Italia e il mondo

Bombe sull’Iran. Anche Trump “tiene famiglia”_di Michele Rallo

Le opinioni eretiche

di Michele Rallo

BOMBE SULL’IRAN:

ANCHE TRUMP

TIENE FAMIGLIA”

Bombe americane sull’Iran? un film in parte già visto. Trump autosputtanato? altro film già visto. Le motivazioni? Sempre le stesse. Non aggiungerò nulla a quello che ho già scritto su queste stesse pagine in due articoli di qualche anno fa: “I perché di un tradimento” (21 aprile 2017) e “Da paladino della pace a sceriffo della guerra” (20 ottobre 2017).

Cito dal primo dei due pezzi:

«La sua campagna elettorale si era svolta tutta all’insegna dell’isolazionismo pacifista contro i venti di guerra che facevano aureola a “Killary”, l’amazzone delle primavere arabe, la triste profetessa dello scontro frontale con la Russia.

Quando venne eletto, furono in molti a mettere il lutto; e, fra costoro, in primo luogo i becchini della guerra, all’interno come all’estero. (…) Il panico dei poteri forti era grande, ed era giustificato. Se Trump e Putin si fossero messi d’accordo, la storia del mondo sarebbe cambiata da così a così. E a lor signori una tale prospettiva non era assolutamente gradita.

Cominciarono allora a lavorare il Presidente ai fianchi, impedendogli sostanzialmente di governare. La chiave di volta era il suo stesso partito, detentore della maggioranza sia al Senato che alla Camera dei Rappresentanti. Fu un giochetto chiamare a raccolta la minoranza interna, l’estrema destra “neocon” che voleva la crociata anti-Putin e il trionfo di quello che Eisenhower chiamava “il complesso militar-industriale”. La saldatura fra questa componente reazionaria e gli eletti democratici si è manifestata in tutta la sua potenza in più occasioni (…)

A quel punto Trump aveva ben chiara l’alternativa: o rassegnarsi a una guerra permanente con il Congresso almeno per i prossimi due anni (fino alle “elezioni di medio termine”), o inchinarsi ai poteri forti. E Trump ha preferito inchinarsi. D’altro canto – diceva Manzoni parlando di Don Abbondio – il coraggio se uno non ce l’ha mica se lo può dare. Trump, evidentemente, non ha potuto darselo.

Questa mancanza di coraggio, tuttavia, non si è manifestata improvvisamente, con le bombe sulla Siria. C’erano state numerose avvisaglie, fin dai giorni immediatamente successivi all’insediamento del nuovo Presidente. I primi segnali si erano avuti con gli inchini a Israele e all’Arabia Saudita, due potenze che nell’attuale caos mediorientale hanno responsabilità forse superiori a quelle degli Stati Uniti; e con le contemporanee manifestazioni d’ostilità verso l’Iran sciita, accusato di essere veicolo di terrorismo; mentre invece – lo sanno anche le pietre – è l’avversario numero uno dell’ISIS e dei suoi finanziatori. Era come se Trump-Abbondio si scusasse con i Don Rodrigo di Ryad e di Tel-Aviv per avere battuto la loro candidata, dichiarando fin da subito che l’annunciata politica di distensione con la Russia non si sarebbe spinta fino a mettere in discussione il disegno strategico dei poteri forti sion-petroliferi. E, anche a prescindere dal Medio Oriente, le promesse pacifiste di Donald Trump sembravano perdere colpi: nulla di nuovo in Ukraina, la nazione che potrebbe fungere da ariete per la spinta finale alla terza guerra mondiale; e nulla di nuovo neanche negli stessi States (…)

Gli strateghi e i consiglieri nazionalisti dell’America First sono stati messi da parte uno ad uno, o abbandonati non appena qualche aspirante bombarolo ne metteva in dubbio la volontà di scatenare l’apocalisse sul mondo intero. Fino all’episodio più clamoroso: quello – recentissimo – della rimozione dell’ideologo e coordinatore della campagna elettorale trumpista, Steve Bannon, dal Consiglio per la Sicurezza Nazionale. Il fatto – oltre ad essere avvilente sul piano umano e personale – è probabilmente la spia della svolta bellicista del Presidente. La giubilazione del suo più fidato consigliere, infatti, sembra procedere di pari passo con l’irresistibile ascesa del marito della figlia Ivanka, Jarod Kushner, nominato “Alto Consigliere” del Presidente. Kushner è un uomo d’affari ebreo-americano, legato agli ambienti israeliani che sostengono Netanyahu ed avversano la distensione con i palestinesi: “Egli guida una fondazione – leggo su Wikipedia – che finanzia una yeshiva ultra-ortodossa della colonia di Beit El, nota per la sua radicale opposizione al processo di pace tra Israele e Palestina.”

Ma le sorprese non finiscono qui. Perché – come rivela il giornalista investigativo Maurizio Blondet – sembrerebbe che il generissimo sia in stretti rapporti d’affari con il “filantropo” Georges Soros, altro miliardario del medesimo context ebraico-americano. La famiglia Kushner ha smentito, ma la notizia non sembra di quelle facili da inventare di sana pianta, perché – continua Blondet – ruoterebbe attorno a un prestito colossale (259 milioni di dollari). Soros – per la cronaca – è stato un munifico sponsor della campagna elettorale di Hillary Clinton e, in epoca più recente, uno dei maggiori finanziatori delle manifestazioni “spontanee” contro Trump. Inoltre, è tra i massimi teorizzatori della “crociata” contro la Russia di Putin. Ecco che il cerchio si chiude. Speriamo, non sulle nostre teste.»

E tornavo sull’argomento qualche tempo dopo:

«… Mi basavo sulla esplicita promessa di Trump di sotterrare l’ascia di guerra con Putin e di combattere insieme il nemico del mondo civile, cioè il terrorismo islamico. Da candidato, Donald Trump lo aveva detto, ridetto, ripetuto in tutte le salse: Putin non è il nemico degli USA, Assad non è il nemico degli USA, il nemico è l’ISIS.

E, invece, cosa ha fatto appena è stato eletto Presidente? È andato a bombardare proprio Assad, con la scusa che questi avesse usato armi chimiche. Quando tutti sanno – chiedetelo anche alle pietre di laggiù – che gli unici a far uso di armi chimiche in Siria sono i ribelli “moderati”, quelli che, guarda caso, sono finanziati dai servizi segreti a stelle e strisce. A suo tempo, lo certificò anche Carla Del Ponte (magistrata svizzera attiva sul fronte dei crimini di guerra internazionali), affermando che “stando alle testimonianze che abbiamo raccolto, i ribelli hanno usato armi chimiche (…) al momento sono solo gli oppositori al regime ad aver usato il gas sarin”.

Perché è avvenuto questo? Perché Trump – messo in croce dai suoi avversari che di fatto gli impediscono di governare – ha cercato di ingraziarsi i potentati mediorientali che hanno sostenuto la Clinton: cioè Israele e l’Arabia Saudita, che giustappunto sono i grandi burattinai della manovra che vorrebbe frantumare i grandi paesi arabi (Siria, Irak, Libia) per dar vita ad una miriade anarchica di staterelli inoffensivi e facili da manovrare.

(…) Sarebbe bastata una sola apparizione televisiva per riconquistare la libertà d’azione e la dignità che un Presidente della maggiore potenza mondiale dovrebbe avere. Ma non poteva farlo, perché aveva deciso di andare a cercare protezione proprio in Israele e nell’Arabia Saudita. D’altro canto – fateci caso – è solo quando intraprende pazzesche crociate anti-siriane o anti-iraniane che il Congresso gli dà il via libera, consentendogli di giocare a indiani e cow-boys. Per il resto, basta che modifichi di una virgola una qualunque norma sull’immigrazione, e immediatamente viene a trovarsi la strada sbarrata da una manovra parlamentare, o magari da qualche magistrato con nostalgie obamiane.

La sua ultima genialata è stato l’annuncio della disdetta dell’accordo sul nucleare con l’Iran. Riproposizione pura e semplice della richiesta di una delle due fazioni israeliane, quella che fa capo a Nethanyahu. Al premier israeliano – per la cronaca – è vicino il genero di Trump, il finanziere ebreo Jarod Kushner (sposo di Ivanka). Il genero della Clinton – il finanziere ebreo Marc Mezvinsky (sposo di Chessa) – è invece vicino alla fazione israeliana anti-Nethanyahu.

Dimenticavo: in quanto massima nazione musulmano-sciita, l’Iran è visto come il fumo negli occhi dall’Arabia Saudita, capofila dell’estremismo musulmano-sunnita. Prendendosela con l’Iran, dunque, il tycoon americano recupera i proverbiali due piccioni con una fava, ingraziandosi in blocco tutti i potentati sion-petroliferi del Medio Oriente.»

Fine delle citazioni.

Decisamente, dal 2017 ad oggi è cambiato poco, molto poco.

E non aggiungo altro, lasciando le conclusioni all’intelligenza dei lettori.

Iran-Israele: incipit di uno scontro Con Augusto Sinagra

Augusto Sinagra ” L’Avvocato” di Italia e il Mondo con Semovigo e Germinario si confrontano in una conversazione sulle prime fasi del conflitto dei ” Dodici Giorni” tra Iran e Israele

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CROCIERE, CAVI E SOVRANITÀ ALLA EUROPEA: La Marina Italiana in Indo-Pacifico sfida il Dragone?_di Cesare Semovigo

CROCIERE, CAVI E SOVRANITÀ ALLA EUROPEA:

La Marina Italiana in Indo-Pacifico sfida il Dragone ?

Nonostante l’entusiasmo dei comunicati e la bandiera sempre ben stirata sulle navi in partenza, la partecipazione italiana alle esercitazioni e alle “crociere operative” nell’Indo-Pacifico si conferma una di quelle operazioni che fanno più rumore nei corridoi delle cancellerie che nelle piazze di casa nostra. E non solo per il rischio di sentirsi un tantino fuori rotta, ma per il sospetto – sempre più consistente – che il coinvolgimento sia manovrato con la stessa trasparenza con cui si tirano i cavi per le illuminazioni festive.

Infatti, mentre Londra e Parigi si alternano in plancia per dare il ritmo, la Marina italiana si ritrova spesso nel ruolo di chi “fa squadra”, ma senza mai davvero mettere mano alla rotta. E se la triade a guida Starmer ormai manovra con decisione tanto il Dragone (vero bersaglio del “gioco”) quanto la sedicente portaerei italiana, il rischio che la nostra partecipazione serva più a mandare segnali oltreoceano che a rafforzare una reale autonomia strategica è tutt’altro che trascurabile.

Più di una perplessità aleggia tra gli addetti ai lavori: la narrazione ufficiale insiste sulla tutela della sovranità (“niente obblighi, nessun comando esterno, ognuno per sé, ma tutti insieme!”), eppure, quando si va a cercare chi davvero dirige la crociera, i riferimenti diventano flebili — quasi che parlare chiaro sia imbarazzante per chi la rotta l’ha solo ricevuta.

In questo clima, il sospetto che sia stato richiamato persino Schettino per dare colore alla cabina di comando serve ormai a mascherare il monotono refrain: “vedo non vedo, comando non comando”.

In fondo, l’opportunità vera di questo coinvolgimento da spot anni ‘80 tinte pastello sembra quella di esibire la bandiera in acque lontane, sacrificando interessi nazionali nei confronti della Cina .

E allora, il rischio è quello di continuare a promuovere crociere a tema mentre chi dirige l’orchestra (e gli interessi strategici veri) si trova altrove, lasciandoci – ancora una volta – a metà tra il salotto buono e la sala macchine.

“Questa cuccetta sembra un letta a due piazze , si ci sta meglio
che in ospedale “.

La sincronizzazione dei dispiegamenti di portaerei tra Italia, Francia e Regno Unito nell’Indo-Pacifico nasce formalmente all’interno della European Carrier Group Interoperability Initiative (ECGII), una piattaforma di cooperazione tecnico-operativa che ha come scopo il rafforzamento della capacità europea di proiettare forza navale in chiave multinazionale.

Attraverso la collaborazione tra i tre Paesi, si punta a rendere sempre più interoperabili i rispettivi gruppi portaerei con azioni quali l’allineamento di ali imbarcate, navi di scorta e risorse logistiche, così da formare – quando richiesto – una formazione navale europea capace di agire in modo coeso.

Dal punto di vista politico-militare, questa scelta viene presentata come contributo alla sicurezza regionale e come risposta credibile all’intensificarsi delle attività militari cinesi nell’area di Taiwan, compreso il recente dispiegamento di più portaerei della Marina cinese oltre la First Island Chain.

Dal punto di vista operativo, il meccanismo ECGII prevede espressamente la salvaguardia della sovranità nazionale: ogni Paese mantiene la libertà di decidere la partecipazione alle singole missioni e conserva pieno controllo sulle proprie capacità, evitando ogni integrazione forzata in commandi permanenti.

Tuttavia, proprio questo “coordinamento senza vincoli”, se da un lato esalta la flessibilità, dall’altro solleva interrogativi sulla reale efficacia strategica e sulla capacità di azione autonoma in caso di crisi matura .

Non si giunge, infatti, alla costituzione di una vera task force europea permanente, ma piuttosto a un’intesa di massima visibilità, con significativa ricaduta di soft power e deterrenza simbolica sulle rotte più strategiche del pianeta.

“Imperialismo morente”?

Va però sottolineato come molte analisi anglosassoni e continentali leggano questo sforzo europeo come il riflesso di un “imperialismo morente”: una proiezione di potenza più orientata a dimostrare vitalità e presenza piuttosto che a incidere concretamente sugli equilibri della regione indo-pacifica.

La necessità di mostrarsi coesi e “presenti” rischia di servire più agli alleati tradizionali (USA in testa), che a una reale autonomia strategica continentale. Così, mentre a parole si ribadisce la tutela delle singole sovranità, nella prassi la cabina di regia resta fuori portata e le decisioni cardine sono spesso prese altrove

Nonostante la retorica su autonomia e cooperazione, è difficile non vedere che la vera regia delle operazioni resta appannaggio di pochi decisori e che la sostanza di queste “crociere” europee resta soprattutto simbolica, come segnale all’alleato d’oltreoceano e, indirettamente, ai competitor asiatici.

Chi davvero dirige la rotta – e per quali finalità strategiche ultime – resta dunque questione aperta e fonte di non poche perplessità tra analisti e addetti ai lavori e semplici capitani di macchine .

Italia

  • Portaerei: ITS Cavour (F-35B, elicotteri)
  • Fregata: ITS Virginio Fasan (classe FREMM)
  • Nave rifornitrice: ITS Vulcano
    Regno Unito
  • Portaerei: HMS Queen Elizabeth (F-35B)
  • Cacciatorpediniere: HMS Diamond, HMS Dauntless (Type 45)
  • Fregata: HMS Kent, HMS Richmond (Type 23)
  • Logistica: RFA Fort Victoria
    Stati Uniti
  • Portaerei: USS Theodore Roosevelt (Nimitz class)
  • Cacciatorpediniere: USS Halsey, USS Daniel Inouye (Arleigh Burke)
  • Logistica: USNS John Ericsson, USNS Tippecanoe
    Giappone
  • Portaelicotteri/portaerei leggera: JS Izumo
  • Cacciatorpediniere: JS Atago, JS Myoko, JS Takanami, JS Suzutsuki
    Australia
  • Cacciatorpediniere: HMAS Hobart (classe Hobart)
  • Fregata: HMAS Anzac (classe Anzac)
    Francia
  • Fregata: FS Provence, FS Languedoc (classe FREMM)
    Canada
  • Fregata: HMCS Ottawa (classe Halifax)
    Corea del Sud
  • Cacciatorpediniere: ROKS Sejong the Great (KDX-III)
    Nuova Zelanda
  • Fregata: HMNZS Te Kaha (classe Anzac)
    Singapore
  • Fregata: RSS Steadfast (classe Formidable)

Il dispositivo di scorta che accompagna la Cavour : una singola fregata e una nave rifornitrice.

Fregata: ITS Virginio Fasan (classe FREMM)

Nave rifornitrice: ITS Vulcano

Gli Stati Uniti impiegano la USS Theodore Roosevelt con una scorta composita di cacciatorpediniere Arleigh Burke e un’unità logistica, a conferma del ruolo americano di “garante” della sicurezza marittima nella regione.

Dal Giappone e dall’Australia arrivano rispettivamente la portaelicotteri Izumo e la HMAS Hobart, simboli di un coinvolgimento regionale in forte crescita ma ancora ben orchestrato da Washington.

Lo schieramento rivela il reale equilibrio dei pesi: presenza europea di supporto, comando operativo americano e partecipazione controllata degli alleati locali, in uno scenario dove la proiezione di forza serve più alla diplomazia delle immagini che a eventuali crisi militari.

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Bonapartismo, di Spenglarian Perspective

Napoleonismo

prospettiva spenglariana25 giugno
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Oggi parleremo del napoleonismo.

In parole povere, il napoleonismo si verifica quando le masse, dopo essersi liberate dei vecchi ordini del periodo tardo, vengono prese in mano da “poteri informi”. Organizzazioni, e soprattutto individui che, per puro caso, si trovano sull’orlo del potere, e che prendono le redini di una società che cerca di formarsi attraverso mezzi alternativi alle élite ben educate.

“ Nulla rivela in modo più significativo il declino della forma politica di quel sorgere di poteri informi che possiamo convenientemente designare, dal suo esempio più evidente, Napoleonismo ”

Lo Stato Assoluto portò a termine la formazione di un ordine mantenuto da una minoranza accuratamente istruita e da una tradizione di mantenimento di questa forma, così come delle loro arti e attività religiose. Ma dopo la rivoluzione, le élite vengono sciolte, emarginate, e quando questo accade a un’intera classe aristocratica, non rimangono leader esperti o ben educati. Un giacobino come Robespierre sperava semplicemente che un successore si presentasse e fosse all’altezza della situazione per continuare la sua eredità, ma senza formare una minoranza nella società ad assumere tale ruolo, i risultati sono sempre contrastanti.

Gli equivalenti greci della Rivoluzione francese e della politica napoleonica furono le varie rivoluzioni popolari del IV secolo, che lasciarono molte poleis paralizzate. Le classi abbienti di Corcira (427) furono uccise dalle classi inferiori. Temendo vendetta, molti gruppi politici evacuarono in città più grandi come Siracusa. Nello stesso periodo, il generale Dionisio I (407-367) si assicurò il potere su questa città e giustiziò molti degli uomini istruiti, confiscandone i beni. Concesse i livelli più alti di potere ai suoi lealisti e, insieme alle masse di schiavi, elevò alla cittadinanza. L’Atene di Pericle era anche nota per aver usato la riforma democratica come arma contro i suoi nemici, in particolare abolendo l’oligarchia a Samo e instaurando una democrazia.

“… mai più [la polis] fu per la moltitudine un simbolo da rispettare e venerare, così come il diritto divino dei re non fu venerato in Occidente dopo che Napoleone era quasi riuscito a rendere la sua dinastia “la più antica d’Europa”. ”

Il napoleonismo fa sempre affidamento sulla potenza militare per sostenersi. Questa è l’origine della politica della pura forza. Poiché il sistema non è più in grado di sostenersi esclusivamente con la lealtà, l’idealismo o l’attuazione di un modello statale, l’esercito si costruisce la propria indipendenza dalla nazione ormai informe e sosterrà invariabilmente il suo generale o leader. Lo stesso motivo può essere identificato nelle peculiari origini di Alcibiade e Lisandro e nel loro rapporto unico con le rispettive poleis. Il primo esercitò il comando della marina ateniese nel 411 nonostante il suo precedente esilio e la mancanza di una posizione ufficiale, mentre il secondo non faceva nemmeno parte della classe spartiata, pur trovandosi al comando di un esercito devoto. La guerra del 408 tra le loro comunità politiche può essere interpretata come una guerra tra i due individui, privi di un legame reale e legittimo con le loro città-stato. Il caso più famoso è quello di Alessandro Magno, che ricevette l’ordine dai suoi generali di tornare indietro dall’India. Quando morì, esemplificava perfettamente il tipo di mancanza di continuità che si riscontrava in questo tipo di regimi militari quando l’impero era diviso tra i suoi generali.

“ Da allora in poi lo spirito dell’esercito divenne un potere politico a sé stante, e divenne una seria questione fino a che punto lo Stato fosse padrone e fino a che punto strumento del suo esercito .”

Con il declino della forma statuale, l’esercito è sempre più presente per tenere insieme la politica di vertice. Questo funziona bene per un’amministrazione occidentale, che ora si estende all’esterno per governare regioni unite non da linee nazionali o giuridiche, ma da linee di forza; ma per lo stato classico, che fin dalla nascita della Polis ha mirato solo a un confine il più piccolo possibile, ciò crea una strana sintesi. Furono creati imperi, come l’impero di Siracusa sotto Dionisio, ma consistevano in punti-poleis sulla mappa.

Dionisio trasformò la sua città di Siracusa in una fortezza circondata da un “mucchio di stati” e da lì estese il suo potere, sull’Italia settentrionale e sulla costa dalmata, fino all’Adriatico settentrionale, dove possedeva Ancona e Hatria alla foce del Po. Filippo di Macedonia, seguendo l’esempio del suo maestro Giasone di Perseo (assassinato nel 370), adottò il piano inverso, ponendo il suo baricentro alla periferia (cioè, praticamente nell’esercito) ed esercitando da lì un’egemonia sul mondo ellenico degli stati. Così la Macedonia arrivò ad estendersi fino al Danubio, e dopo la morte di Alessandro si aggiunsero a questo cerchio esterno gli imperi dei Seleucidi e dei Tolomei, ciascuno governato da una Polis (Antiochia, Alessandria), ma tramite l’intermediazione di un apparato statale locale preesistente, che, va detto, era, al suo minimo, migliore di qualsiasi amministrazione classica .

L’impero in quanto tale, nel mondo classico, non era un’estensione territoriale estesa, ma una serie di centri conquistati e tenuti insieme dalla potenza militare. Questa tendenza imperiale si estende probabilmente agli imperi moderni, in particolare all’Impero britannico, che vide grandi progressi e progressi nel territorio imperiale durante e dopo il XIX secolo, in corrispondenza con la crescita dell’industria e dei suoi interessi.

A proposito dell’Inghilterra, l’incapacità della rivoluzione di formarsi qui, all’origine dell’Illuminismo francese, è un problema complesso, ma vale la pena di studiarlo per comprendere il successo dell’impero. Il principio genealogico rese miracoloso il fatto che la rivoluzione potesse formarsi anche solo in Occidente. Le rivoluzioni sono, per loro natura, estremamente miopi e la rivolta francese non fece eccezione. L’unità delle nazioni europee contro Napoleone fu un’espressione del tentativo di mettere a tacere la tendenza rivoluzionaria prima che il cancro informe si diffondesse e consumasse ogni cosa. La rivoluzione fu il prodotto del pensiero retrospettivo dei teorici inglesi e non avrebbe mai dovuto entrare nella politica pratica, e solo la debolezza dello Stato assoluto francese permise lo scoppio del conflitto che ne seguì.

L’opposizione sul continente era considerata una critica intellettuale alla politica pratica. Fu una strana strumentalizzazione del petrolio contro l’acqua a portare all’istituzione della “monarchia costituzionale”, uno slogan contraddittorio che manteneva la continuità di una dinastia di fronte a una rigida insicurezza che richiedeva leggi inasprite e statuti scritti per essere mantenuta. Ma l’opposizione in Inghilterra fu un po’ più astuta, almeno per l’epoca. Il ruolo dell’opposizione era quello di garantire che il partito al potere, una volta persa la sua forma, venisse sostituito da un candidato più forte al governo per mantenere la forza dello stato britannico. Era semplicemente l’atteggiamento di chi era fuori dal potere e non una convinzione religiosa di rettitudine. L’idea di uno stato limitato dalla scrittura limita automaticamente il potere dello stato di contrastare i propri nemici, ma la Gran Bretagna lo evitò del tutto, al più presto durante la Guerra Civile, consacrando il suo tipo di stato come aristocratico, con il re già sottoposto al parlamento come parte della sua forma. Invece del re come volto della nazione, la forma mantenuta dell’aristocrazia e dell’opposizione era.

Non si trattava di un pregiudizio aristocratico, ma di un fatto cosmico che emerge molto più distintamente nell’esperienza di qualsiasi allenatore di cavalli da corsa inglese che in tutti i sistemi filosofici del mondo. Il modellamento può affinare l’addestramento, ma non sostituirlo. E così l’alta società inglese, Eton e Balliol, divennero campi di addestramento dove i politici venivano formati con una sicurezza costante, la stessa che si può trovare solo nell’addestramento del corpo ufficiali prussiano – addestrati, cioè, come conoscitori e padroni del polso profondo delle cose (senza escludere il corso nascosto di opinioni e idee). Così preparati, furono in grado, nella grande ondata di principi borghesi-rivoluzionari che travolse gli anni successivi al 1831, di preservare e controllare il flusso dell’essere che dirigevano. Possedevano “addestramento”, la flessibilità e la compostezza del cavaliere che, con un buon cavallo sotto di sé, sente la vittoria avvicinarsi sempre di più .

La democrazia parlamentare fu la soluzione alle tendenze napoleoniche, non perché fosse una democrazia popolare, ma perché non lo era. Mantenne la forma della politica aristocratica molto tempo dopo le rivoluzioni che flagellarono l’Europa. Per molto tempo nel XX secolo , prima di cedere e cedere con l’Impero. Da allora, l’opposizione, pur mantenendo una parvenza di unità con la Camera contro la popolazione, è diventata più ideologica. Il parlamento britannico è decaduto in qualcosa di molto simile a una monarchia costituzionale, con una corona litigiosa al suo interno, un governo burocratico che non riesce a ottenere nulla all’interno, e che all’esterno non è la nazione che si temeva fosse.

In Europa, mentre ogni nazione rinunciava alla propria monarchia assoluta, in particolare Germania e Russia, figure napoleoniche si fecero avanti per annunciare la nuova via da seguire. In Germania, gli anni di Weimar riflettevano l’ascesa di un’informe modernità nelle arti e nella politica, solo per essere contrastata dal regime di Hitler che ripeteva le guerre napoleoniche su scala globale. In Russia, il giacobino Lenin non poteva controllare chi sarebbe stato il suo successore; il bolscevismo divenne quindi l’estetica di una forma interamente totalitaria sotto il regime di Stalin. La sua stessa morte lasciò la Russia tristemente impreparata al futuro, provocando conflitti di successione nel suo governo. Lo stato britannico non trova alcuna catarsi mentre si trasforma lentamente in un piccolo paese ai margini degli eventi storici.

Abbiamo una certa familiarità con i politici di partito in questo paese, che siano di Eton o di scuole pubbliche meno note, che semplicemente incanalano un sentimento per ottenere potere, prima di ritirarsi e lasciare che i loro movimenti crollino in loro assenza. Potrei citare Nigel Farage in tre occasioni. Se avesse giocato le sue carte con più attenzione, la sua graduale ascesa a primo ministro sarebbe potuta arrivare molto prima. Invece, sceglie di ripartire da zero, intenzionalmente o per un semplice errore.

Anche le monarchie costituzionali d’Europa hanno ceduto, una dopo l’altra, il passo alle repubbliche, in corrispondenza della fine dell’antico regime che, generazione dopo generazione, si è preso cura e ha costruito queste diverse nazioni, non per difendere gli stati, poiché molte nazioni europee non esistevano nemmeno 200 anni fa, ma nello spirito. Quello spirito ora è scomparso e tutto ciò che rimane sono gli aspetti consolidati di un’unica cultura viva.

Grazie per aver letto Spenglarian.Perspective! Questo post è pubblico, quindi sentiti libero di condividerlo.

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Rassegna stampa tedesca 42 A cura di Gianpaolo Rosani

Berlino 2025 sarà ricordata come la conferenza del partito SPD dopo la quale un leader
presumibilmente forte si trovò in mezzo ai frammenti del piedistallo che aveva costruito per sé.
Lars Klingbeil, che ha adattato il partito a se stesso, che ha assegnato incarichi quasi a
piacimento, premiando vecchie fedeltà e creando nuove dipendenze, non è più l’unico centro del
potere. Improvvisamente sembra persino incerto se lui, che ha guidato la SPD nella grande
coalizione, abbia ancora l’autorità per convincere il suo partito a fare compromessi dolorosi nella
coalizione. Il congresso del partito gli ha dato un addio sentimentale. E Hubertus Heil è stato
acclamato dai delegati come una sorta di ministro del cuore. Solo l’uomo che ha negoziato gran
parte dell’SPD nell’accordo di coalizione e ne ha ricavato sette ministeri è stato licenziato. Un
mondo in subbuglio. Come farà Lars Klingbeil a uscire da questo buco? E cosa significa per la
coalizione?

STERN
03.07.2025
IN ZONA PERICOLO: COME PUÒ KLINGBEIL
USCIRE DA QUESTO BUCO?
Dopo l’umiliazione del suo stesso leader Lars Klingbeil, la SPD è in fibrillazione. Questo potrebbe influire
anche sull’umore della coalizione.

Di Nico Fried e Florian Schillat
C’è un vecchio adagio politico: se hai un incendio sotto il tuo tetto, accendine un altro da qualche altra
parte. Questo è stato dimostrato questa settimana subito dopo la conferenza di partito, che è stata
sgradevole per la SPD. Proseguire cliccando su:

Come ogni nuova leadership statunitense, anche l’amministrazione Trump sta verificando dove ha
schierato i propri soldati e se ciò sia necessario. Ciò che sembra chiaro è che gli Stati Uniti
ridurranno la loro presenza in Europa, secondo quanto affermato da alti esponenti militari, già sotto
l’amministrazione Biden. Sarebbe critico se gli Stati Uniti trasferissero le loro armi di difesa aerea
dall’Europa. Tuttavia, secondo quanto riferito, gli americani non hanno mai messo in discussione
internamente l’ombrello nucleare statunitense. Un ritiro delle armi nucleari stoccate in Europa non
è all’ordine del giorno. Su molti altri fronti, però, come le truppe, le armi e l’esperienza dei servizi
segreti, gli europei si stanno preparando alla possibilità che gli americani riducano il loro impegno.
Si profilano lacune nella sicurezza.

21.06.2025
Il nemico interno
NATO – Dal vertice dell’alleanza militare dovrebbe arrivare un segnale di determinazione a Mosca. La
domanda è: Donald Trump la vede allo stesso modo?

Di Matthias Gebauer, Konstantin von Hammerstein, Paul-Anton Krüger
Verrà o non verrà? Non manca molto al vertice dei paesi della NATO all’Aia, nei Paesi Bassi, ma i funzionari
del quartier generale dell’alleanza militare a Bruxelles non sono ancora del tutto sicuri se la prossima
settimana potranno contare sulla presenza del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Proseguire cliccando su:

Lo Spiegel intervista John Bolton: “Per l’Iran ci sono diversi scenari. La leadership potrebbe
disgregarsi. A quel punto, spesso sono le ambizioni personali a motivare le persone e le inimicizie
vengono alla luce. Nella migliore delle ipotesi, gli ayatollah diventerebbero irrilevanti, anche perché
hanno poco sostegno tra la popolazione, che non vuole più una teocrazia. Potrebbe instaurarsi
una dittatura militare guidata dai potenti Guardiani della Rivoluzione o dall’esercito regolare
iraniano”.

21.06.2025
«PER TRUMP ORA È IMPORTANTE SALVARE LA
FACCIA»
INTERVISTA ALLO SPIEGEL – John Bolton ha lavorato a stretto contatto con Donald Trump, poi lo ha
criticato. Qui parla di un possibile ingresso degli Stati Uniti in guerra e della possibilità che il regime di
Teheran possa cadere.

Bolton, 76 anni, ha lavorato per tutti i presidenti repubblicani da Ronald Reagan in poi.
Durante il primo mandato di Donald Trump è stato consigliere per la sicurezza nazionale, prima di dimettersi nel 2019 a seguito di
divergenze. Bolton è considerato un sostenitore degli interventi militari.
SPIEGEL: Signor Bolton, venerdì scorso Israele ha iniziato ad attaccare l’Iran, una mossa che lei ha a lungo
sostenuto. È rimasto sorpreso? Proseguire cliccando su:

Il Labour di Keir Starmer ha prodotto due cose: un cambiamento istituzionale nel partito e un
cambiamento nell’immagine pubblica. La modernizzazione dopo la sconfitta di Corbyn nel 2019 ha
avuto successo. Ma questo successo potrebbe cullare il partito in un falso senso di sicurezza. La
vittoria elettorale del 2024 è stata il risultato della credibilità del Labour o della debolezza dei
Conservatori? Starmer sarà ricordato come un modello di comportamento come Tony Blair. Né il
suo mandato sarà paragonato al grande periodo successivo al 1945. La prossima leadership del
partito potrebbe essere più propensa ad allontanarsi nuovamente dalla politica centrista.

03.07.2025
“Starmer non sarà ricordato”
Dopo un anno di governo, il Partito Laburista è scivolato nei sondaggi. Secondo l’esperto Christopher
Massey, ciò è dovuto alle politiche centriste del primo ministro britannico.

Intervista a Daniel Zylbersztajn-Lewandowski

Christopher Massey insegna storia politica all’Università di Teesside. È anche consigliere comunale

laburista a Redcar e Cleveland e direttore dell’aeroporto di Teesside.
taz: Signor Massey, è passato un anno dalla vittoria elettorale dei laburisti il 4 luglio 2024. Il partito è
crollato nei sondaggi e nessun primo ministro è stato più impopolare di Keir Starmer dopo un anno. Cosa è
andato storto? Christopher Proseguire cliccando su:

La Germania dispone di una tecnologia nucleare altamente sviluppata, ad esempio
nell’arricchimento dell’uranio, nella costruzione di reattori di ricerca e nella tecnologia laser. Ha
anche molti anni di esperienza nei sistemi di lancio necessari per le armi nucleari, come aerei,
missili e sottomarini, ad esempio il missile da crociera Taurus, l’Eurofghter e il sottomarino di
classe 212 A. Tuttavia, la Germania si è impegnata rigorosamente in diversi trattati a non
sviluppare o possedere armi nucleari proprie. La dichiarazione del Ministro Presidente Rhein e del
capogruppo parlamentare Spahn ha scatenato un dibattito sull’armamento nucleare della
Germania e i piani sono stati criticati.


02.07.2025
La nuova voglia di armi nucleari
Un nuovo livello di escalation: dalla CDU si moltiplicano gli appelli affinché la Germania entri a far parte
di un ombrello nucleare europeo. Potrebbe sostituire lo scudo di difesa nucleare degli Stati Uniti?

Di UMA SOSTMANN
In vista di una possibile minaccia ad altri Paesi europei da parte della Russia e in relazione al programma
nucleare iraniano, all’interno della CDU si fanno sempre più forti le richieste di dotare la Germania di armi
nucleari per la difesa nazionale. “La guerra in Ucraina ci dimostra ogni giorno che abbiamo bisogno di una
nuova politica di deterrenza in Europa. Questo include un ampio dibattito su un ombrello nucleare europeo
indipendente”, Proseguire cliccando su:

Il portavoce per la politica dei trasporti del gruppo parlamentare CDU/CSU al Bundestag è
consapevole delle conseguenze dei controlli sul trasporto ferroviario. “D’altro canto, i controlli sul
traffico ferroviario sono ”uno strumento indispensabile per frenare efficacemente l’immigrazione
clandestina”. I cittadini si aspettano giustamente che lo Stato “non si giri dall’altra parte quando si
tratta di immigrazione clandestina”. È proprio questo il messaggio che Dobrindt voleva trasmettere
quando, subito dopo il suo insediamento, ha ordinato un aumento dei controlli sul traffico
ferroviario in linea con la “svolta migratoria” promessa da Merz. Non è ancora chiaro quando
finiranno. La libertà senza controlli nell’Unione europea è possibile e sensata solo se ci sono
controlli efficaci alle frontiere esterne dell’UE. Uno degli scopi dei controlli introdotti dalla
Germania, tra cui il respingimento, che sono incidentalmente previsti e possibili dalla legge
tedesca ed europea, è proprio quello di ricordare ai cittadini questo fondamento comune, e anche
ai Paesi vicini. Altrimenti non cambierà nulla.

2 luglio 2025
La Polonia introduce controlli ai confini con la
Germania
Tusk: ridurre il flusso di migranti. Merz: non c’è “turismo del rimpatrio”

f.a.z. francoforte/berlino.
La Polonia ha annunciato controlli alle frontiere con la Germania a partire da lunedì prossimo. Il ripristino
temporaneo dei controlli al confine tra Germania e Polonia ha lo scopo di “limitare il flusso incontrollato di
migranti Proseguire cliccando su:

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Rassegna stampa tedesca 41 A cura di Gianpaolo Rosani

Il quotidiano liberale intervista il cancelliere Merz: “La Germania svolge a livello internazionale il
ruolo che le spetta per le sue dimensioni e responsabilità. Ecco perché ho voluto essere a Parigi e
a Varsavia nel mio primo giorno di mandato, per dimostrare che prendiamo sul serio i nostri
maggiori vicini a Est e a Ovest. Sono pronto ad assumermi la responsabilità della leadership
europea insieme ad altri”.

28.06.2025
“Trump ha ovviamente avuto la sensazione che
la chimica fosse giusta”.
Friedrich Merz – Il cancelliere tedesco ha vissuto settimane intense in politica estera. Parla del suo
rapporto con il Presidente degli Stati Uniti, delle sue speranze per l’Ucraina e del riarmo dell’Europa.

Di Daniel Brössler e Nicolas Richter
Gli elicotteri stanno sorvolando il centro dell’Aia per il vertice della NATO. Proseguire cliccando su:

Il modo in cui Trump percepisce gli europei non è così determinante quanto ciò che pensa Vladimir
Putin e se, in caso di dubbio, si lascerà scoraggiare dagli europei senza l’appoggio degli
americani. Paesi come la Germania, la Francia, la Polonia e i Paesi baltici, che soddisfano l’attuale
obiettivo della NATO, non devono quindi riposare sugli allori del successo del cinque per cento. La
Russia, ma anche nessun altro nemico dell’Europa, dovrebbe mai sottovalutare la volontà degli
europei. Questo deve essere l’obiettivo della politica europea. Il cinque per cento può essere solo
una prima tappa lungo questo percorso.

26.06.2025
Decisione storica della NATO: l’obiettivo del
cinque per cento resta valido
L’alleanza segue la richiesta di Trump e decide di aumentare significativamente le spese per la difesa.
Secondo il cancelliere federale Merz, si tratta di una risposta alla “minaccia senza precedenti”
rappresentata dalla Russia

DI THORSTEN JUNGHOLT
Alla fine tutto si è concluso in modo piuttosto armonioso. Il cancelliere federale Friedrich Merz (CDU) ha
dichiarato al termine del vertice NATO all’Aia che è stata una “giornata memorabile, che entrerà nella storia
dell’Alleanza”. Proseguire cliccando su:

Quanto bene Rutte abbia svolto finora il suo compito è emerso dal suo modo di trattare il
presidente degli Stati Uniti Trump. L’obiettivo era quello di trattenerlo fino alla fine del vertice
all’Aia. Rutte è effettivamente riuscito a ingraziarsi Trump. Durante un’apparizione congiunta con il
presidente degli Stati Uniti, ha sottolineato l’unità dei partner nordamericani ed europei della
NATO. Trump ha quindi elogiato: “Mark e io abbiamo avuto un ottimo rapporto fin dall’inizio”.
Almeno per il momento, questo sembrava in netto contrasto con il panico che aveva colpito
l’Europa all’inizio dell’anno. Mentre la dichiarazione finale dello scorso anno conteneva ancora la
frase che il percorso dell’Ucraina verso la NATO era “irreversibile”, questa volta tale impegno non
è stato ribadito. L’Ucraina non viene nemmeno menzionata.

26.06.2025
La Germania, allieva modello: obiettivo del 5%
già raggiunto!
Merz, il secchione, è completamente euforico dopo aver soddisfatto tutti i desideri di Trump al vertice dei
leccapiedi all’Aia: «Nessuno osi attaccare la NATO». Il nuovo capo della NATO Mark Rutte aveva un
obiettivo nel suo primo vertice: tenere buono Donald Trump. Raggiungere l’obiettivo del 5% era un
dovere, anche se non tutti i paesi sono soddisfatti.

Da L’Aia, Anastasia Zejneli e Tobias Müller
Il segretario generale della NATO Mark Rutte ce l’ha fatta. Il suo primo vertice alla guida dell’alleanza si è
concluso con un successo: Proseguire cliccando su:

L’uso del termine ”lavoro sporco“ da parte di Merz è prova di cinismo disumano e bisogna forse
spaventarsi, come il caporedattore dell’Hamburger Abendblatt Lars Haider, dell’”immagine
dell’uomo che si cela dietro una parola del genere”? Secondo lui, Merz ha parlato «come se si
trattasse di pulire con uno straccio bagnato in uno scantinato buio e non di vite umane». Questa
interpretazione dell’uso del linguaggio di Merz, formulata da Haider, costituisce il nucleo – spesso
inespresso – della critica linguistica di molti che accusano Merz di cinismo e freddezza priva di
empatia. Un docente di linguistica tedesca offre la sua analisi in questo articolo.

26.06.2025
La critica al termine «lavoro sporco» si basa su
un fraintendimento voluto
Friedrich Merz ha suscitato grande scalpore con la sua definizione dell’attacco di Israele all’Iran. Eppure il
termine descrive esattamente ciò di cui si tratta

DI WOLFGANG KRISCHKE
Wolfgang Krischke è giornalista, autore di libri e docente di linguistica all’Università di Amburgo. La sua ultima pubblicazione è il
libro “Was heißt hier Deutsch? Kleine Geschichte der deutschen Sprache” (Cosa significa tedesco? Breve storia della lingua tedesca),
edito da C. H. Beck.
L’ultimo scandalo tedesco sulla scelta delle parole è iniziato il 16 giugno in Canada, a margine del vertice del
G7. Davanti a una finestra panoramica con vista su un maestoso scenario montuoso, in linea con l’evento
del vertice, Friedrich Merz Proseguire cliccando su:

Trump è felice per il vertice, dicono i diplomatici statunitensi, e per il fatto che è finito così in fretta.
In effetti, quello dell’Aia passerà probabilmente alla storia come uno dei vertici più brevi nella storia
della NATO, compresa la dichiarazione finale più breve. Ma con l’accordo su un aumento storico
delle spese per la difesa. Rutte è riuscito a trasformare la richiesta irrazionale del 5% di Trump in
una soluzione consensuale è visto da molti come una prova della sua abilità tattica. “Il nuovo piano
di investimenti nella difesa è il risultato più importante di questo vertice e sarà fondamentale per
garantire un deterrente efficace in materia di difesa”. Per alcuni paesi, però, il cinque per cento è
un problema. Belgio, Canada, Spagna e Gran Bretagna hanno espresso le preoccupazioni più
forti. A Londra si è avvertito che chi si impegna a raggiungere un obiettivo deve anche essere in
grado di pagarlo.

25.06.2025
Alleanza militare – Niente situazioni
imbarazzanti
In alcune parti del mondo c’è la guerra, la NATO lotta per mantenere l’unità. Il presidente degli Stati Uniti
è considerato un fattore di incertezza per il vertice dell’Aia: l’Europa deve riorganizzarsi.

DI SVEN CHRISTIAN SCHULZ E KRISTINA DUNZ

Mark Rutte è abituato a tutto. Che Donald Trump lo chiami all’improvviso, senza appuntamento, senza
motivo, è ormai all’ordine del giorno. Il segretario generale della NATO ha imparato che con il presidente
degli Stati Uniti bisogna aspettarsi di tutto. Proseguire cliccando su:

I partner della NATO non creano problemi: solo all’inizio dell’anno Trump ha sorprendentemente
avanzato la richiesta dell’obiettivo magico di spesa che costerà agli europei miliardi di euro in più
per gli armamenti nel corso degli anni. Solo cinque mesi dopo, gli alleati hanno consegnato. E
anche in altri ambiti hanno fatto di tutto per accontentare il volubile presidente al vertice. Il
documento finale è lungo solo una pagina: l’intero programma è stato pensato su misura per lui ed
è più conciso che mai in un vertice NATO. Il segretario generale della NATO Rutte ha superato
tutti con un imbarazzante messaggio di testo a Trump, in cui si dice entusiasta che Trump abbia
esercitato con successo pressioni sugli europei affinché spendano molto più denaro per la difesa.
Ma gli europei non si fanno illusioni. Si è evitato uno scontro, ma la reciproca sfiducia rimane. Il
cancelliere Merz è riuscito a far brillare la Germania come uno studente modello: i piani di bilancio
concreti della Germania promettono il raggiungimento anticipato degli obiettivi.

26.06.2025
La NATO tira un sospiro di sollievo: non ci sono
stati scontri con Trump
Vertice all’Aia: il presidente degli Stati Uniti impone un riarmo storico. Diffidenza da entrambe le sponde
dell’Atlantico

Di Christian Kerl- L’Aia.
Donald Trump è eccezionalmente soddisfatto dei suoi alleati. Il presidente degli Stati Uniti ha elogiato
mercoledì all’Aia la decisione del vertice NATO di aumentare massicciamente le spese per la difesa,
definendola “un grande balzo in avanti”. Proseguire cliccando su:

Ci sono battaglie feroci nell’ambito dell’offensiva estiva russa. L’esercito russo sta cercando di
distogliere l’attenzione dei vertici dell’esercito ucraino con attacchi in profondità, ad esempio su
Dnipro o sulle azioni dei commando ucraini vicino a Belgorod. Finora, tuttavia, il peso strategico
rimane chiaramente a Pokrovsk. È qui che si deciderà se la Russia riprenderà slancio dopo due
anni – o se la strategia di difesa ucraina di ritirata controllata funzionerà.

30.06.2025
Ci sarà una battaglia decisiva per Pokrovsk?
Putin punta tutto su un solo paniere – l’Ucraina resiste

Di CHIARA SCHLENZ
Pokrovsk – un tempo centro carbonifero, ora punto focale del fronte orientale.
Nei pressi della cittadina si sta consumando una delle offensive più brutali di questa guerra. 110.000 soldati
russi, decine di battaglioni, massicci dispiegamenti di droni e artiglieria: Mosca è determinata a sfondare
qui. Proseguire cliccando su:

Fino a 200.000 persone hanno sfidato il divieto del governo di Viktor Orbán e hanno partecipato
alla parata del Budapest Pride in piena estate a Budapest sabato. La polizia aveva
precedentemente vietato l’evento per volere del governo nazionalista di destra e aveva minacciato
di imporre pesanti multe. Il sindaco di Budapest, Gergely Karácsony, che aveva dichiarato il Pride
un evento municipale senza ulteriori indugi, revocando così di fatto il divieto, ha dichiarato la sua
città “capitale d’Europa” visto il numero record di partecipanti, opponendosi alle tendenze anti-UE
di Orbán. Per il capo del governo, che ha parlato di “disgrazia”, il Pride si è trasformato in una
disfatta. Il suo portavoce Zoltán Kovács ha accusato gli organizzatori di aver agito “su ordine di
Bruxelles”.

30.06.2025
Orbán si scaglia contro la “cultura woke” dopo un
Pride da record
Fino a 200.000 hanno manifestato a Budapest a favore dei diritti dei queer nonostante il divieto

Budapest infligge una sconfitta a Orbán
Nonostante il divieto del governo nazionalista di destra, al Budapest Pride hanno partecipato più persone
che mai. Per il movimento queer ungherese, messo sotto pressione, la parata ha rappresentato il tanto
atteso barlume di speranza.
di Melanie Raidl da Budapest
È stato il mio primo Pride, è stato fantastico, con un sacco di gente fantastica”, ha detto l’ungherese Ármín
verso la fine del Budapest Pride di sabato. Proseguire cliccando su:

Il Primo Ministro Viktor Orban ha chiaramente perso la lotta per il potere con la capitale, che è
guidata dall’opposizione di sinistra. Perché il Pride è stato molto più della solita festa colorata del
movimento LGBTQ. È stata una delle più grandi manifestazioni contro il governo ungherese di
Viktor Orban da quando è salito al potere quindici anni fa. Oltre alle bandiere arcobaleno, erano
presenti attivisti truccati in maniera elaborata e poco vestita, bandiere dell’UE e un numero
considerevole di bandiere ungheresi.

30 giugno 2025
Budapest sfida il divieto di Orban
Oltre 100.000 persone manifestano per i diritti delle minoranze sessuali: l’affluenza record è una sconfitta
per il Primo Ministro
Di MERET BAUMANN, BUDAPEST
“Arrestatemi”, ha scritto un partecipante al Budapest Pride su un cartello di cartone. Non è stato
scoraggiato dal divieto di partecipare all’evento, e nemmeno da decine di migliaia di altre persone. Proseguire cliccando su:

L’ex Cancelliere Angela Merkel ha risposto alle domande di Eva Quadbeck, caporedattore del
RedaktionsNetzwerk Deutschland (RND), Kristina Dunz, vicecapo dell’ufficio di Berlino del RND – e
dei lettori della Ostsee-Zeitung, introdotti dal caporedattore di OZ Andreas Ebel.

02.07.2025
L’ex cancelliere Angela Merkel invoca
diplomazia e forza nei confronti della Russia.

Di Steven Geyer, Daniela Vates e Tim Szent-Ivany
Schwerin. È difficile dire che il mondo si sia calmato da quando ha lasciato la cancelleria: mentre Angela
Merkel cercava di calmarsi dopo il suo ritiro volontario alla fine del 2021, è scoppiata la guerra in Ucraina;
mentre scriveva le sue memorie, il conflitto a Gaza si è inasprito; mentre era impegnata in un tour di
lettura, prima Donald Trump ha vinto un secondo mandato e poi Friedrich Merz ha vinto un primo
mandato. Proseguire cliccando su:

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Il futuro dell’economia statunitense: contraddizioni, resilienza e nuove direzioni

Alberto Cossu – 30/07/2025

Il futuro dell’economia statunitense: contraddizioni, resilienza e nuove direzioni

Alberto Cossu

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Visione e tendenze globali

L’economia statunitense si trova a un bivio cruciale nel 2025. Dopo anni di volatilità caratterizzati da una pandemia globale, tensioni geopolitiche e una storica guerra commerciale, gli economisti sono nettamente divisi nelle loro previsioni. Molti prevedevano una recessione o addirittura un periodo di stagflazione, mentre l’economia reale ha mostrato una sorprendente resilienza. Mentre gli Stati Uniti si orientano verso l’aumento delle esportazioni, la riduzione delle importazioni e la riorganizzazione della propria base industriale, il divario tra le previsioni degli esperti e i dati attuali è diventato un elemento centrale del dibattito economico.

Previsioni negative: stagflazione, recessione e incertezza

Nel corso del 2024 e del 2025, i principali economisti hanno espresso preoccupazione per diversi rischi chiave:

  • Allarme stagflazione: Torsten Sløk, capo economista di Apollo Global Management, ha lanciato l’allarme: gli Stati Uniti potrebbero trovarsi ad affrontare una situazione di stagflazione, una combinazione di crescita lenta e inflazione persistente. Ha attribuito gran parte di questo rischio ai dazi dell’amministrazione Trump, che ha descritto come “shock stagflazionistici” che rallentano la crescita e spingono i prezzi al rialzo. Sløk ha previsto che la crescita del PIL potrebbe scendere ad appena l’1,2% nel 2025, con un’inflazione intorno al 3% e una disoccupazione in aumento dal 4,2% a un potenziale 5% o superiore entro il 2026.
  • Rischio di recessione: la probabilità di una recessione è stata stimata da alcuni analisti al 25%, soprattutto perché il PIL si è contratto dello 0,3% nel primo trimestre del 2025, il primo calo dal 2022.
  • Incertezza politica: l’economista capo di JPMorgan, Michael Feroli, ha descritto le prospettive come “più nebulose del normale”, con l’economia che si trova ad affrontare un potenziale boom dovuto ai tagli fiscali e alla deregolamentazione, o una crisi stagflazionistica se prevarranno l’incertezza politica e le restrizioni commerciali.
  • Sentimento pubblico: nonostante la precedente crescita, solo il 23% degli americani aveva una visione positiva dell’economia alla fine del 2024, riflettendo un diffuso scetticismo sulle prospettive future.

La situazione attuale: contraddire i pessimisti

Nonostante questi avvertimenti, l’economia statunitense ha sfidato le previsioni più negative in diversi modi:

  • Le esportazioni accelerano, le importazioni diminuiscono: sulla scia delle nuove politiche commerciali e dei dazi, le esportazioni statunitensi sono aumentate mentre le importazioni sono diminuite. Questo cambiamento è in parte dovuto a misure politiche mirate volte a ridurre il deficit commerciale e a incoraggiare la produzione interna.
  • Contrazione del PIL, ma non crollo: sebbene il PIL si sia contratto nel primo trimestre del 2025, il calo è stato modesto , pari allo 0,3%. Molti analisti si aspettavano una flessione molto più marcata. La contrazione è ampiamente considerata una correzione dopo un periodo di crescita superiore al trend, piuttosto che l’inizio di una recessione prolungata .
  • L’inflazione si stabilizza: contrariamente ai timori di un’inflazione galoppante, gli aumenti dei prezzi sono rimasti relativamente stabili. La maggior parte delle previsioni prevede ora che l’inflazione si attesti intorno al 3% alla fine del 2025, un livello superiore a quello pre-pandemico, ma non ai livelli di crisi.
  • Il mercato del lavoro regge: la disoccupazione è leggermente aumentata, ma resta storicamente bassa, con previsioni che suggeriscono un aumento al 4,4% nel 2025 e forse al 5% nel 2026, comunque ben al di sotto dei picchi delle precedenti recessioni.
  • Investimenti e produttività delle imprese: la riduzione delle tariffe doganali e i nuovi accordi commerciali hanno stimolato gli investimenti delle imprese, soprattutto ora che l’inflazione è in calo e la Federal Reserve adotta una posizione più accomodante, tagliando gradualmente i tassi nel corso del 2025 e del 2026 1 .

Cambiamenti politici: reindustrializzazione e crescita trainata dalle esportazioni

L’agenda economica dell’attuale amministrazione è chiara: allontanare gli Stati Uniti da un modello dipendente dalle importazioni e orientarli verso un’economia basata sulle esportazioni e sulla produzione manifatturiera. I pilastri principali includono:

  • Rilancio della produzione statunitense: un rinnovato focus sulla produzione nazionale è fondamentale. Le politiche includono incentivi per il reshoring delle catene di approvvigionamento, investimenti in settori chiave e sostegno all’innovazione tecnologica.
  • Riorganizzazione della politica commerciale: rinegoziando gli accordi commerciali e imponendo tariffe mirate, l’amministrazione mira a ridurre la dipendenza dalle importazioni, soprattutto da parte dei rivali strategici, e ad aprire nuovi mercati per i prodotti americani.
  • L’immigrazione come leva economica: gli sforzi dell’amministrazione per contenere e riformare l’immigrazione mirano a rafforzare il mercato del lavoro e la crescita salariale. Nel tempo, un sistema di immigrazione più controllato potrebbe anche apportare benefici ai paesi limitrofi, incoraggiando investimenti e sviluppo nelle loro economie, riducendo potenzialmente la pressione migratoria.

Le prospettive: scenari e implicazioni strategiche

Le prospettive economiche per gli Stati Uniti nel 2025 e oltre sono caratterizzate da una netta divergenza tra potenziali scenari di espansione e di contrazione:

ScenarioAutistiRischi/SfideProbabilità
Boom della produttivitàTagli alle tasse, deregolamentazione, guadagni di produttività guidati dall’intelligenza artificialeEsecuzione delle politiche, domanda globale, clima degli investimentiModerare
StagflazioneRestrizioni commerciali, tariffe persistenti, deriva politicaInflazione, crescita lenta, aumento della disoccupazioneModerare
Crescita moderataPolitica equilibrata, tagli graduali dei tassi, inflazione stabileShock esterni, instabilità politicaPiù probabilmente
  • Scenario di boom: se i tagli fiscali e la deregolamentazione avranno successo e se gli investimenti delle imprese continueranno ad aumentare, alimentati dall’intelligenza artificiale e dai progressi tecnologici, gli Stati Uniti potrebbero assistere a una nuova ondata di crescita della produttività e di espansione del PIL.
  • Rischio di stagflazione: se le tensioni commerciali dovessero intensificarsi e l’incertezza politica persistesse, il rischio di stagflazione persisterebbe. Ciò significherebbe crescita lenta, inflazione stagnante e aumento della disoccupazione, uno scenario che metterebbe alla prova sia le imprese che i decisori politici.
  • Crescita di base/moderata: la maggior parte delle previsioni più diffuse, comprese quelle di RSM e Deloitte, prevede una crescita degli Stati Uniti del 2-2,5% nel 2025, con un’inflazione che si stabilizzerà intorno al 2,5-3% e una disoccupazione in aumento solo modesto. Questo scenario presuppone un equilibrio tra sostegno politico e rischi esterni.

Cambiamenti strutturali e prospettive a lungo termine

Sono in atto diversi cambiamenti strutturali che potrebbero rimodellare l’economia statunitense negli anni a venire:

  • Fine dei tassi ultra-bassi: l’era dei tassi di interesse prossimi allo zero è finita. Si prevede che la Fed taglierà i tassi lentamente, ma la nuova normalità sarà rappresentata da costi di finanziamento più elevati, che potrebbero sostenere i risparmiatori e ridurre le bolle speculative.
  • Risultati della politica industriale: gli Stati Uniti stanno investendo massicciamente in settori cruciali: semiconduttori, energia verde (anche se la situazione potrebbe cambiare con una nuova leadership) e manifattura avanzata. Ciò potrebbe rendere l’economia più resiliente agli shock globali.
  • Afflussi di capitali esteri: gli Stati Uniti continuano a esercitare un’attrazione per i capitali globali, contribuendo a finanziare gli investimenti e a sostenere il ruolo del dollaro come valuta di riserva mondiale.
  • Evoluzione del mercato del lavoro: la riforma dell’immigrazione e le tendenze demografiche influenzeranno la forza lavoro. Controlli più severi sull’immigrazione potrebbero aumentare i salari nel breve termine, ma potrebbero anche creare carenze di manodopera in settori chiave se non gestiti con attenzione.

Conclusione: resilienza nell’incertezza

L’economia statunitense nel 2025 presenta un paradosso. Mentre molti economisti mettevano in guardia contro la stagnazione e la recessione, la realtà è stata più sfumata. Le esportazioni sono in aumento, le importazioni in calo, l’inflazione è stabile e il mercato del lavoro rimane solido. L’attenzione dell’amministrazione sulla reindustrializzazione e sulla crescita trainata dalle esportazioni segna un cambiamento significativo rispetto al passato, e il contenimento dell’immigrazione mira a rafforzare queste tendenze.

Tuttavia, permangono rischi significativi. Errori politici, rinnovate tensioni commerciali o shock globali potrebbero ancora ostacolare la ripresa. Il prossimo anno sarà un banco di prova per verificare se gli Stati Uniti riusciranno a transitare con successo verso un modello economico più equilibrato e resiliente, che sfrutti i propri punti di forza in termini di innovazione, capitale e produzione, gestendo al contempo le sfide di un mondo in rapida evoluzione.

L’esito finale dipenderà dall’interazione tra le scelte politiche, le condizioni globali e la capacità di adattamento delle imprese e dei lavoratori americani. Per ora, l’economia sta reggendo meglio di quanto molti temessero, il che offre un cauto ottimismo per il futuro.

Riferimenti

  1. https://www.deloitte.com/us/en/insights/topics/economy/us-economic-forecast/united-states-outlook-analysis.html
  2. https://www.economist.com/topics/the-world-ahead-2025
  3. https://economictimes.com/news/international/us/top-economist-warns-us-faces-a-crisis-worse-than-recession-heres-what-could-be-coming-us-economy-news-us-recession-news-us-stagflation-news/articleshow/122094031.cms
  4. https://www.businessinsider.com/stagflazione-recessione-economia-statunitense-inflazione-disoccupazione-prospettive-apollo-torsten-slok-2025-6
  5. https://www.entrepreneur.com/business-news/predictions-for-the-us-economy-in-2025-ey-chief-economist/485414
  6. https://rsmus.com/insights/economics/the-us-economic-year-ahead-2025.html
  7. https://www.benzinga.com/economics/macro-economic-events/24/11/42137929/2025-us-economy-outlook-cloudier-than-normal-jpmorgan-says-boom-bust-scenarios
  8. https://www.morningstar.com/economy/how-healthy-is-us-economy-heres-what-top-economic-indicators-say
  9. https://www.wsj.com/economy/us-economy-shrugs-off-trade-war-and-soldiers-on-e4d18881?mod=hp_lead_pos1
  10. https://www.nytimes.com/2025/05/07/business/economy-tariffs-recession-indicators-fed.html

HANNIBAL DELLA DIRETTIVA NON è ANTHONY HOPKINS_di Cesare Semovigo

Per chi non lo sapesse , la famosa direttiva “ Hannibal” non è un nome in codice Pop Hollywoodista. I collegamenti con quel film dove una nana un po’ lolita un po’ suora si innamora di gran signore educatissimo e galante che mangia la gente con stile, purtroppo non esistono . Sopratutto di serie e su Netflix. Accattivante ammettiamolo , ma la direttiva prende il nome da quelle cose che personaggi da molti interessi un po’ , pippa , pippa , pippone come mi chiamava affettuosamente una mia ex .

Ognuno ha le sue passioni; le pratichiamo ossessivamente , al posto di seguire la Juve ( sarebbe gravissimo ) o acquistare una multiproprietà ad Ostuni , rigorosamente sprovvista di vista mare . Insomma , pur pensando troppo , appena sentiamo parlare di Agenzia a differenza dei comuni mortali l’argomento non concerne nessun rogito e F24 da pagare entro giorni 7. Il nome è decisamente Intelligence in ebraico “נוהל חניבעל”, nota anche come Procedura o Protocollo Annibale . Giuro mai stato secchione . Si parla di Annibale Barca, il celebre generale cartaginese che scelse di togliersi la vita (avvelenandosi) per non cadere prigioniero dei Romani nel 181 a.C. Questo gesto estremo richiama il principio della direttiva stessa, cioè impedire “ad ogni costo” la cattura di soldati israeliani da parte del nemico, anche a rischio della loro stessa vita. Tuttavia c’è di più , e la dissonanza per chi già l’ha colta , è occultata proprio nell’origine semantica di un protocollo così delicato. Il fatto è che non abbia riferimenti messianici “standard” riconducibili alla tradizione identitaria del popolo della tribù di Abramo. Sia “Rising Lion” che “I Carri di Gedone “ rientrano perfettamente nelle assonanze teologiche , ma perché invece “ il protocollo Annibale” è così smaccatamente dissonante ? Un piccolo ripasso delle Operazioni più emblematiche a riguardo: •Ira di Dio – diretto richiamo all’onnipotenza e al giudizio divino, usato in passato e ripreso per missioni con forte carica simbolica. •Freccia di Bashan – Bashan è una storica regione biblica; il nome evoca potenza e conquista tipiche delle narrazioni veterotestamentarie. •Pilastro di Nuvole – richiama l’episodio dell’Esodo, quando Dio guidava il popolo ebraico nel deserto con una colonna di nuvola di giorno e di fuoco di notte. Simboleggia protezione e guida divina. •La Fionda di David (David’s Sling) – riferimento diretto a Davide contro Golia, simbolo della lotta del “piccolo” contro il “gigante” grazie all’aiuto divino. •Vangelo – anche se meno frequente, è stato usato per identificare sistemi o azioni, rimandando direttamente alla sacralità e alla dimensione messianica .

Questi nomi non solo evocano la Bibbia, ma sono scelti per rafforzare nell’immaginario collettivo l’idea .

•Ira di Dio – diretto richiamo all’onnipotenza e al giudizio divino, usato in passato e ripreso per missioni con forte carica simbolica.

•Freccia di Bashan – Bashan è una storica regione biblica; il nome evoca potenza e conquista tipiche delle narrazioni veterotestamentarie.

•Pilastro di Nuvole – richiama l’episodio dell’Esodo, quando Dio guidava il popolo ebraico nel deserto con una colonna di nuvola di giorno e di fuoco di notte. Simboleggia protezione e guida divina.

•La Fionda di David (David’s Sling) – riferimento diretto a Davide contro Golia, simbolo della lotta del “piccolo” contro il “gigante” grazie all’aiuto divino.

•Vangelo – anche se meno frequente, è stato usato per identificare sistemi o azioni, rimandando direttamente alla sacralità e alla dimensione messianica di annuncio e salvezza. Questi nomi non solo evocano la Bibbia, ma sono scelti per rafforzare nell’immaginario collettivo l’idea di una missione storica e spirituale che si rinnova nella difesa di Israele.

La chiave simbolica celata nella “Direttiva Hannibal”

La direttiva è un messaggio racchiuso proprio in quella tradizione “esoterica “ di confine e ha un inquietante ruolo di soglia. Annibale simbolicamente è l’attivatore che attraverso un azzardo , frutto del suo genio militare (Guderian e Napoleone seguono ma distaccati ) , Sun Tzu e Machiavelli pontificavano , Annibale , era sia stratega , intellettuale e guidava i suoi in battaglia senza risparmiarsi. Lo stesso Spartaco circa 100 anni dopo si ispirò al mito del condottiero Cartaginese , replicandone le tattiche innovative . Su questo argomento troverete un excursus nella parte 3 sotto

. In due parole : Genio assoluto.

Terminato il mio endorsement per le primarie dell’All of name dei Tesla della storia militare , ritorniamo al Cuore Nerissimo di questo articolo . Annibale , è stato scelto per dare il nome all’operazione non per le sue skills , tantomeno perché le sue imprese hanno riecheggiato nella storia . Il generale Cartaginese , viene associato alla direttiva perché rappresenta appieno, immergendosi nel contesto militar-teocratico tipico della destra religiosa israeliana un concetto specifico: L’archetipo è attivatore della vendetta di Roma che portò a piallare Cartagine/Gaza. Bingo .

Quindi di rimando la storia del piano Sansone è un esempio di come rifiutando la complessità , si fa All In , veicolando ipotesi “ Nucleari “ che lo stesso mandante dell’operazione , che non sta né a Tel Aviv né al Pentagono , vuole mistificare , abituato com’è al pushing forward sul telecomando predittivo e ad avere l’ultimo verbo e il controllo del vento divino . Il mandante è probabilmente apolide e sfuggente , sembra stia nascosto in un Caveau , probabilmente in Svizzera . Una camera mitologica dentro probabile trovereste sia il tesoro dello Stato Confederato , quello Napoleonico e anche un Terzo . Ma il terzo prelude al quarto , sennò che tesoro è.

3 is a magic number .

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Cambiamento di narrazione: Gli attacchi israelo-statunitensi rafforzano la determinazione dell’Iran, di Simplicius

Cambiamento di narrazione: Gli attacchi israelo-statunitensi rafforzano la determinazione dell’Iran

Simplicius 4 luglio
 
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Un aspetto sottovalutato del conflitto israelo-iraniano è stato il modo in cui ha galvanizzato gli integralisti iraniani, con alcuni che ritengono che abbia effettivamente accentrato il potere intorno alla fazione dei falchi militari, piuttosto che fomentare la discordia e il disordine come l’Occidente aveva sperato.

L’Economist ha recentemente approfondito l’argomento:

https://archive.ph/HTzdh

Abbiamo visto che durante il conflitto, il Grande Ayatollah Khamenei ha delegato le decisioni di guerra a un consiglio dell’IRGC shura , permettendo loro di prendere tutte le risposte militari necessarie senza la sua immediata supervisione.

Ora l’Economist scrive come gli attacchi israeliani, e quelli americani precedenti, abbiano in realtà contribuito a spazzare via i “moderati” e a installare una classe di comandanti militari molto più agguerriti:

Come l’IRGC guadagna il controllo, la sua élite viene trasformata rapidamente dagli assassinii di Israele. Sono scomparsi i comandanti veterani che per anni hanno perseguito la “pazienza strategica”, limitando il fuoco quando il loro leader totemico, Qassem Soleimani, è stato assassinato nel 2020, e mantenendolo quando Israele ha colpito i loro proxy, Hamas e Hizbullah, nel 2024. Ora una nuova generazione, impaziente e più dogmatica, ha preso il loro posto ed è intenzionata a riscattare l’orgoglio nazionale. “La posizione massimalista è stata rafforzata”, afferma un accademico vicino al campo riformista. Egli sostiene che i decisori in carica prima della guerra stavano discutendo se abbandonare la loro posizione anti-Israele. Ma “ora sono tutti integralisti”.

Dichiarano addirittura che, per la prima volta dalla rivoluzione del 1979, i militari hanno acquisito la supremazia sui “chierici”, il che potrebbe spiegare perché Khamenei si è assentato durante la seconda metà della breve guerra.

Ma a medio termine potrebbe segnalare che il regime diventa più estremo, non più pragmatico, sotto la pressione di una campagna militare devastante.

Inoltre, le élite iraniane sembrano “coalizzarsi”, mentre un anno fa c’erano grandi lotte intestine e disaccordi sulla direzione del Paese rispetto alle pressioni internazionali; ora la fazione “moderata” è messa a tacere a favore degli audaci patrioti. Questo è simile al processo di selezione naturale che ha avuto luogo nei circoli dell’élite russa all’epoca dell’OMU. Ciò si è visto soprattutto quando il Majlis ha dichiarato la sua unanimità per la chiusura dello Stretto di Hormuz, di cui parleremo tra poco.

La cosa più sorprendente è stata l’ammissione dell’Economist che gli attacchi di Israele contro obiettivi civili sono serviti in realtà a unire la società iraniana. Questo fatto è in contrasto con le narrazioni quotidiane che ci vengono propinate sul fatto che l’Iran è a pezzi e che i cittadini disillusi aspettano a braccia aperte che Reza Pahlavi deponga il “regime teocratico”. Si suppone che i cittadini iraniani non abbiano apprezzato particolarmente scene come questa, pubblicata oggi per la prima volta, che mostra un attacco israeliano al centro di Teheran durante gli attentati del mese scorso:

Dall’articolo:

L’iniziale ammirazione per l’abilità militare di Israele si è trasformata in indignazione quando i suoi obiettivi si sono ampliati e il bilancio delle vittime è aumentato. Il disprezzo per l’impotenza dell’IRGC si è trasformato in orgoglio per la velocità con cui si è ricostituito. Gli iraniani che sono fuggiti dalla capitale stanno tornando.Quelli che un tempo sostenevano Israele ora consegnano alla polizia sospetti agenti israeliani. Le donne prigioniere politiche, le madri dei manifestanti giustiziati e le pop star iraniane in esilio hanno lanciato appelli per mobilitarsi in difesa dell’Iran. “Si è ritorto contro Bibi”, dice un ex funzionario diventato dissidente…

Le fonti dell’Economist sono convinte che gli attacchi israeliani abbiano reso certo che l’Iran ora “correrà” per ottenere la bomba- e perché non dovrebbe?

Basta confrontare il nuovo Capo di Stato Maggiore iraniano, il Maggiore Generale Mousavi (a sinistra), con il suo predecessore Mohammad Bagheri (a destra), ucciso negli attacchi israeliani:

“Se dovesse essere necessaria una risposta militare, questa sarà più forte e più schiacciante di prima”.

– Il nuovo Capo di Stato Maggiore iraniano, il Maggior Generale Mousavi

Ora è emerso che il possibile reale motivo per cui gli Stati Uniti hanno deciso di staccare la spina alla missione Iran così velocemente è stato perché dopo il voto parlamentare di conferma, l’Iran ha effettivamente iniziato a caricare navi con mine navali per chiudere lo Stretto di Hormuz.

https://www.reuters.com/world/medio oriente/iran-made-preparazioni-mini-stretto-hormuz-us-sources-say-2025-07-01/

Sommario:

Gli Stati Uniti erano seriamente preoccupati per un potenziale blocco dello Stretto di Hormuz, riferisce Reuters, citando fonti. In seguito al primo attacco missilistico di Israele del 13 giugno, l’Iran avrebbe caricato mine navali sulle navi nel Golfo Persico.

Il blocco di questa importante rotta marittima mondiale avrebbe potuto infliggere un duro colpo al commercio internazionale e far salire i prezzi dell’energia, dato che circa il 20% delle forniture mondiali di petrolio e gas passa attraverso lo stretto.

Tuttavia, i funzionari statunitensi hanno riconosciuto che potrebbe essersi trattato di un bluff iraniano.

Certo, conosciamo la scusa prevalente secondo cui solo l’11% del petrolio statunitense passa per Hormuz, e un tale blocco avrebbe colpito maggiormente la Cina e le sue sfere. Si tratta di una proiezione semplicistica, poiché gli effetti secondari sui mercati globali avrebbero comunque comportato importanti ripercussioni per l’economia statunitense attraverso interruzioni della catena di approvvigionamento, impennate dei costi di produzione, massicce pressioni politiche e la percezione di una debolezza delle capacità degli Stati Uniti come esecutori regionali, ecc.

M.K. Bhadrakumar conferma che l’élite iraniana sta “indurendo” le proprie posizioni:

Mentre i diplomatici fanno il loro lavoro, la posizione dell’Iran si irrigidisce a vista d’occhio dopo l’attacco aereo statunitense. Trump ha mal valutato l’umore e la psiche nazionale dell’Iran. Broujerdi, un politico & molto influente; diplomatico veterano [sta] articolando l’opinione della maggioranza nel Majlis.

Gli Stati Uniti sembrano in rotta di collisione/confronto/conflitto con l’Iran, dopo aver giocato tutte le loro carte diplomatiche. Politico, New York Times riportano che gli Stati Uniti stanno trattenendo le forniture di munizioni, difesa aerea, ecc. per l’Ucraina, poiché le scorte del Pentagono si stanno esaurendo; Israele ha la priorità.

Si riferisce al deputato iraniano e membro del Comitato per la sicurezza nazionale Broujerdi, il quale afferma che l’Iran arricchirà l’uranio a qualsiasi livello ritenga opportuno, compreso il 90%:

L’Iran ha continuato a sfidare la criminale AIEA, sospendendo la cooperazione con essa e bandendo il direttore Rafael Grossi dai suoi siti nucleari. Sembra che l’Iran sia sicuro della deterrenza acquisita grazie ai danni subiti da Israele con i suoi attacchi e non sia disposto a piegarsi o inginocchiarsi a ulteriori pressioni.

È interessante notare che ora ci sono notizie non verificate che affermano che Israele sta segretamente sollecitando la Russia a intervenire:

-Israele sta tenendo colloqui silenziosi ad alto livello con la Russia per perseguire una soluzione diplomatica sull’Iran e la Siria, mentre il cessate il fuoco con l’Iran rimane in vigore” – Israeli Broadcasting Corporation.

Israele ha delineato il suo desiderio di uno status quo in cui può semplicemente bombardare l’Iran a suo piacimento, in qualsiasi momento, per “far rispettare” le regole inventate che finge di imporre all’Iran; cioè lo stesso status quo ora accettato come normale per quanto riguarda il Libano, la Siria, lo Yemen e la Palestina – dove Israele può bombardare a suo capriccio.

Leggete questa nuova sorprendente rivelazione del giornale israeliano Ma’ariv:

JUST IN:

L’IAF ha sganciato su Gaza le munizioni di intercettazione rimaste, prima su base volontaria poi come politica.

Durante la guerra di 12 giorni di Israele contro l’Iran, i piloti dell’aeronautica israeliana di ritorno dalle missioni di intercettazione che trasportavano ancora munizioni inutilizzate chiesero di sganciarle su Gaza invece di atterrare a pieno carico.

Questa iniziativa è nata come “iniziativa locale”, ma è diventata rapidamente una routine. I piloti hanno sganciato le bombe in avanzo a Gaza per “sostenere le forze di terra a Khan Younis e nel nord di Gaza”. Il comandante dell’aeronautica Tomer Bar ha approvato l’estensione della pratica a tutti gli squadroni. Di conseguenza, Gaza è stata colpita quotidianamente da attacchi aerei intensivi, con decine di jet che hanno sganciato centinaia di munizioni sui palestinesi senza bisogno di ulteriori dispiegamenti. Un funzionario militare ha dichiarato che questa strategia ha aumentato l’efficienza dell’aeronautica militare, risparmiando risorse e aumentando la potenza di fuoco su più fronti.

Fonte: Ebraico Maariv.

Il problema è che ogni volta che lo farà, l’Iran risponderà probabilmente con un’altra serie di colpi schiaccianti sulle città israeliane, che non andranno a genio alla popolazione.

Sarà politicamente disastroso, perché la popolazione vedrà le “inutili” provocazioni del governo nei confronti dell’Iran come un grande pericolo per loro, senza alcun beneficio tangibile.

Allo stato attuale delle cose, l’Iran – tramite il Ministro della Difesa Araghchi – esige una qualche garanzia che qualsiasi negoziato futuro non venga usato come un altro stratagemma per attaccare l’Iran, come è stato appena fatto per due volte di seguito da Trump. Ma a questo punto, chi può fidarsi della parola degli Stati Uniti?

Gli Stati Uniti sembrano agire per un maggiore senso di disperazione nel riavviare i colloqui, piuttosto che l’Iran, che non ha fretta:

L’articolo del London Times con data di Washington, apparentemente di buona fonte, afferma che Witkoff sta comunicando “freneticamente” con i funzionari iraniani “attraverso canali diretti e indiretti” per far ripartire i colloqui; la “corsa è aperta” per ottenere urgentemente un accordo sul nucleare, nonostante l’insistenza di Trump nel dire il contrario; Witkoff può offrire un alleggerimento delle sanzioni come incentivo all’Iran per negoziare e “firmare un accordo a lungo termine per sostituire” il JCPOA del 2015, che scade a ottobre.

Anche nel momento in cui scriviamo gli aerei del governo iraniano sono tornati dall’Oman, il che indica possibili colloqui con le controparti statunitensi. Possiamo solo sperare che, dietro le spacconate di Trump, gli Stati Uniti abbiano un po’ di buon senso e riescano a trovare un compromesso per un accordo più ampio con il Medio Oriente.

Come corollario, ecco la CNN stupita dagli ultimi sondaggi che mostrano il cambiamento di percezione dei Democratici nei confronti di Israele:

Questa è una delle ragioni principali per cui Israele si trova in una situazione così difficile: la prossima generazione di americani non sosterrà più il dominio di Israele sul Congresso degli Stati Uniti. Israele non avrà altra scelta che escogitare nuovi metodi inventivi o false flag per tenere in riga gli americani, perché senza il sostegno degli Stati Uniti, Israele cesserà di essere una nazione in Medio Oriente.

Ma gli integralisti israeliani lo sanno ed è uno dei motivi per cui hanno scelto di distruggere o disgregare l’Iran ora, prima che sia troppo tardi.


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Il martello di Thor, di Emmanuel Todd

Il martello di Thor

Emmanuel Todd1 luglio
 
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Una sequenza a tre stadi può descrivere la scomparsa della matrice religiosa dalle nostre società: religione attiva (credenza e pratica regolari), religione zombie (incredulità con sopravvivenza di valori morali e sociali), religione zero (non rimane nulla). Ho applicato questa sequenza dapprima al cristianesimo, nelle sue diverse varianti – cattolica, protestante, ortodossa. In seguito l’ho estesa ai due monoteismi genitori, l’ebraismo e l’islam, e più specificamente alla sua componente sciita. Per la Scandinavia, ad esempio, possiamo descrivere una sequenza di “protestantesimo attivo, protestantesimo zombie, protestantesimo zero”. Per l’Iran, avremmo la stessa sequenza, ma incompleta: “sciismo attivo, sciismo zombie”, senza escludere la possibilità di uno “sciismo zero” in futuro. Per Israele, possiamo già descrivere una sequenza completa: “ebraismo attivo, ebraismo zombie, ebraismo zero”.

Il caso di Israele, come quello degli Stati Uniti, ci obbliga a spingere più in là l’analisi storica perché in questi due Paesi sono apparse nuove religioni: l’evangelismo pazzoide negli Stati Uniti, l’ebraismo ultraortodosso in Israele. Si tratta certamente di religioni, ma di innovazioni, post-cristiane in un caso, post-ebraiche nell’altro. Mai prima d’ora nella storia del protestantesimo avevamo visto un dio così freddo, che dispensava gratificazioni monetarie in assenza di moralità; mai prima d’ora nella storia ebraica avevamo visto la crescita esponenziale di un gruppo di fannulloni che vivevano di sussidi statali e del lavoro delle loro mogli per girare in tondo nella Torah. Ciò che accomuna queste due nuove religioni è il rifiuto dell’etica del lavoro del protestantesimo o dell’ebraismo. Queste due innovazioni, tuttavia, non sono le più importanti se cerchiamo di cogliere il fenomeno religioso dopo il cristianesimo o dopo l’ebraismo.

L’ho detto in La sconfitta dell’Occidente : il vuoto che succede al cristianesimo produce una deificazione del vuoto, quel nichilismo che vuole la distruzione delle cose, degli uomini e della realtà. Il nichilismo è la matrice delle nuove religioni. Ma la vera nuova religione di massa è il culto della guerra. Paradossalmente, o logicamente, questa innovazione ci riporta a prima del monoteismo. La storia dell’umanità ha elencato infinite religioni di guerra, o almeno di dei e dee della guerra. Ares e Atena tra i greci, Indra tra gli indo-ariani, Ningirsu a Sumer, Sekhmet in Egitto, senza dimenticare quello che conosciamo meglio, grazie ad Asterix, Toutatis, il dio celtico della guerra. I nostri antenati galli erano semplicemente dei tagliatori di teste .

Huitzilopochtli (Codice Telleriano-Remensis)

Sul canale Fréquence populaire, discutendo con Diane Lagrange dell’ultimo assalto americano-israeliano all’Iran, avevo citato, un po’ improvvisamente, il dio azteco della guerra Huitzilopochtli come possibile candidato per la nuova religione americano-israeliana. Grazie al Pentagono, possiamo fare di meglio. Il nome dell’operazione di bombardamento dei siti nucleari iraniani, Martello notturno, ci indica il dio ideale. Il “martello” è lo strumento e l’emblema di Thor, il dio scandinavo (e più in generale germanico) della guerra. Si tratta di un martello a manico corto che, dopo essere stato colpito, torna nella mano del suo padrone. All’inizio del terzo millennio, Thor è il dio dei neonazisti. Il suo mondo scandinavo originario è ora il luogo di un impressionante revival guerrafondaio. Propongo quindi di chiamare il culto di Thor la nuova religione della guerra che sta succedendo, nei Paesi protestanti o ebraici, al monoteismo e alla sua morale.

Avremo bisogno di immagini per fissare questo concetto. Perché non sostituire le stelle a cinque o sei punte delle bandiere americana e israeliana con il martello di Thor? Cinquantuno mini martelli di Thor, tutti bianchi, nell’angolo sinistro della bandiera dell’Unione; un unico martello di Thor, tutto blu, al centro della bandiera israeliana. Thor è il vero dio dell’America e di Israele.

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