Considerazioni sul NSS (National Security Strategy) statunitense_di Giuseppe Germinario

Il 12 ottobre scorso la Casa Bianca, a firma improbabile del Presidente Joe Biden, ha diffuso il consueto Rapporto sulla Sicurezza Strategica Nationale del quale segnaliamo in calce il link ed offriamo la traduzione, per come può un traduttore, ma comunque sufficientemente intelligibile.

Un documento particolarmente importante non solo per comprendere il livello di analisi e la strategia perseguita dai centri decisori statunitensi, quanto soprattutto per individuare le loro giustificazioni e le motivazioni tese a rendere credibile la loro azione in politica interna e nelle dinamiche geopolitiche.

Il testo si caratterizza innanzitutto per l’enfasi inedita che guida la spinta delle due pulsioni che colorano il “manifesto”: l’affermazione ripetuta ed ossessiva della difesa dell’interesse nazionale e l’ecumenismo del garante della libertà, del benessere popolare altrui e, fatto quasi inedito negli ultimi tempi, dell’integrità e dell’indipendenza degli stati.

  • Talmente ossessiva la prima da rimuovere ogni cautela diplomatica nella individuazione e mediazione di un interesse comune, quanto meno nominale, con il quale mascherare le reali gerarchie interne di potere al sistema di alleanze. Una pressione dovuta soprattutto all’acceso confronto politico interno agli Stati Uniti che da anni ha per oggetto la compatibilità di una politica di coesione, di riequilibrio e sviluppo socio-economico interno agli Stati Uniti con le ambizioni geopolitiche di dominio unipolare coltivate con il processo di globalizzazione degli ultimi quaranta anni. Un confronto che sta erodendo paurosamente il consenso e la legittimazione dell’attuale leadership statunitense. Una maschera, però, necessaria a giustificare un sistema di alleanze e la cui caduta rende necessarie vere e proprie forzature e costrizioni tali da metterne a nudo i pesanti aspetti costrittivi così ben mimetizzati, almeno in Europa, a ridosso del secondo dopoguerra. Di fatto, il documento parla chiaro: le alleanze si fondano e si mantengono sulla base dell’indiscusso e indiscutibile interesse nazionale americano. Non è però soltanto il necessario velo di ipocrisia a cadere. Con esso, nella patria del liberismo e del liberalismo, cadono sorprendentemente anche alcuni tabù liberali ancora tenacemente in voga nella periferia europea, in particolare italica; in particolare il ruolo dello Stato, il suo intervento diretto, nel promuovere in prima persona lo sviluppo tecnologico e la reindustrializzazione del paese. Si potrebbe definire questa svolta un riallineamento dei dogmi ad una realtà che di fatto ha sempre visto nell’intervento dello Stato americano lo strumento necessario a garantire la supremazia economica e tecnologica, ma che hanno consentito e giustificato, negli ultimi decenni, la libertà di azione delle multinazionali e i connessi squilibri sociali intollerabili e la deindustrializzazione interna al paese. Dogmi che hanno altresì accecato e nobilitato la coorte europeista dedita a garantire il drenaggio finanziario e la stagnazione tecnologica e produttiva del continente; che non hanno, però, ingannato classi dirigenti molto più avvedute, come quella cinese, le quali hanno saputo approfittare a piene mani degli spazi e delle opportunità offerte con politiche molto più selettive e flessibili. Sta di fatto che la caduta, forse sarebbe meglio dire, la messa in ombra di queste certezze, ha consentito di riesumare l’originaria attenzione del progressismo democratico americano nei confronti dei ceti produttivi operai e professionali, smarrita da qualche decennio in favore di un progressismo compassionevole, per altro persistente, fatto di assistenzialismo in favore dei ceti più diseredati che ormai pervadono le periferie metropolitane e la provincia americana. Una premura probabilmente tardiva, troppo pregna di trionfalismo rispetto a politiche, specie energetiche e ambientaliste, contraddittorie. Una esaltazione troppo frettolosa, dettata dalla sindrome elettorale, poco giustificata, però, da processi di reindustrializzazione appena avviati e, soprattutto, accompagnati da pericolosi processi inflazionistici legati ad una estensione iperbolica del debito pubblico da finanziare in una area del dollaro in progressivo restringimento e ad una rottura delle catene produttive internazionali, scatenata dalle politiche sanzionatorie e ritorsive sempre meno controllabili.

    Le scelte politiche, in quanto tali, si rivelano coperte troppo corte per accontentare tutti, almeno nel tempo. A farne le spese, questa volta e per il momento, sono i propri “fratelli” alleati europei e nordamericani, piuttosto che gli avversari e i nemici dichiarati, come la Russia e la Cina, sino a rendere sempre più improba e impresentabile l’azione politica dei loro cortigiani disseminati con tanta certosina sistematicità sull’onda delle passate vittorie militari.

  • Più articolata e contraddittoria, nelle motivazioni e nelle argomentazioni, la postura geopolitica illustrata da Biden. In parte dovuto all’acceso scontro politico interno all’amministrazione ed esterno ad essa, in parte per l’imprevedibilità e la complessità di una dinamica geopolitica multipolare sempre più definita. L’aspirazione è quella di un ritorno all’egemonia unipolare che metta di fatto sullo stesso piano Cina e Russia; nei fatti e a patto che prevalga nello scontro interno all’amministrazione presente la componente più pragmatica degli ambienti demo-neocon, tale ambizione potrebbe ridursi all’accettazione di una condizione bipolare squilibrata che veda nella Cina, l’avversario da vincere e con il quale negoziare nel tempo un rapporto conflittuale-cooperativo e nella Russia il capro espiatorio da sacrificare, perché riottoso al rispetto delle regole di Yalta. Quelle stesse regole, detto per inciso, eluse e violate dalle élites statunitensi al momento dell’implosione del blocco sovietico. Nel documento, infatti, si ribadisce l’impegno statunitense a coprire l’azione sull’intero pianeta, suddiviso in cinque aree operative o quadranti: quella indo-pacifica sul quale si concentrerà essenzialmente il confronto con la Cina, eletto ad avversario e concorrente strategico, dagli interessi prevalenti in quell’area; quella europea, dalla postura ancillare deputata a seguire l’egemone nelle sue scorribande sul pianeta, a partire dall’Africa e a sostenere alla frontiera il peso del confronto diretto con la Russia; quella africana, in nome della cui libertà ed emancipazione, si intende contrastare le ambizioni imperialistiche degli avversari attraverso un articolato e sofisticato piano di intervento. Interessante e significativo il ritorno ad una polemica di sapore tardo-ottocentesco incentrata sul carattere imperialistico delle azioni altrui, intendendo con questo termine l’azione colonizzatrice piuttosto che, secondo canoni leniniani, la dinamica di scontro egemonico tra potenze; quella medio-orientale, dove viene posta l’attenzione ad un processo di pacificazione ovviamente di ispirazione statunitense. Interessante, in questo ambito, l’autocritica riguardo all’intervento diretto nelle “primavere arabe”, e l’intenzione di perseguire politiche più “pragmatiche” fondate sulla reale composizione in loco delle forze e degli insediamenti sociali; quella del continente americano, detto emisfero occidentale, teso a recuperare il terreno perduto in diversi paesi.

I centri decisori statunitensi sino ad ora al potere non hanno certo rinunciato a continuare ad ritenersi i rappresentanti investiti nel compiere il “destino manifesto” della nazione americana nel mondo. Oltre che nella retorica missionaria, lo si arguisce nella loro realistica concezione, a differenza di quella cinese, delle relazioni multilaterali sostenuta da sempre, ma espressa chiaramente in alcuni brevi passi di questo rapporto. Un multilateralismo fondato su una serie di organismi internazionali a tema e circoscritti geograficamente nei quali figurano come presenza costante e ispiratrice, unificatrice, gli Stati Uniti.

Tutte le altre argomentazioni, quando interessanti ed originali, sono comunque dei corollari rispetto alla tesi centrale.

L’enfasi, quindi, posta sul rispetto dell’integrità degli Stati e su quello della libertà dei popoli è certo un tentativo di vellicare sull’amor proprio delle popolazioni locali e sulle contraddizioni evidenti, eventualmente generate dalla penetrazione cinese soprattutto, ma anche russa e di chiccessìa; anche, però, una constatazione della maturità e della consapevolezza raggiunte dalle élites locali delle aree “periferiche”, della loro capacità acquisita di contrattazione, della impopolarità del retaggio coloniale e neocoloniale, quest’ultimo assunto dagli statunitensi, specie in quest’ultimo trentennio di costante destabilizzazione; come pure l’importanza attribuita al sostegno economico, tecnologico e finanziario rispetto alla minaccia militare, teso a garantire “uno sviluppo economico resiliente ed equilibrato”, vantaggioso per le popolazioni locali sono un altro riflesso di quella constatazione.

I centri decisori sono arrivati ad allargare ulteriormente la loro comprensione e il loro pragmatismo quando offrono considerazione e unità di intenti, non solo a quelle élites, a quei regimi e a quei popoli rispettosi dei principi liberali di democrazia, ma anche a quelli autocratici, anche se posti in un girone inferiore, rispettosi però delle regole di comportamento internazionale definite dai “predestinati manifesti”.

Il diavolo, però, si nasconde ancora una volta nei particolari, apparentemente insignificanti del testo.

Cosa intendono gli estensori ed ispiratori del rapporto, certamente altri rispetto a Zio Jo’, notoriamente poco in grado attualmente di pensieri complessi, quando si riservano di agire nel rispetto non solo dei gruppi nazionali, ma anche di quelli locali?

Cosa intendono per rispetto della indipendenza e della esigenza di sviluppo autonomo dei popoli, quando propongono nelle politiche agricole, sanitarie, finanziarie e dei brevetti lo stesso armamentario di asservimento e soggiogamento proposto, magari in forme più ostentate, nei tempi passati sino ad oggi?

Come intendono superare la evidente diffidenza suscitata da decenni di politiche interventiste, destabilizzatrici e predatorie che li rendono improbabili paladini delle aspirazioni di emancipazione.

La risposta più verosimile la si trova nel testo stesso.

I centri decisori prevalenti negli States si rendono conto di non poter perseguire militarmente e direttamente l’accensione e la soluzione dei diversi e numerosi focolai di contenziosi che dilagano nel mondo, con l’eccezione di quelli strategicamente importanti per il paese. Con il loro placet e la loro tolleranza intendono lasciare alle leadership locali accondiscendenti l’iniziativa diretta, riservandosi la funzione di supervisione ed eventualmente di arbitraggio. Da qui, quindi, l’obbiettivo di una progressiva e sempre più stringente integrazione delle economie, delle strutture militari e alla fine politiche su base gerarchica, tali da delimitare il campo di azione della platea sottostante. Accompagnate queste ultime dalla ulteriore integrazione di strumenti ed apparati pubblici, privati e privatistici che fanno parte del sofisticato armamentario consolidato nel corso dei decenni.

Sorge, a questo punto, un pesante interrogativo sul perché i centri decisori attualmente prevalenti negli Stati Uniti si accaniscano così visceralmente nei confronti della dirigenza russa.

C’entra sicuramente il retaggio russofobico cumulato in quaranta anni di confronto bipolare con il blocco sovietico e in secoli di dominio continentale anglosassone; c’entra anche l’inerzia del blocco di potere consolidato, nel corso dei decenni, via via nella NATO, nella Unione Europea e nei centri di potere negli States, visti all’opera con ogni evidenza contro la presidenza di Trump. Rimane, probabilmente, centrale un altro aspetto, latente, ma emerso con più evidenza con la crisi dell’abbandono dell’Afghanistan. Il fatto che la leadership della Russia non può certo ambire ad un ruolo di potenza equivalente a quello degli Stati Uniti e della Cina; messa però alle strette dalla ossessione americana, la Russia, per conservare la propria indipendenza, potrebbe rivelarsi una ottima sponda per l’emancipazione delle leadership franco-tedesche dal giogo asfissiante della NATO e, soprattutto, al momento, una sponda alternativa per le ambizioni di autonomia ed indipendenza di nazioni restìe alla subordinazione ad una logica di dominio o egemonia bipolare. Paesi come l’India in primo luogo, la Turchia, il Brasile, l’Indonesia, l’Iran e quanti altri dovessero emergere in una condizione di crescente instabilità, sono i primi ad essere attratti da questa prospettiva pur tra mille cautele ed oscillazioni. Con questo scompaginare per lungo tempo i propositi di controllo egemonico unipolare o bipolare squilibrato del mondo. E su questo, troverebbe il sostegno della stessa leadership cinese prevalente, come per altro pare sancito dall’esito del congresso del PCC in questa settimana.

Sarebbe la condizione più congeniale, per di più, a far sorgere qualche pallida alternativa alle attuali miserabili classi dirigenti europee.

Resi instabili da queste variabili così poco prevedibili e dalla loro crassa sicumera, le élites statunitensi si stanno trascinando in un distruttivo conflitto interno che rischia di condurle, per inerzia o per evidente fanatismo e dogmatismo di una delle sue componenti fondamentali, verso le scelte più distruttive ed autodistruttive. Nel documento si individuano certamente spazi di temi condivisi sui quali costruire un accordo e una forma di convivenza sia pure conflittuale: alcuni di essi, come quelli ambientale ed alimentare, sono troppo deboli e strumentalizzabili ai fini degli intenti egemonici; altri come quello dello spazio e delle regioni artiche rischiano di trasformarsi rapidamente, in parte lo sono già, in un ennesimo terreno di scontro aperto.

https://www.whitehouse.gov/wp-content/uploads/2022/10/Biden-Harris-Administrations-National-Security-Strategy-10.2022.pdf?utm_source=substack&utm_medium=email

12 ottobre 2022

NATIONAL SECURITY STRATEGY

Fin dai primi giorni della mia Presidenza, ho sostenuto che il nostro mondo è a un punto di svolta. Il modo in cui rispondiamo alle enormi sfide e alle opportunità senza precedenti che affrontiamo oggi determinerà la direzione del nostro mondo e avrà un impatto sulla sicurezza e la prosperità del popolo americano per le generazioni a venire. La Strategia di sicurezza nazionale del 2022 delinea come la mia amministrazione coglierà questo decennio decisivo per promuovere gli interessi vitali dell’America, posizionare gli Stati Uniti in modo da superare in astuzia i nostri concorrenti geopolitici, affrontare le sfide condivise e impostare il nostro mondo saldamente sulla strada verso un domani più luminoso e pieno di speranza. In tutto il mondo, il bisogno di una leadership americana è grande come non lo è mai stato. Siamo nel mezzo di una competizione strategica per plasmare il futuro dell’ordine internazionale. Nel frattempo, le sfide condivise che hanno un impatto sulle persone ovunque richiedono una maggiore cooperazione globale e le nazioni si fanno carico delle proprie responsabilità in un momento in cui questo è diventato più difficile. In risposta, gli Stati Uniti guideranno con i nostri valori e lavoreremo di pari passo con i nostri alleati e partner e con tutti coloro che condividono i nostri interessi. Non lasceremo il nostro futuro vulnerabile ai capricci di coloro che non condividono la nostra visione di un mondo libero, aperto, prospero e sicuro. Mentre il mondo continua a navigare tra gli impatti persistenti della pandemia e dell’incertezza economica globale, non c’è nazione in una posizione migliore per guidare con forza e determinazione degli Stati Uniti d’America. Dal momento in cui ho prestato giuramento, la mia amministrazione si è concentrata sull’investimento nei principali vantaggi strategici dell’America. La nostra economia ha aggiunto 10 milioni di posti di lavoro e i tassi di disoccupazione hanno raggiunto livelli quasi record. I posti di lavoro nel settore manifatturiero sono tornati di corsa negli Stati Uniti. Stiamo ricostruendo la nostra economia dal basso verso l’alto e dal centro. Abbiamo fatto un investimento generazionale per aggiornare le infrastrutture della nostra nazione e investimenti storici nell’innovazione per affinare il nostro vantaggio competitivo per il futuro. In tutto il mondo, le nazioni stanno vedendo ancora una volta perché non è mai una buona scommessa scommettere contro gli Stati Uniti d’America. Abbiamo anche rinvigorito l’impareggiabile rete di alleanze e partnership dell’America per sostenere e rafforzare i principi e le istituzioni che hanno consentito tanta stabilità, prosperità e crescita negli ultimi 75 anni. Abbiamo approfondito le nostre alleanze principali in Europa e nell’Indo-Pacifico. La NATO è più forte e unita di quanto non lo sia mai stata, mentre cerchiamo di accogliere due nuovi alleati capaci in Finlandia e Svezia. Stiamo facendo di più per collegare i nostri partner e le nostre strategie in tutte le regioni attraverso iniziative come la nostra partnership per la sicurezza con l’Australia e il Regno Unito (AUKUS). E stiamo forgiando nuovi modi creativi per lavorare in una causa comune con i partner su questioni di interesse condiviso, come stiamo facendo con l’Unione Europea, l’Indo-Pacific Quad, l’Indo-Pacific Economic Framework e l’Americas Partnership for Economic Prosperity. Queste partnership amplificano la nostra capacità di rispondere alle sfide condivise e di affrontare i problemi che hanno un impatto diretto sulla vita di miliardi di persone. Se i genitori non possono nutrire i propri figli, nient’altro conta. Quando i paesi vengono ripetutamente devastati da disastri climatici, interi futuri vengono spazzati via. E come tutti abbiamo sperimentato, quando le malattie pandemiche proliferano e si diffondono, possono peggiorare le disuguaglianze e portare il mondo intero a un punto morto. Gli Stati Uniti continueranno a dare la priorità alla guida della risposta internazionale a queste sfide transnazionali, insieme ai nostri partner, anche mentre affrontiamo sforzi concertati per ricostruire i modi in cui le nazioni si relazionano tra loro. Nella gara per il futuro del nostro mondo, la mia Amministrazione ha gli occhi chiari sulla portata e sulla gravità di questa sfida. La Repubblica popolare cinese nutre l’intenzione e, sempre più, la capacità di rimodellare l’ordine internazionale a favore di uno che inclini a proprio vantaggio il campo di gioco globale, anche se gli Stati Uniti rimangono impegnati a gestire la competizione tra i nostri paesi in modo responsabile. La guerra brutale e non provocata della Russia alla vicina Ucraina ha infranto la pace in Europa e ha avuto un impatto sulla stabilità ovunque, e le sue sconsiderate minacce nucleari mettono in pericolo il regime globale di non proliferazione. Gli autocrati stanno facendo gli straordinari per minare la democrazia ed esportare un modello di governo caratterizzato dalla repressione interna e dalla coercizione all’estero. Questi concorrenti credono erroneamente che la democrazia sia più debole dell’autocrazia perché non riescono a capire che il potere di una nazione scaturisce dal suo popolo. Gli Stati Uniti sono forti all’estero perché noi siamo forti in patria. La nostra economia è dinamica. Le nostre persone sono resilienti e creative. Il nostro esercito rimane impareggiabile e lo manterremo così. Ed è la nostra democrazia che ci permette di reinventare continuamente noi stessi e rinnovare le nostre forze. Quindi, gli Stati Uniti continueranno a difendere la democrazia in tutto il mondo, anche se continuiamo a fare il lavoro a casa per vivere meglio l’idea dell’America racchiusa nei nostri documenti fondatori. Continueremo a investire per aumentare la competitività americana a livello globale, attirando sognatori e aspiranti da tutto il mondo. Collaboreremo con qualsiasi nazione che condivida la nostra convinzione di base che l’ordine basato sulle regole deve rimanere la base per la pace e la prosperità globali. E continueremo a dimostrare come la leadership duratura dell’America nell’affrontare le sfide di oggi e di domani, con visione e chiarezza, sia il modo migliore per portare avanti il ​​popolo americano. Questa è una strategia a 360 gradi fondata sul mondo così com’è oggi, che delinea il futuro che cerchiamo e fornisce una tabella di marcia su come raggiungerlo. Niente di tutto questo sarà facile o senza battute d’arresto. Ma sono più fiducioso che mai che gli Stati Uniti abbiano tutto ciò di cui abbiamo bisogno per vincere la competizione per il 21° secolo. Usciamo più forti da ogni crisi. Non c’è niente oltre la nostra capacità. Possiamo farlo, per il nostro futuro e per il mondo.

Sommario PARTE I: IL CONCORSO PER COS’E’ SUCCESSIVO……………………………… ……………. 6 La nostra visione duratura ………………………….. ………………………………………….. …………………………. 6 Il nostro ruolo duraturo …………….. ………………………………………….. ………………………………………….. 7 La natura della competizione tra democrazie e autocrazie ……………………….. 8 Cooperare per affrontare sfide condivise in un Era di concorrenza……………………………. 9 Panoramica del nostro approccio strategico….. ………………………………………….. ……………………….. 10 PARTE II: INVESTIRE NELLA NOSTRA FORZA…………… ………………………………………….. ………….. 14 Investire nel nostro potere nazionale per mantenere un vantaggio competitivo ……………………….. ……………. 14 Implementazione di una moderna strategia industriale e di innovazione…. ………………………………………… 14 Investire nelle nostre persone… ………………………………………….. ………………………………………….. .. 15 Rafforzare la nostra democrazia ………………………………………… ………………………………………….. 16 Usare la diplomazia per costruire le coalizioni più forti possibili……………………….. ……… 16 Cooperazione trasformativa ………………………………………… ………………………………………….. ……….. 16 Un mondo inclusivo …………………………….. ………………………………………….. ……………… 18 Un mondo prospero ……………… ………………………………………….. ……………………………………… 19 Modernizzare e rafforzare il nostro esercito…. ………………………………………….. ……………… 20 PARTE III: LE NOSTRE PRIORITÀ GLOBALI……………….. ………….. …………………………………………. 23 Vincere la Cina e costringere la Russia ………………………………………… ………………………….. 23 Cina ……………… ………………………………………….. ………………………………………….. ………….. 23 Russia ……………………………. ………………………………………….. …………………………………………. 25 Collaborare alle sfide condivise ………………………………………… ……………………………………… 27 Clima e sicurezza energetica ………………………………………….. ……………………………………… 27 Pandemie e Biodifesa …………………………………………. ………………………………………….. 28 Insicurezza alimentare………………………………………… ………………………………………….. …………………. 29 Controllo degli armamenti e non -Proliferazione………………………………………… ……………………………. 29 Terrorismo ……….. ………………………………………….. ………………………………………….. ……………. 30 Dare forma alle regole della strada ………………………….. ………………………………………….. ……………… 32 Tecnologia ………………………….. ………………………………………….. ……………………………………… 32 Protezione del cyberspazio ………………………………………….. ………………………………………….. ……… 34 Commercio ed Economia ………………………………………… ………………………………………….. ……………… 34 PARTE IV: LA NOSTRA STRATEGIA PER REGIONE ……………………….. ………………………………………….. ……… 37 STRATEGIA DI SICUREZZA NAZIONALE 5 Promuovere un Indo-Pacifico libero e aperto ……………………….. ……….. ………………………………………… 37 Approfondire la nostra alleanza con l’Europa ………………………………………… ………………………………………….. 38 Favorire la democrazia e la prosperità condivisa nell’emisfero occidentale ……………………………. 40 Sostenere la de-escalation e l’integrazione nel mezzo Est …………………………………………. ….. 42 Costruire partenariati USA-Africa del 21° secolo …………………………….. ……………………………………… 43 Mantenere un Artico pacifico ….. ………………………………………….. …………………………………………. 44 Proteggi il mare, l’aria e lo spazio ………………………………………… ………………………………………….. ………. 45 PARTE V: CONCLUSIONE ……………………………. ………………………………………….. ……………………….. 48 6

STRATEGIA NAZIONALE DI SICUREZZA PARTE I: IL CONCORSO PER IL il mondo sta cambiando.

Siamo a un punto di svolta significativo nella storia del mondo. E il nostro paese e il mondo: gli Stati Uniti d’America sono sempre stati in grado di tracciare il futuro in tempi di grandi cambiamenti. Abbiamo saputo rinnovarci costantemente. E più e più volte, abbiamo dimostrato che non c’è una sola cosa che non possiamo fare come nazione quando lo facciamo insieme, e intendo quello, non una sola cosa solitaria. PRESIDENTE JOSEPH R. BIDEN, JR Il 140° inizio dell’Accademia della Guardia Costiera degli Stati Uniti

Esercizi La nostra visione duratura

Siamo ora nei primi anni di un decennio decisivo per l’America e il mondo. Saranno fissati i termini della competizione geopolitica tra le maggiori potenze. La finestra di opportunità per affrontare le minacce condivise, come il cambiamento climatico, si restringerà drasticamente. Le azioni che intraprendiamo ora determineranno se questo periodo è conosciuto come un’era di conflitti e discordie o l’inizio di un futuro più stabile e prospero. Ci troviamo di fronte a due sfide strategiche. La prima è che l’era del dopo Guerra Fredda è definitivamente finita ed è in corso una competizione tra le maggiori potenze per dare forma a ciò che verrà dopo. Nessuna nazione è in una posizione migliore per avere successo in questa competizione degli Stati Uniti, purché lavoriamo in una causa comune con coloro che condividono la nostra visione di un mondo libero, aperto, sicuro e prospero. Ciò significa che i principi fondamentali dell’autodeterminazione, dell’integrità territoriale e dell’indipendenza politica devono essere rispettati, le istituzioni internazionali devono essere rafforzate, i paesi devono essere liberi di determinare le proprie scelte di politica estera, le informazioni devono poter circolare liberamente, i diritti umani universali deve essere sostenuta e l’economia globale deve operare su condizioni di parità e offrire opportunità a tutti. Il secondo è che mentre questa competizione è in corso, persone in tutto il mondo stanno lottando per far fronte agli effetti di sfide condivise che attraversano i confini, che si tratti di cambiamenti climatici, insicurezza alimentare, malattie trasmissibili, terrorismo, carenza di energia o inflazione. Queste sfide condivise non sono questioni marginali secondarie alla geopolitica. Sono al centro della sicurezza nazionale e internazionale e come tali devono essere trattati. Per loro stessa natura, queste sfide richiedono che i governi collaborino se vogliono risolverle. Ma dobbiamo essere chiari sul fatto che dovremo affrontare queste sfide in un ambiente internazionale competitivo in cui l’aumento della concorrenza geopolitica, il nazionalismo e il populismo rendono questa cooperazione ancora più difficile e ci richiederà di pensare e agire in modi nuovi.

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Questa strategia di sicurezza nazionale delinea il nostro piano per realizzare un futuro migliore di un mondo libero, aperto, sicuro e prospero. La nostra strategia è radicata nei nostri interessi nazionali: proteggere la sicurezza del popolo americano; espandere la prosperità e le opportunità economiche; e per realizzare e difendere i valori democratici al centro dello stile di vita americano. Non possiamo fare niente di tutto questo da soli e non dobbiamo farlo. La maggior parte delle nazioni del mondo definisce i propri interessi in modi compatibili con i nostri. Costruiremo la più forte e ampia coalizione possibile di nazioni che cercano di cooperare tra loro, competendo con quei poteri che offrono una visione più oscura e vanificando i loro sforzi per minacciare i nostri interessi.

Il nostro ruolo duraturo

La necessità di un ruolo americano forte e propositivo nel mondo non è mai stata così grande. Il mondo sta diventando sempre più diviso e instabile. L’aumento globale dell’inflazione dall’inizio della pandemia di COVID-19 ha reso la vita più difficile a molti. Le leggi ei principi di base che regolano le relazioni tra le nazioni, inclusa la Carta delle Nazioni Unite e la protezione che offre a tutti gli stati dall’essere invasi dai loro vicini o dal ridisegnare i loro confini con la forza, sono sotto attacco. Il rischio di conflitto tra le maggiori potenze è in aumento. Democrazie e autocrazie sono impegnate in un concorso per mostrare quale sistema di governo può offrire al meglio la propria gente e il mondo. La competizione per lo sviluppo e l’implementazione di tecnologie fondamentali che trasformeranno la nostra sicurezza e la nostra economia si sta intensificando. La cooperazione globale su interessi condivisi si è logorata, anche se la necessità di tale cooperazione assume importanza esistenziale. La portata di questi cambiamenti cresce ogni anno che passa, così come i rischi dell’inazione. Sebbene l’ambiente internazionale sia diventato più contestato, gli Stati Uniti rimangono la prima potenza mondiale. La nostra economia, la nostra popolazione, la nostra innovazione e la nostra potenza militare continuano a crescere, spesso superando quelle di altri grandi paesi. I nostri punti di forza nazionali intrinseci: l’ingegno, la creatività, la resilienza e la determinazione del popolo americano; i nostri valori, la diversità e le istituzioni democratiche; la nostra leadership tecnologica e dinamismo economico; e il nostro corpo diplomatico, i professionisti dello sviluppo, la comunità dell’intelligence e il nostro esercito restano impareggiabili. Abbiamo esperienza nell’uso e nell’applicazione del nostro potere in combinazione con i nostri alleati e partner che aumentano in modo significativo i nostri punti di forza. Abbiamo imparato lezioni dai nostri fallimenti così come dai nostri successi. L’idea che dovremmo competere con le maggiori potenze autocratiche per plasmare l’ordine internazionale gode di un ampio sostegno che è bipartisan in patria e si approfondisce all’estero. Gli Stati Uniti sono una democrazia ampia e diversificata, che comprende persone da ogni angolo del mondo, ogni ceto sociale, ogni sistema di credenze. Ciò significa che la nostra politica non è sempre fluida, anzi, spesso sono l’opposto. Viviamo in un momento di appassionate intensità e fermenti politici che a volte lacerano il tessuto della nazione. Ma non evitiamo questo fatto né lo usiamo come scusa per ritirarci dal mondo più ampio. Continueremo a fare i conti apertamente e umilmente con le nostre divisioni e lavoreremo attraverso la nostra politica in modo trasparente e democratico. Sappiamo che, nonostante tutto lo sforzo necessario, la nostra democrazia ne vale la pena. È l’unico modo per garantire che le persone siano veramente in grado di vivere una vita dignitosa e di libertà. Questo progetto americano non sarà mai completo – la democrazia è sempre un work in progress – ma ciò non ci impedirà di difendere i nostri valori e continuare a perseguire i nostri interessi di sicurezza nazionale nel mondo. La qualità della nostra democrazia in patria influisce sulla forza e la credibilità della nostra leadership all’estero, proprio come il carattere del mondo in cui abitiamo influisce sulla nostra capacità di godere della sicurezza, della prosperità e della libertà in patria.

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Le sfide dei nostri rivali sono profonde e crescenti. I loro problemi, sia in patria che all’estero, sono associati alle patologie inerenti alle autocrazie altamente personalizzate e sono meno facilmente risolvibili dei nostri. Al contrario, gli Stati Uniti hanno una tradizione nel trasformare le sfide sia interne che estere in opportunità per stimolare le riforme e il ringiovanimento in patria. Questa è una delle ragioni per cui le profezie sul declino americano sono state ripetutamente smentite in passato e perché non è mai stata una buona scommessa scommettere contro l’America. Abbiamo sempre avuto successo quando abbracciamo una visione affermativa per il mondo che affronta le sfide condivise e la combiniamo con il dinamismo della nostra democrazia e la determinazione a superare i nostri rivali.

La natura della competizione tra democrazie e autocrazie

La gamma di nazioni che supporta la nostra visione di un mondo libero, aperto, prospero e sicuro è ampia e potente. Include i nostri alleati democratici in Europa e nell’Indo-Pacifico, nonché i principali partner democratici in tutto il mondo che condividono gran parte della nostra visione dell’ordine regionale e internazionale anche se non sono d’accordo con noi su tutte le questioni e i paesi che non abbracciano istituzioni democratiche, ma nondimeno dipendono e supportano un sistema internazionale basato su regole. Gli americani sosterranno i diritti umani universali e saranno solidali con coloro al di là delle nostre coste che cercano libertà e dignità, proprio mentre continuiamo il lavoro fondamentale per garantire equità e parità di trattamento ai sensi della legge in patria. Lavoreremo per rafforzare la democrazia in tutto il mondo perché la governance democratica supera costantemente l’autoritarismo nella protezione della dignità umana, porta a società più prospere e resilienti, crea partner economici e di sicurezza più forti e affidabili per gli Stati Uniti e incoraggia un ordine mondiale pacifico. In particolare, adotteremo misure per dimostrare che le democrazie offrono risultati, non solo assicurando che gli Stati Uniti e i loro partner democratici guidino le sfide più difficili del nostro tempo, ma collaborando con altri governi democratici e il settore privato per aiutare le democrazie emergenti a mostrare risultati tangibili vantaggi per le proprie popolazioni. Tuttavia, non crediamo che i governi e le società di tutto il mondo debbano essere ricostruiti a immagine dell’America per essere sicuri. La sfida strategica più urgente che la nostra visione deve affrontare è quella di poteri che sovrappongono una governance autoritaria a una politica estera revisionista. È il loro comportamento che pone una sfida alla pace e alla stabilità internazionali, in particolare conducendo o preparandosi a guerre di aggressione, minando attivamente i processi politici democratici di altri paesi, sfruttando la tecnologia e le catene di approvvigionamento per la coercizione e la repressione ed esportando un modello illiberale di ordine. Molte non-democrazie si uniscono alle democrazie del mondo nel rinunciare a questi comportamenti. Sfortunatamente, la Russia e la Repubblica popolare cinese (RPC) non lo fanno. La Russia e la RPC pongono sfide diverse. La Russia rappresenta una minaccia immediata per il sistema internazionale libero e aperto, violando incautamente le leggi fondamentali dell’ordine internazionale di oggi, come ha dimostrato la sua brutale guerra di aggressione contro l’Ucraina. La RPC, al contrario, è l’unico concorrente con l’intento di rimodellare l’ordine internazionale e, sempre più, il potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per portare avanti tale obiettivo. Proprio come gli Stati Uniti e i paesi di tutto il mondo hanno beneficiato notevolmente dell’ordine internazionale del dopo Guerra Fredda, così anche la RPC e la Russia. L’economia e l’influenza geopolitica della RPC sono cresciute rapidamente. La Russia è entrata a far parte del G8 e del G20 e si è ripresa economicamente negli anni 2000. Eppure, hanno concluso che il successo di un ordine internazionale libero e aperto basato su regole rappresentava una minaccia per i loro regimi e soffocava le loro ambizioni. A loro modo, ora cercano di rifare

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l’ordine internazionale per creare un mondo favorevole al loro tipo di autocrazia altamente personalizzato e repressivo. La loro ricerca di questa visione è complicata da diversi fattori. Il comportamento assertivo della RPC ha indotto altri paesi a respingere e difendere la propria sovranità, per le proprie legittime ragioni. La RPC mantiene anche interessi comuni con altri paesi, inclusi gli Stati Uniti, a causa delle varie interdipendenze su clima, economia e salute pubblica. I limiti strategici della Russia sono stati smascherati in seguito alla sua guerra di aggressione contro l’Ucraina. Mosca ha anche un certo interesse nella cooperazione con paesi che non condividono la sua visione, specialmente nel sud del mondo. Di conseguenza, gli Stati Uniti ei nostri alleati e partner hanno l’opportunità di plasmare la RPC e l’ambiente esterno della Russia in modo da influenzare il loro comportamento anche se siamo in concorrenza con loro. Alcune parti del mondo sono a disagio per la competizione tra gli Stati Uniti e le più grandi autocrazie del mondo. Comprendiamo queste preoccupazioni. Vogliamo anche evitare un mondo in cui la concorrenza degenera in un mondo di blocchi rigidi. Non cerchiamo il conflitto o una nuova Guerra Fredda. Piuttosto, stiamo cercando di sostenere ogni Paese, indipendentemente dalle dimensioni o dalla forza, nell’esercitare la libertà di fare scelte che siano al servizio dei loro interessi. Questa è una differenza fondamentale tra la nostra visione, che mira a preservare l’autonomia ei diritti degli Stati meno potenti, e quella dei nostri rivali, che non lo fa.

Cooperare per affrontare le sfide condivise in un’era di concorrenza

L’intensificarsi della concorrenza tra democrazie e autocrazie è solo una delle due tendenze critiche che dobbiamo affrontare. L’altro sono le sfide condivise, o quelle che alcuni chiamano sfide transnazionali, che non rispettano i confini e colpiscono tutte le nazioni. Queste due tendenze si influenzano a vicenda: la concorrenza geopolitica cambia e spesso complica il contesto in cui è possibile affrontare le sfide condivise mentre questi problemi spesso esacerbano la concorrenza geopolitica, come abbiamo visto con le prime fasi della pandemia di COVID-19, quando la RPC era riluttante di collaborare con la comunità internazionale. Non possiamo avere successo nella nostra competizione con le maggiori potenze che offrono una visione diversa del mondo se non abbiamo un piano per lavorare con altre nazioni per affrontare sfide condivise e non saremo in grado di farlo se non comprendiamo come un mondo competitivo influenza la cooperazione e come la necessità di cooperazione influisce sulla concorrenza. Abbiamo bisogno di una strategia che non solo si occupi di entrambi, ma riconosca la relazione tra di loro e si adatti di conseguenza. Di tutti i problemi condivisi che dobbiamo affrontare, il cambiamento climatico è il più grande e potenzialmente esistenziale per tutte le nazioni. Senza un’azione globale immediata durante questo decennio cruciale, le temperature globali supereranno la soglia di riscaldamento critico di 1,5 gradi Celsius, dopodiché gli scienziati hanno avvertito che alcuni degli impatti climatici più catastrofici saranno irreversibili. Gli effetti climatici e le emergenze umanitarie non potranno che peggiorare negli anni a venire, da incendi e uragani più potenti negli Stati Uniti alle inondazioni in Europa, all’innalzamento del livello del mare in Oceania, alla scarsità d’acqua in Medio Oriente, allo scioglimento dei ghiacci nell’Artico, alla siccità e temperature mortali nell’Africa subsahariana. Le tensioni si intensificheranno ulteriormente man mano che i paesi competono per le risorse e il vantaggio energetico, aumentando il bisogno umanitario, l’insicurezza alimentare e le minacce per la salute, nonché il potenziale di instabilità, conflitto e migrazione di massa. La necessità di proteggere le foreste a livello globale, elettrificare il settore dei trasporti, reindirizzare i flussi finanziari e creare una rivoluzione energetica per scongiurare la crisi climatica è rafforzata dall’imperativo geopolitico di ridurre la nostra dipendenza collettiva da stati come la Russia che cercano di armare l’energia per la coercizione.

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Non è solo il cambiamento climatico. Il COVID-19 ha dimostrato che le sfide transnazionali possono colpire con la forza distruttiva delle grandi guerre. Il COVID-19 ha ucciso milioni di persone e danneggiato i mezzi di sussistenza di centinaia di milioni, se non di più. Ha messo in luce l’insufficienza della nostra architettura sanitaria globale e delle catene di approvvigionamento, ha ampliato la disuguaglianza e ha spazzato via molti anni di progressi nello sviluppo. Ha anche indebolito i sistemi alimentari, portato il bisogno umanitario a livelli record e rafforzato la necessità di raddoppiare i nostri sforzi per ridurre la povertà e la fame ed espandere l’accesso all’istruzione al fine di rimettersi in carreggiata per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile entro il 2030. Nel frattempo, comunicabile malattie come l’Ebola continuano a riemergere e possono essere affrontate solo se agiamo in anticipo e con altre nazioni. La pandemia ha chiarito la necessità di una leadership e di un’azione internazionali per creare sistemi sanitari più forti, più equi e più resilienti, in modo da poter prevenire o prepararci alla prossima pandemia o emergenza sanitaria prima che inizi. Le sfide economiche globali derivanti dalla pandemia di COVID-19 sono state estese e approfondite a livello globale poiché la domanda irregolare e in ripresa ha superato i fornitori e ha messo a dura prova le catene di approvvigionamento. I consumatori e i responsabili politici di tutto il mondo hanno anche lottato con l’aumento dei prezzi dell’energia e la crescente insicurezza alimentare, che acuiscono le sfide alla sicurezza come la migrazione e la corruzione. Inoltre, i governi autocratici spesso abusano dell’ordine economico globale armando la sua interconnettività e i suoi punti di forza. Possono aumentare arbitrariamente i costi trattenendo il movimento di beni chiave. Sfruttano l’accesso ai loro mercati e il controllo dell’infrastruttura digitale globale per scopi coercitivi. Riciclano e nascondono la loro ricchezza, spesso i proventi di pratiche di corruzione straniere, nelle principali economie attraverso società di copertura e di copertura. Attori nefasti, alcuni sponsorizzati dallo stato, altri no, stanno sfruttando l’economia digitale per raccogliere e spostare fondi per sostenere programmi di armi illecite, attacchi terroristici, alimentare conflitti ed estorcere cittadini comuni presi di mira da ransomware o attacchi informatici ai sistemi sanitari nazionali, istituzioni e infrastrutture critiche. Questi vari fattori limitano le nostre opzioni politiche, e quelle dei nostri alleati e partner, a promuovere i nostri interessi di sicurezza e soddisfare i bisogni fondamentali dei nostri cittadini. Abbiamo anche sperimentato una crisi energetica globale guidata dall’armamento da parte della Russia delle forniture di petrolio e gas che controlla, esacerbata dalla gestione della propria fornitura da parte dell’OPEC. Questa circostanza sottolinea la necessità di una transizione energetica globale accelerata, giusta e responsabile. Ecco perché, anche se continuiamo a esplorare tutte le opportunità con i nostri alleati e partner per stabilizzare i mercati energetici e fornire forniture a coloro che ne hanno bisogno, siamo anche concentrati sull’attuazione della legislazione sul clima più significativa nella storia della nostra nazione, per portare innovazione tecnologie energetiche per scalare il più rapidamente possibile. Dobbiamo lavorare con altre nazioni per affrontare le sfide condivise per migliorare la vita del popolo americano e quella delle persone in tutto il mondo. Riconosciamo che intraprenderemo tale sforzo in un ambiente competitivo in cui le principali potenze lavoreranno attivamente per promuovere una visione diversa. Useremo gli impulsi rilasciati da un’era di competizione per creare una corsa al vertice e fare progressi su sfide condivise, sia facendo investimenti in patria sia approfondendo la cooperazione con altri paesi che condividono la nostra visione. Panoramica del nostro approccio strategico

Il nostro obiettivo è chiaro:

vogliamo un ordine internazionale libero, aperto, prospero e sicuro. Cerchiamo un ordine che sia libero in quanto permetta alle persone di godere dei loro diritti e delle libertà fondamentali e universali. È aperto in quanto offre a tutte le nazioni che aderiscono a questi principi un’opportunità di partecipare alla

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e di avere un ruolo nel plasmare le regole. È prospero in quanto autorizza tutte le nazioni ad aumentare continuamente il tenore di vita dei propri cittadini. E sicuro, in quanto libero da aggressioni, coercizioni e intimidazioni. Raggiungere questo obiettivo richiede tre linee di sforzo. Noi: 1) investiremo nelle fonti e negli strumenti sottostanti del potere e dell’influenza americani; 2) costruire la più forte coalizione possibile di nazioni per rafforzare la nostra influenza collettiva per plasmare l’ambiente strategico globale e per risolvere le sfide condivise; e 3) modernizzare e rafforzare il nostro esercito in modo che sia attrezzato per l’era della competizione strategica con le grandi potenze, pur mantenendo la capacità di interrompere la minaccia terroristica alla patria. Ciò è trattato nella parte II di questa strategia. Useremo queste capacità per superare i nostri concorrenti strategici, galvanizzare l’azione collettiva sulle sfide globali e definire le regole della strada per la tecnologia, la sicurezza informatica, il commercio e l’economia. Questo è trattato nella parte III. Il nostro approccio comprende tutti gli elementi del potere nazionale – diplomazia, cooperazione allo sviluppo, strategia industriale, governo economico, intelligence e difesa – e si basa su diversi pilastri chiave. In primo luogo, abbiamo abbattuto la linea di demarcazione tra politica estera e politica interna. Capiamo che se gli Stati Uniti vogliono avere successo all’estero, dobbiamo investire nella nostra innovazione e forza industriale e costruire la nostra resilienza, a casa. Allo stesso modo, per promuovere la prosperità condivisa a livello nazionale e difendere i diritti di tutti gli americani, dobbiamo modellare in modo proattivo l’ordine internazionale in linea con i nostri interessi e valori. In un mondo competitivo, in cui altre potenze si impegnano in pratiche coercitive o sleali per ottenere un vantaggio sugli Stati Uniti e sui nostri alleati, questo assume un’importanza speciale. Dobbiamo integrare il potere innovativo del settore privato con una moderna strategia industriale che faccia investimenti pubblici strategici nella forza lavoro americana e in settori strategici e catene di approvvigionamento, in particolare tecnologie critiche ed emergenti, come microelettronica, informatica avanzata, biotecnologie, tecnologie per l’energia pulita e telecomunicazioni avanzate. In secondo luogo, le nostre alleanze e partnership in tutto il mondo sono la nostra risorsa strategica più importante e un elemento indispensabile che contribuisce alla pace e alla stabilità internazionali. Una NATO forte e unificata, le nostre alleanze nell’Indo-Pacifico e le nostre tradizionali partnership per la sicurezza altrove non solo scoraggiano l’aggressione; forniscono una piattaforma per una cooperazione reciprocamente vantaggiosa che rafforza l’ordine internazionale. Diamo un premio alla crescita del tessuto connettivo – tecnologia, commercio e sicurezza – tra i nostri alleati e partner democratici nell’Indo-Pacifico e in Europa perché riconosciamo che si rafforzano a vicenda e che i destini delle due regioni sono intrecciati. Gli Stati Uniti sono una potenza globale con interessi globali. Siamo più forti in ogni regione grazie al nostro impegno affermativo nelle altre. Se una regione cade nel caos o è dominata da una potenza ostile, avrà un impatto negativo sui nostri interessi nelle altre. In terzo luogo, questa strategia riconosce che la RPC rappresenta la sfida geopolitica più consequenziale dell’America. Sebbene l’Indo-Pacifico sia il luogo in cui i suoi risultati saranno plasmati in modo più acuto, ci sono dimensioni globali significative in questa sfida. La Russia rappresenta una minaccia immediata e continua per l’ordine di sicurezza regionale in Europa ed è fonte di perturbazione e instabilità a livello globale, ma manca delle capacità a tutto spettro della RPC. Riconosciamo anche che anche altri poteri autocratici minori agiscono in modi aggressivi e destabilizzanti. In particolare, l’Iran interferisce negli affari interni dei vicini, fa proliferare missili e droni tramite proxy, sta complottando per danneggiare gli americani, compresi gli ex funzionari, e sta portando avanti un programma nucleare

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oltre ogni credibile necessità civile. La Repubblica popolare democratica di Corea (RPDC) continua ad espandere i suoi programmi illeciti di armi nucleari e missili. In quarto luogo, eviteremo la tentazione di vedere il mondo solo attraverso il prisma della concorrenza strategica e continueremo a coinvolgere i paesi alle loro condizioni. Perseguiremo un’agenda affermativa per promuovere la pace e la sicurezza e promuovere la prosperità in ogni regione. Un Medio Oriente più integrato che dia potere ai nostri alleati e partner farà avanzare la pace e la prosperità regionali, riducendo al contempo le richieste di risorse che la regione richiede agli Stati Uniti a lungo termine. In Africa, il dinamismo, l’innovazione e la crescita demografica della regione la rendono centrale per affrontare complessi problemi globali. L’emisfero occidentale ha un impatto diretto sugli Stati Uniti più di qualsiasi altra regione, quindi continueremo a rilanciare e approfondire le nostre partnership per promuovere la resilienza economica, la stabilità democratica e la sicurezza dei cittadini. In quinto luogo, riconosciamo che la globalizzazione ha prodotto immensi benefici per gli Stati Uniti e il mondo, ma ora è necessario un adeguamento per far fronte a drammatici cambiamenti globali come l’aumento della disuguaglianza all’interno e tra i paesi, l’emergere della RPC come il nostro concorrente più consequenziale e uno dei i nostri maggiori partner commerciali e le tecnologie emergenti che esulano dai limiti delle norme e dei regolamenti esistenti. Abbiamo un’agenda affermativa per l’economia globale per cogliere l’intera gamma di benefici economici del 21° secolo mentre promuovono gli interessi dei lavoratori americani. Riconoscendo che dobbiamo andare oltre i tradizionali accordi di libero scambio, stiamo delineando nuovi accordi economici per approfondire l’impegno economico con i nostri partner, come l’Indo-Pacific Economic Framework for Prosperity (IPEF); una tassa minima globale che garantisca alle società di pagare la loro giusta quota di tasse ovunque abbiano sede nel mondo; la Partnership for Global Investment and Infrastructure (PGII) per aiutare i paesi a basso e medio reddito a garantire investimenti di alto livello per infrastrutture critiche; regole aggiornate della strada per la tecnologia, il cyberspazio, il commercio e l’economia; e garantire la transizione verso l’energia pulita sblocca opportunità economiche e buoni posti di lavoro in tutto il mondo. Infine, la comunità delle nazioni che condivide la nostra visione per il futuro dell’ordine internazionale è ampia e comprende paesi di tutti i continenti. Condividiamo in comune il desiderio che le relazioni tra le nazioni siano regolate dalla Carta delle Nazioni Unite; affinché i diritti universali di tutti gli individui — politici, civili, economici, sociali e culturali — siano sostenuti; affinché il nostro ambiente, l’aria, gli oceani, lo spazio, il cyberspazio e le arterie del commercio internazionale siano protetti e accessibili a tutti; e che le istituzioni internazionali, comprese le Nazioni Unite, siano modernizzate e rafforzate per affrontare meglio le sfide globali e offrire vantaggi più tangibili per i nostri cittadini. L’ordine che cerchiamo si basa su ciò che è venuto prima, ma affronta gravi carenze, nuove realtà e tentativi da parte di alcuni stati di promuovere un modello molto meno libero e aperto. Per preservare e aumentare la cooperazione internazionale in un’era di competizione, perseguiremo un approccio dual track. Da un lato, coopereremo con qualsiasi paese, compresi i nostri rivali geopolitici, disposto a lavorare in modo costruttivo con noi per affrontare le sfide condivise. Ci impegneremo inoltre pienamente e lavoreremo per rafforzare le istituzioni internazionali. Sull’altro binario, approfondiremo la nostra cooperazione con le democrazie e altri stati che la pensano allo stesso modo. Dall’Indo-Pacific Quad (Australia, India, Giappone, Stati Uniti) allo US-EU Trade and Technology Council, da AUKUS (Australia, Regno Unito, Stati Uniti) a I2-U2 (India, Israele, Emirati Arabi Uniti, Stati Uniti ), stiamo creando un reticolo di relazioni forti, resilienti e che si rafforzano a vicenda che dimostrano che le democrazie possono offrire risultati per la loro gente e per il mondo. Il mondo è ora a un punto di svolta. Questo decennio sarà decisivo per stabilire i termini della nostra competizione con la RPC, gestire la grave minaccia rappresentata dalla Russia e nei nostri sforzi per affrontare

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con sfide condivise, in particolare il cambiamento climatico, le pandemie e le turbolenze economiche. Se non agiamo con urgenza e creatività, la nostra finestra di opportunità per plasmare il futuro dell’ordine internazionale e affrontare le sfide condivise si chiuderà. Tali azioni devono iniziare con lo sviluppo dei mezzi per attuare la nostra strategia, effettuando rinnovati investimenti in patria e all’estero.

PARTE II: INVESTIRE NELLA NOSTRA FORZA

Guardando avanti, saremo in testa. Condurremo tutte le più grandi sfide del nostro tempo, dal COVID al clima, alla pace e alla sicurezza, alla dignità umana e ai diritti umani. Ma non ce la faremo da soli. Guideremo insieme ai nostri alleati e partner e in collaborazione con tutti coloro che credono, come noi, che questo sia in nostro potere per affrontare queste sfide, per costruire un futuro che sollevi tutta la nostra gente e preservi questo pianeta. Ma niente di tutto questo è inevitabile; è una scelta. E posso dirti dove si trova l’America: sceglieremo di costruire un futuro migliore”. PRESIDENTE JOSEPH R. BIDEN, JR 76a Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite

Investire nel nostro potere nazionale per mantenere un vantaggio competitivo

Per superare i nostri rivali e affrontare le sfide condivise, l’America dovrà mantenere e perfezionare il proprio vantaggio competitivo effettuando investimenti interni critici. In un mondo interconnesso, non esiste una linea netta tra la politica estera e quella interna. Il futuro del successo dell’America nel mondo dipende dalla nostra forza e resilienza in patria, e in particolare dalla forza della nostra classe media, che è fondamentale per la nostra sicurezza nazionale in quanto motore della crescita economica e fonte chiave di vitalità e coesione democratica. È vero anche il contrario. Il nostro successo in patria richiede un impegno solido e strategico nel mondo in linea con i nostri interessi e valori per rendere la vita migliore, più sicura e più giusta per il popolo americano. Ecco perché dobbiamo fare investimenti di vasta portata nelle fonti della nostra forza naturale mentre costruiamo la nostra resilienza.

Implementazione di una moderna strategia industriale e di innovazione

Il settore privato ei mercati aperti sono stati e continuano ad essere una fonte vitale della nostra forza nazionale e un motore chiave dell’innovazione. Tuttavia, i mercati da soli non possono rispondere al rapido ritmo dei cambiamenti tecnologici, alle interruzioni dell’offerta globale, agli abusi non di mercato da parte della RPC e di altri attori o all’aggravarsi della crisi climatica. Gli investimenti pubblici strategici sono la spina dorsale di una solida base industriale e di innovazione nell’economia globale del 21° secolo. Ecco perché gli Stati Uniti perseguono una moderna strategia industriale e di innovazione. Stiamo identificando e investendo in aree chiave in cui l’industria privata, da sola, non si è mobilitata per proteggere i nostri principali interessi economici e di sicurezza nazionale, compreso il rafforzamento della nostra resilienza nazionale. Stiamo proteggendo la nostra infrastruttura critica, migliorando la sicurezza informatica di base per i settori critici, dagli oleodotti all’acqua, e collaborando con il settore privato per migliorare le difese di sicurezza nei prodotti tecnologici. Stiamo proteggendo le nostre catene di approvvigionamento, anche attraverso nuove forme di collaborazione pubblico-privato, e utilizzando gli appalti pubblici nei mercati critici per stimolare la domanda di innovazione. Nel 2021 abbiamo rafforzato la nostra competitività attuando il più grande investimento in infrastrutture fisiche in quasi un secolo, compresi gli investimenti storici nelle infrastrutture di trasporto, banda larga, acqua pulita ed energia che aumenteranno la crescita economica nei decenni a venire. Riconosciamo l’importanza della catena di approvvigionamento dei semiconduttori per la nostra competitività e sicurezza nazionale e stiamo cercando di rinvigorire l’industria dei semiconduttori negli Stati Uniti. Il CHIPS and Science Act autorizza 280 miliardi di dollari per investimenti civili in ricerca e sviluppo, in particolare in settori critici come i semiconduttori e l’informatica avanzata, le comunicazioni di prossima generazione, le tecnologie per l’energia pulita e le biotecnologie. Attraverso la National Biotechnology and Biomanufacturing Initiative, stiamo investendo più di 2 miliardi di dollari per sfruttare tutto il potenziale della biotecnologia e della bioproduzione, creare posti di lavoro a casa, rafforzare le catene di approvvigionamento e ridurre le emissioni di carbonio. Nel 2022 abbiamo emanato la legge sulla riduzione dell’inflazione che investirà nella produzione e produzione di energia interna e ridurrà le emissioni di carbonio di circa il 40% entro il 2030. Combattere la crisi climatica, rafforzare la nostra sicurezza energetica e accelerare la transizione verso l’energia pulita è parte integrante del nostro strategia industriale, crescita economica e sicurezza. Stiamo incubando e implementando nuove tecnologie e soluzioni, che ci consentono di guidare il mondo creando nuovi mercati e approcci scalabili. Insieme, questi investimenti manterranno gli Stati Uniti all’avanguardia, aumenteranno la capacità economica e sosterranno milioni di posti di lavoro e trilioni di dollari di attività economica nel prossimo decennio. Attraverso questi sforzi, stiamo mobilitando il talento, la grinta e l’innovazione dei lavoratori americani, che possono battere chiunque. Stiamo anche dando priorità all’equità e investendo nello sviluppo economico regionale per garantire che il futuro sia creato in tutta l’America, da tutti gli americani. Mentre facciamo questo lavoro, proteggiamo anche i nostri investimenti e rafforziamo la loro resilienza attraverso il monitoraggio, l’attribuzione e la difesa dalle attività di attori malintenzionati nel cyberspazio. E stiamo contrastando il furto di proprietà intellettuale, il trasferimento forzato di tecnologia e altri tentativi di degradare i nostri vantaggi tecnologici migliorando lo screening degli investimenti, i controlli sulle esportazioni e le risorse di controspionaggio. Proprio mentre cerchiamo di unire competenze tecniche e capacità industriali complementari con i nostri alleati e partner, stiamo anche migliorando la nostra capacità collettiva di resistere ai tentativi di degradare i nostri vantaggi tecnologici condivisi, anche attraverso lo screening degli investimenti e i controlli sulle esportazioni, e lo sviluppo di nuovi regimi in cui le lacune persistono.

Investire nelle nostre persone

Ci concentriamo sul rafforzamento dell’economia costruendo dal basso verso l’alto e dal centro. A tal fine, sappiamo che gli investimenti pubblici di maggior impatto sono quelli che facciamo nelle nostre persone. Cerchiamo di aumentare l’accesso equo all’assistenza sanitaria e all’assistenza all’infanzia a prezzi accessibili; formazione continua e sviluppo delle competenze; e istruzione e formazione di alta qualità, comprese scienze, tecnologia, ingegneria e matematica (STEM), in particolare per donne e ragazze. Questi investimenti aumenteranno la nostra capacità economica garantendo che la nostra forza lavoro sia più istruita, più sana e più produttiva. Questa forza lavoro più forte creerà anche vantaggi duraturi che rafforzeranno la nostra forza e resilienza. Sosteniamo inoltre i lavoratori promuovendo l’organizzazione sindacale e la contrattazione collettiva e migliorando la qualità del lavoro dei lavoratori. Mentre creiamo le condizioni affinché la nostra gente possa prosperare, continueremo anche a fare dell’America la destinazione preferita per i talenti di tutto il mondo. Dalla fondazione della nostra nazione, l’America è stata rafforzata e rinnovata dagli immigrati in cerca di opportunità e rifugio sulle nostre coste: un vantaggio strategico unico. Continueremo a lavorare con il Congresso e ad intraprendere azioni esecutive per garantire che i nostri sistemi di immigrazione e rifugiati siano equi, ordinati, umani, più facili da navigare e coerenti con i nostri valori e la legge. E adotteremo ulteriori misure per garantire che gli Stati Uniti rimangano la principale destinazione mondiale per i talenti.

Rafforzare la nostra democrazia

La nostra democrazia è al centro di ciò che siamo e l’esperimento democratico americano è stato a lungo una fonte di ispirazione per le persone in tutto il mondo. Il nostro sistema di governo sancisce lo stato di diritto e si sforza di proteggere l’uguaglianza e la dignità di tutti gli individui. La deliberazione e il dibattito informato ci spingono a correggere i nostri errori, soddisfare meglio i bisogni pubblici e ampliare il cerchio delle opportunità. Non siamo sempre stati all’altezza dei nostri ideali e negli ultimi anni la nostra democrazia è stata sfidata dall’interno. Ma non ci siamo mai allontanati dai nostri ideali e in ogni momento di sfida i cittadini si sono fatti avanti per sostenerli. In tempi di crisi o errori di giudizio, guardiamo a più democrazia, non meno, per forgiare la strada da seguire. La nostra democrazia è un lavoro in corso e, facendo i conti e rimediando alle nostre stesse carenze, possiamo ispirare gli altri in tutto il mondo a fare lo stesso. Come americani, dobbiamo tutti essere d’accordo sul fatto che il verdetto del popolo, espresso nelle elezioni, deve essere rispettato e protetto. Riteniamo inoltre che continuino ad essere necessarie riforme fondamentali per rafforzare il nostro sistema di governance. Questo è il motivo per cui abbiamo intrapreso un’azione esecutiva e sollecitato una legislazione essenziale per proteggere e promuovere i diritti di voto ed espandere la partecipazione democratica, e perché stiamo basandoci sul lavoro di generazioni di attivisti per promuovere l’equità e sradicare le disparità sistemiche nelle nostre leggi, politiche e istituzioni. In effetti, il pluralismo, l’inclusione e la diversità sono una fonte di forza nazionale in un mondo in rapido cambiamento. Stiamo riaffermando i diritti alla libertà di parola, alla libertà di stampa, all’assemblea pacifica e ad altre libertà civili fondamentali. E allo stesso tempo, stiamo resistendo alle minacce alla nostra democrazia, come il terrorismo interno, implementando la prima strategia nazionale della nostra nazione per contrastare il terrorismo interno e affrontando frontalmente forze globali come la corruzione armata, le operazioni di manipolazione delle informazioni, l’interferenza politica, e attacchi allo stato di diritto, anche nelle elezioni. L’America non tollererà l’interferenza straniera nelle nostre elezioni. Agiremo con decisione per difendere e scoraggiare le interruzioni dei nostri processi democratici e risponderemo a future ingerenze utilizzando tutti gli strumenti appropriati del potere nazionale.

Usare la diplomazia per costruire le coalizioni più forti possibili

L’impareggiabile rete di alleati e partner degli Stati Uniti protegge e promuove i nostri interessi in tutto il mondo, ed è l’invidia dei nostri avversari. Basandosi su questa rete, riuniremo le coalizioni più forti possibili per avanzare e difendere un mondo libero, aperto, prospero e sicuro. Queste coalizioni includeranno tutte le nazioni che condividono questi obiettivi. Al centro di questa coalizione, per garantire che sia il più possibile trasformativa, ci sono nazioni democratiche che condividono i nostri interessi e valori. Per rendere le nostre coalizioni il più inclusive possibile, lavoreremo anche con qualsiasi paese che sostiene un ordine basato su regole mentre continuiamo a fare pressioni su tutti i partner affinché rispettino e promuovano la democrazia e i diritti umani.

Cooperazione trasformativa

Per risolvere i problemi più difficili che il mondo deve affrontare, dobbiamo produrre livelli di cooperazione notevolmente maggiori. La chiave per farlo è riconoscere che il fulcro della nostra coalizione inclusiva sono quei partner che condividono più da vicino i nostri interessi. Le alleanze dei trattati dell’America con altri paesi democratici

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sono fondamentali per la nostra strategia e centrali per quasi tutto ciò che facciamo per rendere il mondo più pacifico e prospero. I nostri alleati della NATO e dei trattati bilaterali non dovrebbero mai dubitare della nostra volontà e capacità di schierarci con loro contro l’aggressione e l’intimidazione. Mentre modernizziamo le nostre forze armate e lavoriamo per rafforzare la nostra democrazia interna, inviteremo i nostri alleati a fare lo stesso, anche investendo nel tipo di capacità e intraprendendo la pianificazione necessaria per rafforzare la deterrenza in un mondo sempre più conflittuale. Le alleanze e le partnership americane hanno svolto un ruolo fondamentale nella nostra politica di sicurezza nazionale per otto decenni e devono essere approfondite e modernizzate per farlo in futuro. La NATO ha risposto con unità e forza per scoraggiare un’ulteriore aggressione russa in Europa, anche se la NATO ha anche adottato una nuova ampia agenda al Vertice di Madrid del 2022 per affrontare le sfide sistemiche della RPC e altri rischi per la sicurezza dal cyber al clima, oltre ad accettare di Domanda di adesione di Finlandia e Svezia all’alleanza. Il nuovo Consiglio per il commercio e la tecnologia USA-UE sta coordinando gli approcci per stabilire le regole della strada su questioni tecnologiche, economiche e commerciali globali basate su valori democratici condivisi. La nostra partnership per la sicurezza AUKUS con l’Australia e il Regno Unito promuove la stabilità nell’Indo-Pacifico mentre approfondisce la difesa e l’integrazione tecnologica. Continuiamo ad approfondire la cooperazione con i Five Eyes (con Australia, Canada, Nuova Zelanda e Regno Unito). Il rivitalizzato Quad, che riunisce gli Stati Uniti con Giappone, India e Australia, affronta le sfide regionali e ha dimostrato la sua capacità di fornire risultati per l’Indo-Pacifico, combattendo COVID-19 e il cambiamento climatico, per approfondire le partnership di sicurezza informatica e promuovere standard elevati per le infrastrutture e la sicurezza sanitaria. Le nostre relazioni di intelligence con i nostri alleati sono una risorsa strategica che influirà sempre più sulla nostra competizione con i nostri rivali, specialmente nella competizione tecnologica. Continueremo a dare la priorità alla ricerca di nuovi modi per integrare le nostre alleanze nell’Indo-Pacifico e in Europa e sviluppare nuovi e più profondi mezzi di cooperazione. Abbiamo rivitalizzato il G7 come comitato direttivo delle democrazie industriali avanzate del mondo e crediamo che abbia un ruolo fondamentale da svolgere nel sostenere la nostra visione condivisa per l’ordine internazionale. Il G7 è al suo massimo quando coinvolge formalmente anche altri paesi con obiettivi allineati, come al vertice del 2022 a cui hanno partecipato anche Argentina, India, Indonesia, Senegal, Sud Africa e Ucraina. Gli interessi degli Stati Uniti sono meglio serviti quando i nostri alleati e partner europei svolgono un ruolo attivo nell’Indo-Pacifico, anche nel sostenere la libertà di navigazione e nel mantenere la pace e la stabilità attraverso lo Stretto di Taiwan. Allo stesso modo, vogliamo che i nostri alleati indo-pacifici si impegnino in cooperazione con i nostri alleati europei per plasmare l’ordine a cui tutti aspiriamo, opponendoci alla Russia e cooperando con l’Unione Europea e il Regno Unito nella nostra competizione con la RPC. Questo non è un favore per gli Stati Uniti. I nostri alleati riconoscono che un crollo dell’ordine internazionale in una regione finirà per metterlo in pericolo in altre. Questi alleati e partner democratici sono anche essenziali per sostenere la democrazia ei diritti umani in tutto il mondo. Le azioni per rafforzare la democrazia e difendere i diritti umani sono fondamentali per gli Stati Uniti non solo perché ciò è coerente con i nostri valori, ma anche perché il rispetto della democrazia e il sostegno ai diritti umani promuovono la pace, la sicurezza e la prosperità globali. Le minacce globali a una governance responsabile e trasparente minacciano anche il nostro sistema democratico. Aggiorneremo continuamente la nostra gamma di strumenti per promuovere la democrazia e contrastare l’autoritarismo. L’Iniziativa presidenziale per il rinnovamento democratico aumenta qualitativamente la nostra capacità di combattere le sfide determinanti del 2020, come la grande corruzione, la repressione digitale e gli attacchi alle elezioni e ai media indipendenti. Allo stesso modo, stiamo rispondendo ai modi in continua evoluzione in cui gli autoritari cercano di sovvertire l’ordine globale, in particolare armando le informazioni per minare le democrazie e polarizzare le società. Lo stiamo facendo collaborando con i governi, la società civile, i media indipendenti e il settore privato per evitare che informazioni credibili vengano soppresse, esponendo campagne di disinformazione e rafforzando l’integrità dell’ambiente dei media, un fondamento di prospere democrazie. Insieme ai nostri alleati e partner, stiamo anche ritenendo gli Stati responsabili delle violazioni e abusi dei diritti umani, anche contro le minoranze etniche e religiose, trattando la lotta alla corruzione come un interesse fondamentale per la sicurezza nazionale, contrastando la repressione transnazionale e stando con le persone in tutto il mondo in prima linea nella lotta per la dignità, l’uguaglianza e la giustizia. Riaffermiamo il nostro impegno a lavorare con la comunità internazionale per ottenere soluzioni sostenibili e a lungo termine a quella che è la più grave crisi di rifugiati dalla seconda guerra mondiale, anche attraverso il reinsediamento. Abbiamo aumentato il nostro limite annuale di ammissione dei rifugiati a 125.000 e stiamo ricostruendo e migliorando il programma di ammissione dei rifugiati degli Stati Uniti per consentirci di raggiungere questo obiettivo.

Un mondo inclusivo

La stragrande maggioranza dei paesi desidera un ordine stabile e aperto basato su regole che rispetti la loro sovranità e integrità territoriale, fornisca mezzi equi di scambio economico con gli altri e promuova la prosperità condivisa e consenta la cooperazione su sfide condivise. Disapprovano fortemente l’aggressione, la coercizione e l’interferenza esterna. Non hanno alcun interesse a capovolgere regole e norme di vecchia data per rendere il mondo sicuro per l’aggressione e la repressione. Aiuteremo a costruire e preservare coalizioni che coinvolgano tutti questi paesi e sfruttino i loro punti di forza collettivi. Riconosciamo che alcuni potrebbero nutrire riserve sulla potenza americana e sulla nostra politica estera. Altri possono non essere democratici, ma tuttavia dipendono da un sistema internazionale basato su regole. Tuttavia, ciò che condividiamo e la prospettiva di un mondo più libero e aperto, rende necessaria e utile una coalizione così ampia. Ascolteremo e prenderemo in considerazione le idee che i nostri partner suggeriscono su come farlo. La costruzione di questa coalizione inclusiva richiede il rafforzamento del sistema multilaterale per sostenere i principi fondanti delle Nazioni Unite, compreso il rispetto del diritto internazionale. 141 paesi hanno espresso sostegno all’Assemblea generale delle Nazioni Unite per una risoluzione che condanna l’aggressione non provocata della Russia contro l’Ucraina. Continuiamo a dimostrare questo approccio coinvolgendo tutte le regioni su tutte le questioni, non in termini di ciò a cui siamo contrari ma di ciò per cui siamo. Quest’anno abbiamo collaborato con l’ASEAN per promuovere le infrastrutture per l’energia pulita e la sicurezza marittima nella regione. Abbiamo avviato la campagna Prosper Africa Build Together per alimentare la crescita economica in tutto il continente e rafforzare il commercio e gli investimenti nei settori dell’energia pulita, della salute e della tecnologia digitale. Stiamo lavorando per sviluppare una partnership con i paesi dell’Oceano Atlantico per stabilire e portare avanti un approccio condiviso per far avanzare i nostri obiettivi di sviluppo congiunto, economici, ambientali, scientifici e di governance marittima. Abbiamo galvanizzato l’azione regionale per affrontare le sfide principali dell’emisfero occidentale guidando il Partenariato per la prosperità economica delle Americhe per guidare la ripresa economica e mobilitando la regione dietro un approccio audace e senza precedenti alla migrazione attraverso la Dichiarazione di Los Angeles sulla migrazione e la protezione. In Medio Oriente, abbiamo lavorato per rafforzare la deterrenza nei confronti dell’Iran, ridurre i conflitti regionali, approfondire l’integrazione tra una serie diversificata di partner nella regione e rafforzare la stabilità energetica. Un ottimo esempio di coalizione inclusiva è l’IPEF, che abbiamo lanciato insieme a una dozzina di partner regionali che rappresentano il 40 per cento del PIL mondiale. I quattro pilastri di questo quadro – commercio ed economia digitale, catene di approvvigionamento e resilienza, energia pulita e decarbonizzazione,

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e tassazione e anticorruzione – consentiranno a questa partnership di determinare le regole della strada per una regione economicamente vitale, e quindi il economia globale. Gli Stati Uniti, insieme ai nostri partner del G7, hanno lanciato PGII per soddisfare l’enorme bisogno di infrastrutture nei paesi a basso e medio reddito. PGII sta catalizzando la finanza pubblica e privata per promuovere la sicurezza climatica ed energetica, la sicurezza sanitaria e sanitaria, la connettività digitale e l’uguaglianza di genere, il tutto creando opportunità per le imprese americane. Abbiamo assicurato oltre 3 miliardi di dollari di impegni dal Consiglio di cooperazione del Golfo per progetti in linea con gli obiettivi PGII. Abbiamo adottato un approccio simile in una serie di altre iniziative di sviluppo, costruite anche attorno a coalizioni multi-stakeholder che possono mobilitare un’ampia gamma di risorse per mostrare in vari modi che “la democrazia offre”, compreso il Piano di emergenza del presidente per l’AIDS di lunga data ( PEPFAR) e il Fondo globale. Stiamo radunando il mondo affinché intraprenda un’azione coraggiosa e aumenti la nostra ambizione collettiva di raggiungere l’obiettivo di 18 miliardi di dollari del Fondo globale per combattere l’HIV/AIDS, la tubercolosi e la malaria nei prossimi tre anni, e abbiamo richiesto 2 miliardi di dollari nel nostro budget per l’esercizio 2023 per ancorare un Impegno triennale di 6 miliardi di dollari dagli Stati Uniti. Questo investimento rafforzerà i sistemi sanitari, accelererà i progressi per raggiungere la copertura sanitaria universale ed espanderà la forza lavoro sanitaria globale. Gli Stati Uniti lavoreranno in modo pragmatico con qualsiasi partner disposto a unirsi a noi nella risoluzione dei problemi in modo costruttivo, rafforzando e costruendo nuovi legami basati su interessi condivisi. Ciò include non solo gli stati nazione, ma anche i gruppi della società civile, le società private, le filantropie e i governi subnazionali in patria e in tutto il mondo. Attraverso iniziative collaudate come Gavi, la Vaccine Alliance; nuove piattaforme che soddisfano il momento, come COVAX, e nuovi sforzi storici per migliorare il finanziamento della sicurezza sanitaria globale, incluso il Fondo intermediario finanziario per la prevenzione, la preparazione e la risposta alle pandemie, formeremo coalizioni adatte allo scopo e alleanze pubblico-privato per affrontare le sfide più difficili del mondo.

Un mondo prospero

Costruiremo anche nuovi modi per lavorare con alleati e partner sullo sviluppo e l’espansione della dignità umana perché riconosciamo che sono parte integrante della sicurezza e della prosperità di tutti gli americani. Malattie infettive, terrorismo, estremismo violento, migrazione irregolare e altre minacce spesso emergono o accelerano a causa di sfide di sviluppo più profonde e, una volta che lo fanno, non riconoscono i confini nazionali. Le minacce transnazionali, a loro volta, minano lo sviluppo, alimentano la povertà e la sofferenza umana e alimentano un circolo vizioso. La pandemia di COVID-19 ha eroso i guadagni in termini di sviluppo e ha illuminato le persistenti disuguaglianze. Conflitti prolungati, fragilità crescente, una rinascita dell’autoritarismo e shock climatici sempre più frequenti minacciano la vita e i mezzi di sussistenza delle persone e la stabilità globale. La guerra della Russia contro l’Ucraina ha solo aggravato queste minacce, contribuendo a un aumento dei prezzi del cibo e dell’energia, esacerbando la povertà ed erodendo la sicurezza alimentare in tutto il mondo. Lavoreremo per affrontare queste sfide condivise e ci impegneremo nuovamente a promuovere gli obiettivi di sviluppo sostenibile perseguendo partenariati di sviluppo più inclusivi, in particolare mettendo i partner locali al posto di guida e implementando una serie più ampia di strumenti, tra cui il finanziamento catalitico e l’assistenza umanitaria integrata, sviluppo e azioni di pacificazione. Stiamo già applicando questo approccio per aiutare le nazioni vulnerabili a costruire la resilienza agli impatti devastanti della crisi climatica attraverso il Piano di emergenza del Presidente per l’adattamento e la

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Resilienza (PREPARE) e a sostegno del rinnovamento democratico attraverso i partenariati per lo sviluppo democratico (PDD ). Stiamo anche implementando questo approccio allo sviluppo per far progredire la sicurezza e i sistemi sanitari globali e per intraprendere un’azione umanitaria di principio affrontando le cause profonde della fragilità, dei conflitti e delle crisi, anche attraverso il Global Fragility Act. Useremo i nostri strumenti umanitari, di sviluppo e di costruzione della pace in modo più coeso. E investiremo in donne e ragazze, risponderemo alle voci e ci concentreremo sui bisogni dei più emarginati, inclusa la comunità LGBTQI+; e promuovere lo sviluppo inclusivo in generale. Durante il nostro lavoro di sviluppo, continueremo a utilizzare le migliori pratiche che distinguono gli Stati Uniti ei nostri partner dai nostri concorrenti: trasparenza e responsabilità; elevati standard ambientali, sociali, lavorativi e di inclusione; rispetto dei diritti umani; e partenariati locali supportati da assistenza straniera e finanziamenti solidi e sostenibili. Le istituzioni finanziarie internazionali, tra cui la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, sono anche un moltiplicatore di forza per i nostri valori e interessi. Una crescita più forte e più stabile all’estero significa un’economia più forte qui in patria. Con la prosperità di altre economie, la domanda di esportazioni statunitensi di beni e servizi aumenta, creando posti di lavoro negli Stati Uniti. Lavoreremo per migliorare la reattività di queste istituzioni alle priorità degli Stati Uniti, incluso come sostenere meglio i paesi in via di sviluppo mentre affrontano la pandemia e ora le ricadute della guerra russa sull’Ucraina.

Modernizzare e rafforzare il nostro esercito

L’esercito americano è la forza combattente più forte che il mondo abbia mai conosciuto. L’America non esiterà a usare la forza quando necessario per difendere i nostri interessi nazionali. Ma lo faremo come ultima risorsa e solo quando gli obiettivi e la missione saranno chiari e realizzabili, coerenti con i nostri valori e leggi, insieme a strumenti non militari, e la missione sarà intrapresa con il consenso informato del popolo americano. Il nostro approccio alla difesa nazionale è descritto in dettaglio nella Strategia di difesa nazionale 2022. La nostra premessa di partenza è che un potente esercito americano aiuta a far avanzare e salvaguardare gli interessi nazionali vitali degli Stati Uniti fermando la diplomazia, affrontando l’aggressione, dissuadendo i conflitti, proiettando forza e proteggendo il popolo americano e i suoi interessi economici. In mezzo all’intensificarsi della concorrenza, il ruolo dei militari è quello di mantenere e ottenere i vantaggi della guerra limitando quelli dei nostri concorrenti. I militari agiranno con urgenza per sostenere e rafforzare la deterrenza, con la RPC come sfida di ritmo. Faremo scelte disciplinate per quanto riguarda la nostra difesa nazionale e concentreremo la nostra attenzione sulle responsabilità primarie dei militari: difendere la patria e scoraggiare attacchi e aggressioni contro gli Stati Uniti, i nostri alleati e partner, pur essendo preparati a combattere e vincere le guerre della Nazione dovrebbe la diplomazia e la deterrenza falliscono. Per fare ciò, uniremo i nostri punti di forza per ottenere il massimo effetto nel deterrente atti di aggressione, un approccio che chiamiamo deterrenza integrata (vedi riquadro di testo a pagina 22). Opereremo il nostro esercito usando una mentalità da campagna, mettendo in sequenza attività militari logicamente collegate per far avanzare le priorità allineate alla strategia. E costruiremo una forza resiliente e un ecosistema di difesa per assicurarci di poter svolgere queste funzioni per i decenni a venire. Abbiamo posto fine alla guerra più lunga d’America in Afghanistan, e con essa un’era di grandi operazioni militari per ricostruire altre società, anche se abbiamo mantenuto la capacità di affrontare le minacce terroristiche al popolo americano man mano che emergono.

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Un esercito credibile in combattimento è il fondamento della deterrenza e della capacità dell’America di prevalere nei conflitti. Modernizzeremo la forza congiunta per renderla letale, resiliente, sostenibile, sopravvivente, agile e reattiva, dando priorità ai concetti operativi e alle capacità di combattimento aggiornate. La guerra in Ucraina mette in evidenza la criticità di una vivace base industriale della difesa per gli Stati Uniti e i suoi alleati e partner. Non solo deve essere in grado di produrre rapidamente capacità comprovate necessarie per difendersi dall’aggressione dell’avversario, ma deve anche essere in grado di innovare e progettare soluzioni creative man mano che le condizioni del campo di battaglia si evolvono. Poiché le tecnologie emergenti trasformano la guerra e pongono nuove minacce agli Stati Uniti e ai nostri alleati e partner, stiamo investendo in una gamma di tecnologie avanzate comprese applicazioni nei domini cyber e spaziale, capacità di sconfitta missilistica, intelligenza artificiale affidabile e sistemi quantistici, mentre dispiegare nuove capacità sul campo di battaglia in modo tempestivo. Incorporare alleati e partner in ogni fase della pianificazione della difesa è fondamentale per una collaborazione significativa. Cerchiamo anche di rimuovere gli ostacoli a una più profonda collaborazione con alleati e partner, per includere questioni relative allo sviluppo e alla produzione di capacità congiunte per salvaguardare il nostro vantaggio tecnologico-militare condiviso. La deterrenza nucleare rimane una priorità assoluta per la nazione e fondamentale per la deterrenza integrata. Una forza nucleare sicura, protetta ed efficace sostiene le nostre priorità di difesa scoraggiando gli attacchi strategici, assicurando alleati e partner e consentendoci di raggiungere i nostri obiettivi se la deterrenza fallisce. I nostri concorrenti e potenziali avversari stanno investendo molto in nuove armi nucleari. Entro il 2030, gli Stati Uniti per la prima volta dovranno scoraggiare due grandi potenze nucleari, ognuna delle quali schiererà forze nucleari globali e regionali moderne e diversificate. Per garantire che il nostro deterrente nucleare rimanga reattivo alle minacce che dobbiamo affrontare, stiamo modernizzando la Triade nucleare, il comando, il controllo e le comunicazioni nucleari e le nostre infrastrutture per le armi nucleari, oltre a rafforzare i nostri impegni di deterrenza estesi nei confronti dei nostri alleati. Rimaniamo ugualmente impegnati a ridurre i rischi di una guerra nucleare. Ciò include l’adozione di ulteriori misure per ridurre il ruolo delle armi nucleari nella nostra strategia e il perseguimento di obiettivi realistici per il controllo reciproco e verificabile degli armamenti, che contribuiscono alla nostra strategia di deterrenza e rafforzano il regime globale di non proliferazione. Gli investimenti più importanti sono quelli effettuati nella straordinaria Forza Volontaria dell’Esercito, del Corpo dei Marines, della Marina, dell’Aeronautica Militare, dell’Aeronautica Militare, della Guardia Costiera, insieme alla nostra forza lavoro civile del Dipartimento della Difesa. I nostri membri in servizio sono la spina dorsale della difesa nazionale americana e ci impegniamo per il loro benessere e le loro famiglie durante il servizio e oltre. Manterremo il nostro principio fondamentale del controllo civile dell’esercito, riconoscendo che sane relazioni civili-militari radicate nel rispetto reciproco sono essenziali per l’efficacia militare. Rafforzeremo l’efficacia della forza promuovendo la diversità e l’inclusione; intensificando i nostri sforzi di prevenzione del suicidio; eliminare i flagelli dell’aggressione sessuale, delle molestie e di altre forme di violenza, abuso e discriminazione; e sradicare l’estremismo violento. Sosterremo anche il sacro obbligo della nostra nazione di prendersi cura dei veterani e delle loro famiglie quando le nostre truppe torneranno a casa.

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Deterrenza integrata

Gli Stati Uniti hanno un interesse vitale a scoraggiare l’aggressione da parte della RPC, della Russia e di altri stati. Concorrenti più capaci e nuove strategie di comportamento minaccioso al di sotto e al di sopra della tradizionale soglia di conflitto significano che non possiamo permetterci di fare affidamento esclusivamente sulle forze convenzionali e sulla deterrenza nucleare. La nostra strategia di difesa deve sostenere e rafforzare la deterrenza, con la RPC come sfida di ritmo. La nostra strategia di difesa nazionale si basa sulla deterrenza integrata: la perfetta combinazione di capacità per convincere i potenziali avversari che i costi delle loro attività ostili superano i loro benefici. Implica: x Integrazione tra domini, riconoscendo che le strategie dei nostri concorrenti operano in domini militari (terrestri, aerei, marittimi, informatici e spaziali) e non militari (economici, tecnologici e informativi) e dobbiamo farlo anche noi. x Integrazione tra le regioni, comprendendo che i nostri concorrenti combinano ambizioni espansive con capacità crescenti di minacciare gli interessi degli Stati Uniti nelle regioni chiave e in patria. x Integrazione attraverso lo spettro del conflitto per impedire ai concorrenti di alterare lo status quo in modi che danneggiano i nostri interessi vitali mentre si aggirano al di sotto della soglia del conflitto armato. x Integrazione in tutto il governo degli Stati Uniti per sfruttare l’intera gamma di vantaggi americani, dalla diplomazia, dall’intelligence e dagli strumenti economici all’assistenza alla sicurezza e alle decisioni sulla posizione della forza. x Integrazione con alleati e partner attraverso investimenti in interoperabilità e sviluppo di capacità congiunte, pianificazione della postura cooperativa e approcci diplomatici ed economici coordinati. La deterrenza integrata ci richiede di coordinarci, creare reti e innovare in modo più efficace in modo che qualsiasi concorrente che pensa di premere per ottenere un vantaggio in un dominio capisca che possiamo rispondere anche in molti altri. Ciò accresce il tradizionale backstop delle capacità convenzionali e strategiche credibili in combattimento, consentendoci di modellare meglio le percezioni dell’avversario sui rischi e sui costi dell’azione contro gli interessi fondamentali degli Stati Uniti, in qualsiasi momento e in qualsiasi ambito. STRATEGIA DI SICUREZZA NAZIONALE 23

PARTE III: LE NOSTRE PRIORITÀ GLOBALI

[Le] sfide che affrontiamo oggi sono davvero grandi, ma la nostra capacità è maggiore. Il nostro impegno deve essere ancora maggiore. Quindi uniamoci per dichiarare ancora una volta l’inconfondibile determinazione che le nazioni del mondo sono ancora unite, che sosteniamo i valori della Carta delle Nazioni Unite, che crediamo ancora che lavorando insieme possiamo piegare l’arco della storia verso una più libera e più giusta mondo per tutti i nostri figli, anche se nessuno di noi l’ha raggiunto pienamente. Non siamo testimoni passivi della storia; noi siamo gli autori della storia. Possiamo farlo, dobbiamo farlo, per noi stessi e per il nostro futuro, per l’umanità”. PRESIDENTE JOSEPH R. BIDEN, JR 77a Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite

I passi delineati nella sezione precedente:

rafforzare la nostra forza in patria per mantenere un vantaggio competitivo; usare il nostro potere diplomatico per costruire la più forte coalizione possibile per sostenere un mondo aperto, libero, prospero e sicuro; e la modernizzazione e il rafforzamento delle nostre forze armate posizioneranno gli Stati Uniti per rafforzare un ordine internazionale che ha fornito ampi benefici al popolo americano per decenni e per superare i nostri rivali che offrono una visione diversa. L’ampiezza e la complessità dei nostri interessi globali significano che dobbiamo usare quel potere in modo strategico. Tre linee di impegno interconnesse sono di fondamentale importanza: affrontare le sfide all’ordine internazionale poste dai nostri concorrenti strategici, affrontare le sfide globali condivise e plasmare le regole della strada per la tecnologia, la sicurezza informatica, il commercio e l’economia.

Vincere la Cina e vincolare la Russia

La RPC e la Russia sono sempre più allineate tra loro, ma le sfide che pongono sono, in modo importante, distinte. Daremo la priorità al mantenimento di un vantaggio competitivo duraturo sulla RPC, limitando al contempo una Russia ancora profondamente pericolosa.

Cina

La RPC è l’unico concorrente con l’intento di rimodellare l’ordine internazionale e, sempre più, il potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per farlo. Pechino ha l’ambizione di creare una maggiore sfera di influenza nell’Indo-Pacifico e di diventare la prima potenza mondiale. Sta usando la sua capacità tecnologica e la sua crescente influenza sulle istituzioni internazionali per creare condizioni più permissive per il proprio modello autoritario e per plasmare l’uso e le norme della tecnologia globale per privilegiare i suoi interessi e valori. Pechino usa spesso il suo potere economico per costringere i paesi. Beneficia dell’apertura dell’economia internazionale limitando l’accesso al suo mercato interno e cerca di rendere il mondo più dipendente dalla RPC riducendo al contempo la propria dipendenza dal mondo. La RPC sta anche investendo in un esercito che si sta rapidamente modernizzando, sempre più capace nell’Indo-Pacifico e crescendo in forza e portata a livello globale, il tutto mentre cerca di erodere le alleanze statunitensi nella regione e in tutto il mondo. Allo stesso tempo, la RPC è anche centrale per l’economia globale e ha un impatto significativo sulle sfide condivise, in particolare il cambiamento climatico e la salute pubblica globale. È possibile che gli Stati Uniti e la Repubblica popolare cinese coesistano pacificamente, condividano e contribuiscano insieme al progresso umano. La nostra strategia nei confronti della RPC è triplice: 1) investire nelle basi della nostra forza in patria: competitività, innovazione, resilienza, democrazia, 2) allineare i nostri sforzi con la nostra rete di alleati e partner, agendo in comune scopo e per una causa comune, e 3) competere responsabilmente con la RPC per difendere i nostri interessi e costruire la nostra visione per il futuro. I primi due elementi, investire e allineare, sono descritti nella sezione precedente e sono essenziali per superare la RPC nei settori tecnologico, economico, politico, militare, dell’intelligence e della governance globale. La concorrenza con la RPC è più pronunciata nell’Indo-Pacifico, ma è anche sempre più globale. In tutto il mondo, il concorso per scrivere le regole della strada e plasmare le relazioni che governano gli affari globali si sta svolgendo in ogni regione e in economia, tecnologia, diplomazia, sviluppo, sicurezza e governance globale. Nella competizione con la Rifondazione, come in altre arene, è chiaro che i prossimi dieci anni saranno il decennio decisivo. Siamo ora al punto di svolta, in cui le scelte che facciamo e le priorità che perseguiamo oggi ci metteranno su una rotta che determinerà la nostra posizione competitiva a lungo nel futuro. Molti dei nostri alleati e partner, specialmente nell’Indo-Pacifico, sono in prima linea nella coercizione della RPC e sono giustamente determinati a cercare di garantire la propria autonomia, sicurezza e prosperità. Sosterremo la loro capacità di prendere decisioni sovrane in linea con i loro interessi e valori, liberi da pressioni esterne, e lavoreremo per fornire investimenti, assistenza allo sviluppo e mercati di alto livello e su larga scala. La nostra strategia ci richiederà di collaborare, sostenere e soddisfare le esigenze economiche e di sviluppo dei paesi partner, non per il bene della concorrenza, ma per il loro stesso interesse. Agiremo in uno scopo comune per affrontare una serie di problemi: dall’infrastruttura digitale non affidabile e dal lavoro forzato nelle catene di approvvigionamento e dalla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata. Riterremo Pechino responsabile degli abusi – genocidio e crimini contro l’umanità nello Xinjiang, violazioni dei diritti umani in Tibet e smantellamento dell’autonomia e delle libertà di Hong Kong – anche se cerca di far tacere paesi e comunità. Continueremo a dare la priorità agli investimenti in un esercito credibile di combattimento che determini l’aggressione contro i nostri alleati e partner nella regione e possa aiutare tali alleati e partner a difendersi. Abbiamo un costante interesse a mantenere la pace e la stabilità attraverso lo Stretto di Taiwan, che è fondamentale per la sicurezza e la prosperità regionale e globale e una questione di interesse e attenzione internazionale. Ci opponiamo a qualsiasi modifica unilaterale dello status quo da entrambe le parti e non sosteniamo l’indipendenza di Taiwan. Rimaniamo impegnati nella nostra politica unica per la Cina, che è guidata dal Taiwan Relations Act, dai Three Joint Communiques e dalle Six Assurances. E manterremo i nostri impegni ai sensi del Taiwan Relations Act di sostenere l’autodifesa di Taiwan e di mantenere la nostra capacità di resistere a qualsiasi ricorso alla forza o alla coercizione contro Taiwan.

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Sebbene alleati e partner possano avere prospettive distinte sulla RPC, il nostro approccio diplomatico e il comportamento della RPC hanno prodotto opportunità significative e crescenti per allineare gli approcci e fornire risultati. In Europa, Asia, Medio Oriente, Africa e America Latina, i paesi hanno gli occhi chiari sulla natura delle sfide poste dalla RPC. I governi vogliono finanze pubbliche sostenibili. I lavoratori vogliono essere trattati con dignità e rispetto. Gli innovatori vogliono essere premiati per la loro ingegnosità, assunzione di rischi e sforzi persistenti. E le imprese intraprendenti vogliono acque libere e libere attraverso le quali i loro prodotti possano essere scambiati. Mentre gareggiamo vigorosamente, gestiremo la competizione in modo responsabile. Cercheremo una maggiore stabilità strategica attraverso misure che riducano il rischio di un’escalation militare non intenzionale, migliorino le comunicazioni in caso di crisi, creino trasparenza reciproca e, infine, coinvolgano Pechino in sforzi più formali di controllo degli armamenti. Saremo sempre disposti a lavorare con la RPC dove i nostri interessi si allineano. Non possiamo lasciare che i disaccordi che ci dividono ci impediscano di andare avanti sulle priorità che richiedono che lavoriamo insieme, per il bene della nostra gente e per il bene del mondo. Ciò include il clima, le minacce pandemiche, la non proliferazione, la lotta ai narcotici illeciti e illegali, la crisi alimentare globale e le questioni macroeconomiche. In breve, ci impegneremo in modo costruttivo con la RPC ovunque possibile, non come favore per noi o per chiunque altro, e mai in cambio dell’abbandono dei nostri principi, ma perché lavorare insieme per risolvere grandi sfide è ciò che il mondo si aspetta da grandi poteri, e perché è direttamente nel nostro interesse. Nessun paese dovrebbe trattenere i progressi su questioni transnazionali esistenziali come la crisi climatica a causa delle differenze bilaterali. Sebbene abbiamo profonde differenze con il Partito Comunista Cinese e il governo cinese, tali differenze riguardano governi e sistemi, non tra il nostro popolo. I legami di famiglia e di amicizia continuano a collegare il popolo americano e quello cinese. Rispettiamo profondamente i loro successi, la loro storia e la loro cultura. Il razzismo e l’odio non hanno posto in una nazione costruita da generazioni di immigrati per mantenere la promessa di opportunità per tutti. E intendiamo lavorare insieme per risolvere i problemi che contano di più per le persone di entrambi i paesi.

Russia

Nell’ultimo decennio, il governo russo ha scelto di perseguire una politica estera imperialista con l’obiettivo di capovolgere elementi chiave dell’ordine internazionale. Ciò culminò in un’invasione su vasta scala dell’Ucraina nel tentativo di rovesciare il suo governo e portarlo sotto il controllo russo. Ma questo attacco non è venuto dal nulla; è stato preceduto dall’invasione russa dell’Ucraina nel 2014, dal suo intervento militare in Siria, dai suoi sforzi di lunga data per destabilizzare i suoi vicini utilizzando intelligence e capacità informatiche e dai suoi palesi tentativi di minare i processi democratici interni in paesi in tutta Europa, Asia centrale e in tutto il mondo . La Russia ha anche interferito sfacciatamente nella politica statunitense e ha lavorato per seminare divisioni tra il popolo americano. E le azioni destabilizzanti della Russia non si limitano all’arena internazionale. A livello nazionale, il governo russo sotto il presidente Putin viola i diritti umani dei suoi cittadini, reprime la sua opposizione e chiude i media indipendenti. La Russia ora ha un sistema politico stagnante che non risponde ai bisogni del suo popolo. Gli Stati Uniti, sotto le successive amministrazioni, hanno compiuto sforzi considerevoli in più punti per raggiungere la Russia per limitare la nostra rivalità e identificare aree pragmatiche di cooperazione. Il presidente Putin ha respinto questi sforzi e ora è chiaro che non cambierà. La Russia ora rappresenta una minaccia immediata e persistente alla pace e alla stabilità internazionali. Non si tratta di una lotta tra Occidente e Russia. Riguarda i principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite, di cui la Russia è parte, in particolare il rispetto della sovranità, l’integrità territoriale e il divieto di acquisire territori attraverso la guerra. Stiamo conducendo una risposta unita, di principio e risoluta all’invasione della Russia e abbiamo radunato il mondo per sostenere il popolo ucraino mentre difende coraggiosamente il proprio paese. Lavorando con una coalizione internazionale ampia e duratura, abbiamo organizzato livelli quasi record di assistenza alla sicurezza per garantire che l’Ucraina abbia i mezzi per difendersi. Abbiamo fornito assistenza umanitaria, economica e allo sviluppo per rafforzare il governo eletto sovrano dell’Ucraina e aiutare i milioni di rifugiati che sono stati costretti a fuggire dalle loro case. Continueremo a stare con il popolo ucraino mentre combatte contro la nuda aggressione della Russia. E raduneremo il mondo per ritenere la Russia responsabile delle atrocità che hanno scatenato in tutta l’Ucraina. Insieme ai nostri alleati e partner, l’America sta contribuendo a rendere la guerra della Russia contro l’Ucraina un fallimento strategico. In tutta Europa, la NATO e l’Unione Europea sono unite nella difesa della Russia e nella difesa dei valori condivisi. Stiamo vincolando i settori economici strategici della Russia, inclusi la difesa e l’aerospazio, e continueremo a contrastare i tentativi della Russia di indebolire e destabilizzare le nazioni sovrane e minare le istituzioni multilaterali. Insieme ai nostri alleati della NATO, stiamo rafforzando la nostra difesa e deterrenza, in particolare sul fianco orientale dell’Alleanza. Dare il benvenuto alla Finlandia e alla Svezia nella NATO migliorerà ulteriormente la nostra sicurezza e le nostre capacità. E stiamo rinnovando la nostra attenzione sul rafforzamento della nostra resilienza collettiva contro le minacce condivise dalla Russia, comprese le minacce asimmetriche. Più in generale, la guerra di Putin ha profondamente sminuito lo status della Russia nei confronti della Cina e di altre potenze asiatiche come l’India e il Giappone. Il soft power e l’influenza diplomatica di Mosca sono diminuiti, mentre i suoi sforzi per armare l’energia si sono ritorti contro. La storica risposta globale alla guerra della Russia contro l’Ucraina invia un messaggio clamoroso che i paesi non possono godere dei benefici dell’integrazione globale mentre calpestano i principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite. Mentre alcuni aspetti del nostro approccio dipenderanno dalla traiettoria della guerra in Ucraina, alcuni elementi sono già chiari. In primo luogo, gli Stati Uniti continueranno a sostenere l’Ucraina nella sua lotta per la sua libertà, aiuteremo l’Ucraina a riprendersi economicamente e incoraggeremo la sua integrazione regionale con l’Unione europea. In secondo luogo, gli Stati Uniti difenderanno ogni centimetro del territorio della NATO e continueranno a costruire e approfondire una coalizione con alleati e partner per impedire alla Russia di causare ulteriori danni alla sicurezza, alla democrazia e alle istituzioni europee. In terzo luogo, gli Stati Uniti deterranno e, se necessario, risponderanno alle azioni russe che minacciano gli interessi fondamentali degli Stati Uniti, compresi gli attacchi russi alle nostre infrastrutture e alla nostra democrazia. In quarto luogo, l’esercito convenzionale russo sarà stato indebolito, il che probabilmente aumenterà la dipendenza di Mosca dalle armi nucleari nella sua pianificazione militare. Gli Stati Uniti non permetteranno alla Russia, o a qualsiasi altra potenza, di raggiungere i suoi obiettivi usando o minacciando di usare armi nucleari. L’America conserva interesse nel preservare la stabilità strategica e nello sviluppo di un’infrastruttura di controllo degli armamenti più ampia, trasparente e verificabile per avere successo nel New START e nel ricostruire le disposizioni di sicurezza europee che, a causa delle azioni della Russia, sono cadute in rovina. Infine, gli Stati Uniti sosterranno e svilupperanno modalità pragmatiche di interazione per gestire questioni su cui trattare con la Russia può essere reciprocamente vantaggioso. Gli Stati Uniti rispettano il popolo russo e il suo contributo alla scienza, alla cultura e alle relazioni bilaterali costruttive nel corso di molti decenni. Nonostante l’errore di calcolo strategico del governo russo nell’attaccare l’Ucraina, è il popolo russo che determinerà il futuro della Russia come grande potenza in grado di svolgere ancora una volta un ruolo costruttivo negli affari internazionali della

STRATEGIA DI SICUREZZA NAZIONALE 27.

Gli Stati Uniti accoglieranno con favore un simile futuro e, nel frattempo, continueranno a respingere l’aggressione perpetrata dal governo russo.

Cooperare su sfide condivise

Gli Stati Uniti devono mantenere e aumentare la cooperazione internazionale su sfide condivise anche in un’epoca di maggiore competizione interstatale. In un mondo ideale, i governi competono responsabilmente laddove i loro interessi divergono e cooperano laddove convergono, ma nella pratica le cose non sono sempre andate in questo modo. Gli Stati Uniti, ad esempio, hanno chiarito che non sosterremo il collegamento di questioni in modo tale da condizionare la cooperazione su sfide condivise, ma alcuni a Pechino sono stati altrettanto chiari sul fatto che la RPC dovrebbe aspettarsi concessioni su questioni non correlate come prerequisito per cooperazione su sfide condivise, come il cambiamento climatico. Abbiamo anche visto come la RPC abbia scelto di non cooperare adeguatamente con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la comunità internazionale sulla risposta globale al COVID-19, comprese le indagini sulle sue origini. Continua inoltre a mettere in pericolo il mondo con un’azione inadeguata sui cambiamenti climatici a livello nazionale, in particolare per quanto riguarda l’uso massiccio e l’accumulo di energia da carbone. La nostra strategia per affrontare le sfide condivise che richiedono la cooperazione globale prevede due binari simultanei: su un binario, impegneremo pienamente tutti i paesi e le istituzioni a cooperare su minacce condivise, anche premendo per riforme laddove le risposte istituzionali si siano rivelate inadeguate. Allo stesso tempo, raddoppieremo anche i nostri sforzi per approfondire la nostra cooperazione con partner che la pensano allo stesso modo. Su entrambi i circuiti, cercheremo anche di sfruttare gli effetti positivi della competizione, promuovendo una corsa al vertice, per aumentare gli sforzi internazionali su queste sfide.

Clima e sicurezza energetica

La crisi climatica è la sfida esistenziale del nostro tempo. Un pianeta in riscaldamento mette in pericolo gli americani e le persone in tutto il mondo, mettendo a rischio le forniture di cibo e acqua, la salute pubblica, le infrastrutture e la nostra sicurezza nazionale. Senza un’azione globale immediata per ridurre le emissioni, gli scienziati ci dicono che presto supereremo 1,5 gradi di riscaldamento, bloccando ulteriori temperature e condizioni meteorologiche estreme, l’innalzamento del livello del mare e la catastrofica perdita di biodiversità. L’azione globale inizia in patria, dove stiamo effettuando investimenti generazionali senza precedenti nella transizione all’energia pulita attraverso l’IRA, creando contemporaneamente milioni di posti di lavoro ben pagati e rafforzando le industrie americane. Stiamo migliorando la preparazione federale, statale e locale contro e la resilienza alle crescenti minacce meteorologiche estreme e stiamo integrando il cambiamento climatico nella nostra pianificazione e nelle nostre politiche di sicurezza nazionale. Questo lavoro domestico è fondamentale per la nostra credibilità internazionale e per convincere altri paesi a migliorare le proprie ambizioni e azioni. Gli Stati Uniti stanno galvanizzando il mondo e incentivando ulteriori azioni. Basandosi sul vertice dei leader sul clima, sul Forum delle principali economie e sul processo dell’accordo di Parigi, stiamo aiutando i paesi a soddisfare e rafforzare i loro contributi determinati a livello nazionale, ridurre le emissioni, affrontare il metano e altri super inquinanti, promuovere l’eliminazione dell’anidride carbonica, adattarsi alle condizioni più gravi impatti del cambiamento climatico e porre fine alla deforestazione nel prossimo decennio. Stiamo anche usando il nostro peso economico per guidare la decarbonizzazione. Il nostro accordo sull’acciaio con l’UE, il primo accordo in assoluto su acciaio e alluminio per affrontare sia l’intensità di carbonio che la sovraccapacità globale, è un modello per i futuri meccanismi commerciali incentrati sul clima. E stiamo finendo i finanziamenti pubblici per l’energia a carbone senza sosta e mobilitando finanziamenti per accelerare gli investimenti nell’adattamento e nella transizione energetica. Eventi come la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina hanno chiarito l’urgente necessità di accelerare la transizione dai combustibili fossili. Sappiamo che la sicurezza energetica a lungo termine dipende dall’energia pulita. Riconoscendo che questa transizione non avverrà dall’oggi al domani, lavoreremo con partner e alleati per garantire sicurezza energetica e convenienza, garantire l’accesso alle catene di approvvigionamento di minerali critici e creare una transizione giusta per i lavoratori colpiti. Attraverso il lavoro in collaborazione con l’Agenzia internazionale per l’energia, la task force USA-UE sulla sicurezza energetica europea, il ministero dell’energia pulita e la missione per l’innovazione, l’energia in Africa, il forum del gas del Mediterraneo orientale, il partenariato per la cooperazione transatlantica in materia di energia e clima e altri forum critici , guideremo azioni concrete per raggiungere un futuro energetico sicuro. Molti paesi a basso e medio reddito hanno bisogno di assistenza, soprattutto per gli sforzi di mitigazione e adattamento. Questo è il motivo per cui miriamo a fornire oltre 11 miliardi di dollari di finanziamenti annuali per il clima e stiamo facendo pressioni sui partner per aumentare i propri contributi. Stiamo incorporando il cambiamento climatico nelle strategie di investimento delle nostre istituzioni finanziarie per lo sviluppo, anche attraverso PGII, e collaboriamo con organizzazioni internazionali come la Banca mondiale e le banche di sviluppo regionale per fare lo stesso.

Pandemie e biodifesa

Il COVID-19 ha ucciso quasi 6,5 milioni di persone in tutto il mondo, tra cui più di 1 milione di americani, ma la prossima pandemia potrebbe essere molto peggiore, in quanto contagiosa ma più letale. Abbiamo una stretta finestra di opportunità per prendere provvedimenti a livello nazionale e internazionale per prepararci alla prossima pandemia e rafforzare la nostra biodifesa. Negli Stati Uniti, ciò richiede la preparazione per rischi biologici catastrofici, anche migliorando l’allerta precoce e la sorveglianza delle malattie, la condivisione dei dati e la previsione; accelerare lo sviluppo, la produzione nazionale e la fornitura di contromisure mediche; promuovere lo sviluppo e la produzione di biotecnologie sicure; e superare le disuguaglianze nella qualità dell’assistenza e nell’accesso. A livello internazionale, richiede un’azione su più fronti. Gli Stati Uniti si sono nuovamente impegnati a COVAX, di cui siamo il più grande donatore, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, e un approccio cooperativo alla sicurezza sanitaria globale. Riconosciamo che nessuno è al sicuro finché tutti non sono al sicuro, motivo per cui abbiamo donato più vaccini a livello internazionale di qualsiasi altro paese, senza vincoli politici. Stiamo lavorando con alleati e partner, comprese le organizzazioni filantropiche e il settore privato, per promuovere la produzione sostenibile di vaccini in Africa e nell’Asia meridionale. Riconosciamo che dobbiamo impegnarci con tutti i paesi sulla salute pubblica globale, compresi quelli con cui non siamo d’accordo, perché le pandemie non conoscono confini. Riconosciamo inoltre che alcune delle nostre istituzioni internazionali non sono state all’altezza in passato e hanno bisogno di essere riformate. Sebbene riteniamo che molte di queste riforme possano essere concordate e attuate nel corso della vita di questa amministrazione, riconosciamo anche che alla fine alcune potrebbero non essere all’altezza perché altri paesi non condividono la nostra convinzione in una maggiore trasparenza e nella condivisione di dati critici con la comunità internazionale. Pertanto, mentre ci impegniamo a livello globale e attraverso le istituzioni internazionali, approfondiremo anche la nostra cooperazione con stati che la pensano allo stesso modo per promuovere riforme sulla preparazione alla pandemia e, se necessario, per lavorare più strettamente insieme per stabilire standard più elevati che altri possano emulare. STRATEGIA NAZIONALE DI SICUREZZA 29

Affronteremo anche il rischio crescente rappresentato da rischi biologici intenzionali e accidentali, anche attraverso la nostra capacità di rilevare, identificare e attribuire rapidamente agenti e di sviluppare contromisure mediche. Lavorando con partner e alleati, rafforzeremo la Convenzione sulle armi biologiche per scoraggiare le capacità statali di guerra biologica; prevenire l’acquisizione o l’uso di armi biologiche da parte di terroristi; e rafforzare le norme internazionali contro lo sviluppo e l’uso di armi biologiche. Ridurremo anche i rischi biologici associati ai progressi nelle tecnologie e nella ricerca e sviluppo a duplice uso, anche stabilendo e rafforzando norme e pratiche internazionali di biosicurezza e bioprotezione.

Insicurezza alimentare

Oggi i sistemi alimentari globali sono minacciati da una varietà di fonti, tra cui l’invasione russa dell’Ucraina, gli impatti economici della pandemia di COVID-19, gli eventi climatici e i conflitti prolungati, che minacciano di spingere 75-95 milioni di persone in più in condizioni di estrema povertà nel 2022 rispetto a quanto previsto prima della pandemia. La crisi dell’insicurezza alimentare è diventata particolarmente pericolosa a causa dell’aggressione russa contro l’Ucraina, che ha sottratto gran parte del grano all’Ucraina dal mercato e ha esacerbato un problema di insicurezza alimentare globale già in peggioramento. Per rispondere ai bisogni delle centinaia di milioni di persone che ora ne soffrono, gli Stati Uniti stanno fornendo più assistenza umanitaria che mai. Rimaniamo il maggior contributore al Programma alimentare mondiale e il principale donatore in quasi tutti i paesi che stanno attraversando una crisi alimentare umanitaria. A lungo termine, stiamo radunando il mondo per trovare il modo di affrontare l’ampia serie di sfide per l’approvvigionamento alimentare mondiale, il raggiungimento di una sicurezza alimentare globale sostenuta richiede una vigilanza e un’azione costanti da parte di tutti i governi, in collaborazione con le istituzioni multilaterali e le organizzazioni non governative . In collaborazione con i nostri partner, abbiamo lanciato la Roadmap for Global Food Security: A Call to Action che esorta gli oltre 100 stati firmatari a intraprendere diverse azioni, tra cui mantenere aperti i mercati alimentari e agricoli, aumentare la produzione di fertilizzanti e investire in un’agricoltura resiliente al clima . Gli Stati Uniti stanno anche attuando la Strategia globale per la sicurezza alimentare, che si concentra sulla riduzione della povertà, della fame e della malnutrizione globali sostenendo una crescita economica guidata da un’agricoltura inclusiva e sostenibile; rafforzare la resilienza delle persone e dei sistemi alimentari; e sostenere popolazioni sane ben nutrite, in particolare tra donne e bambini. Ciò richiede il lavoro su interi sistemi alimentari per considerare ogni passaggio dalla coltivazione al consumo e per integrare questi sforzi in un più ampio lavoro su clima, salute, mitigazione dei conflitti e costruzione della pace. Per garantire che questi sforzi siano durevoli e sostenibili è necessario centrare l’equità e l’inclusione e collaborare sia con partner locali che con organismi internazionali. Andando avanti, gli Stati Uniti devono continuare ad affrontare sia i bisogni acuti che lavorare in collaborazione per costruire una sicurezza alimentare sostenibile a lungo termine.

Controllo degli armamenti e non proliferazione

La proliferazione di armi nucleari, chimiche e biologiche è una sfida globale di vitale importanza e duratura, che richiede una collaborazione continua per prevenire la diffusione delle armi di distruzione di massa e del materiale fissile, i loro mezzi di consegna e le tecnologie abilitanti. Gli Stati Uniti lavoreranno con alleati e partner, la società civile e le organizzazioni internazionali per rafforzare il controllo degli armamenti e i meccanismi di non proliferazione, specialmente durante i periodi di conflitto, quando i rischi di escalation sono maggiori. Affronteremo la minaccia esistenziale rappresentata dalla proliferazione delle armi nucleari attraverso un rinnovato controllo degli armamenti e una leadership di non proliferazione. Continueremo a cercare un impegno pragmatico con i concorrenti in merito alla stabilità strategica e alla riduzione del rischio. Il nostro approccio enfatizzerà le misure che scongiurano costose corse agli armamenti, riducono la probabilità di errori di calcolo e integrano le strategie di deterrenza statunitensi e alleate. Guideremo gli sforzi bilaterali e multilaterali per il controllo degli armamenti e rafforzeremo i regimi, i quadri e le istituzioni esistenti, tra cui il Trattato di non proliferazione nucleare, l’Organizzazione del Trattato per la messa al bando globale degli esperimenti, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica e altri organismi delle Nazioni Unite, per estendere gli oltre sette -record decennale di non uso nucleare. Sosterremo l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche e la Convenzione sulle armi biologiche e rafforzeremo le norme contro il possesso e l’uso di armi chimiche e biologiche. Continueremo a guidare il mondo negli sforzi coordinati per bloccare i materiali nucleari e radiologici e prevenire l’acquisizione di terroristi. E faremo in modo che i regimi multilaterali di controllo delle esportazioni siano attrezzati per affrontare le tecnologie emergenti destabilizzanti e per allineare le politiche di esportazione negli stati che la pensano allo stesso modo ai paesi che destano preoccupazione.

Terrorismo

La minaccia terroristica odierna è più ideologicamente diversificata e geograficamente più diffusa di quella di due decenni fa. Al-Qaida, ISIS e le forze associate si sono espanse dall’Afghanistan e dal Medio Oriente all’Africa e al sud-est asiatico. Siria, Yemen e Somalia rimangono santuari terroristici; gli affiliati locali sono diventati attori radicati nei conflitti regionali. Molti di questi gruppi intendono ancora portare avanti o ispirare altri ad attaccare gli Stati Uniti e i nostri interessi all’estero, anche se anni di controterrorismo sostenuto e pressioni delle forze dell’ordine hanno limitato le loro capacità e misure di sicurezza rafforzate e condivisione delle informazioni hanno migliorato le nostre difese. Nel frattempo, qui negli Stati Uniti, affrontiamo minacce in forte aumento da parte di una serie di estremisti violenti interni. L’America rimane ferma nel proteggere il nostro paese, la nostra gente e le strutture all’estero dall’intero spettro di minacce terroristiche che affrontiamo nel 21° secolo. Con l’evolversi della minaccia, anche il nostro approccio antiterrorismo deve avvicinarsi. A tal fine, l’anno scorso, abbiamo posto fine alla guerra più lunga d’America, in Afghanistan, dopo aver raggiunto da tempo il nostro obiettivo di rendere giustizia a Osama Bin Laden e ad altri leader chiave di al-Qaeda. Siamo fiduciosi nella nostra capacità di mantenere la lotta contro al-Qaeda, ISIS e le forze associate da oltre l’orizzonte, come abbiamo dimostrato con l’operazione per uccidere Ayman al-Zawahiri. Faremo in modo che l’Afghanistan non serva mai più come rifugio sicuro per gli attacchi terroristici contro gli Stati Uniti o i nostri alleati e riterremo i talebani responsabili dei loro impegni pubblici in materia di antiterrorismo. In tutto il mondo, aumenteremo la cooperazione e il supporto ai partner fidati, passando da una strategia “guidata dagli Stati Uniti, abilitata dai partner” a una “guidata dai partner, abilitata dagli Stati Uniti”. Ciò richiede la creazione o l’espansione di sistemi per prevenire, rilevare e rispondere alle minacce man mano che si sviluppano, anche rafforzando le forze dell’ordine e i sistemi giudiziari dei partner, migliorando la condivisione delle informazioni sulle minacce, rafforzando la sicurezza delle frontiere, contrastando il finanziamento del terrorismo, prendendo di mira la prevenzione del terrorismo e la programmazione del disimpegno degli estremisti e prevenire il reclutamento di terroristi online e offline e la mobilitazione alla violenza. Occorre anche affrontare le cause profonde della radicalizzazione facendo leva sugli sforzi degli Stati Uniti e dei partner per sostenere un governo efficace, promuovere la stabilizzazione e lo sviluppo economico e risolvere i conflitti in corso. STRATEGIA DI SICUREZZA NAZIONALE 31

Ove necessario, useremo la forza per interrompere e degradare i gruppi terroristici che stanno pianificando attacchi contro gli Stati Uniti, il nostro popolo o le nostre strutture diplomatiche e militari all’estero. Lo faremo in conformità con il diritto nazionale e internazionale e in modo da ridurre al minimo le vittime civili, promuovendo al contempo una maggiore trasparenza e responsabilità. Ci impegniamo a continuare a lavorare con il Congresso per sostituire le autorizzazioni obsolete per l’uso della forza militare con un quadro ristretto e specifico appropriato per garantire che possiamo continuare a proteggere gli americani dalle minacce terroristiche. Qui a casa, continueremo a lavorare con i partner statali, locali, tribali e territoriali e il settore privato per condividere informazioni e interrompere i complotti terroristici che minacciano i nostri cittadini. Siamo di fronte a una minaccia crescente e significativa all’interno degli Stati Uniti da parte di una serie di estremisti violenti interni, compresi quelli motivati ​​da pregiudizi razziali o etnici, nonché da sentimenti antigovernativi o anti-autorità. Continuare ad attuare la nostra prima strategia nazionale per contrastare il terrorismo interno ci consentirà di comprendere e condividere meglio le informazioni sulla minaccia terroristica interna, prevenire il reclutamento e la mobilitazione alla violenza e interrompere e scoraggiare l’attività terroristica interna e qualsiasi collegamento transnazionale, il tutto rafforzando al contempo rispetto dei diritti civili e delle libertà civili. Stiamo già fornendo maggiori e migliori informazioni sulle minacce interne degli estremisti violenti ai partner statali, locali, territoriali e tribali e utilizziamo nuovi meccanismi, come applicazioni basate su smartphone, per farlo in tempo reale. Stiamo investendo milioni di dollari in sforzi di prevenzione della violenza basati sui dati, anche attraverso programmi di sovvenzione disponibili per partner federali, statali, territoriali, tribali e senza scopo di lucro, nonché per luoghi di culto che devono affrontare crescenti minacce. Stiamo lavorando con governi, società civile e settore tecnologico che la pensano allo stesso modo per affrontare i contenuti di terroristi ed estremisti violenti online, anche attraverso collaborazioni di ricerca innovative. E stiamo affrontando i contributori a lungo termine alle minacce interne degli estremisti violenti, inclusa la collaborazione con il Congresso per promuovere leggi e politiche di buon senso sulle armi e affrontare la crisi della disinformazione e della disinformazione, spesso incanalata attraverso piattaforme social e di altri media, che possono alimentare un’estrema polarizzazione e condurre alcuni individui alla violenza.

Lotta alla criminalità organizzata transnazionale

La criminalità organizzata transnazionale ha un impatto su un numero crescente di vittime amplificando al contempo altre sfide globali conseguenti, dalla migrazione agli attacchi informatici. Le organizzazioni criminali transnazionali (TCO) sono coinvolte in attività quali il traffico di droga e altri beni illeciti, riciclaggio di denaro, furto, traffico e traffico di esseri umani, criminalità informatica, frode, corruzione, pesca illegale e estrazione mineraria. Queste attività alimentano la violenza nelle nostre comunità, mettono in pericolo la sicurezza e la salute pubblica e contribuiscono a decine di migliaia di morti per overdose negli Stati Uniti ogni anno. Degradano la sicurezza e la stabilità dei nostri vicini e partner minando lo stato di diritto, favorendo la corruzione, agendo come delegati per attività statali ostili e sfruttando e mettendo in pericolo le popolazioni vulnerabili. Accelereremo i nostri sforzi per frenare la minaccia rappresentata dalla criminalità organizzata transnazionale, integrando il lavoro vitale delle forze dell’ordine con strumenti diplomatici, finanziari, di intelligence e di altro tipo e in coordinamento con i partner stranieri. Nell’ambito di questo sforzo, lavoreremo per ridurre la disponibilità di droghe illecite negli Stati Uniti, in particolare il crescente flagello del fentanil e delle metanfetamine, mettendo a disposizione tutti gli strumenti del governo per interdire le droghe e interrompere le catene di approvvigionamento del TCO e le attività finanziarie reti che abilitano le loro attività corrosive. Riconoscendo che questo è un problema di portata globale, lavoreremo a stretto contatto con i nostri partner internazionali per impedire ai TCO di ottenere precursori chimici e lavoreremo a stretto contatto con l’industria privata per aumentare la vigilanza e prevenire la diversione di sostanze chimiche per la produzione illecita di fentanil.

Dare forma alle regole della strada

Dal 1945, gli Stati Uniti hanno guidato la creazione di istituzioni, norme e standard per governare il commercio internazionale e gli investimenti, la politica economica e la tecnologia. Questi meccanismi hanno promosso gli obiettivi economici e geopolitici dell’America e hanno beneficiato le persone in tutto il mondo modellando il modo in cui i governi e le economie hanno interagito, e lo hanno fatto in modi che si allineavano con gli interessi e i valori degli Stati Uniti. Questi meccanismi non hanno tenuto il passo con i cambiamenti economici o tecnologici e oggi rischiano di essere irrilevanti o, in alcuni casi, attivamente dannosi per risolvere le sfide che ora dobbiamo affrontare: dalle catene di approvvigionamento insicure all’allargamento della disuguaglianza agli abusi delle azioni economiche non di mercato della RPC. Stiamo cercando di rafforzare e aggiornare il sistema delle Nazioni Unite e le istituzioni multilaterali in generale. In nessun luogo questo bisogno è più acuto che nell’aggiornamento delle regole della strada per la tecnologia, il cyberspazio, il commercio e l’economia. In questo modo, in stretto coordinamento con i nostri alleati e partner, stabiliremo regole eque, sostenendo anche il nostro vantaggio economico e tecnologico e daremo forma a un futuro definito da una concorrenza leale, perché quando i lavoratori e le aziende americane competono a parità di condizioni, vincono.

Tecnologia

La tecnologia è fondamentale per la competizione geopolitica odierna e per il futuro della nostra sicurezza nazionale, economia e democrazia. La leadership statunitense e alleata nella tecnologia e nell’innovazione ha da tempo sostenuto la nostra prosperità economica e forza militare. Nel prossimo decennio, le tecnologie critiche ed emergenti sono pronte a riorganizzare le economie, trasformare le forze armate e rimodellare il mondo

STRATEGIA DI SICUREZZA NAZIONALE 33.

Gli Stati Uniti sono impegnati per un futuro in cui queste tecnologie aumentino la sicurezza, la prosperità e i valori del popolo americano e delle democrazie che la pensano allo stesso modo. La nostra strategia tecnologica consentirà agli Stati Uniti e alle democrazie che la pensano allo stesso modo di lavorare insieme per aprire la strada a nuovi farmaci in grado di curare le malattie, aumentare la produzione di cibi sani che vengono coltivati ​​in modo sostenibile, diversificare e rafforzare le nostre catene di approvvigionamento manifatturiere e garantire energia senza fare affidamento su combustibili fossili, il tutto offrendo nuovi posti di lavoro e sicurezza per il popolo americano e i nostri alleati e partner. Con il supporto bipartisan, abbiamo lanciato una moderna strategia industriale e già assicurato investimenti storici in energia pulita, produzione microelettronica, ricerca e sviluppo e biotecnologie, e lavoreremo con il Congresso per finanziare completamente nuove autorizzazioni storiche per ricerca e sviluppo. Stiamo anche raddoppiando il nostro vantaggio strategico di lunga data e asimmetrico: attrarre e trattenere i migliori talenti del mondo. Attrarre un volume maggiore di talenti STEM globali è una priorità per la nostra sicurezza nazionale e la sicurezza della catena di approvvigionamento, quindi attueremo in modo aggressivo le recenti azioni in materia di visti e lavoreremo con il Congresso per fare di più. Questi investimenti consentiranno agli Stati Uniti di ancorare una base tecno-industriale alleata che salvaguarderà la nostra sicurezza, prosperità e valori condivisi. Ciò significa lavorare con alleati e partner per sfruttare e scalare nuove tecnologie e promuovere le tecnologie fondamentali del 21° secolo, in particolare la microelettronica, l’informatica avanzata e le tecnologie quantistiche, l’intelligenza artificiale, la biotecnologia e la bioproduzione, le telecomunicazioni avanzate e le tecnologie per l’energia pulita. Collaboreremo anche con nazioni che la pensano allo stesso modo per co-sviluppare e distribuire tecnologie in un modo che avvantaggia tutti, non solo i potenti, e costruire catene di approvvigionamento solide e durevoli in modo che i paesi non possano usare la guerra economica per costringere gli altri. Stiamo già radunando attori che la pensano allo stesso modo per promuovere un ecosistema tecnologico internazionale che protegga l’integrità dello sviluppo di standard internazionali e promuova il libero flusso di dati e idee con fiducia, proteggendo al contempo la nostra sicurezza, privacy e diritti umani e migliorando la nostra competitività. Ciò include il lavoro attraverso il Consiglio commerciale e tecnologico USA-UE per promuovere il coordinamento transatlantico sulle catene di approvvigionamento di semiconduttori e minerali critici, intelligenza artificiale affidabile, disinformazione, uso improprio della tecnologia che minaccia la sicurezza e i diritti umani, controlli sulle esportazioni e screening degli investimenti, nonché attraverso l’Indo-Pacific Quad sulle tecnologie critiche ed emergenti, sull’infrastruttura digitale aperta di prossima generazione e sugli scambi interpersonali. In tutto questo lavoro, cerchiamo di rafforzare la leadership tecnologica degli Stati Uniti e degli alleati, promuovere lo sviluppo tecnologico inclusivo e responsabile, colmare le lacune normative e legali, rafforzare la sicurezza della catena di approvvigionamento e migliorare la cooperazione in materia di privacy, condivisione dei dati e commercio digitale. Dobbiamo garantire che i concorrenti strategici non possano sfruttare le tecnologie, il know-how o i dati americani e alleati fondamentali per minare la sicurezza americana e alleata. Stiamo pertanto modernizzando e rafforzando i nostri meccanismi di controllo delle esportazioni e di screening degli investimenti, e stiamo anche perseguendo nuovi approcci mirati, come lo screening degli investimenti in uscita, per impedire ai concorrenti strategici di sfruttare investimenti e competenze in modi che minacciano la nostra sicurezza nazionale, proteggendo al contempo l’integrità degli ecosistemi tecnologici e dei mercati alleati. Lavoreremo anche per contrastare lo sfruttamento dei dati sensibili americani e l’uso illegittimo della tecnologia, inclusi spyware commerciale e tecnologia di sorveglianza, e ci opporremo all’autoritarismo digitale. Per raggiungere questi obiettivi, le dorsali digitali dell’economia moderna devono essere aperte, affidabili, interoperabili, affidabili e sicure. Ciò richiede la collaborazione con un’ampia gamma di partner per promuovere la resilienza dell’infrastruttura di rete nel 5G e in altre tecnologie di comunicazione avanzate, anche promuovendo la diversità dei fornitori e proteggendo le catene di approvvigionamento. Questi investimenti non possono essere effettuati solo nei paesi ricchi; dobbiamo anche concentrarci sulla fornitura di infrastrutture digitali di alta qualità nei paesi a basso e medio reddito, colmando i divari digitali enfatizzando l’accesso tra i gruppi emarginati. Per garantire che questi investimenti supportino risultati tecnologici positivi, collaboreremo con l’industria e i governi nella definizione di standard tecnologici che garantiscano la qualità, la sicurezza dei consumatori e l’interoperabilità globale e per far avanzare il processo di standard aperto e trasparente che ha consentito l’innovazione, la crescita e l’interconnettività per decenni. E in tutto ciò che facciamo, ci adopereremo per garantire che la tecnologia supporti e non minacci la democrazia e sia sviluppata, implementata e governata in conformità con i diritti umani.

Protezione del cyberspazio

Le nostre società e l’infrastruttura critica che le supporta, dall’energia alle condutture, sono sempre più digitali e vulnerabili all’interruzione o alla distruzione tramite attacchi informatici. Tali attacchi sono stati utilizzati da paesi, come la Russia, per minare la capacità dei paesi di fornire servizi ai cittadini e costringere le popolazioni. Stiamo lavorando a stretto contatto con alleati e partner, come il Quad, per definire standard per le infrastrutture critiche per migliorare rapidamente la nostra resilienza informatica e creare capacità collettive per rispondere rapidamente agli attacchi. Di fronte agli attacchi informatici dirompenti da parte dei criminali, abbiamo avviato partnership innovative per espandere la cooperazione delle forze dell’ordine, negare il rifugio ai criminali informatici e contrastare l’uso illecito di criptovaluta per riciclare i proventi della criminalità informatica. In quanto società aperta, gli Stati Uniti hanno un chiaro interesse a rafforzare le norme che mitigano le minacce informatiche e migliorano la stabilità nel cyberspazio. Miriamo a scoraggiare gli attacchi informatici da parte di attori statali e non statali e risponderemo in modo decisivo con tutti gli strumenti appropriati del potere nazionale agli atti ostili nel cyberspazio, compresi quelli che interrompono o degradano le funzioni nazionali vitali o le infrastrutture critiche. Continueremo a promuovere l’adesione al quadro di comportamento responsabile dello Stato nel cyberspazio approvato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che riconosce che il diritto internazionale si applica online, così come offline.

Commercio ed Economia

La prosperità dell’America dipende anche da un commercio equo e aperto e da un sistema economico internazionale. Gli Stati Uniti hanno da tempo beneficiato della capacità del commercio internazionale di promuovere la crescita economica globale, la riduzione dei prezzi al consumo e l’accesso ai mercati esteri per promuovere le esportazioni e l’occupazione statunitensi. Allo stesso tempo, le regole di vecchia data che regolano il commercio e altri mezzi di scambio economico sono state violate da attori non di mercato, come la RPC; sono stati progettati per privilegiare la mobilità aziendale rispetto ai lavoratori e all’ambiente, aggravando così le disuguaglianze e la crisi climatica; e non riescono a coprire le frontiere dell’economia moderna, compreso il commercio digitale. Gli Stati Uniti devono ancora una volta radunare i partner attorno alle regole per creare condizioni di parità che consentiranno ai lavoratori e alle imprese americane, e a quelle di partner e alleati di tutto il mondo, di prosperare. Come mostra il nostro recente lavoro per creare l’IPEF e l’Americas Prosperity for Economic Prosperity, stiamo lavorando per aggiornare l’attuale sistema commerciale per promuovere una crescita equa e resiliente, incoraggiando un commercio solido, contrastando le pratiche anticoncorrenziali, portando le voci dei lavoratori al tavolo decisionale, e garantire elevati standard di lavoro e ambientali. Cercheremo nuove opportunità di esportazione a vantaggio dei lavoratori e delle imprese americane, in particolare delle piccole e medie imprese, respingiamo gli abusi da parte di economie non di mercato e applichino regole contro il commercio sleale e le pratiche lavorative, compreso il furto di proprietà intellettuale , normative discriminatorie, lavoro forzato, negazione del diritto all’organizzazione e altre forme di repressione del lavoro. Utilizzeremo anche strumenti commerciali per promuovere le priorità climatiche, come stiamo facendo con l’importante accordo su acciaio e alluminio con l’UE. Questi accordi saranno accompagnati da una reale assistenza all’adeguamento, assicurando che tutti gli americani abbiano un posto dignitoso nel nostro futuro comune. Presi insieme, questi sforzi creeranno crescita e innovazione a vantaggio non solo degli americani, ma anche di persone in tutto il mondo. Al di là del commercio, stiamo lavorando per costruire un sistema economico internazionale adatto alle realtà contemporanee. Affronteremo i danni causati ai lavoratori, ai consumatori e alle imprese statunitensi dalla manipolazione della valuta; contrasto alla corruzione e alla finanza illecita; e porre fine alla corsa al ribasso per la tassazione delle società attraverso la promozione dell’imposta minima globale dell’OCSE. Collaboreremo con i paesi per lo sviluppo sostenibile, anche rispondendo alle sfide del debito globale e finanziando infrastrutture di qualità attraverso PGII. Esploreremo i meriti e guideremo responsabilmente lo sviluppo delle risorse digitali, incluso un dollaro digitale, con standard elevati e protezioni per stabilità, privacy e sicurezza a beneficio di un sistema finanziario statunitense forte e inclusivo e rafforzeremo il suo primato globale. E affronteremo le barriere legali, strutturali e culturali che ostacolano la crescita e che minano la partecipazione alla forza lavoro per le donne e i gruppi emarginati. Sosterremo anche gli sforzi delle istituzioni finanziarie internazionali che dovranno anche continuare ad evolversi per affrontare le sfide dei nostri tempi. Molte delle maggiori sfide del nostro mondo attuale, come pandemie e salute, cambiamenti climatici, fragilità, migrazioni e flussi di rifugiati, attraversano i confini e colpiscono in modo sproporzionato le popolazioni più povere e vulnerabili. Rafforzare queste istituzioni è anche fondamentale per affrontare gravi sfide a lungo termine per l’ordine internazionale, come quelle poste dalla RPC.

Ostaggi e detenuti ingiusti

Usare gli esseri umani come pedine è antitetico ai valori americani e all’ordine globale a cui aspiriamo. Eppure, questo è ciò che fanno i governi, i regimi e gli attori non statali quando tengono gli americani contro la loro volontà come ostaggi e detenuti illegittimi. Stiamo lavorando con i nostri partner per scoraggiare e contrastare queste tattiche disumane. Ciò include la nostra emissione nel luglio 2022 di un ordine esecutivo che implementa una recente legge statunitense chiamata Levinson Act e sblocca nuovi strumenti per punire coloro che rapiscono o detengono ingiustamente americani all’estero. E include la collaborazione con i principali partner internazionali per promuovere e attuare la Dichiarazione contro la detenzione arbitraria lanciata dal Canada nelle relazioni tra stato e stato, in modo da invertire la tendenza contro questa pratica disumana e contraffare norme internazionali.

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Lotta alla corruzione

La corruzione rappresenta una minaccia fondamentale per lo Stato di diritto. Quando i funzionari governativi abusano del potere pubblico per il guadagno privato, ciò degrada l’ambiente imprenditoriale, sovverte le opportunità economiche ed esacerba la disuguaglianza. La corruzione contribuisce anche a ridurre la fiducia del pubblico nelle istituzioni statali, che a sua volta può aumentare l’attrattiva degli attori illiberali che sfruttano le lamentele popolari a vantaggio politico. Nel mondo globalizzato di oggi, i sistemi finanziari internazionali vengono utilizzati per nascondere ricchezze illecite all’estero e inviare tangenti oltre confine. La strategia degli Stati Uniti per contrastare la corruzione riconosce la minaccia unica che la corruzione rappresenta per la nostra sicurezza nazionale e pone un accento particolare sul riconoscimento dei modi in cui gli attori corrotti hanno utilizzato il sistema finanziario statunitense e altri sistemi basati sullo stato di diritto per riciclare i propri ottenuto guadagni. In risposta alla continua invasione russa dell’Ucraina, gli Stati Uniti hanno intensificato le loro iniziative di cleptocrazia volte a recuperare i proventi della corruzione nonché a identificare e rimpatriare i proventi di reato riciclati. Infine, gli Stati Uniti eleveranno ed amplieranno la portata dell’impegno diplomatico e dell’assistenza estera, anche rafforzando le capacità dei governi partner di combattere la corruzione in collaborazione con le forze dell’ordine statunitensi e rafforzando le capacità di prevenzione e supervisione dei governi disponibili.

PARTE IV: LA NOSTRA STRATEGIA PER REGIONE

C’è una verità fondamentale del 21° secolo all’interno di ciascuno dei nostri paesi e come comunità globale che il nostro successo è legato anche al successo degli altri. Per fare ciò per la nostra stessa gente, dobbiamo anche impegnarci profondamente con il resto del mondo. Per garantire il nostro futuro, dobbiamo lavorare insieme ad altri partner, i nostri partner, verso un futuro condiviso. La nostra sicurezza, la nostra prosperità e le nostre stesse libertà sono interconnesse, a mio avviso, come mai prima d’ora. E quindi, credo che dobbiamo lavorare insieme come mai prima d’ora”. IL PRESIDENTE JOSEPH R. BIDEN, JR. 76a Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite

Gli Stati Uniti possono affrontare le sfide di questo decennio decisivo solo collaborando con paesi e persone di tutto il mondo. Gli americani fanno affidamento e traggono vantaggio dalle nostre relazioni ampie e profonde in ogni regione; investire e commerciare con quasi tutti i paesi; e studiare, lavorare e vivere in ogni continente. Il nostro futuro e quello del mondo sono interconnessi. Ecco perché la nostra strategia è globale.

Promuovere un Indo-Pacifico libero e aperto

L’Indo-Pacifico alimenta gran parte della crescita economica mondiale e sarà l’epicentro della geopolitica del 21° secolo. In quanto potenza indo-pacifica, gli Stati Uniti hanno un interesse vitale nel realizzare una regione che sia aperta, interconnessa, prospera, sicura e resiliente. Gli Stati Uniti lavoreranno con altri stati regionali per mantenere l’Indo-Pacifico aperto e accessibile e garantire che le nazioni siano libere di fare le proprie scelte, coerenti con gli obblighi previsti dal diritto internazionale. Sosteniamo le società aperte attraverso investimenti nelle istituzioni democratiche, nella stampa libera e nella società civile e stiamo collaborando con i partner per contrastare la manipolazione delle informazioni e la corruzione. E affermeremo la libertà dei mari e costruiremo un sostegno regionale condiviso per l’accesso aperto al Mar Cinese Meridionale, un passaggio per quasi i due terzi del commercio marittimo globale e un quarto di tutto il commercio globale. Un Indo-Pacifico libero e aperto può essere raggiunto solo se costruiamo capacità collettive. Stiamo approfondendo le nostre cinque alleanze dei trattati regionali e le partnership più strette. Affermiamo la centralità dell’ASEAN e cerchiamo legami più profondi con i partner del sud-est asiatico. Amplieremo il nostro impegno diplomatico, di sviluppo ed economico regionale, con un’attenzione particolare al sud-est asiatico e alle isole del Pacifico. Mentre collaboriamo con i partner regionali dell’Asia meridionale per affrontare il cambiamento climatico, la pandemia di COVID-19 e il comportamento coercitivo della RPC, promuoveremo la prosperità e la connettività economica in tutta la regione dell’Oceano Indiano. Il Quad e l’AUKUS saranno anche fondamentali per affrontare le sfide regionali e rafforzeremo ulteriormente la nostra forza collettiva intrecciando i nostri alleati e partner più vicini, anche incoraggiando legami più stretti tra paesi indo-pacifici ed europei che condividono la stessa mentalità.

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La prosperità degli americani di tutti i giorni è legata all’Indo-Pacifico e gli Stati Uniti sono stati a lungo un leader regionale nel commercio e negli investimenti. Con i nostri partner regionali, stiamo sviluppando l’IPEF per promuovere una prosperità inclusiva e su vasta scala e promuovere i nostri interessi condivisi in economie resilienti, eque, digitali e a basse emissioni di carbonio. La leadership attraverso la cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC) integrerà questi sforzi. Per 75 anni, gli Stati Uniti hanno mantenuto una presenza di difesa forte e coerente e continueranno a contribuire in modo significativo alla stabilità e alla pace della regione. Riaffermiamo i nostri impegni ferrea nei confronti dei nostri alleati del trattato indo-pacifico – Australia, Giappone, Repubblica di Corea, Filippine e Thailandia – e continueremo a modernizzare queste alleanze. Riaffermiamo il nostro impegno incrollabile per la difesa del Giappone ai sensi del nostro trattato di sicurezza reciproca, che copre le isole Senkaku. Poiché l’India è la più grande democrazia del mondo e un importante partner per la difesa, gli Stati Uniti e l’India lavoreranno insieme, a livello bilaterale e multilaterale, per sostenere la nostra visione condivisa di un Indo-Pacifico libero e aperto. Cercheremo una diplomazia sostenuta con la Corea del Nord per compiere progressi tangibili verso la completa denuclearizzazione della penisola coreana, rafforzando nel contempo una deterrenza estesa di fronte alle armi di distruzione di massa e alle minacce missilistiche nordcoreane. Il brutale colpo di stato militare in Birmania ha minato la stabilità regionale e continueremo a lavorare a stretto contatto con alleati e partner, compreso l’ASEAN, per aiutare a ripristinare la transizione democratica della Birmania. Lavoreremo anche per migliorare la resilienza dei partner alle sfide transnazionali, comprese le minacce climatiche e biologiche. L’Indo-Pacifico è l’epicentro della crisi climatica, ma è anche essenziale per le soluzioni climatiche e le nostre risposte condivise alla crisi climatica sono un imperativo politico e un’opportunità economica. Stiamo anche collaborando per aiutare la regione a costruire la resilienza alle malattie pandemiche e per rafforzare i propri sistemi sanitari, guidare gli investimenti nella sicurezza sanitaria globale ed espandere la capacità della regione di prevenire, rilevare e rispondere alle emergenze. Siamo entrati in un conseguente nuovo periodo della politica estera americana che richiederà agli Stati Uniti nell’Indo-Pacifico più di quanto ci sia stato chiesto dalla seconda guerra mondiale. Nessuna regione sarà più significativa per il mondo e per gli americani di tutti i giorni dell’Indo-Pacifico. Siamo ambiziosi perché sappiamo che noi, i nostri alleati e partner abbiamo una visione comune per il suo futuro.

Approfondire la nostra alleanza con l’Europa

Con una relazione radicata in valori democratici condivisi, interessi comuni e legami storici, le relazioni transatlantiche sono una piattaforma vitale su cui si basano molti altri elementi della nostra politica estera. L’Europa è stata e continuerà ad essere il nostro partner fondamentale nell’affrontare l’intera gamma delle sfide globali. Per perseguire efficacemente un’agenda globale comune, stiamo ampliando e approfondendo il legame transatlantico, rafforzando la NATO, aumentando il livello di ambizione nelle relazioni USA-UE e stando con i nostri alleati e partner europei a difesa del sistema basato su regole che è alla base la nostra sicurezza, prosperità e valori. Oggi, l’Europa è in prima linea nella lotta per difendere i principi di libertà, sovranità e non aggressione e continueremo a lavorare di pari passo per garantire che la libertà prevalga. L’America rimane inequivocabilmente impegnata nella difesa collettiva come sancito dall’articolo 5 della NATO e lavorerà al fianco dei nostri alleati della NATO per scoraggiare, difendersi e rafforzare la resilienza all’aggressione e alla coercizione in tutte le sue forme. Mentre intensifichiamo il nostro considerevole contributo

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alle capacità e alla prontezza della NATO, anche rafforzando le forze e capacità difensive e sostenendo il nostro impegno di lunga data per una deterrenza estesa, contiamo sul fatto che i nostri alleati continuino ad assumersi maggiori responsabilità aumentando le loro spese, capacità e contributi. Gli investimenti europei nella difesa, tramite o complementari alla NATO, saranno fondamentali per garantire la nostra sicurezza condivisa in questo momento di intensificazione della concorrenza. Sosteniamo il continuo adattamento della NATO alle moderne sfide alla sicurezza, inclusa la sua enfasi sulla difesa nel cyberspazio, sulla sicurezza climatica e sui crescenti rischi per la sicurezza presentati dalle politiche e dalle azioni della RPC. L’America mantiene il nostro impegno fondamentale per il perseguimento di un’Europa intera, libera e in pace. L’ulteriore invasione dell’Ucraina da parte della Russia rappresenta una grave minaccia a questa visione, motivo per cui siamo determinati a sostenere l’Ucraina nella difesa della sua sovranità e integrità territoriale, imponendo al contempo severi costi a Mosca per la sua aggressione. Abbiamo sostenuto l’Ucraina con la sicurezza, l’assistenza umanitaria e finanziaria. Ci siamo uniti ad alleati e partner in Europa e nel mondo per imporre sanzioni e controlli sulle esportazioni che degraderanno la capacità della Russia di condurre future guerre di aggressione. Abbiamo collaborato con la Commissione europea su un piano ambizioso per ridurre la dipendenza dell’Europa dai combustibili fossili russi, rafforzare la sicurezza energetica europea e promuovere obiettivi climatici condivisi. In tutti questi sforzi, l’UE, un mercato integrato di oltre 450 milioni di persone, è un partner indispensabile e noi sosteniamo gli sforzi per promuovere l’unità dell’UE. Incoraggiamo inoltre una stretta cooperazione su questioni di reciproco interesse tra l’UE e il Regno Unito. Inoltre, sottolineiamo il nostro sostegno all’Accordo del Venerdì Santo, che è il fondamento della pace, della stabilità e della prosperità nell’Irlanda del Nord. Mentre sosteniamo l’Ucraina, lavoreremo anche per rafforzare la stabilità e la resilienza di altre democrazie. Sosterremo le aspirazioni europee della Georgia e della Moldova e il loro impegno per importanti riforme istituzionali. Aiuteremo i partner a rafforzare le istituzioni democratiche, lo stato di diritto e lo sviluppo economico nei Balcani occidentali. Sosterremo gli sforzi diplomatici per risolvere il conflitto nel Caucaso meridionale. Continueremo a impegnarci con la Turchia per rafforzare i suoi legami strategici, politici, economici e istituzionali con l’Occidente. Lavoreremo con alleati e partner per gestire la crisi dei rifugiati creata dalla guerra della Russia in Ucraina. E lavoreremo per prevenire le minacce terroristiche all’Europa. Altrove in Eurasia, continueremo a sostenere l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Asia centrale. Promuoveremo gli sforzi per migliorare la resilienza e lo sviluppo democratico nei cinque paesi di questa regione. Continueremo a lavorare attraverso la piattaforma diplomatica C5+1 (Kazakistan, Repubblica del Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan e Stati Uniti) per promuovere l’adattamento climatico, migliorare la sicurezza alimentare e energetica regionale, rafforzare l’integrazione all’interno della regione e costruire una maggiore connettività ai mercati globali. Sebbene radicata nella forza e nella stabilità transatlantiche, la nostra agenda con alleati e partner europei è globale. Lavoreremo con l’UE per rafforzare il commercio, gli investimenti e la cooperazione tecnologica fondata su valori democratici condivisi, promuovendo un’economia globale aperta e inclusiva, stabilendo standard elevati per il commercio, assicurando una concorrenza leale, sostenendo i diritti dei lavoratori, promuovendo la decarbonizzazione, combattendo la corruzione e proteggere le nostre innovazioni da usi contrari ai nostri interessi e valori. Attraverso il G7, lavoreremo con Francia, Germania, Italia e Regno Unito per galvanizzare la cooperazione internazionale sulle sfide più urgenti del mondo. Difenderemo congiuntamente i diritti umani, sia in Bielorussia che nello Xinjiang. Per attuare questo programma ambizioso, approfondiremo il nostro allineamento strategico: consultandoci regolarmente, condividendo informazioni e intelligence e agendo insieme.

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Promuovere la democrazia e la prosperità condivisa nell’emisfero occidentale

Nessuna regione ha un impatto più diretto sugli Stati Uniti dell’emisfero occidentale. Con 1,9 trilioni di dollari di scambi annuali, valori condivisi e tradizioni democratiche e legami familiari, le nazioni dell’emisfero occidentale, in particolare in Nord America, contribuiscono in modo chiave alla prosperità e alla resilienza degli Stati Uniti. Ma la pandemia di COVID-19 e la conseguente recessione hanno esacerbato sfide strutturali di lunga data, alimentato disordini politici e sociali, minando la fiducia nella capacità della democrazia di produrre risultati e stimolato livelli senza precedenti di migrazione irregolare negli Stati Uniti e in tutta la regione. Riconoscendo il legame diretto tra la prosperità e la sicurezza della regione e quella nostra, è fondamentale che gli Stati Uniti rivitalizzino i nostri partenariati per costruire e preservare la resilienza economica, la stabilità democratica e la sicurezza dei cittadini nell’emisfero. Porteremo avanti questi sforzi attraverso interazioni regolari, collaborazione multilaterale e istituzionale e iniziative regionali e attuando gli impegni presi al Nono Vertice delle Americhe. Il movimento di persone in tutte le Americhe, inclusi oltre sei milioni di venezuelani costretti a lasciare le loro case dal 2015, colpisce tutta l’America Latina e i Caraibi e rafforza la necessità di un’azione regionale. La Dichiarazione di Los Angeles sulla migrazione e la protezione integra gli sforzi degli Stati Uniti in patria per modernizzare le proprie infrastrutture di confine e costruire un sistema di immigrazione equo, ordinato e umano con un’audace partenariato a livello dell’emisfero incentrato sul principio della condivisione delle responsabilità, della stabilità e dell’assistenza per le persone colpite comunità, l’ampliamento dei percorsi legali, la gestione umana della migrazione e una risposta coordinata alle emergenze. Gli Stati Uniti stanno anche guidando l’accusa per espandere i percorsi legali per la migrazione e per combattere il traffico illecito di esseri umani e la tratta che depreda i migranti vulnerabili. Questi sforzi combinati mirano a stabilizzare le popolazioni migranti e sostituire la migrazione irregolare con flussi ordinati che possono alimentare la crescita economica negli Stati Uniti e in tutta la regione. Perseguiremo questi sforzi di collaborazione garantendo al contempo un approccio fondamentalmente equo, ordinato e umano alla gestione della migrazione che rafforzi la sicurezza delle frontiere e protegga la nostra nazione. Porre fine e mitigare gli effetti della pandemia di COVID-19 e migliorare la sicurezza sanitaria sono fondamentali per il benessere dell’intero emisfero. Oltre a donare oltre 72 milioni di vaccini, attraverso il Piano d’azione sulla salute e la resilienza nelle Americhe collaboriamo con la regione per prevenire, prepararci e rispondere alle future minacce pandemiche e ad altre emergenze di salute pubblica, ampliando al contempo l’equa fornitura di assistenza sanitaria e servizi pubblici alle popolazioni remote, vulnerabili ed emarginate. Oltre a supportare i paesi, in particolare in America centrale e nei Caraibi, nel raggiungere un tasso di vaccinazione COVID-19 del 70%, le partnership associate stanno aumentando la capacità di produzione di vaccini e contribuendo a formare 500.000 professionisti della salute pubblica e medici entro il 2027 attraverso l’Americas Health Corps. Insieme ai partner regionali stiamo approfondendo la cooperazione economica per garantire una crescita economica duratura e inclusiva che offre ai nostri lavoratori. La nostra priorità è lavorare con Canada e Messico per promuovere una visione nordamericana per il futuro che attinga ai nostri punti di forza condivisi e rafforzi la competitività globale degli Stati Uniti. Allo stesso modo, l’Americas Partnership for Economic Prosperity guiderà il nostro impegno economico regionale concentrandoci sui maggiori motori di crescita dal basso verso l’alto e di medio termine, aggiornando gli strumenti per le nuove e complesse sfide che dobbiamo affrontare oggi e nei decenni a venire con un focus sul rinvigorimento delle istituzioni economiche regionali

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sulla sicurezza delle catene di approvvigionamento, sulla creazione di posti di lavoro nel settore dell’energia pulita e sulla promozione della decarbonizzazione, sulla garanzia di scambi sostenibili e inclusivi e sulla realizzazione di investimenti rivoluzionari che aumentino l’efficacia della pubblica amministrazione. Affrontare la crisi climatica e sfruttare il dinamismo della regione sarà fondamentale per il nostro approccio e utilizzeremo gli sforzi di mitigazione e adattamento per alimentare una ripresa economica sostenibile e proteggere gli ecosistemi forestali, anche promuovendo il commercio e gli investimenti in energia pulita per raggiungere un obiettivo collettivo obiettivo del 70% di capacità installata per la generazione di energia rinnovabile nel settore elettrico della regione entro il 2030 e mobilitando finanziamenti e altre forme di sostegno per promuovere la conservazione dell’Amazzonia. La Comunità degli Stati Uniti e dei Caraibi ha anche lanciato il partenariato per affrontare la crisi climatica 2030 per ampliare l’accesso al finanziamento di progetti, attrarre investimenti privati ​​in infrastrutture per l’energia pulita e progetti di adattamento climatico e migliorare la capacità locale di valutare, pianificare, prevedere, mitigare, e rispondere agli eventi meteorologici estremi e ai relativi rischi in un clima che cambia. Gli Stati Uniti traggono sicurezza e vantaggi economici dalla stabilità e dalle istituzioni democratiche della regione, poiché i nostri valori condivisi forniscono una base per la collaborazione e la risoluzione pacifica delle controversie. Per aiutare a preservare e migliorare queste tradizioni, sosterremo i partner che si sforzano di costruire istituzioni trasparenti, inclusive e responsabili. Insieme, sosterremo un’efficace governance democratica che risponda alle esigenze dei cittadini, difenderemo i diritti umani e combattere la violenza di genere, combatteremo la corruzione e proteggeremo da interferenze o coercizioni esterne, anche da parte della RPC, della Russia o dell’Iran. Attraverso istituzioni interamericane rinvigorite e rappresentative e in collaborazione con la società civile e altri governi, sosterremo l’autodeterminazione democratica per il popolo del Venezuela, Cuba, Nicaragua e qualsiasi paese in cui la volontà popolare è repressa. Ad Haiti, che soffre di una lunga crisi umanitaria, politica ed economica, mobiliteremo la comunità internazionale per aiutare a ripristinare la sicurezza, ricostruire le istituzioni governative e sostenere una base di prosperità attraverso la quale il popolo haitiano può determinare il proprio futuro. Aiuteremo anche i partner ad affrontare le minacce alla sicurezza. Queste sfide possono essere interne, comprese le bande locali, o transnazionali, comprese le organizzazioni criminali che trafficano droga e esseri umani e intraprendono altre operazioni illegali, o esterne, poiché attori maligni cercano di ottenere punti d’appoggio militari o di intelligence nella regione. Queste minacce hanno un impatto sulla sicurezza in tutte le Americhe, anche qui a casa, e pertanto promuoveremo la collaborazione per aiutare ad assistere la polizia civile, rafforzare i sistemi giudiziari nelle Americhe ed espandere la condivisione delle informazioni con i nostri partner. Queste priorità, ampliare le opportunità economiche, rafforzare la democrazia e costruire la sicurezza, si rafforzano a vicenda e contribuiscono alla stabilità nazionale, regionale e globale. Abbiamo un interesse strategico prioritario nel perseguire e rafforzare la collaborazione attraverso un impegno diplomatico intensificato con partner e istituzioni dell’emisfero sulla base della premessa che promuovere una visione di una regione sicura, di classe media e democratica è fondamentalmente nell’interesse della sicurezza nazionale degli Stati Uniti Stati. La sfida e la posta in gioco di questa impresa sono accentuate dallo sfondo di una maggiore volatilità geopolitica e geoeconomica, dalle sfide interconnesse poste da fenomeni come il cambiamento climatico, le pandemie globali e la migrazione di massa e dal riconoscimento che la sicurezza e la prosperità degli Stati Uniti dipendono su quella dei nostri vicini.

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Sostegno alla de-escalation e all’integrazione in Medio Oriente

Negli ultimi due decenni, la politica estera statunitense si è concentrata principalmente sulle minacce provenienti dal Medio Oriente e dal Nord Africa. Troppo spesso siamo passati a politiche incentrate sull’esercito sostenute da una fede irrealistica nella forza e nel cambio di regime per ottenere risultati sostenibili, senza tenere adeguatamente conto dei costi di opportunità per priorità globali concorrenti o conseguenze non intenzionali. È tempo di evitare grandi progetti a favore di passi più pratici che possano promuovere gli interessi degli Stati Uniti e aiutare i partner regionali a gettare le basi per una maggiore stabilità, prosperità e opportunità per il popolo del Medio Oriente e per il popolo americano. Gli Stati Uniti hanno stabilito un nuovo quadro per la politica statunitense nella regione, basato sull’impareggiabile vantaggio comparativo dell’America nella costruzione di partenariati, coalizioni e alleanze per rafforzare la deterrenza, mentre usano la diplomazia per allentare le tensioni, ridurre i rischi di nuovi conflitti e impostare una base a lungo termine per la stabilità. Questo quadro ha cinque principi. In primo luogo, gli Stati Uniti sosterranno e rafforzeranno i partenariati con i paesi che aderiscono all’ordine internazionale basato su regole e ci assicureremo che quei paesi possano difendersi dalle minacce straniere. In secondo luogo, gli Stati Uniti non permetteranno alle potenze straniere o regionali di mettere a repentaglio la libertà di navigazione attraverso i corsi d’acqua del Medio Oriente, inclusi lo Stretto di Hormuz e il Bab al Mandab, né tollereranno gli sforzi di alcun paese per dominare un altro – o la regione – attraverso l’esercito accumuli, incursioni o minacce. Terzo, anche se gli Stati Uniti lavorano per scoraggiare le minacce alla stabilità regionale, lavoreremo per ridurre le tensioni, ridurre l’escalation e porre fine ai conflitti ove possibile attraverso la diplomazia. In quarto luogo, gli Stati Uniti promuoveranno l’integrazione regionale costruendo collegamenti politici, economici e di sicurezza tra e tra i partner statunitensi, anche attraverso strutture integrate di difesa aerea e marittima, nel rispetto della sovranità e delle scelte indipendenti di ciascun paese. Quinto, gli Stati Uniti promuoveranno sempre i diritti umani ei valori sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite. Questo nuovo quadro si basa sui recenti progressi compiuti dagli stati regionali per colmare le loro divisioni durature. Continueremo a lavorare con alleati e partner per migliorare le loro capacità di scoraggiare e contrastare le attività destabilizzanti dell’Iran. Perseguiremo la diplomazia per garantire che l’Iran non possa mai acquisire un’arma nucleare, rimanendo fermo e preparato a usare altri mezzi in caso di fallimento della diplomazia. Le minacce dell’Iran contro il personale statunitense così come gli attuali ed ex funzionari statunitensi non saranno tollerate e, come abbiamo dimostrato, risponderemo quando il nostro popolo e i nostri interessi saranno attaccati. Nel farlo, staremo sempre con il popolo iraniano che lotta per i diritti fondamentali e la dignità a lungo negati loro dal regime di Teheran. Più in generale, uniremo diplomazia, aiuti economici e assistenza alla sicurezza ai partner locali per alleviare le sofferenze, ridurre l’instabilità e prevenire l’esportazione di terrorismo o la migrazione di massa da Yemen, Siria e Libia, mentre collaboreremo con i governi regionali per gestire l’impatto più ampio di queste sfide. Cercheremo di estendere e approfondire i crescenti legami di Israele con i suoi vicini e altri stati arabi, anche attraverso gli Accordi di Abraham, pur mantenendo il nostro fervido impegno per la sua sicurezza. Continueremo inoltre a promuovere una soluzione praticabile a due stati che preservi il futuro di Israele come stato ebraico e democratico soddisfacendo al contempo le aspirazioni palestinesi per un proprio stato sicuro e vitale. Come ha affermato il presidente Biden durante la sua visita in Cisgiordania nel luglio 2022, “Due Stati sulla falsariga del 1967, con scambi concordati, rimangono il modo migliore per raggiungere la stessa misura di sicurezza, prosperità, libertà e democrazia per i palestinesi, nonché israeliani”.

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Questo nuovo quadro si basa su un atteggiamento militare sostenibile ed efficace incentrato sulla deterrenza, sul rafforzamento della capacità dei partner, sull’integrazione della sicurezza regionale, sulla lotta alle minacce terroristiche e sulla garanzia del libero flusso del commercio globale. Insieme all’uso di altri strumenti del potere nazionale, queste attività militari aiutano anche a contrastare l’espansione militare di attori esterni nella regione. Non useremo le nostre forze armate per cambiare i regimi o ricostruire le società, ma invece limiteremo l’uso della forza alle circostanze in cui è necessario per proteggere i nostri interessi di sicurezza nazionale e coerenti con il diritto internazionale, consentendo al contempo ai nostri partner di difendere il loro territorio da agenti esterni e terroristici minacce. Incoraggeremo le riforme economiche e politiche che aiutano a sbloccare il potenziale della regione, anche favorendo una maggiore integrazione economica per guidare la crescita e creare posti di lavoro. Incoraggeremo i produttori di energia a utilizzare le proprie risorse per stabilizzare i mercati energetici globali, preparando al contempo un futuro di energia pulita e proteggendo i consumatori americani. Continueremo inoltre a sostenere i nostri partner democratici e a chiedere la responsabilità per le violazioni dei diritti umani, riconoscendo che mentre la vera riforma può venire solo dall’interno, gli Stati Uniti hanno ancora un ruolo importante da svolgere. Gli Stati Uniti sono il più grande donatore bilaterale di assistenza umanitaria e un sostenitore di lunga data di un’azione umanitaria basata sui principi e basata sui bisogni. Sosterremo la nostra leadership in materia di assistenza umanitaria e gestiremo le crisi a lungo termine dei rifugiati e degli sfollati, che aiutano a realizzare la dignità umana e rafforzare la stabilità. E accelereremo il nostro sostegno ai partner regionali per aiutarli a costruire una maggiore resilienza, poiché il futuro del Medio Oriente sarà definito tanto dai cambiamenti climatici, tecnologici e demografici quanto dalle tradizionali questioni di sicurezza.

Costruire partenariati USA-Africa del 21° secolo

I governi, le istituzioni e le persone dell’Africa sono una grande forza geopolitica, che svolgerà un ruolo cruciale nella risoluzione delle sfide globali nel prossimo decennio. L’Africa è più giovane, mobile, istruita e connessa che mai. I paesi africani costituiscono uno dei più grandi gruppi di voto regionali alle Nazioni Unite ei loro cittadini guidano le principali istituzioni internazionali. La popolazione in forte espansione del continente, le risorse naturali vitali e la vivace imprenditorialità, insieme all’Area di libero scambio continentale africana, hanno il potenziale per guidare una crescita economica trasformativa. Le nostre collaborazioni con gli stati africani negli ultimi tre decenni hanno contribuito a gettare le basi per questa crescita. Per accelerarlo, le partnership USA-Africa devono adattarsi per riflettere l’importante ruolo geopolitico che le nazioni africane svolgono a livello globale. Il progresso degli interessi nazionali dell’America dipenderà in parte da una più stretta collaborazione, non solo con le nazioni africane, ma anche con enti regionali, come l’Unione Africana, i governi subnazionali, la società civile, il settore privato e le comunità della diaspora. Continueremo a investire negli stati più grandi della regione, come Nigeria, Kenya e Sud Africa, rafforzando allo stesso tempo i nostri legami con stati medi e piccoli. Coinvolgeremo i paesi africani come partner alla pari per raggiungere le nostre priorità condivise dalla salute e dalla preparazione alla pandemia ai cambiamenti climatici. Faremo pressioni sui partner anche sui diritti umani, la corruzione o il comportamento autoritario e approfondiremo i partenariati con i paesi che fanno progressi verso una governance più aperta e democratica. In coordinamento con i partner internazionali e gli organismi regionali, contrastaremo le ricadute democratiche imponendo costi per i colpi di stato e premendo per il progresso delle transizioni civili. E ascolteremo i leader e le persone africane mentre esprimono la loro visione per le loro partnership estere, comprese le aspettative di trasparenza, responsabilità, equità, inclusione ed equità. Il rafforzamento della pace e della prosperità dell’Africa rafforzerà la capacità dell’Africa di risolvere i problemi regionali e globali. L’impegno e la capacità della regione di rinnovare la democrazia, nonché di anticipare, prevenire e affrontare i conflitti emergenti e di lunga durata possono portare a risultati favorevoli per africani e americani. Sosterremo gli sforzi guidati dall’Africa per cercare soluzioni politiche a conflitti costosi, all’aumento dell’attività terroristica e alle crisi umanitarie, come quelle in Camerun, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Mozambico, Nigeria, Somalia e Sahel, e investiremo nella costruzione della pace e nel mantenimento della pace a livello locale e internazionale per prevenire l’emergere di nuovi conflitti. Coerentemente con il nostro approccio più ampio all’antiterrorismo, interromperemo e degraderemo le minacce terroristiche contro gli Stati Uniti mentre sosterremo i partner per prevenire l’espansione del terrorismo. Lavoreremo con i nostri partner africani e internazionali per affrontare le cause profonde del terrorismo, anche contrastando la corruzione, rafforzando la responsabilità e la giustizia, investendo in uno sviluppo economico inclusivo e promuovendo i diritti umani, compresi i diritti delle donne, e anche respingendo l’impatto destabilizzante del Gruppo Wagner, sostenuto dalla Russia. Sosterremo l’accelerazione della crescita attraverso gli investimenti del settore privato, aiuteremo l’Africa a sbloccare la sua economia digitale, raddoppiare la lotta all’insicurezza alimentare ed espandere le infrastrutture per l’energia pulita attraverso le iniziative Prosper Africa, Feed the Future e Power Africa. Sosterremo l’adattamento climatico, la conservazione e una giusta transizione energetica, poiché i paesi dell’Africa subsahariana stanno già subendo gravi impatti climatici, aggravando l’uso del suolo, le sfide migratorie e l’aumento dei prezzi di cibo e materie prime, aggravato dall’ulteriore invasione russa dell’Ucraina. Sistemi sanitari di qualità sono essenziali per la crescita economica e ci baseremo sulle nostre partnership decennale per investire nella sicurezza sanitaria e nelle infrastrutture dei sistemi sanitari e nella risposta in corso al COVID-19. Lavoreremo anche con i governi africani per creare ambienti economici e fare investimenti nel capitale umano e nello sviluppo delle capacità per attrarre investitori, far crescere le imprese e creare buoni posti di lavoro in tutti i settori, e per rafforzare il commercio USA-Africa e creare nuove opportunità per le imprese statunitensi . Cercheremo di offrire opportunità che riflettano i vantaggi competitivi dell’America, promuovendo una crescita inclusiva, rispettando i diritti dei lavoratori e proteggendo le risorse della regione per le generazioni future.

Mantenere un Artico pacifico

Gli Stati Uniti cercano una regione artica pacifica, stabile, prospera e cooperativa. Il cambiamento climatico sta rendendo l’Artico più accessibile che mai, minacciando le comunità artiche e gli ecosistemi vitali, creando nuove potenziali opportunità economiche. e intensificando la concorrenza per plasmare il futuro della regione. La Russia ha investito in modo significativo nella sua presenza nell’Artico nell’ultimo decennio, modernizzando la sua infrastruttura militare e aumentando il ritmo delle esercitazioni e delle operazioni di addestramento. Il suo comportamento aggressivo ha sollevato tensioni geopolitiche nell’Artico, creando nuovi rischi di conflitti non intenzionali e ostacolando la cooperazione. La RPC ha anche cercato di aumentare la sua influenza nell’Artico aumentando rapidamente i suoi investimenti nell’Artico, perseguendo nuove attività scientifiche e utilizzando questi impegni scientifici per condurre ricerche a duplice uso con applicazioni di intelligence o militari. Sosterremo la sicurezza degli Stati Uniti nella regione migliorando la nostra consapevolezza del dominio marittimo, le comunicazioni, le capacità di risposta alle catastrofi e la capacità di rompere il ghiaccio per prepararci a una maggiore attività internazionale nella regione. Eserciteremo la presenza del governo degli Stati Uniti nella regione come richiesto

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, riducendo i rischi e prevenendo un’escalation non necessaria. Le nazioni artiche hanno la responsabilità primaria di affrontare le sfide regionali e approfondiremo la nostra cooperazione con i nostri alleati e partner artici e lavoreremo con loro per sostenere il Consiglio Artico e altre istituzioni artiche nonostante le sfide alla cooperazione artica poste dalla guerra della Russia in Ucraina. Continueremo a proteggere la libertà di navigazione e a determinare la piattaforma continentale estesa degli Stati Uniti in conformità con le norme internazionali. Dobbiamo rafforzare la resilienza e mitigare i cambiamenti climatici nella regione, anche attraverso accordi per ridurre le emissioni e una maggiore collaborazione nella ricerca attraverso l’Artico. Con l’aumento dell’attività economica nell’Artico, investiremo in infrastrutture, miglioreremo i mezzi di sussistenza e incoraggeremo gli investimenti responsabili del settore privato da parte degli Stati Uniti, dei nostri alleati e dei nostri partner, compresi i minerali critici, e miglioreremo lo screening degli investimenti ai fini della sicurezza nazionale. Attraverso questi sforzi, sosterremo il nostro impegno di onorare la sovranità tribale e l’autogoverno attraverso consultazioni e collaborazioni regolari, significative e solide con le comunità native dell’Alaska.

Proteggere il mare, l’aria e lo spazio

Le persone in tutto il mondo dipendono dal mare, dall’aria e dallo spazio per la loro sicurezza e prosperità. Gli oceani, le terre, i corsi d’acqua e altri ecosistemi interconnessi del mondo generano opportunità economiche e consentono attività commerciali e militari critiche. Contengono biodiversità vitale per la sicurezza alimentare, aria e acqua pulite, un clima stabile, salute e benessere. Le minacce a questi sistemi, comprese le richieste eccessive di spazio marittimo e aereo, l’inquinamento e la deforestazione non regolamentata, il traffico di specie selvatiche e la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, incidono sulle capacità dei governi di soddisfare i bisogni umani fondamentali e contribuiscono all’instabilità politica, economica e sociale. Ci alzeremo per la libertà di navigazione e sorvolo, sosterremo la protezione ambientale e ci opporremo alle pratiche distruttive di pesca in acque lontane sostenendo le leggi e le norme internazionali, comprese le norme di diritto internazionale consuetudinario nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. E promuoveremo lo status dell’Antartide come continente riservato alla pace e alla scienza in conformità con le disposizioni del Trattato Antartico del 1959.

L’esplorazione e l’uso dello spazio avvantaggiano l’umanità, dalla creazione di opportunità economiche allo sviluppo di nuove tecnologie e alla sorveglianza climatica.

L’America manterrà la nostra posizione di leader mondiale nello spazio e lavorerà a fianco della comunità internazionale per garantire la sostenibilità, la sicurezza, la stabilità e la protezione del dominio. Dobbiamo guidare nell’aggiornamento della governance dello spazio esterno, stabilendo un sistema di coordinamento del traffico spaziale e tracciando un percorso per le future norme spaziali e il controllo degli armamenti. Lavorando con alleati e partner, svilupperemo politiche e regolamenti che consentiranno al fiorente settore dello spazio commerciale statunitense di competere a livello internazionale. Miglioreremo la resilienza dei sistemi spaziali statunitensi su cui facciamo affidamento per le funzioni critiche di sicurezza nazionale e nazionale. Questi sforzi mirano a proteggere gli interessi degli Stati Uniti nello spazio, evitare la destabilizzazione della corsa agli armamenti e gestire responsabilmente l’ambiente spaziale.

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Affinare i nostri strumenti di governo

Le nostre istituzioni di sicurezza nazionale e la forza lavoro sono alla base della leadership globale americana e della sicurezza, prosperità e libertà del popolo americano. Per raggiungere i nostri obiettivi ambiziosi, dobbiamo modernizzare e adattare i nostri strumenti di governo alle sfide odierne. Ad esempio, stiamo: x Rafforzare la diplomazia americana modernizzando il Dipartimento di Stato, anche attraverso la recente creazione di un nuovo ufficio per il cyberspazio e la politica digitale e inviato speciale per le tecnologie critiche ed emergenti. x Adattare la Intelligence Community (IC), anche allineando le nostre organizzazioni per affrontare meglio la concorrenza, abbracciando nuovi strumenti di dati e migliorando l’integrazione di materiale open source. x Migliorare l’allerta precoce e la previsione negli Stati Uniti e nel mondo per le minacce di malattie infettive e le pandemie aumentando il supporto al Center for Outbreak, Forecasting and Analytics dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) e l’assistenza straniera per la sicurezza sanitaria globale. x Riorganizzazione dell’Ufficio del Sottosegretario alla Difesa per la politica per affinare la sua attenzione sulle tecnologie emergenti ed elevare l’attenzione dei dirigenti senior alle regioni critiche. Rafforzare il servizio di sicurezza informatica del Dipartimento per la sicurezza interna (DHS) reinventando il modo in cui il DHS assume, sviluppa e mantiene talenti informatici di alto livello e diversificati. x Rendere l’assistenza allo sviluppo più accessibile ed equa aumentando il coinvolgimento e spostando il 25% dei finanziamenti dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) a partner locali e raddoppiando il lavoro dell’USAID sull’empowerment di donne e ragazze. x Ampliare il nostro impegno con le parti interessate e sviluppare la nostra capacità di collaborare con il settore privato, la filantropia, le comunità della diaspora e la società civile. • Dare priorità al ruolo della tecnologia nella sicurezza nazionale elevando l’Ufficio per la politica scientifica e tecnologica della Casa Bianca a agenzia a livello di gabinetto e membro a pieno titolo del Consiglio di sicurezza nazionale. Il successo di questi sforzi e della nostra politica estera richiederà il rafforzamento della forza lavoro per la sicurezza nazionale reclutando e trattenendo talenti diversi e di alto calibro. Stiamo: • Dando priorità alla diversità, all’equità, all’inclusione e all’accessibilità per garantire che le istituzioni di sicurezza nazionale riflettano il pubblico americano che rappresentano. x Creare pratiche di assunzione, reclutamento, fidelizzazione e sviluppo dei talenti più efficaci ed efficienti, in particolare nei settori STEM, economia, lingue critiche e affari regionali. x Sostenere le opportunità di sviluppo professionale, sia per la leadership che per le competenze tecniche, a tutti i livelli della forza lavoro. x Aprire opportunità per la forza lavoro della sicurezza nazionale di spostarsi tra le istituzioni, sia all’interno che all’esterno del governo, e riportare le competenze sviluppate alle loro agenzie di origine. x Dotare la forza lavoro di tecnologie all’avanguardia e integrare meglio dati e strumenti analitici per supportare il processo decisionale. x Dare priorità alle capacità e al personale delle risorse umane, che guideranno e guideranno tutte queste iniziative.

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La salute delle nostre istituzioni di sicurezza nazionale e della nostra forza lavoro si basa sulla fiducia nella natura apolitica delle forze dell’ordine federali, dell’IC, dei nostri diplomatici, funzionari pubblici, istituti di ricerca e sviluppo finanziati a livello federale e militari mentre lavoriamo insieme a livello nazionale servizio.

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PARTE V: CONCLUSIONE

Siamo fiduciosi che gli Stati Uniti, insieme ai nostri alleati e partner, siano in grado di riuscire nella nostra ricerca di un ordine globale libero, aperto, prospero e sicuro. Con gli elementi chiave delineati in questa strategia, affronteremo le doppie sfide del nostro tempo: superare i nostri rivali per plasmare l’ordine internazionale mentre affronteremo le sfide condivise, tra cui il cambiamento climatico, la preparazione alla pandemia e la sicurezza alimentare, che definiranno il prossimo tappa della storia umana. Rafforzeremo la democrazia in tutto il mondo e le istituzioni multilaterali, mentre guardiamo al futuro per tracciare regole nuove ed eque sulla strada per la tecnologia emergente, la sicurezza informatica, il commercio e l’economia. E faremo tutto questo e molto altro sfruttando i nostri considerevoli vantaggi e la nostra impareggiabile coalizione di alleati e partner. Mentre implementiamo questa strategia, valuteremo e rivalutare continuamente il nostro approccio per assicurarci di servire al meglio il popolo americano. Saremo guidati dal fatto indiscutibile che la forza e la qualità del progetto americano in patria sono indissolubilmente legate alla nostra leadership nel mondo e alla nostra capacità di plasmare i termini dell’ordine mondiale. Questa strategia di sicurezza nazionale sarà valutata in base a un parametro fondamentale: se rende la vita migliore, più sicura e più giusta per il popolo degli Stati Uniti e se solleva i paesi e le persone in tutto il mondo che condividono la nostra visione per il futuro. Siamo motivati ​​da una visione chiara di come sarà il successo alla fine di questo decennio decisivo. Migliorando la nostra capacità industriale, investendo nelle nostre persone e rafforzando la nostra democrazia, avremo rafforzato le fondamenta della nostra economia, rafforzato la nostra resilienza nazionale, rafforzato la nostra credibilità sulla scena mondiale e assicurato i nostri vantaggi competitivi. Approfondindo ed espandendo le nostre relazioni diplomatiche non solo con i nostri alleati democratici ma con tutti gli stati che condividono la nostra visione per un futuro migliore, avremo sviluppato condizioni di concorrenza con i nostri rivali strategici favorevoli ai nostri interessi e valori e posto le basi per aumentare la cooperazione sulle sfide condivise. Modernizzando le nostre forze armate, perseguendo tecnologie avanzate e investendo nella nostra forza lavoro di difesa, avremo rafforzato la deterrenza in un’era di crescente confronto geopolitico e posizionato l’America per difendere la nostra patria, i nostri alleati, i nostri partner e interessi all’estero, e i nostri valori attraverso il globo. Sfruttando i nostri punti di forza nazionali e radunando un’ampia coalizione di alleati e partner, faremo avanzare la nostra visione di un mondo libero, aperto, prospero e sicuro, superando in astuzia i nostri concorrenti e compiendo progressi significativi su questioni come il cambiamento climatico, la salute globale e sicurezza alimentare per migliorare la vita non solo degli americani ma di persone in tutto il mondo. Questo è ciò che dobbiamo raggiungere in questo decennio decisivo. Come abbiamo fatto nel corso della nostra storia, l’America coglierà questo momento e raccoglierà la sfida. Non c’è tempo da perdere.

Per cambiare il mondo, la Cina deve cambiare, di Antonia Colibasanu

La guerra economica mondiale si sta scaldando ed entrambi i principali contendenti sono allo sbando.

Nell’ultimo mese ho parlato in diverse conferenze sulle sfide che l’invasione russa dell’Ucraina e la successiva guerra economica pongono all’economia globale e alla regione del Mar Nero, l’area in cui vivo. Ad ogni evento, il pubblico ha impostato i temi del dibattito. A Washington, i temi principali sono stati il ​​trasporto marittimo nel Mar Nero, la dipendenza economica della regione dalla Russia, la sicurezza energetica europea e la probabile risposta europea a un’altra crisi economica. L’attenzione in Europa era leggermente diversa. Ad esempio, al Clube de Lisboa (Club di Lisbona) – che ha riunito relatori da Europa, Stati Uniti, Asia e Africa – le discussioni sulla guerra in Ucraina hanno avuto una portata globale.

Tuttavia, un tema comune a ogni evento era la Cina: le sfide che deve affrontare e cosa significano per il mondo. La questione più urgente riguardava la possibilità di un’alleanza sino-russa contro l’Occidente. Le domande più interessanti hanno riguardato il Congresso Nazionale di questa settimana e il futuro modello economico di Pechino, che determinerà il suo rapporto con l’Occidente e la Russia. Il fatto che i problemi della Cina stiano plasmando in modo significativo l’economia globale non è nuovo; infatti, l’avevo già elencato tra le maggiori sfide mondiali nei prossimi mesi . Ma la continua capacità del modello di promuovere la prosperità e la stabilità interna, così come il modo in cui viene percepita nel resto del mondo, sono questioni critiche che interesseranno il mondo intero.

La creazione e la rottura di un ordine globale

La Cina è sotto pressione non solo a causa della sua dipendenza dagli Stati Uniti, ma anche a causa dei cambiamenti nelle sue relazioni con i paesi in via di sviluppo. Le economie emergenti dell’Africa e dell’Asia meridionale non cercano più l’aiuto di paesi più sviluppati come la Cina, gli Stati Uniti e altri. Invece, stanno aspettando il loro tempo e stanno guardando l’evolversi della guerra economica globale per assicurarsi che non si impegnino eccessivamente dalla parte dei perdenti e facciano la scelta migliore per le loro nazioni. Per loro, il CHIPS and Science Act recentemente approvato da Washington – inteso a preservare la leadership tecnologica degli Stati Uniti, anche limitando le esportazioni alla Cina – ricorda che il conflitto tra Occidente e Oriente coinvolge più della semplice Russia.

Le prime scaramucce nella guerra economica mondiale sono iniziate anni fa come una guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. Le dipendenze reciproche dei due paesi avevano creato problemi socioeconomici per entrambi. Il protezionismo ha guadagnato il favore in entrambi i paesi. Nel 2020, la pandemia di COVID-19 e la conseguente crisi della catena di approvvigionamento hanno aggravato notevolmente questi problemi. Quest’anno, la relazione si è interrotta irreparabilmente, o almeno così sembra ora.

La lotta attuale non è tra due stati ma tra due sistemi di governo. Entrambi hanno origine nel 1944, verso la fine della seconda guerra mondiale, anche se entrambi si sono trasformati da allora (e probabilmente devono cambiare ulteriormente per rimanere efficaci). Uno è il modello del capitalismo di mercato articolato in “The Road to Serfdom”, pubblicato nel 1944 dall’economista e filosofo austriaco Friedrich Hayek. Afferma che la pianificazione centrale e la proprietà pubblica portano all’oppressione, mentre il libero mercato massimizza il profitto e il benessere generale. L’altro modello è stato presentato nello stesso anno dallo storico economico e antropologo americano-ungherese Karl Polanyi in “The Great Transformation”. Polanyi sostiene che i capitalisti sfruttano la società attraverso il libero mercato e un’economia di mercato impone alla società regolamenti e politiche che generano divisione e alla fine crisi. Invece, sostiene un compromesso tra le politiche economiche liberali a livello internazionale (come il libero scambio e l’apertura economica) e la stabilità sociale interna, assicurata principalmente dallo stato sociale. Per Polanyi, l’agenda sociale dovrebbe stabilire regole economiche, non viceversa.

L’Occidente ha adottato il modello di Hayek di mercati e democrazia regolamentati ma sostanzialmente liberi, mentre la Cina ha ampiamente seguito la “grande trasformazione” di Polanyi. Il sistema di governance cinese mira a fornire benefici alla maggior parte della popolazione tentando di controllare la maggior parte delle sue attività. L’Occidente, invece, detta le regole del mercato e definisce i diritti individuali, e poi generalmente lascia che il mercato si svolga da solo, controllato dalla democrazia elettorale.

Nonostante fossero completamente diversi, questi due sistemi si sono completati a vicenda durante la Guerra Fredda e all’inizio degli anni 2000. Il modello cinese ha sradicato la povertà assoluta nel paese e ne ha fatto la potenza economica che è oggi. Gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo fondamentale nel consentire e sostenere il commercio e gli investimenti a livello mondiale. Il dollaro stabile, la tecnologia americana e la potenza militare statunitense hanno aumentato la sicurezza globale, rendendo più facile per la Cina utilizzare i suoi bassi costi di manodopera per diventare il produttore più economico del mondo. Inoltre, impegnando direttamente la Cina, gli Stati Uniti hanno vinto la Guerra Fredda contro l’Unione Sovietica. Entrambi i modelli hanno avuto successo, ispirando ovunque le economie in via di sviluppo all’inizio del millennio.

Mentre molti degli ex stati sovietici e satelliti dell’Europa orientale hanno adottato il modello capitalista occidentale, la Russia ha adottato un ibrido dei due. Allo stesso tempo, le grandi economie emergenti come l’Indonesia, il Brasile e l’India hanno lottato per affrontare le conseguenze dei fallimenti del mercato, come la disuguaglianza di reddito e ricchezza, e hanno cercato di adattare il modello di Hayek a quello di Polanyi. In America Latina e Africa, i luoghi più dipendenti dagli investimenti esteri per lo sviluppo, la maggior parte degli stati ha accolto il modello economico del loro investitore più generoso. L’esplosione del commercio e degli investimenti ha permesso la convivenza pacifica dei due sistemi.

La corsa per riscrivere le regole

La crisi finanziaria del 2008 e la Grande Recessione hanno segnato la fine della loro pacifica convivenza. Quando i mercati globali falliscono, gli stati hanno urgente bisogno di limitare i fallimenti nei propri mercati, ridurre al minimo i danni e, in generale, soddisfare le aspettative del pubblico di prosperità e sicurezza. Non ci sono riusciti. I sistemi occidentale e cinese erano diventati troppo dipendenti l’uno dall’altro per fornire risposte uniche ai problemi globali proteggendo allo stesso tempo il loro pubblico. Con la polarizzazione delle società e delle nazioni, ogni stato ha sviluppato strategie per limitare le ricadute delle future crisi globali.

Nel processo, la cooperazione tra Stati Uniti e Cina – tra i modelli di Hayek e Polanyi – è stata sostituita dalla competizione e dal confronto. Sebbene entrambi parlassero di riforma strutturale, nessuno dei due modelli è stato effettivamente aggiornato. Invece, la crisi della catena di approvvigionamento indotta dalla pandemia ha accelerato l’attuazione di misure protezionistiche, dal reshoring o dall’amici degli investimenti aziendali alle restrizioni alle esportazioni. L’invasione russa dell’Ucraina e le sanzioni occidentali hanno ulteriormente accelerato questo processo e, attraverso l’armamento dei media, della finanza e del commercio, hanno reso inevitabili l’escalation e una maggiore incertezza.

Sia gli Stati Uniti che la Cina stanno ora lottando per salvare e riformare i loro modelli di governo, le basi del loro sviluppo e la loro influenza sull’economia globale. In effetti, è sorprendente che americani e cinesi stiano entrambi provando sentimenti molto negativi riguardo al loro benessere personale. (In Cina, i sentimenti negativi sul benessere personale sono a livelli record.) Entrambi sono preoccupati per il futuro e la fiducia è infranta. Tutto ciò indica che i rispettivi modelli socioeconomici devono adattarsi. L’Occidente (soprattutto gli Stati Uniti) sta vivendo un’elevata inflazione e affronta la prospettiva di una crisi energetica senza precedenti che inizierà questo inverno, data la dipendenza europea dal gas naturale russo. Gli Stati Uniti, l’Europa e il Giappone stanno tentando di affrontare insieme i loro problemi economici, riunendo nei formati del G-7 e dell’UE,

Stress, preoccupazioni ed esperienze negative negli Stati Uniti e in Cina
(clicca per ingrandire)

La Cina, invece, si trova relativamente isolata. Il compito più urgente del congresso del partito di quest’anno è ripristinare la crescita economica. Ma la Cina dipende troppo dal mercato statunitense per rischiare le sanzioni occidentali se si avvicina troppo alla Russia. Allo stesso tempo, anche gli Stati Uniti non sono amici, poiché di recente hanno rafforzato la loro presa sull’industria dei semiconduttori. Il più grande ostacolo alla ripresa della Cina è la sua politica zero-COVID, ma a causa della sua associazione con il presidente Xi Jinping, non può essere apertamente messa in discussione. Inoltre, la scarsa qualità dei vaccini cinesi contro il COVID-19 e la scarsa diffusione del vaccino tra le coorti più vulnerabili complicano la riapertura. (Pechino potrebbe ricorrere a una coercizione ancora maggiore per vaccinare la popolazione, una potenziale minaccia alla stabilità del regime.)

Mentre gli Stati Uniti (e l’Occidente in generale) scaricano aiuti militari e finanziari in Ucraina e distribuiscono denaro in patria per far fronte all’aumento dei prezzi dell’energia, la Cina sta limitando i suoi finanziamenti esterni a progetti come la Belt and Road Initiative, la chiave di volta della strategia cinese per costruire la sua influenza in Eurasia e oltre. Xi ha presentato la sua Global Security Initiative, un piano per un nuovo ordine globale, all’inizio di quest’anno, ma è pesante sui principi e leggero sui dettagli su come raggiungerli. Pechino può provare a plasmare le istituzioni globali e regionali per servire gli interessi cinesi, ad esempio facendo pressioni per una maggiore sovranità statale su Internet, ma non è chiaro se la sua ideologia avrebbe lo stesso fascino senza enormi finanziamenti a sostegno.

La lotta tra i modelli socio-economici americano e cinese continuerà nei prossimi mesi con l’intensificarsi della guerra economica globale. La Cina comprende i rischi di un confronto diretto con gli Stati Uniti e quindi lo eviterà. Nel suo tentativo di riscrivere le regole globali, Pechino preferisce la sottigliezza (come lavorare all’interno delle Nazioni Unite) all’approccio più diretto della Russia. Ad esempio, la Cina ha esercitato con successo pressioni affinché il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite iniziasse a dare la priorità ai diritti collettivi, come le garanzie di sussistenza economica, rispetto alle libertà individuali come la libertà di parola e di associazione. Allo stesso tempo, la Cina potrebbe cercare di assicurarsi un ruolo più importante negli oceani Indiano e/o Artico, dove le norme sono più flessibili che nell’Atlantico o nel Pacifico. In questo modo,

Per avere successo, tuttavia, la Cina deve rimanere stabile internamente e ciò richiede una riforma del suo modello in stile Polanyi. Ecco perché l’attuale congresso del Partito Comunista è importante. Chiunque nominerà la Cina come leader alla fine della settimana, il successo del partito per la riforma del modello socio-economico cinese determinerà il ruolo del Paese nel plasmare il sistema globale.

Antonia Colibasanu è Chief Operating Officer di Geopolitical Futures. È responsabile della supervisione di tutti i dipartimenti e delle operazioni di marketing dell’azienda. Il Dr. Colibasanu è entrato a far parte di Geopolitical Futures come analista senior nel 2016 e parla spesso di temi di economia internazionale e sicurezza in Europa. È anche docente di relazioni internazionali presso l’Università nazionale rumena di studi politici e pubblica amministrazione e professore associato presso l’Università nazionale rumena di difesa Carol I Dipartimento regionale di studi sulla gestione delle risorse della difesa. Prima di Geopolitical Futures, il Dr. Colibasanu ha trascorso più di 10 anni con Stratfor in varie posizioni, tra cui quella di partner per l’Europa e vicepresidente per il marketing internazionale. Prima di entrare a far parte di Stratfor nel 2006, la Dr. Colibasanu ha ricoperto diversi ruoli presso la World Trade Center Association di Bucarest. La dott.ssa Colibasanu ha conseguito un dottorato in Economia e commercio internazionale presso l’Accademia di studi economici di Bucarest, dove la sua tesi si è concentrata sull’analisi del rischio paese e sui processi decisionali di investimento all’interno delle società transnazionali. Ha inoltre conseguito un Master in International Project Management. È un’allieva dell’International Institute on Politics and Economics della Georgetown University.

LEGISLATURA E DUALISMO COSTITUZIONALE, di Teodoro Klitsche de la Grange

LEGISLATURA E DUALISMO COSTITUZIONALE

Qualche mese fa (21/12/2021) osservavo in un articolo che Costantino Mortati aveva elaborato il concetto (nella modernità dovuto principalmente a Lassalle) e coniato il termine di “costituzione materiale”. Il termine, secondo il giurista calabrese indicava «una raffigurazione della costituzione che colleghi strettamente in sé la società e lo stato, è da ribadire quanto si è detto sull’esigenza che la prima sia intesa come entità già in sé dotata di una propria struttura… e risulti sostenuta da un insieme di forze collettive che siano portatrici della divisione stessa e riescano a farla prevalere dando vita a rapporti di sopra e sotto–ordinazione, cioè ad un vero assetto fondamentale che si può chiamare “costituzione materiale” per distinguerla da quella cui si dà nome di “formale”».

Nella repubblica i partiti del CLN che avevano elaborato il testo della Costituzione alle successive prime elezioni politiche del 18 aprile ’48 conseguivano oltre il 90% dei voti, espressi da circa il 90% degli elettori: ne conseguiva che almeno l’80% dei cittadini italiani aveva votato i partiti del CLN. Fino agli anni ’80 la situazione variava di poco: i partiti ciellenisti conseguivano all’incirca l’80%-85% dei voti espressi.

Con l’ascesa della Lega e il crollo del comunismo tale consenso plebiscitario si riduceva. Già nel 1994 i partiti non ciellenisti (e non rivendicanti l’eredità di quelli) riportavano tra un terzo e la metà dei voti espressi.

Nel decennio trascorso il divario è cresciuto: il successo dei partiti anti-establishment dal 2018 (al più tardi) ha la maggioranza dei suffragi. Oltretutto anche tra gli altri l’affectio alla costituzione formale appare ridimensionato – almeno in alcuni.

La novità (prevista) – a questo riguardo – è che FdI, cioè il partito dei volutamente esclusi dall’arco costituzionale ha conseguito alle politiche il 26% dei suffragi, mentre il PD, cioè il partito della “costituzione più bella del mondo” ha il 18%. Inoltre la maggioranza anti-establishment è stata confermata. Dalla propaganda elettorale (e successiva) del PD basata in larga parte sull’antifascismo e sulla provenienza post-fascista della Meloni, a giorni probabilmente incaricata di formare il governo, si ricava che la Repubblica “nata dalla resistenza” e dotata della Costituzione “più bella del mondo” avrà un Presidente del Consiglio “post-fascista”. A parte la foga della propaganda, questo è un bel caso di “paradosso delle conseguenze”, scriverebbe Freund. Infatti se a una costituzione formale corrisponde una costituzione materiale diversa – e questo è il caso – la conseguenza non è che il popolo (e le forze politiche che ne hanno il consenso) deve adeguarsi alla Costituzione formale, ma che quella formale dev’essere adeguata a quella materiale, almeno in una democrazia.

Anche se sono convinto che nella situazione in cui è ridotta l’Italia, con oltre 5 milioni di poveri assoluti, vincoli esterni spesso matrigni, debito pubblico alle stelle, saccheggio fiscale e così via, quello di cambiare la Costituzione formale non è il problema più urgente, non bisogna trascurarlo né rinviarlo alle calende greche.

Soprattutto perché è la Costituzione ma soprattutto la forma di governo parlamentare ad essere una delle ragioni della decadenza della Repubblica. Questo già quando le forze riconducibili alla costituzione materiale avevano un consenso largo: ora che ci troviamo in una situazione di non corrispondenza tra formale e materiale, l’urgenza appare superiore. Il sintomo più evidente dell’allargamento del divario dopo, s’intende, il deperire dei partiti ciellenisti, è il crescere dell’astensionismo: governante la “seconda repubblica” l’astensionismo è aumentato di oltre 20 punti percentuali (alle elezioni politiche).

Secondo un modo di pensare diffuso, volto a considerare l’osservanza della legalità come criterio “moderno” della legittimità, è sufficiente osservare le procedure legali, in ispecie quella di successione al potere, perché il potere sia legittimo. Tuttavia senza disprezzare del tutto tale tesi, questa va ridimensionata. Ciò che fa delle leggi fondamentali un costituente/legittimante e un principio costituzionale è che siano scritte non sulla carta, ma nel “cuore” dei governati. Due pensatori agli antipodi come Rousseau[1] e de Maistre[2] lo sostenevano. E tanti altri hanno condiviso tale concezione: da Hauriou a Lasalle. Quest’ultimo riteneva la Costituzione formale “un pezzo di carta”, sul quale erano “buttati giù” i rapporti di forza effettivi. Se però questa operazione non era ne è realizzata, ne consegue un dualismo costituzionale, in cui a differenza (parziale) del dualismo di potere, chi ha la maggioranza non governa effettivamente, e chi governa effettivamente non ha la maggioranza.

Situazione squilibrata, che presuppone di essere (rapidamente) risolta.

Teodoro Klitsche de la Grange

[1] “Non vi sarà Costituzione buona e solida se non quella in cui la legge regnerà sui cuori dei cittadini” Considerazioni sul governo di Polonia”, Bari 1971, n. 179.

[2] “in che libro era scritta la legge salica… essa era iscritta nel cuore dei francesi” Des Constitutions politiques et des autres institution humaines, II,S. Pietroburgo, 1814.

Ancora un mondo unipolare_ Di: George Friedman

Un articolo perfettamente in linea con il pensiero dominante nelle élites dominanti statunitensi, ma va interpretato. Distrugge la retorica in voga nelle leadership europee, le più asservite, ma anche in alcune frange più autonome, annidate ad esempio negli ambienti militari francesi, del disinteresse americano verso l’Europa. Conferma l’indirizzo prevalente negli Stati Uniti di una sorta di unipolarismo ibrido o di un bipolarismo sbilanciato con un parziale riconoscimento del ruolo della Cina e un ostracismo dichiarato verso la Russia. Non sono da escludere errori, anche pesanti, di valutazione da parte degli strateghi russi. Quello che traspare, però, inconfessato, è l’effettivo pericolo rappresentato dalla Russia; quello di essere, magari insieme all’India, il possibile pivot di un mondo multipolare. Quello che è certo è che non va assolutamente sottovalutata la capacità operativa statunitense di agire su più fronti e con un bagaglio disponibile ancora particolarmente sofisticato. La situazione di stallo a Taiwan, la capacità di reazione in Ucraina, i focolai di crisi attorno al perimetro russo so lì ad attestarlo. Di certo la corda è sempre più tesa; vedremo in quale punto e a danno di chi si spezzerà. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Nelle ultime settimane, il presidente russo Vladimir Putin ha affermato che gli Stati Uniti stanno cercando di imporre un nuovo ordine mondiale, progettato per controllare la Russia, la Cina e l’Europa, nonché le potenze minori del mondo. Si è tentati di rimuoverlo come lo sfogo di un leader in guerra, ma c’è di più. Ignorate il fatto che la ricerca di un mondo unipolare da parte di Washington presuppone un livello di pianificazione contrario alla realtà americana. Ciò con cui Putin sta cercando di venire a patti è che nella pianificazione della guerra in Ucraina, Mosca ha completamente frainteso la natura del mondo.

In particolare, la Russia ha frainteso la sottigliezza americana. Gli Stati Uniti non hanno impegnato grandi forze militari per bloccare l’avanzata della Russia, né hanno ceduto alcuna parte dell’Ucraina. Gli Stati Uniti hanno compreso la minaccia rappresentata dalla Russia al confine con la NATO – cioè una nuova Guerra Fredda – e hanno compreso l’Ucraina meglio della Russia. Quindi ha inviato enormi quantità di armi in Ucraina, la cui potenza e raffinatezza non potevano essere eguagliate. Ha colpito in modo indiretto colpo su colpo.

Ancora, Mosca non è riuscita a capire  il rapporto dell’America con l’Europa. Più e più volte, gli europei si sono lamentati del fatto che Washington avesse abbandonato i suoi impegni europei. Il fatto che non sia mai stato così, non ha impedito ai think tank statunitensi di convalidare l’idea, né ha dissuaso la Russia dal crederci. In tempo di pace, gli Stati Uniti potrebbero fare a meno delle precedenti relazioni con l’Europa, dei litigi sulle regole commerciali e della dipendenza energetica della Russia. Ma quando è scoppiata la guerra, il rapporto si è trasformato rapidamente. La Germania, ad esempio, non apprezzava il carburante russo tanto quanto le garanzie di sicurezza americane. Gli europei sapevano che la Russia avrebbe potuto far loro del male e non si fidavano davvero dei russi, ma quando è arrivata la spinta, hanno capito che gli interessi americani erano in Europa. Putin, credo, è rimasto sbalordito quando ha appreso che i tedeschi erano con gli americani. Gli mancava una comprensione sofisticata che esistono diversi tipi di potere e che il potere proiettato dalla Russia era troppo schietto per funzionare. Putin non riusciva a capire il potere di apparire incerto.

Tuttavia, l’errore più grave commesso da Putin riguarda le relazioni degli Stati Uniti con la Cina, Paese in profonda crisi economica. Mosca non poteva né ferire né aiutare la Cina. Gli Stati Uniti possono fare entrambe le cose: aiutare aumentando gli investimenti e acquistando più beni, e danneggiando bloccando la vendita, ad esempio, di alcuni microchip. La Cina credeva di non aver bisogno degli Stati Uniti per riprendersi e si convinse che Washington potesse essere intimidita dalla potenza navale e connessa. Invece, Pechino ha scoperto che le sue minacce intorno a Taiwan e in altre aree hanno semplicemente generato più navi e armi da schierare contro di essa. L’utilità di un’alleanza con la Russia è stata infranta dalla consapevolezza che gli Stati Uniti avrebbero potuto rispondere militarmente in Ucraina e, contemporaneamente, nel Mar Cinese Meridionale.

Tutto ciò avrebbe dovuto essere ovvio e penso che la Cina fosse più consapevole delle capacità degli Stati Uniti rispetto alla Russia. Il presidente cinese Xi Jinping sapeva quando ridurre le sue perdite. Putin ha continuato a raddoppiare. Ciò sembrava essere stato convalidato nel fine settimana da un portavoce del 20° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese, le cui dichiarazioni sono state parafrasate dal quotidiano cinese Global Times come segue:

“Se uno degli eventi più importanti nelle relazioni internazionali degli ultimi 50 anni è il ripristino e lo sviluppo delle relazioni Cina-USA, di cui hanno beneficiato sia i paesi che il mondo, allora la cosa più importante nelle relazioni internazionali per i prossimi 50 anni è che la Cina e gli Stati Uniti devono trovare il modo giusto per andare d’accordo. La chiave per la Cina e gli Stati Uniti per trovare il modo giusto di andare d’accordo è il rispetto reciproco, la convivenza pacifica e la cooperazione vantaggiosa per tutti, proposte dal Segretario generale Xi Jinping. Gli interessi comuni tra Cina e Stati Uniti superano di gran lunga le differenze e una relazione Cina-USA solida e stabile serve gli interessi comuni dei due popoli”.

Siamo abituati alla Cina che lancia minacce contro gli Stati Uniti. Ora sta cercando modi per accogliere gli Stati Uniti. Ha notato la performance americana in Ucraina, sia sottile che brutale, e ha deciso che un’alleanza con gli Stati Uniti, per quanto vagamente definita o temporanea, è molto più attraente.

Non sorprende, quindi, che Putin veda gli Stati Uniti come una forza che cerca di creare un mondo unipolare, perché per certi versi è un mondo unipolare. Gli Stati Uniti sono la più grande economia del mondo, nonostante i problemi attuali. Ha anche un esercito sofisticato, in grado di portare una forza schiacciante, addestrare un esercito in guerra con nuove armi e usare la forza sottile per plasmare il mondo. Il potere americano non è assoluto e può essere superato. Ma è sufficientemente mobile per agire in sequenza quando l’azione simultanea è impossibile. In parole povere, gli Stati Uniti sono la forza economica e militare più potente del mondo, quando scelgono di agire. L’inerzia può essere confusa da uomini come Putin come debolezza. Gli Stati Uniti hanno imparato che con il loro potere intrinseco hanno il tempo di reagire.

Il pubblico americano vede spesso gli Stati Uniti come deboli e mal gestiti. C’è la tendenza a etichettare Joe Biden, Donald Trump, Barack Obama, Bill Clinton e George W. Bush come criminali o idioti o entrambi. Le stesse accuse furono mosse contro Andrew Jackson, Abraham Lincoln e Franklin Roosevelt. Il disprezzo per i comandanti in capo è un prerequisito per prevenire la tirannia, anche se ha i suoi svantaggi. Il movimento America First che si opponeva alla partecipazione degli Stati Uniti alla seconda guerra mondiale ha interferito con la capacità di Roosevelt di prendere decisioni. Ha avuto un impatto diretto su Pearl Harbor e ha causato un doloroso inizio per gli Stati Uniti alla guerra da parte dei giapponesi, che ovviamente si è conclusa in una catastrofe per loro.

La percezione della debolezza americana è globale, condivisa anche tra gli americani. Essere sottovalutati ha i suoi usi, così come esibire un pubblico che non si fida del suo presidente. Ma solo nazioni enormemente potenti possono permettersi il disprezzo. Gli ultimi mesi non ci hanno insegnato che gli Stati Uniti stanno finendo per un nuovo ordine mondiale. Ci ha insegnato che la Russia si sta indebolendo, che la Cina sta gestendo con attenzione le sue relazioni con gli Stati Uniti e che l’architettura internazionale creata dopo la seconda guerra mondiale, sebbene più complessa, rimane sostanzialmente al suo posto. È un mondo unipolare.

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OLTRE IL GIARDINO, di Andrea Zhok

Ieri il responsabile della politica estera dell’Unione Europea Joesp Borrell ha spiegato in un’intervista come in Europa vi sia “la migliore combinazione di libertà politica, prosperità economica e coesione sociale che l’umanità è stata in grado di costruire: tutte e tre le cose insieme”, e prosegue paragonando l’Europa a “un giardino” e il resto del mondo ad una “giungla che potrebbe invadere il giardino”. È per questa ragione che gli europei devono “andare nella giungla”, devono “essere molto più coinvolti nel resto del mondo. Altrimenti, il resto del mondo ci invaderà”.
Questo discorso nella sua schiettezza ideologica rivela molte più cose delle circostanze in cui ci troviamo di qualunque sottile analisi geopolitica. Certo, vi saranno strateghi che operano dietro le quinte ed esaminano la realtà con freddo realismo in termini di mero potere, economico e militare, ma ogni epoca, ogni civiltà poggia sempre su una qualche visione fondamentale, cui aderiscono i più, che operano al di fuori della “stanza dei bottoni”. Le parole di Borrell ci rammentano gli estremi di questa visione portante, che sta al fondo dell’attuale conflitto mondiale ibrido (noi siamo già nella Terza Guerra Mondiale, ma in una forma per ora ibrida, in cui le componenti economica e di manipolazione cognitiva sono almeno altrettanto importanti di quella militare).
Borrell ci ricorda, involontariamente, come l’Occidente abbia costruito la propria autocoscienza negli ultimi due secoli in una forma “progressista” (condivisa, beninteso, anche da quelli che si dicono “conservatori” in politica), una forma in cui il mondo “va avanti”, e individui e popoli si distinguono in “avanzati” e “arretrati”.
Noi occidentali, in quanto avanzati e progrediti, possiamo legittimare ai nostri occhi fondamentalmente ogni abuso ed ogni prevaricazione nei confronti degli arretrati, giacché il progresso funziona come un dispositivo di giustificazione morale. Il progressismo occidentale è in effetti una forma di razzismo culturale, straordinariamente arrogante ed aggressivo, che riveste la primitiva “legge del più forte” con decorazioni ideologiche di altissima parvenza morale (i diritti umani, i diritti civili, ecc.).
L’intero apparato intellettuale e propagandistico organico a questa visione produce a getto continuo giustificazioni ad hoc per qualunque violenza e abuso, adottando con sistematicità doppiopesismi mirabolanti e sofismi iperbolici (dal Congo belga a Wounded Knee, dalla Shoah a Hiroshima, dal Vietnam all’Iraq, ecc. è un libro degli orrori punteggiato di appelli al progresso). Al fondo di tutto ciò c’è un assunto roccioso, l’unica cosa davvero stabile e inconcussa: il senso della nostra superiorità. Ciascuna delle infinite prove del carattere aggressivo, predatorio, disumanizzante della civiltà occidentale contemporanea vengono automaticamente lette dall’apparato come errori di percorso, incidenti inessenziali, danni collaterali nel processo verso l’avanti, il di più, il meglio, il progresso.
Noi, gli Eloi, viviamo nel giardino, gli altri, i Morlock, nella giungla.
È interessante ricordare come l’intera fondazione storica di questo senso di superiorità è esclusivamente fondata sulla superiorità tecnologica, militare e poi industriale, maturata compiutamente negli ultimi due secoli. È con la rivoluzione industriale e la capacità di produrre in serie grandi quantità di armi micidiali che il senso di superiorità e avanzamento diviene pienamente convincente.
Non è certo sul piano spirituale, né su quello dell’armonia delle forme di vita, né su quello della felicità, né su quello della raffinatezza artistica, né su nient’altro che l’Occidente ha maturato la propria autocoscienza di superiorità, nient’altro salvo la forza tecnologicamente supportata. Per dire, non abbiamo elaborato niente di comparabile alle tecniche del corpo e della mente che possiamo trovare nella cultura indiana, cinese, giapponese, ecc. ma noi avevamo le mitragliatrici, loro no.
In effetti l’unica cosa che nutre e permette di definire uno standard di “progresso” è l’accumulo di potenza tecnologica. Se sia migliore, “più progredita” la poesia giapponese o quella tedesca è questione che nessuna persona sana di mente si metterebbe seriamente a discutere, ma che la tecnologia tedesca fosse superiore a fine ‘800 era dimostrabile sul campo, e ciò, ad esempio, spinse il Giappone (nonostante grandi resistenze) ad adeguarsi agli standard europei.
L’Occidente è dunque la forza storica che ha spinto il mondo nella direzione di una competizione infinita, illimitata, giacché ha creato un campo di gioco dove non c’era pietà per chi restava “indietro”. L’Occidente ha indotto il pianeta ad una sistematica “corsa agli armamenti”, in senso bellico o economico, sulla scorta della propria visione progressista di un avanzamento assoggettante.
Al contempo, sin dall’inizio e con sempre maggiore intensità, l’Occidente (che non coincide con la cultura, o meglio le culture, europee) ha dato mostra di entrare in ricorrenti crisi di autofagia, di destabilizzazione ed autodistruzione. Gli anni che precedono la Prima Guerra Mondiale sono anni culturalmente affascinanti per lo studioso perché sono una straordinaria, insistente elaborazione sul tema della disperazione, della decadenza e del nichilismo (esattamente in parallelo con il simultaneo levarsi delle lodi positivistiche al progresso, all’illuminazione elettrica, ai nuovi “comfort”). Le due guerre mondiali – gli eventi ad oggi più distruttivi che la storia dell’umanità registri – hanno semplicemente portato le lancette dell’orologio della storia di nuovo indietro di mezzo quadrante: e dagli anni ’80 del XX secolo le stesse dinamiche di un secolo prima iniziano a profilarsi.
Oggi e da tempo nel “giardino” occidentale la percezione di precarietà e di mancanza di futuro è generalizzata; siamo alla seconda generazione che nasce e cresce in una condizione di perenne crisi, di totale disorientamento, di sradicamento, di liquefazione dei rapporti, degli affetti, delle identità, di incapacità di identificarsi con un qualunque processo sovraindividuale, che sia storico o trascendente.
Questa condizione di degrado sociale e antropologico viene camuffato ideologicamente facendo di ogni ferita un vanto, di ogni cicatrice una decorazione: l’instabilità è “dinamicità”, la sradicatezza è “libertà”, lo sfaldamento identitario è gioiosa “fluidità”, ecc. Il male di vivere nelle generazioni più giovani, quelle tradizionalmente più disposte alla contestazione e alla protesta, è tenuto sotto controllo con la disponibilità di un sempre crescente mercato di intrattenimento standardizzato, funzionale a distogliere la mente da qualunque durevole forma di autocoscienza o generale consapevolezza. Quello che un tempo era il gin delle distillerie clandestine per l’operaio della rivoluzione industriale è ora fornito in forma di intrattenimento a domicilio da variegati schermi. Anche questo è progresso: in questo modo la forza lavoro dura di più.
Collocandoci in una posizione superiore e avanzata, questa visione consente di delegittimare in partenza ogni lamento, giacché per definizione, quand’anche noi in prima classe avessimo problemi, figuratevi tutti gli altri miserabili, in altri luoghi o tempi. Dunque smettete di lamentarvi e tornate al lavoro.
Questa concezione onnicomprensiva, in cui siamo immersi ad una profondità quasi insondabile, rappresenta una bolla al di là della quale non siamo in grado di immaginare che possa esistere alcun mondo degno di essere abitato (c’è solo l’oscurità della “giungla”). È per questo motivo che nel momento in cui, per la prima volta da due secoli, compare all’orizzonte l’ombra di competitori non facilmente assoggettabili, la sfida, per chi è imbevuto di questa visione, diventa qualcosa di assoluto, di esistenziale. Non si può cedere perché cedere significherebbe aprire la strada ad una relativizzazione del nostro sguardo, e questo solo fatto aprirebbe le cateratte dello scontento represso, del disagio covante sotto le ceneri, della disperazione dietro a mille insegne luminose.
È per questo che si tratta di un momento di particolare pericolosità: l’Occidente, traendo tutta la propria resistenza psicologica residua dalla propria immagine di superiorità non è nelle condizioni culturali di immaginare per sé una forma di vita differente. Perciò le oligarchie, che della forma di vita occidentale percepiscono solo i benefici, sono disposte a sacrificare fino all’ultimo plebeo pur di non cedere terreno, pur di non lasciar crescere alcuna vegetazione spontanea dentro il “giardino”.

da https://www.facebook.com/andrea.zhok.5

HOMO VOLUNTARIUS, di Pierluigi Fagan

HOMO VOLUNTARIUS. Non ho sottomano un affidabile vocabolario italiano-latino, GT mi restituisce questa tradizione per “uomo intenzionale”. L’intenzionalità, in filosofia, è spesso ricondotta ad una particolare definizione di Brentano per il quale ogni pensare è pensare a qualcosa. Il pensiero sarebbe quindi intenzionato. Ma noi qui usiamo “intenzionalità” nel verso più di senso comune “avere l’intenzione cosciente di…”. In tal senso, l’intenzione è un attributo della volizione, è volere qualcosa di prima pensato. Vi prego qui di non farvi distrarre dalle polemiche sulla “libera” volontà, concentratevi solo sulla volontà che ovviamente non sarà libera come non lo è il portatore del cervello-mente-corpo.
Non ho la mia biblioteca sottomano quindi tratto l’argomento a braccio, che per andare al sodo è anche meglio. È un argomento complicato, stranamente poco trattato. Attiene alla coscienza e l’autocoscienza. Su cosa sia la coscienza c’è voluminoso dibattito. Di recente, un neuroscienziato italiano trapiantato lì dove si fa ricerca seria, quindi negli Stati Uniti, Giulio Tononi, ha proposto la definizione di “informazione integrata”. Sarebbe lo stato integrato di funzionamento in stato di veglia del cervello a definire lo stato di coscienza. Afferenza dei cinque sensi (più il senso interno), memorie, pensiero, tutte attività sincronicamente operanti, darebbero lo stato mentale cosciente. Quando dormiamo, ad esempio, non tutte queste operatività funzionano. Ne consegue che lo stato cosciente lo condividiamo, perlomeno con tutti gli animali superiori, ognuno con la sua specifica qualità differente rispetto alle rispettive menti, quindi cervelli.
Purtroppo, tutto questo argomento è spezzettato in un gran numero di discipline ed ogni disciplina ha la moda di pensiero del momento, inclusi termini, concetti, luoghi comuni del pensiero. La conoscenza è attività sociale e quindi ci sono vari livelli: quello cerebrale, quello mentale, sarebbe meglio dire mentale incorporato (la mente sopravviene all’attività cerebrale che è un organo connesso ad altri organi facenti assieme il corpo) ed appunto quello sociale. Negli Stati Uniti, ad esempio, la ricerca su questi concetti è fortemente influita dagli interessi di sviluppo dell’AI, quindi è tutta “informazione”. Ricordo di aver letto una lunga intervista sul FT a quello che è considerato il più grande neurochirurgo del mondo (o almeno uno dei…), il quale ha aperto e messo mano dentro centinaia di cervelli, il quale sosteneva che quando leggeva i saggi di questo tipo di ricerche per lo più non capiva niente del cosa stessero parlando. È un fatto da me verificato più volte quello per il quale in gran parte di questa ampia e variegata comunità di ricerca, mancano i biologi. Vorrebbero replicare l’attività del cervello umano ma spesso sanno poco o niente proprio di cervello.
Non è questo il caso del Tononi che ha collaborato per vari anni con Gerald Edelman che quanto a cervello e mente sa bene di cosa parla, eccome. Però poi la sua comunità di ricerca l’ha consigliato a trasferire i discorsi in informazione, magari con qualche equazione perché così si fa.
Noi ce ne freghiamo di mostrare il nostro expertise specifico in questo o qual campo di ricerca su questo argomento usando i concetti di moda nel momento. Li abbiamo, studio questo argomento da anni ed anni, conosco la topografia di tutta la vasta comunità che ricerca intorno a questo sfuggente problema, definito “hard problem”, ma ci interessa andare al sodo non la sociologia delle cucine che cuociono le uova sode.
Se la coscienza è considerata l’”hard problem” per antonomasia (che lo sia davvero ci sarebbe da discutere), in ambito anglosassone è del tutto escluso voi possiate parlare di auto-coscienza, coscienza riflessiva, coscienza di secondo grado, coscienza che ha per oggetto sé stessa. Non è cosa scientifica e quindi ciccia, ragionano così. Il discrimine non è se un argomento esiste o meno, esiste solo se lo potete trattare in maniera scientifica. Storia lunga quella di spiegare come si passa dal Circolo di Vienna alla filosofia analitica anglosassone ed al dominio dello scientismo più ottuso che qui non possiamo trattare.
Sta di fatto che è proprio l’autocoscienza a dare all’intenzionalità umana una diversa qualità rispetto a quella degli animali superiori, inizialmente differenza di grado che poi diventa di modo. In pratica, è la differenza tra fare una cosa più o meno d’acchito o pensandoci su più o meno a lungo dopo di che liberate l’intenzione, fate la cosa che avete lungamente valutato e pensato di fare. Tutto questo pensiero che precede l’azione, si svolge da qualche parte nel nostro cervello e pare sia, sin dagli esordi dell’homo habilis che in inglese è detto “handy man”, il nostro più peculiare tratto distintivo. Marx, andando appresso agli inglesi per certi versi della sua mentalità, parlava di homo faber. Ma che sia “faber” perché fa e che fa perché ha le mani, quelle mani sono collegate ad un peculiare modo di funzionare del cervello.
C’è uno scavo di due milioni di anni fa, in iniziale habilis, in cui si trovano i resti di lavorazione di decine e decine di pietre scheggiate per una comunità il cui numero dedotto è assai contenuto. Se ne è dedotto che: a) preparavano le pietre non per un uso immediato, ma in previsione di…, anche con una certa propensione all’accumulo; 2) lavoravano in gruppo, una sorta di primordiale divisione del lavoro per specializzazione; 3) soprattutto, si procuravano la materia prima andando a 15 chilometri da dove poi l’hanno lavorata, lì nei dintorni non c’erano depositi di pietre. Quest’ultimo punto rivela la forma inedita della prima mente umana. Si doveva elaborare l’intera sequenza nella mente e tra l’altro comunicandola ai simili, prima di compierla: -se- alcuni di noi vanno a prendere tante pietre lì e le portano qui, -allora- le possiamo lavorare assieme in vista di… . Questo è il pensare prima di fare. L’intenzionalità è l’intera sequenza del pensare e poi fare.
Questo “pensare” si svolge in un sistema che qui chiamiamo “immagine di mondo”, l’intero sistema di logiche, memorie, concetti, esperienze, modelli e conoscenze stratificate messe a sistema che fanno la nostra mente. Chi controlla il pensare, controlla il fare.
Tutto il problema del campo di conoscenza che chiamiamo “politica”, attiene al come i membri di una comunità pensano prima di deliberare l’azione, individuale e collettiva. Dopo ci sono tradizioni, forme sociali, modi di produzione della sussistenza e tutta la complessità nota in filosofia e sociologia politica, prima però c’è individuo e gruppi che pensano, giudicano ed agiscono in base a ciò che hanno in testa.
Il primo, generativo campo del comportamento politico, è nella mente umana. Alcuni filosofi hanno duramente lavorato sulla forma della propria mente per arrivare a pensare in maniera indipendente ed emancipata. Nessuno ha elaborato una teoria emancipativa sul come aiutare masse critiche a condividere lo stesso processo di indipendenza ed emancipazione. Ne ha sentito chiara l’esigenza il Gramsci, ma il suo lascito non è stato ripreso, qualcun altro con interessi in pedagogia tipo Dewey ma poco altro. Se non si riprende quel lascito, non avremo mai una teoria politica emancipativa che funzioni ovvero produca cambiamento sociale e politico.
Le élite compaiono all’inizio della civiltà e da allora tali sono perché controllano la formazione dell’immagine di mondo. Se la democrazia dipende dalla sovranità, la sovranità mentale è la precondizione per ogni altra.
 Aggiungo un’altra considerazione sulla ricerca di nuove teorie emancipative. Così come la divisione del lavoro è propedeutica al controllo, quindi al potere dei processi produttivi, la divisione delle conoscenze come unica forma del nostro “conoscere”, lo è nel campo delle immagini di mondo. Veniamo da decenni di dominio dell’economico, ora stiamo scoprendo che il geopolitico sopravviene all’economico. Forse le due cose andavano ed andrebbero trattate assieme? Assieme a parecchie altre visto che sono in ballo questioni sociali, comportamentali, culturali, politiche, tecnologiche, militari etc etc?
CHE FARE NEL CASO DI “SONNO DELLA RAGIONE”? Nel suo “Sulla vocazione politica della filosofia” (Bollati Boringhieri, 2018), Donatella Di Cesare riprende una vecchia questione agitata a suo tempo anche dall’ultima opera del filosofo Costanzo Preve ovvero il fatto che il secondo libro di Metafisica in cui Aristotele compendiava la filosofia c.d. pre-socratica, ha condizionato la nostra interpretazione e tutta la successiva catena di trasmissione del sapere e dei suoi significati di quell’inizio del “pensiero che pensa se stesso”.
Nella filosofia pre-socratica c’era dell’interrogazione fisica (quasi tutte le opere dei pensatori del tempo a noi per altro non pervenute pare s’intitolassero “Sulla Natura” ed i primi filosofi di Mileto erano detti “fisici”) e sulla logica ed il linguaggio. Ma seguendo quanto sosteneva lo stoico Diodoto a proposito di Eraclito, molto altro invece riguardava faccende politiche.
Per altro, capire la logica della natura, la logica dello strumento con cui gli umani hanno interazioni (pensiero, logica e linguaggio) e la logica della forma di vita associata (polis), sono cose chiaramente intrecciate assieme. Le poleis erano fatte di uomini che dialogavano su come ordinare la città-Stato nel contesto più generale dell’ordine del mondo. Siamo tutti soci naturali della società detta Stato e lo Stato è la forma collettiva che usiamo per adattarci alla grande complessità del mondo. Da soli, moriremo in poco tempo e per questo, come molte altre specie, seguiamo la strategia del “totale più della somma delle parti”.
Lo stesso Socrate, per quanto difficile ricostruire il vero Socrate che non fu del tutto il pupazzo usato dal ventriloquo Platone per dire quello che preferiva dire usando la storica vittima della dissennatezza democratica come testimonial, era fino in fondo politico. Così molti altri dopo di lui, incluso Platone la cui Accademia, secondo il Berti, era una vera e propria scuola di preparazione all’attività politica e così il Liceo di Aristotele di cui si narra la collezione di poco meno di duecento diverse Costituzioni di altrettante poleis greche.
Il filosofo del tempo, sembra quindi si sentisse incaricato di svolgere una funzione di guardiano della polis e poiché i cittadini pensavano e discutevano, il filosofo si occupava di capire meglio come pensavano e come discutevano. Non il “cosa” pensavano e discutevano, ma il “come”.
Il famoso primo frammento di Eraclito in cui c’è una famosa questione interpretativa su una virgola che non c’è ma che se ci fosse, a seconda di dove la ponete cambia un po’ il significato della prima frase, l’efesino diceva che “unico e comune è il mondo per coloro che sono desti, mentre nel sonno ciascuno si rinchiude in un mondo suo particolare”. “Non solo l’intelligenza è comune, ma è sull’intelligenza che si basa (o dovrebbe) quello che è comune”, chiosa la Di Cesare. Avere la stessa percezione del mondo (intelligenza) poi non implica affatto si abbia la stessa opinione politica su come condurre gli affari della polis, ma se non si ha la stessa percezione del mondo non c’è alcuna possibilità di dialogo politico, quindi di democrazia. In più si scambiano sogni per fatti, desideri per opinioni, favole per realtà.
Da sette mesi, la nostra polis stretta ovvero l’Italia e quella larga ovvero l’Europa dentro quella più larga ancora che è la sfera occidentale, è saltata in una nuova fase storica aperta dall’atto compiuto dai russi di invadere un vicino con la forza armata. Prima o poi qualcosa del genere doveva accadere, chi studia il mondo sapeva che il fascio di contraddizioni interagenti con attrito, prima o poi avrebbe fatto “emergere” il conflitto esplicito che condurrà ad un nuovo stato del mondo. Quale? è appunto l’oggetto del contendere.
Chi scrive, sette mesi fa reagì ai fatti subito con molto allarme, tant’è che ripresi a pubblicare sul mio blog cosa che non facevo da tempo. Reagii con molto allarme non per il fatto in sé, ma per come si cominciò a reagire al fatto stesso. La cosa più allarmante era quella che immediatamente qualcuno cominciò a schierarsi da una parte e qualcun altro da un’altra. Si dirà, be’ è normale esprimere un giudizio di parte in queste cose. Forse, ma dopo aver capito su cosa. A me pare che da subito, una potente macchina del pensiero pubblico, ha fatto di tutto per non far capire cosa stesse succedendo, quali le dinamiche reali, i pregressi, le conseguenze. Mi sembrava, e da qui l’allarme, che si facesse di tutto per NON rendere “unica e comune” la percezione del mondo, dei fatti che accedevano.
Qualche giorno fa ho ascoltato una intervista di Mentana alla Meloni su questo argomento. La Meloni ha argomentato la sua visione geopolitica dicendo, in breve: 1) noi siamo occidentali, nel bene e nel male questo è il nostro sistema e vogliamo rimanere ben saldi in questo sistema; 2) anche perché fuori da questo sistema saremmo facile preda dell’unica altra egemonia possibile, quella cinese, cosa che aborro. Ora, io non sono d’accordo con la visione geopolitica e quindi politica della Meloni, però le riconosco almeno il merito di esser andata dritta al punto. Potrei dire che con lei condivido la stessa percezione del mondo, il mondo è comune e la condizione di vigilanza razionale, altrettanto comune. C’è una crisi grave che ci dovrebbe portare a discutere cos’è Italia in Europa ed Europa in Occidente ed Occidente vs Resto del mondo. Differiamo da qui in poi, ma c’è un “in comune” di partenza, il che è precondizione per avere un dialogo politico. Questo intendo per “mondo comune in stato di veglia” alla Eraclito.
Ieri stavo più volte per perdere le staffe a proposito della questione del gasdotto. Molti, anche insospettabili utilizzatori della ragione magari solo quando si occupano del ristretto del loro piccolo campo di conoscenze, vagavano in stato di sonno indotto. Dopo che i giornali hanno capito che dire che erano stati sicuramente i russi era troppo assurdo, hanno cominciato ad alludere. E si sono viste strane manovre di navi russe in quelle acque, e sappiamo che i russi hanno robot sottomarini, e chissà chi è stato anche se “molti” (molti chi?) indicano i russi etc. Una epidemia di sonno della ragione indotta che trasformava prontamente in zombie molti che non sono usi riflettere, che si espongono al flusso delle tecniche sofisticate di manipolazione del discorso pubblico e diventano amplificatori portatili di assurdità e difese sofistiche delle assurdità. Tipo: che prove hai che non sono stati i russi? Prove da tribunale giuridico nessuna, prove da tribunale della ragione quante ne vuoi anche perché di contro so che invece tu non hai nessuna, neanche una, neanche mezza che resista al vaglio della ragione.
Come avvertire i concittadini “hei, svegliati, stai dicendo cose assurde che ti hanno ficcato in testa a forza, riprenditi, riprenditi la tua ragione!”. Abbiamo tutti l’intelligenza, ma senza comune intelligenza non c’è comune, non c’è politica, non c’è democrazia, non c’è polis. Ribadisco, si può dire “ok NON sono stati i russi, ma comunque tutto sommato è un bene ciò che è successo perché a, b, c”, ci sta, ne discutiamo. Ma non si può discutere con chi nega l’uso della ragione poiché il dialogo è basato sul comune logos. Dal comune logos si possono poi trarre diversi giudizi, per carità, come nel caso della visione geopolitica mia e della Meloni. Ma senza comune logos, non c’è alcuna possibilità la polis discuta e decida sa sé, discuterà quello cha altri hanno deciso discuta, giudicheranno secondo gli interessi di questo o di quello, penseranno mischiando orribilmente ragione ed emozione, non sarà una polis ma una torma di invasati emotivi caricati a molla da qualcuno.
Poiché tutto ciò avviene nel menzionato passaggio storico decisivo che implica a cascata decine e decine di questioni delicatissime su decine e decine di aspetti della nostra forma di vita associata da domani ai prossimi trenta anni, forma che crediamo esser regolata su convenzione democratica, quindi sul dialogo su base di comune logos, che fare? Che fare se la “democrazia” non discute cosa fare della polis sul fatto storico più importante da decenni e con conseguenze per i prossimi decenni?
Eraclito diede la partita per persa, mandò a quel paese i concittadini e si rifugiò in campagna a scrivere il suo libro. Stanchi di esser pungulati da Socrate che dimostrava loro che neanche sapevano di non sapere le cose, gli ateniesi gli fecero bere la cicuta. Protagora ed Anassagora andarono in esilio e ne morirono. Platone morì nel suo letto tanto era un aristocratico elitista la cui carica sovversiva era negativa. Aristotele, pur tipo molto cauto, scappò prima che lo facessero a fette poiché sospettato di intelligenza col nemico macedone. Cosa deve fare un guardiano della polis quando la polis perde la ragione?
Come si fa a dire “guarda che non stai usando la ragione” ad uno che non sta usando la ragione?
Sono secoli e secoli che ci si fa la domanda e sono secoli e secoli che non troviamo la risposta. Forse il problema è il tempo. Forse non ci si dovrebbe trovare in tale situazione poiché lì non c’è soluzione. Forse ci si dovrebbe agitare quando i tempi sono calmi, forse si dovrebbe curare la ragione quando tutto sembra andare bene, forse si dovrebbe fare come gli agricoltori e lavorare molto ma molto intensamente molto prima del raccolto poiché porsi domande quando c’è il raccolto è tardi.
Scusate questo post, pesante, amaro e come si conviene nello stile antico greco, con un fondo aporetico, inconcluso.
[Il libro della Di Cesare è interessante, almeno la prima metà. Lo posto solo perché nei post ci va un’immagine ed il suo taglio è ben in tema]

IL TERZO, di Teodoro Klitsche de la Grange

IL TERZO

Julien Freund sosteneva che il conflitto è una relazione sociale bipolare, la quale comporta l’assenza (la dissoluzione, l’estraneità) del terzo dal rapporto. Utilizzando l’espressione del noto principio di logica, è caratterizzato dal terzo escluso.

Il terzo, scriveva il pensatore alsaziano riguardo alla polarità, la elimina in partenza, e poi la ritrova alla conclusione, senza contare che può infrangere la dualità conflittuale. Il terzo si manifesta così come la nozione correlativa, per contrasto, al conflitto.

Il terzo, scriveva Freund, aderendo alla tesi di Simmel, è di tre tipi. Il primo è il terzo imparziale, che non ha interessi nel conflitto, onde è il decisore/intermediario ideale per conciliare i contendenti a far cessare il conflitto. Deve avere autorità e in genere un certo potere per orientare la decisione delle parti in conflitto.

Il secondo tipo è “il terzo ladrone” (larron). Non è implicato nella guerra, ma ne trae benefici per se stesso. Tra i tanti sotto-tipi in cui può suddividersi tale tipo-genere, i più frequenti sono: poter perseguire il proprio tornaconto, contando sulla distrazione dei contendenti o, in altri casi, fare affari con i contendenti (o con uno di essi).

Il terzo tipo è quello del terzo che divide et impera. In questa sotto-classe il terzo non è né il decisore né il profittatore del conflitto: ne è talvolta colui che lo suscita, ma per lo più chi lo mantiene ed alimenta. Del quale tipo è ricolma la storia. Tanto per fare un esempio la politica di Richelieu nella guerra dei trent’anni, prima dell’intervento francese, in soccorso dei protestanti. O, per la politica interna, quella degli Asburgo verso i popoli nell’impero austro-ungherese.

Nella guerra russo-ucraina chi – e di che tipo – può essere il terzo? Il decisore, il profittatore, il suscitatore?

Quanto al profittatore, ce n’è tanti e, per lo più privati, che è superfluo parlarne.

Anche perché la posizione del terzo larron, è conseguenza – prevalentemente – di decisioni altrui e non proprie. Pertanto ha poche possibilità sia di suscitare che di far cessare la lotta.

Neppure si vede un terzo che abbia i connotati del primo tipo: non c’è nessuno che sommi in se neutralità (nel senso prima specificato), autorità e potere. Gli USA sono i protettori dell’Ucraina, come Richelieu lo era dei principi protestanti, e hanno ampiamente aiutato una delle parti e preso misure contro l’altra; l’U.E. non ha l’autorità, né il potere, e neppure è neutrale, anche se ha tutto l’interesse a far cessare il conflitto.

La Cina ha tenuto un comportamento relativamente equidistante tra i contendenti ed  è sotto questo aspetto, idonea; ma è dubbio se abbia il potere e ancor più il tasso minimo di autorità presso i contendenti. Il Vaticano si è saggiamente mantenuto in equilibrio tra le parti; ma anche se – credo – ha una certa autorità, ha pochissimo – o nessun – potere. Intendendo qui come “potere” l’impiego di incentivi alla pace o disincentivi alla guerra.

Di converso appare più chiaramente percepibile la presenza di terzi “suscitatori”. Forniture di armi e sanzioni possono disincentivare l’aggressore, ma sicuramente prolungano la guerra e probabilmente la intensificano.
Sempre tornando a Richelieu, la guerra dei trent’anni ebbe tale durata proprio grazie al denaro che il cardinale dava in abbondanza alla parte più debole, ossia ai protestanti. Per farla cessare fu necessario, tuttavia, l’intervento militare della Francia, con relativo abbandono del ruolo di terzo.

Nel conflitto russo-ucraino i “terzi” abbondano, ma dei tipi “polemogeni”; mancano, allo stato, quelli del primo tipo.

A meno che uno dei belligeranti non si riconosca sconfitto o ambedue trovino un’intesa pacifica (ipotesi che appare ancor più difficile), la durata appare rimessa alla volontà delle stesse. E la durata anche.

Teodoro Klitsche de la Grange

 

GUERRA ED ASCESA AGLI ESTREMI, di Teodoro Klitsche de la Grange

GUERRA ED ASCESA AGLI ESTREMI

Non è confortante la decisione di Putin di mobilitare una parte dei riservisti russi.

Contrariamente alla previsione dei media mainstream che le sanzioni avrebbero piegato l’aggressore, il quale era anche una “tigre di carta”, la tigre ha deciso di usare ambedue le zampe per combattere. Spinto a ciò dalla resistenza ucraina, superiore (e più determinata) del previsto, al punto di sviluppare delle controffensive locali che hanno avuto – negli ultimi tempi – successo. Data la limitatezza delle forze russe già messe in campo, la decisione – tenuto conto della perdurante volontà russa di perseguire l’obiettivo politico – è stata quella logica: aumentarle. Anche perché se le sanzioni riuscissero a piegare la Russia come asserito dai giornaloni, nessuno si azzarda ad aggiungere quando. E se si procrastina a qualche anno l’effetto delle stesse, Putin avrà tutto il tempo per occupare l’Ucraina (ma sembra non volerlo – e giustamente); dopo di che le sanzioni farebbero probabilmente la stessa fine di quelle degli anni ’30 all’Italia: essere revocate.

Quel che più interessa (e preoccupa) di tali previsioni à la carte è d’esser contrarie alla logica della guerra, per cui era prevedibile che il prosieguo delle ostilità  (anche) con la comminatoria delle sanzioni, avrebbero attizzato e non spento il conflitto.

L’aveva previsto due secoli fa Clausewitz, formulando quale “legge” della guerra l’ascesa agli estremi, ossia la tendenza del conflitto ad aumentare d’intensità. La guerra, scriveva il generale, è un atto di violenza e non c’è limite alla manifestazione di tale violenza. Ciascuno dei contendenti detta legge all’altro, da cui risulta un’azione reciproca che, nel concetto, deve logicamente arrivare agli estremi. Ossia una guerra logicamente tende a divenire assoluta, cioè senza limiti né di spazio né soprattutto di condotta. L’osservanza delle regole è subordinata al conseguimento della vittoria. Le restrizioni, come il diritto internazionale “non hanno capacità di affievolirne essenzialmente l’energia”.

Questo della guerra assoluta tuttavia è, secondo la terminologia weberiana un “tipo ideale”. Nelle guerre concrete “le probabilità della vita reale si sostituiscono alla tendenza all’estremo” per cui la condotta della guerra si sottrae (in parte) alla legge dell’ “ascensione agli estremi”.

Questo effetto moderatore della realtà, di cui scriveva Clausewitz, funziona; tuttavia può essere controbilanciato dal caricare di significati ideologici, religiosi, e quanto altro il conflitto, ed in particolare il nemico dipinto come criminale, pazzo, avido; onde la guerra diventa un atto di giustizia, volta a castigare un delinquente.

Mentre il fine della guerra “razionale”, come già scriveva S. Agostino, è la pace “la pace è il fine della guerra, poiché tutti gli uomini, anche combattendo cercano la pace… Perfino coloro che vogliono turbare la pace in cui si trovano… Non vogliono dunque che non vi sia la pace, ma vogliono la pace che vogliono loro”; presupposto della pace è trattare con il nemico, e quindi il di esso riconoscimento come justus hostis. La guerra dei giornaloni (e di parecchi politici) realizza proprio l’effetto contrario all’avvio di negoziati di pace.

A quanto sopra si può opporre che le misure prese dalle potenze occidentali, sia le sanzioni che le forniture militari a sostegno dell’Ucraina possono favorire nel segno della “guerra reale” lo squilibrio di forze tra i belligeranti e così favorire i negoziati.

Questi costituiscono (gran parte) degli strumenti di cui la politica può servirsi per smorzare le guerre. E il “fattore” di ri-equilibrio è sicuramente da valutare come mezzo per favorire i negoziati. Ma hanno altresì il difetto di procrastinare (al limite evitare) la conclusione della guerra per debellatio della parte più debole.

Questo se non ci sia da una parte e dall’altra  la volontà di voler porre termine alla stessa.

Perché come scriveva il generale prussiano (e non solo) fare la guerra si fonda sulla volontà dei contendenti, quella dell’aggressore di realizzare una pace diversa, e quella dell’aggredito nel conservare l’ordine preesistente.

Lo squilibrio dei mezzi, la stessa occupazione totale del territorio dell’aggredito spesso non ne comportano la cessazione, come provano le guerre partigiane.

E accanto, occorrerebbe un terzo che favorisse la pace, essendo credibile, autorevole ed equidistante; il quale nella specie, manca. Ma questa è un’altra storia.

Teodoro Klitsche de la Grange

 

Elezioni politiche 2022! Una mappa, di Giuseppe Germinario

Partito Democratico

Cala ulteriormente nei consensi, scricchiola anche nelle sue roccaforti, ormai ridotte a due e ½. Non riesce a mantenere integralmente nemmeno il proprio elettorato europeista. Non potendo schierare i propri pezzi da novanta, vale a dire Blinken, von der Leyen, Borrell e Michel. ha dovuto accontentarsi di candidare loro ventriloqui, a partire dal perdente senza successo Enrico Letta. Tutto sommato per il momento ha limitato i danni, sperando in una riedizione di governo istituzionale nel caso Meloni non sia in grado di reggere il fardello. Il tempo, per il PD, è la determinante fondamentale. Per un po’, ma non troppo, potrà reggere l’astinenza. Nel frattempo dovrà risolvere il suo vero dilemma: legarsi mani e piedi, con la prossima nuova dirigenza, alla parodia della sinistra democratica statunitense, nella persona di Elly Schlein e decretare la propria marginalità oppure lasciare la gestione allo zoccolo duro ed arroccato degli amministratori e tentare di trattenere i radicali al proprio interno e tra i collaterali. In caso di fallimento ritornerebbe l’alternativa di Calenda e soci interni ed esterni con conseguente scissione. Il colpo più duro subito, è anche il meno visibile. Come si sa, gli ambienti del Vaticano hanno rinunciato da anni alla costruzione di un partito cattolico collaterale o d’ispirazione; hanno distribuito le attenzioni in più parti. Al momento, specie con la guerra in Ucraina in corso, il Partito Democratico non è più il principale interlocutore del Vaticano.

Assieme a Fratelli d’Italia è rimasto, comunque l’unico partito nazionale; il partito, cioè, che nel suo declino ha mantenuto la forbice più stretta di consensi tra le varie parti del paese

Movimento 5 Stelle

Le elezioni hanno consacrato la costituzione e l’affermazione del partito del progressismo compassionevole. Il de profundis dei partiti del lavoro di antica e gloriosa tradizione. Non è un processo compiuto, ma è sulla buona strada. Non potrà fare a meno di trattare di politica economica. Affronterà in modo pasticciato e disastroso il tema, così come incubato con il bonus 110% in edilizia, con la pletora di bonus estemporanei come durante la crisi pandemica e con la sindrome da catastrofismo ambientale e da conversione energetica affrettata e prematura. Una ottima base per alimentare l’assistenzialismo possibile entro il quadro del prossimo disastro economico a venire e per lasciare mani libere alla dirigenza in formazione, senza mettere in discussione i processi fondamentali. Gode del supporto e della ispirazione fondamentali di settori importanti del Vaticano e rappresenta l’unico spiraglio ad una posizione meno partigiana ed oltranzista nella crisi ucraina. La solidità del sodalizio dipenderà dalla sua capacità di strutturarsi e dalla continuità dell’attuale politica del Vaticano. Nel caso non mancheranno i punti di appoggio nelle varie lande del paese.

Lega

Un risultato disastroso per due motivi:

  • sbiadisce drammaticamente la già pallida prospettiva di costruzione di un partito nazionale

  • rimane, ma fortemente ridimensionato, lo zoccolo duro della Lega Nord e con esso l’ossatura di amministratori e quadri che hanno mantenuto in piedi il partito. La novità più allarmante è che questi ultimi hanno cominciato a guardare e in parte ad approdare verso nuovi lidi. Come numeri non è arrivata ancora alla dimensione della crisi terminale della gestione Bossi; nella progressione e profondità della crisi la situazione è ancora più perniciosa, essendo meno credibili svolte estemporanee alla Salvini. È sufficiente dare un’occhiata al programma elettorale specifico della Lega per comprenderne la gravità dei dilemmi e la scarsa credibilità del tentativo di far quadrare il cerchio. Ne parleremo meglio in seguito.

Fratelli d’Italia

Rappresenta la grande scommessa, per meglio dire l’azzardo, del quadro politico nazionale. Troppa frenesia nel farsi accogliere e legittimare dall’attuale leadership statunitense. La condizione del suo iniziale successo, visti i tempi ormai sempre più brevi delle parabole dei politici emergenti in questo ventennio, è la permanenza dell’attuale leadership statunitense oppure il successo nel movimento trumpiano di una nuova versione delle politiche neocon, specie in politica estera. Troppo euforico appiattimento alle politiche più oltranziste degli Stati Uniti che la avvicinano più al nazionalismo suicida e fantoccio di stampo polacco che alla disinvoltura politica di Orban, Un atteggiamento del quale già Salvini, a suo tempo, ha pagato un prezzo salato, anche se determinato da altri motivi e contingenze. La lezione non pare essere servita. I margini operativi della Meloni e la qualità della sua dirigenza sono stretti ed inversamente proporzionali alla sete di governo e di occupazione dei posti. Mario Draghi le ha già preparato la polpetta avvelenata dei “poteri speciali” e Berlusconi provvederà, a tempo debito, ad organizzare la giostra delle migrazioni parlamentari per condizionare le sue scelte ed eventualmente portare alla sua defenestrazione. L’interrogativo fondamentale è questo: sino a quando gli Stati Uniti riterranno di qualche importanza sostenere l’Unione Europea e che ruolo potrà giocare la Meloni in questa riconsiderazione? La figura antitetico-polare a Mario Draghi?

Le liste “antisistema”

Il flop dovrebbe parlare da solo e insinuare dei dubbi anche tra i più ferventi adepti. È la conferma di una concezione della battaglia politica maturata nel ‘68 e che viene riproposta in maniera imperterrita non ostante le sconfitte parodistiche in Italia e dalle conseguenze ben più drammatiche in altre aree del mondo, come l’America Latina.

Mancano troppi fattori e condizioni necessari a costruire un partito e un movimento politico serio; in nome dell’emergenza, rimandandole, non si fa niente per costruirle:

  • una base culturale solida inesistente e, quando abbozzata, sempre piegata alla comoda individuazione e riproposizione di un fattore unico determinante in ultima istanza le strutture e le dinamiche di potere, nella fattispecie il ruolo del capitale finanziario. Una base culturale che comporta la capacità di creazione e penetrazione di strutture appropriate e di finanziamenti sufficienti;

  • la necessità di acquisire referenti nei centri e nelle strutture di potere ed amministrative;

  • l’individuazione dei soggetti sociali portanti di un rivolgimento sociale e politico, i quali non possono essere di certo gli strati marginali e periferici di una formazione sociale.

Lenin, a suo tempo, imprigionato dallo schema teorico dell’utopia marxista, ma da grande stratega e tattico che era, aveva riservato sì alle casalinghe la funzione di governo, ma nella fase compiuta di realizzazione del comunismo. Ancora si fatica a cogliere questo particolare tutt’altro che insignificante.

Se ne parlerà più approfonditamente una volta smaltita la sbornia postelettorale, giusto per non entrare nel calderone delle polemiche sulla responsabilità di sconfitte preannunciate e cercate.

Mi scuso per l’omissione delle altre formazioni sul campo.

L’esercito vuole raddoppiare o triplicare la produzione di armi mentre la guerra in Ucraina continua, di CAITLIN M. KENNEY

Una capacità da non sottovalutare, almeno sino a quando resisterà l’attuale sistema monetario, l’attuale presa sul mondo e l’attuale ordine politico interno. Giuseppe Germinario

GMLRS, HIMARS e colpi di artiglieria sono in cima alla lista.

I leader dell’esercito stanno lavorando per aumentare notevolmente la produzione di munizioni e attrezzature critiche prosciugate dagli arsenali di servizio per aiutare l’Ucraina negli ultimi mesi.

Con il supporto del Congresso, stanno lavorando per triplicare la produzione interna dei proiettili da 155 mm e almeno raddoppiare la produzione di sistemi di lancio di missili guidati a lancio multiplo e sistemi di lancio di missili di artiglieria ad alta mobilità nei prossimi anni, ha affermato Doug Bush, capo dell’acquisizione dell’esercito.

“Tutto ciò che è in corso e sarà fondamentale per sostenere l’Ucraina e il suo conflitto, ma anche per rifornirci e prepararci a sostenere i nostri alleati”, ha detto Bush ai giornalisti mercoledì.

Gli ucraini hanno combattuto l’invasione russa del loro paese per sei mesi e la loro controffensiva di successo nel nord-est ha recentemente visto analisti in Europa chiedere maggiore sostegno attraverso armi e aiuti. L’esercito ha risposto alla richiesta di armi, ha detto Bush, e si sta preparando a sostenere lo sforzo bellico in futuro.

“Non so quanto durerà il conflitto”, ha detto. “Stiamo facendo delle cose per assicurarci che, se va avanti a lungo, saremo in un posto per supportarlo sulla base delle migliori informazioni che abbiamo. La guerra come impresa incerta”.

Bush ha detto che di solito ci vogliono da diversi mesi a un anno per aumentare la produzione di qualcosa come un HIMARS da un tasso di cinque al mese a otto, motivo per cui i leader dell’esercito stanno lavorando a stretto contatto con gli appaltatori della difesa. Tuttavia, una maggiore produzione significa anche altri problemi da superare.

“A volte ci sono limitazioni, limitazioni fisiche, in cui puoi riempire una fabbrica, portarla a un tasso di produzione e poi se vuoi andare più in alto stai costruendo un’altra fabbrica, o stai trovando un’altra azienda per fare la stessa cosa da qualche altra parte, che non è nemmeno dall’oggi al domani”, ha detto. “Quindi direi che questi obiettivi sono più nell’alto numero di mesi o un anno per cercare di ottenere pienamente manifestati questi tassi di produzione aumentati”.

All’8 settembre, gli Stati Uniti hanno inviato 807.000 proiettili da 155 mm in Ucraina. Un anonimo funzionario della difesa ha dichiarato al Wall Street Journal il mese scorso che le azioni statunitensi sono ora “sgradevolmente basse”.

Bush ha respinto la caratterizzazione dei titoli da parte del funzionario, dicendo che solo i leader dell’esercito dovrebbero esprimere quei giudizi. Ha aggiunto che il servizio sta ancora producendo e accumulando scorte sufficienti per il normale addestramento e le missioni.

Bush ha detto che il rifornimento dei colpi sta ricevendo “la più grande attenzione in questo momento”.

I proiettili da 155 mm sono “la cosa su cui stiamo dedicando più sforzi e [su cui] abbiamo ricevuto un enorme sostegno dal Congresso, a causa dei tempi di consegna e della necessità di aumentare drasticamente quei tassi di produzione”, ha affermato.

Altre priorità principali sono GMLRS, missili anticarro Javelin e missili Stinger, quest’ultimo dei quali secondo Bush è “ben sotto controllo ora”.

Gli Stati Uniti hanno inviato “migliaia” di round GMLRS in Ucraina, ha affermato la scorsa settimana il generale Mark Milley, presidente del Joint Chiefs of Staff .

Ha anche inviato più di 8.500 giavellotti. Da allora il Congresso ha fornito ai militari oltre 1 miliardo di dollari per sostituire i missili. Martedì, l’esercito ha ordinato più di 1.800 giavellotti da consegnare entro il 30 novembre 2026, nell’ambito di un contratto da 311 milioni di dollari a Raytheon e Javelin Joint Venture di Lockheed Martin. Più di 1.800 di questi riforniranno le scorte statunitensi, ma il contratto copre anche un numero imprecisato di sistemi Javelin e supporto alla produzione per l’esercito americano e clienti internazionali Lituania e Giordania.

Bush ha affermato che il loro obiettivo è quello di obbligare tutti i soldi per la produzione di Javelin entro la fine dell’anno fiscale 2023.

Il Pentagono sta lavorando con i paesi alleati anche per produrre più di queste munizioni e incoraggiarli a donare all’Ucraina per alleviare parte della pressione sugli Stati Uniti, ha affermato Bush.

https://www.defenseone.com/policy/2022/09/army-wants-double-or-triple-some-arms-production-ukraine-war-continues/377225/

Condividere i segreti è stato “efficace” contro la Russia, ma la tattica ha dei limiti, afferma il capo della CIA

È solo una delle nuove aree per un’agenzia di spionaggio alle prese con cambiamenti tecnologici.

La declassificazione dell’intelligence per disinnescare le narrazioni russe ha “svolto un ruolo molto efficace” nella guerra durata mesi in Ucraina, secondo il capo della Central Intelligence Agency, in particolare quando fa parte di una strategia più ampia. Ma la sua utilità ha dei limiti quando si tratta di intelligence sulle minacce informatiche.

“Le decisioni di declassificare l’intelligence sono sempre molto complicate, ma penso che quando il presidente [Joe] Biden ha deciso con molta attenzione e in modo molto selettivo di rendere pubblici alcuni dei nostri segreti, ha giocato un ruolo molto efficace nel corso degli ultimi sei mesi , e penso che possa continuare a farlo, ancora una volta, se ne facciamo l’eccezione, non la regola”, ha detto giovedì William Burns, direttore della CIA durante un keynote al Billington Cybersecurity Summit.

Burns ha affermato che la gestione sconsiderata delle informazioni era il “modo più sicuro” per perdere l’accesso a una buona intelligence, ma rispetto all’invasione russa dell’Ucraina, ha aiutato a contrastare le false narrazioni fuori dal Cremlino.

“Penso che sia stato un mezzo molto importante per negare a Vladimir Putin qualcosa che l’ho visto usare troppo spesso in passato, ovvero creare false narrazioni, cercare di incolpare gli ucraini, creare false provocazioni in vista della guerra ”, ha detto Burns.

“E penso che quello che siamo stati in grado di fare lavorando con i nostri alleati e partner sia esporre il fatto che anche la guerra di Putin è un’aggressione nuda e non provocata e penso che quella giocata, quella declassificazione molto selettiva e molto attenta, abbia giocato un ruolo perfetto .”

Ma la declassificazione dell’intelligence potrebbe non funzionare per tutti gli scenari, in particolare quando si tratta di declassificare l’intelligence sulle minacce informatiche, sottolineando che la declassificazione deve essere eseguita “con attenzione”.

“Penso che dovremo stare attenti ad altri casi, che si tratti di minacce informatiche o di altri tipi di sfide che gli Stati Uniti e i nostri alleati dovranno affrontare in futuro”, ha affermato Burns.

Adattarsi al mondo digitale

La CIA sta anche facendo i conti con i rapidi cambiamenti nella tecnologia e come potrebbero costringere l’agenzia a cambiare il suo approccio alla raccolta di informazioni umane.

“Certamente, la rivoluzione tecnologica nell’era della sorveglianza tecnica onnipresente e delle città intelligenti, ha trasformato il modo in cui i nostri funzionari conducono il nostro mestiere e lavorano all’estero”, ha affermato Burns.

Ha affermato che gli avversari ora possono utilizzare l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico per estrarre anni di dati passati e “riconoscere i modelli nelle nostre attività che rendono molto più complicato condurre il nostro mestiere e la nostra professione e l’intelligenza umana in particolare, nel modo in cui eravamo abituato a farlo da anni e anni prima”.

Nel tentativo di adattarsi , l’agenzia ha creato un centro di missione per contrastare la Cina e un altro, il Transnational and Technology Mission Center, che mira a comprendere meglio “modelli e innovazione” nelle tecnologie commerciali.

“Abbiamo un contributo da dare in concorrenza con la Cina e con altri rivali, e cercando di aiutare i responsabili politici a capire qual è il modo migliore per sostenere le vulnerabilità nella nostra catena di approvvigionamento. Come possiamo competere con successo nelle sfere critiche, come tutti voi sapete benissimo, dai semiconduttori all’informatica quantistica fino alla biologia sintetica. Quindi stiamo investendo molta energia e risorse in questi sforzi”, ha affermato Burns.

Ha affermato che circa un terzo degli ufficiali della CIA lavora su questioni relative alla tecnologia, dalla sicurezza informatica all’innovazione digitale.

Ad aprile, la CIA ha assunto il suo primo chief technology officer: Nand Mulchandani, che in precedenza guidava il centro di intelligenza artificiale del Pentagono. Mulchandani è incaricato di produrre la strategia tecnologica decennale dell’agenzia e di promuovere i collegamenti tra l’agenzia, il mondo accademico e il settore commerciale e pubblico.

Burns ha affermato che è importante che la CIA disponga di una strategia tecnologica che “attinga tutto il talento e tutte le risorse che abbiamo”, in particolare nelle catene di approvvigionamento dei semiconduttori.

“Il primo incarico di Mulchandani è di lavorare, ancora, con tutti i nostri colleghi della CIA per produrre per la prima volta una seria strategia tecnologica a livello di agenzia che guardi a lungo termine, quindi penso che ci siano molte opportunità qui”, Burns ha detto.

https://www.defenseone.com/policy/2022/09/sharing-secrets-has-been-effective-against-russia-tactic-has-limits-cia-chief-says/376882/

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