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Qui sotto un interessante articolo di Roberto Iannuzzi. Di pari importanza il documento finale espresso da un consesso di cicisbei, il Consiglio Europeo, riunitosi il 21 e 22 marzo scorso. Leggetelo. Se si deve etichettarlo, lo si potrebbe definire surreale ed avventurista. Gioca in maniera infantile sulle emozioni di una narrazione consunta fondata sui presunti rapimenti di popolazioni e bambini, massacri di civili e intenzioni di dominio militare continentale da parte dei russi per motivare alla guerra un popolo europeo inesistente. Percepisce in maniera vaga che uno scontro cercato con la Russia ha bisogno del seguito di un popolo e che occorrono anni per creare il clima giusto a dispetto della dura realtà dei fatti e del tempo che incalza più velocemente della percezione e della narrazione delle élites dominanti. Blatera della costruzione di uno strumento militare europeo e di un conseguente complesso militare-industriale che garantiscano autonomia politica ed indipendenza in un quadro paradossale di dipendenza ed assoggettamento alla Alleanza Atlantica e per il quale occorreranno lustri, ammesso e non concesso che vi sia la volontà politica dei principali paesi europei. Ai tempi lunghi dei quali si percepisce la necessità corrisponde una politica di provocazioni estreme che non fa che accelerare le probabilità di un conflitto aperto in tempi rapidi. Non sono solo le provocazioni di Macron in Ucraina e a Odessa, ma anche quanto sta succedendo in Caucaso tra Armenia, Georgia e Azerbajan, con la partecipazione attiva anche di Stoltenberg, e negli ..Stan confinanti con la Russia e la Cina in Asia Centrale. La dirigenza europea e dei paesi europei sta perdendo ogni cautela e sta rinnegando i già precari ed ipocriti principi che hanno guidato la sua politica solo pochi lustri fa. Sta forzando l’adesione di nuovi paesi alla Unione fomentando la divisione interna su basi etniche e religiose dei loro popoli. Lo si vede in Bosnia-Erzegovina, in Moldova, in Georgia come nel recente passato nei paesi baltici e in Ucraina. Sta accogliendo nel proprio seno il seme del conflitto militare e della guerra civile. Sono élites che stanno annaspando e si stanno dibattendo perché stanno cadendo nella doppia trappola di un possibile rivolgimento della dirigenza statunitense e di una pesante sconfitta militare sul campo ucraino. Elites schiave della loro cecità e sicumera, espressioni del loro ultradecennale assoggettamento politico statunitense e invischiate sino ai capelli nelle loro miserabili pratiche lobbistiche scisse dai contesti nazionali. Da qui l’ostinazione nelle loro politiche cosiddette ambientalistiche e agricole, tra le varie, che pretendono di conciliare le aperture liberiste all’Ucraina con l’ambientalismo basato sulla morte di decine di migliaia di aziende agricole; di una parte consistente, quindi, della loro passata base di consenso. La loro possibilità di sopravvivenza consiste nell’alzare continuamente la posta e, con essa, l’azzardo. Non sottovalutiamoli! Hanno ancora tante disponibilità e risorse e sempre meno scrupoli. La Russia, la sua attuale dirigenza, non sono i nostri nemici! Non rimane tuttavia che un filo di speranza: il divario tra atti concreti da una parte e dichiarazioni roboanti e propositi dall’altra: la Germania di Scholz è silenziosa e sorniona, ma si rivela il maggior contributore europeo di armi e denaro al’Ucraina; Macron e Meloni, Francia e Italia, i più chiassosi, ma poco fattivi nella fattispecie. Ci sta però pensando Macron a colmare il divario. Durante la seconda guerra mondiale l’azzardo di Mussolini, meglio fondato dell’attuale, sappiamo come andato a finire; l’attuale delle dirigenze europee rischia un esito ben più catastrofico. L’epilogo insomma di un ciclo iniziato nel 1914. Giuseppe Germinario
Quella che a fine febbraio era apparsa a molti come una boutade del presidente francese Emmanuel Macron (“l’invio di truppe occidentali in Ucraina non può essere escluso”), si è trasformata con il passare dei giorni nel cavallo di battaglia del capo dell’Eliseo.
In un’agguerrita intervista televisiva in prima serata, lo scorso 14 marzo, Macron ha rincarato la dose. Descrivendo ancora una volta il conflitto ucraino in termini esistenziali (“Se la Russia dovesse vincere, le vite dei francesi cambierebbero”, “Non avremmo più sicurezza in Europa”), il presidente francese ha ribadito che l’Occidente non dovrebbe permettere alla Russia di vincere.
Spiegando che tutte le precedenti linee rosse sono state oltrepassate dall’Occidente in Ucraina (inviando missili e altri sistemi d’arma che inizialmente si riteneva impensabile fornire a Kiev), egli ha lasciato intendere che neanche l’invio di soldati dovrebbe essere considerato un tabù (in effetti, militari occidentali sono già in Ucraina).
Chiarendo che non sarà mai la Francia a prendere l’iniziativa militare attaccando i russi in territorio ucraino, il presidente francese ha mantenuto una voluta ambiguità sull’effettiva possibilità di inviare truppe e sugli eventuali obiettivi di una simile missione, definendola “ambiguità strategica”.
Egli ha sottolineato di nuovo questi concetti in un’intervista al quotidiano Le Parisien, di ritorno da una riunione del cosiddetto Triangolo di Weimar (che raggruppa Germania, Francia e Polonia) a Berlino.
“Nostro dovere è prepararci a tutti gli scenari”, ha detto Macron, chiarendo che:
“Forse a un certo punto – non lo voglio, non sarò io a prendere l’iniziativa – sarà necessario avere operazioni sul terreno, qualunque esse siano, per contrastare le forze russe. La forza della Francia è che possiamo farlo”.
Pochi giorni dopo, è apparso un editoriale su Le Monde, a firma del capo di Stato maggiore dell’esercito francese, generale Pierre Schill, eloquentemente intitolato “L’esercito francese è pronto”.
Nell’articolo, Schill scriveva che “contrariamente alle aspirazioni pacifiche dei paesi europei, i conflitti che stanno prendendo piede ai margini del nostro continente testimoniano non tanto di un ritorno della guerra, quanto della sua permanenza come modalità accettata di risoluzione dei conflitti”.
Sulla base di questo singolare assioma, il generale dichiarava che la Francia ha la capacità di dispiegare una divisione di 20.000 soldati in 30 giorni, ed è in grado di comandare un corpo d’armata di 60.000 uomini eventualmente forniti da paesi alleati.
Cosa potrebbero fare le forze francesi in Ucraina lo ha spiegato, ancora una volta in un programma televisivo, il colonnello Vincent Arbaretier. Esse potrebbero schierarsi lungo il fiume Dniepr che separa l’Ucraina orientale da quella occidentale, prefigurando quindi un possibile tentativo di partizione del paese.
La seconda ipotesi prospettata è che le truppe vengano dispiegate lungo il confine con la Bielorussia, sostanzialmente per difendere Kiev da un possibile attacco da nord. Una terza possibilità, non citata dal colonnello, è che esse vengano poste a difesa di Odessa (la Francia ha già alcune truppe e carri armati Leclerc schierati in Romania).
Infine un’ultima opzione, forse la più realistica, è che i francesi vengano utilizzati per svolgere compiti logistici nelle retrovie, liberando un equivalente numero di soldati ucraini che potrebbe così andare a combattere al fronte.
In tutti questi scenari, un intervento francese (eventualmente perfino alla testa di un contingente composto da militari di altri paesi) appare tutt’altro che sufficiente a cambiare le sorti del conflitto, se si pensa che il recentemente licenziato comandante dell’esercito ucraino Valery Zaluzhny aveva stimato in 500.000 uomini il fabbisogno delle forze armate di Kiev per resistere alla Russia.
Un simile dispiegamento si preannuncia anche estremamente rischioso. Esperti militari francesi hanno ammonito che, a causa della scarsità di equipaggiamento e munizioni, in un eventuale scontro diretto con i russi tale contingente avrebbe un’autonomia di qualche mese al massimo, probabilmente meno.
Alla luce dell’ipotesi ventilata da Macron, un ufficiale delle forze armate francesi avrebbe commentato che “non dobbiamo illuderci, di fronte ai russi siamo un esercito di majorette”.
E’ interessante notare che, ipotizzando il dispiegamento di soldati in Ucraina, sia Macron che commentatori militari come Arbaretier, hanno sottolineato l’aspetto “dissuasivo”, ovvero l’effetto deterrente, che esso avrebbe sostanzialmente sulla base del fatto che la Francia è una potenza nucleare.
Questa osservazione è legata al concetto di “ambiguità strategica”, ovvero di incertezza, su cui il presidente francese si è volutamente soffermato. L’idea di incertezza è alla base del pensiero strategico francese relativo alla deterrenza, uno dei cui architetti è il generale André Beaufre, che ne scrisse diffusamente negli anni ’60 del secolo scorso.
Sostanzialmente, in base a questa teoria, per un paese come la Francia, che non dispone di un vasto arsenale come quello degli Stati Uniti, per dissuadere un avversario vi è un solo elemento di un certo valore: l’incertezza. Essa è “il fattore essenziale della deterrenza”.
Beaufre, naturalmente, faceva riferimento alla deterrenza nucleare, non alla possibilità di inviare un contingente militare in un conflitto alla periferia dell’Europa. Ma il fatto che la Francia sia una potenza atomica implica che il dispiegamento di forze francesi non sia, in linea di principio, slegato dalla dimensione nucleare.
Tuttavia, è estremamente pertinente a questo proposito l’osservazione fatta dal capo di Stato maggiore Schill nel citato editoriale su Le Monde, secondo la quale la deterrenza nucleare “non è una garanzia universale” perché non protegge dai conflitti che rimangono “sotto la soglia degli interessi vitali”.
Checché ne dica Macron, il conflitto ucraino non ha una dimensione esistenziale per la Francia, mentre Mosca ha già ampiamente dimostrato che ce l’ha per la Russia.
Se il Cremlino è disposto a rischiare un conflitto nucleare pur di impedire che la NATO si insedi (seppur non ufficialmente, concretamente) in Ucraina, nessun paese occidentale correrebbe questo rischio per ottenere un simile risultato, che evidentemente non è esistenziale per l’Occidente.
E’ questa la ragione per cui Kiev avrebbe dovuto negoziare fin dall’inizio uno status di neutralità, e per cui ora dovrebbe negoziare con Mosca il prima possibile, per salvaguardare al massimo ciò che resta della sua integrità territoriale.
Ed è questa la ragione per cui una coalizione di paesi “volenterosi” che dovesse dispiegare un contingente in Ucraina non avrebbe alcuna reale copertura al di là della propria (esigua) capacità di difesa. Né una forza francese né una forza di coalizione in Ucraina sarebbero coperte dall’articolo 5 della NATO.
E, nel caso di un’escalation di tensione in Europa derivante da uno scontro fra queste forze e truppe russe in Ucraina, gli USA non avrebbero alcun obbligo di intervenire né tantomeno di assicurare il loro ombrello atomico, perfino qualora le tensioni dovessero giungere a lambire la soglia nucleare in Europa.
Il conflitto ucraino ha altresì dimostrato che né la Francia, né l’Occidente in generale, sono attrezzati per affrontare una guerra di logoramento. La dottrina strategica occidentale, che ha puntato tutto su conflitti rapidi e decisivi, ha portato i nostri paesi a non essere preparati per questo tipo di confronto bellico, osserva uno studio del britannico Royal United Services Institute (RUSI).
L’industria bellica europea non è perciò in grado di competere con quella russa per capacità produttiva, e non lo sarà per anni.
Da quanto detto, segue che un intervento come quello prospettato dal presidente francese avrebbe uno scarso potere dissuasivo nei confronti di Mosca, a fronte di gravi rischi per chi volesse implementarlo.
La proposta francese, dunque, è solo un pericoloso bluff, o (più probabilmente) nasconde altre motivazioni.
Per comprenderle, sarà utile ripercorrere rapidamente le tappe della “metamorfosi” di Macron, da leader europeo incline al dialogo con Mosca a implacabile avversario del Cremlino, convinto che la Russia rappresenti una minaccia non solo per l’Ucraina, ma per la sicurezza dell’intera Europa.
Fin dal suo ingresso all’Eliseo nel 2017, il presidente francese aveva segnalato la propria intenzione di stringere una partnership con Mosca, invitando il suo omologo russo Vladimir Putin al palazzo di Versailles, ex residenza dei re di Francia.
Per Macron, la Russia faceva parte di un’Europa che si estendeva da Lisbona a Vladivostok.
Perfino dopo lo scoppio del conflitto ucraino nel febbraio 2022, il leader francese aveva sostenuto la necessità di mantenere aperto un canale di dialogo con Putin, affermando che non bisognava “umiliare la Russia”, e aveva parlato in diverse occasioni con il capo del Cremlino.
La conversione di Macron ebbe inizio il 1 giugno 2023 allorché, rivolgendosi alla platea del GLOBSEC Forum di Bratislava, in Slovacchia, egli si espresse a favore di un rapido ingresso dell’Ucraina nella NATO, un’ipotesi alla quale erano contrari perfino Washington e Berlino.
In quella stessa occasione, egli affermò di voler accelerare i tempi dell’allargamento dell’UE, al fine di lanciare “un forte segnale a Putin”. In quel periodo, l’Ucraina ed i suoi alleati occidentali speravano che la controffensiva estiva avrebbe strappato ai russi almeno parte dei territori occupati. Ma l’impresa si sarebbe rivelata un fallimento.
Da quel momento in poi, l’ipotesi di inviare truppe sul terreno venne presa in considerazione, in gran segreto, dalle autorità francesi. L’idea fu esaminata la prima volta già dal Consiglio di Difesa del 12 giugno 2023.
Ad una conferenza stampa nel gennaio di quest’anno, Macron parlò per la prima volta di “riarmo del paese”. Il 17 dello stesso mese, Mosca accusò la Francia di aver inviato mercenari a combattere al fianco degli ucraini, sostenendo che una sessantina di essi era rimasta uccisa in un attacco russo contro un albergo di Kharkiv.
Infine, il 22 febbraio il ministro della difesa francese Sébastien Lecornu affermò che i russi avevano minacciato di abbattere un aereo spia francese che stava sorvolando il Mar Nero.
Al deterioramento dei rapporti fra i due paesi ha senz’altro contribuito nei mesi passati il declino dell’influenza francese nell’Africa occidentale che, a seguito di diversi colpi di stato (in Mali, Burkina Faso e Niger), ha visto salire al potere governi che hanno stretto rapporti amichevoli con Mosca.
Ma l’inedito attivismo francese ha anche una dimensione prettamente europea, legata essenzialmente alla crisi del cosiddetto asse franco-tedesco. Fra Parigi e Berlino vi sono crescenti incomprensioni riguardo alla gestione della crisi ucraina, e più in generale degli assetti strategici europei.
La Germania è il secondo fornitore di armi all’Ucraina dopo gli Stati Uniti, mentre la Francia è appena al 14° posto, ma il governo del cancelliere Olaf Scholz ha spesso dovuto subire le critiche di Parigi che lo accusa di seguire una linea “troppo cauta”.
Berlino, dal canto suo, non ha nascosto la propria irritazione per la volontà di Macron di atteggiarsi a leader dell’Europa, e per il suo tentativo di creare un asse privilegiato con i paesi dell’Est a partire dal suo discorso di Bratislava del giugno 2023, con un’azione unilaterale che scavalca la Germania.
Malgrado il maggiore contributo di quest’ultima in termini quantitativi allo sforzo bellico ucraino, Parigi ha più volte messo in risalto la decisione francese di fornire a Kiev i propri missili da crociera a lungo raggio Scalp, esortando la Germania a fare altrettanto inviando i propri Taurus.
Scholz, tuttavia teme che la consegna di tali missili, che hanno una gittata di 500 km e sono potenzialmente in grado di colpire Mosca, porti a un’escalation del conflitto che potrebbe coinvolgere direttamente la Germania. A differenza della Francia, quest’ultima non dispone nemmeno di un proprio deterrente nucleare, oltre ad avere un passato ben più burrascoso con Mosca, il quale ha lasciato dietro di sé ferite non rimarginate.
Ma il dissidio fra Berlino e Parigi va al di là della mera gestione del conflitto ucraino, riguardando la questione più profonda degli equilibri strategici europei. Sia Scholz che Macron hanno riconosciuto nello scoppio di tale conflitto, nel febbraio 2022, un cambiamento epocale.
Il primo ha ritenuto di dover riallacciare un rapporto privilegiato con Washington, aspirando a diventare il principale garante della sicurezza in Europa per conto dell’alleato americano, e in stretto coordinamento con la NATO.
Il secondo ha invece riaffermato la necessità di una “autonomia strategica” europea. Egli l’ha però articolata in maniera alquanto contraddittoria allorché, pur volendo apparentemente rinunciare a un coordinamento diretto con Washington, ha cercato di costituire un asse con i paesi dell’Est (notoriamente schierati sulle posizioni americane più intransigenti) sempre in chiave antirussa.
Il conflitto ucraino ha messo in crisi l’accordo non scritto alla base dell’asse franco-tedesco, secondo il quale mentre a Berlino era riconosciuta la leadership economica in Europa, a Parigi andava quella strategico-militare.
Puntando al riarmo del proprio esercito, il governo tedesco ha posto le premesse per rompere questo fragile equilibrio. Lanciando la European Sky Shield Initiative, uno scudo antimissile che coinvolge 17 paesi europei, fondato su tecnologia americana e israeliana, Berlino ha compiuto un altro sgarbo nei confronti di Parigi.
L’Eliseo ambisce infatti alla creazione di un’industria della difesa europea a partire dalla base tecnologica francese (all’iniziativa tedesca non ha aderito nemmeno l’Italia, che condivide con la Francia il sistema missilistico SAMP-T).
Parigi, dunque, non solo rimprovera a Berlino una “invasione di campo”, ma anche la volontà di mantenere uno stretto legame con l’industria bellica americana.
Dopo la Brexit, la Francia è rimasta l’unico paese dell’UE ad avere un seggio al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, e l’unico a possedere armi nucleari. L’offerta di Macron di estendere a livello europeo il deterrente nucleare francese ha però incontrato la freddezza di Scholz, che sembra voler rimanere legato all’ombrello nucleare americano.
Da qui il tentativo francese di assumere la leadership europea nella gestione del conflitto ucraino, che emerge chiaramente anche dalle parole con cui Macron sottolinea le differenze che esistono tra Francia e Germania.
Di ritorno da Berlino, dove si è tenuta la riunione del Triangolo di Weimar, il presidente francese ha descritto Scholz come tuttora legato alla cultura pacifista del suo partito, l’SPD.
“La Germania ha una cultura strategica di grande cautela, di non-intervento, e mantiene le distanze dal nucleare”, ha detto Macron, evidenziando che si tratta di “un modello molto diverso da quello della Francia, che dispone di armi nucleari e ha mantenuto e rafforzato un esercito professionale”.
Il leader francese ha aggiunto che “la Costituzione della Quinta Repubblica fa del presidente il garante della difesa nazionale. In Germania, invece, la catena di comando deve tenere conto del sistema parlamentare”.
Per come si è delineata, la competizione franco-tedesca ha però l’effetto di esacerbare lo scontro con Mosca, avendo come conseguenza la totale presa in carico del sostegno militare a Kiev da parte dell’Europa, in assenza di qualsiasi prospettiva negoziale.
Ciò non fa che realizzare il disegno strategico americano che prevede di delegare agli europei il contenimento della Russia (con tutte le passività che ciò comporta in termini economici e di sicurezza) per dispiegare le proprie risorse militari nel Pacifico.
La “crociata” contro Mosca indetta dal presidente francese ha infine una chiara dimensione elettorale. Il Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen è dato dai sondaggi oltre il 30%, e potrebbe sbaragliare la coalizione di Macron (Renaissance), che naviga intorno al 18%, alle prossime elezioni per il Parlamento Europeo.
Una vittoria alle europee potrebbe assicurare alla Le Pen un trampolino di lancio per la prossima scalata all’Eliseo, quando Macron avrà raggiunto il limite dei due mandati.
Gabriel Attal, primo ministro e possibile successore di Macron, ha recentemente accusato l’RN di essere la “fanteria” di Putin in Europa. L’attivismo macroniano sul fronte ucraino serve dunque anche a demonizzare l’opposizione interna e a ricompattare la nazione di fronte alla minaccia di un “nemico esterno”.
Finora con poco successo, a giudicare dai sondaggi secondo cui il 68% dei francesi ha definito “sbagliata” la proposta del presidente di dispiegare truppe in Ucraina.
Ma il caso francese è emblematico di un più generale paradigma europeo, nel quale una “minaccia esterna”, appositamente alimentata, costituisce un ottimo pretesto per soffocare il dissenso, imporre una logica dell’emergenza, e impedire un dibattito serio sulla crisi politica, economica, sociale e culturale che attanaglia l’Europa.
Ciò comporta non soltanto un inevitabile aggravarsi di tale crisi, ma anche – a causa della contrapposizione con la Russia – un continuo deterioramento della stabilità e della sicurezza continentale.
L’allarmismo europeo nei confronti della “minaccia russa” maschera tuttavia a malapena il crescente malcontento che serpeggia ovunque, perfino nei paesi dell’Est (dalla Polonia alla Romania, alla Bulgaria, alla Repubblica Ceca), per come è stata gestita la questione ucraina, e per le ripercussioni economiche e sociali che hanno affossato il vecchio continente.
Conclusioni – 21 e 22 marzo 2024
EUCO 7/24 1
IT
Il Consiglio europeo ha proceduto a uno scambio di opinioni con il segretario generale delle
Nazioni Unite António Guterres in merito alla situazione geopolitica e alle principali sfide globali.
Il Consiglio europeo ha commemorato il 30º anniversario dell’accordo SEE con i primi ministri di
Islanda, Liechtenstein e Norvegia.
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I. UCRAINA
1. A due anni dall’inizio della guerra di aggressione mossa dalla Russia contro l’Ucraina e
a dieci anni dall’annessione illegale della Crimea e di Sebastopoli da parte della Russia,
entrambe in palese violazione degli obblighi derivanti a quest’ultima dalla Carta delle
Nazioni Unite e dal diritto internazionale, il Consiglio europeo sostiene in modo sempre
più risoluto l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi
confini riconosciuti a livello internazionale. La Russia non deve prevalere.
Data l’urgenza della situazione, l’Unione europea è determinata a continuare a fornire
all’Ucraina e alla sua popolazione tutto il necessario sostegno politico, finanziario,
economico, umanitario, militare e diplomatico per tutto il tempo necessario e con
l’intensità necessaria. Il Consiglio europeo invita gli alleati e i partner di tutto il mondo
ad aderire a questo sforzo.
2. Nell’esercitare il suo diritto naturale di autotutela, l’Ucraina necessita con urgenza di
sistemi di difesa aerea, munizioni e missili. In questo momento critico, l’Unione europea
e gli Stati membri accelereranno e intensificheranno la fornitura di tutta l’assistenza
militare necessaria. Il Consiglio europeo accoglie con favore tutte le recenti iniziative a
tale riguardo, compresa quella lanciata dalla Cechia per acquisire con urgenza
munizioni per l’Ucraina, che consentiranno di onorare rapidamente l’impegno dell’UE di
fornire all’Ucraina un milione di munizioni di artiglieria.
Conclusioni – 21 e 22 marzo 2024
EUCO 7/24 2
IT
3. Il Consiglio europeo si compiace degli accordi bilaterali sugli impegni in materia di
sicurezza conclusi da vari Stati membri e partner con l’Ucraina. Ha esaminato i
progressi compiuti in merito al contributo dell’UE agli impegni in materia di sicurezza
nei confronti dell’Ucraina, che aiuteranno il paese a difendersi, a resistere agli sforzi di
destabilizzazione e a scoraggiare atti di aggressione nel futuro. Il Consiglio europeo
accoglie con favore l’adozione della decisione del Consiglio relativa a un Fondo di
assistenza per l’Ucraina che assicura il proseguimento del sostegno militare all’Ucraina
nell’ambito dello strumento europeo per la pace. Il Consiglio europeo chiede al
Consiglio di lavorare all’8º pacchetto di sostegno per l’Ucraina nell’ambito dello
strumento europeo per la pace. Accoglie altresì con favore l’aumento della capacità della
missione di assistenza militare dell’UE (EUMAM).
4. Il Consiglio europeo ha esaminato i progressi compiuti in relazione ai prossimi passi
concreti volti a destinare a beneficio dell’Ucraina, compresa la possibilità di finanziare il
sostegno militare, le entrate straordinarie derivanti dai beni russi bloccati. Invita il
Consiglio a portare avanti i lavori sulle recenti proposte dell’alto rappresentante e della
Commissione.
5. Il sostegno militare e gli impegni dell’UE in materia di sicurezza saranno forniti nel
pieno rispetto della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri e tenendo
conto degli interessi di tutti gli Stati membri in materia di sicurezza e di difesa.
Conclusioni – 21 e 22 marzo 2024
EUCO 7/24 3
IT
6. Il Consiglio europeo accoglie con favore l’adozione del 13º pacchetto di sanzioni.
Chiede ulteriori misure per indebolire la capacità della Russia di continuare a condurre
la sua guerra di aggressione, ivi compreso il rafforzamento delle sanzioni. È essenziale
dare piena ed effettiva attuazione alle sanzioni. Il Consiglio europeo chiede al Consiglio
e alla Commissione di migliorare lo scambio di informazioni, rafforzare l’attuazione,
potenziare l’azione dell’UE e degli Stati membri con i paesi terzi nonché colmare tutte le
lacune sia all’interno che al di fuori dell’Unione, tra l’altro prevenendo l’elusione delle
sanzioni attraverso paesi terzi e garantendo la loro applicazione anche per quanto
riguarda le controllate di società dell’UE all’estero. L’accesso della Russia a prodotti e
tecnologie sensibili che hanno rilevanza sul campo di battaglia deve essere limitato al
massimo, anche colpendo le entità di paesi terzi che rendono possibile tale elusione. Il
Consiglio europeo invita l’alto rappresentante e la Commissione a preparare ulteriori
sanzioni nei confronti della Bielorussia, della Corea del Nord e dell’Iran.
7. Il Consiglio europeo invita le parti terze a cessare immediatamente di fornire sostegno
materiale alla guerra di aggressione russa contro l’Ucraina. È estremamente preoccupato
per le notizie secondo cui l’Iran potrebbe trasferire alla Russia missili balistici e
tecnologie correlate da utilizzare contro l’Ucraina dopo aver fornito al regime russo
aeromobili senza equipaggio (UAV), che vengono impiegati per incessanti attacchi
contro la popolazione civile in Ucraina. Se l’Iran dovesse agire in tal senso, l’Unione
europea è pronta a rispondere rapidamente e in coordinamento con i partner
internazionali, anche attraverso nuove e significative misure restrittive nei confronti
dell’Iran.
8. Il Consiglio europeo condanna fermamente le continue violazioni dei diritti umani
perpetrate dalla Russia nei territori ucraini occupati, compresa la deportazione di
bambini. Respinge con fermezza e non riconoscerà mai le cosiddette “elezioni” illegali
organizzate dalla Russia nei territori ucraini temporaneamente occupati di Crimea,
Sebastopoli, Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson, né il relativo esito.
Conclusioni – 21 e 22 marzo 2024
EUCO 7/24 4
IT
9. La Russia e i suoi dirigenti devono essere chiamati a rispondere pienamente della guerra
di aggressione condotta nei confronti dell’Ucraina e di altri crimini di estrema gravità ai
sensi del diritto internazionale, come pure degli ingenti danni causati dalla guerra. Il
Consiglio europeo sostiene gli sforzi in atto, anche in sede di Core Group, al fine di
istituire un tribunale per il perseguimento del crimine di aggressione nei confronti
dell’Ucraina che goda del più ampio sostegno a livello interregionale e della più ampia
legittimità, nonché un futuro meccanismo di risarcimento.
10. L’Unione europea resta determinata a sostenere, in coordinamento con i partner
internazionali, la riparazione, la ripresa e la ricostruzione dell’Ucraina. Il Consiglio
europeo si compiace del recente rafforzamento della missione consultiva dell’Unione
europea (EUAM) in Ucraina, che consentirà di accrescere il sostegno alle autorità di
contrasto ucraine nei territori dell’Ucraina liberati e adiacenti, come anche alle riforme
nel contesto del processo di adesione all’UE. Il Consiglio europeo chiede ulteriore
sostegno per la riabilitazione psicologica e psicosociale e una maggiore assistenza allo
sminamento.
11. L’Unione europea e i suoi Stati membri proseguiranno gli intensi sforzi di
sensibilizzazione a livello mondiale per garantire il sostegno internazionale più ampio
possibile a una pace globale, giusta e duratura nonché ai principi e obiettivi chiave della
formula di pace dell’Ucraina, in vista di un futuro vertice di pace globale.
12. Il Consiglio europeo sottolinea l’importanza strategica della sicurezza e della stabilità
nella regione del Mar Nero. Evidenzia la necessità di assistere l’Ucraina nel ripristinare
la propria posizione nei suoi tradizionali mercati di esportazione, in particolare
in Medio Oriente e in Africa.
13. L’Unione europea continuerà a fornire alla Repubblica di Moldova tutto il sostegno del
caso per rispondere alle sfide che quest’ultima si trova ad affrontare per effetto
dell’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina e per rafforzare la resilienza, la
sicurezza e la stabilità del paese di fronte alle attività destabilizzanti della Russia.
Il Consiglio europeo accoglie con favore gli impegni bilaterali assunti dagli Stati
membri a sostegno della missione di partenariato dell’Unione europea (EUPM) in
Moldova al fine di rafforzare la resilienza del settore della sicurezza.
Conclusioni – 21 e 22 marzo 2024
EUCO 7/24 5
IT
14. L’Unione europea continuerà inoltre a sostenere la Georgia nel rafforzare la sua
resilienza e nel rispondere alle sfide che quest’ultima si trova ad affrontare per effetto
delle azioni della Russia volte a minare l’integrità territoriale della Georgia nonché della
guerra di aggressione russa contro l’Ucraina.
II. SICUREZZA E DIFESA
15. L’Unione europea è determinata ad aumentare la sua prontezza alla difesa e le sue
capacità di difesa complessive affinché siano all’altezza delle sue esigenze e ambizioni
nel contesto delle crescenti minacce e sfide per la sicurezza. Sulla scorta della
dichiarazione di Versailles e della bussola strategica, è determinata a ridurre le sue
dipendenze strategiche e ad accrescere le sue capacità. La base industriale e tecnologica
di difesa europea dovrebbe essere rafforzata di conseguenza in tutta l’Unione.
L’aumento della prontezza alla difesa e il rafforzamento della sovranità dell’Unione
richiederanno ulteriori sforzi, conformemente alle competenze degli Stati membri, per:
a) rispettare l’impegno comune di aumentare in modo sostanziale la spesa per la
difesa, e investire insieme in modo migliore e più rapido;
b) migliorare l’accesso dell’industria europea della difesa ai finanziamenti pubblici e
privati. In tale contesto, il Consiglio europeo invita il Consiglio e la Commissione
a esaminare tutte le opzioni per mobilitare finanziamenti e a riferire in merito
entro giugno. Si invita inoltre la Banca europea per gli investimenti ad adeguare la
sua politica di prestiti all’industria della difesa e la sua attuale definizione di beni a
duplice uso, salvaguardando nel contempo la sua capacità di finanziamento;
c) incentivare lo sviluppo e gli appalti congiunti per far fronte alle carenze in termini
di capacità critiche dell’UE, in particolare per quanto riguarda gli abilitanti
strategici, nonché per sfruttare appieno le sinergie tra i processi di pianificazione
della difesa a livello nazionale ed europeo;
Conclusioni – 21 e 22 marzo 2024
EUCO 7/24 6
IT
d) potenziare gli investimenti cooperativi/congiunti nel settore della difesa, dalla fase
di ricerca e sviluppo a quella di pianificazione, fino all’industrializzazione e agli
appalti congiunti, e migliorare la prevedibilità, ad esempio attraverso contratti
pluriennali fissi;
e) aumentare la resilienza dell’industria europea della difesa, la sua flessibilità e la
sua capacità di sviluppare e produrre prodotti per la difesa innovativi, potenziando
la loro interoperabilità e intercambiabilità nonché garantendo la loro disponibilità
per gli Stati membri;
f) incentivare l’ulteriore integrazione del mercato europeo della difesa in tutta
l’Unione, agevolando l’accesso alle catene di approvvigionamento della difesa, in
particolare per le PMI e le società a media capitalizzazione, e riducendo la
burocrazia;
g) migliorare la risposta rapida e l’individuazione tempestiva delle strozzature nelle
catene di approvvigionamento per il mercato della difesa e garantire che la
regolamentazione dell’UE non costituisca un ostacolo allo sviluppo dell’industria
europea della difesa;
h) sostenere le iniziative volte a continuare a investire nella manodopera qualificata
per far fronte alle prevalenti carenze di manodopera e di competenze nell’industria
della difesa.
16. Il Consiglio europeo invita il Consiglio, l’alto rappresentante e la Commissione a portare
avanti rapidamente i lavori relativi alla comunicazione congiunta su una strategia per
l’industria europea della difesa (EDIS). Invita altresì il Consiglio a portare avanti senza
indugio i lavori sulla proposta relativa a un programma per l’industria europea della
difesa (EDIP) che l’accompagna.
17. L’attuazione della bussola strategica rimane un elemento chiave per aumentare la
prontezza alla difesa dell’Europa e dovrebbe essere accelerata. La capacità di
dispiegamento rapido dell’UE, la mobilità militare, le esercitazioni reali, il
potenziamento della sicurezza spaziale, la lotta contro le minacce informatiche e ibride
e il contrasto alla manipolazione delle informazioni e alle ingerenze da parte di attori
stranieri rivestono particolare importanza a tale riguardo.
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18. Un’Unione europea più forte e più capace nel settore della sicurezza e della difesa
contribuirà positivamente alla sicurezza globale e transatlantica ed è complementare
alla NATO, che rimane il fondamento della difesa collettiva per i suoi membri.
19. Quanto precede fa salvo il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di
taluni Stati membri e tiene conto degli interessi di tutti gli Stati membri in materia di
sicurezza e di difesa.
III. MEDIO ORIENTE
20. Il Consiglio europeo ha discusso degli ultimi sviluppi in Medio Oriente. È costernato
per la perdita senza precedenti di vite umane tra la popolazione civile e per la situazione
umanitaria critica. Il Consiglio europeo chiede una pausa umanitaria immediata che
porti a un cessate il fuoco sostenibile, alla liberazione senza condizioni di tutti gli
ostaggi e alla fornitura di assistenza umanitaria.
21. Il Consiglio europeo ricorda le sue precedenti conclusioni in cui ha condannato con la
massima fermezza Hamas per i suoi attacchi terroristici brutali e indiscriminati
perpetrati in tutta Israele il 7 ottobre 2023, ha riconosciuto il diritto di Israele di
difendersi in linea con il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario e ha
chiesto l’immediata liberazione di tutti gli ostaggi senza alcuna precondizione. La loro
sicurezza e il loro benessere sono motivo di grave preoccupazione. Hamas e gli altri
gruppi armati devono concedere immediatamente l’accesso umanitario a tutti gli ostaggi
rimanenti. Il Consiglio europeo invita il Consiglio ad accelerare i lavori relativi
all’adozione di ulteriori misure restrittive pertinenti nei confronti di Hamas.
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22. Il Consiglio europeo nutre profonda preoccupazione per la catastrofica situazione
umanitaria a Gaza e il suo effetto sproporzionato sulla popolazione civile, in particolare
i bambini, nonché per il rischio imminente di carestia causato dall’ingresso insufficiente
di aiuti a Gaza. Un accesso umanitario pieno, rapido, sicuro e senza restrizioni a tutta
la Striscia di Gaza attraverso tutte le rotte è essenziale per fornire alla popolazione civile
assistenza di primo soccorso e servizi di base su larga scala. Il Consiglio europeo si
compiace dell’iniziativa Amalthea che apre una rotta marittima per l’assistenza
emergenziale da Cipro a Gaza, a integrazione delle rotte terrestri che rimangono il modo
principale per fornire i volumi necessari. Sono necessari ulteriori rotte e valichi terrestri.
23. Occorre adottare misure immediate per prevenire qualsiasi ulteriore sfollamento della
popolazione e fornire a quest’ultima un riparo sicuro al fine di assicurare la protezione
della popolazione civile in ogni momento. Il Consiglio europeo esorta il governo
israeliano a non intraprendere un’operazione di terra a Rafah, che peggiorerebbe la
situazione umanitaria già catastrofica e impedirebbe la fornitura di servizi di base e
assistenza umanitaria di cui vi è urgente necessità. A Rafah oltre un milione di
palestinesi cercano attualmente di mettersi al sicuro dai combattimenti e di ottenere
accesso all’assistenza umanitaria.
24. Tutte le parti devono rispettare il diritto internazionale, compresi il diritto internazionale
umanitario e il diritto internazionale dei diritti umani. Il Consiglio europeo sottolinea
l’importanza di rispettare e attuare l’ordinanza della Corte internazionale di giustizia
del 26 gennaio 2024, che è giuridicamente vincolante. Le violazioni del diritto
internazionale umanitario devono essere oggetto di indagini approfondite e indipendenti
e deve essere garantito l’accertamento delle responsabilità. Il Consiglio europeo prende
atto con grave preoccupazione delle relazioni della rappresentante speciale
delle Nazioni Unite Pramila Patten ed esprime sgomento per le violenze sessuali
perpetrate durante gli attacchi del 7 ottobre. L’Unione europea sostiene le indagini
indipendenti in merito a tutte le accuse di violenza sessuale, prendendo atto altresì delle
relazioni della relatrice speciale delle Nazioni Unite Reem Alsalem.
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25. Il Consiglio europeo sottolinea che i servizi forniti dall’UNRWA a Gaza e in tutta la
regione sono essenziali. Il Consiglio europeo prende atto delle recenti misure dell’UE e
del sostegno finanziario. Accoglie con favore il rapido avvio, da parte
delle Nazioni Unite, di un’indagine interna e di una revisione esterna a seguito delle
gravi accuse nei confronti di 12 membri del personale dell’UNRWA in merito alla loro
asserita partecipazione agli attacchi terroristici del 7 ottobre. Attende con interesse
l’esito dell’indagine e un’ulteriore azione risoluta da parte delle Nazioni Unite per
garantire l’accertamento delle responsabilità e rafforzare il controllo e la vigilanza.
26. Il Consiglio europeo chiede la cessazione immediata delle violenze in Cisgiordania e a
Gerusalemme Est e la garanzia di un accesso sicuro ai luoghi santi. Il Consiglio europeo
condanna fermamente la violenza dei coloni estremisti. I responsabili devono rispondere
delle loro azioni. Il Consiglio europeo invita il Consiglio ad accelerare i lavori relativi
all’adozione di pertinenti misure restrittive mirate. Il Consiglio europeo condanna le
decisioni del governo israeliano di estendere ulteriormente gli insediamenti illegali in
tutta la Cisgiordania occupata. Esorta Israele a revocare tali decisioni.
27. L’Unione europea continuerà a collaborare intensamente con i partner regionali e
internazionali al fine di prevenire un’ulteriore escalation regionale, in particolare
in Libano e nel Mar Rosso. Il Consiglio europeo invita tutti gli attori, segnatamente
l’Iran, ad astenersi da azioni che possano provocare un’escalation. Accoglie con favore
l’avvio dell’operazione ASPIDES dell’UE volta a salvaguardare la libertà di navigazione
e la sicurezza dei marittimi nel Mar Rosso, nel Golfo di Aden e nell’intera regione.
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28. L’Unione europea mantiene il suo fermo impegno a favore di una pace duratura e
sostenibile basata sulla soluzione dei due Stati. I palestinesi e gli israeliani hanno pari
diritto di vivere in condizioni di sicurezza, dignità e pace. Il Consiglio europeo invita
tutte le parti ad astenersi da azioni che minino il principio della soluzione dei due Stati e
la fattibilità di un futuro Stato palestinese. Ricorda che la missione di polizia
dell’Unione europea per i territori palestinesi (EUPOL COPPS) e la missione
dell’Unione europea di assistenza alle frontiere per il valico di Rafah (EUBAM Rafah),
condotte entrambe nell’ambito della PSDC, possono svolgere un ruolo importante sulla
base di tale principio a sostegno di un futuro Stato palestinese. L’Unione europea è
pronta a collaborare con Israele, l’Autorità palestinese nonché le parti regionali e
internazionali per contribuire a rilanciare un processo politico, anche mediante
l’iniziativa “Peace Day” e una conferenza di pace da convocare quanto prima, e a
sostenere l’Autorità palestinese nella realizzazione della necessaria riforma. L’Unione
europea è pronta a sostenere uno sforzo internazionale coordinato per ricostruire Gaza.
IV. ALLARGAMENTO E RIFORME
29. Ricordando la dichiarazione di Granada, il Consiglio europeo ha fatto il punto sui
preparativi per l’allargamento e le riforme interne ricordando che i lavori su entrambi i
fronti devono avanzare in parallelo per garantire che sia i futuri Stati membri che l’UE
siano pronti al momento dell’adesione. Il Consiglio europeo si occuperà delle riforme
interne in una prossima riunione con l’obiettivo di adottare, entro l’estate del 2024,
conclusioni su una tabella di marcia per i lavori futuri.
30. Sulla base della raccomandazione della Commissione del 12 marzo 2024, il Consiglio
europeo decide di avviare negoziati di adesione con la Bosnia-Erzegovina. Il Consiglio
europeo invita la Commissione a preparare il quadro di negoziazione in vista della sua
adozione da parte del Consiglio nel momento in cui saranno adottate tutte le pertinenti
misure indicate nella raccomandazione della Commissione del 12 ottobre 2022.
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31. Il Consiglio europeo si compiace dei progressi compiuti dall’Ucraina e dalla Repubblica
di Moldova nel portare avanti le riforme necessarie nel loro percorso verso l’UE. A
seguito della presentazione dei progetti di quadri di negoziazione per l’Ucraina e
la Repubblica di Moldova, il Consiglio europeo invita il Consiglio ad adottarli
rapidamente e a portare avanti i lavori senza indugio.
32. Il Consiglio europeo prende atto degli sforzi in corso da parte della Georgia e incoraggia
il paese a progredire nelle riforme prioritarie ancora in sospeso.
V. RELAZIONI ESTERNE
Partenariati globali
33. Il Consiglio europeo si compiace della dichiarazione comune sul partenariato strategico
e globale tra l’Unione europea e l’Egitto.
34. Il Consiglio europeo si compiace inoltre del partenariato con la Mauritania.
35. Sottolinea l’importanza di rafforzare e sviluppare tali partenariati strategici.
Haiti
36. Il Consiglio europeo è estremamente preoccupato per il deterioramento della situazione
ad Haiti e per le sofferenze inflitte alla popolazione a seguito della nuova ondata di
violenza scoppiata dalla fine di febbraio. Accoglie con favore il fatto che
l’Unione europea abbia recentemente messo a disposizione 20 milioni di EUR di
sostegno umanitario. Il Consiglio europeo incoraggia gli sforzi in corso per mettere in
atto un piano di transizione politica praticabile, inclusivo e sostenibile a guida haitiana.
Invita tutte le forze politiche di Haiti a dar prova di responsabilità trovando un
compromesso per concordare la via da seguire nel migliore interesse del paese e della
popolazione che soffre da tempo. Il Consiglio europeo accoglie con favore la
risoluzione 2699 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che istituisce una
missione multinazionale di sostegno alla sicurezza e sottolinea l’importanza del suo
rapido schieramento.
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Russia
37. Il Consiglio europeo chiede il rilascio immediato e incondizionato di tutti i prigionieri
politici in Russia e la fine della persecuzione dell’opposizione politica. La responsabilità
ultima della morte di Alexei Navalny è da ascrivere alle autorità russe. Il Consiglio
europeo chiede un’indagine internazionale indipendente e trasparente sulle circostanze
esatte della sua morte. Si compiace dell’adozione di nuove misure restrittive nei
confronti dei responsabili di gravi violazioni e abusi dei diritti umani e invita a portare
avanti i lavori in sede di Consiglio per istituire un nuovo regime di sanzioni in
considerazione della situazione in Russia e delle sue azioni di destabilizzazione
all’estero.
38. Il Consiglio europeo condanna la persecuzione di cittadini dell’UE per motivi politici da
parte della Russia. Invita la Commissione e l’alto rappresentante ad adottare le misure
necessarie per impedire l’esecuzione, da parte di paesi terzi, di mandati d’arresto emessi
dalla Russia in tali casi.
Bielorussia
39. Il Consiglio europeo è profondamente preoccupato per il deterioramento della
situazione dei diritti umani in Bielorussia. La repressione, le violazioni dei diritti umani
e le restrizioni alla partecipazione politica e all’accesso a media indipendenti
in Bielorussia hanno raggiunto livelli senza precedenti nella fase di avvicinamento alle
elezioni parlamentari e amministrative del 25 febbraio, che non hanno rispettato le
norme democratiche di base. Il Consiglio europeo chiede il rilascio immediato e
incondizionato di tutti i prigionieri politici. Ribadisce la solidarietà dell’UE nei confronti
della società civile e delle forze democratiche bielorusse.
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VI. MIGRAZIONE
40. Il Consiglio europeo ha fatto il punto della situazione relativa alla migrazione a
seguito della comunicazione della Commissione e ha ribadito l’impegno dell’UE di
continuare a perseguire un approccio globale alla migrazione concordato nelle sue
conclusioni del dicembre 2023. Rilevando che oltre il 90 % dei migranti irregolari
entra nell’UE con l’aiuto di trafficanti, il Consiglio europeo appoggia la
determinazione della Commissione a rafforzare tutti gli strumenti a disposizione
dell’UE per contrastare efficacemente il traffico e la tratta di esseri umani, lanciando in
parallelo un’alleanza mondiale per rispondere a questa sfida globale.
VII. AGRICOLTURA
41. Il Consiglio europeo sottolinea l’importanza di un settore agricolo resiliente e sostenibile
per la sicurezza alimentare e l’autonomia strategica dell’Unione, il valore di comunità
rurali dinamiche e il ruolo essenziale della politica agricola comune a tale riguardo. Gli
agricoltori necessitano di un quadro stabile e prevedibile, anche per accompagnarli
nell’affrontare le sfide ambientali e climatiche.
42. Il Consiglio europeo è tornato a discutere delle attuali sfide nel settore agricolo e delle
preoccupazioni espresse dagli agricoltori. Ha fatto il punto sui lavori in corso a livello
europeo. Il Consiglio europeo invita la Commissione e il Consiglio a portare avanti
senza indugio i lavori, in particolare per quanto riguarda:
a) tutte le possibili misure a breve e medio termine e soluzioni innovative, comprese
quelle tese a ridurre gli oneri amministrativi e a realizzare una semplificazione per
gli agricoltori;
b) il rafforzamento della posizione degli agricoltori nella filiera alimentare, in
particolare al fine di garantire un reddito equo;
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c) l’allentamento della pressione finanziaria sugli agricoltori mediante l’elaborazione
di modalità di sostegno supplementare, come ad esempio la proroga del quadro
temporaneo per gli aiuti di Stato, riferendo in merito in occasione del prossimo
Consiglio europeo;
d) la garanzia di una concorrenza leale e basata su regole a livello mondiale e nel
mercato interno;
e) modalità eque ed equilibrate per affrontare le questioni connesse alle misure
commerciali autonome per l’Ucraina, preparando nel contempo una soluzione nel
quadro dell’accordo di associazione/della zona di libero scambio globale e
approfondita UE-Ucraina.
43. Il Consiglio europeo continuerà a seguire la situazione.
VIII. PREPARAZIONE E RISPOSTA ALLE CRISI
44. Il Consiglio europeo sottolinea la necessità imperativa di rafforzare e coordinare la
preparazione militare e civile e di una gestione strategica delle crisi nel contesto
dell’evoluzione del panorama delle minacce. Invita il Consiglio a portare avanti i lavori
e la Commissione, insieme all’alto rappresentante, a proporre azioni volte a rafforzare, a
livello dell’UE, la preparazione e la risposta alle crisi nel quadro di un approccio
multirischio ed esteso a tutta la società, tenendo conto delle responsabilità e delle
competenze degli Stati membri, in vista di una futura strategia di preparazione.
IX. SEMESTRE EUROPEO
45. Il Consiglio europeo approva le priorità strategiche indicate nell’analisi annuale della
crescita sostenibile e invita gli Stati membri a tenerne conto. Approva altresì il progetto
di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro.
*
* *
Il Consiglio europeo ha fatto il punto sui preparativi relativi alla nuova agenda strategica
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24 ore ricche di eventi: l’attacco terroristico a Mosca segue i massicci attacchi sulla rete UACominciamo con il tragico evento che ha eclissato tutto il resto: un grande attacco terroristico in un affollato centro commerciale venerdì sera alla periferia di Mosca. Ma anche se ci sono molti morti e l’evento è chiaramente di grande importanza, in realtà non c’è ancora molto da dire al riguardo, senza ripetere le stesse discussioni infondate su Twitter e altrove. Ci sono semplicemente troppo poche informazioni verificabili, quindi per ora le sorvoleremo e le collegheremo agli eventi sul campo in Ucraina alla fine. Gli eventi più direttamente salienti si sono verificati ieri sera, quando la Russia ha lanciato uno degli attacchi più grandi e di maggiore impatto della guerra, colpendo numerose centrali idroelettriche ucraine, tra cui quella di Dnipro, una delle più grandi in Europa, Zaporozhye, e uno stabilimento a Kharkov, così come dozzine di altri siti di produzione militare a Kiev e nell’Ucraina occidentale. ![]() ![]() Potete vedere i missili Kh-101 sputare le loro tipiche contromisure mentre si schiantano contro il Dnipro HPP: Sala macchine motori Dnipro HPP: ![]() Si diceva che la città di Kharkov fosse completamente diseccitata e persino personaggi ucraini hanno confessato ancora una volta che solo una piccola parte degli scioperi è stata effettivamente fermata da AD: Centrale nucleare di Zaporozhye: ![]() ![]() Tutti i maggiori esperti filo-ucraini ovviamente sono andati fuori di testa come al solito: ![]() ![]() La domanda importante è: perché questi attacchi improvvisi? Ci sono alcune possibilità: 1. È solo una parte della campagna pre-pianificata per degradare le infrastrutture dell’Ucraina, in particolare in vista di una più ampia campagna militare di primavera. L’associazione degli attacchi con le recenti provocazioni dell’Ucraina, ad esempio gli attacchi terroristici a Belgorod, sono solo una coincidenza. 2. Gli attacchi sono una risposta diretta alle recenti provocazioni dell’Ucraina, tra cui l’attacco alle infrastrutture russe per il petrolio e il gas, le azioni terroristiche contro la regione di Belgorod, ecc. Questo è il modo in cui Putin segnala all’Ucraina di aver superato la linea rossa. 3. O una combinazione dei due. Una delle ragioni per cui la terza opzione è più probabile è che è molto plausibile che la Russia sia stata costretta da necessità politiche a fare almeno qualche tipo di spettacolo per ripagare tutte le recenti azioni criminali del regime di Kiev. Tuttavia, allo stesso tempo, ci sono sempre più notizie di vari accumuli di massa russi e di preparativi per una grande offensiva nel corso dell’anno. Uno degli aspetti interessanti poco menzionati è che – se ricordate – sia prima che dopo la distruzione della diga di Kakhovka, l’Ucraina ha giocato con il livello dell’acqua della diga di Dnipro, aprendo le chiuse per aggravare ulteriormente le inondazioni e distruggere le posizioni russe lungo il fiume Dnieper. Ne ho parlato all’epoca: ![]() Si noti la dichiarazione di Shoigu all’epoca sulla diga di Dnipro: ![]() Qual è il punto? Che anche senza la diga di Kakhovka funzionante per controllare i livelli dell’acqua del fiume Dnieper, l’Ucraina ha mantenuto la capacità di farlo con le altre dighe a monte, come quella di Dnipro. Ciò significa che possiamo ipotizzare che la disattivazione della diga di Dnipro da parte della Russia potrebbe avere a che fare con l’eliminazione delle capacità di Kiev di controllare i livelli dell’acqua del fiume Dnieper. Perché la Russia vorrebbe farlo? La logica suggerirebbe che una possibilità è che la Russia intenda attraversare il fiume e non voglia che Kiev abbia ulteriori capacità di “allagare” e distruggere le linee di rifornimento. Ricordiamo che l’attuale locus del conflitto ruota attorno a Odessa: c’è una corsa alla città, con la NATO che si sta leccando i baffi per catturarla. Macron ha persino riferito fatto una nuova dichiarazione che l’Ucraina potrebbe “collassare molto rapidamente”, il che risponde a una delle domande che ho posto nell’ultimo rapporto sul perché di questa improvvisa urgenza: ![]() ![]() Il deputato ucraino della Rada Goncharenko ha fatto l’ammissione più ufficiale di un potenziale coinvolgimento della NATO quando ha scritto che, mentre si trovava a Parigi, ha avuto incontri specifici su un contingente militare francese potenzialmente inviato in Ucraina: ![]() Ha persino specificato quale potrebbe essere lo scopo delle truppe, che è esattamente quello che abbiamo già previsto la volta scorsa: ![]() A questo ha fatto seguito Orban che indica la possibilità che Francia/NATO possano inviare truppe tra 2-3 mesi: Anche se devo dire che quanto sopra è in qualche modo estrapolato dal contesto e sensazionalizzato, perché Orban si è limitato ad affermare retoricamente che “non lo sorprenderebbe” se ciò accadesse, piuttosto che sottintendere informazioni confermate. Allo stesso modo, tutto ciò che è stato detto a Goncharenko sarà stato un’illusione morale volta a trasmettere “forza europea” e “solidarietà”. Ma per tornare al punto in questione: Dato che c’è anche un potenziale coinvolgimento della NATO in un futuro semi-vicino, la Russia potrebbe essere pronta a tentare un assalto verso Odessa attraverso il fiume, come descritto in precedenza. Ho già detto con veemenza che questo è impossibile – e rimango fedele alle mie valutazioni precedenti. La probabilità di un assalto attraverso il fiume è molto bassa, ma mi sto limitando a prospettare le possibilità del perché la Russia abbia sentito il bisogno di colpire la diga. Voi direte: beh, hanno colpito altri impianti, quindi è probabile che gli attacchi fossero mirati a degradare la rete elettrica. Ma c’è una novità: la Russia ha colpito sia la sala macchine della DniproHES e le gru che aprono e abbassano le paratoie. Se avessero voluto semplicemente mettere fuori uso la produzione di energia, le turbine sarebbero state presumibilmente sufficienti. Ma perché colpire anche le gru che aprono le paratoie per controllare il livello dell’acqua? È vero, potrebbero essere stati semplicemente “accurati”. Ma ricordiamo che i sovietici riuscirono ad attraversare con successo il Dnieper nella Seconda Guerra Mondiale, nella “Battaglia del Dnieper” del 1943. ![]() ![]() Quindi è possibile, o lo era un tempo, ma nelle moderne condizioni di ISR nemico e di attacchi di precisione a lungo raggio, come quelli degli HIMAR, eccetera, non è probabile. Tuttavia:
Come ho detto, la ritengo ancora altamente improbabile per ora, ma è una possibilità che vale la pena di enumerare per il bene della discussione. Sappiamo già che il comando russo è avverso alle perdite e che si è ritirato completamente dal lato di Kherson proprio per la remota possibilità di rimanere bloccati lì con le linee di pontoni e di logistica eliminate. Tuttavia, il fatto che le intenzioni della NATO di prendere la città siano diventate così chiare potrebbe far sì che il comando russo colga l’occasione per accelerare la cattura di Odessa, piuttosto che aspettare la resa completa dell’AFU come mi aspettavo. Ricordiamo che gli stessi ufficiali militari francesi hanno mostrato una mappa con le truppe francesi a guardia del Dnieper specificamente, come una delle possibilità di utilizzo. E Goncharenko lo ha confermato sopra, affermando che il Dnieper è uno dei luoghi considerati per le truppe francesi. Perché mai? Ricordiamo inoltre le precedenti parole di Macron: l’AFU potrebbe subire un “collasso” rapido o improvviso. Forse la Russia sta gettando le basi per una potenziale offensiva lampo attraverso il Dnieper. Ciò è ulteriormente supportato dal fatto che Shoigu appena ha annunciato la creazione di una nuova Flottiglia Dnepr e di nuove formazioni Zaporozhye:
Questo arriva dopo la notizia di qualche mese fa: Quindi, la Russia sta creando divisioni speciali per l’attraversamento del fiume nel corpo dei marines, così come una nuova flottiglia del Dnepr, il tutto prima di far saltare la più grande diga sul fiume. Potrebbe trattarsi di un semplice rafforzamento delle forze e di una campagna di degradazione metodica delle infrastrutture, oppure di un precursore di una sorta di escalation pianificata attraverso il fiume. – Ora, la seconda questione più importante. Il Financial Times ha stupito il mondo con questo servizio al momento degli attacchi russi di ieri sera: ![]() ![]() A quanto pare la Casa Bianca era “sempre più frustrata” dagli attacchi con i droni dell’Ucraina alle raffinerie di petrolio russe, a causa di ciò che molti sospettavano fosse la seguente spiegazione: ![]() Io ho una visione un po’ diversa. In primo luogo, come molti hanno sottolineato, colpire le raffinerie russe non influisce molto sulle forniture di petrolio o sui prezzi. Questo perché le raffinerie trasformano il greggio russo in prodotti utilizzabili come la benzina, per lo più destinati al consumo interno della Russia. Il prodotto che viene esportato sui mercati mondiali è solo il greggio stesso, che viene consegnato tramite oleodotti ai nodi di esportazione, siano essi porti marittimi o direttamente ai paesi destinatari, come il famoso oleodotto Druzhba che attraversa Ucraina, Bielorussia, Slovacchia, Austria, Polonia, Ungheria, ecc. Pertanto, l’Ucraina non sta danneggiando le esportazioni di greggio della Russia. Anzi, alcuni sostengono che sia proprio il contrario: ![]() ![]() La Russia sta apparentemente facendo più soldi dopo gli attacchi alle raffinerie di petrolio. No, la spiegazione più probabile dietro gli avvertimenti è che gli Stati Uniti sapevano che la Russia era sull’orlo di un massiccio attacco di rappresaglia e l’amministrazione Biden sta disperatamente cercando di evitare che l’Ucraina sia “finita” da una versione vendicativa e “non più Mr. Nice Guy” di Putin. La natura incendiaria degli attacchi di ieri sera ha dimostrato ancora una volta che la Russia ha continuato a combattere con i guanti di velluto e potrebbe, se lo desidera, portare la “guerra” a un livello completamente diverso. Biden cerca disperatamente di evitare che la Russia si inasprisca troppo, mentre l’amministrazione sta disperatamente cercando di evitare il collasso totale dell’Ucraina proprio alla vigilia delle elezioni. Preferirebbero che la guerra cadesse in una sorta di fase di stallo e venisse spazzata via, oppure che l’Ucraina si convincesse a risolvere il conflitto per il momento in un modo che potrebbe essere dipinto come una vittoria per Biden. Ne abbiamo già parlato in precedenza, ma ribadiamo: come possono dipingere una situazione apparentemente catastrofica come una “vittoria”? Facile. Ora hanno alimentato il timore che la Russia fosse pronta a conquistare tutta l’Europa, convincendo probabilmente il loro elettorato di ignoranti di questo “fatto” ridicolo. Così, congelando il conflitto sulla linea della DMZ, possono proclamare: “Vedete, abbiamo impedito al pazzo Putin di conquistare il mondo! I nostri sforzi congiunti hanno dotato l’eroica AFU delle capacità necessarie per fermare questa forza letale di livello storico senza precedenti. Se non fosse stato per i nostri sforzi, la bandiera intrisa di sangue di Putin sarebbe appesa alla Torre Eiffel, al Reichstag e forse anche al Palazzo di Westminster. Questa vittoria testimonia la solidarietà dell’Europa e del mondo occidentale e l’inflessibile determinazione dell’amministrazione Biden per la pace, la libertà e la prosperità dell’ordine basato sulle regole”. Ma quello che l’amministrazione Biden non vuole è che Putin si tolga i guanti e trasformi l’Ucraina in una gigantesca macchia alla vigilia di quelle che potrebbero essere elezioni storicamente catastrofiche per i Democratici. Si tratta della vecchia “gestione dell’escalation”.
Sfortunatamente, potrebbero essere arrivati troppo tardi, poiché Peskov ha apparentemente fatto uscire il gatto dal sacco ieri sera, inaugurando apparentemente la nuova posizione della Russia nei confronti del conflitto, annunciando che non si tratta più di un’Operazione militare speciale, ma di una guerra: ![]() Ecco la clip vera e propria: È stato seguito subito dopo da Rogozin: ![]() L’euro-tecnocrate Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, è intervenuto utilizzando la citazione di Peskov come un atto di auto-conferma della sua agenda globalista: Naturalmente, molti ne fanno un dramma. Alcuni ritengono addirittura che Putin “dichiarerà presto guerra” – come sempre – all’Ucraina, perché ora che le sue elezioni sono finite e i suoi sei anni di governo si sono consolidati, può agire con “mano libera” e intensificare davvero la guerra senza temere ripercussioni politiche. Potrebbe essere, o potrebbe benissimo essere Peskov a mettere di nuovo il piede in bocca. Personalmente, sono scettico sul fatto che possa portare a cambiamenti di posizione su larga scala in tempi brevi, soprattutto perché se la Russia avesse la capacità di portare la guerra a una postura cinetica molto più elevata, probabilmente l’avrebbe già fatto. In realtà, la Russia sta ancora operando a mani vuote con gran parte del suo riarmo e non può semplicemente schioccare le dita e trasformarlo magicamente nell’Operazione Bagration. L’esercito di Shoigu, appena creato e composto da oltre 500 mila uomini, deve essere completamente armato, il che è un’impresa non da poco. La Russia ha faticato solo ad armare la prima forza di 500 mila uomini negli ultimi due anni, ora anche l’esercito di riserva ha bisogno di armi pesanti. La Russia può utilizzare tutto o parte di questo esercito di riserva per sommergere l’Ucraina e porre rapidamente fine alla guerra? Forse, ma sembra una proposta pericolosa, dal momento che lo scopo originario dell’esercito era quello di sostenere eventuali “attacchi a sorpresa” della NATO ai fianchi indeboliti della Russia. Impantanare il secondo esercito sarebbe un rischio critico ed esistenziale, poiché la Russia non avrebbe più nulla da difendere contro un attacco a sorpresa della NATO lungo i suoi confini occidentali e settentrionali. Detto questo, ci sono voci come la seguente, pubblicata proprio oggi: Una quinta colonna russa chiamata Vertska segnala che ora che le elezioni sono state fatte, la Russia sta cercando di mobilitare una forza aggiuntiva di 300k uomini con l’esplicito scopo di catturare Kharkov:
Si sostiene che il piano sia quello di “circondare” la città, piuttosto che prenderla di petto come a Mariupol. È un’affermazione che richiede un granello di sale, dato che si tratta di un’uscita virulentemente anti-russa, ma è qualcosa di cui prendere nota, soprattutto se si considera che lo stesso Putin ha recentemente annunciato che la Russia potrebbe essere costretta a liberare una zona cuscinetto al confine. In effetti, durante lo stesso forum pubblico, qualcuno gli ha chiesto specificamente di prendere Kharkov, e Putin ha esitato ma non l’ha escluso, rispondendo che è qualcosa che dovrà essere esaminato e considerato in futuro. Una cosa certa è che, alla luce dei recenti avvenimenti e degli attacchi terroristici di oggi, i politici russi stanno diventando sempre più bellicosi e irriverenti quando si tratta di rispettare i precedenti “partner” europei. Pëtr Tolstoj, vicepresidente della Duma, uno dei suoi membri più potenti, ha appena sferrato un duro attacco a Macron, per giunta in francese: Egli afferma che la Russia prenderà specificamente di mira e distruggerà tutti i militari francesi se dovessero arrivare in Ucraina. Questo fa eco a Peskov che ha anche aggiunto che oltre a riconquistare le 4 nuove regioni russe (LPR, DPR, Zaporozhye, Kherson), la Russia “non può permettere” che il regime ucraino esista alle sue porte. Per concludere, chiudendo il cerchio: Qual era lo scopo dell’attacco terroristico di Mosca e chi era il responsabile? Il canale Rezident UA lo ha riassunto al meglio, e sono d’accordo con lui:
È davvero così semplice: distogliere l’attenzione dalle sconcertanti perdite dell’Ucraina, seminare confusione e risentimento contro la leadership all’interno della società russa e, cosa forse più importante, cercare di sbilanciare Putin inducendolo a “reagire in modo eccessivo” e a creare un qualche tipo di evento di ritorsione che possa essere venduto all’Europa/NATO come una “aggressione russa” sufficientemente grave da rendere necessario l’intervento francese/NATO, per salvare il culo di Zelensky. Chi è il responsabile? Al momento non si sa ancora, ma ci sono state alcune voci:
![]() Se questo si rivelerà il caso, allora potremo potenzialmente aspettarci qualche tipo di risposta al confine, ma dubito ancora che ci sarà qualcosa di importante nel prossimo futuro, anche a dispetto della “promozione” di Peskov del conflitto a una “guerra” su larga scala. Come ho detto, non si tratta di una decisione politica, ma solo di realtà e limiti tecnico-militari e logistici. Da questo punto di vista, Shoigu comanda il campo, non Putin. Ma lascio sempre aperta la porta alla possibilità che non conosciamo la piena portata della disposizione delle forze e dei materiali della Russia. Shoigu ha appena visitato lo stabilimento di munizioni Arsenal 53, dove è stata presentata la nuova linea di produzione Fab-3000: ![]() ![]() ![]() Come ho scritto su X:
In un modo o nell’altro, la sensazione è che di recente si sia voltato l’angolo e che il conflitto stia entrando in una nuova fase più pericolosa. Ricordiamo che l’ultimo aiuto militare americano all’Ucraina risale a ottobre, quindi a quasi sei mesi di distanza. Questo spiega le condizioni disastrose in cui versa l’Ucraina e la disperazione dell’Occidente nel salvarla. Ecco perché abbondano le voci di truppe francesi nei prossimi “due mesi”, perché non appena Rasputitsa si esaurirà in aprile/maggio, la Russia potrebbe iniziare una potente campagna di offensive che potrebbe spezzare completamente la schiena dell’AFU, costringendo la NATO a considerare fortemente l’intervento. Secondo alcuni rapporti, la Russia sta accumulando missili per questo scopo, dato che ha lanciato relativamente pochi attacchi su larga scala, in particolare quelli che utilizzano i missili Kalibr, le cui scorte dovrebbero essere già in aumento. Infine: Yaroslav Dronov, meglio conosciuto come Shaman, si è impegnato a pagare non solo ogni singolo funerale delle vittime degli attacchi terroristici di oggi, ma anche la riabilitazione di tutti i feriti: Sono momenti come questi che separano i “liberali” dai patrioti e che rafforzeranno ulteriormente il nucleo patriottico della Russia. Un messaggio veloce: Se non vi dispiace, vi chiediamo di compilare questo sondaggio anonimo: Si limita a chiedere le informazioni di base, come il sesso e l’età dei lettori. Ero semplicemente curioso di conoscere la fascia d’età approssimativa del pubblico per menzionarla in un prossimo articolo, e alcuni l’hanno già compilata, ma non abbastanza da fornire una misura veramente sicura. Your support is invaluable. If you enjoyed the read, I would greatly appreciate if you subscribed to a monthly/yearly pledge to support my work, so that I may continue providing you with detailed, incisive reports like this one. Alternatively, you can tip here: Tip Jar |
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La tesi dell’articolo (che deriva da un post su un social) sarà analizzare la condizione di progressiva alienazione di Europa dalla realtà. Europa (sua cultura, politica, mentalità media distribuita, senso comune) si trova oggi conficcata in una ragnatela di impossibilità pratiche e culturali basate su una sostanziale nevrosi da negazione del tempo e del mondo circostante. Alla fine, ci ricollegheremo a due brevi fotografie su alcuni aspetti di questa fuga dal reale su base info-digitale, sintomo del fatto che la negazione nevrotica sta procedendo in psicosi. Più il mondo è aguzzo e ispido, più tattilmente setose le superfici dei nostri smartphone.
Da tempo segnalammo la necessità di cominciare a separare il vago concetto di occidentalità, tornando alle due componenti storico-culturali forti costitutive del sistema, quella europea e quella anglosassone anche se ormai più propriamente statunitense. Europa ed USA si trovano su linee divergenti di condizione, prospettiva e tradizione. Ma se USA fa o tenta di fare la realtà in molti modi, Europa è semplicemente in fuga dal reale. Cosa è successo, cosa sta succedendo, cosa del reale spaventa irrimediabilmente Europa, perché sembra che improvvisamente ci troviamo assediati da “difficoltà insormontabili”? tanto da fuggire da ogni consapevolezza in maniera tanto più patologica tanto più avanzano le contrarietà degli eventi?
In un’altra inquadratura della stessa condizione, negli ultimi venti anni, i rilievi sociosanitari di base (OMS 2022), dicono di una vera e propria epidemia di depressione e vari tipi di malinconia, accompagnati da un sovra-consumo farmaceutico e varie patologie mentali. Il fenomeno Covid con un +25% di picco delle patologie ne è solo il culmine accidentale, l’intonazione di fondo era pregressa. Questo piano dell’esistenza è ritenuto strettamente privato ed è negato dalla fabbrica dell’immaginario pubblico. Pubblicità, cinema, internet, discorso pubblico, non hanno alcuna apertura a riflettere questi progressivi stati di incertezza umana, l’ansia, la paura, la mancanza di senso, la solitudine affollata, infelicità senza desideri, la precarietà dilagante. Alla natura corrosiva del problema psicosociale, si aggiungono gli effetti del non riconoscimento e possibile condivisione dello stesso. La contraddizione, la “coscienza” del problema, è repressa poiché inammissibile ai fini della prorogabilità di questo sempre più sbilenco sistema. Gli è negata condivisione sociale, quindi è confinata sempre più negli angusti limiti individuali che non possono che subirla in silenzio e financo negandone l’evidenza per totale incapacità e possibilità stessa ad affrontarla.
Da segnalare che, storicamente, nessuno s’è mai dovuto occupare, prima di oggi, della fine della crescita naturale della popolazione, trattasi di inedito storico, quindi culturale.
Tra questioni di riequilibrio dei ruoli famigliari nei rapporti di coppia, al rapporto tra felicità individuale immediata e costruzione di progetti famigliari, alle rese delle pratiche sessuali sempre più invitate alla libera esplorazione, al peso di prender impegni in una società che altresì richiede improvvisa piena disponibilità a singhiozzo, alla conciliazione lavoro-cura, a questioni meramente tecniche (asili, carriera, lavoro, etc.), alle questioni del supporto pubblico e spesa sociale, sostenibilità economica e precarietà/prevedibilità, la questione riproduttiva investe tipi di società molto varie (sebbene, come detto, tutte affluenti), ma quella europea sembra quella che ne ha risentito prima e ne risente più di ogni altra. Di per sé, questo sarebbe da rubricare come “semplice” fenomeno da valutare ed a cui adattarsi, in sé può esser un “male” poiché ovviamente cambia gli equilibri sociali a cui siamo storicamente abituati o un “bene”, ad esempio, in una poderosa e convinta transizione intenzionale ad altre configurazioni di sistema. Certo, in assenza di una attenzione realista, rimane solo una profonda perturbazione subita.
Su questa gestione disordinata e francamente irresponsabile dell’argomento si innesta ovviamente anche il negazionismo a doppia cifra: quello interessato alla permanenza di certi regimi energetici e comunque differimento di certi investimenti o adattamenti costosi e quello da guerriglia culturale riduzionista che pesca nei fantasmi di Davos e del Grande Complotto Mondialista per catalizzare disagio non altrimenti diagnosticato. Complessivamente, rimane l’effetto realtà allarmata e francamente allarmante, viepiù per le giovani generazioni per altro cinicamente usate dal liberalismo progressista britannico sotto forma di ONG “ribelli” contro addirittura l’”estinzione di massa”, pretendendo di isolare squilibri ed ingiustizie ecologiche da quelle sociali e politiche. Lo stesso meccanismo di rimandare alla Grande Catastrofe (l’estinzione umana) un problema che però andrebbe articolato per gradi, tempi e possibilità di intervento sul piano dell’affronto adattivo, è un meccanismo di difesa. Siano ancora a “gli dèi ci sono avversi”, che possiamo fare? Compriamo una nuova macchina elettrica!
Illusa nella propria sfera protettiva di esser divenuta immune al tempo ed alla storia, Europa s’è svegliata di colpo una mattina scoprendo che le magnifiche sorti del globalismo liberale all’occidentale erano state di notte sostituite dal ritorno della storia ovvero delle logiche di potenza che presuppongono Stati, strategie, armi, visione geopolitica. UK (che sull’illusione di nuovi spazi globali da “Global Britain in back!” ci aveva pure fatto la Brexit, almeno secondo le intenzioni delle sue élite), Germania, Francia, di colpo ridotte a compiacenti ancelle strategiche del soggetto americano, l’unico in grado di manovrare storia e potenza in proprio favore. Costrette sempre più assieme all’Italia e le altre a sacrificare investimenti e spesa sociale in favore delle armi. Dopo quello che abbiamo qui combinato nella prima metà del Novecento, non una ma due volte, stiamo tornando ad armarci. Dopo Ypres, dopo Dresda, stiamo tornando ad armarci. Sconcertante. Sconcertanti i fatti certo, ma più ancora la mancanza di riflessione almeno problematica, su fatti di tale natura e portata.
Insomma, Europa ha perso gradatamente il proprio ordine sociale decennale e relativa visione di mondo, non ha neanche bene capito perché e come, si ritrova alle prese con problemi di fattura epocale (demografia, ecologia, geopolitica) che non sa come trattare, priva di schemi di comprensione adeguati alle nuove complessità, nei fatti posta su traiettorie divergenti rispetto alla crudità del reale rimosso: la storia non era finita, era appena riiniziata. Non male come disguido interpretativo. C’è di che prender paura, effettivamente.
Ha così gioco facile il filosofo-cronachista sudcoreano BCL a segnalarci questo nostro perderci nelle “non cose”, una barriera di sostitutivi della realtà, cataloghi di segnali, rappresentazioni, spettri, doppioni, simulazioni, cascate di dati ed immagini al posto del contatto diretto col reale. Le ultime vestigia di cose reali con cui ci impegniamo ormai sono i gatti. Così altresì per l’impero dello storytelling in cui siamo immersi pur non avendo davvero nulla di significativo da dire, se non cercare di restaurare allarmanti segnali di realtà negativa (cascate di improvvisi “glitch” di sistema che si cerca di rattoppare con sempre più affanno) in innocui e deviati temi di intrattenimento social. Viviamo orami in una intercapedine tra noi ed il reale in cui il reale non è mai tale ed anche noi non siamo mai davvero noi ma quel noi che va incastonato in quel gioco dell’irreale facente funzione di reale, in una stanca proroga della prospettiva che nel frattempo ha cambiato profondamente topologia, ordine e dinamica. Non produciamo più immagini di mondo ma immagini come fossero un mondo, sono autoriferite, sono soggetto che si fa oggetto, specchiano ma non riflettono, sono povere di mondo. Continuamente, ci forniscono anche strumenti per ritoccare queste nostre immagini di modo così che non ci venga il ghiribizzo di ritoccare il mondo.
Il menù dell’adattamento al reale per Europa oggi è troppo vasto, profondo e pesante. Che ne è della società del lavoro e reddito, cosa al suo posto? Cosa fare della nostra contrazione demografica, come adattarsi? Come adattarsi ad un mondo naturale che non ci garantisce più condizioni stabili e prevedibili? Come convivere in sistema umano di 8 miliardi di individui e 200 stati raggruppabili almeno in nove condensazioni di diverse “civiltà”, per altro su molti aspetti destinate alla problematica convergenza (che non è fusione), su uno spazio ario-terracqueo che appena settanta anni fa ne conteneva un terzo. Come ricostruire una cultura pubblica e condivisa, per quanto plurale ed anche agonistica, senza la quale le società non possono riflettere sé stesse e su sé stesse? Come poter tornare a decidere qualcosa come demos tanto da continuare a pensare noi si sia quello che non siamo affatto (democratici), né forse siamo mai stati davvero.
Quante cose dovremmo ripensare della nostra forma di “stare al mondo”, incluso lo stesso modo in cui pensiamo le cose? Cose che continuiamo a trattare separate osservando panorami enormi ed in subbuglio coi microscopi e le lenti degli specialisti della frazione congelata. Specialisti “carichi di teorie” tutte per lo più sbagliate non foss’altro perché native di condizione storiche pregresse e non più vigenti.
La nostra gigantesca operazione di rimozione del reale sembra proprio facilmente diagnosticabile come sintomo di questo nuovo complesso di “insormontabile difficoltà” a stare nel reale, a prenderne atto, a provare a riformularci ma senza sapere da che parte iniziare, poveri di strumenti teorici sebbene ubriachi di dati puntiformi ed insensati e con i poteri in atto, come al solito, a strenua ed ottusa difesa del contingente.
Ci sarebbe anche del lavoro da fare sulla immagine storica di noi stessi, dei nostri valori, del nostro valore di civiltà, del nostro troppo stratificato e antico complesso culturale. Forse il nostro “Io di civiltà” ha troppi errati presupposti, troppa idealità e poco pragmatismo concreto, troppi luoghi comuni e categorie oramai sedimentate e divenute strati geologici del pensiero ritenuti irrinunciabili poiché identitari. Idee, proiezioni, giudizi a priori al posto dell’esame puntuale di: “cosa è questo qui? (l’aristotelico “tode tì”). Preferiamo criticare, usiamo “capitalismo” come diagnosi-pattumiera causa di tutte le cause, “neoliberismo” da ultimo, Antropocene, “estinzione di massa”. Come diceva Altan “La soluzione non c’è e questo è un del sollievo”. Si “sollievo” psichico, va tutto sempre peggio ma non è colpa nostra. Già, “cosa possiamo sapere, in cosa mi è lecito sperare, che cosa dobbiamo fare?”. Spaventarci e scappare in qualche angolo buio.
Forse la prima cosa che dovremmo accettare almeno per simulare un tentativo di comune speranza, è ammettere quanto grosso è il problema che abbiamo e quanto non abbiamo la più pallida idea di come affrontarlo. Radicalmente. Tutti.
[Nel post originario si fa riferimento ai due libricini recenti di Byung-Chul Han “Le non cose” (Einaudi 2023) e “La crisi della narrazione” (Einaudi 2024) che però riguardano solo una lettura critica del ruolo psicopatologico che la fuga su Internet ha nella più generale negazione della realtà spaventosa e fastidiosamente concreta]
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La situazione in Ucraina continua ad aggravarsi, con la Francia che continua la sua spirale di escalation a colpi di sciabola.
Esaminiamo rapidamente i nuovi segnali distinti inviati da tutta la NATO:
In un nuovo articolo di Le Parisien, Macron avrebbe ribadito l’eventuale necessità di truppe di terra per salvare l’Ucraina:
In effetti, Macron ha mostrato la sua pericolosa arroganza nell’articolo, recitando il tropo della Russia come una stazione di servizio mediocre con le armi nucleari:
“Putin fa un discorso di paura. Non deve farsi intimidire, non abbiamo davanti a noi una grande potenza. La Russia è una media potenza con un’arma nucleare, ma il cui Pil è molto inferiore a quello degli europei, inferiore a quello della Germania, della Francia”.
Ovviamente, è compito di un banchiere Rothschild non capire come funziona l’indice PPA per i Paesi in surplus commerciale.
A ciò ha fatto seguito il capo di Stato Maggiore dell’Esercito francese Pierre Schill che ha lasciato intendere a Le Monde che l’esercito sarebbe stato pronto per qualsiasi compito di questo tipo:
Egli precisa che la Francia dispone di una divisione completa di 20.000 uomini che può essere inserita entro 30 giorni:
Questo è stato sostenuto da un nuovo video della TV francese che mostra il tenente colonnello francese Vincent Arbaretier discutere apertamente i tipi di dispiegamento militare che il contingente francese di 20.000 persone può intraprendere in Ucraina.
Il primo clip contiene i punti più salienti, mentre l’altro è il segmento completo:
Completo:
Quest’ultima azione della Francia è stata coronata da una dichiarazione sconcertante del capo delle spie russe Naryshkin, secondo cui la Francia sta preparando 2.000 truppe da schierare:
MOSCA, 19 marzo. /tass/. La Russia ha saputo che la Francia sta già preparando un contingente militare da inviare in Ucraina, che nella fase iniziale sarà di circa 2 mila persone. Lo ha dichiarato il direttore del Servizio segreto estero (SVR) della Federazione Russa Sergey Naryshkin. Il suo commento è a disposizione della TASS.
In realtà, egli afferma che il numero di 2.000 sarebbe solo la “fase iniziale”, ma sostiene che tale forza diventerebbe un obiettivo prioritario per gli attacchi russi:
Nella fase iniziale, saranno circa 2 mila persone”, ha detto Naryshkin.
Secondo il direttore dell’SVR, i militari francesi temono che un’unità così importante non possa essere trasferita tranquillamente in Ucraina e acquartierata lì. “In questo modo, diventerà un obiettivo legittimo e prioritario per gli attacchi delle forze armate russe. Ciò significa che lo attende il destino di tutti i francesi che sono venuti sul territorio del mondo russo con una spada”, ha concluso Naryshkin.
L‘aspetto interessante è che un rapporto russo separato sembra corroborare questo dato, anche se non ho informazioni sulla sua autenticità, quindi prendetelo con un granello di sale:
Secondo informazioni basate su conversazioni ed e-mail intercettate, la Francia sta mobilitando 1.800 riservisti alla guida di camion per trasportare carburante e attrezzature militari in Ucraina. Marie Mercier, oscura senatrice di Saône-et-Loire ma vicepresidente del gruppo di amicizia Francia-Ucraina del Senato, sembra coordinare questa operazione in collegamento con André Accary (a sinistra nella foto), presidente del consiglio dipartimentale di Saône-et-Loire. Régis Poiraud (a destra nella foto), sottufficiale di riserva e presidente dell’UDSOR (Union Départementale des Sous-Officiers) di Saône-et-Loire, stretto collaboratore del senatore Mercier, sarebbe responsabile dell’organizzazione operativa.
Per la cronaca, il Ministro della Difesa francese ha ufficialmente negato le affermazioni russe:
Il Ministero della Difesa francese smentisce il progetto di inviare 2.000 soldati in Ucraina
Il dipartimento militare sostiene che la dichiarazione del capo dell’SVR Naryshkin sull’addestramento di 2.000 militari francesi da inviare in Ucraina non corrisponde alla realtà.
Il testo della dichiarazione utilizzava le solite frasi sulle “provocazioni irresponsabili” e sulle “operazioni di disinformazione”.
Nel frattempo, la TV francese sta discutendo attivamente l’invio di personale militare e il suo dispiegamento sul territorio dell’Ucraina.
Seguono alcuni rapporti discutibili su mercenari francesi già avvistati mentre si dirigono in Ucraina attraverso la Bulgaria – video conclusivo al link sopra.
Mercenari francesi sono stati avvistati in Bulgaria mentre si recavano in Ucraina?
Gli abitanti del luogo affermano di aver visto convogli di mercenari ed equipaggiamenti francesi nei pressi della città di Sliven, in volo verso Sofia e poi in camion verso l’Ucraina. Il giorno prima, la nave cargo della Marina statunitense Leroy A. Mendonica ha consegnato al porto di Alexandroupolis, nel nord della Grecia, un carico di attrezzature militari da dispiegare in Europa come parte del “rafforzamento delle forze NATO sul continente”.
Per non parlare del fatto che la Brigata Azov ha pubblicato questo video tempestivo per dare ufficialmente il “benvenuto” alla Legione francese per aiutarli in Ucraina:
Traduzione dello splash-screen finale:
Nel frattempo il quotidiano spagnolo El Pais ha confermato che le truppe europee sono già da tempo in Ucraina :
A proposito della Spagna, il suo ministro della Difesa Margarita Robles ha avuto l’audacia di parlare di “minaccia reale” che i missili di Putin possano raggiungere la Spagna:
Fortunatamente, sembra che abbia escluso inequivocabilmente che le truppe spagnole vengano mai dispiegate in Ucraina in futuro. Ma qualcuno può illuminarmi sul perché Putin dovrebbe decidere di colpire proprio la Spagna? Le paure infondate di questi euro-mutanti sono semplicemente fuori di testa!
“Non possiamo escludere che i soldati britannici vadano in Ucraina per affrontare il regime di Putin”, ha dichiarato l’ex ministro della Difesa britannico Ben Wallace.
Nel pezzo di Politico sopra citato, l’ex capo dell’MI6 Richard Dearlove avverte:
“Se fermaste qualcuno per strada qui nel Regno Unito e gli chiedeste se pensa che la Gran Bretagna sia in guerra, vi guarderebbero come se foste pazzi”, ha detto Dearlove. “Ma siamo in guerra, siamo impegnati in una guerra grigia con la Russia, e sto cercando di ricordarlo alla gente”.
Tutti gli “Amori” sono persone così belle, eh? Dearlove, Breedlove, Strangelove…
Ancora una volta ci troviamo di fronte alla domanda ricorrente: perché ora?
Se la Francia fosse davvero così preoccupata per la caduta di Odessa, nello specifico, allora non starebbe di certo militando per un intervento a breve, dal momento che la Russia sembra lontana anni dal minacciare Odessa – a meno che non ci sia qualche gigantesco assalto anfibio e aereo in atto di cui non siamo a conoscenza.
Per deduzione logica possiamo solo supporre che non sia l’imminente caduta di una zona in particolare, come Odessa, a preoccuparli tanto, ma presumibilmente la disintegrazione dell’AFU come forza militare funzionante. Uno degli indizi è stato il video del colonnello francese, che ha messo in evidenza i grafici dell’ipotetico dispiegamento della Francia nelle regioni settentrionali ucraine di confine o nella zona del fiume Dnieper, proprio con l’intenzione che abbiamo illustrato qui per prima: alleggerire le unità ucraine di retrovia dai loro compiti poco impegnativi per consentire loro di rifornire le forze da combattimento esaurite al fronte.
Detto questo, tecnicamente parlando, una divisione di 20.000 uomini – secondo gli standard della teoria militare classica – dovrebbe essere in grado di tenere, al massimo, un fronte di 10 km, più o meno, non di 700 km come il confine settentrionale che va dalla Bielorussia alla regione di Sumy o anche la lunghezza simile del Dnieper. Certo, si tratta di un fronte inattivo, quindi potrebbe esserci un certo margine di manovra, ma anche così. Detto questo, potrebbero cercare di non coprire l’intero fronte, ma piuttosto di liberare altri 20.000 caccia dell’AFU, ad esempio.
Il giornalista militare Alexander Kharchenko:
Guardando il continente europeo dall’Africa, non capisco cosa spera l’Ucraina. Anche se i francesi portassero 20.000 corpi d’armata, non riuscirebbero a chiudere nemmeno la direzione di Bakhmut. Kiev non avrà l’esercito più avanzato, ma sotto le mura di questa città ha perso solo oltre 40.000 soldati uccisi. Se i francesi siano pronti a rinnovare due volte il loro contingente e a dichiarare la mobilitazione è un grosso problema.
Alexander Kharchenko
Ma cos’altro potrebbe aver fatto innervosire Macron a tal punto da spingerlo a fare voli pindarici così disperati? Ebbene, le notizie provenienti da fonti autorevoli continuano a essere piuttosto negative per l’Ucraina.
Borrell ci dà un indizio:
“È questa primavera, questa estate prima dell’autunno che si deciderà la guerra in Ucraina”, ha detto Borrell ai giornalisti giovedì pomeriggio.
Borrell ha detto che in tutti i suoi incontri ha sottolineato le conseguenze di una vittoria russa in Ucraina.
Se il Presidente Vladimir Putin “vincerà questa guerra e conquisterà l’Ucraina e metterà un regime fantoccio a Kiev – come quello che abbiamo già in Bielorussia – non si fermerà lì”, ha detto Borrell.
“I prossimi mesi saranno decisivi”, ha detto, aggiungendo che “qualsiasi cosa debba essere fatta, deve essere fatta rapidamente”.
Qualunque cosa debba essere fatta, deve essere fatta con rapidità!
Perché questa improvvisa urgenza?
“Molti analisti si aspettano una grande offensiva russa quest’estate e l’Ucraina non può aspettare l’esito delle prossime elezioni americane”, ha detto Borrell.
È dunque la prevista nuova offensiva russa di primavera a preoccuparli tanto?
Potrebbe avere a che fare con questo?
In una nuova intervista, il generale polacco Rajmund Andrzejczak ha dichiarato :
Ritiene che dopo il 2026 la Russia possa attaccare un Paese della NATO, il che non fa altro che telegrafare le intenzioni della NATO stessa di provocare la Russia in un’altra guerra entro quella data.
Quanto è grave la situazione ucraina, secondo il generale?
Problemi dell’Ucraina. “Situazione drammatica
“Molto, molto drammatica”, così il generale ha descritto la situazione al fronte in Ucraina .
“Non ci sono miracoli in guerra. Un cambio nella carica di comandante in capo non potrebbe cambiare la situazione strategica. Il generale Sirsky ha gli stessi dilemmi del generale Zaluzhny. Si è scoperto che doveva ritirare le sue truppe e mettere in ordine la linea del fronte. Tutti i problemi che aveva Zaluzhny sono rimasti”, ha sottolineato Andrzejczak.
E infine, la grande notizia bomba che fa strappare i capelli a tutti: le perdite totali dell’Ucraina sono “milioni”:
Non è chiaro se stia contando gli uomini fuggiti dal Paese o meno, ma la conclusione è la stessa: l’Ucraina “non ha più nessuno per combattere”.
Per chi fosse interessato, l’intervista completa è riportata di seguito e contiene molte altre curiosità:
–
Quindi, è possibile che queste notizie funeste siano vere o solo un’esagerazione per accelerare gli aiuti?
Questo nuovo articolo del WaPo sembra corroborare le affermazioni sulla riduzione delle truppe :
“È un dato di fatto”, ha dichiarato Larysa Bodna, vicedirettrice della scuola locale, che tiene un database degli studenti i cui genitori sono dislocati. “La maggior parte di loro non c’è più”.
L’Ucraina ha un disperato bisogno di più truppe, con le sue forze impoverite da morti, feriti ed esaurimento. Nonostante le enormi perdite della Russia, gli invasori sono ancora molto più numerosi dei difensori dell’Ucraina, un vantaggio che sta aiutando Mosca ad avanzare sul campo di battaglia. Il parlamento ucraino sta discutendo una proposta di legge per ampliare la leva, in parte abbassando l’età di ammissione a 25 anni da 27, ma a Kiev si stanno prendendo poche decisioni che rispondano rapidamente alle urgenti necessità dell’esercito.
All’esterno Zelensky e co. sostengono che non ci sono mobilitazioni coercitive, ma il WaPo lo confuta:
I civili dicono che questo significa che i reclutatori militari stanno prendendo tutti quelli che possono. Nella parte occidentale, la mobilitazione ha costantemente seminato panico e risentimento in piccole città e villaggi agricoli come Makiv, dove i residenti hanno detto che i soldati che lavorano per gli uffici di leva vagano per le strade quasi vuote alla ricerca di qualsiasi uomo rimasto. Queste tattiche hanno portato alcuni a credere che i loro uomini siano presi di mira in modo sproporzionato rispetto ad altre regioni o a città più grandi come Kiev, dove è più facile nascondersi.
La quantità di citazioni inquietanti contenute in questo articolo è da capogiro:
“Quasi tutti i nostri uomini sono stati eliminati”, ha detto Serhii, 47 anni, soldato di fanteria di Makiv, arruolato nel marzo 2022 e in servizio nella 115a brigata ucraina.
Una sfilza di altri articoli si è unita al lugubre coro, come è diventato la norma negli ultimi mesi:
Il pezzo del WaPo di cui sopra si apre con una “cupa” previsione:
I funzionari statunitensi prevedono una serie di scenari desolanti in Ucraina se gli aiuti militari richiesti dal presidente Biden non si concretizzeranno, tra cui un crollo catastrofico delle linee ucraine nell’eventualità più triste e la probabilità di un numero massiccio di vittime nella migliore delle ipotesi.
Per la prima volta, si usa apertamente la temuta parola “C”: collasso:
“Questo non va bene per l’Ucraina nel tempo senza un’integrazione, e potrebbe portare a un potenziale collasso”, ha detto un alto funzionario degli Stati Uniti. “Ma il punto è questo: Anche se l’Ucraina dovesse resistere, quello che stiamo dicendo è che faremo leva su innumerevoli vite per riuscirci”.
Nel pezzo si cita il direttore della CIA Burns che afferma che le perdite territoriali di quest’anno saranno “significative” se non verranno forniti aiuti.
Parlando in forma anonima, un’altra fonte governativa statunitense ha dichiarato:
Se finirà con un collasso o con un gran numero di vittime” rimane un argomento di dibattito interno, ha detto l’alto funzionario di. “Ma non c’è un futuro roseo per l’Ucraina senza un sostegno supplementare e continuo”.“Ma non c’è un futuro roseo per l’Ucraina senza un sostegno supplementare e continuo da parte degli Stati Uniti”.
Come potete vedere, hanno colmato l’ultimo abisso e ora si aprono invocando il più verboso dei dilemmi: che l’Ucraina possa crollare del tutto. È questa la spiegazione dell’improvvisa urgenza e dei discorsi disperati sull’invio di truppe NATO? La situazione all’interno dell’AFU è molto peggiore di quanto sembri?
Continuano affermando che la difesa aerea dell’Ucraina, in particolare, si è esaurita a tal punto che presto potrebbe prendere di mira solo 1 missile russo su 5:
Mentre l’Ucraina ha cercato di abbattere 4 missili su 5 lanciati contro le sue città, presto potrebbe essere in grado di colpirne solo uno su 5, ha detto uno di questi funzionari. Questo avrebbe un effetto significativo sulla vita nei centri urbani ucraini, molti dei quali hanno assunto una relativa normalità nell’ultimo anno, poiché la difesa missilistica si è dimostrata generalmente efficace.
Nel frattempo, ecco cosa deve affrontare l’AD dell’Ucraina:
Un rapporto afferma che:
Militarista
Negli ultimi due mesi, le perdite dell’esercito ucraino sono aumentate del 70% rispetto all’anno precedente. Ciò sarebbe dovuto al rapido aumento dell’intensità e dell’accuratezza dei bombardamenti con bombe radenti.
Nonostante l’esercito ucraino citi ancora numeri buffi come 20-30 bombe al giorno, anche nei giorni più tranquilli vengono effettuati attacchi aerei con almeno 300-400 bombe alogene.
La vera distruzione inizierà presto, quando questa cifra comincerà a raggiungere le 500 e poi le 1000 bombe al giorno.
Il massimo esperto di radioelettronica e di droni dell’AFU, Serhiy Flash, ha dichiarato che presto, tra quattro mesi, la Russia produrrà un numero di droni FPV sufficiente a colpire ogni singolo soldato dell’AFU, condannando così a morte il 99% dell’AFU:
E le cattive notizie continuano ad arrivare per la NATO:
A proposito, il capitalismo non doveva essere così chiaramente superiore alle economie pianificate/gestite? Recenti articoli del MSM lamentano che i Paesi occidentali non possono competere con il settore della difesa russo perché Putin utilizza un’economia pianificata:
Beh, è imbarazzante.
–
ISW prevede una nuova offensiva russa nel corso dell’anno :
E ha anche ammesso la crescente capacità della Russia di adattarsi a tutte le sfide :
Infine, nel mio stile di temperare qualsiasi conclusione troppo azzardata da una parte o dall’altra, noterò che gli ottimisti dell’UE sostengono di aver “trovato” una nuova scorta segreta di 800.000 proiettili da qualche “alleato russo” senza nome – alcuni ritengono che si tratti di Qatar, Arabia Saudita, Egitto, Algeria, India, ecc. Se c’è del vero, la quantità di proiettili potrebbe essere quasi un anno per l’AFU – tuttavia, mi riservo di giudicare che potrebbe essere uno stratagemma disperato dell’ordine del bluff o dell’esagerazione, inteso a sostenere le prospettive catastrofiche che stanno attraversando il campo occidentale.
Ci sono anche varie notizie sulla formazione di nuovi “patti” che potrebbero inondare l’Ucraina con un altro enorme lotto di veicoli blindati:
Ma ancora una volta, per ora lo considero solo un pio desiderio.
In effetti, le principali teorie ritengono che la situazione delle munizioni occidentali fosse così misera da portare la Francia a esaurire le munizioni in soli 4 giorni di conflitto serio contro la Russia:
Per non parlare del fatto che tutti i discorsi sull’accumulo sembrano sempre sbattere contro il muro di mattoni della realtà:
Ma è comunque una minaccia seria che deve essere presa in considerazione, soprattutto perché l’Europa sta attivamente e continuamente pianificando una guerra futura, o almeno sta cercando di convincere le parti interessate a farlo .
Per esempio, non solo il moldavo Maia Sandu sta discutendo apertamente di un referendum per l’adesione all’UE, che è solo un precursore dell’adesione alla NATO subito dopo:
Ma l’estone Kaja Kallas si batte per la guerra nucleare, dicendo al pubblico che le minacce nucleari di Putin non devono essere prese sul serio:
L’ho detto su X, ma lo ripeto qui: per molti versi la Guerra Fredda è stata un’epoca molto più sicura perché al comando c’erano persone più serie, non psicopatiche, che rispettavano davvero i pericoli dell’olocausto nucleare. I leader di oggi sono tutti burattini immoralmente degradati, probabilmente messi al comando solo sulla base di kompromat, e non hanno più le qualità professionali o la discrezione necessarie dei loro antenati per la gravità della situazione. La società, più che mai stupefatta dal pane e dal circo, è ovviamente cieca di fronte alla totale ignoranza e alle pericolose provocazioni dei suoi leader.
Infine, è stato riferito che la Romania starebbe costruendo quella che sarà la più grande base d’Europa, persino più grande di Ramstein e proprio al confine con l’Ucraina, chiaramente destinata a essere il principale nodo operativo contro la Russia nella regione:
Sul territorio della Romania è iniziata la costruzione della più grande base militare della NATO in Europa, progettata per 10 mila militari.
La struttura, progettata per ospitare contemporaneamente 10 mila militari con le loro famiglie, sta sorgendo su un’area di quasi tremila ettari vicino a Costanza, un porto rumeno sul Mar Nero. In precedenza, vi si trovava la base aerea NATO “Mihail Kogalniceanu”.
“La base diventerà la più importante struttura militare permanente della NATO in prossimità del conflitto nell’Ucraina meridionale. Non immaginiamo che questo conflitto finisca nel 2025 o nel 2026, questo è un conflitto a lungo termine”, ha dichiarato l’esperto rumeno Dorin Popescu.
Il progetto, del valore di 2,5 miliardi di euro, comprende piste di atterraggio, piattaforme per le armi, hangar per gli aerei militari, oltre a scuole, asili, negozi e un ospedale.
Se si mettono insieme i pezzi di cui sopra, è chiaro che l’obiettivo è quello di portare la Moldavia all’ovile, di radicare la regione e di creare massicci accumuli militari per assicurarsi che la Russia non possa mai riprendere Odessa o mantenere la supremazia sul Mar Nero. Ecco perché è più che mai imperativo per la Russia portare a termine il lavoro, catturare Odessa e sbloccare la PMR per evitare di essere strangolata dalla NATO. Non dimentichiamo che laPMR ha appena subito uno dei suoi primi assalti militari diretti: un elicottero Mi-8 è stato distrutto da un drone FPV “sconosciuto”, una provocazione con una chiara angolazione.
–
Vi lascio con gli ultimi due video:
A Georgievka, uno dei più grandi arresti di truppe dell’AFU della memoria recente:
Nel frattempo Legitmny riporta:
Il prossimo:
Le forze speciali russe ispezionano l’Abrams distrutto vicino a Berdychi, Avdeevka, che si spera possa essere catturato e trainato fuori nel prossimo futuro:
Come ultimo punto:
Ecco due nuovi ottimi articoli di M.K. Bhadrakumar. Il primo, intitolato “Novorossiya” che risorge dalle ceneri come una fenice, riassume molti dei punti discussi qui, con l’agonia terminale dell’Europa per il potenziale ritiro degli Stati Uniti e la consapevolezza della propria inconsistenza.
Il secondo, ancora più nutriente ed erudito, è: “La Francia tutta vestita e senza un posto dove andare“. Se avete tempo solo per uno, vi consiglio vivamente di concedervi il secondo.
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SINTESI
Sahra Wagenknecht ha presentato l’associazione “Alleanza Sahra Wagenknecht per la Ragione e la Giustizia” (BSW) il 23 ottobre 2023, portando alla creazione di un nuovo partito politico con lo stesso nome l’8 gennaio 2024, in vista delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno 2024. Sahra Wagenknecht difende posizioni di sinistra sull’economia, ma le sue preferenze culturali autoritarie di destra (rifiuto dell’immigrazione, della cultura sveglia…) la collocano in uno spazio unico e non occupato nella politica tedesca.
Potrebbe riunire elettori sia di sinistra che di destra, compresi gli attivisti anti-Vax, pro-Putin, anti-immigrazione, anti-woke e autoritari.
Le dimissioni di Victoria Nuland sanciscono definitivamente il riposizionamento della leadership statunitense su due aspetti: il fronte principale del confronto geopolitico è sempre meno collocato in Europa e il suo epicentro in Ucraina ha rivelato soprattutto le debolezze e l’avventurismo di una ostinazione russofobica che lascerà nude ed esposte soprattutto le élites europee. Di fatto si sta cercando una via di uscita che comporterà comunque il pagamento di un prezzo particolarmente elevato o di un azzardo dagli esiti catastrofici. Il conflitto interno agli Stati Uniti detterà sempre di più le dinamiche geopolitiche; la gran parte delle energie della attuale dirigenza statunitense dovrà essere spesa all’interno. La Nuland promette di essere uno dei personaggi chiave incaricato alla bisogna. Sentiremo parlare meno di lei, ma non vorrà dire che cesserà di fare danni. Fa parte di un élite che si sente sempre più minacciata e riterrà di lottare per la propria stessa sopravvivenza anche a scapito della sicurezza e stabilità del proprio paese. L’anno terribile è iniziato in queste ultime settimane. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
NB_segnalo che è possibile accelerare la velocità di trasmissione del video andando sulle impostazioni del filmato.
https://rumble.com/v4jr3a6-stati-uniti-riposizionamenti-e-resa-dei-conti-con-gianfranco-campa.html
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Oggi una breve analisi sul fascino storico di Macron mascherato da casuale intervista televisiva:
Ed ecco alcuni degli estratti più pronunciati: “Abbiamo un solo obiettivo: la Russia non può vincere questa guerra”. “Perché se vincono, la vita dei francesi cambierebbe in modo permanente… è in gioco la nostra esistenza… abbiamo già sofferto le conseguenze di questa guerra nella nostra vita quotidiana, i nostri ospedali soffrono di disfunzioni a causa dell’aggressione russa…” Ribadendo: “Questa guerra è esistenziale per l’Europa e la Francia”. Infine, spiega il tutto in modo molto chiaro, spiegando come tutte le precedenti linee rosse siano state superate da lui e dalla sua coorte, il che implica che la linea rossa finale dell’invio di truppe non dovrebbe essere considerata una barriera: Zelenskyj, d’altra parte, ha dichiarato pubblicamente che l’esercito francese dovrebbe venire in Ucraina con lo scopo apparente di addestrare le AFU sul proprio territorio: Mentre tutto ciò accadeva, un video della chiamata con Putin poco prima dell’inizio dell’SMO – che la squadra di Macron aveva inizialmente fatto trapelare – aveva cominciato di nuovo a fare il giro, in particolare tra gli organi di propaganda, il che porta a concludere che fosse parte della psyop francese per costruire la “potenza” immaginaria di Macron. Non sono sicuro che in questo film siano state aggiunte nuove scene, ma è chiaramente modificata dal team di Macron per farlo sembrare il più apparentemente “dominante” possibile, con le reazioni di Putin spesso astutamente modificate per far apparire Macron in adempimento del suo alfa- fantasia maschile. In realtà, ciò non mostra altro che debolezza, insicurezza e eccessiva compensazione da parte sua; per non parlare del fatto che Putin ha fatto del suo meglio per ragionare con l’Occidente totalmente ideologicamente irragionevole. Naturalmente, Putin ha fatto i suoi scatti di machismo impettito, informando casualmente la sua controparte dandy che stava rispondendo alla sua chiamata dalla palestra. Ma tornando alle questioni: un altro articolo mini-bomba di Le Monde riporta che Macron ha recentemente dichiarato casualmente a un gruppo privato all’Eliseo che presto sarà costretto a inviare truppe a Odessa: Può essere più chiaro? La NATO non può lasciare che la Russia catturi Odessa per una moltitudine di ragioni.
In breve, è assolutamente apocalittico che la NATO perda Odessa. Ma ecco il problema: tutta la NATO, senza l’esercito americano, non può sconfiggere la Russia. Sì, impantanata anche in Ucraina: la Russia ha ora formato un gruppo militare completamente nuovo di oltre 500.000 uomini, sufficiente per eliminare da sola tutta la NATO, escludendo la presenza degli Stati Uniti. Tuttavia: gli Stati Uniti non potevano assolutamente e non volevano impegnare le loro forze di terra in un simile sforzo bellico europeo. Perché? Perché significherebbe intrappolare totalmente l’intero esercito statunitense, già impoverito e in diminuzione, in questo unico teatro, consentendo alla Cina di impadronirsi di Taiwan a suo piacimento senza la minaccia di aiuti militari statunitensi in alcun modo apertamente significativo. Due cose importanti da ricordare: solo pochi stati della NATO abbaiano, molti altri hanno dichiarato apertamente di non coinvolgere truppe, tra cui Italia e Germania. In effetti, sta venendo alla luce che la richiesta interna della Germania di non fornire i missili Taurus è perché ciò richiederebbe loro di inviare truppe di terra in Ucraina per amministrare i missili, che per loro rappresenta una grande linea rossa. E l’altra cosa importante che nessuno ha sollevato: Lo specifica il famigerato articolo 5 della NATO che la dottrina della mutua difesa viene attivata solo se le truppe della NATO vengono attaccate sul territorio della NATO . Riesci a indovinare cosa significa per le truppe francesi colpite a Odessa? Ciò significa che Macron sta camminando su una linea molto sottile: se non riesce a ottenere una coalizione che lo sostenga in questa nuova campagna, sarà un imperatore senza vestiti poiché le truppe francesi sarebbero lasciate sole ad affrontare potenziali attacchi russi, per alla quale non avrebbero avuto alcuna risposta e sarebbero stati spazzati via. Questo è il motivo per cui Macron si sta ora precipitando in tutta Europa per cercare disperatamente di costruire una tale coalizione: Ma finora non sono riusciti a tirar fuori altro che le solite, stanche argomentazioni sul “procurarsi più armi” per l’Ucraina, così come sul rilanciare il cavallo fustigato del furto dei fondi congelati della Russia: L’articolo di Lemonde rivela alcune altre curiosità interessanti: Si sostiene che l’esercito francese aveva già avviato discussioni segrete sull’invio di truppe già nel giugno 2023, pochi giorni dopo che la disastrosa offensiva ucraina cominciava a scrivere la sua conclusione scontata. Ciò significa che, nonostante le false pretese delle loro pubbliche ammissioni a sostegno del morale, internamente, sapevano già nel primo famoso scontro Leopard-Bradley che era sostanzialmente finita per l’Ucraina e che le truppe NATO sarebbero state l’unica soluzione possibile per impedire alla Russia di inevitabilmente impadronendosi dell’intero paese. Tuttavia, leggi anche l’ultima riga: “L’obiettivo primario è inviare alla Russia un segnale di risolutezza e impegno a lungo termine”. Ciò risale al discorso di Robert Fico di creare una condizione di “ambiguità strategica” per la Russia con tutte queste ultime minacce. Ciò significa che c’è ancora la possibilità che questi siano tutti bluff intesi a far “pensare due volte” alla Russia. Per quanto riguarda Odessa, i banderiti hanno recentemente discusso di cosa accadrebbe se e quando le truppe russe si avvicinassero: In ogni caso, Macron sembra aver fallito nel convincere Scholz: Per non parlare di:
E ovviamente il voto per il Toro è fallito in maniera massiccia:
La maggior parte delle persone, tra l’altro, non capisce il vero motivo dietro la trepidazione della Germania nel mandare il Toro. Non è che la Germania abbia in qualche modo più paura di farsi coinvolgere, considerando il fatto che è già il principale fornitore di aiuti oltre agli Stati Uniti. Ha più a che fare con il fatto che, a differenza degli Storm Shadows, limitati a meno di 250 km per le versioni da esportazione data all’Ucraina, i Taurus hanno una gittata di ben oltre 500 km e, secondo quanto riferito , sono segretamente in grado di trasportare testate nucleari – un fatto che il Bundestag confermato indirettamente rifiutando di recente di rispondere alla domanda, affermando che si trattava di “informazioni top secret”. Ciò significa che il Toro presenta un tipo di minaccia strategica totalmente diversa se usato contro la Russia. Dal punto di vista russo, se un Taurus dovesse essere lanciato in territorio russo, la Russia non avrebbe altra scelta che trattarlo come un potenziale attacco nucleare di primo attacco da parte della NATO, dato che Mosca è a meno di 500 km dal territorio ucraino e non vi è alcuna possibilità per determinare se il missile è dotato di armi nucleari durante il volo in arrivo. Ciò apre un terreno completamente diverso, che darebbe dottrinalmente alle forze armate russe la possibilità di rispondere potenzialmente alla Germania con quasi tutte le misure di escalation, compreso il lancio nucleare preventivo su Berlino. La Germania lo sa, per questo il Toro è fuori discussione. Tuttavia, ora stanno prendendo in considerazione il loro vecchio gioco “circolare” di fornire il Toro al Regno Unito in cambio della liberazione da parte del Regno Unito delle sue restanti azioni Storm Shadow all’Ucraina, ecc. Infine, è molto interessante che oggi, subito dopo le vigorose teatralità televisive di Macron, la Russia abbia colpito niente meno che… Odessa con un colpo enorme e magistrale che, secondo quanto riferito, ha spazzato via molte persone importanti, e ha persino fatto piangere apertamente dal profondo dell’anima anche la parte ucraina: Secondo quanto riferito, la pubblicazione ucraina Dumskaya ha pubblicato e poi cancellato rapidamente quanto segue:
Non occorre essere Christopher Langan per capire che l’attacco era un avvertimento diretto da parte di Putin: “Il tuo battaglione di baguette non sarà al sicuro a Odessa, piccolo imperatore”. Il tuo supporto è prezioso. Se ti è piaciuta la lettura, apprezzerei molto se sottoscrivessi un impegno mensile/annuale per sostenere il mio lavoro, in modo che io possa continuare a fornirti rapporti dettagliati e incisivi come questo. In alternativa, puoi lasciare la mancia qui: Tip Jar |
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Finché la Terza Guerra Mondiale non scoppierà per un errore di calcolo, la nuova Ucraina rimarrà formalmente sotto il controllo politico dei suoi rappresentanti, a prescindere da chi essi siano, mentre la parte occidentale che faceva parte della Polonia rientrerà nella sua “sfera di influenza economica”. Una reincorporazione formale è comunque improbabile per ragioni socio-economiche, per non parlare della mancanza di sostegno pubblico, anche se una confederazione di qualche tipo potrebbe prendere forma in un secondo momento.
Il Presidente polacco Duda e il Primo Ministro Tusk si sono incontrati con Biden a Washington per commemorare il quarto di secolo del loro Paese nella NATO, durante il quale questi agguerriti rivali politici hanno fatto pressione per ottenere maggiori aiuti all’Ucraina in quello che Politico ha descritto come un “segno assolutamente unico di unità politica”. Sebbene il viceministro della Difesa Wziatek abbia recentemente contraddetto l’ del ministro degli Esteri Sikorski implicito sostegno alla proposta del presidente francese Macron di un intervento convenzionale della NATO in Ucraina, questo scenario non è ancora da escludere.
Il Presidente Putin ha appena avvertito in un’intervista andata in onda il giorno dopo l’incontro di questi leader che:
“If, let’s say, Polish troops enter the Ukrainian territory to – as it is said – protect the Ukrainian-Belarusian border, for example, or in some other places in order to free up Ukrainian military contingents to participate in hostilities on the line of contact, then I think that Polish troops will never leave. Well, it seems so to me.
Because they will want to return… they are dreaming, they want to return those lands that they consider historically theirs, and which were taken away from them by the Father of Nations, Joseph Vissarionovich Stalin, and transferred to Ukraine. Of course, they want them back. And if official Polish units enter there, they are unlikely to leave.”
His assessment will now be analyzed in light of recent developments in order to appraise its accuracy.
It was explained last July “How Poland Is Slyly Taking Control Of Western Ukraine” through economic means instead of military ones because the former are considered to be much more cost-effective and less risky. Meanwhile, this piece here from January explained why Hungarian and Romanian populists’ plans to reincorporate the lands that their nations lost to Ukraine is unlikely due to the difficulty posed by their totally different post-World War II demographics, which is also relevant for Poland.
By mid-February, however, the military-strategic calculations drastically changed after Russia’s victory in Avdeevka made it more likely than ever that it might achieve a breakthrough across the Line of Contact (LOC) by sometime later this year. It was this development that prompted Macron to publicly propose a conventional NATO intervention in Ukraine’s support in order to prevent that country’s collapse and draw a red line in the sand as far east as possible to stop the Russian steamroller in that scenario.
Most Western leaders reacted coolly to his suggest with the notable exception of the Baltic States and Polish Foreign Minister Sikorski, though the latter’s implied support of this proposal came after a week after Tusk said that this isn’t in the cards and was then contradicted by the Deputy Defense Minister. Nevertheless, this analysis here argued that Tusk’s reluctance is due to the fear that Poland could be hung out to dry by NATO if its forces clashed with Russia, hence the need to secure American approval.
Absent that, Poland might feel more confident participating in this mission together with at least nuclear-armed France and the UK, who could resort to nuclear brinksmanship in the event that the US advises NATO as a whole not to consider extending Article 5 over members’ troops in a third country. The best-case scenario from Poland’s perspective, however, is that American approves this mission and agrees to the aforementioned legally dubious interpretation in order to have its back if that happens.
Poland’s bipartisan pathological fear of Russia is why Duda and Tusk might take their “absolutely unique sign of political unity” to the next level by agreeing to conventionally intervene in Ukraine to stop the Russian steamroller should the frontlines collapse in the coming future. Formally reincorporating the erstwhile Second Polish Republic’s lands that it lost to Ukraine after 1939 might not be feasible for socio-economic reasons and a lack of public support, however, but a prolonged military presence is possible.
To explain, the Polish economy sharply slowed last year and the European Council on Foreign Relations’ poll from January showed that 40% of Poles regard Ukrainians as a threat, which is the highest anywhere among the 12 European countries that they surveyed and beats Kiev-skeptic Hungary by 3%. The formal reincorporation of what are nowadays the Ukrainian Oblasts of Lvov, Ivano-Frankivsk, Ternopol, Volyn, and Rivne would bring over 6 million Ukrainians into Poland per their total estimated 2022 populations.
In a country of approximately 37 million people that’s been ethno-religiously homogenous since World War II, that would increase the population to around 43 million and lead to over 1/8 of its citizens being minorities, whose socio-economic security would be provided for by pre-“reunification” taxpayers. Socio-economic development in post-1945 Poland would almost certainly be neglected in favor of rebuilding these “recovered territories” and helping their people meet Poland’s associated standards.
It’s therefore easy to see why this wouldn’t be popular with the masses, 40% of whom already view Ukrainians as a threat, not to mention Poland’s beloved farmers who are already blockading the border in order to prevent the influx of cheap Ukrainian agricultural products from destroying their livelihoods. For that reason, it’s unlikely that either Duda or Tusk would move forward with such plans, but a prolonged military presence there is an altogether different matter that they’d likely agree to.
What President Putin said about Polish troops “protect[ing] the Ukrainian-Belarusian border, for example, or in some other places in order to free up Ukrainian military contingents to participate in hostilities on the line of contact” is credible due to that being in Poland’s military-strategic interests. They could also help maintain law and order should the state collapse if Russia achieves a breakthrough across the LOC, which could prevent an influx of Ukrainian migrants/refugees and stop arms smuggling.
Inoltre, queste truppe polacche potrebbero proteggere la prevista “sfera di influenza economica” del loro Paese nell’Ucraina occidentale dall’invasione del G7, in vista dei piani di questo blocco di nominare un inviato speciale in loco, che probabilmente avrà il compito di dividere le sfere tra di loro. Non solo, ma Duda e Tusk potrebbero aver promesso a Biden che l’approvazione di un intervento convenzionale polacco in Ucraina potrebbe vedere Varsavia utilizzare parte dei suoi profitti per acquistare altre armi statunitensi.
Francia, Germania e Regno Unito hanno le loro industrie di armi e quindi è improbabile che reinvestano una parte dei loro profitti derivati dall’Ucraina negli Stati Uniti, quindi Washington ha un naturale incentivo finanziario a sostenere Varsavia nella difesa della sua “sfera” prevista in quel paese, approvando il suo intervento convenzionale. Se questo è effettivamente ciò che Duda e Tusk hanno cercato di ottenere durante l’incontro con Biden e gli Stati Uniti accettano di non appendere la Polonia al chiodo, allora questo pericoloso scenario potrebbe concretizzarsi prima del previsto.
Finché la Terza Guerra Mondiale non scoppierà per un errore di calcolo, la nuova Ucraina rimarrà formalmente sotto il controllo politico dei suoi rappresentanti, a prescindere da chi essi siano, mentre la parte occidentale che faceva parte della Polonia cadrà sotto la sua “sfera di influenza economica”. Una reincorporazione formale è comunque improbabile per le ragioni socio-economiche che sono state spiegate, per non parlare della mancanza di sostegno pubblico, anche se una confederazione di qualche tipo potrebbe prendere forma in un secondo momento.
L’Ucraina sta cercando di imbrattare la reputazione della Polonia agli occhi dei suoi alleati occidentali inquadrandola falsamente come una società infiltrata dalla Russia, il cui governo è così corrotto dall’influenza agricola di Mosca che ora sta reprimendo i “reportage investigativi” stranieri per coprire questo presunto oscuro verità. I legami polacco-ucraini rimangono problematici nonostante il ritorno al potere di Donald Tusk , sostenuto da Berlino, come primo ministro, che si è impegnato a riparare il danno che accusa i suoi predecessori nazionalisti-conservatori di aver inflitto loro, anche se stavano solo difendendo i legittimi interessi nazionali della Polonia. La sua incapacità di impedire la ripresa delle proteste popolari degli agricoltori ha spinto il mese scorso il sindaco di Lvov Andrey Sadovoy a denigrare quegli attivisti definendoli “ provocatori filo-russi ”, il che rappresenta un profondo insulto per la maggior parte dei polacchi. Successivamente l’Ukrainska Pravda ha pubblicato un rapporto su “ Come la Polonia continua a importare prodotti agricoli russi ”, che a sua volta ha preceduto Politico , combinando entrambe le narrazioni per suggerire più apertamente che dietro i loro ultimi problemi ci sono l’ingerenza russa e l’influenza agricola. La realtà è che nessun manifestante è stato arrestato con l’accusa di spionaggio, e le statistiche ufficiali dimostrano che la Polonia ha importato solo 12.694 tonnellate di grano dalla Russia nel 2023 rispetto a 1 milione dall’Ucraina. Tuttavia, perché ce ne sono stati due Dopo gli incidenti finora avvenuti in Polonia che hanno arrestato giornalisti ucraini che hanno filmato le tratte ferroviarie del loro paese con la Bielorussia e Kaliningrad per periodi di tempo prolungati in violazione della legislazione relativa alla sicurezza nazionale, sta ora emergendo una nuova narrazione di guerra informatica. La Federazione Internazionale dei Giornalisti , la più grande organizzazione mondiale di questo tipo, ha accusato la Polonia di “ostruzionismo persistente al lavoro dei giornalisti ucraini”. Secondo loro, ciò “pone serie minacce alla sicurezza dei giornalisti e alla stessa libertà di stampa”, per questo motivo stanno facendo pressioni sulla Polonia affinché smetta di far rispettare la legge e “annulli la deportazione” dei due ucraini banditi dall’area Schengen. zona per le riprese vicino a Kaliningrad. L’Ucraina ha cercato disperatamente di screditare le proteste degli agricoltori di base con l’allusione all’ingerenza russa e all’influenza agricola, e ora sta inventando una dimensione “anti-stampa libera” dopo che tali sforzi sono falliti. Lo scopo è quello di infangare la reputazione della Polonia agli occhi dei suoi alleati occidentali, inquadrandola falsamente come una società infiltrata dalla Russia, il cui governo è così corrotto dall’influenza agricola di Mosca che ora sta reprimendo i “reportage investigativi” stranieri per coprire questo presunto oscuro verità. Come accennato in precedenza, non un solo manifestante è stato arrestato con l’accusa di spionaggio e le importazioni di grano russo dalla Polonia impallidiscono in confronto a quelle ucraine, quindi non c’è alcuna base per ciò che l’Ucraina sta insinuando. Inoltre, la legislazione ucraina relativa alla sicurezza nazionale che limita la libertà di stampa è incomparabilmente più severa di quella polacca, il che rende la sua ultima narrazione sulla guerra dell’informazione ancora più ipocrita. Questa tendenza emergente dell’Ucraina che diffama la reputazione della Polonia è molto ostile, dimostra l’ingratitudine di Kiev verso Varsavia nonostante tutto ciò che ha fatto per sostenere il regime, e si prevede che susciti ancora più sentimenti anti-ucraini tra i polacchi man mano che diventeranno sempre più consapevoli di questa campagna. Il sondaggio del Consiglio europeo per le relazioni estere di gennaio ha già mostrato che un enorme 40% di loro considera gli ucraini come una minaccia, che potrebbe superare ben oltre la metà della popolazione entro la prossima volta che un altro sondaggio verrà condotto se le narrazioni di guerra informatica di Kiev dovessero sfondare nel mainstream occidentale. . A meno che l’Ucraina non faccia marcia indietro, ecco la previsione di Mikhail Podolyak dell’estate scorsa secondo cui sarebbero diventati concorrenti per procura La fine della guerra contro la Russia potrebbe svolgersi prematuramente con conseguenze geopolitiche imprevedibili . |
La spartizione asimmetrica tra i vicini occidentali dell’Ucraina in “sfere di influenza economica” insieme a una spartizione di fatto simile a quella coreana tra NATO e Russia è molto più prevedibile rispetto alla reincorporazione formale del territorio perduto da parte dei suoi vicini occidentali come la Polonia per ragioni finanziarie e politiche.
La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha messo in guardia sull’imminente spartizione dell’Ucraina. Secondo lei , “tutte queste dichiarazioni che Macron e altri politici della NATO fanno, sulla possibilità di introdurre contingenti o qualche tipo di unità paramilitari nel territorio dell’Ucraina, sono legate alla spartizione di ciò che vedono come i resti dell’Ucraina… sono pronti ad occupare e spartire l’Ucraina”. Ciò che non ha menzionato, tuttavia, è che probabilmente si tratterà di una partizione asimmetrica.
Invece di spartirsi ufficialmente i paesi vicini dell’Ucraina, come ha suggerito l’ex presidente e vicepresidente in carica del Consiglio di sicurezza Dmitry Medvedev attraverso la mappa di cui ha recentemente parlato, è improbabile che gli stati della NATO reincorporino formalmente le loro terre perdute. Piuttosto, ciò che è più probabile che accada nel caso in cui formino una “coalizione di volenterosi” per intervenire convenzionalmente è che si ritaglino “sfere di influenza” con il pretesto di proteggere i loro “ confini strategici ”.
Il presidente rumeno Klaus Iohannis ha rivelato che mentre il blocco nel suo insieme non può intervenire in Ucraina poiché non è un alleato della NATO, i membri potrebbero farlo bilateralmente da soli, cosa per cui la Polonia avrebbe potuto cercare l’approvazione dell’America durante l’incontro del suo Presidente e Primo Ministro con Biden. Qui si è sostenuto che ciò potrebbe anche essere parzialmente motivato da fattori politici interni, per non parlare dello “ scenario peggiore ” dell’Occidente, secondo cui la Russia raggiungerebbe una svolta militare che catalizzerebbe il collasso dell’Ucraina.
La Francia e, per estensione, anche il Regno Unito potrebbero tramare un gioco di potere ucraino sotto il naso della Germania per impedire al loro storico rivale di riprendere la sua traiettoria di superpotenza con il sostegno degli Stati Uniti mentre Washington dà potere a Berlino per contenere la Russia in Europa mentre l’America “ritorna (torna) verso l’Asia” per contenere la Cina. Queste rapide mosse giungono in concomitanza con le notizie secondo cui il G7 sta pianificando di nominare un inviato speciale in Ucraina, che secondo questa analisi potrebbe essere incaricato di attuare l’agenda di Davos in quel paese.
Zelenskyj ha dichiarato al World Economic Forum nel maggio 2022 che “offriamo un modello di ricostruzione speciale, storicamente significativo. Quando ciascuno dei paesi partner o città partner o aziende partner avrà l’opportunità – storica – di patrocinare una particolare regione, città, comunità o industria dell’Ucraina. La Gran Bretagna, la Danimarca, l’Unione Europea e altri importanti attori internazionali hanno già scelto una direzione specifica per il mecenatismo nella ricostruzione”.
È quindi logico che vogliano salvaguardare le regioni, le città, le comunità e le industrie di cui l’Ucraina ha promesso loro il patrocinio, in modo da impedire alla Russia di prenderne il controllo nel caso in cui raggiunga una svolta militare che catalizzi il collasso dell’Ucraina e porta al cambio di regime. Questa analisi , nel frattempo, sostiene che la reincorporazione formale delle terre perdute dei suoi vicini occidentali è improbabile a causa di quanto i loro dati demografici sono cambiati dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Di conseguenza, le “sfere di influenza economica” sono il risultato più probabile se i discorsi della Francia su un intervento convenzionale della NATO venissero attuati, dopo di che i partecipanti potrebbero trarre profitto dalle rispettive zone mentre vi svolgono attività di addestramento militare e di applicazione della legge. Queste truppe straniere potrebbero anche impedire il collasso dello Stato nelle aree sotto il loro controllo, respingere flussi incontrollabili di rifugiati e combattere il contrabbando di armi nell’UE.
L’effetto finale sarebbe quello di preservare formalmente lo stato ucraino secondo l’obiettivo dichiarato ufficialmente dall’Occidente che “giustifica” la loro delega guerra contro la Russia attraverso l’ex repubblica sovietica, pur suddividendola asimmetricamente in “sfere di influenza economica” secondo l’agenda di Davos. È anche possibile che col tempo alcuni dei vicini occidentali dell’Ucraina, come la Polonia, possano prendere in considerazione l’idea di entrare in una “ confederazione” con la regione adiacente sotto il loro controllo, ma questo è ancora uno scenario inverosimile.
I loro contribuenti potrebbero restare bloccati con il disegno di legge per la ricostruzione di quelle ex regioni ucraine, inoltre i locali diventerebbero cittadini con pari diritti (compresi quelli di voto), a cui la gente di quei paesi potrebbe opporsi fermamente e quindi potenzialmente ribellarsi. È molto meno costoso dal punto di vista economico e politico sottrarre semplicemente ricchezza da quelle regioni in cambio di un limitato sostegno alla sicurezza piuttosto che sancire costituzionalmente diritti economici, politici e di sicurezza durevoli ai loro locali per ottenere prestigio.
Per questi motivi, anche se Zakharova ha probabilmente ragione nel valutare che i piani per la spartizione dell’Ucraina sono in corso in base a diverse variabili situazionali (ad esempio le dinamiche strategico-militari del conflitto e la politica interna come nel caso della Polonia), probabilmente tutto non si svolgerebbe come l’opinione pubblica immagina. . Una spartizione asimmetrica tra i vicini occidentali dell’Ucraina in “sfere di influenza economica” insieme ad una spartizione di fatto simile a quella coreana tra NATO e Russia è molto più prevedibile.
La Russia non è contenta di essere espulsa dall’Armenia, ma potrebbe consolarsi sapendo che questo corridoio potrebbe dissuadere l’Occidente dallo sfruttare l’Armenia per destabilizzare la regione, cosa che India e Iran potrebbero aiutarla a realizzare. Il New York Times (NYT) ha attirato l’attenzione del mondo sul corridoio di trasporto Nord-Sud (NSTC) la scorsa settimana nel suo articolo dettagliato intitolato “ Da Mosca a Mumbai: la Russia ruota verso sud per il commercio ”. Era straordinariamente equilibrato per un media mainstream, anche se il sottotesto era che l’Occidente dovrebbe essere preoccupato per la Russia che fa affidamento su questa strada per alleviare la pressione delle sanzioni. Queste preoccupazioni potrebbero essere parzialmente dissipate, tuttavia, se venissero apprese maggiori informazioni sulla prevista filiale indiana del Mar Nero (BSB). I tre rami esistenti dell’NSTC collegano Russia e India attraverso il Caucaso meridionale, il Mar Caspio e l’Asia centrale, ma l’India sta prendendo in considerazione un ramo aggiuntivo attraverso l’Armenia e la Georgia per collegarla con l’UE attraverso il Mar Nero. Il vice ministro dell’Economia armeno Narek Teryan ha annunciato giovedì, durante un forum d’affari indiano-armeno, che i due paesi e l’Iran stanno ora discutendo la creazione formale di un corridoio trilaterale tra loro come ultimo passo in tal senso. Mentre l’Occidente potrebbe rabbrividire al pensiero che l’Iran tragga profitto dal commercio con l’India attraverso un corridoio di connettività su cui anche la Russia fa parzialmente affidamento per alleviare la pressione delle sanzioni, non ha il potere di fermare l’NSTC e dovrebbe quindi esplorare modi per trarne vantaggio. Per cominciare, il BSB integra il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (IMEC), i cui piani di corridoio ferroviario associati sono stati complicati dall’inaspettato scoppio dell’ultima guerra tra Israele e Hamas . Proprio come l’IMEC, anche il BSB evita il Mar Rosso attraverso il quale la maggior parte del commercio indoeuropeo veniva precedentemente condotto prima che gli Houthi lo chiudessero alla maggior parte delle spedizioni in solidarietà con Hamas. Anche dopo la fine dell’ultima guerra tra Israele e Hamas, l’irrisolta guerra yemenita potrebbe sempre riaccendersi e portare gli Houthi a chiudere nuovamente il Mar Rosso. C’è anche la possibilità che scoppi una guerra nel Corno d’Africa per i piani portuali pacifici dell’Etiopia e possa interrompere anche il trasporto marittimo regionale. Infine, l’Occidente ha già attirato l’Armenia lontano dalla Russia, quindi il prossimo passo è riprogettare gradualmente la sua importanza geoeconomica incorporandola informalmente nell’UE, cosa che potrebbe essere ottenuta facilitando il commercio indoeuropeo attraverso la BSB. . Sebbene questo perno comporti seri rischi per la sicurezza regionale poiché l’Occidente potrebbe decidere di sostenere il revanscismo armeno, potrebbe essere dissuaso dal destabilizzare il Caucaso meridionale se una parte maggiore del commercio dell’UE con l’India fosse condotta attraverso il BSB. Dal punto di vista della Russia, l’imminente defezione dell’Armenia dalla CSTO e dall’Unione economica eurasiatica è deplorevole, ma sarebbe molto peggio se questo sviluppo precipitasse la regione nella guerra. Per questo motivo, il Cremlino potrebbe decidere di sostenere i piani dell’India di aprire la strada al BSB attraverso quel paese e la Georgia, con lo scopo parziale di dare a Bruxelles interessi economici tangibili nella stabilità del Caucaso meridionale. Qualsiasi attività persa in Armenia potrebbe anche essere recuperata con il tempo tramite l’NSTC. Considerando che il BSB integra l’IMEC riducendo la dipendenza indoeuropea dall’instabile regione del Mar Rosso e aiuta ad avvicinare l’Armenia all’UE, l’Occidente potrebbe benissimo sostenere il corridoio previsto dall’India proprio come fa l’Iran, anche se ciascuno per ragioni diverse. La Russia non è contenta di essere espulsa dall’Armenia, ma potrebbe consolarsi sapendo che il BSB potrebbe dissuadere l’Occidente dallo sfruttare l’Armenia per destabilizzare la regione, cosa che India e Iran potrebbero aiutarla a realizzare. |
L’ultima fase della crisi politica della Polonia potrebbe portare Tusk a manipolare le opinioni nazionaliste di Duda e la condivisa paura patologica nei confronti della Russia per fargli firmare un intervento convenzionale in Ucraina per distrarre dalle turbolenze interne.
Uno degli sviluppi più profondi avvenuti in Europa negli ultimi tre mesi a parte il conflitto NATO-russo La guerra per procura in Ucraina è la totale subordinazione della Polonia alla Germania dopo il ritorno di Donald Tusk, sostenuto da Berlino, alla presidenza del paese a dicembre. Da allora, ha ritirato le richieste di risarcimento tedesche della Polonia , ha accettato la sua proposta di “ Schengen militare ” e ha iniziato a riconsiderare un megaprogetto di connettività , rappresentando così la subordinazione politica, militare ed economica .
Da allora questa fedeltà agli interessi del suo protettore si è estesa fino a includere dimensioni educative, giudiziarie e diplomatiche. Il primo si riferisce alla rimozione di alcune figure ed eventi storici chiave dal programma scolastico secondo il piano di Tusk di tagliarlo del 20%, il secondo riguarda l’inversione da parte del suo governo delle riforme giudiziarie dei suoi predecessori che hanno rafforzato l’autonomia della Polonia rispetto al paese. UE a guida tedesca, e il terzo prevede la sostituzione di 50 ambasciatori. La giustificazione di quest’ultima dice molto sulla visione del mondo di Tusk.
Nelle sue parole , “dobbiamo costruire e migliorare una squadra che sia fedele allo Stato polacco”, il che implica che la totale subordinazione della Polonia alla Germania da parte del suo governo liberale-globalista è patriottica. Per impostazione predefinita, ciò implica a sua volta che gli sforzi globali dei suoi predecessori nazionalisti conservatori per rafforzare l’indipendenza della Polonia nei confronti della Germania erano traditori. In particolare, Tusk suggerisce che gli ambasciatori da loro nominati servono interessi di parte e non quelli polacchi, il che non è vero.
Per quanto imperfette fossero le loro politiche, i nazionalisti conservatori credevano sinceramente di mettere gli interessi polacchi al di sopra di tutti gli altri, mentre i liberali-globalisti danno priorità a quelli tedeschi per solidarietà ideologica con il leader de facto dell’UE. A tal fine, stanno sistematicamente smantellando le iniziative indipendentiste dei loro predecessori nella sfera politica, militare, economica, educativa, giudiziaria e diplomatica, che giustificano con il falso pretesto di riparare i danni traditori arrecati allo Stato.
Nella loro mente, i nazionalisti conservatori sono “razzisti”, “fascisti” e “xenofobi” che sfruttano i mandati democratici per imporre dittature di fatto, per questo motivo “il fine giustifica i mezzi”, nel senso che anche politiche giuridicamente dubbie sono accettabili per i cittadini. “ripristinare la democrazia”. Tusk e i suoi simili considerano la Germania come la “fonte democratica” del continente, la cui leadership deve essere mantenuta a tutti i costi per il “bene comune”, motivo per cui stanno volontariamente schiacciando l’indipendenza polacca a suo vantaggio.
Invece di continuare le politiche dei loro predecessori tese a ripristinare lo status di grande potenza della Polonia, preferiscono riportarla ad essere uno stato fantoccio tedesco in modo da ripristinare la traiettoria di superpotenza di quel paese. In precedenza è stato spiegato qui e qui come questa tendenza miri a far sì che la Germania guidi il contenimento della Russia da parte dell’UE per volere dell’America dopo la fine del conflitto ucraino, al fine di liberare alcune truppe statunitensi per il ridistribuzione da lì in Asia per contenere in modo più vigoroso la Cina. .
I liberal-globalisti credono che tutto ciò che ostacola questo “bene superiore”, come i piani dei nazionalisti conservatori di bloccare l’espansione dell’influenza tedesca nell’Europa centrale e orientale (PECO) ripristinando lo status perduto da tempo della Polonia una grande potenza, deve essere contrastata con fervore. Ciò spiega le sei mosse principali che Tusk ha compiuto finora per subordinare la Polonia alla Germania, la cui grande importanza strategica verrà ora brevemente esaminata nell’ordine in cui sono menzionate in questo articolo.
Ritirare le richieste di risarcimento tedesche della Polonia aveva lo scopo di mostrare ai polacchi che non è più accettabile nutrire rancore contro quel paese e successivamente condizionare l’opinione pubblica per il proprio paese seguendo la sua guida politica nel prossimo futuro. Poco dopo, la Polonia accettò di consentire alle truppe e alle attrezzature tedesche di transitare liberamente attraverso il suo territorio, con il ministro degli Esteri Sikorski che sostenne addirittura l’idea di ospitare permanentemente le forze tedesche sul suolo polacco per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale.
Ciò è stato seguito da Tusk che ha iniziato a riconsiderare il megaprogetto di connettività CPK dei suoi predecessori che consentirebbe alla Polonia di competere con la Germania come importante hub logistico dell’Europa centro-orientale se venisse realizzato, indebolendo così il proprio paese per continuare a dare un vantaggio al suo vicino. Successivamente, ha deciso di tagliare il curriculum del 20%, rimuovendo alcune figure storiche chiave ed eventi che servivano a ridurre il sentimento patriottico tra le generazioni successive e a rimodellare il modo in cui vedono la Germania.
Il suo rovesciamento delle riforme giudiziarie del precedente governo è stato poi approvato dall’UE, che lo ha premiato sbloccando fondi per un valore di quasi 150 miliardi di dollari che erano stati trattenuti ai suoi predecessori come punizione per aver rafforzato l’autonomia della Polonia nei confronti del blocco guidato dalla Germania. Questo denaro potrebbe poi essere reinvestito in modo creativo in modi che aumentino il suo appeal tra il pubblico e contribuiscano a mantenere i nazionalisti conservatori fuori dal potere durante le prossime elezioni.
L’ultima mossa riguardante la prevista epurazione di ben 50 ambasciatori dimostra che non si fida di loro per attuare la sua politica estera filo-tedesca a scapito degli oggettivi interessi nazionali della Polonia a causa della loro visione del mondo diametralmente opposta, che ha falsamente fatto intendere come traditrice. A dire il vero, i funzionari diplomatici sono obbligati a eseguire gli ordini, ma questo impegno diventa giuridicamente discutibile se credono sinceramente che ciò che viene loro assegnato sia veramente traditore.
Mentre i diplomatici di Trump lo indeboliscono in ogni occasione con false affermazioni legate al Russiagate secondo cui le sue politiche previste erano traditrici, i diplomatici nominati sotto il governo precedente hanno probabilmente ragioni legittime per fare lo stesso quando si tratta delle politiche di Tusk, come spiegato. L’unico modo per garantire il rispetto delle sue richieste è rimuovere loro il potere, ma il presidente Duda – che è un nazionalista conservatore che rimarrà in carica fino alla scadenza del suo mandato nell’agosto 2025 – deve approvarlo.
Ma ha già detto che non lo farà, il che potrebbe portare all’ennesima crisi costituzionale oltre alle altre che Tusk ha provocato da gennaio. Si prevede quindi che la Polonia precipiti ulteriormente in quella che è già la sua peggiore crisi politica dagli anni ’80 , e c’è la possibilità che le proteste popolari dei suoi agricoltori possano trasformarsi in un moderno movimento di Solidarnosc , da qui la necessità di una grande distrazione. Se Tusk dovesse diventare sufficientemente disperato, ciò potrebbe assumere la forma di un intervento convenzionale in Ucraina.
Anche se lui e il suo ministro della Difesa hanno smentito il suggerimento del presidente francese Macron secondo cui ciò è possibile , il suo ministro degli Esteri – che è sposato con la guerrafondaia neoconservatrice Anne Applebaum e si vanta di avere un figlio nell’esercito americano – ha insistito sul fatto che ciò non può essere escluso . Duda dovrebbe ordinare una mossa del genere poiché è il comandante in capo , ma visto che Sikorski ha detto che le truppe della NATO sono già lì ma non ha detto di chi, è possibile che Duda abbia già segretamente firmato in parte questo.
Dopotutto, Duda e Tusk si sono riuniti in quello che Politico ha descritto come un ” segno assolutamente unico di unità politica ” per fare pressione per ottenere maggiori aiuti statunitensi all’Ucraina durante il loro viaggio a Washington questa settimana per commemorare i 25 anni del loro paese nella NATO, quindi non sarebbe Non sarebbe sorprendente se fossero sulla stessa lunghezza d’onda a riguardo. Questa analisi sostiene che avrebbero potuto effettivamente cercare l’approvazione americana per intervenire apertamente in Ucraina, possibilmente insieme alla Francia e/o al Regno Unito , al fine di evitare il crollo della linea del fronte.
La paura patologica bipartisan della Polonia nei confronti della Russia spiega il motivo per cui si sono riuniti sull’Ucraina, anche se l’atteggiamento polacco nei confronti di quel paese si sta inasprendo, come dimostrato da un recente sondaggio di un importante think tank dell’UE . Tuttavia, finché l’Ucraina occidentale non viene “annessa”/“riunita” alla Polonia e ai suoi 6 milioni di persone che vivono sulla terra che Varsavia controllava per quattro secoli (che è più a lungo di quanto la Russia controllasse la maggior parte della propria terra ) non sono sovvenzionati dai contribuenti, il pubblico potrebbe non ribellarsi per fermarlo.
È quindi possibile che l’ultima fase della crisi politica polacca possa portare Tusk a manipolare le opinioni nazionaliste di Duda e la paura patologica condivisa nei confronti della Russia per fargli firmare un intervento convenzionale in Ucraina per distrarre dalle turbolenze interne. Ciò potrebbe complicare gli interessi della Germania ma contribuire a salvare la pelle politica di Tusk, ironicamente rappresentando così il “bene superiore” che Berlino potrebbe dover accettare dopo aver ordinato alla Polonia di sacrificare i propri interessi in sei sfere da dicembre per motivi simili.
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Le ragioni attuali del tentennamento, di fatto l’ostracismo, delle élites europee ed europeiste ad una integrazione della Turchia nella Unione Europea sono riconducibili, anche a ragioni religiose, ma prevalentemente alla riviviscenza di stampo ottomano tesa a creare una propria area di influenza ed un campo allargato di azione in aperto conflitto con le dinamiche geopolitiche di tanti paesi europei, al peso demografico ed economico e allo spirito identitario di quel paese, alle ambizioni sull’area turcomanna. Ambizioni e politiche che potranno essere ridimensionate e ricondotte all’ordine solo nel caso improbabile di riaffermazione dell’unipolarismo statunitense o di una forma addomesticata di bipolarismo. L’uso della religione, da parte di Erdogan, aspetto comunque fondamentale della vita e dell’immaginario turco, pare soprattutto strumentale, anche se molto spesso si rischia di rimanere vittime dei propri stessi strumenti. Restano molto importanti ed interessanti, comunque, le considerazioni e le ricostruzioni del professor Sotirovic. Buona lettura, Giuseppe Germinario
La questione della minoranza alevita in Turchia e la sua identità religiosa
Introduzione
Fino ad oggi, la possibilità di organizzare un referendum nazionale sull’adesione della Turchia all’Unione Europea (UE), non ancora espressa dal Presidente della Turchia R.T. Erdoğan, ha aperto molte questioni di natura diversa, seguite da problemi vecchi e nuovi.
L’attuale preoccupazione politica europea si riflette in molte questioni controverse e una delle più importanti riguarda la decisione dell’UE di accettare o meno la Turchia come Stato membro a tutti gli effetti (è uno Stato candidato dal 1999). Da un lato, la Turchia è governata come una democrazia laica da leader politici islamici moderati, che cercano di svolgere un ruolo di ponte tra il Medio Oriente e l’Europa. Dall’altro lato, però, la Turchia è un Paese quasi al 100% musulmano con una marea crescente di radicalismo islamico (soprattutto dopo l’aggressione israeliana del 2023 a Gaza e la pulizia etnica dei palestinesi gazani), circondato da vicini con un problema simile.
Tutti coloro che si oppongono all’ammissione della Turchia nell’UE hanno due argomenti fondamentali: 1) i cittadini turchi musulmani (70 milioni) non si integreranno mai adeguatamente nell’ambiente europeo, che è prevalentemente cristiano; e 2) in caso di adesione della Turchia, si riaccenderanno gli scontri storici tra i turchi (ottomani) e i cristiani europei. In questa sede faremo riferimento solo a una dichiarazione contro l’adesione della Turchia: “significherebbe la fine dell’Europa” (ex presidente francese Valéry Giscard d’Estaing) – una dichiarazione che riflette chiaramente l’opinione dell’80% degli europei intervistati nel 2009, secondo cui l’ammissione della Turchia all’UE non sarebbe una buona cosa. Allo stesso tempo, solo il 32% dei cittadini turchi ha un’opinione favorevole dell’UE e, pertanto, è molto probabile che il processo di ammissione, per il quale sono stati avviati negoziati formali e rigorosi già nel 2005, sia definitivamente interrotto.
Fondamentalismo islamico e ammissione della Turchia all’UE
La questione dell’ammissione della Turchia all’UE è vista dalla maggioranza degli europei attraverso la lente del fondamentalismo islamico come una delle sfide più gravi alla stabilità e soprattutto all’identità europea, che si basa principalmente sui valori e sulla tradizione cristiana. Il fondamentalismo islamico è inteso come un tentativo di minare le pratiche statali esistenti per la stessa ragione per cui i musulmani militanti (come ISIS/ISIL/DAESH) combattono per ristabilire il Califfato islamico medievale e l’istituzione di un’autorità teocratica sulla comunità islamica globale – la Umma. Tuttavia, il fondamentalismo religioso si è imposto per la prima volta all’attenzione della parte occidentale della comunità internazionale nel 1979, quando in Iran una monarchia assoluta filoamericana è stata sostituita da una semi-teocrazia musulmana sciita (Shiia) antiamericana. In altre parole, i chierici musulmani sciiti iraniani, che erano sempre stati i leader spirituali degli iraniani, divennero ora anche i loro leader politici. La rivoluzione islamica iraniana del 1979 ha fatto pensare a possibili rivolte simili in altre società musulmane, seguite da azioni preventive contro di esse da parte di altri governi.
Lo scenario più pericoloso per la Turchia, dal punto di vista europeo, in caso di fallimento dei negoziati di adesione, è probabilmente quello di una virata turca verso il mondo musulmano, seguita da un’influenza crescente del fondamentalismo islamico che può essere adeguatamente controllata dall’UE se la Turchia diventa uno Stato membro del club? Questo è, probabilmente, il fattore di “sicurezza” più importante da notare per quanto riguarda le relazioni UE-Turchia e i negoziati di adesione. In particolare, dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre (a Washington e New York), è diventato sempre più chiaro che era meglio avere la Turchia (islamica) all’interno dell’UE piuttosto che come parte di un blocco anti-occidentale di Stati musulmani.
In generale, per i governi occidentali e soprattutto per le amministrazioni statunitense e israeliana, i musulmani sciiti sono stati considerati, dopo la rivoluzione islamica (sciita) iraniana del 1979, come i più potenziali fondamentalisti islamici e terroristi religiosi. Pertanto, l’oppressione delle minoranze sciite da parte delle maggioranze sunnite in diversi Paesi musulmani non viene deliberatamente registrata e criticata dai governi occidentali. Il caso degli Alevi in Turchia è uno dei migliori esempi di questa politica. Tuttavia, allo stesso tempo, l’amministrazione dell’UE sta prestando la massima attenzione alla questione curda in Turchia, richiedendo persino il riconoscimento dei curdi da parte del governo turco come minoranza etnoculturale (diversa dall’etnia turca). Perché gli Aleviti sono discriminati da questo punto di vista dalla politica dell’UE sulle minoranze in Turchia? La risposta è che i curdi sono musulmani sunniti, mentre gli aleviti sono considerati una fazione turca della comunità musulmana sciita (militante) all’interno del mondo islamico.
Nei prossimi paragrafi, vorrei fare maggiore chiarezza sulla questione di chi sono gli Alevi e di cosa sia l’Alevismo come identità religiosa, tenendo conto del fatto che la religione, senza dubbio, è diventata sempre più importante sia negli studi che nella pratica delle relazioni internazionali e della politica globale. Dobbiamo anche tenere presente che l’identità religiosa è stata predominante rispetto alle identità nazionali o etniche per diversi secoli, essendo in molti casi la causa cruciale dei conflitti politici.
Che cos’è l’alevismo?
Gli Alevi sono quei musulmani che credono nell’Alevismo, che è, di fatto, una setta o una forma di Islam. Soprattutto in Turchia, l’alevismo è una seconda setta comune dell’Islam. Il numero di Aleviti si aggira tra i 10-15 milioni. Il nome della setta deriva dal termine Alevi che significa “seguace di Ali”. Alcuni esperti di studi islamici sostengono che l’alevismo sia un ramo dello sciismo (Islam sciita), ma, di fatto, la umma alevita non è omogenea e l’alevismo non può essere compreso senza un’altra setta islamica – il bektashismo. Ciononostante, la cultura alevita ha prodotto molti poeti e canzoni popolari, oltre al fatto che il popolo alevita sta affrontando molti problemi di vita quotidiana per vivere secondo il proprio credo nell’Islam.
Gli Aleviti (turco: Aleviler o Alevilik; curdo: Elewî) sono una comunità religiosa, sub-etnica e culturale turca che rappresenta allo stesso tempo la più grande setta dell’Islam in Turchia. L’alevismo è una forma di misticismo islamico o sufismo che crede in un unico Dio accettando Maometto come Profeta e il Sacro Corano. Il popolo alevita ama l’Ehlibeyt – la famiglia del Profeta Muhammad -, unificare la preghiera e la supplica, pregare nella propria lingua, preferire la persona libera anziché la Umma (comunità musulmana), preferire l’amore per Dio anziché il timore di Dio, superare la Sharia raggiungendo il mondo reale, credere alla genuinità del Sacro Corano anziché alla rasatura. L’Alevismo ha trovato la sua cura nell’amore umano; essi credono che le persone siano immortali perché una persona è manifestata da Dio. Donne e uomini pregano insieme, nella loro lingua, con la loro musica che viene suonata via bağlama, con il semah. L’alevismo è un insieme di credenze che dipende dalle regole dell’Islam che si basano sul Sacro Corano, secondo gli ordini di Maometto; interpretando l’Islam con una dimensione universale, apre nuove porte ai popoli della terra. Il sistema di credenze degli Aleviti è islamico con una tripletta composta da Allah, Maometto e Ali.
Ci sono molte argomentazioni forti sul rapporto tra alevismo e sciismo. Alcuni ricercatori affermano che l’alevismo è una forma di sciismo, mentre altri sostengono che l’alevismo è settario. Dobbiamo tenere presente che lo sciismo è il secondo tipo di Islam diffuso nel mondo dopo il sunnismo. Si tratta di un ramo dell’Islam che viene chiamato Partito di Ali per il motivo che riconosce la pretesa di Ali di succedere a suo cugino e suocero, il Profeta Maometto, come leader spirituale dell’Islam durante la prima guerra civile nel mondo islamico (656-661). Nella maggior parte dei Paesi islamici i sunniti sono in maggioranza, ma gli sciiti comprendono circa 80 milioni di fedeli, ovvero circa il 13% di tutti i musulmani del mondo. Gli sciiti sono predominanti in tre Paesi: Iran, Iraq ed Emirati Arabi Uniti. Tuttavia, l’alevismo non può essere inteso come identico al sufismo, che è l’aspetto mistico dell’Islam sorto come reazione alla rigida ortodossia religiosa. I sufi cercano l’unione personale con Dio e i loro omologhi cristiano-ortodossi nel Medioevo erano i bogumil.
Indubbiamente, l’alevismo ha alcuni temi simili a quelli dello sciismo ma, allo stesso tempo, ci sono molte differenze per quanto riguarda la pratica generale dell’Islam. Tuttavia, in alcuni testi occidentali, l’alevismo viene presentato come un ramo dello sciismo o, più specificamente, come una via turca o ottomana dello sciismo.
Scissione all’interno dei musulmani
Dobbiamo tenere presente che l’espansione islamica nel VII e nell’VIII secolo è stata accompagnata da conflitti politici che hanno fatto seguito alla morte del Profeta Maometto, e la questione di chi abbia il diritto di succedergli sta dividendo il mondo musulmano ancora oggi. In altre parole, alla morte del Profeta fu scelto un califfo (successore) per governare tutti i musulmani. Tuttavia, poiché il califfo non aveva l’autorità profetica, godeva di un potere secolare ma non di un’autorità nella dottrina religiosa. Il primo califfo fu Abu Bakr, che insieme ai suoi tre successori è considerato il califfo “giustamente guidato” (o ortodosso). Essi governarono secondo il Corano e le pratiche del Profeta, ma in seguito l’Islam si divise in due rami antagonisti: Sunniti e Sciiti.
La divisione tra sunniti e sciiti ebbe inizio quando Ali ibn Abi Talib (599-661), genero ed erede di Maometto, assunse il califfato dopo l’assassinio del suo predecessore Uthman (574-656). La guerra civile si concluse con la sconfitta di Ali e la vittoria del cugino di Uthman e governatore di Damasco, Mu’awiya Ummayad (602-680) dopo la battaglia di Suffin. Tuttavia, quei musulmani (come gli aleviti, ad esempio) che sostenevano che Ali fosse il legittimo califfo presero il nome di Shiat Ali – i “Partigiani di Ali”. Essi ritengono che Ali sia stato l’ultimo califfo legittimo e che, pertanto, il califfato debba passare solo a coloro che sono discendenti diretti del Profeta Maometto attraverso sua figlia Fatima e Ali, suo marito. Il figlio di Ali, Hussein (626-680), rivendicò il Califfato, ma gli Ummayadi lo uccisero insieme ai suoi seguaci nella battaglia di Karbala nel 680. Questa città, oggi nell’Iraq contemporaneo, è il luogo più sacro per i musulmani sciiti (sciismo). Nonostante il fatto che la linea familiare del Profeta Maometto si sia conclusa nell’873, i musulmani sciiti credono che l’ultimo discendente di Maometto non sia morto, poiché è piuttosto “nascosto” e tornerà. Queste interpretazioni sciite di base della storia dell’Islam sono seguite dal popolo alevita e, pertanto, molti ricercatori considerano l’alevismo semplicemente come una fazione dello sciismo.
Il ramo dominante dell’Islam è quello sunnita. I musulmani sunniti, a differenza dei loro avversari sciiti, non chiedono che il califfo sia un discendente diretto del Profeta Maometto. Accettano anche le usanze tribali arabe nel governo. Secondo il loro punto di vista, la leadership politica è nelle mani della comunità musulmana in quanto tale. Tuttavia, di fatto, il potere religioso e politico dell’Islam non fu mai più unito in una comunità politica dopo la morte del quarto califfo.
L’alevismo nell’Islam
Gli aleviti credono in un unico Dio, Allah, e quindi l’alevismo, come forma di Islam, è una religione monoteista. Come tutti gli altri musulmani, gli aleviti comprendono che Dio è in ogni cosa che circonda la natura. È importante notare che ci sono aleviti che credono negli spiriti buoni e cattivi (e in una sorta di angeli) e, quindi, spesso praticano la superstizione per trarre beneficio da quelli buoni ed evitare danni da quelli cattivi. Per questo motivo, per molti musulmani l’alevismo non è un vero e proprio Islam, ma piuttosto una forma di paganesimo intriso di cristianesimo. Tuttavia, la maggioranza degli aleviti non crede in questi esseri soprannaturali, affermando che si tratta di un’espressione del satanismo.
L’essenza dell’alevismo sta nel fatto che gli aleviti credono che, secondo il testo originale del Corano, Ali, cugino e genero di Maometto, doveva essere il successore del Profeta come vice-reggente di Dio sulla terra o califfo. Tuttavia, essi sostengono che le parti del Corano originale relative ad Ali sono state eliminate dai suoi rivali. Secondo gli aleviti, il Corano, in quanto libro sacro fondamentale per tutti i musulmani, deve essere interpretato esotericamente. Per loro, nel Corano ci sono verità spirituali molto più profonde delle rigide regole e norme che appaiono sulla superficie laterale. Tuttavia, la maggior parte degli scrittori aleviti cita singoli versetti coranici come appello all’autorità per sostenere il proprio punto di vista su un determinato argomento o per giustificare una certa tradizione religiosa alevita. Gli aleviti in genere promuovono la lettura del Corano piuttosto in lingua turca che in arabo, sottolineando che è di fondamentale importanza per una persona capire esattamente ciò che sta leggendo, cosa che non è possibile se il Corano viene letto in arabo. Tuttavia, molti aleviti non leggono il Corano o altri libri sacri, né basano le loro credenze e pratiche quotidiane su di essi, poiché considerano questi libri antichi irrilevanti al giorno d’oggi.
Gli aleviti leggono tre libri diversi. Se secondo loro non c’è un’informazione corretta nel Corano, poiché i sunniti hanno corrotto le parole autentiche di Maometto, è necessario rivelare i messaggi originali del Profeta attraverso letture alternative. Pertanto, i credenti aleviti si rivolgono (1) al Nahjul Balagha, le tradizioni e i detti di Ali; (2) ai Buyruk, le raccolte di dottrina e pratiche di diversi dei 12 imam, in particolare di Cafer; e (3) ai Vilayetnameler o ai Menakıbnameler, libri che descrivono eventi della vita di grandi aleviti come Haji Bektash. Oltre a questi libri fondamentali, ci sono alcune fonti speciali che partecipano alla creazione della teologia alevita, come i poeti-musicisti Yunus Emre (13-14° secolo), Kaygusuz Abdal (15° secolo) e Pir Sultan Abdal (16° secolo).
Il fondamento dell’alevismo è l’amore per il Profeta e l’Ehlibeyt. I dodici Imam sono glorificati come divinità dagli aleviti. In attesa della ricomparsa dell’ultimo Imam (capo religioso musulmano), i musulmani sciiti hanno istituito un consiglio speciale composto da 12 studiosi religiosi (Ulema) che eleggono un Imam supremo. Ad esempio, l’Ayatollah (“Uomo Santo”) Ruhollah Khomeini (1900-1989) godeva di questo status in Iran. La maggior parte degli aleviti crede che il 12° Imam, Muhammed Mehdi, sia cresciuto in segreto per essere salvato da coloro che volevano sterminare la famiglia di Ali. Molti aleviti credono che Mehdi sia ancora vivo e/o che un giorno tornerà sulla terra. Secondo gli aleviti, Ali era il successore previsto di Muhammed, e quindi il primo califfo, ma i concorrenti gli hanno sottratto questo diritto. Muhammed intendeva che la guida di tutti i musulmani derivasse perennemente dalla sua linea familiare (Ehli Beyt), a partire da Ali, Fatima e i loro due figli, Hasan e Hüseyin. Ali, Hasan e Hüseyin sono considerati i primi tre Imam, mentre gli altri nove dei 12 Imam provengono dalla linea di Hüseyin. Per ricordare, i nomi e le date approssimative di nascita e morte dei 12 Imam sono:
İmam Ali (599-661)
İmam Hasan (624-670)
İmam Hüseyin (625-680)
İmam Zeynel Abidin (659-713)
İmam Muhammed Bakır (676-734)
İmam Cafer-i Sadık (699-766)
İmam Musa Kâzım (745-799)
İmam Ali Rıza (765-818)
İmam Muhammed Taki (810-835)
İmam Ali Naki (827-868)
İmam Hasan Askeri (846-874)
İmam Muhammed Mehdi (869-941).
Per gli aleviti, essere una persona veramente buona è una parte inalienabile della loro filosofia di vita. È importante notare che gli Aleviti non si rivolgono alla Pietra Nera (Kaaba) che si trova alla Mecca, nell’Arabia Saudita sunnita, e, come è noto, i membri della comunità musulmana devono visitarla per il Hajj almeno una volta nella vita. Il primo digiuno degli aleviti non è nel Ramadan, ma nel mese di Muharram e dura 12 giorni, non 30. Il secondo digiuno per loro è dopo la Festa del Sacrificio per 20 giorni e un altro è il digiuno Hizir. Nell’Islam c’è una regola per cui se una persona ha abbastanza soldi, dovrebbe donare a un povero una somma specifica, ma gli aleviti preferiscono donare denaro alle organizzazioni alevite e non ai singoli. Poiché non si recano alla Mecca per il Hajj, visitano alcuni mausolei, come quello di Haji Bektaş (a Kırşehir), Abdal Musa (nel villaggio di Tekke, Elmalı, Antalya), Şahkulu Sultan (a Merdivenköy, İstanbul), Karacaahmet Sultan (a Üsküdar, İstanbul) o Seyit Gazi (a Eskişehir).
Bektashismo
Haji Bektash (Bektaş) Wali era un turkmeno nato in Iran. Dopo essersi laureato, si era trasferito in Anatolia. Educò molti studenti e lui e i suoi studenti prestarono molti servizi religiosi, economici, sociali e marziali ad Ahi Teşkilatı. Haji Bektash iniziò gradualmente ad essere popolare tra il distaccamento militare d’élite ottomano – i giannizzeri. Tuttavia, egli non era di origine alevita, ma adottò le regole dei credenti aleviti nella sua vita personale. Questa setta, o forma di Islam, fu fondata nel nome di Haji Bektash Wali i cui membri dipendono dall’amore di Ali e di dodici imam. Il Bektashismo era popolare in Anatolia e nei Balcani (soprattutto in Bosnia-Erzegovina e in Albania) ed è vivo ancora oggi.
Nel corso del tempo, il Bektashismo si è perfezionato prendendo alcune caratteristiche delle vecchie credenze dell’Anatolia e della cultura turca. Tuttavia, il Bektashismo è la parte più importante dell’Alevismo, poiché molte regole del Bektashismo sono incorporate nell’Alevismo. Per i credenti aleviti, il mausoleo di Haji Bektash Wali a Nevşehir, in Anatolia, è un punto importante del pellegrinaggio. Infine, in Turchia, il Bektashismo e l’Alevismo non possono essere trattati come concetti diversi della teologia islamica.
Problemi e difficoltà degli aleviti nella storia ottomana e in Turchia
Quando lo Stato ottomano fu fondato alla fine del XIII secolo e all’inizio del XIV secolo, non vi erano frizioni settarie all’interno dell’Islam. A quel tempo, gli aleviti occupavano molte poltrone nelle istituzioni statali. I giannizzeri (in origine la guardia del corpo del Sultano) erano membri del Bektashismo, il che significa che anche il Sultano tollerava pienamente questo modo di interpretare il Corano e la prima storia dell’Islam. Tuttavia, quando lo Stato ottomano fu coinvolto nel processo di trasformazione imperialistica con l’annessione di province e Stati circostanti, il sunnismo divenne sempre più importante perché i musulmani sunniti stavano diventando una netta maggioranza del Sultanato ottomano e, quindi, il sunnismo era molto più utile per l’amministrazione statale e il sistema di governo. Lo Stato ottomano fu coinvolto a est nella catena di conflitti con l’Impero Safavide (Persia, oggi Iran, 1502-1722) – un Paese con una netta maggioranza di musulmani che esprimevano lo sciismo, una forma di Islam molto simile all’alevismo. Il gruppo Alevi, che si lamentava di essere più sunnita nel Sultanato ottomano, divenne simpatizzante dello scià safavide İsmail I (1501-1524) e del suo Stato, che si basava sull’alevismo. L’astio tra gli aleviti ottomani e le autorità ottomane divenne più evidente nel 1514, quando il sultano ottomano Selim I (1512-1520) giustiziò circa 40.000 aleviti insieme al popolo curdo durante la decisiva battaglia di Chaldiran (23 agosto) in Iran contro lo scià Ismail I. Fino alla fine del Sultanato ottomano, nel 1923, gli aleviti sono stati oppressi dalle autorità in quanto credenti settari che non si adattavano alla teologia ufficiale sunnita dell’Islam.
Dopo la fine dell’Impero Ottomano, nel 1923, gli aleviti sono stati accolti con gioia nei primi anni della nuova Repubblica di Turchia, che proclamava dichiaratamente la segregazione della religione dallo Stato, il che significava in pratica che non esisteva alcuna religione di Stato ufficiale nel Paese. La popolazione alevita della Turchia ha appoggiato la maggior parte delle riforme con la speranza di migliorare il proprio status sociale. Tuttavia, dopo i primi anni del nuovo Stato, hanno iniziato a sperimentare alcune difficoltà in quanto, di fatto, minoranza religiosa. Gli anni Sessanta furono molto importanti per la società turca per almeno tre motivi: (1) l’inizio dell’immigrazione dalle aree rurali a quelle urbane in seguito a un nuovo processo di industrializzazione; (2) l’immigrazione all’estero, soprattutto verso la Germania occidentale, in base all’accordo turco-tedesco, il cosiddetto Gastarbeiter Agreement; (3) un’ulteriore democratizzazione della vita politica. Di conseguenza, nel 1966 gli aleviti hanno fondato un proprio partito politico, il Birlik Partisi (Partito dell’Unità). Nel 1969, gli aleviti, in quanto gruppo minoritario, hanno inviato otto membri al Parlamento in base ai risultati delle elezioni parlamentari. Tuttavia, nel 1973, il partito aveva inviato solo un membro al Parlamento e infine, nel 1977, aveva perso la sua efficienza. Nel 1978, a Maraş e nel 1980, a Çorum, centinaia di aleviti sono stati uccisi come conseguenza del conflitto con la popolazione a maggioranza sunnita, ma il più noto massacro alevita è avvenuto nel 1993, il 2 luglio, a Sivas, quando 35 intellettuali aleviti sono stati uccisi nell’hotel Madimak da un gruppo di fondamentalisti religiosi.
Indubbiamente, i credenti aleviti devono affrontare ancora oggi molti problemi in Turchia in relazione alla libertà di espressione religiosa e al riconoscimento come gruppo culturale separato. Ad esempio, i programmi di studio religiosi non contengono informazioni sull’alevismo, ma solo sul sunnismo, il che significa che l’alevismo non viene studiato regolarmente in Turchia. L’Alevismo è profondamente ignorato dall’amministrazione turca, ad esempio dalla Presidenza degli Affari Religiosi (nata nel 1924), un’istituzione che si occupa di questioni e problemi religiosi ma che, in pratica, opera secondo le regole dell’Islam sunnita. D’altro canto, però, la vita culturale alevita è migliorata, ad esempio con l’apertura di molte fondazioni e di altre istituzioni pubbliche civiche che la sostengono. Tuttavia, gli aleviti, come i curdi, non sono riconosciuti come gruppo etnoculturale o religioso separato in Turchia a causa della concezione turca di nazione (millet) ereditata dal Sultanato ottomano, secondo la quale tutti i musulmani in Turchia sono trattati come turchi etnolinguistici. La situazione può essere modificata dal momento che la Turchia sta cercando di aderire all’UE e, pertanto, devono essere accettati alcuni requisiti dell’UE, tra cui la concessione di diritti di minoranza per gli aleviti e i curdi.
Conclusioni
L’alevismo è una setta dell’Islam che presenta molti punti in comune con lo sciismo. Tuttavia, non si può dire che faccia parte dell’islam sciita nel suo complesso. La cultura alevita ha un ricco patrimonio di poesie e musicisti grazie al loro stile di culto. In Anatolia, il Bektashismo è solitamente collegato all’Alevismo.
Il popolo alevita ha vissuto nel Sultanato ottomano e nella successiva Repubblica di Turchia con problemi, poiché la sua religione non si adattava all’espressione ufficiale dell’Islam (sunnita).
Oggi gli aleviti in Turchia lottano per essere rispettati come gruppo religioso-culturale separato che può manifestare liberamente il proprio stile di vita peculiare. Di fatto, il popolo alevita non ha potuto esprimersi liberamente per secoli, compresa l’attuale Turchia, che dovrebbe imparare a praticare sia i diritti delle minoranze che la democrazia.
Infine, se la Turchia vuole entrare a far parte dell’Unione Europea, deve sicuramente fornire il massimo degli standard di protezione richiesti a tutti i tipi di minoranze, comprese quelle religiose e culturali. Questa può essere un’opportunità per il popolo alevita in Turchia di migliorare il proprio status all’interno della società.
Dr. Vladislav B. Sotirovic
Ex professore universitario
Ricercatore presso il Centro di Studi Geostrategici
Belgrado, Serbia
www.geostrategy.rs
sotirovic1967@gmail.com © Vladislav B. Sotirovic 2024
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