Russian Media Today, 26 April 2022 _di gilbertdoctorow … il 28 aprile 2022

La notizia numero uno della televisione di stato russa il 26 aprile è stata l’incontro a Rammstein, in Germania, di funzionari della difesa degli Stati Uniti e di 40 paesi alleati per definire la politica sulla fornitura di assistenza militare all’Ucraina, inclusa la previsione di riunioni mensili di questo tipo in futuro.

La delegazione statunitense era guidata dal Segretario alla Difesa Lloyd Austin e le sue osservazioni sono state analizzate dai “capi parlanti” russi. Hanno anche espresso le loro considerazioni sul valore pratico delle consegne di armi pesanti che la Germania e altri paesi europei hanno promesso durante il raduno.

Come è ormai consuetudine, la migliore discussione su questi temi è stata nel talk show politico “The Great Game”, che presenta l’analisi più calma e raccolta delle notizie più importanti della giornata. Nessuno dei relatori cerca di sminuire gli altri, che è stata la lunga tradizione di tali spettacoli. Tutti sono avvertiti dal moderatore di non presumere di dare consigli militari al comandante in capo della nazione. Eppure anche qui era chiaro che l’umore dei relatori è per un’azione più decisa contro l’Ucraina in questo momento, ovvero il bombardamento delle “istituzioni decisionali” a Kiev, come ha proposto di fare il ministero della Difesa russo una settimana fa in risposta a Attacchi missilistici e di artiglieria ucraini oltre il confine con la Russia. Ciò è stato reso ancora più attuale dalle dichiarazioni della delegazione britannica a Rammstein che incoraggiava gli ucraini a fare proprio questo e dalla corrispondente offerta di spedire missili appropriati a Kiev ora. I relatori vogliono anche che le infrastrutture di trasporto dell’Ucraina vengano distrutte senza indugio per evitare che le nuove armi pesanti spedite a Kiev raggiungano le forze ucraine al fronte.

Sicuramente arriverà il bombardamento del centro di Kiev, rimuovendo di fatto il regime ucraino. Ma arriverà al momento della scelta di Vladimir Vladimirovich e segnerà la decisione russa di dividere l’Ucraina in più stati, come ha detto ieri il segretario del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa Nikolai Patrushev potrebbe essere nelle carte se la guerra si trascina a causa dell’intervento occidentale e delle cheerleader.

Rispetto alla dichiarazione di ieri di Lloyd Austin secondo cui l’obiettivo degli Stati Uniti è quello di indebolire notevolmente le forze armate russe per un lungo periodo di tempo, i relatori di The Great Game hanno offerto un’interpretazione che vale la pena ripetere qui. I russi vedono questo come un’ammissione da parte di Washington che la posizione degli ucraini sul campo di battaglia è senza speranza. Gli americani ora cercano di ridefinire i loro obiettivi in ​​modo da trasformare una sconfitta in un’apparente vittoria. Qualunque cosa accada in prima linea nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, Washington potrà dire di aver costretto la Russia a immergersi profondamente nella sua scorta di missili e altri equipaggiamenti ad alta tecnologia, di aver costretto la Russia a perdere una parte sostanziale dei suoi soldati professionisti .

Per quanto riguarda la spedizione appena annunciata di super carri armati dalla Germania e altri equipaggiamenti ad alta tecnologia da altri Stati membri della NATO, il panel russo sembrava fiducioso che sarebbe stato troppo poco, troppo tardi e sarebbe stato per lo più distrutto a terra dai missili russi e dai bombardamenti aerei.

Quanto sopra è molto più rassicurante sulla nostra sopravvivenza futura qui a Bruxelles ea New York di qualsiasi dichiarazione statunitense di ieri secondo cui la guerra nucleare è fuori discussione.

©Gilbert Doctorow, 2022

Media russi oggi, 28 aprile 2022

In adempimento della mia missione di portare ai lettori occidentali notizie di particolare importanza nei media russi su cui altrimenti sarebbero probabilmente all’oscuro, rivolgo l’attenzione alle informazioni pubblicate sul sito Web Interfax e riportate da Lenta.ru e altri importanti portali di notizie russi: il capo dell’intelligence esterna russa (SVR), Sergei Naryshkin, ha parlato dei piani della Polonia di prendere il controllo di parte del territorio dell’Ucraina.

Secondo SVR, la Polonia sta coordinando questo problema con gli Stati Uniti. L’idea è di stabilire il controllo militare e politico di Varsavia sui “suoi territori storici” che oggi rientrano nei confini dell’Ucraina. La Polonia introdurrebbe le sue truppe nelle regioni occidentali del paese con la copertura di una missione per “proteggere il territorio dall’aggressione russa”. Alla fine questo dovrebbe portare a una spartizione dell’Ucraina. I polacchi installerebbero un governo amico nel territorio che controllano, cacciando i nazionalisti ucraini.

Naturalmente, le ambizioni polacche nell’Ucraina occidentale sono storicamente fondate come lo sono quelle della Russia rispetto all’Ucraina orientale, che un tempo era conosciuta come Nuova Russia. I seguaci occidentali della guerra ora sapranno con certezza dove si trova la città di Leopoli, a 50 km o meno dal confine polacco. È la città in cui si sono ritirati diplomatici americani e di altri stranieri dopo che Kiev sembrava insicura nei primi giorni della guerra. È stato il punto di smistamento per i mercenari stranieri in arrivo e le consegne di rifornimenti militari in Ucraina dall’Occidente.

Dopo le tre partizioni della Polonia nel 18 ° secolo e per l’intero periodo del 19 ° secolo, Lviv alias Lvov alias Lemberg, fu una città polacca nota per la sua splendida architettura mitteleuropea e la sua vocazione filosofica: la città fu sede di sette mistiche religiose, sia ebraiche che cristiane.

Infatti, se vogliamo ripercorrere nella storia le origini dell’attuale conflitto in e oltre l’Ucraina, ci troviamo necessariamente indietro nel 16 ° e 17 ° secolo, quando le grandi potenze dell’epoca, la Turchia ottomana, la Polonia , Svezia e Russia erano tutte impegnate in una guerra per le terre che figurano nell’odierna Ucraina. Per una buona iniziazione alla cultura, o forse per meglio dire alla barbarie di quei tempi, che prefigurano quello che sta succedendo ora in posti come Bucha, un buon punto di partenza è con il romanzo Taras Bulba dell’autore ucraino-russo Nikolai Gogol . L’ho appena riletto in russo e vi assicuro che il romanzo è una splendida guida iniziale per comprendere le passioni dei giorni nostri.

Tuttavia, nessuno dei precedenti tiene conto della potenza militare che la Russia è oggi. Possiamo considerare la possibilità di una mossa polacca delle sue forze nell’Ucraina occidentale come il tipo di intervento che Vladimir Putin aveva in mente quando ha detto ieri ai legislatori riuniti a San Pietroburgo che avrebbe provocato un fulmineo contrattacco da parte della Russia. Nel frattempo, un simile possibile intervento della Romania per inghiottire la Moldova e minacciare di invadere il territorio separatista russo della Transnistria, stretto tra Moldova e Ucraina, potrebbe anche innescare una potente risposta militare da parte di Mosca.

La molla principale della storia si sta svolgendo in modo spasmodico e distruttivo.

©Gilbert Doctorow, 2022

https://gilbertdoctorow.com/2022/04/28/russian-media-today-28-april-2022/

“NON CE NE SIAMO DIMENTICATI”. Sul discorso del presidente Putin del 27 aprile 2022, di Roberto Buffagni

NON CE NE SIAMO DIMENTICATI”. Sul discorso del presidente Putin del 27 aprile 2022.

 

Il discorso del presidente Putin al “Consiglio dei legislatori” del 27 aprile1 segue immediatamente le dichiarazioni del Ministro della Difesa e del Segretario di Stato americani a Kiev2, che individuano come obiettivo strategico “rendere la Russia incapace di ripetere un’aggressione come quella all’Ucraina“; e la riunione della NATO a Ramstein, con le dichiarazioni del presidente Biden, secondo il quale ci troviamo in un frangente storico analogo al crollo dell’URSS3.

Le dichiarazioni ufficiali americane chiariscono che l’obiettivo strategico statunitense è la distruzione dell’integrità politico-territoriale della Russia, una frammentazione della Federazione russa sul modello jugoslavo analoga a quella che seguì il collasso dell’URSS. Infatti, solo così è possibile “rendere la Russia incapace di ripetere un’aggressione come quella all’Ucraina“. Finché la Russia resta politicamente coesa, essa resterà una grande potenza, che sarà SEMPRE in grado di muovere guerra ad altri paesi. Non lo sarebbe più soltanto quando fosse disgregata in entità politiche troppo piccole e deboli per designare autonomamente un nemico.

Ovviamente, su questa base è assolutamente impossibile ogni trattativa tra Ucraina e Russia, tra paesi occidentali e Russia. Le dichiarazioni ufficiali americane risultano infatti in una chiara minaccia esistenziale per la Russia.

Il discorso del Presidente Putin ne prende atto, e reagisce con fermezza, chiarendo che la Russia è disposta a opporvisi con tutti i mezzi a sua disposizione, e si richiama all’esperienza storica del suo paese:

Non abbiamo dimenticato i barbari piani dei nazisti per il popolo sovietico: scacciarlo. Ricordate, vero? Volevano costringere chi ne fosse in grado a lavorare come schiavi, a fare un lavoro servile, costretti in schiavitù. Chi venisse ritenuto superfluo, andava inviato oltre gli Urali o al Nord, per estinguervisi. Questo progetto è documentato, documentato storicamente. Noi non ce ne siamo dimenticati.

Ricordiamo anche come gli stati occidentali hanno incoraggiato terroristi e criminali nel Caucaso settentrionale nei primi anni ’90 e 2000, come hanno sfruttato i problemi del nostro passato, problemi reali, ingiustizie del passato nei confronti di interi popoli, compresi i popoli del Caucaso. Ma non lo hanno fatto per renderci migliori, nient’affatto. Hanno fatto tutto questo per riportare nel nostro presente i problemi del passato, per incoraggiare atteggiamenti separatisti nel nostro paese, e finalmente dividerlo e distruggerlo. Ecco perché hanno fatto tutto questo. Volevano ricacciarci nell’arretratezza. Molti hanno cercato di fare lo stesso con la Russia, in tutte le epoche.

[…] “Consentitemi di sottolinearlo ancora una volta: se qualcuno intende intervenire dall’esterno e creare una minaccia strategica per la Russia per noi inaccettabile, deve sapere che i nostri attacchi di rappresaglia saranno fulminei. Ne abbiamo gli strumenti, strumenti di cui nessun altro, oggi, può disporre. Non ci limiteremo a minacciare; li useremo, se necessario. E voglio che tutti lo sappiano: tutte le decisioni necessarie, su questo punto, sono già state prese.”

Da quanto sopra risulta che la Russia si dispone a combattere con tutte le sue forze per la propria sopravvivenza, e che è pronta a compiere gli stessi – spaventosi – sacrifici che l’hanno salvata dalla distruzione sia nella Seconda Guerra Mondiale (27 milioni di morti), sia nel più lontano passato, ad esempio contro l’invasione delle forze di coalizione europee guidate dalla Francia napoleonica.

Il 30 maggio 1962, alla Camera dei Lord, il Maresciallo Bernard Montgomery, Viscount El Alamein, disse: “Rule 1, on page 1 of the book of war, is: ‘Do not march on Moscow’.

L’Italia sta per partecipare a una guerra che si propone lo scopo di distruggere la Russia senza darsi neppure la pena di dibatterne in Parlamento. Per il bene dell’Italia, è necessario che tutti gli italiani protestino con la massima fermezza, in tutti i modi possibili e legali, contro questa decisione politica che coinvolge loro e i loro figli in una avventura bellica sciagurata.

2 “We want to see Russia weakened to the point where it can’t do things like invade Ukraine.” (Ministro della Difesa Austin) https://www.pbs.org/newshour/world/blinken-austin-return-from-visit-to-ukraine-say-russia-is-failing-in-war-efforts

Geopolitica della Russia_da Geopolitical Future

Un saggio senza dubbio interessante, ma con alcuni punti da chiarire:

  • la relativa debolezza della Russia rispetto alla relativa forza degli Stati Uniti e la compatezza e forza dei diversi sistemi di alleanza e cooperazione in via di formazione
  • la postura globale o prevalentemente locale della visione geopolitica russa rispetto a quella occidentale
  • la constatazione che comunque la Russia è una potenza nucleare di prim’ordine con un potere grandissimo di deterrenza
  • le alternative geopolitiche e geoeconomiche possibili della Russia rispetto a quelle del mondo occidentale.

Buona lettura, Giuseppe Germinario

Il presidente russo Vladimir Putin ha descritto il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991 come “la più grande catastrofe politica” del XX secolo. A quelli fuori dalla Russia può suonare come un’iperbole, ma per chi ci ha vissuto è una storia diversa. In breve tempo, hanno assistito al loro governo a Mosca, una potenza alla pari con gli Stati Uniti per quasi cinque decenni, perdere l’equilibrio e non riprendersi mai completamente. La Russia divenne indigente, persino senza scopo.
Il crollo dell’Unione è stato così traumatico che continua a definire l’identità della Russia di oggi.
E anche se il paese è rimasto formidabile nel suo vicino estero, è meno capace di una volta nel garantire i suoi interessi nazionali più lontani. Per capire perché è così, dobbiamo iniziare guardando una mappa.

Geografia, o i pericoli dell’Occidente

In effetti, la sfida più fondamentale e strategica della Russia – nelle sue due dimensioni internazionali e domestiche – deriva dalla geografia del paese. La gran parte del territorio russo si trova tra i 50 gradi e 70 gradi di latitudine. Per comparazione, la latitudine di Londra è di circa 51 gradi, quella di Berlino ha 52 gradi e quello di Ottawa 45. Il clima della Russia è generalmente fresco, e la vegetazione e l’uomo nel loro ciclo vitale tendono ad abitare aree che sono al di sotto dei 60 gradi di latitudine. Il cuore dell’agricoltura russa si trova a sud-ovest, lungo i suoi confini
con Ucraina, Caucaso e Kazakistan. Il clima e l’agricoltura spiegano molto dei motivi per i quali tre quarti della popolazione vive nella zona tra il confine della Russia con l’Europa e gli Urali. Le città più cruciali del paese, tra cui la sede del suo governo, inoltre, sono tutte vicine all’Europa. La Russia ha pochi fiumi, e quelli che ha fluiscono principalmente verso ovest, rendendo difficoltoso trasportare merci lungo il territorio nazionale.
La Russia compensa questi svantaggi naturali affidandosi alle ferrovie, che ulteriormente evidenziano l’importanza dell’occidente e delle regioni meridionali. Ed è così che la Russia è sproporzionatamente preoccupata – e in pericolo – per i suoi tratti occidentali.
In quanto potenza terrestre, la Russia è intrinsecamente vulnerabile.
Il suo confine con l’Europa è estremamente suscettibile all’invasione, situata com’è sulla pianura nord europea. Questa distesa piatta di terra inizia in Germania e, appena ad est dei Carpazi, ruota verso sud, aprendo proprio alle porte della Russia. Storicamente, è stata un’importante arteria di invasione militare occidentale. Poiché i nemici della Russia lo hanno fatto così spesso utilizzando questa rotta di invasione, Mosca ha provato a rendere più difficile per gli invasori raggiungere il suo territorio spingendo i confini della Russia il

più a ovest possibile. Quando i confini nazionali non potevano essere estesi, Mosca ha stabilito zone cuscinetto tra il nucleo della Russia e il resto della Europa. Al culmine dell’Unione Sovietica, Mosca ha goduto di un ampio zona-cuscinetto che si estendeva bene nell’Europa centrale.
Con il crollo dell’Unione Sovietica, però, la Russia ha perso la maggior parte di questi territori
e da allora è sulla difensiva. Considera che nel 1989 San Pietroburgo era a circa 1.000 miglia dalle truppe NATO. Adesso quella distanza è di circa 200 miglia.

UNA CONCENTRAZIONE DI RICCHEZZA

La geografia russa presenta una sfida si troppo evidente: chi governa il Paese deve gestire il paese più grande del mondo, che comprende popoli molto diversi, clima, risorse naturali e reti di infrastrutture. la Federazione Russa è composta da 85 soggetti federali che consistono amministrativamente in strutture che vanno da regioni autonome e repubbliche alle singole città. Di conseguenza, la Russia ospita economie altamente regionalizzate in cui ricchezza e prosperità sono distribuite in modo non uniforme.
La ricchezza è concentrata in Occidente, in particolare a Mosca e nel Distretto Federale Centrale.
In tempi di prosperità, la disparità economica può essere rappezzata e la pressione nei distretti ad alto reddito si allevia abbastanza facilmente.
Ma in tempi di costrizione economica, come è successo quando i prezzi del petrolio sono scesi alla fine del 2014, il governo centrale deve far fronte alla pressione sociale dei distretti più poveri dell’interno.
Non c’è da meravigliarsi, quindi, che lo sviluppo economico della Russia sia stato dalla fine della Guerra Fredda così irregolare. Gli anni ’90 erano dedicati alla sopravvivenza, non alla crescita economica. Le riforme del decennio erano finalizzate a una cosa: prevenire il ritorno della Russia al regime comunista.
La maggior parte dei russi viveva in condizioni di povertà o quasi; la maggior parte delle imprese statali sono state privatizzate – in offerta. La crisi finanziaria russa del 1998 e le proteste associate hanno portato a un grande cambiamento. Le persone erano pronte ad accettare un governo forte e così ha accolto con favore un sovrano più forte.
Entra in campo Vladimir Putin, che ha cercato di aggiustare l’economia e poi ricostruire il governo.
Da allora, lo sviluppo della Russia è stato basato sulle esportazioni di energia, che a loro volta hanno alimentato il bilancio della spesa e dei consumi.

Questo ha funzionato abbastanza bene quando i prezzi dell’energia erano alti. Ma quando cadono, cadono anche le entrate russe. Questo porta inevitabilmente a periodiche recessioni economiche. Dal 2015 al 2017, per esempio, i cittadini hanno protestato contro la disoccupazione, i salari bloccati, i tagli ai programmi di governo, salari reali più bassi, fallimento e frustrazione generale con standard di vita ridotti. Le proteste erano limitate, ma potevano minacciare Putin a lungo termine. Adesso tocca alle sanzioni occidentali minacciare l’economia russa e una volta, ancora una volta, Putin non deve solo mantenere il controllo ma mostrare anche alle persone che sta rispondendo ai loro bisogni.
Il modo in cui lo ha fatto è erigere un doppio livello del sistema economico. Controlla un livello attraverso la sua “cerchia ristretta”, che sono le aziende di proprietà statale, mentre l’altro livello è soggetto alle leggi del libero mercato. Quelle gestite dallo stato costituiscono circa un quinto della economia russa. Il popolo russo ancora sostiene Putin – e potrebbero anche fidarsi di lui – ma considerano oligarchi e amministratori regionali come persone corrotte. Il presidente deve contemperare i bisogni del suo popolo e i bisogni delle aziende che sostengono l’economia. Nel 2001 si è schierato con il popolo, ha condotto una campagna contro gli oligarchi per poi prendere il controllo dei media e delle aziende energia energetiche.

Ha anche riorganizzato parte dello stato e le agenzie di sicurezza che aiutano a mantenere l’ordine.
Ha istituito la Guardia Nazionale, che unifica diverse forze di sicurezza interna sotto il controllo diretto del presidente.
Lo scopo dichiarato delle truppe è quello di proteggere l’ordine pubblico, combattere l’estremismo, proteggere le figure e le strutture del governo, aiutare a proteggere il
confine e controllare il commercio di armi. Ha inoltre ins
ediato funzionari fedeli al suo governo
in luoghi importanti. Ad esempio, tra
il 2017 e il 2018, ha rimosso 16 generali dai loro incarichi presso il Ministero della Protezione Civile, le Emergenze ed eliminazione delle conseguenze
dei disastri nazionali; un corpo responsabile della risposta alla protezione civile,
ai disordini pubblici e proteste, all’interno del Ministero, sostituendoli con funzionari selezionati personalmente. I licenziamenti in primis hanno colpito il Caucaso, l’Estremo Oriente e città alla portata di Mosca – città dove, fino alla fine del 2017, era stato segnalato un aumento dei disordini.

Tutta la politica è locale

Politicamente, il governo russo sotto Putin ha consolidato il suo potere abbastanza presto.
Sotto la sua amministrazione, i partiti politici sono relativamente poco importanti; il sistema favorisce i partiti filo-Cremlino. Partiti che non supportano il governo hanno poche possibilità di ottenere seggi alla Duma, la camera bassa del parlamento. Nel 2000, a breve dopo aver assunto la sua prima presidenza, Putin in realtà ha ridotto il numero dei partiti rappresentati alla Duma. Nel 2012, l’allora Presidente Dmitri Medvedev sembrava fare marcia indietro su questa mossa approvando una legge che semplificava le procedure di registrazione per i partiti politici. Sulla carta, la nuova normativa intendeva aprire il sistema dei partiti a gruppi di interesse alternativi. In pratica, il sistema è rimasto chiuso.
Cinque partiti politici, tutti filogovernativi in una certa misura, attualmente dominano la Duma. Russia Unita, il partito di Putin, detiene 323 seggi su 450, facendo quello che dice Putin di fare. Il Partito Comunista (57), il Partito Democratico Liberale(23), Una Russia Giusta(27) e New People Party (14) detengono i posti rimanenti. Gli ultimi quattro partiti non sono visti come partiti ufficiali filo-governativi e quindi rappresentano almeno in parte l’opposizione. In particolare, il termine “opposizione” è usato liberamente; i rappresentanti raramente sfidano le iniziative guidate da Putin.

Voti espressi dai funzionari di questi partiti riflette un disaccordo con Russia unita e la burocrazia allo stesso tempo rimane fedele al presidente e al sistema. Hanno una certa distanza dal regime, ma non vi si oppone apertamente.
Putin ha anche consolidato il potere politico con l’epurazione dei governatori russi: un aspetto importante, considerando il rapporto tra governatori e membri del governo nazionale.
Spesso lavorano insieme, dipendono l’uno dall’altro e hanno cura degli interessi reciproci. Sono state reintrodotte le elezioni governative nel 2012, ma mentre la legge da reintrodurre si stava facendo strada nel sistema, più di 20 governatori erano riconfermati dal Cremlino, ritardando le elezioni in queste località fino al 2017. Poi, nel 2013 Putin ha firmato una legge regionale che ha permesso elezioni per decidere tra l’elezione diretta dei governatori o avere l’elezione regionale con seleziona e nomina di un governatore da una breve lista stilata da Putin.
I governatori regionali, a loro volta, svolgono un ruolo nel nominare membri del Consiglio della Federazione Russa, la camera alta del parlamento.
Il consiglio è composto da due rappresentanti eletti da ciascuna delle 83 entità federali della Russia. Un rappresentante è scelto dal legislatore regionale
e uno è selezionato dal governatore della regione. La lunghezza del mandato varia con l’entità federale. Costruito dentro questo sistema è un livello di reciprocità tra
governatore e presidente, abilitando ulteriormente Putin nell’esercizio di influenza. È in grado di garantire che un candidato ottenga una carica di governatore,e in cambio, il governatore può
nominare un membro pro-Cremlino al consiglio.

Questa relazione diventa ancora più importante considerando che il consiglio approva i decreti presidenziali di legge marziale, dichiara lo stato di emergenza, schiera truppe all’estero, sovrintende alla nomina presidenziale del procuratore generale e decide l’impeachment e i verdetti.
Putin ha dedicato gran parte della sua politica, di capitali e risorse per consolidare il suo potere attraverso le riforme inel governo dei vari organi di sicurezza. Ricostruendo il suo cerchio interno e rinnovando la struttura del potere, Putin ha dimostrato che ha bisogno di estendere la sua rete per garantire che decreti e politiche siano attuati correttamente e che i dissidenti restino messi a tacere.

Il fulcro della sua politica estera

Gran parte delle macchinazioni politiche di Putin, tuttavia, hanno lo scopo di perpetuare un mito all’estero. Il mito che la Russia sia forte quanto sembra. Senza la capacità di agire in modo altrettanto deciso come poteva fare durante la Guerra Fredda, in Russia è relegato a concentrarsi sul proprio cortile.
Le vulnerabilità lungo il suo confine occidentale costringono la Russia a mantenere un forte punto d’appoggio in Ucraina e Bielorussia. La Russia ha bisogno di questi due paesi per isolarlo dalle minacce esterne. Anche se la Bielorussia è rimasta saldamente all’interno della sfera di influenza della Russia nell’era post-sovietica, l’Ucraina no. Dopo che i sostenitori filo-occidentali hanno rovesciato il governo amico della Russia a Kiev, Mosca non aveva altra scelta che rispondere con forza. Sin dall’inizio del 2014 ha conquistato la penisola di Crimea e ha inviato truppe e rifornimenti ai ribelli pro-Russia che combattono nell’Ucraina orientale.
La Crimea è stata annessa in parte per garantire un punto d’appoggio in Ucraina e in parte per mettere in sicurezza il porto di Sebastopoli, sede della flotta del Mar Nero.
La marina russa è composta principalmente da quattro principali flotte – il Nord, il Baltico, il Mar Nero e Pacifico. I primi tre sono tutti basati sulla parte europea della Russia e sono vincolati da importanti strozzature che ne limitano l’accesso alle acque aperte. Dal momento che gran parte della Russia è senza sbocco sul mare, la perdita o la compromissione dei porti e del quartier generale per ognuno di queste flotte ridurrebbero gravemente il potere della flotta russa e incidono negativamente sul commercio marittimo.

Dal Mar Nero, attraverso il Bosforo, la Russia ottiene l’accesso al Mediterraneo e da lì l’Atlantico.
Nonostante tutto, l’Ucraina è rimasta la priorità assoluta della Russia e il fulcro della sua politica estera. La Russia post-sovietica non aveva nessuno né le risorse né i mezzi per riprendere l’Ucraina. Il potere ridotto della Russia ha forzato Mosca per adottare una strategia di disgregazione globale che mirava principalmente agli Stati Uniti. (La loro rivalità è un elemento dell’era della Guerra Fredda che rimane intatta.) Mosca lo ha fatto in modo più visibile in Siria, dove ha funzionato per sfruttare la sua influenza nella risoluzione del conflitto con un risultato più vantaggioso verso gli Stati Uniti che sull’Ucraina, anche se è stata parte attiva anche in Venezuela e Corea del Nord.
Ad esempio, a metà del 2013 si è inserita la Russia stessa nella crisi internazionale negoziando un accordo per distruggere il programma siriano di armi chimiche. Nello stesso anno, le proteste dell’Euromaidan in Ucraina hanno estromesso il Governo favorevole alla Russia a Kiev e sostituito esso con uno che ha favorito l’Occidente. In una posizione molto più debole di quella di pochi mesi prima, la Russia si rivolse ancora una volta al conflitto in Siria. Dopo aver rimodellato le percezioni del potere russo, rafforzando la posizione delle forze e dei suggerimenti di Assad nei negoziati con gli Stati Uniti, il limitato intervento siriano limitato ha ampiamente soddisfatto lo scopo strategico della Russia.
Recentemente la Russia ha deviato dalla globale strategia di interdizione e ha invaso l’Ucraina.
La mossa ha rivitalizzato la NATO e in generale la relazione USA-Europa. Mentre l’Occidente non si è impegnato direttamente in un’azione militare con la Russia in Ucraina, ha però fornito significativo supporto logistico e militare all’Ucraina.

In aggiunta l’Occidente ha applicato severe sanzioni contro la Russia, isolando il Paese da gran parte dell’economia globale. La Nato ha anche aumentato le rotazioni delle sue truppe, incrementato difesa e dispiegamento di sistemi d’arma lungo il fianco orientale della NATO. Per la Russia, l’aumento della presenza della NATO – e in particolare quella degli Stati Uniti – nel suo cortile costituisce una grave minaccia.

È una minaccia che non può gestire completamente. A più di 30 anni dal crollo dell’Unione Sovietica, la Russia sta ancora cercando di trovare la sua strada. Nella vita delle nazioni, 30 anni non sono così lunghi nel tempo, e la caduta degli imperi tende a risuonare per anni dopo. Inoltre, l’economia Russa dopo la pandemia ora deve affrontare gli ulteriori vincoli di sanzioni di vasta portata
Ciò è particolarmente problematico in una regione complessa e pericolosa come quella russa; una regione in cui apparire debole può essere una minaccia altrettanto grande che essere debole. La Russia deve contemporaneamente cercare di apparire più potente di quel che è e gestire meticolosamente la potenza che ha. Ma il vero potere è durevole. Le illusioni sono effimere. Azioni intraprese dalle nazioni deboli, progettate per farle apparire più forti quasi sempre falliscono nel lungo periodo.

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Media russi oggi, 25 aprile 2022, di gilbert doctorow

Come ho notato in precedenza, c’è una barriera tra ciò che i principali media occidentali riportano quotidianamente sulla situazione nella guerra Russia-Ucraina e più in generale sulla Russia rispetto a ciò che si vede alla televisione di stato russa e si legge nelle agenzie di stampa russe. Su consiglio di un collega a Washington, ora, con l’occasione che richiede, pubblico gli sviluppi delle notizie dalla Russia che il pubblico occidentale altrimenti non riceve, nonostante la loro importanza come indicatori di dove sono dirette le relazioni est-ovest e se è probabile che tutti noi sopravviviamo alla settimana prossima ventura.

La principale notizia di questo tipo in Russia oggi è la cattura riuscita da parte dell’agenzia di intelligence statale russa FSB di una banda di aspiranti assassini con sede a Mosca e che agisce agli ordini di Kiev di uccidere il principale conduttore di talk show russo Vladimir Solovyov, di cui io ho hanno scritto in queste ultime settimane. E la loro “lista delle vittime” ha continuato a coinvolgere altre personalità di spicco della televisione di stato russa: Dmitry Kiselyov (direttore di tutti i notiziari televisivi russi), Yevgeny Popov, Olga Skabeyeva e Margarita Simonian (direttore di RT).

La banda, che sembra essere composta da White Power e altri elementi neonazisti, è stata interrogata prima che le videocamere e i video fossero pubblicati su Internet russo dalla TASS e da altre agenzie di stampa statali.

Come ci si poteva aspettare, i media russi sono stati adeguatamente scossi da questa notizia. Ho colto la discussione sull’edizione pomeridiana di “The Great Game” di Vyacheslav Nikonov. I suoi relatori hanno visto questo “terrorismo” come una nuova fase nella guerra ibrida ucraina che viene gestita da Washington. I relatori hanno sottolineato che fino ad ora l’Occidente è stato molto fortunato che il presidente della Russia, Vladimir Putin, abbia mostrato grande tolleranza non rispondendo in modo gentile alla feroce guerra condotta da Washington, che rimane sempre un passo indietro rispetto alla guerra cinetica nell’errore convinzione che questi tipi di aggressioni siano a prova di acqua e si escludano a vicenda. I relatori hanno sottolineato che a un certo punto Putin risponderà davvero e la risposta sarà cinetica. Il messaggio è stato indirizzato ai signori Blinken e Austin, i quali, dopo l’incontro con Zelensky, ha affermato in una conferenza stampa al confine polacco-ucraino, che l’obiettivo degli Stati Uniti nell’intera questione della guerra ucraino-russa è quello di indebolire così tanto la Russia da renderla incapace di azioni simili in futuro. In un inglese semplice, quello che stanno dicendo è che l’ambizione degli Stati Uniti è quella di distruggere la Russia. Le mascherine sono state abbandonate.

Un altro elemento nelle notizie russe di ieri e oggi è stata la proiezione più volte al giorno di video girati negli Stati Uniti durante gli ultimi viaggi di Joe Biden attraverso il paese per vendere la sua narrativa sui travagli economici che l’America sta vivendo. Due discorsi separati si concludono con il voltarsi di Biden dal leggio e cercare di stringere la mano a qualcuno quando in realtà non c’è nessuno intorno a lui. Biden poi sembra perso e si ritira triste dal palco. 

Nikonov ha osservato che questi video non sono stati trasmessi dalle principali televisioni statunitensi, non sono stati riportati sulla stampa tradizionale. Il mio amico a Washington conferma che è così. Nel frattempo, il fatto del palese disorientamento di Biden è stato denunciato da Donald Trump un giorno fa – così almeno ha visto i video che i russi considerano indicativi della degenerazione mentale del presidente degli Stati Uniti e un segno della degenerazione dell’intera politica statunitense classe. Trump ha commentato che il disorientamento di Biden è qualcosa che il Paese non ha mai visto prima e che l’amministrazione Biden ha messo gli Stati Uniti sulla strada dell’inferno.

Dove finirà tutto questo? Non è diretto in una buona direzione

©Gilbert Doctorow, 2022

https://gilbertdoctorow.com/2022/04/25/russian-media-today-25-april-2022/

DAL PUNTO DI VISTA DI ZELENSKY, di Pierluigi Fagan

Considerazioni ed annotazioni come al solito valide e molto opportune. E’ sempre importante cogliere le determinanti dinamiche interne ad un paese; offrono gli spazi alle dinamiche geopolitiche e alle intrusioni esterne. Una chiave interpretativa essenziale che evita la comoda tentazione di attribuire sempre agli agenti esterni la responsabilità principale, se non esclusiva, di quanto avviene. Nella gran parte dei casi le élites interne hanno una capacità, una funzione ed una responsabilità essenziale che spesso e volentieri si elude, precludendo l’efficacia dell’azione politica. Buona lettura, Giuseppe Germinario
DAL PUNTO DI VISTA DI ZELENSKY. [Questo post è piuttosto lungo per i già lunghi nostri standard, ma è frutto di ricerche effettuate negli ultimi tempi, non è un post “teorico” è basato su diversi fatti. Se a qualcosa serve, potrebbe servire a saperne di più per capire di più.]
Avrete notato forse che Zelensky ha un preciso entourage e sono tutti mediamente giovani. Molti hanno studiato o lavorato in Gran Bretagna, qualcuno in America. Alcuni di loro zampillano dalle nostre reti televisive o in video on line e sono tutti dotati di capacità argomentativa non banale, sono molto decisi e cosa più importante, sono coordinati nel senso che sembrano usciti da una riunione di briefing in cui hanno condiviso tutti una unica linea. Si può ipotizzare esista una sorta di Zelensky & Partners, un gruppo coeso ed omogeneo di persone che condividono una precisa strategia politica per tenere il potere in Ucraina al fine di …?
Isoliamo questo soggetto collettivo, dimentichiamoci chi ha intorno come partner interessato (USA, UK, una parte dell’Europa orientale e dei vertici della burocrazia euro-unionista, l’oligarca Kolomoyskyi) concentriamoci sulle sue proprie ipotetiche intenzioni. Come forse saprete, questo gruppo è diventato un partito poco prima finisse la terza stagione della serie televisiva che vedeva Zelensky come protagonista. Si è presentato alle elezioni del 2019 e secondo quanto scriveva the Guardian tre anni fa quando ancora non eravamo arruolati (1) : … con “poche informazioni sulle sue politiche o sui piani per la presidenza, basandosi su video virali, concerti di cabaret e battute al posto della tradizionale campagna elettorale” ottenendo un insperato 30%.
La geografia del voto di questo primo turno, lo collocava al “centro”, sia geografico che politico. Ad ovest i nazionalismi di Poroshenko-Timoshenko, ad est i filo-russi confezionati in partiti apparentemente più di “sinistra”. Un gruppo di giovani ben intenzionati, con tecniche di marketing e comunicazione mediatica molto “occidentali” ha incarnato una possibile speranza. Sappiamo che questa speranza stava scemando prima del 24 febbraio, gli indici di gradimento della Zelensky e Partners (Z&P) erano in discesa e la rielezione fra due anni era data come improbabile.
Non credo si possa pensare che la Z&P fosse solo una associazione di potere ovvero un gruppo che ha tentato e vinto il vertice della tribolata nazione. Come detto sono “giovani” e rampanti e sembrano animati da ideali forti, giusti o sbagliati che siano, sembrano un gruppo di giovani europei occidentali e filo-anglosassoni che si sono paracadutati in un complicato e declinante paese ex sovietico. Per fare cosa?
L’UCRAINA PRIMA DELLA GUERRA: Prima dell’inizio della guerra, l’Ucraina era il 133° paese al mondo (quindi su 190 e poco più Stati) per pil pro-capite. In pratica, tra Guatemala ed El Salvador. Il peggior Paese dell’UE in questa classifica è la Bulgaria, 84°. Il risultato non cambia molto se usate il Pil PPP. A queste condizioni, l’Ucraina non sarebbe praticamente mai potuta entrare nell’UE. L’ammissione poi non avrebbe solo avuto a parametro questi indicatori quantitativi e su quelli qualitativi come trasparenza, corruzione, sostenibilità e prospettive, le cose sarebbero andate -se possibile- anche peggio.
Dal 2000 al 2021, l’Ucraina ha perso il 15% della sua popolazione per migrazioni, scarsa fertilità (la più bassa d’Europa) ed elevata mortalità tra gli anziani. È dal 1994 che l’Ucraina perde popolazione. Hanno anche perso la Crimea e forse potremmo metterci anche le due repubbliche popolari, sempre che non si debbano aggiungere abitanti dei vari territori che gli ucraini hanno già perso e continueranno a perdere nel proseguo del conflitto. L’ultimo censimento è ancora al 2000 e dichiarava 42 milioni di abitanti, ma altre stime più aggiornate (fatte dagli ucraini stessi) scendono fino a 32 milioni. Gli attuali 6 milioni di profughi, da vedere poi quanti di questi rimarranno fuori o rifluiranno verso casa, sarebbero ad occhio un altro -15% di popolazione in soli due mesi e sempre che si fermino qui.
Hanno anche la più alta percentuale di popolazione femminile in Europa dopo la Lituania e il secondo posto per tasso di mortalità dopo i bulgari. Molte donne quindi ma anche penosi indici di diseguaglianza di genere, 88° posto su 189 paesi secondo l’ONU . L’alto tasso di mortalità è dovuto alla congiura di diversi fattori quali l’inquinamento atmosferico dove c’è industria pesante, alcol, tabagismo, cattiva alimentazione, cattiva qualità del sistema sanitario nazionale.
Come saprete, la composizione etnica è mista con due poli, pienamente ucraina e tendenzialmente di cultura balto-slava europea all’estremo occidente, più russofona-fila all’estremo oriente. Il fiume Dnepr taglia in due il continuum ucraino e funge da separatore tra due diverse composizioni socio-demo su molti item.
A livello di criminalità, l’Ucraina è storicamente attiva la tratta di giovani donne avviate alla prostituzione in Europa mentre dai tempi della grande svendita degli asset militari sovietici dopo il 1991, è altrettanto attivo il traffico d’armi. Global Organized Crime Index nel rapporto 2021, quotava l’Ucraina come “il” o “uno dei principali” mercati d’armi in Europa, soprattutto piccoli e medi calibri e relative munizioni derivate dall’incessante flusso di armamenti proveniente dagli Stati Uniti da almeno venti anni. Armi ridistribuite al terrorismo e criminalità di mezzo mondo. È chiaro che l’attuale flusso proveniente soprattutto dall’Europa restia ad impegnarsi su armi di maggior peso, darà altro impulso al traffico. Quanto alla prostituzione e la tratta di esseri umani il problema è così vasto e profondo da meritare addirittura due specifiche pagine di Wikipedia.
Il rapporto 2013 del Dipartimento di Stato americano INCSR (International Narcotics Control Strategy Report) classifica l’Ucraina come uno degli hub chiave per il traffico di droga internazionale ed il primo hub per l’entrata in Europa di cocaina ed eroina tramite i porti di Odessa e Mariupol. La mafia ucraina è in solidi affari (armi, droga, donne) specie con la ‘ndrangheta calabrese.
Due anni di Covid con uno dei bassi indici assoluti di vaccinazione, hanno prodotto statistiche severe e gravi impatti sulla già claudicante economia e relativa organizzazione sociale.
Come segnalammo qualche post fa, l’Ucraina non era ritenuta un paese democratico dal the Economist nella sua speciale classifica condotta dal 2006. L’Ucraina era ritenuto il paese all’ 86° posto del Democracy Index, tra le Fiji ed il Senegal, qualificato come “regime ibrido” . Dal 2020, il Governo ha intrapreso una serrata lotta con la Corte costituzionale che ne limitava l’azione volta a porre leggi più rigide e severe, saltando però le cautele costituzionali. Complice la guerra, ha potuto arrestare e far sparire molta gente scomoda, silenziando i media non conformisti, mettendo fuori legge partiti nemici. La legge marziale è oggi prorogata almeno fino a fine maggio.
La diagnosi problematica è che l’Ucraina era sostanzialmente un paese fallito. Troppo grande, troppo poco popolato, troppo etnicamente disomogeno, troppo asimmetrico nei generi, troppo povero, strutturalmente troppo agro-industriale quando l’Occidente invece si è sviluppato nei servizi, troppo influito dai minacciosi vicini russi. Con troppi interessi di mezzo come nel sistema degli oligarchi tra cui un congruo numero di veri e propri delinquenti dediti al traffico di donne, armi e droga, tra l’altro spesso proprietari di vari mezzi di informazione. Un sistema del genere non aveva alcun futuro possibile e senz’altro nulla che potesse interessare il gruppo dei giovani Zelensky & Partners. Decennale e molto improbabile il processo necessario a riformarsi per entrare nell’UE. Che fare?
L’UCRAINA DOPO LA GUERRA? L’obiettivo strategico di Zelensky è stato dichiarato ai primi di aprile. Z. ha dichiarato l’obiettivo di far dell’Ucraina una “Grande Israele” (2) . Lasciate perdere il lato religioso del riferimento e concentratevi su quello geopolitico e strategico-economico. Israele è un paese non in pace, permanentemente all’erta contro nemici di circondario. Questo è un ottimo ordinatore interno perché semplifica la vita politica, quantomeno tutti gli israeliani sono uniti nell’idea di doversi difendere da vari nemici di circondario. La pratica dell’obiettivo prevede una militarizzazione importante della vita civile e soprattutto una chiara direzione di sviluppo dell’attività economica.
Questo ha fatto di Israele quello che un fortunato saggio americano del 2009 definì una “Start up Nation”. I primati tecnologici, di brevetto e sviluppo, di Israele nelle nuove tecnologie è universalmente riconosciuto e si ricordi che se queste attività partono da strategie militari, le ricadute civili sono anche importanti.
La stessa questione poco chiara dei bio-laboratori in conto terzi che già affollerebbero l’Ucraina disegna una possibilità di ospitare le forme di ricerca più avanzate ma anche più rischiose, ad esempio sull’A.I., un po’ come hanno tentato di fare i sauditi in cerca anche loro di un futuro, nel loro caso post-petrolifero. La ricerca avanzata in questi campi rischiosi da parte di USA, UK, Francia, Germania, ha bisogno di de-localizzare i rischi che non si possono correre nel proprio paese.
Gli investimenti militari e una mentalità orientata all’efficienza digitale, necessaria per qualunque guerra, potrebbero rappresentare lo stesso motore di innovazione per l’Ucraina, che già può contare su quattro “unicorni” – GitLab, Bitfury, People.ai e Grammarly – e su un ecosistema che è cresciuto di dieci volte negli ultimi cinque anni, passando a un valore complessivo di oltre 600 milioni di dollari e 146mila brevetti. Unit.city a Kiev è già oggi il più importante parco tecnologico dell’Europa orientale. Si tenga conto che questo posizionamento, è lo stesso occupato da dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia dalle tre repubbliche baltiche che, tra l’altro, son quelle che hanno registrato gli indici di crescita economica più importanti in Europa, negli ultimi decenni. Ma, come nel caso israeliano o delle repubbliche baltiche, questo tipo di sviluppo economico centrato sull’ICT, può reggere solo una demografia più giovane e contenuta di quella precedente.
L’UCRAINA IN GUERRA. La guerra, si sa, è un acceleratore. Nelle complesse transizioni storiche, la guerra ha svolto sempre il ruolo di “distruzione creatrice”, concentrare dinamiche disordinanti in poco tempo pagando con morti e distruzione materiale, una sorta di necessaria operazione senza anestesia, dolorosa ma necessaria.
Z&P si sono immediatamente mostrati pronti al conflitto e lo hanno gestito, certo anche aiutati, in modo davvero abile. Z&P avevano ed hanno bisogno della guerra per fare o far fare ai russi, operazioni di semplificazione dell’Ucraina. Rimpicciolire un territorio ingestibile e irriformabile. Chiarirne la composizione etnica rendendola omogenea. Diminuire la popolazione accettando la perdita di numeri per cessione territori ai russi e profughi scappati da tutte le parti. Servire la causa anglosassone sia di messa in profondo stress della Russia, sia della sua attuale dirigenza (Putin), sia di fargli usare la “tragedia ucraina” come perno per i regolamenti di conti nella battaglia di grande strategia tra bipolarismo e multipolarismo ottenendo in cambio protezione, gratitudine ed investimenti futuri per fare della martoriata Ucraina un caso di “futuro vincente” il che presuppone vari, futuri, piani Marshall. Ottenere in contropartita anche la necessaria spinta da parte americana verso la recalcitrante Europa, ad abbracciarne la causa al punto da comprimere i complessi passaggi per la piena entrata nella sfera europea che è l’obiettivo primario. Assorbire nel progetto i nazionalisti occidentali, distruggere l’ordito economico-sociale precedente, fare perno su una nuova classe militare forgiata in una guerra di resistenza e quindi potenziata in armi, logistica e potere.
Tutto ciò presuppone due cose sul campo. La prima è che gli ucraini sanno benissimo che perderanno formalmente la guerra coi russi al di là dei proclami, come si è lasciato sfuggire il noto gaffeur Boris Johnson rilevando quello che i suoi servizi e militari gli hanno spiegato a telecamere spente. Non è in discussione che l’Ucraina perderà o il sud-est o la parte ad est del Dnepr, si tratta solo di vedere come ed in che tempi. La seconda è che una guerra persa secondo i canoni normali di conteggio di territori persi, ordine perso, morti e distruzioni, può esser una guerra vinta se l’obiettivo è avere una Ucraina semplificata, compattata, assunta nell’alveo occidentale, velocemente, senza se e senza ma.
Non solo quindi la guerra sarà lunga, il tempo necessario a far pagare ai russi prezzi su prezzi sempre più alti come desiderato dagli sponsor anglosassoni, ma non finirà mai formalmente. La Nuova Ucraina in rampa di lancio per una modernizzazione 2.0 accelerata, avrà bisogno sia di ritenersi in “conflitto permanente”, sia di tenere attorno a sé i suoi preziosi alleati, sia internamente sospendere le normali convenzioni socio-politiche per procedere a tappe forzate verso la transizione di fase alla nuova terra promessa, la “Grande Israele”.
Mi rendo conto che questa è solo una articolata ipotesi, la questione -come vedete- è molto complessa, è sempre una questione di numero di variabili di cui tener conto e di come queste giocano assieme in un dato contesto di cui non si governano tutte le dinamiche, un gioco rischioso. Ma dietro ogni conflitto ci sono nodi e bisogno di scioglierli. Conosciamo forse la visione dei nodi dal punto di vista russo ed anglo-americano, da quello degli europei orientali e delle non perfettamente allineate tra loro élite di Bruxelles (Michel, von der Leyen, Borrell) e dei paesi europei occidentali, Francia e Germania in testa.
Ma sul campo giocano coi morti solo russi ed ucraini, capire la strategia di questi ultimi è indispensabile per capire meglio cosa succede e poter ipotizzare cosa succederà.

COME SI SVOLGERA’ LA FASE TRE DELLE OSTILITA’ IN UCRAINA?_di Roberto Buffagni

COME SI SVOLGERA’ LA FASE TRE DELLE OSTILITA’ IN UCRAINA?

 

Boris Johnson al “Financial Times”: “La Russia può vincere, mandiamo tank in Polonia”.

In vista del probabile successo della prossima offensiva russa e della conseguente neutralizzazione delle FFAA ucraine, i britannici, che hanno un ruolo di primissimo piano nella gestione delle ostilità, preparano la fase tre della guerra: finiti gli ucraini, facciamo entrare in campo i polacchi e i baltici.

La fase tre della guerra in Ucraina tra Russia, USA e NATO, si svolgerebbe così.

  1. La prossima offensiva, in cui la Russia impiega la sua superiore potenza di fuoco, neutralizza il grosso delle FFAA ucraine oggi fortificate nel Donbass. L’Ucraina non è più in grado di resistere efficacemente. Termina la fase due delle ostilità.
  2. Inizio della fase tre. Su richiesta di aiuto militare del governo ucraino (eventualmente rifugiato in esilio) al governo polacco e ai governi baltici, entrano in Ucraina truppe regolari polacche e baltiche, e un contingente di mercenari finti e veri. I mercenari veri sono forniti dalle aziende che forniscono contractors. I mercenari finti sono militari di paesi NATO che si dimettono dalle loro FFAA per non coinvolgere giuridicamente come belligeranti i propri paesi, e vanno a combattere senza mostrine. In Polonia si sta già raccogliendo un contingente che da quanto mi risulta conta già circa 120.000 uomini. Ingenti aiuti finanziari e materiali stanno affluendo in Polonia da USA e NATO.
  3. Il contingente polacco-baltico combatte i russi in Ucraina. I russi possono rispondere sul territorio ucraino, ma non possono colpire i centri di comando e logistici del contingente, situati in Polonia e nei paesi baltici, per non entrare in un conflitto diretto con la NATO.
  4. Le ostilità in Ucraina tra USA, NATO e Russia, combattute tra FFAA polacche e baltiche e FFAA russe, diverrebbero così interminabili, perché l’afflusso di truppe in Ucraina potrebbe continuare per anni, e la Russia non potrebbe colpirne la sorgente senza entrare in conflitto diretto con l’intera NATO.
  5. Lo scopo della fase tre delle ostilità sarebbe: aprire una ferita immedicabile nel fianco della Russia + isolarla politicamente + sfinirla economicamente con il costo delle ostilità che si aggiunge alle sanzioni. In sintesi: dissanguamento della Russia in vista della sua disgregazione politica.

La strategia occidentale sarebbe dunque provocare in Russia:

  1. Sfiducia della popolazione nei suoi governanti per l’alto costo umano e materiale della guerra, e l’assenza di una prospettiva credibile di sua conclusione favorevole.
  2. Crescenti dissensi all’interno del ceto dirigente russo, cristallizzarsi di una fazione capace di rovesciare l’attuale governo
  3. Risveglio e attivazione di forze centrifughe nelle repubbliche che costituiscono lo Stato federale russo, forze sempre latenti in una compagine multietnica, multireligiosa, multiculturale come la Federazione russa.
  4. “Regime change”. Rovesciamento del governo attuale, sostituito da un governo debole, incapace di opporsi con fermezza al processo di caotica disgregazione politica della Federazione russa, arrestandolo (v. punti precedenti).
  5. Disgregazione politica della Russia, che cessa di essere una grande potenza e viene così neutralizzata come nemico dell’Occidente.

Mi limito a sottolineare i più evidenti rischi di un eventuale SUCCESSO di questa strategia di frammentazione politica della Russia: chi si impadronirebbe dell’arsenale nucleare strategico russo? Quali paesi entrerebbero a occupare l’enorme vuoto geopolitico che si creerebbe? La Cina, per esempio, avrebbe l’assoluta necessità di garantire la sicurezza dei 4.500 km di frontiera con la Russia, e l’evidente interesse di appropriarsi delle ricchezze siberiane.

Ovviamente, l’attuazione di questa strategia, coronata o meno da successo, implicherebbe la riduzione dell’Ucraina a campo di battaglia permanente, con l’annichilimento della sua economia, il dilagare dell’anarchia e della criminalità, e un deflusso imponente di milioni di profughi. L’Ucraina diverrebbe una espressione geografica abitata dal caos.

Da quel che sono riuscito a capire dalle varie fonti primarie e secondarie consultate, il governo russo è persuaso che la strategia politico-militare occidentale sia questa che ho appena delineato: in sostanza, la replica ai danni della Russia del processo che condusse alla disgregazione politica della Jugoslavia. Penso che anche la popolazione russa se ne stia persuadendo, sia per l’effetto della propaganda governativa russa, sia, soprattutto, per la sconsiderata demonizzazione del popolo e dell’intera cultura russa messa in atto dai paesi occidentali, il cui evidente sottotesto è “voi russi siete disumani e meritate solo di essere distrutti e rieducati”.

Se questo è vero come credo, per la Russia la posta in gioco è letteralmente la sopravvivenza. Sopravvivenza dell’integrità politica e territoriale della Federazione russa, sopravvivenza della continuità storica e culturale della Russia, e, per finire, sopravvivenza personale dei componenti l’attuale governo e dei suoi sostenitori che non lo tradiscano. Ne consegue che la Russia si difenderà impiegando tutte le sue risorse materiali e morali: dichiarazione formale di guerra all’Ucraina, legge marziale, mobilitazione dei riservisti e coscrizione di massa, economia di guerra, se necessario impiego dell’arsenale atomico tattico e strategico; disponibilità a rispondere a un allargamento del conflitto alla NATO e agli Stati Uniti, eventualmente a provocarlo se costrettivi dalle necessità militari.

La prospettiva che ho delineato non è una certezza: è una possibilità, ma una possibilità nient’affatto improbabile coeteris paribus, ossia se non intervengono fattori di mutamento significativi nella situazione politico-militare: ad esempio, un fallimento dell’offensiva russa così completo da indurre il governo russo a cessare le ostilità, o una rottura del fonte politico occidentale.

Ritengo estremamente improbabile che la Russia incontri un fallimento militare così catastrofico da indurla a cessare le ostilità: sia per le risorse di cui dispone, sia per l’entità della posta politica in gioco: la cessazione delle ostilità in seguito a sconfitta sul campo destabilizzerebbe il governo russo, probabilmente provocandone la sostituzione con un governo revanscista.

Il fronte politico occidentale può essere rotto solo da un paese europeo importante, come Francia, Germania o Italia. Se uno di questi paesi adottasse, nel proprio interesse nazionale e nell’interesse dell’Europa tutta, la linea scelta dall’Ungheria di Orbàn, sarebbe estremamente difficile, per non dire impossibile, attuare la strategia di destabilizzazione e disgregazione politica della Russia.

Avverrà?

Le probabilità sono scarse, ma la possibilità c’è. Già ora Francia e Germania cominciano ad accorgersi del danno devastante che subirebbero applicando alla lettera le sanzioni che hanno pur votato. La Germania si rifiuta di inviare “armi offensive” all’Ucraina, per evitare la classificazione di “cobelligerante” (il diritto internazionale permette di inviare “armi difensive” senza divenire cobelligeranti del paese destinatario). Nelle Cancellerie europee, insomma, qualcuno comincia a riflettere sulle decisioni sconsideratamente prese nell’immediato, senza valutarne le gravi e anche gravissime conseguenze, sotto la pressione americana e per un riflesso condizionato del moralismo ideologico ufficiale condiviso dalle classi dirigenti UE.

Speriamo.

 

https://t.me/intelslava/26477

 

 

il conflitto militare in Ucraina 2a parte_con Max Bonelli

Da due mesi assistiamo ad una realtà obbligata del conflitto in Ucraina. Con essa la democrazia occidentale ha rivelato la propria potenza di fuoco e la perfetta integrazione del sistema mediatico nel sistema di potere. Non solo un megafono, quanto un costruttore di opinione ed una pesante modalità di condizionamento del ceto politico. Le vie del potere e dell’egemonia passano anche attraverso questi fili, non solo per le strade dirette. In questo rivelano il carattere sofisticato di esercizio nel mondo occidentale rispetto ai mondi emergenti. L’abuso, però, ne rivela anche la fragilità. E’ il contributo che intendiamo dare facendo emergere l’altra verità, certamente di parte; sicuramente più aderente alla realtà. Una realtà accessibile a tutti, sempre che la si voglia cogliere. Per giorni ci hanno tempestato di resoconti di telefonate di soldati russi impegnati a riportare a casa trofei domestici presi in prestito da case altrui, per la verità un po’ meno ingombranti. Pare che i comandi russi non abbiano però lesinato nelle punizioni. Nella foto vediamo certificato il compimento di un principio universale, questa volta da parte ucraina: la famiglia prima di tutto. Siamo sicuri che i nostri profeti sapranno riconoscere il giusto valore a questi sani principi. Siamo vittime di una propaganda di guerra tesa ad osannare il valore dei resistenti e il principio della libertà; un valore che in realtà è cieca ostinazione fondata su principi inquietanti di discriminazione che lo stesso mondo occidentale afferma di aver combattuto ormai otto decenni fa e su comportamenti del regime verso una parte della propria popolazione altrimenti inspiegabili. Non riteniamo di arrecare danno, comunque, alla causa ucraina con questa ed altre foto e video presenti nel servizio, visto che gran parte di essi sono forniti e diffusi con beata soddisfazione dagli stessi militari nel pieno esercizio delle loro funzioni. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v1200zi-il-conflitto-in-ucraina-2a-parte-con-max-bonelli.html

 

UCRAINA. LA GENESI DI UNA POLITICA DI AGGRESSIONE E I SUOI IDEATORI_ di Antonio de Martini

UCRAINA. LA GENESI DI UNA POLITICA DI AGGRESSIONE E I SUOI IDEATORI.

I DUE UOMINI CHE HANNO DIFESO L’IMPERO BRITANNICO ORA SONO I SUGGERITORI DELLA POLITICA USA.

La parte dell’opinione pubblica mondiale più sensibile alla propaganda si chiede perché mai l’Ucraina sia stata brutalmente attaccata dalla Russia. La parte più critica dell’opinione si chiede come mai sia successo.

Ventimila, forse, persone al mondo fanno risalire l’iniziativa agli Stati Uniti e di queste non più di diecimila conoscono le ragioni che hanno indotto il governo Usa ad un gesto tanto intriso di disperata audacia e probabilmente meno di duemila, non addetti ai lavori, conoscono quale meccanismo sia stato usato come intelaiatura dell’aggressione. Meno ancora ne conoscono la storia, che inizia nel 1898 con un uomo che Churchill definì “a man of no illusions”: Alfred Milner; e continua con un ammiraglio, capo dell’SIS ( secret intelligence service), l’ammiraglio Hugh Sinclair , morto il 4 novembre 1939 nome in codice Quex.

Naturalmente in questa, come in ogni mia descrizione, non offro considerazioni di carattere etico, prassi alla quale credo sempre meno e invito chi abbia a cuore la morale nei rapporti tra stati a passare oltre.

IL PRIMO

Alfred Milner, di padre inglese, nacque e studiò in Germania fino all’università. Gli rimase per tutta la vita un accento tedesco che lo spinse a mostrarsi più patriota degli altri e divenne un ” public servant”. Diventato giovanissimo governatore del Sud Africa britannico quando l’impero inglese, perse le speranze di assorbire pacificamente le due repubbliche boere ( Stato libero di Orange e la Repubblica del Sud Africa) che possedevano il Transvaal, (l’oltrefiume Vaal) che aveva avuto la ventura di avere nelle sue viscere la più grande vena aurifera mai trovata nel continente, nel 1867, decise l’aggressione.

Falliti i tentativi di assorbimento ” con le buone” , immigrazione massiccia inclusa, gli inglesi sarebbero passati alle maniere forti immediatamente, ma un forte movimento pacifista in patria, era di ostacolo, dato che la pubblica opinione capiva la “missione civilizzatrice” del’Inghilterra coi neri, ma i boeri erano bianchi e olandesi di origine e assalirli fu considerato un crimine e provocò polemiche violentissime pro e contro Paul Kruger, rustico presidente dei boeri, descritto come un macellaio.

Il giovane governatore si chiese se il movimento pacifista ( capitanato dalla sorella di un ufficiale destinato a diventare il comandante delle truppe inglesi in Francia nella prima guerra mondiale) avrebbe cambiato atteggiamento se i boeri avessero sparato il primo colpo e decise di giocarsi la carriera su questa carta.

In un messaggio ” Very secret” chiese ai suoi capi in Inghilterra ” Will not the arrival of more ( British ndr) troops so frighten the Boers that they will take the first step and rush part of our territory?”

Facendo questo, ” they would put themselves in the wrong and become the aggressors“.

Londra approvò e spedì di rinforzo oltre a un paio di battaglioni, nientemeno che il più famoso bardo dell’epoca Rudyard Kipling che per l’occasione, coi suoi reportages convinse l’opinione pubblica e coniando espressioni rimaste nella storia e nella letteratura, come ” il fardello dell’uomo bianco” ( che poverino deve amministrare gli incapaci..) e ” a est di Suez” espressione storica globale anch’essa.

I due battaglioni furono fatti sfilare minacciosamente alle frontiere più e più volte, fino a che il rustico Presidente Kruger abboccò vedendo il verme ma non l’amo, e attaccò.

Per vincere la guerra Milner si inventò anche i campi di concentramento, per facilitarsi il controllo dei civili boeri ( a volte dimenticando di nutrirli) e i Boy scout ( idea trovata buona dalla religione cristiana e diffusa in tutto il pianeta) che furono i primi bambini-soldato al mondo anche se addetti prevalentemente alla messaggistica e ai collegamenti.

Nessuna meraviglia se la prima guerra mondiale lo troverà a capo di gabinetto del premier e amante della di lui nuora.

l’Inghilterra aveva imparato a schivare l’ira dei pacifisti e a trasformarla in energia patriottica. Lo Zar di Russia, inviò un corpo di volontari a difesa dei Boeri e questa non é – come vedete- la sola somiglianza tra la campagna d’Africa di Milner e la guerra in atto in Ucraina.

IL SECONDO

L’Ammniraglio Hugh Sinclair era a capo del Secret Intelligence Service dal 1923, quando, prima dell’incontro di Monaco e un anno prima di morire fu chiamato da Neville Chamberlain , all’epoca era il primo ministro, ” asking Admiral Sinclair for a paper on what Britain should or could do to restrain Hitler without war”.

Nella foto accanto: il frontespizio di uno studio della Rand Corporation datato gennaio 2020 opera delle signore Stephanie Pezard e Ashley L. Rhoades della Rand Corporation , di 27 pagine che riecheggia fin dal titolo quanto meno lo spirito documento SINCLAIR britannico.

Della serie , come diceva Salvador Dalì, che ” tutto ciò che non é tradizione é plagio”.

Il documento, dal titolo ” What we should do” fu recapitato a Chamberlain il 18 settembre ( undici giorni prima dell’incontro di Monaco con Hitler).Il documento, fu redatto Da Sinclair, il suo vice, Menzies ( che doveva succedergli due mesi dopo la dichiarazione di guerra, il maggiore Malcom L Woollcombe ( capo della sezione politica)e forse il suo vice David Footman ( che risultò poi amico intimo di Guy Burgess , spia del KGB e quindi potrebbe essere stato trafugato. Perciò nel dopoguerra lo divulgarono eccezionalmente agli studiosi).

Inutile elencare tutto il documento, ma vale forse la pena di citare qualche briciola. Ad esempio sull’Italia: La Gran Bretagna “could never rely in an Emergency on the fickle ( incostante) and unscroupolous italiana. Italy would never be a stable factor in any defensive front, even if such were desirable” ma ” we can at least always work to keep them on the right side, treating them , above all, as equals, playing up to their pride, and always being quick to remove any suspicions which they may entertain as to our motives, at the same time never relaxing our vigilance on them”.

Sui paesi oggetto delle mire egemoniche tedesche, ( “L’Europa centrale e del sud est”, quindi non l’Italia) ” we should inject resisting power“, ” helping them financially” e ” making them realize that we and the French are strong and united.”

Se a questo si aggiunge la voce ” Turchia” giudicata ” powerful factor in Balkan resistance” e ” a bulwark in the Middle East”, avrete sotto i vostri occhi lo stesso identico quadro completo di oggi, mettendo la Russia al posto della Germania.

Notevole che non si faccia cenno alla instabilità psicologica di Hitler che invece si é fatta nella propaganda, così come si é fatta con Putin.

L’obbiettivo era assicurare la pace per dodici mesi per consentire al ministero dell’aeronautica di mettere in linea cinquantadue ” fast eight-gun Spitfire fighter into squadron service”.

Per avere la pace necessaria alla preparazione, suggeriva di abbandonare la Cecoslovacchia al suo destino.

I generali tedeschi che davano per scontata una resistenza da parte inglese ( che aveva garantito l’integrità cecoslovacca), vista la situazione desistettero dai piani del generale Beck e dell’ammiraglio Canaris che volevano defenestrare Hitler ( e lo aveva detto agli inglesi tramite Canaris) e si allontanarono dai congiurati.

La seconda occasione di liberarsi di Hitler si presentò cinque anni dopo con lo sbarco di Normandia e fu anche questa un fallimento. Gli inglesi , che prepararono la bomba, non sapevano che il Fuhrer lavorasse in una baracca con tenui pareti che crollarono senza provocare lo spostamento d’aria necessario alla uccisione degli abitanti.

E come da previsioni di Beck, la Germania perse la guerra e cinque milioni e mezzo di uomini.

Questa descrizione storica ( di Antony Cave Brown ) assomiglia come una goccia d’acqua alla situazione attuale con la Russia al posto della Germania e la Cina al posto della Russia.

Da queste descrizioni storiche, ( di Hochshield per Milner , Cave Brown per l’intesa coi vertici militari avversari e con gli inglesi sostituiti dagli USA) si può dedurre il modus operandi anglosassone ormai consolidato e la situazione Ucraina in cui

a) sono stati gli USA a provocare lo scontro e Putin ad abboccare come un contadinotto boero

b) esiste un canale di comunicazione tra gli alleati e vertici russi pronti a sostituire Putin ai primi cenni di sconfitta, ma non prima.

c) l’assunzione da parte inglese del ruolo di brillante secondo detenuto dai francesi nel 39.

d) la strategia é quella immaginata dal conte Schulemburg ( ex ambasciatore a Mosca)nel 1941/42 per la Russia occupata dalla wehrmacht: ” trasformare la guerra in guerra civile tra russi, altrimenti sono imbattibili.”

L’unica incognita é rappresentata dalle elezioni francesi di domenica che potrebbero , con Macron, rifiutarsi di rifornire con armi ( che comunque non giungerebbero mai integre al fronte, stante la superiorità aerea russa) come ha fatto la Germania e attorno a questi due renitenti si creerebbe una nuova Europa meno succuba degli USA, con una Italia giudicata inaffidabile da tutti.

https://corrieredellacollera.com/2022/04/21/ucraina-la-genesi-di-una-politica-di-aggressione-e-i-suoi-ideatori/

Dal Grande Gioco triangolare alla polarizzazione_di Alessandro Visalli

Dal Grande Gioco triangolare alla polarizzazione. Circa la posizione diplomatica e strategica cinese: Qin Gang e Yongnian Zheng

 

Sulla rivista cinese Guancha è presente[1] la notizia che il 18 aprile 2022 l’ambasciata cinese a Washington ha pubblicato sulla rivista “The National Interest” un articolo[2] a firma dell’ambasciatore Qin Gang. Nell’articolo l’ambasciatore definisce la posizione del paese.

 

La crisi e le sue ragioni

In primo luogo, la Cina afferma di amare la pace e opporsi alla guerra in ogni possibile circostanza, quindi di sostenere il rispetto del diritto internazionale e le norme che proteggono sovranità ed integrità territoriale di tutti i paesi, incluso l’Ucraina. La posizione cinese è dunque “westfaliana”, incardinata sul principio di sovranità (mentre quella Usa è, almeno dal tempo della crisi Jugoslava, ovvero dalla fine della Guerra Fredda “non vestfaliana”[3] ed imperniata sull’affermazione di una guida unica del mondo). Questa è la principale linea di divergenza che la nota, scritta in un misurato linguaggio diplomatico, esprime. Come risulta anche da precedenti esternazioni dell’ambasciatore si intravede l’interesse della Cina per la prosecuzione di un Grande Gioco triangolare, tra Russia, Usa e Cina ed il forte disappunto per il tentativo americano di semplificare il quadro polarizzandolo in uno ‘scontro di civiltà’ con fortissime connotazioni ideologiche.

Il secondo capoverso entra nella questione centrale delle lezioni che dalla crisi devono essere apprese. Riferendosi non per caso al “sistema internazionale del dopoguerra” (imperniato sull’Onu e quindi sul principio vestfaliano di autodeterminazione dei popoli e sovranità delle nazioni) l’ambasciatore denuncia come si trovi ora a dover fronteggiare la pressione più pesante dal tempo della Guerra Fredda (ovvero dal 1991). In rapida successione si è avuta, infatti, una pandemia, la crisi Ucraina e le relative sanzioni senza precedenti, quindi la spirale dell’inflazione riattivata e la recessione incombente. La ‘caldaia’ del sistema internazionale è perciò sotto pressione critica, bisogna ridurre la pressione.

Qin Guang

Il centro della crisi è in Europa, per la quale è necessario sia cessare la guerra sia progettare un sistema equilibrato, stabile e sostenibile di sicurezza comune. L’esempio da seguire è illuminato dalla diversa reazione che l’Occidente e i paesi orientali ebbero alla fine della Guerra Fredda ed al cambio di regime con crollo del Urss e del relativo impero. Mentre la Nato si estendeva verso oriente, ricercando una sicurezza a scapito di quella russa, la Cina, la stessa Russia ed i paesi dell’Asia centrale hanno promosso il meccanismo “Shangai Five”. Nel 1996, proprio mentre il Presidente Clinton annunciava l’estensione ad Est della Nato, la Cina, la Russia, il Kazakistan il Kirghizistan e il Tagikistan hanno firmato un Trattato sulle regioni di confine. In esso, poi sviluppato come “Organizzazione per la Cooperazione di Shangai”, i principi ordinatori sono stati la fiducia reciproca, il vantaggio reciproco, l’uguaglianza, la consultazione, il rispetto della diversità culturale e il perseguimento dello sviluppo comune. Come conclude dunque l’ambasciatore, se si sceglie la sicurezza a danno degli altri questa diversa scelta porterà frutti cattivi.

Questa crisi sembra porre fine anche al principio stabilito nelle visite del Presidente Eltsin in Usa ed in Cina nel 1992: quello di non considerarsi avversari. Sulla base di tale criterio le relazioni tra Cina e Russia in trenta anni si sono attenute al triplice principio di non confrontarsi, non prendere di mira terzi paesi, non allearsi ma restare indipendenti. Quindi “la Cina è stata e rimarrà un Paese indipendente che decide la propria posizione in base ai meriti di ogni questione, immune da pressioni o interferenze esterne”. Tuttavia, le relazioni tra Usa e Russia stanno scivolando verso una nuova guerra fredda che non è nell’interesse né della Cina, né della Russia e neppure degli Usa. Una relazione peggiore tra Russia e Usa non porterà, avverte, ad una migliore relazione tra Cina e Usa. Ma, d’altra parte, anche se la relazione tra Cina e Russia peggiorasse ciò non porterebbe a migliorare quella degli Usa con la Russia stessa, o viceversa (in altre parole, il messaggio agli Usa è <non ci separerete per combatterci uno alla volta>). L’articolo prosegue negando che le buone relazioni tra Cina e Russia implichino un “Asse Pechino-Mosca” nel rifiuto delle sanzioni. E avvertendo che trascinare verso il basso le relazioni tra Cina e Usa (ad esempio, coinvolgendo Taiwan) non farebbe bene a nessuno ed alle future generazioni.

 

Una proposta di cooperazione per il disegno del Nuovo Ordine

Venendo al centro del testo, per l’ambasciatore i destini attuali dell’Ucraina sono legati nuovamente a quelli di tutto il mondo (nella Seconda guerra mondiale il paese è stato sede di alcune delle battaglie più decisive del conflitto). Ricordando l’orrore della guerra ed i quattro decenni di pace, bisogna aver perciò chiaro che in nessun modo “qualsiasi paese o blocco di paesi” può avere la “sicurezza assoluta” ignorando quella degli altri, o, per dirlo meglio, a danno degli altri. Come dice “senza rispetto, fiducia, accomodamento reciproco e cooperazione il mondo non sarà mai pacifico”. Quindi la Cina e gli Stati Uniti devono collaborare sia a combattere il riscaldamento globale come il raffreddamento del clima politico internazionale, superando ogni diversa percezione della crisi ed esercitando sforzi congiunti nella prospettiva di lungo termine. Affrontare insieme le altre aree di crisi, prevenire gli impatti sull’economia ed il commercio globale, la finanza, l’energia, il cibo e le filiere industriali e di approvvigionamento.

Cina e Stati Uniti, come grandi paesi, hanno questa responsabilità storica: impegnarsi per una pace duratura, la sicurezza universale e la prosperità comune per i 7,8 miliardi di abitanti del mondo.

 

La lettera dell’Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica Popolare Cinese negli Stati Uniti si conclude quindi con una precisa offerta: la Cina offre la cogestione e propone il ridisegno delle Istituzioni internazionali su una rinnovata base ‘vestfaliana’, fondata sul riconoscimento della pluralità dei valori ed il rispetto reciproco. Propone di creare un nuovo Ordine mondiale sulla base del multilateralismo e di diplomazie variabili che incontrino gli interessi di tutti.

 

Il liberalismo non-vestfaliano degli Usa

Chiaramente questa offerta non è ricevibile dagli Stati Uniti, perché contrasta con il preteso carattere di “paese indispensabile” e “forza del bene” (Bush), il paese che “sta dalla parte della civiltà” e “fa ciò che è giusto” (George Bush). Quella forza che lavora per valori universali e ad affermare ovunque nel mondo valori considerati propri, come la “democrazia, sicurezza e benessere”. Gli Stati Uniti non hanno rispetto per chi non si conforma ai loro valori, che ritengono doversi affermare ovunque, ovvero per chi è fuori del loro canone. Questa impostazione “non vestfaliana” è in contrasto con l’art 1 dello Statuto dell’Onu (che riconosce il diritto all’autodeterminazione dei popoli, un principio in strutturale tensione con l’interpretazione individualistica dei diritti umani proposta dagli Usa), con i Trattati in sede Onu del 1966 e con l’Atto Finale di Helsinki del 1975 (in particolare Principio VII e VIII). Infatti, in base ai Patti del 1966, tutti i popoli sono liberi “di determinare, senza intervento dall’esterno, il proprio status politico e seguire il proprio sviluppo economico, sociale e culturale”. In base alla dichiarazione dell’Assemblea generale del 24 ottobre 1970, inoltre, l’attuazione del principio dell’autodeterminazione si esplica nella fondazione di uno Stato sovrano ed indipendente, nella sua libera unione con altri e nella sua libertà di cambiare status politico. Entrambe le dichiarazioni, del 1966 e del 1970, avvengono non per caso in una fase di liberazione dei paesi del Sud dai legami che si erano istituiti nella fase coloniale con le ‘potenze bianche’ del Nord. Il principio di autodeterminazione, così definito, si classifica nella tassonomia Onu come ius cogens, diritto inderogabile a tutela di valori fondamentali. Si tratta di un diritto di libertà dal dominio concreto di un popolo su un altro.

 

Al contrario, la pretesa propria della cultura liberale, tecnicamente totalitaria (ovvero che si pensa come espressione della totalità del Giusto e del Bene), ed etnograficamente connotata[4], sottordina gerarchicamente il principio di autodeterminazione al principio di universale affermazione della ‘democrazia liberale’, a sua volta collassata sulla libertà dell’individuo (ma interpretato, anche senza esserne del tutto cosciente, nel quadro della società dei proprietari[5]). È peraltro dalla fine della Guerra Fredda che nelle élite politiche statunitense, sia democratiche come repubblicane, è emersa la convinzione che la politica internazionale debba conformarsi ad un Ordine Post-nazionale e quindi “non vestfaliano”. Alla fine, lo scopo è rendere tutto il mondo simile agli Usa e promuovere una forma di interdipendenza ancorata ai principi liberali. In questa accezione la stessa dizione non-liberale (o illiberale) è diventata un giudizio di valore inappellabile e non più una semplice descrizione di differenza legittima[6].

 

Contesto, interregno e tensioni di trasformazione

Per approfondire questa posizione, che ha i crismi dell’ufficialità (anche se veicolata attraverso l’indiretta forma di un articolo di giornale, al quale non è obbligatorio rispondere), proviamo a confrontarla con la posizione che emerge dal discorso programmatico[7] tenuto il 7 aprile dal prof. Yongnian Zheng al Ciclo di Conferenze “Situazione politica” presso l’Università cinese di Hong Kong.

Quel che si vede, anche nell’articolo dell’ambasciatore, è l’avvio di una fase di ricostruzione dell’ordine mondiale che vedrà le Grandi Potenze, e le potenze intermedie, impegnate probabilmente per decenni, fino a che l’interregno sarà concluso. Gli interregni tra diversi Ordini mondiali sono il tempo più pericoloso nel quale vivere, individualmente e come paesi.

Questo interregno, anticipato dalla ‘scuola dei sistemi-mondo’ già sul finire degli anni Ottanta[8], è determinato dall’esaurimento delle risposte per acquistare tempo che l’Occidente ha messo in essere dalla crisi dell’Ordine Americano degli anni Settanta. Oggi l’assetto individuato da finanziarizzazione e globalizzazione a guida anglosassone (la prima in cogestione con la piattaforma londinese e la seconda dominata dalle grandi aziende statunitensi) che era già giunto a crisi terminale con il crac del 2007-8 (termine allontanato con sempre più disperate mosse di finanza pubblica non convenzionale le quali aggravano costantemente la situazione), viene condotto a termine dall’insorgenza di quattro fattori:

  • L’impatto dell’epidemia alla scala mondiale, che fa da preludio alla guerra come quasi sempre è avvenuto nella storia (i quattro cavalieri della fame, peste, guerra e conquista). Impatto che si è rivelato diverso in relazione ai sistemi sociali e politici, ed in linea generale ha colpito in modo più severo i paesi in cui le relazioni tra la popolazione ed il governo sono fondate su un individualismo più pronunciato. Queste tensioni hanno anche esacerbato le disuguaglianze, senza riuscire a ripartire i costi in modo equo, e favorito nazionalismo e risposte politiche estreme,
  • La guerra russo-ucraina, la tensione da lungo tempo accumulata in seguito al crollo dell’Urss, all’avanzamento progressivo ed inarrestabile della Nato, alle crisi economiche nei paesi ex satelliti (o nelle Repubbliche Socialiste), sono alla fine sfociate nel progetto di parte della società e della élite Ucraina di disaccoppiare i propri destini da quelli russi e aderire alle offerte apparentemente generose avanzate dalla Ue e dalla Nato. La crisi economica devastante che ha portato uno dei più poveri paesi europei a rimuovere, su spinta organizzativa interessata degli Stati Uniti, il legittimo governo filorusso in favore di un nuovo governo spiccatamente nazionalista, ha anche condotto al progetto (esplicito in una intervista[9] del 2019 del consigliere del Presidente ucraino Arestovich) di risolvere i problemi del paese attraverso una guerra maggiore con il vicino russo. Questo progetto, che arriva tre anni prima ad identificare con incredibile precisione le direttrici di attacco, le modalità e persino le date possibili, ha almeno due distinte ragioni: la costruzione della nazione dal fuoco della guerra (espellendo in tal modo la componente russa dal cuore e dalla mente del popolo, se del caso anche dal corpo); la soluzione del problema del sottosviluppo economico[10], trovando un ruolo geopolitico indispensabile che giustifichi l’erogazione di aiuti a tempo indeterminato dall’Occidente. Ruolo, cioè, che può forzare politicamente il braccio di ferro in corso da decenni tra il FMI (che ha un programma di aiuto vitale per l’economia da 15 anni e sempre sospeso) e gli oligarchi che controllano governo, banche, grandi industrie. Con l’organizzazione internazionale che continuava a chiedere riforme strutturali che il sistema politico locale non poteva concedere e la necessità impellente dei soldi internazionali per restare solvibile, la guerra sarà apparsa ad un certo punto come unica credibile strada per non essere alla fine costretti a tornare a Mosca ed ai suoi aiuti[11]. Questa è la ‘causa interna’ della guerra in corso.

In questo contesto, con sanzioni senza precedenti a danno della Russia, la speranza di una totale sconfitta del gigante geopolitico euro-asiatico è però molto bassa. Il paese ha una lunghissima storia di resistenza e capacità di soffrire senza cedere, risultando come tomba di alcuni dei più grandi eserciti della storia umana. Tra l’altro non è illimitata la disponibilità di armi che l’Occidente può mandare a distruggersi nel calderone ucraino. Secondo una interessante analisi di parte cinese[12] lo svuotamento in corso degli arsenali sovietici, da parte dei paesi dell’ex Patto di Varsavia potrebbe essere giunto al suo limite, e la dotazione di armi occidentali è tutt’altro che infinita. Ormai tra i due terzi e la metà della dotazione di “Javelin”, “Stinger”, NLAW, etc. dei magazzini Nato e Usa è stata consumata, la produzione annuale della Lockheed è di 6.000 “Javelin”, che bastano appena per due settimane di guerra. La scorsa settimana le aziende che producono armi sono state convocate alla Casa Bianca per programmare un ampliamento, ma non è così facile e gli Usa non sono gli stessi della II WW (basti dire che i motori dei razzi li comprano in Russia e moltissimi componenti in Cina). Per potenziare le forze sul campo (almeno 2 brigate Usa e 1 Nato, più la difesa aerea nei paesi baltici e Polonia) sarebbero necessari almeno 27 miliardi una tantum e 11 all’anno in seguito. Al contrario, la Russia ha enormi depositi di armi sovietiche e la sua industria militare riesce senza sforzo a sostituire i materiali usurati. Tuttavia anche la possibilità che la Russia vinca in modo completo, raggiungendo i suoi obiettivi, è altrettanto piccola.

La più probabile conseguenza della guerra, per l’analista cinese, è in mezzo tra questi due estremi: una possibile piattaforma potrebbe vedere, da una parte, l’allontanarsi dell’adesione alla Nato, e, dall’altra, un piano di sostegno e ricostruzione dell’economia ucraina sostenuto in modo condiviso da Fmi, Ue, Cina e altri (Arabia Saudita, Turchia, Usa?). Chiaramente l’accordo non dipende solo dall’Ucraina e dalla Russia, dato che la posta in gioco riguarda i rapporti internazionali tra le Grandi Potenze (di qui l’articolo dell’ambasciatore, che si occupa della ‘causa esterna’), ed un correlato di questo accordo di vitale importanza per l’Ucraina passa per la risoluzione delle sue esigenze finanziarie impellenti. Per cui qualcuno dovrà decidere di farsi carico della ricostruzione integrale dell’economia per togliere la ‘causa interna’ della guerra.

Al momento la guerra segnala la disintegrazione del sistema mondiale imperniato sulle Nazioni Unite. E mostra alcuni risultati come la creazione di unità nei paesi europei ed allineamento di questi con gli Usa (tagliando i ponti che alcuni, come la Germania, stavano tendendo da decenni con la Russia e la stessa Cina), ma, al converso, anche l’avvicinamento della Russia stessa alla Cina.

L’osservatore cinese dubita che la Ue resterà di questa posizione, ciò perché i danni per le economie e la società europee saranno molto ingenti, e la capacità di resistenza di queste è giudicata molto inferiore a quella della popolazione russa. Inoltre, la ri-militarizzazione della Germania dovrebbe provocare nel medio termine reazioni di preoccupazione ed allarme nelle controparti francesi.

  • La competizione per il Nuovo Ordine vedrà all’opera su un lungo arco temporale alcune Grandi Potenze come gli Usa, la Cina e la stessa Russia, ma anche la Turchia (paese che ha grande importanza ed influenza per la Cina, in corso di de-secolarizzazione e molto implicato in regioni delicate come lo Xinijang), l’India che è tirata da tutte le parti per scegliere un campo di gioco, il Giappone che è decisivo per la questione di Taiwan e l’Indonesia. Ovviamente dal lato dell’emisfero occidentale andrebbero nominati anche il Brasile, il Messico, alcuni grandi paesi africani come la Nigeria, l’Arabia Saudita, l’Iran, l’Egitto, l’Australia e forse il Canada.
  • Le relazioni bilaterali tra Cina e Usa, nella Guerra Fredda si instituì una sorta di triangolo Cina-Usa-Unione Sovietica nel quale in effetti i primi due, pur non essendo alleati, contenevano insieme l’ultima; ma dopo la fine di questa gli Usa cominciarono a concentrarsi sulla Cina, vista come un potenziale concorrente a lungo termine. L’11 settembre 2001, spostò l’attenzione, creando una sorta di decennio franco che terminò con Obama. Questi spostò nuovamente l’attenzione strategica sulla Cina con il “Pivot to Asia”. L’allentamento dell’attenzione all’Europa, il ritiro dall’Afghanistan e il minor protagonismo nel Mediterraneo dell’epoca Trump sono motivati con questo riorientarsi ad Est (inizialmente accompagnato da tentativi di ricucire con la Russia, poi fermati dalle forze interne antirusse). Mentre per un certo periodo era sembrato che il triangolo si stesse riformando, ma a parti invertite (per cui, senza essere alleati, più o meno tacitamente Russia e Cina bilanciavano il potere statunitense) ora gli Usa puntano ad una semplificazione del quadro e stanno cercando di formare una Nato orientale contro la Cina. Fa parte di questa strategia di polarizzazione l’enfasi di Biden per l’alternativa secca tra “democrazia americana” e “autocrazia cinese (o russa)” come lotta di sistema.

 

 

Rispondere alle sfide

La risposta a queste quattro sfide proposta dal politologo parte da due percezioni del sistema politico e sociale cinese:

  • se la guerra è qualcosa al quale bisogna opporsi, nello stesso tempo bisogna farlo alla sua causa, che è l’allargamento della Nato;
  • la guerra è usata dagli Stati Uniti per fare pressione sulla Cina e polarizzare l’ordine mondiale in due soli blocchi, operazione che è contro gli interessi cinesi.

 

Ma questo non deve significare che gli Stati Uniti in quanto tali siano gli avversari. Occorre essere razionali e individuare la struttura profonda della situazione che si è creata, opponendosi in modo determinato a quanto in essa provoca questi esiti. Concretamente quindi, negli Stati Uniti sono presenti diversi gruppi di interesse, tra i quali il potente network di Wall Street (che vorrebbe casomai più apertura e investimenti reciproci), le forze connesse con il sistema militare-industriale (che spingono per il confronto che, male che vada, farà crescere enormemente il loro business), le industrie civili e i loro lobbisti (che hanno grandissimi interessi impegnati e non vogliono lo scontro). Alcuni sono fieramente anti-Russi, altri anti-Cinesi, o entrambi, altri sono orientati a compromessi o agli scambi finanziari e commerciali. Questi ultimi hanno a lungo prevalso, ora non più, ma serbano una loro influenza.

Caso a parte è quello dell’Europa, con la quale non ci sono mai state dispute geopolitiche, ma solo interessi commerciali. Ora è allineata, “rapita”, dagli Stati Uniti, ma questo potrebbe non durare sempre.

 

Le relazioni sino-americane sono per concludere da considerare molteplici; in alcune aree sono di cooperazione, in altre di competizione ed in altre di conflitto o di possibile guerra.

  • Le aree di cooperazione sono relative al clima, la salute mondiale e la proliferazione nucleare (ovvero la limitazione dell’accesso alle armi nucleari da parte delle potenze minori, cosa che sarà crescentemente difficile dopo questa guerra). La cooperazione presuppone la reciproca forza, e quindi si espanderà via via ad altri settori, come l’esplorazione spaziale.
  • Le aree di competizione sono soprattutto relative all’economico.
  • Le aree di conflitto si possono dividere in confronti a bassa intensità, come per le questioni dei diritti umani nello Xinjiang, nel Tibet ed a Hong Kong, tutto sommato controllabili, e i potenziali conflitti armati, come nel Mar cinese meridionale ed a Taiwan. In quest’ultimo caso la posizione cinese è univocamente determinata: non c’è spazio per concessioni.

 

Che genere di Ordine Mondiale emergerà da questa fare caotica dipenderà anche da quale area prevarrà dentro i diversi paesi, ed in particolare in quelli ‘sistemici’ (il paese più grande del mondo e con la maggiore quantità di materie prime strategiche, quello dotato della maggiore popolazione ed industria, il paese con il maggiore esercito).

 

Abbiamo bisogno della pace, per trovare il tempo di risolvere questi problemi, a vantaggio di tutti i popoli del mondo.

[1] – Qin Gang “Se c’è un conflitto simile tra Russia e Ucraina in altri luoghi, la Cina prenderà la stessa posizione”, Guancha, 18 aprile 2022.

[2] – Qin Gang, “The ukraine crisisi and its aftermath”, The National Interest, 18 aprile 2022

[3] – Come sostenuto in un’ampia letteratura internazionale la fine della Guerra Fredda ha visto gli Usa passare ad una posizione che prevede l’estensione di una politica “fondata sui valori”, in vece di una “fondata sulla sovranità” (e l’autodeterminazione dei popoli). In sostanza gli Stati Uniti si sentono in diritto di intervenire ogni qual volta i valori di libertà individuale e di espressione sono violati, ritenendoli universalmente validi.

[4] – Ovvero disegnata secondo il modello storicamente situato (nella forma di vita occidentale e nella versione illuminista di questa) che è abbastanza obiettivamente una potentissima arma ideologica. Una cosa che inizia a prendere forma durante la guerra fredda come arma contro un altro consenso (tramite la sistematica denuncia della violazione dei “diritti umani” da parte degli Stati Uniti a sostegno etico e legittimazione delle proprie iniziative sia contro l’Unione Sovietica e contro la Repubblica Popolare Cinese ed i loro alleati) e da allora viene usata, senza soluzione di continuità, contro chiunque si elevi ad ostacolare il dominio imperiale statunitense. In effetti, già l’idea in sé dei “diritti umani” può essere accusata di individualismo metodologico il quale è, esso stesso, alla base della microfondazione della teoria economica. I diritti sono immaginati come inerenti all’individuo naturale, cioè a un individuo astratto astorico, aculturale e dunque sono utilizzabili come marcatore e punto di riferimento del giudizio sulle azioni e sulle dinamiche collettive. Il dispositivo dei “diritti umani” crea, cioè, un decisivo passaggio teorico in cui richieste individuali che non fanno per sé stesse riferimento a nessun organismo sociale dato (o contesto culturale noto) e che finora nessuno ha riconosciuto possono essere poste come eticamente fondanti ed esistenti in natura e restare lì, in attesa che qualcuno ad un certo punto se ne faccia carico. Magari in appoggio alle sue istanze politico-strategiche.

[5] – Questa formula è proposta da Thomas Piketty nel suo “Capitale e ideologia”, (2020), p.125 e seg. Designa in questo modo la trasformazione che, a partire dal XVIII secolo, in Europa e nelle colonie europee, con ritmi e modalità differenti, ha portato le società tradizionali a trasformarsi in società nelle quali la libertà è rappresentata concretamente dal possesso di beni, in vece, dei “privilegi” politici. La sacralizzazione della proprietà, dalla quale emerge quella forma sociale particolare che chiamiamo ‘capitalismo’, ovvero il rispetto assoluto dei diritti di proprietà che è il nucleo stesso della individualità dei diritti, è la risposta al vuoto lasciato dalla religione nel generare coesione sociale ed attese di comportamento stabili. Si genera una nuova forma di ‘trascendenza’ che evita la propagazione del caos (ivi, p. 152).

[6] – Si veda anche il post “Politica estera basata sui valori o sull’autodeterminazione. Note sulla svolta di Biden”, Tempofertile, 5 aprile 2022.

[7] – Yongnian Zheng, “Il gioco dei grandi poteri e la ricostruzione dell’ordine mondiale”, Guancha, 18 aprile 2022

[8] – Ne parlo diffusamente in Alessandro Visalli, “Dipendenza”, Meltemi 2020.

[9] – Oleksiy Arestovych è Consigliere del capo dell’ufficio del presidente dell’Ucraina per le comunicazioni strategiche nel campo della sicurezza e della difesa nazionale. Intervista del 2019.

[10] – Il paese, come racconta Limes in tempi non sospetti il 9 luglio 2021, dal 1991 non ha fatto altro che ridurre il proprio benessere economico rispetto ai vicini. Dal 2014 si è trovato a dipendere crescentemente da aiuti economici e militari occidentali, del Fmi e della Ue, oltre che degli Usa. Come scrive la rivista “L’Ucraina post-sovietica si è trovata di fronte al difficile problema di costruire uno Stato e una nazione in assenza di una solida legitimizzazione storica basata su tradizioni istituzionali, confini chiari e stabili e una cultura nazionale”. Un programma di sostegno del FMI, erogato come accade con il contagocce e tra molte condizionalità, ha tenuto costantemente il paese sull’orlo del collasso, senza farlo precipitare né sollevare. In questa condizione di oggettiva precarietà, per non dire ricatto, il Covid ha portato ad un crollo del 7% dell’economia (seguita ad uno del 15% del 2009 e del 10% del 2015) ed un impatto devastante sulla popolazione ed il consenso. Con un paese che è abituato a rivolgersi a vicini potenti è chiaro che il rischio per il governo Zelensky si era fatto esistenziale.

[11] – Si veda ad esempio, “FMI: l’Ucraina ne ha bisogno ‘come sangue nelle vene”, Osservatorio Balcani e Caucaso, 26 febbraio 2021; Stefano Grazioli, “L’Ucraina di Zelensky tra crisi economica e riforme necessarie”, Ispi, 3 giugno 2020; Gian Paolo Caselli, “Il trentennio perduto dell’Ucraina”, Limes, 9 luglio 2021,

[12] – Chen Feng, “L’esercito ucraino ha iniziato a crollare? Dove andrà la guerra russo-ucraina?”, Guancha, 18 aprile 0222.

https://tempofertile.blogspot.com/2022/04/dal-grande-gioco-triangolare-alla.html?fbclid=IwAR2Fka0Ck5Jm0tN1qscHx4bxm4k7rxy478xJMNl3tAXnQFcCjyDJlDSOklc

presentazione del 7 aprile di John Mearsheimer

Punto di vista ACURA: trascrizione della presentazione del 7 aprile di John Mearsheimer

Grazie mille per avermi invitato ad essere qui. E ricordo con affetto i nostri viaggi in Germania, specialmente quando Steve e io abbiamo discusso della questione ucraina all’epoca. Sono d’accordo con quello che hai detto, Katrina, quando hai detto che questa è la crisi più pericolosa dalla seconda guerra mondiale. Penso che in realtà sia più pericoloso della crisi dei missili cubani, che non serve a minimizzare il pericolo di quella crisi. Ma penso che fondamentalmente quello che abbiamo qui sia una guerra tra Stati Uniti e Russia e non c’è fine in vista. Non riesco a pensare a come questo possa finire nel prossimo futuro. E penso che ci sia una possibilità molto pericolosa di escalation. Prima di tutto, l’escalation fino al punto in cui gli Stati Uniti stanno effettivamente combattendo contro la Russia, le due parti si stanno scontrando militarmente, cosa che finora non è avvenuta.

E penso che qui ci sia un serio pericolo di escalation nucleare. Non sto dicendo che sia probabile, ma posso raccontare storie su come accade realmente. Quindi la domanda è: come siamo finiti in questo pasticcio? Cosa l’ha causato? E il motivo per cui è molto importante affrontare questo problema è che ha ogni sorta di implicazioni per la comprensione del pensiero russo. Se vuoi capire come pensano i russi di questa crisi, devi capirne le cause. Ora il punto di vista dominante, che ovviamente rifiuto, è che Vladimir Putin o sia un aggressore congenito o sia semplicemente determinato a ricreare l’Unione Sovietica o una qualche versione dell’Unione Sovietica. È un espansionista, è un imperialista. Penso che questa argomentazione sia sbagliata e il mio punto di vista è che si tratta davvero degli sforzi dell’Occidente di trasformare l’Ucraina in un baluardo occidentale ai confini della Russia.

E l’elemento chiave di questa strategia, ovviamente, è l’espansione della NATO. E nella mia storia, tutto risale alla decisione dell’aprile 2008 al vertice della NATO a Bucarest, dove si diceva che sia la Georgia che l’Ucraina sarebbero diventate parte della NATO. I russi all’epoca avevano chiarito chiaramente che ciò era inaccettabile, che né la Georgia né l’Ucraina sarebbero entrate a far parte della NATO. E in effetti, i russi hanno chiarito che lo consideravano una minaccia esistenziale. Molto importante per capire quelle parole. Dal punto di vista russo fin dall’inizio, questa è stata percepita come una minaccia esistenziale. Molte persone in Occidente non credono che sia una minaccia esistenziale per i russi, ma ciò in cui credono è irrilevante perché l’unica cosa che conta è ciò che pensano Putin e i suoi compagni russi, e pensano che sia una minaccia esistenziale.

Ora penso, ad essere onesto, che l’evidenza sia schiacciante che questo non è un caso di Putin che agisce come un imperialista, ma è un caso di espansione della NATO. Se guardi al suo discorso del 24 febbraio che giustifica il motivo per cui la Russia ha invaso l’Ucraina, si tratta solo dell’espansione della NATO e del fatto che è percepito come una minaccia esistenziale per la Russia. Se si guarda al dispiegamento delle forze in Ucraina, è difficile sostenere che i russi siano decisi a conquistare, occupare e integrare l’Ucraina in una Russia più grande. Se ascolti Zelenskyy parlare di una possibile soluzione, la prima cosa a cui va è parlare di creare un’Ucraina neutrale. Questo ti dice che si tratta davvero dell’espansione della NATO e della neutralità ucraina. Inoltre, non ci sono prove che Putin affermi che ciò che vuole fare è in realtà rendere l’Ucraina parte della Russia.

Non ci sono prove che dica che questo è fattibile e che intende farlo. Non c’è dubbio, nel suo cuore vorrebbe vedere l’Ucraina far parte della Russia. Nel suo cuore probabilmente vorrebbe vedere il ritorno dell’Unione Sovietica. Ma come ha chiarito chiaramente, ciò non è possibile e chiunque la pensi in questo modo non sta pensando in modo chiaro. In effetti lo ha detto. Quindi vorrei che qualcuno mi indicasse le prove in cui chiarisce che ciò che sta effettivamente facendo in termini di formulazione della politica è cercare di creare una Russia più grande o ricostituire l’Unione Sovietica. Tutto questo per dire che se credi come me che sta affrontando una minaccia esistenziale, in effetti stai dicendo che lo vede come una minaccia alla sopravvivenza della Russia. E se si trova in una situazione del genere, non può perdere. Quando affronti una minaccia esistenziale, non perdi. Non hai scelta. Devi vincere.

Ora, questo ci porta dalla parte americana. Cosa stanno facendo gli americani? Quello che stiamo facendo, che è quello che abbiamo fatto dopo lo scoppio della crisi il 22 febbraio 2014, è raddoppiare. Abbiamo deciso che quello che faremo è sconfiggere la Russia all’interno dell’Ucraina. Daremo una sconfitta decisiva contro i russi all’interno dell’Ucraina. E allo stesso tempo, strangoleremo la loro economia. Metteremo loro sanzioni malvagie e li metteremo in ginocchio. Noi, in altre parole, vinceremo e loro perderanno. Inoltre, l’amministrazione Biden e lo stesso presidente hanno fatto di tutto per intensificare la retorica e ritrarre i russi come la fonte di tutti i mali e per ritrarci come i buoni e per creare l’impressione nella mente delle persone che questa sia una situazione che non non si presta al compromesso perché non puoi scendere a compromessi con il diavolo. In effetti, quello che bisogna fare qui è vincere.

Ora, saprai che sarebbe una sconfitta devastante per Joe Biden se i russi dovessero vincere questa guerra. E ovviamente, come ti ho appena detto, dal punto di vista russo, devono vincere questa guerra perché questa è una minaccia esistenziale che stanno affrontando. Quindi la domanda che ti vuoi porre è, dove ci lascia? Entrambe le squadre devono vincere. È impossibile per entrambe le squadre vincere, non quando si pensa alla situazione che stiamo affrontando qui. Quindi, come otteniamo un accordo negoziato? Solo che non lo vedo succedere. Non vedo i russi dare alcun motivo significativo e certamente non vedo gli americani dare alcun motivo significativo. Quindi cosa è probabile che accada? Ora si parla da parte nostra, e anche da parte russa, che questa guerra durerà per anni. In altre parole,

Ora, capisco che a questo punto non siamo coinvolti nei combattimenti, ma siamo il più vicino possibile a essere coinvolti. E poi inizi a dire a te stesso, non è possibile che verremo trascinati in questo? C’è un’enorme pressione politica sull’amministrazione Biden affinché noi implementiamo la no-fly zone per entrare effettivamente per scopi umanitari in Ucraina e così via. Finora Biden ha saputo resistere a quella pressione, ma riuscirà a resistervi per sempre? E se avessimo un incidente militare che ci trascinasse nei combattimenti? Quindi potremmo benissimo finire in una situazione in cui gli Stati Uniti e la Russia stanno combattendo l’uno contro l’altro in Ucraina. Poi veniamo alla questione dell’escalation nucleare.

Penso prima di tutto, se gli Stati Uniti vengono trascinati in una lotta contro la Russia ed è una guerra convenzionale in Ucraina o per l’Ucraina nell’aria, gli Stati Uniti picchieranno i russi. Se gli ucraini stanno facendo così bene contro i russi militarmente, puoi immaginare quanto meglio faranno gli americani negli scontri aria-aria e anche a terra, giusto? In quella situazione, non crede che sia possibile che la Russia si rivolga alle armi nucleari? Penso sia possibile. Ho studiato un sacco di storia militare. Ho studiato la decisione giapponese di attaccare gli Stati Uniti a Pearl Harbor nel 1941. Ho studiato la decisione tedesca di lanciare la prima guerra mondiale durante la crisi di luglio del 1914. Ho esaminato la decisione egiziana di attaccare Israele nel 1973 .

Questi sono tutti casi in cui i decisori si sono sentiti in una situazione disperata e hanno capito tutti che in un modo molto importante stavano lanciando i dadi, stavano perseguendo una strategia incredibilmente rischiosa, ma sentivano semplicemente di non avere scelta. Sentivano che era in gioco la loro sopravvivenza. Quindi quello di cui stiamo parlando qui è prendere un paese come la Russia, giusto, che pensa di affrontare una minaccia esistenziale, che pensa che la sua sopravvivenza sia in gioco e che lo stiamo spingendo al limite. Stiamo parlando di romperlo. Stiamo parlando non solo di sconfiggerlo in Ucraina, ma di romperlo economicamente. Questa è una situazione straordinariamente pericolosa, e trovo davvero straordinario che stiamo affrontando l’intera questione in un modo così disinvolto. E comunque, Penso che molto di questo abbia a che fare con il fatto che così tante persone che sono state coinvolte nel pensare a questo problema oggi sono state sollevate durante il momento unipolare e non durante la Guerra Fredda. Durante la Guerra Fredda, come qualcuno come Jack può dirti anche meglio di me, abbiamo riflettuto a lungo sulla guerra nucleare.

Abbiamo riflettuto a lungo sulle relazioni tra USA e Unione Sovietica e su come ciò potrebbe portare a una guerra nucleare. Le persone che sono cresciute nel momento unipolare sono molto più sprezzanti su questi temi. E penso che questo rappresenti una situazione molto pericolosa. Ora vorrei notare che anche se i russi e gli americani non finissero per combattersi, ma gli ucraini fossero in grado di scaglionare i russi in Ucraina e infliggere loro sconfitte significative, i russi potrebbero comunque rivolgersi alle armi nucleari. È possibile. È probabile? No, ma è possibile. E questo mi spaventa molto e dovrebbe spaventare la maggior parte degli americani e certamente la maggior parte degli europei. Quindi tutto questo per dire, quando guardo alle relazioni USA-Russia oggi, penso che siamo effettivamente in guerra l’uno con l’altro. Anche se ancora una volta, gli americani non stanno combattendo contro i russi sul campo di battaglia,

Ora che dire dell’Ucraina? Gli ucraini non hanno alcuna agenzia? Voglio dire, dopo tutto, è il loro paese che viene distrutto. Si potrebbe argomentare che l’Occidente, in particolare gli Stati Uniti, è disposto a combattere questa guerra fino all’ultimo ucraino. E il risultato finale è che l’Ucraina è in effetti un paese distrutto. Dato che hanno un’agenzia, non è possibile che gli stessi ucraini dicano basta e mettano fine a tutto questo? Purtroppo, non credo che sia il caso. E penso che il fatto sia che gli Stati Uniti non permetteranno agli ucraini di concludere un accordo che gli Stati Uniti trovano inaccettabile.

Non vogliamo che ciò accada. Come ho detto prima, l’amministrazione Biden intende infliggere una sconfitta decisiva alla Russia. Se gli ucraini decideranno di concludere un accordo e consentire alla Russia di vincere in un certo senso significativo, gli americani diranno che è inaccettabile. E gli americani lavoreranno con i nazionalisti di destra in Ucraina per indebolire Zelenskyy o il suo successore. Quindi non vedo in alcun modo che l’Ucraina possa intervenire e porre fine a questa crisi. Lo vedo solo andare avanti e indietro. Posso concludere dicendo che George Kennen ha affermato alla fine degli anni ’90 che l’espansione della NATO è stato un tragico errore e che avrebbe portato all’inizio di una nuova Guerra Fredda. All’inizio sembrava che avesse torto. Abbiamo avuto la prima tranche di espansione nel 1999 e ce la siamo cavata. Abbiamo avuto la seconda tranche di espansione nel 2004 e siamo riusciti a farla franca. Ma poi, quando nell’aprile 2008 è stata presa la decisione per una terza tranche, che includerebbe Georgia e Ucraina, è abbastanza chiaro che avevamo spostato un ponte troppo oltre. E il risultato finale, mi dispiace dirlo, è che penso che la previsione di Kennen si sia rivelata vera. Grazie.

https://usrussiaaccord.org/acura-viewpoint-transcript-of-john-mearsheimers-april-7th-presentation/

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