelli decisori più elevati diffusi nel mondo.

Al contrario si tratterebbe di valutare come l’azione di forze politiche mature, eventualmente presenti in Europa e soprattutto in Italia, visto che qui viviamo e siamo presenti, può approfittare delle contraddizioni e dell’aspro conflitto politico nel paese egemone e contribuire in qualche misura, mi si perdoni il velleitarismo, a determinare l’esito di quello scontro.

La forza e la chiarezza di intenti del movimento MAGA, solo parte delle componenti che sostengono, tollerano o prendono atto del ritorno di Trump e, possibilmente, dell’ascesa di nuovi leader più capaci, sono i fattori in grado di cambiare gli equilibri tra i centri decisori del paese egemone e la formazione di nuovi centri basati su nuove componenti e nuove gerarchie sociali, politiche ed economiche.

Al contrario si tratta di comprendere che solo da un rivoluzionamento e da una destabilizzazione della situazione negli Stati Uniti potranno nascere, assieme ai rischi intrinseci, le condizioni oggettive di una riduzione della presa sul nostro continente e sull’Italia e di una acquisizione di maggiore autonomia, di indipendenza e potenza politica.

Condizioni oggettive, appunto. Quanto a quelle soggettive, ancora più determinanti, quanto, allo stato, scoraggianti, saranno il parametro indispensabile in grado di discernere tra un élite e una classe dirigente in cerca di nuovi padroni cui asservirsi ed una con ambizioni di autonomia in grado di costruire e ricostruire un blocco sociale, una formazione sociale ed uno stato coesi, dinamici, equilibrati e più equi. Un blocco sociale nel quale dovranno trovare posto tutte le figure sociali, ma con pesi e gerarchie diverse.

Per finire, come sottolinea giustamente Urie, ci sono dei limiti nell’efficacia dell’azione di un Presidente, per quanto influente come quello statunitense, sia in politica estera che interna, contano sempre più le dinamiche geopolitiche e le forze esterne al paese, pesano i centri decisori interni, ma i suoi atti non possono essere semplicemente ridotti a pure rappresentazioni scenografiche e semplici espressioni eterodirette.  Giuseppe Germinario

L’elezione di Trump riporterà l’isolazionismo e minaccerà la NATO?

Uriel Araujo, ricercatore specializzato in conflitti internazionali ed etnici

L’accademico indiano Pratap Bhanu Mehta, ex presidente del Center for Policy Research, scrive che un’elezione di Trump rappresenterebbe una minaccia per la democrazia negli Stati Uniti. Altri esperti hanno sostenuto che Trump potrebbe mettere in pericolo la NATO e riportare indietro l’isolazionismo americano. Le cose potrebbero non essere così semplici, però.

Come ho scritto di recente, oltre alla tanto discussa questione dell’allargamento della NATO, bisogna considerare anche l’espansione della famigerata Central Intelligence Agency (CIA) statunitense: secondo un recente articolo del New York Time, negli ultimi dieci anni l’Agenzia ha sostenuto un La “rete di basi di spionaggio” in Ucraina, che comprende “12 luoghi segreti lungo il confine russo” e una “partnership segreta di intelligence”, ha trasformato il Paese in “uno dei più importanti partner di intelligence di Washington contro il Cremlino”. Commentando ciò , Mark Episkopos, ricercatore sull’Eurasia presso il Quincy Institute for Responsible Statecraft, sottolinea il fatto che tale partnership tra CIA e Ucraina in realtà “si è approfondita sotto l’amministrazione Trump, smentendo ancora una volta l’idea infondata secondo cui l’ex presidente Trump era in qualche modo incline agli interessi della Russia mentre era in carica”.

Inoltre, nel dicembre 2017 l’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha venduto a Kiev armi “difensive” che, secondo il professore di scienze politiche dell’Università di Chicago John Mearsheimer, “certamente sembravano offensive per Mosca e i suoi alleati nella regione del Donbas”. Naturalmente, i legami ucraino-americani sono cresciuti sotto il presidente in carica degli Stati Uniti Joe Biden, con le provocazioni dell’Operazione Sea Breeze del 2021, la Carta USA-Ucraina sul partenariato strategico dello stesso anno, e molto altro ancora, fino alla crisi odierna. Il punto, tuttavia, è che, sebbene meno palesemente ostile a Mosca (in alcune aree), sarebbe inesatto descrivere la precedente presidenza Trump come qualcosa di lontanamente simile a un’amministrazione “filo-russa”.

È vero che il mese scorso, parlando a una manifestazione, Trump ha affermato di aver detto una volta a un anonimo alleato della NATO che, in qualità di presidente, non avrebbe difeso gli alleati che non rispettassero gli obblighi di spesa per la difesa dell’Alleanza. Secondo lui stesso ha detto: “Non hai pagato? Sei delinquente? No, non ti proteggerei. In effetti, li incoraggerei a fare quello che diavolo vogliono. Devi pagare. Devi pagare le bollette. Questo tipo di retorica, tuttavia, tipico dello stile dell’ex presidente, dovrebbe piuttosto essere interpretato come retorica pre-elettorale per infiammare la sua base – oltre che come una valida critica, dal punto di vista americano, del fatto che la maggior parte dei paesi della NATO non non riescono a raggiungere l’obiettivo di spesa concordato di utilizzare almeno il 2% del loro PIL in spese militari.

Ciò ovviamente sovraccarica Washington, a scapito dei suoi contribuenti. Il punto (retorico) di Trump è stato denunciato da molti come una seria minaccia di lasciare che la Russia “conquisti” gran parte dell’Europa. Nel mondo reale, però, Mosca non ha alcun obiettivo di conquistare l’Ucraina (come vi dirà qualsiasi esperto serio – le sue preoccupazioni principali riguardano l’allargamento della NATO), tanto meno alcun interesse a invadere i paesi NATO dell’Europa occidentale e provocare così la Terza Guerra Mondiale. – e, anche se così fosse, gli Stati Uniti, con o senza Trump, avrebbero ovviamente le proprie ragioni strategiche per opporsi a tale ipotetico scenario intervenendo in difesa dei propri alleati europei, siano essi delinquenti o meno.

Nel mondo immaginario dei propagandisti pro-Biden, Trump è una sorta di “agente russo” determinato a distruggere l’egemonia americana a livello globale e quindi a lasciare prevalere il “male”. Le fantasie di alcuni degli analisti più ingenui di convinzione “antimperialista” sono abbastanza simili, con l’unica differenza che percepiscono ciò come una buona cosa e immaginano il favorito repubblicano come un campione del multipolarismo, della pace mondiale e persino del Sud del mondo, se vuoi ( i venezuelani potrebbero non essere d’accordo ). Niente di tutto ciò dovrebbe essere preso sul serio, ma sfortunatamente, nell’era della propaganda e della guerra dell’informazione, spesso lo fa.

Retorica a parte, lungi dall’essere una posizione marginale, l’idea che la vittoria militare in Ucraina sia irraggiungibile sta lentamente guadagnando terreno nell’establishment americano. Trump potrebbe probabilmente essere un po’ più veloce nel lasciar perdere, ma questo è tutto. James Stavridis, ex comandante supremo alleato in Europa della NATO, scrivendo per Bloomberg nel novembre 2023, ad esempio, ha sostenuto che Washington dovrebbe imparare dalle “lezioni della Corea del Sud” e negoziare un accordo “terra in cambio di pace” per porre fine ai combattimenti in Ucraina. Questo scenario implicherebbe una sorta di ritirata strategica, da una prospettiva occidentale, per poi investire nell’Ucraina occidentale, per così dire, in modo da coltivarla come una sorta di Corea del Sud dell’Europa orientale (con una presenza persistente della CIA, ci si potrebbe aspettare). .

Non è sempre finita, anche quando è “finita”: uno scenario del genere chiaramente non farebbe molto per la stabilità regionale o la pace nel lungo periodo. Come ho scritto in più di un’occasione, anche dopo il raggiungimento della pace, finché la minoranza russa rimarrà emarginata in Ucraina e finché continuerà l’allargamento della NATO, ci sarà ancora ampio spazio per tensioni e conflitti.

C’è ancora un’altra questione: con l’escalation del conflitto in Palestina, il centro di gravità delle tensioni globali è cambiato. Anche la campagna militare in corso di Israele a Gaza e in Cisgiordania, così come le sue operazioni in Siria e Libano, fanno parte della “guerra non ufficiale” dello Stato ebraico contro l’Iran , con conseguenze globali . L’attuale crisi nel Mar Rosso, che coinvolge gli Houthi, è in gran parte un effetto collaterale della disastrosa campagna israeliana nel Levante, sostenuta dagli Stati Uniti. Ebbene, si scopre che Trump è, a detta di tutti, un sostenitore incondizionato di Israele più di Biden, indipendentemente da quante linee rosse siano oltrepassate dallo Stato ebraico in Medio Oriente. Si potrebbe ricordare, ad esempio, che fu allora il presidente Trump ad assassinare il generale iraniano Soleimani . Recentemente, Trump ha notoriamente affermato che Tel Aviv deve “risolvere il problema”.

Quando è stato intervistato per un articolo del Boston Globe intitolato “ Vota tutto quello che vuoi. Il governo segreto non cambierà ”, nel 2014, Michael J. Glennon, professore di diritto internazionale alla Fletcher School of Law and Diplomacy della Tufts University (e autore di “National Security and Double Government”), spiegava che gran parte del I “programmi” di politica estera degli Stati Uniti sono, come disse una volta John Kerry, “con il pilota automatico” e che “una politica dopo l’altra continuano tutte praticamente allo stesso modo in cui erano durante l’amministrazione George W. Bush”. Questa situazione viene spiegata da questo analista con il concetto di “doppio governo”, così descrive un apparato di difesa e sicurezza nazionale quasi autogovernato che opera negli Stati Uniti senza molta responsabilità. Il suddetto libro di Glennon è stato elogiato da ex membri del Dipartimento di Stato, del Dipartimento della Difesa, della CIA e della Casa Bianca. Non c’è motivo di ritenere che le sue conclusioni siano meno vere oggi.

Per riassumere, ci sono dei limiti alla quantità di cambiamenti che un presidente degli Stati Uniti, da solo, può apportare al sistema di “doppio governo” della superpotenza in termini di difesa e politica estera. Il centro di gravità delle tensioni globali sta cambiando e, per dirla senza mezzi termini, l’Ucraina non è più così importante. Infine, il passato di Trump come ex presidente non consente in alcun modo di descrivere la sua amministrazione come “isolazionista” o “filo-russa”.

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Dove sta andando la Cina di Xi? 15 punti per decodificare le due sessioni, di Neil Thomas, Jing Qian

Dove sta andando la Cina di Xi? 15 punti per decodificare le due sessioni

Neil ThomasJing Qian

A Pechino, l’éminence grise di Xi, Wang Huning, e il suo primo ministro, Li Qiang, hanno messo in scena uno spettacolo ben collaudato.

Le riunioni annuali simultanee del Comitato nazionale della Conferenza politica consultiva del popolo cinese e dell’Assemblea nazionale del popolo sono una miniera di deboli segnali da decifrare. Dai grandi orientamenti economici alle nomine strategiche, 15 punti degli esperti del Centro di analisi cinese di Asia Society per aiutarvi a vedere le cose più chiaramente.

La Cina è ovunque e noi non ne sappiamo quasi nulla. La struttura del nostro dibattito pubblico ci porta a sapere molto di più sulle dinamiche interne del Partito socialista francese che sul funzionamento del più grande partito del mondo, il Partito comunista cinese. La nostra quasi totale ignoranza del sistema politico cinese, delle sue dottrine e delle sue tensioni ci impedisce di pensare collettivamente a come posizionarci nel mondo che Xi Jinping intende plasmare. Questo è un problema. Per più di un anno, sulle pagine della rivista, abbiamo cercato di capire le dinamiche profonde che stanno trasformando la Cina di Xi. Se pensate che questo lavoro di analisi e traduzione meriti di essere sostenuto, vi invitiamo ad abbonarvi a Le Grand Continent.

Dove sta andando la Cina? In un momento in cui i mercati crollano, la crescita rallenta, le tensioni internazionali aumentano all’esterno e la politica interna continua a dettare l’agenda di Pechino, questa domanda diventa sempre più urgente. Le “Due Sessioni” attualmente in corso a Pechino sono una miniera di segnali deboli e senza dubbio uno dei punti di riferimento più decisivi per analizzare le principali tendenze della politica cinese dei prossimi mesi.

1 – Cosa sono le “Due Sessioni” e perché sono importanti?
Le Due Sessioni sono le riunioni annuali concomitanti del Comitato nazionale della Conferenza politica consultiva del popolo cinese (CPPCC) – iniziate il 4 marzo di quest’anno – e del Congresso nazionale del popolo (NPC) – che si apre oggi, 5 marzo. Le riunioni si concluderanno la prossima settimana, intorno all’11 marzo, e dovrebbero essere strutturate su una serie di punti salienti.

Il Comitato nazionale della Conferenza consultiva politica del popolo cinese (CPPCC) è un’organizzazione del Fronte unito che mobilita i gruppi sociali per sostenere e consigliare il Partito-Stato. Strumento chiave per l’attuazione della strategia del PCC, il Fronte unito è una rete di gruppi e individui controllati dal Partito per servire i suoi interessi. Comprende otto partiti politici autorizzati, tra cui il CPPCC.

Il Congresso nazionale del popolo è l’organo legislativo unicamerale della Cina e, in teoria, l’organo supremo del potere statale. Entrambi gli organi sono tuttavia sotto il controllo del Partito Comunista Cinese (PCC), ma svolgono funzioni politiche importanti e distinte.

Un altro motivo per cui le due sessioni dovrebbero essere oggetto di particolare attenzione è che il segretario generale del PCC Xi Jinping non ha ancora convocato la terza sessione plenaria del Comitato centrale del Partito, che tradizionalmente approva le riforme economiche, e il premier Li Qiang ha quindi colto l’occasione per presentare il suo primo rapporto sul lavoro del governo.

RAPPORTO SUL LAVORO DEL GOVERNO, G.W.R.
Il 5 marzo, in occasione della sessione di apertura dell’Anp, il premier Li Qiang ha presentato, a nome del Consiglio per gli Affari di Stato, il suo primo Rapporto sul lavoro del governo (G.W.R.). La lettura di questo documento è il fulcro delle Due Sessioni. Il “rapporto sui progressi del governo” esamina il lavoro dell’anno passato, definisce i requisiti generali e l’orientamento delle politiche di sviluppo per l’anno successivo ed elenca i compiti specifici che il governo perseguirà.

Contiene una serie di sezioni specifiche, tutti segnali deboli da tenere d’occhio.

L’emblema nazionale cinese si riflette sul finestrino di un autobus mentre i delegati lasciano il Paese dopo aver partecipato alla sessione di apertura del Congresso Nazionale del Popolo (NPC) presso la Grande Sala del Popolo a Pechino, martedì 5 marzo 2024. L’obiettivo di crescita ufficiale della Cina per quest’anno è di circa il 5%, ha dichiarato martedì il premier Li Qiang in un rapporto annuale sui piani e i risultati del governo che dà priorità alla sicurezza e all’economia. Foto AP/Andy Wong
2 – Strategia economica: raddoppiare lo “sviluppo di alta qualità”.
L’economia è al centro delle preoccupazioni del rapporto, ma Li Qiang non ha riservato grandi sorprese il 5 marzo. Nel corso di una riunione tenutasi il 19 febbraio1 , ha dichiarato che il Consiglio di Stato avrebbe dovuto “seguire le istruzioni” impartite dal Partito lo scorso dicembre2 in occasione dell’annuale Conferenza centrale sul lavoro economico (CCTE). Sebbene la CCTE abbia indicato uno spostamento tattico a favore della crescita quest’anno, ha affermato la strategia di fondo di Xi, secondo cui lo “sviluppo di alta qualità” è “la dura verità della nuova era”.Li Qiang ha annunciato un obiettivo di crescita del 5% per quest’anno. Il rapporto del CCTE afferma che il Partito manterrà la sua “politica fiscale attiva” e “inasprirà moderatamente la politica fiscale”, “farà un uso efficace dello spazio di politica fiscale” e porrà maggiore enfasi sugli aggiustamenti anticiclici. Nonostante il recente calo dei tassi ipotecari, il differenziale dei tassi d’interesse tra Stati Uniti e Cina e i timori di fuga di capitali fanno sì che l’allentamento monetario sia meno favorito, e la CCTE si impegna a mantenere una “politica monetaria prudente”. La direttiva di “costruire il nuovo prima e sbarazzarsi del vecchio poi” implica anche la determinazione di Pechino a favorire riforme pianificate e incrementali piuttosto che il tipo di shock politico negativo che ha fatto deragliare i mercati nel 2021. Anche il verbale della riunione dell’Ufficio politico del 29 febbraio3 dedicata alla revisione della RTG si impegna a “creare un ambiente politico stabile, trasparente e prevedibile”, ripetendo sostanzialmente i termini del verbale del CCTE.Li Qiang sta cercando di fare appello alle aziende private e alla comunità imprenditoriale per stimolare la ripresa dei consumi, degli investimenti e del mercato azionario. In occasione della riunione plenaria del Consiglio di Stato del 19 febbraio4 , Li Qiang ha dichiarato che Pechino dovrebbe “attuare misure pragmatiche e incisive per rafforzare la fiducia dell’intera società” e, in occasione della riunione esecutiva del Consiglio di Stato del 23 febbraio5 , ha affermato che la stabilizzazione degli investimenti esteri è un “importante fulcro” della politica economica. Pechino sta anche accelerando l’adozione di una legge per promuovere lo sviluppo del settore privato.Tuttavia, l’evidenza finora suggerisce che i cambiamenti politici consisteranno principalmente nel perfezionamento dei meccanismi di politica economica esistenti, piuttosto che nell’impiego di approcci innovativi. Lo stesso Xi sembra considerare gli attuali problemi come la dolorosa ma necessaria contropartita a breve termine per il guadagno a lungo termine di un’economia più sicura e autosufficiente. Rimangono forti dubbi sulla capacità di Xi di mantenere il tasso di crescita della Cina senza riforme strutturali che stimolino i consumi, migliorino le finanze locali e diano un ruolo maggiore alle forze di mercato.

L’enfasi posta dal CCTE sullo “sviluppo di alta qualità” non suggerisce alcuna revisione dell’approccio statalista di Xi. Questo concetto fa parte dell’attuale piano economico di Xi Jinping, presentato al 19° Congresso del Partito nel 2017, integrato nel 14° Piano quinquennale nel 2021 e approfondito al 20° Congresso del Partito nel 2022. Si tratta di un “nuovo concetto di sviluppo” che bilancia il perseguimento della crescita a breve termine con programmi a lungo termine per rendere la crescita più innovativa, coordinata, verde, aperta ed equa. È inoltre associato a un “nuovo paradigma di sviluppo” incentrato sulla domanda interna, sulle tecnologie locali e sulla riduzione della dipendenza dall’estero.

Come previsto, Li Qiang non ha annunciato un riorientamento definitivo della crescita economica rispetto alla sicurezza nazionale – la sconcertante doppia priorità6 del terzo mandato di Xi. Le recenti dichiarazioni, come i commenti di Xi7 sulle relazioni annuali delle istituzioni del Partito-Stato, hanno fatto rumori positivi sull’importanza della questione economica. Tuttavia, il 27 febbraio, il Comitato permanente dell’NPC (NPCSC) ha rivisto la legge sulla protezione dei segreti di Stato per rafforzare ulteriormente lo Stato di sicurezza, introducendo i “segreti di lavoro” come nuova categoria di informazioni riservate che potrebbero interessare le aziende che fanno affari con la Cina. Solo un segnale forte e chiaro potrebbe ripristinare la fiducia nell’ambiente commerciale cinese.

Lo stesso Xi sembra vedere gli attuali problemi come una dolorosa ma necessaria contropartita a breve termine per il guadagno a lungo termine di un’economia più sicura e autosufficiente.
NEIL THOMAS, JING QIAN
Li Qiang ha anche annunciato nuovi approcci nella lunga battaglia di Pechino per aumentare la quota dei consumi rispetto agli investimenti nell’economia e il lancio di una campagna “Consumare senza preoccuparsi”. Una riunione dell’influente Commissione centrale per gli affari finanziari ed economici, tenutasi il 23 febbraio8 , si è concentrata sul potenziale del rinnovamento delle attrezzature industriali, della sostituzione dei beni di consumo e della riduzione dei costi logistici per incrementare i consumi. È probabile che questa idea prenda la forma di un finanziamento centrale per incoraggiare le famiglie a rinnovare le loro automobili, i loro prodotti elettronici e gli elettrodomestici. Questo approccio consente a Pechino di stimolare i consumi in modo gestito e di creare mercati per le industrie high-tech e verdi che sono al centro dell’agenda di Xi.

Des journalistes tentent de prendre des photos alors que le porte-parole du Congrès national du peuple, Lou Qinjian, arrive pour une conférence de presse à la veille du Congrès national du peuple au Grand Hall du peuple à Pékin, le lundi 4 mars 2024. © AP Photo/Ng Han Guan

Ma Xi si oppone all’aumento diretto dei consumi per motivi ideologici, anche se potrebbe essere più efficace per stimolare la crescita. Lo stesso vale per il rafforzamento della rete di sicurezza sociale e l’abolizione delle restrizioni alla migrazione interna e all’uso della terra. Tuttavia, Xi non sembra ancora disposto o preoccupato di perseguire riforme strutturali così profondamente redistributive9. Di conseguenza, un significativo ribilanciamento a favore dei consumi e una ripresa economica sostenuta non sono ancora all’ordine del giorno.

In sostanza, Pechino dovrebbe utilizzare le due sessioni per annunciare misure tattiche per aumentare la fiducia a breve termine nell’economia cinese, ma senza modificare la strategia di fondo di Xi, che prevede uno sviluppo guidato dallo Stato e dagli investimenti. Cambiamenti importanti nella politica economica sono più ipotizzabili in una terza sessione plenaria presieduta da Xi che in un discorso di Li Qiang alle Due Sessioni. Tuttavia, è probabile che la prossima sessione plenaria, che si terrà nel corso dell’anno, affronti il tema della politica economica se le prospettive di crescita della Cina sono scarse.

È più probabile che una terza sessione plenaria presieduta da Xi preveda importanti cambiamenti nella politica economica piuttosto che un discorso di Li Qiang alle Due Sessioni.
NEIL THOMAS, JING QIAN
3 – Un obiettivo di crescita del 5%
I titoli dei giornali sulla RTG si concentreranno sull’annuncio dell’obiettivo di crescita del PIL per il 2024. Questa cifra è un segnale importante per i politici sulla priorità da dare alla crescita rispetto ad altri obiettivi politici. L’anno scorso, il premier uscente Li Keqiang aveva fissato un obiettivo di “circa il 5%”, considerato relativamente modesto visto che i blocchi e i confinamenti legati al Covid-19 avevano ridotto la crescita nel 2022. Pechino sostiene che l’economia è cresciuta del 5,2% nel 2023, ma la maggior parte degli analisti esterni è scettica su questa affermazione, con stime sulla crescita effettiva della Cina che arrivano all’1,5%10.

Li Qiang ha rivelato un ambizioso obiettivo di crescita del 5% per il nuovo anno. La maggior parte dei governi provinciali, che a gennaio e febbraio riuniscono anche le due assemblee locali, hanno proclamato obiettivi di crescita simili, con una media ponderata del 5,4% – in leggero calo rispetto al 5,6% del 2023. Il governo centrale in genere fissa un obiettivo leggermente inferiore, poiché svolge un ruolo maggiore nel bilanciare la crescita economica con altre priorità politiche. Quest’anno, solo Pechino, Liaoning, Tianjin e Zhejiang hanno rivisto al rialzo i loro obiettivi, il che riflette meglio il desiderio del governo centrale di privilegiare la qualità rispetto alla quantità quando si tratta di sviluppo.

Rispetto allo scorso anno, un obiettivo di crescita di circa il 5% rimane relativamente ambizioso, soprattutto se si considera la lentezza della ripresa cinese post-Covida, le difficoltà del settore immobiliare, la ricorrente deflazione e il calo della fiducia di imprese e consumatori. Questo obiettivo indicherebbe un focus tattico sul ripristino della fiducia e della spesa. Un obiettivo più basso, intorno al 4,5%, suggerirebbe una maggiore attenzione ai programmi di regolamentazione e potrebbe destabilizzare le imprese e i mercati, mentre un obiettivo più alto, intorno al 5,5%, rafforzerebbe le aspettative di ripresa.

Rispetto all’anno scorso, un obiettivo di crescita di circa il 5% rimane relativamente ambizioso, soprattutto se si considera la lentezza della ripresa cinese post-Covida.
NEIL THOMAS, JING QIAN
4 – Un obiettivo di deficit: misure di stimolo limitate e maggiore enfasi sulle imprese statali
È improbabile che vengano adottate misure di stimolo in stile bazooka. Xi è determinato ad allontanare l’economia da un modello di crescita basato su un debito rischioso e ancorato al mercato immobiliare, e il Paese è ben lontano da un collasso che potrebbe travolgere il sofisticato apparato di sicurezza interna del Partito. In un discorso tenuto a Davos il 16 gennaio11, Li Qiang ha lasciato intendere che non ci saranno “potenti stimoli” come la crisi finanziaria del 2008 o il crollo del mercato azionario del 2015.

Des officiers militaires chinois arrivent au Grand Hall du Peuple pour assister à une session préparatoire de l’Assemblée populaire nationale (APN) à Pékin, le lundi 4 mars 2024. © AP Photo/Andy Wong
Sono previste misure di stimolo, ma probabilmente saranno moderate rispetto al rallentamento dell’economia cinese. L’anno scorso, Li Keqiang ha annunciato un obiettivo del 3% del PIL, tradizionalmente considerato un limite massimo, ma il CPANP ha rivisto questo obiettivo al 3,8% in ottobre, emettendo 1.000 miliardi di RMB di buoni del tesoro speciali per sostenere la crescita attraverso gli aiuti per i disastri. Li Qiang ha annunciato un rapporto deficit/PIL del 3% per il 2024.Ma l’obiettivo di crescita del PIL del 5% per quest’anno richiederà ulteriori stimoli fiscali o monetari. Il ministro delle Finanze Lan Fo’an ha già dichiarato che la spesa fiscale aumenterà quest’anno e che le emissioni obbligazionarie dell’anno scorso saranno rinviate. Pechino potrebbe fornire un ulteriore sostegno fiscale12 nel corso dell’anno attraverso circa 1.000 miliardi di yuan di obbligazioni speciali del Tesoro e 4.000 miliardi di yuan di obbligazioni speciali per gli investimenti in infrastrutture locali.L’attuale rallentamento strutturale del settore immobiliare, dovuto al calo della domanda, continuerà a turbare il mercato immobiliare e la salute finanziaria delle amministrazioni locali.
NEIL THOMAS, JING QIAN
L’attuale rallentamento strutturale del settore immobiliare, dovuto al calo della domanda, continuerà a sconvolgere il mercato immobiliare e la salute finanziaria delle amministrazioni locali. In risposta, ci si aspetta che Pechino faccia sempre più affidamento sulle imprese statali (SOE) per assorbire i debiti e completare i progetti incompiuti dei costruttori immobiliari in difficoltà. Inoltre, è probabile che la costruzione di alloggi a prezzi più accessibili diventi una priorità ancora più alta. Un altro punto da tenere d’occhio, che indicherà se una maggiore liquidità nel settore immobiliare sarà all’ordine del giorno, è se Li Qiang supererà il mantra secondo cui “le case sono per viverci, non per speculare”.L’accentramento del potere da parte di Xi rende improbabili riforme strutturali volte a rafforzare la capacità fiscale dei governi locali, anche se questo è il modo più efficace per ridurre la loro dipendenza dalle entrate immobiliari e porre rimedio alla loro disastrosa situazione finanziaria. È probabile invece che Pechino si concentri su soluzioni per ripianare i debiti locali esistenti, come l’eliminazione graduale delle politiche di taglio delle tasse dell’era Covid, l’ulteriore centralizzazione dei sistemi pensionistici a livello provinciale, l’emissione di un maggior numero di obbligazioni per ristrutturare il debito dei meccanismi di finanziamento dei governi locali e l’eventuale introduzione di un sistema di sovvenzioni in conto capitale per le province più povere. Tuttavia, è probabile che queste misure positive siano accompagnate da un maggiore controllo dei funzionari locali nelle province più povere, con conseguenti epurazioni anticorruzione e un’attuazione disomogenea delle politiche nelle varie province.

5 – Tecnologia e politica industriale: le “nuove forze produttive
È probabile che il rapporto faccia eco alla strategia di Xi di favorire una politica industriale tecnologica e manifatturiera guidata dal Partito rispetto alle riforme guidate dal mercato per affrontare le sfide economiche della Cina. Il 31 gennaio Xi Jinping ha presieduto una sessione di studio dell’Ufficio politico incentrata sull'”accelerazione dello sviluppo” delle “nuove forze produttive”, un concetto introdotto a settembre durante un tour di ispezione nello Heilongjiang. Xi ha dichiarato che lo sviluppo delle nuove forze produttive è “un requisito intrinseco e un asse importante per promuovere uno sviluppo di alta qualità”, il che riassume il suo approccio economico emblematico e indica che in futuro potrebbero occupare un posto importante nella definizione delle politiche. Gli esperti selezionati per condividere con Li Qiang il loro punto di vista sul progetto RTG durante l’incontro del 23 gennaio erano principalmente tecnologi, tra cui Robin Li, CEO di Baidu, Yan Jianwen, presidente di un’azienda di produzione intelligente, e Wang Chunfa, un’autorità in materia di politica dell’innovazione.

Secondo Xi, le nuove forze produttive sono quelle in cui “l’innovazione gioca un ruolo di primo piano” e il “principale indicatore” del loro successo è “un aumento significativo della produttività totale dei fattori”. La crescita della produttività cinese, e in particolare il suo differenziale di produttività rispetto agli Stati Uniti, è diminuita notevolmente negli ultimi anni, a causa della crescita dello Stato e della riduzione del settore privato. Se l’innovazione riuscirà a invertire questa tendenza, aiuterà Pechino ad affrontare sfide economiche come il debito, la demografia e le restrizioni occidentali al commercio e agli investimenti. I massicci investimenti nello sviluppo di tecnologie più avanzate contribuiranno ad aumentare la produttività totale dei fattori, incrementando il valore aggiunto del capitale e del lavoro. Ma è improbabile che possano risolvere i problemi strutturali, ripristinare la fiducia e rilanciare la crescita a un livello vicino a quello che sarebbe possibile con un approccio più orientato al mercato.

Il 31 gennaio Xi Jinping ha presieduto una sessione di studio dell’Ufficio politico incentrata sull'”accelerazione dello sviluppo” delle “nuove forze produttive”, un concetto che ha introdotto durante un tour di ispezione nello Heilongjiang a settembre.
NEIL THOMAS, JING QIAN
Il rallentamento della crescita globale e il dirigismo di Xi verso i mercati, il denaro e l’innovazione hanno una chiara conseguenza: i segnali politici stanno diventando sempre più cruciali per le imprese e gli investitori. Il 19 febbraio13 Xi Jinping ha dichiarato alla potente Commissione per l’approfondimento delle riforme che il Partito deve concentrarsi su “cosa deve fare l’innovazione, chi deve organizzare l’innovazione e come sostenere, incoraggiare e proteggere l’innovazione”. I suoi recenti discorsi suggeriscono che investire in nuove forze produttive significa un maggiore sostegno politico alla modernizzazione delle vecchie industrie e alla costruzione di nuove, tra cui l’industria manifatturiera avanzata, la tecnologia agricola, l’intelligenza artificiale, la biotecnologia, l’aviazione commerciale, il digitale, i droni, la tecnologia verde, le scienze della vita, l’informatica quantistica e il capitale di rischio. In occasione di un incontro con economisti giapponesi il 25 gennaio14, Li Qiang ha dichiarato che l’economia digitale, le industrie verdi, la sanità e l’assistenza agli anziani sono settori particolarmente graditi agli investimenti stranieri.

6 – Politica estera: priorità alla stabilità tra Stati Uniti e Cina?
È improbabile che Li Qiang annunci cambiamenti sostanziali alla politica estera cinese, che viene decisa principalmente dalle istituzioni del Partito, dominate da Xi. La sua relazione sulla politica estera riprenderà probabilmente i temi della Conferenza centrale sugli affari esteri15 tenutasi a dicembre. L’autorevole verbale di tale riunione ha fornito la più forte articolazione della strategia diplomatica emergente della Cina per contrastare la leadership degli Stati Uniti, allineandosi con il Sud globale su linee di faglia come il cambiamento climatico, il libero commercio o la Palestina. Questa posizione riflette la crescente sensazione di Pechino di poter sfruttare le crescenti divisioni in Occidente, dall’Ucraina a Gaza, nonché la possibilità di una nuova presidenza di Donald Trump negli Stati Uniti.

Des hôtesses se préparent à verser du thé avant la session d’ouverture de la Conférence consultative politique du peuple chinois dans le Grand Hall du peuple à Pékin, le lundi 4 mars 2024. © AP Photo/Ng Han Guan

Il 7 marzo, il ministro degli Esteri – chiunque sia in quel momento – terrà una conferenza stampa annuale sulle priorità della politica estera cinese per il 2024. Alla conferenza dello scorso anno, tenutasi poche settimane dopo l'”incidente del palloncino” che ha fatto deragliare le relazioni tra Stati Uniti e Cina, l’ex ministro Qin Gang (poi scomparso dalla scena pubblica l’estate scorsa e licenziato senza spiegazioni) ha criticato l’appello del presidente statunitense Joe Biden a “salvaguardare” la gestione della diplomazia bilaterale. Ora, dopo la fragile stabilizzazione raggiunta al vertice di Woodside lo scorso novembre, qualsiasi commento sulle “salvaguardie” potrebbe riflettere l’attuale disposizione di Xi verso i gruppi di lavoro bilaterali e i meccanismi di controllo delle crisi, e quindi le loro prospettive di successo. È probabile che quest’anno Xi dia priorità alla stabilità per migliorare la fiducia delle imprese in vista delle elezioni americane. Li Qiang incontrerà il presidente della Camera di commercio statunitense il 28 febbraio16 e il vicepresidente Han Zheng sarà l’ospite d’onore di una cena organizzata da AmCham China, la Camera di commercio statunitense in Cina.

È improbabile che Li Qiang annunci cambiamenti importanti nella politica estera cinese, che è decisa principalmente dalle istituzioni del Partito, dominate da Xi.
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Li Qiang dovrebbe anche ripetere le formule standard sulla politica di difesa, come il raggiungimento di alcuni obiettivi di modernizzazione entro il centenario dell’Esercito Popolare di Liberazione (PLA) nel 2027, una fase di una più ampia trasformazione le cui principali scansioni sono posizionate nel 2035 e nel 2049. I rapporti sul bilancio riveleranno anche la spesa prevista da Pechino per la difesa nazionale, che si prevede continuerà ad aumentare. L’anno scorso, il budget militare annunciato era di 1.550 miliardi di yuan, con un aumento del 7,2% rispetto ai 1.450 miliardi di yuan previsti per il 2022. Tuttavia, questi dati di crescita devono essere interpretati con cautela17 , soprattutto se confrontati con i dati del PIL, in quanto rappresentano aumenti nominali piuttosto che reali. Quest’anno, Li ha annunciato che il bilancio militare raggiungerà i 1.660 miliardi di yuan (231 miliardi di dollari) – un aumento del 7,2%, come l’anno scorso.

7 – Taiwan e Hong Kong: verso una graduale escalation?
Le posizioni di Pechino su Taiwan e Hong Kong stanno attirando l’attenzione, ma è improbabile che si verifichino cambiamenti politici significativi. Il rapporto include ancora alcune righe su questi argomenti, ma gli analisti dovrebbero essere cauti prima di diagnosticare grandi cambiamenti politici, poiché è più probabile che provengano da Xi. Nel 2020, ad esempio, l’ex premier Li Keqiang ha omesso la parola “pacifico” quando si è riferito al desiderio di Pechino di “riunificare” Taiwan – un allontanamento dalla frase abituale, che alcuni media hanno interpretato come un segnale di “imminente” aggressione. Tuttavia, questa parte del rapporto è stata abbreviata per tenere conto della discussione su Covid-19, e altri funzionari si sono affrettati a ribadire la preferenza di Pechino per la “riunificazione pacifica”.

L’aspetto più interessante da osservare quest’anno è se il rapporto del governo e il CPPCC si impegneranno a “combattere” piuttosto che semplicemente a “opporsi” o a “limitare” l’indipendenza di Taiwan. L’ideologo Wang Huning, anche lui membro del Comitato permanente dell’Ufficio politico, ha usato per la prima volta questo linguaggio in occasione di una conferenza annuale su Taiwan il 23 febbraio18, anche se funzionari di livello inferiore avevano già usato questa espressione negli anni precedenti. Il termine “combattimento” suggerirebbe un maggiore impegno nel dispiegare intimidazioni militari e sanzioni economiche per dissuadere il nuovo presidente di Taiwan, Lai Ching-te, dal cercare una maggiore autonomia dalla Cina continentale.

La cosa più interessante da osservare quest’anno è se il rapporto del governo e il CPPCC si impegneranno a “combattere” piuttosto che semplicemente a “opporsi” o a “contenere” l’indipendenza di Taiwan. Wang Huning ha usato questo linguaggio per la prima volta il 23 febbraio.
NEIL THOMAS, JING QIAN
8 – Altri punti politici da tenere d’occhio
Il rapporto include una sezione sulla protezione sociale, che sta diventando sempre più importante per la legittimità politica, dato che la crescita rallenta e il rischio di instabilità sociale aumenta, come evidenziato nel rapporto di Asia Society China 2024: What to Watch. Come l’anno scorso, la GTR dovrebbe puntare a circa 12 milioni di nuovi posti di lavoro urbani e a un tasso di disoccupazione urbana non superiore al 5,5%, ponendo maggiore enfasi sulla disoccupazione giovanile e sull’assicurazione contro la disoccupazione per i lavoratori migranti. Il governo dovrebbe inoltre rispondere alle sfide socio-economiche poste dall’invecchiamento della popolazione, aumentando il sostegno alla cura dei bambini e degli anziani.

Il rapporto comprende anche una sezione sulla politica ambientale e climatica, ma anche in questo caso è improbabile che vengano fatti nuovi annunci importanti. È possibile che venga data maggiore enfasi alle tecnologie verdi come l’energia solare, le batterie e i veicoli elettrici – i “tre nuovi settori” che potrebbero diventare importanti motori di crescita. Tuttavia, sebbene la capacità di produzione di energia pulita stia crescendo a un ritmo costante, la Cina è ancora lontana dal raggiungere gli obiettivi di riduzione dell’intensità energetica e delle emissioni di carbonio fissati per il 2025. Sarà interessante vedere se il discorso di Li Qiang indicherà che Pechino è ancora determinata a fare il necessario per raggiungere questi obiettivi nel contesto di una traiettoria economica più impegnativa.

Des membres de l’orchestre militaire chinois répètent, un jour avant la session d’ouverture de la Conférence consultative politique du peuple chinois dans le Grand Hall du peuple à Pékin, le lundi 4 mars 2024. © AP Photo/Ng Han Guan

L’NPC ascolterà anche i rapporti annuali della Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme (NDRC) sullo sviluppo economico e sociale e del Ministero delle Finanze (MOF) sui bilanci centrali e locali, nonché i rapporti di lavoro del Comitato permanente dell’NPC (NPCSC), della Corte suprema del popolo (SPC) e della Procura suprema del popolo (SPP). Si terranno inoltre le deliberazioni finali sulla prima revisione della Legge organica del Consiglio per gli Affari di Stato adottata nel 1980, che modificherà l’organizzazione del Consiglio in modo da rafforzare il controllo e il potere dell’Anp.

Per quanto riguarda la dimensione ambientale, è possibile che l’attenzione si concentri sulle tecnologie verdi come l’energia solare, le batterie e i veicoli elettrici – i “tre nuovi settori” che potrebbero diventare importanti motori di crescita per l’economia cinese.
NEIL THOMAS, JING QIAN
Il rapporto di lavoro del CPANP fornirà indizi su quali punti del suo piano legislativo quinquennale19 saranno inclusi nel piano legislativo annuale che pubblicherà ad aprile. Tra le leggi in sospeso relative alla politica economica e alle operazioni commerciali che la CPANP potrebbe considerare prioritarie quest’anno vi sono la legge sull’imposta sui consumi, la legge sulla stabilità finanziaria, la legge sulle controversie di interesse pubblico, la legge sulle tariffe doganali e la legge sull’imposta sul valore aggiunto, nonché le revisioni della legge sulla contabilità, della legge contro la concorrenza sleale, della legge sulle dogane, della legge sul fallimento delle imprese, della legge sul commercio estero e della legge sulle assicurazioni.

COSA FARÀ LA XI?
Le Due Sessioni sono uno dei pochi eventi politici in Cina in cui Xi non è in prima linea. I riflettori saranno teoricamente puntati sul premier Li Qiang, sul presidente dell’ANP Zhao Leji e sul presidente del CPPCC Wang Huning. Le foto di questi luogotenenti adorneranno la prima pagina del Quotidiano del Popolo, l’organo ufficiale del Partito, ma il giornale continuerà a seguire ogni mossa di Xi, offrendo servizi dietro le quinte che spesso rivelano più dei resoconti principali delle sue attività.

9 – I commenti di Xi: grandi temi politici
I contributi più importanti di Xi durante le Due Sessioni sono i discorsi che fa alle delegazioni provinciali dell’ANP e ai gruppi settoriali della CPPCC, la Conferenza consultiva politica del popolo cinese. Nel 2023 si è rivolto ai delegati dell’Anp del Jiangsu, una riunione congiunta di due gruppi del CPPCC, l’Associazione per la costruzione democratica della Cina (ADCC) e la Federazione nazionale dell’industria e del commercio cinese (NFICC), oltre che ai delegati del PLA, l’Esercito popolare di liberazione, e della Polizia armata del popolo dell’Anp. Xi si rivolge sempre a questo contingente militare, ma in genere visita province e settori diversi da un anno all’altro.

Le Due Sessioni sono uno dei pochi eventi politici in Cina in cui Xi non è in primo piano.
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Questi interventi spesso riflettono o prefigurano temi chiave della politica nazionale. L’anno scorso, ad esempio, Xi ha detto ai delegati del Jiangsu20 che “la chiave per diventare una moderna potenza socialista come previsto è l’autosufficienza tecnologica e l’auto-miglioramento”. Un aneddoto21 ha rivelato che ha aggiunto: “Non dobbiamo mai intraprendere la strada dell’urgenza per ottenere risultati, prosciugare lo stagno per catturare i pesci e preoccuparci solo del PIL”. Alla riunione FNICC-ACDC22 , Xi ha affermato che “i Paesi occidentali, guidati dagli Stati Uniti, hanno attuato il contenimento, l’accerchiamento e la repressione contro la Cina”.

Questi commenti indicano politiche interne che privilegiano la sicurezza rispetto alla crescita e politiche estere che enfatizzano i legami con la Russia e il Sud globale. Tuttavia, è più difficile prevedere il quadro e i messaggi delle attività di Xi rispetto a quelli del rapporto di lavoro del governo. Un punto da tenere d’occhio è se Xi visiterà la delegazione dell’ANP nello Hunan, dove il segretario locale del partito ha recentemente lanciato23 una “grande campagna di discussione per emancipare la mente”, che ha generato un notevole – ma probabilmente ingiustificato24 – clamore mediatico su una revisione della politica economica.

10 – Risultati del voto dell’ANP: una misura del dominio di Xi
Anche la presa di Xi sul Partito sarà attentamente monitorata. L’ANP ha approvato tutto ciò che è stato messo ai voti, ma i margini di approvazione non sono unanimi, poiché il cosiddetto voto anonimo incoraggia alcuni delegati a esprimere la propria insoddisfazione nei confronti di determinate politiche o funzionari votando “no” o astenendosi. Nel marzo 2013, ad esempio, dopo che l’inquinamento atmosferico aveva raggiunto livelli record a Pechino, solo il 67% dei delegati ha approvato la lista di nomi per il nuovo comitato ambientale dell’Anp.

La media annuale dei voti25 dell’NPC a favore del RTG, del rapporto sullo sviluppo della NDRC (la Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme), del rapporto sul bilancio del Ministero delle Finanze e dei rapporti di lavoro del Comitato permanente dell’NPC (NPCSC), della Corte Suprema del Popolo (SPC) e della Procura Suprema del Popolo (SPP) è salita da un minimo dell’85,3% nel 2013, poco prima che Xi diventasse presidente, a un massimo del 98,6% nel 2023, due decenni dopo. Il fatto che un numero maggiore di delegati scelga o si senta obbligato ad approvare ogni mossa di Pechino dimostra la maggiore presa di Xi sul potere rispetto ai suoi predecessori. È probabile che anche quest’anno le votazioni siano quasi unanimi, ma il malessere economico solleva la possibilità di voti di protesta che potrebbero scuotere la facciata di invincibilità di Xi. Questo è un altro punto delicato da tenere d’occhio.

Il fatto che un numero maggiore di delegati scelga o si senta obbligato ad approvare ogni mossa di Pechino dimostra la maggiore presa di Xi sul potere rispetto ai suoi predecessori.
NEIL THOMAS, JING QIAN
11 – La conferenza stampa del primo ministro: conoscere Li Qiang
Al termine delle Due Sessioni, Li Qiang avrebbe dovuto tenere la sua seconda conferenza stampa annuale come Primo Ministro, seguendo una tradizione iniziata da Li Peng nel 1991 e formalizzata da Zhu Rongji nel 1998. Ma Pechino l’ha cancellata del tutto.

L’anno scorso, Li Qiang ha spiegato26 che Pechino riteneva di poter gestire le ricadute sociali del rallentamento della crescita perseguendo altre priorità politiche, affermando che “la maggior parte delle persone non è interessata alla crescita quotidiana del PIL, ma piuttosto alla casa, all’occupazione, al reddito, all’istruzione, all’assistenza medica, all’ambiente e ad altre cose concrete che le circondano”. Con un tono più sovversivo, Li Keqiang ha usato la sua famosa conferenza stampa del 202027, l’ultimo anno della guerra di Xi alla povertà, per dichiarare che 600 milioni di cinesi guadagnavano ancora solo circa 1.000 yuan al mese (140 dollari). Nella sua ultima conferenza stampa del 2012528, Wen Jiabao ha chiesto di approfondire la “riforma strutturale politica”. Quest’anno, quindi, non sentiremo il Primo Ministro cinese parlare in questo modo.

Le Premier ministre chinois Li Qiang boit pendant qu’il présente son rapport de travail lors de la session d’ouverture de l’Assemblée Nationale Populaire (ANP) au Grand Hall du Peuple à Pékin, Chine, mardi 5 mars 2024.© AP Photo/Andy Wong

12 – Copertura di leader e delegati: politica d’élite e relazioni tra Stato e società
Altri punti di vigilanza politica riguardano il profilo dei principali luogotenenti di Xi. Il suo capo di gabinetto, Cai Qi, avrà un ruolo di primo piano nella copertura ufficiale, a differenza dei precedenti congressi? Se così fosse, ciò confermerebbe il crescente favore di cui gode come “vice segretario generale” informale di Xi. Li Qiang riceverà più spazio sul Quotidiano del Popolo rispetto a Li Keqiang? Se sì, questo indicherebbe che gode di maggiore fiducia politica e di un campo d’azione più ampio rispetto al suo predecessore. Lo stesso varrà per Zhao Leji o Wang Huning?

Cai Qi, il capo dello staff di Xi Jinping, avrà un ruolo di primo piano nella copertura ufficiale, a differenza dei precedenti congressi? Se così fosse, ciò confermerebbe il crescente favore di cui gode come “vice segretario generale” informale di Xi.
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Più in basso nella gerarchia politica, seguire i delegati e le proposte avanzate dai media del partito dà una buona indicazione delle questioni che il partito vuole far conoscere all’opinione pubblica, sia per affermare la propria legittimità sia per evidenziare le aree prioritarie per le politiche future. Alcune proposte di legge presentate dai delegati possono persino influenzare la direzione e il ritmo dell’agenda legislativa dell’ANP29. Negli ultimi anni, i temi più gettonati sono stati il rafforzamento della tutela ambientale, la possibilità di creare una famiglia a prezzi più accessibili e la creazione di posti di lavoro per i laureati. Queste priorità riflettono la continua, seppur limitata, interazione tra Stato e società in Cina: lo Stato continua a monitorare le principali fonti di insoddisfazione della società e cerca di rispondervi.

RISORSE UMANE: UN RITORNO ALLA NORMALITÀ NEI MINISTERI DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA DIFESA?
L’inizio dello scorso anno ha visto il completamento del trionfo politico di Xi iniziato al 20° Congresso del Partito nell’ottobre 2022: la selezione di una lista di fedelissimi per le posizioni di leadership nell’Anp, nel Pcc e nel Consiglio per gli Affari di Stato era stata assicurata prima e durante le Due Sessioni del marzo 202330.

Ma alcune di queste scelte si sono presto rivelate sconsiderate. Qin Gang è stato destituito da ministro degli Esteri a luglio e si è dimesso da delegato dell’Anp il 27 febbraio31, presumibilmente a causa di indiscrezioni personali quando era ambasciatore negli Stati Uniti. Li Shangfu è stato destituito da ministro della Difesa a ottobre, in seguito a notizie che lo vedevano indagato per corruzione. Entrambi sono stati contemporaneamente rimossi dai loro incarichi di Consiglieri per gli Affari di Stato, una posizione di alto livello che li collocava tra le poche decine di leader della Cina.

Pechino dovrebbe approfittare delle Due Sessioni per completare la transizione ai loro successori. L’approvazione delle decisioni sul personale nella sessione annuale dell’NPC, composta da 2.977 membri, anziché nella riunione bimestrale del Comitato permanente dell’NPC (NPCSC), composto da 175 membri, che ha poteri simili in materia di personale, conferisce un’ulteriore patina di legittimità a questi cambiamenti inattesi.

12 – Un nuovo ministro degli Esteri?
Liu Jianchao è il chiaro favorito per diventare il nuovo ministro degli Esteri cinese. Liu è attualmente direttore a livello ministeriale del dipartimento internazionale del partito, che si occupa delle relazioni tra le parti piuttosto che tra gli Stati. Diplomatico esperto, è stato viceministro degli Esteri, capo della lotta alla corruzione all’estero di Xi, capo della disciplina della base di potere di Xi nella provincia di Zhejiang e vicedirettore dell’Ufficio centrale degli Esteri (CFO) del partito sotto Xi. Tra gli altri candidati figurano Ma Zhaoxu, viceministro esecutivo degli Affari esteri, che ha recentemente rappresentato la Cina alla riunione dei ministri degli Esteri del G20, e Liu Haixing, ex diplomatico e vice direttore esecutivo della Commissione centrale per la sicurezza nazionale.

Liu Jianchao è il favorito per diventare il nuovo ministro degli Esteri cinese.
NEIL THOMAS, JING QIAN
Liu è l’unico diplomatico di livello ministeriale attivo all’interno del Comitato centrale e il suo fitto programma di viaggi diplomatici ad alto livello fa pensare che sia stato messo alla prova per la promozione. A gennaio, ha guidato una delegazione insolitamente variegata di diplomatici, economisti e funzionari provinciali negli Stati Uniti, dove ha incontrato il Segretario di Stato Antony Blinken e una vasta gamma di funzionari, dirigenti e accademici. Liu è un diplomatico di talento e un inglese sofisticato, capace di difendere gli interessi della Cina senza alienarsi gli interlocutori. Potrebbe aiutare Xi a stabilizzare le relazioni con l’Occidente e a riparare alcuni dei danni causati dalla diplomazia aggressiva dei “lupi di guerra”.

Ma Liu potrebbe non essere trattenuto. Wang Yi, il numero uno della diplomazia cinese, che fa parte dell’Ufficio politico del Partito composto da 24 persone e che è a capo del CFAO, ha sostituito Qin come ministro degli Esteri lo scorso luglio, assumendo il ruolo che ha ricoperto dal marzo 2013 al dicembre 2022. Wang è ampiamente visto come un custode, dato che ricopre un’altra posizione di alto livello, ma ora domina lo spazio della politica diplomatica sotto Xi, portando alcuni a Pechino a ipotizzare che possa mantenere il suo ruolo.

Se Liu diventerà ministro degli Esteri, ci si chiede se diventerà anche consigliere per gli Affari di Stato. In tal caso, sarebbe l’erede di Wang come diplomatico di punta dopo il 21° Congresso del Partito nel 2027 e avrebbe più voce in capitolo nel processo decisionale. In caso contrario, rimarrebbe ben al di sotto di Wang nella gerarchia e potrebbe ricorrere a politiche più bellicose per cercare di impressionare Xi.

Se Liu diventerà ministro degli Esteri, la domanda è se diventerà anche consigliere di Stato. In tal caso, sarebbe l’erede designato di Wang.
NEIL THOMAS, JING QIAN
13 – Nuove promozioni per il nuovo ministro della Difesa?
Dong Jun ha sostituito Li Shangfu come Ministro della Difesa a dicembre. Si prevede che l’Assemblea Nazionale del Popolo lo promuova alla carica di Consigliere per gli Affari di Stato e alla Commissione Militare Centrale di Stato (CMC), che è la controparte dell’omonimo organo del Partito, identico ma più autoritario. Dong è membro del Comitato centrale, ma dovrà attendere la terza sessione plenaria per poter entrare nella CMC del Partito.

Dong è comandante della Marina dell’Esercito Popolare di Liberazione (PLA) dall’agosto 2021. È il primo ufficiale di marina a ricoprire la carica di ministro della Difesa, una novità assoluta per la marina sotto Xi e uno dei tanti segnali della crescente enfasi di Pechino sul potere marittimo. Dong ha anche esperienza di comando in aree sensibili come il Mar Cinese Orientale e il Mar Cinese Meridionale, a testimonianza dell’importanza che Xi attribuisce all’avanzamento delle rivendicazioni marittime di Pechino in queste aree.

Le personnel de sécurité enlève une protection contre la pluie pour les marches du Grand Hall du Peuple avant la session d’ouverture de l’Assemblée populaire nationale (APN) à Pékin, Chine, mardi 5 mars 2024. © AP Photo/Ng Han Guan

14 – Nuovi consiglieri per gli Affari di Stato?
Dong è il principale diplomatico militare cinese, mentre Liu sarebbe il principale interlocutore della Cina con i governi stranieri. Dare loro gli stessi ruoli e poteri dei loro predecessori aiuterebbe Pechino a migliorare il suo profilo internazionale in un momento di grande incertezza economica e di conflitti geopolitici. Se né Dong né Liu diventeranno Consiglieri di Stato, ciò potrebbe segnalare un maggior grado di sfiducia e paralisi al centro della leadership di Xi e prospettive peggiori per i tentativi della Cina di gestire le tensioni con l’Occidente e guidare il Sud globale.

Se né Dong né Liu diventeranno Consiglieri per gli Affari di Stato, ciò potrebbe indicare un maggior grado di sfiducia e paralisi al centro della leadership di Xi.
NEIL THOMAS, JING QIAN
15 – Altri rimpasti?
Secondo alcune voci, Wang Qingxian, governatore dell’Anhui, potrebbe sostituire Sun Yeli come direttore dell’Ufficio informazioni del Consiglio di Stato, la principale agenzia di propaganda esterna del Partito. Wang è un ex giornalista che ha lavorato con diversi collaboratori di Xi nello Shanxi e nello Shandong. La sua nomina, che segue gli appelli di Xi a migliorare la propaganda economica, darebbe maggior peso all’idea che Xi consideri le difficoltà del mercato cinese soprattutto un problema di discorso. Meng Fanli, segretario del partito della città di Shenzhen, potrebbe succedere a Wang nell’Anhui.

Un’altra voce sostiene che la leadership del Ministero dell’Ecologia e dell’Ambiente (MEE) potrebbe essere rinnovata per la prima volta dall’aprile 2020. Questa idea è più speculativa, poiché il segretario del partito Sun Jinlong e il ministro Huang Runqiu sono entrambi ben al di sotto dell’età di pensionamento ministeriale di 65 anni. Tuttavia, Sun era legato alla fazione ormai decimata della Lega della Gioventù Comunista e Huang non è un membro del Partito Comunista, quindi Xi potrebbe volerli sostituire con alleati politici più stretti. Un’altra possibilità è la sostituzione del ministro dei trasporti Li Xiaopeng – figlio dell’ex premier Li Peng – che compie 65 anni a giugno e ricopre la carica dal 2016.

SOURCES
  1. 李强主持召开国务院第三次全体会议
  2. Xi Signals More Growth but Same Strategy at China’s Central Economic Work Conference | Asia Society
  3. 中共中央政治局召开会议讨论政府工作报告中共中央总书记习近平主持会议
  4. 李强主持召开国务院第三次全体会议
  5. 李强主持召开国务院常务会议–新闻报道
  6. Neil Thomas, Xi Jinping Is Trying to Adapt to FailureForeign Policy, 24 juillet 2023.
  7. 中央政治局委员书记处书记全国人大常委会国务院全国政协党组成员最高人民法院最高人民检察院党组书记向党中央和习近平总书记述职
  8. 习近平主持召开中央财经委员会第四次会议强调推动新一轮大规模设备更新和消费品以旧换新有效降低全社会物流成本
  9. China’s Economy Ahead of the Third Plenum : The End of the “China Miracle” ? | Asia Society
  10. Through the Looking Glass : China’s 2023 GDP and the Year Ahead | Rhodium Group
  11. 李强在世界经济论坛2024年年会开幕式上的特别致辞(全文)-新华网
  12. China’s ‘two sessions’ 2024 : have new pressures already fractured last year’s economic model ?
  13. 习近平主持召开中央全面深化改革委员会第四次会议
  14. 李强会见日本经济界访华团
  15. China’s Central Foreign Affairs Work Conference : Implications for PRC Foreign Policy | German Marshall Fund of the United States
  16. 李强会见美国商会访华团-新华网
  17. What Does China Really Spend on its Military ? | ChinaPower Project
  18. 2024年对台工作会议在京召开
  19. 十四届全国人大常委会立法规划14th NPCSC Legislative Plan – 维基文库,自由的图书馆
  20. 牢牢把握高质量发展这个首要任务
  21. “我常说两个必保”(两会现场观察)
  22. 正确引导民营经济健康发展高质量发展
  23. 中共湖南省委关于在全省开展解放思想大讨论活动的通知
  24. Lire plus
  25. Xi Jinping is gaining support from Party elites, the numbers say
  26. 李强总理出席记者会并回答中外记者提问__中国政府网
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CRÉDITS
Cette étude a été produite par Asia Society. En plus des auteurs, les experts Taylah Bland, Andrew Chubb, G.A. Donovan, Jie Gao, Bates Gill, Bert Hofman, Lizzi C. Lee, Li Shuo, Kate Logan, Lyle Morris, Haolan Wang, Shengyu Wang, Guoguang Wu, Gavin Xu, Hongjia Yang et Yifan Zhang y ont également contribué. Nous remercions Philippe Le Corre pour la mise en relation.

 

Mantenere la posizione predominante della sicurezza politica, di Office of the Central National Security Commission (of China)

Mantenere la posizione predominante della sicurezza politica
坚持把政治安全放在首要位置Introduzione
Per la prima generazione di leader comunisti cinesi, la rivoluzione ha significato un battesimo del fumo e della polvere da sparo. Il loro percorso verso il potere politico si snodava attraverso campi di battaglia e celle di prigione disseminate di corpi di compagni morti. Solo per un pelo il loro partito sfuggì all’annientamento totale. Decenni trascorsi all’ombra della morte hanno instillato nella psiche dei quadri sopravvissuti un’acuta consapevolezza del pericolo. Né il potere politico né la vittoria sul campo di battaglia hanno mai placato questo senso di minaccia. Tuttavia, la conquista del potere da parte del Partito cambiò il pericolo che i suoi leader percepivano come più minaccioso. Mao Zedong avrebbe etichettato questo pericolo come la minaccia dell'”evoluzione pacifica“.1 Sebbene gli avvertimenti sull‘evoluzione pacifica vengano ancora lanciati, i documenti di partito contemporanei, come il materiale tradotto presentato di seguito, inquadrano più spesso il pericolo in termini di “sicurezza politica” [政治安全].2 Entrambe le espressioni esprimono il timore che potenze straniere ostili cerchino di far leva sul dissenso in Cina per sovvertire o rovesciare il governo comunista del Paese.

Di seguito viene tradotta un’autorevole discussione su questa minaccia, così come la percepiscono i leader del Partito. È stata pubblicata originariamente come sesto capitolo di The Total National Security Paradigm: A Study Outline 《总体国家安全观学习纲要》a, un libro di testo di 150 pagine creato congiuntamente dall’Ufficio della Commissione Centrale per la Sicurezza Nazionale e dal Dipartimento Centrale della Propaganda del Partito Comunista Cinese. Il testo è stato pubblicato il 14 aprile 2022 e successivamente distribuito ai comitati di partito a tutti i livelli amministrativi come “un importante e autorevole testo ausiliario per l’ampia massa di quadri” da includere nelle loro sessioni di studio di gruppo3. Pubblicato poco dopo la creazione della Strategia di sicurezza nazionale della RPC [国家安全战略] e in concomitanza con l’espansione burocratica del complesso di sicurezza dello Stato al livello amministrativo locale4 , il libro è stato concepito per fornire una panoramica accessibile e non classificata della dottrina di sicurezza che milioni di quadri devono ora attuare.

Al centro di queste idee c’è il paradigma della sicurezza nazionale totale, un insieme di concetti che le fonti del partito descrivono come il contributo di Xi Jinping alla teoria della sicurezza cinese. La pubblicazione del libro di testo è stata accuratamente programmata per coincidere con l’ottavo anniversario dell’incontro in cui Xi ha introdotto per la prima volta questo paradigma. In quell’incontro Xi ha istruito i quadri del partito a “prestare attenzione alla sicurezza tradizionale e non tradizionale e a costruire un sistema di sicurezza nazionale che integri elementi quali la sicurezza politica, militare, economica, culturale, sociale, scientifica e tecnologica, dell’informazione, ecologica, delle risorse e nucleare”.”Le minacce alla “sicurezza tradizionale” includono quelle che possono essere gestite con i normali mezzi militari; le “minacce alla sicurezza non tradizionale” comprendono il resto della lunga lista di Xi, che negli anni successivi si è solo allungata, con l’aggiunta di termini come “sicurezza alimentare” e “biosicurezza”. Ma non tutti i settori non tradizionali della sicurezza sono uguali. In quello stesso discorso del 2014, Xi ha informato il Partito che “la sicurezza politica è il nostro compito fondamentale”.6 Questo giudizio trova eco nella struttura del Quadro degli studi, dove è l’unico campo della sicurezza, compreso quello militare tradizionale, ad essere oggetto di un capitolo a sé stante7.

Il Sommario dello studio chiarisce perché la sicurezza politica meriti una così alta priorità. “La sicurezza politica”, si legge, “significa salvaguardare la posizione di governo e lo status di leadership del Partito Comunista Cinese e salvaguardare l’istituzione del Socialismo con Caratteristiche Cinesi”. Il manuale descrive il Socialismo con Caratteristiche Cinesi come “un sistema di istituzioni rigoroso, completo e scientifico” la cui integrità istituzionale garantisce il ritorno della Cina alla grandezza nazionale. “Se le istituzioni sono stabili, lo è anche lo Stato”. D’altra parte, se “la sicurezza politica non può essere garantita, lo Stato si disintegrerà inevitabilmente come un foglio di sabbia sciolto”.

La Guida allo studio avverte che questo “è un pericolo reale e presente”. La Cina è impegnata in una “competizione istituzionale”, il “tipo più fondamentale di competizione tra Stati”. Contro il sistema cinese sono schierate potenti “forze ostili” che “cercano persistentemente di far fermentare una ‘rivoluzione di colore’ all’interno del nostro Stato, tentando vanamente di sovvertire la leadership del Partito Comunista Cinese e le istituzioni socialiste del nostro Stato”. I membri del Partito non devono farsi ingannare da periodi di tranquillità o da momenti di distensione: queste forze ostili “non hanno mai abbandonato il loro intento sovversivo di occidentalizzare e dividere il nostro Stato. Non si riposano, nemmeno per un momento”. Nemmeno il compromesso o la concessione sono una soluzione praticabile. “Nel regno del conflitto ideologico”, si legge nello Schema di studio, “non abbiamo modo di scendere a compromessi né di ritirarci. Dobbiamo ottenere una vittoria totale”.

Il Quadro di studio considera l’ideologia come il principale campo di battaglia della competizione istituzionale: Coloro che “seminano il caos e sovvertono il potere sovrano spesso cominciano con il bucare il regno dell’ideologia e seminare il caos nei pensieri del popolo”. Il regno ideologico deve essere difeso, perché “una volta che la linea difensiva del pensiero è stata violata, è difficile che le altre linee difensive reggano”. Lo Schema di studio indica ai quadri di prestare particolare attenzione a tre ambiti in cui le linee difensive devono resistere: su Internet, nelle scuole e tra le minoranze religiose ed etniche della Cina.

In tutti e tre i settori, lo Schema di studio descrive gli eventi che gli osservatori occidentali tendono a dipingere come reazioni spontanee alla politica del governo come incidenti accuratamente orchestrati dai nemici del partito. Quando l’indignazione virale porta a proteste di massa, i quadri possono essere certi che tali eventi sono “scelti intenzionalmente, seguono un piano e sono organizzati e congegnati in anticipo” da forze ostili. Se gli studenti universitari hanno imparato a “mordere la mano che li nutre e a prendere a calci il wok che li riempie” è perché i cuori dei “nostri giovani sono il territorio per il quale le forze ostili spendono i maggiori sforzi per combattere”. Se la “coscienza etnica” dei gruppi minoritari non è “subordinata e al servizio della comune identità nazionale cinese” è perché “le forze ostili in patria e all’estero usano i problemi etnici per portare avanti attività di separatismo, infiltrazione e sabotaggio”. Sebbene la “disintegrazione del potere sovrano” possa “iniziare nel regno del pensiero”, i nemici e le armi che si affrontano in quel regno sono altrettanto pericolosi di quelli che si affrontano nel mondo più tangibile del sangue e delle pallottole.

L’affermazione di Xi Jinping secondo cui “la disintegrazione del potere sovrano spesso inizia nel regno del pensiero” rappresenta un netto contrasto con la famosa argomentazione di Mao secondo cui “il potere sovrano cresce dalla canna di un fucile”. Alla base del paradigma di sicurezza totale di Xi Jinping c’è il riconoscimento che non tutti i problemi possono essere risolti con la canna del fucile. Ma questo riconoscimento non è nuovo. Lo stesso Mao arrivò alla stessa consapevolezza quando attribuì la de-stalinizzazione dell’Europa a un sotterfugio ideologico, temendo che una combinazione simile di sabotaggio interno e pressione esterna potesse far deragliare la rivoluzione cinese. Deng Xiaoping giunse a una conclusione simile dopo la caduta del Muro di Berlino e le proteste di Piazza Tienanmen. Gli Stati Uniti e i loro alleati “sono impegnati in un’evoluzione pacifica”, dichiarò Deng. La loro strategia è quella di “condurre una guerra mondiale senza fumo né polvere da sparo”.8

I pericoli che Mao e Deng temevano nei loro anni del tramonto hanno dominato quelli della formazione di Xi. Xi Jinping non crede che la minaccia sia diminuita: l’attenzione che presta alla sicurezza politica del Partito è stata un filo conduttore del suo governo. Manuali come questo Schema di studio segnalano la sua determinazione a superare la minaccia di un’evoluzione pacifica. Sono una guida di sopravvivenza a guerre condotte senza fumo né polvere da sparo.

-GLI EDITORI

1. L’etichetta è stata ispirata dal giudizio del Segretario di Stato americano John Foster Dulles nel 1958, secondo cui “le pressioni interne sono destinate ad alterare il carattere dei regimi comunisti”, per cui la politica estera americana dovrebbe cercare di “accelerare [questa] evoluzione all’interno del blocco sino-sovietico” con mezzi pacifici: John Foster Dulles, Policy for the Far East (Stati Uniti: Dipartimento di Stato, 1958), 10-11.

Bo Yibo fornisce un resoconto interno della reazione di Mao al discorso di Dulles e della sua successiva comprensione della minaccia dell'”evoluzione pacifica”; è tradotto in inglese in Qiang Zhai, “Mao Zedong and Dulles’s ‘Peaceful Evolution’ Strategy: Revelations from Bo Yibo’s Memories”, Cold War International History Project Bulletin, numero 6/7, (inverno 1995/96), pp. 228-232.
2. L’evoluzione di queste preoccupazioni tra le epoche di Mao e Xi è tracciata da Matthew Johnson in “Safeguarding Socialism: The Origins, Evolution and Expansion of China’s Total Security Paradigm”, Sinopsis (Praga: AcaMedia z.ú., giugno 2020) e “Securitizing Culture in Post-Deng China: An Evolving National Strategic Paradigm, 1994-2014”, Propaganda in the World and Local Conflicts, 4, n. 1. Si veda anche Russel Ong, “‘Peaceful Evolution’, ‘Regime Change’ and China’s Political Security”, Journal of Contemporary China 16, numero 53 (2007), 717-727.

3. Tratto da “Zongti Guojia Anquan Xuexi Gongyao: chuban faxin 《总体国家安全观学习纲要》出版发行 [Il paradigma della sicurezza nazionale totale: Renmin Wang 人民网 [Quotidiano del popolo online], 16 aprile 2022. In cinese il passaggio recita Guǎngdà gànbù qúnzhòng xuéxí guànchè zǒngtǐ guójiā ānquán guān de zhòngyào quánwēi fǔzhù dúwù 广大干部群众学习贯彻总体国家安全观的重要权威辅助读物。
4. Per una panoramica sintetica di questi sviluppi, si veda Jude Blanchette, “The Edge of an Abyss: Xi Jinping’s Overall National Security Outlook”, China Leadership Monitor, 1 settembre 2022.

Per una discussione più ampia del paradigma della sicurezza nazionale totale, si veda anche Sheena Chesnut Greitens, “Internal Security & Chinese Strategy”, audizione su “The United States’ Strategic Competition with China” § Senate Armed Services Committee (2022); Joel Wuthnow, “Transforming China’s National Security Architecture in the Xi Era”, audizione su “CCP Decision-Making and the 20th Party Congress” § U.S. – China Economic and Security Review Commission Hearing (U.S. – China Economic and Security Review Commission), settembre 2022.China Economic and Security Review Commission Hearing (2022); Samantha Hoffman, “Programming China: the Communist Party’s autonomic approach to managing state security” (tesi di dottorato, Università di Nottingham, 2017).
5. Xi Jinping, La governance della Cina, vol. 1 (Pechino: Foreign Language Press, 2014), 221-222.‍
6. Ibidem, 222

7. Tre importanti studiosi associati a uno dei principali centri di ricerca controllati dallo Stato sul paradigma della sicurezza nazionale totale notano che i primi capitoli del manuale presentano principi generali e ampi che si applicano a tutti i campi della sicurezza; i capitoli successivi trattano applicazioni specifiche, con il capitolo sulla sicurezza politica intenzionalmente posto a capo di questa seconda sezione. Inoltre, notano che questa organizzazione del materiale è un’eco intenzionale della presentazione delle sottocomponenti del Concetto da parte dello stesso Xi Jinping, che le ha presentate in un discorso del dicembre 2021. Una traduzione in inglese di questo discorso può essere letta in Xi Jinping, Governance Of China, vol. 4 (Beijing: Foreign Language Press, 2022), 453-456.

Per le osservazioni sul manuale si vedano 陈向阳, 董春岭, 韩立群 [Chen Xiangyang, Deng Chunling e Han Liqun], “Shenru Xuexi Xuanzhuan Guanche Zongti Guojia Anquan Xuexi Gangyao 深入学习宣传贯彻《总体国家安全观学习纲要》[Studio approfondito, pubblicizzazione e attuazione del concetto di sicurezza nazionale totale: A Study Outline]”, Qiushi 求是 [Seeking Truth], 22 agosto 2022.
8. Deng Xiaoping 邓小平, Deng Xiaoping Wenxuan 邓小平文选 [Opere scelte di Deng Xiaoping], vol. 3 (Pechino: People’s Press, 1993), 325.
AUTORE
Ufficio della Commissione centrale per la sicurezza nazionale
中央国家安全委员会办公室
PUBBLICAZIONE ORIGINALE
Il paradigma della sicurezza nazionale totale: Schema di studio
《总体国家安全观学习纲要》
DATA DI PUBBLICAZIONE
14 aprile 2022
TRADUTTORE
Kitsch Liao
DATA DI TRADUZIONE
gennaio 2023
1. La sicurezza politica è il fondamento della sicurezza nazionale.9 ‍
Al centro della sicurezza politica c’è la sicurezza del nostro potere sovrano10 e la sicurezza delle nostre istituzioni. Nella sua essenza, la sicurezza politica significa salvaguardare la posizione di governo e lo status di leadership del Partito Comunista Cinese e salvaguardare l’istituzione del Socialismo con Caratteristiche Cinesi. Se la sicurezza politica non può essere garantita, il Paese si disintegrerà inevitabilmente come un foglio di sabbia sciolto. Allora non ci sarà alcuna possibilità per il Grande Ringiovanimento della Nazione cinese.

Nelle nuove condizioni, il nostro Stato si trova ad affrontare un ambiente di sviluppo e sicurezza complesso e mutevole. È chiaro che tutti i tipi di fattori di rischio, sia quelli prevedibili che quelli difficilmente prevedibili, sono in aumento. Se [questi fattori di rischio] non possono essere controllati tempestivamente ed efficacemente, potrebbero evolvere in rischi politici e mettere in pericolo la leadership del Partito e la sicurezza nazionale.

Per questo motivo, i compagni del Partito, soprattutto i quadri dirigenti a tutti i livelli amministrativi, devono affinare la loro consapevolezza dei rischi e la loro capacità di difendersi dai rischi politici. È necessario affinare la nostra acutezza politica e il nostro discernimento politico e considerare la sicurezza politica dello Stato come una priorità assoluta. Essere sempre all’erta, individuare tempestivamente e agire rapidamente [per risolvere] i problemi che potrebbero facilmente indurre rischi politici. È necessario prestare particolare attenzione ai problemi sensibili le cui prime avvisaglie o tendenze intrinseche [suggeriscono che il problema] potrebbe degenerare in una grave crisi. Tutti i pericoli nascosti devono essere prontamente eliminati. Agire rapidamente per evitare che i rischi non pubblici si trasformino in rischi pubblici e che i rischi non politici si trasformino in rischi politici. Prevenire e superare con determinazione la paralisi politica che impedisce alla nostra capacità di fiutare le intenzioni del nemico, di distinguere il bene dal male e di discernere la direzione [politica] corretta.

2. Salvaguardare la sicurezza del nostro potere sovrano e delle nostre istituzioni.
Come ha osservato il Segretario Generale Xi Jinping, “la sicurezza politica dello Stato, in particolare la sicurezza del nostro potere sovrano e la sicurezza delle nostre istituzioni, è la nostra prima priorità”.11 Il fondamento del nostro governo è la leadership del Partito Comunista Cinese e l’istituzione del socialismo. È errato, dannoso e incostituzionale per chiunque ripudiare la leadership del Partito Comunista Cinese e le nostre istituzioni socialiste con qualsiasi pretesto. Nessuno che si comporti in questo modo sarà tollerato.

È necessario sostenere e rafforzare incessantemente la leadership e lo status di governo del Partito. Il nostro regime si basa sul governo del Partito Comunista Cinese, con la partecipazione consultiva di vari partiti democratici.12 Non ci sono partiti di opposizione. Non c’è separazione dei poteri tra i tre rami [del governo], con più partiti che si alternano al governo. La Costituzione del nostro Stato afferma la posizione di governo del Partito Comunista Cinese. Afferma che il Partito è il fulcro della struttura del potere politico, che coordina le varie parti con un’autorità totale sull’insieme. Il Partito guida tutti.

La leadership e il nucleo decisionale del Partito sono il Comitato centrale, l’Ufficio politico del Comitato centrale e il Comitato permanente dell’Ufficio politico del Comitato centrale. La leadership del Partito è la garanzia fondamentale della corretta esecuzione dei vari compiti del Partito e dello Stato. Il Congresso Nazionale del Popolo, il governo, la Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese, gli organi di controllo, gli organi giudiziari, gli organi giudiziari, le forze armate, i vari partiti democratici e le persone non allineate, le varie istituzioni aziendali e le imprese, i sindacati, la Lega della Gioventù Comunista, la Federazione Femminile [di tutta la Cina] e le altre organizzazioni popolari13 [devono] svolgere i loro rispettivi compiti collaborando tra loro. Non possiamo permetterci che ne manchi nemmeno uno.

Sull’importante principio di sostenere la leadership del Partito, non ci possono essere ambiguità o tentennamenti. Dobbiamo cogliere la giusta direzione politica e perseverare nella nostra posizione politica e nei nostri principi.

Dobbiamo perseverare incessantemente e perfezionare l’istituzione del Socialismo con Caratteristiche Cinesi. Il vantaggio istituzionale è il più grande vantaggio di uno Stato. La competizione istituzionale è il tipo più fondamentale di competizione tra Stati.14

Se le istituzioni sono stabili, lo è anche lo Stato. Il socialismo con caratteristiche cinesi è un sistema di istituzioni rigoroso, completo e scientifico. I pilastri e le travi di questo sistema di istituzioni sono le istituzioni fondamentali, le istituzioni fondanti e le istituzioni importanti. Tra queste, l’istituzione della leadership del Partito ha una posizione di comando generale.

È il popolo cinese che vede più chiaramente e ha il massimo diritto di esprimersi sulla bontà o meno dell’istituzione del socialismo con caratteristiche cinesi, sulla sua superiorità o inferiorità. In passato non abbiamo portato a termine completamente la sovietizzazione. Ora non realizzeremo completamente l’occidentalizzazione, né qualsiasi altra “izzazione”. Non percorriamo il vecchio sentiero della rigidità e dell’isolamento, ma non percorreremo nemmeno il sentiero malvagio del cambio di bandiera.15 Dobbiamo mantenere la risoluzione politica16 e rafforzare la fiducia nelle nostre istituzioni. Dobbiamo continuamente eliminare i difetti del nostro apparato, perfezionare le nostre istituzioni [in modo che] diventino più mature e consolidate, e far progredire la modernizzazione del sistema di governo e della capacità di governo del nostro Stato.

Per quanto riguarda il modo in cui modelliamo le nostre istituzioni politiche, dobbiamo stringere “con forza nel verde della montagna, sia che il vento soffi da est, da sud, da ovest o da nord “17. Il Socialismo con Caratteristiche Cinesi è la strada su cui si sviluppa la nostra politica. Sostenere l’unità organica18 che si verifica quando il Partito agisce come leader, il popolo come padrone e lo Stato è governato dalla legge. Dobbiamo sostenere e perfezionare l’istituzione del Congresso Nazionale del Popolo, l’istituzione della consultazione politica collaborativa multipartitica sotto la guida del Partito Comunista Cinese, l’istituzione delle regioni autonome delle minoranze etniche e l’istituzione dell’autogoverno di base.19 È evidente che trapiantare le istituzioni di altri Paesi sul nostro suolo fallirebbe. Queste istituzioni non si adatterebbero alla nostra acqua e al nostro suolo: sarebbe come voler dipingere una tigre ma finire con le sembianze di un cane. Questa sorta di [imitazione cieca] seppellirebbe le prospettive future dello Stato. Solo un’istituzione radicata nel terreno del nostro Stato, che assorbe le sue ricche sostanze nutritive, può essere affidabile o messa a frutto.20

Forze ostili cercano continuamente di far fermentare una “rivoluzione del colore” all’interno del nostro Stato, tentando vanamente di sovvertire la leadership del Partito Comunista Cinese e le istituzioni socialiste del nostro Stato. Questo è un pericolo reale e presente per la sicurezza del nostro potere sovrano. Quando tramano le “rivoluzioni colorate”, i Paesi occidentali spesso attaccano le istituzioni politiche, in particolare quelle del partito. Distorcono l’opinione pubblica e amplificano le narrazioni che condannano le istituzioni e i partiti al governo di Paesi semplicemente diversi dal loro, incitando le masse a portare la politica nelle strade. Di conseguenza, molti Paesi cadono in disordini politici e sconvolgimenti sociali, con la popolazione sradicata e sfollata.

Le forze ostili in patria e all’estero non hanno mai abbandonato il loro intento sovversivo di occidentalizzare e dividere il nostro Stato. Non si fermano, nemmeno per un momento. In risposta, dobbiamo essere lucidi. Dobbiamo essere fermi. Quando ci troviamo di fronte a questioni importanti di giusto e sbagliato, non dobbiamo avere paura di brandire le nostre spade.21 Di fronte alle contraddizioni, dobbiamo affrontare con coraggio la sfida.

3. Rivendicare con determinazione la vittoria nella lotta ideologica

L’ideologia riguarda la bandiera [che seguiamo], il sentiero [che percorriamo] e la sicurezza politica dello Stato. La storia e le condizioni del mondo reale hanno ripetutamente dimostrato che [coloro che] seminano il caos in una società e sovvertono il potere sovrano spesso iniziano con un buco nel regno dell’ideologia e seminano il caos nei pensieri del popolo. Una volta che la linea difensiva del pensiero è stata violata, è difficile che altre linee difensive reggano. Nel regno del conflitto ideologico, non abbiamo modo di scendere a compromessi né di ritirarci. Dobbiamo ottenere una vittoria totale.

Nelle Nuove Condizioni, il conflitto ideologico è acuto e complicato. A livello nazionale, di tanto in tanto emergono prospettive e tendenze di pensiero errate. Alcuni usano i problemi [inevitabili] del mondo reale come pretesto per attaccare la leadership del nostro partito e l’istituzione del socialismo nel nostro Paese. Alcuni fanno di tutto per distorcere, diffamare e ripudiare il nostro partito, il nostro Stato e le nostre forze armate, così come la nostra profonda pratica di rivoluzione, costruzione e riforma [socialista]. Alcuni predicano sfacciatamente i valori occidentali.

Sulla scena internazionale, le forze ostili occidentali non hanno cessato, nemmeno per un attimo, la loro infiltrazione ideologica nel nostro Paese. Fanno di tutto per promuovere i cosiddetti “valori universali”. Il loro obiettivo è quello di contenderci le posizioni difensive, di contenderci i cuori e le menti del popolo e di contenderci le masse. Impiegano tutti i mezzi possibili per sollevare questioni e difficoltà scottanti, istigare l’insoddisfazione della base nei confronti dei comitati del Partito e del governo, fomentare sentimenti antagonistici tra le masse e il Partito o tra i quadri e le masse e tentare di portare disordine nei cuori e nelle menti della gente. “Una bugia detta mille volte diventa verità “23. Le forze ostili pensano di poter usare questa logica per condannare il nostro Partito e il nostro Stato come un disastro assoluto senza una sola caratteristica che lo riscatti, seducendo la gente a ballare con il loro flauto magico.24 Se non educhiamo attivamente e guidiamo correttamente [le masse], altri potrebbero sferrare il primo colpo e prendere preventivamente il potere discorsivo.

Per il Partito, il lavoro ideologico è un tipo di lavoro estremamente importante. Nel lavoro ideologico dobbiamo afferrare saldamente nelle nostre mani il potere di direzione, il potere di supervisione e il potere discorsivo. Non dobbiamo lasciarlo cadere nel dimenticatoio per non commettere un errore irreparabile di proporzioni storiche. Implementare il sistema di responsabilità per il lavoro ideologico, dargli la giusta importanza e avere una visione tempestiva della traiettoria e della dinamica delle tendenze ideologiche. Osare cogliere e intervenire nei problemi di natura politica, nei problemi che riguardano i principi fondamentali e nei problemi che riguardano la guida delle masse25 . Siate guerrieri, non gentiluomini. Non dobbiamo stare a guardare, né guardare da che parte tira il vento, né tenere alla reputazione personale fino al punto di non agire.

Nessun media o piattaforma dovrebbe mai dare spazio o facilitare la retorica che attacca maliziosamente la leadership del Partito o l’istituzione del socialismo, distorce la storia del Partito e dello Stato, o diffonde voci e fomenta problemi. [Dobbiamo evitare che le forze ostili colgano l’occasione per interferire o minare [il nostro rapporto con il popolo], impedire che i problemi concreti si trasformino in problemi di portata politica, che i problemi locali si trasformino in un incidente di sistema e che si verifichino gravi incidenti ideologici o vortici nell’opinione pubblica.

Il buon funzionamento del lavoro giornalistico e dell’opinione pubblica del Partito e la promozione di un ambiente favorevole all’opinione pubblica sono questioni importanti per la stabilità nazionale e la governance dello Stato.26 [Per questo motivo] è necessario sostenere i principi e le istituzioni del Partito per la gestione dei media. Tutte le piattaforme di comunicazione che si occupano di servizi di informazione giornalistica, che hanno le proprietà dei media o che hanno funzioni di mobilitazione dell’opinione pubblica devono essere incluse nell’ambito di questa gestione. Tutti i servizi di informazione giornalistica e il personale devono essere sottoposti a controllo di accesso.27 È necessario sostenere il consolidamento e l’espansione dell’opinione pubblica mainstream, amplificare la melodia principale, propagare l’energia positiva e suscitare la grande forza di un’intera società che avanza in unità.

Il marxismo è il pensiero guida fondamentale alla base della fondazione del nostro Partito e del nostro Stato. Sulla questione fondamentale di sostenere la posizione guida del marxismo, dobbiamo essere risoluti. Non possiamo vacillare nemmeno un po’, in nessun momento e in nessuna circostanza. La disintegrazione del potere sovrano inizia spesso nel campo del pensiero. Quando un partito marxista abbandona la sua fede marxista, le sue convinzioni socialiste e comuniste, si sgretola e si disintegra. Se i membri del partito comunista sono privi di fede e di ideali, o se la loro fede e i loro ideali non sono sufficientemente risoluti, [soffriranno] di una sorta di “carenza di calcio” spirituale e saranno afflitti dalla “malattia delle ossa molli”. In politica questo porterà inevitabilmente al deterioramento; in economia, all’avidità; in morale, alla degenerazione; nella vita quotidiana, alla corruzione.

Nella società si possono trovare anche comprensioni poco chiare e persino errate [del marxismo]. Alcuni ritengono che il marxismo sia obsoleto e che ciò che la Cina sta facendo in questo momento non sia marxismo. Alcuni sostengono che il marxismo sia solo un’omelia ideologica, priva di rigore teorico e sistematicità. Nel lavoro pratico ci sono alcuni campi in cui il marxismo è stato marginalizzato, svuotato e ridotto a un’etichetta. Ha subito una “afasia” in alcune materie accademiche, è scomparso da alcuni curricula e ha perso la sua voce in alcuni forum. Questa situazione richiede un alto grado di attenzione.

[Per far fronte a questa situazione è necessario attuare in modo completo il Pensiero di Xi Jinping sul Socialismo con Caratteristiche Cinesi per una Nuova Era, sostenere la combinazione dei principi fondamentali del marxismo con le realtà concrete della Cina e la sua straordinaria cultura tradizionale, e promuovere la sinizzazione, la contemporizzazione e la popolarizzazione del marxismo, [costruendo così] un’ideologia socialista di grande coesione e capacità pionieristica.

È necessario educare e indirizzare l’intero Partito a comprendere come il marxismo, attraverso lo straordinario percorso del Partito, abbia trasformato la Cina e il mondo; a comprendere il potere del marxismo di rivelare la verità e il suo potere di indirizzare la pratica corrente; ad approfondire la comprensione delle qualità teoriche del marxismo sinizzato che gli consentono di rimanere fedele alle sue origini e di progredire al passo con i tempi; ad armare le menti, a guidare la pratica e a promuovere il lavoro sostenendo senza sosta gli ultimi risultati delle innovazioni teoriche del Partito. È necessario condurre ampie campagne di propaganda e di educazione e rafforzare la guida ideologica e dell’opinione pubblica, incentrando il nostro lavoro sulle importanti questioni del perché il Partito Comunista Cinese è “capace”, del perché il marxismo “funziona” e del perché il socialismo con caratteristiche cinesi è “buono”. Disegnare il più ampio cerchio di pensiero possibile, in modo che l’intero popolo sia strettamente unito da ideali, valori e senso morale [condivisi]. Questo farà sì che la [nostra] energia positiva sia molto più forte e la nostra melodia principale molto più maestosa.

Internet è diventato il principale campo di battaglia e la prima linea del conflitto ideologico. È la variabile più grande che stiamo affrontando e potrebbe benissimo diventare una spina nel fianco.28 Per molto tempo, le forze sinofobiche occidentali hanno cercato invano di usare Internet per “rovesciare la Cina”. Molti anni fa, i politici occidentali sostenevano che “con Internet abbiamo un nuovo metodo per affrontare la Cina” e che “i Paesi socialisti che si gettano nell’abbraccio dell’Occidente inizieranno su Internet”.29 In seguito al rapido sviluppo di Internet, sono emersi online numerosi personaggi, tra cui professionisti dei nuovi media e “opinion leader” di Internet. Tra questi, alcuni forniscono piattaforme online (limitandosi a “condividere il proprio tavolo”) e altri sono contributori di contenuti (agendo come “star dello spettacolo”). [Entrambi i gruppi sono spesso in grado di influenzare il discorso su Internet e non dovrebbero essere presi alla leggera. La sicurezza ideologica del nostro Stato e la sicurezza del nostro potere sovrano dipendono dalla nostra capacità di proteggerci, resistere e ottenere la vittoria sul campo di battaglia di Internet.

È necessario studiare e valutare a fondo i temi caldi di Internet. È una realtà evidente che i grandi incidenti su Internet, così come i grandi incidenti sociali indotti da [questi incidenti su Internet], non sono mai stati opera di singoli individui che agiscono su impulsi improvvisi, ma sono il frutto di numerosi attori che si alzano per agire di concerto. [Questi incidenti sono stati scelti intenzionalmente, seguono un piano e sono organizzati e congegnati in anticipo. Di fronte a situazioni come queste, è necessario possedere un alto grado di vigilanza politica e di discernimento politico e mantenere un alto grado di connettività, sia online che fuori. Non possiamo permettere che entrino e escano dalla nebbia e non dobbiamo mai permettere che queste persone diffondano voci, alimentino le fiamme [del malcontento] o traggano profitto dalle acque confuse.30

La gestione efficace di Internet dipende da [due] questioni centrali: chi gestisce Internet e come lo si deve gestire. Applicare i principi del Partito per la gestione dei media tradizionali al regno dei nuovi media. Aumentare il vigore del controllo dell’opinione pubblica. Accelerare la costruzione di un sistema completo di gestione di Internet. È necessario rafforzare la gestione di Internet in conformità con la legge, insegnare e guidare i netizen a seguire le regole di Internet, a usare Internet in conformità con la legge e in modo civile, a esprimere opinioni razionalmente e a partecipare in modo ordinato.

È necessario attribuire grande importanza alla lotta per l’opinione pubblica online, all’eliminazione dei pericoli nascosti che generano tempeste di opinioni negative, al rafforzamento della costruzione di contenuti online, al potenziamento della pubblicità positiva, alla promozione di una cultura di internet positiva e sana, edificante e gentile, che utilizzi i valori fondamentali del socialismo e i frutti della civiltà umana al meglio per nutrire la società e le menti del popolo, e alla creazione di un ambiente online pulito e retto per le masse di netizen, soprattutto per i giovani. I comitati e i quadri del Partito a tutti i livelli devono considerare il mantenimento della sicurezza ideologica online come una missione cruciale per la protezione della loro patch.31 Devono sfruttare appieno i vantaggi delle nostre istituzioni, prestare molta attenzione al triplice compito di gestione, utilizzo e difesa, avanzare su tutti i fronti, vincere con determinazione la lotta per l’ideologia di Internet, mantenere coscienziosamente la sicurezza politica dello Stato, con la sicurezza del nostro potere sovrano e la sicurezza delle nostre istituzioni al centro della sicurezza politica.

Le scuole non sono torri d’avorio, né una sorta di Shangri-La, ma posizioni di prima linea sul campo di battaglia ideologico.32 Le forze ostili non hanno mai smesso di sovvertire e sabotare la leadership del Partito Comunista Cinese o le istituzioni socialiste del nostro Stato. L’ambito per il quale si impegnano maggiormente è [la lealtà dei] nostri giovani.

Le forze ostili straniere organizzano regolarmente eventi nelle nostre scuole. Alcune organizzazioni religiose straniere hanno concentrato i loro sforzi di infiltrazione nei nostri istituti di istruzione superiore. Alcune forze estremiste religiose conducono infiltrazioni anche tra gli studenti delle minoranze. Dobbiamo comprendere chiaramente l’obiettivo dell’educazione e della coltivazione. Dobbiamo affermare con chiarezza e fermezza che l’obiettivo è coltivare la prossima generazione di costruttori e successori socialisti. Se tutto questo coltivare coltivasse solo persone che mordono la mano che li nutre e che prendono a calci il wok che li riempie, se coltivasse solo i becchini delle nostre istituzioni, questo sarebbe un fallimento dell’educazione!

I comitati del Partito a tutti i livelli devono dare priorità al lavoro politico e ideologico negli istituti di istruzione superiore, rafforzare la leadership e la guida [su questo lavoro], formare un’atmosfera di lavoro in cui la leadership dei comitati del Partito sia unificata e gli sforzi amministrativi in tutti gli aspetti con tutti i dipartimenti siano coordinati. I segretari e gli amministratori delle scuole superiori, delle università e delle organizzazioni di partito a livello di dipartimento devono assumersi le responsabilità politiche e di leadership. Devono attuare con serietà un sistema di lavoro ideologico basato sulla responsabilità. Devono avere il coraggio di disciplinare, punire e brandire la spada. Devono comprendere, assumersi e adempiere alla responsabilità di proteggere la loro patch. Se qualcuno usa la cosiddetta “libertà accademica” per diffamare il marxismo e rinnegare la sua posizione guida, dobbiamo stare al nostro fianco e resistere a queste falsità. Dobbiamo rafforzare la gestione dei giornali scolastici, delle riviste accademiche e di Internet, imporre una disciplina chiara e rigorosa nell’insegnamento, assumere saldamente la leadership del lavoro ideologico e utilizzare il marxismo per occupare le linee di battaglia ideologica nelle istituzioni di istruzione superiore.

Il lavoro di pensiero politico nelle scuole deve essere fatto bene. Dobbiamo adattare il nostro approccio per riflettere sulle sfide e sui successi del passato, avanzare i nostri obiettivi per riflettere i tempi e rinnovare i nostri metodi per riflettere le tendenze storiche. Dobbiamo ampliare la formazione teorica sul marxismo. Dobbiamo usare il Pensiero di Xi Jinping sul Socialismo con Caratteristiche Cinesi per una Nuova Era per educare e forgiare le anime dei nostri studenti, guidarli a rafforzare la loro fiducia nel percorso, nel sistema teorico, nelle istituzioni e nella cultura del Socialismo con Caratteristiche Cinesi, e a piantare profondamente il sentimento patriottico [nei loro cuori].

È necessario attenersi alle regole necessarie dell’educazione politica e ideologica, alla disciplina necessaria dell’educazione e ai modelli necessari per lo sviluppo degli studenti.33 Dobbiamo aumentare incessantemente la nostra capacità di vigilare e di eliminare l’influenza corrosiva che il pensiero politico erroneo, il separatismo e l’attività religiosa esercitano sulle scuole. L’insegnamento in classe è il mezzo principale; dobbiamo farne buon uso per promuovere la riforma e l’innovazione nei corsi di teoria politica, rafforzando il rigore del pensiero, la profondità della teoria e la sua applicazione mirata, in modo da soddisfare le esigenze e le aspettative di crescita e sviluppo degli studenti. È necessario utilizzare i nuovi media e le nuove tecniche per rivitalizzare questo lavoro, per promuovere un alto livello di integrazione tra i vantaggi tradizionali del lavoro sul pensiero politico e le tecnologie informatiche, e per aumentare l’attrattiva e la tempestività del [nostro lavoro].

4. Attuare in modo completo le politiche etniche e religiose del Partito
L’unità e la stabilità sono una benedizione. Separatismo e caos sono disastri. È necessario cogliere con precisione e attuare in modo completo l’importante pensiero del nostro Partito riguardo al rafforzamento e alla riforma del lavoro etnico, assumere la consapevolezza della comune identità nazionale cinese come linea principale e marciare risolutamente e incrollabilmente sulla strada corretta della risoluzione delle questioni etniche con caratteristiche cinesi. Dobbiamo stabilire una patria spirituale condivisa per la nazione cinese; far progredire l’interazione, lo scambio e la fusione dei gruppi etnici; promuovere l’accelerazione della modernizzazione all’interno delle regioni etniche; aumentare la misura in cui gli affari etnici sono gestiti dallo Stato di diritto; prevenire e risolvere i pericoli e i rischi nascosti nell’ambito degli affari etnici; promuovere lo sviluppo di alta qualità del lavoro etnico del Partito nella Nuova Era.

La formazione di una coscienza della comune identità nazionale cinese è il “quadro di collegamento” del lavoro etnico del Partito nella Nuova Era. Tutto il lavoro deve rientrare in questo quadro. Dobbiamo guidare tutti i gruppi etnici a mettere al primo posto gli interessi della nazione cinese in ogni circostanza. La loro coscienza etnica deve essere subordinata alla comune identità nazionale cinese e servirla. Per salvaguardare l’unità etnica e l’unificazione dello Stato dobbiamo costruire una solida Grande Muraglia ideologica. Dobbiamo innalzare la bandiera dell’unità etnica, guidare le masse di tutti i gruppi etnici a rafforzare la loro identificazione con il nostro grande Stato, la nazione cinese, la cultura cinese, il Partito Comunista Cinese e il Socialismo con Caratteristiche Cinesi, tutti legati insieme saldamente come semi di melograno. Dobbiamo gestire gli affari etnici in conformità con la legge, promuovere la modernizzazione del sistema e delle capacità di gestione degli affari etnici e gestire correttamente i casi che coinvolgono fattori etnici in conformità con la legge. Dobbiamo prevenire con determinazione i principali pericoli e rischi nascosti in ambito etnico. Dobbiamo mantenere le nostre posizioni di battaglia ideologica. Dobbiamo contenere e combattere con determinazione le forze ostili in patria e all’estero che sfruttano i problemi etnici per portare avanti attività di separatismo, infiltrazione e sabotaggio. Dobbiamo costruire un bastione d’acciaio di unità etnica, stabilità sociale e Stato unitario.

Nella struttura generale del lavoro del Partito e dello Stato, il lavoro religioso riveste un’importanza particolare. È legato allo sviluppo della causa del socialismo con caratteristiche cinesi, ai legami di carne e sangue tra le masse e il Partito, all’armonia sociale, all’unità etnica e a uno Stato sicuro e unificato. Dobbiamo: stabilire un meccanismo di leadership completo e potente, sostenere e sviluppare la teoria religiosa basata sul socialismo con caratteristiche cinesi, sostenere le linee guida fondamentali del Partito per il lavoro religioso, sostenere la sinizzazione della religione nel nostro Stato34 , persistere nell’unire la massa dei credenti religiosi intorno al Partito e al governo e costruire relazioni religiose positive e sane. Dobbiamo sostenere le organizzazioni religiose per rafforzare la loro capacità di autocostruzione e aumentare la misura in cui il lavoro religioso è condotto secondo lo stato di diritto.

Dobbiamo attuare in modo completo, accurato e sotto tutti gli aspetti la politica del Partito sulle libertà e i diritti religiosi, rispettare la fede religiosa delle masse, gestire gli affari religiosi in conformità con la legge, sostenere il principio dell’indipendenza e dell’autonomia, guidando attivamente l’adattamento reciproco della religione e della società socialista.

Il lavoro religioso del Partito è, nella sua essenza, un lavoro di massa. Le masse credenti e le masse non credenti hanno gli stessi interessi politici ed economici fondamentali; politicamente ed economicamente, entrambe fanno parte della base popolare del governo del Partito. Non solo dobbiamo proteggere il diritto alla libertà religiosa delle masse credenti e unire le masse religiose il più possibile, ma dobbiamo anche lavorare pazientemente e meticolosamente tra le masse religiose.

La Costituzione del nostro Stato garantisce i diritti religiosi ai cittadini, ma dobbiamo anche essere vigili contro il pericolo di infiltrazioni religiose e l’agenda politica nascosta di alcuni appelli religiosi. Quanto più le forze ostili vogliono usare la religione come pretesto per creare problemi, tanto più dobbiamo unire strettamente le masse religiose intorno al Partito, e tanto meglio dobbiamo organizzare e guidare le masse religiose a lavorare insieme alle masse più ampie per costruire uno Stato socialista moderno e forte, e a unirsi nella lotta per realizzare il sogno cinese del Grande Ringiovanimento della Nazione cinese.

È necessario promuovere a fondo la sinizzazione della religione nel nostro Stato, guidando e sostenendo le religioni nel nostro Stato a riconoscere i valori socialisti fondamentali come loro capo, e rafforzando l’identificazione delle figure religiose di spicco e delle masse credenti con la madrepatria, il popolo cinese, la cultura cinese, il Partito Comunista Cinese e il socialismo con caratteristiche cinesi. Sostenere la sfera religiosa nell’interpretazione della dottrina, delle leggi e degli insegnamenti religiosi in modo coerente con le esigenze del progresso e dell’epoca attuale, vigilare risolutamente contro le infiltrazioni ideologiche occidentali e resistere consapevolmente all’influenza delle dottrine estremiste. Aumentare la misura in cui il lavoro religioso è condotto secondo lo stato di diritto e gestire il lavoro religioso in conformità con la legge. Non permettiamo a nessuna località, gruppo o religione di esistere al di fuori della legge. Se da un lato proteggiamo la pratica religiosa lecita, dall’altro dobbiamo prevenire la crescita di pratiche religiose illegali, contenere l’estremismo religioso, prevenire le infiltrazioni e combattere la criminalità. Le attività religiose devono svolgersi nell’ambito delle restrizioni previste dalla legge. Non devono danneggiare la salute fisica dei cittadini, turbare l’ordine pubblico e i buoni costumi, o interferire con l’istruzione statale, le funzioni giudiziarie e amministrative o la vita sociale.

È necessario sostenere il principio dell’indipendenza e dell’autonomia e fare piani generali per portare avanti il lavoro in questione. È necessario rafforzare la gestione degli affari religiosi su Internet. È necessario risolvere con fermezza i problemi in sospeso che riguardano la sana perpetuazione della religione nel nostro Stato.

5. Prevenire e risolvere i rischi legati alla costruzione del partito
È necessario sostenere l’auto-rivoluzione e garantire che il Partito non si rovini, non cambi colore e non cambi gusto. Il nostro Partito ha una storia così lunga, opera su così vasta scala e detiene il potere da così tanto tempo: come ha fatto a sfuggire al ciclo storico di ascesa e caduta? Il compagno Mao Zedong ha dato la prima risposta dalla grotta di Yan’an: “Il governo non diventerà compiacente solo se è sotto la supervisione del popolo”.35 Dopo cento anni di lotte, e soprattutto dopo l’adozione di nuove pratiche dopo il 18° Congresso del Partito, il nostro Partito ha trovato una seconda risposta: l’auto-rivoluzione.

Il coraggio di condurre l’auto-rivoluzione distingue chiaramente il nostro Partito dagli altri partiti di governo. La grandezza del Partito Comunista Cinese non deriva dall’incapacità di commettere errori, ma dalla determinazione a non nascondere mai le colpe per paura delle critiche36 , dal coraggio di affrontare i problemi di petto, dalla coraggiosa auto-rivoluzione e dalla forte capacità di auto-riparazione. Il Partito Comunista Cinese non ha mai rappresentato alcun gruppo di interesse, alcun blocco di potere, né gli interessi di alcuna classe privilegiata. Il nostro Partito non ha interessi particolari. Questa è la fonte del nostro coraggio e della nostra fiducia. [È il motivo per cui osiamo condurre l’auto-rivoluzione. È proprio per questo altruismo che riflettiamo costantemente sui nostri errori e ci esaminiamo regolarmente in uno spirito coerente con il materialismo storico. [Non solo possiamo sfuggire alla cattura e alla corruzione da parte di gruppi di interesse, blocchi di potere e classi privilegiate, ma possiamo anche eliminare coloro che all’interno del Partito sono ostaggio di questi gruppi, organizzazioni e classi.

Dal 18° Congresso del Partito, abbiamo spinto per una governance completa e rigorosa del Partito con ferma determinazione, ostinata forza di volontà e una quantità di sforzi senza precedenti. Abbiamo ripulito le nostre fondamenta morali. Abbiamo mantenuto l’orientamento per garantire che l’intero Partito segua la giusta rotta. Abbiamo ottenuto grandi risultati storici e promosso grandi trasformazioni storiche nella causa del Partito e dello Stato. Abbiamo avuto un impatto incommensurabile e di vasta portata sul Partito, sullo Stato e sulla nazione.

Allo stesso tempo, però, è necessario riconoscere che il governo completo e rigoroso del Partito non è ancora stato realizzato con successo. Il Partito deve affrontare la prova del governo a lungo termine, la prova della riforma e dell’apertura, la prova dell’economia di mercato e la prova dell’ambiente esterno. [Tutti questi test si distinguono per la loro natura complessa e a lungo termine. Il Partito deve anche affrontare il pericolo di un rallentamento dello spirito, il pericolo dell’incompetenza, il pericolo di perdere il contatto con le masse, il pericolo della passività e della corruzione.37 Questi [pericoli] si distinguono per la loro acutezza e gravità. All’interno del Partito, le impurità nell’ideologia, nella politica, nell’organizzazione e nello stile di lavoro sono ancora problemi in sospeso che non sono stati fondamentalmente risolti. Se la disciplina del Partito non viene applicata, se la governance all’interno del Partito non è rigorosa e se non vengono risolti i problemi interni al Partito che le masse stanno fortemente reagendo, è questione di tempo prima che il nostro Partito perda i suoi requisiti per governare. A quel punto sarà inevitabilmente eliminato dalla storia.

Tutti i compagni del partito devono perseverare in uno spirito rivoluzionario imperituro. Dobbiamo rafforzare la consapevolezza politica che il governo completo e rigoroso del Partito sarà sempre un obiettivo a cui tendere, e respingere la convinzione che [il governo interno al Partito] sia già abbastanza rigoroso, o che non possa essere reso più severo. È necessario sostenere la costruzione politica del Partito e mantenere sempre l’unità e l’unificazione del Partito. Dobbiamo rafforzare la capacità del Partito di purificarsi, migliorarsi, rinnovarsi ed elevarsi, e condurre la grande auto-rivoluzione del Partito fino in fondo. Non si può risparmiare alcuno sforzo per superare qualsiasi problema che riguardi la creatività, la coerenza e la forza di combattimento del Partito. Tutti i sintomi di malattie che danneggiano la natura avanzata e la purezza del Partito devono essere accuratamente eliminati. Tutti i tumori maligni che crescono dal tessuto sano del Partito devono essere risolutamente eliminati. In particolare, coloro che organizzano bande politiche, piccole cricche o gruppi di interesse all’interno del Partito per saccheggiare gli interessi dello Stato e del popolo, corrodere le fondamenta del governo del Partito o far vacillare il potere sovrano dello Stato socialista non devono avere pietà, devono essere indagati e perseguiti con determinazione.

La lotta contro la corruzione è un’importante lotta politica che non possiamo permetterci di perdere né perderemo mai. Il Segretario generale Xi Jinping ha sottolineato che “il rischio e la sfida più grande che il Partito deve affrontare provengono dalla corruzione e dalle tendenze malsane all’interno del Partito”.38 La corruzione è il problema più distruttivo e letale per le fondamenta del Partito, quello che più facilmente rovescerà il potere sovrano del Partito. [Scegliere di non offendere centinaia e persino migliaia di individui corrotti significa offendere 1,4 miliardi di persone. Il bilancio politico non potrebbe essere più chiaro, né quello della simpatia e del sostegno popolare.

Dobbiamo riconoscere sobriamente che è ancora in corso una feroce competizione tra corruzione e anticorruzione. [Questa competizione presenta alcune nuove caratteristiche tipiche di questa fase. Impedire che numerosi gruppi di interesse si combinino in una forza che catturi le opportunità di corruzione è ancora un compito gravoso e prolungato; rispondere efficacemente alla mutazione, al rilancio e al miglioramento dei dispositivi di corruzione è ancora un compito gravoso e prolungato; ripulire a fondo i terreni di coltura della corruzione e costruire un ambiente politico onesto è ancora un compito gravoso e prolungato; ripulire la corruzione sistematica ed eliminare i rischi nascosti è anch’esso un compito gravoso e prolungato.

Il martello del fabbro deve essere saldo come il ferro che colpisce.39 Mantenere la nostra politica di assenza di aree riservate, di copertura totale e di tolleranza zero, così come mantenere [una postura di] rigoroso contenimento, alta pressione e deterrenza a lungo termine. Perseguire sia la parte che inizia che quella che prende le tangenti, evitare risolutamente la formazione di gruppi di interesse all’interno del Partito e impedire che vari gruppi di interesse catturino i quadri dirigenti. Chiudere il potere in una gabbia istituzionale. Istituire, regolamentare, limitare e supervisionare il potere in conformità con la legge. Mantenere una posizione di alta pressione per punire la corruzione. Consolidare una vittoria indiscutibile nella lotta contro la corruzione. Unirsi per far progredire [un ambiente] in cui nessuno osi essere corrotto, nessuno possa essere corrotto e nessuno voglia esserlo.40 Rafforzare la deterrenza in modo che nessuno osi essere corrotto, rafforzare la gabbia istituzionale che impedisce la corruzione e rafforzare la coscienza di non voler essere corrotti. Grazie a questo sforzo incessante, alla fine raggiungeremo un ambiente politico onesto41 e una società armoniosa42.

9. La parola cinese guójiā 国家 è correttamente tradotta come “Paese” o “Stato”, e la frase guójiā ānquán 国家安全, qui tradotta come “sicurezza nazionale” è probabilmente meglio tradotta come “sicurezza dello Stato”. L’espressione “sicurezza dello Stato” sarebbe in accordo con molte vecchie traduzioni ufficiali (come “Ministero della sicurezza dello Stato”, o il Guójiā Ānquán Bù 国家安全部), ma negli ultimi anni le traduzioni ufficiali hanno preferito “sicurezza nazionale”, forse per allineare meglio le istituzioni cinesi alle norme americane. Per evitare di confondere i lettori abituati a termini come “Commissione per la sicurezza nazionale”, siamo costretti ad accettare la traduzione inferiore e a relegare le nostre obiezioni a questa nota a piè di pagina.

Le obiezioni sono le seguenti: Come la sua controparte inglese, la parola cinese per nazione (mínzú 民族) si riferisce a un grande gruppo di persone che condividono una storia e una cultura comuni, ma che non vivono necessariamente entro i confini della stessa polity. Al contrario, guójiā denota esplicitamente una comunità politica. La sicurezza di una guójiā, quindi, riguarda fondamentalmente l’integrità delle istituzioni statali che legano questa comunità politica, non la sicurezza di tutti i membri di una determinata nazionalità. Ciò è affermato esplicitamente nella Legge sulla sicurezza nazionale del 2015, che definisce la guójiā ānquán come una “situazione in cui il potere sovrano dello Stato [cfr. nota 10, infra], i diritti sovrani, l’unità e l’integrità territoriale, il benessere delle persone e lo sviluppo economico e sociale, insieme ad altri interessi dello Stato, non sono minacciati dall’interno o dall’esterno”. [指国家政权、主权、统一和领土完整、人民福祉、经济社会可持续发展和国家其他重大利益相对处于没有危险和不受内外威胁的状态].

Vedi “Zhonghua Renmin Gongheguo Guojia Anquan Fa (Zhuti Ling Diershijiu Hao) 中华人民共和国国家安全法(主席令第二十九号)[Legge sulla sicurezza nazionale della Repubblica Popolare Cinese (Ordine del Presidente No. 29]”, Zhongyang Zhengfu Menhu Wangzhan 中央政府门户网站 [Portale web del governo centrale], 1 luglio 2015.
10. Tradotto qui come “sicurezza del nostro potere sovrano”, il termine zhèngquán ānquán [政权安全] è difficile da rendere accuratamente in inglese. Quando i cinesi traducono in cinese frasi inglesi come “regime change”, 政权 (zhèngquán) è la parola che usano più spesso per “regime”. “Sicurezza del regime” è quindi un’espressione accettabile. Tuttavia, a differenza dell’inglese “regime”, zhèngquán non descrive tanto l’architettura istituzionale del governo, quanto il potere sovrano che il governo conferisce: “枪杆子里面出政权” [solitamente tradotto come “il potere politico (zhèngquán) cresce dalla canna di un fucile”].
11. Xi Jinping lo ha detto per la prima volta il 12 gennaio 2017, in un discorso alla Conferenza centrale del lavoro politico e giuridico. “Xi Jinping: Yao ba weihu guojia zhengzhianquan tebie shi zhenquan anquan, zhidu anquan fangzai diyiwei 习近平:要把维护国家政治安全特别是政权安全、制度安全放在第一位 [Xi Jinping: Dobbiamo porre la salvaguardia della sicurezza politica dello Stato, in particolare la sicurezza del potere sovrano e la sicurezza delle nostre istituzioni, come nostra prima priorità”, Xinhua 新华社, 14 gennaio 2017. Disponibile qui.
12. Oltre al Partito Comunista Cinese, in Cina esistono altri otto partiti politici legalmente autorizzati. Questi partiti sono un relitto della guerra civile, in cui numerosi gruppi politici si unirono al PCC in un Fronte Unito per sconfiggere prima i giapponesi e poi cacciare i nazionalisti. Sebbene Mao avesse promesso a questi gruppi una quota reale di potere politico, una volta che il Partito Comunista Cinese si è assicurato il controllo della Cina, si è rapidamente mosso per eliminare i loro alleati e privarli di qualsiasi influenza reale. Questi partiti esistono ancora oggi in condizioni di stretto controllo. Tutti devono accettare la leadership del Partito Comunista Cinese e nessuno è autorizzato a reclutare liberamente membri senza supervisione o restrizioni. Gli otto partiti hanno un numero di iscritti complessivo di 1,3 milioni di persone, 90 volte inferiore a quello del PCC. Questa statistica è tratta da Susan Lawrence e Mari Lee, “China’s Political System in Charts: A Snapshot Before the 20th Party Congress”, Congressional Research Service Report, 24 novembre 2021.
13. Tutte queste organizzazioni sono organi ufficiali dello Stato (ad esempio il Congresso nazionale del popolo, il PLA, i rami giudiziario e giudiziario) o fanno parte del sistema del Fronte unito (la Conferenza consultiva politica del popolo cinese, i partiti democratici, i sindacati ufficiali, la Lega della gioventù comunista e la Federazione delle donne). Quest’ultima categoria è costituita da un insieme di organizzazioni sociali progettate per sostenere un’ampia gamma di gruppi sociali (studenti, giovani, lavoratori di vari settori, donne) a sostegno degli obiettivi del Partito. Per maggiori informazioni su questo sistema si veda la voce del glossario CONFERENZA CONSULTIVA POLITICA DEL POPOLO CINESE.
14. Qui tradotto come “istituzione”, Zhìdù 制度 è spesso tradotto come “sistema”. Sarebbe quindi valido tradurre questo passaggio come
Dobbiamo perseverare incessantemente e perfezionare il sistema del socialismo con caratteristiche cinesi. Il vantaggio sistemico è il più grande vantaggio di uno Stato. La competizione tra sistemi è il tipo più fondamentale di competizione tra Stati.
Siamo favorevoli a tradurre Zhìdù come “istituzione” per mantenere la distinzione tra questa parola e tǐxì 体系 (tradotto di seguito come “sistema”). C’è un pericolo in questa scelta di traduzione: la parola inglese “institution” ha due significati. Istituzione può significare una grande organizzazione consolidata (come una ONG, una banca o un ente normativo) o un insieme consolidato di procedure, pratiche o relazioni (come nell'”istituzione del matrimonio” o nel “trasferimento istituzionalizzato del potere”). La gamma semantica del termine cinese zhìdù 制度 è generalmente più vicina al secondo di questi significati.
15. Nella retorica comunista, vessilli e bandiere sono metonimi standard di un sistema politico-ideologico nel suo complesso (così il nome della principale rivista teorica del Partito ai tempi di Mao: Hóng Qí [红旗 Bandiera Rossa]). Cambiare bandiera, quindi, significherebbe abbandonare il sistema leninista per un’altra forma di governo.
16. Dìng lì 定力, qui tradotto come risoluzione, è un termine spesso associato alla concentrazione disciplinata dei monaci buddisti durante la meditazione. Di conseguenza, il brano non è tanto un’esortazione a rimanere risoluti di fronte alla paura o al pericolo, quanto piuttosto un’istruzione a rafforzarsi con una risoluzione spirituale in grado di scacciare la distrazione e la tentazione.
17. Lo schema di studio cita il famoso poema di Zheng Banqiao (1693-1766) della dinastia Qing, 《竹石》[“Roccia di bambù”]. Il verso citato elogia la natura inflessibile del bambù che cresce sulle cime a strapiombo delle montagne, ergendosi nonostante le intemperie a cui è esposto. L’analogia tra questo bambù e il carattere del funzionario ideale sarebbe ovvia per i lettori cinesi.
18. Dall’epoca di Hu Jintao a oggi, l’espressione “unità organica” è stata usata per descrivere la presunta capacità del Partito di risolvere la contraddizione tra il desiderio del Partito di una governance basata sullo Stato di diritto – la protezione da comportamenti arbitrari e di sfruttamento da parte dei funzionari è ritenuta necessaria per lo sviluppo economico – e il desiderio opposto del Partito di mantenere una posizione di governo libera e non vincolata. L’unità di questi desideri è stata raggiunta in gran parte reinterpretando lo “Stato di diritto” in modo che significasse qualcosa di più vicino allo “Stato di diritto”, cioè l’uso di leggi e regolamenti per assoggettare il comportamento dei quadri alla volontà del Centro senza applicare tali controlli al Centro stesso. Per una spiegazione più approfondita del concetto e della sua storia, si veda Evan Smith, “The Rule of Law Doctrine of the Politburo”, China Journal 79 (2018), 40-61.
19. Sul sistema multipartitico, si veda la nota 12. Le regioni autonome etniche sono regioni amministrative all’interno della Cina in cui una grande percentuale di abitanti appartiene a un gruppo etnico non Han. Nella sua concezione originaria, questo sistema prometteva di fornire ai gruppi minoritari gli strumenti necessari per preservare i loro modi di vita culturali unici e una misura di autogoverno locale. In pratica, queste regioni erano molto meno autonome di quanto non fossero sulla carta, e anche questa limitata autonomia è stata fortemente limitata in seguito ai disordini sociali nello Xinjiang e in Tibet. Una storia simile può essere raccontata per il sistema di autogoverno di base, un esperimento di governo che un tempo consentiva ai comitati di villaggio e di quartiere di gestire liberamente gli affari locali, ma che più recentemente è stato ripiegato nelle tradizionali gerarchie del Partito.
20. Si tratta di un’allusione a una storia dell’antica Cina riguardante il famoso diplomatico Maestro Yan. Inviato dallo Stato di Qi per negoziare con il re di Chu, il Maestro Yan fu sottoposto a diverse prove da parte del monarca straniero. In un’occasione il re cercò di mettere in imbarazzo il Maestro Yan mostrandogli un ladro imprigionato che proveniva da Qi. A quel punto:
Il re guardò il maestro Yan e disse: “Agli abitanti di Qi piace rubare?”. Il maestro Yan si alzò dalla sua stuoia e rispose: “Ho sentito dire che quando un arancio viene piantato a sud del fiume Huai produce arance come frutto, ma se lo si trapianta a nord del fiume Huai, produce arance amare. Le foglie sono uguali, ma il sapore del frutto è completamente diverso. Qual è il motivo? Perché l’acqua e il terreno sono diversi. Una persona nata e cresciuta nel Qi non penserebbe mai di rubare qualcosa, ma quando si trasferisce nel Chu diventa un ladro. Forse perché l’acqua e il suolo di Chu fanno sì che le persone si divertano a rubare?”.
Il parallelo implicito è chiaro: coloro che cercano di innestare le istituzioni occidentali in Cina sono come i meridionali che cercano di piantare arance nei climi invernali, solo per scoprire che il loro frutto preferito cresce amaro invece che dolce. Olivia Milburn, trad., Gli annali della primavera e dell’autunno del maestro Yan (Leiden: Brill, 2016), 349-350.
21. Questa figura retorica è un’esortazione ad essere fermi e inflessibili di fronte all’opposizione. Non è un invito alla violenza fisica contro questa opposizione. Si potrebbe fare un paragone con modi di dire inglesi come “going in guns blazing” o “bringing out the big guns” che, nonostante il loro sottofondo violento, sono più spesso usati in senso metaforico che in riferimento a un vero e proprio conflitto armato.
22. Letteralmente, “appendere la testa di una pecora ma vendere carne di cane”. Questo idioma risale alla dinastia Song: è usato per descrivere qualsiasi situazione in cui qualcuno fa pubblicità falsa o si finge buono per fare del male.
23. Come negli Stati Uniti, anche in Cina questa citazione viene spesso attribuita al ministro della propaganda nazista Joseph Goebbels. La citazione è falsa. Né Goebbels né altri leader del Partito Nazista hanno mai approvato apertamente l’uso di queste “grandi bugie”. Al contrario: Hitler sosteneva che erano gli ebrei tedeschi a usare la tattica della “grande menzogna”, mentre la discussione più chiara di Goebbels su questo concetto avvenne nelle accuse rivolte al governo britannico, come quando scrisse: “Gli inglesi seguono il principio che quando si mente, si deve mentire alla grande, e si mantengono fedeli. Continuano a mentire, anche a rischio di sembrare ridicoli”.
In questo contesto è interessante vedere i funzionari cinesi riesumare il termine “grande bugia” per descrivere i proclami occidentali sulla repressione nello Xinjiang, come ha fatto Qin Gang in un’intervista alla NPR lo scorso anno.

Steve Inskeep, “L’ambasciatore cinese negli Stati Uniti avverte di un ‘conflitto militare’ su Taiwan”, National Public Radio, 28 gennaio 2022; Randall Bytwerk, “False citazioni naziste”, German Propaganda Archive, 2008.
24. L’allusione è al pifferaio di Hamelin, che nella leggenda usava un flauto per incantare tutti i bambini del villaggio di Hamelin ad abbandonare la loro casa. Date le ansie espresse più avanti in questo capitolo per la perdita della prossima generazione di comunisti a favore dell’ideologia delle forze ostili, la storia si adatta perfettamente ai timori della leadership del PCC.
25. Il linguaggio di questa sezione è tratto direttamente dal discorso di Xi Jinping alla Sesta sessione plenaria della Diciottesima Commissione centrale per l’ispezione della disciplina. Si veda “Xi Jinping: Zai Dishiba Jie Zhongyang Jilu Jiancha Weiyuanhui Diliu Ci Quanti Huiyi Shang de Jianghua 习近平:在第十八届中央纪律检查委员会第六次全体会议上的讲话 [Xi Jinping: Discorso alla sesta sessione plenaria della diciottesima Commissione centrale per l’ispezione disciplinare]”, 中国民航局 [Amministrazione dell’aviazione civile della Cina], 3 maggio 2015.
26. L’uso del termine zhìguó lǐzhèng 治国理政, qui tradotto come “governo dello Stato”, è significativo. Le opere raccolte da Xi Jinping sono note in inglese come Governance of China, ma in cinese il titolo è Xi Jinping On State Governance 《习近平谈治国理政》. Descrivere il lavoro dell’opinione pubblica come una “grande questione” della governance dello Stato è quindi un modo (piuttosto discreto) per sottolineare la sua importanza nel più ampio programma di Xi Jinping.
27. Zhǔn rù guǎnlǐ 准入管理 è la traduzione cinese di “controllo degli accessi”, un termine che ha origine nel campo della sicurezza fisica e informatica, dove indica una tecnica o un sistema che gestisce chi ha accesso alle risorse in un ambiente informatico. Molti dei concetti che informano il sistema di sicurezza interna dello Stato cinese sono tratti dai sistemi informativi e dalla teoria della sicurezza informatica. Per ulteriori esempi di questi collegamenti, si veda Samantha Hoffman, “Programming China: the Communist Party’s autonomic approach to managing state security” (tesi di dottorato, Università di Nottingham, 2017).
28. Questa sezione si basa sul linguaggio del discorso di Xi Jinping del 19 agosto 2013 (in cinese a volte indicato come il “Discorso 8-19″ [8-19 講話]), in cui Xi ha sostenuto che Internet è un’arma a doppio taglio che, se non adeguatamente regolamentata, può permettere all'”energia negativa nascosta” [负面言论] di crescere fino a diventare la “variabile più grande” [最大变量] che influisce sulla governance e sulla stabilità sociale. Internet è quindi diventato il campo di battaglia centrale in cui si svolge la lotta ideologica. Il testo di questo discorso trapelato è disponibile su “Xi Jinping ‘8.19’ Jianghua Jingshen Zhuanda Ti Wangquanwen 习近平’8.19’讲话精神传达提纲全文 [Il testo completo del discorso di Xi Jinping ‘8.19’ sullo spirito ]”, China Digital Times, 4 novembre 2013.
29. I media cinesi attribuiscono queste citazioni all’ex segretario di Stato Madeleine Albright. I redattori di CST non sono stati in grado di trovare alcun discorso o documento in cui la Albright abbia fatto questo ragionamento in modo così esplicito. La citazione è probabilmente falsa. La maggior parte delle dichiarazioni della Albright sulla Cina sono state pronunciate nel contesto del dibattito sull’ingresso della Cina nell’OMC. Ecco come ha posizionato Internet in quei dibattiti:
L’adesione all’OMC non trasformerà la Cina da un giorno all’altro. Ma rafforzerà le tendenze in Cina che porteranno sicuramente a una maggiore apertura economica e forse anche a una liberalizzazione politica… accelerando la diffusione delle tecnologie di telecomunicazione e di Internet in Cina, contribuiremo a ridurre il potere e la portata della censura governativa.
Il Presidente Clinton è stato meno cauto e ha notoriamente difeso l’ingresso della Cina nell’OMC sostenendo che:
Il cambiamento che questo accordo può apportare dall’esterno è straordinario. Ma credo che si possa sostenere che non sarà nulla in confronto ai cambiamenti che questo accordo provocherà dall’interno in Cina… Quando la Cina entrerà a far parte dell’OMC, entro il 2005 eliminerà le tariffe sui prodotti informatici, rendendo gli strumenti di comunicazione ancora più economici, migliori e più ampiamente disponibili. Sappiamo quanto Internet abbia cambiato l’America, e noi siamo già una società aperta. Immaginate quanto potrebbe cambiare la Cina. Non c’è dubbio che la Cina abbia cercato di reprimere Internet. Buona fortuna! È un po’ come cercare di inchiodare la gelatina al muro. Ma vi direi che questo sforzo dimostra quanto siano reali questi cambiamenti e quanto minaccino lo status quo. Non è un’argomentazione per rallentare gli sforzi per portare la Cina nel mondo. Portare la Cina nel WTO non garantisce che sceglierà la riforma politica. Ma… il processo di cambiamento economico… renderà più forte l’imperativo della scelta giusta.
Queste citazioni sono ben lontane dall’affermazione del Quadro di studio secondo cui l’amministrazione Clinton credeva che Internet avrebbe portato la Cina a “gettarsi nell’abbraccio dell’Occidente”, ma sono sufficienti, forse, a giustificare i timori cinesi sul potenziale di distruzione del regime di Internet.
Zuo Xiaodong 左晓栋, “Tongyi Sixiang, Tigao Renshi, Jiakuai Tuijin Wangluo Qiangguo Jianshe 统一思想、提高认识,加快推进网络强国建设 [Unificare l’ideologia,sensibilizzare e accelerare la costruzione di una forte potenza di Internet]”, Zhongguo Ribao 中國日報 [China Daily] 17 ottobre 2016; Madeleine Albright, “Address to the World Trade Center”, discorso tenuto a Denver, Colorado (9 maggio 2000); Bill Clinton, “Full Text of Clinton’s Speech on China Trade Bill”, New York Times, 9 marzo 2000.
30. O, più letteralmente, “confondere le acque per pescare”. La frase è uno dei tradizionali trentasei stratagemmi; descrive chiunque favorisca le crisi per distrarre o consentire il perseguimento di un guadagno privato.
31. La parola tradotta qui come “toppa” [tu 土] è più letteralmente tradotta come “suolo”, e questo suolo può essere visto come un metonimo dello Stato nel suo complesso. Tuttavia, il più delle volte viene utilizzato in senso più ristretto (come in Governance of China, vol. 3: 263, dove la frase 守土尽责 viene ridotta nella traduzione inglese alle “responsabilità dovute” dei quadri). Come sottolinea lo storico John Fitzgerald, la maggior parte dei quadri è assegnata alle unità amministrative territoriali; quelli che non lo sono (come quelli che lavorano nelle università, nelle aziende di Stato o nelle agenzie governative centrali) hanno la loro retribuzione e i loro benefici “classificati in base ai loro equivalenti nella gerarchia dell’amministrazione territoriale a livello centrale, provinciale, di città e di contea, come se fossero tutti posizionati in una griglia spaziale di autorità amministrativa”. Questo ha un lungo precedente nella Cina dell’epoca imperiale; allora come oggi, i funzionari sono incoraggiati a pensare di avere responsabilità speciali per l’area territoriale specifica su cui hanno ricevuto l’autorità – il loro “territorio”. Per una discussione più ampia su questo tema si veda John Fitzgerald, Cadre Country: How China Became the Chinese Communist Party (Sydney: University of New South Wales Press, 2022), 215-230.
32. Shangri-la è l’equivalente in lingua inglese più vicino all’allusione utilizzata in questo caso, la “Primavera dei fiori di pesco” [桃花源]. La Primavera dei Fiori di Pesco è una favola utopica riportata dal poeta Tao Yuanming del IV secolo, che immaginava un villaggio sereno, la cui posizione remota e nascosta lo teneva isolato dal resto della Cina per secoli, e quindi non contaminato dalla violenza e dalle disgrazie legate all’ascesa e alla caduta delle dinastie. Il manuale ricorda quindi ai suoi lettori che i campus universitari non sono né utopie intellettuali, né sono scollegati dalla più ampia società cinese. A differenza del villaggio della primavera dei fiori di pesco, il mondo accademico sorge e cade con il resto dell’ordine politico – e in effetti, i campus universitari potrebbero essere l’origine della prossima caduta se non vengono sorvegliati attentamente.
33. In cinese le espressioni qui tradotte come “regole”, “disciplina” e “modello” sono tutte la stessa parola [guīlǜ 规律], che indica una legge che governa un processo o un’attività.
34. In cinese esistono diversi termini per “Cina”, alcuni dei quali indicano un gruppo etnico o una nazionalità, altri una tradizione culturale, altri ancora lo Stato cinese. È quest’ultimo termine, Zhōngguó [中国], che viene utilizzato all’interno del termine che abbiamo tradotto come “sinizzazione” [中国化]. Quindi il manuale non sta indirizzando i gruppi religiosi ad allineare le loro credenze con la cultura cinese, quanto piuttosto ad allineare queste credenze con la guida e le priorità della politica statale cinese. Per una discussione più ampia di questo termine si veda Joanne Pittman, “3 Questions: Sinicizzazione o cinesizzazione?”. China Scope, 3 febbraio 2020.
35. Si tratta di una citazione tratta da un dialogo tra Mao e Huang Yanpei nel luglio 1945, noto come “conservazione del ciclo” o “dialogo della caverna” [窑洞对]. Huang Yanpei è stato il pioniere fondatore della Lega democratica cinese, uno dei sei partiti che si sono uniti al Partito comunista cinese nell’ambito del Fronte unito. Fu invitato dal PCC a visitare Yan’an. Dopo aver visto la base comunista di Yan’an, chiese a Mao come avrebbe fatto a uscire dal ciclo dinastico di ascesa e caduta. Mao rispose che i comunisti avevano già trovato una via d’uscita:
“Abbiamo già scoperto una nuova strada. Possiamo uscire da questo ciclo. Questa nuova strada è la democrazia. Il governo non diventerà compiacente solo se è sotto la supervisione del popolo. Se tutti si assumono la responsabilità, prevarrà un buon sistema di governo”.
Vedi “Lishi de Xiansheng: Zhiyou Rang Renmin Lai Jiandu Zhengfu,Zhengfu Cai Bugan Songxie 历史的先声:只有让人民来监督政府,政府才不敢松懈 [Voce della Storia: Il governo non diventerà compiacente solo se è sotto la supervisione del popolo]”, 中国数字时 [China Digital Times], consultato il 9 gennaio 2023.
36. O più letteralmente, “nascondere la malattia per paura delle cure”.
37. Nella letteratura di partito queste sono note come “quattro prove” 四个考研 e “quattro pericoli” 四个危险. Xi Jinping è solito discutere di questi pericoli e prove nel contesto della garanzia del ruolo del Partito nel lungo periodo. Si veda, ad esempio, Xi Jinping, Governance of China, vol. 3 (Beijing: Foreign Language Press, 2020), 586.
38. Questa citazione è tratta dal discorso di Xi Jinping al Comitato permanente del Politburo del 16 ottobre 2014. Si veda “Xi Jinping: Dang Mianlinde Zuida Fengxian he Tiaozhan shi Dangnei Fubai he Buzheng Zhifeng 习近平:党面临的最大风险和挑战是党内腐败和不正之风 [Xi Jinping: Il rischio e la sfida più grandi per il Partito vengono dalla corruzione e dalle tendenze malsane all’interno del Partito”, 人民网 [People’s Web], 16 gennaio 2015.
39. Questo noto aforisma cinese è più o meno equivalente alla frase inglese “you must practice what you preach”. Xi Jinping ha usato questa frase nella sua prima conferenza stampa da Segretario generale, alla conclusione del 18° Congresso il 15 novembre 2012. “Da tie Xuyao Zishen Ying 打铁还需自身硬 [Il martello del fabbro deve essere saldo come il ferro che colpisce]”, China Keywords, 7 settembre 2015.
40. Cioè creare un ambiente politico in cui mancano gli incentivi alla corruzione e fioriscono quelli all’integrità.
41. Letteralmente, “un futuro in cui le onde dell’oceano cessano e l’acqua del fiume si libera”. Questo idioma ha origine in un poema della dinastia Tang; è una metafora di un mondo armonioso.
42. O più letteralmente, “un futuro in cui il cielo e la terra sono luminosi e gloriosi”. Questo modo di dire ha origine nello Yi Jing, un manuale di divinazione risalente al periodo Zhou occidentale.
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Fratelli d’Italia: eredità neofascista, populismo e conservatorismo, di Marco Tarchi

Fratelli d’Italia: eredità neofascista, populismo e conservatorismo

Un nuovo partito o l’ultimo capitolo di una lunga storia?

Il 25 settembre 2022 Fratelli d’Italia ha vinto le elezioni politiche italiane all’interno di una coalizione di destra (nota in Italia come coalizione di centro-destra) composta da Forza Italia di Silvio Berlusconi e dalla Lega di Matteo Salvini. Questa vittoria ha portato all’investitura del governo guidato da Giorgia Meloni.

Il successo elettorale di Fratelli d’Italia, che era stato anticipato, ha suscitato nel mondo accademico un rinnovato interesse per il partito, in particolare per l’identità di questa forza politica. Si tratta dell’ultima manifestazione di una famiglia politica che affonda le sue radici nell’esperimento fascista iniziato un secolo fa, oppure di una destra radicale populista in ascesa in Europa dagli anni Novanta, o ancora di un nuovo partito ibrido che combina elementi della vecchia estrema destra neofascista, del populismo di destra e del conservatorismo contemporaneo?

Marco Tarchi fa il punto sul dibattito in corso, analizzando le origini e la storia di questa forza, nonché gli elementi di continuità e di rottura con i partiti che l’hanno preceduta e che provengono dallo stesso filone politico, ovvero il Movimento Sociale Italiano (MSI) e Alleanza Nazionale (AN). Il politologo fa luce anche sui fattori che hanno determinato l’ascesa al potere di Fratelli d’Italia e sulle sfide ideologiche, organizzative ed europee che il partito si trova ora ad affrontare.
ora affrontate.

Marco Tarchi,

Professore di Teoria politica e Comunicazione politica presso la Scuola di Scienze Politiche Cesare Alfieri dell’Università di Firenze.

Introduzione

Come prevedibile, il successo delle elezioni politiche italiane del 25 settembre 2022 (26% dei voti, 118 deputati e 66 senatori eletti) e la nomina del suo leader Giorgia Meloni a primo ministro hanno scatenato l’interesse accademico per lo studio del partito Fratelli d’Italia (FdI), ben oltre l’attenzione dei media. Fino a un anno prima di questo evento elettorale, la produzione di libri e articoli sul tema si era limitata a lavori giornalistici, non esenti in alcuni casi da intenti apologetici o propagandistici1 , e all’autobiografia della principale protagonista2 dell’ascesa di un partito che, almeno fino al 2019, era stato considerato dagli osservatori come marginale e destinato a svolgere un ruolo secondario non solo all’interno del sistema politico italiano, ma anche all’interno della coalizione di centrodestra, allora guidata dalla Lega di Matteo Salvini.

In ambito accademico, le citazioni erano state poche e limitate a brevi cenni in articoli di carattere più generale3. La formazione del governo guidato da Giorgia Meloni ha invece dato il via a un’importante fioritura di contributi – libri e articoli pubblicati su riviste internazionali4 – che ha aperto una prima serie di dibattiti sulla storia ancora breve del partito, sulle ragioni della sua nascita e sui fattori che gli hanno permesso di diventare, in meno di dieci anni, il partito preferito dagli italiani.

Parte
Il dibattito sull’identità politica di Fratelli d’Italia

Il dibattito si è concentrato sull’identità di FdI, sui fondamenti ideologici del suo discorso politico e sui contenuti dei suoi programmi. Con una domanda di fondo: siamo di fronte a un partito almeno in parte nuovo, o semplicemente al rappresentante più recente e moderno di una tradizione che affonda le sue radici in un capitolo della storia italiana iniziato un secolo fa con l’avvento del fascismo? O, per dirla in altro modo, Fratelli d’Italia appartiene ancora all’ambito del neofascismo o va visto come un rappresentante della destra radicale populista? Oppure deve essere visto come l’espressione di un genere nuovo, ibrido, che combina alcuni aspetti della vecchia estrema destra, altri del nazional-populismo fiorito in quasi tutti i Paesi europei a partire dagli anni Novanta5 e altri ancora del conservatorismo?

I sostenitori della prima ipotesi fanno notare che molti dei dirigenti del partito – il suo presidente, più di tre quarti dei membri degli organi direttivi, numerosi rappresentanti in parlamento e nei consigli regionali e comunali – provengono dal Movimento sociale italiano (MSI) o da Alleanza nazionale (AN), che gli è succeduto nel 1995, e che nei discorsi ufficiali della sua presidente, anche da quando è capo del governo, sono frequenti i riferimenti alla “lunga storia” di cui FdI è erede. Inoltre, l’attuale sede del partito ha lo stesso indirizzo dei suoi predecessori, in via della Scrofa 39 a Roma, e anche nel resto d’Italia, in molti casi, le sue federazioni e sezioni sono rimaste o sono tornate nei locali dove si trovava Alleanza Nazionale. Per alcuni osservatori, questi elementi sono sufficienti a stabilire un rapporto di sostanziale continuità tra il presente e il passato. E anche il primo accademico ad affrontare in modo scientifico lo studio del Msi, nel 1989, il politologo dell’Università di Bologna Piero Ignazi, esaminando i documenti e i programmi di Fratelli d’Italia, sostiene questa interpretazione.

Nella postfazione alla recente nuova edizione del suo libro più noto, Il polo escluso, in cui cerca di riassumere gli sviluppi della “destra nazionale” italiana negli ultimi trentatré anni (dal 1990 al 2022), Ignazi afferma che il partito di Giorgia Meloni non è altro che il prodotto di nostalgici del MSI6 che, senza dichiararlo apertamente, mirano semplicemente a far risorgere Alleanza nazionale (AN). Le tappe del suo percorso dal dicembre 2012 a oggi sono viste come tanti passi sulla “strada di un nostalgismo più o meno velato, cosparso di abbondanti dosi di sovranismo euroscettico e di pulsioni xenofobe e securitarie”. Secondo Ignazi, le tesi espresse nella mozione del secondo congresso del partito nel 2017 (su cui torneremo più avanti) “denotano un’intima sintonia sentimentale e ideologica con il neofascismo, di cui rivendicano una continuità ideale”. E di questo “rapporto irresoluto con il passato” il partito non si libererà nemmeno nel decennio successivo, continuando a manifestare una “visione populista e cospirativa” e un “substrato illiberale”, che il “seducente utilizzo della figura di Giorgia Meloni, rappresentante politica devota, convinta e appassionata, ma traboccante di sentimenti materni e amicali” serviva solo a nascondere.

Piero Ignazi riconosce che FdI ha subito un cambiamento nel passaggio da un ruolo di opposizione a quello di responsabilità di governo, ma ritiene che questo cambiamento possa essere “strumentale e congiunturale”. E così, nella sua interpretazione, evidenzia quello che considera il “tono revanscista, addirittura nostalgico, tipico di una comunità che si sente ancora fedele all'”Idea”, cioè all’ideologia fascista, più o meno ricalibrata nel dopoguerra”, discorsi che avrebbero caratterizzato la convention con cui Fratelli d’Italia, il 14 dicembre 2022, ha celebrato i suoi primi dieci anni di vita e la “continuità politico-ideale con il Msi, idealizzato come partito democratico” quando, scrive l’accademico, esso “era stato giustamente definito dal maestro di scienza politica Giovanni Sartori un partito ‘antisistema’”7 .

Un altro argomento spesso citato nel dibattito sulle connotazioni ideologiche di Fratelli d’Italia è la presenza nel suo simbolo della fiamma tricolore, che il Msi adottò fin dall’inizio e che, nonostante il forte dibattito interno e le pressioni esterne, Alleanza Nazionale mantenne fino a quando il suo leader Gianfranco Fini decise di scioglierlo e di fondersi con il Popolo della Libertà, l’effimero partito unico di centro-destra voluto e guidato da Silvio Berlusconi. Anche chi riconosce l’evoluzione del partito nei dieci anni della sua esistenza non può fare a meno di notare che, sempre per questa caratteristica, FdI non manca di essere descritto come “il terzo partito della fiamma “8 e quindi legato, in qualche misura, alle vicende del neofascismo italiano. Questa affermazione è senza dubbio condivisibile, ma per capire se Fratelli d’Italia sia riuscita a emanciparsi dalla storia a cui appartiene, e se sì, come e perché, è necessario esaminare la complessità della traiettoria dei suoi “antenati” nell’Italia del dopoguerra.

IIParte
La lunga marcia della “destra” italiana dal 1945 a oggi

Per oltre cinquant’anni, il termine “neofascismo” è stato utilizzato quasi esclusivamente in Italia per caratterizzare quella corrente politica che, in altri Paesi, veniva chiamata “estrema destra”. Con questa denominazione si intendeva circoscrivere il fenomeno a un desiderio di rivalsa, o almeno di vendetta, da parte di coloro che erano stati sconfitti nella guerra civile che aveva insanguinato il Paese dal settembre 1943 all’aprile 1945 e che si sentivano, nel nuovo Stato repubblicano, nella condizione psicologica di “esuli in patria “9 .

1
La strategia di integrazione nella destra: il Movimento sociale italiano (MSI)

Con la caduta definitiva del fascismo e la morte di Mussolini, non restava che coltivare la nostalgia per un’epoca passata o isolarsi nel risentimento e nel vano desiderio di vendetta. Il 26 dicembre 1946, la nascita del Movimento sociale italiano offrì una casa a quelle decine di migliaia di ex militari che erano stati dalla “parte sbagliata”, quella perdente, durante la guerra civile, pur non riuscendo, fin dalle prime elezioni politiche del 18 aprile 1948, a conquistare i voti della maggior parte dei tanti italiani che avevano manifestato il loro sostegno a Mussolini fino alla caduta del regime – e che, alle prime avvisaglie della guerra fredda, avevano deciso di appoggiare la Democrazia Cristiana (CD) per creare una “diga” contro il comunismo. La CD riuscì a dare a questa nicchia di irriducibili seguaci postumi del Duce una rappresentanza istituzionale, portando in Parlamento un manipolo di deputati e senatori.

Il crollo del fascismo, tuttavia, ebbe un altro effetto politico cruciale: spazzò via la destra “costituzionale”, erede di una delle tante tradizioni politiche che avevano animato il Risorgimento, i cui rappresentanti, di fronte all’impetuosa avanzata dei fascisti e all’instaurazione dello Stato autoritario, si erano ritirati dalla vita pubblica o avevano accettato un ruolo di sostenitori del regime. Accusati di essersi compromessi con la dittatura o di averne favorito l’avvento, i liberali e i conservatori moderati erano quasi scomparsi dalla scena. Il sistema politico repubblicano fu quindi impostato su nuove basi, basate principalmente su un partito centrista di maggioranza relativa, la Democrazia Cristiana (DC), un partito di opposizione chiaramente di sinistra, il Partito Comunista Italiano (PCI), il Partito Socialista Italiano (PSI), meno radicale e meno forte, e un piccolo numero di partiti minori, tra cui i repubblicani e i socialdemocratici, destinati a svolgere il ruolo di alleati o rivali della Democrazia Cristiana a seconda delle circostanze e delle convenienze del partito di maggioranza. Formazioni più o meno effimere – dal Fronte dell’Uomo Qualunque, primo rappresentante della ricca progenie del populismo italiano10, ai vari partiti monarchici11 – si inserirono progressivamente nel ristretto spazio della destra, senza mai riuscire a esercitare una reale influenza sulla dinamica governativa. Solo a costo di numerose discussioni interne, spaccature e scissioni, provocate dal rifiuto di molti suoi esponenti di concludere accordi con i “traditori” che, nel 1943, avevano preferito il Re a Mussolini, o di ammorbidire l’ostilità verso gli ex nemici d’oltremare in nome della “difesa dell’Occidente” e di accettare l’adesione dell’Italia alla NATO, il MSI riuscì a integrarsi in questo spazio all’inizio degli anni Cinquanta.

Per mezzo secolo, il MSI ha così esercitato un sostanziale monopolio sullo spazio politico ed elettorale della destra, senza tuttavia riuscire a liberarsi dell’etichetta di estremismo che i suoi avversari gli avevano affibbiato. Gli sforzi del suo leader moderato Arturo Michelini (che rimase alla guida del partito dal 1954 al 1969) per stringere un’alleanza con i liberali e i monarchici e dare vita alla cosiddetta “Grande Destra” fallirono, così come i tentativi di inserirla, in funzione anticomunista, nelle coalizioni di governo dominate dalla DC. In alcune occasioni, la Democrazia Cristiana accettò i voti del MSI in Parlamento per controbilanciare la temporanea defezione di alcuni alleati di governo e riuscire ad approvare leggi controverse, ma quando l’appoggio di deputati e senatori del MSI si rivelò indispensabile per il varo del monocolore guidato da Fernando Tambroni nella primavera del 1960, la Democrazia Cristiana preferì costringere il capo del governo alle dimissioni e spianare la strada alla prima coalizione di centro-sinistra con i socialisti. Il timore di essere accusati di collusione con i fascisti era troppo grande.

Questi fallimenti diedero origine a forti polemiche all’interno del MSI, portando talvolta a spaccature tra le componenti più radicali. Tuttavia, nessuno dei gruppi che nel corso dei decenni tentarono di sfidare il dominio del MSI sul suo abituale “terreno di caccia” riuscì mai a conquistare una solida base sul territorio o un numero significativo di elettori (e pochi di essi tentarono di superare la prova delle urne), il che portò la maggior parte di essi a ricorrere a forme di azione violenta o a coltivare piani per un colpo di Stato. Gli anni Settanta, noti come “anni di piombo”, videro alcuni di questi piccoli movimenti coinvolti nella cosiddetta “strategia della tensione”, tra episodi terroristici e collusioni con settori “deviati” dell’apparato di sicurezza dello Stato.

A partire dagli anni Sessanta, il MSI cercò di accentuare i suoi riferimenti alla destra, al punto da cambiare nome e simbolo nel 1971 per diventare Movimento Sociale Italiano Destra nazionale (MSI-DN), al fine di assorbire ciò che rimaneva dell’ultimo partito monarchico. Pur continuando a conquistare rappresentanti in parlamento e nei consigli comunali a ogni elezione e attenuando sempre più i riferimenti palesi al fascismo, ormai limitati alla retorica usata negli incontri con la base militante e nei congressi, non riuscì a uscire dalla sua marginalità nello scenario politico italiano. Anche il rinnovamento militante introdotto dalla segreteria di Giorgio Almirante (che durò dal 1969 al 1987) non riuscì a rompere il suo isolamento, che lo confinò a un sostegno elettorale di circa il 5-6% – con la sola eccezione dell’8,7% del 197212 – in un momento in cui il partito si trovava in una situazione di crisi, 7% nel 197212 – in un momento in cui altri Paesi europei cominciavano a rinnovare i loro programmi e ad allargare la loro base elettorale, con partiti politici che avevano origine nell’estrema destra, come il Front National di Jean-Marie Le Pen in Francia e il Freiheitliche Partei Österreichs di Jörg Haider in Austria. Questo lungo periodo di stallo diede vita a nuovi scontri interni, questa volta con la corrente più moderata che voleva trasformare il partito in una “normale” formazione liberal-conservatrice di destra, sfociando nella scissione, alla fine del 1976, di metà dei membri dei gruppi parlamentari di Camera e Senato e nella nascita di Democrazia Nazionale, destinata a scomparire dopo soli tre anni, a causa dell’irrisorio 0,6% ottenuto nelle elezioni del 197913. Da allora fino ai primi anni Novanta, il Msi attraversò una lunga fase di stagnazione politica ed elettorale, pur subendo due cambi di segretario nazionale (Gianfranco Fini dal 1987 al 1990, Pino Rauti nel 1990-1991, poi di nuovo Fini)14 .

2
La strategia di rifocalizzazione. Gianfranco Fini e Alleanza Nazionale

C’è voluta la crisi dei partiti tradizionali seguita allo scandalo di Tangentopoli (la scoperta da parte della magistratura milanese di una vasta rete di corruzione amministrativa e di un sistema di finanziamento illecito dei partiti) per cambiare questo stato di cose e inaugurare un nuovo capitolo della storia della destra in Italia. Il discredito dei partiti che avevano governato il Paese per quasi cinquant’anni ha trasformato quella che era stata la debolezza del Msi, la sua lunga distanza dai luoghi del potere, in un punto di forza, consentendogli di rivendicare le sue “mani pulite” di fronte alla disonestà del resto della classe politica. Grazie ai primi notevoli successi elettorali in una serie di elezioni comunali nel 1993, il partito, che aveva sempre sofferto del peso della sua “identità illegittima “15 , riuscì finalmente, un anno dopo, dopo l’entrata in scena di Berlusconi come federatore di un ampio fronte di forze ostili alla sinistra e l’adozione di una nuova legge elettorale, a ottenere un ruolo all’interno del governo, cambiando poi nome in Alleanza nazionale e accentuando ulteriormente la sua distanza dal fascismo16.

Mentre questo accadeva in Italia, in altri Paesi europei prendeva forma quella che Ignazi proponeva di chiamare “estrema destra post-industriale”, in contrasto con l’estrema destra “tradizionale” ancora legata alla memoria e al culto del fascismo. Pur continuando a ritenere che alcuni tratti antisistema e un’ideologia delegittimante la democrazia liberale siano presenti nei partiti appartenenti a questa famiglia, Ignazi ritiene che essi non possano essere visti come “una rivitalizzazione del ‘mito della palingenesi’ del fascismo [perché] offrono una risposta ai conflitti della società contemporanea (è questa la chiave del loro successo)”. Per questi gruppi, “la difesa della comunità naturale contro la presenza degli stranieri (da cui razzismo e xenofobia) è soprattutto una risposta identitaria all’atomizzazione e alla spersonalizzazione; l’invocazione della legge e dell’ordine, l’appello diretto al popolo e l’irritazione per i meccanismi rappresentativi rispondono al bisogno di autorità e di guida in una società in cui l’autorealizzazione e l’individualismo hanno lacerato le maglie protettive dei legami sociali tradizionali; il recupero dei valori morali tradizionali è la risposta al libertarismo post-materialista17 “.

Secondo Ignazi, Alleanza Nazionale, diretta discendente del MSI, non aveva adottato questa forma innovativa, rimanendo nel limbo di un “post-fascismo” dai contorni ancora incerti18 e che solo in seguito avrebbe portato a una vera e propria evoluzione rispetto alle posizioni originarie. La sua comparsa, tuttavia, ha posto fine al lungo periodo di monopolio del neofascismo sull’estrema destra e ha rivelato uno scenario caratterizzato da tre distinti e concorrenti percorsi di sviluppo di quello che la letteratura accademica ha definito radicalismo di destra19 : fondamentalismo ideologico combinato con populismo e conservatorismo nazionale.

Dal Congresso di Fiuggi del gennaio 1995, quando si decise lo scioglimento del MSI, la prima di queste strade è stata seguita da tutti i gruppi che hanno rifiutato di abbandonare l’identificazione con l’esperienza fascista e che, nonostante la continua e intensa mobilitazione della loro base militante, non sono riusciti a rompere il cordone sanitario eretto dalle altre forze politiche, né a emergere dai margini. La palese inconsistenza della loro base elettorale (le liste collegate a questo campo politico, nel complesso, non hanno superato l’1,3% nelle elezioni legislative del 2018) ha segnato la definitiva sconfitta di questa opzione. Le altre due hanno dovuto attendere l’affievolirsi dell’ondata iniziale di Alleanza Nazionale per potersi delineare più chiaramente.

Tra il 1995 e il 2009, lo spazio elettorale della destra nel sistema italiano si è ampliato fino a superare la soglia del 15% (15,7% nel 1996, più lo 0,9% dei concorrenti del Movimento Sociale-Fiamma Tricolore, un piccolo partito nostalgico guidato dall’ex segretario del MSI Pino Rauti), ma allo stesso tempo la sua influenza politica, che all’inizio di Tangentopoli era sembrata in forte crescita (l’Msi era riuscito a superare il 30% alle elezioni comunali di Roma e Napoli e a conquistare trentatré amministrazioni comunali in città con più di 15.000 abitanti tra la primavera e l’autunno del 1993). 000 abitanti tra la primavera e l’autunno del 1993) si è ridotta. Pur essendo stata ammessa nella coalizione che Berlusconi aveva creato nel 1994 per sconfiggere l’unione delle forze di sinistra, Alleanza Nazionale ha sofferto fin dall’inizio di essere un “junior partner” in questa alleanza, a causa della maggiore forza elettorale di Forza Italia e soprattutto della preponderanza del personaggio mediatico del premier. Se l’ingresso nel governo con cinque ministri e dodici sottosegretari di Stato è stato un successo importante, che ha segnato la fine dell’esclusione dei neofascisti dai giochi di potere, la gestione dei rapporti con gli alleati non si è rivelata facile. Le maggiori frizioni si ebbero con la Lega Nord, il cui programma federalista – espressione di un’ideologia secessionista – contrastava nettamente con il nazionalismo e il centralismo di Alleanza Nazionale, ma anche con la componente ex democristiana e con Forza Italia, dove di tanto in tanto sorgevano dei contrasti.

Già nel 1996 si manifestarono alcune differenze strategiche tra i membri della coalizione. Fini, che tendeva sempre più a personalizzare la sua leadership e a governare da solo il partito, avvalendosi degli amplissimi poteri conferitigli dallo statuto, senza tenere conto delle istanze – spesso divergenti – delle correnti interne, si oppose alla scelta di Berlusconi di consentire la nascita di un governo tecnico sostenuto da quasi tutti i gruppi presenti in Parlamento e preferì indire elezioni politiche anticipate, nella speranza di ottenere un risultato che mettesse in discussione la posizione del fondatore di Forza Italia come leader assoluto della coalizione. La manovra è fallita, ma AN ha ottenuto un risultato storico, con il 15,7% dei voti espressi, e il suo presidente ha poi deciso di rendere ancora più evidente la competizione diretta con Forza Italia. Per farlo, scrive Ignazi, “ha enfatizzato una certa distanza e separazione dal proprio partito per massimizzare politicamente il successo della propria immagine20 ” e ha moltiplicato le occasioni di contestazione. In altre parole, per evitare di subire le conseguenze della sua immagine di membro estremo dell’alleanza, ha deciso di avvicinare il suo partito al centro. La risposta di Berlusconi fu quella di radicalizzare la critica alla sinistra, con cui Fini cercava di dialogare per arrivare a una riforma condivisa delle istituzioni in senso presidenziale, presentandosi come il vero baluardo contro la conquista del potere da parte degli ex comunisti21.

Da quel momento in poi, anche i rapporti personali tra i due uomini cominciarono a inasprirsi, mentre all’interno del partito si accentuò il divario tra un’ispirazione liberale, favorevole alle privatizzazioni e alle leggi del mercato, e un’ispirazione “sociale”, in cui persisteva la diffidenza verso il capitalismo. La strategia di Fini subì due sconfitte nel 1999; in primo luogo nel referendum sulla legge elettorale che, eliminando definitivamente l’assegnazione proporzionale di una parte dei seggi parlamentari, avrebbe reso Alleanza Nazionale indispensabile – e quindi influente – in qualsiasi futura coalizione di centrodestra; in secondo luogo nelle elezioni europee, dove Alleanza Nazionale rinunciò al proprio simbolo per presentare una lista comprendente esponenti del Partito Popolare, erede della DC, e del Partito Radicale, noto per le sue posizioni progressiste, perdendo così un terzo degli elettori conquistati cinque anni prima.

Nonostante il successo del centrodestra alle elezioni legislative del 2001 (49,6% dei voti espressi) e il ritorno al governo, in cui a Fini è stata affidata la vicepresidenza, il progetto coltivato dal presidente di Alleanza Nazionale non ha fatto passi avanti. Il suo partito è sceso al 12%, mentre il reintegro della Lega Nord nella coalizione, dopo il duro confronto degli anni precedenti, complica ulteriormente gli accordi sulla linea politica ed economico-sociale da seguire. Gli scontri tra i due partiti diventano frequenti, costringendo Berlusconi a cambiare la composizione dell’esecutivo nel luglio 2004 e a chiedere nuovamente al Parlamento il voto di fiducia. Nel frattempo, il leader di Alleanza Nazionale trovò nuovi modi per sottolineare la sua distanza dalle idee a cui la maggioranza del suo partito era rimasta legata: Gianfranco Fini propose di concedere agli immigrati il diritto di voto alle elezioni amministrative, poi, durante un viaggio in Israele, di descrivere il periodo successivo al 1938 del regime fascista, in particolare le sue leggi razziali, come “male assoluto”, e di difendere la procreazione medicalmente assistita contro il parere del Vaticano. Queste proposte suonavano come una rottura con la tradizione ideologica e culturale da cui AN era emersa, e così furono viste da molti membri della direzione del partito, accentuando la spaccatura interna. Senza cedere agli appelli dei dissidenti, Fini proseguì sulla strada dell’avvicinamento agli ambienti liberal-conservatori europei, citando José María Aznar, Nicolas Sarkozy e David Cameron come modelli di una destra moderna, anche se questo significava provocare una scissione più significativa delle precedenti, quella de La Destra, che alle elezioni politiche del 2008 ottenne il 2,8%.

Il ritorno al governo dopo il successo della coalizione di centro-destra alle elezioni del 2008 non ha favorito la situazione. Nel novembre 2007, Fini ha minacciato pubblicamente di abbandonare l’alleanza, denunciandone l’incapacità di affrontare le questioni più urgenti del momento. Lo stesso giorno, Berlusconi ha risposto annunciando, senza alcuna consultazione preliminare, la creazione di un nuovo partito, il Popolo della libertà (PdL). Inizialmente la reazione di Fini è stata dura e ha incluso il tentativo di creare un partito alternativo, l’Alleanza per l’Italia, ma la caduta del governo Prodi ha impedito che l’operazione andasse a buon fine e, visti i tempi stretti dell’imminente campagna elettorale, lo ha costretto ad aderire al cartello voluto dal Cavaliere. Nel frattempo, la fondazione Fare Futuro, creata dall’ala liberale del partito, continuava a stabilire contatti con esponenti di spicco del centro e della sinistra moderata, con l’obiettivo di trovare interlocutori disposti a legittimare Fini come successore di Berlusconi alla guida del campo moderato. Scegliendo di farsi eleggere Presidente della Camera dei Deputati, l’ex Presidente di Alleanza Nazionale ha voluto assumere un profilo super partes, contrapponendosi in modo sempre più evidente alla controversa figura dell’alleato-avversario lontano dal “bon ton” istituzionale. Gli scontri divennero così frequenti che i rapporti tra i due uomini si incrinarono definitivamente: dopo un’accesa lite, Fini fu espulso dal PdL e costituì prima un proprio gruppo parlamentare e poi un partito, Futuro e Libertà per l’Italia (FLI), nel tentativo, non riuscito, di sfidare il governo a cui aveva partecipato. Molti deputati e senatori di Alleanza Nazionale, però, non lo hanno seguito e FLI è sopravvissuto ai margini del sistema fino alle elezioni del 2013, quando ha subito una clamorosa sconfitta, ottenendo solo lo 0,47%, pur facendo parte della coalizione centrista guidata dal premier uscente Mario Monti.

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La strategia populista: la Lega di Matteo Salvini

Proprio l’infelice conclusione dell’esperimento di governo tecnico di Monti, sostenuto dal centrodestra e dal centrosinistra ma fortemente impopolare a causa delle misure di austerità economica attuate, ha inaugurato una nuova fase del percorso della destra italiana, quella populista, incarnata principalmente dalla Lega tra il 2013 e il 2018.

Già considerata un partito della destra radicale populista da Hans-Georg Betz nel suo studio del 1994 e inclusa nella stessa categoria da Cas Mudde tredici anni dopo22 , la Lega ha subito una lunga serie di riadattamenti ideologici, tattici e strategici nel corso della sua storia. Fondata con il nome di Lega Nord nel 1989 per riunire in un’unica organizzazione diversi movimenti autonomisti che si erano sviluppati nelle regioni settentrionali del Paese in polemica contro l’eccessiva centralizzazione dell’amministrazione statale, le procedure burocratiche farraginose, il peso della tassazione, la corruzione dei partiti e l’inefficienza del Parlamento23 , inizialmente rivendicava un’identità liberale, soprattutto in ambito economico. Il crollo della Prima Repubblica, tuttavia, ha costretto la Lega ad abbandonare il ruolo di mero portavoce della “voce del Nord” e ad accettare la logica delle alleanze, pur considerandole sempre precarie e provvisorie. La breve esperienza di governo del 1994-1995, tuttavia, dimostrò la sua incapacità di abbandonare gli attacchi all’establishment, e la fase pro-indipendenza che seguì mostrò ancora più chiaramente la sua mentalità populista.

Oltre alle campagne contro l’immigrazione e la partitocrazia, temi sempre presenti nei suoi programmi, da quel momento in poi attaccò anche l’Unione Europea e i “poteri forti”, l’alta finanza e la grande industria, ricorrendo talvolta ad argomentazioni complottiste, oltre a difendere la famiglia e le tradizioni dalle istanze progressiste, a rifiutare l’omosessualità, a chiedere misure protezionistiche in economia, a opporsi alla delocalizzazione dei processi produttivi e a denunciare le conseguenze negative della globalizzazione. Queste posizioni gli hanno permesso di diventare il partito più amato dagli elettori della classe operaia nel 1996. Dopo l’11 settembre 2001, la denuncia della minaccia islamica in Europa e gli appelli alla costruzione di un fronte comune euro-americano per difendere la civiltà occidentale dalle insidie del terrorismo islamico si sono inseriti in questo quadro. Tutte caratteristiche che hanno permesso alla Lega di entrare nella famiglia dei partiti populisti della destra radicale.

Tuttavia, nel 2012, dopo un periodo di crisi interna innescato dallo scandalo della cattiva gestione dei fondi pubblici, che ha portato all’allontanamento del leader storico del partito Umberto Bossi – già menomato da un ictus nel 2004 – l’ex ministro dell’Interno, divenuto presidente del partito, è stato costretto a dimettersi, Dopo aver ottenuto il peggior risultato elettorale della storia del partito (4,1% dei voti espressi), la Lega è riuscita a risollevarsi, eleggendo Matteo Salvini come segretario e adottando pienamente l’agenda nazional-populista.

Sfruttando appieno le possibilità offerte dai social network24 e sfoggiando il linguaggio aggressivo e talvolta volgare di un “uomo del popolo”, Salvini ha scelto come bersagli polemici la classe politica e l’Unione Europea, accusate di non aver risposto efficacemente alla crisi economica del 2008-2011, gli intellettuali, accusati di appoggiare tutte le proposte progressiste in materia di diritti civili (matrimonio e adozione per gli omosessuali, maternità surrogata, ecc. ) e soprattutto l’immigrazione, considerata una fonte di concorrenza sleale per i lavoratori autoctoni e una minaccia per la coesione culturale del Paese e per lo stile di vita della popolazione. Insistendo su questo pericolo e facendone il fulcro delle campagne elettorali, Salvini ha portato la Lega da una dimensione regionale a una nazionale, sostenendo un credo nazionalista, ultraconservatore e xenofobo. La sua ammirazione per la Russia di Putin e per le idee di Trump lo ha portato a stringere legami con altri partiti della destra radicale europea e ad aderire al gruppo Europa delle Nazioni e delle Libertà di Marine Le Pen al Parlamento di Bruxelles, poi diventato Identità e Democrazia. Nonostante questa caratterizzazione ideologica radicale, la nuova Lega, grazie ai suoi successi elettorali (17,4% alle elezioni politiche del 2018 e 34,3% alle elezioni europee del 2019), è riuscita a conquistare il primato all’interno della coalizione di centrodestra, a scapito di Forza Italia, e ha potuto così rendersi autonoma, formando un governo con l’altra formazione populista di protesta, il Movimento 5 stelle (M5S).

Per poco più di un anno, dal giugno 2018 all’agosto 2019, questa coalizione di forze anti-establishment è stata indicata come il caso di maggior successo della strategia messa in atto dai partiti populisti di destra radicale sul palcoscenico europeo e ha suscitato grande preoccupazione nella Commissione europea e in molti governi stranieri. Tuttavia, nell’agosto 2019, Salvini ha commesso il grave errore di voler porre fine all’accordo con il M5S, nella speranza di poter ripetere o estendere il successo registrato alle elezioni europee in elezioni politiche anticipate, che il Presidente della Repubblica non avrebbe concesso. È così che Salvini ha rapidamente trasformato un trionfo in un disastro. Non appena ha lasciato il governo, la Lega ha iniziato a vedere calare le intenzioni di voto a suo favore nei sondaggi e da allora non è più riuscita a invertire questa tendenza. Allo stesso tempo, gli elettori che avevano abbandonato la Lega, ritenendo Salvini inaffidabile, hanno spostato le loro simpatie su Fratelli d’Italia. La pandemia Covid-19, che ha visto Salvini a lungo incerto sulla posizione da assumere su contenimento e vaccini, poi desideroso di entrare nel governo guidato da Mario Draghi – un banchiere, e quindi una delle figure storicamente più odiate dalla Lega e in generale da tutti i populisti – ha accentuato questo processo di rapida dissoluzione del capitale elettorale della Lega, che in poco più di tre anni è sceso dal 34,3% delle elezioni europee del 2019 all’8,9% delle elezioni politiche del 2022.

Questo risultato ha segnato la sconfitta (almeno temporanea) di un nazional-populismo che sembrava destinato a inaugurare un ciclo di egemonia nello spazio della destra e ha rilanciato, con molta più forza e su nuove basi, il progetto nazional-conservatore che si era incarnato tra il 1995 e il 2009 in Alleanza nazionale.

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Dalla scissione del Popolo della Libertà al potere: la fulminea ascesa di Giorgia Meloni

Il protagonista di questa nuova fase della storia della destra italiana è senza dubbio Fratelli d’Italia (FdI). Nel giro di quattro anni, Fratelli d’Italia è passata dal 4,4% al 26% dei voti alle elezioni politiche. Dopo un anno di governo guidato dal suo leader, Fratelli d’Italia ha ora il 30% dei voti, secondo i sondaggi, e rappresenta il punto di arrivo provvisorio della metamorfosi della destra. Sebbene più volte definito dagli osservatori come estremo, radicale o neofascista, per superare il deficit di legittimazione che lo aveva sempre penalizzato e conquistare le simpatie dei segmenti moderati dell’opinione pubblica italiana, Fratelli d’Italia è stato portato a moderare sempre più le sue idee, i suoi comportamenti e i toni della sua espressione, accettando di socializzarsi alla democrazia compiendo quello che Ignazi ha definito “il lungo viaggio nelle istituzioni”.

La sincerità di questa presa di distanza di FdI, dei suoi dirigenti e dei suoi militanti dalle simpatie e dalle nostalgie fasciste coltivate da molti di coloro che avevano militato nei due precedenti “partiti-fiamma” è stata oggetto di un ampio dibattito fin dalla comparsa della nuova sigla sulla scena politica italiana. Consapevole dei dubbi esistenti al riguardo, Giorgia Meloni ha deciso di pubblicare il suo libro autobiografico per chiarire la sua visione del mondo e i suoi obiettivi. Come già accennato, le dichiarazioni dei rappresentanti del partito e i suoi documenti ufficiali sono stati oggetto di numerose analisi. Gli autori sono giunti a diverse interpretazioni: c’è chi ha osservato un’evoluzione rispetto al suo passato neofascista, chi lo ha collocato – insieme alla Lega – nella famiglia della destra radicale populista e chi continua a considerarlo di estrema destra. Ognuna di queste interpretazioni contiene elementi e considerazioni interessanti che meritano un attento esame. Tuttavia, per verificare la solidità dell’insieme, è necessario ricostruire, in modo sintetico, il percorso compiuto da questo raggruppamento politico fino ai giorni nostri: un percorso che è stato meno lineare di quanto sostengono i suoi sostenitori e che ha attraversato diverse tappe, segnate da posizioni piuttosto diversificate.

Quasi tutte le analisi convergono su un punto: quando il partito è stato creato il 16 dicembre 2012, l’intenzione dei suoi fondatori non era semplicemente quella di riunire i reduci di Alleanza nazionale delusi dal progressivo logoramento del Popolo della Libertà. I tre principali promotori – Giorgia Meloni, ex presidente di Azione giovani, l’organizzazione giovanile di Alleanza nazionale, già vicepresidente della Camera dei deputati e poi ministro della Gioventù; Ignazio La Russa, attivista fin dagli anni Sessanta all’interno del Msi e a lungo dirigente di quel partito e di Alleanza nazionale; Guido Crosetto, proveniente da Forza Italia ed ex sottosegretario al Ministero della Difesa – avevano in mente un progetto più ambizioso: ricostruire l’intero centrodestra su nuove basi. Centrodestra Nazionale era il nome scelto da La Russa per il partito che intendeva fondare quando decise di separarsi dal Popolo della Libertà in reazione alla decisione di Berlusconi di far risorgere Forza Italia. A unirli è stata la comune avversione per la decisione del leader del PdL di sostenere il governo Monti e di revocare le elezioni primarie organizzate per determinare il suo successore alla guida del “partito unico”. Per ribadire le intenzioni iniziali dei fondatori, a quasi un anno dalla nascita di Fratelli d’Italia, Crosetto formulò una chiara domanda retorica in occasione della festa di Atreju, una sorta di fiera del partito: “Chi può rappresentare il centrodestra, se non noi?25”.

Il programma elaborato in fretta e furia per le elezioni del febbraio 2013 usa toni sommessi e si limita a proporre un pacchetto di riforme in linea con quanto sostenuto in più occasioni dagli ex esponenti di Alleanza Nazionale confluiti nel Popolo della Libertà: elezione diretta del Presidente della Repubblica, abolizione del bicameralismo perfetto, riduzione del numero dei parlamentari; riduzione del debito e della spesa pubblica; lotta agli sprechi e promozione di una nuova etica pubblica; riduzione della pressione fiscale; separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri; sostegno alla natalità per combattere il declino demografico. Solo alcune proposte riecheggiano le tesi nazional-populiste: una critica qualificata all’euro, che “funge da amplificatore delle disfunzioni degli Stati nazionali”, e l’affermazione “crediamo nell’Europa dei popoli, ma non nell’Europa della finanza e delle oligarchie”. Anche sull’immigrazione le formule scelte sono caute: “Governare i flussi, controllare le frontiere, far rispettare lo Stato di diritto significa garantire l’accoglienza, l’integrazione e la solidarietà”, pur precisando che “parallelamente alla lotta intransigente all’immigrazione clandestina, deve essere perseguito con lo stesso ritmo il percorso di piena integrazione dei nuovi cittadini” e che “devono essere considerati aventi diritto coloro che completano il ciclo completo della scuola dell’obbligo e dimostrano piena integrazione e volontà di ottenere la cittadinanza “26.

La risposta alle urne è stata un modesto 1,96%. Questo risultato, inferiore alle aspettative, permise comunque al partito, in quanto “miglior perdente” della coalizione di centro-destra, di eleggere nove deputati, che portarono ad alcuni cambiamenti. Crosetto, che era stato nominato presidente del partito al momento della sua fondazione, passò il testimone a La Russa e, soprattutto, si cercò di ottenere il simbolo della fiamma tricolore dalla Fondazione Alleanza Nazionale, che ne deteneva i diritti di utilizzo. Una volta riuscita l’operazione, la scritta “Centrodestra Nazionale” fu rimossa dal simbolo a favore della fiamma e del nome della Meloni. Un altro gesto che indica chiaramente il reinserimento nella storia del MSI è stata la decisione di tenere il secondo congresso nazionale (dal 7 al 9 marzo 2014) a Fiuggi, luogo in cui più di diciannove anni prima si era svolta la cerimonia di fondazione di Alleanza Nazionale, e di fare della vedova di Giorgio Almirante l’ospite d’onore. Tuttavia, il programma elaborato per le successive elezioni europee, lungi dal collocarsi nella tradizione post-fascista, era decisamente orientato verso i temi cari alle formazioni nazional-populiste, che si stavano affermando in molti Paesi: uscita dall’euro e dai trattati fiscali e di bilancio dell’UE, riduzione dell’ingerenza delle istituzioni di Bruxelles nelle politiche nazionali, “protezionismo intelligente”, cooperazione europea contro l'”immigrazione incontrollata”, difesa delle radici cristiane del continente e della sacralità della famiglia, regole europee contro la finanza speculativa27. Più che allinearsi alle posizioni di partiti come il Rassemblement National, il Freiheitliche Partei Österreichs (FPÖ) o l’Alternative für Deutschland (AfD), con i quali non c’è ancora una collaborazione organica, la scelta di queste proposte suggerisce la volontà di competere con la Lega Nord, nel momento in cui si presenta sotto la guida di Salvini, per conquistare un elettorato euroscettico che i sondaggi danno in costante crescita.

Tuttavia, la sfida lanciata da Giorgia Meloni, recentemente divenuta presidente di FdI, al suo alleato e rivale non ha avuto immediato successo. Alle elezioni europee del 2014 i risultati elettorali sono stati in crescita, superando il milione di voti, ma il risultato del 3,7% non ha permesso al partito di superare la soglia per eleggere i membri del Parlamento europeo. Il primo obiettivo del nuovo Presidente è quindi quello di ristrutturare l’organizzazione in modo da poter fare efficacemente proselitismo e propaganda in tutta Italia, mentre l’Officina per l’Italia, laboratorio di idee aperto a intellettuali di varia estrazione, è chiamata da diversi mesi a definire la piattaforma politica e culturale su cui costruire il nuovo centrodestra. Gli ostacoli non sono mancati, anche al suo interno, dal momento che il relativo fallimento delle elezioni europee aveva scontentato una parte dei quadri intermedi, portando a una nuova scissione nel novembre 2015 e alla nascita del movimento Azione Nazionale28 , ma la coesione del gruppo dirigente, La candidatura di Giorgia Meloni a sindaco di Roma nel 2016, pur non essendo sostenuta da Forza Italia, ha rappresentato un momento di rilancio mediatico e politico: con il 12,3% ottenuto, la giovane leader di FdI ha aumentato la propria credibilità e popolarità, in un momento in cui Berlusconi – sempre più invischiato in cause giudiziarie e scandali – stava ottenendo i peggiori risultati nella storia del suo partito.

Gli indici di gradimento della Meloni erano ora più alti di quelli dei leader dei partiti alleati29 . Tuttavia, non erano sufficienti per ottenere un sostegno più ampio. Il partito si è quindi affidato a una linea ideologica più aggressiva, radicalizzando le posizioni precedenti al secondo congresso nazionale del dicembre 2017. Il leitmotiv del programma presentato in quell’occasione – il nazionalismo, definito con un po’ di pudore “patriottismo” – non rappresentava una novità rispetto al tono con cui veniva enunciato. Infatti, allo slogan “prima gli italiani” si accompagnava l’espressione di una “filosofia dell’identità” da cui derivavano la critica all'”universalismo radicale”, l’accusa rivolta all’ONU di volere una “sostituzione etnica” in Europa ispirata a un “astratto principio multiculturalista”, e la richiesta di misure rigorose per arginare i flussi migratori e contrastare il rischio di islamizzazione del continente30. Sono queste posizioni, contenute nella mozione approvata dai delegati (le tesi di Trieste), che hanno portato alcuni analisti a classificare Fratelli d’Italia come parte della destra radicale populista. Tuttavia, la lettura di questa mozione-manifesto rivela che accanto a queste posizioni, altre idee si ispiravano a una filosofia conservatrice destinata, nel tempo, a prevalere sulla cultura politica del partito: il recupero della tradizione e la critica al culto del progresso; la riaffermazione del ruolo centrale dell’autorità nella società e nello Stato; l’elogio della ruralità; il rifiuto della teoria del gender; la valorizzazione del patrimonio storico italiano: arte, archeologia, paesaggio e natura. Anche in politica estera si cerca un equilibrio tra conservatorismo e radicalismo: Se da un lato si afferma che “l’Italia fa parte dell’Occidente, è naturalmente alleata delle nazioni europee, degli Stati Uniti e degli altri popoli di cultura europea e occidentale” e che l’Alleanza Atlantica è il suo “ambito naturale di alleanza militare”, dall’altro si sostiene che l’Italia non condivide “la logica di ostilità nei confronti della Federazione Russa”, con la quale si ritiene “necessaria e proficua una stretta collaborazione sul piano economico e strategico”, anche nella lotta al terrorismo.

Per il momento, i benefici di questa accentuazione dei tratti ideologici anti-establishment del partito sono stati limitati. La concorrenza del M5S e della Lega era troppo forte. Questi due partiti sono emersi come vincitori delle elezioni generali del marzo 2018. Il M5S, con il 32,68%, non solo ha confermato la sua posizione di primo partito italiano, ma è anche riuscito a consolidare la supremazia acquisita cinque anni prima. La Lega, con il suo spettacolare balzo al 17,35%, ha superato per la prima volta Forza Italia, relegata al 14%. Il risultato ha lasciato a Salvini le mani libere per trovare alternative all’ormai classica coalizione di centrodestra (che non aveva abbastanza membri in parlamento per formare un governo indipendentemente dal sostegno degli altri partiti). Il leader della Lega ha colto l’occasione per accettare l’idea di un “contratto di governo” con il Movimento 5 stelle, basato su un programma in cui spiccano alcuni dei temi più cari ai populisti, come politiche più dure contro l’immigrazione o una drastica riduzione del numero dei parlamentari.

Di fronte a questo nuovo scenario, Fratelli d’Italia, che era tornato a guadagnare leggermente ottenendo il 4,35% e triplicando il numero di seggi in Parlamento (19 deputati e 7 senatori), sembrava non avere altra scelta che continuare ad accettare un ruolo secondario all’interno del centrodestra. Tuttavia, Salvini, che da tempo gode di un buon rapporto personale con Giorgia Meloni, ha cercato di convincerla a entrare nel governo guidato da Giuseppe Conte, avvocato e professore universitario, un outsider politico proposto dai sostenitori di Beppe Grillo. Se Fratelli d’Italia avesse fatto parte della maggioranza, la Lega avrebbe avuto un alleato per inserire nell’agenda di governo le misure a cui teneva particolarmente. La risposta, però, è stata negativa: Giorgia Melon ha ritenuto che l’esecutivo “giallo-verde” (i colori simbolo del M5S e della Lega) fosse troppo eterogeneo e troppo di sinistra. Questo rifiuto era un’espressione pratica delle tesi triestine: il populismo poteva essere un antidoto alla degenerazione dei legami sociali in un contesto in cui “i legami di appartenenza vengono scientificamente spezzati per costruire una massa di cittadini-consumatori senza storia, radici, identità, patria, comunità, religione o genere”, ma a condizione che i partiti adottassero un programma identitario. Il “populismo giustizialista e demagogico che si è diffuso in Italia”, cioè quello del M5S, era destinato a fare solo danni. Era quindi meglio restare fuori dal governo e concentrare le proprie energie sullo sviluppo delle strutture organizzative locali del partito.

Questa scelta ha dato i suoi frutti nel febbraio 2019, alle elezioni regionali in Abruzzo. Grazie anche all’indebolimento di Forza Italia, Fratelli d’Italia è riuscita a far accettare ai suoi alleati la candidatura di un suo esponente, Marco Marsilio, alla presidenza della Regione, che ha vinto con il 48,3%. La novità è stata notevole: per la prima volta Fratelli d’Italia ha conquistato la guida di un’istituzione, pur ottenendo molti meno voti della Lega (6,5% contro 27,5%), che aveva sfruttato l’effetto propulsivo dell’azione di Salvini come Ministro dell’Interno e il suo alto profilo mediatico.

Tre mesi dopo, le elezioni europee hanno confermato la straordinaria efficacia della strategia di “nazionalizzazione” e svolta populista che il segretario aveva imposto alla Lega: il 34,33% ottenuto alle urne (oltre 9 milioni di voti) è un risultato che nessuno immaginava possibile, né tra i sostenitori né tra gli avversari. Il ciclone Lega non ha però spazzato via Fratelli d’Italia, né Forza Italia, scesa all’8,79%, e il M5S, che ha visto quasi dimezzare il suo risultato (17,07%) rispetto alle elezioni politiche dell’anno precedente. Con il 6,46%, la lista che continua a portare il nome della Meloni in evidenza nel suo simbolo ha eletto cinque europarlamentari, un risultato che si rivelerà molto utile in seguito.

Tra i cinque eletti c’è Raffaele Fitto, giovane ma esperto politico – è stato presidente della Regione Puglia e ministro dal 2008 al 2011. Esponente di Forza Italia, vanta una vasta rete di relazioni personali, costruita durante i due mandati da europarlamentare nel gruppo del PPE. Grazie a lui, nel novembre 2018 Fratelli d’Italia è stata accolta nel gruppo parlamentare dei Conservatori e Riformisti europei (ECR), dominato dal PiS polacco. A Fitto è stata affidata la co-presidenza di questo gruppo.

I “governi del Presidente” compaiono quando il governo ha perso il sostegno della sua maggioranza parlamentare e il Presidente della Repubblica cerca di convincere i leader dei partiti a formare una nuova coalizione di maggioranza in grado di sostenere un governo alternativo senza dover ricorrere a nuove elezioni parlamentari.

L’adesione ai Conservatori ha permesso a FdI di dissipare, almeno in parte, il sospetto di essere rimasto un partito post-fascista di facciata e di dimostrare di non soffrire dell’isolamento a cui sono stati condannati i partiti populisti del gruppo Identità e Democrazia al Parlamento di Strasburgo. È stato quindi compiuto un primo passo verso l’obiettivo più ambizioso di raggiungere una posizione influente a livello internazionale. Ciò significava rafforzare gradualmente le relazioni con gli ambienti conservatori extraeuropei. In quest’ottica, nel febbraio 2020 Meloni ha ottenuto un invito alla National Prayer Breakfast di Washington, un importante raduno di conservatori americani. Lì ha elogiato la presidenza di Donald Trump. Due anni dopo, è stata invitata a parlare al CPAC, la più importante conferenza politica del mondo conservatore. Nel settembre 2020 le è stata affidata la carica di presidente del partito politico Conservatore e Riformista Europeo (CRE), che ricopre tuttora, essendo stata riconfermata a fine giugno 2023.

Nel frattempo, Matteo Salvini, a metà estate 2019, aveva deciso, come abbiamo detto, di interrompere la collaborazione con il M5S e il primo governo Conte, scommettendo che nuove elezioni lo avrebbero reso arbitro della politica italiana, da solo o in coalizione con alleati molto più deboli della Lega, o forse in un’alleanza ristretta ai soli Fratelli d’Italia – con i quali le differenze programmatiche si erano ormai fortemente ridotte. Il risultato delle elezioni europee lasciava presagire che il tandem Lega-FdI potesse raggiungere la soglia del 40% dei voti, il che faceva sperare in una maggioranza di seggi in Parlamento. Tuttavia, il Presidente della Repubblica ha respinto la richiesta di elezioni politiche anticipate, decidendo di affidare la guida del Paese a un governo tecnico. Questo governo non vedrà mai la luce a causa dell’accordo tra il M5S e il Partito Democratico per formare un secondo governo Conte, questa volta “giallo-rosso”. I piani di Matteo Salvini così rovinati hanno causato il suo forte declino.

L’estinzione della stella di Salvini è stata seguita quasi immediatamente dall’apparizione di quella della Meloni, che i sondaggi davano in forte ascesa. Ma è stato l’emergere della pandemia Covid-19 a dare a questa inversione di tendenza proporzioni ben maggiori.

Fin dall’inizio della crisi, Fratelli d’Italia ha espresso una forte opposizione al confino e all’imposizione del green pass, criticando le scelte del governo e dell’Unione Europea, schierandosi a difesa delle libertà individuali e chiedendo urgenti misure di sostegno economico per le categorie produttive colpite duramente dai divieti e dalle restrizioni. Dal canto suo, la Lega ha seguito una linea altalenante, oscillando tra la richiesta di maggiore fermezza nella lotta all’epidemia e il sostegno alle manifestazioni contro i vaccini.

Questo ha permesso a Giorgia Meloni di apparire più coerente e credibile e di recuperare il tempo perduto nel mondo dei social media, dove il numero dei suoi follower è aumentato notevolmente. La sua carta vincente, però, è stato il rifiuto categorico di entrare nell’esecutivo guidato dall’ex presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, dopo la caduta del secondo governo Conte. Mentre Forza Italia e, dopo qualche esitazione e dissidio interno, la Lega, hanno accettato l’invito a entrare nel governo di “salvezza nazionale” con i propri ministri, Fratelli d’Italia ha denunciato l’imposizione al Paese di un ennesimo esecutivo che non aveva ricevuto il consenso elettorale e ha guidato un’opposizione flessibile nelle scelte concrete (approvando misure che sembravano ragionevoli) ma inflessibile nella retorica e nella comunicazione. I sondaggi d’opinione, in costante aumento nel 2021-2022, mostravano che questa scelta era elettoralmente vantaggiosa.

Allo stesso tempo, si è rafforzata la tendenza a identificare il partito con il suo Presidente. Il suo successo agli occhi dell’opinione pubblica ha contribuito a contenere l’emergere di correnti interne. Qui troviamo una tendenza tipica dei “partiti di fiamma” a circondare il leader di un’aura di incontestabilità, e tanto più evidente nelle fasi di successo. Giorgia Meloni non dovette tenere un congresso, a causa delle condizioni imposte dalla pandemia, né occuparsi degli affari interni, che vennero affidati al vasto gruppo di collaboratori fidati, lasciandola libera di concentrarsi sul rapporto con l’opinione pubblica. Cercò di consolidare la sua immagine nell’immaginario collettivo degli italiani come una giovane donna, forte e coerente, intransigente nei suoi principi e allo stesso tempo materna e compassionevole. È questa, infatti, l’immagine che emerge dalla sua autobiografia, un vero e proprio successo editoriale. Ne sono state vendute quasi duecentomila copie. Anche i suoi avversari hanno involontariamente contribuito a questo sforzo di personalizzazione della sua immagine: per esempio, hanno prodotto un video ironizzando sul tono enfatico di uno dei comizi della Meloni (“Sono Giorgia, sono una donna, sono italiana, sono cristiana. Non possono togliermi questo”), un meme molto popolare sui social network che, invece di ridicolizzare la leader di Fratelli d’Italia, ha aumentato ulteriormente la sua popolarità. Tanto che, alla fine, il successo elettorale di Fratelli d’Italia nel settembre 2022 è apparso a tutti come un successo personale della leader. Nessuno ha contestato la sua nomina a Presidente del Consiglio, né tra i suoi alleati né tra i suoi avversari.

È nel periodo di più diretta competizione con la Lega, dal momento in cui Salvini ha fatto fallire il primo governo Conte e quando la sua popolarità ha iniziato a crollare, che Giorgia Meloni ha utilizzato maggiormente il suo repertorio stilistico populista, selezionando alcuni temi e attenuandone altri. La denuncia delle élite, che era stata il pilastro della sua retorica negli anni precedenti, si è limitata ad accuse più generiche e meno frequenti. La volontà popolare è stata invocata solo per incoraggiare il ricorso alle urne e per chiudere il capitolo dei “governi del Presidente” (della Repubblica)31 , senza abbandonare quell’esaltazione delle virtù della gente comune che è uno degli indicatori più chiari della mentalità populista. Pur ricordando lo stretto legame tra popolo e nazione, è su quest’ultima che si concentra la carica emotiva dei discorsi del leader. La stessa critica virulenta all’immigrazione è spesso sovrapposta agli appelli per il ritorno delle tradizioni culturali offuscate dall’ondata progressista scatenata dal movimento di protesta del 1968. L’attacco alla “lobby LGBT” e alla “follia” della teoria dell’intercambiabilità dei sessi – che in alcune occasioni, come i raduni organizzati in Spagna per sostenere i candidati del partito gemello Vox, sono emersi con particolare vigore – ne ha offerto un esempio lampante.

Tuttavia, dal giugno 2021, quando Fratelli d’Italia ha superato la Lega nei sondaggi e ha iniziato a intravedere la possibilità di prendere le redini della coalizione e quindi di guidare il futuro governo, queste dichiarazioni radicali sono state sempre più accompagnate da atteggiamenti più moderati e da una maggiore apertura al dialogo, soprattutto nelle sedi istituzionali, per dare al partito un’immagine più responsabile.

Il programma presentato per le elezioni del 2022 ha rispecchiato questo processo di “rimodellamento”, adottando toni più pacati, correggendo alcune posizioni precedenti e passando dalle solite accuse a critiche più ragionate, ampliando al contempo la portata dei temi trattati. Invece di denunciare i “tecno-burocrati di Bruxelles”, ad esempio, questo programma esprime l’intenzione di “rilanciare il sistema di integrazione europea, per un’Europa delle nazioni, basata sugli interessi dei popoli e capace di affrontare le sfide del nostro tempo”. Anche sul tema dell’immigrazione le intenzioni sono meno bellicose. Le proposte si limitano a chiedere “la difesa delle frontiere nazionali ed europee come previsto dal Trattato di Schengen e come richiesto dall’UE, con controlli alle frontiere e il blocco degli approdi per fermare, in accordo con le autorità nordafricane, il traffico di esseri umani” e la stipula di accordi tra l’UE e gli Stati di provenienza dei migranti illegali per gestire i rimpatri. Allo stesso tempo, il programma chiede la massima intransigenza contro il fondamentalismo islamico, ma anche contro ogni forma di antisemitismo e razzismo.

Vengono mobilitati altri strumenti per contrastare le accuse di estremismo da parte degli oppositori, come l’attenzione alla condizione femminile e alla dignità dell’individuo. Ciò include la promozione della “lotta contro tutte le forme di discriminazione, la promozione e il sostegno dei modi per emancipare le donne dagli stereotipi culturali che le pongono in una posizione subordinata”, nonché la lotta contro “tutte le discriminazioni basate sulle scelte sessuali e sentimentali delle persone”. Anche le questioni ambientali sono prese in considerazione. Tuttavia, se da un lato si sostiene la necessità di aggiornare e rendere operativo il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e di attuare la transizione ecologica prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, dall’altro si sottolinea la necessità di proteggere il sistema produttivo dai prevedibili effetti negativi delle politiche ambientali, “con particolare attenzione ai settori industriali difficilmente riconvertibili (ad esempio l’industria automobilistica)”. Considerando questi passaggi e l’allargamento degli orizzonti programmatici ad altri temi trascurati in passato, o liquidati in poche righe – a partire da quelli economici – è chiaro che questo programma riassume il compito che attende il partito quando si troverà alla guida del Paese.

Numero di volte che Fratelli d’Italia è stato eletto alle elezioni politiche ed europee, dalla sua fondazione fino alle elezioni del 2022

Source :

*Le elezioni parlamentari del 25 settembre 2022 sono state le prime a tenersi in seguito alla riforma che ha ridotto il numero dei deputati da 630 a 400 e quello dei senatori da 315 a 200.

Cronologia dei risultati elettorali dei tre “partiti fiamma” (MSI, AN, FdI) alle elezioni della Camera dei Deputati e del Parlamento Europeo (in %)

Source :

Salvatore Vassallo et Rinaldo Vignati, Fratelli di Giorgia. Il partito della destra nazional-conservatrice, Il Mulino, Bologne, 2023, p.222

IIIPartie

Qual è la situazione oggi in termini ideologici, organizzativi ed europei?

1

Sul fronte ideologico

Come era facile prevedere, assumendo le redini del governo come partito più forte della coalizione, Fratelli d’Italia è entrato in una nuova fase della sua storia, che lo costringe a trovare un equilibrio tra l’immagine saliente che gli ha fatto guadagnare tanti consensi negli anni dell’opposizione e quella molto più moderata e responsabile che si addice a tutti coloro che occupano i ruoli istituzionali più importanti. Gli osservatori che hanno descritto FdI come un partito populista di destra radicale semplicemente analizzando il contenuto dei suoi programmi o le dichiarazioni pubbliche dei suoi esponenti hanno recentemente trovato difficoltà a trovare dati a sostegno della loro tesi, anche se hanno cercato di evidenziare la persistenza di un certo “scivolamento” verbale tra gli attivisti ora assegnati a incarichi di governo, Come nel caso del rischio di “sostituzione etnica” dovuto all’eccessiva immigrazione citato dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che è anche cognato di Giorgia Meloni, o di alcune dichiarazioni ambigue sul regime mussoliniano da parte di La Russa, nel frattempo eletto presidente del Senato.

Di fronte a sfide inedite, il partito sembra obbligato a sciogliere i nodi residui che ne limitano i movimenti nell’attuale spazio politico e ideologico, e non solo in Italia. Le dure invettive contro l’Unione Europea, ancora presenti nell’autobiografia di Meloni, che la descriveva come “un parco giochi per tecnocrati banchieri che banchettano sulle spalle dei popoli “32 e come un’istituzione “utopica e potenzialmente tirannica “33 , hanno lasciato il posto a generiche proposte volte a riformare le istituzioni di Bruxelles. Nonostante la persistenza di una forma di opposizione all’immigrazione e la richiesta che l’UE adotti misure efficaci per contrastarla, non si parla più del blocco navale per impedire lo sbarco dei migranti, di cui si parlava molto spesso. D’altra parte, le critiche alle argomentazioni progressiste in materia di “questioni etiche” sono ancora frequenti: sebbene le unioni civili tra persone dello stesso sesso siano state accettate nel manifesto elettorale del 2022, la maternità surrogata, l’adozione da parte di persone dello stesso sesso e le teorie “gender” continuano a essere respinte.

Il profilo di Fratelli d’Italia nel 2024 sembra quindi essere quello di un soggetto politico la cui identità è ancora in via di definizione, in quanto risponde alle opportunità e alle sfide presentate dal contesto in cui si sta evolvendo. Saldamente ancorato alla destra dello spettro politico e con una concezione bipolare delle dinamiche sistemiche, il partito utilizza un mix di idee conservatrici e nazionaliste, presentate come “patriottismo sovranista”, come ingredienti di base del suo messaggio. Diffidente nei confronti del populismo – che contrasta con il culto dell’autorità statale dei suoi esponenti di punta ed è accusato di essere nient’altro che la versione contemporanea della demagogia34 – quanto del globalismo e del cosmopolitismo, la sua stella polare è un’idea di nazione che, pur mostrando alcuni tratti nativisti, non reca più alcuna traccia delle inclinazioni espansionistiche e bellicose che avevano caratterizzato fascismo e neofascismo. E l’antisemitismo era totalmente assente dai suoi riferimenti ideologici. I dirigenti del partito, guidati da Meloni, non perdevano occasione per manifestare il loro attaccamento alla democrazia, per ribadire la loro fedeltà all’Alleanza Atlantica in nome dei valori dell’Occidente liberale e per prendere le distanze dall’esperienza fascista35. La formula più appropriata per definire FdI oggi sembra quindi quella scelta da Vassallo e Vignati: un partito nazional-conservatore, formato, soprattutto ai vertici, da “democratici afascisti”, cioè da persone che si sono ormai lasciate alle spalle le grandi divisioni del Novecento e vedono nella frattura culturale tra conservatorismo e progressismo la linea di conflitto fondamentale dell’epoca attuale.

De-radicalizzare un partito che fino a poco tempo fa ha fatto del radicalismo verbale la sua arma più efficace, e rendere sempre meno estremisti i suoi programmi e la sua immagine, è dunque la scommessa che Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia sono ora costretti ad accettare, se non vogliono vivere a loro volta il brutale declino che Salvini e la Lega hanno subito tra il 2019 e il 2022. Allo stesso tempo, si tratta di tracciare un percorso di successo per i partiti fratelli in altri Paesi europei. L’obiettivo è rendere il Partito Popolare Europeo più di destra per cambiare le politiche dell’Unione Europea.

2
A livello organizzativo

Da questo punto di vista, Fratelli d’Italia si trova di fronte a una serie di sfide: consolidare la propria struttura organizzativa per completare il processo di istituzionalizzazione iniziato da pochi anni, accrescere il proprio capitale di legittimità a livello internazionale, stabilizzare i rapporti con gli alleati di coalizione per evitare il rischio di logoramento dell’azione di governo.

Sui primi due punti, la strada sembra ancora lunga e piena di insidie. La crescita rapidissima del suo risultato elettorale in proporzioni inaspettate ha posto Fratelli d’Italia in una situazione paradossale, simile a quella vissuta dalla Lega nel 2018-2019: ottenere un gran numero di cariche elettive a livello locale – consiglieri comunali e regionali, sindaci e vicesindaci – senza avere il personale adatto a ricoprirle e senza disporre di una rete di collegamenti organici con associazioni e gruppi di interesse in grado di garantire la collaborazione di esperti e tecnici di fiducia.

Orientamento politico delle coalizioni alla guida dei governi regionali

Source :

Nota: i numeri sulla mappa si riferiscono ai nomi delle regioni nella tabella della pagina seguente.

La presenza di Fratelli d’Italia nei consigli regionali

Nei primi anni della sua esistenza, in molte città di piccole e medie dimensioni, il partito non disponeva nemmeno di locali in cui allestire le sedi delle sezioni comunali e delle federazioni provinciali. Al momento della fusione con il Popolo delle Libertà, i locali appartenevano ad Alleanza Nazionale ed erano stati affidati a una fondazione che ne deteneva l’uso esclusivo. Solo una parte dei locali è stata affittata a Fratelli d’Italia. Il secondo congresso nazionale del 2017 ha cercato di porre rimedio a questi problemi avviando una nuova fase organizzativa. Nel 2019 è stato modificato lo statuto. Sono state stabilite regole più precise per il funzionamento della struttura interna, tra cui l’obbligo per tutti i membri eletti, a tutti i livelli, di versare un contributo finanziario.

L’organigramma elaborato in questa occasione è, sulla carta, molto complesso; riproduce la classica struttura dei partiti burocratici di massa. Il presidente, eletto dal congresso, è circondato al massimo livello da una serie di organi politici: l’assemblea, la direzione, il coordinamento politico, l’esecutivo e i dipartimenti tematici. Altri organi sono responsabili di compiti burocratici: la Commissione di garanzia, la Segreteria amministrativa e il Comitato amministrativo. In tutti questi organi, alcuni membri sono nominati direttamente dal Presidente, mentre gli altri sono eletti. Lo stesso schema si ripete, in forma semplificata, a livello locale, confermando la natura fortemente gerarchica del partito, ereditata dalla tradizione del MSI e di Alleanza Nazionale. Come hanno scritto Vassallo e Vignati, la struttura di Fratelli d’Italia “è guidata dal leader e dall’esecutivo nazionale”. I presidenti e i coordinamenti regionali sono strutture dipendenti da questo centro: “agiscono in base alle direttive nazionali del movimento “36 .

In teoria, il partito è caratterizzato da una forte democrazia interna. La selezione dei candidati alle cariche istituzionali si basa sul criterio delle elezioni primarie aperte ai sostenitori. Ma nella pratica le cose vanno diversamente. Dopo il 2017 non si è tenuto alcun congresso nazionale. Giorgia Meloni è stata scelta come Presidente per acclamazione. I membri dell’Assemblea e dell’Esecutivo sono stati eletti in blocco da una lista presentata dalla Presidenza. Lo stesso vale per i dirigenti regionali e provinciali, quasi tutti nominati dalla direzione nazionale, mentre alcuni di quelli eletti dai militanti furono sostituiti d’autorità dagli organi nazionali37.

Di fatto, il modello organizzativo di FdI sembra riprodurre il centralismo plebiscitario38 già sperimentato da MSI e AN: è un “partito del presidente”, la cui personalizzazione è ulteriormente accentuata dal fatto che Giorgia Meloni fa largo uso dei social media. Questo le permette di bypassare il filtro degli organi interni – che raramente vengono convocati – e di rivolgersi direttamente a iscritti e sostenitori, così come la sua costante abitudine di usare il pronome “io” anziché “noi” nei suoi discorsi pubblici, assumendo così la rappresentanza esclusiva del partito. Se questa accentuata leadership ha finora dato i suoi frutti in termini di risultati elettorali, ha certamente rallentato l’istituzionalizzazione del partito e la responsabilizzazione dei suoi quadri intermedi, dando adito a diffusi dubbi – più volte ripresi da stampa e osservatori – sul reale grado di competenza e capacità della classe dirigente su cui il Presidente può contare.

3
A livello europeo

Per quanto riguarda il problema della legittimazione internazionale, necessaria per un partito la cui storia affonda le radici nell’eredità neofascista, gli sforzi di Giorgia Meloni e dei suoi più stretti collaboratori, in particolare Guido Crosetto e Raffaele Fitto, sono stati intensi. Si è puntato soprattutto a confermare la vocazione atlantista e occidentale di Fratelli d’Italia, cancellando ogni precedente traccia di simpatia per la Russia di Putin, affermando il sostegno incondizionato all’Ucraina, ribadito in ogni occasione, e attenuando fortemente, ma non abbandonando, le critiche all’Unione Europea. Per affermare le credenziali conservatrici di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni ha fatto leva soprattutto sul suo ruolo di presidente del partito dei Conservatori e Riformisti europei, incontrando negli anni i rappresentanti dei partiti alleati, a partire dal polacco Morawiecki, dallo spagnolo Abascal e dall’ungherese Orbán. Questa scelta strategica l’ha portata a prendere sempre più le distanze dalle formazioni nazional-populiste del gruppo Identità e Democrazia, che comprende la Lega di Salvini, suo partner di governo, e il Rassemblement National. Questo allontanamento da Marine Le Pen è stato particolarmente marcato. Fino al 2017, Giorgia Meloni sosteneva di condividere con lei gli stessi ideali e la stessa linea politica, “per un’Europa dei popoli, delle patrie e delle sovranità “39 . La presidente di Fratelli d’Italia ne ha poi preso progressivamente le distanze, fino a non fare mistero della sua preferenza per Éric Zemmour come candidato alle elezioni presidenziali del 2022. Nonostante Marine Le Pen gli abbia espresso pubblicamente le sue congratulazioni e la sua gratitudine all’indomani del suo successo elettorale, nel settembre dello stesso anno, la frattura ha continuato ad approfondirsi, culminando nell’annuncio, nel febbraio 2024, dell’adesione di Nicolas Bay, unico eurodeputato di Reconquête! all’Assemblea di Strasburgo, al gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR). Questa mobilitazione è dovuta senza dubbio all’azione dell’eurodeputato Vincenzo Sofo, che è passato dalla Lega a Fratelli d’Italia nel 2021, lo stesso anno in cui è diventato marito di Marion Maréchal.

Questa affiliazione ha destato molto stupore tra i commentatori politici italiani, in quanto ritenuta in contraddizione con l’ambizione di Fratelli d’Italia di far parte della nuova maggioranza del Parlamento europeo dopo le elezioni del 6-9 giugno 2024 e, di conseguenza, di influenzare la scelta del Presidente della Commissione attraverso un accordo con il PPE. L’adesione del partito di Zemmour potrebbe rafforzare numericamente il gruppo conservatore e forse garantirgli un numero maggiore di eletti rispetto ai concorrenti di Identità e Democrazia, ma l’immagine di estremismo che Reconquête! si è creata all’estero, in particolare per il radicalismo delle sue idee sulla lotta all’immigrazione e all’Islam, potrebbe costituire un serio ostacolo al progetto di alleanza con i moderati e i centristi. Sappiamo che questa scelta non è stata condivisa da alcuni quadri di FdI. Evidentemente Giorgia Meloni ha deciso di tentare una nuova scommessa, dopo le tante che hanno segnato la sua ascesa politica, convinta di vincere. Il voto europeo, che per Fratelli d’Italia si preannuncia positivo, comporta quindi seri rischi per il capo del governo italiano.

Annexe I

Histoire de la droite italienne
Synthèse chronologique depuis 1922

Annexe II

Chronologie des gouvernements italiens depuis 1946

Note : La couleur indique le parti d’appartenance du chef du gouvernement.

 

Notes

Le leggi generali dell’ascesa delle grandi potenze, di China Institutes of Contemporary International Relations

L’MSS scopre le leggi della storia
Gli analisti dell’intelligence cinese sostengono che scienza e tecnologia decidono il destino delle grandi potenze

di CST | STRATEGICTRANSLATION.ORG
4 MAR 2024

La storia è il risultato di un incidente o segue una logica costante? Ci sono schemi da trovare nella crescita dei grandi imperi? Esistono leggi che determinano i cicli storici di ascesa e caduta? I ricercatori del China Institutes of Contemporary International Relations (CICIR) ritengono che tali schemi esistano e vogliono che i quadri del Partito Comunista ne siano a conoscenza. Questa settimana il CST presenta una traduzione delle loro conclusioni.

Il CICIR è il think tank interno scelto dalla principale agenzia di intelligence cinese, il Ministero della Sicurezza di Stato. Le agenzie di controspionaggio occidentali identificano il CICIR come un ufficio non ufficiale dell’MSS; le ricerche open-source sul CICIR confermano gli stretti legami tra gli analisti del CICIR e i funzionari dell’MSS. L’analogia più vicina sulla scena americana potrebbe essere il rapporto che la RAND Corporation aveva con l’aeronautica statunitense nei suoi primi anni di vita. La ricerca RAND aveva un duplice ruolo: affinare i concetti che guidavano gli approvvigionamenti e la strategia dell’Air Force e giustificare l’approccio dell’Air Force agli altri attori del sistema di sicurezza nazionale americano. La ricerca del CICIR – soprattutto quella pubblicata solo in cinese e quindi non rivolta a un pubblico internazionale – svolge probabilmente una funzione simile. Le pubblicazioni del CICIR segnalano le priorità dell’apparato di sicurezza statale cinese e fanno luce sulle idee che hanno acquistato le agenzie di intelligence civili cinesi.

Questa settimana il CST ha tradotto e pubblicato un estratto di un libro del 2021 scritto da un team di analisti del CICIR: National Security and the Rise and Fall of Great Powers. Analizzando l’ascesa e la caduta della Spagna e del Portogallo imperiali, dei Paesi Bassi, dell’Impero britannico, del Giappone post-Meiji, degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica, questo libro cerca di scoprire la “logica causale interna” e le “caratteristiche condivise nel percorso e nell’esperienza delle nazioni che si sono sollevate in passato”. La maggior parte del libro consiste in questi studi di casi individuali. Abbiamo tradotto il capitolo riassuntivo che tenta di sintetizzare le lezioni di questi casi di studio in una serie di principi generali di applicazione universale: “Le leggi generali dell’ascesa delle grandi potenze”.

Queste leggi non sono difficili da riassumere: Negli ultimi cinquecento anni le relazioni internazionali sono state caratterizzate da un’intensa competizione tra le varie grandi potenze. A parità di altre condizioni, la forza relativa di uno Stato è funzione del territorio, della popolazione e delle risorse naturali che controlla. Tuttavia, altre cose non sono state uguali. Dall’avvento delle rivoluzioni scientifiche e commerciali, la tecnologia ha fornito il vantaggio più decisivo sulla scena internazionale. Il potere deriva dalla prosperità. La prosperità, dalla produttività. Pertanto, le nazioni crescono se riescono a incorporare con successo la tecnologia avanzata nella loro economia nazionale. Non riuscire a cogliere l’ultima ondata tecno-scientifica significa stagnazione, declino e sconfitta.

Gli analisti del CICIR suggeriscono che lo sviluppo economico nelle condizioni moderne segue uno schema prevedibile:

Nel senso moderno del termine, lo sviluppo economico si traduce solitamente in una transizione dall’agricoltura all’industria a bassa tecnologia, per poi passare all’industria ad alta tecnologia e al settore dei servizi. Il percorso di industrializzazione di ciascun Paese non è identico, ma si conforma a una legge simile di progresso industriale, sviluppando di solito l’industria in una sequenza che inizia con l’alimentazione, passa al tessile, poi ai macchinari, ai prodotti chimici, all’elettronica e così via, sviluppandosi a turno intorno a questi punti focali. Man mano che le industrie primarie, secondarie e terziarie si evolvono fino ad assumere la posizione principale nella produzione sociale, anche l’industria dominante passa gradualmente da quella ad alta intensità di lavoro a quella ad alta intensità di capitale e tecnologia. Nell’industrializzazione dei Paesi sviluppati, di solito si sviluppa prima l’industria leggera, seguita da quella pesante.

Molti fallimenti nello sviluppo sono il risultato di deviazioni da questo percorso. Rise and Fall ci informa che questo è stato il caso del blocco comunista durante la Guerra Fredda, i cui membri hanno incautamente cercato di passare direttamente alla fase di sviluppo industriale dell’industria pesante. Il capitolo sostiene che molti Paesi in via di sviluppo che hanno dato priorità alla liberalizzazione politica rispetto all’industrializzazione sono caduti in una trappola simile.

La Cina del XXI secolo ha evitato tutte le trappole. Dotata di enormi vantaggi in termini di territorio, popolazione e risorse naturali, integrata nella più grande rete di scambi economici della storia mondiale, governata da un centro di governo stabile, e avendo cavalcato con successo la scala mobile dello sviluppo fino alle frontiere della scoperta scientifica, la Repubblica Popolare Cinese ha padroneggiato le arti della potenza nascente. L’unica cosa che le manca ora è una vera e propria supremazia tecnologica.

Ma è soprattutto la supremazia tecnologica che conta:

L’innovazione scientifica e tecnologica è una forza fondamentale per la crescita economica e funge da indicatore cruciale per la forza effettiva di una grande potenza…. I Paesi che possono occupare posizioni di leadership non sono quelli con più risorse, ma quelli che possono controllare l’ambiente politico e far sì che gli altri Paesi “facciano ciò che vogliono”. Chiunque sia in grado di guidare un nuovo ciclo di rivoluzione scientifica e tecnologica, guidato dalla rivoluzione informatica, sarà in grado di occupare una posizione di leadership nel futuro panorama politico.

Forse l’aspetto più interessante di questa narrazione sono le cose che mancano. Questo studio ha ben poco da dire sulla strategia militare e sulla struttura delle forze, sulle alleanze e sulla diplomazia, sulla tassazione e sul debito, sulla coesione sociale e sulla guerra civile, sullo spionaggio e sull’ideologia. Il team del CICIR comprende l’ascesa e il declino in termini tecno-industriali. Tutto il resto è una distrazione o una conseguenza a valle di questo fattore fondamentale.

Questo è significativo. Questo rapporto sull’ascesa e il declino delle grandi potenze è composto da analisti sul libro paga del Ministero della Sicurezza di Stato. Nel suo titolo c’è la dicitura “sicurezza nazionale”. Eppure ha poco da dire sulla diplomazia, sulla strategia o sulla spionaggio. Naturalmente ci sono molte altre fonti che parlano di queste cose, alcune tradotte da CST. Tuttavia, questo pezzo chiarisce che ci sono attori influenti nell’ecosistema della sicurezza statale cinese che credono che la competizione geopolitica sia semplicemente una competizione tecnologica con un altro nome.

Leggi la traduzione integrale e l’analisi di questo estratto qui sotto.

Le leggi generali dell’ascesa delle grandi potenze

April 15, 2021
大国崛起的一般规律
Introduzione
Gli imperi salgono e scendono. I poteri crescono e tramontano. Così è sempre stato. E così sarà sempre. Se c’è una logica dietro questo ciclo di ascesa e caduta, i leader del Partito Comunista Cinese vorrebbero conoscerla. Questo è l’obiettivo dichiarato di National Security and the Rise and Fall of Great Powers, il cui terzo capitolo è tradotto qui sotto. Attraverso casi di studio storici, questo libro promette di rivelare le forze storiche che decidono il destino delle nazioni e di dimostrare come il Partito abbia fatto leva su queste forze per garantire il ringiovanimento nazionale della Cina.

National Security and the Rise and Fall of Great Powers (d’ora in poi: Rise and Fall) è stato pubblicato nel 2021, sette anni dopo che Xi Jinping aveva introdotto nel Partito il paradigma della sicurezza nazionale totale. Il paradigma è un complesso di idee destinate a guidare i quadri nella minimizzazione dei rischi e nell’estinzione delle minacce in tutti i campi dell’attività statale. “Il paradigma della sicurezza nazionale totale non è solo un principio guida per le agenzie di sicurezza dello Stato”, si legge nell’introduzione di Rise and Fall. “Dovrebbe diventare la visione del mondo e la metodologia di ogni quadro in tutti i compiti. E dovrebbe anche diventare una lezione obbligatoria per il popolo cinese, che sta percorrendo il suo cammino da grande nazione a nazione forte”.1

Questa introduzione è stata scritta da Peng Yuan, all’epoca direttore del China Institutes of Contemporary International Relations (CICIR).2 Il CICIR è un centro di ricerca gestito dal Ministero della Sicurezza di Stato (MSS), la principale agenzia di intelligence cinese.3 Come Peng, i nove autori di Rise and Fall sono tutti studiosi affiliati al CICIR.4 Il loro lavoro è stato pubblicato dalla Total National Security. Il loro lavoro è stato pubblicato dal Total National Security Paradigm Research Center [总体国家安全观究中心], un think tank composto da ex analisti del CICIR incaricati di sviluppare concetti e materiali didattici per la Commissione centrale per la sicurezza nazionale. È il quinto libro di una serie. Ogni titolo di questa serie collega il paradigma della sicurezza nazionale totale a un argomento di interesse, come la “cultura” o la “biosicurezza”.5 Il tono è accademico ma accessibile. Come si legge nell’introduzione della collana, lo scopo di questa ricerca è “aumentare la consapevolezza generale della sicurezza nazionale” e sviluppare un curriculum standard per tutti i livelli di studi sulla sicurezza nazionale.

Xi Jinping cerca di instillare una consapevolezza diffusa – quella che chiama “coscienza delle calamità” [忧患意识]- della grande posta storica in gioco nei compiti altrimenti banali dei burocrati comunisti.6 Libri come questo fanno parte di questo programma. Pur non essendo autorevoli come i manuali dottrinali pubblicati dagli organi di partito di alto livello, i libri di questa serie, ciascuno scritto da un gruppo di analisti e studiosi dell’MSS per un pubblico interno, presentano il punto di vista unanime dell’apparato di sicurezza statale civile cinese sulle grandi questioni della diplomazia, della guerra e dello sviluppo economico che in teoria dovrebbero guidare le priorità di milioni di quadri.

La maggior parte delle pagine di Rise and Fall sono dedicate a singoli casi di studio. Ci sono capitoli che trattano della Spagna e del Portogallo imperiali, dei Paesi Bassi, dell’Impero britannico, del Giappone post-Meiji, degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica. Il capitolo tradotto di seguito tenta di sintetizzare le lezioni di questi casi di studio in un insieme di “leggi generali” [一般规律] di applicazione universale.

Non è difficile riassumere queste leggi: Negli ultimi cinquecento anni le relazioni internazionali sono state caratterizzate da un’intensa competizione tra le varie grandi potenze. A parità di altre condizioni, la forza relativa di uno Stato è funzione del territorio, della popolazione e delle risorse naturali che controlla. Tuttavia, altre cose non sono state uguali. Dall’avvento delle rivoluzioni scientifiche e commerciali, la tecnologia ha fornito il vantaggio più decisivo sulla scena internazionale. Il potere deriva dalla prosperità. La prosperità, dalla produttività. Pertanto, le nazioni crescono se riescono a incorporare con successo la tecnologia avanzata nella loro economia nazionale. Non riuscire a cogliere l’ultima ondata tecno-scientifica significa stagnazione, declino e sconfitta.

Alcuni elementi dello sviluppo scientifico sfuggono al controllo degli statisti. La produttività economica si diffonde geograficamente: il modo migliore per prevedere se un Paese potrà vantare grandi scienziati o costruire industrie all’avanguardia è se i suoi vicini stanno facendo la stessa cosa. Le nazioni non crescono da sole, ma in gruppi. Lo sviluppo di successo di questi cluster segue sempre uno schema specifico: gli investimenti stranieri sostengono la creazione di industrie leggere con requisiti minimi di capitale, come quella tessile. La ricchezza generata dall’industria leggera può essere investita in industrie pesanti ad alta intensità di capitale, come l’acciaio. Con l’aumento della produttività, il settore terziario dell’economia inizia a crescere. A questo punto, una nazione in ascesa dovrebbe disporre delle infrastrutture educative e tecnologiche necessarie per diventare un polo di innovazione a sé stante.

Molti fallimenti nello sviluppo sono il risultato di deviazioni da questo percorso. Così è stato per il blocco comunista durante la Guerra Fredda, i cui membri hanno incautamente cercato di passare direttamente alla fase di sviluppo industriale dell’industria pesante. Rise and Fall sostiene che i molti Paesi in via di sviluppo che hanno dato priorità alla liberalizzazione politica rispetto all’industrializzazione sono caduti in una trappola simile.

La Cina del XXI secolo ha evitato tutte le trappole. Dotata di enormi vantaggi in termini di territorio, popolazione e risorse naturali, integrata nella più grande rete di scambi economici della storia mondiale, governata da un centro di governo stabile, e avendo cavalcato con successo la scala mobile dello sviluppo fino alle frontiere della scoperta scientifica, la Repubblica Popolare Cinese ha padroneggiato le arti della potenza nascente. L’unica cosa che le manca ora è una vera e propria supremazia tecnologica.

Forse l’aspetto più interessante di questa narrazione sono le cose che mancano. Non c’è una discussione generale sulla strategia militare e sulla tecnologia militare, sui compromessi tra struttura delle forze, prontezza e sviluppo degli armamenti e nemmeno sul necessario equilibrio tra armi e burro. L’ascesa e la caduta delle grandi potenze non è presentata come una storia di vertici, alleanze, patti di sicurezza e organizzazioni internazionali, né di conquiste e colonie. Non si parla di tassazione, di debito nazionale, di politica monetaria, di politica fiscale o di problemi economici, come le crisi finanziarie o l’iperinflazione, che non siano direttamente collegati alla produttività totale dei fattori. Né, al di fuori di alcuni riferimenti obliqui nella sezione in cui si elogia la leadership centralizzata in stile Xi, si fa cenno alla corruzione, alla coesione sociale, alle tensioni etniche, ai conflitti tra le élite o alla guerra civile. Il capitolo tace anche sui problemi posti dallo spionaggio, dalla guerra psicologica, dal sabotaggio o dalla sovversione ideologica.

Ci sono altre fonti, molte delle quali autorevoli, che discutono a lungo e con grande passione questi altri elementi del potere nazionale. È tuttavia sorprendente che un rapporto sull’ascesa e il declino delle grandi potenze, composto da analisti dell’intelligence cinese, con le parole “sicurezza nazionale” nel titolo, abbia così poco da dire su diplomazia, strategia o spionaggio. L’ascesa e il declino sono intesi in termini tecno-industriali. Tutto il resto è una distrazione o una conseguenza a valle di questo aspetto fondamentale.

Questo approccio analitico potrebbe avere a che fare non tanto con modelli storici universali, quanto con la percezione che gli analisti cinesi hanno della moderna ascesa del loro Paese. La Cina impoverita degli anni Settanta non è diventata la Cina forte del 2020 grazie alla conquista militare o all’acume diplomatico. L’industrializzazione ha spianato la strada della Cina verso la grandezza. È naturale per gli analisti che hanno vissuto questa trasformazione pensare al potere nazionale come a una funzione della produttività totale dei fattori, e trovare conferma di questa lezione in tutta la documentazione storica.

È altrettanto naturale per questi analisti collegare i trionfi economici del recente passato cinese a un telos nazionale per il futuro del Paese. L’ovvio risultato di questo studio è che il futuro della Cina sarà determinato dalla sua capacità di padroneggiare e sviluppare nuove tecnologie. La competizione internazionale è una competizione tecnologica. Questa competizione deve essere finanziata di conseguenza.7

Negli annali della storia ci sono molti regni e imperi che hanno ottenuto vantaggi con altri mezzi. Il capitolo di sintesi di Rise and Fall ha poco da dire su di loro. Non offre alcuna guida alla grande potenza la cui economia vacilla o alla superpotenza che è rimasta indietro nella corsa alla scienza. Sembra che l’apparato intellettuale del sistema di sicurezza statale manchi di risposte concrete a questi problemi. Qualsiasi Comitato Centrale costretto a tornare agli strumenti tradizionali della diplomazia o della difesa per garantire il potere cinese si troverà quindi a improvvisare in un territorio inesplorato. Non potrà contare sull’esperienza personale dei suoi membri per guidare le proprie azioni, né su una serie di modelli storici ben compresi.

GLI EDITORI

1. Zhongguo Xiandai Guoji Guanxi Yanjiuyuan 中国现代国际关系研究院 China Institutes of Contemporary International Relations, Daguo Xingshuai yu Guojia Anquan 大国兴衰与国家安全 [National Security and the Rise and Fall of Great Powers] (Beijing: Shishi Chubanshe 时事出版社 [Shishi Publishing], 2021), x.
2. The current president of CICIR is Yang Mingjie [楊明杰]; Yuan Peng [袁鹏] served as the president of CICIR from 2018 to 2023.  According to a Taiwanese news outlet, Yuan changed his name to Yuan Yikun [袁亦鲲] and was appointed deputy minister at the Ministry of State Security in March 2023. See Chen Kuan-yu 陳冠宇, “Zhongguo dui Mei zhuanjia Yuan Peng Gaiming Chu Ren Guo’anbu Fubuzhang 中國對美專家袁鵬改名 出任國安部副部長 [Chinese Expert on the United States Yuan Peng Changes Name and is Appointed Deputy Minister of the Ministry of State Security],” China Times 中时电子报, 8 August 2023; Russel Hsiao, “Personnel Changes at the PRC’s Organs for Taiwan Intelligence Analysis,” Global Taiwan Brief Vol 8. Issue 16 (2023), 1-3. Though this appointment has not been confirmed by official sources, it is standard practice for MSS officials who have worked under aliases in the world of Chinese think tanks to revert to their real names upon advancing to a higher level position in the MSS. For examples, see Alex Joske, Spies and Lies (Melbourne: Hardy Grant Books, 2023), passim.
3. Peter Mattis and Matthew Brazil, Chinese Communist Espionage: An Intelligence Primer (Annapolis: Naval Institute Press, 2019), 57; “Profile of MSS-Affiliated PRC Foreign Policy Think Tank CICIR,” Open Source Center, 25 August 2011.
4. National Security in the Rise and Fall of Great Powers has nine contributors. All were employed by CICIR as analysts at the time the book was published. Zhang Yunchen [张运成] is the president of CICIR’s World Economics Studies Institute and the editor-in-chief of the book. Huang Ying [黄莺] is the vice president of the World Economics Studies Institute and specializes in global financial governance. Chen Wenxin [陈文鑫] is the acting president of the American Studies Institute and specializes in US-China relations, Asian-Pancific strategy, and American foreign policy. Zhao Xiongtu [赵宏图] is the department head of Energies Security Studies Center. Xu Gang [徐刚] is the acting department head of the Belt and Road Studies Center. Ni Jianjun [倪建军] is the acting president of the World Economics Studies Institute and specializes in economic security and international economic governance. Tang Qi [汤祺] is an analyst in the Northeastern Asia Studies Center. Li Yan [李艳] is the department head of the Cyber and Information Security Center and specializes in cyberspace governance. Shi Gang [石刚] is an analyst on piracy.
The book does not specify the authorship of each chapter. Based on their expertise, this chapter is likely drafted by the CICIR team from the World Economics Studies Institute: Zhang Yunchen, Huang Ying, and Ni Jianjun.
5. The series connects national security to six different areas of national concerns: Geography and National Security [地理与国家安全] (2021), History and National Security [历史与国家安全] (2021), Culture and National Security [文化与国家安全] (2021), Biosecurity and National Security [生物安全与国家安全] (2021), National Security and the Rise and Fall of Great Powers [大国兴衰与国家安全] (2021), and National Security and the Great Changes Unseen in a Century [百年变局与国家安全] (2021).
6. “Increasing our consciousness of calamity, and being vigilant during times of peace” [忧患意识,居安思危] is an ubiquitous phrase in CPC documents that captures an important aspect of the Party’s psyche. As one People’s Daily article puts it, “the Communist Party of China is a political party born from calamities, grown in calamities, and is becoming stronger from calamities.” This call for awareness of constant danger dates back to Mao Zedong, who admonished his cadres not to become complacent after the success of the revolution. Today, Xi quotes the phrases often to emphasize the challenges ahead. “The brighter the future, the more it is necessary to increase the awareness of potential calamities,” the People’s Daily quotes Xi. One “must be constantly prepared for danger in times of peace, and fully understand and be prepared for major risks and challenges.” For a discussion of the calamity consciousness from a party source, see Chen Shifa, “Zengqiang Youhuan Yishi 增强忧患意识 [Increase our Consciousness of Calamity],” Renmin Ribao 人民日报 [People’s Daily], November 2022.
7. The authors makes this point explicitly in the book’s final chapter:
As society develops the factors that determine the so-called life cycle of nations are not static. As we all know, today’s society has entered the information age. The information revolution dominated by information and communication technology (ICT) is not only changing science, technology and the economy, but also is changing politics, the military and social life. Information superiority is becoming the commanding heights of competition in composite national strength. Although material hard power is the basis of composite national strength, soft power can become an ‘amplifier’ of composite national strength. Therefore…. the countries that can occupy leadership positions are not those with the most resources, but those that can control the political environment and make other countries ‘do what they want.’ Whoever leads a new round of scientific and technological revolution led by the information revolution will be able to occupy a leadership position in the future political landscape.
“随着社会的发展,决定所谓国家生命周期的要素并非一成不变。众所周知,当今社会已进入信息化时代,以信息和通信技术(ICT)为主的信息革命不仅改变着科技与经济,也改变着政治,军事和社会生活。信息优势正在成为综合国力竞争的制高点。物质形态的硬实力因素固然是综合国力的基础,但是软实力因素却可以成为综合国力的“倍增器”。因此,哈瑟夫·奈认为,“信息正在变成实力”,权力的性质已由“高资本含量”(capital rich)变为“高信息含量”(information rich)。能够占据领导地位的国家并不是拥有最多资源的国家,而是那些可以控制政治环境并使别国“做其所思”的国家。谁能领导以信息革命为主导的新一轮科技革命,谁就能在未来政治格局中占据领导地位。“ 
See China Institutes of Contemporary International Relations, National Security and the Rise and Fall of Great Powers, 283.

Capitolo 3: Leggi generali dell’ascesa delle grandi potenze

L’ascesa e il declino delle grandi potenze, in cui ogni potenza sostituisce quella successiva, è un fenomeno comune nella storia dell’umanità. Innumerevoli studiosi esperti e pensatori d’élite hanno condotto ricerche approfondite e contemplato questo fenomeno nel tentativo di trovare leggi profonde di fondo, ma, finora, non c’è una soluzione soddisfacente da sostenere come standard. Tuttavia, la storia contiene in qualche misura una logica causale interna e ci sono caratteristiche comuni nel percorso e nell’esperienza delle nazioni che sono sorte in passato. Per i Paesi in ritardo di sviluppo che dispongono delle condizioni fondamentali necessarie, l’unico modo per cogliere l’opportunità e realizzare tale ascesa è quello di assorbire l’esperienza dei primi Paesi in via di sviluppo e formulare strategie adeguate sia alle proprie condizioni sia a quelle della loro epoca.

Il raggiungimento dello status di grande potenza dipende spesso da popolazione, territorio, risorse naturali, posizione geografica, potere economico, forza militare, soft power e altri fattori di questo tipo. Tra questi, la popolazione, il territorio e le risorse naturali sono i fattori fondamentali.1 Sono la base materiale per determinare se un Paese ha il potenziale per diventare una grande potenza. Ma se e in che misura questo potenziale può essere realizzato dipende in larga misura dalle strategie acquisite e dalle opportunità favorevoli. Una strategia nazionale adeguata non solo può spingere l’ascesa di una grande potenza e aiutarla a evitare potenziali deviazioni lungo il percorso, ma ha anche un peso sulla capacità di una grande potenza di mantenere il suo status di [grande potenza]. Ad esempio, dopo aver perso il suo status di potenza globale dominante, la Gran Bretagna è riuscita a mantenere la sua influenza per altri decenni. Questo perché ha deciso di stare al gioco degli Stati Uniti piuttosto che opporsi.

Più aree di superiorità possiede una grande potenza, maggiore sarà la sua forza nazionale composita e più lunga sarà la sua epoca di prosperità. Gli eccezionali vantaggi della Gran Bretagna e degli Stati Uniti negli elementi che conferiscono superiorità, come l’innovazione scientifica e l’efficienza del governo, nonché la loro leadership, rispettivamente, nella Prima e nella Seconda rivoluzione industriale, hanno garantito il loro status di superpotenze globali senza precedenti.2 Ma i risultati americani sono stati maggiori e la loro supremazia più straordinaria. Oltre ai benefici del vantaggio dell’ultimo arrivato, [il successo dell’America] è dovuto a un’eredità storica che ha fornito popolazione, territorio e risorse naturali, che le hanno permesso di beneficiare di economie di scala. Tuttavia, se una grande potenza è carente in alcuni aspetti, [queste carenze] possono essere compensate dalla [forza] in altri aspetti. Ad esempio, Portogallo, Spagna e Paesi Bassi avevano popolazioni relativamente piccole, ma hanno fatto leva sulla loro schiacciante superiorità commerciale e militare per diventare, almeno per un certo periodo, potenze globali dominanti.

Lo status di grande potenza dipende anche dalle condizioni della competizione internazionale. Paul Kennedy, nel suo libro The Rise and Fall of the Great Powers: Economic Change and Military Conflict from 1500 to 2000, afferma che l’ascesa e la caduta delle grandi potenze è relativa e deve essere considerata rispetto alla situazione globale e alle prospettive di altre nazioni.3 Nell’ultimo decennio del XX secolo, il crollo dell’Unione Sovietica, in precedenza concorrente alla pari degli Stati Uniti, ha conferito al suo rivale lo status senza precedenti di unica superpotenza globale. La Cina durante la dinastia Song era considerata la civiltà più avanzata del mondo e si trovava all’apice del potere scientifico, tecnologico ed economico, ma sfortunatamente stava raggiungendo questo status in un momento in cui i popoli nomadi stavano diventando le potenze preminenti. I quattro principali rivali dei Song, ossia i Tangut dello Xia occidentale, i Khitan del Grande Liao, i Jurchen del Grande Jin e i Mongoli, disponevano di potenti forze di cavalleria che neutralizzavano il vantaggio di ricchezza della grande potenza agraria, ostacolando la sua potenziale ascesa come signore supremo di un “ordine globale sotto il governo cinese “4 .

Ogni misura è conforme al suo standard quando è benedetta dai doni della natura

Una poesia del poeta della dinastia Qing Hong Liangji recita: “Quando si è benedetti da tutti i doni della natura, ogni misura è conforme al suo standard / perfetta come la rotondità della luna”.5 Questo verso sull’essere eccezionalmente benedetti dalle condizioni naturali si riferisce ai fattori e alle opportunità superiori necessari per il successo. Nell’ascesa delle grandi potenze, i fattori temporali, geografici e demografici sono tutti indispensabili. Una geografia o una demografia superiore, così come altri fattori di sviluppo simili, possono talvolta essere più importanti e avere un’influenza più decisiva delle istituzioni e dei sistemi. Non c’è alcuna garanzia che queste condizioni producano l’ascesa di una grande potenza; la mancanza di queste condizioni fondamentali, tuttavia, preclude necessariamente la possibilità dell’ascesa di una grande potenza. Quando il livello di scienza e tecnologia [tra le potenze concorrenti] è simile, allora le condizioni geografiche e demografiche diventano più importanti per garantire l’ascesa di una grande potenza e per [la capacità di tale potenza di] persistere nel tempo.

I grandi numeri fanno la forza

Dopo che Malthus ha proposto la sua “teoria della popolazione”, la società internazionale ha prestato molta attenzione ai potenziali impatti negativi della popolazione, ritenendo che la crescita demografica possa ostacolare lo sviluppo delle nazioni povere. Tuttavia, negli ultimi anni si sta prestando sempre più attenzione all’impatto positivo della crescita demografica sullo sviluppo. La popolazione e il territorio sono condizioni importanti per l’ascesa di una grande potenza. Il territorio significa risorse naturali e spazio per lo sviluppo; la popolazione rappresenta una forza lavoro e un mercato. Senza eccezioni, imperi storici come la Persia, Roma, la Macedonia, gli Han e i Tang avevano grandi popolazioni e vasti territori. Il Portogallo, la Spagna e i Paesi Bassi facevano affidamento su colonie estese e sui loro vantaggi in altre aree, come il capitale commerciale, la navigazione marittima e la potenza militare, ma sono rapidamente decaduti a causa della popolazione insufficiente nel loro territorio principale e della mancanza di territorio. Nell’era industriale, la divisione del lavoro nella società divenne sempre più complessa, con maggiori richieste alla forza lavoro e al mercato, rendendo difficile l’ascesa di grandi potenze per i Paesi privi di popolazione e territorio.

Alla vigilia della Rivoluzione industriale, la popolazione della Gran Bretagna era piuttosto numerosa. Dopo la Rivoluzione industriale, la Gran Bretagna, avendo avuto il vantaggio di svilupparsi precocemente, ha sfruttato tutto il potenziale della sua popolazione e delle sue risorse naturali. All’apice della sua prosperità, la Gran Bretagna, che possedeva solo il 2% della popolazione mondiale, deteneva più del 30% del PIL globale, rappresentava un quinto del commercio mondiale e due quinti del volume del commercio manifatturiero. Tuttavia, con la successiva industrializzazione di altri Paesi occidentali, i limiti della popolazione e delle risorse naturali limitate della Gran Bretagna divennero evidenti. Il politico britannico Leo Amery si chiedeva: “Come possono queste piccole isole resistere nel lungo periodo a imperi così grandi e ricchi come gli Stati Uniti e la Germania stanno rapidamente diventando? Come possiamo noi, con quaranta milioni di abitanti, competere con Stati grandi quasi il doppio di noi? “6 .

La popolazione degli Stati Uniti era di gran lunga superiore a quella di Inghilterra, Francia, Germania e Giappone, il suo territorio era molte volte più vasto e le sue prospettive di crescita demografica erano superiori a quelle delle altre nazioni sviluppate. In un certo senso, se diciamo che l’industrializzazione di Gran Bretagna, Germania, Francia e Giappone è stata trainata da un singolo motore, le regioni orientali, centrali e occidentali degli Stati Uniti, con la loro popolazione e la loro superficie, equivalgono a due, tre o più motori. Di conseguenza, il tempo necessario agli Stati Uniti per completare la piena industrializzazione è stato più lungo, la sua prosperità economica più duratura e la sua posizione di grande potenza ed egemone senza precedenti. Come afferma Zbigniew Brzezinski in The Grand Chessboard: American Primacy and Its Geostrategic Imperatives, l’America è “l’unica e, di fatto, la prima potenza veramente globale “7 .

Come dice il proverbio, “una barca piccola è facile da manovrare”. Il Giappone, con una popolazione relativamente bassa e una resistenza politica e culturale minima, è stato in grado di intraprendere rapidamente l’industrializzazione dopo la Restaurazione Meiji. Grazie ai vantaggi di uno sviluppo precoce e agli indennizzi pagati dopo la Prima guerra sino-giapponese, ai finanziamenti internazionali e all’effetto di esclusione tecnologica, il Giappone ha completato l’industrializzazione in un periodo di tempo relativamente breve ed è entrato nel novero delle nazioni sviluppate. Proprio come la Gran Bretagna, il Giappone ha compiuto un miracolo nonostante le dimensioni ridotte della sua popolazione e del suo territorio, diventando la seconda economia del mondo. Ma la popolazione e il territorio hanno limitato il loro spazio di crescita e, man mano che la forza lavoro, i mercati e la tecnologia hanno raggiunto i loro limiti, la crescita basata sull’economia giapponese orientata all’esportazione si è gradualmente esaurita e dopo gli anni ’90 il Giappone è caduto in una prolungata depressione.

La superiorità demografica e territoriale ha permesso alla Cina di diventare l’unica delle quattro grandi civiltà antiche ad essere arrivata fino a oggi e le ha fornito “una soglia di adattamento e una capacità di assorbimento”. L. S. Stavrianos ha affermato che “essendo troppo grande e coesa per essere conquistata completamente come l’India e gli altri Paesi del Sud-Est asiatico, la Cina non avrebbe mai ceduto del tutto [alla sfida occidentale]”8. Ma proprio l’enorme popolazione cinese e la radicata cultura tradizionale hanno opposto una grande resistenza e ritardato l’inizio della prima industrializzazione del Paese, che ha conosciuto numerosi tentativi falliti e sconfitte. All’inizio della Riforma e dell’Apertura, la popolazione tornò a essere un peso e fu necessaria una certa politica di pianificazione familiare per liberare la Cina dalla “trappola della povertà”. Dopo il decollo economico del Paese, il massiccio “dividendo demografico” è stato considerato uno dei principali fattori del miracolo cinese. Attualmente, il “dividendo demografico” è scaduto, ma il livello di istruzione e il reddito pro-capite forniranno un “dividendo del talento” e un “dividendo del mercato” senza precedenti. Una volta che una popolazione di 1,3 miliardi di persone si sarà arricchita, il risultato sarà un mercato sovradimensionato.

La popolazione massiccia e il territorio esteso dell’India hanno dato alla sua civiltà una posizione importante nel mondo antico, ma questi [fattori] sono diventati anche un peso all’inizio dell’industrializzazione. All’inizio del 2020, l’economia indiana supererà quelle di Inghilterra e Francia, diventando la quinta più grande del mondo. Goldman Sachs prevede che l’India avrà la terza economia mondiale entro il 2040.9 Mentre i Paesi dell’Europa e dell’Asia orientale affrontano problemi sempre più gravi con l’invecchiamento e la riduzione della popolazione, i numeri e la composizione della popolazione indiana presentano enormi vantaggi e potenzialità. Possono contare su “una continua abbondanza nella loro coorte di giovani”. [Come dice lo studioso americano [Fareed] Zakaria: “Se la demografia è il destino, allora l’India è sicura”.10

I vicini sono più cari dei parenti lontani11

Considerando i risultati economici della Cina dopo la Riforma e l’Apertura, il professore dell’Università del Wisconsin-Madison Edward Friedman ha affermato che uno dei fattori importanti è stato il fatto che la Cina fosse “situata nell’Asia orientale e non nell’Africa orientale”.12 In questo caso sta sottolineando l’importanza dell’ambiente alla periferia della Cina per la sua ascesa. Dopo la Riforma e l’Apertura, la Cina [si è unita] al trend di sviluppo postbellico dell’Asia orientale. In una certa misura, i risultati economici della Cina sono dovuti all’ascesa collettiva della regione, iniziata con la modernizzazione del Giappone e la realizzazione dell’industrializzazione del dopoguerra, che si è estesa alle Quattro Tigri Asiatiche, per poi trasformarsi in un’ondata di industrializzazione che ha raggiunto le coste della Cina e si è gradualmente diffusa nell’entroterra.

Di solito ci sono molti attriti tra Paesi confinanti, ma a livello di sviluppo civile ed economico spesso accade che “i vicini sono più cari dei parenti lontani”. Storicamente, la grande maggioranza degli Stati antichi e potenti era concentrata sul continente eurasiatico e tendeva a sorgere e cadere in sequenza e in gruppo. Dopo la rivoluzione industriale, i principali Paesi sviluppati si trovavano in Europa e in Nord America. Osservando l’ascesa e il declino di molte grandi potenze, si nota che l’effetto cluster e l’effetto di diffusione periferica sono molto forti nello sviluppo economico e nel progresso della civiltà. Questo si vede ancora più chiaramente nell’ascesa collettiva dell’Asia orientale, o nell’arrivo di quello che viene chiamato il “secolo dell’Asia-Pacifico”. Il percorso della Belt and Road Initiative cinese fornisce ulteriori prove [di questo fatto].

Anche il “decollo” dell’Europa è stato un processo collettivo. L’ascesa di Venezia e di altre città-stato italiane, del Portogallo, della Spagna e dell’Olanda ha costituito un nucleo economico e una base stabile per l’ascesa collettiva dell’Europa. L’economia britannica si è sviluppata sulla base del commercio con i Paesi della costa atlantica. Faceva parte di un’economia atlantica. Dopo la Rivoluzione industriale, il capitale britannico superò la Manica e si diffuse in Francia e in altre regioni dell’Europa occidentale. Nello stesso periodo, l’industria manifatturiera moderna sbarcò in Nord America; in una certa misura, l’economia degli Stati Uniti rappresenta un’eredità e una continuazione dell’economia britannica. L’Europa ha fornito finanziamenti, manodopera, tecnologia e un mercato agli Stati Uniti. Alla fine del XIX secolo, i Paesi arretrati dell’Europa si sono messi al passo con i Paesi avanzati dell’Europa e del Nord America senza interruzioni e le economie atlantiche hanno vissuto un decollo collettivo.

Dopo la metà del XX secolo, il Giappone è stato la destinazione di gran parte della capacità produttiva trasferita dagli Stati Uniti ed è entrato in un periodo di crescita ad alta velocità. Alla fine del XX secolo, la Cina è diventata un’altra “fabbrica del mondo”. Negli anni Cinquanta e Sessanta, la Nuova Cina ha ricevuto il sostegno dell’Unione Sovietica per costruire imprese e impianti, gettando le basi per il successivo “decollo”. La riforma e l’apertura alla fine degli anni ’70 possono essere viste come un’altra tappa della marcia verso ovest dell’industrializzazione. L’incontro tra i progressi dell’industrializzazione verso ovest e verso est ha creato il “miracolo cinese””.

Nei cinque secoli precedenti si sono verificati tre spostamenti strutturali di potere e la successiva ascesa di grandi potenze e delle loro comunità regionali. Il primo spostamento di potere è avvenuto con l’ascesa dell’Europa. Il secondo spostamento di potere è stato l’ascesa dell’America e dei suoi alleati. Attualmente la comunità internazionale, seguendo il paradigma delle “oche volanti”, con la regione Asia-Pacifico a capo di una formazione a “V”, sta vivendo un terzo moderno spostamento di potere. Man mano che la Belt and Road Initiative prende slancio, ci si aspetta di assistere all’ascesa collettiva dei Paesi della Belt and Road. In Le vie della seta: A New History of the World, Peter Frankopan scrive: “Il mondo sta ruotando sul suo asse per tornare al punto in cui era iniziato mille anni prima sulla Via della Seta”.13

Creare una cerchia di amici di alta qualità

Guardando alla sequenza temporale e spaziale con cui sono sorte le grandi potenze negli ultimi cinque secoli, le grandi potenze in via di sviluppo erano vicine alle grandi potenze sorte prima di loro, oppure erano “parenti alla lontana” o amici, ossia Stati con i quali avevano una stretta relazione basata sulla condivisione di relazioni culturali, politiche o di altro tipo, come ad esempio la relazione tra uno Stato tributario e il suzerain, o tra Stati in un’alleanza. La vicinanza sociale e politica ha un grande impatto sul commercio e sugli investimenti; ambienti culturali simili rendono più facile il passaggio di conoscenze e tecnologie. In The European Miracle: Environments, Economies and Geopolitics in the History of Europe and Asia (Il miracolo europeo: ambienti, economie e geopolitica nella storia dell’Europa e dell’Asia), Eric Jones considera l’ascesa delle dipendenze europee all’estero come una prova del fatto che elementi [condivisi], come la cultura e i sistemi politici, possono in larga misura compensare la distanza geografica. Ne sono un esempio l’America, il Canada, l’Australia, la Nuova Zelanda e persino il Sudafrica, che hanno tutti realizzato l’industrializzazione. È stato a causa delle grandi differenze tra i loro sistemi culturali e politici che l’industrializzazione europea si è “bruscamente spenta” ai “margini di amianto della sfera musulmana “14 .

Il Giappone si è sottomesso alla civiltà occidentale; a parte la strategia del Giappone stesso di “abbandonare l’Asia, imparare dall’Europa “15 , la grande importanza strategica attribuita al Paese e il sostegno offerto dagli Stati Uniti hanno avuto un ruolo fondamentale nell’ascesa del Giappone. Dopo l’apertura del Paese da parte degli Stati Uniti, il Giappone divenne un mercato di esportazione e un deposito marittimo americano. In seguito il Giappone divenne un elemento sempre più importante della strategia internazionale americana. Dopo la Seconda guerra mondiale, il Giappone iniziò a ricevere il sostegno dell’America per controbilanciare le potenze orientali; gli aiuti economici, gli investimenti diretti e l’accesso privilegiato ai mercati americani furono le cause esterne più importanti del rapido sviluppo del Giappone.

Durante il periodo in cui le potenze occidentali hanno assunto una posizione dominante nell’economia, nella scienza e nella tecnologia, l’allontanamento o addirittura l’antagonismo hanno fatto perdere a molti Paesi opportunità di sviluppo. Le opportunità mancate dall’Argentina di raggiungere il successo economico sono considerate legate alle sue alleanze diplomatiche poco sagge. Come sottolinea Dambisa Moyo in Edge of Chaos: Why Democracy Is Failing to Deliver Economic Growth-and How to Fix It: “Uno dei maggiori errori politici si è verificato quando l’Argentina non è riuscita, nel 1944, ad allinearsi con gli Stati Uniti, che stavano iniziando la loro ascesa economica. I suoi leader scelsero invece di allinearsi con la Gran Bretagna, che proprio allora stava iniziando il suo declino economico”.16 Dopo la Seconda guerra mondiale, i Paesi dell’Europa orientale e di altre parti del mondo si unirono al campo sovietico, perseguendo un’industrializzazione di tipo sovietico e allontanandosi così dal centro dei mercati globali e dalle tecnologie di base.

Lo Stato che stima l’industria aumenterà di giorno in giorno la sua saggezza17

La crescita economica è un prerequisito e una base necessaria per l’ascesa di una grande potenza; questa è una delle maggiori sfide che le grandi potenze devono affrontare per mantenere il loro status. Paul Kennedy, nel suo libro L’ascesa e la caduta delle grandi potenze, sottolinea che l’ascesa e la caduta di una grande potenza dipendono in modo decisivo dal potere economico relativo sulle altre nazioni. Nell’era delle economie agricole, le grandi potenze del mondo erano solitamente quelle con un alto grado di sviluppo agricolo. Dopo l’età delle scoperte, il Portogallo, la Spagna, i Paesi Bassi e altri Paesi con popolazione e territorio limitati sono cresciuti in successione, basandosi su un potere commerciale e militare che non aveva precedenti. Dopo l’avvento della società industriale, la realizzazione tempestiva dell’industrializzazione divenne una condizione preliminare per l’ascesa delle grandi potenze. Perché un’economia moderna sia prospera e forte, è necessaria un’industria manifatturiera potente, diversificata e creativa.

L’industria manifatturiera può ringiovanire una nazione

L’industria manifatturiera è la fonte dell’innovazione tecnologica e la forza della crescita economica. Rispetto alla società preindustriale, la Rivoluzione Industriale ha prodotto un aumento sorprendente della produttività. Dal primo anno dell’era comune al 1400 la crescita annuale dell’economia globale è stata in media solo dello 0,05%. Al contrario, nei Paesi Bassi del XVII secolo, nella Gran Bretagna post-Rivoluzione industriale, negli Stati Uniti del XIX secolo e nelle economie dell’Asia orientale della seconda metà del XX secolo si sono registrati tassi di crescita medi rispettivamente dello 0,5%, 2%, 4% e 8-10%. Prima del XV secolo, l’economia globale ha impiegato 1400 anni per raddoppiare le sue dimensioni, mentre le economie dell’Asia orientale hanno impiegato solo sette o otto anni per compiere la stessa impresa nel XX secolo.

Alla fine del XVIII secolo, la Gran Bretagna aveva già posto le basi per l’industrializzazione, non solo sotto forma di botteghe artigiane, ma anche di un’industria navale molto apprezzata, e la sua produzione di ghisa rappresentava circa il 15% della produzione mondiale. Nel 1870, la Gran Bretagna possedeva un terzo della produzione manifatturiera mondiale.

Grazie alle sue ineguagliabili dotazioni naturali e all’immigrazione e agli investimenti provenienti dall’Europa, l’economia americana era piuttosto grande fin dalla fondazione. Dopo la guerra civile, gli Stati Uniti portarono avanti rapidamente il processo di industrializzazione. Nel 1870, gli Stati Uniti rappresentavano meno di un quarto della capacità manifatturiera mondiale, ma negli anni Ottanta del XIX secolo erano saliti a circa il 36%. Nel secolo successivo, l’America mantenne la sua egemonia sulla produzione mondiale.

Il decollo della Germania avvenne negli ultimi tre decenni del XIX secolo, quando completò la transizione da un’economia agricola a una industriale. Sulla base del carbone, del ferro e di altre industrie tradizionali, si svilupparono rapidamente anche l’industria chimica e quella elettrica; la Germania divenne leader mondiale nell’industria chimica, producendo la metà dei combustibili sintetici del mondo. Nonostante lo sviluppo distorto dell’industrializzazione militare sotto Hitler e la divisione del Paese nel dopoguerra, la Germania ha recuperato il suo status di grande potenza manifatturiera e commerciale dopo la riunificazione del Paese nel 1990.

I cambiamenti nella percentuale di produzione globale detenuta dalle singole potenze si riflettono nei modelli di sviluppo delle grandi potenze. Nel 1750, la Cina produceva un terzo dei prodotti finiti globali, posizionandosi al primo posto davanti all’India. Intorno al 1860, la Gran Bretagna ha superato la Cina; l’America ha conquistato il primo posto nel 1900, seguita da Inghilterra e Germania rispettivamente al secondo e terzo posto. Nel 1953, il sistema si era spostato in modo tale che l’industria manifatturiera era stata conquistata [interamente] da Stati Uniti, Unione Sovietica e Gran Bretagna. Tuttavia, l’America [aveva ancora una posizione di vantaggio], superando la produzione sovietica di quattro volte o più. Nel 1980, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica erano ancora in testa, ma il Giappone aveva superato la Gran Bretagna per il terzo posto.

Diventare una grande potenza manifatturiera fornisce una sicurezza cruciale per l’obiettivo di realizzare il Grande Ringiovanimento della Nazione cinese. Al momento della fondazione della Nuova Cina, il Paese era fondamentalmente una nazione agricola, povera e arretrata.18 La Cina è ora diventata la prima potenza industriale del mondo. Il moderno sistema industriale cinese è il più completo, comprendendo quarantuno grandi categorie industriali e producendo oltre duecento dei primi cinquecento prodotti industriali del mondo. Nel 2010, la Cina ha superato gli Stati Uniti in termini di valore aggiunto manifatturiero e nel 2018 l’industria manifatturiera cinese deterrà il 28% della produzione globale. Le condizioni nazionali fondamentali prodotte dal diventare una grande potenza industriale supportano la realizzazione dei Due Obiettivi del Centenario.19 In occasione del raduno per celebrare il 40° anniversario della Riforma e dell’Apertura, il Segretario Generale Xi Jinping ha dichiarato che diventare la prima potenza manifatturiera è necessario affinché “il popolo cinese compia un passo decisivo nel suo cammino verso la ricchezza e la forza “20 .

Conformarsi alle leggi dell’industrializzazione

Nel senso moderno del termine, lo sviluppo economico implica solitamente una transizione dall’agricoltura all’industria a bassa tecnologia, per poi passare all’industria ad alta tecnologia e ai servizi. Il percorso di industrializzazione di ciascun Paese non è identico, ma si conforma a una legge simile del progresso industriale, sviluppando di solito l’industria in una sequenza che inizia con l’alimentazione, passa poi al tessile, quindi ai macchinari, ai prodotti chimici, all’elettronica e così via, sviluppandosi a turno intorno a questi punti focali. Man mano che le industrie primarie, secondarie e terziarie si evolvono fino ad assumere la posizione principale nella produzione sociale, anche l’industria dominante passa gradualmente da quella ad alta intensità di lavoro a quella ad alta intensità di capitale e tecnologia. Nell’industrializzazione dei Paesi sviluppati, di solito si sviluppa prima l’industria leggera, seguita da quella pesante.

Molti Paesi in ritardo di sviluppo sono diventati impazienti di ottenere risultati, hanno riorganizzato questa sequenza di sviluppo e si sono allontanati dal percorso [dello sviluppo industrializzato]. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre, l’Unione Sovietica ha continuato il suo processo di industrializzazione in regime di economia pianificata. Nel primo Piano quinquennale, pubblicato nel 1929, l’accento era posto sullo sviluppo del carbone, del ferro e dell’acciaio e di altre industrie, mobilitando le risorse naturali dell’intero Paese verso l’industrializzazione pesante. Sebbene l’industrializzazione sovietica abbia raggiunto un certo grado di successo, si sono verificati degli squilibri dovuti al fatto che il forte intervento del governo si è concentrato eccessivamente sull’industria pesante. Dopo la sua fondazione, la Nuova Cina imitò l’economia pianificata dell’Unione Sovietica e l’enfasi sull’industria pesante. Negli anni Cinquanta, il processo di industrializzazione fu ritardato dall’arrivo del Grande balzo in avanti, che distrusse le basi agricole della Cina.21 L’industrializzazione iniziò con l’industria pesante, ma a causa delle distorsioni nel processo di distribuzione dei fattori di produzione essenziali e dell’eccessiva interferenza politica, fu difficile da sostenere.

Tuttavia, per i Paesi di recente industrializzazione, seguire la legge dello sviluppo industriale – in cui l’industria leggera segue l’industria pesante e c’è uno sviluppo progressivo e graduale – si è rivelato un elemento cruciale di successo. All’inizio degli anni ’80, anche la Cina ha abbandonato la strategia di dare priorità all’industria pesante, permettendo all’industria leggera di svilupparsi rapidamente. Negli anni ’90, l’industria dell’informazione elettronica cinese è stata uno dei settori industriali in più rapida crescita. Dalla fine degli anni ’90, la Cina è entrata in una fase di industrializzazione pesante, con l’industria pesante che ha superato l’espansione dell’industria leggera.

Integrazione con la catena industriale internazionale

Un importante prerequisito per l’industrializzazione dei Paesi in ritardo di sviluppo è l’assunzione di industrie ad alta intensità di lavoro per i mercati internazionali. Grazie alle sue risorse naturali, agli stretti legami culturali e ai comodi collegamenti marittimi con l’Europa, e soprattutto al suo potente slancio economico, nella seconda metà del XIX secolo gli Stati Uniti sono diventati il maggior beneficiario del trasferimento di manufatti all’estero dalla Gran Bretagna. Nel 1914, gli Stati Uniti occupavano il primo posto a livello mondiale in termini di entità dell’apporto di capitale, con gli investimenti obbligazionari britannici che rappresentavano l’85,9% degli investimenti esteri. Dopo questo trasferimento internazionale dell’industria, l’America divenne gradualmente la nuova “fabbrica del mondo”.

Dopo essersi affermati come leader economico, industriale e tecnologico mondiale, gli Stati Uniti hanno intrapreso un programma di ristrutturazione industriale che ha visto la produzione di ferro e acciaio, tessuti, prodotti chimici, navi, macchinari industriali comuni e altri prodotti simili trasferirsi all’estero. Sebbene avessero un livello di sviluppo inferiore, le basi relativamente buone per lo sviluppo e le relazioni strategiche con gli Stati Uniti fecero sì che il Giappone e la Germania Ovest diventassero la destinazione della produzione americana. Sono diventati rapidamente i principali fornitori globali di manufatti ad alta intensità di lavoro. Di conseguenza, il ritmo dell’industrializzazione in questi due Paesi è aumentato con enorme rapidità e la loro forza nazionale composita è cresciuta rapidamente. Il Giappone divenne un’altra “fabbrica del mondo” e la Germania Ovest una grande potenza economica.

Negli anni ’70, fu il trasferimento all’estero da parte del Giappone di industrie tessili e altre industrie leggere ad alta intensità di lavoro, nonché di industrie ad alta intensità di capitale, come la siderurgia, la chimica e la cantieristica navale, a creare il miracolo economico delle Quattro Tigri Asiatiche. Tuttavia, la portata dei sistemi economici delle Quattro Tigri Asiatiche era ridotta e il ritmo dell’ammodernamento industriale era rapido, il che significava che l’acquisizione della produzione ad alta tecnologia da parte del Giappone richiedeva che anche loro iniziassero a trasferire all’estero l’industria ad alta intensità di lavoro. È stato in questo periodo che la Cina, perseguendo con forza la riforma e l’apertura e grazie ai bassi costi e ai vantaggi geografici, è diventata la principale destinazione per il trasferimento di industrie ad alta intensità di lavoro dalle Quattro Tigri Asiatiche. Promuovendo attivamente l’economia di mercato nazionale, sollecitando attivamente gli investimenti stranieri e sfruttando una base industriale relativamente buona, il processo di industrializzazione cinese ha subito una notevole accelerazione; la Cina è diventata un’altra “fabbrica del mondo”.

Le conseguenze della crisi finanziaria globale del 2008 hanno dato il via a un nuovo ciclo di trasferimenti industriali globali. La Cina è diventata il principale Paese esportatore e anche destinatario; ad eccezione delle regioni centrali e occidentali della Cina, gran parte del trasferimento industriale è stato diretto verso i Paesi lungo la Belt and Road. C’è la speranza che i Paesi della Belt and Road possano sincronizzarsi con l’Asia, che ha alti tassi di crescita economica e commerciale. Secondo le stime, il tasso di crescita medio annuo del PIL dei Paesi della Belt and Road sarà significativamente superiore alla media mondiale, aprendo la possibilità di una nuova area di crescita economica globale.

Prendere l’iniziativa nell’innovazione

L’innovazione scientifica e tecnologica è una forza fondamentale per la crescita economica e funge da indicatore cruciale della forza effettiva di una grande potenza. Prima degli anni Cinquanta, il contributo del progresso scientifico e tecnologico alle economie dei Paesi sviluppati era del 20-40%, per poi salire al 60-80% negli anni Sessanta. Tra il 2001 e il 2009, il valore aggiunto delle industrie ad alta tecnologia nel settore manifatturiero degli Stati Uniti è passato dal 17% al 21,3%.22 Per i Paesi in ritardo di sviluppo, copiare e assimilare le tecnologie avanzate dei Paesi sviluppati è fondamentale per la loro ascesa come nazione, ma per diventare la potenza globale dominante è necessario l’aiuto di innovazioni scientifiche e tecnologiche rivoluzionarie, come è avvenuto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna dopo le rispettive rivoluzioni scientifiche e tecnologiche.

Scienza e tecnologia sostengono l’ascesa delle nazioni

Lo sviluppo economico si basa in ultima analisi sull’ottenimento e sulla padronanza di scienza e tecnologia avanzate. Mettere a frutto la scienza e la tecnologia è diventato sempre più importante dall’età delle scoperte. Come ha sottolineato Adam Smith, la divisione del lavoro e l’espansione dei mercati stimolano l’innovazione tecnologica; la ricchezza delle nazioni aumenta grazie alla maggiore produttività del lavoro [prodotta dalla divisione del lavoro e dalla tecnologia]. Robert Solow, vincitore del Premio Nobel per le Scienze Economiche, ritiene che, nel lungo periodo, l’unica fonte di crescita economica sia il progresso industriale.23 Sette ottavi della crescita del PIL pro capite degli Stati Uniti nella prima metà del XX secolo possono essere attribuiti al progresso tecnologico.

Gli spostamenti geografici di potere tra le grandi potenze seguono spesso gli spostamenti dei centri di sviluppo scientifico e tecnologico. Il noto storico americano William H. McNeill ritiene che tra il 750 e il 1100 d.C. il mondo islamico fosse di gran lunga più avanzato dal punto di vista scientifico e tecnologico rispetto all’Europa.24 Dopo l’anno 1000, la Cina divenne il leader mondiale della scienza e della tecnologia. Nel XV secolo, il centro mondiale della scienza e della tecnologia iniziò a spostarsi verso la regione mediterranea e l’Europa. Sebbene l’intera popolazione del Portogallo fosse pari solo a quella di Nanchino, la flotta marittima di quel Paese aveva un potere coercitivo militare di gran lunga superiore all’armata di Zheng He. Dopo l’Età delle Scoperte, l’Occidente è cresciuto e Italia, Gran Bretagna, Francia, Germania, America e altre nazioni sono diventate successivamente centri tecno-scientifici globali.25

A metà del XVI secolo, nelle città-stato italiane emersero alcuni importanti pensatori di filosofia naturale, che le trasformarono in centri di attività scientifica. Nel corso del XVI e XVII secolo, in Gran Bretagna si affermarono diversi pensatori, tra cui William Gilbert, Robert Boyle, Isaac Newton, Edmond Halley e altri, che diedero vita a numerose discipline scientifiche moderne, tra cui la fisica, la chimica e la fisiologia. Dalla metà del XVIII alla metà del XIX secolo, la Francia produsse un gran numero di pensatori scientifici, tra cui Jean le Rond d’Alembert e Pierre Simon Marquis de Laplace, che diedero contributi eccezionali in diversi campi, tra cui la termodinamica, la chimica e la meccanica celeste, che avrebbero fornito le basi teoriche per la rivoluzione della combustione interna e la rivoluzione chimica. Dagli anni Venti del XIX secolo in poi la scienza tedesca progredì a passi da gigante. La Germania divenne leader mondiale in discipline come la chimica organica e la fisica delle particelle. Negli anni Venti, gli Stati Uniti, approfittando della rivoluzione della tecnologia dell’informazione, sostituirono la Germania come centro scientifico mondiale e assunsero una posizione di primo piano nel progresso scientifico.

Attualmente, i principali centri scientifici e tecnologici mondiali sono concentrati nelle nazioni sviluppate dell’Europa e del Nord America, ma le tendenze mostrano uno spostamento verso la regione Asia-Pacifico. Il potere scientifico e tecnologico del Giappone rimane impressionante, ma le economie in via di sviluppo stanno rivendicando una quota maggiore di ricerca e sviluppo, il che ha portato a una maggiore capacità di innovazione tecnologica. Pan Jiaofeng, presidente degli Istituti per la Scienza e lo Sviluppo dell’Accademia delle Scienze cinese, è tra coloro che hanno sottolineato che è in corso un nuovo ciclo di rivoluzione tecnoscientifica e di trasformazione industriale, che darà alla Cina l’opportunità di diventare il centro della scienza e della tecnologia globale e il leader mondiale dello sviluppo tecnoscientifico26.

Leader nelle industrie ad alta tecnologia

Le nazioni di successo economico generalmente pongono un alto grado di enfasi sull’innovazione scientifica e tecnologica. [Ad esempio, quando la Gran Bretagna del XVIII secolo divenne un leader tecnologico, si trasformò rapidamente in una potente potenza europea, continentale e mondiale. Nel 2012, gli Stati Uniti, il Giappone e la Germania hanno rappresentato, rispettivamente, il 26,44, il 22,35 e il 9,61% delle domande di brevetto ai sensi del Trattato di cooperazione in materia di brevetti. Lo sviluppo scientifico e tecnologico emerge da un’ampia gamma di pratiche industriali e di fattori commerciali. Wen Yi, professore dell’Università Tsinghua, ritiene che “Finché una nazione intraprende la strada della rivoluzione industriale e diventa la fabbrica del mondo, ha la possibilità di diventare il leader mondiale dell’innovazione tecnologica. Ma se una nazione industrializzata abbandona la sua industria manifatturiera, molto probabilmente perderà per gradi il suo vantaggio tecnologico e la sua capacità di innovazione “27.

La scienza e la tecnologia americane sono sempre state considerate formidabili e sono considerate tra le migliori al mondo. Molte delle invenzioni più importanti della storia dell’umanità, tra cui la lampadina a incandescenza, la sgranatura del cotone, le parti di macchine universali e la linea di produzione, sono nate negli Stati Uniti. Vaclav Smil scrive nel suo Made in USA: The Rise and Retreat of American Manufacturing: “[L’enorme balzo dell’America] dopo il 1865 è stato guidato principalmente dai progressi tecnici. Questi sviluppi fecero degli Stati Uniti non solo il più grande produttore di massa di beni, ma anche il leader nella commercializzazione di nuove invenzioni, nella creazione di industrie completamente nuove, nell’introduzione di nuovi metodi di produzione e nell’aumento della produttività del lavoro. A distanza di oltre un secolo, il Paese e il mondo continuano a beneficiare di molti di questi progressi epocali “28 .

Attualmente, gli Stati Uniti devono affrontare molti problemi di crescita economica, ma sono ancora la potenza mondiale preminente in campo scientifico e tecnologico. Nell’informatizzazione, nell’aerospazio, nell’intelligenza artificiale, nella medicina, nella tecnologia militare e in altri settori ad alta tecnologia, gli Stati Uniti hanno una superiorità tecnica schiacciante. Le spese americane per la ricerca e lo sviluppo sono le più alte al mondo e il Paese ha una solida base nella ricerca scientifica di base e abbondanti risorse di manodopera scientifica e tecnica. Tra il 1901 e il 2019, un totale di 613 scienziati ha ricevuto il Premio Nobel, di cui 287 erano cittadini americani. Gli americani detengono quasi il monopolio del Premio Turing per l’informatica e il Paese ospita il 59% dei ricercatori nel campo dell’intelligenza artificiale. Gli Stati Uniti possiedono anche quaranta delle cento università più importanti del mondo e la maggior parte delle aziende tecnologiche più importanti.

Attingere ai capitali, alle competenze e alle attrezzature dei Paesi in via di sviluppo è il modo principale in cui i Paesi in ritardo di sviluppo possono colmare rapidamente il divario tecnologico. Nel 1789, quando il britannico Samuel Slater si recò negli Stati Uniti e costruì a memoria la propria versione della macchina per filare di Richard Arkwright, la sua macchina diede il via all’inizio della moderna industrializzazione americana.29 A metà del XIX secolo, le ferrovie tedesche e americane furono aperte solo importando attrezzature e capitali britannici. Nei primi anni dell’Unione Sovietica, la Nuova Politica Economica di Lenin affittò alcune imprese a dirigenti americani, giapponesi e di altri Paesi. Durante il primo Piano quinquennale, Stalin assunse esperti americani, tedeschi e di altri Paesi come consulenti per le imprese chiave. Dopo la Seconda guerra mondiale, il Giappone importò tecnologia avanzata dalla Gran Bretagna e dall’America; a volte si spingeva a smontare i prodotti occidentali per decodificarne i progetti. Nella produzione di alcuni prodotti, come automobili, apparecchiature ottiche, strumenti di precisione e macchine utensili di precisione, lo stile di imitazione giapponese ha portato a grandi successi.

Per lunghi periodi di tempo, la Cina è stata leader mondiale nella scienza e nella tecnologia, ma ha perso le rivoluzioni tecnoscientifiche degli ultimi cinquecento anni. La Nuova Cina è un esempio di un Paese che sta recuperando terreno nel campo della scienza e della tecnologia e che ha raggiunto risultati straordinari nei campi dell’alta tecnologia, come ad esempio il progetto “Due bombe, un satellite”.30 Negli ultimi anni, la Cina ha compiuto salti quantici in numerosi campi, tra cui l’informatica digitale, il 5G e l’intelligenza artificiale, accelerando il suo progresso tra i leader mondiali della scienza e della tecnologia. Tra i brevetti approvati a livello globale nel 2017, la Cina ha ottenuto il 30%, mentre gli Stati Uniti hanno ottenuto il 23%, il Giappone il 14%, la Corea del Sud il 9% e l’Europa l’8%. A partire dal 2007, la Cina ha iniziato a conferire ogni anno un numero di dottorati in scienze naturali e ingegneria superiore a quello degli Stati Uniti.

La Cina deve ancora colmare un divario non trascurabile con gli Stati Uniti nei settori della scienza e della tecnologia, ma il tasso di crescita [cinese] è rapido e c’è un potenziale di sviluppo. Tra il 2000 e il 2017, le spese per la ricerca e lo sviluppo della Cina sono cresciute in media del 17,3%, battendo facilmente il tasso americano del 4,3%. Nel loro libro Created in China: How China is Becoming a Global Innovator, Georges Haour e Max von Zedtwitz sottolineano che: “Lo spirito pragmatico e imprenditoriale della Cina, i massicci investimenti in R&S, sommati alla sua tradizione confuciana e all’ampio uso di Internet da parte della sua popolazione urbana, fanno sì che il Paese stia per diventare uno dei principali Paesi innovatori “31 .

I mari agitati rivelano la forza dell’albero maestro32

Dagli anni ’80, le idee del neoliberismo e del Washington Consensus sono state ampiamente diffuse e i Paesi sviluppati hanno chiesto ai Paesi in via di sviluppo di adottare quelle che vengono definite “buone politiche” e “buone istituzioni” nell’interesse dello sviluppo economico. Ma in pratica, questo tipo di politiche e istituzioni [possono essere] solo il risultato dell’industrializzazione. Per i Paesi in ritardo di sviluppo, in procinto di diventare una grande potenza, un governo stabile e un buon ordine sociale giocano un ruolo maggiore nel processo di industrializzazione rispetto alla “democrazia di tipo occidentale”. Molti dei Paesi che hanno accettato ciecamente il Washington Consensus non si sono limitati a non far crescere le loro economie, ma sono sprofondati in turbolenze politiche.

Un governo forte ed efficace

In Political Order in Changing Societies, Samuel Huntington sottolinea che nei Paesi del Terzo Mondo il processo di modernizzazione, sviluppo economico e trasformazione socio-culturale hanno la priorità.33 La modernizzazione politica è possibile solo con la loro realizzazione. I Paesi che cercano di passare in breve tempo a un sistema occidentale moderno ignorano la realtà che la modernizzazione politica è un processo graduale. Scoprono inevitabilmente che il tentativo di accelerare il processo porta paradossalmente a dei ritardi. La transizione dalla tradizione alla modernità richiede un governo forte, cioè un governo che sappia bilanciare la partecipazione politica con l’istituzionalizzazione politica. “In termini di comportamento osservabile, la distinzione cruciale tra una società politicamente sviluppata e una sottosviluppata è il numero, la dimensione e l’efficacia delle sue organizzazioni”.

In The Mystery of Economic Growth, Elhanan Helpman afferma che un sistema politico potente sostiene lo sviluppo nazionale e la crescita economica, e che i regimi più duraturi sono migliori per la creazione di politiche che accelerano la crescita.34 Nei Paesi in via di sviluppo, la mancanza di un’amministrazione governativa affidabile, di applicazione della legge e di giustizia porta solitamente a risultati economici terribili. Come osserva Dambisa Moyo in Edge of Chaos: “Nel 2014, la violenza è costata all’economia globale 14,3 trilioni di dollari, ovvero il 13,4% del PIL mondiale”.35 Una delle ragioni principali del “forte declino” dell’Argentina a partire dagli anni ’30 è che “nell’arco di cinquant’anni, tra il 1930 e la metà degli anni ’70, l’Argentina ha avuto sei colpi di stato militari”.

Oltre a promuovere la crescita economica, i governi stabili sono più propensi a fare investimenti a lungo termine in settori come i servizi pubblici e le infrastrutture. Zakaria sottolinea che le storie di sviluppo di Giappone, Stati Uniti, Europa e Cina condividono un unico filo conduttore, ovvero istituzioni politiche forti e affidabili. “Il governo cinese gode di un alto tasso di sostegno popolare”, scrive Zakaria, “che contribuisce a rendere possibile l’attuazione di determinate strategie”.36 Egli riporta i commenti di un alto funzionario del governo indiano: “Dobbiamo fare molte cose che sono politicamente popolari, ma sono sciocche. Esse deprimono il nostro potenziale economico a lungo termine. Ma i politici hanno bisogno di voti nel breve termine. La Cina sa guardare al lungo termine. E anche se non fa tutto bene, prende molte decisioni intelligenti e lungimiranti”.

Una strategia aperta e inclusiva per le relazioni estere

Poiché attualmente la globalizzazione è ancora lontana dall’essere completata, e i confini nazionali e la geografia rimangono limiti al flusso di elementi chiave [dell’economia], l’apertura è fondamentale per la crescita economica dei Paesi in ritardo di sviluppo. Esiste una correlazione positiva tra la crescita economica e molti indici di apertura al commercio; esiste una correlazione negativa tra le interruzioni del libero scambio e la crescita economica; e i Paesi aperti al commercio tendono a crescere a un tasso doppio rispetto ai Paesi che adottano una politica di porte chiuse. In Whither the World: The Political Economy of the Future, Grzegorz Kołodko sottolinea che le economie chiuse non sono in grado di crescere rapidamente nel lungo periodo.37 L’osservazione dell’ascesa e del declino delle grandi potenze ci dimostra ampiamente che la “tolleranza” è una condizione essenziale per l’ascesa delle grandi potenze, mentre l'”isolamento” porta inevitabilmente al declino.

La riforma e l’apertura sono state la formula magica della modernizzazione della Cina. Nella relazione del Segretario Generale Xi Jinping al 19° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese, ha parlato di “promuovere un nuovo modello [di sviluppo] di apertura su tutti i fronti”; ha sottolineato che “l’apertura porta al progresso, mentre l’autoseclusione lascia indietro”, e che “la Cina non chiuderà le sue porte al mondo, ma le aprirà solo di più”; e ha concluso che “la Cina aderisce alla politica nazionale fondamentale dell’apertura e persegue lo sviluppo con le porte più aperte”.”38 In occasione della celebrazione del 12 novembre 2020 del 30° anniversario dello sviluppo e dell’apertura di Pudong, il Segretario generale Xi Jinping ha fatto un ulteriore passo avanti, invocando la necessità di promuovere un’apertura istituzionale di alta qualità, di aprire ulteriormente le porte del Paese, in modo che ogni nazione possa partecipare alle opportunità offerte dallo sviluppo della Cina e di partecipare attivamente alla governance economica globale39.

Un tempo gli Stati Uniti erano un Paese con un alto grado di apertura. Dalla marcia verso ovest della tecnologia all’esplosivo sviluppo industriale, fino alla vittoria nella Seconda guerra mondiale, gli immigrati hanno contribuito al progresso e al successo degli Stati Uniti. La vittoria dell’America nella corsa allo sviluppo della bomba atomica è inscindibile dal fatto che è stata in grado di attrarre scienziati immigrati dall’Europa. All’alba dell’era informatica, gli Stati Uniti si sono guadagnati la posizione di leader tecnologico ed economico grazie alla stessa capacità di attrarre talenti da tutto il mondo. La Silicon Valley ha prodotto una delle più grandi esplosioni di ricchezza della storia dell’umanità, e la creatività degli immigrati è stata fondamentale anche per questa storia.

Ma la professoressa di Yale Amy Chua afferma che gli Stati Uniti “stanno perdendo questa qualità eccellente e il loro dominio è minacciato da una minaccia senza precedenti “40 : La politica americana è ormai irrecuperabile, impantanata in lotte tra fazioni e sempre più inefficiente.41 Con la vittoria di Trump si è diffusa la popolarità dello slogan “America first”, che ha significato un forte protezionismo commerciale e restrizioni attive sull’immigrazione. L’inversione della politica delle porte aperte è un altro passo verso la perdita dello status di grande potenza da parte dell’America.

Costruire un forte nucleo di leadership42

I leader nello sviluppo della storia possono svolgere funzioni importanti, influenzando direttamente la traiettoria e la velocità di una grande potenza in ascesa. Engels ha sottolineato che l’autorità è un fenomeno universale nel comportamento umano.43 Il “modello a ragnatela” della scienza politica dimostra che anche la rete più complessa ha un nucleo centrale.44 Huntington ritiene che la modernizzazione richieda un’autorità con capacità di trasformazione, e che l’autorità debba essere concentrata nelle mani di alcuni individui o gruppi potenti.45

I leader possono svolgere un ruolo chiave nei momenti di svolta della storia. Dietro l’ascesa di molte grandi potenze ci sono individui e leader importanti, capaci di trasformare il destino della nazione. Liu Xinru, del dipartimento di teoria del Quotidiano dell’Esercito Popolare di Liberazione, sostiene che un forte nucleo di leadership è un elemento cruciale per l’ascesa di una grande potenza.46 Ciò è particolarmente vero nei periodi critici, quando un forte nucleo di leadership e un leader capace di fare la storia sono indispensabili.

Dopo che Portogallo e Spagna sono usciti dalla divisione feudale e sono diventati Stati nazionali unificati, sono emersi governi centrali forti e un potere monarchico. Il Portogallo sponsorizzò i navigatori per esplorare nuovi territori in nome dello Stato e i viaggi di scoperta divennero una strategia nazionale pianificata e organizzata. Il principe Enrico [il Navigatore] creò la prima scuola statale di navigazione marittima nella storia dell’umanità e costruì un’armata di livello mondiale. Dopo che la Spagna divenne uno Stato nazionale unificato, la regina Isabella pianificò ambiziose spedizioni marittime e vendette persino i suoi gioielli per finanziare la spedizione di Colombo.

La Gran Bretagna costruì la marina più potente d’Europa con il sostegno della regina Elisabetta. Il re di Francia Luigi XIV instaurò un potere monarchico assoluto, trasformando il Paese da un’aristocrazia feudale disunita in una grande e potente nazione. Bismarck, il “Cancelliere di ferro” della Germania, attuò riforme sociali, spingendo la forza nazionale composita della Germania a diventare la più forte dell’Europa continentale. Pietro I, zar di Russia, avviò un movimento di modernizzazione epocale per il quale è ricordato come il “più grande sovrano” della storia russa. Con la Restaurazione Meiji, il Giappone abrogò l’autorità di un’aristocrazia ereditaria, rafforzò l’autorità centrale e impose riforme politiche, economiche e sociali. L’ascesa del Giappone a grande potenza fu il risultato finale [di queste riforme centralizzatrici].

George Washington, il primo presidente degli Stati Uniti, ebbe un ruolo importante in molti aspetti dell’istituzione e della fondazione del Paese. Nel 1787 presiedette la Convenzione costituzionale che diede al Paese la legge di base tuttora in uso e stabilì l’autorità del Presidente come capo di Stato. Thomas Jefferson, il fondatore del Partito Democratico, redasse la Dichiarazione d’indipendenza e, attraverso metodi diplomatici e di altro tipo, raddoppiò quasi il territorio degli Stati Uniti. Abraham Lincoln vinse la guerra civile ed emise il Proclama di emancipazione, preservando l’integrità della federazione. Il New Deal di Franklin D. Roosevelt salvò gli Stati Uniti dal baratro della crisi economica, consentendo loro di vincere la Seconda guerra mondiale e di diventare una superpotenza.

Storicamente, i Paesi privi di un forte nucleo di leadership cadono spesso nella “trappola di Bismarck”.47 Dopo la guerra franco-prussiana, Bismarck, nel tentativo di isolare e indebolire la Francia, sostenne che quest’ultima avrebbe adottato un sistema repubblicano multipartitico, ritenendo che un sistema repubblicano instabile avrebbe trasformato la Francia in un vulcano instabile. Tra il 1875 e il 1940, la Francia è stata governata da 102 amministrazioni distinte, ciascuna delle quali è durata in media cinque mesi, mentre due sono durate un solo giorno. L’Unione Sovietica è crollata per una serie di ragioni complesse, ma una delle più importanti è stata la perdita di autorità da parte del partito al potere48.

“Tra montagne maestose, spicca la grande vetta”. Stabilire un forte nucleo di leadership per il Partito è stata una delle grandi lezioni della vittoria rivoluzionaria. “Senza Mao Zedong”, proclamò Deng Xiaoping con grande emozione, “il popolo cinese sarebbe stato costretto a brancolare nel buio ancora a lungo”.49 I risultati storici raggiunti dal Partito e dal Paese dopo il 18° Congresso nazionale del Partito comunista cinese sono fondamentalmente legati alla capacità del Partito, con Xi Jinping come nucleo centrale, di guidare la nave dello Stato. In un momento cruciale per il Grande Ringiovanimento della Nazione cinese, il Segretario Generale Xi Jinping ha dimostrato una volontà politica sicura di sé e ha preso decisioni strategiche lungimiranti, dimostrando la sua volontà di assumere il ruolo di “spirito guida” e “albero forte in un mare agitato”.

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17. Wen Yi. La grande rivoluzione industriale in Cina: A Critique of the General Principles of ‘Developmental Political Economy’. Pubblicato dalla Tsinghua University Press nel 2016.


1. Si veda il glossario per la FORZA NAZIONALE COMPOSTA.
2. Gli storici spesso dividono la rivoluzione industriale in due ondate di innovazione: la prima rivoluzione industriale, che ha visto l’applicazione dell’energia a vapore al lavoro meccanizzato, si è verificata all’incirca tra la fine del XVIII secolo e la metà del XIX secolo, a partire dalla Gran Bretagna. La seconda rivoluzione industriale si è verificata all’incirca tra la metà del XIX secolo e l’inizio del XX secolo. È stata caratterizzata da ulteriori progressi tecnologici, in particolare nei settori della produzione di acciaio, dell’elettrificazione, dell’uso di combustibili fossili e della produzione chimica. Questo periodo vide anche la nascita di grandi imprese industriali e l’espansione dell’industrializzazione in altri Paesi oltre alla Gran Bretagna, in particolare Stati Uniti e Germania.
3. Paul Kennedy, The Rise and Fall of the Great Powers: Economic Change and Military Conflict from 1500 to 2000 (New York: Random House, 1987).
4. Gli Xia, i Liao e i Jin furono tutti fondati da gruppi etnici non Han che salirono al potere nella periferia della Cina contemporaneamente alla dinastia Song. La dinastia Xia occidentale (1038-1227 d.C.) era situata in quello che oggi è il nord-ovest della Cina. La dinastia Liao (907-1125 d.C.) controllava un vasto territorio nell’attuale Cina nord-orientale, in Mongolia e in alcune zone della Russia. La dinastia Jin (1115-1234 d.C.) conquistò la dinastia Liao nel 1125 e pose fine al periodo Song settentrionale nel 1127, stabilendo il controllo su tutta la Cina settentrionale. I Mongoli conquistarono il resto della dinastia Song nel 1279, segnando la fine del periodo Song meridionale e l’inizio della dinastia Yuan in Cina.
Questi commenti sulla relativa mancanza di potere militare della dinastia Song, nonostante la sua brillantezza economica, sembrano essere molto simili a un passaggio del libro di Tonio Andrade The Gunpowder Age: China, Military Innovation, and the Rise of the West in World History di Tonio Andrade. Cito:
Recenti lavori sulla storia dei Song dimostrano che essi non trascurarono la guerra così tanto come questa argomentazione suggerirebbe… Come risolvere allora l’enigma dell’incapacità dei Song di prevalere? La risposta non ha tanto a che fare con la debolezza dei Song quanto con la forza dei loro nemici. Nei suoi 319 anni di vita, i Song affrontarono quattro nemici principali. Il più famoso (e letale) fu l’Impero mongolo, che non si limitò a sopraffare i Song: le sue conquiste si estendevano da Kiev a Baghdad, da Kabul a Kaifeng. Prima dei Mongoli, i Song affrontarono altri implacabili nemici provenienti dall’Asia centrale e settentrionale: i Tanguti della dinastia Xi Xia, i Khitan della dinastia Liao e i Jurchen della dinastia Jin. [Come scrive Paul Jakov Smith, “la rapida evoluzione della statistica dell’Asia interna tra il X e il XIII secolo permise agli Stati della frontiera settentrionale di sostenere eserciti formidabili che compensavano i vantaggi della Cina agraria in termini di ricchezza e di numero, impedendo così [ai] Song di assumere una posizione di supremazia al centro di un ordine mondiale dominato dalla Cina e relegandoli a una posizione di partecipante paritaria in un sistema multistatale dell’Asia orientale”.
Tonio Andrade, L’età della polvere da sparo: China, Military Innovation, and the Rise of the West in World History (Princeton: Princeton University Press, 2016), 25-26.
5. Tutti i titoli delle sezioni sono modi di dire, citazioni famose, detti o estratti dalla letteratura cinese classica.
La strofa “Quando si è benedetti da tutti i doni della natura, ogni misura si conforma al suo standard / Perfetto come la rotondità della luna” è estratta dal Libro II di “Poesia e discorsi dal nord del fiume” [北江诗话] di Hong Liangji [洪亮吉] (1746-1809).
6. Questa citazione è tratta dall’articolo di Fareed Zakaria del 2008 su Foreign Affairs, “The Future of American Power”. Fareed Zakaria, “The Future of American Power: How America Can Survive the Rise of the Rest”, Foreign Affairs 87, no. 3 (2008): 18-43.
7. Il cinese non è una citazione esatta di Brzezinski. La riga più vicina a questa citazione in The Grand Chessboard è la seguente: “La sconfitta e il crollo dell’Unione Sovietica sono stati il passo finale della rapida ascesa di una potenza dell’emisfero occidentale, gli Stati Uniti, come unica e, di fatto, prima potenza veramente globale”. Cfr. Zbigniew Brzezinski, La grande scacchiera: American Primacy and Its Geostrategic Imperatives (New York: Basic Books, 1997), xii.
8. L’autore sta probabilmente parafrasando la seguente sezione di A Global History di L. S. Stavrianos: From Prehistory to the 21st Century: “La Cina, al contrario, non è stata in grado di riorganizzarsi per affrontare la sfida occidentale. Tuttavia, essendo troppo grande e coesa per essere conquistata completamente come l’India e gli altri Paesi del Sud-est asiatico, la Cina non avrebbe mai ceduto del tutto”. L’argomentazione secondo cui le dimensioni della Cina le avrebbero permesso di assimilare gli invasori non si trova nel libro di Stavrianos. L. S. Stavrianos, Una storia globale: From Prehistory to the 21st Century (New York: Pearson, 1998).
9. Goldmsn Sachs è ancora fedele a questa previsione. Si veda Goldman Sachs, “How India Could Rise to the World’s Second Biggest Economy”, 6 luglio 2023.
10. Fareed Zakaria, The Post-American World (New York: WW Norton, 2008), 132.
11. L’espressione “i vicini sono più cari dei parenti lontani” proviene dal libro IV del Dong Tang Lao della dinastia Yuan [东堂老], scritto da Qin Jianfu [秦简夫].
12. La redazione di CST non è riuscita a trovare la fonte originale di questa citazione. Ma lo stesso punto di vista è un luogo comune negli studi cinesi sulle relazioni internazionali. Ad esempio, si veda Yan Xuetong, “La diplomazia dovrebbe concentrarsi sui vicini”, Carnegie Endowment for International Peace, 27 gennaio 2015.
13. Peter Frankopan, Le vie della seta: A New History of the World (New York: Bloomsbury, 2015), xiv.
14. Questa citazione, tratta dal libro di Eric Jones del 1981 The European Miracle, è stata modificata per adattarsi meglio al testo, ma la descrizione del mondo musulmano come “amianto” forse ha senso solo con un estratto molto più ampio:.

Nulla è più chiaro del fatto che i fuochi della modernizzazione e dell’industrializzazione in Gran Bretagna, Belgio e Renania, bruciarono rapidamente i margini di questo sistema europeo. Persino la Russia e le colonie cristiane dell’impero ottomano si sono infiammate. Ma ai margini dell’amianto della sfera musulmana le fiamme si spensero bruscamente. Non si accesero mai sulla maggior parte del mondo extraeuropeo, ad eccezione delle annessioni europee d’oltremare.

Si veda Eric Jones, Environments, Economies and Geopolitics in the History of Europe and Asia (London: Cambridge University Press, 1981).
15. Nel contesto giapponese, “脱亚入欧” – abbandonare l’Asia, imparare dall’Europa – è uno slogan dell’era Meiji associato al famoso teorico politico giapponese Fukuzawa Yukichi (1835-1901). La frase apparve per la prima volta in un editoriale anonimo del 1885 per il Jiji Shimpo, probabilmente scritto da Fukuzawa. In esso si sosteneva che il Giappone doveva prendere le distanze dai suoi vicini asiatici e adottare invece i modelli politici, economici e culturali europei. L’idea derivava dalla percezione che l’Europa rappresentasse la modernità, il progresso e il potere, mentre l’Asia era vista come arretrata e inferiore.
16. Dambisa Moyo, Edge of Chaos: Why Democracy Is Failing to Deliver Economic Growth-and How to Fix It (New York: Basic Books, 2018), cap. 2.
17. Il sottotitolo 国向工则日新日智 – uno Stato che stima l’industria aumenterà di giorno in giorno in saggezza – è tratto dalla petizione di Kang Youwei del 1989 all’imperatore Qing in cui si chiedeva che la dinastia istituisse un premio per l’innovazione industriale. Il distico completo è: 国尚农,则守旧日愚;国尚工,则日新日智 [Se un Paese stima l’agricoltura, rimarrà conservatore e ignorante giorno per giorno; se un Paese stima l’industria, progredirà ogni giorno con nuove conoscenze e saggezza].
18. L’idioma 一穷二白 [yī qióng èr bái] è usato per descrivere una persona o una famiglia in uno stato di estrema povertà, priva di tutti i beni e le risorse necessarie al sostentamento o al miglioramento della vita.
19. I due Obiettivi del Centenario si riferiscono a due tappe significative stabilite dal PCC per guidare lo sviluppo del Paese e per celebrare due importanti anniversari. Il primo obiettivo del centenario è quello di celebrare il 100° anniversario della fondazione del PCC nel 2021 raggiungendo una SOCIETÀ MODERATAMENTE PROSPERA sotto tutti i punti di vista [全面建成小康社会]. Il secondo obiettivo del centenario è quello di celebrare il 100° anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese nel 2049, trasformando la Cina in un Paese moderno e socialista, prospero e prospero, moderno e socialista che sia prospero, forte, democratico, culturalmente avanzato, armonioso e bello [富强、民主、文明、和谐、美丽的社会主义现代化国家].
20. Xi Jinping 习近平, “Zai Qingzhu Gaige Kaifang 40 Zhounian Dahui Shang De Jianghua 在庆祝改革开放40周年大会上的讲话 [Discorso alla celebrazione del 40° anniversario della Conferenza sulla riforma e l’apertura],” Xinhua Wang 新华网 [Xinhua Online], 18 dicembre 2018.
21. Il Grande balzo in avanti, una campagna sociale ed economica maoista durata dal 1958 al 1962, tentò di portare la Cina dal “feudalesimo” al “socialismo” senza (come la teoria marxista avrebbe previsto) alcun periodo intermedio di capitalismo. Il programma di industrializzazione in contanti fu finanziato attraverso la requisizione di tutte le eccedenze agricole. La carestia che ne derivò uccise decine di milioni di persone. Nella storiografia cinese questo evento viene talvolta sottaciuto come “tre anni di disastri naturali”. Valutazioni franche dei veri costi e delle conseguenze del Grande balzo in avanti non sono sconosciute, ma sono abbastanza poche e rare da non dare per scontata la loro presenza in un documento come questo.
22. Gli autori di National Security e The Rise and Fall of Great Powers non includono citazioni per nessuna delle statistiche economiche qui citate, né questi numeri possono essere trovati in nessuna delle opere incluse nella bibliografia.
23. Robert Solow è stato insignito del Premio Nobel per le Scienze Economiche nel 1987 per i suoi contributi alla teoria della crescita economica a lungo termine come funzione dell’accumulo di capitale, della crescita della popolazione e della crescita della produttività guidata dai cambiamenti tecnologici.
24. William H. McNeill, The Rise of the West: A History of the Human Community (Chicago: University of Chicago Press, 1963), 417-456.
25. Zheng He era un ammiraglio e diplomatico Ming che dal 1405 al 1433 comandò sette viaggi di spedizione verso il sud-est asiatico, l’Asia meridionale, l’Asia occidentale e l’Africa orientale. Il contrasto tra i viaggi di Zheg He, che non portarono a un rapporto duraturo tra lo Stato cinese e i luoghi da lui visitati, è spesso trattato nei libri di testo di storia globale con i viaggi più piccoli ma di maggior successo commerciale dell’Età delle Scoperte europea.
26. Per un esempio della teoria di Pan Jiaofeng sulla rivoluzione tecno-scientifica, si veda Pan Jiaofeng 潘教峰, “Zhongguo Jianshe Shijie Keji Zhongxin Yinglai Zhanlue Jiyu Qi 中国建设世界科技中心迎来战略机遇期 [La costruzione da parte della Cina di un centro scientifico e tecnologico globale entra in un periodo di opportunità strategica]”, CNICN, febbraio 2019.
In esso sostiene che l’attuale periodo di incubazione di una nuova rivoluzione tecnologica rappresenta un’opportunità strategica per la Cina di affermarsi come centro tecnologico globale. Sostiene che la Cina, in quanto ritardataria dell’innovazione tecnologica, deve adottare una prospettiva globale, impegnarsi in una ricerca lungimirante e posizionarsi strategicamente per ottenere progressi significativi nell’innovazione tecnologica e diventare un centro tecnologico mondiale.
27. La redazione di CST non è riuscita a trovare la citazione originale. Per un esempio dell’argomentazione di Wen Yi, si veda Wen Yi, “The Making of an Economic Superpower—Unlocking China’s Secret of Rapid Industrialization”, Working Paper 2015-006B, Federal Reserve Bank of St. Louis, 2015. In questo documento, Wen sostiene che l’ascesa economica della Cina non può essere adeguatamente spiegata dalla teoria economica neoclassica. Al contrario, introduce quella che chiama la “nuova teoria degli stadi”, che enfatizza il ruolo della politica economica dello Stato nel facilitare l’industrializzazione e il potenziamento industriale.
28. Vaclav Smil, Made in the USA: The Rise and Retreat of American Manufacturing (Cambridge, MA: MIT Press, 2015), 23.
29. L’adattamento di Slater del filatoio nel 1789 è un primo esempio di spionaggio industriale e, per estensione, un precedente americano per il diffuso furto di proprietà intellettuale che ha alimentato l’ascesa della Cina.
30. Il progetto “Due bombe, un satellite” si riferisce agli sforzi compiuti dalla Cina a metà del XX secolo per sviluppare bombe nucleari, bombe all’idrogeno e satelliti artificiali.
31. Edward T. Johnson e Max von Zedtwitz, Created in China: How China is Becoming a Global Innovator (Londra: Bloomsbury, 2016), 9.
32. 沧海横流显砥柱 – i mari agitati rivelano la forza dell’albero – è un idioma cinese che descrive metaforicamente una situazione in cui la vera essenza di una persona diventa chiara solo in mezzo a grandi turbolenze e diversità. Di solito si presenta come un distico, 沧海横流显┥柱,万山磅礴看主峰, che può essere tradotto letteralmente come “in mezzo al mare tumultuoso, l’albero si erge saldo; nella vasta distesa di montagne, la vetta principale si erge sopra”. Il distico non proviene da un unico autore. Il verso precedente è tratto dal “Man Jiang Hong” di Guo Moruo [郭沫若] [满江红], mentre il verso successivo è tratto dalla “Lettera all’ex Chen Yu Ming” di Zeng Guofan [曾国藩] della dinastia Qing [复陈右铭太守书].
33. Si veda Samuel Huntington, Political Order in Changing Societies (New Haven: Yale University Press, 2006), 35.
34. Elhanan Helpman, The Mystery of Economic Growth (Cambridge, MA: Belknap Press, 2010).
35. Questo passaggio è una combinazione di due citazioni tratte da Edge of Chaos di Dambisa Moyo. La prima si trova a pagina 54 e la seconda a pagina 49.
36. Questo passaggio è citato a pagina 95 di The Post-American World di Fareed Zakaria, ma i ricercatori del CICIR – o il traduttore di una versione cinese del libro – lo interpretano in un modo che sovverte il significato originale di Zakaria. Zakaria sostiene che il sostegno pubblico non conta per il governo cinese, non che il governo cinese goda di tale sostegno: “È scomodo da sottolineare, ma inevitabile: non dover rispondere all’opinione pubblica ha spesso aiutato Pechino a portare avanti la sua strategia”. Fareed Zakaria, The Post-American World (New York: W.W. Norton & Company, 2008), 95.
37. Anche se questa non è una citazione diretta, assomiglia a una frase del libro: “Il mondo contemporaneo non ha alcun esempio di economia chiusa, vincolata da pratiche protezionistiche, che sia in grado di crescere rapidamente nel lungo periodo”. Grzegorz W. Kolodko, Whither the World: The Political Economy of the Future Volume 1 (New York: Palgrave Macmillan, 2014), 91.
38. Xi Jinping, “Juesheng Quan Mianjian Cheng Xiaokang Shehui Duoqu Xin Shidai Zhongguo Tese Shehuizhuyi Weida Shengli Zai Zhongguo Gongchandang Di Shijiu Ci Quan Guo Daibiao Dahui Shang de Baogao 决胜全面建成小康社会 夺取新时代中国特色社会主义伟大胜利–在中国共产党第十九次全国代表大会上的报告 [Vittoria decisiva nella costruzione di una società moderatamente prospera in modo integrale e nella conquista di una grande vittoria.modo circolare e conquistare la grande vittoria del socialismo con caratteristiche cinesi nella nuova era – relazione al diciannovesimo Congresso nazionale del Partito comunista cinese],”, Xinhua, 27 ottobre 2017.
39. Xi Jinping 习近平, “Zai Pudong Kaifang 30 Zhounian Qingzhu Dahui Shang de Jianghua 在浦东开发开放30周年庆祝大会上的讲话 [Discorso alla conferenza di celebrazione del 30° anniversario dello sviluppo e dell’apertura di Pudong] ,” Xinhua 新华, 12 novembre 2020.
40. I redattori di CST non sono riusciti a trovare questa citazione esatta nell’opera di Chua, ma il capitolo finale di Day of Empire di Amy Chua avanza un’argomentazione simile. Amy Chua, Day of Empire: How Hyperpowers Rise to Global Dominance-and Why They Fall (New York: Anchor Books, 2009), 318-343.
41. Fareed Zakaria, The Post-American World, 211-212.
42. Per il significato di questo termine si veda la voce del glossario CST LEADERSHIP CORE. L’intera sezione è una lunga e trasparente giustificazione della centralizzazione del potere sotto Xi Jinping.
43. Frederick Engels, “Sull’autorità”, Marxists Internet Archive, (or. pub 1872).
44. L’espressione “modello a ragnatela” non ha un significato consolidato nelle relazioni internazionali contemporanee; più spesso l’espressione “modello a ragnatela” è usata in riferimento a una teoria economica utilizzata per analizzare la domanda e l’offerta in mercati caratterizzati da sfasamenti e aggiustamenti temporali.
45. Questo è uno dei temi principali di Samuel Huntington, Political Order in Changing Societies (New Haven, Conn: Yale Univresity Press, 1968).
46. La redazione di CST non è riuscita a trovare l’articolo originale di Lin.
47. Il termine “trappola di Bismark” non è un concetto consolidato né negli studi occidentali né in quelli cinesi. I redattori di CST non sono riusciti a trovare alcuna menzione al di fuori di questo passaggio.
48. Il dibattito sulle cause della caduta dell’URSS è stato molto ampio nel mondo accademico cinese, con i critici della posizione ufficiale che hanno indicato il decadimento sistemico dell’economia sovietica o l’incapacità dell’URSS di riformare la struttura politica rigida e inflessibile ereditata da Stalin. Per esempi di argomentazioni critiche, si veda Wang Xiaoxiao 王笑笑, “Sulian Jubiande Genben Yuanyin 苏东剧变的根本原因 [La ragione fondamentale della trasformazione dell’Unione Sovietica]”. Aisixiang 爱思想, 4 marzo 2013; Huang Lifu 黄立茀, “Sulian Yinhe Sangshi Gaige Liangji 苏联因何丧失改革良机? Perché l’URSS ha perso l’occasione di riformarsi?”. Aisixiang 爱思想, 15 ottobre 2009; Liu Xingyi 刘新宜, “Sugong Kuatai, Sulian Wangguode Yuanyin 苏共垮台、苏联亡国的原因 [Ragioni del crollo del Partito Comunista Sovietico e della scomparsa dell’URSS]”. Aisixiang 爱思想, 14 novembre 2004. Per una presentazione più lunga del punto di vista ufficiale, pubblicata nello stesso periodo dell’articolo di Liu, si veda Cheng Zhihua 陈之骅, “Lishi Xuwuzhuyi Gaoluan Sulian 历史虚无主义搞乱苏联 [Il nichilismo storico ha rovinato l’Unione Sovietica]”, Aisixiang 爱思想, 18 settembre 2013 e Wang Tingyou 汪亭友, “Liang Zhong Duiweide Shijieguan he Lichang Guanchuan SulianYanbian Yanjiu 两种对立的世界观和立场贯穿苏联演变研究 [Il divario ideologico nello studio del crollo sovietico]”, Aisixiang, 20 febbraio 2014.
49. Non è chiaro quando Deng Xiaoping abbia pronunciato queste parole, ma sono spesso citate dai leader del partito. Vedi Jiang Zemin 江泽民, “Jiang Zemin Zai Mao Zedong Tongzhi Danchen Yibai Zhounian Jinian Dahui Shang De Jianghua. 江泽民在毛泽东同志诞辰一百周年纪念大会上的讲话 [Discorso di Jiang Zemin alla cerimonia di commemorazione del 100° anniversario della nascita del compagno Mao Zedong], Xinhua, 27 novembre 2009.

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Agricoltura europea Superare lo stallo dell’agricoltura (francese), di Marc Dufumier

I tre articoli tradotti qui sotto trattano della condizione dell’agricoltura e degli agricoltori francesi. Una condizione paragonabile, ma non uguale a quella italiana. In Italia l’agricoltura intensiva su grandi estensioni proprietarie assume dimensioni inferiori rispetto a quella francese; quest’ultima, al pari di quelle europee centro-occidentali, è comunque inferiore alle estensioni dei grandi stati continentali, dell’America Latina e dell’Ucraina. La particolare specializzazione e diversificazione dell’agricoltura italiana non ha caso si è tradotta in una divisione ancora più marcata del recente movimento di protesta dei “trattori”. Come già sottolineato nella chiosa ad un precedente articolo l’agricoltura europea ha soggiaciuto a due dinamiche fondamentali, dettate dalle direttive della Comunità Europea sin dagli anni ’60.

  • la postura ancillare del settore, divenuto strumento di scambio degli accordi internazionali tesi a privilegiare le logiche di controllo geopolitico della periferia e, almeno sino ad ora, le forniture di prodotti industriali e servizi sofisticati
  • lo sviluppo esclusivo dell’agricoltura intensiva sulle estensioni delle grandi pianure europee, di dimensioni comunque inferiori rispetto ad altre aree geografiche

Due dinamiche la cui interrelazione ha prodotto politiche che, come sottolineato negli articoli, hanno prodotto enormi distorsioni a danno degli agricoltori, dell’agricoltura e della stessa “sovranità sui prodotti alimentari fondamentali” ormai largamente compromessa in Europa, ma sempre più importante nell’attuale fase geopolitica. Un aspetto colto prontamente dalle multinazionali della terra e della chimica e dai governi più attivi. Da qui la liquidazione delle vecchie attività di intermediazione a tutela dei contadini (in Italia l’AIMA e le aziende pubbliche di trasformazione dei prodotti), l’attenzione particolare ai produttori di beni destinati all’attività agricola (prodotti chimici, meccanica agricola), piuttosto che ai produttori agricoli con le conseguenze da esso derivate di progressivi inquinamento e sterilizzazione dei terreni. Dopo una fase di sbandamento, consistita in un consistente abbandono di terre e ina drammatica emigrazione, è seguita una parziale reazione tesa a creare prodotti di nicchia. Non si tratta di farsi abbagliare da una esasperazione di queste dinamiche o di una conversione integralista all’ambientalismo ecologista. Si tratta di trovare un equilibrio non facile tra la necessaria coltura intensiva, l’agricoltura di nicchia e l’esigenza di sovranità alimentare. I tre articoli cercano di offrire alcune risposte interessanti, anche se non sempre convincenti. Giuseppe Germinario

Agricoltura europea
Superare lo stallo dell’agricoltura
28 febbraio 2024. I recenti eventi del Salone dell’Agricoltura e le manifestazioni degli agricoltori che li hanno preceduti non sono affatto il risultato di una situazione puramente congiunturale: la guerra in Ucraina, i capricci del tempo, l’eccesso di offerta di prodotti etichettati come biologici, e così via. Sono piuttosto indicativi del fatto che la nostra agricoltura industriale è giunta a un punto morto.

I nostri agricoltori sentono di essere stati ingannati dai loro consulenti agricoli, dalle loro “cooperative” e dai loro fornitori di attrezzature e prodotti chimici. È stato detto loro più volte che devono aumentare le rese per ettaro e fornire sempre più prodotti standard a prezzi più bassi.

Da qui il crescente utilizzo di fertilizzanti sintetici, pesticidi, antibiotici e altri costosi fattori di produzione. Ma come possiamo migliorare le rese per ettaro aumentandole costantemente se i costi degli input intermedi aumentano ancora di più? Garantire un reddito decente ai nostri agricoltori non significherebbe forse ridurre questi costi per unità di superficie? I consulenti di gestione farebbero bene a prestare maggiore attenzione al valore aggiunto netto per ettaro piuttosto che al solo prodotto lordo.

Di fronte alla costante concorrenza sui mercati locali, nazionali e mondiali dei prodotti agricoli, i nostri agricoltori sono stati spesso costretti a investire pesantemente nell’acquisto di grandi attrezzature e nell’ampliamento degli allevamenti. Ma di fronte ai prezzi imposti dai supermercati e dall’agroalimentare, non sono più in grado di guadagnare abbastanza per soddisfare i bisogni delle loro famiglie e rimborsare i prestiti.

Le famose leggi Egalim, concepite per regolare le transazioni tra supermercati e produttori agricoli, sono state così poco rispettate che non sono riuscite a garantire un reddito decente e stabile alla maggior parte dei nostri agricoltori. Molte aziende agricole stanno fallendo e ce ne sono ancora di più in cui i proprietari che vanno in pensione non riescono a trovare un successore. Il censimento agricolo del 2023 rivela che il numero di aziende agricole si è ridotto di 4 unità in 50 anni e che la metà di tutti gli agricoltori ha ormai 55 anni o più, con scarse prospettive di successione.

Tutti i nostri settori di fascia bassa sono in difficoltà: polli di meno di 40 giorni alimentati con mais e soia brasiliani, in concorrenza con i polli prodotti in Brasile; grano appena adatto alla panificazione esportato in Egitto e Algeria, in concorrenza con il grano ucraino o rumeno coltivato in tenute di diverse migliaia di ettari; latte in polvere da esportare in Cina, in concorrenza con il latte della Nuova Zelanda, dove gli inverni sono meno rigidi e i ruminanti possono pascolare più a lungo; barbabietole da zucchero coltivate sotto le nuvole della Piccardia per produrre etanolo, in concorrenza con la canna da zucchero coltivata nei grandi latifondi brasiliani, e così via.

È vero che la nostra bilancia commerciale agroalimentare rimane positiva (7-10 miliardi di euro l’anno), nonostante gli enormi deficit di frutta, verdura e colture proteiche. Ma questo è dovuto principalmente alle esportazioni di prodotti locali ed etichettati: formaggi e vini a denominazione d’origine protetta, liquori, foie gras, ecc. La maggior parte di questi prodotti proviene da piccole aziende agricole a conduzione familiare.

Allora perché, nella Francia dei mille e uno terroir, dobbiamo continuare a incoraggiare sempre più alimenti prodotti su larga scala in aziende agricole più grandi, anche se molto più piccole di quelle che predominano nelle Americhe, nell’Europa dell’Est o in Oceania? E perché i sussidi della Politica Agricola Comune (PAC) sono ancora concessi principalmente in proporzione alla superficie, con il rischio di incoraggiare i beneficiari a ingrandire e specializzare ancora di più le loro aziende piuttosto che investire in produzioni di qualità?

È vero che per molti prodotti ortofrutticoli il deficit commerciale è dovuto alle importazioni dai Paesi limitrofi, dove gli standard sanitari e ambientali sono talvolta meno severi che in Francia. Ma la distorsione della concorrenza per questi prodotti deriva ancora di più dal fatto che i lavoratori dipendenti di questi Paesi sono spesso pagati meno che in Francia. Questo vale in particolare per i lavoratori turchi in Germania e per quelli ecuadoriani o nordafricani in Spagna. E l’interruzione del nostro piano Ecophyto, teoricamente destinato a ridurre gradualmente l’uso di pesticidi, non è in grado di invertire questa situazione.

Dovremmo quindi dare la priorità al pagamento di un prezzo equo per la frutta e la verdura con il marchio biologico, che provengono da sistemi di coltivazione più tradizionali e che possono legittimamente contenere livelli molto più bassi di interferenti endocrini. Se solo le autorità locali si impegnassero ad acquistare frutta e verdura a prezzi equi per nutrire le giovani generazioni nelle nostre mense scolastiche.

L’aspetto più preoccupante della nostra bilancia commerciale è senza dubbio rappresentato dalle massicce importazioni di semi e farine di soia per l’alimentazione di pollame, suini e ruminanti. Queste importazioni rappresentano circa due terzi del nostro fabbisogno attuale. Va da sé che le colture proteiche (fagioli, piselli da foraggio, lupini, ecc.), che potrebbero sostituire la soia, ma per le quali la ricerca agronomica è stata largamente carente, difficilmente potrebbero diventare redditizie senza aiuti di Stato o protezione del nostro mercato interno. Ciò è dovuto in particolare ai bassissimi costi di produzione osservati nelle vaste tenute di Argentina, Brasile e Uruguay, dove la produzione è realizzata su larga scala con manodopera sottopagata.

Dobbiamo quindi recuperare al più presto una maggiore autosufficienza proteica e soprattutto non ratificare gli accordi previsti con il Mercosur. Non sarà certo un danno per i poveri brasiliani che facevano i diserbatori e che sono stati sostituiti da un diserbante (il glifosato); hanno perso il lavoro, si sono uniti alle baraccopoli e non possono nemmeno comprare la soia del loro Paese, che viene esportata per nutrire i nostri maiali!

Dobbiamo porre fine al più presto a questa agricoltura industriale a cui ci siamo abituati troppo facilmente, ma che finora è riuscita a sopravvivere solo grazie a sussidi solitamente concessi in proporzione alla superficie coltivata. Alla fine, questi sussidi hanno avvantaggiato solo le grandi aziende agricole in cui si praticava questa agricoltura industriale.

Ma non dobbiamo disperare. Le soluzioni tecniche esistono. Ma il futuro dell’agricoltura in questa Francia dai mille e uno terroir può essere assicurato solo da un’agricoltura agro-ecologica, saldamente radicata nell’ambiente locale e che sfrutti al massimo il potenziale ecologico locale.

Invece di “aiutare” i nostri agricoltori a sopravvivere e ad espandere le loro unità produttive con sussidi proporzionali alle dimensioni delle loro aziende, dovremmo pagare adeguatamente i nostri agricoltori, attraverso un accordo contrattuale, per i loro servizi ambientali: sequestro di carbonio nella biomassa e nell’humus del suolo, riduzione delle emissioni di gas serra, tecniche alternative all’uso di prodotti tossici, protezione delle valli dalle inondazioni, misure anti-erosione, conservazione della biodiversità domestica e selvatica, bellezza dei paesaggi, e così via.

Dobbiamo smettere di trasformare i nostri agricoltori in mendicanti, che chiedono sussidi condizionati da misure pignole e non sempre adatte alla loro situazione; dobbiamo invece trasformarli in agricoltori con i piedi per terra, orgogliosi di lavorare per il bene comune e felici di poterci fornire prodotti di altissima qualità in termini di nutrizione, salute e gusto.

Marc Dufumier

drom (28-02-2024 16:27:32)
Questo tipo di articolo è di solito una scorciatoia nel ragionamento. Non sono un esperto di agricoltura ma alcune espressioni sono lì solo per impressionare il lettore. (grano non panificabile – prezzo fisso) La riduzione del numero di aziende agricole risale al dopoguerra e non è dovuta alla grande distribuzione che è iniziata solo intorno al 1967 (primi negozi di 2500 m², Carrefour 1959, Auchan 1961).
Le aziende agricole di migliaia di ettari sono meno diffuse in Francia (la rivoluzione è passata, ma esistono nella Beauce, nella Brie e nell’Aisne), ma questa è la realtà anche nelle vicine Italia, Spagna e Gran Bretagna…
Resta il fatto che questo articolo ignora l’organizzazione commerciale dell’industria alimentare: ci sono ovviamente i supermercati con i loro ipermercati e le loro catene (41 miliardi di euro), l’industria alimentare (104 miliardi di euro in Francia), e ci sono anche le centrali di acquisto per la ristorazione collettiva (Sodexo, Elior, ….) e quelle per gli ospedali, le scuole secondarie e le scuole, gestite dagli enti locali con i vincoli del costo unitario dei pasti imposti dalla sovvenzione di questi istituti. (Il costo della ristorazione escludendo gli enti locali è di oltre 11 miliardi di euro, a cui si aggiungono le catene di ristorazione, che valgono quasi 26 miliardi di euro). )
Queste cifre macroeconomiche sono sconcertanti ed è facile capire perché l’agricoltore medio è paralizzato e si affida ai prezzi di Rungis, dei grossisti e dei gruppi locali… Perché non può negoziare al proprio livello. Da qui la creazione di cooperative, alcune delle quali sono abbastanza grandi da poter negoziare sui vari segmenti, ma molte sono troppo piccole (le quantità che offrono sono marginali) e ci sono enormi disparità regionali. Sebbene rappresentino l’85% della produzione nel 2018, solo 18 hanno un fatturato superiore a 1 miliardo di euro, mentre le più grandi hanno un fatturato di 5-6 miliardi di euro. Naturalmente, le fusioni sono sempre più frequenti… Solo unendo le forze raggiungeremo la massa critica necessaria per negoziare. Ma la salvezza non verrà dai poteri pubblici, anche se sembra emergere una certa etica: dal 1973, lo Stato ha favorito il basso costo (ipermercati) e la solidarietà (775 miliardi, più del 48% di prelievo sociale) per evitare di aumentare i salari con il pretesto della competitività.

 

Agricoltura europea
L’ultima rivolta contadina
24 gennaio 2024. All’inizio del 2024, l’Unione Europea è stata sorpresa dall’emergere di una forma di rivolta contadina non più esclusivamente francese, ma anche tedesca e persino olandese. La rabbia degli agricoltori è iniziata in Germania con la brutale messa in discussione di un sussidio pubblico sul prezzo del gasolio agricolo. Si è poi diffusa nei Paesi Bassi e in Francia, con blocchi di trattori sulle autostrade, manifestazioni davanti alle prefetture e così via.

A causa della modernizzazione accelerata, la Francia ha perso due milioni di aziende agricole in 70 anni. Nel 2024 ce ne saranno appena 380.000 (cioè meno di un agricoltore ogni centocinquanta ettari), con un valore aggiunto per l’agricoltura (esclusa la viticoltura) di 40 miliardi di euro (più 20 miliardi di euro di aiuti di ogni tipo).

Sebbene il lavoro della terra sia ancora molto impegnativo, la situazione materiale degli agricoltori francesi è comunque complessivamente soddisfacente. I coltivatori di cereali e barbabietole godono di condizioni materiali confortevoli. La maggior parte degli altri agricoltori, soprattutto gli allevatori, godono di condizioni materiali vicine a quelle dei lavoratori dipendenti, il che non è male per gli standard storici! Ma in cambio di questo relativo benessere, hanno dovuto sacrificare la loro indipendenza all’agroindustria, ai supermercati e all’amministrazione, insaziabile distributrice di sussidi e regolamenti.

La fine dei contadini, prevista già nel 1967 dal sociologo Henri Mendras in un famoso libro, sta diventando realtà: una civiltà millenaria si sta estinguendo con loro, sostituita da una metropolizzazione globalizzata che sta trasformando le aree che erano ancora verdi in parchi di divertimento, autostrade, ecc.

Mentre il numero degli agricoltori continua a diminuire e a invecchiare, quello del Ministero dell’Agricoltura continua a crescere: 36.000 dipendenti pubblici ad oggi, di cui 16.000 esclusi i settori della ricerca e della formazione! La posta in gioco è alta in queste cifre. Il settore agricolo è sempre più coinvolto nella globalizzazione del commercio, sotto l’egida dell’Unione Europea.

È anche eccessivamente regolamentato, con il risultato che l’agricoltura familiare soffre di un’insicurezza permanente dovuta alla sovrabbondanza di norme e regolamenti, nonché ai continui cambiamenti delle condizioni del commercio internazionale.

La pulizia di un fosso o la potatura di una siepe possono quindi dar luogo a controlli e sanzioni in base a norme oscure uscite da un ufficio parigino negli anni precedenti. Questa incertezza giuridica è la negazione della democrazia. Ricorda la frase attribuita al cardinale Richelieu: “Datemi sei righe scritte dall’uomo più onesto e ne troverò abbastanza per impiccarlo”.

Il piano europeo Farm to Fork (2020), ideato da metropolitani ecologisti, non aiuta: mira a mettere a riposo il 10% dei terreni agricoli, a ridurre del 20% l’uso di fertilizzanti e del 50% il consumo di antibiotici veterinari e prodotti fitosanitari.

Molti agricoltori sono anche portati alla disperazione e talvolta al suicidio. A sentire i manifestanti, gli agricoltori francesi soffrono più che altro per le decisioni amministrative o politiche prese a Parigi, Bruxelles, Berlino o altrove, che possono improvvisamente minacciare il loro equilibrio finanziario e la loro redditività (sdoganamento delle importazioni, impennata dei prezzi del gasolio, ecc.)

Lo abbiamo appena visto con gli accordi di libero scambio con l’Ucraina: con il pretesto di aiutare il popolo ucraino, l’Unione Europea accoglie, senza dazi doganali, prodotti a bassissimo costo (cereali, polli, ecc.) provenienti da un’agricoltura altamente industrializzata ereditata dai sovchoz sovietici e ora in mano a pochi oligarchi locali e ai fondi pensione americani. Lo abbiamo visto prima con gli accordi di libero scambio conclusi con il mondo intero (Canada, Brasile, Nuova Zelanda, ecc.) nonostante l’ostilità della maggioranza dei cittadini europei. Lo vediamo con i nuovi trattati in preparazione con Cile, Kenya, Australia, ecc. che né la Commissione europea né i governi nazionali intendono abbandonare.

Tutti questi accordi sono il risultato di ipotesi ideologiche sulle virtù del libero scambio globalizzato, che non sono mai state dimostrate dalla storia. Essi soddisfano gli industriali europei che vogliono vendere i loro prodotti sui mercati mondiali (berline tedesche, Rafales francesi, ecc.), con queste ipotetiche esportazioni che devono essere compensate da importazioni agricole a scapito degli agricoltori europei (nota).

Di conseguenza, la governance dell’Unione europea è irta di contraddizioni difficili da superare. Da un lato, la Commissione moltiplica gli standard ambientali che gravano sulla produzione europea e soffocano gli agricoltori europei con burocrazia e oneri amministrativi (nota). Dall’altro, autorizza l’importazione di prodotti agroalimentari a basso costo da tutto il mondo. La Commissione ammette di non essere in grado di verificare la loro conformità agli standard ambientali europei, nonostante le “clausole specchio” inserite nei Trattati. Inoltre, il trasporto di questi prodotti genera notevoli emissioni di gas serra, in contraddizione con gli obiettivi climatici.

Il gioco finale
È quindi comprensibile che gli agricoltori tedeschi e olandesi siano più avanti di quelli francesi nella rivolta, anche se sono tra i grandi vincitori della PAC e della moneta unica. Di fronte alle lenticchie coltivate con pesticidi in Canada, alla soia geneticamente modificata proveniente dall’Amazzonia o al latte in polvere della Nuova Zelanda, l’agricoltura familiare europea non ha alcuna possibilità di sopravvivenza, e la verità è che la classe dirigente, sostenuta dalle maggioranze metropolitane (borghesia globalizzata, pensionati, immigrati) che hanno perso ogni legame con il mondo agricolo, non ne è affatto preoccupata.

Le poche misure consolatorie annunciate in Francia dal Primo Ministro rimetteranno senza dubbio in riga gli agricoltori, come già fecero i Gilets jaunes. Gli affari continueranno senza che l’Unione Europea debba giustificare l’eliminazione delle frontiere. È significativo, inoltre, che in cima alla lista delle misure annunciate da Gabriel Attal ci sia l’alleggerimento delle procedure per lo sviluppo delle “bassine” (bacini artificiali di irrigazione) come quelle di Sainte-Soline (Deux-Sèvres), che hanno scatenato violente manifestazioni dell’estrema sinistra nel marzo 2023. Il paradosso è che questi bacini sostengono l’agricoltura intensiva e globalizzata, proprio ciò per cui i contadini protestano (nota).

In Francia, i risultati delle politiche neoliberiste perseguite ostinatamente negli ultimi venti o trent’anni sono davvero spaventosi. E qual è stato il risultato? Nel giro di vent’anni, la Francia ha perso la sua posizione di grande esportatore di prodotti agroalimentari. È scesa dal secondo al quinto posto tra gli esportatori mondiali, mentre la sua produzione è ristagnata. Si avvia a diventare un debitore netto, con più importazioni che esportazioni. Si tratta di un’assoluta controprestazione in un Paese così eccezionalmente dotato dalla natura e ricco di millenarie conoscenze contadine che non hanno quasi equivalenti nel mondo.

Non sono sicuro che gli ultimi contadini rimasti saranno confortati dall’attuale piano di coprire gli ultimi terreni agricoli rimasti con pannelli fotovoltaici. Né è certo che vogliano essere funzionalizzati e pagati semplicemente per mantenere l’ecosistema, i paesaggi, le siepi… o almeno ciò che ne rimane, essendo la campagna vista come un serbatoio inesauribile e praticamente gratuito di terra da impermeabilizzare per le esigenze del consumismo amazzonico (capannoni, svincoli, aree commerciali, complessi residenziali, ecc.)

André Larané
Per una concorrenza leale tra agricoltori e agroindustriali
Gli agricoltori non possono più fare a meno delle sovvenzioni pubbliche. È diventato indispensabile per loro finanziare gli acquisti (attrezzature, prodotti fitosanitari, soia transgenica, energia, ecc.) per aumentare le rese e mantenere il reddito in un mercato globalizzato.
Se si volesse davvero indirizzare gli agricoltori verso un’agricoltura meno costosa in termini di energia, prodotti chimici e macchinari, lo si potrebbe fare a livello nazionale o europeo (PAC, Politica Agricola Comune), da un lato aumentando l’importo lordo dei sussidi, ma dall’altro sottraendo ad essi gli acquisti o i fattori di produzione: Così, se un agricoltore acquista mille euro di fertilizzanti o di soia, i sussidi che riceve saranno ridotti dello stesso importo; se rinuncia a tutti o a una parte di questi input, le sue rese e quindi il suo reddito lordo diminuiranno, ma i sussidi pubblici compenseranno la riduzione del reddito lordo!
In un contesto di “concorrenza libera e non distorta”, questo semplice incentivo fiscale non coercitivo, difficilmente più complicato da attuare dell’IVA, metterebbe sullo stesso piano gli agroindustriali che hanno optato per l’agricoltura intensiva e gli agricoltori disposti ad accettare rese più basse con meno input. Sarebbe logico che i primi ricevessero meno aiuti dei secondi, dato che lo scopo degli aiuti è quello di pagare gli agricoltori e non di incrementare i profitti dei fornitori di macchinari, fertilizzanti, energia, ecc.

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Post scriptum alla Panoramica del discorso sullo stato della nazione di Vladimir Putin, di gilbert doctorow

Post scriptum alla Panoramica del discorso sullo stato della nazione di Vladimir Putin

In calce il discorso integrale_Giuseppe Germinario

gilbertdoctorow

1 marzo

Il discorso di Putin di due ore e cinque minuti è stato molto ricco di idee e la mia panoramica di ieri era incompleta. In quanto segue, mi propongo di rivolgere l’attenzione su alcuni ulteriori elementi del discorso che meritano di essere discussi.

Vale la pena ricordare che durante il discorso Vladimir Putin ha spiegato più di una volta che molte delle nuove iniziative che stava promuovendo per essere attuate nel suo prossimo mandato, nel caso fosse eletto, provenivano dagli incontri degli ultimi mesi con cittadini comuni, uomini d’affari e con gruppi civici mentre viaggiava attraverso il paese. Il passaggio dai concetti neo-liberali di gestione economica che erano così dominanti prima che il Cremlino mettesse l’economia sul piede di guerra a un approccio più dirigista focalizzato sull’innalzamento della qualità della vita per la stragrande maggioranza della popolazione odierna riflette questo approccio “dell’orecchio a terra”.

In Occidente si presume che solo la democrazia rappresentativa possa garantire la promozione degli interessi della popolazione in generale, ma questo è un mito. Sappiamo tutti quanto poco le opinioni dell’elettorato influenzino l’impostazione della politica estera nell’UE, per fare solo un esempio, e in questi giorni di sanzioni autodistruttive contro la Russia nulla potrebbe essere più immediatamente collegato allo stato dell’economia e benessere della popolazione dell’UE rispetto alla sua politica estera.

La “democrazia gestita” della Russia sotto Vladimir Putin trae vantaggio dal modo in cui The Boss insiste nell’uscire dalla sua ristretta cerchia di consiglieri e nell’incontrare personalmente persone di ogni ceto sociale per eseguire il proprio confronto con la realtà. Per coloro che dubitano delle mie parole, vi rimando a Jacques Baud, autore di L’arte russa della guerra . Baud ci racconta che lo Stato Maggiore russo è in comunicazione diretta con i soldati e gli ufficiali in trincea e riceve regolarmente da loro consigli su come migliorare tattiche e strategie. Perché allora la leadership civile russa dovrebbe essere meno ramificata?

Come ho detto ieri, i piani di sviluppo di Putin per il futuro della Russia nei prossimi sei anni comprendono molte componenti di welfare sociale. È importante notare che non si parla di “spese”. No, sono visti come investimenti nel futuro del paese che verranno ripagati profumatamente in rubli e copechi da una cittadinanza più sana, più istruita e che guadagna più reddito imponibile. La differenza di approccio non si vede nelle intestazioni del registro del Tesoro, ma è ora e sarà nella mente dei legislatori mentre valutano gli stanziamenti.

A proposito di tasse, ieri non ho menzionato la notevole proposta del Presidente, arrivata nel verbale finale del discorso, di sostituire il regime fisso di imposta sul reddito del 15% introdotto da Putin all’inizio del suo primo mandato. da un’imposta progressiva che preleva di più dai pochi ricchi e di meno dagli strati più poveri della popolazione. L’obiettivo è salire di livello, ridurre le enormi disparità di reddito tra la popolazione russa. Questa proposta non è stata concretizzata. Direi che si è trattato di un periodo di prova per quello che sarà un duro dibattito sui principi fiscali nei prossimi mesi.

Infine, rivolgo l’attenzione ai piani di Vladimir Putin di creare nuove “élite” nella società russa promuovendo i veterani delle Operazioni Militari Speciali che si sono distinti per eroismo a posizioni di leadership nel governo e negli affari. Senza dirlo esplicitamente, l’idea è quella di sostituire i ladri e gli astuti operatori che hanno fatto fortuna e consolidato la loro posizione privilegiata nella società durante i selvaggi anni ’90 con persone autenticamente patriottiche e coraggiose, con persone che si sono dimostrate sul campo di battaglia. In particolare, a questi eroi verrà offerto l’ingresso nelle migliori istituzioni di istruzione superiore della nazione per prepararli ai loro futuri ruoli nella vita civile o nell’esercito, se desiderano continuare la loro carriera lì.

Questa idea non è venuta dal nulla. Una politica simile di mobilità sociale venne praticata in URSS negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale. Mi ricorda anche il ‘GI Bill’ che autorizzava i veterani statunitensi della Seconda Guerra Mondiale e della Guerra di Corea a ottenere un’istruzione superiore gratuita, mutui immobiliari a basso costo e simili. Quando sono entrato nel mondo delle multinazionali americane negli anni ‘80, molti dei massimi dirigenti erano proprio ex alti ufficiali militari.

Proprio l’idea di ammettere i portatori di medaglie al valore sul campo di battaglia alle migliori università senza obbligarli a superare i consueti esami di ammissione è stata oggetto di discussione nei talk show russi negli ultimi mesi. Ciò ha suscitato polemiche, con obiezioni particolari sollevate proprio alla vigilia del discorso di Putin avanzato da Vladimir Solovyov. L’oppositore era il preside della facoltà di affari internazionali dell’Università statale di Mosca, il quale non poteva accettare che alle lezioni venissero ammesse persone senza le conoscenze di base adeguate. Tuttavia è possibile che alla base di questa opposizione ci siano altre obiezioni, vale a dire quelle politiche. Non sarebbe un’esagerazione affermare che i docenti universitari in Russia tendono ad essere più liberali rispetto alla popolazione generale, e il pensiero di dover affrontare eroi di guerra patriottici in classe potrebbe intimidire i docenti.

Esattamente per la stessa ragione l’idea gode del sostegno dei legislatori russi dalla mentalità più conservatrice che compaiono anche nello show di Solovyov. Se non è possibile eliminare i sostenitori meno entusiasti di Putin tra i docenti, allora portare degli eroi in classe potrebbe far sì che i docenti liberali si mordano la lingua.

©Gilbert Doctorow, 2024

Presidente della Russia Vladimir Putin: Senatori, Deputati della Duma di Stato,

cittadini della Russia,

Lo scopo principale di ogni discorso all’Assemblea federale è quello di offrire una prospettiva lungimirante. Oggi discuteremo non solo i nostri piani a breve termine, ma anche i nostri obiettivi strategici e le questioni che, a mio avviso, sono fondamentali per garantire uno sviluppo stabile a lungo termine del nostro Paese.

Questo programma d’azione e le misure specifiche che include sono in gran parte il risultato dei miei viaggi nelle regioni e delle conversazioni che ho avuto con i lavoratori e gli ingegneri degli stabilimenti civili e della difesa, così come con i medici, gli insegnanti, i ricercatori, i volontari, gli imprenditori, le grandi famiglie, con i nostri eroi in prima linea, i volontari, i soldati e gli ufficiali delle Forze Armate russe. Naturalmente, è chiaro che queste conversazioni, questi incontri non nascono dal nulla, ma sono organizzati. Tuttavia, questi scambi offrono alle persone l’opportunità di parlare dei loro bisogni più urgenti. Molte idee sono venute da importanti forum della società civile e di esperti.

Le proposte presentate dalla nostra gente, le loro aspirazioni e le loro speranze sono diventate la base, il pilastro principale dei progetti e delle iniziative che saranno annunciati anche oggi, durante questo discorso. Spero che la discussione pubblica su questi temi continui, perché solo insieme possiamo realizzare tutti i nostri piani. In effetti, ci attendono compiti importanti.

Abbiamo già dimostrato di essere in grado di raggiungere gli obiettivi più impegnativi e di rispondere a qualsiasi sfida, anche la più temibile. Per esempio, c’è stato un tempo in cui abbiamo respinto l’aggressione terroristica internazionale e preservato la nostra unità nazionale, evitando che il nostro Paese venisse fatto a pezzi.

Abbiamo sostenuto i nostri fratelli e sorelle; abbiamo appoggiato la loro decisione di stare con la Russia e quest’anno ricorre il decimo anniversario della leggendaria Primavera russa. Ma ancora oggi, l’energia, la sincerità e il coraggio dei suoi eroi – gli abitanti della Crimea, di Sebastopoli e del Donbass ribelle – il loro amore per la Madrepatria, che hanno portato avanti per generazioni, rende naturalmente orgogliosi. Questo ci ispira e rafforza la nostra fiducia nel fatto che supereremo qualsiasi cosa, che saremo in grado di fare qualsiasi cosa insieme.

È così che – tutti insieme – siamo riusciti a eliminare la minaccia mortale della pandemia Covid-19 proprio di recente. Inoltre, così facendo, abbiamo anche dimostrato al mondo che nella nostra società prevalgono valori come la compassione, il sostegno reciproco e la solidarietà.

E oggi, quando la nostra Madrepatria sta difendendo la sua sovranità e la sua sicurezza, difendendo le vite dei nostri compatrioti nel Donbass e in Novorossiya, i nostri cittadini stanno giocando il ruolo decisivo in questa giusta lotta: la loro unità e devozione al nostro Paese e la nostra responsabilità condivisa per il suo futuro.

Hanno dimostrato chiaramente e inequivocabilmente queste qualità all’inizio dell’operazione militare speciale, quando è stata sostenuta dalla maggioranza assoluta dei russi. Nonostante le prove più dure e le perdite più amare, la gente è rimasta irremovibile nella sua scelta e la sta riaffermando cercando di fare il più possibile per il proprio Paese e per il bene comune.

Le industrie russe lavorano su tre turni per realizzare tutti i prodotti di cui il fronte ha bisogno. L’intera economia, che fornisce le basi industriali e tecnologiche per la nostra vittoria, ha dimostrato flessibilità e resilienza. Vorrei ringraziare tutti i dirigenti d’azienda, gli ingegneri, gli operai e gli agricoltori per il loro lavoro responsabile e duro nell’interesse della Russia.

Milioni di persone hanno aderito alla campagna Noi siamo insieme e al progetto del Fronte Popolare Russo Tutto per la Vittoria! Negli ultimi due anni, le imprese russe hanno donato miliardi di rubli alle organizzazioni di volontariato e alle fondazioni di beneficenza che sostengono i nostri soldati e le loro famiglie.

Le persone inviano lettere e pacchi, vestiti caldi e reti mimetiche al fronte; donano denaro dai loro risparmi, a volte molto modesti. Ancora una volta, questo tipo di assistenza è inestimabile: è il contributo di tutti alla vittoria comune. I nostri eroi al fronte, nelle trincee, dove è più difficile, sanno che tutto il Paese è con loro.

Desidero riconoscere la Fondazione Difensori della Patria, il Comitato delle Famiglie dei Guerrieri della Patria e altre associazioni pubbliche per il loro instancabile impegno. Esorto le autorità a tutti i livelli a continuare a fornire un sostegno incrollabile alle famiglie dei nostri eroi, compresi i loro genitori, coniugi e figli, che attendono con ansia il ritorno in sicurezza dei loro cari.

Sono grato ai partiti parlamentari per essersi uniti intorno agli interessi nazionali. Il sistema politico russo è uno dei pilastri della sovranità del nostro Paese. Continueremo a far progredire le istituzioni democratiche e a resistere a qualsiasi interferenza esterna nei nostri affari interni.

Il cosiddetto Occidente, con le sue pratiche coloniali e la sua propensione a fomentare conflitti etnici in tutto il mondo, non solo cerca di ostacolare il nostro progresso, ma immagina anche una Russia che sia uno spazio dipendente, in declino e in via di estinzione, dove poter fare quello che vuole. In realtà, vogliono replicare in Russia ciò che hanno fatto in numerosi altri Paesi, tra cui l’Ucraina: seminare discordia in casa nostra e indebolirci dall’interno. Ma si sbagliavano, e ciò è divenuto abbondantemente chiaro ora che si sono scontrati con la ferma volontà e la determinazione del nostro popolo multietnico.

I nostri soldati e ufficiali – cristiani e musulmani, buddisti e seguaci dell’ebraismo, persone che rappresentano etnie, culture e regioni diverse – hanno dimostrato con le loro azioni, che sono più forti di mille parole, che la coesione e l’unità secolari del popolo russo sono una forza formidabile e invincibile. Tutti loro, spalla a spalla, stanno combattendo per la nostra comune Madrepatria.

Insieme, come cittadini della Russia, saremo uniti nella difesa della nostra libertà e del nostro diritto a un’esistenza pacifica e dignitosa. Tracceremo il nostro percorso, per salvaguardare la continuità delle generazioni, e quindi la continuità dello sviluppo storico, e affronteremo le sfide che attendono il Paese sulla base della nostra visione del mondo, delle nostre tradizioni e delle nostre convinzioni, che trasmetteremo ai nostri figli.

Amici,

La difesa e il rafforzamento della sovranità sono in corso in tutti i settori, soprattutto in prima linea, dove le nostre truppe combattono con fermezza e altruismo.

Sono grato a tutti coloro che combattono per gli interessi della Patria, che sopportano il crogiolo delle prove militari e mettono in gioco la propria vita ogni giorno. L’intera nazione ha il più profondo rispetto per la vostra impresa, piange i morti e la Russia ricorderà sempre i suoi eroi caduti.

(Un momento di silenzio).

Le nostre Forze Armate hanno acquisito una grande esperienza, anche in termini di coordinamento di tutte le ali dell’esercito, oltre a padroneggiare le più recenti tattiche e metodi di guerra. Questo sforzo ci ha dato tanti comandanti di talento e di esperienza che hanno a cuore i loro uomini e sono diligenti nello svolgere le loro missioni, sanno come usare nuovi equipaggiamenti e sono efficaci nel portare a termine i loro incarichi. Vorrei sottolineare che questo avviene a tutti i livelli, dai plotoni e dalle unità operative fino al comando supremo.

Siamo consapevoli delle sfide che dobbiamo affrontare. Esse esistono. Detto questo, sappiamo anche cosa bisogna fare per affrontarle. A questo proposito, è in corso uno sforzo continuo e incessante, sia in prima linea che nelle retrovie, per migliorare il potere d’attacco dell’Esercito e della Flotta, per renderli più tecnologici ed efficaci.

Le Forze Armate hanno ampliato di molto le loro capacità di combattimento. Le nostre unità hanno preso l’iniziativa e non la cederanno. Avanzano con fiducia in diversi teatri operativi e liberano altri territori.

Non siamo stati noi a iniziare la guerra nel Donbass, ma, come ho già detto più volte, faremo di tutto per porvi fine, sradicare il nazismo e raggiungere tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale, oltre a difendere la sovranità e garantire la sicurezza del nostro popolo.

Le forze nucleari strategiche sono in stato di massima allerta e la capacità di usarle è assicurata. Abbiamo già realizzato o stiamo per realizzare tutti i nostri piani in termini di armi, in linea con quanto ho detto nel mio discorso del 2018.

Kinzhal, il complesso ipersonico a lancio aereo, non solo è entrato in servizio in combattimento, ma si è dimostrato efficace nell’effettuare attacchi contro obiettivi critici durante l’operazione militare speciale. Allo stesso modo, Zircon, un complesso missilistico ipersonico basato su nave, ha già prestato servizio in combattimento. Non è stato nemmeno menzionato durante il discorso del 2018, ma anche questo sistema missilistico è entrato in servizio in combattimento.

Anche i missili ipersonici ICBM Avangard e i complessi laser Peresvet sono entrati in servizio in combattimento. Il Burevestnik, un missile da crociera con gittata illimitata, sta per completare la fase di test, così come il Poseidon, un veicolo sottomarino senza equipaggio. Questi sistemi hanno dimostrato di soddisfare gli standard più elevati e non sarebbe esagerato dire che offrono capacità uniche. Le nostre truppe hanno anche ricevuto i primi missili balistici pesanti Sarmat prodotti in serie. Presto ve li mostreremo in servizio di allerta nelle aree di schieramento.

Gli sforzi per sviluppare diversi altri nuovi sistemi d’arma continuano, e ci aspettiamo di sentire ancora di più sui risultati ottenuti dai nostri ricercatori e produttori di armi.

La Russia è pronta al dialogo con gli Stati Uniti sulle questioni di stabilità strategica. Tuttavia, è importante chiarire che in questo caso abbiamo a che fare con uno Stato i cui circoli dirigenti stanno compiendo azioni apertamente ostili nei nostri confronti. Quindi, intendono seriamente discutere con noi di questioni di sicurezza strategica e allo stesso tempo cercano di infliggere alla Russia una sconfitta strategica sul campo di battaglia, come dicono loro stessi.

Ecco un buon esempio della loro ipocrisia. Di recente hanno lanciato accuse infondate, in particolare contro la Russia, riguardo ai piani di dispiegamento di armi nucleari nello spazio. Queste false narrazioni, e questa storia è inequivocabilmente falsa, hanno lo scopo di coinvolgerci in negoziati sulle loro condizioni, che andranno solo a vantaggio degli Stati Uniti.

Allo stesso tempo, hanno bloccato la nostra proposta che è sul tavolo da oltre 15 anni. Mi riferisco all’accordo sulla prevenzione del dispiegamento di armi nello spazio, che abbiamo redatto nel 2008. Non c’è stata alcuna reazione. Non è assolutamente chiaro di cosa stiano parlando.

Pertanto, ci sono ragioni per sospettare che l’interesse professato dall’attuale amministrazione statunitense a discutere di stabilità strategica con noi sia solo demagogia. Vogliono semplicemente dimostrare ai loro cittadini e al mondo, soprattutto in vista delle elezioni presidenziali, che continuano a governare il mondo, che parlerebbero con i russi quando ciò li avvantaggia e che non c’è nulla di cui parlare e che altrimenti cercheranno di infliggerci una sconfitta. Business as usual, come si suol dire.

Ma questo è inaccettabile, ovviamente. La nostra posizione è chiara: se si vuole discutere di questioni di sicurezza e stabilità che sono cruciali per l’intero pianeta, questo deve essere fatto come un pacchetto che includa, ovviamente, tutti gli aspetti che hanno a che fare con i nostri interessi nazionali e che hanno un’influenza diretta sulla sicurezza del nostro Paese, la sicurezza della Russia.

Siamo anche consapevoli dei tentativi occidentali di trascinarci in una corsa agli armamenti, esaurendoci così, rispecchiando la strategia impiegata con successo con l’Unione Sovietica negli anni Ottanta. Vi ricordo che nel 1981-1988 la spesa militare dell’Unione Sovietica ammontava al 13% del PIL.

Il nostro imperativo attuale è quello di potenziare la nostra industria della difesa in modo da aumentare le capacità scientifiche, tecnologiche e industriali del nostro Paese. Dobbiamo allocare le risorse nel modo più oculato possibile, promuovendo un’economia efficiente per le Forze armate e massimizzando il rendimento di ogni rublo della nostra spesa per la difesa. È fondamentale per noi accelerare la risoluzione dei problemi sociali, demografici, infrastrutturali e di altro tipo che dobbiamo affrontare, migliorando al contempo la qualità degli equipaggiamenti dell’Esercito e della Marina russi.

Questo vale soprattutto per le forze di impiego generale, affinando i principi della loro organizzazione e distribuendo alle truppe sistemi avanzati di attacco senza equipaggio, sistemi di difesa aerea e di guerra elettronica, di ricognizione e di comunicazione, armi di alta precisione e altri tipi di armi.

Dobbiamo rafforzare le forze nel teatro strategico occidentale per contrastare le minacce poste dall’ulteriore espansione della NATO verso est, con l’ingresso di Svezia e Finlandia nell’alleanza.

L’Occidente ha provocato conflitti in Ucraina, in Medio Oriente e in altre regioni del mondo propagandando costantemente falsità. Ora hanno l’audacia di dire che la Russia ha intenzione di attaccare l’Europa. Ci credete? Sappiamo tutti che le loro affermazioni sono del tutto prive di fondamento. Allo stesso tempo, stanno selezionando gli obiettivi da colpire sul nostro territorio e stanno valutando i mezzi di distruzione più efficaci. Ora hanno iniziato a parlare della possibilità di dispiegare contingenti militari della NATO in Ucraina.

Ma ricordiamo cosa è successo a coloro che hanno inviato i loro contingenti sul territorio del nostro Paese già una volta. Oggi, qualsiasi potenziale aggressore dovrà affrontare conseguenze ben più gravi. Devono capire che anche noi abbiamo armi – sì, lo sanno, come ho appena detto – in grado di colpire obiettivi sul loro territorio.

Tutto ciò che stanno inventando ora, spaventando il mondo con la minaccia di un conflitto con armi nucleari, che potenzialmente significherebbe la fine della civiltà – non se ne rendono conto? Il problema è che si tratta di persone che non hanno mai affrontato una profonda avversità; non hanno alcuna concezione degli orrori della guerra. Noi – anche la generazione più giovane di russi – abbiamo sopportato tali prove durante la lotta al terrorismo internazionale nel Caucaso e ora nel conflitto in Ucraina. Ma continuano a pensare a questo come a una sorta di cartone animato.

In effetti, proprio come qualsiasi altra ideologia che promuove il razzismo, la superiorità nazionale o l’eccezionalismo, la russofobia è accecante e stupefacente. Gli Stati Uniti e i loro satelliti hanno infatti smantellato il sistema di sicurezza europeo, creando rischi per tutti.

È chiaro che nel prossimo futuro in Eurasia dovrà essere creato un nuovo quadro di sicurezza uguale e indivisibile. Siamo pronti a una discussione concreta su questo tema con tutti i Paesi e le associazioni che possono essere interessati. Allo stesso tempo, vorrei ribadire (credo sia importante per tutti) che nessun ordine internazionale duraturo è possibile senza una Russia forte e sovrana.

Ci sforziamo di unire gli sforzi della maggioranza globale per rispondere alle sfide internazionali, come la turbolenta trasformazione dell’economia mondiale, del commercio, della finanza e dei mercati tecnologici, quando i vecchi monopoli e gli stereotipi ad essi associati stanno crollando.

Ad esempio, nel 2028, i Paesi BRICS, tenendo conto dei nuovi membri, creeranno circa il 37% del PIL globale, mentre i numeri del G7 scenderanno sotto il 28%. Queste cifre sono eloquenti perché la situazione era completamente diversa solo 10 o 15 anni fa. Me lo avete già sentito dire pubblicamente. Queste sono le tendenze, vedete. Queste sono le tendenze globali e non si può sfuggire ad esse perché sono la realtà oggettiva.

Guardate, nel 1992 la quota dei Paesi del G7 nel PIL mondiale in termini di PPA era del 45,7%, mentre i Paesi BRICS (questa associazione non esisteva nel 1992) rappresentavano solo il 16,5%. Nel 2022, tuttavia, il G7 rappresentava il 30,3%, mentre i BRICS il 31,5%. Nel 2028, la percentuale si sposterà ancora di più a favore dei BRICS, con il 36,6%, mentre il dato previsto per il G7 è del 27,8%. Non si può prescindere da questa realtà oggettiva, che rimarrà tale indipendentemente da ciò che accadrà in seguito, anche in Ucraina.

Continueremo a lavorare con i Paesi amici per creare corridoi logistici efficaci e sicuri, affidandoci a soluzioni all’avanguardia per la costruzione di una nuova architettura finanziaria globale che sia libera da qualsiasi interferenza politica. Ciò è particolarmente importante se si considera che l’Occidente sta minando le proprie valute e il proprio sistema bancario segando letteralmente il ramo su cui è seduto.

I principi di uguaglianza e di rispetto degli interessi reciproci ci guidano nelle interazioni con i nostri partner. È per questo che sempre più Paesi hanno cercato di partecipare alle attività dell’UEEA, della SCO, dei BRICS e di altre associazioni che coinvolgono la Russia. Vediamo molte promesse nel progetto di costruzione di un Grande Partenariato Eurasiatico e nell’allineamento dei processi di integrazione all’interno dell’Unione Economica Eurasiatica e dell’Iniziativa Belt and Road della Cina.

Il dialogo della Russia con l’ASEAN ha registrato uno slancio positivo. I vertici Russia-Africa hanno rappresentato una vera e propria svolta, con il continente africano sempre più deciso a perseguire i propri interessi e a godere di un’autentica sovranità. Sosteniamo sinceramente queste aspirazioni.

La Russia intrattiene relazioni positive e di lunga data con gli Stati arabi, che hanno una civiltà unica e vibrante che abbraccia il Nord Africa e il Medio Oriente. Siamo convinti che dobbiamo trovare nuovi punti di convergenza con i nostri amici arabi e approfondire i nostri partenariati in tutti i settori. La stessa visione guiderà le nostre relazioni con l’America Latina.

A parte questo, vorrei chiedere al Governo di stanziare maggiori fondi per i programmi internazionali di promozione della lingua russa e della nostra cultura multietnica, principalmente all’interno dello spazio della CSI, ma anche in tutto il mondo.

Tra l’altro, amici e colleghi, sono certo che molti di voi sono stati alla mostra sulla Russia. La gente ci va per vedere quanto è ricca e vasta la nostra patria e per mostrarla ai propri figli. L’Anno della famiglia è stato lanciato lì. I valori dell’amore, del sostegno reciproco e della fiducia si tramandano di generazione in generazione, proprio come la nostra cultura, le nostre tradizioni, la nostra storia e i nostri principi morali.

Ma lo scopo principale della famiglia è quello di avere figli, di procreare, di crescere i bambini e quindi di garantire la sopravvivenza della nostra nazione multietnica. Possiamo vedere ciò che sta accadendo in alcuni Paesi, dove le norme morali e la famiglia vengono deliberatamente distrutte e intere nazioni vengono spinte all’estinzione e alla decadenza. Noi abbiamo scelto la vita. La Russia è stata e rimane una roccaforte dei valori tradizionali su cui si regge la civiltà umana. La nostra scelta è sostenuta dalla maggioranza delle persone nel mondo, compresi milioni di persone nei Paesi occidentali.

È vero, oggi i tassi di natalità sono in calo in Russia e in molti altri Paesi. Secondo i demografi, questa sfida è legata ai cambiamenti sociali, economici, tecnologici, culturali e di percezione dei valori in tutto il mondo. I giovani ricevono un’istruzione, cercano di fare carriera e di migliorare le proprie condizioni di vita, lasciando i figli per il futuro.

È ovvio che l’economia e la qualità del settore sociale non sono gli unici fattori che influenzano la demografia e il tasso di natalità. Anche le scelte di vita incoraggiate in famiglia, dalla nostra cultura e dall’istruzione hanno un impatto enorme. Tutti i livelli di governo, la società civile e il clero di tutte le nostre religioni tradizionali devono contribuire a questo obiettivo.

Il sostegno alle famiglie con bambini è la nostra scelta morale fondamentale. La famiglia con più figli deve diventare una norma, la filosofia sociale di base e il fulcro della strategia statale. (Applausi) Mi unisco ai vostri applausi.

Dobbiamo garantire una crescita sostenibile del tasso di natalità entro i prossimi sei anni. Con questo obiettivo, prenderemo altre decisioni riguardanti il sistema educativo e lo sviluppo regionale ed economico. Parlerò del sostegno alle famiglie e del miglioramento della loro qualità di vita in quasi tutte le parti dell’Indirizzo. Abbiate pazienza, perché ho appena iniziato. Anche tutto ciò che ho già detto è importante, ma ora parlerò delle questioni più importanti.

Inizierò con una questione importante, per usare un eufemismo, ovvero il basso reddito di molte famiglie numerose. Nel 2000, più di 42 milioni di russi vivevano al di sotto della soglia di povertà, ma da allora la situazione è cambiata radicalmente. Alla fine dello scorso anno, il numero di persone che vivevano al di sotto della soglia di povertà è sceso a 13,5 milioni, che è comunque molto. Ma siamo costantemente impegnati a trovare una soluzione a questo problema.

Di recente sono state adottate diverse misure. Ad esempio, dal 1° gennaio 2023 è stato introdotto un assegno mensile unico per le famiglie a basso reddito. L’assegno è erogato dal momento della gravidanza della madre fino al compimento del 17° anno di età del bambino. L’anno scorso ne hanno beneficiato più di 11 milioni di persone.

Abbiamo semplificato drasticamente la procedura per la stipula di un contratto sociale, dando priorità alle famiglie numerose. Ora la domanda per un contratto sociale può essere presentata attraverso il sito web di Gosuslugi (servizi governativi) con una serie minima di documenti. Lavoreremo per ampliare la disponibilità di questo servizio, che richiederà un finanziamento supplementare di 100 miliardi di rubli. Questi fondi sono già stati accantonati. In generale, tutte le spese aggiuntive che menzionerò sono state messe a bilancio.

Per ribadire che la povertà rimane un problema acuto che oggi colpisce direttamente più del 9% della popolazione. Secondo gli esperti, il tasso di povertà tra le famiglie con molti figli è di circa il 30%. Dobbiamo fissare obiettivi chiari e raggiungerli con coerenza. Entro il 2030, il tasso di povertà complessivo in Russia dovrà essere inferiore al 7% e, per le famiglie numerose, non dovrà superare il 12%, ovvero meno della metà dell’attuale 30%. In altre parole, dobbiamo porre particolare enfasi sugli sforzi per ridurre la povertà, in primo luogo per le famiglie con molti figli.

So che sconfiggere la povertà non è facile e che si tratta di uno sforzo assolutamente sistemico e multivettoriale. Quindi, per ribadire, è importante assicurarsi che tutto ciò che facciamo in questo settore, e ogni strumento che utilizziamo, sia efficace ed efficiente e produca risultati reali e tangibili per la nostra gente e le nostre famiglie.

Abbiamo bisogno di uno sforzo ininterrotto volto a migliorare la qualità della vita delle famiglie con figli e a sostenere la natalità. Per raggiungere questo obiettivo, lanceremo un nuovo progetto nazionale intitolato “Famiglia”.

Parlerò ora di alcune iniziative specifiche.

Innanzitutto, oltre ai programmi federali, le regioni russe stanno attuando misure proprie per sostenere le famiglie con bambini. Vorrei soprattutto ringraziare i miei colleghi per questo lavoro e proporre di fornire ulteriore assistenza alle regioni in cui il tasso di natalità è inferiore alla media nazionale. Ciò è particolarmente importante per la Russia centrale e nordoccidentale. Nel 2022, 39 regioni avevano un tasso di fertilità totale inferiore alla media nazionale. Entro la fine del 2030, convoglieremo almeno 75 miliardi di rubli a queste regioni affinché possano aumentare i loro programmi di sostegno alla famiglia. I fondi inizieranno ad essere erogati l’anno prossimo.

In secondo luogo, l’anno scorso in Russia sono stati costruiti più di 110 milioni di metri quadrati di alloggi, ovvero il 50% in più rispetto al livello più alto dell’era sovietica, raggiunto nel 1987. All’epoca furono costruiti 72,8 milioni di metri quadrati, mentre ora il risultato è di 110 milioni.

Ma soprattutto, negli ultimi sei anni, milioni di famiglie russe si sono trasferite in alloggi più grandi o migliori; oltre 900.000 di loro hanno usufruito del programma di mutui per le famiglie – quello lanciato nel 2018, per intenderci. Nel corso del tempo abbiamo ampliato costantemente l’ammissibilità a questo programma, passando dalle famiglie con due o più figli a quelle con un solo figlio. Il programma continuerà fino a luglio 2024. Propongo di estenderlo ulteriormente fino al 2030, mantenendone i parametri di base. Particolare attenzione va prestata alle famiglie con bambini al di sotto dei sei anni; per queste famiglie il tasso d’interesse preferenziale del prestito rimarrà al sei per cento.

C’è dell’altro. Attualmente il governo sovvenziona 450.000 rubli del mutuo di una famiglia che ha un terzo figlio. Propongo di estendere questa misura fino al 2030. Quest’anno, questo piano di sostegno richiederà quasi 50 miliardi di rubli; l’importo aumenterà ulteriormente, ma abbiamo i soldi per farlo.

Il nostro obiettivo più ampio è quello di rendere gli alloggi in costruzione più accessibili per le famiglie e di garantire un rinnovamento del patrimonio abitativo del Paese a livello di sistema.

In terzo luogo, in Russia ci sono oltre due milioni di famiglie con tre o più figli. È ovvio che siamo molto orgogliosi di queste famiglie.

Ecco cosa volevo dire a questo proposito. Guardate questi numeri: sono cifre reali. Tra il 2018 e il 2022, il numero di famiglie con molti figli in Russia è aumentato del 26,8%, il che è un risultato positivo.

Ho firmato un ordine esecutivo che crea uno status nazionale unico per le famiglie con molti figli. È ciò che la gente chiedeva. Dobbiamo dare seguito alle sue disposizioni prendendo decisioni concrete a livello federale e regionale, naturalmente in linea con le aspirazioni dei cittadini.

Le famiglie con molti figli hanno tante cose di cui occuparsi, quindi i genitori devono avere più risorse a disposizione per affrontare le sfide quotidiane. Propongo di raddoppiare la detrazione fiscale che i genitori ottengono quando hanno il secondo figlio, portandola a 2.800 rubli al mese, e di aumentare questo beneficio per il terzo e per ogni figlio successivo a 6.000 rubli.

Che cosa significa? Faccio un esempio: una famiglia con tre figli potrà risparmiare 1.300 rubli al mese. Suggerisco inoltre di aumentare il reddito annuo conteggiato per questa detrazione da 350.000 a 450.000 rubli. E questa misura di sostegno deve essere applicata automaticamente, senza che le persone debbano farne richiesta.

Un discorso a parte merita l’indennità di maternità. Oggi i genitori possono ricevere 630.000 rubli alla nascita del primo figlio, e quando arriva il secondo la famiglia riceve altri 202.000 rubli. Abbiamo regolarmente adeguato questo sussidio all’inflazione. Per ora, il programma di capitale di maternità è destinato a scadere all’inizio del 2026, ma suggerisco di estenderlo almeno fino al 2030.

Colleghi,

vorrei ringraziare le fondazioni di beneficenza e le organizzazioni non profit di servizio alla comunità che aiutano gli anziani, le persone affette da varie malattie e i bambini disabili. Hanno fatto molto per sollevare la questione dell’assistenza a lungo termine a livello nazionale. Sono stati loro a sollevare costantemente questi problemi.

Credo che sia necessario stanziare più fondi federali per questo sistema e seguire un unico standard di assistenza elevato. Ciò include il miglioramento della sua disponibilità per circa mezzo milione di russi che hanno maggiormente bisogno di questo tipo di assistenza.

Entro il 2030, dobbiamo fare in modo che il 100% delle persone che hanno bisogno di questo tipo di assistenza a lungo termine possa beneficiarne.

Attualmente l’aspettativa di vita media in Russia ha superato i 73 anni. Siamo tornati al livello che avevamo prima della pandemia COVID-19. Entro il 2030, l’aspettativa di vita in Russia dovrebbe essere di almeno 78 anni e in futuro, come previsto, raggiungeremo il livello di oltre 80 anni.

Particolare attenzione va prestata alle aree rurali e alle regioni in cui l’aspettativa di vita è ancora inferiore alla media russa. Il progetto nazionale Vita lunga e attiva si concentrerà sul raggiungimento di questi obiettivi. È particolarmente importante prolungare il periodo di vita sana e attiva di una persona, in modo che possa godere delle attività familiari, stare con i propri cari, figli e nipoti.

Continueremo ad attuare progetti federali per combattere le malattie cardiovascolari, il cancro e il diabete.

Inoltre, propongo di lanciare un nuovo programma globale per proteggere la maternità e aiutare i bambini e gli adolescenti a mantenere una buona salute, compresa quella riproduttiva, assicurando che i bambini nascano sani e crescano come adulti sani, e producano bambini sani in futuro.

Le priorità del nuovo programma dovrebbero includere l’espansione della rete nazionale di cliniche per la salute delle donne e il potenziamento dei centri perinatali, delle cliniche pediatriche e degli ospedali. In totale, nei prossimi sei anni stanzieremo più di mille miliardi di rubli solo per la costruzione, la riparazione e l’equipaggiamento delle strutture sanitarie.

Il prossimo. Il numero di russi che praticano regolarmente attività sportive è aumentato in modo significativo negli ultimi anni. Questo è uno dei nostri principali risultati. Dobbiamo incoraggiare le persone che si assumono la responsabilità della propria salute. Già dal prossimo anno introdurremo detrazioni fiscali per coloro che si sottopongono regolarmente a visite mediche programmate e che superano con successo il test di idoneità fisica standard della GTO.

Ricordate questo slogan popolare? Tutti ricordano la battuta: “Smetti di bere – inizia a sciare!”. A quanto pare, il momento è arrivato. A proposito, per quanto riguarda il bere, abbiamo ottenuto un risultato notevole e positivo. Infatti, abbiamo ridotto in modo significativo il consumo di alcol, soprattutto di alcolici forti, senza imporre restrizioni estreme, il che dovrebbe certamente migliorare la salute della nazione.

Suggerisco di destinare i fondi federali alla costruzione di almeno 350 impianti sportivi aggiuntivi ogni anno nelle regioni, soprattutto nelle piccole città e nelle aree rurali. Ciò potrebbe includere strutture polivalenti e strutture che possono essere costruite rapidamente per essere utilizzate da bambini, adulti e famiglie. A questo scopo stanzieremo circa 65 miliardi di rubli di fondi federali nei prossimi sei anni.

Anche le università, gli istituti professionali, le scuole e le istituzioni prescolari devono creare le condizioni per fare sport. Tra l’altro, molti dei nostri asili aperti in epoca sovietica hanno bisogno di essere ristrutturati. L’anno prossimo lanceremo un importante programma di ristrutturazione. Ho sentito parlare di questo problema dalle persone con cui parlo continuamente.

Per quanto riguarda le scuole, circa 18.500 edifici hanno bisogno di riparazioni importanti. Aiuteremo le regioni a risolvere i problemi arretrati in questo settore, in modo da passare dalle riparazioni urgenti a quelle programmate. A giudicare dai risultati ottenuti finora, siamo sulla strada giusta. Complessivamente, stanzieremo oltre 400 miliardi di rubli per effettuare riparazioni importanti negli asili e nelle scuole.

Inoltre, propongo di rinnovare o aprire sale mediche nelle scuole che necessitano di questo tipo di servizio. Oggi, cioè nel 2022-2023, solo il 65% delle 39.000 scuole che abbiamo (e ne abbiamo 39.440 in totale), dispone di strutture mediche, il che significa che abbiamo un margine di miglioramento.

C’è un altro tema importante. Molte grandi città si stanno espandendo rapidamente, il che a sua volta aumenta il carico dei servizi sociali. Molte scuole hanno dovuto passare a turni doppi o addirittura tripli. Naturalmente si tratta di una sfida e dobbiamo affrontarla. Dovremo impegnare le risorse federali per risolvere questo problema, costruendo almeno 150 scuole e oltre 100 asili nelle città più colpite dal sovraffollamento degli istituti scolastici.

Colleghi,

i sogni e le conquiste dei nostri antenati sono alla nostra portata e possiamo esserne orgogliosi, mentre sono le aspirazioni delle nostre giovani generazioni a determinare il futuro del nostro Paese. La loro maturità, i loro successi, le loro linee guida morali, in grado di affrontare qualsiasi sfida, sono le più importanti garanzie della sovranità della Russia e della continuazione della nostra storia.

Propongo di consolidare l’esperienza positiva che abbiamo realizzato con la nostra politica giovanile e di lanciare quest’anno un nuovo progetto nazionale, la Gioventù della Russia. Questo progetto dovrebbe concentrarsi sul futuro del nostro Paese e lavorare per questo futuro. Questo è ciò che i nostri insegnanti considerano la loro vocazione, la loro grande missione, poiché si rendono conto di essere responsabili delle giovani generazioni, e siamo grati a loro per il loro lavoro disinteressato.

I mentori svolgono un ruolo importante nel far sentire i bambini parte di una squadra unita e nel fornire loro un sostegno nella vita. Propongo di istituire un sussidio federale di 5.000 rubli mensili per i consulenti dei direttori che li consultano sullo sviluppo dei bambini nelle scuole e negli istituti superiori, con data di inizio il 1° settembre 2024. Questa sarà una nuova misura di sostegno. Propongo inoltre di attuare una misura di sostegno per gli insegnanti di classe nelle scuole e per i supervisori di gruppi, sia negli istituti superiori che nelle scuole tecniche, nelle comunità con una popolazione inferiore a 100.000 persone. Queste comunità hanno bisogno di un’attenzione particolare e, di fatto, la maggior parte delle piccole città e dei villaggi della Russia rientra in questa categoria. Quindi, a partire dal 1° marzo 2024, propongo di raddoppiare a 10.000 rubli il compenso federale per la gestione delle classi e la supervisione dei gruppi per i lavoratori dell’istruzione che ne hanno diritto.

C’è un’altra cosa che vorrei aggiungere. Nel 2018, gli ordini esecutivi di maggio hanno stabilito i requisiti per la retribuzione degli insegnanti e degli altri dipendenti del settore pubblico sulla base di un reddito mensile medio da lavoro in una particolare regione della Russia. Queste disposizioni dei cosiddetti ordini esecutivi di maggio devono continuare a essere rigorosamente rispettate. Allo stesso tempo, dobbiamo migliorare il sistema di retribuzione del settore pubblico e aumentare i redditi dei suoi dipendenti.

La retribuzione media nell’economia varia da regione a regione, il che significa che i redditi delle persone nel settore pubblico sono talvolta molto diversi anche in entità vicine della federazione. Ma il lavoro di insegnanti e medici è difficile e richiede un’estrema responsabilità, indipendentemente dal luogo in cui si trovano. Senza dubbio, questa grande differenza di stipendio tra le regioni è ingiusta.

So che si tratta di una questione vecchia, complicata e ad alta intensità di capitale, se posso affrontarla in questo modo. Ne ho discusso con i miei colleghi delle agenzie federali, con i capi delle regioni, con gli insegnanti, i medici e altri professionisti. È chiaro che dobbiamo fare qualcosa.

Non entrerò nei dettagli ora, ma è certamente una questione complicata. I parlamentari e il Governo sanno di cosa sto parlando. Chiedo al Governo di coordinare nel 2025 un nuovo sistema di pagamento per i dipendenti pubblici nell’ambito dei progetti pilota esistenti nelle regioni e di adottare una decisione definitiva per l’intero Paese nel 2026.

Una questione a parte riguarda la creazione di ulteriori incentivi per attirare i giovani professionisti nelle scuole, dove vedranno opportunità professionali e di carriera. A tal fine, approveremo uno stanziamento mirato di oltre 9 miliardi di rubli dal bilancio federale per migliorare le infrastrutture delle università di formazione degli insegnanti.

Il nostro sistema di istruzione scolastica è sempre stato famoso per i suoi insegnanti innovativi e i suoi metodi di insegnamento unici. Saranno proprio i team di insegnanti di questo tipo a partecipare alla creazione di scuole orientate al futuro. La costruzione delle prime scuole di leadership di questo tipo inizierà quest’anno nelle regioni di Ryazan, Pskov, Belgorod, Nizhny Novgorod e Novgorod. Successivamente saranno costruite in tutti i distretti federali, in Estremo Oriente, in Siberia e nel Donbass. Complessivamente, apriremo 12 scuole di questo tipo entro il 2030.

Per quanto riguarda i contenuti educativi, il carico di lavoro dei nostri bambini deve essere ragionevole ed equilibrato. Non è assolutamente positivo che ai bambini venga insegnata una cosa durante le lezioni e che durante gli esami vengano chieste cose completamente diverse. Questa discrepanza, per usare un eufemismo, tra il programma di studi e le domande poste durante gli esami, che purtroppo si verifica, costringe i genitori ad assumere tutor privati, che non tutte le famiglie possono permettersi. Chiedo ai colleghi del Governo di collaborare con gli insegnanti e i genitori per risolvere questo evidentissimo problema.

A questo proposito, vorrei spendere qualche parola sull’Esame di Stato unificato, che come tutti sappiamo è oggetto di un ampio dibattito pubblico. È vero che il meccanismo dell’esame unificato deve essere migliorato.

Cosa propongo a questo punto? Propongo di fare un ulteriore passo avanti, dando ai diplomati una seconda possibilità. In particolare, essi avranno la possibilità di ripetere un esame in una delle materie dell’esame unificato prima che finisca il periodo di iscrizione all’università, in modo da poter ripresentare i nuovi voti. Tali questioni possono sembrare banali, ma in realtà sono molto importanti per i cittadini.

Colleghi,

l’anno scorso l’economia russa è cresciuta più velocemente di quella mondiale, superando non solo i principali Paesi dell’UE, ma anche tutte le economie del G7. A questo proposito, vorrei sottolineare che le enormi riserve create negli ultimi decenni hanno avuto un ruolo importante.

La quota delle industrie non legate ai beni di consumo nella struttura della crescita supera ormai il 90%, il che significa che l’economia è diventata più complessa e tecnologica, e quindi molto più sostenibile. La Russia è la più grande economia europea in termini di prodotto interno lordo e di parità di potere d’acquisto e la quinta economia mondiale.

Il ritmo e, soprattutto, la qualità della crescita consentono di sperare e persino di affermare che nel prossimo futuro saremo in grado di fare un ulteriore passo avanti e diventare la quarta economia mondiale. Questo tipo di crescita dovrebbe avere un effetto diretto sui redditi delle famiglie.

La quota dei salari sul PIL nazionale dovrebbe aumentare nei prossimi sei anni. Stiamo adeguando il salario minimo in anticipo rispetto ai tassi di inflazione e ai tassi medi di crescita dei salari nell’economia. A partire dal 2020, il salario minimo è aumentato del 50%, passando da 12.000 a 19.000 rubli al mese. Entro il 2030, il salario minimo sarà quasi raddoppiato a 35.000 rubli, il che farà sicuramente la differenza nel numero di prestazioni sociali e di stipendi nel settore pubblico ed economico.

Siamo consapevoli dei rischi e dei fattori che possono portare a un rallentamento della crescita economica e del nostro progresso in generale. Tra questi, in primo luogo, la carenza di personale qualificato e di tecnologie avanzate, o addirittura la totale mancanza di queste ultime in alcuni settori. Dobbiamo essere proattivi a questo proposito, quindi oggi discuterò in dettaglio questi due argomenti di importanza strategica.

Inizierò dal personale. La Russia ha una grande generazione di giovani. Stranamente, stiamo affrontando problemi demografici legati alla crescita della popolazione, ma abbiamo ancora una generazione giovane piuttosto numerosa. Nel 2030, questo Paese avrà 8,3 milioni di persone di età compresa tra i 20 e i 24 anni e 9,7 milioni, ovvero 2,4 milioni in più rispetto ad oggi, nel 2035. Senza dubbio, questo è il risultato delle misure demografiche degli anni precedenti, tra le altre cose.

È importante che gli adolescenti di oggi diventino professionisti pronti a lavorare nell’economia del XXI secolo. Questo è l’obiettivo del nuovo progetto nazionale Personnel.

Ne abbiamo discusso molto, ma abbiamo davvero bisogno di rafforzare il legame tra tutti i livelli di istruzione, dalla scuola all’università. Dovrebbero lavorare insieme per un risultato comune. Naturalmente, il coinvolgimento dei futuri datori di lavoro è importante. Quest’anno è stato lanciato un sistema di orientamento professionale in tutte le scuole del Paese. I ragazzi dalla sesta elementare in su possono familiarizzare con le diverse specializzazioni.

Ora sto esortando i direttori delle imprese, dei centri di ricerca e dei centri medici a incoraggiare i ragazzi delle scuole a visitarli. Fate loro visitare i laboratori, come mi è stato proposto di fare durante uno dei miei viaggi, i musei e i laboratori. Vi prego di partecipare a questo sforzo.

La promozione di una stretta collaborazione tra le istituzioni educative e l’economia reale ci ha guidato nel progetto Professionalitet per la promozione della formazione professionale. Ci ha permesso di aggiornare i programmi educativi per l’industria aeronautica, navale, farmaceutica, elettronica e della difesa, tra gli altri.

Dovremo formare circa un milione di lavoratori altamente qualificati per questi settori entro il 2028, assicurandoci che il sistema di formazione professionale nel suo complesso passi a questi approcci, anche in termini di sviluppo delle risorse umane per le scuole, gli ospedali, gli ambulatori, il settore dei servizi, il turismo, le istituzioni culturali e le industrie creative.

A parte ciò, sto incaricando il Governo di collaborare con le regioni per un programma di ristrutturazione e di equipaggiamento degli istituti di formazione professionale. Questo sforzo deve andare oltre la ristrutturazione delle strutture scolastiche e riguardare anche le strutture sportive, nonché i dormitori per gli studenti che servono queste scuole e istituti di formazione professionale. Per questi scopi stanzieremo 120 miliardi di rubli di fondi federali nei prossimi sei anni.

Inoltre, nei prossimi sei anni spenderemo altri 124 miliardi di rubli per effettuare importanti riparazioni in circa 800 dormitori universitari.

Per quanto riguarda l’istruzione superiore in generale, il nostro compito è quello di sviluppare centri di ricerca e di formazione in tutto il Paese. A tal fine, costruiremo 25 campus universitari entro il 2030. Ne abbiamo già parlato, ma è bene ripeterlo. Propongo di ampliare questo programma per costruire almeno 40 campus universitari di questo tipo.

A tal fine, dovremo stanziare circa 400 miliardi di rubli dal bilancio federale per garantire che gli studenti, i post-laureati, i docenti e le giovani famiglie abbiano tutto ciò di cui hanno bisogno per studiare, lavorare e crescere i propri figli.

In generale, dobbiamo esaminare tutte le diverse situazioni che le giovani madri o i giovani genitori devono affrontare nella loro vita e utilizzare queste informazioni per perfezionare e migliorare i servizi pubblici, il settore sociale, l’assistenza sanitaria e le infrastrutture urbane e rurali. Chiedo al Governo e alla Regione di prestare la dovuta attenzione nel lavorare su questa agenda.

Proseguendo, nel discorso dello scorso anno ho annunciato importanti cambiamenti nel funzionamento del nostro sistema di istruzione superiore e ho parlato della necessità di utilizzare le migliori pratiche nazionali. Le basi del futuro successo in una professione vengono gettate nei primi anni di università, quando si insegnano le materie fondamentali. Credo che sia necessario offrire a chi insegna queste materie stipendi più alti. Pertanto, chiedo al Governo di suggerire modalità specifiche per realizzarlo e di lanciare un progetto pilota a partire dal 1° settembre.

Ciò richiederà risorse aggiuntive. Secondo le stime preliminari, si tratterebbe di circa 1,5 miliardi di euro per quest’anno e di 4,5 miliardi di euro per il futuro. Abbiamo tenuto conto di questi importi nelle nostre proiezioni.

È importante per noi rafforzare le capacità e la qualità del sistema nazionale di istruzione superiore, per sostenere le università che si sforzano di svilupparsi. Questi obiettivi vengono raggiunti dal nostro programma Priority 2030. I finanziamenti sono stati stanziati fino alla fine di quest’anno. Propongo di estenderlo per altri sei anni e di stanziare altri 190 miliardi di rubli.

I criteri di efficienza per le università partecipanti dovrebbero includere progetti di personale e tecnologia con le regioni, le industrie e il settore sociale della Russia, la creazione di aziende innovative e start-up efficaci e la capacità di attrarre studenti stranieri. Inoltre, valuteremo sicuramente tutte le università, i college e le scuole tecniche russe in base alla richiesta dei loro laureati da parte del mercato del lavoro e alla loro crescita salariale.

Amici,

Vorrei spendere qualche parola sulle basi tecnologiche dello sviluppo, e qui la scienza è certamente la pietra angolare. In occasione di un incontro con gli scienziati dell’Accademia delle Scienze russa, che quest’anno ha celebrato il suo 300° anniversario, ho detto che, anche nei periodi più difficili, la Russia non ha mai rinunciato ad affrontare i suoi imperativi fondamentali, ha sempre pensato al futuro, e noi dobbiamo fare lo stesso ora. In effetti, stiamo cercando di fare esattamente questo.

Ad esempio, nessun altro Paese al mondo possiede una gamma di mega strutture scientifiche come la Russia di oggi. Questi centri offrono opportunità uniche ai nostri scienziati e ai nostri partner, ricercatori di altri Paesi che invitiamo a collaborare.

L’infrastruttura scientifica russa è il nostro forte vantaggio competitivo, sia nel contesto della ricerca fondamentale che nella creazione di innovazioni per la farmaceutica, la biologia, la medicina, la microelettronica, la chimica e i nuovi materiali, nonché per i programmi spaziali.

Credo che dovremmo più che raddoppiare gli investimenti pubblici e privati in ricerca e sviluppo, portandoli al 2% del PIL entro il 2030. Questo dovrebbe garantire alla Russia il ruolo di una delle principali potenze scientifiche del mondo.

Vorrei ribadire che le imprese private dovrebbero contemporaneamente aumentare gli investimenti nella scienza, raddoppiando almeno gli attuali programmi entro il 2030. Resta inteso che questi fondi devono essere spesi in modo efficace, devono essere funzionali al raggiungimento di un risultato specifico in ogni singolo progetto di ricerca. A questo proposito, dobbiamo utilizzare l’esperienza positiva dei nostri programmi federali di ricerca nel campo della genetica e dell’agricoltura, così come i progetti promossi dalla Fondazione russa per la scienza.

Alla luce degli obiettivi e delle sfide attuali, abbiamo adeguato la Strategia russa per lo sviluppo scientifico e tecnologico, che utilizziamo come punto di partenza per lanciare nuovi progetti nazionali di sovranità tecnologica. Vi elencherò le aree principali.

In primo luogo, dobbiamo essere indipendenti e possedere tutte le chiavi tecnologiche in aree sensibili, come la salvaguardia della salute pubblica e la sicurezza alimentare.

In secondo luogo, dobbiamo raggiungere la sovranità tecnologica in ambiti critici che determinano la resilienza della nostra economia in generale, come i mezzi di produzione e le macchine utensili, la robotica, tutti i modi di trasporto, i sistemi aerei, subacquei e di altro tipo senza equipaggio, l’economia dei dati, i materiali innovativi e la chimica.

In terzo luogo, dobbiamo creare prodotti competitivi a livello globale basati su innovazioni nazionali uniche, tra cui le tecnologie spaziali, nucleari e delle nuove energie. Dobbiamo iniziare a lavorare ora per creare un ambiente legale che favorisca le industrie e i mercati del futuro, per generare una domanda a lungo termine – almeno fino alla fine del decennio in corso – di prodotti ad alta tecnologia, in modo che le aziende abbiano regole coerenti da rispettare.

È inoltre indispensabile creare catene cooperative interne e piattaforme tecnologiche internazionali, avviare la produzione in serie di attrezzature e componenti propri e guidare l’esplorazione geologica verso la ricerca di materiali di terre rare e altre materie prime per la nuova economia. Abbiamo tutto questo.

Per ribadire che stiamo parlando di un punto d’appoggio strategico per il futuro, utilizziamo tutti gli strumenti e i meccanismi di sviluppo disponibili per raggiungere questi obiettivi e per garantire un finanziamento prioritario del bilancio. Esorto il Governo e l’Assemblea federale a tenerne conto nella stesura del bilancio. Vi prego di considerare sempre questo aspetto come una priorità assoluta.

I progetti di sovranità tecnologica devono diventare un motore per rinnovare la nostra industria e aiutare l’intera economia a raggiungere un livello avanzato di efficienza e competitività. Propongo di fissare l’obiettivo di aumentare del 150% la quota di beni e servizi high-tech sul mercato nazionale entro i prossimi sei anni e di aumentare di almeno due terzi il volume delle esportazioni di prodotti non di base e non energetici.

Citerò qualche altro dato. Nel 1999, la quota delle importazioni nel nostro Paese ha raggiunto il 26% del PIL, il che significa che le importazioni rappresentano quasi il 30% del nostro mercato. L’anno scorso la quota era del 19% del PIL, pari a 32 mila miliardi di rubli. Entro il 2030, dobbiamo raggiungere un livello di importazioni non superiore al 17% del PIL.

Ciò significa che dobbiamo produrre da soli molti più beni di consumo e altri beni, tra cui medicine, attrezzature, macchine utensili e veicoli. Non siamo in grado di produrre tutto, e non ne abbiamo bisogno, ma il Governo sa su cosa deve lavorare.

Vorrei sottolineare che nei prossimi sei anni il valore aggiunto lordo del settore manifatturiero dovrebbe aumentare di almeno il 40% rispetto al 2022. Questo sviluppo industriale accelerato implica la creazione di migliaia di nuove imprese e di moderni posti di lavoro altamente retribuiti.

Abbiamo già preparato una sorta di “menu” industriale. Le aziende che realizzano progetti industriali potranno scegliere misure di sostegno adeguate, accordi sulla protezione e sugli incentivi agli investimenti, contratti di investimento speciali, una piattaforma di investimento per cluster e simili. Abbiamo ideato e stiamo già attuando molti di questi strumenti. E svilupperemo ulteriormente questi meccanismi.

Nei prossimi sei anni stanzieremo inoltre 120 miliardi di rubli per sovvenzionare i progetti di R&S delle imprese e per rafforzare il sistema dei mutui industriali. Utilizzeremo questo programma anche per costruire e ristrutturare oltre 10 milioni di metri quadrati di superficie industriale.

A titolo di paragone, oltre al ritmo già raggiunto, vorrei aggiungere quanto segue.

Facciamo qualche paragone. Oggi in Russia si costruiscono circa quattro milioni di metri quadrati di superficie industriale all’anno. Si tratta di un indicatore sostanziale della modernizzazione delle nostre capacità industriali e, come ho già detto, costruiremo altri 10 milioni di metri quadrati.

Inoltre, investiremo 300 miliardi di rubli nel Fondo per lo sviluppo industriale. Quasi raddoppieremo il suo capitale e lo concentreremo sul sostegno ai progetti ad alta tecnologia. Almeno 200 miliardi di rubli saranno inoltre stanziati nell’ambito di una piattaforma per l’innovazione dei cluster per sovvenzionare i tassi di interesse dei progetti che producono prodotti industriali prioritari.

Propongo di aumentare la base di calcolo dell’ammortamento per stimolare la modernizzazione degli impianti industriali nel settore manifatturiero. L’importo sarà pari al 200% della spesa per attrezzature e R&S di produzione russa. Può sembrare noioso, ma vi spiego cosa significa. Se un’azienda acquista torni di fabbricazione russa per 10 miliardi di rubli, può ridurre la sua base imponibile di 20 milioni di rubli. Si tratta di un aiuto sostanziale.

Continueremo a sviluppare parchi tecnologici industriali incentrati sulle piccole e medie imprese nei settori tecnologici prioritari. È importante sfruttare i vantaggi dell’approccio a cluster, quando le aziende crescono insieme ai loro subappaltatori e fornitori, e la loro cooperazione avrà un effetto benefico su tutte le parti. Vorrei sottolineare al Governo che dobbiamo creare almeno 100 piattaforme di questo tipo entro il 2030. Esse fungeranno da punti di crescita su tutto il territorio nazionale e incoraggeranno gli investimenti.

Abbiamo fissato l’obiettivo di aggiungere il 70% agli investimenti nei settori chiave entro il 2030. Tra l’altro, abbiamo avuto una buona dinamica qui; molto buona, direi in effetti. Buona.

Nel 2021, la crescita cumulativa degli investimenti è stata dell’8,6%, a fronte di un obiettivo del 4,5%. Nel 2022 è stata del 15,9%, con un obiettivo del 9,5%. Nei primi nove mesi del 2023, l’aumento è stato del 26,6%, mentre il piano per l’anno era del 15,1%. Dobbiamo continuare ad avanzare rispetto al piano.

Il nostro sistema bancario e il mercato azionario devono garantire pienamente l’afflusso di capitali nell’economia, nel settore reale, anche attraverso il finanziamento di progetti e azioni. Nei prossimi due anni, progetti industriali per un valore di oltre 200 miliardi di rubli saranno sostenuti attraverso fondi azionari. In sostanza, ciò significa che la VEB.RF Development Corporation e diverse banche commerciali entreranno nel capitale sociale di aziende ad alta tecnologia e le assisteranno nella fase di crescita più attiva.

Ho già dato istruzioni per introdurre un regime speciale di IPO per le aziende che operano in settori prioritari ad alta tecnologia. Vorrei far notare ai miei colleghi del Ministero delle Finanze e della Banca Centrale che dobbiamo accelerare il lancio di questo meccanismo, compresa la compensazione dei costi aziendali associati alla fluttuazione dei titoli. Questo deve essere fatto senza indugio.

Ancora una volta, il mercato azionario russo deve svolgere un ruolo maggiore come fonte di investimento. La sua capitalizzazione dovrebbe raddoppiare entro il 2030, passando dall’attuale livello al 66% del PIL. Allo stesso tempo, è importante che i singoli abbiano l’opportunità di contribuire allo sviluppo della nazione, beneficiando al contempo dell’investimento dei propri risparmi in progetti a basso rischio.

Una decisione è già stata presa: gli investimenti volontari in fondi pensione non statali fino a 2,8 milioni di rubli saranno assicurati dallo Stato, il che significa che il rendimento è garantito.

Inoltre, i conti di investimento individuali a lungo termine saranno assicurati fino a 1,4 milioni di rubli. Estenderemo la detrazione fiscale unificata agli investimenti individuali in strumenti finanziari a lungo termine fino a 400.000 rubli all’anno.

Allo stesso tempo, ritengo opportuno lanciare un nuovo strumento noto come certificato di risparmio. Acquistando questo prodotto, le persone depositeranno i loro risparmi in banca per più di tre anni. Il certificato sarà irrevocabile; di conseguenza, le banche offriranno ai loro clienti un tasso di interesse più interessante. Inoltre, i titolari di certificati di risparmio avranno il loro denaro assicurato dallo Stato fino a 2,8 milioni di rubli, il doppio rispetto alla normale assicurazione sui depositi bancari.

Vorrei sottolineare che tutte le misure di sostegno statale agli investimenti, alla creazione e all’ammodernamento degli impianti industriali, dovrebbero portare a salari più alti, a migliori condizioni di lavoro e a pacchetti sociali per i dipendenti.

Naturalmente, in linea di principio, le aziende russe devono operare all’interno della nostra giurisdizione nazionale e astenersi dal trasferire i propri fondi all’estero dove, a quanto pare, si può perdere tutto. Quindi ora io e i miei colleghi della comunità imprenditoriale dobbiamo organizzare sessioni di brainstorming per trovare il modo di aiutarli a recuperare i loro soldi. Per prima cosa, non trasferite il vostro denaro lì. In questo modo, non dovremo capire come recuperarlo.

Le imprese russe devono investire le loro risorse in Russia, nelle sue regioni, nello sviluppo delle aziende e nella formazione del personale. Il nostro Paese, forte e sovrano, offre loro una protezione senza pari per i loro beni e capitali.

La stragrande maggioranza dei dirigenti d’azienda dà priorità agli interessi nazionali e sono patrioti. Pertanto, le imprese che lavorano qui in Russia devono beneficiare della garanzia di inviolabilità delle loro proprietà, dei loro beni e dei loro nuovi investimenti. Naturalmente, gli investimenti nazionali e la protezione degli investimenti vanno di pari passo con la difesa dei diritti degli imprenditori, ed è nostro compito far sì che ciò diventi realtà. Questo servirà ai nostri interessi nazionali e alla società in generale, oltre che ai milioni di persone che lavorano per le aziende private, siano esse grandi imprese o PMI.

Lo dico da sempre, ma lo ripeto: nessuno, nessun funzionario governativo o agente delle forze dell’ordine, ha il diritto di molestare le persone, di infrangere la legge o di usarla per obiettivi personali ed egoistici. Dobbiamo essere presenti per le persone, per i nostri imprenditori – mi riferisco a loro in questo momento. Sono loro a creare posti di lavoro, a dare lavoro alle persone e a pagare i loro stipendi. Essere presenti per gli altri e aiutarli è il senso della missione del governo.

Colleghi,

le piccole e medie imprese stanno svolgendo un ruolo sempre più importante nel guidare la crescita economica. Oggi rappresentano oltre il 21% dei settori manifatturiero, turistico e informatico. Centinaia di marchi russi hanno dimostrato risultati eccezionali. L’anno scorso, in Russia sono state registrate 1,2 milioni di nuove PMI.

Vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che si tratta di un massimo di cinque anni. Le persone vogliono avviare le proprie attività e credono in se stesse, nel proprio Paese e nel proprio successo. Vorrei sottolineare che il numero di giovani imprenditori sotto i 25 anni è aumentato del 20% nel 2023. Oggi sono oltre 240.000.

Dobbiamo assicurarci di sostenere queste imprese creative e orientate al risultato per garantire che il reddito medio dei lavoratori delle PMI superi la crescita del PIL nei prossimi sei anni. Ciò significa che queste imprese devono migliorare la loro efficienza e fare un salto di qualità nelle loro prestazioni.

Ho già detto che dobbiamo eliminare le situazioni in cui l’espansione delle attività diventa una proposta perdente per le aziende perché devono passare da un quadro fiscale semplificato con le sue aliquote vantaggiose a un regime fiscale generale. Quando ciò accade, significa che lo Stato sta fondamentalmente promuovendo la frammentazione delle imprese o costringendole a utilizzare altri mezzi per ottimizzare i loro obblighi fiscali.

Chiedo al Governo di lavorare con i parlamentari sui termini di un’amnistia per le PMI che non hanno avuto altra scelta che affidarsi a schemi di ottimizzazione fiscale durante l’espansione delle loro attività.

È importante che queste aziende si tengano alla larga dalla pratica della scissione artificiale, essenzialmente fraudolenta, delle attività e che abbraccino operazioni civili e trasparenti. Per ribadire che non ci saranno multe, né penalità, né sanzioni, né ricalcolo delle imposte per i periodi precedenti. Questo è il senso dell’amnistia.

Inoltre, do mandato al Governo di introdurre un meccanismo di aumento graduale – e non brusco – dell’onere fiscale per le imprese che passano dalla procedura di tassazione semplificata a quella generale a partire dal prossimo anno.

Abbiamo poi deciso di introdurre una moratoria temporanea sulle ispezioni. Questa misura si è pienamente giustificata. Le aziende che garantiscono la qualità dei loro prodotti e servizi e agiscono in modo responsabile nei confronti dei consumatori possono e devono godere della nostra fiducia.

Quindi, a partire dal 1° gennaio 2025, credo che potremo revocare le moratorie temporanee sulle ispezioni alle imprese e passare invece, sulla base della nostra esperienza, a un approccio basato sul rischio e sancito dalla legge. Se non ci sono rischi, dovremmo usare misure preventive e quindi ridurre al minimo il numero di ispezioni.

C’è di più. Propongo di concedere alle piccole e medie imprese speciali vacanze di credito fino a sei mesi una volta ogni cinque anni, senza incidere sulla loro storia creditizia.

Anche in questo caso, dobbiamo creare le condizioni adeguate affinché le piccole e medie imprese possano crescere in modo dinamico e migliorare la qualità di questa crescita attraverso forme di produzione ad alta tecnologia. In generale, il regime fiscale per le piccole e medie imprese manifatturiere dovrebbe essere allentato.

Esorto il Governo a presentare proposte specifiche in merito. Ne abbiamo discusso molte volte. Vi prego di farlo. Le proposte sono state articolate, in effetti.

Vorrei sottolineare il lavoro delle piccole e medie imprese nelle aree rurali, nel settore agricolo. Oggi siamo completamente autosufficienti dal punto di vista alimentare e la Russia è leader nel mercato mondiale del grano. Siamo tra i primi 20 esportatori di prodotti alimentari. Ringrazio i lavoratori agricoli, gli agricoltori e gli specialisti impegnati nell’agricoltura in generale per le loro impressionanti prestazioni.

Entro il 2030, la produzione del complesso agroindustriale russo dovrebbe crescere di almeno un quarto rispetto al 2021 e le esportazioni dovrebbero aumentare del 50%. Continueremo sicuramente a sostenere il settore e il programma di sviluppo rurale integrato, compresa la ristrutturazione e la modernizzazione degli uffici postali.

Utilizzeremo una soluzione speciale per lo sviluppo delle regioni costiere. Vi ricordo che abbiamo la regola della “quota per la chiglia”. Deve essere seguita rigorosamente. Come alcuni di voi sanno, stiamo parlando delle aziende che ottengono quote per la produzione di frutti di mare a fronte dell’obbligo di acquistare nuovi pescherecci di fabbricazione russa e di rinnovare la flotta.

Allo stesso tempo, quest’anno il bilancio federale ha ricevuto un’ingente somma di denaro – circa 200 miliardi di rubli – dalla vendita delle quote di pesca. Siluanov è qui e abbiamo raggiunto un accordo. Propongo che una parte di questi fondi sia destinata allo sviluppo sociale dei comuni, che costituiscono la base della nostra industria della pesca.

Colleghi,

nelle condizioni attuali, l’aumento dell’efficienza in tutte le sfere della produttività del lavoro è direttamente collegato alla digitalizzazione e all’uso della tecnologia AI, come ho detto. Queste soluzioni ci permettono di creare piattaforme digitali per semplificare l’interazione tra le persone, le imprese e lo Stato nel miglior modo possibile.

Dobbiamo quindi creare una piattaforma che aiuti le persone a utilizzare le funzionalità del nostro sistema sanitario per tenere sotto controllo la propria salute e rimanere in salute per tutta la vita. Ad esempio, potranno utilizzare i dati delle loro identità digitali per richiedere e ricevere consulenze a distanza dagli specialisti dei centri medici federali, mentre i medici di base saranno in grado di formare un quadro completo della salute del paziente, di prevedere eventuali malattie, di prevenire le complicazioni e di scegliere un trattamento individuale e quindi più efficace.

Tutto ciò che sto dicendo non è un’immagine di un futuro lontano. Queste pratiche vengono introdotte oggi nei nostri principali centri medici. L’obiettivo è applicarle in tutto il Paese e renderle accessibili a tutti.

Credo che entro il 2030 dovremo formulare piattaforme digitali in tutti i principali settori economici e nella sfera sociale. Questi e altri compiti di ampio respiro saranno affrontati nell’ambito del nuovo progetto nazionale “Economia dei dati”. Per la sua attuazione stanzieremo almeno 700 miliardi di rubli nei prossimi sei anni.

Queste tecnologie e piattaforme di integrazione offrono grandi opportunità per la pianificazione economica e lo sviluppo di singoli settori, regioni e città, nonché per la gestione efficiente dei nostri programmi e progetti nazionali. La cosa più importante è che possiamo continuare a concentrare gli sforzi di tutti i livelli di governo sugli interessi di ogni individuo e di ogni famiglia, e a fornire in modo proattivo servizi statali e municipali ai nostri cittadini e alle nostre imprese in una forma conveniente e il più rapidamente possibile.

La Russia è già uno dei leader mondiali nei servizi governativi digitali. Molti Paesi, anche europei, devono ancora raggiungere il nostro livello. Ma non abbiamo intenzione di rallentare.

L’intelligenza artificiale è un elemento importante delle piattaforme digitali. Anche in questo caso la Russia deve essere autosufficiente e competitiva. È già stato firmato un ordine esecutivo che approva la versione aggiornata della Strategia nazionale per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Il documento fissa nuovi obiettivi, tra cui la necessità di garantire la sovranità tecnologica in campi rivoluzionari come l’intelligenza artificiale generativa e i grandi modelli linguistici. L’applicazione pratica di questi sistemi promette di produrre una vera svolta nell’economia e nella sfera sociale, e così sarà. Per questo dobbiamo aumentare le nostre risorse informatiche. Entro il 2030, la capacità totale dei supercomputer nazionali dovrebbe essere almeno 10 volte superiore. È un obiettivo assolutamente realistico.

Dobbiamo aggiornare l’intera infrastruttura dell’economia dei dati. Vorrei chiedere al Governo di proporre misure specifiche per sostenere le aziende e le start-up che producono apparecchiature per l’archiviazione e l’elaborazione dei dati e sviluppano software. Gli investimenti nell’IT nazionale dovrebbero crescere ad un ritmo almeno doppio rispetto alla crescita economica complessiva.

È necessario creare le condizioni per consentire ai russi di trarre vantaggio dalla tecnologia digitale non solo nelle megalopoli, ma anche nelle città più piccole, nelle comunità rurali e nelle aree remote, lungo le arterie federali e regionali, così come nelle strade locali. Mi riferisco alla necessità di fornire l’accesso a Internet ad alta velocità quasi ovunque in Russia entro il prossimo decennio. Per far fronte a questo compito, dovremo espandere notevolmente la nostra costellazione di satelliti, per la quale stanzieremo 116 miliardi di rubli.

Colleghi,

A questo punto, vorrei soffermarmi sullo sviluppo regionale. Quali sono i miei suggerimenti in merito? La nostra priorità è ridurre l’onere del debito delle regioni russe. Ritengo che si debbano cancellare i due terzi del debito che le regioni hanno con i cosiddetti prestiti di bilancio. Secondo le nostre proiezioni, questo permetterà loro di risparmiare circa 200 miliardi di rubli all’anno tra il 2025 e il 2028.

Vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che questi risparmi devono essere utilizzati per uno scopo specifico: le regioni dovrebbero destinarli al sostegno degli investimenti e dei progetti infrastrutturali. Colleghi, vorrei richiamare la vostra attenzione su questo punto.

Nel 2021 abbiamo lanciato un programma del valore di 500 miliardi di rubli per l’emissione di prestiti di bilancio per le infrastrutture, che abbiamo poi esteso a mille miliardi di rubli. Come ricorderete, le regioni beneficiano di un tasso di interesse del 3% su questi prestiti con una durata fino a 15 anni. Un ottimo strumento di sviluppo. Questi fondi sono destinati a progetti di sviluppo e le regioni hanno apprezzato questo meccanismo per la sua efficacia. Non ci saranno cancellazioni per questi prestiti, ma quest’anno le regioni inizieranno a rimborsarli. Suggerisco di reinvestire il denaro restituito al bilancio federale nelle regioni emettendo nuovi prestiti per il bilancio delle infrastrutture. Complessivamente, a partire dal 2025, espanderemo il nostro portafoglio di prestiti infrastrutturali per le regioni russe di almeno 250 miliardi di rubli all’anno.

Ritengo inoltre che le regioni debbano avere maggiore influenza nella gestione dei fondi a loro disposizione per la realizzazione di progetti nazionali.

Faccio un esempio: una regione ristruttura un poliambulatorio e fa un buon lavoro di ristrutturazione. Se non spendesse tutti i fondi stanziati, non dovrebbe restituire il resto al bilancio federale. Potrà invece utilizzarli per acquistare attrezzature per la clinica rinnovata o per altri scopi.

Naturalmente, sosterremo le regioni per consentire loro di liberare il proprio potenziale, lanciando progetti nell’economia reale e nello sviluppo delle infrastrutture come motori di sviluppo per questi territori.

Oggi, dieci regioni della Federazione che hanno una bassa capacità fiscale stanno portando avanti programmi di sviluppo socio-economico su misura. Chiedo al Governo di rinnovare questi programmi per altri sei anni.

Entro il 2030, tutte le nostre regioni devono raggiungere l’autosufficienza economica. Ribadisco che si tratta di una questione di giustizia e di offrire alle persone pari opportunità, oltre che di garantire elevati standard di vita in tutto il Paese.

Colleghi,

Come potete vedere, i grandi piani richiedono grandi spese. Saranno effettuati investimenti sociali, demografici ed economici su larga scala, nonché investimenti in scienza, tecnologia e infrastrutture.

A questo proposito, vorrei parlare del sistema fiscale. È ovvio che deve garantire il flusso di risorse per raggiungere gli obiettivi nazionali e attuare i programmi regionali. È progettato per ridurre le disuguaglianze non solo nella società, ma anche nello sviluppo socioeconomico delle entità costitutive della Federazione, e per tenere conto dei redditi individuali e delle entrate delle imprese.

Suggerisco di sviluppare approcci per modernizzare il sistema fiscale e distribuire più equamente il carico fiscale verso coloro che hanno redditi individuali e societari più elevati.

Al contrario, dobbiamo ridurre il carico fiscale sulle famiglie, anche attraverso le detrazioni, di cui ho parlato in precedenza. Dobbiamo incentivare le imprese che investono nella crescita, nelle infrastrutture e nei progetti sociali. È altrettanto importante chiudere le scappatoie che vengono utilizzate da alcune aziende per evitare le tasse o per dichiarare in modo insufficiente il proprio reddito imponibile. Esorto la Duma di Stato e il Governo a presentare presto una serie di proposte specifiche per affrontare questi problemi. In futuro, tenendo conto delle modifiche adottate, propongo di bloccare i parametri fiscali chiave fino al 2030 per garantire un ambiente stabile e prevedibile per l’attuazione di qualsiasi progetto di investimento, anche a lungo termine. Questo è ciò che chiede la comunità imprenditoriale durante i nostri contatti diretti.

Colleghi,

le decisioni relative al sostegno finanziario alle regioni e alla crescita economica devono essere concepite per migliorare la qualità della vita in tutte le entità costitutive della Federazione. Abbiamo già rinnovato fino al 2030 i programmi speciali per lo sviluppo di regioni come il Caucaso settentrionale e la regione di Kaliningrad, il Donbass e la Novorossiya, la Crimea e Sebastopoli, l’Artico e l’Estremo Oriente. Sono stati redatti piani generali di sviluppo per 22 città e aree metropolitane dell’Estremo Oriente e lo stesso lavoro è in corso per le comunità artiche.

Ora dobbiamo fare il passo successivo. Propongo di stilare un nuovo elenco di oltre 200 città e paesi, con un piano generale da sviluppare e attuare per ciascuno di essi. Nel complesso, il programma di sviluppo dovrebbe riguardare circa 2.000 comunità, compresi villaggi e piccole città. Tutte le politiche di sostegno alle regioni che ho menzionato oggi, compresi i prestiti per le infrastrutture, dovrebbero essere applicate in questi casi.

Vorrei rivolgermi ora ai responsabili delle regioni. Queste risorse dovrebbero essere utilizzate, tra le altre cose, per espandere le capacità dei comuni. Ricordo di aver incontrato i capi di alcuni comuni al loro forum qui a Mosca. Il livello di governo locale ha un ruolo e una responsabilità speciali. Comprende le agenzie e gli enti dove i russi si recano per le loro necessità quotidiane. Vorrei ringraziare i nostri sindaci, i capi dei distretti e i deputati locali per il loro lavoro, per la loro attenzione ai bisogni della gente. E vorrei riconoscere in modo particolare il personale dei comuni che lavora nelle immediate vicinanze della zona di combattimento e che condivide tutte le avversità con i residenti locali.

I residenti locali dovrebbero infatti essere co-creatori dei loro piani di sviluppo urbano locale. I comuni devono intensificare l’uso di meccanismi in cui i residenti possono votare per progetti, strutture o problemi che richiedono un finanziamento prioritario. Propongo di aumentare il cofinanziamento federale e regionale di progetti popolari di questo tipo.

Prorogheremo inoltre, fino al 2030, il concorso nazionale per i migliori progetti volti a creare un ambiente urbano confortevole nei piccoli centri e nelle comunità storiche.

In totale, nei prossimi sei anni miglioreremo più di 30.000 spazi pubblici in Russia. Vorrei chiedere al Governo di fornire ulteriore sostegno alle regioni che stanno ristrutturando argini, parchi, giardini e centri storici. Stanzieremo 360 miliardi di rubli per i principali progetti di riqualificazione e miglioramento del paesaggio.

Antichi edifici, tenute e chiese sono l’incarnazione visibile della nostra identità nazionale, un legame inestricabile tra le generazioni. Vorrei chiedere al Governo, al Parlamento e alle commissioni competenti del Consiglio di Stato di coinvolgere il pubblico e di rivedere il quadro normativo per la protezione e l’utilizzo dei siti del patrimonio culturale. Ogni requisito palesemente ridondante o contraddittorio deve essere eliminato. In alcuni casi, un bene culturale può sgretolarsi proprio sotto i nostri occhi, ma formalmente queste norme imperfette rendono impossibile adottare misure tempestive per salvarlo.

Suggerisco di sviluppare un programma a lungo termine per la conservazione dei siti del patrimonio culturale russo, che spero copra un periodo di 20 anni e includa misure di sostegno per le persone, le aziende e le associazioni pubbliche disposte a investire il loro lavoro, il loro tempo e il loro denaro nel restauro dei monumenti.

Quest’anno testeremo questi meccanismi nell’ambito di un progetto pilota realizzato dall’Istituzione per lo Sviluppo DOM.RF che interesserà cinque regioni: il Territorio Trans-Baikal, Novgorod, Ryazan, Smolensk e Tver. Il nostro obiettivo è riparare almeno un migliaio di siti del patrimonio culturale in tutto il Paese entro il 2030, dando loro una nuova vita in modo che possano essere al servizio della gente e abbellire le nostre città e i nostri villaggi.

Ci assicureremo di mantenere in funzione i principali progetti culturali continuando a finanziarli. Ci impegneremo a migliorare le infrastrutture di musei, teatri, biblioteche, club, scuole d’arte e cinema. I progetti creativi cinematografici, online e sui social media nel campo dell’istruzione, della sensibilizzazione, della storia e in altri settori riceveranno oltre 100 miliardi di rubli nei prossimi sei anni.

Suggerisco di ampliare il programma Pushkin Card, che consente a studenti e giovani di accedere gratuitamente a proiezioni cinematografiche, musei, teatri e mostre, e di offrire alle istituzioni culturali un incentivo per espandere le loro attività e lanciare nuovi progetti, anche rivolgendosi al settore privato. Chiedo al Governo di elaborare ulteriori proposte in tal senso.

Inoltre, nel 2025 lanceremo un programma chiamato “Operatore culturale rurale”, sulla falsariga dei programmi “Insegnante rurale” e “Medico rurale”. Le persone continuano a sollevare questo problema durante le nostre riunioni. Uno specialista che si trasferisce in una zona rurale o in una piccola città avrà diritto a una sovvenzione non ricorrente di 1 milione di rubli o al doppio, cioè 2 milioni di rubli, se si trasferisce nell’Estremo Oriente russo, nel Donbass o nella Novorossiya.

C’è un’altra decisione aggiuntiva che dobbiamo elaborare e adottare. Chiedo al Governo di offrire condizioni di prestito speciali per i mutui familiari nelle piccole città e nelle regioni che non costruiscono molti condomini o non ne costruiscono affatto. Dobbiamo farlo al più presto e definire i termini principali di questi mutui, compresi l’anticipo e i tassi di interesse. Vi chiedo di tenere questo punto sul vostro radar; attendo le vostre proposte.

Inoltre, rinnoveremo programmi mirati di prestiti ipotecari con un tasso di interesse del 2% per l’Estremo Oriente russo, l’Artico, il Donbass e la Novorossiya. Anche i partecipanti a operazioni militari speciali e i veterani avranno diritto a questi prestiti agevolati.

Forniremo un sostegno separato per le aree di sviluppo integrato, la costruzione di aree residenziali complete di infrastrutture nelle regioni con livelli inadeguati di sviluppo socioeconomico, dove molte delle nostre proposte abituali non funzionano. Per questi territori stanzieremo altri 120 miliardi di rubli.

A questo proposito, ci troviamo di fronte a un’altra sfida a livello di sistema. Con il sostegno federale, molte regioni hanno aumentato in modo significativo il ritmo di trasferimento dei residenti dai condomini fatiscenti. Negli ultimi 16 anni, un totale di 1,73 milioni di persone si sono trasferite in nuovi appartamenti ed è importante non perdere questo slancio nei prossimi sei anni. Esorto il Governo a elaborare e lanciare un nuovo programma per il trasferimento dei residenti da edifici fatiscenti e strutturalmente non sicuri.

Per quanto riguarda gli alloggi e i servizi di pubblica utilità, accelereremo il ritmo di aggiornamento delle infrastrutture di pubblica utilità. A tal fine saranno stanziati 4,5 trilioni di rubli, compresi i fondi privati, fino al 2030.

Continueremo a implementare il Progetto Acqua Pulita. L’acqua pulita è una priorità assoluta per molte delle nostre aree urbane e rurali. Stiamo parlando soprattutto di una fornitura affidabile di acqua potabile di alta qualità.

La distribuzione del gas è un argomento a parte. I nostri piani prevedono la fornitura di questo combustibile ecologico alle città e ai distretti della Yakutia e della Buriazia, nonché ai territori di Khabarovsk, Primorye e Trans-Baikal, alle regioni di Murmansk e Amur, all’area autonoma ebraica, alla Carelia e alla grande città russa di Krasnoyarsk. Forniremo GNL anche al Territorio della Kamchatka e ad alcune altre regioni.

Naturalmente, ciò consentirà di ampliare il programma di fornitura sociale di gas, già utilizzato per costruire gratuitamente l’infrastruttura di distribuzione del gas fino ai confini di proprietà di 1,1 milioni di terreni. Le richieste continuano ad essere accettate e stiamo aiutando gruppi di cittadini aventi diritto, tra cui le famiglie dei partecipanti all’operazione militare speciale, a installare le linee del gas all’interno dei loro appezzamenti di terreno.

A parte ciò, esistono partnership orticole non commerciali all’interno dei confini di molte comunità dotate di reti del gas. Per anni, a volte di generazione in generazione, le persone hanno curato i loro appezzamenti di terreno e ora stanno costruendo case adatte a vivere tutto l’anno, ma non possono allacciarsi alla rete perché questi partenariati non sono inclusi nel programma di sviluppo dell’infrastruttura sociale del gas.

Questo problema riguarda milioni di famiglie e deve essere risolto nell’interesse dei nostri cittadini, il che significa che il programma di sviluppo dell’infrastruttura sociale del gas deve essere ampliato per includerli e che la rete deve essere estesa ai confini delle partnership.

Anche i residenti nei territori remoti del nord e dell’estremo oriente, dove il gas di rete non sarà disponibile a breve, saranno sostenuti. Oggi riscaldano le loro case con carbone o legna. Ora, grazie ai sussidi statali, potranno acquistare apparecchiature moderne, di produzione nazionale e sicure per l’ambiente. Le famiglie più bisognose devono essere sostenute per prime. Stanzieremo altri 32 miliardi di rubli per questi scopi.

Svilupperemo il trasporto pubblico tenendo conto degli standard ambientali odierni e ne abbasseremo l’età media. Le regioni russe riceveranno altri 40.000 autobus, filobus, tram e autobus elettrici entro il 2030. Stanzieremo altri 150 miliardi di rubli dal bilancio federale per questo programma di rinnovamento del trasporto pubblico.

Sostituiremo anche la flotta di scuolabus a un ritmo di almeno 3.000 veicoli all’anno, il che è particolarmente importante per le piccole città e le aree rurali. Ne parlano sia i residenti che i capi dei comuni e delle regioni. Questo programma è davvero molto importante. Pertanto, stanzieremo altri 66 miliardi di rubli per l’acquisto di scuolabus. E, naturalmente, dovranno essere interamente prodotti in Russia o con un alto grado di localizzazione.

Come sapete, siamo riusciti a ridurre le emissioni nocive nell’atmosfera in 12 centri industriali della Russia nell’ambito del progetto Aria Pulita, a cui l’anno scorso si sono aggiunte altre 29 città. Il volume delle emissioni nocive nell’atmosfera in tutto il Paese deve essere dimezzato. Ci avvicineremo a questo obiettivo passo dopo passo. Per valutare i risultati sarà creato un sistema completo di monitoraggio della qualità ambientale.

Negli ultimi cinque anni sono stati puliti migliaia di chilometri di fiumi e di argini e il deflusso delle acque sporche nel Volga è stato quasi dimezzato. Ora propongo di fissare l’obiettivo di dimezzare l’inquinamento dei principali corpi idrici della Russia.

Negli ultimi cinque anni sono state bonificate 128 grandi discariche nelle città e 80 siti di danni ambientali accumulati che stavano letteralmente avvelenando la vita delle persone in 53 regioni della Russia. I territori della discarica di Krasny Bor, della cartiera di Baikal e di Usolye-Sibirskoye sono stati riportati in uno stato di sicurezza.

A questo proposito, colleghi, vorrei sottolineare che finora in questi siti sono state eseguite solo le misure più urgenti, ma non è ancora finita. In nessun caso devono essere lasciati nelle condizioni in cui si trovano ora. Dobbiamo completare questo lavoro e creare tutte le infrastrutture necessarie.

In generale, continueremo a ripulire i siti più pericolosi dai danni ambientali accumulati. Nei prossimi sei anni, almeno 50 di questi siti dovranno essere bonificati.

È necessario creare incentivi per le imprese, introdurre tecnologie verdi e passare a un’economia circolare. Inoltre, abbiamo creato da zero un’industria avanzata per la gestione dei rifiuti: 250 imprese sono state costruite per trattare e smaltire i rifiuti. L’obiettivo entro il 2030 è quello di differenziare tutti i rifiuti solidi e tutto ciò che deve essere differenziato e riutilizzarne almeno un quarto. Stanzieremo ulteriori finanziamenti per questi progetti e, insieme alle imprese, costruiremo circa 400 nuove strutture per la gestione dei rifiuti e otto parchi eco-industriali.

Cos’altro voglio dire? Durante gli incontri in Estremo Oriente, in Siberia e in altre regioni, si è parlato molto della necessità di preservare la nostra ricchezza forestale, di affrontare il disboscamento illegale e di proteggere le nostre foreste. Questo tema ha un’enorme risonanza nell’opinione pubblica. È importante per quasi tutte le persone. Tutti noi stiamo unendo gli sforzi e la situazione sta gradualmente cambiando.

Una pietra miliare molto importante: dal 2021, la Russia ha ripristinato più terreni forestali di quanti ne abbia disboscati. Vorrei ringraziare tutti i volontari, gli studenti delle scuole e delle università e tutti coloro che hanno piantato alberi e partecipato alle attività ambientali e, naturalmente, le aziende che hanno sostenuto questi progetti. Continueremo certamente a ripristinare foreste, parchi e giardini, compresi quelli che circondano le aree metropolitane e i centri industriali.

Suggerisco di prendere una decisione separata sull’aumento degli stipendi degli specialisti impegnati nell’industria forestale, nella meteorologia e nella protezione dell’ambiente – tutti coloro che si occupano delle questioni più importanti della sostenibilità ambientale. Dobbiamo ammettere con franchezza che svolgono un lavoro fondamentale, ma la loro retribuzione è molto modesta.

Per sostenere le iniziative di protezione ambientale civile, credo sia necessario istituire un fondo per i progetti ecologici e ambientali. Inizierà con sovvenzioni per un totale di un miliardo di rubli all’anno.

Continueremo a lavorare per preservare le aree naturali appositamente protette, nonché per proteggere e ripristinare le popolazioni di specie rare e minacciate di flora e fauna. Suggerisco di valutare l’apertura di una rete di centri per la riabilitazione di animali selvatici feriti e confiscati.

Entro il 2030, creeremo infrastrutture per il turismo ambientale in tutti i parchi nazionali del Paese, tra cui eco-trail e percorsi turistici a piedi, tour di fine settimana per le scolaresche, aree ricreative all’aperto, musei e centri di visita.

Costruiremo strutture moderne e sicure anche in prossimità di specchi d’acqua, tra cui il lago Baikal. Entro il 2030 vi sarà aperto un resort aperto tutto l’anno. È importante attenersi rigorosamente al principio dell’inquinamento zero, ossia garantire che nessun rifiuto o liquame non trattato di alcun tipo entri nel lago. La costruzione del resort sul Baikal farà parte del grande progetto dei Cinque Mari.

Moderni complessi alberghieri sorgeranno anche sulle coste del Mar Caspio, del Mar Baltico, del Mar d’Azov, del Mar Nero e del Mar del Giappone. Solo questo progetto consentirà di aggiungere altri 10 milioni di turisti all’anno.

Si prevede che il numero di turisti nel Paese nel suo complesso raddoppierà praticamente fino a 140 milioni di persone all’anno entro il 2030, considerando lo sviluppo dinamico di centri turistici come Altai, Kamchatka, Kuzbass, il Caucaso settentrionale, la Carelia e il Nord russo. È importante notare che anche il contributo del turismo al PIL russo raddoppierà, raggiungendo il 5%. Presto elaboreremo ulteriori decisioni in merito.

Le infrastrutture di trasporto sono fondamentali per lo sviluppo del turismo e della regione nel suo complesso. Il traffico automobilistico ad alta velocità tra Mosca e Kazan è già stato aperto; quest’anno estenderemo il percorso a Ekaterinburg e l’anno prossimo a Tyumen. In futuro, un’arteria di trasporto moderna e sicura attraverserà l’intero Paese fino a Vladivostok.

Inoltre, nei prossimi sei anni dovrebbero essere costruite in Russia più di 50 tangenziali cittadine. Un altro progetto stradale significativo è sicuramente l’autostrada Dzhubga-Sochi. Ridurrà i tempi di percorrenza dalla M-4 del Don a Sochi di tre quarti – fino a un’ora e mezza – e promuoverà lo sviluppo della costa del Mar Nero.

Devo dire subito – ho raggiunto un accordo con il Governo e voglio dirlo pubblicamente – che si tratta di un progetto complesso e ad alta intensità di capitale. Comprende molti tunnel e ponti; è un progetto costoso. Ciononostante, vorrei chiedere al Governo di sviluppare un accordo di finanziamento per questo progetto. Risolvete il problema.

Abbiamo già riparato le strade federali della Russia e quasi l’85% delle strade delle grandi aree metropolitane. È essenziale continuare su questa strada. Allo stesso tempo, nei prossimi anni, daremo particolare importanza al miglioramento delle strade regionali.

I viaggi in aereo devono diventare più accessibili. Dobbiamo aumentare la cosiddetta mobilità aerea dei russi. Entro il 2030, il volume dei servizi aerei in Russia dovrebbe aumentare del 50% rispetto all’anno scorso.

A tal fine, abbiamo in programma di accelerare lo sviluppo dei viaggi aerei intra- e interregionali. A questo proposito, il Governo ha dato istruzioni molto precise: modernizzare l’infrastruttura di almeno 75 aeroporti, cioè più di un terzo degli aeroporti russi, nei prossimi sei anni, stanziando a tal fine almeno 250 miliardi di rubli di finanziamenti diretti di bilancio.

Le flotte aeree delle nostre compagnie hanno sicuramente bisogno di essere aggiornate con l’aggiunta di aerei di produzione russa. Questi nuovi aerei devono soddisfare tutti i moderni requisiti di qualità, convenienza e sicurezza, un compito impegnativo. In passato abbiamo acquistato troppi aerei all’estero invece di sviluppare la nostra produzione nazionale.

Gli sviluppi avanzati della Russia nel campo dell’ingegneria meccanica, delle costruzioni, delle comunicazioni e dei sistemi digitali saranno molto necessari anche per la costruzione di ferrovie ad alta velocità. Vorrei spendere qualche parola al riguardo.

La prima linea ferroviaria ad alta velocità tra Mosca e San Pietroburgo passerà per Tver e la nostra antica capitale, Veliky Novgorod. In seguito, costruiremo linee simili per Kazan e gli Urali, per Rostov-sul-Don, per la costa del Mar Nero, per Minsk, la nostra fraterna Bielorussia, e per altre destinazioni popolari.

La modernizzazione a tutto campo dell’hub centrale dei trasporti continuerà. I Diametri Centrali di Mosca, le nuove linee della metropolitana di superficie diventeranno parte di una rete che collegherà la Regione di Mosca con Yaroslavl, Tver, Kaluga, Vladimir e altre regioni attraverso moderni percorsi ad alta velocità.

È inoltre indispensabile potenziare la rete delle principali vie d’acqua interne. Questo dovrebbe garantire ulteriori effetti economici per quanto riguarda il turismo, l’industria e lo sviluppo di alcune regioni sensibili che sono molto importanti per noi, tra cui le regioni dell’Estremo Nord.

Cosa posso aggiungere a tutto questo? Le infrastrutture moderne offrono un valore aggiunto e aumentano la capitalizzazione di mercato di tutti i beni nazionali e delle regioni che servono i flussi turistici di transito, contribuendo allo stesso tempo allo sviluppo delle strutture manifatturiere e agricole e incoraggiando le persone a costruire case unifamiliari per le loro famiglie e a creare un ambiente di vita migliore per loro. Questo significa anche nuove opportunità commerciali, anche sui mercati esteri.

In questo contesto, c’è una questione particolare che abbiamo discusso durante uno dei miei incontri. Mi riferisco ai tempi di attesa ai posti di controllo di frontiera. Questo è diventato un problema urgente nell’Estremo Oriente russo. Secondo i nostri standard, lo sdoganamento deve durare 19 minuti, ma in realtà i camionisti devono aspettare ore per attraversare il confine.

I nostri colleghi del Ministero dei Trasporti hanno l’obiettivo specifico di ridurre i tempi di sdoganamento per il trasporto merci al confine in modo che non superino i 10 minuti. Le più recenti soluzioni tecnologiche possono rendere possibile questo obiettivo.

Questi requisiti sono essenziali anche per l’efficacia del corridoio di trasporto Nord-Sud. Questo percorso collegherà la Russia ai Paesi del Medio Oriente e dell’Asia e si avvarrà di autostrade e di collegamenti ferroviari continui, dai porti del Mar Baltico e del Mare di Barents fino al Golfo Persico e all’Oceano Indiano. Aumenteremo anche la capacità di trasporto delle nostre ferrovie verso sud per sfruttare meglio i nostri porti nei mari d’Azov e Nero.

Lo sforzo per espandere il dominio operativo orientale riguarda la linea principale Baikal-Amur e la ferrovia transiberiana. Stiamo per lanciare la terza fase. Ad un certo punto, scusate l’espressione, abbiamo rallentato. In effetti, non siamo riusciti ad agire quando avremmo dovuto, ma va bene così: ora dobbiamo recuperare, e lo faremo. Queste due ferrovie aumenteranno la loro capacità di transito annuale da 173 a 210 milioni di tonnellate entro il 2030. Allo stesso tempo, ci sarà uno sforzo per espandere i porti di Vanino e Sovetskaya Gavan.

Lo sviluppo della Northern Sea Route merita un’attenzione particolare. Invitiamo le aziende logistiche straniere e i Paesi esteri a utilizzare questo corridoio di trasporto globale. L’anno scorso, i volumi di merci lungo questa rotta hanno raggiunto i 36 milioni di tonnellate. Colleghi, vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che questo dato supera di cinque volte il massimo dell’epoca sovietica. Renderemo la Northern Sea Route operativa tutto l’anno e amplieremo i nostri porti settentrionali, compreso l’hub di trasporto di Murmansk. Questo include, ovviamente, uno sforzo per espandere la nostra flotta artica.

L’anno scorso è salpata la Severny Polyus (Polo Nord), una piattaforma rompighiaccio di ricerca unica nel suo genere. Quest’anno, il Cantiere navale del Baltico ha iniziato la costruzione del Leningrad, un nuovo rompighiaccio nucleare. L’anno prossimo inizierà la costruzione della Stalingrad, che appartiene alla stessa classe di navi. Il cantiere navale Zvezda, nell’Estremo Oriente russo, sta costruendo il Lider (Leader), un rompighiaccio di nuova generazione che avrà una potenza doppia rispetto ai suoi predecessori.

I cantieri navali russi aggiorneranno gran parte della nostra flotta commerciale, comprese le petroliere, le gasiere e le navi portacontainer. Questo sforzo dovrebbe consentire alle imprese russe di snellire le operazioni commerciali, considerando il mutevole ambiente logistico e i cambiamenti radicali dell’economia globale.

Concittadini, amici,

Vorrei fare una menzione speciale. Incontro regolarmente i partecipanti all’operazione militare speciale, tra cui militari di carriera e volontari, nonché persone di professione civile che sono state mobilitate per il servizio militare. Tutti loro hanno imbracciato le armi e si sono alzati in difesa della nostra Madrepatria.

Guardando questi uomini coraggiosi, a volte molto giovani, posso dire, senza esagerare, che il mio cuore trabocca di orgoglio per il nostro popolo, per la nostra nazione e per queste persone in particolare. Senza dubbio, persone come loro non si tireranno indietro, non falliranno e non tradiranno.

Dovrebbero assumere posizioni di primo piano nel sistema di istruzione e di educazione dei giovani, nelle associazioni pubbliche, nelle aziende statali e private, nelle amministrazioni federali e comunali. Dovrebbero essere a capo di regioni e imprese, nonché di grandi progetti nazionali. Alcuni di questi eroi e patrioti sono piuttosto riservati nella vita di tutti i giorni. Non si vantano dei loro successi e non parlano in grande. Ma nei momenti cruciali della storia, queste persone salgono alla ribalta e si assumono le proprie responsabilità. Alle persone che pensano al Paese e vivono come un tutt’uno con esso può essere affidato il futuro della Russia.

Sapete che la parola “élite” ha perso molta della sua credibilità. Coloro che non hanno fatto nulla per la società e si considerano una casta dotata di diritti e privilegi speciali – in particolare coloro che negli anni ’90 hanno approfittato di ogni tipo di processo economico per riempirsi le tasche – non sono certo un’élite. Per ribadire che coloro che servono la Russia, i grandi lavoratori e i militari, le persone affidabili e degne di fiducia che hanno dimostrato la loro fedeltà alla Russia con i fatti, in una parola, le persone dignitose, sono la vera élite.

A questo proposito, vorrei annunciare una nuova decisione che ritengo importante. A partire da domani, 1° marzo 2024, i veterani delle operazioni militari speciali, così come i soldati e gli ufficiali che attualmente combattono in unità attive, potranno candidarsi per far parte della prima classe di un programma speciale di formazione del personale. Chiamiamolo “Tempo di eroi”. A dire il vero, l’idea mi è venuta quando ho incontrato gli studenti di San Pietroburgo che hanno prestato servizio nell’operazione militare speciale. Questo programma sarà costruito secondo gli standard dei nostri migliori progetti, ovvero la Scuola superiore di amministrazione pubblica, nota anche come “scuola dei governatori”, e il concorso Leaders of Russia. I loro laureati tendono a raggiungere posizioni di rilievo in molti settori, fino a diventare ministri e capi di regione.

I membri dell’esercito attivo e i veterani con titoli universitari ed esperienza manageriale possono iscriversi, indipendentemente dal loro grado o dalla loro posizione. L’importante è che questi individui abbiano dato prova delle loro migliori qualità, dimostrando di saper guidare i propri commilitoni.

Il corso di studi inizierà nei prossimi mesi. La prima coorte di partecipanti sarà guidata da alti funzionari del Governo, dell’Ufficio presidenziale, dei ministeri e delle agenzie federali, dei capi delle regioni e delle nostre maggiori aziende. In futuro amplieremo questi programmi di formazione del personale, avvieremo corsi di gestione presso l’Accademia presidenziale dell’economia nazionale e della pubblica amministrazione e ritengo opportuno elevare lo status dell’Accademia a livello legislativo.

Inoltre, i veterani e i partecipanti all’operazione militare speciale avranno il diritto di accedere in via prioritaria ai programmi di istruzione superiore in specialità civili presso le nostre principali università.

Vorrei chiedere al Ministero della Difesa e a tutti i comandanti di unità di sostenere l’interesse dei loro soldati e ufficiali a partecipare al nuovo programma di formazione del personale, di dare loro l’opportunità di fare domanda e di frequentare fisicamente le lezioni. Vorrei sottolineare che i partecipanti alle operazioni militari speciali, compresi i soldati semplici, i sergenti e gli ufficiali combattenti, sono già la spina dorsale delle nostre Forze Armate. E, come ho detto, coloro che intendono proseguire la loro carriera militare riceveranno una promozione prioritaria, l’iscrizione ai corsi di comando, alle scuole militari e alle accademie.

Amici,

L’indipendenza, l’autosufficienza e la sovranità devono essere dimostrate e riaffermate ogni giorno. Questa è la nostra responsabilità per il presente e il futuro della Russia, qualcosa che nessun altro può fare se non noi. Si tratta della nostra Madrepatria, la Madrepatria dei nostri antenati, e nessuno ne avrà mai bisogno e la custodirà come noi – tranne i nostri discendenti, ai quali dobbiamo trasmettere un Paese forte e prospero.

Negli ultimi anni abbiamo costruito con successo un sistema di gestione e realizzato i nostri progetti nazionali basandoci su grandi quantità di dati e sulle moderne tecnologie digitali. Questo ci ha permesso di aumentare l’efficienza, di gestire i rischi, di basarci sull’intera quantità di informazioni disponibili e di perfezionare continuamente i nostri progetti e programmi facendo affidamento sul feedback dei nostri cittadini.

Vorrei ringraziare i miei colleghi del Governo, delle agenzie e delle regioni che hanno costruito meticolosamente questo sistema per tutti questi anni, durante la pandemia e di fronte all’aggressione delle sanzioni contro la Russia. So che è stato un lavoro impegnativo e difficile, ma il punto principale è che sta già dando i suoi frutti. Lo stiamo vedendo nei risultati.

Continueremo a seguire proprio questa logica. È necessario approvare e coordinare tra loro tutti i progetti nazionali di cui ho parlato oggi. Vorrei sottolineare ancora una volta che non si tratta di progetti di dipartimenti separati. Dovrebbero lavorare per obiettivi comuni a livello di sistema e per i nostri obiettivi di sviluppo nazionale. Detto questo, vorrei chiedere al Fronte Popolare Russo di continuare a monitorare l’attuazione delle decisioni a tutti i livelli di governo.

Vorrei sottolineare che il risultato principale dei nostri programmi non si misura in tonnellate, chilometri o denaro speso. L’importante è che le persone vedano dei cambiamenti in meglio nella loro vita. La portata delle sfide storiche che la Russia deve affrontare richiede un lavoro estremamente chiaro e coordinato da parte dello Stato, della società civile e della comunità imprenditoriale.

Ritengo necessario non solo preparare un progetto di bilancio per i prossimi tre anni, ma anche pianificare tutte le spese e gli investimenti più importanti per il futuro, fino al 2030. In altre parole, dobbiamo elaborare un piano di prospettiva di sei anni per il nostro sviluppo nazionale, che sicuramente integreremo con nuove iniziative. Naturalmente, la vita farà i suoi aggiustamenti.

Stiamo elaborando piani a lungo termine nonostante questo periodo complicato, nonostante le prove e le difficoltà attuali. Il programma che ho esposto nel discorso di oggi si basa sui fatti e affronta questioni fondamentali. È il programma di un Paese sovrano e forte che guarda al futuro con fiducia. Abbiamo sia le risorse che le enormi opportunità per raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati.

Ma ora sottolineerò l’aspetto principale. Oggi, la realizzazione di tutti questi piani dipende direttamente dai nostri soldati, ufficiali e volontari – tutto il personale militare che sta combattendo al fronte. Dipende dal coraggio e dalla determinazione dei nostri compagni d’arme che stanno difendendo la Madrepatria, passando all’offensiva, avanzando sotto il fuoco e sacrificandosi per il bene di noi, per il bene della Patria. Sono i nostri combattenti che oggi creano le condizioni assolutamente essenziali per il futuro del Paese e per il suo sviluppo.

Avete il nostro più profondo rispetto, ragazzi.

Vorrei ringraziare tutti voi, colleghi, e tutti i cittadini della Russia per la loro solidarietà e affidabilità. Siamo una grande famiglia, siamo uniti e per questo faremo tutto ciò che progettiamo, desideriamo e sogniamo.

Ho fiducia nelle nostre vittorie, nei nostri successi e nel futuro della Russia!

Grazie.

(Suona l’inno nazionale della Federazione Russa).

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LA DOTTRINA PRIMAKOV, a cura di GILLES GRESSANI

LA DOTTRINA PRIMAKOV

Per capire Putin, è necessario rileggere la prima traduzione francese del testo chiave della dottrina geopolitica russa più influente e meno conosciuta.

AUTEUR
GILLES GRESSANI

TRAD.
DANYLO KHILKO
La doctrine Primakov

Siamo lieti di pubblicare la prima traduzione francese di uno dei testi più rari e influenti della geopolitica russa contemporanea. L’autore, Yevgeny Primakov, allora ministro degli Esteri nei governi Chernomyrdin e Kirienko, è senza dubbio uno dei più influenti operatori delle relazioni internazionali della fine del XX secolo. La direzione che ha dato alla politica estera russa durante il suo mandato rimane fondamentale per la classe politica russa, come è stato recentemente riconosciuto da Sergei Lavrov, il potente ministro degli Esteri dell’amministrazione Putin, attento lettore di questo testo inedito in francese.1 La sua lezione, all’attenzione di avversari politici del calibro di Henry Kissinger, deve quindi essere studiato da vicino.


Внешнеполитическое кредо // Встречи на перекрёстках

Sono entrato nel Ministero degli Affari Esteri in un momento completamente diverso.

HENRY KISSINGER
Dal 2007 al 2009, Evgeny Primakov e io abbiamo presieduto un gruppo composto da ministri in pensione, alti funzionari e leader militari di Russia e Stati Uniti, alcuni dei quali sono qui con noi oggi. Il suo scopo era quello di appianare i punti deboli delle relazioni tra Stati Uniti e Russia e di considerare possibili approcci di cooperazione. In America, questo gruppo è stato definito Track II, ossia bipartisan e incoraggiato dalla Casa Bianca a pensare, ma non a negoziare per suo conto. Abbiamo organizzato incontri in ciascuno dei due Paesi, in modo alternativo. Il Presidente Putin ha ricevuto il gruppo a Mosca nel 2007 e il Presidente Medvedev nel 2009. Nel 2008, il Presidente George W. Bush ha riunito la maggior parte della sua squadra di sicurezza nazionale nella Sala del Gabinetto per un dialogo con i nostri ospiti.

Tutti i partecipanti hanno ricoperto posizioni di alta responsabilità durante la Guerra Fredda. Durante i periodi di tensione, hanno fatto valere l’interesse nazionale del loro Paese. Ma hanno anche compreso, grazie all’esperienza, i pericoli di una tecnologia che minaccia la vita civile e si muove in una direzione che, in una situazione di crisi, potrebbe distruggere tutta la vita umana organizzata. Il mondo era pieno di crisi, alle quali le differenze tra le culture e l’antagonismo delle ideologie conferivano una certa grandezza.

Yevgeny Primakov fu un partner indispensabile in questo lavoro. La sua mente acuta e analitica, arricchita da una comprensione globale delle tendenze del nostro tempo, acquisita durante gli anni trascorsi vicino e poi finalmente al centro del potere, ma anche la sua grande devozione al suo Paese, ci hanno permesso di affinare il nostro pensiero e di contribuire alla ricerca di una visione comune. Non eravamo sempre d’accordo, ma ci siamo sempre rispettati a vicenda. Manca a tutti noi, e a me in particolare, come collega e amico.

↓FERMER
Il Paese si era ormai avviato verso l’economia di mercato e il pluralismo politico. Non tutti erano contenti della disintegrazione dell’Unione Sovietica. Molti erano dispiaciuti di perdere un Paese potente e multinazionale.

HENRY KISSINGER
Alla fine della Guerra Fredda, russi e americani immaginavano una partnership strategica basata sulle loro recenti esperienze. Gli americani si aspettavano che un periodo di minori tensioni avrebbe portato a una cooperazione produttiva su questioni globali. L’orgoglio russo per la modernizzazione del Paese è stato ferito dalle difficoltà causate dalla trasformazione dei confini e dalla scoperta dei compiti erculei che si prospettano per la ricostruzione e la ridefinizione della nazione. Molti, da entrambe le parti, hanno capito che i destini della Russia e degli Stati Uniti non potevano essere separati. Preservare la stabilità e prevenire la proliferazione delle armi di distruzione di massa stava diventando sempre più necessario, così come costruire un sistema di sicurezza in Eurasia, in particolare intorno ai confini della Russia.

Si aprivano nuove prospettive per gli scambi economici, gli investimenti e, per finire, la cooperazione energetica.

↓FERMER
Il passaggio dall’URSS alla Russia ha avuto gravi conseguenze. Il Patto di Varsavia e il Consiglio di mutua assistenza economica furono smantellati. Da lì è iniziato tutto.
Alcuni pensavano che da quel momento in poi la Russia sarebbe entrata a far parte del “mondo civilizzato” come un Paese di seconda categoria. A volte discretamente, a volte pubblicamente, si accettava che l’URSS avesse perso la “guerra fredda” e che la Russia ne sarebbe stata il successore. Si pensava che le relazioni con gli Stati Uniti si sarebbero sviluppate, come era avvenuto con il Giappone e la Germania dopo la sconfitta nella Seconda guerra mondiale. Questi due Paesi avevano visto la loro politica gestita da Washington e non si erano opposti.

Questa visione era condivisa dalla grande maggioranza dei politici nel 1991. Pensavano che questa strategia avrebbe aiutato la Russia a superare i problemi del passato.

Così è diventato di moda dire che i responsabili della riforma economica dovevano trovare un modo per affrontare la “rovina del dopoguerra”.

Un politologo, Roi Medvedev (“Медведев Р. Капитализм в России? М., 1998. С. 98.”, “Roi Medvedev, Capitalism in Russia?”), critica questo scritto “è impossibile paragonare le conseguenze della guerra fredda con quelle della guerra civile [1917-1919] o con quelle della Grande Guerra Patriottica [Seconda Guerra Mondiale].

L’economia dell’URSS, divenuta Russia, non è stata distrutta come alla fine di una guerra convenzionale ed è stata in grado di adattarsi alle nuove prospettive. I problemi dell’economia russa sono stati causati dalle politiche dei riformatori radicali, non dalla guerra fredda. In effetti, durante la guerra patriottica l’inflazione era più bassa rispetto al 1993-1994, così come la crescita.

Adottare un atteggiamento “disfattista”, sia in politica estera che interna, non era un modo per cancellare gli elementi perniciosi dell’eredità sovietica (alcuni aspetti della quale, aggiungerei, dovevano essere eliminati, altri dovevano essere mantenuti). Potevamo democratizzare e riformare la nostra società solo a condizione di non pensare che “laggiù” [in Occidente] tutto fosse armonioso, stabile e giusto, e che dovessimo imitarli a tutti i costi, anche nel loro modo di fare politica.

Questo non significa negare che, alla fine della Guerra Fredda, l’URSS abbia cessato di essere una “superpotenza”. In effetti, la nuova situazione significava che ora c’era una sola superpotenza. Tuttavia, era anche importante capire che il concetto stesso di “superpotenza” era stato ereditato dalla Guerra Fredda. Nessuno poteva contestare il fatto che gli Stati Uniti fossero allora la prima potenza militare, economica e finanziaria. Ma questo Stato non poteva controllare e dirigere gli altri.

È un errore pensare che gli Stati Uniti siano così potenti da far ruotare intorno a loro ogni evento importante del mondo. Un tale approccio ignora la grande trasformazione che è il passaggio da un mondo bipolare conflittuale a un mondo multipolare. Questa trasformazione è iniziata molto prima della fine della Guerra Fredda, con le sue origini nello sviluppo ineguale e i suoi limiti nella logica del confronto tra due blocchi.

HENRY KISSINGER
Non c’è bisogno che vi dica che le nostre relazioni oggi sono molto peggiori di quelle di dieci anni fa. Anzi, probabilmente sono peggiori di quanto non fossero prima della fine della Guerra Fredda. La fiducia reciproca si è dissipata da entrambe le parti. Il confronto ha sostituito la cooperazione. So che negli ultimi mesi della sua vita Evgeny Primakov ha cercato il modo di superare questo preoccupante stato di cose. Onoreremo la sua memoria facendo nostra questa ricerca.

↓FERMER
La fine della guerra ha indebolito notevolmente i legami che legavano la maggior parte dei Paesi del mondo a una delle due superpotenze. La fine del Patto di Varsavia ha allontanato i Paesi dell’Europa centrale e orientale dalla Russia. Questo è ancora più evidente con gli ex membri dell’URSS che sono diventati indipendenti. Anche gli Stati Uniti, sebbene in modo meno evidente, hanno visto gli ex alleati allontanarsi. In particolare, i Paesi dell’Europa occidentale hanno adottato una posizione più indipendente, poiché la loro sicurezza non dipendeva più dall'”ombrello nucleare” americano. Allo stesso modo, il Giappone è diventato in qualche modo più indipendente politicamente e militarmente.

HENRY KISSINGER
Forse il problema più importante era il divario abissale tra due concezioni della storia. Per gli Stati Uniti, la fine della Guerra Fredda ha rafforzato, per così dire, la loro profonda convinzione dell’inevitabilità della rivoluzione democratica. Ha annunciato l’estensione di un sistema internazionale governato principalmente dallo Stato di diritto. Ma l’esperienza storica russa è più complessa. Per un Paese il cui territorio è stato soggetto per secoli a invasioni militari, sia da Est che da Ovest, la sicurezza deve basarsi non solo su fondamenti giuridici, ma soprattutto geopolitici. Ora che il confine, baluardo della sicurezza, è stato spostato di 1000 km dall’Elba verso Mosca, la percezione della Russia dell’ordine mondiale non può prescindere da una dimensione strategica. La sfida del nostro tempo è catturare queste due visioni – quella legalistica e quella geopolitica – in un concetto coerente.

↓FERMER
A questo proposito, è significativo notare come i Paesi non direttamente coinvolti nel confronto tra i due blocchi abbiano mostrato una maggiore autonomia una volta terminata la guerra. Questo è particolarmente vero per la Cina, che è diventata rapidamente una grande potenza economica, e per le nuove unioni di integrazione in Asia, Oceania e Sud America.

Molti pensavano che, una volta superato il confronto ideologico e politico, non ci sarebbero state più tensioni tra gli Stati un tempo rivali. Non è stato così. Anche se la situazione sta cambiando, le mentalità rimangono.

Gli stereotipi che costituivano il pensiero degli statisti della Guerra Fredda non sono scomparsi, nonostante l’eliminazione dei missili strategici e di migliaia di carri armati.

All’epoca non parlavo male dei miei predecessori a causa delle mie convinzioni personali. Non voglio farlo oggi. Ma per capire meglio lo stato d’animo che regnava all’interno del Ministero degli Affari Esteri negli anni ’90, vi racconterò una conversazione tra il ministro russo e l’ex presidente americano. È stata rivelata da Dimitri Simes, presidente del Centro Nixon. Nixon chiese a Kozyrev di spiegare i nuovi obiettivi della Russia. Kozyrev rispose: “Vede, signor Presidente, uno dei problemi dell’Unione Sovietica era che dava troppa importanza agli interessi nazionali. Ora pensiamo al bene di tutta l’umanità. D’altra parte, se lei sa come si definiscono gli interessi nazionali, le sarei grato se me lo spiegasse”. Nixon si sentì “non molto a suo agio” e chiese cosa pensasse Simes della conversazione. Simes rispose: “Il ministro russo è solidale con gli Stati Uniti, ma non sono sicuro che comprenda appieno la natura e gli interessi del suo Paese. Questo, un giorno, causerà problemi a entrambi i Paesi”. Nixon ha quindi risposto: “Quando ero vicepresidente e poi presidente, volevo che tutti capissero che ero un figlio di puttana e che avrei combattuto per gli interessi americani. Quest’uomo, invece, si presenta come una persona molto benintenzionata e comprensiva, in un momento in cui l’URSS si è appena disintegrata e la nuova Russia ha bisogno di essere difesa e rafforzata”.

Molti al MAE hanno diviso il mondo in due parti: i civilizzati e la “feccia” (“шпана”). Pensavano che avremmo avuto successo stringendo alleanze strategiche con i “civilizzati”, cioè i nemici della Guerra Fredda, accettando di avere un secondo ruolo. Era una scommessa rischiosa perché anche molti politici americani volevano questo. Segretari di Stato ed ex vice del Presidente degli Stati Uniti volevano che Washington dominasse le relazioni tra Mosca e Washington. Nel 1994, Zbigniew Brzezinski dichiarò: “D’ora in poi, è impossibile collaborare con la Russia. Un alleato è un Paese che è disposto ad agire in modo genuino e responsabile con noi. La Russia non è un alleato. È un cliente.

Certo, le relazioni con l’Occidente, e in particolare con gli Stati Uniti, sono sempre state di grande importanza. Ma il nostro Paese non deve dimenticare i propri interessi e seguire il passaggio storico verso un mondo multipolare. Dobbiamo preservare i nostri valori e le nostre tradizioni, acquisiti nel corso della storia russa, compresi i periodi imperiale e sovietico.

Esiste una regola molto antica: i nemici non sono permanenti, mentre lo sono gli interessi nazionali. Questa idea ha guidato e guida tuttora la politica estera della maggior parte dei Paesi del mondo. Durante l’era sovietica, tuttavia, abbiamo dimenticato questa massima e gli interessi nazionali sono stati talvolta sacrificati al sostegno degli “amici permanenti” e alla lotta contro i “nemici permanenti”.

Oggi, dopo la Guerra Fredda, la Russia, come altri Paesi, ha il diritto di garantire la propria sicurezza, la propria stabilità, l’integrità del proprio territorio, di ricercare il progresso economico e sociale, di lottare contro le influenze esterne che potrebbero cercare di dividere la Russia e gli altri membri della “Comunità degli Stati Indipendenti” [ex membri dell’URSS].

Coloro che vogliono avvicinare la Russia e l’Occidente pensano che l’unica alternativa sia un graduale ritorno al confronto. Questo non è vero.

HENRY KISSINGER
Quindi, paradossalmente, ci troviamo ancora una volta di fronte a un problema essenzialmente filosofico. Come possono gli Stati Uniti andare d’accordo con la Russia, che non condivide affatto i loro valori, ma che è una parte essenziale dell’ordine internazionale? Come può la Russia garantire la sua sicurezza senza allarmare i suoi vicini e farsi dei nemici? Può la Russia assicurarsi un posto negli affari mondiali senza turbare gli Stati Uniti? Gli Stati Uniti possono difendere i loro valori senza essere visti come se volessero imporli? Non cercherò di rispondere a tutte queste domande, ma piuttosto di incoraggiarne l’esplorazione.
Molti commentatori, sia russi che americani, hanno affermato che la cooperazione tra i due Paesi per creare un nuovo ordine internazionale è impossibile. Per loro, Stati Uniti e Russia sono entrati in una nuova guerra fredda.
Oggi, il pericolo non è tanto il ritorno al confronto militare, quanto la continua convinzione, da entrambe le parti, di una profezia che si autoavvera. Gli interessi a lungo termine di entrambi i Paesi richiedono la creazione di un mondo in cui le fluttuanti turbolenze di oggi lascino il posto a un nuovo equilibrio, sempre più multipolare e globalizzato.

↓FERMER
Da un lato, la Russia deve cooperare con le altre potenze su base equa e cercare interessi comuni per rafforzare la cooperazione in alcuni settori. D’altro canto, nelle aree in cui gli interessi divergono, la Russia deve difendere i propri interessi evitando lo scontro. Questa è la logica della politica estera russa nel dopoguerra. Se si trascura l’esistenza di interessi comuni, si rischia una nuova guerra fredda.

Alcuni ritengono che la Russia non possa gestire una politica estera proattiva. Secondo loro, è necessario occuparsi degli affari interni, rafforzare l’economia, portare avanti la riforma militare e poi entrare nell’arena internazionale con un peso considerevole. Ma questa visione non regge all’analisi. Soprattutto, sarà difficile per la Russia realizzare questi cambiamenti cruciali e mantenere la propria integrità territoriale senza una politica estera attiva. La Russia non è indifferente al ruolo che svolgerà nell’economia globale aprendo le sue frontiere ai prodotti stranieri. Diventerà un fornitore discriminato di materie prime o un partner paritario? Rispondere a questa domanda è anche una questione di politica estera.

Dopo il periodo di confronto, tuttavia, è ancora importante per la Russia garantire sicurezza e stabilità, sia all’interno dei propri confini che nelle regioni limitrofe.

HENRY KISSINGER
In entrambi i Paesi, il discorso prevalente è quello di attribuire tutte le colpe all’altro. Allo stesso modo, in entrambi i Paesi si tende a demonizzare, se non l’altro Paese, almeno i suoi leader. Con le questioni di sicurezza nazionale sempre in primo piano, sono riapparsi sospetti e diffidenza, ereditati dai periodi più tesi della Guerra Fredda. Questi sentimenti sono stati esacerbati dal ricordo del primo decennio post-sovietico, durante il quale la Russia stava attraversando un’incredibile crisi economica e politica, mentre gli Stati Uniti si rallegravano di una crescita economica continua e di durata senza precedenti. Tutto ciò ha alimentato le divergenze politiche su questioni come i Balcani, i territori ex sovietici, il Medio Oriente, l’espansione della Nato, la difesa balistica e la vendita di armi, con il risultato che i progetti di cooperazione sono stati fagocitati.

↓FERMER
Se abbandona una politica estera attiva, la Russia non avrà alcuna possibilità di tornare sulla scena mondiale come Paese potente. Le relazioni internazionali aborriscono il vuoto. Se un Paese si disimpegna dai processi globali, viene rapidamente sostituito. Se la Russia vuole rimanere una delle maggiori potenze, deve agire su tutti i fronti. Dobbiamo tenere conto di Stati Uniti, Europa, Cina, Giappone, India, Paesi del Medio Oriente, Asia, Oceania, Sud America e Africa.

Possiamo farcela? Certo, è difficile avere successo su tutti i fronti con le nostre risorse limitate. Ma possiamo condurre una politica estera attiva grazie alla nostra influenza politica, alla nostra posizione geografica, alla nostra appartenenza al club nucleare, al nostro status di membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, alla nostra tradizione scientifica, alle nostre capacità economiche e alla nostra industria militare all’avanguardia.

La maggior parte dei Paesi non vuole quindi accettare la visione di un singolo Paese. L’ho percepito durante i miei viaggi in Medio Oriente, Israele, Cuba, Brasile, Argentina e altri Paesi dell’America centrale. I leader di Venezuela e Messico mi hanno detto francamente che vorrebbero che i russi avessero una maggiore presenza sulla scena mondiale per controbilanciare le conseguenze negative delle tendenze unipolari.

HENRY KISSINGER
Siamo di fronte a un nuovo tipo di pericolo. Fino a poco tempo fa, le minacce all’ordine internazionale andavano di pari passo con l’accumulo di potere da parte di uno Stato dominante. Oggi, le minacce derivano piuttosto dal crollo delle strutture statali e dal numero crescente di Stati senza leader. Il problema del crollo del potere, sempre più diffuso, non può essere risolto da un singolo Stato, anche se grande, da una prospettiva esclusivamente nazionale. Richiede una cooperazione costante tra gli Stati Uniti, la Russia e le altre potenze. Di conseguenza, la rivalità tra i Paesi coinvolti nella risoluzione dei conflitti tradizionali, in un sistema interstatale, deve essere limitata in modo che questa rivalità non oltrepassi il limite o crei un precedente.

↓FERMER
Infine, un Paese come la Russia non può ignorare la crescente interdipendenza delle potenze.

La diversificazione dei partenariati della Russia consentirà al Paese di rafforzare la propria stabilità e sicurezza. La fine del confronto ideologico tra due poli è diventata il punto di partenza per un mondo stabile e prevedibile a livello globale. Sebbene profonda, questa trasformazione non ha reso impossibili i conflitti etnici regionali. Al contrario, li ha resi meno probabili. Siamo tutti colpiti dall’attuale ondata di attacchi terroristici. Anche le armi di distruzione di massa si stanno diffondendo. Ma questi fenomeni sono emersi durante la Guerra Fredda, prima dell’avvento della collaborazione multipolare.

HENRY KISSINGER
Negli anni ’60 e ’70, per me, le relazioni internazionali si riducevano a un rapporto conflittuale tra Stati Uniti e Unione Sovietica. L’evoluzione della tecnologia ha fatto sì che i due Paesi potessero attuare una visione strategica stabile, pur mantenendo la loro rivalità in altri settori. Da allora il mondo è profondamente cambiato. In particolare, in un mondo multipolare emergente, la Russia dovrebbe essere vista come una parte essenziale di qualsiasi equilibrio globale e non, soprattutto, come una minaccia per gli Stati Uniti.

Ho trascorso la maggior parte degli ultimi settant’anni occupandomi, in un modo o nell’altro, delle relazioni tra Stati Uniti e Russia. Sono stato al centro delle decisioni quando sono scoppiate le crisi e ai festeggiamenti comuni quando sono stati raggiunti i successi diplomatici. I nostri Paesi e i popoli del mondo hanno bisogno di una prospettiva più duratura.

↓FERMER
La capacità della comunità internazionale di superare questi nuovi pericoli, minacce e sfide dell’era post-Guerra Fredda dipenderà soprattutto dalle relazioni tra le grandi potenze.

Per la transizione verso un nuovo ordine mondiale (миропорядок) sono necessarie le seguenti due condizioni.

Primo. Le divisioni di un tempo non devono essere riproposte su nuove questioni. A mio avviso, ciò significa opporsi all’espansione della NATO nei Paesi che appartenevano al “Patto di Varsavia”, nonché ai tentativi di trasformare la NATO nel principio del nuovo sistema mondiale. La sanguinosa operazione della NATO in Jugoslavia ne è una chiara illustrazione. Questa operazione è stata condotta senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, è avvenuta al di fuori dei confini dei Paesi membri e non aveva nulla a che fare con la garanzia della sicurezza dei Paesi membri della NATO.

HENRY KISSINGER
Sfortunatamente, gli sconvolgimenti del mondo si sono rivelati troppo forti per l’intelligence politica. Ne è un simbolo la decisione di Yevgeny Primakov che, da primo ministro in volo verso Washington attraverso l’Atlantico, ha preferito fare dietrofront e tornare a Mosca per protestare contro l’inizio delle manovre militari della NATO in Jugoslavia. Le nascenti speranze che una stretta collaborazione contro Al-Qaeda e i Talebani in Afghanistan potesse essere il primo passo verso una partnership più profonda si sono infrante nel magma dei conflitti in Medio Oriente, prima di essere vanificate dalle operazioni militari russe nel Caucaso nel 2008 e poi in Ucraina nel 2014. I recenti tentativi di trovare punti di accordo sul conflitto siriano e di stemperare gli animi sulla questione ucraina non sono riusciti a contrastare un crescente senso di estraneità.

↓FERMER
L’emergere di nuove aree di conflitto può minacciarci, non solo in Europa, ma ovunque. Il netto rifiuto dell’estremismo da parte di alcuni gruppi islamici dovrebbe incoraggiarci a non considerare l’intero mondo musulmano come un nemico della civiltà contemporanea.

HENRY KISSINGER
Come sappiamo, ci attendono numerose questioni divisive, come l’Ucraina e la Siria. Negli ultimi anni, i nostri Paesi hanno discusso di tanto in tanto di questi temi senza compiere progressi significativi. Ciò non sorprende, perché le discussioni si sono svolte al di fuori di un quadro globale. Tutti questi problemi specifici sono l’espressione di un problema più ampio. L’Ucraina deve far parte del quadro di sicurezza internazionale ed europeo, fungendo da ponte tra la Russia e l’Occidente, e non da avamposto dell’uno o dell’altro. Per quanto riguarda la Siria, sembra chiaro che le fazioni locali e regionali non possono trovare una soluzione da sole. Invece, gli sforzi congiunti tra Stati Uniti e Russia, accompagnati dal coordinamento con le altre grandi potenze, potrebbero aprire la strada a soluzioni pacifiche, in Medio Oriente e forse anche altrove.

↓FERMER
Naturalmente, dobbiamo opporci fermamente alle forze estremiste e terroristiche, che sono particolarmente pericolose se gli Stati le sostengono. Dobbiamo fare tutto il possibile per evitare che gli Stati aiutino i gruppi terroristici.

Ovviamente, è urgente elaborare una convenzione generale all’ONU per negare l’asilo politico ai terroristi. Tuttavia, le sanzioni non devono essere utilizzate per punire i Paesi o rovesciare i regimi che non ci piacciono. È già chiaro che le operazioni militari contro i regimi nemici sono dannose, indipendentemente dal fatto che questi regimi sostengano o meno i creatori di caos che stanno mettendo il mondo sottosopra. È molto più efficace sostenere iniziative pacifiche.

In secondo luogo, se vogliamo muoverci verso un nuovo ordine universale e affrontare i pericoli reali, la comunità mondiale deve collaborare in modo equo. Per coordinare adeguatamente gli sforzi, è necessario mettere in atto meccanismi efficaci.

HENRY KISSINGER
Qualsiasi sforzo per migliorare queste relazioni deve includere una consultazione sul futuro equilibrio del mondo. Quali tendenze stanno mettendo in discussione l’ordine di ieri e plasmando quello di oggi? Quali sfide pongono questi cambiamenti agli interessi della Russia e dell’America? Quale ruolo vuole svolgere ciascun Paese nella costruzione di questo ordine e quale importanza può ragionevolmente sperare di avere in esso? Come conciliare le visioni del mondo radicalmente diverse emerse in Russia e negli Stati Uniti – così come in altre grandi potenze – sulla base della loro esperienza storica? L’obiettivo dovrebbe essere quello di concettualizzare le relazioni UE/Russia all’interno di una visione strategica che consenta di risolvere le questioni controverse.

↓FERMER
È importante sviluppare la dottrina (кредо) del Ministero degli Esteri cercando di rispondere al seguente problema. Tutti sanno che la politica estera è legata alla politica interna. Ma questo non significa che debba essere attuata per favorire alcune forze politiche. Né può essere utilizzata a fini elettorali. Il ministro degli Esteri, a prescindere dalle sue preferenze politiche, non deve dividere la società russa. Sono certo che la politica estera debba basarsi sull’accordo dei partiti politici. Deve essere nazionale e non partecipare alle rivalità politiche, difendendo i valori che sono vitali per la società nel suo complesso.

HENRY KISSINGER
Sono qui per difendere la possibilità di un dialogo che cerchi di unire i nostri futuri piuttosto che giustificare i nostri conflitti. Ciò richiede che ciascuna parte rispetti i valori e gli interessi essenziali dell’altra. Questi obiettivi non possono essere raggiunti entro il mandato dell’attuale amministrazione. Ma il loro perseguimento non deve essere ritardato dalla politica interna degli Stati Uniti. Saranno raggiunti solo grazie alla volontà comune di Washington e Mosca, della Casa Bianca e del Cremlino, di superare i rancori e i sentimenti di persecuzione per affrontare le grandi sfide che i nostri due Paesi dovranno affrontare nei prossimi anni.

↓FERMER
Ho presentato queste idee e questi principi al Presidente [Boris Eltsin] e lui si è convinto. Mi disse: “Dovresti lavorare di più con il Parlamento, con i leader dei partiti politici”. Capivo che non voleva tenermi al guinzaglio. Ma sentivo che spettava al Presidente decidere sulla nostra politica estera e che il Ministro degli Esteri doveva essergli fedele. D’altra parte, capivo che il Presidente si fidava di me e non voleva limitare le mie iniziative.

Delphi a Bruxelles: la NATO e la difesa europea nel contesto della guerra in Ucraina, di Hajnalka VINCZE

Delphi a Bruxelles: la NATO e la difesa europea nel contesto della guerra in Ucraina

Hajnalka VINCZE
Senior Fellow presso il Foreign Policy Research Institute (FPRI) di Philadelphia4 , analista indipendente di sicurezza.
Una settimana dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, il Presidente della Commissione di Bruxelles ha dichiarato che “questo è un momento di verità” per l’Unione Europea5. L’ambiguità di queste parole ricorda la deliberata vaghezza dei famosi oracoli greci di Dordogna e Delfi. Col senno di poi, saranno interpretate come l’annuncio di una determinazione e di uno slancio europei senza precedenti o, al contrario, come un cattivo presagio che anticipa l’ennesima dimostrazione di impotenza? È l’inizio di una nuova era per la sicurezza del vecchio continente e, in caso di risposta affermativa, in quale direzione penderà la bilancia? Stiamo assistendo alla “nascita dell’Europa geopolitica”, come sostiene l’Alto rappresentante Josep Borrell, o alla “NATOizzazione dell’Europa”, per citare il presidente Joe Biden?
A queste e ad altre domande simili, ognuno risponde secondo le proprie preferenze e simpatie. Le reazioni agli eventi in Ucraina si collocano quindi in scenari diametralmente opposti. Alcuni ritengono che gli europei, messi di fronte alla logica dell’equilibrio di potere che avevano ignorato per decenni, si stiano ora risvegliando dai pericoli della dipendenza e inizino a fare un salto verso l’autonomia. Da qui il passo sarebbe breve – e comporterebbe un’integrazione ancora più stretta – verso un’Europa che prende in mano il proprio destino, un “attore a pieno titolo” nel sistema internazionale. Per altri, invece, la guerra ha messo fine una volta per tutte ai sogni di indipendenza dell’Europa. Anche i più ferventi sostenitori hanno dovuto fare i conti con la realtà: quando il gioco si fa duro, gli europei, consapevoli delle proprie divisioni e debolezze, si rivolgono all’America per essere guidati e rassicurati dalle garanzie dell’Alleanza Atlantica.
Qual è la lettura giusta? Dal punto di vista politico, la crisi ha fornito a entrambe le parti una moltitudine di argomenti e ha agito da catalizzatore in entrambe le direzioni. Ciò che accadrà in seguito potrà essere visto, per quanto possibile, solo osservando da vicino i cambiamenti più significativi nella direzione della NATO, nelle ambizioni della “difesa europea” e, in particolare, nel modo in cui le due cose sono interconnesse. Il trentennale grattacapo della partenza rimane, e si aggrava man mano che le sfide si intensificano e l’orizzonte si restringe. Gli europei non vogliono certo diventare indipendenti, ma sono ben consapevoli che un giorno potrebbero essere costretti a farlo. Gli americani capiscono che avrebbero bisogno di un partner più autonomo, ma si rifiutano di permetterlo. L’equazione è insolubile?
1. La NATO rinvigorita
Per una volta, un’espressione di un capo di Stato francese ha raccolto consensi in Europa. Il Presidente Macron sembra aver trovato la parola giusta quando ha affermato che la guerra in Ucraina ha “risvegliato la NATO”, che fino a poco tempo fa considerava cerebralmente morta, “con il peggior tipo di elettroshock “7 . I dati sembrano chiaramente dargli ragione.
Rinforzi su tutti i fronti
La presenza americana nel continente è passata dai 65.000 soldati del 2018 agli oltre 100.000 di oggi. All’indomani dell’attacco russo all’Ucraina, l’Alleanza ha attivato i suoi piani di difesa e la sua forza di reazione rapida: 40.000 soldati schierati sul fianco orientale, un centinaio di aerei per sorvegliare lo spazio aereo e oltre due dozzine di navi da guerra in crociera nel Mediterraneo e nel Mar Nero. Il numero di gruppi tattici multinazionali schierati a est (dall’Estonia alla Bulgaria) passerà da quattro a otto, con un numero maggiore di effettivi (dal livello di battaglione a quello di brigata). Secondo il nuovo modello di forze adottato al vertice di Madrid del giugno 2022, l’organizzazione disporrà di rinforzi ad alta prontezza fino a 300.000 uomini, disponibili in circa 30 giorni8.
Il vertice di Vilnius del luglio 2023 ha approvato una nuova generazione di piani di difesa per la regione settentrionale, l’Europa centrale (dal Baltico alle Alpi) e il fianco meridionale. Per definizione segreti, questi piani sono notevoli per due motivi. In primo luogo, il Comandante supremo alleato della NATO (SACEUR) sottolinea che, per la prima volta in trent’anni, gli obiettivi di capacità saranno basati su una pianificazione dettagliata, Stato membro per Stato membro.9 In secondo luogo, il rappresentante della Francia presso la NATO richiama l’attenzione sulla partecipazione degli Stati Uniti: “Il contributo dei piani regionali è l’integrazione degli Stati Uniti, che hanno una pianificazione nazionale in Europa, in un quadro collettivo”.10 Un altro aspetto del rafforzamento “operativo” della politica di difesa della NATO è il fatto che anche gli Stati Uniti, che hanno una pianificazione nazionale in Europa, sono coinvolti nel processo di pianificazione. Un altro aspetto del rafforzamento “operativo” dell’Alleanza è l’annosa questione della delega di autorità al SACEUR, che si ripresenta con le solite motivazioni di efficienza e di accelerazione del processo decisionale. Secondo un recente rapporto: “Il SACEUR avrà una maggiore autonomia per garantire che, sulla base del suo nuovo modello di forza, la NATO possa agire rapidamente e con decisione nelle situazioni di crisi “11 .
Tuttavia, la vera impresa delle armi è politica. Dopo la guerra in Ucraina, la dimensione politica dell’Alleanza è stata particolarmente rafforzata. Lo status di membro è doppiamente rafforzato. Da un lato, i Paesi europei vedono nella NATO l’ultimo protettore e nell’articolo 5 la loro unica assicurazione sulla vita. L’Alleanza sta facendo tutto il possibile per dare credibilità alla sua difesa collettiva: i piani di difesa sono stati attivati, le truppe mobilitate, i pattugliamenti aerei aumentati e l’amministrazione americana ha chiarito in numerose occasioni che difenderà “ogni centimetro quadrato” del territorio degli alleati. A riprova, se mai ce ne fosse bisogno, dell’attrattiva di una simile posizione in questi tempi, Svezia e Finlandia hanno deciso di aderire all’Alleanza Atlantica rinunciando al loro status di neutrali.
L’ostruzionismo turco, che ha ritardato il processo per mesi al fine di ottenere concessioni da Helsinki e Stoccolma, oltre che da Washington, ha ulteriormente evidenziato la frattura tra coloro che appartengono all’Alleanza e coloro che non vi appartengono, frattura che assume tutta la sua importanza nelle discussioni sul possibile ingresso dell’Ucraina nella NATO. Contrariamente alle voci entusiaste che sostengono che questo o quel Paese ha il “diritto” di entrare nell’Alleanza, sta diventando chiaro che questo diritto non esiste da nessuna parte. Al contrario, sono i singoli Stati membri ad avere il diritto di decidere se consentire o meno l’ingresso di un determinato candidato, in base ai propri calcoli nazionali. È alla luce di questa realtà, evidenziata in primo luogo dall’atteggiamento della Turchia, che va valutata la dichiarazione fatta al Vertice di Vilnius: “Saremo in grado di estendere un invito all’Ucraina ad aderire all’Alleanza una volta che gli Alleati avranno deciso di farlo e le condizioni saranno soddisfatte “12 . La prima di queste condizioni, prevista dall’articolo 10 del Trattato Nord Atlantico, è l’approvazione unanime.
Con l’adesione alla NATO e l’ombrello americano così rafforzato, l’ala atlantista era chiaramente in una posizione di forza. E intende spingere al massimo il suo vantaggio, soprattutto su quelle che normalmente sono le questioni più difficili. L’ex comandante supremo della NATO, il generale Philip Breedlove, non scherza: “Ora che abbiamo l’unità, affrontiamo tutte le questioni che dividono”, dice. E quali sono? L’elenco è noto da anni. Tutto ciò che punta a una maggiore integrazione sotto l’egida dell’Alleanza atlantica (finanziamento comune, deroga alla regola del consenso, trasferimento di autorità al SACEUR americano a capo delle forze alleate), così come tutto ciò che va nella direzione di un’espansione delle competenze geografiche (Asia, Africa) o di competenze funzionali (oltre allo spazio, al cyber e alla cooperazione NATO sulle tecnologie avanzate, si parla ora di accelerare le consultazioni NATO su clima, trasporti, energia e persino su questioni di politica interna, grazie a un nuovo Centro per la resilienza democratica).
Fragilità e battute d’arresto
Questo rinvigorimento nasconde tuttavia molteplici vulnerabilità. I piani di difesa sembrano impressionanti, ma la loro attuazione solleva interrogativi. Rimangono dubbi sulle capacità e sulle risorse: nonostante l’aumento generale dei bilanci per la difesa, solo 11 dei 31 Stati membri destinano il 2% del PIL all’esercito. Il presidente del Comitato militare dell’Alleanza, l’ammiraglio Rob Bauer, sottolinea inoltre che l’aumento del prezzo di munizioni ed equipaggiamenti (dovuto alla loro consegna in massa e urgente all’Ucraina) rischia di divorare il surplus di bilancio13. Gli otto gruppi tattici rinforzati avevano ancora solo 10.000 uomini alla fine dello scorso anno, rispetto ai 4.000-5.000 previsti per ciascuno. Per non parlare del fatto che l’aspetto più delicato dell’attuazione dei piani, ossia la questione della delega di autorità, rimane irrisolto. Si tratta di capire come verranno trasferiti i poteri decisionali degli Stati membri al Comandante in Capo della NATO: dovranno approvare l’attivazione dei piani di difesa prestabiliti e, una volta attivati i piani, il SACEUR avrà bisogno della loro approvazione per compiere un determinato passo nell’escalation?
Si tratta di una questione eminentemente politica, tanto più delicata se si considera che, nonostante la grande unità dimostrata negli ultimi tempi, le tensioni tra gli Stati membri rimangono elevate. Il Concetto Strategico fa la quadratura del cerchio quando afferma che “la ragion d’essere della NATO è assicurare la nostra difesa collettiva” affrontando “minacce globali interconnesse “15 . Gli europei ritengono che l’Alleanza debba concentrarsi più che mai sul suo obiettivo iniziale, ovvero la sicurezza del Nord Atlantico (Stati Uniti ed Europa), mentre i leader americani, in vista del confronto tra Washington e Pechino, vorrebbero “globalizzare” la NATO e trovano orecchie attente nella burocrazia della NATO. Il veto francese all’idea di aprire un ufficio di collegamento a Tokyo è stato ampiamente pubblicizzato dai media. Tuttavia, come spiega l’ambasciatore Domenach: “Si trattava di un’iniziativa istituzionale, non americana, presa dalle strutture della NATO, senza dubbio per sostenere la priorità strategica americana. Non appena le priorità strategiche americane cambiano direzione, è naturale che l’istituzione cerchi di “estendere il suo ufficio” su argomenti di interesse per gli Stati Uniti16.
Ma questa non è l’unica controversia. Le differenze di opinione sulla guerra in Ucraina (tra il “campo della giustizia”, che chiede la massima punizione per Mosca, e il “campo della pace”, che dà priorità alla ricerca di una stabilità duratura) sorgono inevitabilmente non appena si prospetta una soluzione diplomatica della crisi. Gli Stati membri non condividono nemmeno la stessa analisi della sfida alla sicurezza posta dall’immigrazione di massa e dall’ascesa dell’Islam politico17. Inoltre, i dubbi degli alleati sull’America si sono affievoliti solo temporaneamente. Che si tratti di decisioni unilaterali (come il ritiro dall’Afghanistan o la partnership AUKUS sui sottomarini australiani), di politica industriale (come i piani per sovvenzionare l’industria americana) o di pressioni sui contratti di armamento, dal punto di vista europeo la presidenza Biden assomiglia molto alla presidenza Trump. Per non parlare di un possibile ritorno al potere di Trump e/o dei suoi sostenitori. Non sorprende che i membri europei della NATO siano preoccupati dal fatto che il Pentagono preferisca dispiegare le proprie truppe come rinforzi a rotazione, piuttosto che assegnarle al Vecchio Continente in modo permanente.
Nonostante queste debolezze, o proprio per compensarle, una serie di iniziative mira a consolidare le relazioni tra alleati, soprattutto a livello di basi tangibili: armamenti e tecnologie. Ciò ha portato a una proliferazione di progetti, come il North Atlantic Defence Innovation Accelerator (DIANA)18 , il NATO Innovation Fund (NIF)19 e il Defence Production Action Plan20. Dietro le varie iniziative c’è una volontà, quella di catturare questo tema, un obiettivo, la standardizzazione, e un concetto per raggiungerlo, l’intercambiabilità.21 Cosa intendiamo con questo? Le dottrine, la logistica, l’addestramento e gli equipaggiamenti verrebbero armonizzati al punto che gli eserciti potrebbero operare in modo “intercambiabile”, cancellando le specificità nazionali. In occasione dei colloqui annuali della NATO sui combattenti alleati, il vice capo di Stato maggiore delle forze armate statunitensi, l’ammiraglio Christopher Grady, ha presentato questo modello: “L’interoperabilità è solo il punto di partenza. Il nostro obiettivo è passare dall’interoperabilità all’integrazione, fino all’intercambiabilità “22 . Un’agenda che tiene poco conto dell'”autonomia strategica”.
2. Una politica di sicurezza e di difesa comune rivisitata (PSDC)
Paradossalmente, è proprio nel momento in cui, in pratica, gli europei si precipitano tutti sotto l’ombrello protettivo dell’America che, nei loro discorsi, i leader europei hanno sulle labbra solo la parola “autonomia”. Il Presidente Macron si rallegra: “la battaglia ideologica è stata vinta”. E continua il Presidente francese: “Da un punto di vista dottrinale, giuridico e politico, penso che non ci sia mai stata una tale accelerazione della potenza europea “23. Ma che cos’è in realtà?
Una bussola multiuso
Dall’inizio della guerra in Ucraina, l’UE è stata assente da tutti gli aspetti politici e operativi della difesa. A parte una missione di solidarietà per addestrare i soldati ucraini24 , l’Unione si sta concentrando, per la maggior parte, sull’aspetto “armamenti”. Questo sviluppo fa parte di una tendenza iniziata in precedenza. La ripresa della PSDC nel 2016 si era già concentrata essenzialmente su questo settore attraverso la Cooperazione Strutturata Permanente e il Fondo Europeo per la Difesa. Il disaccordo sul grado di autonomia auspicabile ha frenato queste iniziative, al punto che “dall’inizio del 2020 abbiamo assistito a uno spostamento del concetto di autonomia strategica, originariamente apparso nella
PSDC, ad altri settori “25 .

Semiconduttori,
Si tratta di un “aggiornamento gradito e necessario, ma nelle circostanze attuali c’è il rischio che il fondamento originario venga diluito”. Con la guerra in Ucraina, la dimensione militare è tornata sotto i riflettori, concentrandosi sull’aspetto “armamenti”, all’incrocio tra politica di difesa e politica industriale.
Naturalmente, la Bussola strategica adottata nel marzo 2022 è molto più ambiziosa. Vi si legge: “L’Unione europea è più unita che mai.
Siamo determinati a difendere l’ordine di sicurezza europeo “26 . E lo fa concentrandosi su “quattro priorità”: azione, protezione, investimenti e cooperazione. Tutto è incluso, dalla “solidarietà e assistenza reciproca” ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 7, del Trattato (che è stato totalmente screditato dalla decisione dei due Stati membri dell’UE, Stoccolma e Helsinki, di aderire con urgenza all’Alleanza atlantica), alla lotta contro “la manipolazione delle informazioni e le attività di interferenza condotte dall’estero”. In particolare, la Bussola prevede di “sviluppare una capacità di dispiegamento rapido dell’UE che ci permetterà di schierare rapidamente fino a 5.000 truppe in ambienti ostili in risposta a diversi tipi di crisi”.
Un’impresa enorme, visti i successivi fallimenti, dal primo Headline Goal del 1999 al concetto di Battlegroups adottato nel 2004 e dichiarato operativo tre anni dopo – ma da allora mai attuato. Un importante rapporto commissionato dal Parlamento europeo esamina la nuova iniziativa Rapid Deployable Capability alla luce dei suoi precedenti, nella speranza di suggerire modi per evitare di ripetere gli errori del passato27. Tra gli insegnamenti da trarre, il documento consiglia all’UE di non dipendere dalle decisioni di altre organizzazioni, come l’ONU o la NATO. Tuttavia, anche se questa condizione potrebbe essere stabilita in linea di principio, politicamente è difficile che i 27 Stati membri la rispettino nella pratica. Per gli autori del rapporto, l’attuale modello soffre di difetti strutturali, tra cui l’insufficiente condivisione dei costi, la convergenza ancora limitata tra gli Stati membri nella percezione delle minacce e delle priorità e, per quanto riguarda l’opzione di mettere insieme una coalizione di volenterosi, “la perdita di controllo sui parametri chiave dell’operazione”. La principale raccomandazione del rapporto riguarda il packaging: non “vendere” al pubblico la nuova iniziativa come un miglioramento del concetto di battlegroups, ma presentarla come una nuova impresa governata da una diversa logica politica.
Armamenti sotto i riflettori
L’aumento dei bilanci per la difesa, uno degli obiettivi indicati nella Bussola, non sembra essere fuori portata: secondo i calcoli della Commissione, “gli Stati membri hanno annunciato aumenti dei loro bilanci per la difesa che si avvicinano, ad oggi, a 200 miliardi di euro in più nei prossimi anni “28 . Il problema è decidere come gli europei intendono spenderli. Cinque anni fa, il Presidente Macron ha parlato molto chiaramente di questo argomento sul canale americano CNN – perché l’aumento dei bilanci precede di diversi anni lo scoppio della guerra in Ucraina29 : “Non voglio vedere i Paesi europei aumentare i loro bilanci della difesa per acquistare armi americane o di altri Paesi, o attrezzature prodotte dalla vostra industria”. 30 Ha seguito la stessa linea quando ha insistito lo scorso maggio a Bruxelles: “Il denaro che stiamo per stanziare deve essere accompagnato da una strategia industriale, perché non si tratta di acquistare attrezzature prodotte altrove. Costruire la nostra sovranità significa anche costruire attrezzature che siano prodotte dagli europei per gli europei “31 .
Secondo la Francia, questa era un’occasione d’oro per rimilitarizzare e riabilitare il concetto di autonomia. Solo che, nel frattempo, gli Stati membri, poco ricettivi all’idea, l’avevano progressivamente snaturata inserendovi delle qualifiche. Oggi si parla di autonomia “aperta” e soprattutto di autonomia “inclusiva”, che garantirebbe l’accesso a Paesi terzi amici. Eppure l’Unione Europea, in quanto tale, è attiva in un modo senza precedenti. Il suo Fondo per la pace, ora dotato di 12 miliardi di euro fino al 202732 , sta rimborsando ai Paesi membri, in modo notoriamente poco trasparente, le attrezzature consegnate all’Ucraina. Lo strumento per rafforzare l’industria europea della difesa attraverso gli appalti congiunti (EDIRPA), annunciato nel luglio 2022 e adottato nell’ottobre 2023, prevede 300 milioni di euro fino al dicembre 2024 e propone “un rimborso parziale dal bilancio dell’UE quando l’appalto congiunto coinvolge un consorzio di almeno tre Stati membri “33 . Il regolamento sul sostegno alla produzione di munizioni (ASAP)34 combina queste due componenti e ne aggiunge una terza, volta a incoraggiare l’avvio della produzione industriale. I punti critici sono noti da tempo, ma rimangono gli stessi ovunque35.
I tre mostri
La “difesa europea” ha sempre dovuto evolversi sotto la pressione di tre forze sia politiche che ideologiche: la tensione pacifista, la distrazione atlantista e la tentazione federalista. È per placare le tendenze pacifiste di alcuni Stati membri, in particolare dei Paesi nordici, che l’UE si è sforzata, al momento del lancio della sua politica di difesa europea, di compensare qualsiasi iniziativa di natura militare con progressi nella “gestione civile delle crisi”. Ciò ha rassicurato anche il campo atlantista, stabilendo una divisione dei compiti più o meno tacita tra la NATO e la PSDC. Per quanto riguarda gli armamenti, la stigmatizzazione del settore e la mancata classificazione del suo posto nella tassonomia dell’UE pongono le industrie europee in una situazione di “svantaggio competitivo”, secondo Bertrand Delcaire, vicepresidente di Thales: “Le industrie sovrane hanno più gestori non europei che gestori europei “36 . La stessa BEI (Banca europea per gli investimenti) è riluttante a dare il suo sostegno all’iniziativa sulle munizioni, una questione prioritaria considerata troppo militare.
Un’altra limitazione autoinflitta degli armamenti europei è la cosiddetta lealtà atlantista. Non appena si parla di un trattamento preferenziale per le industrie europee, viene sollevato lo spettro dell’allontanamento o addirittura della rottura con l’America. Già nelle prime discussioni sul dopo 2016 sono stati lanciati degli avvertimenti, in particolare dal Segretario Generale dell’Alleanza Atlantica: “L’UE non deve sostituirsi a ciò che sta facendo la NATO” e “non deve chiudere i suoi mercati della difesa” agli americani e ad altri Paesi non appartenenti all’UE.37 Non sorprende che i dibattiti più accesi sugli armamenti riguardino l’accesso ai fondi dell’UE, in altre parole il posto dato nei criteri di ammissibilità alle entità controllate da terzi. In particolare, se l’imperativo dell’autonomia europea sarà preso in considerazione nelle iniziative lanciate sotto l’egida dell’Unione e finanziate da tutti. La risposta è: sì, ma alla fine no, o meglio non del tutto… 38.
Infine, ma non meno importante, c’è la tentazione di affrettare i tempi con le istituzioni. Da un lato, dopo l’invasione della Commissione in quello che un tempo era il dominio riservato degli Stati; dall’altro, la crescente pressione per la generalizzazione del voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio. Per anni, il collegio di Bruxelles ha cercato di fare breccia nel bastione un tempo inespugnabile dell’articolo 346 del Trattato sull’Unione europea39 . Questo articolo consente agli Stati membri di invocare “interessi essenziali di sicurezza” per esentare dalle norme europee tutto ciò che ha a che fare con “la produzione o il commercio di armi, munizioni e materiale bellico”. Nelle sue proposte, la Commissione sta cercando di introdurre misure che le conferiscano il diritto di richiedere la condivisione di informazioni sensibili, di effettuare ordini prioritari e di autorizzare trasferimenti intraeuropei senza l’approvazione dei governi. Allo stesso tempo, si moltiplicano gli attacchi alla regola dell’unanimità in politica estera e di difesa. Quando si tratta di un settore così importante della sovranità, una simile prospettiva potrebbe facilmente rivelarsi controproducente. Per una volta, la NATO è più lucida. Come si legge in un rapporto: “Abbandonare questo principio [del consenso] e porre alcuni membri in una posizione di minoranza su questioni essenziali potrebbe generare rancore, che sarebbe dannoso per la coesione dell’Alleanza “40 . Nell’UE, la regola dell’unanimità è anche l’unica salvaguardia rimasta per coloro, spesso la sola Francia, che si oppongono a una maggioranza incurante di rinunciare all’autonomia.
3. E le tre D? Disaccoppiamento, duplicazione, discriminazione
La relazione tra PSDC e Alleanza Atlantica è sempre stata
il più affidabile indicatore della serietà delle sue ambizioni dichiarate.
Secondo l’ex direttore dell’Istituto per gli studi sulla sicurezza dell’UE, Nicole Gnesotto: “Dalla creazione di una politica di sicurezza e di difesa europea quasi vent’anni fa, la NATO
è sempre stata vista come il limite superiore da non superare”. E lo storico spiega: “In altre parole, gli europei sono stati applauditi se i loro sforzi si limitavano a questioni di bilancio o di capacità tecniche per rafforzare la NATO; si proibiva loro di agire se emergeva un rischio di autonomia politica per l’Europa attraverso il progresso della difesa europea “41. Questo divieto è stato incarnato sin dall’inizio dalla triplice condizione posta da Washington per mantenere la sua mano sulla nuova politica dell’UE. Nessun disaccoppiamento del processo decisionale europeo dalla NATO, al fine di garantire la priorità all’Alleanza.
Nessuna duplicazione dei compiti, delle strutture e capacità della NATO, in modo da impedire all’Unione di acquisire strumenti che le consentano di agire in modo indipendente. Nessuna discriminazione nei confronti degli alleati non appartenenti all’UE, il che significa che la politica europea deve essere strutturalmente aperta alle interferenze permanenti dei Paesi terzi42.
Alcuni di questi argini finora incrollabili sembrano iniziare a cedere. Tabù del passato, come una sede europea permanente, la preferenza europea negli armamenti o la difesa collettiva, stanno riapparendo nelle discussioni, anche se con le consuete precauzioni. È quindi importante esaminare i dettagli di questi presunti cambiamenti e, soprattutto, confrontarli con i fatti e le azioni. Ad esempio, è opinione comune che l’adesione di Finlandia e Svezia rafforzerà automaticamente il famoso “pilastro europeo” dell’Alleanza. Ma i conti non tornano. È vero che il numero di Paesi dell’UE passerà da 21 a 23, ma il numero di alleati aumenterà da 30 a 32. D’altra parte, 23 dei 27 Stati membri dell’UE saranno anche membri della NATO, con le sole eccezioni di Austria, Irlanda, Malta e Cipro.
Più sono i Paesi dell’UE che non appartengono alla NATO, più c’è motivo di chiedere una distinzione tra le due organizzazioni e la possibilità per gli europei di condurre le proprie politiche. D’altra parte, la sovrapposizione sempre più perfetta tra le due mappe serve da pretesto per abolire le barriere tra questi due organismi e arruolare l’intera Europa nelle strategie “occidentali” sotto la bandiera della NATO. La posta in gioco è alta, tanto più nel nuovo contesto internazionale, e il disagio degli europei è palpabile. Certo, c’è stata una dichiarazione congiunta NATO-UE (secondo la NATO)43 o UE-NATO (secondo l’UE)44 dopo l’altra, nel 2016, nel 2018 e più recentemente nel gennaio 2023, ma la rivalità è innegabile. Questo spiega, secondo un rapporto del Senato francese, “le difficoltà incontrate per far sì che la cooperazione NATO-UE sia menzionata nel nuovo Concetto Strategico della NATO, nonché il rinvio del progetto di dichiarazione NATO-UE “45 .
Non disaccoppiamento
La guerra in Ucraina è stata vista da molti come un’opportunità per rafforzare i legami tra le due organizzazioni. Il nuovo Concetto strategico della NATO riconosceva l’UE come “un partner essenziale e unico” per l’Alleanza e aggiungeva alle consuete aree di cooperazione (mobilità militare, resilienza, lotta alle minacce ibride) “la risposta alle sfide sistemiche alla sicurezza euro-atlantica poste dalla Repubblica Popolare Cinese”. Questa novità è stata ripresa, con più cautela, nella dichiarazione congiunta del 202346. Oltre al dossier cinese, la continua estensione delle aree di competenza e di interesse dell’Alleanza (dal cambiamento climatico alla lotta alla disinformazione) sta forzando la mano agli europei. Una volta che un argomento viene trattato nell’arena atlantica, il doppio argomento della sicurezza e del legame con l’America fa sì che, sulla stessa questione nell’UE, gli europei vedano ridotto il loro margine di manovra.
In pratica, la guerra in Ucraina ha offerto l’opportunità di una maggiore partecipazione incrociata tra i team delle due organizzazioni in gruppi di lavoro e riunioni di ogni tipo. La cooperazione formale e informale si sta intensificando, con il rischio di rendere sempre più teorica l'”autonomia decisionale” degli europei. Tanto più che, politicamente, il “pilastro europeo” dell’Alleanza è un costrutto fittizio. Come ha sottolineato Sven Biscop nel suo libro del 2019: “Fondamentalmente, la voce dell’Europa non è presente nell’Alleanza”. A suo avviso, sarebbe logico che gli europei parlassero con una sola voce all’interno della NATO, e in linea di principio non c’è nulla che impedisca loro di raggiungere un accordo tra di loro prima delle riunioni con gli alleati. Questa sarebbe “la logica conseguenza del progressivo sviluppo dell’UE come attore strategico: una grande potenza agisce come una grande potenza ovunque “47 . Anche se riescono a trovare una posizione comune su alcune questioni, gli alleati europei rimangono profondamente divisi sull’opportunità di aderire alla NATO per paura di offendere gli Stati Uniti.

Non duplicazione
Il criterio di non duplicazione tra NATO e UE – incarnazione del famoso concetto di “complementarità” tra le due organizzazioni – si esprime attraverso tre divieti: non ci può essere “duplicazione” di compiti (la PSDC non deve toccare il monopolio della NATO sulla difesa collettiva); non ci può essere duplicazione di armamenti (gli europei sono invitati a continuare a dare priorità all’acquisto di armamenti americani, invece di pensare in termini di autonomia per l’EDTIB – European Defence Technological and Industrial Base); e non ci può essere duplicazione di risorse di pianificazione e comando (nessun quartier generale permanente per le operazioni PSDC).
La valorizzazione dell’articolo 5 del Trattato Nord Atlantico va di pari passo con la percezione dell’incredibile leggerezza delle disposizioni analoghe dell’Unione Europea, in particolare della clausola di mutua difesa definita all’articolo 42, paragrafo 7, del Trattato UE. L’affermazione del Cancelliere Scholz secondo cui la Svezia, in attesa di aderire alla NATO, “può contare sulla clausola di solidarietà dell’UE” per la sua difesa ha provocato, nel migliore dei casi, un’educata derisione. All’ombra della guerra, gli europei si precipitano tutti sotto l’ombrello americano – un chiaro ripudio degli impegni europei. Ma c’è di peggio. Secondo il relatore dell’Assemblea Nazionale sull’argomento, gli esperti del Ministero delle Forze Armate e del Ministero dell’Europa e degli Affari Esteri “hanno sottolineato che l’articolo 5 è più solido dell’articolo 42.7”, poiché include un riferimento esplicito all’uso della forza armata48.
Tuttavia, finora Parigi ha sempre sottolineato l’implicita inclusione della forza armata nell’espressione “tutti i mezzi” e l’automaticità dell’impegno previsto dall’articolo 42.7 (gli Stati membri “prestano aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro potere” a uno Stato membro attaccato). Ciò era in contrasto con la non automaticità, sottilmente negoziata all’epoca da parte americana, dell’impegno di cui all’articolo 5: se un alleato viene attaccato, ciascuno degli altri Paesi dell’Alleanza “prenderà le misure che riterrà necessarie”. Se confermata, questa inversione di rotta rispetto alla visione francese avrebbe conseguenze di vasta portata per la difesa europea. La NATO ha sempre considerato la difesa collettiva come il suo mercato vincolato e i leader dell’organizzazione tengono d’occhio qualsiasi dichiarazione, tradizionalmente francese, che possa seminare dubbi. C’è stata frustrazione nel quartier generale dell’Alleanza quando Parigi ha deciso, dopo gli attentati al Bataclan nel novembre 2015, di invocare l’articolo 42.7 dell’UE e non l’articolo 5 della NATO, come aveva fatto Washington dopo l’11 settembre.
Secondo Nicole Gnesotto: “L’elenco delle battaglie ideologiche, gigantesche e irrisorie, sul tema trito delle relazioni UE-NATO potrebbe riempire ogni piano di una biblioteca. La più dura riguardava la creazione di un comando supremo europeo per dirigere le operazioni europee “49 . Su questo tema abbiamo avuto di tutto: un divieto totale, poi parziale, senza struttura permanente, senza pianificazione strategica, un nucleo nella sfera civile con un quartier generale senza alcuna competenza per le operazioni militari in quanto tali. Per non parlare dei nomi più fantasiosi utilizzati per evitare la parola “Quartier Generale”, considerata troppo ambiziosa. Oggi, la Military Planning and Conduct Capability (MPCC) dovrebbe diventare la chiave di volta della Rapid Deployment Capability prevista dalla Strategic Compass50. Creata nel 2017 per garantire la pianificazione e la condotta di operazioni per missioni “non esecutive”, senza l’uso della forza, entro il 2025 dovrebbe essere in grado di aggiungere due operazioni militari su piccola scala e una su media scala, oltre alle regolari esercitazioni militari dal vivo51.
Un altro punto cardine della sicurezza europea, quello che determina il suo grado di autonomia in termini di risorse, è la questione degli armamenti, che sta diventando più che mai rivelatrice. A seguito della guerra in Ucraina, gli acquisti di armi americane sono in aumento: Finlandia, Germania, Grecia, Repubblica Ceca e Romania stanno ora cercando di acquistare anche gli F-35. E il super-aereo di quinta generazione è solo la punta dell’iceberg. Tutto ciò conferma l’analisi di Eric Trappier, CEO di Dassault Aviation, che parla di “preferenza americana” in Europa. Lo squilibrio è evidente fin dall’inizio: il 94% degli acquisti di armi del Pentagono proviene da fonti americane e i fornitori europei non rappresentano nemmeno il 2% del totale, mentre quasi due terzi degli acquisti di armi da parte dei Paesi dell’UE sono effettuati al di fuori dell’Unione, principalmente negli Stati Uniti. Nell’attuale situazione ucraina, Washington sta accelerando il passo: ha sbloccato 3 miliardi di dollari di aiuti per l’acquisto di armi americane da parte dei “Paesi più a rischio di aggressione russa”, tra cui 11 Stati membri dell’UE. Con tutto ciò che ne consegue in termini di conquista del mercato, indebolimento dei concorrenti e garanzia di futuri contratti di ammodernamento e manutenzione per anni, se non decenni, a venire.
Inoltre, quando gli europei compiono timidi sforzi per rifornire il loro DITB, la NATO reagisce immediatamente, con la pelle in mano. Le recenti iniziative sopra elencate, l’acceleratore di innovazione per la difesa del Nord Atlantico DIANA, il Fondo per l’innovazione della NATO e il Piano d’azione per la produzione nel settore della difesa, sono state tutte lanciate per togliere il vento alle vele del crescente attivismo dell’Unione Europea in questo settore. Allo stesso tempo, la NATO si sta adoperando per intensificare la cooperazione tra le due organizzazioni in materia di industria e tecnologia della difesa: il Commissario europeo Breton è stato invitato a presentare un documento non esposto sulle iniziative europee al Consiglio del Nord Atlantico nel dicembre 2022, e i contatti tra i rispettivi team si stanno moltiplicando. Duplicare le attività dell’UE e stringere legami sono i metodi abituali utilizzati dalla burocrazia della NATO per catturare e penetrare le iniziative europee. Ma la sua carta vincente è, come sempre, l’ultima delle tre D: la richiesta di accesso alle politiche europee per gli alleati non UE. Come si legge nella Dichiarazione congiunta del 2018, “incoraggiamo la più ampia partecipazione possibile dei membri dell’Alleanza non appartenenti all’UE alle iniziative dell’UE”.
Non discriminazione
In questo spirito, lo scorso aprile è stato concluso un accordo amministrativo tra il Pentagono e l’Agenzia europea per la difesa, atteso da tempo52 . Ma il requisito della “non discriminazione” nei confronti degli alleati esterni all’Unione europea è onnipresente in tutte le iniziative, in misura diversa. L’UE sottolinea che la partecipazione di terzi avviene sempre caso per caso e che la distinzione è chiara tra i suoi Stati membri e gli altri alleati. Tuttavia, Eric Trappier sottolinea che “in alcuni casi, i fondi europei vanno a beneficio di aziende americane piuttosto che europee, il che solleva alcuni interrogativi sull’uso del denaro pubblico in Europa “53 . Gli Stati Uniti, la Norvegia e il Canada partecipano al progetto di mobilità militare nell’ambito della Cooperazione permanente strutturata e l’azienda americana John Cockerill partecipa a tre progetti del Fondo europeo per la difesa (FAMOUS2, MARSEUS e INDY)54 .
Con il moltiplicarsi delle iniziative e dei finanziamenti dell’UE, la spinosa questione dell’accesso dei terzi (i cosiddetti “criteri di ammissibilità”) si fa sempre più pressante. I fondi liberati rimarranno all’interno dell’Unione, per rafforzare il suo ITB autonomo, o saranno utilizzati per acquistare dall’estero, anche se ciò significa diluire l’autonomia e la specificità dell’Europa all’interno del blocco euro-atlantico? Le ultime iniziative forniscono una serie di risposte. L’UE spera di alleviare la carenza di munizioni con un piano in tre parti chiamato ASAP55 , ognuna delle quali è regolata da norme diverse. Non esistono criteri vincolanti per il rimborso da parte del Fondo europeo per la pace (EPF), un fondo intergovernativo fuori bilancio, delle munizioni di artiglieria e missili prelevate dagli Stati membri dalle proprie scorte e consegnate all’Ucraina. Vi sono tuttavia alcuni vincoli all’acquisizione congiunta di queste attrezzature: gli operatori stranieri
sono ammissibili se “una fase significativa di produzione, compreso l’assemblaggio finale” è effettuata nell’UE o in Norvegia.
Per quanto riguarda la produzione industriale, le aziende che ricevono gli aiuti non devono essere soggette al controllo di terzi; se lo sono, devono essere state preventivamente sottoposte a screening per gli investimenti stranieri; se non lo sono state, possono essere ammissibili solo se la loro partecipazione è ritenuta nell’interesse dell’UE. Questa definizione lascia aperta la porta a varie deroghe. Il regolamento stabilisce, tuttavia, che il bilancio dell’UE “non dovrebbe” finanziare l’aumento della produzione di prodotti soggetti a restrizioni d’uso imposte da un Paese terzo. Ciò implica l’esclusione delle entità soggette alle normative ITAR degli Stati Uniti.
La stessa logica si ritrova nel testo finale del Regolamento sugli appalti congiunti per la difesa56 . Il paragrafo 22 afferma che “le procedure e i contratti di appalto congiunto dovrebbero anche includere un requisito che il prodotto della difesa non sia soggetto a restrizioni imposte da un Paese terzo non associato o da un’entità di un Paese terzo non associato che limitino la capacità degli Stati membri di utilizzare tale prodotto della difesa”. Come sempre quando si tratta di questioni controverse e delicate, il testo europeo lascia spazio all’interpretazione – in una lettura minimalista o massimalista, a seconda dello spirito del momento.
4. La formula magica
Nel nuovo contesto, che il Concetto strategico 2022 della NATO riassume come segue: “L’area euro-atlantica non è in pace”, europei e americani si trovano di fronte alle loro antiche contraddizioni, alle quali si aggiungono una nuova urgenza e nuovi vincoli. I governi europei sanno che la loro credibilità in termini di difesa vale tre volte zero, quindi sono desiderosi di mantenere la tutela americana, pur sapendo che questa protezione dall’esterno non è né solida né permanente. Per Washington, le ambizioni di autonomia europea porterebbero a un’intollerabile perdita di influenza e di controllo, ma non è nemmeno auspicabile un’eccessiva dipendenza dagli alleati: riconosce e aggrava la loro mancanza di responsabilità in campo militare e aggiunge benzina al fuoco degli isolazionisti americani, che non vogliono certo questo tipo di fardello.
Per ricordare che, dalla caduta del Muro di Berlino, la ricerca di modi per tagliare questo nodo gordiano ha occupato gran parte del tempo e delle energie di decisori e strateghi. In tre decenni, sono emerse solo due iniziative significative. A metà degli anni ’90, all’interno dell’Alleanza Atlantica è stata designata un’identità europea di sicurezza e difesa (ESDI), basata sul principio delle capacità “separabili ma non separate”, al fine di incanalare eventuali aspirazioni di autonomia all’interno dell’Alleanza. Tuttavia, lo slancio dell’epoca era tale che l’ESDI si rivelò insufficiente. Fu abbandonata a favore della Politica Europea di Sicurezza e Difesa (PESD), creata due anni dopo nel quadro dell’UE, al di fuori della NATO, uno sviluppo che all’epoca fu visto come una piccola rivoluzione. Il direttore politico del Ministero della Difesa britannico espresse la sua preoccupazione in questi termini: “Abbiamo lasciato che il genio scappasse dalla bottiglia “57 .
Ma si trattava di un genio meticolosamente addomesticato. Le condizioni 3D lo hanno bloccato in una camicia di forza, assicurando che, nonostante le spinte istituzionali e (mini-)operative della PESD, il primato della NATO rimanesse intatto. Il risultato è un livello di inerzia che continua a stupire anche gli osservatori più smaliziati. Nel 2017, Jeremy Shapiro, direttore della ricerca presso l’ECFR (European Council on Foreign Relations) ed ex consigliere del Dipartimento di Stato, ha sottolineato lo squilibrio: “Le nazioni europee dipendono dall’America per la loro sicurezza e l’America non dipende dall’Europa per la propria. Questa dipendenza asimmetrica è la caratteristica fondamentale e apparentemente permanente della relazione transatlantica “58 . Cinque anni dopo, è tornato sull’argomento, scrivendo: “Con l’intensificarsi della competizione geopolitica, gli europei sono diventati più dipendenti dagli Stati Uniti di quanto non lo siano mai stati dall’inizio della Guerra Fredda “59 .
È in questo contesto che il conflitto ucraino è stato introdotto nella dinamica transatlantica, nel senso di uno squilibrio più pronunciato a favore degli Stati Uniti. La discrepanza tra una “difesa europea” svalutata e una NATO rivalutata – basti ricordare gli acquisti di armi americani e la fretta di Finlandia e Svezia di mettersi sotto le ali protettive dell’Alleanza – ha fatto rivivere l’idea, molto diffusa negli anni ’90, di una difesa europea concepita come “pilastro europeo della NATO”. Il genio è tornato nella sua meravigliosa lampada. Su questa base sembra emergere un ampio consenso tra gli esperti e i decisori di tutti gli schieramenti: “La guerra in Ucraina ha evidenziato la dipendenza dell’Europa dagli Stati Uniti per la sua sicurezza.
Anche se l’autonomia strategica è fuori portata, l’UE deve lavorare per rafforzare il pilastro europeo della NATO “60 .
A riprova, se ce ne fosse bisogno, dello zeitgeist, il rapporto del Senato francese sulle relazioni transatlantiche ripete questa antifona, che si riteneva superata negli ultimi anni, se non decenni. Torna sulla necessità di “spiegare e convincere i nostri partner americani ed europei per dimostrare, nel modo più concreto possibile, che gli sforzi di difesa europei non indeboliscono la NATO, ma la rafforzano al contrario”. Allo stesso tempo, ha fatto due osservazioni su cui riflettere: “per gli Stati membri dell’UE, questo sforzo di difesa può concretizzarsi solo nel quadro della NATO, sotto forma di un pilastro europeo dell’Alleanza” e “gli Stati Uniti continuano a percepire il progetto di difesa europeo come in competizione con – e non complementare a – la NATO “61 .
Il Presidente Emmanuel Macron intende quadrare il cerchio con la magia delle parole: “Credo che abbiamo dimostrato collettivamente che la difesa europea non è in concorrenza o in sostituzione della NATO, ma che è uno dei suoi pilastri. Anche in questo caso, noi dell’Alleanza non vogliamo essere semplici partner vassallizzati, dipendenti solo da una potenza che ne ha la capacità “62. Di quale “noi” stiamo parlando? È vero che i leader europei cercano di riempire i loro discorsi con riferimenti all’autonomia. “Questa alleanza con gli Stati Uniti implica forse che dovremmo seguire ciecamente e sistematicamente la posizione degli Stati Uniti su tutte le questioni? No!”, ha dichiarato Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, a France Info63. Josep Borrell, Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri, ha affermato un’ovvietà: “Senza autonomia, rimaniamo dipendenti “64. Di quale autonomia stanno parlando? Di quale autonomia stanno parlando? Se negli ultimi anni la retorica europea ha ripreso il termine a lungo tabù di autonomia, è solo per usarlo, distorcendolo, al servizio di spinte federaliste. Come già osservato: “Più l’UE parla di autonomia, più chiede “maggiore integrazione”. In questa narrazione, il passaggio alla maggioranza qualificata creerebbe, con un colpo di bacchetta magica, un’Europa-potenza che parla con una sola voce, in grado di giocare il proprio ruolo sullo scacchiere geopolitico. Ma una visione così semplicistica tende a confondere la forma con la sostanza. Non è a causa della regola dell’unanimità che l’UE è incapace di avere una politica di potenza indipendente, al contrario. La posizione maggioritaria tra i partner europei è sempre stata quella di ignorare o addirittura vilipendere i concetti di potere e indipendenza”.65 Su questo punto, nulla è cambiato. Il senatore Jean-Marc Todeschini ha osservato durante una sessione dedicata al tema: “La Francia è isolata, come possiamo vedere quando ci sediamo all’Assemblea parlamentare della NATO. Possiamo continuare a sognare, ma i nostri partner europei non hanno alcuna intenzione di far progredire la difesa europea “66 .
Ottimista, Nicole Gnesotto osserva che l’odierno “riflesso atlantista” non significa necessariamente la “sepoltura” di qualsiasi idea di potenza.
Prima la NATO, poi l’Europa “67.

Solo che tutto sarà fatto per la prima fase. La Francia dovrà lottare affinché la nozione di pilastro europeo “separabile” si trasformi in quella di “separabilità in toto”. Dalle basi tecnologiche e industriali alla pianificazione strategica e operativa: una sorta di inversione di ciascuna delle componenti del famoso 3D. Ciò promette aspre battaglie in cui l'”insieme” non trova spazio. Le formule ambigue del discorso NATO-Europa, come “autonomia aperta”, “autonomia intelligente” e “complementarietà”, ingannano solo chi vuole essere ingannato.
Per definizione, l’autonomia europea deve basarsi sull’idea di essere “separabile nella sua interezza”. Solo così potremo sperare di raggiungere un giorno un partenariato veramente equilibrato con l’America. L’autonomia a buon mercato non va bene. Gli Stati Uniti hanno uno spiccato senso dei rapporti di forza e non si impegneranno con i loro alleati europei su un piano di parità finché le relazioni transatlantiche rimarranno segnate, in ultima analisi, dall’asimmetria. Nel suo libro pubblicato nel 1987, André Lebeau, ex presidente del CNES, ha riassunto la sfida in una frase che non è invecchiata di un giorno: “La strada che potrebbe un giorno portare alla dipendenza reciproca con gli Stati Uniti è la stessa che porta all’autonomia europea “68 .
Trentacinque anni dopo, gli europei si rifiutano ancora di seguire questa logica fino alla sua conclusione. Non è escluso che sia la volubilità della politica americana a costringerli, in ultima analisi, a rompere con i loro riflessi di autovassallizzazione. Lo spettro sempre più reale del disimpegno americano, totale o parziale, temporaneo o permanente, è l’unico argomento che può motivare i Paesi europei verso una maggiore autonomia – salvo che questa ambizione di autonomia viene temperata fin dall’inizio, perché viene sempre vista come una precipitazione dello stesso disimpegno tanto temuto. Si tratta di un dilemma finora insolubile, che gli elettori americani potrebbero un giorno risolvere per l’Europa.
Tuttavia, restano da affrontare sfide importanti. Una volta che le matrici della dipendenza sono ben salde, è facile passare da una dipendenza all’altra. Nulla fa pensare che, senza la leadership americana, gli europei nel loro complesso si orienterebbero verso l’affermazione del loro potere e della loro indipendenza, anziché lasciarsi tentare da una politica di acquiescenza o addirittura di sottomissione ad altre potenze o forze esterne. Soprattutto se la marcia federalista continua, denigrando e disfacendo le identità e le sovranità nazionali. Philippe Seguin ha avvertito nel suo leggendario discorso sul Trattato di Maastricht: “Il primo alibi per tutte le nostre rinunce è senza dubbio l’integrazione europea. Questo alibi per l’Europa è pieno di pericoli, perché è inutile sperare che i nostri problemi siano risolti da quella che è fondamentalmente una corsa a perdifiato. Condividere le debolezze e le mancanze degli altri non ha mai migliorato le prestazioni “69 . Il suo unico contributo è quello di paralizzare coloro che non vogliono entrare nei ranghi.

4 Nota: « Le contenu de l’article n’engage que son auteur et ne reflète pasnécessairement la position du Foreign Policy Research Institute ».

5 Discours de la présidente de la Commission Ursula von der Leyen auParlement européen, 1er mars 2022.

6 Discours du Haut représentant de l’Union pour les Affaires étrangères et laPolitique de sécurité Josep Borrel au Parlement européen, 1er mars 2022.Remarques du Président Biden à Madrid, le 29 juin 2022.

7 Discours de clôture d’Emmanuel Macron, président de la République, ForumGlobsec, Bratislava, 31 mai 2023.

8« Invasion de l’Ukraine par la Russie: implications pour la défense collectivedes alliés et impératifs du nouveau Concept stratégique », Rapport àl’Assemblée parlementaire de l’OTAN, par Cédric Pérrin, 20 novembre 2022.

9 NATO Details Defense Plans—And Reiterates Call for More MemberSpending, in Defense One, 11 mai 2023.

10 Audition, à huis clos, de Mme Muriel Domenach, ambassadrice,représentante permanente de la France au conseil de l’OTAN pour un retoursur le sommet de l’OTAN des 11 et 12 juillet 2023 à Vilnius. 19 juillet 2023

11« Guerre russe contre l’Ukraine: impératifs stratégiques pour l’OTAN »,Rapport de l’Assemblée parlementaire de l’OTAN, par Tomas Valasek, 8octobre 2023.

12 Communiqué du Sommet de Vilnius, le 11 juillet 2023

13 Rising ammunition prices set back NATO efforts to boost security, officialsays, Reuters, 16 septembre 2023.

14 The Invasion of Ukraine Spurred NATO to Revamp Its Defense PlansAgainst Russian Attack, AP, 11 juillet 2023.

15 Concept stratégique 2022 de l’OTAN, adopté à Madrid, le 29 juin 2022.

16 M. Domenach, Audition précitée.

17 Voir de l’auteur: « La Turquie dans l’OTAN, entre utilité et hostilités », Notede l’IVERIS, 26 novembre 2020.

18 Speech by Secretary General Jens Stoltenberg at the NATO-Industry Forum,25 octobre 2023. Afflux de candidatures pour le programme pilote du DIANA,l’accélérateur d’innovation de l’OTAN, www.nato.int, 31 août 2023.

19 Le Fonds OTAN pour l’innovation formalise son compartiment phare d’unmilliard d’euros, www.nato.int, 1er août 2023.

20 Déclaration du secrétaire général au Forum OTAN-Industrie: « Il n’y a pasde défense sans industrie de défense », 25 octobre 2023.

21 John A. Tirpak, “US and Partners Now Moving Toward Interchangeable—Not Just Interoperable—Weapons”, in Air&Space Forces Magazine, 30septembre 2022.

22 Allied Warfighter Talks Look to NATO’s Future, DoD, 8 novembre 2022.

23 Emmanuel Macron: « L’autonomie stratégique doit être le combat del’Europe», Les Echos, 9 avril 2023.

24 Mission d’assistance militaire de l’Union européenne en soutien à l’Ukraine(EUMAM), lancée le 15 novembre 2022 pour une période de deux ans en vuede former, à terme, 30 000 soldats ukrainiens.

25 Voir de l’auteur, « L’OTAN reprend l’avantage dans son bras de fer avecl’UE », in Défense & Stratégie n°45 printemps 2021.

26 Une boussole stratégique en matière de sécurité et de défense – Pour uneUnion européenne qui protège ses citoyens, ses valeurs et ses intérêts, et quicontribue à la paix et à la sécurité internationale, Secrétariat général du Conseilde l’Union européenne, 21 mars 2022.

27« The EU Rapid Deployment Capacity: This time, it’s for real? », Parlementeuropéen, Analyse de fond à la demande de la sous-commission sécurité etdéfense (SEDE), 28 octobre 2022.

28 Communication de la Commission sur l’analyse des déficits d’investissement dans ledomaine de la défense et sur la voie à suivre, 18 mai 2022.

29 D’après le rapport de l’Agence européenne de défense publié en décembre2022, les budgets de défense européens – des 27 sauf le Danemark –augmentent pour la septième année consécutive (avec un total de 214 milliardsd’euros en 2021, soit 1,5% du PIB), et à l’intérieur des budgets, la part desinvestissements monte elle aussi depuis trois ans, pour atteindre 24%, plus queles 20% que les Etats membres s’étaient fixés. Voir : Defence Data : Key Findingsand Analysis, AED, 8 décembre 2022.

30 Entretien du président Emmanuel Macron, CNN, 11 novembre 2018.

31 Déclaration de M. Emmanuel Macron, président de la République, surl’Union européenne face au conflit en Ukraine et ses répercussions en matièreénergétique et alimentaire, Conseil européen, Bruxelles, 31 mai 2022.

32 Décision de Conseil du 26 juin 2023 modifiant la décision (PESC) 2021/509établissant une facilité européenne pour la paix.

33 EDIRPA: feu vert du Conseil aux nouvelles règles visant à encourager lesacquisitions conjointes dans l’industrie de la défense de l’UE, Communiqué depresse, 9 octobre 2023.

34 Règlement (UE) 2023/1525 du Parlement européen et du Conseil du 20juillet 2023 relatif au soutien à la production de munitions (ASAP).

35 Voir de l’auteur: « Initiatives en matière de munitions : l’Europe se tirera-telle une balle dans le pied ? », DefTech n°7, octobre-décembre 2023.

36 Aurélie Pugnet, « Défense: l’industrie européenne veut des moyens à lahauteur des objectifs de l’UE », Euractiv, 27 juin 2023.

37 Otan: les Européens rassurent les Américains sur la défense collective, AFP,15 février 2018.

38 Voir dans la prochaine section sur les conditions 3D sous « Nondiscrimination ».

39 Article 296, avant le traité de Lisbonne. Voir de l’auteur, « L’article 296 duTCE : obstacle ou garde-fou ? », in Défense & Stratégie, N°18, automne 2006.

40« L’adaptation politique et sécuritaire de l’OTAN en réponse de la guerremenée par la Russie : prendre la mesure du nouveau Concept stratégique etmettre en œuvre les décisions prises au sommet de Madrid », Rapport del’Assemblée générale de l’OTAN, par Tomas Valasek, 19 novembre 2022.

41 Nicole Gnesotto, L’Europe: changer ou périr, Editions Tallandier, 2022, pp. 211et 143.

42 Madeleine K. Albright, « The Right Balance Will Secure NATO’s Future »,Financial Times, 7 décembre 1998. Voir de l’auteur: « Double anniversaireOTAN – défense européenne: « Plus ça change et plus c’est la même chose !»Défense & Stratégie n°44, hiver 2019.

43 Voir « Relations avec l’Union européenne », sur le site Internet de l’OTAN,mis à jour le 25 juillet 2023.

44 Voir « Coopération UE-OTAN », sur le site du Conseil européen/Conseil del’Union européenne, mis à jour le 18 janvier 2023.

45 Amis, alliés mais pas alignés Pour des relations transatlantiques équilibrées, Rapportd’information, Commission des affaires étrangères, de la défense et des forcesarmées du Sénat, 6 juillet 2022.

46« L’enhardissement de la Chine et les politiques appliquées par celle-ci sont sources de défisauxquels il nous faut répondre. », Déclaration conjointe sur la coopération entrel’UE et l’OTAN, 10 janvier 2023.

47 Sven Biscop, European strategy in the 21st century – New future for an old power,Routledge, 2019, p.109.

48 Examen et vote sur le projet de loi sur l’accession de la Finlande et de la Suède, Commission des affaires étrangères, Assemblée nationale, 27 juillet2022. Propos du rapporteur Jean-Louis Bourlanges.

49 N. Gnesotto, Ibid. p.142.

50 The Military Planning and Conduct Capacity (MPCC), Factsheet de l’Unioneuropéenne, février 2023.

51 Le premier de ces exercices eut lieu en Espagne, à la mi-octobre 2023, leprochain est prévu pour le second semestre de 2024, « avec en particulier lesoutien de l’Allemagne » d’après le Haut représentant de l’UE.

52 EDA–U.S. Department of Defense Administrative Arrangement Signed, Agenceeuropéenne de défense, 26 avril 2023.

53 Audition de M. Eric Trappier, Président-directeur général de DassaultAviation, Commission des affaires étrangères, de la défense et des forcesarmées du Sénat, 24 mai 2023.

54 Reinforcing the European defence industry, Briefing, Parlement européen, juin2023.

55 Règlement (UE) 2023/1525 du Parlement européen et du Conseil du 20juillet 2023 relatif au soutien à la production de munitions (ASAP).

56 Règlement relatif à la mise en place d’un instrument visant à renforcerl’industrie européenne de la défense au moyen d’acquisitions conjointes(EDIRPA), adopté par le Conseil le 10 octobre 2023.

57 Richard Hatfield, The Consequences of Saint-Malo, Public Lecture at IFRI,Paris, 28 April 2000.

58 Jeremy Shapiro – Dina Pardijs, The transatlantic meaning of Donald Trump:a US-EU Power Audit, ECFR, 21 septembre 2017.

59 Jeremy Shapiro, Why Europe has no say in the Russia-Ukraine crisis, ECFR,27 janvier 2022.

60 Judy Dempsey, Judy Asks, « Is European Strategic Autonomy Over? »,Carnegie Europe, 23 janvier 2023.

61 Rapport d’information sur les grandes orientations de la politique étrangèreaméricaine et les relations transatlantiques, Sénat, 6 juillet 2022.

62 Discours d’Emmanuel Macron, Président de la République à la Conférencedes ambassadeurs, Paris, 1er septembre 2022.

63 Entretien diffusé le 12 avril 2023.

64 Josep Borrell, chef de la diplomatie européenne: « Le système mondial risque de se fragmenter », in Le Monde, 24 avril 2023.

65 Voir de l’auteur, « L’OTAN reprend l’avantage dans son bras de fer avecl’UE », in Défense & Stratégie n°45 printemps 2021.

66 Propos de Jean-Marc Todeschini lors de l’examen en Commission duRapport d’information précité, Sénat, 6 juillet 2022.

67 Nicole Gnesotto, « Boussole stratégique: l’industrie ou la puissance »,Blogpost, Institut Jacques Delors, 4 avril 2022.

68 André Lebeau – Patrick Cohendet, Choix stratégiques et grands programmes, Ed.
ECONOMICA, 1987, p.171-172.
69 Discours prononcé par Philippe Seguin, Assemblée nationale, 5 mai 1992.

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Il diavolo ha visitato la Terra, di MIKE HAMPTON

NB_L’intervista alla Nuland è trascritta integralmente in italiano in calce all’articolo_Giuseppe Germinario

Il diavolo ha visitato la Terra

Victoria Nuland, precedentemente nota come Abaddon e Shaitan, ha dichiarato al CSIS che gli Stati Uniti sono stati un bravo ragazzo, mentre Putin è stato un cattivo ragazzo (e lei ha dei piani per lui).

Ieri il Diavolo ha fatto visita al CSIS, uno dei suoi culti preferiti, per trasmettere in televisione come stanno andando i suoi piani per la Terra. Ha strofinato la mano destra rossa sulla sua figura mastodontica e ha chiesto al suo ospite, Max Bergmann, come stava. Lui ha risposto: “Il corpo di Victoria Nuland ti dona”.

Le bugie di Victoria Nuland mi ricordano una vecchia barzelletta sul reclutamento delle risorse umane, di cui esistono diverse versioni, ma io copio la prima che ho trovato:

Una responsabile delle risorse umane morì e la sua anima fu accolta alle porte del Paradiso da un Angelo. L’angelo guardò la responsabile delle risorse umane e le disse: “Prima di sistemarti, ho l’ordine di farti passare un giorno all’inferno e un giorno in paradiso, e poi dovrai scegliere dove andare per l’eternità”. “In realtà, credo che preferirei il paradiso”, disse la responsabile delle risorse umane. “Mi dispiace, le regole sono regole”, e a quel punto l’angelo la condusse alla porta dell’inferno. Lì trovarono un bellissimo campo da golf (lei amava il golf). In lontananza c’era un country club; intorno a lei c’erano molti amici, ex colleghi dirigenti, tutti vestiti elegantemente, felici e che facevano il tifo per lei. Si avvicinarono e la baciarono su entrambe le guance e parlarono dei vecchi tempi. Si godette una superba cena a base di bistecca e aragosta con il Diavolo (che in realtà era piuttosto simpatico) e passò una splendida serata a raccontare barzellette e a ballare. Prima che se ne accorgesse, era arrivato il momento di partire. Tutti le strinsero la mano e la salutarono. L’angelo disse: “Ora è il momento di passare un giorno in paradiso”. Così le 24 ore successive furono trascorse oziando sulle nuvole, suonando l’arpa e cantando. Alla fine della giornata, l’Angelo tornò. “Ora”, disse, “devi scegliere tra le due cose”. “Beh, il paradiso è bello ma noioso, quindi in realtà mi sono divertito di più all’inferno. Scelgo l’inferno”, disse la responsabile delle risorse umane. L’Angelo la riportò all’inferno. Quando la porta si aprì, si trovò in una landa desolata coperta di rifiuti e sporcizia. Vide i suoi amici vestiti di stracci che raccoglievano la spazzatura e la mettevano in vecchi sacchi. Il Diavolo si avvicinò e le mise un braccio intorno alle spalle. “Non capisco”, balbettò la responsabile delle risorse umane, “perché è così diverso?” Il Diavolo la guardò semplicemente e sorrise: “Ieri vi stavamo reclutando, oggi siete personale”.

CITANDO VICTORIA NULAND

La trascrizione completa è disponibile presso il CSIS, ma per coloro che hanno uno stomaco debole per la propaganda, ecco alcune citazioni diaboliche di Victoria Nuland. Spero che ne scegliate una e che usiate la sezione dei commenti per dirmi perché non ha senso.

In meno di due anni l’Europa ha spezzato la sua dipendenza dal petrolio russo e gli Stati Uniti hanno raddoppiato le esportazioni di gas naturale liquefatto attraverso l’Atlantico, aiutando i partner europei a ridurre la loro dipendenza dal gas russo dal 40% del consumo totale all’attuale 13%”.
“Senza inviare un solo soldato americano in combattimento e investendo meno di un decimo del bilancio della difesa di un anno degli Stati Uniti, abbiamo aiutato l’Ucraina a distruggere il 50% della potenza di combattimento terrestre della Russia”.
“Il nostro continuo sostegno all’Ucraina dice ai tiranni e agli autocrati, ovunque essi si trovino, che non staremo a guardare mentre la Carta delle Nazioni Unite viene fatta a pezzi, che difenderemo i diritti dei popoli liberi di determinare il proprio futuro e di proteggere la loro sovranità e integrità territoriale”.
“L’Ucraina per molti decenni ha avuto, come molti altri Paesi, compreso il nostro, una politica conflittuale. Ma questa guerra ha unito in un modo che credo Putin non si aspettasse”.
“Se si parla di disinformazione e interferenza elettorale, si tratta di un altro fronte su cui noi e i nostri alleati e partner, da quando abbiamo visto questo – per la prima volta negli Stati Uniti nel 2016, abbiamo dovuto lavorare – e ovviamente, tutti noi che – tutti noi che abbiamo elezioni nel 2024”.
“L’anno scorso l’economia ucraina è cresciuta del 5%”.
“Putin ha anche rubato il futuro al suo stesso popolo. Abbiamo parlato di 350.000 morti o feriti. Pensate a quante famiglie in Russia sono toccate da questa cifra. Come spiega Putin il fatto di mandare così tanti giovani ragazzi in questo tritacarne, senza mai tornare a casa, e di riorganizzare completamente l’economia in modo che sia tutta incentrata sulla guerra e non sull’istruzione o sulla tecnologia… Tutti gli altri stanno investendo – compresi gli Stati Uniti – nel nostro futuro. E Putin sta investendo in morte e distruzione”.
La citazione di cui sopra è pertinente al fatto che Nuland ha fornito una mezza verità, facilmente la migliore ragione per la guerra che il diavolo abbia inventato. Ditemi perché è solo una mezza bugia.

“La maggior parte del sostegno che stiamo fornendo torna in realtà all’economia e alla base industriale della difesa degli Stati Uniti, aiutando a modernizzare e a scalare le nostre infrastrutture di difesa vitali e creando al contempo posti di lavoro e crescita economica americani. Infatti, il primo pacchetto da 75 miliardi di dollari ha creato posti di lavoro americani ben retribuiti in almeno 40 Stati degli Stati Uniti, e il 90% di questa prossima richiesta farà lo stesso… Aiuta l’Ucraina, crea posti di lavoro negli Stati Uniti e funge da stimolo economico. E penso che Paesi come la Germania stiano iniziando a vedere la stessa esigenza. E quindi è una cosa positiva… E credo che in questo momento in Europa non si sia visto un “o” o un “o”. Abbiamo visto un sì e un sì, compresi, ancora una volta, Paesi come la Germania che guardano a come si costruiscono armi in Ucraina sia per il loro mercato, sia per il mercato globale, eccetera. Questo è ciò che dobbiamo promuovere in futuro. E vi dirò, da persona che lavora in tutto il mondo, che alcuni di questi sistemi di base – sapete, noi produciamo Cadillac di armi, ma alcune delle cose più basilari sono necessarie a tutti – in tutto il mondo, ai Paesi che si difendono dal terrorismo e da altre cose.
Dubito che la CNN, la Fox, la CBS, la BBC e gli altri famosi ossimori mediatici lo titoleranno.

In chiusura Nuland ha detto: “Sono sempre un’ottimista, Max. Sono ottimista per natura, ma sono anche pagata per esserlo”. Quest’ultima parte era così vera che il pubblico ha riso.

NOTA

Come già detto, da domani scenderò a un post settimanale. Per coincidenza, tornerò il 3 marzo con un grosso articolo che coinvolge il CSIS, l’errato nome di Center for Strategic and International Studies. Si parlerà anche del Consiglio Atlantico, del quale ha fatto parte la conferenza di propaganda della Nuland.

Under Secretary of State Victoria Nuland: The Two-Year Anniversary of Russia’s Full-Scale Invasion of Ukraine

Trascrizione – 22 febbraio 2024

 

Questa trascrizione è tratta da un evento del CSIS tenutosi il 22 febbraio 2024. Guarda il video completo qui.

Max Bergmann: Buon pomeriggio a tutti e grazie per essere qui. Sono Max Bergmann, direttore del Programma Europa, Russia, Eurasia e del Centro Stuart del CSIS. Oggi ho l’onore di presentare l’Ambasciatore Victoria Nuland. L’ambasciatore Nuland è il sottosegretario di Stato per gli affari politici e, come tutti sanno qui, ha una lunga e illustre carriera come diplomatico americano e professionista della politica estera, tra cui l’ex segretario di Stato aggiunto per gli affari europei. Ha lavorato con diversi presidenti degli Stati Uniti di entrambi gli schieramenti.

Oggi siamo entusiasti di avere con noi l’ambasciatore Nuland per celebrare il secondo anniversario dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia. Questo sabato saranno due anni da quando il mondo è cambiato. Il 24 febbraio 2022, l’Ucraina si è svegliata con lo shock e l’orrore delle forze russe che hanno invaso il territorio ucraino, dando inizio a uno dei conflitti più distruttivi sul suolo europeo dalla Seconda Guerra Mondiale. A due anni di distanza, il conflitto continua. Ma vale la pena ricordare oggi, mentre riflettiamo sulla guerra, che anche l’Ucraina continua. Che l’Ucraina e il suo sogno europeo non sono morti con l’invasione della Russia. Ciò è dovuto al coraggio dell’Ucraina, ma anche al sostegno degli Stati Uniti e dei suoi alleati europei.

E con la guerra che sta entrando nel suo terzo anno, vale la pena di fare un bilancio. E per farlo non poteva esserci persona migliore dell’Ambasciatore Nuland, che è senza dubbio uno dei principali esperti di Russia nel Paese, con una grande esperienza quando si tratta di impegnarsi con Mosca e, più in generale, con la regione post-sovietica. Quindi, senza ulteriori indugi, unitevi a me nel dare il benvenuto al Sottosegretario Nuland. (Applausi.)

Ambasciatore Victoria Nuland: Grazie mille, Max. È molto bello essere qui con voi al CSIS, e grazie al CSIS per decenni di ricerche incisive e raccomandazioni per i politici. Io stesso ne ho beneficiato per molti decenni. E grazie a tutti coloro che si sono uniti a noi, sia di persona che virtualmente.

Come ha detto Max, tutti ricordiamo dove eravamo due anni fa, nei mesi, nei giorni e nelle ore che hanno preceduto l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte di Putin il 24 febbraio 2022. I servizi segreti statunitensi e i rapporti del CSIS avevano messo in guardia per mesi dal massiccio piano di guerra di Putin e dal terribile tributo che avrebbe potuto attendere l’Ucraina. Settimana dopo settimana, nell’inverno del ’21 e del ’22, abbiamo visto l’esercito russo prendere posizione su tre lati dell’Ucraina. Gli Stati Uniti, come ricorderete, hanno offerto negoziati per cercare di scongiurare la prevista invasione russa, ma tali negoziati si sono arenati molto rapidamente perché Putin aveva già preso una decisione.

Tuttavia, a quel tempo, molti speravano ancora che i movimenti di truppe fossero solo una tattica di pressione. Anche alcuni ucraini lo credevano. Ma molti di noi temevano che, se Putin avesse ordinato l’ingresso delle sue truppe, l’imponente esercito russo avrebbe potuto conquistare Kiev nel giro di una settimana, decapitare il governo democratico ucraino e insediare dei fantocci di Mosca. Ma questo non è successo. Putin ha invece ottenuto la terza legge di Newton: una reazione uguale e contraria a tutto ciò che sperava di ottenere. Invece di fuggire, il Presidente Zelensky ha guidato. Invece di capitolare, gli ucraini hanno combattuto, e con coraggio. Invece di dividersi, l’Occidente si è unito. E invece di ridursi, la NATO è cresciuta.

Gli Stati Uniti hanno radunato il mondo in difesa dell’Ucraina in quelle prime ore, giorni e settimane. E in questi due anni abbiamo mantenuto unita questa coalizione globale di oltre 50 nazioni, schierandoci con forza al fianco dell’Ucraina. Ad oggi, come sapete, gli Stati Uniti hanno fornito 75 miliardi di dollari in sicurezza, assistenza economica e umanitaria, ma l’Europa e i nostri partner globali hanno fornito ancora di più, 107 miliardi di dollari, oltre ad aver ospitato 4,5 milioni di rifugiati ucraini in paesi europei e l’UE ha appena promesso altri 54 miliardi di dollari per l’Ucraina.

Oggi la NATO è più forte, più grande e meglio equipaggiata. La Finlandia si è unita alla nostra alleanza difensiva e presto accoglieremo la Svezia. La Russia è isolata a livello globale. Più di 140 nazioni hanno votato quattro volte all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per condannare la brutale invasione di Putin, che ora dipende da Paesi come l’Iran e la Corea del Nord per la fornitura di armi, mentre spinge il suo Paese sempre più a fondo nelle braccia economiche e di sicurezza della Cina.

Le sanzioni globali, il tetto al prezzo del petrolio, i controlli sulle esportazioni che abbiamo messo in atto, hanno indebolito la macchina da guerra russa e queste restrizioni diventeranno significativamente più severe nei prossimi giorni, quando noi e i nostri partner annunceremo nuovi massicci pacchetti di sanzioni progettati, tra le altre cose, per strangolare gli sforzi della Russia di eludere le sanzioni.

In meno di due anni l’Europa ha interrotto la sua dipendenza dal petrolio russo e gli Stati Uniti hanno raddoppiato le esportazioni di gas naturale liquefatto attraverso l’Atlantico, aiutando i partner europei a ridurre la loro dipendenza dal gas russo dal 40% del consumo totale all’attuale 13%.

E nonostante le immense sfide poste dalla feroce macchina da guerra di Putin, l’Ucraina è sopravvissuta. L’Ucraina ha riconquistato più del 50% del territorio sequestrato dalle forze di Putin all’inizio dell’invasione. Ha spinto la flotta russa del Mar Nero fuori da Sebastopoli e dalle coste ucraine, consentendo all’Ucraina di riportare le esportazioni di grano ai livelli prebellici e contribuendo a sfamare nuovamente il mondo.

E, cosa notevole, l’anno scorso l’economia ucraina è cresciuta del 5%, pur partendo da una base piuttosto bassa e devastata dalla guerra. E nel caso in cui gli americani si stiano ancora chiedendo se tutto questo valga la pena per noi, ricordiamo che senza inviare un solo soldato americano in combattimento e investendo meno di un decimo del bilancio della difesa di un anno degli Stati Uniti, abbiamo aiutato l’Ucraina a distruggere il 50% della potenza di combattimento terrestre della Russia – il 50% – e il 20% della sua vantata Flotta del Mar Nero.

L’Ucraina ha tolto dal campo di battaglia 21 navi militari, 102 aerei russi e 2.700 carri armati russi. Da ogni punto di vista, il coraggio e la forza dell’Ucraina, la sua resilienza, hanno reso più sicuri anche gli Stati Uniti.

Più in generale, il nostro continuo sostegno all’Ucraina dice ai tiranni e agli autocrati, ovunque essi si trovino, che non resteremo a guardare mentre la Carta delle Nazioni Unite viene fatta a pezzi, che difenderemo i diritti dei popoli liberi di determinare il proprio futuro e di proteggere la propria sovranità e integrità territoriale, e che le democrazie del mondo difenderanno i valori e i principi che ci mantengono sicuri e forti.

Ma sul fronte ucraino, a meno che e fino a quando gli Stati Uniti non si uniranno all’Europa nell’approvare la nostra richiesta di finanziamento supplementare, la situazione rimarrà disastrosa. Gli uomini dell’artiglieria oggi combattono con solo 10-20 proiettili da 155 millimetri al giorno per difendersi.

L’Ucraina, come abbiamo visto nei notiziari, è stata costretta a ritirarsi da Avdiivka. Kharkiv, una delle città più orgogliose dell’Ucraina – città dell’est, di lingua russa – viene bombardata quotidianamente nel tentativo di metterla fuori uso e l’economia ucraina è ancora fragile, con quasi il cento per cento delle entrate fiscali destinate alla difesa.

Vladimir Putin, oltre a pianificare armi anti-satellite nello spazio e ad assumersi la responsabilità della morte del suo più popolare oppositore Alexei Navalny, pensa di poter aspettare l’Ucraina e di poter aspettare tutti noi.

Dobbiamo dimostrare che si sbaglia. Con il supplemento di 60 miliardi di dollari che l’amministrazione ha richiesto al Congresso, possiamo garantire che l’Ucraina non solo sorprenda, ma prosperi. Con questo sostegno nel 2024, possiamo contribuire a garantire che l’Ucraina possa continuare a combattere, a costruire, a riprendersi e a riformarsi. Con questo denaro l’Ucraina sarà in grado di combattere a est, ma anche di accelerare la guerra asimmetrica che è stata più efficace sul campo di battaglia. E come ho detto a Kiev tre settimane fa, questo finanziamento supplementare assicurerà a Putin di avere brutte sorprese sul campo di battaglia quest’anno.

Anche l’Ucraina può costruire. Con questi fondi, gli Stati Uniti si uniranno ad altre 31 nazioni per aiutare l’Ucraina a costruire l’esercito altamente dissuasivo di cui ha bisogno per garantire che Putin non possa più tornare a fare questo. Inoltre, ricostruirà la sua base industriale interna e garantirà che possa continuare a percorrere il cammino verso l’integrazione europea. Questo sostegno garantisce anche che l’Ucraina possa iniziare a riprendersi economicamente e a rafforzare la propria base imponibile investendo in energia pulita, cereali e agricoltura, acciaio, industria della difesa e riportando a casa gli sfollati e i rifugiati con un lavoro migliore e più sicuro.

Un aspetto interessante è che i sistemi d’arma Patriot e altre sofisticate difese aeree non solo forniscono protezione sul campo di battaglia ma, come abbiamo visto a Kiev e Odesa, creano bolle di sicurezza sotto le quali i cittadini possono vivere al sicuro e l’economia ucraina può ringiovanire. Danno alla gente la fiducia necessaria per tornare a casa.

Questi fondi sostengono anche il proseguimento delle riforme, il rafforzamento della governance e del sistema giudiziario, la riduzione dell’economia sommersa in modo che l’Ucraina possa attrarre investimenti stranieri e il proseguimento dei progressi in materia di Stato di diritto, responsabilità e lotta alla corruzione: tutte cose che il popolo ucraino chiede ai propri governi dalla rivoluzione della dignità del 2013 e anche prima. Il nostro sostegno supplementare rafforzerà l’Ucraina di oggi, ma la metterà anche su un percorso più sostenibile per il domani.

E tra l’altro, la maggior parte del sostegno che stiamo fornendo torna direttamente all’economia e alla base industriale della difesa degli Stati Uniti, aiutando a modernizzare e a scalare le nostre infrastrutture di difesa vitali e creando al contempo posti di lavoro e crescita economica americani. Infatti, il primo pacchetto da 75 miliardi di dollari ha creato posti di lavoro americani ben retribuiti in almeno 40 Stati degli Stati Uniti, e il 90% di questa prossima richiesta farà lo stesso.

Nel dicembre del 2022, mi sono recato in Ucraina per uno dei tanti viaggi che ho fatto negli ultimi due anni, di cui quattro dall’inizio della guerra. Ho visitato un centro a Kiev, sostenuto dagli Stati Uniti, che aiuta i bambini ucraini sfollati a causa della guerra. Lì ho incontrato un ragazzino di Kharkiv dagli occhi luminosi e dal sorriso dolce che aveva appena perso la sua casa a causa della barbarie di Putin. Nell’ambito di una sessione di terapia, lui e una manciata di altri bambini della sua età stavano realizzando piccole bambole a maglia con filati gialli e blu. Prima di andarmene, gli ho chiesto se potevo tenerne una. “Da”, mi ha risposto, Kharkiv, città di lingua russa. Poi ho chiesto come si chiamasse la bambola. “Patriota”, rispose. È stato un bel momento, un bambino che fa una bambola che ha appena perso la sua casa pensando al patriottismo. Questo è ciò che la guerra porta in Ucraina e in tutto il mondo.

Ora tengo Patriot sulla mia scrivania per ricordare che il sostegno fornito dagli Stati Uniti non è astratto; spesso fa la differenza tra la vita e la morte per gli ucraini in prima linea in questa battaglia e per il futuro del mondo libero. Ricorda che quando Putin ha lanciato questa campagna feroce, con i suoi crimini di guerra e il ricatto nucleare, non solo ha distrutto la vita degli ucraini da Kharkiv a Kyiv a Kherson, da Dnipro a Donetsk, da Lviv a Odesa, ma ha messo a nudo le conseguenze dell’acquiescenza ai tiranni che mirano alla conquista.

E qui sarò schietto: non possiamo permettere che Putin riesca nel suo piano di cancellare l’Ucraina dalla mappa delle nazioni libere. E se Putin vince in Ucraina, non si fermerà lì. E gli autocrati di tutto il mondo si sentiranno incoraggiati a cambiare lo status quo con la forza. Per gli Stati Uniti, il prezzo della difesa dell’ordine internazionale libero e aperto da cui dipendiamo aumenterà esponenzialmente. Le democrazie di tutto il mondo saranno messe in pericolo. Il sostegno all’Ucraina non è semplicemente una cosa bella da avere. È un investimento strategico vitale per il nostro futuro.

Grazie, Max. Attendo con ansia la nostra conversazione. (Applausi.)

Bergmann: Bene, grazie. Grazie, sottosegretario Nuland. Vorrei iniziare chiedendole come vede lo stato della guerra in questo momento, con gli aiuti statunitensi che si sono essenzialmente esauriti, e con l’Ucraina che sta affrontando un’offensiva russa, che deve cedere il territorio e che ora è a corto di munizioni. Come valuta lo stato attuale? E per quanto tempo, se non saremo in grado di fornire aiuti, quali sono le prospettive per l’Ucraina?

Amb. Nuland: Beh, è ovviamente difficile, come ho detto chiaramente e come vediamo sul campo di battaglia. Detto questo, anche solo negli ultimi tre, quattro, cinque mesi, l’Ucraina ha ottenuto successi significativi. La maggior parte di questi sono stati nel regno asimmetrico, i danni che sono stati in grado di fare alla flotta del Mar Nero, gli attacchi a sorpresa in luoghi dove i russi non se li aspettavano, il buon uso di alcuni dei fuochi a lungo raggio che il Regno Unito e altri hanno contribuito a fornire. Quindi la domanda che ci si pone è se, con un maggiore sostegno da parte degli Stati Uniti, molti dicono che la guerra assomiglierà a quella del ’23. Io non credo.

Io non credo. Penso che con un maggiore sostegno da parte degli Stati Uniti, l’Ucraina possa ottenere significativi guadagni strategici, non solo nella lotta di oggi ma, come ho detto, nella costruzione di un esercito altamente deterrente per il futuro. E stanno diventando molto più bravi in cose come la guerra con i droni e altri modi asimmetrici di combattere. E ora hanno lo spazio per iniziare a ricostruire la propria industria della difesa. Ci sono aziende statunitensi interessate a partecipare, così come quelle europee. Ma con questi fondi il quadro sarà di gran lunga migliore.

Bergmann: Quindi, se il Congresso non agisce – mi viene chiesto spesso se esiste un piano B? L’amministrazione sta pensando a come ottenere aiuti per l’Ucraina? C’è un modo per fornire aiuti all’Ucraina senza che il Congresso stanzi i fondi per farlo?

Amb. Nuland: Max, siamo al piano A. Siamo al piano A e, francamente, il Senato degli Stati Uniti ha appena approvato questa legge con 70 voti. Questo significa che il popolo americano è fortemente favorevole a continuare ad aiutare l’Ucraina, nell’interesse dell’Ucraina ma anche nel nostro interesse. Quindi credo che la domanda, mentre la Camera dei Rappresentanti si reca nei suoi distretti, sia: qual è il messaggio che gli elettori danno ai loro membri del Congresso? E in che modo i membri del Congresso stanno comprendendo come si presenta il mondo e come dovranno rispondere se non sosterranno questo finanziamento? Sono quindi ottimista su questo fronte. Penso che ci arriveremo. Ma credo che il popolo americano debba parlare con forza ai suoi membri.

Bergmann: E spera che – proprio ora a Bruxelles si parla di un maggiore sostegno dell’UE all’Ucraina con il Fondo europeo per la pace. L’amministrazione sta incoraggiando l’UE a fare di più e i partner europei a fare di più?

Amb. Nuland: Sì, come sapete, l’UE ha appena approvato 54 miliardi di dollari di nuovi aiuti. E, come ho detto nel mio intervento, stanno già – sapete, non solo l’Europa, ma l’Europa e i nostri partner globali ci stanno superando, anche per quanto riguarda il sostegno economico. In Europa si sta investendo molto nella costruzione di una propria base industriale di difesa, per sostituire quella inviata in Ucraina, ma anche per aiutare l’Ucraina. E si vedono joint venture tra europei e ucraini, e tra altri Paesi e ucraini.

Quindi, credo che l’Europa stia facendo molto. Chi ha partecipato alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco sa che in Europa c’è una buona dose di angoscia sul fatto che continueremo a fare ciò che dobbiamo fare. E, francamente, dobbiamo inviare un messaggio forte, come ho detto, non solo per l’Ucraina, ma per la pace globale in tutto il mondo.

Bergmann: Forse potremmo cambiare un po’ argomento. Sono curioso di sapere cosa pensa degli obiettivi russi. Cosa sta cercando di ottenere Putin da questa guerra? Pensa che i suoi obiettivi dichiarati siano cambiati? Sa, è iniziata essenzialmente con un’operazione di cambio di regime per eliminare Zelensky e cambiare il regime, come ha notato lei.

Pensa che questo sia ancora il suo obiettivo e che sia nervoso per la sua capacità di raggiungerlo, dato che la Russia è ora in un’economia di guerra e potrebbe mobilitare più persone?

Amb. Nuland: Come abbiamo detto, per quanto difficile sia il campo di battaglia in Ucraina, Putin ha già fallito il suo obiettivo primario. Insomma, pensava che sarebbe stata una passeggiata.

Come abbiamo appena discusso, pensava di essere a Kiev in una settimana. Pensava che la gente dell’Est, in città come Charkiv, avrebbe detto: “Sì, ci piacerebbe essere russi”, ma non è successo nulla di tutto ciò e ora si trova in questa guerra di logoramento. Sembra la Prima Guerra Mondiale lungo tutta la linea di controllo, e l’unica ragione per cui l’Ucraina non ha fatto più progressi è che a Putin non interessa la vita umana, compresa quella dei suoi cittadini.

Voglio dire, ci sono state settimane durante tutto l’inverno in cui ha mandato più di mille giovani russi in un tritacarne a morire per tenere luoghi come Avdiivka. Quindi, sapete, credo che questo sia – non lo ammetterà mai, ovviamente, ma questo è stato molto diverso da quello che si aspettava, molto diverso da quello che i suoi servizi segreti catturati gli hanno fatto credere ed è per questo che lo sentiamo dire, certo, facciamo colloqui di pace, perché la sua versione dei colloqui di pace è, sapete, quello che è mio è mio, quello che è vostro è negoziabile, e credo che se potesse ottenere una pausa per riposare e rifornirsi, la prenderebbe.

Questo, ovviamente, non è nell’interesse dell’Ucraina. L’Ucraina deve essere in una posizione più forte ora. Ma temo che finché Putin sarà al potere non rinuncerà mai all’obiettivo di base, che è quello di sottomettere l’Ucraina.

Sapete, quando ho affrontato questo problema la prima volta, e voi l’avete affrontato la prima volta nel ’13, ’14, ’15 e ’16, pensavamo di poter negoziare un alto grado di sovranità per l’Est e che lui se ne sarebbe andato.

Non è andata così. È andata nella direzione opposta. Quindi cosa gli impedisce, anche se ora ci fosse una pausa o una finta pace, di tornare per il resto quando sarà abbastanza forte, ed è anche per questo che nel supplemento abbiamo i soldi per la lotta di oggi, ma abbiamo anche i soldi, insieme ai nostri 31 altri partner, per aiutare l’Ucraina a costruire questo esercito altamente dissuasivo, in modo che sarà ancora più difficile per lui se ci riproverà.

Bergmann: Si è parlato molto, come lei ha notato, di negoziati e del fatto che l’Ucraina debba o meno negoziare, e i membri del Congresso e altri hanno fatto notare che non è forse necessaria una fine negoziata di questa guerra.

Sono curioso di sapere qual è la sua opinione sul processo negoziale e come si fa a negoziare in un momento come questo. Pensa che i negoziati siano possibili ora o in futuro?

Amb. Nuland: In genere le guerre finiscono con un qualche tipo di negoziato, ma non sceglieremo noi quel momento per l’Ucraina. L’Ucraina prenderà queste decisioni da sola. Deve essere in una posizione di forza e Putin deve capire che la situazione per lui si aggraverà prima di muoversi al tavolo.

Come ho detto, la sua offerta attuale è: mi tengo quello che ho e parliamo del resto che è attualmente vostro, e questo non è sostenibile. Ma penso che se possiamo continuare a sostenere l’Ucraina, se possono avere un forte 2024 di guerra asimmetrica, Putin probabilmente aspetterà e vedrà cosa gli porterà la politica.

Ma certamente si potrà negoziare quando l’Ucraina si troverà in una posizione più forte e, sapete, abbiamo chiarito che se il nostro aiuto sarà richiesto, saremo lì.

Bergmann: Spesso gli ucraini e altri hanno temuto che la Russia volesse negoziare con gli Stati Uniti sopra la testa dell’Ucraina. Vorrei chiederle se lei o il governo americano avete ricevuto indicazioni che i russi stiano cercando di coinvolgere gli Stati Uniti in trattative a distanza sulla testa degli ucraini.

Amb. Nuland: Questo è sempre il modo di fare dei russi – sapete, tutto ciò che riguarda l’Ucraina senza l’Ucraina. Ho affrontato la stessa cosa quando ero nell’UR (ph) a negoziare con gli uomini di Putin nel ’15 e ’16.

Loro pensano che si tratti di uno scacchiere molto più ampio, e questa è la narrativa del dolore che Putin ha intessuto per cercare di giustificare ciò che ha fatto, che si tratti della sicurezza europea, che si tratti della NATO che, dopo tutto, è un’alleanza difensiva e non ha mai avuto intenzione di avvicinarsi alla Russia a meno che non fosse attaccata, sapete. Quindi ci proverà sempre.

Ma noi siamo risoluti. E gli ucraini sono decisi a partecipare a qualsiasi discussione in merito. E non si parla di Ucraina senza l’Ucraina.

Signor Bergmann: Vorrei chiederle della morte del leader dell’opposizione russa, Alexei Navalny, avvenuta venerdì scorso. Nel giugno del 2021 il Presidente aveva detto che se Navalny fosse morto ci sarebbero state conseguenze devastanti per Putin. Ora è morto in prigionia russa. L’amministrazione sta pianificando qualche azione? O gli Stati Uniti hanno essenzialmente esaurito i proiettili delle sanzioni e altre cose che avremmo per colpire il Cremlino?

Amb. Nuland: Beh, prima di tutto, per sottolineare ciò che tutti sanno, è Vladimir Putin il responsabile della morte di Alexei Navalny, il suo critico più esplicito ed efficace, prima avvelenandolo, poi rinchiudendolo, poi spedendolo nell’Artico. Non c’è quindi da sbagliarsi su questo punto. Nei prossimi giorni avremo un nuovo pacchetto di sanzioni, centinaia e centinaia e centinaia di sanzioni. Aspetterò che sia la Casa Bianca ad annunciarle. Alcune di esse saranno rivolte a persone direttamente coinvolte nella morte di Navalny. La stragrande maggioranza di esse, tuttavia, è stata concepita per mettere in difficoltà la macchina da guerra di Putin e colmare le lacune nel regime di sanzioni che è riuscito a eludere. Ma prevedo che con il passare del tempo saremo in grado di proporre un numero sempre maggiore di sanzioni nei confronti dei diretti responsabili della morte di Navalny.

Bergmann: La politica dell’amministrazione prevede che gli Stati Uniti non abbiano una strategia di cambio di regime per la Russia e che non cerchino di cambiare la leadership del Cremlino. Ma mi sembra che gli Stati Uniti non abbiano un messaggio per il popolo russo. Sono curioso di sapere qual è il messaggio degli Stati Uniti al popolo russo. Vediamo questa guerra come una guerra di Putin? Consideriamo questa guerra come una parte di cui l’intera popolazione russa è complice, e quindi dovrebbe essere punita con futuri risarcimenti? Qual è il nostro messaggio più ampio al pubblico russo? Ne abbiamo uno?

Amb. Nuland: Max, non sono d’accordo con la premessa. Penso che parliamo regolarmente e direttamente al popolo russo. Lo faccio io, lo fa il Segretario, lo fa il Presidente. Per quanto orribile sia stata questa situazione per l’Ucraina, Putin ha anche rubato il futuro al suo stesso popolo. Abbiamo parlato di 350.000 morti o feriti. Pensate a quante famiglie in Russia sono state toccate. Come spiega Putin il fatto di aver mandato così tanti giovani ragazzi in questo tritacarne, di non essere mai tornati a casa, di aver riorganizzato completamente l’economia in modo che fosse tutta dedicata alla guerra e non all’istruzione o alla tecnologia o all’integrazione con il mondo?

Tutti gli altri stanno investendo – compresi gli Stati Uniti – nel nostro futuro. E Putin investe in morte e distruzione. E si è visto che l’1%, i miliardari e i centomilionari russi hanno visto il loro futuro fortemente ridotto. Ma anche – ricordo gli anni in cui ho vissuto in Europa – centinaia e centinaia di russi della classe media sulle spiagge d’Europa, in grado di godersi una vita europea di classe media. Ora non più. Questo è ciò che ha fatto.

Il nostro messaggio al popolo russo è che anche voi siete vittime delle scelte fatte da Putin. Non avete scelto questa guerra. Non avete scelto questo futuro. Vi ha negato, sapete, una stampa libera, una politica libera, opportunità economiche, le sanzioni stanno limitando la vostra possibilità di studiare e vivere all’estero. E tutto questo è il risultato del suo sogno imperiale che voi non avete voluto, che non porta nulla di buono alla vostra vita, ma certamente vi nega molte cose buone.

Signor Bergmann: Mi permetta di chiederle delle sanzioni, perché ora c’è una sorta di narrazione che le sanzioni non hanno funzionato, che l’industria della difesa russa è di nuovo in funzione, sta producendo. Credo che lei abbia parlato di 2.700 carri armati distrutti, ma l’industria della difesa russa sta iniziando a crescere. La Russia ha un’economia di guerra ed è in grado di reperire i pezzi e i componenti, sia dalla Cina che attraverso il contrabbando e i Paesi terzi. Le sanzioni hanno funzionato come previsto? O come valuterebbe lo sforzo complessivo delle sanzioni?

Amb. Nuland: Beh, anche in questo caso stiamo cercando di provare un’ipotesi negativa.

Bergmann: Sì.

Amb. Nuland: Se non avessimo avuto le sanzioni, quanto materiale, supporto, capacità di prendere componenti, elettronica e alta tecnologia da tutto il mondo avrebbe avuto Putin, che avrebbe messo – avrebbe messo al cento per cento nella macchina da guerra? Ma non si sbaglia sul fatto che lui e i suoi imbroglioni hanno trovato molti modi per eludere le sanzioni, ed è per questo che il pacchetto che lanceremo tra un paio di giorni è fortemente incentrato sull’elusione, sui nodi, sulle reti e sui Paesi che aiutano a eludere, volontariamente o meno, sulle banche e sul sostegno che consentono questo tipo di elusione e su alcuni dei fattori di produzione delle armi.

E ancora, dovremmo essere tutti inorriditi dal fatto che ora si fa costruire droni non solo in Iran, ma anche da iraniani in Russia; che ha fatto qualche accordo con Kim nella Repubblica Democratica Popolare di Corea, e chissà che tipo di tecnologia sta scambiando la Russia per ottenere le munizioni da 155 millimetri che sta usando sul campo di battaglia di Avdiivka, giusto? Si tratta quindi di una situazione fortemente destabilizzante.

Inoltre, per quanto riguarda la domanda sul futuro che Putin sta dando al suo Paese, si può notare di settimana in settimana, di mese in mese, la maggiore integrazione economica e la dipendenza economica/strategica della Russia dalla Cina. È questo il futuro che vogliono?

Bergmann: Si dice che i russi potrebbero ricevere dall’Iran missili balistici più avanzati. Se così fosse, quali sarebbero, secondo lei, le implicazioni sul campo di battaglia? E c’è una risposta che gli Stati Uniti potrebbero dare?

Amb. Nuland: Beh, non entrerò nel merito dell’intelligence. So che lo capirete. Ma, ovviamente, la proliferazione della tecnologia missilistica iraniana è un fenomeno che ci preoccupa in tutto il mondo, e la Russia faceva parte della nostra comunità che cercava di impedire che ciò accadesse, perché quel tipo di produzione avrebbe potuto un giorno essere diretta contro la Russia. Ma questo è – questo è il futuro che Putin ha scelto per la Russia, che sta trattando con Stati paria su questo tipo di questioni. E, ovviamente, dobbiamo osservare ogni evoluzione sul campo di battaglia e aiutare gli ucraini a contrastarla.

Bergmann: Questo è, ovviamente, un anno di elezioni negli Stati Uniti.

Amb. Nuland: Tra l’altro, abbiamo appena trovato parti di missili della RPDC in alcune zone dell’Ucraina.

Bergmann: Sì. Questo è, ovviamente, un anno di elezioni negli Stati Uniti. È un anno di grandi elezioni in Europa, con le elezioni parlamentari europee. Ci sono elezioni in tutto il mondo. Sembra che in Europa, in particolare, ci sia una crescente preoccupazione per le minacce ibride russe – per le misure attive russe, per i servizi segreti russi che sono piuttosto attivi. Un recente rapporto dei nostri amici e colleghi londinesi, RUSI, ha evidenziato che i servizi segreti russi potrebbero essere tornati con prepotenza in Europa. È preoccupato per le minacce alle elezioni, per le infrastrutture sottomarine o per altri obiettivi che i russi potrebbero scegliere? E pensa che siamo in grado di dissuadere davvero tali risposte russe, magari violente, quando stiamo per varare un altro pacchetto di sanzioni? Abbiamo scoccato tutte le nostre frecce, credo sia questa la domanda? Abbiamo la capacità di dissuadere la Russia a meno di una sorta di deterrenza militare?

Amb. Nuland: Se si parla di disinformazione e interferenza elettorale, si tratta di un altro fronte su cui noi e i nostri alleati e partner, da quando abbiamo assistito a questo fenomeno – per la prima volta negli Stati Uniti nel 2016 – abbiamo dovuto lavorare – e ovviamente, tutti noi che abbiamo elezioni nel 2024 abbiamo dovuto intensificare la nostra cooperazione e la nostra condivisione di informazioni.

Mi piace sempre dire che il sole è il miglior disinfettante. Quindi la cosa più importante è che, non appena vediamo che questo accade, che sia da parte della Russia o di altri attori maligni, dobbiamo informare i nostri cittadini. Dobbiamo educarli a non farsi ingannare da queste cose. Ma è più difficile quando ci sono sostenitori dell’ideologia di Putin all’interno della politica di alcuni dei nostri Paesi che sono, come dire, desiderosi di contribuire ad amplificare questa narrazione. E poi devono pensare: vogliono che i nostri Paesi siano in futuro dipendenti dalla Russia?

Bergmann: Forse farò un’altra o due domande, poi ne risponderemo a un paio del pubblico. Non abbiamo molto tempo. Ma per quanto riguarda la situazione in Ucraina, Zelensky ha appena sostituito il suo generale di punta, Zaluzhnyi. Questo succede in guerra. Ma è preoccupato per la direzione della politica in Ucraina, mentre entriamo nel terzo anno? I suoi interlocutori sono esausti? Qual è lo stato d’animo che percepisce dal suo impegno con i leader ucraini?

Amb. Nuland: Beh, ovviamente due anni di guerra sanguinosa e terribile, con crimini di guerra e distruzione di innocenti e infrastrutture civili e tutto il resto, sono un tributo. Credo di essere più grigio.

Signor Bergmann: (Ride.)

Amb. Nuland: Sicuramente Zelensky lo è.

Mr. Bergmann: Ho anche…

Amb. Nuland: Amb. Nuland: Esattamente. Amb. Nuland: Esattamente. Quindi, sapete, questo è in parte il motivo per cui cerchiamo di visitare e incontrare regolarmente, è per dare forza e sostegno, per assicurarci che l’Ucraina sappia che non è sola. Ma come dicono gli stessi leader ucraini guidati da Zelensky, la loro più grande forza in tutto questo, fin dall’inizio, è stata la loro unità. Quando ha scelto di non lasciare il Paese, nessun altro ha guidato il Paese, ha lasciato il Paese. E loro… sapete, l’Ucraina per molti decenni ha avuto, come molti Paesi, compreso il nostro, una politica conflittuale. Ma questa guerra ha unito in un modo che credo Putin non si aspettasse. E, sapete, i leader ucraini hanno i loro consigli. E devono rimanere vigili su questa unità.

Bergmann: Passiamo alle domande del pubblico. Mi permetta di farle un’altra domanda. Durante il conflitto, l’amministrazione è stata criticata per essere stata troppo cauta e lenta nel fornire armi all’Ucraina. Come persona che ha lavorato nell’ambito dell’assistenza alla sicurezza, sono piuttosto impressionato dalla velocità con cui molte armi sono uscite dalla porta. Ma la cautela su alcuni sistemi di armamento è stata vista come un’escalation, e l’amministrazione si è in un certo senso autodistrutta. Pensa che sia una critica giusta? Come giudica la narrazione che si sta diffondendo?

Amb. Nuland: Beh, quello che abbiamo cercato di fare di settimana in settimana, di mese in mese, e ora di anno in anno, è calibrare il nostro invio in base alle esigenze precise sul campo di battaglia, a quello che sentiamo dagli ucraini, a quello che è disponibile. Come avete visto, c’è stato uno sforzo enorme per trovare sistemi di difesa aerea, eccetera, in tutto il mondo per soddisfare tutte le esigenze degli ucraini. E continueremo a farlo. Allo stesso modo, è importante non trasformare questa situazione in una guerra europea più ampia. L’Ucraina non lo vuole. Noi non lo vogliamo. E, insomma, grazie al cielo finora è stata evitata. Ma bisogna essere prudenti con Putin.

Signor Bergmann: A questo proposito, è preoccupante che l’Ucraina inizi a usare le proprie armi per colpire il territorio russo? È una cosa che la preoccupa? Lo incoraggia? Lo dissuade? Ritiene che ciò possa aggravare il conflitto? O è una sorta di natura della guerra tra due Stati?

Amb. Nuland: Ovviamente non parlerò dei nostri messaggi privati all’Ucraina. Direi semplicemente che quando si vedono le cose asimmetriche che l’Ucraina è ora in grado di fare, corrispondono a cose che la Russia ha già fatto, in gran parte.

Signor Bergmann: Mmm hmm. Ottimo.

Quindi, con questo, vediamo se ci sono domande dal pubblico. Sì, signore. Qui. E risponderemo a questa. Aspetti il microfono. E se potesse presentarsi e limitarsi a una domanda.

D: Certo. Sono Miles Pomper del Middlebury Institute of International Studies.

In seguito all’ultima osservazione di Max, ci sono un paio di cose che l’amministrazione potrebbe fare senza ulteriori finanziamenti da parte del Congresso e che aiuterebbero le consegne di armi. Potrebbero consentire l’invio dei più moderni ATACMS da parte degli alleati, se non dagli Stati Uniti, e gli Stati Uniti potrebbero consentire l’uso delle loro armi per colpire il territorio russo. Il Segretario Stoltenberg ha commentato oggi questo aspetto, che non dovrebbe essere off limits. Apprezzerei quindi una sua risposta in merito.

Amb. Nuland: Di nuovo, non mi risulta che gli Stati Uniti impediscano agli alleati di inviare armi all’Ucraina. Forse può inviarmi ciò che la preoccupa. Ma, di nuovo, non ho intenzione di commentare su questo – le scelte che l’Ucraina fa su dove colpire o sui consigli che diamo loro.

Signor Bergmann: Proprio qui.

D: Grazie. Michael Birnbaum del Washington Post. È un piacere vederla.

Ho una domanda che riguarda il modo in cui lei ha gestito, o come l’amministrazione ha gestito, le forniture di armi negli ultimi due anni. In che misura pensa che la forma della guerra e i successi sul campo di battaglia dell’Ucraina sarebbero stati diversi se aveste inviato prima i missili a lungo raggio? In che misura sono stati limitati dalla cautela degli Stati Uniti di cui abbiamo parlato.

E poi, ero curioso – sono appena stato a Monaco. Lei ha detto che non c’è un piano B. Gli Stati Uniti si sono concentrati su un piano A, il grande CODEL a Monaco, tutti gli americani hanno detto: “Non preoccupatevi, europei”: Non preoccupatevi, europei. Risolveremo le nostre questioni politiche qui. Alla fine, il supplemento sarà in qualche modo approvato. Si chiede se questo sia, dal suo punto di vista, il messaggio migliore per gli europei, o se sarebbe stato più utile per l’Ucraina e per gli europei avere una sorta di riconoscimento americano dell’imprevedibilità politica qui prima, in modo che gli europei potessero pianificare di conseguenza? Grazie mille.

Amb. Nuland: Credo che il fatto che gli europei abbiano approvato il loro pacchetto di 54 miliardi di dollari, piuttosto massiccio per i loro standard, ben prima che noi riuscissimo a ottenere il voto del Senato, dimostri che volevano essere all’avanguardia e dare l’esempio, anche al nostro Congresso. In questo modo avrebbero eliminato una scusa che abbiamo sentito spesso dai membri, ovvero che il resto del mondo non fa abbastanza. Quindi non credo che ci sia mai stato alcun dubbio sul fatto che gli europei fossero preoccupati per la nostra situazione. E in effetti, i passi che hanno compiuto, credo, sono stati utili per far sì che 70 senatori approvassero l’intero pacchetto al Senato. E spero che abbiano fatto impressione, anche ai membri della Camera che si sono recati a Monaco.

Per quanto riguarda la guerra, non intendo fare il quarterback del lunedì mattina se avreste fatto questo o quello. Penso che quello che vediamo è che la Russia ha avuto un bel po’ di tempo per scavare in stile Prima Guerra Mondiale, come ho detto un paio di volte, con queste terribili linee di trincea. E poiché non danno valore alla vita umana, e poiché gli ucraini devono combattere in un modo in cui noi non combatteremmo mai – cioè senza la copertura dell’aviazione – è stata una guerra molto diversa da quella che si vedeva da molto tempo. E spero che tutti noi stiamo imparando da questo. Certamente gli ucraini stanno passando a tattiche più asimmetriche.

Signor Bergmann: Abbiamo tempo per un’altra domanda. Riprendiamo qui.

D: Salve. Sono Martin Mühleisen, senior fellow non residente del Consiglio Atlantico.

Per quanto riguarda la futura volontà dell’Europa di sostenere l’Ucraina, ho due preoccupazioni. La prima è che in Europa sembra esserci la sensazione che l’Ucraina potrebbe non riuscire a continuare la guerra ancora a lungo e che potrebbe concentrarsi maggiormente sulla difesa futura contro la Russia ai confini.

In secondo luogo, ci saranno le elezioni della Commissione europea – o dell’Unione europea – e le elezioni in molti altri Paesi, dove potrebbero vincere o guadagnare alcuni dei partiti che sono stati scettici sull’aiuto all’Ucraina. Come valuta questo aspetto? E come valuta la disponibilità dell’Europa ad aiutare in futuro?

Amb. Nuland: Innanzitutto, per quanto riguarda la protezione dell’Europa, tutti noi dobbiamo investire non solo nella lotta all’Ucraina, ma anche nella ricostruzione delle nostre basi industriali di difesa, perché abbiamo dato molto all’Ucraina e abbiamo anche capito che alcuni di questi sistemi che pensavamo non ci sarebbero mai serviti – come l’artiglieria da 155 millimetri – fanno ancora parte del kit. Quindi il fatto che, come ho detto, per quanto riguarda il nostro pacchetto, gran parte di esso torni indietro nell’economia statunitense per sostituire e permetterci di inviare altri materiali all’Ucraina, ha un triplice scopo, giusto? Aiuta l’Ucraina, crea posti di lavoro negli Stati Uniti e funge da stimolo economico. E penso che Paesi come la Germania stiano iniziando a vedere la stessa esigenza. Quindi è una cosa positiva.

E penso che in questo momento in Europa non abbiamo visto un “o” o un “o”. Abbiamo assistito a un sì e a un sì, tra cui, ancora una volta, Paesi come la Germania che guardano a come si costruiscono armi in Ucraina sia per il loro mercato, sia per il mercato globale, eccetera. Questo è ciò che dobbiamo promuovere in futuro. E vi dirò, da persona che lavora in tutto il mondo, che alcuni di questi sistemi di base – sapete, noi produciamo Cadillac di armi, ma alcune delle cose più basilari sono necessarie a tutti – in tutto il mondo, ai Paesi che si difendono dal terrorismo e da altre cose.

Quindi, sapete, credo che abbiamo imparato molto nell’ultimo anno o due. E credo che al vertice della NATO che si terrà a luglio qui a Washington si concentrerà l’attenzione non solo sull’Ucraina, ma anche sugli investimenti nella nostra difesa.

Bergmann: Forse un’ultima domanda da parte mia. Alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco c’è stato molto pessimismo. Lei è pessimista o è ottimista sul futuro dell’Ucraina e sul nostro continuo sostegno all’Ucraina e sulla direzione che prenderà questa guerra?

Amb. Nuland: Sono sempre ottimista, Max. Sono ottimista per natura, ma sono anche pagata per esserlo. (Risate) È quello che facciamo. Ci alziamo ogni mattina e cerchiamo di migliorare le cose – migliori per l’Ucraina, ma anche migliori per il mondo libero e per gli Stati Uniti.

Bergmann: Bene, sottosegretario Nuland, grazie per il suo ottimismo. Grazie per quello che fa ogni giorno. E vi prego di unirvi a me nel ringraziare il Sottosegretario Nuland. (Applausi.)

(FINE.)

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