Il Principe di machiavelli: un personaggio simbolico che ha ancora molto da insegnare, di dott. Yari Lepre Marrani

Il Principe di machiavelli: un personaggio simbolico che ha ancora molto da insegnare

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI NON COPRONO NEMMENO UN TERZO DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO

Nel XXI secolo, la realtà della politica in Italia ed Europa sembra apparentemente aver abbandonato alle proprie spalle l’importanza capitale del messaggio teorico-politico di Nicolò Machiavelli(1469 – 1527) nei suoi aspetti più “esagerati” e ferini se consideriamo il progressivo solidificarsi delle democrazie parlamentari e del controllo dei mezzi di comunicazione sulle ipocrisie, astuzie e brogli degli uomini politici. Le mutazioni storiche e sociali avvenute nei cinque secoli che separano la fulminea stesura del Principe(1513) dal mondo politico attuale impediscono di considerare pronti e praticabili i precetti più estremi di questo manuale teorico che pur rimane, nella sua brevità, incisività di scrittura e impetuosità d’intuizione, uno dei libri più grandi, geniali e importanti della storia politica universale: figlio delle esperienze politiche dirette dell’autore fiorentino ma finanche delle sue finali vicissitudini generate dalle prime, il Principe ha incarnato e puntualizzato la meditazione politica del c.d. Machiavelli assolutista, in contrapposizione al Machiavelli repubblicano dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, quest’ultima opera di più largo respiro del Segretario fiorentino, forse la più importante ma non la più famosa. La contrapposizione tra le intuizioni e massime del Principe e il mondo politico attuale sembrano ingrandirsi se osserviamo non solo la distanza tra le condizioni sociali, politiche ed economiche tra il mondo rinascimentale nel quale il manuale fu scritto e quello contemporaneo nel quale, apparentemente, i rapporti tra il potere politico e il popolo sembrano fondarsi su più ampie scelte condivise e sulla sovranità popolare; anche la divisione dei poteri di stampo illuminista sembra aver creato un ampio fossato tra la figura eroico-tragica del condottiero machiavelliano e la possibilità che un simile personaggio possa ancora autorealizzarsi negli estremi fattuali teorizzati dall’autore. Basti ricordare che nella mente del suo creatore, il Principe poteva e doveva all’occorrenza essere in grado di trasformarsi in bestia di ferocia(leone) o d’astuzia(volpe) capace di muoversi con disinvoltura e competenza nel regno del Male(cap. 18: “Lealtà del Principe”). Questi estremismi del pensiero machiavelliano non possono che apparire, oggi, parzialmente inconcepibili e inattuabili ma se osserviamo la figura del Principe da un altro lato – quello del c.d. machiavellismo più grande, superiore e profondo – è impossibile non contemplare questa stessa figura come assolutamente contemporanea e pulsante, ancor oggi, di vitalità intellettuale e politica. Non a caso, il medesimo capitolo 18 sulla “Lealtà del Principe”, dopo le massime più spietate sulla trasformazione del potente in bestia e simulatore, inserisce un concetto che travalica l’apparente efferatezza delle precedenti affermazioni quando scrive “Coloro che si limitano ad essere leoni, non conoscono l’arte di governare”.

La natura lapidaria e folgorante del trattato politico di Machiavelli è squisitamente coerente con la sua genesi e redazione: l’autore scrisse il Principe d’impeto e di getto, tra il luglio e il dicembre 1513, dopo aver cominciato e subito sospeso la redazione dei Discorsi sulla prima deca di Livio. L’aver interrotto quest’ultima per dedicarsi alla redazione della sua opera più famosa in sei mesi è un naturale corollario del significato non solo stilistico ma politico che la stesura del Principe ebbe per il suo autore, costretto all’esilio e al ritiro dalla vita pubblica dal ritorno di Lorenzo di Piero de’ Medici come Signore di Firenze nello stesso 1513. L’abbandono forzato da parte di Machiavelli dell’amatissima vita politica attiva di Firenze, l’esilio frustrante presso la sua casa detta l’Albergaccio in Sant’Andrea di Percussina presso San Casciano Val di Pesa, la speranza non ancora estinta di tornare alla vita politica a servizio dei Medici tornati al potere commista alla profonda riflessione politica giunta a piena maturazione, sono tutti elementi che “imposero” all’autore fiorentino la redazione incisiva e rapida di un’opera che raccogliesse e riassumesse tutta la sua meditazione politica. Osservare la creatura protagonista del trattato politico figlio di quelle contingenze ed estrarre dal trattato stesso la natura politicamente creativa dì quella creatura stessa può, forse, fornire materiale utile e utilizzabile per “agganciare” al nostro tempo la vitalità imperitura del protagonista simbolico del trattato. La creatura del Principe mostra tutta la sua potenza politica e storica proprio se lo consideriamo un personaggio a tutti gli effetti ma con le debite distinzioni che alla definizione di “personaggio” è necessario dare in questo caso. Il Principe machiavelliano non è un personaggio storico identificabile, non un personaggio artistico, non un personaggio religioso, biblico o mitologico né tantomeno un personaggio letterario: è un personaggio simbolico. Nel valore esclusivamente simbolico di questa creatura politica per come emerge dal trattato sta tutta la genialità creativa del Machiavelli, capace di aver creato un personaggio politico trascendentale, specchio e sintesi dell’idea madre anch’essa trascendentale del pensatore politico rinascimentale. La figura del Principe assurge così ad un originale paradigma di tutta la nuova politica di cui Machiavelli è stato alfiere e innovatore: dopo aver spezzato la teocrazia medioevale durante la quale la politica era sempre e comunque essenza di religione, Machiavelli determina il capovolgimento completo del Medioevo e apre le porte alla “sua” modernità rinascimentale ove l’uomo ha riscattato sè stesso e si è posto al centro del mondo. Il Principe è un simbolo creativo di novità e unitarietà(i due poli del messaggio politico dello scrittore fiorentino) che spacca il legame tra un passato pregno di un’umanità debole, sottomessa all’imperio morale e religioso della Chiesa, e il nuovo futuro nel quale vale il moto per cui occorre “amare la patria più che l’anima”. Questo motto di una delle ultime lettere familiari del machiavelli può essere un valido punto d’incontro tra la trascendenza ideale del 500’ e lo stato attuale della politica: “amare la patria più dell’anima”, come molti motti, frasi e ispirazioni del passato, ci riconduce ad un obbligo di attualizzazione di un pensiero politico che nella straordinarietà del suo contenuto può e deve avere validità ancor oggi poiché i tempi sembrano mutati esternamente ma, ahimè, la natura dell’uomo non è cambiata. La natura umana è stata livellata, addomesticata ai nuovi principi di liberalità e controllo della politica, sovranità popolare e conoscenza, da parte dei popoli, di molti meccanismi perversi della politica stessa ma dietro le luci di un’apparente progresso umano, l’uomo ha cambiato maschera ma non natura. E’ qui che s’innesta la figura simbolica del Principe come personaggio trascendente ogni epoca, nazione, etnia, per divenire personificazione di un’idea di virtù attiva del politico, dedizione di sé allo stato, amore combattivo per il raggiungimento di grandi progetti politici. Il precetto machiavelliano “amare la patria più dell’anima” può, nel pieno del XXI secolo, divenire quella guida attraverso la quale quell’antico motto si tramuta in “amare il progresso sociale e la propria missione politica più della propria vita”. Il potente può amare il potere per il potere ma non può permettersi di farlo se all’amore per il potere non associa fortemente, visceralmente e come missione di vita, l’amore per i benefici e le riforme epocali che attraverso il potere stesso lui saprà portare alla civiltà. Codesta virtù di stampo machiavellico che irride gli uomini contemplativi e deboli, esaltandosi solo di fronte al coraggio guerriero dei politici attivi per fini positivi e migliorativi rivolgimenti storici, è quanto di più morale e cristiano ci ha lasciato il principio dell’aderenza alla realtà fattuale dello scrittore fiorentino.

In conclusione, merita ancora oggi aprire e leggere tutto d’un fiato i 27 capitoli del Principe ma con uno sviluppo di coscienza diverso rispetto a coloro che hanno approfittato degli elementi più cruenti del pensiero machiavelliano per far prevalere il machiavellismo ripugnante, deteriore e volgare. Dedicarsi alla Stato e promuoversi per lo sviluppo concreto, “fattuale”, del sistema sociale odierno è la più perfetta modernizzazione del pensiero del Segretario fiorentino: conseguenza di questa attualizzazione del personaggio simbolico – e sottolineo simbolico – del Principe è la sua universalità che non conosce confini etnici né limitazioni di Patria o Nazione ma può continuare ad alimentarsi nell’impronta eroica del personaggio stesso. In tempi come i nostri di aspirazione a costruire una grande Europa unita e geopoliticamente ferrea, un Principe laico e repubblicano, nuovo e unitario è la più elevata esigenza che i nostri tempi, insanguinati e complessi, possono sperare di colmare.

Dott. Yari Lepre Marrani

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:

postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704

oppure iban IT30D3608105138261529861559

oppure PayPal.Me/italiaeilmondo

oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/

Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

La Terza Guerra Mondiale è stata cancellata, di Aurelien

La Terza Guerra Mondiale è stata cancellata.

Alla fine era tutto troppo difficile.

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI NON COPRONO NEMMENO UN TERZO DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO

26 GIUGNO

Sono grato per il continuo e costante aumento del numero di abbonati a questo sito, incluso un numero che è arrivato al punto di offrirmi qualche moneta. Sono grato anche a coloro che hanno condiviso questi saggi o li hanno consigliati ad altri; un numero crescente di abbonamenti arrivano in questo modo.

Anche se questi saggi saranno sempre gratuiti, puoi comunque sostenere il mio lavoro mettendo mi piace e commentando, e soprattutto trasmettendo i saggi ad altri e passando i collegamenti ad altri siti che frequenti. Ho anche creato una pagina Comprami un caffè, che puoi trovare qui .☕️

E grazie ancora a chi continua a fornire traduzioni. Le versioni in spagnolo sono disponibili qui , e alcune versioni italiane dei miei saggi sono disponibili qui. Marco Zeloni sta pubblicando anche alcune traduzioni in italiano e ha creato un sito web dedicato qui. Grazie infine ad altri che pubblicano occasionalmente traduzioni e riassunti in altre lingue. Sono sempre felice che ciò accada: ti chiedo solo che tu me lo dica in anticipo e fornisca una conferma. Così ora ….

Negli ultimi due mesi, i media occidentali non hanno fatto altro che parlare di “guerra” con la Russia, e potenzialmente anche con altri paesi. Per alcuni la “terza guerra mondiale” è ormai inevitabile, per altri la “guerra nucleare” è dietro l’angolo, per altri ancora perché la NATO e l’Occidente hanno concordato di trasferire armi che teoricamente possono colpire la Russia) ciò inevitabilmente “porterà a guerra su vasta scala”, per altri ancora l’accordo firmato a Pyongyang tra Russia e Corea del Nord porterà inevitabilmente alla guerra”, e per altri ancora l’Occidente, e soprattutto gli Stati Uniti, stanno pianificando una sorta di “guerra con la Cina”. Qui in Francia sono stati scritti articoli seri che chiedono se la Francia sarà “in guerra” con la Russia, se le proposte tanto discusse ma finora non attuate di inviare specialisti francesi in Ucraina verranno effettivamente realizzate.

I due fili comuni che attraversano questo discorso sono che, per quanto si può giudicare, i partecipanti sembrano tutti intendere cose diverse per “guerra”, e che in ogni caso pochi, se non nessuno, di loro hanno un’idea coerente di ciò che stanno facendo. parlando comunque. Ciò non sorprende, forse, dato che la crisi ucraina ha già crudelmente messo a nudo l’ignoranza delle élite politiche e dei media occidentali sulle questioni più elementari di sicurezza e difesa, e molti “esperti” militari occidentali sono stati lasciati piuttosto stupidi da successivi turni di eventi. Mentre fino alla fine della Guerra Fredda la classe politica aveva almeno un’idea generale di cosa potesse consistere la “guerra”, anche questa ora è andata completamente perduta.

Di conseguenza, ho pensato che potesse essere utile provare a chiarire alcuni punti. Lo scopo non è principalmente quello di criticare, ma piuttosto di spiegare alcune questioni concettuali, toccare la dimensione giuridica, guardare all’escalation e a come “iniziano” le “guerre” e cercare di spiegare in termini pratici cosa significherebbe. Si tratta di un programma molto ampio, quindi esaminerò rapidamente alcuni punti.

Innanzitutto, alcuni termini. Storicamente, le nazioni hanno emesso “dichiarazioni di guerra” contro altri. Si trattava di una procedura più formale di quanto forse oggi comprendiamo: normalmente c’era un elenco di rimostranze, un ultimatum di qualche tipo e una dichiarazione secondo cui, se non fossero state soddisfatte determinate condizioni, ci sarebbe stato uno stato di guerra. Quindi la guerra era, almeno in teoria, un’attività legalmente formalizzata. Il discorso di Hitler al Reichstag del 1° settembre 1939 seguì in gran parte questo modello, sebbene non vi fosse alcuna dichiarazione formale di guerra alla Polonia. Pochi giorni dopo, però, gli inglesi e i francesi dichiararono guerra alla Germania nel modo classico. Al giorno d’oggi, e in parte in risposta alle disposizioni della Carta delle Nazioni Unite, gli stati non “dichiarano più guerra” (potere essendo di fatto delegato al Consiglio di Sicurezza), anche se ciò non ha avvicinato sensibilmente il mondo alla pace. Si parla ormai di “conflitto armato” anziché di guerra, e la differenza non è solo semantica, come vedremo. Tuttavia, il termine popolare “guerra” rimane di uso molto comune e ha attirato un’ampia letteratura legale forense. Nonostante ciò, un documento del CICR rileva tristemente che “(uno) si può discutere quasi all’infinito sulla definizione legale di ‘guerra’”. Alcuni sarebbero tentati di rimuovere il “quasi”.

Tra le decine di definizioni di “guerra” che la semplice ricerca su Google può rivelare, il tema comune è la violenza su larga scala tra le forze militari delle nazioni. (La questione dei conflitti armati non internazionali è un argomento vasto che non entreremo qui.) Quindi è ragionevole iniziare chiedendosi se alcuni di questi esperti blovianti stiano effettivamente pensando alla “guerra” nel senso tradizionale. Alcuni di loro certamente non lo sono. Coloro che attendono con impazienza la “guerra” con la Cina presumibilmente non pensano alle armi nucleari cinesi che riducono Washington in cenere, a gran parte della Marina americana sul fondo dell’oceano e alle basi militari statunitensi in tutta l’Asia vaporizzate. Se pensano a qualcosa, è “fare guerra” alla Cina, lanciando attacchi militari come quelli lanciati contro la Somalia, con i cinesi incapaci o non disposti a reagire. Allo stesso modo, coloro che parlano di una Francia potenzialmente “in guerra” con la Russia sembrano pensare a una situazione politica e giuridica esistenziale, non all’invio di truppe francesi per marciare ancora una volta su Mosca. (Lo spero, comunque.) E infine, coloro che vogliono che la NATO venga “coinvolta” contro la Russia in qualche modo non specificato sembrano pensare a operazioni limitate in Ucraina che si concluderanno con una sconfitta russa da parte della NATO, ehm, di armi e forze superiori. La NATO, ehm, la leadership, dopo di che i russi ammetteranno sportivamente la sconfitta e se ne andranno.

D’altro canto, alcuni altri sembrano effettivamente temere il peggio: si teme che l’uso degli F16 per attaccare le truppe russe, o l’uso di altre armi fornite dalla NATO per lanciare attacchi contro le città russe vicino al confine, scateneranno un processo di escalation inevitabile e automatico che porterà alla Terza Guerra Mondiale, alla distruzione del pianeta e alla fine della vita umana. (Torneremo all’escalation tra un attimo.) Allora come dare un senso a tutto questo? Ci sono dei rischi e, se sì, quali sono? Cosa potrebbe accadere, o forse accadrà? Il modo più semplice per comprendere il problema è eliminare la parola “guerra” e osservare, in primo luogo, cosa sta realmente accadendo in Ucraina, e in secondo luogo come la storia suggerisce che le cose potrebbero svilupparsi. Dobbiamo prima spazzare via le ragnatele di diversi decenni di pensiero politico e di stereotipi, che devono più ai meme della cultura popolare che a uno studio serio della storia.

Tanto per cominciare non c’è dubbio che in Ucraina sia in corso un “conflitto armato”. A differenza di una guerra, un conflitto armato è uno stato di cose che può essere valutato in modo indipendente, non un atto linguistico. Il termine sostituì in gran parte “guerra” nel 1949 e, incidentalmente, generò un intero dibattito su quando e come applicare il diritto internazionale umanitario. Stranamente, o forse no, nessuno pensò realmente a definire cosa fosse un conflitto armato, finché non dovette farlo il Tribunale della Jugoslavia per verificare se aveva giurisdizione su quel triste episodio. Ha deciso che “ un conflitto armato esiste ogni volta che vi è un ricorso alla forza armata tra Stati o una violenza armata prolungata tra autorità governative e gruppi armati organizzati o tra tali gruppi all’interno di uno Stato ”. Ora, la seconda metà di quella formulazione non ha bisogno di ritardarci qui, ma notiamo che la definizione descrive uno stato di cose che può essere analizzato: o c’è un conflitto armato oppure non c’è.

Ora, in un conflitto armato, ci sono innanzitutto i “combattenti”. Si tratta di persone con il “diritto di partecipare alle ostilità tra Stati” e comprendono il personale militare (eccetto quello medico e religioso), nonché le milizie e i volontari che combattono con loro purché siano chiaramente distinti dai non combattenti. Tutti gli altri sono non combattenti (noterai che la parola “civile non è usata”) a meno che e finché non prendano parte attiva alle operazioni. Ciò vale per gli appaltatori occidentali e anche per le forze militari, purché non svolgano un ruolo operativo attivo. Pertanto, in un conflitto armato non tutti sono combattenti. Tuttavia, se qualcuno, sia una donna, un bambino o un soldato straniero, inizia a partecipare attivamente alle operazioni, perde il suo status di non combattente. (Si noti che “conflitto armato” è un termine geografico e temporale: può applicarsi ad alcune parti di un paese e non ad altre.)

Il problema con tutto questo, per quanto affascinante, è che questi argomenti riguardano meno come capire cosa sta succedendo, ma più se si applica il diritto internazionale umanitario. Questo è il motivo per cui, dopo alcuni paragrafi superficiali, la maggior parte degli articoli giuridici sulla guerra entrano direttamente nel DIU. Non è proprio di questo che ci occupiamo qui, ma come, se non del tutto, ci aiuta a capire ciò che stiamo vedendo e le possibilità, o meno, di “escalation”?

Ebbene, la prima cosa da dire è che il personale militare straniero in Ucraina non è necessariamente (funzionalmente) combattente. Possono essere ufficiali di collegamento, raccoglitori di informazioni o responsabili della fornitura di aiuti. La semplice presenza di truppe straniere sul territorio di un altro paese non è affatto insolita in tempo di pace, ed è piuttosto comune durante un conflitto. Tuttavia, qualunque sia la loro funzione, perdono lo status di protezione e possono essere legalmente attaccati se prendono parte alle operazioni. Inoltre, non sono soggetti ad alcuna protezione speciale: se un gruppo di contractors militari e ricercatori di storia militare si trovano in un edificio di Kiev colpito da un missile, porta sfortuna. Ma la presenza di personale militare straniero non significa che il Paese inviante è coinvolto nella guerra? Non necessariamente. C’è un dibattito molto complicato su quella che viene chiamata cobelligeranza e se si applica alle nazioni occidentali in Ucraina. (Risposta breve: nessuno lo sa.) Tuttavia, in passato, la cobelligeranza ha generalmente significato un esplicito sostegno militare, la partecipazione alla guerra come partecipante a pieno titolo e il trattamento dell’altro come un nemico dichiarato. Chiaramente, nulla di tutto ciò è accaduto nel caso dell’Ucraina.

Questo non è così strano come può sembrare. I paesi forniscono continuamente assistenza militare, addestramento e “consiglieri” e talvolta entrano in conflitto tra loro. Sembra che l’Iran stia aiutando gli Houthi nel Golfo a prendere di mira le navi straniere, ma non è in guerra con nessuno di questi paesi, non più di quanto lo sia con Israele a causa del suo sostegno a Hezbollah. Dopo il 1939, gli Stati Uniti appoggiarono la Gran Bretagna spingendosi al limite assoluto di ciò che potevano fare senza diventare un cobelligerante, inclusa la protezione della navigazione mercantile britannica. (Hitler dichiarò guerra agli Stati Uniti nel 1941 soprattutto perché la Germania avrebbe potuto prendere di mira direttamente gli Stati Uniti e tutte le navi mercantili sotto la protezione della loro Marina. Dopo tutto, ragionò, gli Stati Uniti erano praticamente già in guerra). Durante la Guerra Fredda, gli scontri militari minori erano comuni e potevano comportare vittime. L’esempio classico è quando le truppe cubane e sudafricane si combatterono su larga scala in Angola negli anni ’80, sebbene nessuno dei due paesi si considerasse in guerra con l’altro.

Quindi la prima cosa utile che possiamo dire è che se le forze occidentali vengono inviate in Ucraina, e alcune vengono uccise o ferite, ciò non equivale allo “scoppiare” di una guerra tra gli stati invianti e la Russia. Sarebbe, ovviamente, possibile per uno o più di questi paesi prendere la decisione politica di impegnarsi formalmente nella guerra, identificare la Russia come nemico e inviare truppe da combattimento, ma questa è, in effetti, una scelta puramente politica. . E poiché ciò darebbe ai russi il diritto di colpire ovunque sul territorio dello Stato interessato, potrebbe non essere nemmeno una decisione molto saggia. Il risultato più probabile è il pianto e lo stridore di denti, ma questo è tutto.

Ma che dire del famoso Articolo V del trattato NATO? Ciò non significa forse che il primo impiegato della NATO ad essere ucciso a Lvov farà precipitare la Terza Guerra Mondiale? No, non è così. Guardiamo per l’ennesima volta alla formulazione di questo articolo, ricordando che, come nota il sito ufficiale della NATO “I partecipanti europei volevano assicurarsi che gli Stati Uniti sarebbero automaticamente venuti in loro aiuto nel caso uno dei firmatari fosse stato attaccato; gli Stati Uniti non hanno voluto assumere tale impegno e hanno ottenuto che ciò si riflettesse nella formulazione dell’articolo 5”. Tale articolo dice in parte:

“Le Parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o Nord America sarà considerato un attacco contro tutte loro e conseguentemente convengono che, qualora tale attacco armato avvenga, ciascuna di esse, in esercizio del diritto di l’autodifesa individuale o collettiva riconosciuta dall’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, assisterà la Parte o le Parti attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre Parti, tutte le azioni che riterrà necessarie, compreso l’uso di strumenti forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell’area del Nord Atlantico”.

Ora ci sono una serie di sottigliezze qui. Tanto per cominciare un “attacco armato” contro uno degli Stati firmatari, letto soprattutto insieme al riferimento all’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, che riconosce il diritto all’autodifesa degli Stati , deve chiaramente essere qualcosa di sostanziale, mirato alla territorio dello Stato stesso. Non può essere un plotone petrolifero casuale che vaga per Kiev. E poiché l’obiettivo di qualsiasi azione intrapresa deve essere quello di “ripristinare e mantenere la sicurezza dell’area del Nord Atlantico”, allora, ancora una volta, le vittime tra le truppe occidentali in Ucraina chiaramente non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo. Vale la pena ricordare – anche se questo continua a essere perso di vista – che non c’è nulla di automatico nell’articolo V. Mentre un attacco a uno è “considerato” un attacco a tutti, ciò non impone alcun obbligo in capo ai firmatari.

Bene, che dire del campo di applicazione? Qui l’Art VI (raramente menzionato) è abbastanza chiaro. È “il territorio di una qualsiasi delle Parti in Europa o Nord America”, compresi quelli che all’epoca erano possedimenti d’oltremare come l’Algeria, nonché “le forze, le navi o gli aerei di qualsiasi delle Parti, quando in o sopra questi territori o qualsiasi altra area in Europa in cui erano di stanza forze di occupazione di una delle Parti alla data di entrata in vigore del Trattato [agosto 1949, ndlr] il Mar Mediterraneo o l’area del Nord Atlantico a nord del Tropico del Cancro. Ora leggilo di nuovo attentamente. Copre, ad esempio, gli attacchi contro forze terrestri, marittime e aeree sul territorio delle Parti o nelle zone marittime vicine. È tutto. Questi trattati non sono redatti da dilettanti (almeno non a quei tempi), e la loro formulazione proteggeva molto chiaramente gli Stati Uniti da qualsiasi impegno a venire in aiuto, ad esempio, delle forze britanniche in Malesia attaccate dai cinesi. Allo stesso modo, non vi fu alcuna invocazione dell’Articolo V quando gli argentini attaccarono le Isole Falkland nel 1982.

Quindi, in parole povere, gli attacchi contro le forze dei membri della NATO in Ucraina non rientrano nell’ambito di applicazione dell’Articolo V. E in ogni caso, le nazioni non sono tenute a fare nulla di concreto anche se credono che l’Articolo sia stato attivato. (L’Articolo V si applicava all’Algeria, allora parte della Francia, ma per anni altri membri della NATO si rifiutarono di inviare aiuti di qualsiasi tipo per combattere l’FLN.) Ora ovviamente è vero anche il contrario: nulla impedisce alla NATO di inviare truppe, di considerare le vittime tra quelle truppe furono un pretesto per la guerra e, ovviamente, subirono le conseguenze. Ma queste sono decisioni politiche e non c’è nulla di forzato in esse. Non comportano alcun processo di escalation automatica.

Ah, escalation. È stato scritto così tanto a riguardo. Come molti altri argomenti sfuggiti al controllo, si basa in definitiva su alcune idee sensate e originariamente non controverse. A qualsiasi livello, dalle interazioni individuali fino alle relazioni tra stati, possiamo scegliere come reagire al comportamento degli altri. Se abbiamo un vicino i cui animali domestici stanno distruggendo il nostro giardino, abbiamo una scelta di risposte, da un reclamo o una lettera fino all’assunzione di un avvocato. A un certo punto, inoltre, uno di noi potrebbe decidere di praticare la riduzione dell’escalation, magari con una conversazione tranquilla oltre il recinto del giardino. In una certa misura, le nazioni si comportano allo stesso modo: gli Stati Uniti hanno alzato la temperatura politica con paesi come il Vietnam e la Corea del Nord, che il presidente russo ha visitato, e a sua volta la visita di Putin in questi paesi, in particolare nella Corea del Nord, è stata deliberatamente politicamente escalation. Allo stesso modo, l’escalation militare – l’uso o la minaccia di forze più numerose o più potenti – è ben compresa. Infine, nei conflitti con regole comprese in comunità omogenee, in particolare durante le guerre civili, esistono escalation e de-escalation. La violenza ha una sua logica e l’escalation, dalle manifestazioni pacifiche alle manifestazioni violente, alle sparatorie, alle autobombe fino all’assassinio di personaggi importanti, segue una sequenza che entrambe le parti comprendono, ed entrambe le parti possono decidere, se lo desiderano, di fermare . Tutto ciò va bene, ma sorgono problemi quando proviamo a prendere questo concetto e a sistematizzarlo eccessivamente.

Ad esempio, potresti aver sentito parlare di cose come “scale di escalation”, che sono schemi dettagliati di piccoli cambiamenti su e giù, in reazione o anticipazione del comportamento di un avversario. Ancora una volta, come descrizione molto ampia e generale dei tentativi di gestire le crisi, ciò è accettabile. Ma abbastanza rapidamente, “strateghi” come Herman Khan e Bernard Brodie hanno fatto propria l’idea, e hanno prodotto modelli elaborati di escalation e de-escalation (Khan aveva quarantaquattro passaggi). Il concetto continua ad attirare molto interesse, e un Google La ricerca accademica vomiterà dozzine di modelli e varianti di escalation concorrenti. Il che ovviamente è interessante di per sé, poiché se questi modelli pretendono di descrivere la realtà, allora solo uno di essi può davvero essere corretto (o un piccolo numero se estendiamo il concetto e ammettiamo varianti).

Ma in realtà questi modelli non hanno mai cercato di descrivere la realtà: erano tratti esplicitamente dalla teoria dei giochi e dai modelli economici del mercato, e quindi presupponevano una conoscenza perfetta e una razionalità perfetta. (Essere uno stratega per fortuna ti assolve dalla necessità di sapere qualcosa sulla storia o sull’attualità.) Erano anche modelli universali, vale a dire si applicavano a tutte le società e a tutti i sistemi politici, e un potenziale avversario (generalmente l’Unione Sovietica) avrebbe sostanzialmente condiviso stesso modello e, cosa ancora più importante, capiremmo la stessa cosa dalle nostre azioni. (Ancora una conoscenza perfetta.) Naturalmente, gli strateghi occidentali sapevano che i russi avrebbero preso iniziative secondo la nostra valutazione e, a loro volta, sapevano che noi lo sapevamo.

Sulla Terra, chiunque abbia una minima conoscenza pratica della politica internazionale sa che la conoscenza non è mai perfetta, che tale conoscenza è comunque spesso prigioniera di presupposti a priori, che gli stati non sempre si comportano razionalmente e che nella maggior parte delle crisi gli stati hanno regole molto diverse tra loro. percezioni reciproche e delle azioni degli altri. Un risultato è che le azioni di uno Stato possono essere viste come un’escalation da parte di altri. L’invasione sovietica dell’Afghanistan nel 1979 fu quindi una mossa difensiva, come mostrano i documenti dell’epoca, ma fu percepita da alcuni in Occidente come un’escalation nella lotta per il controllo del Medio Oriente e dell’Asia meridionale, e si prevedeva che sarebbe stata seguita da un ulteriore spostamento in Iran o nel Golfo.

In pratica, per quasi tutta la Guerra Fredda, le due parti si fraintendevano completamente. Peggio ancora, pensavano di capirsi abbastanza bene e che l’altra parte condividesse i loro modelli intellettuali. Pertanto, la teoria della mutua distruzione assicurata (MAD) era un modello concettuale occidentale, ideato dagli strateghi statunitensi. Ma non c’è motivo di supporre che l’Unione Sovietica abbia mai sviluppato in modo indipendente lo stesso modello, o che sia stata convinta di quello occidentale, o che lo capisca ora.

Possiamo vedere questa dinamica all’opera nel caso dell’Ucraina, dove le definizioni di “escalation” dipendono interamente da chi sei e da dove inizi. Quindi l’espansione della NATO negli anni Novanta e successivamente (non originariamente contemplata nel 1990) è stata vista come difensiva dai piccoli stati preoccupati per una Russia revanscista e da un Occidente preoccupato per la possibilità di conflitto e instabilità in una regione notoriamente instabile. Ma i russi la considerarono un’escalation. Le prime aperture verso l’Ucraina nel nuovo millennio furono ancora una volta viste come stabilizzanti da un lato e come un’escalation dall’altro. L’integrazione russa della Crimea nel 2014 è stata percepita in Occidente come una grande escalation, mentre la risposta occidentale è stata percepita come un’escalation da parte dei russi. La resistenza nell’Ucraina orientale è stata vista dall’Occidente come un’escalation, orchestrata da Mosca, sebbene i russi la considerassero difensiva. Gli accordi di Minsk furono visti dall’Occidente come uno strumento per scoraggiare un’ulteriore escalation russa, e dai russi come un modo per prevenire la necessità di un’ulteriore escalation. Il successivo aiuto militare all’Ucraina è stato visto dall’Occidente come un aiuto a scoraggiare qualsiasi ulteriore escalation russa, nel caso in cui gli accordi di Minsk fallissero, mentre i russi lo vedevano come un’escalation in sé. Gli storici discuteranno per generazioni su chi avesse “ragione”, ma non è questo il punto. Nonostante tutto ciò che si può credere da entrambe le parti, il fatto è che la mossa difensiva di una nazione è l’escalation di un’altra nazione, e questo è stato vero nel corso della storia.

E ovviamente “escalation” non è solo un concetto tecnico. È destinato a raggiungere qualche obiettivo politico. Il problema è che tali obiettivi politici sono difficili da definire in modo utile e che non esiste un modo automatico per mettere in relazione le azioni intraprese con l’effetto che si desidera ottenere. Nella maggior parte dei casi, l’escalation ha lo scopo di “inviare un messaggio”, “mostrare determinazione”, “scoraggiare l’aggressività” o simili. Ora, ci sono casi limitati in cui questo potrebbe funzionare. Il concetto di “dominanza dell’escalation” in una crisi politico-militare significa che puoi portare livelli di forza che il tuo avversario non può, e questo può aiutare a risolvere la crisi a tuo favore. Ma più normalmente, questi effetti sono pie speranze e, cosa ancora più importante, vengono interpretati erroneamente dall’opposizione come minacce che devono essere affrontate con un’escalation uguale o maggiore. Così, nel 1914, gli stati europei mobilitarono le loro forze per “scoraggiare”, ad esempio la Russia che sosteneva la Serbia o la Germania che sosteneva l’Austria, e quindi prevenire l’escalation. Sappiamo come è andata a finire.

Pertanto, gran parte dei discorsi, della paura o della delirante anticipazione di una “escalation” sono in effetti privi di significato, o nella migliore delle ipotesi troppo vaghi per essere utili. Frasi come “se X dovesse accadere, la NATO non avrà altra scelta che un’escalation” presuppone che esista un processo di escalation definito, le cui fasi sono note a tutti e i cui effetti possono essere previsti. Ma gli stereotipi culturali qui sono decisamente obsoleti. Non facciamo più queste cose: anzi, non sappiamo più fare queste cose. Molti di coloro che parlano con disinvoltura del “coinvolgimento” della NATO non hanno la più remota idea di cosa ciò comporti, partendo dal presupposto, come fanno, che tutto ciò che serve è una breve dimostrazione di superiorità militare sul campo di battaglia in Ucraina.

Durante la Guerra Fredda, l’“escalation” era in una certa misura una cosa. La NATO e le nazioni occidentali avevano ampi piani di emergenza militare, e possiamo presumere che anche il Patto di Varsavia lo avesse fatto. Le stesse nazioni avevano piani molto dettagliati per quella che veniva chiamata “transizione alla guerra”, che venivano attuati frequentemente, sia a livello nazionale che internazionale. In Gran Bretagna esisteva un documento chiamato War Book, un documento altamente riservato (ne ho sempre visto solo degli estratti), che a quanto pare esisteva in meno di un centinaio di copie. Si trattava essenzialmente di un compendio di decisioni che il governo o i suoi rappresentanti potevano essere chiamati a prendere durante una crisi internazionale, da quelle estremamente banali a quelle assolutamente terrificanti. Era un progetto per condurre una vera guerra, assumendo la necessità di proteggere la popolazione, richiamando e mandando via i riservisti militari e mettendo il paese su un vero piede di guerra.

Ad esempio, nel Regno Unito, il Parlamento si sarebbe riunito brevemente per approvare la legge sui poteri di emergenza (difesa), per poi sciogliersi, conferendo al governo il potere di governare tramite decreto. Il governo stesso sarebbe stato disperso in tutto il paese. Tutte le TV e le radio sarebbero state chiuse per essere sostituite dal servizio di radiodiffusione in tempo di guerra, gli ospedali nelle principali città sarebbero stati chiusi e il personale e le strutture sarebbero stati spostati fuori pericolo. I pazienti non urgenti sarebbero stati dimessi. I riservisti militari sarebbero stati richiamati, tutte le risorse della protezione civile sarebbero state mobilitate, le risorse di trasporto sarebbero state requisite e sarebbe stato introdotto il razionamento del cibo e di altri beni. Sarebbero state attivate le scorte strategiche di cibo e carburante. Migliaia di truppe sarebbero state mobilitate per proteggere quelli che erano conosciuti come punti chiave, siti essenziali per far andare avanti il ​​paese. Questo era allora.

Ora l’”escalation” della guerra contro la Russia dovrebbe logicamente includere la gestione delle conseguenze dell’escalation russa a sua volta, e il fare cose antisportive come eliminare i centri governativi e i quartier generali militari delle nazioni occidentali, forse anche come snodi di trasporto. , basi aeree, basi navali, strutture di stoccaggio e manutenzione, porti principali e strutture di generazione e trasmissione di elettricità. (È dubbio, tra l’altro, che i sostenitori dell’“implicarsi” abbiano la più remota idea delle possibili conseguenze.) Durante la Guerra Fredda, la minaccia sarebbe venuta dai bombardieri contro i quali esisteva almeno una difesa. Oggi la minaccia arriva dai missili ipersonici, dove non c’è alcuna difesa effettiva, perché gli stessi Stati europei hanno pochi o nessun sistema antimissile che potrebbe anche teoricamente proteggere le aree vulnerabili. E anche i radar di allarme rapido, come quello di Fylingdales nel Regno Unito, nella migliore delle ipotesi sarebbero in grado di dare un preavviso di pochi minuti. Inoltre, la letalità dei missili è in gran parte una questione di precisione e, in una certa misura, di velocità, e una manciata di missili ipersonici russi potrebbe ridurre in macerie gli edifici governativi di Londra, Parigi o Berlino.

Un simile attacco, che utilizzerebbe forse non più di 30-40 missili per paese, probabilmente in diverse ondate, fermerebbe di fatto la vita normale, ed è importante capirne il motivo. Fino agli anni ’90, i governi disponevano di leggi di emergenza e praticavano procedure di emergenza. Praticamente tutto questo è scomparso. I governi hanno poca esperienza e poche risorse per gestire le grandi emergenze, e non ci pensano più molto. I settori pubblici si sono ridotti e sono stati dequalificati. Gran parte del business per far andare avanti il ​​Paese è appaltato a società private, spesso con sede all’estero. Anche se un governo riuscisse a decidere cosa fare, non avrebbe più le strutture a sua disposizione per farlo, né i poteri legali necessari. L’esercito è l’ombra di quello che era, e i servizi di emergenza della maggior parte dei paesi hanno difficoltà a far fronte anche in condizioni normali. La protezione civile nel vecchio senso non esiste quasi più, così come le scorte strategiche di cibo e carburante, e l’Europa dipende molto più dalle importazioni per qualsiasi cosa rispetto a quaranta o cinquant’anni fa. Infine, gli eventi recenti hanno dimostrato che oggigiorno i governi sono fisicamente incapaci di controllare i diffusi disordini sociali.

Diamo solo due esempi di ciò a cui potrebbe portare l’“escalation” verso la “guerra”. Durante la Guerra Fredda, i governi si dispersero in alloggi preselezionati e protetti fuori dalle capitali. C’erano (per quel giorno) sistemi di comunicazione altamente sofisticati e ridondanti per consentire al governo di continuare. Al momento, in nessun paese europeo, esiste un accordo così sicuro, di cui sono a conoscenza, e non c’è alcuna pianificazione su come e dove potrebbe avvenire la dispersione. Al giorno d’oggi la comunicazione avviene tramite telefoni cellulari che utilizzano antenne vulnerabili e Internet e richiede una fornitura elettrica costante. È probabile che le risorse governative e militari sopravvissute a un attacco non sarebbero più in contatto tra loro per molto tempo. Naturalmente, la deregolamentazione dei mezzi di trasmissione e l’avvento di Internet rendono ora impossibile il controllo sull’informazione. È facile immaginare false trasmissioni facilitate dall’intelligenza artificiale da parte di leader nazionali, o massicci SMS bufali che dicono alle persone di presentarsi alla stazione di polizia locale per la coscrizione.

In secondo luogo, i governi sarebbero sopraffatti da un’ondata di problemi quotidiani imprevisti e probabilmente insolubili. Prendine uno davvero semplice. Ci sono quasi tre quarti di milione di studenti stranieri che studiano nel Regno Unito (molto di più rispetto agli anni ’80), circa due terzi provenienti da paesi extra-UE. (Gli ultimi dati disponibili suggeriscono che circa 150.000 di loro sono cinesi.) Se fossi uno studente in un continente i cui leader erano impazziti e dichiaravano guerra alla Russia, quasi certamente vorresti essere altrove. Ma come affronterà questo problema il lussureggiante gruppo di amministratori universitari ben pagati di oggi? E cosa succede quando decine di migliaia di studenti disperati assediano l’aeroporto di Heathrow e i terminal degli Eurostar in cerca di voli e treni? E ovviamente anche una parte dei 35 milioni di visitatori che ogni anno visitano il Regno Unito cercherà di tornare a casa, in un momento in cui il governo intende trasformare gli aeroporti in basi di dispersione per gli aerei militari. (La stessa cosa accadrà in tutta Europa, ovviamente.) Ora cito questo esempio deliberatamente banale perché è uno delle dozzine per i quali non è stata fatta alcuna preparazione e non esiste alcun piano, e per il quale i governi dovranno prendere provvedimenti. Decisioni rapide. Sfortunatamente, i meccanismi per mettere in pratica queste decisioni nella maggior parte dei casi non esistono più. Non è impossibile, infatti, che i governi occidentali vadano semplicemente in pezzi sotto la tensione di dover improvvisamente cercare di improvvisare misure per affrontare le conseguenze pratiche dell’“escalation” e del “coinvolgimento”. In parole povere, una società “just in time” non può fare la guerra nel senso rilevante del termine.

Quanto sopra, spero, metta i concetti di “escalation” in una sorta di prospettiva. “Escalation” è solo una parola, che rappresenta il desiderio dei governi deboli di fare alcune cose vagamente definite per apparire forti. Ma come ho sottolineato all’infinito, la NATO non ha nulla con cui intensificare l’escalation, e nessun posto dove farlo. Risulterà evidente da quanto sopra, a mio avviso, che la NATO non ha nemmeno la capacità organizzativa per intensificare la situazione, a parte compiere gesti scortesi. La struttura decisionale politica e burocratica della Guerra Fredda è scomparsa da tempo, quindi l’idea che l’“escalation” possa in un certo senso “sfuggire al controllo” non ha senso. Pertanto non ha senso neanche parlare di “terza guerra mondiale”.

È molto difficile per gli “strateghi” occidentali rendersi conto di quanto siano limitate in realtà le opzioni occidentali, motivo per cui si parla così tanto e così poca analisi informata. È una curiosità di tutta questa triste vicenda che gli “strateghi” sembrano disconnessi dalla realtà in tutti i sensi. Proprio come non possono decidere se la Russia sia ridicolmente debole o terribilmente potente, allo stesso modo non possono decidere se gli Stati Uniti, in particolare, sono un impero nelle ultime fasi di disintegrazione, o un attore iperpotente che detta tutto ciò che accade. nel mondo. La reazione alla mia osservazione che l’Occidente è debole e senza opzioni è troppo spesso “penseranno a qualcosa” e “sono pazzi”, che non sono risposte ma modi per evitare la realtà.

Ah, ma hanno le armi nucleari e faranno saltare in aria il mondo! In realtà no. In passato, la strategia della NATO si basava sul fatto che non poteva schierare nulla di simile alle forze convenzionali dell’Unione Sovietica, per ragioni economiche. Ad un certo punto di un conflitto futuro, quando le forze della NATO fossero state respinte su quella che veniva chiamata Linea Omega, si sarebbe dovuto decidere se utilizzare armi nucleari tattiche su grandi concentrazioni di truppe sovietiche. La speranza era che questo convincesse il nemico a porre fine alla guerra. Oggi non esistono logiche simili, processi decisionali simili e (quasi) armi simili. Si ritiene che in Europa vi siano circa un centinaio di bombe nucleari statunitensi B61 a caduta libera. I loro movimenti sono impossibili da nascondere e tentare di stabilirli in Ucraina sarebbe follemente pericoloso. Sarebbe possibile posizionarli in Romania, ad esempio: da un aeroporto nell’est del paese probabilmente potresti raggiungere Kherson con un F16 , se non ti dispiacesse distruggere una città ucraina e uccidere i soldati ucraini. Oh, e c’è anche la piccola questione della difesa aerea russa di cui preoccuparsi. Quindi cancellala come idea e non ce ne sono altre.

Oltre a ciò, ci occupiamo di armi nucleari strategiche, e ciò richiederebbe un altro saggio lungo quanto questo, quindi dovrà aspettare. Vorrei solo osservare di sfuggita che (1) a meno che non si capisca la distinzione tra “primo utilizzo” e “primo attacco”, non si capisce nulla, e che (2) il “primo attacco” e il tintinnio di sciabole nucleari in generale sono stati fuori luogo di moda dalla fine degli anni ’70, con l’ampio dispiegamento di capacità di secondo attacco, in particolare nei sottomarini.

Forse alla fine questo è solo un gioco linguistico. Forse un intero gruppo di politici ignoranti e aggressivi gridano alla “guerra” e “si lasciano coinvolgere” per tenere alto il morale, senza avere la minima idea di cosa stanno parlando, o di cosa significherebbe la guerra in pratica. La NATO, dopo tutto, non può dettare le regole se “viene coinvolta”. I russi, che sanno cos’è la guerra e come combatterla, avranno le loro idee al riguardo. Non sono preoccupato, come ho già detto , dell’uso delle armi nucleari. Mi preoccupano i politici irresponsabili, istigati da media isterici, che si ritrovano in situazioni che danneggeranno o addirittura distruggeranno i loro paesi senza nemmeno la necessità di sparare un colpo.

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:

postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704 oppure iban IT30D3608105138261529861559

oppure PayPal.Me/italiaeilmondo  

oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/

Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

Il piano PMC segnalato dagli Stati Uniti per l’Ucraina equivale ad un intervento convenzionale parziale, di ANDREW KORYBKO

Il piano PMC segnalato dagli Stati Uniti per l’Ucraina equivale ad un intervento convenzionale parziale

 

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI NON COPRONO NEMMENO UN TERZO DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO

27 GIUGNO

Gli Stati Uniti continuano ad evolvere la propria politica nei confronti del conflitto in direzione di una maggiore escalation per compensare il fatto di non aver consentito all’Ucraina di aderire alla NATO in tempi brevi.

La CNN ha citato quattro fonti amministrative anonime per riferire in esclusiva che gli Stati Uniti stanno valutando la possibilità di consentire apertamente agli appaltatori militari privati ​​​​americani (PMC) di lavorare in Ucraina sul libro paga del Pentagono con il pretesto di mantenere e riparare attrezzature militari lì. Il primo ministro polacco Tusk aveva già ammesso alla fine di maggio che “ci sono alcune truppe lì (in Ucraina), intendo soldati. Ci sono alcuni soldati lì. Osservatori, ingegneri”, quindi questo sviluppo non sarebbe nulla di nuovo di per sé.

Ciò che è problematico in questa proposta, però, è che equivale ad un intervento convenzionale parziale che rischia di normalizzare il coinvolgimento sempre più aperto delle forze occidentali all’interno dell’Ucraina . Il presidente francese Macron ha recentemente fatto marcia indietro sulla sua retorica sull’autorizzazione del proprio paese intervento lì, probabilmente nel tentativo di riconquistare gli elettori in vista delle imminenti elezioni anticipate, ma queste ultime notizie mostrano che gli Stati Uniti hanno invece iniziato a flirtare con questo scenario.

I funzionari russi hanno ripetutamente promesso di prendere di mira tutte le forze straniere presenti sul posto, e la possibilità che un gran numero di PMCS americani venisse presto ucciso, proprio come la Russia ha eliminato diverse dozzine di forze francesi a gennaio, potrebbe essere sfruttata dagli Stati Uniti come pretesto per ulteriori escalation. Da un lato, il presidente Putin è riluttante a intensificare l’escalation, come dimostrato dalla sua tiepida risposta al recente bombardamento dei bagnanti da parte dell’Ucraina, sostenuto dagli Stati Uniti, ma dall’altro non può stare a guardare mentre queste PMC mettono in pericolo le truppe russe.

Dovrebbe quindi essere dato per scontato che probabilmente diventerebbero obiettivi prioritari, anche se solo per ragioni di “prestigio” e per la speranza che alcuni politici russi nutrono che la loro morte, forse altamente pubblicizzata, eserciti maggiore pressione sugli Stati Uniti affinché cambino la loro politica. verso il conflitto. I democratici probabilmente non starebbero a guardare mentre la Russia uccide le PMC del loro paese, né revocherebbero quella politica così poco dopo che potrebbe essere promulgata, ecco perché ci si aspetterebbe un’escalation.

Gli osservatori possono solo fare congetture su quale forma potrebbe assumere, ma il punto è che portare avanti la proposta di consentire apertamente alle PMC americane di lavorare in Ucraina sul libro paga del Pentagono per la manutenzione di attrezzature americane destinate a uccidere i russi rappresenta un nuovo livello di coinvolgimento nell’operazione. conflitto. Il “disastro russo a Deir ez-Zor ”, dove secondo quanto riferito gli Stati Uniti hanno addestrato decine di PMC Wagner all’inizio del 2018, è avvenuto prima che il rapporto di quel gruppo con il Ministero della Difesa fosse formalmente ammesso da entrambi.

Di conseguenza, era pronto il terreno affinché la Russia allentasse la tensione non sentendosi sotto pressione nel rispondere a ciò che era accaduto, ma ciò non sarebbe il caso se la Russia uccidesse le PMC americane in Ucraina che sono ufficialmente sul libro paga del Pentagono dopo che l’amministrazione cambierà formalmente. la sua politica nei confronti di questo argomento delicato. Con questo in mente, gli Stati Uniti ovviamente sanno in cosa si stanno cacciando, ma la fazione aggressiva che sta dietro questa proposta continua a spingerla come un modo per mostrare ulteriore solidarietà con il nuovo alleato del loro paese.

A metà giugno è stato spiegato che “ il patto di sicurezza degli Stati Uniti con l’Ucraina è una consolazione per non aver approvato l’adesione alla NATO ”, e poi una settimana dopo che “ più difese aeree e attacchi transfrontalieri non cambieranno le dinamiche del conflitto ucraino”. ”. Per riassumere, per comodità del lettore, i punti salienti sono che gli Stati Uniti continuano ad evolvere la propria politica nei confronti del conflitto in direzione di una maggiore escalation per compensare il fatto di non aver permesso all’Ucraina di aderire alla NATO in tempi brevi.

Né l’invio di maggiori difese aeree, né l’autorizzazione di attacchi transfrontalieri ovunque all’interno della Russia con il pretesto di contrastare o rispondere preventivamente alle minacce provenienti da quella nazione, o l’invio aperto di PMC pagate dal Pentagono nella zona del conflitto avranno alcun effetto significativo sulle sue dinamiche. . La Russia ha già battuto di gran lunga la NATO nella sua “ corsa logistica ”/“ guerra di logoramento ”, tanto che Sky News ha riferito a fine maggio che la Russia sta producendo tre volte più proiettili della NATO a un quarto del prezzo.

Tutto ciò che queste mosse fanno è indurre la Russia ad abbandonare la sua santa moderazione e a rispondere finalmente a queste provocazioni, che potrebbero poi servire a giustificare le misure di escalation pre-pianificate degli Stati Uniti che potrebbero facilmente degenerare nella crisi di politica del rischio calcolato simile a quella cubana che i falchi vogliono. La più recente di queste mosse è la più pericolosa di tutte, a causa della possibilità che la Russia uccida presto decine di americani e quindi inneschi un’escalation “reciproca” degli Stati Uniti (come se potesse strutturare la sua risposta).

La tendenza generale è quella NATO-russa La guerra per procura in Ucraina è quindi destinata a intensificarsi ulteriormente durante l’estate, soprattutto se questa politica proposta verrà promulgata, rischiando così la Terza Guerra Mondiale per errore di calcolo nel caso in cui gli Stati Uniti colpiscano direttamente le forze russe nella zona di conflitto. Naturalmente, la fazione statunitense relativamente più pragmatica potrebbe alla fine prevalere e far naufragare questa politica o fare in modo che gli Stati Uniti non rispondano in quel modo se ciò accadesse, ma ciò non può essere dato per scontato.

Liquidare con disinvoltura tutto come un complotto della CIA trascura i problemi preesistenti che hanno preceduto questo drammatico evento e semplifica eccessivamente dinamiche complesse.

Molti utenti di X hanno descritto il fallito colpo di stato della Bolivia di mercoledì come un altro tentativo di cambio di regime della CIA, soprattutto a causa della sua storia di ingerenze in questa nazione sudamericana senza sbocco sul mare e ricca di litio, ma c’è molto di più dietro questo. Liquidare con disinvoltura tutto come un complotto della CIA trascura i problemi preesistenti che hanno preceduto questo drammatico evento e semplifica eccessivamente dinamiche complesse. Il presente articolo chiarirà in modo conciso cosa è successo, perché, il motivo del fallimento e cosa potrebbe seguire.

Il generale Juan Jose Zuniga è stato licenziato all’inizio della settimana dopo aver minacciato di arrestare l’ex presidente Evo Morales se avesse tentato di candidarsi per un quarto mandato, come quest’ultimo aveva dichiarato di voler fare nel 2025, nonostante la Corte Costituzionale avesse stabilito alla fine dell’anno scorso che sarebbe incostituzionale. . Il colpo di stato militare della Bolivia del 2019 è stato avviato dopo che Morales ha vinto un controverso quarto mandato dopo che un referendum del 2016 sull’estensione dei limiti di mandato è fallito, ma è stato annullato dal Tribunale costituzionale nel 2017.

Per coloro che sono interessati a saperne di più su ciò che accadde allora, ” Ecco come la guerra ibrida in Bolivia riuscì a realizzare un cambio di regime “, che era praticamente dovuto al fatto che una parte significativa della popolazione era già precondizionata a considerare illegittima la sua vittoria. . Parallelamente, gli Stati Uniti ancora una volta hanno cooptato i loro tradizionali alleati nelle forze armate locali per farli intervenire contro di lui, il che ha portato a una breve dittatura di fatto che è stata democraticamente rovesciata un anno dopo.

Il presidente in carica Luis Arce del “Movimento per il Socialismo” (MAS) di Morales ha ottenuto una vittoria schiacciante con il 55% dei voti rispetto al suo rivale più vicino che ha ottenuto solo il 28%. Il precedente governo insediato dai militari si è piegato a causa dell’impossibilità politica di mantenere il potere in quelle circostanze, dopo di che alcuni dei suoi membri sono stati ritenuti responsabili davanti alla legge per il loro ruolo nel colpo di stato. Tra queste anche Jeanine Anez, che assunse la presidenza in quel periodo e che è ancora in carcere.

Nell’ultimo anno, Arce e Morales hanno avuto un brutto litigio nel periodo precedente alle elezioni del 2025, che hanno visto Arce essere espulso dal MAS di Morales. I lettori possono saperne di più su questa disputa intra-sinistra qui e qui , ma fondamentalmente si riduce a differenze di personalità, non a differenze politiche significative. Con l’aggravarsi delle lotte interne al partito al potere, anche l’economia ha cominciato a peggiorare, con la crisi finanziaria che ha cominciato a raggiungere il culmine, provocando crescenti proteste in tutto il paese nell’immediato periodo precedente al fallito colpo di stato.

All’inizio di questo mese, Arce è stato uno dei due ospiti d’onore del presidente Putin (l’altro è il presidente dello Zimbabwe Emmerson Mnangagwa) al Forum economico internazionale di San Pietroburgo, dove ha tenuto un potente discorso sulla multipolarità che può essere letto integralmente qui . È stato pensando alla partnership sempre più strategica dei loro paesi, che include soprattutto le dimensioni del litio e dell’energia nucleare, che molti utenti di X hanno ipotizzato che il fallito colpo di stato fosse un complotto di vendetta geopolitica sostenuto dagli Stati Uniti.

Tuttavia, le tensioni economico-finanziarie e politiche (in particolare all’interno della sinistra) che l’hanno preceduta mostrano che questa interpretazione non è poi così accurata, anche se gli Stati Uniti avrebbero guadagnato se il cambio di regime avesse avuto successo, come se le nuove autorità avessero radicalmente alterato le politiche del loro paese. Inoltre, i tempi suggeriscono che si sia trattato di un colpo di stato personale improvvisato da parte di Zuniga dopo essere stato licenziato all’inizio della settimana, non qualcosa che lui e la CIA stavano architettando da un po’.

Dopotutto, Arce ha affrontato personalmente Zuniga nel palazzo presidenziale e ha convinto i suoi compagni a annullare il colpo di stato, che ha coinciso con lui e Morales che hanno messo da parte le loro divergenze per il bene nazionale e hanno invitato i loro connazionali a mobilitarsi a sostegno del governo . Il colpo di stato quindi è fallito proprio perché le forze armate non avevano colluso con la CIA in alcun modo significativo, né quell’agenzia ha condizionato l’opinione pubblica a sostenere quest’ultimo cambio di regime come ha fatto con quello del 2019.

Questo non vuol dire che non ci sia stata alcuna traccia americana in quello che è successo, il che potrebbe essere scoperto durante le indagini in corso, ma solo che sarebbe stato tutt’al più solo opportunistico e non parte di un complotto in cui avevano seriamente investito molto in anticipo. Per quanto riguarda ciò che potrebbe accadere in seguito, è possibile che Arce e Morales possano riconciliarsi o almeno ridurre l’intensità della loro rivalità, il tutto con l’obiettivo di rendere le elezioni del prossimo anno il meno controverse possibile.

La scandalosa affermazione di Zuniga all’indomani del fallito colpo di stato secondo cui Arce gli aveva precedentemente detto di inscenare qualche dramma per aumentare la sua popolarità in mezzo alle crisi convergenti del paese probabilmente non è credibile, ma potrebbe comunque avere l’effetto di esacerbare le tensioni tra i due . Non solo, ma anche una parte dell’elettorato potrebbe essere influenzata da ciò che ha detto, il che potrebbe inasprire alcuni di loro nei confronti del MAS in vista del prossimo voto e quindi potenzialmente dare una spinta ai loro rivali di destra.

La nuova situazione socio-politica potrebbe essere più facilmente sfruttata dalla CIA per facilitare eventuali successivi sforzi speculativi volti a realizzare seriamente un colpo di stato prima o durante le elezioni del prossimo anno nel caso in cui Morales decida ancora di candidarsi contravvenendo alla sentenza della Corte Costituzionale dell’anno scorso. . Questa intuizione suggerisce che mentre molti utenti di X stanno probabilmente gridando al lupo per il ruolo della CIA negli ultimi eventi, questo potrebbe effettivamente finire per diventare una profezia che si autoavvera entro il prossimo anno se la Bolivia non sta attenta.

La poco brillante dichiarazione congiunta che ha fatto seguito alla visita del premier pakistano in Cina suggerisce che la Repubblica popolare si sta inasprendo nei confronti del suo Paese a causa della sua incapacità di proteggere i lavoratori cinesi che contribuiscono allo sviluppo dei progetti CPEC.

Il Pakistan ha recentemente annunciato l’inizio della sua nuova operazione antiterrorismo dal nome in codice “ Azm-e-Istehkam ”, che è arrivata come risposta attesa da tempo a dozzine di attacchi transfrontalieri negli ultimi anni da parte del gruppo terroristico TTP con sede in Afghanistan. Gli osservatori si sono chiesti perché ci sia voluto così tanto tempo prima che un’altra operazione simile iniziasse, ma prima di spiegare il motivo dietro la tempistica dell’ultima, il lettore dovrebbe prima rivedere i seguenti briefing di base su questo argomento:

* 28 agosto 2022: “ Un pericoloso dilemma di sicurezza si sta rapidamente sviluppando nelle relazioni tra Pakistan e Talebani ”

* 6 gennaio 2023: “ Venti verità sui legami tra Pakistan e Talebani alla luce delle loro ultime tensioni ”

* 11 gennaio 2023: “ Le continue tensioni tra Pakistan e Talebani possono effettivamente portare a un’altra guerra senza fine ”

* 15 luglio 2023: “ La minaccia terroristica del TTP al Pakistan sta metastatizzando ”

* 22 marzo 2024: ” L’ultimo attacco terroristico a Gwadar ricorda perché il CPEC deve ancora decollare ”

Per riassumere, per comodità del lettore, i talebani afghani considerano il governo golpista postmoderno del Pakistan, salito al potere dopo il cambio di regime dell’aprile 2022, come burattini americani, mentre lo stesso governo li contesta per aver ospitato il TTP nonostante i suoi attacchi transfrontalieri. Ciò ha catalizzato un crescente dilemma sulla sicurezza che ha intossicato i loro legami, e ora c’è la possibilità che il Pakistan possa lanciare i propri attacchi transfrontalieri nel corso di quest’ultima operazione.

Dopo aver spiegato il percorso strategico-militare verso “Azm-e-Istehkam”, è ora importante approfondire le ragioni dietro la sua tempistica, che fa seguito alla poco brillante dichiarazione congiunta sino-pakistana arrivata dopo la visita del primo ministro Shehbaz Sharif nel paese. Repubblica popolare all’inizio di giugno. Il Diplomat ha analizzato diverse dichiarazioni congiunte nel corso degli anni nel loro rapporto dettagliato qui per dimostrare che la Cina ha effettivamente iniziato ad inasprirsi nei confronti del Pakistan a causa della sua crisi economica e di sicurezza dal 2022 in poi.

Il corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC) è ancora ufficialmente considerato il progetto di punta della Belt & Road Initiative (BRI) cinese, ma è tristemente sottoperformato a causa della corruzione dilagante all’interno del Pakistan e delle due crisi interconnesse sopra citate che hanno coinciso con la crisi post-pakistana. -colpo di stato moderno. A dire il vero, tutti e tre i problemi erano individuabili prima della scandalosa cacciata dell’ex primo ministro Imran Khan appoggiata dagli Stati Uniti , ma nessuno di essi aveva raggiunto le proporzioni della crisi attuale.

Se il CPEC continuasse a bloccarsi a causa di questi fattori, non sarebbe imprevedibile che i cinesi perdessero interesse, ridimensionassero i loro investimenti e “disaccoppiassero” silenziosamente il CPEC dalla BRI. In tal caso, la traiettoria di crescita socioeconomica a lungo termine del Pakistan verrebbe rovinata, costringendolo così a una servitù indefinita nei confronti del FMI. Ne è già eccessivamente dipendente, al punto che The Intercept ha riferito qui lo scorso settembre di essere stato costretto da loro ad armare l’Ucraina , ma la situazione non farà altro che peggiorare.

Tutte le élite del Sud del mondo che sono in debito con gli Stati Uniti, come quelle militari e politiche al potere in Pakistan, temono ragionevolmente di poter un giorno essere vendute da loro ogni volta che il momento sarà conveniente, da qui la necessità di evitare preventivamente la massima dipendenza dal loro protettore, se possibile. . Questo imperativo spiega perché l’élite filo-americana del Pakistan vuole ancora salvare il CPEC, dal momento che il crollo economico su vasta scala che potrebbe seguire alla conclusione di fatto di questo progetto faro potrebbe spazzarli via dal potere con l’approvazione degli Stati Uniti.

In altre parole, è per ragioni di autoconservazione politica che alla fine hanno deciso di fare qualcosa riguardo al TTP dopo che la Cina ha espresso il suo disappunto per gli ultimi sviluppi e ha fatto temere che presto si sarebbe allontanata dal CPEC. L’ultima ondata di attacchi terroristici contro i loro connazionali nel paese è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, e questo è stato presumibilmente segnalato al Primo Ministro durante il suo viaggio a Pechino all’inizio di giugno.

Di conseguenza, il paese ha lanciato la sua ultima operazione antiterrorismo poche settimane dopo per dimostrare alla Cina che è seriamente intenzionata a proteggere la sua popolazione che aiuta a sviluppare progetti CPEC, ma resta da vedere quanto successo avranno in questo senso. . A dire il vero, il radicalismo rimane un problema profondamente radicato nella società pakistana, soprattutto tra la sua popolazione prevalentemente rurale e in particolare tra alcuni membri della minoranza pashtun che abitano le regioni vicino al confine afghano.

Mentre un’azione dinamica all’interno del paese e robuste misure di difesa delle frontiere possono neutralizzare le minacce più incombenti, un certo livello di cooperazione con i talebani afghani è necessario per contrastare con maggiore sicurezza il TTP, ma nessuno sembra essere imminente. Gli attacchi transfrontalieri potrebbero essere giustificati per legittima difesa, comprese le sue forme preventive, ma potrebbero anche peggiorare i legami bilaterali se non sono coordinati con i talebani e quindi esacerbare il loro dilemma sulla sicurezza.

C’è anche la forma non cinetica di antiterrorismo che è stata in gran parte dimenticata tra le notizie dell’ultima operazione militare del Pakistan, e riguarda i programmi di sviluppo socioeconomico che riducono il rischio che i locali a rischio si radicalizzino e si uniscano a gruppi terroristici. Gli sforzi precedenti, per quanto nobili e ben intenzionati possano essere stati, non sono riusciti a impedire che questo problema raggiungesse l’attuale dimensione di crisi e rendesse necessaria un’operazione altamente pubblicizzata nel tentativo atteso da tempo di affrontarlo.

La Cina osserverà quindi più da vicino di chiunque altro per valutare la sincerità della campagna antiterrorismo del Pakistan e se raggiungerà risultati tangibili che garantiscano la sicurezza dei suoi compatrioti nel paese. Se non saranno all’altezza delle sue aspettative, allora la Repubblica popolare potrebbe ridimensionare il suo impegno nei confronti del CPEC prima di “disaccoppiare” silenziosamente questo deludente megaprogetto dalla BRI, nel qual caso il Pakistan diventerebbe quasi interamente dipendente dagli Stati Uniti per un futuro indefinito. .

Il presidente Putin non è un “pazzo”, un “mostro” o una “mente” come molti immaginano che sia, ma è un pragmatico consumato, almeno per come vede se stesso, ed è quindi improbabile che faccia mai qualcosa che possa essere inventato. come emotivo o radicale.

Il presidente Putin ha dimostrato ancora una volta di essere un leader abbastanza maturo da prendere decisioni difficili che non tengono conto dell’opinione pubblica in seguito alla tiepida risposta del suo governo al bombardamento ucraino dei bagnanti a Sebastopoli, sostenuto dagli Stati Uniti, lo scorso fine settimana. Si prevedeva che ” la Russia probabilmente non imporrà una no-fly zone sul Mar Nero dopo l’attacco di Sebastopoli “, il che spiegava perché difficilmente avrebbe capitolato alla richiesta del pubblico a causa delle preoccupazioni di innescare accidentalmente la Terza Guerra Mondiale.

Invece di abbattere o neutralizzare in altro modo i droni da ricognizione americani sulle acque internazionali del Mar Nero, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha riaffermato che la proposta di cessate il fuoco del presidente Putin è ancora valida. Poco dopo, Peskov ha anche espresso la continua apertura della Russia ai colloqui con la Francia dopo che Emmanuel Macron ha dichiarato pubblicamente di essere interessato a loro l’altro giorno, tornando indietro con la sua precedente retorica di volere accordi convenzionali. intervenire in Ucraina .

Questi due sviluppi sono stati poi seguiti dal nuovo ministro della Difesa Andrey Belousov che ha parlato con il suo omologo americano in una chiamata in cui “si sono scambiati opinioni sulla situazione in Ucraina”. Lo ha anche messo in guardia sui “pericoli di un’ulteriore escalation in termini di continue consegne di armi americane alle forze armate ucraine”. Nel complesso, è chiaro che la risposta della Russia è stata ancora una volta conciliante e non escalation, esattamente come previsto dall’analisi citata in precedenza.

È interessante notare che questi sviluppi sono stati intervallati dall’affermazione virale di fake news secondo cui la Russia avrebbe già presumibilmente abbattuto un drone americano sul Mar Nero per vendetta, che è stata introdotta nell’ecosistema dell’informazione qui ma è stata poi rapidamente respinta dal suo creatore qui . Tuttavia, questa affermazione è proliferata selvaggiamente sui social media perché era conforme alle aspettative di molti osservatori illusori , la maggior parte dei quali non si è mai imbattuta nel post successivo che la riportava indietro.

Il motivo per cui è così importante chiarire esattamente quale sia stata la risposta della Russia alla provocazione dello scorso fine settimana, vale a dire continuare il suo approccio conciliante per scopi di allentamento dell’escalation invece di rischiare una terza guerra mondiale per errori di calcolo se avesse reagito come richiesto dall’opinione pubblica, è quello di prevenire falsi aspettative. Coloro che nutrono aspettative irrealisticamente alte sperimenteranno inevitabilmente una profonda delusione, dopo di che alcuni potrebbero diventare suscettibili a narrazioni ostili secondo cui la Russia si è “svenduta” o altro.

Che si sia d’accordo o meno con i meriti della sua santa moderazione, il nocciolo della questione è che questa è effettivamente la politica che il presidente Putin ha deciso di promulgare per le ragioni che sono state spiegate. Anche se è possibile che possa ordinare una simbolica dimostrazione di forza autorizzando l’abbattimento o la neutralizzazione di un drone americano nel prossimo futuro, la sua tiepida risposta finora suggerisce che non è propenso a farlo, o che si tratterebbe esclusivamente di una cosa sola. disattivato nell’improbabile caso in cui ciò accada.

Il presidente Putin non è un “pazzo”, un “mostro” o una “mente” come molti immaginano che sia, ma è un pragmatico consumato, almeno per come vede se stesso, ed è quindi improbabile che faccia mai qualcosa che possa essere inventato. come emotivo o radicale. Ci mette sempre molto tempo prima di prendere decisioni importanti, come dimostra il tempo che gli ci è voluto per iniziare l’intervento aereo della Russia in Siria e l’ operazione speciale in corso , di solito aspettando fino all’ultimo momento possibile.

Allo stesso modo, se la Russia decidesse davvero di intensificare seriamente la sua escalation contro l’Occidente, allora i precedenti suggeriscono che si tratterebbe di un cambio di gioco apparentemente improvviso ma preceduto da chiare dichiarazioni di intenti che potrebbero essere viste col senno di poi come “ultimatum” (nonostante siano descritte diversamente dai suoi diplomatici). Alcuni potrebbero interpretare alcuni dei suoi recenti segnali come un accenno a quello scenario, ma la sostanza della sua risposta finora spiegata dissipa tale nozione e suggerisce che l’attuale politica continuerà.

Ha ragione nel dire che la chiusura completa del confine polacco-bielorusso preannuncia la creazione di una nuova cortina di ferro, ma è ipocrita riguardo al fatto di non voler danneggiare il suo stesso popolo.

La leader dell’opposizione bielorussa, sostenuta dall’Occidente e residente in Lituania, Svetlana Tikhanovskaya ha espresso la sua disapprovazione per la possibilità che la Polonia possa chiudere tutti i valichi di frontiera con il suo paese dopo che il ministro degli Esteri Radek Sikorski ha detto domenica che la possibilità è presa seriamente in considerazione . La sua dichiarazione è arrivata nel mezzo delle affermazioni di Varsavia secondo cui la Bielorussia e la Russia avrebbero utilizzato come armi l’immigrazione illegale contro di essa, il cui argomento è stato analizzato qui all’inizio di giugno. Ecco cosa ha twittato Tikhanovskaya riguardo alle sue parole:

“Mantenere i bielorussi collegati all’Europa è fondamentale: la loro mobilità deve essere garantita. Le iniziative volte a limitare il traffico frontaliero a causa delle continue provocazioni del regime dovrebbero prendere di mira il dittatore, non il popolo. Non possiamo abbandonare i bielorussi al loro destino dietro una nuova cortina di ferro”.

E :

“L’espansione del contatto diretto tra i bielorussi e i popoli europei riduce l’influenza della Russia sul nostro Paese. Insieme a sanzioni efficaci e pressioni sul regime di Lukashenko, è il modo migliore per garantire il nostro futuro libero e democratico. Isolare il regime, non il popolo!”

Così come :

“All’odierno incontro del Gruppo consultivo #Bielorussia-UE a Bruxelles, ho sottolineato che i bielorussi devono vedere la prospettiva europea come l’unica alternativa al mondo russo. È fondamentale che i bielorussi si sentano sostenuti dall’Europa e sappiano che le porte dell’Europa saranno aperte”.

Ha ragione nel dire che la chiusura completa del confine polacco-bielorusso preannuncia la creazione di una nuova cortina di ferro, la cui componente militare è stata analizzata qui a fine maggio, ma è ipocrita riguardo al fatto di non voler danneggiare il suo stesso popolo. Proprio l’ultima volta ha chiesto all’UE di chiudere le scappatoie nelle sanzioni con la Bielorussia, che sarebbero state sfruttate per importare legname da lì. Ciò avrebbe ovviamente danneggiato la gente comune, non il cosiddetto “regime”, ma a lei non importava.

Ciò che sembra aver motivato i suoi tweet negli ultimi giorni è la consapevolezza che i bielorussi si inaspriranno ancora di più nei confronti dell’Occidente di quanto la maggior parte abbia già fatto dopo la fallita Rivoluzione Colorata dell’estate 2020 se il confine fosse completamente chiuso e si sentissero emarginati. . Finché rimane aperto, anche se solo parzialmente, c’è sempre la possibilità di mantenere il soft power occidentale in misura incerta. Una volta chiuso completamente, però, ogni speranza di conquistare cuori e menti svanirà in un istante.

Fondamentalmente è ancora favorevole a punire il suo stesso popolo per aver sventato la Rivoluzione Colorata che avrebbe dovuto portarla al potere, ma crede che dovrebbero esserci dei limiti a quanto lontano si spingerà. Punirli collettivamente in modo così palese chiudendo la frontiera, cosa che non solo infliggerebbe un colpo mortale al restante commercio tra i loro stati (e quello della Polonia con paesi terzi come il Kirghizistan ) ma rappresenterebbe anche un colpo psicologico, è controproducente dal punto di vista prospettiva degli interessi del soft power occidentale.

La Polonia potrebbe aver già fatto pace con il fatto che non rovescerà mai il governo bielorusso, non importa quanto ci provi, nel qual caso potrebbe decidere di ridurre le sue perdite chiudendo il confine per migliorare l’opinione pubblica interna in mezzo alla crisi. ultima fase della crisi degli immigrati clandestini. Non importa che queste persone culturalmente diverse non entrino in Polonia attraverso i valichi di frontiera ufficiali, poiché tutto ciò che sarebbe importante in questo contesto sarebbe far sembrare che qualcosa sia stato fatto.

La precedente reistituzione di una cosiddetta “ zona cuscinetto/esclusione ” lungo alcune parti della frontiera è stata un passo tangibile in quella direzione, mentre quest’ultima proposta sarebbe simbolica per completarla. Tuttavia, c’è sempre la possibilità che gli Stati Uniti facciano pressione sulla Polonia affinché riconsideri questo passo drastico “per il bene superiore” dei loro interessi collettivi, nel qual caso Varsavia probabilmente si adeguerebbe. Se dovesse comunque andare fino in fondo, sarebbe un segnale inaspettato di dispiacere nei confronti del suo principale alleato.

L’imminente viaggio del primo ministro Modi a Mosca per incontrare il presidente Putin sarà la prima visita del leader indiano in Russia in mezzo decennio da quando ha partecipato al Forum economico orientale di Vladivostok nel 2019 come ospite d’onore del suo ospite.

Tribune India ha riferito che il primo ministro indiano Narendra Modi ha intenzione di visitare Mosca l’8 luglio, seguito dal Cremlino che ha confermato che i dettagli sono in fase di elaborazione e saranno annunciati più tardi. Dovrebbe quindi essere dato per scontato che probabilmente incontrerà presto il presidente Putin, da qui l’importanza di prevedere ciò di cui discuteranno questi due leader. Questi sono i cinque argomenti principali che dovrebbero avere un posto di rilievo nella loro agenda:

———-

1. Grande strategia

La visita del Primo Ministro Modi si svolge mentre India e Russia ricalibrano i loro legami rispettivamente con gli Stati Uniti e la Cina, con la prima coppia in difficoltà mentre la seconda rimane forte ma ora ha meno probabilità di diventare sbilanciata a favore di Pechino, di cui i lettori possono saperne di più riguardo qui e qui . Russia e India sono i motori dei processi di tri-multipolarità , che tengono a bada il ritorno del bi-multipolarità sino-americana , quindi ci si aspetta che i loro leader diano priorità ad un più stretto coordinamento delle loro grandi strategie.

2. Cooperazione militare

L’approvazione da parte della Russia del patto di “ dispiegamento militare congiunto ” a lungo negoziato con l’India, che è essenzialmente un accordo logistico militare del tipo che questo stato dell’Asia meridionale ha già stipulato con gli Stati Uniti e altri, rappresenta una pietra miliare nelle loro relazioni e sarà sicuramente discusso durante i colloqui dei loro leader. Lo stesso vale per i tradizionali legami tecnico-militari, come le importazioni di armi dall’India e una maggiore produzione congiunta sul suo territorio, nonché i modi in cui l’esportazione promessa di equipaggiamenti come gli S-400 può essere realisticamente accelerata.

3. Energia e investimenti

La prossima questione prioritaria è mantenere le gigantesche importazioni indiane di energia russa e garantire che le scorte di rupie del suo partner siano strategicamente reinvestite nei modi più promettenti. A tal fine, potrebbero essere concordati accordi a lungo termine sui prezzi e sulla fornitura (anche se solo in modo informale), mentre i loro leader potrebbero scambiare un elenco delle migliori società indiane in cui la Russia potrebbe investire. Lo scopo dietro questo aspetto dei loro colloqui sarebbe quello di garantire che le tendenze economiche positive nei loro legami rimangano sulla buona strada.

4. Ottimizzazione della connettività

Le già citate importazioni di energia indiana e i reinvestimenti in rupie russe rappresentano un’ottima base su cui diversificare i legami economici, ma richiederanno inevitabilmente più scambi nel settore reale tra loro per avvicinarsi al loro pieno potenziale. Qui sta l’importanza di ottimizzare il corridoio di trasporto Nord-Sud e il corridoio marittimo orientale , idealmente rimuovendo la burocrazia e concludendo anche un patto di libero scambio parziale, entrambi i quali saranno probabilmente discussi anche il mese prossimo.

5. Vertice dei BRICS

E infine il Primo Ministro Modi e il Presidente Putin parleranno sicuramente dell’agenda del vertice BRICS di ottobre, che potrebbe anche includere il leader indiano che esprimerebbe educatamente il suo disappunto per lo scenario in cui il Pakistan potrebbe essere invitato a partecipare a “Outreach”/“BRICS Plus”. Va oltre lo scopo di questo articolo spiegare perché ciò rischierebbe di danneggiare le relazioni russo-indiane, ma questa analisi lo spiega in dettaglio. Basti dire che questa è una questione estremamente delicata e molto importante per l’India.

———-

L’imminente viaggio del primo ministro Modi a Mosca per incontrare il presidente Putin sarà la prima visita del leader indiano in Russia in mezzo decennio da quando ha partecipato al Forum economico orientale di Vladivostok nel 2019 come ospite d’onore del suo ospite. Da allora il mondo è completamente cambiato e, sebbene quei due si siano incontrati in India nel 2021 e abbiano avuto diversi incontri a margine di altri eventi, questo incontro darà loro tutto il tempo per sincronizzare le loro grandi strategie e tutto ciò che ciò comporta per accelerare il multipolarismo.

La realtà è che la Russia si è dimostrata riluttante a intensificare l’escalation dopo ciascuna delle principali provocazioni dell’Ucraina appoggiate dagli Stati Uniti, di cui ora esiste una lunga lista, forse perché teme davvero che gli Stati Uniti possano provocare la Terza Guerra Mondiale per qualunque provocazione possa essere. spinge la Russia a un’escalation.

Un missile ATACMS carico di munizioni a grappolo è esploso su una spiaggia a Sebastopoli durante il fine settimana, ferendo 124 persone , quasi un quinto delle quali erano bambini. Il Ministero della Difesa russo ha accusato gli Stati Uniti di aver fornito all’Ucraina questi missili e di aver inserito i dati di mira ottenuti dai satelliti. Altri rapporti affermavano che in quel momento un drone da ricognizione americano stava volando nelle vicine acque internazionali, dando così ulteriore credito alla suddetta affermazione di coinvolgimento.

Per quanto atroce sia stato un attacco terroristico, la Russia non sembra ancora avere la volontà politica di abbattere o comunque neutralizzare i droni che facilitano questi attacchi. Si è concluso nel marzo 2023, dopo un incidente in volo all’epoca, che ” la Russia aveva il diritto sancito dalle Nazioni Unite di dirigere i droni statunitensi lontano dalla Crimea “, ma non ha dato seguito a ciò imponendo una no-fly zone nelle acque internazionali. La Russia resta ancora riluttante a fare qualsiasi cosa che possa provocare un’escalation e la situazione probabilmente non cambierà.

Tenendo presente questa osservazione, l’incidente della scorsa primavera sembra essere stato un’eccezione alla regola non ufficiale secondo la quale la Russia porge proverbialmente l’altra guancia o semplicemente bombarda qualche obiettivo militare in Ucraina in risposta a ogni grande provocazione sostenuta dagli Stati Uniti come quella di questo fine settimana. Le prove a sostegno di questa tesi includono gli attentati ai ponti della Crimea, l’assassinio di personaggi politici e dei media, gli attacchi contro raffinerie di petrolio e basi aeree strategiche, e persino l’attacco del maggio 2023 allo stesso Cremlino, et al.

Di volta in volta, la Russia si controlla e non sale la scala dell’escalation, e il massimo che abbia mai fatto è stato effettuare una campagna di bombardamenti su larga scala contro le infrastrutture energetiche dell’Ucraina nell’autunno del 2022. Anche questo, tuttavia, non è stato esaustivo. e alla fine il danno era riparabile. Tuttavia, non furono mai effettuati attacchi simmetrici, come il bombardamento della Rada o di un ponte sul Dnepr. Di conseguenza, non c’è motivo di aspettarsi che la Russia risalga la scala dell’escalation dopo quest’ultimo attacco.

Affinché ciò possa cambiare, la Russia dovrebbe prima accettare la crisi del rischio calcolato simile a quella cubana che potrebbe verificarsi rapidamente se gli Stati Uniti decidessero di provocarne una dopo che i suoi droni da ricognizione saranno abbattuti o altrimenti neutralizzati, ma non vi è alcuna indicazione che sia pronta a farlo. Al contrario, la retorica ufficiale, dal presidente Putin in poi (con Medvedev che costituisce un’eccezione in quanto funge da “poliziotto cattivo” per alleviare la pressione ultranazionalista in patria) è stata conciliante, mai escalation.

Anche se è possibile che questa sia solo una “operazione psicologica” per “psicheggiare” l’Occidente in vista di un brusco cambiamento nella politica al fine di coglierlo il più alla sprovvista, è molto più probabile che non sia così e che una tale spiegazione è solo un pio desiderio o un “ copio ” da parte degli influencer simpatizzanti dell’Alt-Media . La realtà è che la Russia si è dimostrata riluttante ad un’escalation, forse perché teme veramente che gli Stati Uniti possano provocare la Terza Guerra Mondiale, qualunque sia la provocazione che spinge la Russia ad intensificare le misure.

La spiegazione di cui sopra potrebbe essere descritta da alcuni come un altro esempio di “copio”, ma spiega comunque in modo convincente il motivo per cui il presidente Putin rimane fedele alla sua politica di non rispondere in modo “occhio per occhio” a nessuna delle principali provocazioni dell’Ucraina appoggiate dagli Stati Uniti. . Persino le risposte asimmetriche non vengono prese seriamente in considerazione, ad eccezione del successivo bombardamento di alcuni obiettivi militari e talvolta del colpo di un paio di centrali elettriche, ma tali risposte non hanno avuto assolutamente alcun effetto deterrente, come è indiscutibilmente noto.

Se queste dinamiche strategico-militari rimangono invariate, allora ci si possono aspettare ulteriori provocazioni, che continueranno a caratterizzare questo conflitto ibrido fino alla sua fine. Il modello di comportamento della Russia finora suggerisce che considera questo un costo accettabile da pagare per non rischiare la Terza Guerra Mondiale a causa di errori di calcolo su uno qualsiasi di questi attacchi. Qualunque sia la propria opinione sui meriti di questa politica, sembra comunque essere il modo in cui il Presidente Putin continuerà ad affrontare questo dilemma.

Le agenzie di spionaggio straniere erano probabilmente coinvolte in misura incerta, ma facevano comunque affidamento sulla gente locale radicalizzata per fare il lavoro sporco, non sui propri connazionali.

La regione meridionale russa del Daghestan è stata colpita domenica da diversi attacchi terroristici dopo che militanti armati hanno preso di mira chiese, sinagoghe e un posto di polizia stradale in due città separate. Abdulkhakim Gadzhiyev, che è uno dei rappresentanti di quella regione alla Duma, ha subito incolpato l’Ucraina e la NATO . L’ex capo di Roscosmos e senatore in carica della regione di Zaporozhye Dmitry Rogozin, tuttavia, lo ha educatamente rimproverato poco dopo in un post su Telegram che recita quanto segue:

“Il deputato della Duma di Stato del Daghestan Gadzhiev ritiene che l’attacco terroristico nella repubblica sia stato effettuato dai servizi speciali dell’Ucraina e dei paesi della NATO. E credo che se diamo la colpa di ogni attacco terroristico basato sull’intolleranza nazionale e religiosa, sull’odio e sulla russofobia alle macchinazioni dell’Ucraina e della NATO, allora questa nebbia rosa ci porterà a grossi problemi. Vediamo una pagliuzza negli occhi di qualcun altro, ma non vediamo una trave nei nostri. Ed era ora.”

Questa non è la prima volta che il Daghestan fa notizia per tutte le ragioni sbagliate, da quando un gruppo di locali radicalizzati ha tentato di prendere d’assalto l’aeroporto della capitale regionale lo scorso autunno dopo essere stato indotto in errore da fake news provenienti da paesi stranieri su Telegram a pensare che un gruppo di ebrei i profughi stavano per arrivare lì. L’incidente è stato analizzato in modo esauriente qui all’epoca, concludendo che si trattava di una provocazione ibrida da parte degli avversari della Russia che sfruttava parte della predilezione della popolazione per l’estremismo religioso.

Considerando questo contesto, Gadzhiyev non aveva torto nel sospettare che queste stesse forze probabilmente abbiano avuto un ruolo nell’ultimo attacco terroristico, soprattutto perché le riprese delle scene suggeriscono che i colpevoli avevano ricevuto almeno un addestramento nel maneggio e nelle tattiche delle armi. Tuttavia, come ha lasciato intendere Rogozin nel suo post, per ballare il tango bisogna essere in due e alcuni locali hanno chiaramente colluso con agenzie di spionaggio straniere di loro spontanea volontà, sia che si rendessero conto con chi avevano veramente a che fare o che si innamorassero delle loro storie di copertura.

Questo modus operandi è stato messo in mostra durante l’attacco terroristico Crocus della primavera in cui il GRU ucraino ha svolto un ruolo di coordinamento cruciale, come spiegato qui e qui all’epoca. Gli elementi a rischio della società, in questo caso i migranti, vengono reclutati da agenzie di spionaggio straniere (di solito tramite piattaforme di social media come Telegram oggi). La causa principale è quindi che alcune persone sono in primo luogo predisposte alle ideologie estremiste, ma qui sta la difficoltà di difendersi preventivamente da questa minaccia.

Ci saranno sempre estremisti in ogni società, compresi quelli che sono attratti da queste opinioni a causa dei loro problemi psicologici preesistenti, e questo purtroppo è il caso anche in uno stato-civiltà storicamente tollerante e cosmopolita come la Russia . È semplicemente impossibile monitorare tutto ciò che fanno gli utenti su ogni app in ogni momento, anche su quelle non crittografate. Ciò che si può fare, tuttavia, è incoraggiare più persone a denunciare il comportamento sospetto dei propri familiari e amici.

Essere un “informatore” è considerato un tradimento, e questo è effettivamente il caso se qualcuno tradisce coloro che gli sono vicini e che sono impegnati in attività che probabilmente non danneggiano nessun altro, come ad esempio i crimini dei colletti bianchi, ma informano le autorità circa un sospetto terrorista è nobile. Cambiamenti improvvisi nel comportamento, nell’abbigliamento, nella mentalità e nella retorica possono suggerire che qualcuno si è già radicalizzato o è su quella strada, dopodiché potrebbe essere reclutato come terrorista da agenzie di spionaggio straniere.

Come dice il detto cliché, “è meglio prevenire che curare”, e la cosa più responsabile che qualsiasi membro della famiglia o amico può fare se assiste a questa trasformazione in qualcuno vicino a lui è informare i servizi di sicurezza locali. Alcuni “codici” socioculturali scoraggiano tale pratica anche quando è ovvio che qualcosa non va, ma questi atteggiamenti devono cambiare con i tempi poiché la radicalizzazione guidata dai social media e il reclutamento di intelligence straniera sono alcune delle principali minacce di oggi.

La soluzione inizia a livello nazionale, a volte letteralmente, con la società e lo Stato che lavorano insieme per sradicare gli estremisti all’interno del paese. Alcune persone possono ancora essere riformate se questa tendenza viene rilevata abbastanza presto e non hanno ancora attraversato il Rubicone per complottare crimini atroci, quindi la cosa più premurosa che un membro della famiglia o un amico può fare è cercare di ottenere aiuto per coloro che sono vicini a loro come appena possibile. Alcune di queste persone potrebbero poi trasformarsi in doppi agenti e quindi contribuire a salvare innumerevoli altre vite.

L’approfondimento è rilevante dopo gli attentati terroristici di domenica poiché evidenzia il carattere ibrido di questa provocazione. Le agenzie di spionaggio straniere erano probabilmente coinvolte in misura incerta, ma facevano comunque affidamento sulla gente locale radicalizzata per fare il lavoro sporco, non sui propri connazionali. Gadzhiev e Rogozin hanno quindi ragione a modo loro, poiché la realtà di ciò che è accaduto è una combinazione delle loro due spiegazioni, rendendo quindi necessaria una soluzione ibrida del tipo proposto in questo articolo in risposta a questa minaccia ibrida.

La “diplomazia nucleare” non è solo un investimento di riferimento per espandere in modo completo le relazioni dei partner in altri ambiti (minerali, logistica, mercati, ecc.), ma è anche una polizza assicurativa per mantenerli solidi in mezzo all’incertezza politica.

La scorsa settimana il Financial Times (FT) ha pubblicato un articolo su “ Come la Russia sta usando l’energia nucleare per ottenere influenza globale ”, che ha utilizzato l’esempio del suo progetto Roopur in Bangladesh per allarmizzare la presunta manipolazione da parte di Mosca dei suoi partner per instaurare relazioni decennali. di dipendenza. Se si guarda oltre la loro ovvia agenda narrativa, allora si può effettivamente imparare molto sulla “ diplomazia nucleare ” della Russia e sul perché l’Occidente non è in grado di competere con essa, e quindi sul perché ricorre alle diffamazioni.

Ogni progetto di una centrale nucleare dura circa 80-90 anni dalla costruzione allo smantellamento, conferendo così alla Russia quasi un secolo di affari con ciascun partner poiché provvede a tutto nell’ecosistema, dai fondi al personale e all’uranio durante l’intero ciclo di vita. Ciò è già abbastanza allettante, soprattutto grazie alla competenza globale della Russia in questo ambito, ma è reso ancora più allettante dal finanziamento al 90% “con rimborsi distribuiti su decenni a tassi di interesse minimi”.

Questi termini spiegano perché Rosatom ha concluso quasi due dozzine di memorandum d’intesa con gli stati del Sud del mondo dal 2022, con l’Africa che è un “punto di crescita” chiave che dovrebbe contribuire ad aumentare le entrate annuali dai 16,2 miliardi di dollari dello scorso anno a 56 miliardi di dollari entro il 2030. Come previsto, da una grande influenza in un campo strategico come l’energia verde affidabile e a basso costo derivano grandi privilegi, ed è per questo che, secondo il FT, altri accordi non legati al nucleare tendono a seguire gli accordi con Rosatom.

Il piano di crescita africana dell’azienda completerà quello “ Democratico ” della Russia Pacchetti “ Sicurezza ”, che si riferisce alla gamma di aiuti che Mosca offre ai suoi partner per contrastare la situazione ibrida esacerbata dall’esterno. Minacce di guerra ai loro modelli nazionali di democrazia. L’energia affidabile e a basso costo fornita dalla Russia aiuterà questi paesi a soddisfare i bisogni minimi della loro crescente popolazione, e questo a sua volta ridurrà le possibilità che diventino abbastanza disperati da essere indotti in una rivolta o peggio.

L’effetto combinato della “diplomazia nucleare” russa abbinata ai suoi pacchetti di “sicurezza democratica” è che l’Africa ha una maggiore probabilità di uno sviluppo stabile rispetto a qualsiasi altro momento precedente. Anche se alcuni dei suoi partner scivolassero in stati falliti, Mosca otterrebbe comunque un’influenza senza precedenti sull’intero territorio, che potrebbe essere sfruttata per ottenere un accesso privilegiato ai suoi minerali e ai suoi mercati. Ciò può a sua volta contribuire a mantenere sulla buona strada la traiettoria di crescita economica a lungo termine della Russia, nonostante le sanzioni occidentali.

Questa strategia dipende dal fatto che la Russia concluda il maggior numero di tali partenariati con gli stati africani attraverso i mezzi sopra menzionati e poi li mantenga nonostante i colpi di scena della Nuova Guerra Fredda , che potrebbe vedere alcuni dei suoi partner sperimentare cambiamenti di regime sostenuti dagli Stati Uniti. Anche in quello scenario, tuttavia, l’energia verde affidabile e a basso costo che la Russia aiuta a produrre per soddisfare i bisogni minimi della popolazione potrebbe limitare la misura in cui i legami potrebbero cambiare in quelle circostanze.

Vista in questo modo, la “diplomazia nucleare  della Russia non è solo un investimento fondamentale per espandere in modo completo le relazioni con i partner in altri ambiti (minerali, logistica, mercati, ecc.), ma è anche una polizza assicurativa per mantenerle solide in mezzo all’incertezza politica. Ciò lo rende uno strumento estremamente importante nel grande insieme di strumenti strategici della Russia, con cui l’Occidente non può competere poiché non è in grado di offrire neanche lontanamente le stesse condizioni, ostacolando così notevolmente la sua strategia di contenimento.

La partnership strategica della Russia con la Cina rimane intatta e continua ad avere un impatto positivo sul mondo, ma ora è molto meno probabile che la Russia diventi un “partner junior” della Cina rispetto a prima e la privilegi su Corea del Nord, Vietnam e India.

Sputnik ha riferito durante il fine settimana che la Russia ha approvato un accordo di schieramento militare congiunto (JMD) con l’India, che è essenzialmente l’accordo di “ scambio reciproco di logistica ” (RELOS) che hanno negoziato negli ultimi anni. Questo patto consentirà a ciascuna delle loro forze armate di utilizzare più facilmente le strutture dell’altra, aprendo così la possibilità di visite più regolari da parte delle rispettive marine e conferendo una dimensione militare simbolica al corridoio marittimo orientale tra Chabahar e Vladivostok.

Anche il tempismo non è casuale poiché segue immediatamente il patto di mutua difesa russo-nordcoreano e la Russia e il Vietnam che riaffermano la forza della loro partnership strategica impegnandosi a non stipulare accordi con nessun altro che possa rappresentare una minaccia per il paese. interessi altrui. A queste due alleanze, la prima formale e la seconda non ufficiale, fa ora seguito il patto JMD della Russia con l’India, completando così la nuova ricalibrazione della sua strategia asiatica.

Fino a questo punto, i nemici e persino gli amici di quel paese presumevano che la Russia stesse “ruotando” verso la Cina, con l’insinuazione che avrebbe privilegiato gli interessi di Pechino rispetto ad altri. Se così fosse stato, ciò avrebbe potuto assumere la forma di una pressione congiunta sulla Corea del Nord come punizione per i suoi test missilistici, esercitazioni navali congiunte nella parte rivendicata dalla Cina del Mare Orientale/Mar Cinese Meridionale conteso dai vietnamiti e un ridimensionamento dei legami militari. con l’India per dare alla Cina un vantaggio nelle controversie himalayane.

Invece, la Russia ha stretto un’alleanza militare formale con la Corea del Nord, confermando che non avrebbe mai fatto nulla che potesse minacciare gli interessi del Vietnam (l’insinuazione è che non darà mai credito alla parte rivendicata dalla Cina del loro territorio marittimo conteso), e ha concluso il JMD con l’India. La fazione pro-BRI della comunità di esperti e politici russi probabilmente non è soddisfatta di questi risultati poiché rafforzano la mano dei loro “rivali amichevoli” equilibratori/pragmatici.

Per spiegarlo, il primo ritiene che un ritorno al bi-multipolarismo sino-americano sia inevitabile, quindi la Russia dovrebbe accelerare la traiettoria della superpotenza cinese come vendetta contro gli Stati Uniti per tutto ciò che hanno fatto dal 2022. Al contrario, il secondo vuole mantenere l’atto di equilibrio della Russia in per evitare una dipendenza sproporzionata dalla Repubblica Popolare, ritenendo che sia ancora possibile osteggiare il multipolarismo complesso nel corso della transizione sistemica globale invece di ritornare al bi-multipolarismo.

Per quanto riguarda gli ultimi tre sviluppi strategico-militari, il loro effetto cumulativo è quello di segnalare che la Russia non diventerà mai il “partner minore” della Cina, come la fazione pro-BRI implica che dovrebbe fare “per il bene comune”, e servono anche a complicare le cose. questioni geopolitiche regionali per la Repubblica Popolare. Gli Stati Uniti potrebbero rafforzare la propria presenza militare nel nord-est asiatico dopo il patto della Corea del Nord con la Russia, mentre Vietnam e India continueranno a sostenere con fiducia le rispettive rivendicazioni territoriali nei confronti della Cina.

Mentre la prima conseguenza potrebbe spingere la Cina in una spirale di rivalità con gli Stati Uniti che potrebbe poi essere sfruttata da Russia e Corea del Nord per convincerli a sostenerli in modo più significativo contro il nemico comune, la seconda rafforza la potenziale posizione di Mosca come mediatore tra loro e Pechino. . Il primo è quindi un diverso tipo di bi-multipolarità sino-americana, anche se con una maggiore autonomia strategica per Russia e Corea del Nord, mentre il secondo mantiene in carreggiata le complesse tendenze multipolaristiche.

Nel loro insieme, queste mosse possono essere interpretate come un “gioco di potere” da parte della fazione equilibratrice/pragmatica della Russia contro i loro “rivali amichevoli” pro-BRI, gli ultimi dei quali sono stati in ripresa nell’ultimo anno ma ora sono di nuovo in gioco. indietro come prima. La partnership strategica della Russia con la Cina rimane intatta e continua ad avere un impatto positivo sul mondo, ma ora è molto meno probabile che la Russia diventi un “partner junior” della Cina rispetto a prima e la privilegi su Corea del Nord, Vietnam e India.

Anche l’uso puramente commerciale di questa via d’acqua senza alcuna componente della Guardia Costiera potrebbe alimentare la percezione, incoraggiata dagli Stati Uniti, da parte dei giapponesi e della Corea del Sud che Pechino stia sostenendo Mosca e Pyongyang contro di loro.

C’è stato molto clamore mediatico questo mese sulla possibilità che Russia e Corea del Nord permettano alla Cina di utilizzare il fiume Tumen per colmare il divario di 15 chilometri per accedere al Mar del Giappone dalla sua provincia nord-orientale senza sbocco sul mare di Jilin. Il Nikkei giapponese ha riferito il 14 giugno che “ la Cina osserva l’accesso al Mar del Giappone attraverso il fiume di confine tra Russia e Corea del Nord ”, seguito da Newsweek che ha pubblicato il 20 giugno un articolo intitolato “ La mappa mostra il fiume di confine con la Russia osservato dalla Cina ”.

Entrambi gli articoli citano la dichiarazione congiunta sino-russa del mese scorso che includeva una clausola sulla “conduzione di un dialogo costruttivo con la Repubblica popolare democratica di Corea sulla questione delle navi cinesi che navigano verso il mare attraverso il corso inferiore del fiume Tumen”. Il Nikkei ha suggerito che la Cina utilizzerebbe questa rotta per schierare la sua guardia costiera nel Mar del Giappone per dirottare la marina di Tokyo dalle contese isole Diaoyu/Senkaku, mentre Newsweek ha ipotizzato che la Russia potrebbe vendere questa striscia di confine alla Cina.

Il primo scenario è credibile, mentre il secondo non lo è, dal momento che gli emendamenti costituzionali della Russia del 2020 vietano severamente di cedere qualsiasi territorio del paese. Inoltre, non ha senso il motivo per cui la Russia sarebbe presumibilmente interessata a tagliarsi fuori dalla Corea del Nord subito dopo che i due hanno appena firmato un patto di difesa reciproca rivoluzionario il cui significato è stato spiegato nella precedente analisi con collegamento ipertestuale. Il giorno dopo il New York Times ha convenuto che questo accordo mette effettivamente la Cina in un dilemma.

Serve essenzialmente a spostare il focus della Nuova Guerra Fredda dall’Europa all’Asia poiché crea le condizioni affinché gli Stati Uniti rafforzino la propria presenza militare in Giappone e Corea del Sud con il pretesto di rispondere al sostegno militare della Russia alla Corea del Nord. Ciò metterebbe la Cina ancora più sulla difensiva strategica di quanto non lo sia già e probabilmente la costringerebbe a rispondere reciprocamente qualora ciò accadesse, complicando così ulteriormente i suoi legami con l’emergente asse americano-giapponese-sudcoreano.

La Cina però non vuole che ciò accada poiché ha fatto della sua neutralità nei confronti dell’Ucraina un grosso problema Conflitto e ha recentemente cercato di stabilizzare le relazioni con questi due paesi vicini attraverso la partecipazione il mese scorso al primo vertice trilaterale tra di loro in cinque anni. Tuttavia, la Cina non condannerà il patto di mutua difesa dei suoi partner che rischia di mettere in moto questa sequenza di eventi poiché ciò ucciderebbe la sua reputazione nel Sud del mondo, quindi è costretta a reagire agli sviluppi.

La Russia e la Corea del Nord vogliono che la Cina si schieri apertamente dalla loro parte nella Nuova Guerra Fredda, che riporterebbe le relazioni internazionali a un sistema di bi-multipolarità sino-americana , anche se questi due potrebbero esercitare più influenza sulla Cina rispetto al sistema inverso. come se la Cina risolvesse i suoi problemi con gli Stati Uniti. Il primo scenario vedrebbe la Cina e gli Stati Uniti competere ferocemente per la leadership globale, mentre il secondo potrebbe vederli accettare di dividerla in “sfere di influenza” a possibile scapito di altri.

La Cina preferisce la competizione pacifica alle sue manifestazioni più feroci, quindi il secondo scenario per risolvere i suoi problemi con gli Stati Uniti è quello a cui punta, anche se questo non vuol dire che stia complottando per svendere i suoi partner, solo che Russia e Corea del Nord avrebbero minore flessibilità in tal caso. Questi due, tuttavia, preferirebbero naturalmente che Cina e Stati Uniti rimanessero sempre più acerrimi rivali sulla futura configurazione dell’ordine mondiale, poiché si aspettano che la Cina li sostenga pienamente contro gli Stati Uniti.

Il modo in cui tutto ciò si collega alla possibilità che la Cina utilizzi il fiume Tumen per accedere al Mar del Giappone è che anche l’uso puramente commerciale di questo corso d’acqua senza alcuna componente della guardia costiera potrebbe alimentare la percezione, incoraggiata dagli Stati Uniti, da parte dei giapponesi e della Corea del Sud secondo cui Pechino sta sostenendo Mosca. e Pyongyang. Qualsiasi progresso tangibile nel raggiungimento di un accordo dopo il patto di mutua difesa tra i due sarebbe sfruttato per ipotizzare che la Cina abbia iniziato a sfidare apertamente l’Occidente in collusione con loro.

Tutto il duro lavoro diplomatico svolto dalla Cina negli ultimi dieci anni per presentarsi come attore responsabile nell’Asia nord-orientale, in opposizione alle “sciabole nucleari” della Corea del Nord, sarebbe inutile, così come lo sarebbe il suo altrettanto duro lavoro per presentarsi come neutrale nel contesto russo. -Dimensione occidentale della Nuova Guerra Fredda. Potrebbe quindi calcolare che sia meglio lasciare la proposta del fiume Tumen nel ghiaccio piuttosto che scongelarla con il rischio di giocare inavvertitamente nella campagna di guerra dell’informazione armata dei suoi rivali geopolitici.

Questo calcolo potrebbe cambiare, tuttavia, se cambiasse prima il grande piano strategico della Cina. Nel caso in cui la Cina abbandonasse il suo atto di equilibrio tra l’Occidente (compresi gli alleati asiatici di questo blocco) e i suoi letterali nemici russo-nordcoreani, allora ne conseguirebbe che la sua leadership non avrebbe alcun scrupolo su qualunque cosa la prima possa pensare al riguardo. utilizzando il fiume Tuman per qualsiasi scopo. Ciò non è ancora accaduto e potrebbe non realizzarsi mai, quindi per ora il futuro di questa iniziativa è incerto.

Per un’esperienza completa, aggiorna il tuo abbonamento.

Upgrade a pagamento

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:

postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704 oppure iban IT30D3608105138261529861559

oppure PayPal.Me/italiaeilmondo  

oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/

Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

La classe dirigente si sveglia finalmente di fronte alla realtà del declino americano, di SIMPLICIUS

Il cambiamento è nell’aria.

Ho scritto in precedenza su il panico che sta attraversando le élite globali, reso visceralmente evidente in conclavi come il forum di Davos all’inizio dell’anno. Ma in America, in particolare, una profonda preoccupazione attanaglia la classe dirigente – la si vede, la si sente: l’impero americano è agli sgoccioli, prossimo al collasso. .

Questo mese, in particolare, ha visto una miriade di nuovi articoli di figure di spicco del deepstate americano o di pubblicazioni della vecchia guardia che esortano a cambiare rotta, per evitare che il Paese venga spazzato via dalle maree inesorabili della storia.

La prima e più importante di queste è quella dell’ex scrittore di discorsi e collaboratore della Casa Bianca di Obama, Ben Rhodes:

Rhodes rimane tra l’haute monde politico, avendo fondato un thinktank insieme a Jake Sullivan, che aveva molti collegamenti con le organizzazioni Open Society di Soros. In altre parole, Rhodes ha il polso delle “cerchie interne” del patriziato, come sottolinea il giornale del CFR che fa da tribuna al suo ultimo lavoro. È quindi ancora più significativo che si sia mosso per lanciare l’allarme contro un Paese che, a suo avviso, sta inciampando a testa bassa in un vento contrario di portata storica.

L’articolo è in realtà piuttosto lungo e dettagliato, quindi abbiamo Arnaud Bertrand per riassumere i suoi punti più rilevanti. La prima parte in grassetto qui sotto va al cuore della sorprendente argomentazione di Rhodes, ma leggete anche le altre parti in grassetto:

Questo è un interessante articolo di brhodes, ex vice consigliere di Obama per la sicurezza nazionale 

In una radicale presa di distanza dalla politica statunitense fino ad oggi, egli sostiene che gli Stati Uniti “abbandonano la mentalità del primato americano” e “si allontanano dalle considerazioni politiche, dal massimalismo e dalla visione occidentale-centrica che hanno fatto sì che l’amministrazione [di Biden] commettesse alcuni degli stessi errori dei suoi predecessori”.

Scrive, e la trovo una frase molto forte, che “per affrontare il momento è necessario costruire un ponte verso il futuro, non verso il passato”. Come a dire di non cercare di riconquistare un’egemonia perduta, ma di adattarsi al “mondo così com’è”, che egli chiama “il mondo del primato post-americano”.

Per essere sicuri, il pezzo ha ancora forti cedimenti all’istinto liberale di rifare il mondo a immagine e somiglianza dell’America – il lupo perde il pelo ma non il vizio – ma almeno riconosce la realtà che il mondo è cambiato e che gli Stati Uniti dovrebbero vedersi come una potenza che coesiste con altre, non come LA potenza che deve dominare il resto del mondo. Il che è un primo passo… .

Inoltre, in modo significativo, sottolinea la follia di “inquadrare la battaglia tra democrazia e autocrazia come un confronto con un pugno di avversari geopolitici”, quando le stesse democrazie occidentali sono oggi in condizioni così pietose da non poter più essere chiamate “democrazie”… e scrive che invece di cercare di interferire costantemente nel cambiamento dei sistemi degli altri Paesi, “in ultima analisi, la cosa più importante che l’America può fare nel mondo è disintossicare la propria democrazia”.

Quello che segue racchiude la tesi centrale, ovvero che il primato globale dell’America è finito e l’unico modo per il Paese di rimanere a galla è quello di adattarsi alle nuove realtà: .

Anche se il ritorno alla normalità competente era nell’ordine delle cose, la mentalità di restaurazione dell’amministrazione Biden ha talvolta lottato contro le correnti dei nostri tempi disordinati. Per minimizzare gli enormi rischi e perseguire le nuove opportunità è necessaria una concezione aggiornata della leadership statunitense, adatta a un mondo che ha superato il primato americano e le eccentricità della politica americana .

Questo è il tema che ricorre più e più volte nel nuovo Zeitgeist che si sta impadronendo del discorso politico nella Beltway colpita: i neocons si esortano a vicenda: siamo in lotta per la nostra vita, se non accettiamo le nuove realtà, annegheremo!

Pubblicazioni come Foreign Affairs sono parte di quelle in cui le élite si rivolgono non a noi, ma a se stesse, nella lunga tradizione dell’eufemismo come linguaggio segreto-codificato del loro “mondo interno” dello Stato profondo e della classe politica periferica. Qui Rhodes naviga abilmente tra le sfumature di questo linguaggio privilegiato quando dichiara che l’Ordine basato sulle Regole è caduto:

Ma nelle pieghe del suo appello ci sono le chiavi del gioco: perché l’Ordine è morto? Risponde: perché i Paesi che prima erano vassallizzati dalla rigida obbedienza all’Egemone ora, per una volta, agiscono indipendentemente e prendono – quelle surprise! decisioni sovrane . E così si traduce il messaggio segreto del linguaggio inter-elitario: l'”ordine basato sulle regole” non era altro che un velo per la schiavitù della linea, e ora è finito per sempre. .

Lo spiega ancora più chiaramente in una sezione intitolata in modo appropriato verso la fine:

Ancora una volta il discorso riciclato; permetteteci di tradurre: “La nostra supremazia è giunta al termine perché il mondo si è svegliato dalla nostra falsità. Tutti gli attuali conflitti in cui siamo impegnati sono quelli in cui non abbiamo alcuna giustificazione legale per essere coinvolti. Ora il nostro concerto è finito e il mondo ha visto la nostra palese ipocrisia e i nostri doppi standard, compresi i nostri stessi cittadini, che ora si rifiutano di morire per la nostra avidità globalista!”.

Infine, alla fine arriva la sua ragionevole supposizione:

Nulla di tutto ciò sarà facile, e il successo non è preordinato, poiché anche gli avversari inaffidabili hanno un potere. Ma data la posta in gioco, vale la pena di esplorare come un mondo di blocchi di superpotenze in competizione tra loro possa essere collegato alla coesistenza e al negoziato su questioni che non possono essere affrontate in modo isolato.

Avete sentito? È la campana a morto dell’establishment statunitense che suona nella notte. Per una volta, senza pronunciare il suo nome ripugnante, hanno sostanzialmente invocato il multipolarismo come unica soluzione praticabile per il futuro. Riconoscono che il potere dell’America ha raggiunto la sua fine naturale, la sua conclusione logica finale, e che solo la collaborazione con altre superpotenze rimane una politica praticabile per il futuro.

In realtà, l’America è andata a sbattere contro un muro di mattoni, incontrando infine la sua controparte in due Paesi che si sono rifiutati di piegarsi o di cedere – sono certo che li conoscete. E, sostenuti dalla loro resistenza ispirata, altri Paesi più piccoli hanno raddoppiato la loro sfida in modi che stanno paralizzando l’Impero e sfilacciandolo nei suoi punti più vulnerabili; ad esempio, Iran, Yemen, Corea del Nord, ecc.

Sulle orme del pezzo precedente arriva la prossima sirena d’allarme correlata:

L’articolo inizia invocando con astuzia il pregiudizio di normalità che attanaglia la coscienza americana in uno stato di congelamento:

Uno dei problemi più pericolosi dell’Occidente di oggi è la sua vulnerabilità al pregiudizio della normalità: il presupposto che non accadrà mai nulla, che le cose andranno bene e che non c’è nulla di cui preoccuparsi.

Il testo prosegue paragonando l’America alla Francia rivoluzionaria del 1789:

La Rivoluzione francese è avvenuta non perché fosse inevitabile, ma perché il sistema politico si è dimostrato completamente incapace di curare le sue carenze.

Ti sembra un po’ familiare? Dovrebbe, perché è proprio questa la situazione degli Stati Uniti in questo momento. Un sistema politico iniquo si è sostanzialmente bloccato e ha smesso di funzionare, e ora si sta incagliando verso l’elezione del presidente più impopolare della storia moderna e del presidente successivo più impopolare della storia moderna. Uno di questi uomini è chiaramente in rapida dissolvenza, incline a biascicare o a dimenticare dove si trova; l’altro è appena diventato il primo presidente a essere condannato per un reato. Proprio come nella Francia del 1780, la violenza, le proteste e il disincanto sembrano le conclusioni più probabili.

Egli paragona le gravi difficoltà economiche della Francia al momento culminante con le condizioni di miseria che attualmente strangolano gli Stati Uniti: montagne di debito inservibile e malessere economico.

In ogni aspetto, egli trova l’America peggiore della sua storica controparte francese in quel momento critico. Per esempio, quando si tratta di industria:

Oltre a questa già misera situazione, gli Stati Uniti devono fare i conti con un altro problema non affrontato dalla Francia della prima età moderna: la deindustrializzazione. Alla vigilia della rivoluzione, la Francia era notevolmente autosufficiente, ed è per questo che è potuta passare così facilmente da un caos politico ed economico nel 1789 a dominare la maggior parte dell’Europa nel 1812. Al contrario, l’America del 2024 è non autosufficiente; le vecchie industrie che le hanno permesso di dominare dopo la Seconda guerra mondiale sono state svendute come rottami, e gli Stati Uniti oggi dipendono dall’esportazione di dollari e dall’importazione di beni fisici.

Secondo l’autore, il confronto con la situazione militare è analogo. L’esercito americano, in rapida contrazione, si trova ad affrontare una storica crisi di reclutamento e di morale, oltre a crisi di munizioni e materiali legati ai problemi di deindustrializzazione di cui sopra.

Esempio:

Conclude che la situazione dell’America è molto peggiore di quella della Francia del 1789, ma lascia aperta la risposta sulla possibilità che questa volta si verifichi una rivoluzione. Una cosa certamente ovvia è che gran parte del Paese soffre di un grave caso di pregiudizio della normalità, che include la classe dirigente e l’élite. Certo, ci sono alcuni campanilisti che si fanno sentire, ma sono sommersi dai venditori di status quo amplificati dalla stampa corporativa.

A questa visione ha fatto eco l’ultimo articolo dell’acclamato storico e commentatore politico Niall Ferguson, che immagina gli Stati Uniti non come la Francia pre-rivoluzionaria, ma come l’URSS pre-rivoluzionaria:

Forse è più opportuno condurre l’analisi del suo stesso pezzo, citando prima una descrizione concisa fatta in un altro articolo intitolato Late Soviet America, a cui Ferguson fa riferimento nella frase introduttiva del suo pezzo:

Come l’Unione Sovietica nei suoi ultimi anni, gli Stati Uniti stanno soffrendo per i catastrofici fallimenti della leadership e per le tensioni socioeconomiche a lungo represse che sono finalmente esplose.Per il resto del mondo, lo sviluppo più importante è che l’egemonia del dollaro statunitense potrebbe finalmente giungere al termine.

Fa una lunga lista di paragoni tra gli Stati Uniti e l’URSS in crisi. Quello che mi ha colpito di più è che l’economia sovietica sarebbe stata grossolanamente “sopravvalutata” dagli “esperti” americani negli anni ’70 e ’80. Parallelamente, oggi l’economia statunitense viene sbandierata come un’economia di successo mondiale, eppure sempre più persone si accorgono della verità: l’economia Potemkin non è altro che un castello di carte con una bolla di asset finanziarizzati.

L’altro punto importante è quello su cui io stesso insisto costantemente: la natura geriatrica della classe dirigente come fatidica bandiera rossa:

Ancora più sorprendenti sono le somiglianze politiche, sociali e culturali che rilevo tra gli Stati Uniti e l’URSS. La leadership gerontocratica era uno dei tratti distintivi della tarda leadership sovietica, personificata dalla senilità di Leonid Brezhnev, Yuri Andropov e Konstantin Chernenko.

Ma per gli attuali standard americani, gli ultimi leader sovietici non erano vecchi.

E prosegue con un paragone:

Brezhnev: 75
Andropov: 68
Chernenkov: 72

Biden: 81
Trump: 78
Pelosi: 84
ecc. .

Allo stesso modo, Ferguson osserva che la moralità della società era precipitata alla fine dell’epoca sovietica. Lo stesso vale per gli Stati Uniti, che si sono trasformati in un’orgia baccanale di degenerazione, con malattie mentali e suicidi giovanili ai massimi storici. La disperazione dilaga, seconda solo a una vasta epidemia di droga che ha mietuto più vittime solo nel 2022, scrive l’autore, che i soldati americani uccisi nelle tre grandi guerre del Vietnam, dell’Iraq e dell’Afghanistan.

Anche il crollo dell’aspettativa di vita negli Stati Uniti è così drastico da far pensare che il Paese stia saltando l’URSS degli anni ’80 per passare direttamente alla versione successiva al crollo degli anni ’90.

I dati recenti sulla mortalità americana sono scioccanti. L’aspettativa di vita è diminuita nell’ultimo decennio in un modo che non vediamo nei paesi sviluppati comparabili.

Mentre alcune cifre possono dipingere gli Stati Uniti in una luce più equa, la verità è che non possiamo più fidarci delle “statistiche ufficiali” del regime su tutto ciò che riguarda i suoi fallimenti o la sua caduta. Per esempio, è stato recentemente rivelato che le principali città gestite dai democratici non riportano più le statistiche sulla criminalità all’FBI, con il risultato di “minimi storici” esilaranti e fraudolenti, ironicamente definiti “di livello sovietico” in termini propagandistici dagli opinionisti dei social media: .

Nel “2021, il 37% dei dipartimenti di polizia ha smesso di comunicare i dati sulla criminalità all’FBI (compresi i grandi dipartimenti di Chicago, Los Angeles e New York)”, e per altre giurisdizioni, come Baltimora e Nashville, i crimini vengono sottodenunciati o sottocontati. Questo lascia un grande vuoto; entro il 2021, i dati reali sui crimini raccolti dall’FBI rappresenteranno solo il 63% dei dipartimenti di polizia che controllano solo il 65% della popolazione. Rispetto ai dati precedenti al 2021, il risultato è un discutibile “calo” della criminalità.

Come si può chiaramente vedere, questa è roba da stadio terminale di declino di un regime che pende sul precipizio – e io, naturalmente, non intendo il regime di Biden in particolare, ma piuttosto il deepstate incorporato che comprende l’intera “classe dirigente” perenne.

Se a questo si aggiunge la piaga generale della criminalità dilagante e dell’illegalità nelle città gestite dai democratici, il discorso si fa più che equilibrato. Sebbene l’ultima URSS possa aver avuto un problema demografico peggiore, non c’era nulla che si avvicinasse all’illegalità e alla turpitudine morale insite nella cultura urbana malata americana; non c’erano sparatorie di massa quotidiane nell’URSS, né bambini sovietici catturati dal governo perché le loro famiglie li avevano “battezzati” o si rifiutavano di finanziare la loro chirurgia di riassegnazione transgender. Il declino dell’America è molto più spaventoso, pieno di orrori bizzarri che sembrano usciti da un episodio di Twilight Zone.

Nel complesso, questo sentimento è sempre più sentito nell’intero corpo della classe dirigente e nelle sfere ad essa adiacenti. Articoli come quello qui sopra e quello qui sotto compaiono ormai con regolarità quotidiana:

Ma la cosa interessante è che, proprio come il pezzo di Martin Wolf qui sopra, tutti individuano in un “blocco diviso” il fattore responsabile del declino dell’Occidente. Sapete qual è un altro termine per “diviso”? Si chiama: sovranità. La stessa arroganza che sta alla base dell’imposizione de rigueur del conformismo politico da parte della classe dirigente a scapito dei diritti o delle preoccupazioni dei cittadini nazionali è proprio ciò che l’ha portata alla sua rovina. I boriosi apparatchiks semplicemente non possono sopportare un mondo lasciato a se stesso, senza l’ingerenza di un governo centralizzato antidemocratico che tanto bramano. A questo punto, hanno perso la capacità fondamentale di comprendere cosa significhi democrazia o sovranità.

Ora siedono con la faccia impaurita mentre l’intonaco si modella e si sgretola nelle pareti intorno a loro, e cominciano a farsi prendere dal panico. L’intera classe dirigente occidentale è stata lasciata in uno stato di disordine, a malapena in grado di continuare a recitare, mentre il sipario si stacca sui rottami sparsi del loro palcoscenico. La produzione sta rapidamente diventando un disastro e solo il più forte caso di pregiudizio della normalità può confutare ciò che l’occhio comune può vedere.

La consapevolezza è cresciuta fino a diventare un coro all’interno dell’establishment e, come si evince dalla selezione di articoli qui sopra, le teste più sane stanno tentando di allontanare la nave dalla catastrofe sostenendo una nuova rotta ragionevole: abbandonare le pretese massimaliste della pompa del primato post-Guerra Fredda e riconoscere che il mondo è cambiato.

Le ultime vestigia della classe neocon che ha dominato la politica americana negli ultimi decenni si aggrappano con le unghie e con i denti, ma stanno finalmente perdendo la presa. L’America può essere salvata? Per concludere, darò due risposte che fanno riflettere. La prima è che, se continuiamo a fare il paragone con l’URSS in declino, possiamo estrapolare che esiste un potenziale di rinascita, se nell’attuale fase di agonia l’America riuscirà a liberarsi della sua vecchia pelle malata e a ricostituire una versione più snella e leggera di se stessa, come è riuscita a fare la Russia. Vedete, molti considerano la dissoluzione dell’URSS una tragedia storica, ma io ho sempre sostenuto l’idea che, per la Russia, essa abbia rappresentato lo scarico di un fardello oneroso e schiacciante, che ha permesso a uno Stato indipendente, di nuovo snello e ordinato, di riorganizzarsi dalle fondamenta senza essere soffocato dal macigno di una vasta e bizantina burocrazia e dalla sovvenzione di decine di altre repubbliche. .

Anche in questo caso, gli Stati Uniti potrebbero avere la possibilità di ricominciare da capo, liberandosi dal leviatano burocratico delle istituzioni di governance globale che ora controllano ogni aspetto della vita americana, proprio come Trump ha promesso di fare. Non che possa farlo davvero, ma se ci riuscisse sarebbe una delle uniche possibilità per gli Stati Uniti. Tornare alla sovranità nazionale e al protezionismo come paletto nel cuore del globalismo parassitario. Ma, naturalmente, questo dovrebbe includere l’uscita da Israele, cosa quasi inconcepibile, dato il clima attuale.

Tuttavia, per quanto riguarda la seconda risposta, meno ottimistica: per tutte le cose che l’URSS ha avuto contro nei suoi ultimi anni, la Russia stessa aveva un grande punto di forza: il potenziale di coesione demografica. Se è vero che la Russia è conosciuta come uno Stato multietnico e multiconfessionale, resta il fatto che l’etnia russa rimane di gran lunga la modalità dominante:

E il ~72% di cui sopra è in realtà più alto in pratica, dato che gran parte del ~24% “non dichiarato” e “altro” è attribuibile a ucraini, bielorussi e altre etnie che sono essenzialmente sinonimi di russi. Ciò significa che è corretto dire che almeno l’85% o più della Russia è etnicamente e culturalmente uniforme. Questo ha permesso al Paese di ricostruire rapidamente un carattere nazionale, radicato nella tradizione ricordata e in valori culturali armoniosamente uniformi.

Gli Stati Uniti, invece, si trovano in uno stato di pericolosa fluttuazione e di disaggregazione a causa di una campagna di ingegneria sociale e demografica la cui portata è quasi senza precedenti nella storia. La migrazione forzata imposta artificialmente al Paese ha completamente alterato la sua demografia, la sua unità e la sua coesione sociale in un modo che non è possibile rimediare.

Data la portata di questa sovversione demografica, anche se i “buoni” dovessero vincere nella politica statunitense, il Paese non sarà mai più lo stesso di prima. Qualsiasi futura “rinascita”, come quella della Russia post-anni ’90, dovrà tenere conto ed essere condizionata da un tessuto sociale completamente diverso, nel bene e nel male. Questo non dal punto di vista di una razza migliore di un’altra, ma semplicemente dalla consapevolezza che nessun Paese socialmente ed etnicamente diviso e incongruente potrà mai competere con i vantaggi di un Paese con un’unica identità nazionale e la conseguente unità. Certo, l’URSS era molto eterogenea dal punto di vista etnico, ma è riuscita a trovare un modo per unire le etnie sotto la causa comune o metanarrativa del socialismo sovietico, che era di natura religiosa, per non parlare di un’unica visione politica; lo stesso vale per la Cina.

Per questo motivo, è poco probabile che gli Stati Uniti possano essere veramente competitivi a lungo termine nei confronti di Paesi come la Cina o la Russia, che mantengono in larga misura la coesione culturale e sociale; questa è la semplice realtà sociologica, per quanto possa essere difficile da digerire per alcuni.

Certo, Trump ha in programma di “deportare” milioni di immigrati e, in via ipotetica, se riuscisse a realizzare davvero questo progetto, potrebbe forse ribaltare il calcolo, ma la grande domanda rimane: se a quel punto sarà semplicemente troppo poco e troppo tardi.

Nonostante ciò, la Cina si candida a diventare un “egemone” benevolo quando erediterà il suo naturale mantello di superpotenza economica globale. Contrariamente a quanto accadrebbe se le cose fossero invertite, il fatto che gli Stati Uniti saranno più deboli non significherà la loro totale sovversione e distruzione da parte della potenza ascendente. Finché gli Stati Uniti riusciranno a mettere ordine nella loro azione politica e a riconoscere le realtà del nuovo secolo, potranno continuare a esistere in modo modesto come Grande Potenza contribuente, mantenendo comunque una buona dose di influenza globale. Dovranno solo imparare a disfarsi di generazioni di arroganza riflessiva e a sedersi al tavolo, come uguale, nel nuovo mondo che verrà. .

Il vostro sostegno è inestimabile. Se vi è piaciuta la lettura, vi sarei molto grato se vi abbonaste a un impegno mensile/annuale per sostenere il mio lavoro, in modo da poter continuare a fornirvi rapporti dettagliati e incisivi come questo.

In alternativa, è possibile lasciare una mancia qui: buymeacoffee.com/Simplicius


I mali del professionismo, di AURELIEN

I mali del professionismo

In politica, in ogni caso.

Il fatto che un leader europeo convochi un’elezione inutile e inaspettata che il suo partito probabilmente perderà può essere giudicato una curiosità. Per due leader europei convocare elezioni inutili e inaspettate che i loro partiti probabilmente perderanno, e più o meno nello stesso momento, assomiglia terribilmente a un’incompetenza generalizzata e a un fallimento sistemico. Molto è stato scritto sulle decisioni prese da Sunak nel Regno Unito e da Macron in Francia di andare alle urne tra un paio di settimane e su chi potrebbe vincere, e la maggior parte è solo inutile speculazione. Non intendo aggiungere altro a queste speculazioni, se non dire quali sono, a mio avviso, i fattori oggettivi in gioco. Porrò invece alcune domande molto più fondamentali: come ci siamo trovati in una situazione in cui questo genere di cose accade, e cosa significa per il futuro?

Parte dei moderni sistemi democratici è l’organizzazione di elezioni regolari. Nella politica depoliticizzata di cui abbiamo goduto nell’ultima generazione, la politica in molti Paesi occidentali è degenerata in nient’altro che elezioni, generando una massiccia industria di consulenti, psefologi, analisti, stilisti e parrucchieri. Al giorno d’oggi la politica consiste nel perfezionare e testare messaggi e slogan per attirare il maggior numero di elettori nelle aree che si pensa di poter conquistare, in modo da finire a controllare il parlamento della nazione, magari in collaborazione con altri partiti, o il palazzo presidenziale. Questo vi dà accesso al potere, allo status e ai privilegi, oltre a fornirvi un’esperienza commerciabile a cui potrete attingere in seguito quando vorrete fare soldi veri.

Ne consegue che i politici moderni dovrebbero sempre guardare alle prossime elezioni. Quando sono temporaneamente impopolari, devono fare, o più probabilmente promettere, cose che aumenteranno la loro popolarità. Quando sono popolari, devono sfruttare questa popolarità per indire un’elezione che pensano di poter vincere. Eppure, di recente abbiamo visto due politici che non avevano alcun bisogno di lasciare il Paese decidere di farlo, anche se in entrambi i casi i pronostici erano negativi. C’è dunque qualcosa di strano, e non è spiegabile con il gergo manageriale inaridito che infesta la politica moderna. Se, dopo tutto, la politica moderna è stata svuotata di quasi tutti i contenuti, se si tratta in gran parte di diverse fazioni del partito che si combattono per lo status e il potere, pur condividendo a grandi linee la stessa ideologia, allora questo comportamento è perverso, per usare un eufemismo.

Curiosamente, la spiegazione sta nella crescente “professionalizzazione” della politica, tenendo presente che la parola stessa ha due significati diversi e quasi completamente opposti. In un modo bizzarro, è probabilmente corretto dire che la maggior parte dei politici di spicco di oggi sono dilettanti, perché sono politici professionisti. A prima vista può sembrare strano, ma cerchiamo di capire meglio questi concetti.

Il termine “professione” in inglese si riferisce a una specializzazione professionale che inizia con gli studi universitari o simili, passa attraverso la formazione professionale e gli esami, per poi culminare nell’appartenenza ad associazioni professionali da cui si può essere espulsi per condotta “non professionale”. Il presupposto è che se ci si rivolge a un “professionista” – un medico, un avvocato, un commercialista, o altro – si riceverà un certo standard minimo di servizio, con determinate garanzie etiche incorporate, e che si può presentare un reclamo a qualche organismo professionale se non si riceve ciò che ci si aspetta. Ora, questo non funziona sempre perfettamente nella pratica, ma la teoria è abbastanza chiara e contraddistingue alcune persone in varie società come “professionisti”. In molte società non anglosassoni, ad esempio, “ingegnere” non è un uomo che gira una chiave inglese, ma uno status professionale. Se in Germania e in altri Paesisi vede il Dip Ing accanto al nome di una persona, significa che questa ha conseguito un master in ingegneria.

Eppure è una curiosità della politica che non richiede qualifiche o formazione: non richiede nulla se non l’ambizione. Tautologicamente, un politico è qualcuno che voleva diventare un politico e ci è riuscito. Eppure le responsabilità che alcuni politici cercano, per non parlare dei danni potenziali che possono fare, sono enormemente più grandi di quelle di un ingegnere che deve costruire un ponte che non crolli. Non sorprende che non ci siano esami per diventare un politico, né una serie di competenze concordate, né un modo oggettivo per decidere se le persone sono brave o meno in questo lavoro. La maggior parte dei candidati politici viene selezionata dai partiti nazionali o locali, in base al sistema politico, spesso sulla base di favoritismi e spesso secondo criteri (come l’attuale tendenza a richiedere un numero uguale di uomini e donne) che escludono esplicitamente la competenza come fattore. Una volta eletto, la carriera di un politico dipende soprattutto dal caso: avere il profilo giusto (o non avere il profilo sbagliato) può contare molto. Tutti i partiti politici sono in qualche misura coalizioni interne, quindi essere un protetto di una figura importante del partito può essere sufficiente per ottenere un lavoro. Persone del tutto incompetenti possono sopravvivere come ministri o addirittura capi di governo, perché non c’è accordo su chi sostituirli o perché sono troppo popolari all’interno del partito per liberarsene.

In passato, ironia della sorte, questi problemi sono stati in parte gestiti perché il sistema stesso era essenzialmente amatoriale. Ricordiamo che “dilettante” in origine significava avere un affetto per un argomento che non era il proprio interesse primario o la propria professione (sic.) Quindi, i politici professionisti nel senso moderno erano rari, e la politica nazionale era qualcosa in cui le persone si cimentavano dopo aver fatto altre cose. I politici del XX secolo sono spesso nati come giornalisti, funzionari pubblici, insegnanti o docenti, avvocati, piccoli imprenditori o professionisti indipendenti. In molti casi, continuavano a lavorare in questi settori una volta eletti, abbandonandoli solo quando diventavano ministri. A quei tempi, essere un politico significava avere un certo gusto per la politica, godere del ritmo della vita politica e, nella maggior parte dei casi, avere una o più cause politiche da promuovere. Nella maggior parte dei Paesi, inoltre, si prestava attenzione a questioni di etica e correttezza, e i politici potevano essere costretti a dimettersi in caso di gravi scandali.

E la politica stessa era una mini-carriera. Si poteva iniziare come politico locale eletto, rinunciando a una o due sere alla settimana del proprio lavoro quotidiano. Quando ci si faceva conoscere, si poteva decidere di candidarsi per una carica locale a tempo pieno, o addirittura per un seggio parlamentare. Dopo qualche anno in parlamento, potreste essere scelti come assistenti parlamentari non retribuiti e, se il vostro partito è al governo, forse per un posto da ministro junior. Per essere eletto leader di un partito, nonché potenziale primo ministro o candidato alla presidenza, in genere bisognava avere almeno una certa esperienza come ministro. In alcuni Paesi (la Francia è un buon esempio) era possibile rimanere sindaco di una piccola città pur essendo ministro o addirittura presidente, il che aveva l’effetto di tenere il naso abbastanza vicino alle preoccupazioni della gente comune.

Oggi tutto questo è cambiato, in quasi tutti i Paesi occidentali. Ironia della sorte, i nostri politici sono ormai “professionisti”, non nel senso di avere le competenze professionali dei politici (di cui parleremo tra poco), ma solo nel senso di non aver mai fatto altro. Il tipico politico europeo di oggi ha forse una laurea in politica in un’università d’élite, un master in diritto dei diritti umani in un’altra università d’élite in un altro Paese, un paio di stage prestigiosi presso istituzioni o think-tank, un lavoro come ricercatore parlamentare, un lavoro in un think-tank, un lavoro nell’apparato di partito, un lavoro come consigliere ministeriale e poi, forse, verso i 30 anni, una possibilità di seggio parlamentare. Sapranno molto su come fare una buona carriera, su chi leccare i piedi e su come compiacere le persone importanti. L’esperienza come funzionari pubblici è praticamente nulla.

Questo è importante, perché le competenze necessarie per avere successo in politica oggi hanno ben poco a che fare con le competenze necessarie per essere un buon politico. Questo può sembrare strano, quindi vediamo le differenze. Tradizionalmente, i politici che aspiravano a ricoprire alte cariche dovevano essere piuttosto robusti, in grado di dormire poco, rinunciando in gran parte a vere e proprie vacanze, pronti a rinunciare alle serate e ai fine settimana, capaci di assorbire insulti e invettive senza preoccuparsene. Dovevano essere in grado di ragionare con i propri piedi, di trattare con media senza scrupoli, di padroneggiare rapidamente brief dettagliati e di sembrare intelligenti almeno a metà alle sette del mattino o a mezzanotte. Man mano che progredivano, dovevano capire cosa avrebbero accettato il loro parlamento e il loro pubblico, come presentarsi ai media e come mantenere il sostegno dei loro colleghi. Ad alto livello, dovevano essere in grado di distinguere tra cause senza speranza e cause per cui valeva la pena lottare.

I politici moderni sono generalmente più istruiti (anche se non necessariamente più intelligenti) di quelli delle generazioni precedenti, ma non sono necessariamente istruiti nelle cose giuste. È più importante aver frequentato l’università giusta e aver studiato la materia giusta, piuttosto che sapere qualcosa di qualsiasi cosa. Le loro capacità sono quelle di sopravvivenza e avanzamento all’interno di un’organizzazione, intesa nel senso più ampio non solo come partito politico, ma anche come organismi esterni con contatti e influenza, nonché parti del mondo dei media e delle ONG. Con la fine dei partiti politici di massa, la fine della necessità di leggere e comprendere le opinioni dell’elettorato, la fine dell’influenza di attori esterni come i sindacati, la fine delle differenze politiche fondamentali tra i partiti e la crescente omogeneizzazione della classe politica stessa, sono le capacità di avanzamento in un’organizzazione che contano. Appartenere alla fazione giusta, legarsi agli astri nascenti, avere le opinioni giuste in un determinato momento: queste sono le capacità da coltivare.

I partiti politici di oggi assomigliano alle grandi aziende private o alle banche, o ai partiti politici dei classici Stati monopartitici. È una curiosità della storia che gli Stati monopartitici abbiano funzionato abbastanza bene in Africa (dove erano un modo per risolvere le tensioni etniche in un ambiente sicuro) e che abbiano funzionato abbastanza bene negli Stati comunisti, dove il ruolo guida del partito era accettato con vari gradi di entusiasmo. Ma la transizione da uno Stato monopartitico a un sistema elettorale multipartitico, che l’Occidente ritiene indolore e rapida, è stata in realtà traumatica ovunque, perché richiedeva competenze che i politici coinvolti semplicemente non avevano. In Bosnia, ad esempio, la corsa precipitosa alle elezioni popolari ha portato alla costruzione di partiti su base etnica (come organizzarsi in altro modo nel tempo a disposizione?) e a una competizione tra questi partiti per essere i più radicali e caratterizzare gli altri come traditori (come farsi eleggere in altro modo?) Il risultato è stato un parlamento in cui nessuno voleva davvero la guerra, ma in cui le abilità pratiche più basilari di formazione di coalizioni e di compromesso necessarie in una democrazia erano completamente assenti, perché non erano mai state sviluppate.

I moderni partiti politici occidentali condividono alcune di queste caratteristiche in misura sorprendente. Sono, e si accettano di essere, elitari. Sanno di cosa ha bisogno la gente e cosa dovrebbe volere, si mescolano continuamente con giornalisti, opinionisti, intellettuali e figure influenti del settore privato che condividono le loro opinioni, e hanno a che fare ogni giorno con politici di altri Paesi e funzionari di organizzazioni internazionali le cui opinioni sono molto simili alle loro. Considerano il popolo stesso con disprezzo e vedono le campagne elettorali come un’occasione per vendere un prodotto alle masse non vestite e distruggere l’immagine dei loro avversari, senza cercare di persuadere. Ovviamente hanno ragione, dopotutto è colpa del popolo se non se ne rende conto. E così, mentre scrivo, continuano le manifestazioni dei principali partiti francesi che fanno parte del sistema consolidato, contro l'”estrema destra”, cioè i partiti per i quali più di un terzo dei francesi ha effettivamente votato il 9 giugno. Inimicarsi e infangare deliberatamente un terzo dell’elettorato in una democrazia non è solo un comportamento inaccettabile, ma anche estremamente dilettantesco (sic) e stupido. Ma la convinzione di poter insultare per raggiungere il potere è ormai profondamente radicata nei partiti politici occidentali.

Quasi per definizione, queste persone non sono preparate per la responsabilità di gestire un Ministero, per non parlare di un Paese. Non hanno fatto quel tipo di lavoro, in politica, negli affari, nei media, persino nel mondo accademico, in cui devono assumersi la responsabilità delle cose. Non sanno come gestire, e quindi praticano il “management”, come oggi si chiama spuntare caselle e recitare slogan. Non conoscono la necessità di impegnarsi nei dettagli, sono ossessionati dall’immagine e dalla presentazione e vedono la politica nazionale essenzialmente come una continuazione della politica delle ONG e delle organizzazioni di partito (alcuni aggiungerebbero anche della politica universitaria).

Ironia della sorte, proprio la loro ignoranza del mondo esterno e della vita delle persone comuni è uno dei motivi per cui sono riluttanti ad accettare i consigli degli esperti, soprattutto su questioni difficili e complesse. Hanno un ego potente ma fragile e poca o nessuna esperienza del mondo reale su cui basarsi. Sapere come ottenere informazioni utili da altri e valutarle è un’abilità in sé, che non viene insegnata e che, nella mia esperienza, non viene quasi mai riconosciuta. È molto meglio, o almeno più facile, affidarsi a un gruppo di “consiglieri personali” che devono la loro carriera a voi e che vi diranno quello che volete sentire. L’inesperienza e la mancanza di conoscenze si accompagnano all’arroganza. C’è una convinzione pervasiva tra queste persone di essere migliori e più intelligenti dei loro (veri) consulenti professionali, che spesso liquidano come conservatori o non sufficientemente fantasiosi. (Alla fine, le loro prospettive sono determinate non tanto da come appaiono in parlamento o di fronte alla gente, ma da quanto è buona la loro immagine mediatica e da quanto sono avanzati nei favori di chi gestisce il partito. Quindi le loro politiche sono impostate di conseguenza.

Ne consegue, infine, che questa generazione di politici è più distante concettualmente, finanziariamente e persino geograficamente dagli elettori rispetto al passato. Al contrario, sono molto vicini a coloro che si muovono in altri circoli d’élite e possono essere più a loro agio in altri Paesi che nel proprio. L’opinione pubblica conta poco in queste circostanze: i programmi della maggior parte dei partiti politici si assomigliano ormai molto: dove andranno gli elettori disaffezionati? E se restano a casa, non è necessariamente un male.

Tutto questo è contenibile finché la politica si limita a questioni di routine: chi è dentro, chi è fuori, chi è su, chi è giù, cosa dire a colazione in TV. Ma il mondo ha altre idee e la successione di crisi degli ultimi cinque anni ha iniziato a mettere in luce i problemi che si incontrano quando si pretende che i bambini facciano il lavoro degli adulti. Perché è qui che ci troviamo, e non c’è alcun segno che la vita diventi più facile o meno complessa negli anni a venire.

Consideriamo un semplice esempio. Durante la Covid, l’opinione pubblica e le élite occidentali rimasero sbalordite nello scoprire che semplici medicinali non erano più prodotti nei loro Paesi e dovevano essere importati. (Gli scaffali delle farmacie erano vuoti a causa dei problemi della catena di approvvigionamento. Per l’attuale generazione di politici e i loro “consiglieri” si trattava di un problema di presentazione. Ci criticano, cosa facciamo? La risposta, ovviamente, è anch’essa di presentazione: il governo sta progettando incentivi fiscali per le aziende farmaceutiche affinché producano i farmaci in patria, o almeno nelle vicinanze. Problema risolto. Oh, aspettate, non avete ancora nessun farmaco. Ed ecco che un esperto del Ministero della Salute vi dice che, anche se poteste costruire e aprire una fabbrica e assumere personale qualificato, anche i materiali precursori dei farmaci vengono prodotti altrove, quindi la loro fornitura non può essere garantita. A quel punto ci si mette le dita nelle orecchie, perché è troppo complicato.

I nostri attuali governanti sono psicologicamente inadatti ad affrontare problemi difficili e intrattabili, perché nulla nella loro vita li ha preparati a farlo. Non è che siano necessariamente nati tutti ricchi, anche se alcuni di loro lo sono, ma è che non hanno mai dovuto lottare per ottenere qualcosa. Non si trovano ex minatori di carbone, braccianti agricoli o negozianti in politica. Sono per lo più prodotti di scuole e università d’élite, entrano in contatto con altri membri della futura élite, scivolano senza sforzo in un tirocinio prestigioso organizzato da contatti, incontrano persone dello stesso background e che possono conoscere personalmente, mangiano, vanno in vacanza e dormono con loro, le loro nascenti carriere politiche sono assistite da contatti in politica e altrove, le loro attività politiche sono coperte con entusiasmo da amici e conoscenti nei media, ai quali sono in grado di offrire informazioni privilegiate e persino la possibilità di un lavoro in cambio.

E poi, naturalmente, si imbattono in un problema che non può essere risolto facendo la telefonata giusta o pranzando con la persona giusta. Scoprono che qualcuno sta dicendo che non possono avere qualcosa che desiderano, come l’Ucraina. Il risultato è un’epica crisi di collera, la rabbia e la rivolta dei privilegiati a cui non è mai stato negato nulla prima d’ora, di fronte al padre severo, in questo caso Putin, che dice loro che non possono avere ciò che desiderano per Natale, o il seggio nel Consiglio di Amministrazione che avevano tanto agognato.

È questa dinamica, tra le altre, che vediamo ora in gioco nelle elezioni francesi. Si è sempre tentati di supporre che in politica si giochino partite a scacchi a cinque dimensioni, e certamente in passato ci sono stati politici francesi (mi viene in mente Mitterrand) che erano sottili e subdoli al punto che chiunque stringesse la mano faceva bene a contarsi le dita dopo. Ma Macron non appartiene a quel mondo: anzi, gran parte della sua politica è di una semplicità quasi infantile: non ha ottenuto ciò che voleva alle elezioni europee, quindi ora sta gettando i suoi giocattoli fuori dalla carrozzina, minacciando di distruggere il sistema politico francese se non otterrà ciò che vuole la prossima volta. Vedremo come andrà a finire. Il caso di Sunak presenta alcuni punti in comune: alla fine, ha scoperto che il lavoro è troppo grande per lui. Con tutti i suoi soldi, la sua carriera sfavillante e la sua sicurezza di sé, non ha l’esperienza, il peso intellettuale o l’applicazione per diventare Primo Ministro, ed è consapevole di non essere all’altezza della sfida di salvare la nave, né di voler essere il Capitano quando affonda. Così scappa.

Il fatto che la nostra classe politica non abbia alcuna base o esperienza reale nel mondo oggettivo è compensato, ai loro occhi, da modelli teorici e ideologici di come dovrebbe essere il mondo. Con una formazione intellettuale (se così si può dire) in materie come la teoria politica, il diritto internazionale umanitario, l’economia e gli studi commerciali, e circondata da “consiglieri” che non hanno mai fatto un giorno di lavoro onesto in vita loro, non sorprende che la classe politica costruisca per sé mondi astratti e normativi in cui certe cose dovrebbero accadere, e quindi per definizione accadono. Questa teoria che ho imparato alla Business School dice che se facciamo X l’inflazione scenderà. Quindi deve diminuire. Se non riuscite a capirlo, dovete essere stupidi. La politica moderna, compresa la comunicazione e la gestione delle campagne politiche, consiste in gran parte nel tentativo di applicare modelli teorici e normativi alla vita reale, per poi dare la colpa del fallimento delle idee a chi le attua, e non alla stupidità delle idee stesse. Poiché la politica moderna è così distaccata dalla vita reale, e in generale non riesce a capire ciò che vede, si ritira dietro un muro di teoria normativa e preferisce le “misure” che misurano, inevitabilmente, ciò che può essere misurato, alla conoscenza pragmatica effettiva.

Questo approccio normativo e teorico, così comune nella politica moderna, ha l’effetto di rendere potenti alcuni gruppi e deboli altri. Gruppi e individui potenti spesso vengono dall’esterno del governo, promettendo risposte magiche e soprattutto presentando i problemi e le presunte soluzioni nel vocabolario normativo e ideologico alla moda del momento. In parole povere, se un servizio di ambulanze ha problemi a raggiungere i pazienti abbastanza velocemente, e questo causa problemi politici, un approccio tradizionale sarebbe quello di esaminare aspetti come la carenza di personale, la disponibilità di ambulanze, le procedure di gestione delle chiamate, ecc. Ma è probabile che questo approccio riveli che il governo deve impegnarsi maggiormente nell’assunzione, nella formazione e nella gestione del servizio, dopodiché i problemi saranno almeno parzialmente risolti. Ma un tale risultato (a meno che il problema non possa essere imputato a un governo immediatamente precedente) implica l’accettazione di critiche e l’assunzione di responsabilità, cosa che i politici non amano fare. Quindi una società esterna di consulenti sarà pagata con lo stipendio combinato di un numero significativo di paramedici per produrre un rapporto che suggerisca di fissare degli obiettivi di risposta alle chiamate di emergenza e che i direttori generali siano “ritenuti responsabili” del raggiungimento di tali obiettivi, offrendo loro incentivi finanziari per raggiungerli. Il problema è risolto, a meno che non si abbia bisogno di un’ambulanza. E alla fine, inevitabilmente, stiamo scoprendo che ci sono problemi nel mondo che non possono essere affrontati con misurazioni delle prestazioni e presentazioni in Powerpoint.

Al contrario, la posizione dei professionisti che hanno lavorato tutta la vita nel governo si indebolisce, poiché non offrono soluzioni immediate, ma piuttosto espongono i problemi nella loro reale complessità. A loro volta, vedendo le loro analisi e i loro consigli ignorati, a favore di fatui estranei privi di comprensione o esperienza, si scoraggiano e i migliori se ne vanno. Almeno fino agli anni di Blair nel Regno Unito, subito dopo il millennio, era comune che le persone che lavoravano nel servizio pubblico britannico a livelli ai quali non avrei mai potuto aspirare dicessero in privato cose del tipo: “Penso che la maggior parte di noi si sia semplicemente arresa”. Ciò significava che non aveva più senso combattere battaglie con le schiere di “consiglieri” che ormai avevano iniziato a infestare Whitehall. Se l’unico criterio per dare consigli con successo era sapere “cosa vuole Tony”, allora perché non farlo e poi cercare di contenere il più possibile i danni? E anzi, se si è ambiziosi, perché non fare carriera come persona che dice ai ministri ciò che vogliono sentirsi dire?

A questo proposito, vale la pena ricordare quanto sia improbabile e precaria l’esistenza stessa di un servizio pubblico politicamente neutrale. Dopo tutto, i governanti tradizionalmente selezionavano personalmente i consiglieri più stretti e le figure ambiziose (ma non necessariamente capaci) cercavano posti di governo per i vantaggi finanziari che potevano trarne. Le donne cercavano l’influenza in modi più indiretti. Questi metodi personalizzati, basati sul mercato e transazionali di condurre il governo sono tradizionali nella storia e si ritrovano ancora oggi, ad esempio, in molte parti dell’Africa. Ciò che ha imposto il cambiamento in quasi tutti i casi è stato il fatto che questi sistemi di solito non servono molto bene gli interessi del Paese, e l’ascesa alla ribalta di forze (in particolare la classe media professionale) che vedevano i loro interessi e quelli del Paese come collegati. Così, gli inglesi dopo la disastrosa guerra di Crimea, i tedeschi dopo la fondazione del Secondo Reich nel 1870, i francesi dopo l’insediamento definitivo della Repubblica nel 1871, o anche i giapponesi dopo lo shock del primo contatto con l’Occidente, riconobbero che uno Stato moderno non poteva più dipendere dal clientelismo e dal favoritismo, ma necessitava di un gruppo professionale di esperti, che avrebbero trascorso la loro carriera a consigliare i governi successivi e a mettere in pratica le loro politiche.

Ma questa è solo una parte del discorso. Perché un giovane intelligente e ambizioso avrebbe dovuto optare per una modesta carriera dietro le quinte, quando la possibilità di ricchezza e di potere era allettante se era disposto ad assumere un ruolo più pubblico? In ognuno dei casi sopra citati, erano in gioco fattori sociali. In Gran Bretagna e poi in Germania, fu la profonda serietà della visione del mondo e della nazione da parte della classe medio-alta, sostenuta da un’educazione fondamentalmente religiosa incentrata sul dovere. In Francia, era il disperato bisogno di costruire istituzioni per difendere i principi repubblicani, a loro volta sostenuti con un fervore quasi religioso, in Giappone era la malata consapevolezza che senza una rapida modernizzazione e l’organizzazione di uno Stato efficace, sarebbero presto diventati una colonia effettiva, come la Cina. Anche nell’Unione Sovietica e, più tardi, negli Stati del Patto di Varsavia, sembra esserci stata la stessa serietà e dedizione.

Con il senno di poi, possiamo constatare che l’apice di questo tipo di pensiero si è avuto nella generazione successiva alla Seconda guerra mondiale, a sua volta vinta in gran parte grazie all’attività di Stati capaci e professionali. È anche chiaro che oggi rimane poco delle strutture costruite allora, e quasi nulla dell’atteggiamento di seria e dedicata professionalità che le sottendeva. Se alcuni Stati (ad esempio il Giappone) sono stati in parte preservati dagli effetti peggiori di questi fenomeni, la maggior parte degli apparati statali occidentali sono ormai decaduti al punto che riformarli, per non parlare di salvarli, sembra impossibile. In effetti, gli storici del futuro, se ce ne saranno, potrebbero identificare il periodo che va dalla fine del XIX alla fine del XX secolo come “l’era del buon governo”, un’anomalia storica e un ricco campo di ricerca per i futuri dottorandi. Il problema, naturalmente, è che il mondo occidentale non si trova ad affrontare i problemi del XVIII secolo, ma del XXI, e la necessità di Stati forti e capaci è più grande che mai.

Ma perché questo declino? Larispostastandard è il tentativo deliberato delle forze di destra di attaccare il concetto stesso di Stato, a partire dagli Stati Uniti e diffondendosi in altri Paesi. Non è sbagliata, ma è incompleta e non spiega perché i governi della sinistra fittizia avrebbero dovuto essere altrettanto desiderosi di personalizzare il processo di governo e di consegnare denaro e influenza a persone esterne. Una parte della spiegazione generica, a cui ho fatto riferimento in precedenza, è che l’ultima o le ultime due generazioni hanno visto l’ascesa di una sorta di nomenklatura, omogenea dal punto di vista sociale e dell’istruzione, che pensa in gran parte gli stessi pensieri e interagisce socialmente e professionalmente per tutto il tempo. Se siete un giovane ministro, è ovvio che possiate inserire nel vostro staff personale un amico dell’università, una persona con cui lavoravate in una ONG o un giornalista amico del vostro partner. È probabile che si lavori molto meglio con loro che con un professionista che lavora da trent’anni e che ha visto i ministri andare e venire (il caso di Macron è particolarmente significativo in questo senso: la maggior parte dei suoi stretti consiglieri sono giovani, inesperti e provenienti dallo stesso ambiente). Ma almeno per una parte del tempo Macron pensa di essere a capo di una startup della Silicon Valley). Questa omogeneità pervasiva semplicemente non c’era prima: i tentativi dei governi di destra in Gran Bretagna di portare al governo “uomini d’affari indipendenti” sono stati fallimenti disastrosi. Lo scontro di culture era troppo forte.

Ma ci sono anche altre ragioni. A sinistra c’è sempre stata diffidenza nei confronti dello Stato (e non a torto, visto l’uso storico dello Stato contro i partiti di sinistra). La visione di Marx dello Stato come “comitato esecutivo della borghesia” non era del tutto ingiusta nel 1848 e, insieme alla sua idea che lo Stato non sarebbe necessario in una società senza classi, continua a influenzare il pensiero progressista e di sinistra anche oggi. Ai tempi in cui esistevano partiti politici di massa della sinistra, questo era un problema minore, poiché i poveri hanno sempre apprezzato e richiesto i servizi e la protezione dello Stato. Ma la sinistra è stata catturata da partiti politici di boutique guidati da persone agiate, che possono appaltare i problemi che lo Stato esisteva per risolvere. Così il “crimine” è diventato un affascinante argomento di dibattito ideologico su come lo Stato dovrebbe fare di meno, non la triste realtà che è per coloro che vivono in aree degradate controllate da bande di drogati e vogliono che lo Stato faccia di più. .

L’espressione più recente di questa avversione per lo Stato, che sembra essere diffusa in tutto lo spettro politico, è il cosiddetto fenomeno dello “Stato profondo”. In quanto tale, è incoerente e descritto in numerosi modi contraddittori, ma trae origine dal fatto che, per essere efficaci, gli Stati devono contenere professionisti di carriera che sanno quello che fanno e lo fanno da molto tempo. Basta un attimo di riflessione per capire che una società moderna non può funzionare in altro modo. Gli esperti di lungo corso in agricoltura, malattie, istruzione o operazioni militari, hanno già visto tutto e hanno molta più esperienza di quanta ne avranno mai i politici eletti. Questo non significa che siano loro a prendere le decisioni, ma che in uno Stato gestito correttamente le decisioni politiche dovrebbero tenere conto dei loro consigli. Detto questo, gli Stati Uniti, con la loro politicizzazione e la guerra aperta tra gruppi di interesse nel governo, hanno creato un problema di questo tipo che probabilmente è irrisolvibile, perché tutto si basa sulla competizione e sul conflitto, e il tipo di cooperazione tra esperti permanenti e politici eletti che fa funzionare efficacemente uno Stato sembra essere impossibile, almeno di questi tempi.

L’ultimo filone del sentimento antistatale è l’argomentazione anti-elitaria: i funzionari pubblici provengono da un ambiente troppo ristretto, hanno troppa influenza, è necessario coinvolgere più persone esterne. Alla fine degli anni Settanta, questo argomento era diventato quasi un’opinione diffusa in Gran Bretagna. La serie televisiva Yes Minister, un’affettuosa parodia di alcuni aspetti del servizio pubblico degli anni Cinquanta e Sessanta, basata sui diari di Richard Crossman, un ministro del governo laburista del 1964-70, fu in realtà considerata, anche dalla signora Thatcher, un documentario. Tutti erano d’accordo sulla necessità di sbarazzarsi degli alti funzionari laureati in Storia e in Lettere, di inserire persone di talento esterne, di dotare il Primo Ministro di uno staff personale ampio e potente, di dare anche ai Ministri uno staff personale ampio e potente, e di scuotere l’intera struttura di fuddy-duddy in modo che fosse “moderna”. Con l’avanzare dei decenni, la risposta a un mondo sempre più complesso e difficile è stata quella di ridurre il numero di organizzazioni e di persone disponibili ad affrontarlo.

Ebbene, il disastro che vedete intorno a voi, se vivete nel Regno Unito o in un paese influenzato dalla sua esperienza, è il risultato di tutte queste idee intelligenti. La dequalificazione del governo non porta solo all’ascesa di politici incapaci, ma anche al decadimento delle strutture che li sostengono e li aiutano a prendere buone decisioni Il tipo di decisioni bizzarre che sono state prese negli ultimi anni, di cui la convocazione di elezioni inutili con conseguenze potenzialmente disastrose è solo l’ultima, non sarebbero state prese in strutture che funzionavano correttamente.

Ma oggi non ci sono forze politiche importanti nel mondo occidentale che sostengano l’idea di uno Stato forte e potente, che è ciò che la maggior parte delle persone vuole davvero. (È noto che i militanti più antistatali che si possano immaginare vogliono sempre che lo Stato faccia le cose per loro, e in fretta). Quindi, come si fa, in queste circostanze, a reclutare persone valide e impegnate per fare i lavori idraulici e di manutenzione, necessari ma poco affascinanti, che mantengono la società effettivamente funzionante? Perché fare carriera nel settore pubblico? O perché non scambiare la propria esperienza con un lavoro meglio retribuito altrove? Perché dare consigli imparziali a persone che non li vogliono, quando si può aiutare la propria carriera dicendo ai politici ciò che vogliono sentire?

Ci sono volute generazioni, in condizioni politiche molto particolari, perché vari Paesi del mondo costruissero Stati capaci, ma solo pochi decenni per distruggerli. È possibile, naturalmente, che sotto lo stress delle nuove malattie infettive, delle conseguenze dell’Ucraina e di Gaza, della minaccia della criminalità organizzata, dei risultati del riscaldamento globale e delle migrazioni di massa, ci sia un altro momento di illuminazione collettiva e di energia riformatrice come nel XIX secolo. Ma non ci conterei. Osservate il periodo che ci separa dalla fine dell’anno, per le elezioni nel Regno Unito, in Francia e negli Stati Uniti, ma soprattutto per le loro conseguenze, poiché gli Stati indeboliti e una classe politica adolescente sono costretti a confrontarsi con problemi per i quali non troveranno soluzioni in un manuale di economia aziendale.

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:

postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704 oppure iban IT30D3608105138261529861559

oppure PayPal.Me/italiaeilmondo  

oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/

Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

La “deoccidentalizzazione” al centro delle relazioni internazionali contemporanee

La “deoccidentalizzazione” al centro delle relazioni internazionali contemporanee

In un mondo in fase di ristrutturazione geopolitica, l’Occidente ha perso il suo posto come asse centrale delle relazioni internazionali. Tra l’ascesa dei BRICS+ e l’attuale frammentazione dell’economia mondiale, quale configurazione dell’ordine internazionale sembra prendere forma?

Il termine “de-occidentalizzazione” compare sempre più spesso nei dibattiti sulle relazioni internazionali. Il concetto descrive alcuni cambiamenti nel sistema internazionale che si sono verificati a partire dai primi anni 2000, in particolare l’aumento del potere economico e la relativa ma crescente autonomia geopolitica dei Paesi precedentemente dominati dalle potenze occidentali. Il concetto è in realtà polisemico e deve essere chiarito e collocato nel suo contesto storico e politico.

Un processo politico a lungo termine

La rivoluzione sovietica del 1917 può essere vista come la prima manifestazione della de-occidentalizzazione, in quanto dimostra la scelta di rompere con il modo di produzione capitalista e la sua espansione imperialista guidata dalle potenze occidentali. Ciò si riflette nella creazione dell’Internazionale Comunista nel marzo 1919 e nell’impegno costante – almeno fino al passaggio al “socialismo in un solo Paese” imposto da Stalin nel 1925 – a sostenere i popoli delle colonie nelle loro lotte emancipatorie, culminato nell’organizzazione del Congresso dei Popoli d’Oriente a Baku nel 1920.

Tuttavia, fu solo dopo la Seconda guerra mondiale che il processo di decolonizzazione prese davvero piede e iniziò un nuovo periodo di de-occidentalizzazione. In questo contesto, nell’aprile del 1955 si tenne la Conferenza di Bandoeng, che riunì ventinove Paesi asiatici, mediorientali e africani che rappresentavano più della metà dell’umanità ma meno del 10% della sua ricchezza. Tra i partecipanti vi erano Gamal Abdel Nasser per l’Egitto, Jawaharlal Nehru per l’India, Zhou Enlai per la Repubblica Popolare Cinese e Soekarno per l’Indonesia, paese ospitante della conferenza. I Paesi asiatici erano i più numerosi, perché era nel loro continente che il movimento di decolonizzazione era più potente all’indomani del 1945. La conferenza di Bandoeng rappresentò l’emergere del “Terzo Mondo”.- termine coniato dal demografo francese Alfred Sauvy nel 1952 – sulla scena internazionale e il tentativo delle borghesie nazionali dei Paesi interessati di costringere le potenze dominanti ad abbandonare il sistema coloniale e a riconoscere la loro ascesa al potere nel quadro di Stati indipendenti in grado di affermarsi politicamente, in particolare nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. A metà degli anni Cinquanta, le potenze imperialiste cercavano soluzioni che non mettessero in discussione l’intero ordine imposto alla fine della Seconda guerra mondiale nelle conferenze organizzate tra i Paesi vincitori, e quindi erano favorevoli a forme di compromesso con i popoli che cercavano di emanciparsi. Questo potente processo di decolonizzazione modificò in modo permanente la mappa geopolitica del mondo, che all’epoca era ancora fondamentalmente strutturata dal confronto bipolare tra Stati Uniti e Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). Per tutta la durata della Guerra Fredda, le potenze imperialiste e l’Unione Sovietica si sono combattute per procura in molti Paesi del Sud, ma ognuna di esse ha fatto in modo che nessuno di loro potesse turbare strutturalmente l’ordine stabilito a Yalta e Potsdam dai vincitori della Seconda Guerra Mondiale.

L’affermazione degli Stati del Sud

A sua volta, la fine del duopolio USA-URSS, con la caduta del Muro di Berlino e l’implosione dell’URSS, ha rimescolato le carte in tavola. Il momento dell’iperpotenza americana, per usare il termine coniato da Hubert Védrine, è stato di breve durata, circa dieci anni in tutto, e ha portato a una nuova sequenza più favorevole ai Paesi del Sud.

Dall’inizio degli anni 2000 si sono verificati diversi fenomeni: il relativo declino dell’egemonia e del potere degli Stati Uniti nel mondo, sullo sfondo dell’impantanamento della prima potenza mondiale in Medio Oriente e in Afghanistan; la concomitante ascesa di potere della Cina e dell’Asia, verso cui si sta progressivamente spostando il baricentro geopolitico ed economico del mondo; la progressiva affermazione dei Paesi del Sud del mondo, nell’ambito della nuova fase di globalizzazione economica e finanziaria che si è verificata tra il 1990 e il 2010 (che ha interessato in particolare i Paesi produttori ed esportatori di risorse naturali e materie prime), sono tra le principali caratteristiche di questo periodo delle relazioni internazionali.

In questo contesto, tra il 2000 e il 2015 si è verificata una prima fase di diversificazione delle alleanze geopolitiche, in particolare tra i Paesi del Sud e intorno all’ascesa della Cina, di cui la creazione dei BRIC (Brasile, Russia, India, Cina, a cui nel 2010 si è aggiunto il Sudafrica per diventare BRICS) nel 2009 è il simbolo più evidente. Con la crisi finanziaria internazionale del 2007-2008, iniziata negli Stati Uniti, la “globalizzazione” è già entrata in una nuova fase, quella della sua crisi sistemica. Gli anni 2010 hanno visto una cattiva performance dell’economia internazionale, una riduzione sostenuta del commercio mondiale, un aumento esponenziale del debito pubblico e delle famiglie e un incremento delle disuguaglianze sociali e di tutte le forme di insicurezza su scala planetaria. Questa crisi globale è stata rafforzata dalla pandemia di Covid-19 e dalle sue molteplici conseguenze sanitarie, economiche, sociali e politiche, in un mondo in cui già prima del 24 febbraio 2022 (inizio dell’aggressione russa in Ucraina), più di un miliardo di persone viveva in zone di confronto militare, conflitto e guerra localizzata.

Tuttavia, la guerra in Ucraina è effettivamente una nuova tappa nella configurazione di un mondo ormai apolare, cioè, contrariamente a quanto una certa vulgata vorrebbe farci credere, senza un centro di potere esclusivo, ma anche senza l’esistenza di poli regionali realmente costituiti – una multipolarità – che si spartiscano il potere e da cui si tessano i nuovi equilibri globali. In questo mondo apolare, diverse potenze regionali o internazionali (Stati Uniti, Cina, India, Russia, Brasile, Turchia, Arabia Saudita, Iran, Paesi europei, ecc.) si confrontano o cooperano – le due cose non sono in contraddizione – a seconda delle questioni in gioco, e cercano di riunire o costruire intorno a loro partner, coalizioni e alleanze che possono essere temporanee o più durature. L’attuale corso delle relazioni internazionali amplifica tutte le tendenze in atto e ne fa nascere di nuove. Conferma l’esistenza di un sistema internazionale in crisi, in cui le relazioni tra gli Stati sono transazionali e si organizzano in modo sempre più fluttuante in funzione dei loro interessi immediati e dell’affermazione della loro sovranità, per lo più senza alcuna affinità o logica ideologica preventiva e sovradeterminante. Queste dinamiche si stanno svolgendo senza che nessuna potenza, a Nord o a Sud, possa realmente sfidare il sistema economico dominante. Si tratta piuttosto di lottare per mantenere o conquistare posizioni all’interno del sistema e del sistema politico e istituzionale internazionale. Ecco perché il termine “de-occidentalizzazione” è utile per descrivere questi nuovi rapporti di forza e il riassetto della gerarchia globale degli Stati e delle loro alleanze che è in corso. Ma questo concetto non ci dice nulla sulla natura dei progetti promossi dagli attori, né in che misura questi progetti, anche se guidati da Paesi del Sud, rappresentino una rottura con la logica del capitalismo globalizzato. In questo contesto, il nuovo corso delle relazioni internazionali sta aprendo una nuova sequenza di rivalità di potere esacerbate e l’ascesa di tentazioni imperiali locali e regionali, che a loro volta incoraggiano il rafforzamento di vecchie – e il dispiegamento di nuove – partnership di sicurezza e militari, nel contesto di un potenziale confronto tra Stati Uniti e Cina. Questi sviluppi incoraggiano anche la rimilitarizzazione del mondo, mentre nuovi tipi di minaccia si aggiungono a quelli già presenti, con gli effetti del cambiamento climatico in particolare che si fanno sentire in tutto il mondo.

Ucraina e Gaza rivelano nuovi equilibri di potere

È in questo quadro generale che il conflitto ucraino e poi la guerra a Gaza fanno luce sulla nuova lettura delle relazioni internazionali. È sorprendente osservare che le sanzioni contro la Russia imposte dalle potenze occidentali sono scarsamente applicate dai Paesi del Sud. Non è meno decisivo sottolineare l’empatia dimostrata dai Paesi del Sud verso la causa palestinese, che vedono come simbolo dell’autodeterminazione dei popoli di fronte al dominio coloniale, ma anche, in questo contesto, dell’indignazione selettiva e dei doppi standard praticati dalle potenze occidentali. Queste osservazioni confermano le forme di relazione che oggi tendono a strutturare il campo delle relazioni internazionali. D’ora in poi, i valori che le potenze occidentali continuano più o meno confusamente a considerare universali – la democrazia liberale, il ” principio dello Stato di diritto “, i diritti umani, la libertà individuale, l’iniziativa privata e l’economia di mercato – non sono più in grado di imporsi né militarmente né in termini di interessi propri.I Paesi occidentali sono stati i primi, dalla fine della Guerra Fredda (Afghanistan, Iraq, Libia, Sudan, ecc.), a usarli impropriamente per i propri fini, a calpestarli o a cercare di imporli con la forza delle armi.). Si tratta di un fenomeno importante.

Al di là della loro diversità e della diversità dei loro interessi, le potenze del Sud si stanno affermando sulla scena mondiale e stanno scuotendo i vecchi equilibri. I già citati BRICS, ora noti come BRICS + dal momento che il gennaio 2024 si sono allargati agli Emirati Arabi Uniti (EAU), all’Arabia Saudita, alla Repubblica Islamica dell’Iran, all’Egitto e all’Etiopia, sono un fattore chiave nell’equilibrio di potere internazionale. Entro il 2022, essi rappresenteranno il 46% della popolazione mondiale, mentre i Paesi del G7 ne rappresenteranno meno del 10%. In termini economici, rappresenteranno il 35,6% del PIL mondiale calcolato a parità di potere d’acquisto nel 2022 (poco più del 30% per il G7) e rispettivamente il 37,6% e il 28,2% nel 2027. I BRICS+ rappresentano anche il 54% della produzione mondiale di petrolio. Si tratta quindi di un processo essenziale che sta trasformando il volto del mondo.

Assistiamo alla messa in discussione della gerarchia di un ordine internazionale ancora dominato dalle potenze occidentali e al crescente rifiuto da parte di molti Stati del Sud di allinearsi sistematicamente agli interessi e alle posizioni di queste ultime in molti ambiti (economia, commercio, negoziati multilaterali, crisi geopolitiche). In alcuni Paesi stanno emergendo nuovi approcci alla politica estera e alle alleanze geopolitiche, come il concetto di “multiallineamento” in India o, per i Paesi dell’America Latina, la nozione di “non allineamento attivo”. Possiamo anche notare che gli Stati che sfidano l’egemonia occidentale, come l’Arabia Saudita, il Brasile e la Turchia, si stanno affermando sulla scena internazionale. Tutti questi sviluppi globali dovrebbero incoraggiare i leader dell’Unione Europea a ripensare le proprie relazioni con il resto del mondo – gli Stati Uniti e i Paesi del Sud – e a ridefinire i propri interessi, in un mondo in cui la sua influenza geopolitica sembra diminuire a ogni nuova crisi dell’ordine internazionale.

Le guerre in Ucraina e a Gaza confermano quindi l’esistenza di un processo in corso noto come “de-occidentalizzazione” del mondo – in altre parole, la graduale erosione dei valori, del potere e dell’influenza proclamati dei Paesi occidentali.

Il ricorso del Sudafrica alla Corte internazionale di giustizia contro lo Stato di Israele, accusato di “atti di genocidio contro il popolo palestinese a Gaza”, per chiedere misure cautelari, è un’illustrazione di questo punto di svolta nel mondo e del desiderio degli Stati del Sud di avere un’influenza sugli sviluppi internazionali. Tuttavia, l’espressione “Sud globale” non ci sembra appropriata, date le numerose rivalità e controversie tra questi Stati. All’interno dei BRICS+, ad esempio, India e Cina o Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti non hanno né gli stessi programmi né gli stessi obiettivi. Inoltre, questo concetto può essere utilizzato per sostenere interpretazioni ideologiche contraddittorie. Per alcuni, si riferisce a un gruppo di Paesi non allineati o contrari alla dominazione occidentale, le cui azioni, con la loro sola esistenza, avrebbero un impatto positivo sul cambiamento globale. Per altri, segnala la minaccia rappresentata dall’emergere di una coalizione di risentimento dominata dalla Cina – e, in misura minore, dalla Russia – contro queste potenze occidentali. Ecco perché la sua rilevanza deve essere messa in prospettiva. Infatti, con i suoi contorni approssimativi, la nozione di “Sud globale” oscura la complessità e la natura trasversale delle relazioni contraddittorie e ambivalenti tra Paesi del Nord e del Sud. Tende a ridurre il campo delle relazioni internazionali a una demarcazione Nord/Sud che non regge all’analisi della volatilità della situazione internazionale e della fluttuazione/diluizione di blocchi e/o alleanze stabili.

In un simile contesto, nulla sarebbe più pericoloso che cedere alle sirene del “campismo”. Questo termine ha una storia e si riferisce al periodo della Guerra Fredda. In origine si riferiva a coloro che, soprattutto tra le forze legate ai partiti comunisti dell’epoca, si allineavano con l’URSS quando quest’ultima sosteneva di sostenere le lotte antimperialiste nell’ambito della sua rivalità con gli Stati Uniti. Oggi, significa allinearsi con questo o quel Paese con il pretesto che è soggetto a pressioni – sanzioni, embarghi, leggi extraterritoriali – da parte dell’imperialismo statunitense. Come spiega giustamente Gilbert Achcar, si è passati da una logica di “il nemico del mio amico (l’URSS) è mio nemico” a una di “il nemico del mio nemico (gli Stati Uniti) è mio amico”. Questo non è certo un modo soddisfacente di affrontare le complessità di un mondo apolare. La controparte di questa posizione è il campismo inverso dettato dalle potenze occidentali. L’idea è quella di stabilire una percezione secondo la quale il futuro del mondo si giocherebbe in una lotta tra “democrazie” e “autocrazie”, l’asse strutturante delle relazioni internazionali tradotto in un confronto tra Paesi “liberali” e “illiberali”. Questa scorciatoia ideologica ci impone di scegliere da che parte stare secondo una griglia di lettura semplicistica, moraleggiante, strumentalizzata e artificiosa, che non sembra affatto efficace.

A titolo di conclusione temporanea

Come tutti i processi, quello della de-occidentalizzazione del mondo è un concetto dialettico con una prospettiva a lungo termine. Per i suoi sostenitori, ci invita ad aggiornare e rivisitare i contorni del rapporto tra ” Occidente e resto “. Per questo è più che mai necessario riflettere e discutere su questo concetto e sulle realtà che copre, per coglierne i punti di appoggio, ma anche le contraddizioni e i limiti. Così facendo, potremo comprendere meglio come si stanno evolvendo le relazioni e gli equilibri di potere tra i Paesi occidentali e quelli del Sud in un mondo in cui, se da un lato questi ultimi sono impegnati in una lotta senza precedenti per l’influenza, dall’altro nessuno di loro sembra proporre alternative all’attuale ordine internazionale in crisi e al suo modo di produzione economica dominante.

SITREP 6/11/24: Panoramica degli sviluppi più caldi, di SIMPLICIUS

Si tratta per lo più di una giornata di aggiornamenti leggeri, in quanto non ci sono sviluppi di rilievo; quindi, facciamo tabula rasa con una carrellata irregolare di elementi di interesse che pubblicherò e commenterò brevemente.

La notizia più importante, ovviamente, è il bagno di sangue delle elezioni parlamentari europee.

Macron ha dovuto respingere le voci secondo cui starebbe pensando di dimettersi a causa dell’umiliazione elettorale:

Arnaud Bertrand riferisce:

La destra repubblicana francese, il partito di Chirac e Sarkozy, chiede un’alleanza con Le Pen per le elezioni (rendendo più probabile la sua vittoria). La diga era già molto incrinata, ma ora è completamente rotta: non c’è più alcun tabù sulla Le Pen in Francia.

Certo, non significa quanto vorremmo, dato che la Le Pen è stata per lo più “catturata” dalla macchina globalista a questo punto, ma è comunque qualcosa.

La Reggia di Versailles ha preso fuoco anche oggi… simbolico?

Una flottiglia russa si trova attualmente a poche miglia dalla costa della Florida, dando agli Stati Uniti un assaggio della propria medicina rispetto ai droni che ronzano quotidianamente intorno alla Crimea:

I P-8 Poseidon della U.S. Navy cercano il sottomarino russo di classe Yasen “Kazan” armato di SLBM nucleari.

Gli Stati Uniti non riescono a trovare il sottomarino Kazan al largo di Miami.

Gli esperti stranieri affermano che il sottomarino russo “Kazan” progetto 885M si trova attualmente a circa 100 chilometri da Miami, nelle acque dello stretto della Florida.

Due aerei da pattugliamento P8 Poseidon e due cacciatorpedinieri guidati della classe Arleigh Burke sono stati dispiegati per cercare il Kazan.

Il 10 giugno, il vettore di missili ipersonici “Zircon”, fregata “Admiral Gorshkov”, è arrivato nella capitale di Cuba. Ad essa si sono aggiunti in seguito un sottomarino russo a propulsione nucleare, un vettore di missili ipersonici e da crociera.

Non si sa dove si trovi attualmente il sottomarino.

Un nuovo interessante rapporto di MediaZona sta facendo il giro del mondo “confermando” che Wagner ha perso 20.000 soldati a Bakhmut. Il problema è che “conferma” anche che 17.000 di loro erano prigionieri/conclusi:

Se è vero, è evidente che la Russia sta alleggerendo le sue forze trasferendo in larga misura le perdite dagli operatori professionali non spendibili.

Inoltre, la folla pro-UA celebra i numeri, ma stranamente dimentica che lo stesso Prigozhin ha rivelato un rapporto di uccisioni di 2,5-3 a 1 contro l’AFU:

Cosa c’è da festeggiare? Wagner ha svuotato le prigioni e ha subito solo 2.000 perdite tra le truppe Wagner effettive, mentre l’AFU ha perso 50-60.000 morti tra i suoi guerrieri professionisti più elitari. Un bel compromesso, eh?

A proposito, per coloro che sono ancora scettici su questi numeri, e che forse Prigozhin stesso ha mentito anche sulle proprie perdite, gli account pro-UA amano postare la famosa piramide nera di Wagner che, secondo loro, mostra “i numeri di identificazione di 20.000 truppe Wagner morte”:

Ho inserito l’immagine in un’intelligenza artificiale e le ho chiesto di stimare quanti numeri ci sono: ha indovinato circa 1000. Ho provato a contare io stesso una sezione e poi l’ho estrapolata, ottenendo qualcosa come forse 1500 su una faccia triangolare. Ci sono 3 facce, quindi ci sono circa 4500 ID, più o meno, per l’intera piramide: da dove hanno preso 20.000?

Tuttavia, avrebbe senso se la piramide onorasse i morti Wagner a Bakhmut solo e non contasse i prigionieri dei battaglioni penali, il che confermerebbe che Wagner soffrì solo qualcosa come 3-5k perdite a Bakhmut, con il resto che andò ai distaccamenti stile Storm-Z che usarono come avanguardia.

Le forze russe continuano a guadagnare nel Donbass.

Una serie di suggestivi reportage dal canale ufficiale TG della 79ª Brigata d’Assalto Aereo dell’Ucraina ci offre uno sguardo viscerale su quanto sta accadendo.

Innanzitutto, le perdite:

Si rimprovera al comando di non aver capito come devono essere utilizzate le formazioni di assalto aereo:

Qui si lamentano del fatto che le unità inviate a supporto non hanno alcun addestramento e muoiono all’istante, e a quanto pare l’intero battaglione di foraggio per la difesa del territorio è stato completamente spazzato via:

D’altra parte, gli ucraini continuano a pubblicare fantasie su un’unità russa chiamata 1009 Reggimento che avrebbe subito “pesanti perdite” nel nord, nella battaglia di Kharkov-Volchansk. Tuttavia, questa si è rivelata una falsa campagna ucraina di TSIPSO, come ha scritto lo stesso 1009°:

I canali Telegram del nemico hanno diffuso notizie false sulla distruzione del 1009° reggimento di fucilieri motorizzati delle Forze Armate russe nei pressi di Volchansk. Tutti i canali nemici fanno riferimento a una fonte falsa creata dagli ucraini: il “Canale del Nord”, che fa parte della rete TSIPSO e si traveste da russo. La risorsa è stata inizialmente creata come canale ucraino, ma poi è stata rinominata per screditare il comando del gruppo Nord. Il nemico vi pubblica video di attacchi alle nostre attrezzature ed elabora citazioni disfattiste per conto del nostro soldato. Un lavoro simile in Ucraina viene svolto nel TSYPSO della regione di Zhytomyr, a Lviv, e parte degli uffici del centro per le operazioni psicologiche si trovano a Kiev. Il 1009° reggimento sta combattendo, non è stato ritirato da nessuna parte, i ragazzi continuano a battere il nemico.

La principale spinta russa negli ultimi giorni è apparsa intorno a Novoaleksandrovka, a ovest di Ochertino e Avdeevka:

Ma la Russia è riuscita a catturare altri insediamenti, tra cui la rivendicata riconquista di Staromayorsk, che era caduta come parte della “controffensiva” dello scorso anno.

L’altro episodio degno di nota è stato l’annuncio da parte di molti che la tanto attesa campagna di Sumy era finalmente iniziata, dato che le forze cecene hanno superato il confine e, secondo quanto riferito, hanno catturato la città di Ryzhivka sul lato ucraino del confine:

Hanno scattato foto davanti all’edificio amministrativo, ma sembra che si sia trattato solo di un raid delle DRG, simile a quello che le forze ucraine dell’RDK hanno fatto a Belgorod per molto tempo. Le unità speciali cecene sono sembrate “catturare” brevemente la città in zona grigia per un’operazione fotografica e poi si sono ritirate. Ma ovviamente questo fa presagire qualche attività futura in quella zona, poiché afferma che la Russia ha forze attive posizionate su quel lato.

Il deputato della Rada Revchuk ha dichiarato che la Russia ha nuovamente radunato 50 mila militari al confine. Non sa dove andranno

I droni ucraini sono riusciti a penetrare in una base aerea russa a Akhtubinsk, danneggiando presumibilmente un Su-57:

Tuttavia, si è scoperto che si trattava di prototipi per i test di volo e non di Su-57 in servizio attivo:

Il Su-57 danneggiato è un prototipo, come abbiamo detto, questa base è sede del 929° Centro Statale di Test di Volo.

Dimostra che l’Ucraina continua a prendere di mira aree più oscure e meno protette per ottenere grandi opportunità di prestigio a livello di pubbliche relazioni, con poche conseguenze effettive sul campo di battaglia.

Detto questo, è comunque preoccupante la scarsa difesa di cui disponeva la base: secondo un rapporto dichiarato, non sono stati lanciati missili di alcun tipo contro i droni e la sicurezza della base si è limitata a sparare contro di loro in modo inefficace con armi di piccolo calibro.

A questo proposito, il ministro della Difesa Belousov ha incontrato un intero entourage dei migliori corrispondenti russi in prima linea, attivamente coinvolti nella SMO, per raccogliere tutte le lamentele e i suggerimenti necessari dal fronte, in modo che problemi come questo possano continuare a essere minimizzati e risolti:

Il Ministro della Difesa Belousov ha incontrato i corrispondenti militari che coprono i progressi del Distretto Militare del Nord. Il Ministero della Difesa russo ha aggiunto che la conversazione è stata franca e costruttiva. Il dicastero ha anche promesso che incontri di questo tipo con gli ufficiali militari si terranno su base regolare.

“Noi, ufficiali militari, abbiamo incontrato il Ministro della Difesa Andrei Removich Belousov. Voglio dire a ciascuno dei nostri soldati, a ciascuno dei ragazzi al fronte: abbiamo consegnato tutto quello che ci avete chiesto. Sia in bene che in male. Tutto. Ci aspettano grandi cambiamenti. Al servizio della Patria.“. .

Quanti dei corrispondenti riconoscete? Tutti sembrano essere stati identificati nella foto:

Agranovich Katya (maglia Potupchik)
Gromov (AP)
Gadziev (corrispondente militare, RT)
Ragazza della RIA
Konashenkov (Ministero della Difesa RF)
Kots (corrispondente militare, Komsomolskaya Pravda)
corrispondente Izvestia (con una bella chioma folta)
Kulko (corrispondente militare, Canale Uno)
Pegov (corrispondente militare, progetto WarGonzo)
Poddubny (corrispondente militare, VGTRK)
Podolyaka (blogger)
Rudenko (corrispondente militare, VGTRK)
Steshin (corrispondente militare, Komsomolskaya Pravda)
Sladkov (corrispondente militare, Russia)

Ha anche dedicato del tempo a premiare alcuni eroi:

Le forze russe continuano a sperimentare nuove invenzioni EW sul fronte:

La società continua a insorgere contro le mobilitazioni forzate in Ucraina. I commissari sono venuti a mobilitare un gruppo di paramedici di emergenza e sono stati attaccati, scatenando una lunga scazzottata:

Ci sono così tanti video come questo che non riesco a pubblicarli tutti, questi sono solo i due più evocativi. Un altro:

È interessante notare che una fonte ucraina ha affermato che dall’inizio della mobilitazione, l’Ucraina ha raccolto più carne nuova solo nell’ultimo mese che nell’intero periodo precedente di sei mesi.

Ma Rezident UA riporta:

Residente

#Inside
La nostra fonte nell’OP ha detto che gli ucraini continuano a sabotare la mobilitazione, nel primo mese solo il 7% di un altro 20% del piano è arrivato al TCK con la forza. Lo Stato Maggiore chiede di stringere il più possibile il processo di mobilitazione e di creare una polizia militare a questo scopo.

La seconda fase delle esercitazioni nucleari tattiche della Russia è iniziata come messaggio alla NATO:

È iniziata la seconda fase delle esercitazioni delle forze nucleari non strategiche di Russia e Bielorussia, ha riferito il Ministero della Difesa russo. Il dicastero ha ricordato che le manovre hanno lo scopo di mantenere la prontezza del personale e delle attrezzature per garantire la sovranità e l’integrità territoriale dello Stato dell’Unione. In precedenza, durante la prima fase delle esercitazioni, i militari si sono esercitati a procurarsi munizioni speciali da addestramento per il sistema missilistico tattico Iskander, ad equipaggiarne i veicoli di lancio e ad avanzare segretamente verso l’area di posizione designata in preparazione al lancio dei missili. Il personale delle Forze aerospaziali russe si è esercitato ad equipaggiare le armi dell’aviazione con unità speciali da combattimento in addestramento, compresi i missili ipersonici aerobalistici Kinzhal, e ad effettuare voli verso le aree di pattugliamento designate.

In vista dell’imminente vertice di pace svizzero, Zelensky si è rivolto al parlamento tedesco con reazioni entusiastiche, anche se del tutto condizionate:

I partiti AfD e BSW hanno boicottato completamente il discorso e non erano presenti. I leader dell’AfD hanno infatti dichiarato quanto segue:

Quattro minuti dopo che Zelensky è salito sul podio, i leader dell’AfD Alice Weidel e Tino Chrupalla hanno dichiarato in un comunicato scritto: “Il mandato di Zelensky è finito. Rimane in carica solo come presidente bellicoso e impoverito”. La maggior parte della fazione ha boicottato il discorso. “Ci rifiutiamo di ascoltare un oratore in uniforme da combattimento”, hanno dichiarato Weidel e Khrupalla. “Quello di cui l’Ucraina ha bisogno ora non è un presidente militare, ma un presidente disposto a negoziare la pace per fermare l’estinzione e perché il Paese abbia un futuro”.

La conferenza è stata piena di banalità così insincere e saccenti che mi addolora anche solo postare le vuote sciocchezze che questi vituperati burocrati hanno vomitato a orecchie sorde:

Se pensavate che questo fosse ridicolo, la stampa occidentale continua sulla sua strada di totale irrilevanza buffonesca e di propalazione di assolute confusioni di realtà alternative:

Lindsey “Coccinella” Graham ci ha dato la prima indicazione veramente onesta del perché i neocon assetati di sangue vogliono così tanto l’Ucraina. Ironia della sorte, non ha fatto altro che confermare quanto più ricca e potente sarà presto la Russia una volta conquistata l’Ucraina:

Secondo quanto riferito, l’Ucraina ha perso altri 9 gigawatt dei 18 gigawatt di capacità energetica totale del picco dello scorso inverno:

L’Ucraina dovrà affrontare almeno due anni “neri”: il sistema energetico ha subito gravi danni dagli attacchi missilistici russi. Così, secondo il direttore del Centro per la ricerca energetica Alexander Kharchenko, il Paese ha perso più di 9 gigawatt dei 18 gigawatt che erano in precedenza. Lo ha detto in un commento al canale 24.

Link.

Ma considerando la capacità totale dell’Ucraina prima della guerra, la Russia avrebbe distrutto 30 gigawatt totali, facendo scendere l’Ucraina a meno di 20GW:

Durante la guerra totale, la Russia ha distrutto più della metà della capacità energetica del nostro Stato. La produzione di energia elettrica è scesa a meno di 20 gigawatt. In altre parole, l’Ucraina ha perso più di 30 gigawatt di capacità.
https://24tv.ua/vidklyuchennya-svitla-koli-ne-bude-vidklyuchen-yakoyu-bude-zima_n2572163

Se ho capito bene questi numeri, l’Ucraina ha iniziato con circa 55GW totali e ora è scesa a 9GW.

Prima dell’invasione su larga scala della Russia, l’Ucraina aveva una capacità di circa 55 gigawatt. Si tratta di uno dei maggiori indicatori in Europa.

Ciò significa che se la Russia continuerà ad attaccare la rete elettrica per i prossimi 6 mesi, entro il prossimo inverno l’Ucraina dovrebbe essere completamente priva di energia elettrica, ad eccezione di quella che può importare dall’Europa attraverso linee di trasmissione ad alta velocità, una soluzione rapida e piena di difficoltà.

Un nuovo articolo del FT lo conferma:

“Se non si prendono misure, secondo i nostri modelli, probabilmente la popolazione avrà solo due o quattro ore di elettricità [al giorno] a gennaio”, ha detto Dodonov.

Un’altra statistica fondamentale:

Il 73% delle centrali termiche in Ucraina è inattivo, 62 unità di potenza delle centrali termiche e idroelettriche non funzionano, – ha dichiarato il primo ministro ucraino Denys Shmyhal.

Le fabbriche di armi della NATO continuano ad esplodere “misteriosamente”:

Un’esplosione in una fabbrica di armamenti in Polonia ha provocato un incendio che ha causato la morte di una persona e il ferimento di altre, ha riferito lunedì la radio RMF.

L’esplosione nell’impianto di Mesko è avvenuta nel centro di produzione di combustibile per razzi, ha dichiarato l’emittente sul suo sito web, citando un funzionario dell’azienda. L’azienda, situata nel sud-est della Polonia, è di proprietà della società statale Polska Grupa Zbrojeniowa SA.

Lavrov spiega la tesi che ho recentemente esposto, secondo cui gli Stati Uniti vorrebbero istigare una guerra nucleare limitata in Europa per salvarsi dal collasso distruggendo prima i concorrenti:

Infine, una potenziale buona notizia.

Ricordate il sottomarino russo Rostov-on-Don che è stato colpito da Storm Shadows a Sebastopoli l’anno scorso mentre si trovava in un’area di riparazione?

Ho riferito mesi fa che la Russia aveva annunciato la tempistica per la riparazione dei danni entro giugno. Ebbene, siamo a giugno e le ultime foto satellitari indicano che la Rostov-on-Don è scomparsa dal suo bacino di carenaggio speciale:

Gli OSINT sostengono che sia stato spostato in un’altra posizione, ma le loro prove sono molto discutibili, poiché il sottomarino non è più visibile: “suppongono” che sia sotto una rete sospesa tra due chiatte che hanno trovato altrove. Quindi, o il Rostov è già in libertà, o ha lasciato il bacino di carenaggio e ora galleggia sotto una rete per le ultime riparazioni in superficie, non lo sappiamo con certezza.


Il vostro sostegno è inestimabile. Se vi è piaciuta la lettura, vi sarei molto grato se vi abbonaste a un impegno mensile/annuale per sostenere il mio lavoro, in modo da poter continuare a fornirvi rapporti dettagliati e incisivi come questo.

In alternativa, è possibile lasciare una mancia qui: buymeacoffee.com/Simplicius

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:

postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704 oppure iban IT30D3608105138261529861559 oppure PayPal.Me/italiaeilmondo  

oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/

Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

 

IMPORTANTE: La Russia diventa ufficialmente la quarta economia mondiale, superando il Giappone, di SIMPLICIUS

Molti ricorderanno la notizia dell’anno scorso secondo cui la Russia aveva superato la Germania per il 5° posto nel PPP del PIL. Allo SPIEF, Putin ha annunciato che la Russia ha ufficialmente superato il Giappone per il 4° posto, secondo la Banca Mondiale:

Ma prima un po’ di background:

Questa può sembrare una notizia vecchia, dato che diversi mesi fa le persone hanno pubblicato il presunto sorpasso della Russia sull’economia giapponese. Tuttavia, c’è stata molta confusione poiché la fonte più utilizzata era un sito web del Regno Unito chiamato World Economics , che hanno confuso con la Banca Mondiale ma che in realtà non è una fonte “ufficiale” di alcun tipo.

Quello che è successo ora è che la Banca Mondiale ha annunciato la scorsa settimana di aver rivisto i dati sul PIL dal 2021 in poi, e in quelle revisioni ha scoperto che la Russia aveva già superato il Giappone già nel 2021, e ha continuato ad avanzare fino a Ora.

Ecco il loro comunicato ufficiale: https://www.worldbank.org/en/news/press-release/2024/05/30/global-purchasing-power-parities-data-released-for-2021

WASHINGTON, 30 maggio 2024 — Le nuove parità di potere d’acquisto (PPP), che forniscono un modo standardizzato per valutare il potere d’acquisto relativo di diverse economie, sono state rilasciate oggi dall’International Comparison Program (ICP) per l’anno di riferimento 2021.

Hanno una varietà di collegamenti a vari grafici e visualizzazioni.

E in effetti, la Russia ora sta sempre più superando la Germania, lasciandola nella polvere con 6,45 t contro 5,9 t. Per non parlare del fatto che la cifra dell’India è di 10,9 t, con la Russia che ha solo 1/10 della popolazione indiana ma più della metà del suo potere economico. Inoltre, fonti ufficiali riferiscono che la Russia ha un’economia sommersa di circa il 40%, che non può essere spiegata, praticamente la più alta del mondo:

Ecco un intero articolo russo dell’inizio di quest’anno che ne parla in dettaglio:

Tenete presente che ciò avvenne anche prima dell’annuncio ufficiale della Banca Mondiale del superamento del Giappone da parte della Russia. L’articolo rileva:

L’altro giorno, la Banca Mondiale ha pubblicato un rapporto sull’economia sommersa per paese, secondo il quale essa rappresenta circa il 5% del PIL totale in Giappone, l’8% in America e fino al 39% nel nostro paese, la Russia.

L’indice dell’economia sommersa in Russia è uno dei più alti al mondo, quasi l’84% più alto della media globale. Solo l’Ucraina (46% del PIL, ovvero 1.100 miliardi di UAH), la Nigeria (48% del PIL) e l’Azerbaigian (67% del PIL) hanno un’economia più grande nell’ombra. Al quinto posto c’è lo Sri Lanka con un indicatore del 38%.

Si prosegue spiegando aneddoticamente che molti russi guadagnano fino a un terzo dei loro stipendi dai mercati grigi clandestini, con milioni di annunci per servizi “non ufficiali” che lo attestano.

Ciò significa che la vera potenza economica nascosta della Russia potrebbe essere addirittura molto più elevata e addirittura più vicina a quella dell’India. Ho già sostenuto a lungo che la Russia, essendo il paese più sanzionato, indebolito e terrorizzato economicamente sulla terra, attraverso embarghi e veri e propri sabotaggi industriali come gli attacchi Nordstream, potrebbe non ottenere risultati soddisfacenti, per ora, nascondendo al contempo un’economia molto più potente di qualsiasi altra economia attuale. i registri mostrano. Se si eliminano quegli handicap artificiali che danneggiano ingiustamente l’economia russa, allora è quasi certo che la vera potenza economica non misurata della Russia è quella del terzo posto dietro Cina e Stati Uniti. È notevole che anche sotto un attacco senza pari, la Russia sia in grado di comandare uno dei paesi più veloci economie in crescita e più robuste del mondo.

L’economista Stefan Demetz nota inoltre correttamente che la struttura del debito particolarmente bassa della Russia e l’autosufficienza sotto forma di surplus commerciale rendono il suo valore economico ancora più alto di quanto sembri:

La Banca Mondiale ha recentemente riclassificato i dati relativi al PIL PPA e la Russia è diventata quarta davanti a Giappone e Germania.

Ma considerando il debito molto basso a fronte di alti livelli di riserva e l’autosufficienza in campo energetico, alimentare e militare, la Russia appare migliore di quanto indichino questi grafici.

Ci sono molti che dubitano del significato dell’indice PPP rispetto al PIL nominale, credendo alla menzogna inculcata in Occidente secondo cui il PIL regolare è quello “reale” mentre il PPP è solo una riformulazione “creativa” ma in definitiva spuria. Ma questo è lontano dalla verità, almeno per quanto riguarda i paesi in surplus commerciale, in particolare: per loro la PPP è il vero indicatore economico.

Questo perché il PIL nominale è prezzato in dollari (USD) e quindi è rilevante solo se si utilizzano quei dollari principalmente per acquistare cose, che è ciò che fanno i paesi che importano molte delle loro merci, dal momento che la maggior parte delle merci sui mercati mondiali sono acquistati nella “valuta di riserva” globale del dollaro statunitense. Ma la Russia è in surplus commerciale, il che significa che esporta molto più di quanto importa. È autosufficiente e non ha bisogno di fissare i prezzi in dollari, ma piuttosto nella propria valuta. Fatto ciò, il PIL “nominale” espresso in dollari diventa irrilevante e non si applica. E le poche cose che la Russia importa, ora le regola in altre valute native, come lo Yuan con la Cina, ecc. In breve: per paesi come la Russia, il PIL PPA è l’ unica misura accurata della dimensione e del potere economico, è il PIL nominale che valuta ingannevolmente l’economia del paese target in termini di valuta estera (USD) che non utilizza nemmeno nei suoi mercati interni e che distorce i numeri in base alle fluttuazioni delle valutazioni del cambio valutario.

Puoi leggere molto di più a riguardo nel mio precedente articolo sull’argomento:

La verità sul potere economico della Russia: è davvero così piccolo e debole come sostiene l’Occidente?

·
3 APRILE 2023
La verità sul potere economico della Russia: è davvero così piccolo e debole come sostiene l’Occidente?
Prefazione: Il seguente articolo è basato su uno che avevo precedentemente pubblicato sul Saker in questo esatto anniversario, che credo abbia maggiore importanza nel clima odierno. Quindi ho deciso di rivederlo pesantemente e aggiornarlo con i dati più recenti, triplicandone la lunghezza, per renderlo il più attuale possibile. Credo che questo sia io…
Leggi la storia completa

Questa sarà la fine della parte gratuita dell’articolo. Dopo il salto, seguiremo gli attuali sviluppi economici globali, con un focus sugli Stati Uniti in particolare, giustapponendo l’ascesa dei BRICS a quella dell’Occidente in declino, con particolare attenzione ai numeri economici fraudolenti recentemente rilasciati da l’amministrazione Biden e le cupe prospettive che proietta per il futuro dell’intero ordine finanziario occidentale.

Cominciamo con i dati sull’occupazione appena diffusi dal BLS (Bureau of Labor Statistics). I democratici hanno pubblicizzato centinaia di migliaia di “nuovi posti di lavoro creati”, e invece hanno sminuito il fatto che ogni singolo nuovo lavoro è andato ai clandestini, mentre i lavoratori nativi hanno perso l’incredibile cifra di 600.000 posti di lavoro:

L’altra notizia bomba era che tutti i nuovi lavori erano part-time, mentre quelli a tempo pieno continuavano ad essere schiacciati:

Questo è il motivo per cui i rapporti distinguono tra l’uso delle “buste paga” e quello dei “lavoratori”, poiché è possibile aggiungere 10 nuove buste paga con solo 4 nuovi lavoratori se molti di questi “lavoratori” hanno semplicemente ottenuto più lavori part-time.

ZeroHedge illustrato con le visualizzazioni più illuminanti:

Ecco un’altra visualizzazione della composizione del lavoro nell’ultimo anno: 1,2 milioni di posti di lavoro a tempo pieno sono stati persi, sostituiti da 1,5 milioni di posti di lavoro part-time!

Per non parlare dei posti di lavoro federali saliti alle stelle, gonfiando artificialmente l’immagine di un mercato del lavoro in crescita:

Come molti sanno, il governo degli Stati Uniti può indorare artificialmente i rapporti sui posti di lavoro nei momenti chiave semplicemente dando vita a una corsa alle assunzioni. Il governo può schioccare le dita e assumere decine di migliaia di lavoratori dell’IRS o addirittura creare un dipartimento o una divisione completamente nuovi al solo scopo di sostenere i lavoratori temporanei per portare i titoli dei giornali a un momentaneo ottimismo sul lavoro; ma è tutta una farsa, perché tali lavori distorcono il quadro economico reale e organico.

Ecco Chris Hedges che analizza percettivamente il tutto e riconosce la falsità:

Sottolinea inoltre astutamente che anche i dati sulla disoccupazione sono fraudolenti in base all’utilizzo dei dati ufficiali U3 rispetto a U6.

I numeri U3 “ufficiali” del governo non contano nessuno come “disoccupato” se non ha cercato lavoro nelle ultime 4 settimane, il che significa che è una cifra inutile e fraudolenta. L’U6 è leggermente migliore, ma arriva fino al limite di 1 anno. Chiunque non si sia preso la briga di cercare lavoro per 1 anno è considerato un “lavoratore scoraggiato a lungo termine” e non viene più conteggiato nelle statistiche sulla disoccupazione. Sfortunatamente, una parte enorme della forza lavoro si è arresa in questo modo, il che significa che anche i numeri dell’U6 sono fantastici.

In combinazione con il fatto che l’U3 considera i part-time come pienamente occupati mentre molte persone ora devono trovare più lavori, il che gonfia enormemente la percezione della “crescita occupazionale”, dipinge un quadro totalmente fraudolento dell’economia statunitense e della sua presunta ripresa della “salute”. ‘.

Infatti, ZeroHedge riferisce che gli Stati Uniti hanno aggiunto un totale netto pari a zero di posti di lavoro per i lavoratori nativi dal 2018:

Dire che questo è scioccante sarebbe un eufemismo.

È una tempesta perfetta di malessere economico e distruzione sociale: inflazione alle stelle, la maggior parte della crescita occupazionale è costituita da lavori part-time, zero posti di lavoro aggiunti per i lavoratori nativi, ecc.

In altre parole, la “forte crescita dell’occupazione” per i cittadini americani è sempre stata e rimane una favola, e l’ unica crescita di posti di lavoro negli Stati Uniti è per i clandestini, che lavoreranno per un salario inferiore al minimo , il che spiega anche perché l’inflazione non è aumentata. l’anno scorso sono stati assunti milioni di clandestini.

Non c’è da meravigliarsi che debbano fare questo:

Ciò che sta diventando chiaro è che il piano dell’establishment per il prossimo anno prevede di confondere i numeri a un livello storico solo per salvare la reputazione dell’amministratore Biden mentre si carica il massiccio crollo per farlo cadere in grembo alla nuova amministrazione Trump come ultimo gioco di sabotaggio di ultima istanza.

Se dovesse vincere, non appena Trump entrerà in carica, le chiuse si apriranno e l’intero armadio pieno di orrori nascosti verrà fuori per affogare il suo mandato nella crisi. Ciò sarà aiutato dalla maturazione di un’ampia fascia del debito nazionale, che si dice sarà rinnovata con un interesse molto più elevato proprio in quel momento:

Gran parte dei nostri 35.000 miliardi di dollari di debito nazionale sono a breve termine e devono essere rifinanziati al 5% o più entro 12 mesi. Gran parte del debito era inferiore al 2%, ora rifinanziato a oltre il 5%. Il pagamento degli interessi sul debito ammonta a 1,1 trilioni di dollari all’anno. Probabilmente raggiungerà 1,5 trilioni di dollari all’anno nel 2025.

Dall’istituto Kobeissi:

Questo è interessante: un debito federale americano record di 9,3 trilioni di dollari maturerà e dovrà essere rifinanziato a tassi molto più alti nei prossimi 12 mesi. Questo è aumentato di ben 4,7 trilioni di dollari o del 102% in soli 4 anni. Ciò avviene nel momento in cui il Tesoro americano passa all’emissione di obbligazioni con scadenze più brevi con interessi inferiori. Di conseguenza, una quota record pari a circa il 33% del debito in circolazione ha una scadenza inferiore a un anno. Nel frattempo, la Fed ha scaricato circa 1,3 trilioni di dollari di titoli del Tesoro (QT) dal suo bilancio in 2 anni, mentre la domanda dei governi esteri per le obbligazioni statunitensi è diminuita. Chi finanzierà tutto questo debito?

Tutti hanno visto il famoso grafico del debito americano crescere allo stesso livello negli ultimi 4 anni che nei 220 anni precedenti:

Ma la maggior parte continua a credere che non sia un grosso problema – dopo tutto, questo porta il rapporto debito/PIL degli Stati Uniti a un livello record del 123% circa, ma non è nemmeno vicino a quello della Grecia – che è intorno al 170% – o del Giappone, a un livello record. un enorme ~270%. Ma il debito del Giappone è strutturato in modo diverso: con un importo molto maggiore posseduto a livello intragovernativo, il che lo rende un tipo di debito molto più “sicuro” rispetto a quello posseduto da istituzioni straniere.

In secondo luogo, come osserva il blog GlobalMarketInvestor, uno studio del FMI ha rilevato che dal 1800, 51 paesi su 52 con un rapporto debito/PIL superiore al 130% sono andati in default, con il Giappone che è l’ unica eccezione:

Normalmente, questo sarebbe probabilmente rimasto fluttuante negli anni passati, dato che gli Stati Uniti godono dello status di valuta di riserva globale, che consente loro non solo di esportare all’infinito il proprio debito e l’inflazione, ma di garantire che il debito non minacci mai l’Imperium poiché la valuta che lo sostiene rimane sempre suprema. e richiesto. Ma sembra che la situazione sia sempre più destinata a cambiare.

Allo SPIEF (Forum economico internazionale di San Pietroburgo) in corso, Putin ha nuovamente annunciato che i BRICS stanno ufficialmente lavorando su un sistema internazionale di regolamento dei pagamenti e su una valuta:

Secondo quanto riferito, ora ci sono più di 60 paesi che cercano di aderire ai BRICS, la maggior parte dei quali aspira a un nuovo sistema globale equo:

‼️🇷🇺 59 paesi intendono aderire a BRICS, SCO e EAEU, – Consigliere del Presidente della Russia

▪️Circa 30 delegazioni vogliono venire al vertice dei BRICS che si terrà a Kazan dal 22 al 24 ottobre, ha osservato Anton Kobyakov allo SPIEF.

▪️BRICS è attualmente composto da 10 paesi: Russia, Brasile, India, Cina, Sud Africa, Emirati Arabi Uniti, Iran, Egitto, Arabia Saudita ed Etiopia.

Alcuni stanno addirittura adottando misure profilattiche:

Anche l’India ha appena rimpatriato 100 tonnellate del suo oro dalla Banca d’Inghilterra, e altre arriveranno presto:

Per non parlare di:

 

Gli ultimi dati (https://finbold.com/russia-dumps-4-5-billion-in-u-s-bonds-in-2-years/) mostrano che la Russia, membro dei BRICS, ha scaricato un totale di 4,5 miliardi di dollari in obbligazioni statunitensi in due anni. Il sell-off è in linea con il programma dei BRICS di de-dollarizzazione e di taglio dei legami con l’economia statunitense. La mossa aggiunge pressione sul dollaro americano se i Paesi in via di sviluppo iniziano a prendere le distanze dall’economia americana.

Ascoltate il discorso della presidente della banca di sviluppo BRICS Dilma Rousseff allo SPIEF, in cui delinea la visione del mondo sull’orlo della transizione:

Sottolinea l’iniziativa di creare una finanza decentralizzata, cioè lontana dal modello unipolare occidentale, attraverso una distribuzione di centri regionali, piuttosto che l’intero globo governato dalla City di Londra.

Anche l’economista russo e vicepresidente della Duma Alexander Zhukov ha sottolineato l’importanza delle valute nazionali e di un nuovo sistema di pagamento:

Stabilire meccanismi di pagamento all’interno dei BRICS che non dipendano dal sistema bancario occidentale è uno dei temi più urgenti oggi, ha dichiarato il primo vicepresidente della Duma di Stato russa Alexander Zhukov alla sessione SPIEF “Obiettivi dei BRICS nel contesto del nuovo ordine mondiale” sulla cooperazione economica tra i Paesi membri dell’organizzazione.

Anche il presidente boliviano Luis Arce ha invocato la parola d’ordine del multipolarismo, parlando dell’importanza dell’espansione delle valute nazionali. Egli afferma chiaramente che non si può permettere a un’unica banca centrale mondiale di dettare la politica all’intero globo:

Il presidente Luis Arce: “Oggi si sta creando un mondo multipolare. Dobbiamo diffondere le nostre valute nazionali a fini di regolamento tra i diversi Paesi. Non possiamo permettere che un solo Paese diventi la banca centrale del mondo, dettando la politica monetaria in tutto il mondo. Quei tempi sono passati da tempo”.

“Le economie del blocco BRICS sono state in grado di distruggere l’egemonia degli Stati Uniti”, ha dichiarato Arce, sottolineando come il gruppo sia un faro di speranza per la cooperazione internazionale e la complementarità economica. Il Presidente boliviano ha sottolineato che l’ordine mondiale si sta spostando verso un sistema più equo, equilibrato, multipolare e multilaterale. Arce ha inoltre rivelato l’interesse della Bolivia ad aderire ai BRICS, citando le “enormi prospettive di trasformazione e trasfigurazione del blocco e l’accelerazione dell’industrializzazione”.

Si tratta di una rivoluzione degli affari economici, con il mondo che si sveglia di fronte al Golia predatorio dell’ordine monetario occidentale.

Può sembrare un deja vu senza fine, perché per anni abbiamo sentito parlare dello stesso unicorno del multipolarismo e le aspettative sono state naturalmente ridimensionate. Ogni anno si parla della presunta “morte del dollaro” e della spirale del debito e dell’inflazione, che non sembra mai concretizzarsi.

Ma non si può fare a meno di pensare che le cose si stiano davvero muovendo. Uno dei motivi è che per anni si sono limitati a pochi attori chiave che si sono espressi a parole per queste iniziative, ma ora, in occasione di eventi come lo SPIEF, è chiaro che l’intero Sud del mondo sta chiedendo a gran voce questi profondi cambiamenti fondamentali e la transizione globale. Il mondo intero si è stancato della schiavitù economica imposta dall’Occidente e ora anche loro vogliono sedersi alla mangiatoia per avere una possibilità di sviluppo equo.

Di recente ho scritto di come l’intero Occidente anglo-atlantico sia costruito sui principi codificati della sovversione e del sabotaggio per impedire al resto del mondo di svilupparsi parallelamente e a tutti i potenziali concorrenti di essere “messi fuori gioco”; ad esempio il Memorandum 200. È da tempo che i funzionari americani ammettono apertamente che se la Cina dovesse impadronirsi di Taiwan, gli Stati Uniti “eliminerebbero” o “metterebbero fuori uso” il gigante dei chip TSMC.

Questo è palese terrorismo economico ed è il motivo per cui il mondo ne ha abbastanza del “modello occidentale” imperiale.

Pertanto, l’ascesa dei BRICS non può più essere ignorata, in quanto presenta un percorso concreto verso un’etica completamente nuova di sviluppo della civiltà, che sarà delineata nei video che seguono. È solo questione di tempo prima che si raggiunga una “massa critica”, in cui venga adottato un nuovo sistema di insediamenti e un numero sufficiente di Paesi sotto la bandiera dei BRICS scelga di abbandonare in gran parte il dollaro. Questo, unito al grafico parabolico del debito statunitense e alle cifre economiche speculative, porterà alla completa erosione dell’unico strumento di levaglobale degli Stati Uniti .

Nel video dello SPIEF qui sopra, l’ex membro del Bundestag tedesco Hansjorg Muller afferma che in questo momento in tutta la Russia si sta diffondendo un’inequivocabile eccitazione da “corsa all’oro”, mai vista prima. Cita l’iniziativa di Putin di concentrarsi sullo sviluppo dell’economia russa a livello locale e regionale, che Putin ha annunciato nel suo stesso discorso. È una chiara eco di un Piano Marshall del dopoguerra, solo che la visione di Putin inizia a metà della guerra – anche se forse, dalla sua posizione, può vedere l’orizzonte della guerra molto più chiaramente di noi.

Uno dei modi in cui gli Stati Uniti sono stati in grado di rilanciare la propria economia alla fine della Seconda Guerra Mondiale è stato il passaggio graduale di tutte le industrie belliche sovralimentate, le cui fabbriche erano diventate enormi motori di produzione a doppio uso, alla produzione di beni civili, ma con un’infrastruttura notevolmente ampliata. Sembra che la Russia stia facendo la stessa cosa, il che garantirà il suo sviluppo economico a un ritmo accelerato; Putin sta semplicemente “dirigendo” e incanalando questo sviluppo nelle aree giuste, diversificandolo in tutte le regioni necessarie in modo che la crescita sia distribuita in modo uniforme e non centralizzata in zone metropolitane favorite.

A questo proposito, nessun oracolo della transizione è intervenuto allo SPIEF meglio di Sergei Glazyev. Ecco una sintesi delle sue riflessioni come punto finale del percorso:

  • Il sistema americano sta finendo

  • Attualmente stiamo lavorando a un nuovo sistema valutario internazionale che eliminerà la possibilità di usare sanzioni unilaterali e altri tipi di terrore economico contro le nazioni.

  • La Russia, in qualità di presidente dell’organizzazione BRICS per il 2024, contribuirà a promuovere questa iniziativa.

  • Il modello degli Stati Uniti sta vivendo un’agonia mortale: non può più offrire nulla al mondo, né un modello di governance né dei valori.

  • Quest’anno è un anno di svolta, la nostra previsione è che dopo le elezioni americane sarà chiaro che la Pax Americana è giunta al termine.

  • Il rischio principale rimane quello che gli Stati Uniti debbano creare una piccola guerra nucleare locale in Europa per mantenere la loro egemonia.

Consiglio vivamente di guardare il video completo.

Le parole di Glazyev sul fatto che il modello statunitense si è completamente esaurito e non ha più nulla da offrire al mondo in termini di ispirazione per il futuro sono state riprese da Putin in un discorso del 2023, in cui ha detto:

“Senza esagerare, non si tratta nemmeno di una crisi sistemica, ma dottrinale del modello neoliberale di ordine internazionale di stampo statunitense. Non hanno idee per il progresso e lo sviluppo positivo. Semplicemente non hanno nulla da offrire al mondo, se non perpetuare il loro dominio”. – Putin

Come video bonus, anche il presidente e senatore russo Aleksey Pushkov ha approfondito questa traccia, dichiarando che il sistema statunitense sta marcendo a causa del degrado sociale interno, della perdita di competenze istituzionali e di élite, in breve: una decadenza totale. Il video è molto lungo, quindi è adatto solo a chi è particolarmente interessato, ma il relatore ha sollevato molti punti importanti e ha dato un’occhiata all’interno della comprensione penetrante e senza fronzoli della realpolitik che le élite russe hanno dei fallimenti terminali dell’Occidente; per esempio, ha affermato che non sono rimaste figure di un certo calibro in Europa, che ora si trova in un ambiente “a basso livello intellettuale, educativo e politico”.

E un ultimo video bonus dallo stesso panel, con Konstantin Malofeev di Tsargrad che riprende molti degli stessi punti:

Malofeev: La Pax Americana ha pianificato il caos; hanno bisogno del caos in Medio Oriente; Israele è la loro fortezza; il dollaro USA è il principale strumento di egemonia; Taiwan sarà una continuazione della politica del caos

Per concludere, gli Stati Uniti continuano a crollare internamente con licenziamenti di massa e chiusure di catene di negozi, supermercati e altro:

Con un elenco crescente di banche statunitensi sull’orlo del collasso:

Una delle cose fondamentali che gli ultimi decenni di “globalizzazione” hanno messo in luce in Occidente è che l’emigrazione di massa ha rovinato il futuro degli Stati Uniti e dell’Europa: non c’è modo di competere a lungo termine con società etnicamente e culturalmente omogenee come la Russia e la Cina. Le prospettive per gli Stati Uniti e l’Europa sono quelle del Sudafrica: società divise, culturalmente fratturate, il cui capitale umano è ancora meno efficiente e competitivo della somma delle sue parti a causa delle forti incompatibilità e delle divisioni razziali. Ho detto più volte che gli Stati Uniti sono appesi solo al filo sottile dei loro visti H1-B, oltre i quali tutta l’innovazione si esaurirà con l’arrivo degli immigrati.

Basta guardare l’intervista dimostrativa a un politico tedesco che viene interrogato sul sentimento prevalente dei suoi elettori secondo cui i politici non stanno facendo alcun progresso nel migliorare le condizioni sociali. Sorprendentemente, risponde che si sbagliano perché lui sta lavorando duramente per aumentare il flusso di immigrazione in Germania e creare così un “governo progressista”:

La sordità di tono e il distacco sono sbalorditivi e incredibili.

Questo è lo stato della politica occidentale di oggi: ogni Paese è gestito da un’élite criminale interamente catturata e sovvertita da interessi corporativi transnazionali che odiano i propri cittadini, ignorando sprezzantemente i loro bisogni e le loro preoccupazioni.

Le politiche di migrazione di massa servono solo a frenare momentaneamente il collasso sistemico della decadente frode finanziaria Ponzi dell’ordine bancario occidentale, ma porteranno alla totale perdita di competitività dell’Occidente nei confronti dell’Oriente. La demografia è il destino: l’uniformità culturale e la sua cugina unità sociale prevarranno sempre in modo naturale sulle società lacerate dalle distorsioni sociali e dalla discordia endemica delle politiche di “frontiere aperte” imposte all’Occidente.

L’unica luce alla fine del tunnel per gli Stati Uniti è una potenziale vittoria di Trump, se seguita dall’applicazione della sua promessa di deportare in massa milioni di immigrati clandestini di Biden, ma ovviamente questo risolverebbe solo una parte dei problemi sistemici.

Per quanto riguarda l’Europa, oggi c’è stato un piccolo segnale di potenziale speranza: proprio mentre scriviamo, i partiti di destra europei stanno ottenendo importanti vittorie elettorali nelle elezioni parlamentari europee:

I partiti di destra stanno vincendo le elezioni del Parlamento europeo con un ampio margine in tutta Europa.

CNN a pezzi:

Il bagno di sangue sembra essere appena iniziato: Macron ha persino sciolto l’Assemblea nazionale e ha chiesto elezioni generali anticipate, mentre il premier belga De Croo ha rassegnato le dimissioni:

Il popolo ne ha chiaramente abbastanza. Ma, come altri hanno notato, è ancora troppo presto per entusiasmarsi, poiché le elezioni parlamentari europee non riflettono necessariamente l’andamento delle elezioni nazionali; ma è certamente un forte segnale dei prossimi venti contrari per il progetto globalista.

Purtroppo, ciò significa che i globalisti sono con le spalle al muro, il che fa presagire un periodo di instabilità e di pericolo estremamente accentuato. Quando si renderanno conto che il loro tempo è scaduto e che dovranno affrontare i tribunali nel caso in cui la “sfera della resistenza” ottenga una vittoria schiacciante, non avranno altra scelta che esercitare tutte le loro risorse per fomentare la guerra e fare piazza pulita. Sanno che solo la guerra può assolvere tutti i peccati, perdonare le mostruose malefatte in modo retroattivo – se dovessero essere la parte vincente. Quindi rappresenterà per loro l’occasione perfetta per abbattere l’albero della rivolta populista e reazionaria, sradicando una volta per tutte l’opposizione politica.

Purtroppo per loro, li vedo fallire miseramente e la vittoria senza precedenti della Russia in Ucraina nel 2025 sarà il colpo di grazia che distruggerà le ultime vestigia dell’ordine globalista e segnerà un cambiamento epocale per tutta la storia dell’umanità in una nuova direzione, ma aspettiamo e vediamo cosa succede.


Siete arrivati alla fine dell’articolo riservato agli abbonati a pagamento. Non è una bella sensazione non dover leggere un nuovo appello per i soldi, sporco e lamentoso? Avete già offerto il vostro contributo! Ed è per questo che siete qui, a sfogliare gli scarabocchi davvero esclusivi e privilegiati di questo santuario interno VIP. Quindi, invece di un appello, che ne dite di un grande grazie a voi?

Il barattolo delle mance rimane un anacronismo, un’arcaica e spudorata forma di doppio gioco, per coloro che non possono fare a meno di elargire i loro umili autori preferiti.

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:

postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704 oppure iban IT30D3608105138261529861559 oppure PayPal.Me/italiaeilmondo  

oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/

Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

Putin fornisce la prima idea ufficiale delle perdite russe dall’inizio dell’SMO, + ulteriori informazioni dallo SPIEF_di SIMPLICIUS

Ieri allo SPIEF ufficiale (Forum economico internazionale di San Pietroburgo) Putin ha tenuto una tavola rotonda aperta di 3 ore estremamente rivelatrice con giornalisti stranieri. Farò un’analisi di alcune delle clip e degli estratti sonori più interessanti, anche se puoi vedere l’ intero incontro importante qui.

Ma prima parliamo della più interessante delle rivelazioni:

Il MOD russo ha smesso di elencare le perdite ufficiali intorno a maggio del 2022, probabilmente dopo che è diventato evidente che il conflitto si sarebbe trascinato e le perdite sarebbero cresciute a un livello inadeguatamente doloroso.

Ora allo SPIEF, Putin ha dato la prima indicazione da allora sulle perdite russe quando ha affermato che la Russia perde 1 soldato ogni 5 ucraini, oltre a fornire una cifra esatta per i prigionieri di guerra, che afferma come segue:

Ci sono 1.348 soldati e ufficiali #russi prigionieri in #Ucraina, e 6.465 di questi #ucraini in #Russia, ha detto #Putin.

C’è molto da digerire e disfare qui, quindi facciamolo una cosa alla volta.

Innanzitutto spieghiamo esattamente cosa dice:

  • Entrambi i paesi perdono 50.000 uomini al mese perdite irrecuperabili e sanitarie, ovvero le vittime totali includevano feriti, KIA, ecc.
  • Il rapporto tra i loro feriti e KIA è 50/50, il che significa che su 50.000, 25.000 di loro sono effettivamente KIA. (nota: questa è un’elevata percentuale di KIA rispetto ai feriti a causa della relativa mancanza di medicine sul campo di battaglia dell’Ucraina che causa la morte di molti più feriti, per non parlare dell’uso da parte della Russia di potenti attacchi aerei/bombe che in proporzione uccidono semplicemente molti più soldati sul colpo)
  • L’Ucraina mobilita 30.000 nuovi uomini al mese dalla strada.
  • Il rapporto tra le perdite russe e ucraine è di 1:5 a favore della Russia.
  • Il rapporto tra i prigionieri di guerra è di 1.348 a 6.465 a favore della Russia.

Ora iniziamo a scomporlo:

Il conteggio ufficiale del MOD russo delle perdite totali ucraine è di circa 500.000 secondo l’ultimo rapporto, poco più di un mese fa:

Pertanto, dato che la cifra di 500.000 è una cifra ufficiale del MOD russo che Putin presumibilmente non contraddirebbe, possiamo solo supporre che le perdite russe siano quindi 1/5 di quella cifra, che sarebbe di circa 100.000.

Ricordiamo che MediaZona/BBC hanno i nomi russi presumibilmente confermati di quelli che ora sono circa 54.000 KIA. Affermano che si tratta solo di truppe russe e non contano DPR/LPR, che secondo loro sono altri circa 23.000 morti. Hanno inoltre estrapolato il conteggio dei nomi confermati di 54.000 per un totale di circa 84.000 morti, basandosi sul presupposto che non possono confermare ogni morte effettiva.

Pertanto, utilizzando quanto sopra, possiamo supporre che il KIA da parte russa potrebbe essere qualcosa del tipo: 54k (Russia) + 23k (LDNR) = 77k; o la loro stima estrapolata di 84k + 23k = ~107k.

Tuttavia, questo è solo KIA. Ciò non tiene conto delle “perdite irrecuperabili” della Russia, che sono persone mutilate o troppo ferite per combattere ancora. Gli irrecuperabili della Russia sono molto più piccoli di quelli dell’Ucraina a causa della medicina russa sul campo di battaglia di gran lunga superiore e della capacità di evacuare le truppe ferite in tempo per salvarne gli arti, ecc. Ciò è dovuto alla maggiore disponibilità di elicotteri e altri mezzi di trasporto. Anche così, possiamo stimare che ci debbano essere almeno altri 20-40.000 irrecuperabili, se non di più, e ho visto alcune cifre credibili correlate che indirettamente mi portano a credere che non sia molto di più.

Quindi, se si calcola che i KIA/irrecuperabili rappresentano tipicamente circa il 25-35% di tutti i feriti, possiamo supporre che i feriti totali possano essere altri 150-250.000, il che ovviamente si riferisce non solo a persone ferite così leggermente da ritornare in guerra, ma che contano anche due, tre o più volte nel conteggio perché vengono feriti più volte nel corso della guerra. Pertanto, ad esempio, 300.000 “feriti” potrebbero in realtà rappresentare solo 100-200.000 persone reali; ci sono molte persone che possono ottenere più “cuori viola”.

Il punto che sto cercando di sottolineare è che il numero ufficiale delle “vittime” statunitensi per la Russia è qualcosa come 350.000, e contando i feriti leggeri questo potrebbe benissimo essere relativamente accurato. Tuttavia, se si contano anche i feriti in Ucraina, il totale delle “vittime” di ogni tipo potrebbe superare il milione. L’Ucraina potrebbe avere 350.000 morti con probabilmente altri 150.000 irrecuperabili/disabili (costituendo così le 500.000 perdite totali “irrecuperabili” dei dati ufficiali del MOD russo), e poi altre centinaia di migliaia di feriti regolari che sono costretti a tornare in combattimento. Ricordiamo che Putin ha affermato che il rapporto è 50/50, il che comporterebbe 500.000 feriti aggiuntivi per un totale di vittime di 1 milione.

POW

Secondo Putin, la disparità ufficiale dei prigionieri di guerra è di 1.348 soldati russi prigionieri in Ucraina e 6.465 soldati ucraini prigionieri in Russia.

Primo: questo numero sembra stranamente basso dato che abbiamo avuto molti numeri precedenti che indicavano un numero molto più alto di prigionieri di guerra ucraini, che ho riportato qui – quindi cosa succede?

Ad esempio, anche l’agenzia di stampa ufficiale russa TASS ha riferito che ben 10.000 prigionieri di guerra ucraini sono stati catturati subito dopo la messa in onda del canale Volga nell’estate 2023, durante la grande “controffensiva”:

Secondo questo, si tratta di ben 10.000 persone che si arrendono in soli 3 mesi.

Proprio il mese scorso, ho trattato questo rapporto in cui si afferma che la Russia ha oltre 20.000 prigionieri dell’AFU mentre l’Ucraina ha 800 prigionieri di guerra russi e 5.000 LDPR:

Allora perché questa discrepanza?

Diverse ragioni possibili:

  1. Putin si riferisce solo ai prigionieri ucraini che la Russia ha, cioè sul territorio nominale russo .

È noto da tempo che i prigionieri di guerra ucraini vengono tenuti separati sia nel Donbass dalle autorità LPR/DPR che in Russia, a seconda delle accuse e di chi li ha catturati. Nonostante ora l’LDPR faccia ufficialmente parte della Russia, Putin potrebbe ancora riferirsi solo ai prigionieri di guerra sul territorio russo. Per vago ricordo, l’ultima volta che ho sentito cifre credibili molto tempo fa è stato detto che nel Donbass c’erano migliaia di prigionieri di guerra ucraini e che ce n’erano altre migliaia anche in Russia.

  1. La Russia spesso effettuava scambi sfavorevoli, ad esempio da 100 a 50, ecc., quindi potrebbe aver ridotto il conto alla rovescia dei prigionieri AFU molto di più rispetto ai prigionieri di guerra russi prigionieri ucraini.
  2. La Russia ha concesso l’amnistia a molti prigionieri di guerra quando il loro background è stato controllato e si è scoperto che non erano radicali/nazionalisti ideologici, e sono stati rimossi dalla lista o addirittura concesso asilo e cittadinanza in Russia.

Ad esempio, ecco una storia commovente di Pasha, un prigioniero ucraino che si rifiutò di essere riportato in Ucraina. Invece, ha giurato fedeltà alla Russia e gli è stato permesso di trasferirsi a Mosca con la sua euforica fidanzata:

E ce n’erano molti altri come questo.

  1. In relazione a quanto sopra, come molti sanno, la Russia ha formato diversi battaglioni – e forse anche molto di più – interamente di prigionieri dell’AFU che scelgono di combattere ora per la Russia e sono ora considerati uomini liberi – o almeno dopo il loro servizio.

Uno di questi famosi battaglioni ha anche una propria wiki e una propria fonte di dati: https://en.wikipedia.org/wiki/Bogdan_Khmelnitsky_Battalion

Il battaglione Bogdan Khmelnitsky (russo: Батальон Богдана Хмельницкого), o battaglione Bohdan Khmelnytsky, è, secondo i media statali russi, un “battaglione di volontari” russo formato nel febbraio 2023, presumibilmente da prigionieri di guerra ucraini che hanno disertato passando all’esercito russo.

E ce n’è un altro conosciuto chiamato battaglione Maxim Krivonos, anch’esso composto interamente da disertori dell’AFU, che ha appena pubblicato un nuovo video questa settimana e ha il proprio canale Telegram .

⚡⚡⚡️ Esclusivo!

Squadra che prende il nome da Maxim Krivonos.

Il personale militare delle Forze armate ucraine passato dalla parte della Federazione Russa, insieme ad un’altra unità, fa prigionieri altri militari delle Forze armate ucraine.

Un combattente con il nominativo “Bianco” racconta l’intera storia attraverso il prisma di un uomo che è stato dall’altra parte e ora sta combattendo per questo…

Anche un altro combattente della stessa squadra ha rilasciato un’intervista al nostro amico.

Dato che un battaglione può avere fino a 400-800 uomini e la Russia ne ha potenzialmente formati diversi, possiamo concludere che diverse migliaia di prigionieri di guerra ucraini furono rimossi dal conteggio dei prigionieri in questo modo.

  1. Ci sono centinaia, e forse anche migliaia, di prigionieri di guerra dell’AFU che sono già stati giudicati colpevoli e condannati al carcere per i loro crimini, in particolare i vari soldati Azov di Mariupol. In effetti, proprio questa settimana è arrivata la notizia di un altro gruppo condannato al carcere. Questi ovviamente non sono più prigionieri di guerra e ora sono soggetti a titolo definitivo dei penitenziari federali.

Come potete vedere, con una combinazione dei metodi di cui sopra, la Russia avrebbe eliminato almeno diverse migliaia di prigionieri di guerra dal conteggio ufficiale.

In ogni caso, la cifra di Putin da 1.348 a 6.465 corrisponde alla disparità generale di 1:5 delle vittime che ovviamente corrisponde perfettamente e ci dà più fiducia che le vittime regolari siano davvero 1:5 a favore della Russia.

Mobilitazione

Questa parte è molto interessante e forse più pertinente alla guerra in corso.

Putin ha annunciato che l’Ucraina perde 50.000 persone al mese, con un rapporto di 25.000 feriti irrecuperabili e 25.000 feriti recuperabili. Ma afferma che l’Ucraina è riuscita a mobilitare efficacemente circa 30.000 uomini al mese.

Ciò ovviamente significa che l’Ucraina è, per ora, in grado di mantenere il suo potenziale di combattimento, anche se con qualità delle truppe progressivamente peggiori.

Ricordiamo come i rapporti precedentemente dichiarati dagli stessi funzionari dell’AFU concordano con ciò. Ad esempio, Zaluzhny ha affermato che l’Ucraina ha bisogno di 20.000 uomini al mese solo per tenere il passo, mentre altri come Budanov hanno dichiarato più di 30.000 uomini:

Molti altri ufficiali e funzionari ucraini hanno affermato che l’Ucraina ha bisogno di mobilitare un totale di 250.000 per l’intero anno 2024, ovvero circa 20.000 al mese, come ha fatto il comandante dell’unità d’élite dei Lupi di Da Vinci:

Mentre un nuovo dispaccio di un parlamentare ucraino afferma che servono 110mila:

Siamo a metà anno e, poiché si tratta di una nuova versione, possiamo supporre che intenda 110.000 in più oltre a quanto già mobilitato nella prima metà dell’anno, che avrebbe potuto già essere 5 x 20-30.000 .

A proposito, l’Ucraina ha più di 21 “regioni”, ciascuna con dozzine di paesi, città, villaggi, ecc. Se si analizza questa cifra di 20-30.000 al mese, ogni regione deve mobilitare 1.000 uomini al mese, ovvero circa 30 al giorno.

Considera quanto sia fattibile: ogni regione ha dozzine di paesi/città e necessita solo di 30 uomini al giorno in totale. Ciò significa che in ogni città i commissari devono solo trovare uno o due uomini e gettarli sul retro dell’autobus. Moltiplicalo per una dozzina di città e avrai 30 città nella regione. Moltiplicalo per 30 giorni e avrai i tuoi 1000 per quel mese. Moltiplicalo per 20 regioni e avrai i tuoi 20.000 al mese.

Il problema è che le persone hanno reagito in massa : ecco l’ultima raccolta di proprio ieri:

Un esempio di rapporto di oggi che mostra l’intensità della caccia al foraggio:

A Chernivtsi la situazione è critica , a causa della mobilitazione la città rischia di crollare nei servizi pubblici. Il sindaco Klitschukh ha detto che solo nell’ultima settimana Vodokanal ha ricevuto 52 convocazioni, 25 convocazioni al dipartimento filobus e 70 convocazioni al mercato. Nelle stazioni ferroviarie e degli autobus, gli spazzini danno la caccia alle persone con tale attività che presto nessuno verrà in città.

Per quanto riguarda le perdite, considera questa ripartizione:

I 25.000 KIA mensili dell’Ucraina equivalgono a circa 800 KIA al giorno.

Nella guerra, ci sono circa 5 fronti principali: la zona di Kupyansk-Kremennaya-Seversk, la nuova regione rivoluzionaria di Kharkov, la zona di Donetsk (che comprende Bakhmut, l’area di Avdeevka e altre), il fronte di Zaporozhye e il fronte di Crimea/Kherson.

Esempio dimostrativo, meno Kharkov:

Ciascuno di questi 5 fronti principali è composto da circa 15-20 brigate ucraine per una lunghezza totale del fronte di circa 1.200 km. Questo si riduce a circa 100+ brigate che coprono spazi di 10 km ciascuna.

Ora quei 5 fronti divisi per 800 perdite equivalgono a circa 160 KIA per fronte al giorno. Poiché ogni fronte ha circa 15-20 brigate, possiamo dire in modo molto approssimativo che questo distribuisce circa 8-10 KIA per brigata.

Ora pensiamo un po’ più a fondo a quante reali battaglie granulari, assalti, ecc. hanno luogo su ogni particolare fronte.

Prendiamo ad esempio il fronte di Donetsk:

Mentre parliamo, a Chasov Yar sono in corso importanti battaglie che coinvolgono più brigate, reggimenti, dozzine di battaglioni separati ecc. Ci sono assalti quotidiani lì con ciascuna parte che combatte aspramente e perde uomini. Stessa cosa poi nella zona di Avdeevka, attorno a Ochertino, con gli assalti che ieri sono avvenuti a Sokol e in altri villaggi vicini.

Un po’ più in basso, ieri abbiamo avuto diverse battaglie intorno a Karlovka vicino a Neteilove, a Krasnogorovka più a sud, a Georgievka nelle vicinanze e a Konstantinovka vicino a Novomikhailovka.

Questa è solo una regione, tutte con le proprie brigate separate in combattimento attivo, che dovrebbe avere 160 KIA totali secondo i nostri numeri. Ci sono battaglie più piccole che non ho nemmeno elencato, ma anche solo tra quelle sopra indicate, significa che l’AFU deve subire solo circa 20-30 vittime per battaglia. Ciò può essere fatto con un singolo lancio di una bomba FAB o solo con pochi minuti di lavoro con i droni; e ricordate, la Russia sta ora lanciando centinaia di Fab al giorno, con alcuni fronti che ne dichiarano 40-80 solo sul proprio fronte, come recentemente a Kharkov. Ricordiamo che solo diversi giorni fa in uno dei miei articoli recenti ho pubblicato due rapporti diretti in prima linea dell’AFU che elencavano “diverse dozzine” di vittime proprio per quel battaglione proprio in quel giorno segnalato. Ricorda, un singolo BMP/portatruppe fatto saltare in aria può causare istantaneamente circa 10 vittime.

Espandilo a tutte le battaglie granulari di ciascuna regione e puoi facilmente arrivare a 160 KIA per regione e ~ 800 KIA in totale per la giornata.

Per convalidare la spiegazione di cui sopra, ecco le perdite ucraine ufficiali del MOD russo per oggi, 6 giugno: nota come i numeri della ripartizione regionale corrispondono a ciò che ho descritto:

Dal riepilogo del Ministero della Difesa della Federazione Russa del 6 giugno 2024 Le perdite del nemico ieri ammontavano a:

⏺1.490 militari 12 veicoli corazzati, inclusi 2 carri armati 26 sistemi di artiglieria, di cui 5 cannoni semoventi

⏺25 unità di veicoli speciali

⏺48 UAV

⏺stazione di guerra elettronica “Bukovel-AD”

➖ Sono stati distrutti due depositi di munizioni dell’AFU in direzione di Donetsk.

➖ Sono interessati: un magazzino di stoccaggio per imbarcazioni senza equipaggio, un luogo per l’addestramento e il lancio di veicoli aerei senza equipaggio del tipo di un aeroporto, nonché luoghi temporanei per mercenari stranieri.

➖ Sette razzi HIMARS e Alder, nonché un missile antinave Neptune, sono stati abbattuti da mezzi di difesa aerea.

Anche:

L’Ucraina potrebbe semplicemente tenere il passo con le perdite, secondo i numeri di Putin, ma ciò significherebbe che si sta ancora effettivamente riducendo rispetto alla Russia. Questo perché l’esercito russo sta crescendo poiché sta reclutando un numero netto positivo di soldati rispetto alle proprie perdite. Ciò può essere facilmente confermato da tutti i recenti rapporti dell’UA secondo cui la Russia sta stazionando centinaia di migliaia di nuovi uomini nel nord, per non parlare delle richieste, in preda al panico, della NATO di inviare truppe per liberare tutti gli ucraini che non sono in prima linea. Che, a proposito: si dice che il rapporto baionetta/truppe da combattimento rispetto alle truppe di retroguardia/non combattenti ( rapporto denti-coda ) dell’Ucraina sia già del 50%, il che è estremamente anomalo. Gli eserciti moderni in genere hanno un rapporto di truppe da combattimento del 10-30% circa. Ciò significa che l’Ucraina ha già sfruttato gran parte dei suoi ruoli essenziali non combattenti in prima linea. Detto questo, l’Ucraina è in grado di mantenere un rapporto così folle grazie al fatto che la NATO agisce effettivamente come “coda” delle AFU, in particolare nella critica operazione logistica di retroguardia polacca dove transita la stragrande maggioranza dei rifornimenti dell’Ucraina.

In definitiva, ciò significa che man mano che l’esercito russo cresce, la parità delle forze peggiorerà sempre di più per l’Ucraina poiché è in grado di pareggiare le perdite solo ogni mese mentre le forze armate russe accumulano un importante netto positivo.

Come ultimo esperimento mentale, ora che disponiamo di cifre credibili sulle perdite dell’Ucraina, possiamo teoricamente calcolare quando l’Ucraina potrebbe rimanere senza uomini disponibili. Ho pubblicato questi numeri qualche rapporto fa:

Nei prossimi mesi, dopo aver abbassato la leva a 25 anni, altri 100mila uomini nati nel periodo 1998-1999 saranno arruolati nelle forze armate ucraine. In questi anni sono nati 416.349 maschi. Circa la metà di loro sono già all’estero. Evoca la metà rimanente.

Ricerche superficiali mi mostrano che l’Ucraina ha avuto una media di circa 100-150.000 nascite maschili all’anno durante la maggior parte degli anni ’90.

Possiamo quindi dedurre che passando da 25 a 18, come Putin dice di voler fare, renderemmo disponibili altri 7 x 100.000 = 700.000 uomini, o 7 x 150.000, otteniamo ~ 1 milione.

All’attuale tasso di consumo di 30.000 al mese, ci vorrebbero 33 mesi o circa 2,5 anni per ridurre la quantità “generosa” del loro potenziale di combattimento maschile. Per il numero 700k ci vorrebbero solo 23 mesi o poco meno di 2 anni. Inoltre, questo non tiene conto, come afferma la citazione sopra, del presupposto che la metà o più di questi siano già fuggiti da tempo, il che ridurrebbe tali cifre a meno di 1 anno o circa un anno e qualche mese, nel caso generoso.

Naturalmente, molte altre ragioni sociali, economiche e morali potrebbero probabilmente portare a un collasso ancora più rapido se anche solo una parte di quel gruppo rimanente di uomini fosse divorata dall’esercito russo.

I punti salienti di Putin

Diamo un’occhiata ad alcuni dei suoni più importanti:

Sul tema della mobilitazione, Putin afferma che l’amministrazione statunitense sta ora facendo pressioni sull’Ucraina affinché abbassi l’età di mobilitazione fino a 18 anni e, cosa più critica, che hanno solo bisogno di Zelenskyj come capro espiatorio per approvare la legge per farlo. Una volta che lo costringeranno ad abbassarlo a 18, si libereranno di lui. Putin fornisce anche la tempistica esatta: crede che ci vorrà circa un anno a partire da oggi, ed entro la prossima primavera cacceranno Zelenskyj poiché ci sono molti “altri candidati” che hanno in mente:

Inoltre va notato che nella sezione immediatamente successiva, egli afferma che tutto ciò è dovuto alle perdite in corso e che le 50.000 mensilità citate in precedenza sono “solo le perdite che possiamo vedere (confermare) sul campo di battaglia”. Afferma che probabilmente ci sono molte più perdite anche più in profondità nella profondità strategica dove la Russia non può stimarle:

E ricordate, implicito nella proiezione di un anno di Putin per la caduta di Zelenskyj è il messaggio che Putin crede che la guerra ucraina andrà avanti anche più a lungo. Se crede che ci vorrà un anno solo perché scendano a 18 anni, allora ci vorrà un po’ di tempo prima che la Russia possa superare l’ultima fase di mobilitazione. Detto questo, la mia previsione a lungo termine per la fine della guerra era da qualche parte nel secondo trimestre o a metà del 2025, quindi potrebbe essere in linea con questo.

Putin chiarisce che, sebbene la Russia non “agiti il ​​testimone nucleare”, la sua dottrina nucleare è lì per una ragione e la Russia di fatto utilizzerebbe armi nucleari se la sua dottrina venisse violata:

In una nota umoristica, Putin dice che è positivo che l’Occidente lo veda come un mostro: “Lascia che abbiano paura”.

Putin dice che gli specialisti francesi e britannici devono inserire tutte le coordinate e “automatizzare” i compiti di volo dei missili da crociera franco-britannici per l’Ucraina, il che implica la loro partecipazione alla guerra:

Ciò ovviamente ha portato al segmento più discusso di tutti. Putin ha proposto lo scacco matto asimmetrico all’impero anglo-occidentale affermando che se l’escalation continua, la Russia sarà libera di fornire le proprie armi a qualsiasi avversario ostile degli Stati Uniti e dei suoi vassalli. Ciò ovviamente implica missili da crociera balistici avanzati o assassini di navi destinati agli Houthi per distruggere una volta per tutte le risorse della Marina americana nel Mar Rosso, ecc.:

Il pensiero di un analista:

Dove può mettere la Federazione Russa i suoi sistemi a lungo raggio, ecc.?
Sì, nello stesso Yemen o Libano, ecc.
Lo Yemen li batterà nel commercio marittimo, il Libano in Israele, ecc.

C’è ancora il Venezuela. Molto scomodo per gli Stati Uniti in momenti diversi.
Supponiamo che più razzi vadano a Cuba o in Africa.
Sì, in futuro ci saranno nuove guerre in cui si combatterà contro qualcuno e poi, seguendo l’esempio della crisi ucraina della Federazione Russa o di altri paesi, gli avversari potranno trasferire ufficialmente le armi.

Ci sono opzioni.
Ricordate, abbiamo scritto che l’Occidente ha violato gli accordi taciti del kuloir per i casi militari. Permettere colpi alla Russia è solo da qui.

Parte di questa azione di escalation è già stata vista poiché la Russia ha ora annunciato una flottiglia navale a Cuba e nei Caraibi, dove verranno eseguite esercitazioni di carattere ovviamente dimostrativo proprio accanto agli Stati Uniti.

Che a quanto pare includerà il sottomarino nucleare di classe Yasen con capacità ipersonica Zircon:

Due ultime parti di interesse:

Putin rimprovera l’Occidente per i suoi pregiudizi:

Putin spiega cosa significa la denazificazione per l’Ucraina:

Putin paragona la situazione del Kosovo a quella del Donbass, citando l’ipocrisia e i doppi standard della NATO nel rispondere alle due crisi:

Per la cronaca, rispetto alla situazione delle armi occidentali, un Biden dall’aspetto decrepito ha ora chiarito di aver autorizzato l’uso di armi americane solo nella regione russa delle ostilità vicino al confine, non nelle profondità della Russia:

Allo stesso modo, anche se non ho ancora visto una verifica completa, Macron avrebbe autorizzato l’uso di Storm Shadows sul territorio russo, ma “solo per colpire siti da cui provengono gli stessi missili/attacchi russi”.


Il tuo supporto è prezioso. Se ti è piaciuta la lettura, apprezzerei molto se sottoscrivessi un impegno mensile/annuale per sostenere il mio lavoro, in modo che io possa continuare a fornirti rapporti dettagliati e incisivi come questo.

In alternativa, puoi dare la mancia qui: buymeacoffee.com/Simplicius

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:

postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704 oppure iban IT30D3608105138261529861559 oppure PayPal.Me/italiaeilmondo  

oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/

Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

NUOVA ERA – CELESTE IMPERO E MOSCOVIA _ di Daniele Lanza

(parte 1)
Nulla di nuovo, nulla che non si prevedesse già.
Vladimir Putin a una decina di giorni di distanza dal mandato presidenziale ottenuto tramite plebiscito alle urne, che lo conferma fino al 2030 (cioè un trentennio di leadership del paese), non poteva fare nulla di più appropriato che recarsi in visita al più stretto alleato, leader della seconda potenza del pianeta: quest’ultimo è il vero protagonista dell’evento, visto il peso immenso del proprio paese, il proprio incombere economico tanto in occidente quanto in Russia, l’influenza che si spera possa avere nella risoluzione delle attuali crisi globali. Se l’invitato è Vladimir Putin, I riflettori sono in realtà sul padrone di casa.
Nessuna della lunga serie di esternazioni di Xi e Putin che trapela dai media e che viene analizzata dagli osservatori deve destare alcuno stupore: la relazione speciale sino-russa prosegue secondo un corso naturale, secondo quella partnership “senza confini” annunciata alla vigilia della guerra, senza praticamente alcuna variazione di rilievo, malgrado il livello sempre maggiore di tensione che la crisi militare sul fronte europeo genera.
Niente sorprese dunque al grado di successo dell’evento in sè: semmai, il vero problema erano le illusioni occidentali del contrario, ossia che l’intesa si fosse in qualche modo attenuata, nonchè le aspettative ingenue che la recente interazione di Xi coi leader eurocomunitari avrebbe avuto impatto maggiore di quanto è stato nei fatti, i quali sottolineano una differenza di grande respiro tra gli eventi che hanno visto il vertice cinese prima a contatto con gli europei e poi col Cremlino
Ricapitoliamo e compariamo un istante: la settimana scorsa si è assistito ad un passaggio di Xi Jinping in Europa, mentre negli ultimi due giorni la visita ufficiale di Vladimir Putin a Pechino; due eventi a breve distanza l’uno dall’altro, entrambi tanto attesi quanto in realtà remoti tra di loro, nella sostanza.
Il toccata e fuga di Xi presso le capitali europee è stato una cortese e fugace apparizione, talmente discreta ed educata da non lasciare praticamente il segno – mero protocollo istituzionale – laddove invece l’incedere del neoeletto presidente di Russia alle porte della capitale della Repubblica Popolare, davanti a parata militare in alta uniforme, riflette la solennità dell’incontro di due leader globali, che già da lungo tempo hanno stabilito un’intesa che va ben oltre le consuetudini scritte della diplomazia convenzionale.
Naturale corteggiare il dragone cinese, nuova potenza del secolo, ma in pratica se ad occidente abbiamo un’interazione (quella con Macron e von der Leyen) che ricorda più un’escursione turistica, seppur di tenore istituzionale, a Pechino nelle ultime ore abbiamo l’esprimersi di un’affinità elettiva tra imperi. Sì, perchè in fondo è quest’ultima la chiave di volta di tutto: Xi e Putin si comprendono reciprocamente, si RICONOSCONO l’un l’altro come autentici leader di distinte potenze, soggetti liberi ed inidpendenti nell’arena globale, portatori di una cultura plurisecolare (o millenaria nel caso della civiltà sinica) che vede lo stato centrale come elemento sacrale di aggregazione ed il territorio che esso controlla, come estensione ancestrale di una civilizzazione. Cose intepretate ad occidente secondo il proprio prisma che derubrica ad “autocrazia” la priorità di uno stato forte e a “nazionalismo” la difesa dell’identità, proponendo invece un cosmopolitismo liberale basato su un’economia deregolata (o meglio “deregolata” fino al momento in cui sia nell’interesse anglosferico/europeo: quando non lo è più allora si diventa protezionisti e partono I DAZI contro I prodotti cinesi o indiani o di chi si vuole….).
Lo stato russo e lo stato cinese si somigliano, malgrado I differenti percorsi storici, nella misura in cui condividono la medesima matrice metapolitica, la medesima filosofia politica ed esistenziale, di modello continentale/euraoasiatico anzichè atlantico.
I più visionari potrebbero cogliere la differenza che vi era tra la potenza terrestre e collettivista di SPARTA e quella navale e liberale di ATENE.
In parole altre, per essere più chiari, l’UE e I suoi governanti non si trovano nella posizione di dialogare correttamente con Pechino quanto non lo sono con Mosca: non è possibile perchè si parte da differenti impostazioni di base della politica, del concetto di fondo di quanto chiamiamo “STATO”. Un uomo come Xi Jinping non vede I propri omologhi europei (tanti stizziti quanto minuscoli), in quanto tali, cioè alla stregua sua o di Putin, o altri, nella misura in cui lo spettacolo di indecisione, inconcludenza e decadenza culturale che gli si palesa semplicemente non coincide con la sua idea di stato. L’occidente è alieno….e la sua propaggine europea poi, anche effimera (estensione d’oltreoceano): si deve essere cortesi con l’alieno, usare il massimo riguardo, rispettare (senza condividere) tutto ciò che dice e poi salutarlo con il migliore garbo. Questo è puntualmente quanto il leader cinese ha fatto……prima di prepararsi ad abbracciare (lui sì), Putin.
Si potrebbe pensare che il vero protagonista del processo diplomatico che vede coinvolta la Cina nelle ultime settimane, NON sia nemmeno la Cina di per sè (il cui andamento poteva essere previsto da chi volesse vedere), quanto l’incapacità da parte euro-atlantica di comprenderne I comportamenti, l’incapacità di interfacciarsi con entità differenti da sè: un’incapacità che può essere ovviata quando l’interlocutore è in posizione nettamente subalterna (vedi l’Africa neocoloniale per generazioni), ma nel caso quest’ultimo fosse in posizione di parità o addirittura superiorità economico-militare, allora si genera come un corto circuito, una rabbia paralizzante, un senso di depressione ed isteria alternate, di fronte a quanto non si può dominare con le minacce nè circuire.
In sintesi: l’occidente euroamericano, sicuro della propria unità e non considerando qualsiasi altro sistema che non il proprio, vive come nell’illusione di poter intavolare liberamente “intrighi bilaterali” (“intrighi” in quanto finalizzati esclusivamente a portare scompiglio) in modo da tener separati il più possibile I propri rivali nell’arena geopolitica, senza rendersi conto che il XX secolo neocoloniale è CONCLUSO, le sue dinamiche stanno gradualmente scomparendo: nel mondo sta emergendo quella multipolarità nel cui merito gli analisti alternativi tanto si spendono, uno schema delle cose che vede una costante affermazione del BRICS, la cui spina dorsale sul piano militare è l’asse MOSCA-PECHINO.
Il rapporto tra queste due entità è di un differente livello (differente ordine di profondità) rispetto a quello che vi è tra di esse e I paesi occidentali.
I leader europei nella loro ansia di fermare il Cremlino sul campo di battaglia, si sono rivolti – col migliore garbo – a chi ? All’alleato primario di quest’ultimo (no comment)
I governanti UE ci provano a circuire il gigante cinese (ma in che modo poi ? Senza armi di ricatto economico ? Senza aperture nei confronti dell’interesse cinese, bensì chiamandoli “autocrazia ?? Una strana trattativa…), senza poi rendersi conto che non soltanto non è fattibile a siffatte condizioni, ma anzi, la Cina stessa prova a “manovrare” in Europa.
NUOVA ERA – CELESTE IMPERO E MOSCOVIA *
(parte 2)
Per riprendere la questione del triangolo CINA-RUSSIA-EUROPA*
Dunque a parte la verità di fondo tratteggiata nella prima parte, è altresì vero che il “triangolo” suddetto – gli equilibri sul quale si muove – è più complicato di quanto appare.
Da Bruxelles forse non si sono resi conto che non soltanto Xi non è raggirabile, ma al contrario per parte sua cerca LUI di “manovrare” sul continente europeo (contromossa, altro che storie): alla fine dei conti il capitolo più degno di nota della sua breve apparizione è stato non tanto il rapporto con le sue istituzioni centrali (Macron/von der Leyen con un palmo di naso, come anche Scholz il mese prima), quanto rivolgersi direttamente ai due frammenti più periferici e riottosi del continente, rispetto alle normative e alle direttive centrali comunitarie: I contesti conservatori di Ungheria e Serbia, dove è stato accolto calorosamente e ha iniziato un dialogo bilaterale interessante (non si vorrebbe che lo scopo della visita fosse più quello che altro).
Pechino si interessa in qualche modo a quanto – sul continente europeo – può creare una faglia di divisione rispetto tra il suo margine più occidentale e atlantico…..e quanto diverge da esso (stati dell’est Europa, integratisi nell’UE per ragioni di convenienza economica senza riflettere sulle conseguenze sul piano sociale, ovvero sull’imposizione da parte di Bruxelles di politiche inadatte al proprio contesto conservatore). Coltivare una divisione in seno all’UE facendo leva su chi non sia soddisfatto dalle sue politiche liberali significa creare problemi al margine culturalmente più atlantico d’Europa ovvero quello più legato agli USA e di conseguenza rendere più problematico in ultima istanza il rapporto tra Washington e il continente.
Certo, il margine di successo di un’operazione così difficoltosa, rimane oggetto di pura speculazione, eppure la cosa avrebbe conseguenze non indifferenti: Pechino – ormai molto ricercata, soprattutto nel presente momento storico – potrebbe essere più permeabile al dialogo con l’Europa ad intepretare il ruolo di mediatore, alla condizione di non avere un interlocutore (UE) del tutto allineato alle logiche di Washington.
In pratica una Cina più vicina all’Europa, a condizione che quest’ultima non sia una mera emanazione geopolitica del gigante a stelle e strisce (perchè a quel punto allora sarebbe più sensato dialogare DIRETTAMENTE con Washington. Logica pura).
In sintesi : un’Europa più indipendente verrebbe considerata come interlocutore adeguato, arrivando persino a concordare di agire con essa nel ruolo di potente mediatore nella crisi militare contro Mosca: un equilibrio del potere nel vecchio continente bilanciato tra Bruxelles e Mosca con la mediazione della Cina………ma la clausola di tutto è che NON siano gli USA ad avvantaggiarsi da questo compromesso, dal momento che Pechino agirebbe (al massimo) per una stabilizzazione della situazione in Europa a vantaggio di un equilibrio globale e non perchè l’Alleanza Atlantica rafforzi le ulteriormente proprie posizioni.
Il cuore del gioco……..è disgraziatamente la più dolente di tutte le note emerse durante la crisi degli ultimi anni: un’ipotetica indipendenza europea (una chimera de facto). Il punto assume la natura del paradosso nel senso che SE fosse esistita un’Europa indipendente, in assenza di Nato e intromissioni da parte americana, allora NON ci troveremmo nella situazione attuale (la crisi non sarebbe deflagrata oltre il recuperabile nella misura in cui assistiamo oggi: non ci sarebbe stata una guerra con oltre mezzo milione di morti, per il semplice motivo che nessun governante europeo l’avrebbe permesse senza prima una vera trattativa. Un coflitto di queste proporzioni potevano volerlo solo chi sa che non sfiorerà mai I propri confini, ovvero i poteri d’oltreoceano).
Perchè se da’ltro canto scartiamo tale variante e si accetta un compatto blocco euro-americano…allora il risultato sarà – all’opposto – che Pechino dovrà giocoforza allontanarsene, ripiegando conseguentemente sul Cremlino e le sue posizioni. La cosa è assolutamente inevitabile perchè gli USA sono avversari naturali della CINA e pertanto una UE che si identifichi strettamente con Washington diventerà aritmeticamente nemica anch’essa di Pechino col risultato che non potrà domandare favori, proporsi come mediatrice credibile o anche solo intavolare un dialogo che possa portare a risultati.
In pratica ad un agglomerato unico che vede “fuse” UE e USA, se ne contrapporrà un altro di targa RUSSIA-CINA, quasi per legge della fisica.
Come il lettore può rendersi conto, la nullità militare la vacuità politica assoluta di cosa chiamiamo EUROPA sta portando conseguenze di gravissimo livello, assai più di quanto si immaginasse. Come a volte si fa notare, spesso a causare una disgrazia non è sempre soltanto la presenza di un elemento negativo, quanto l’ASSENZA di un elemento (positivo). L’”assenza” è di per sè un male.
Tra gli elementi che ci stanno portando verso il baratro è l’ASSENZA del vecchio continente in cui si vive: fin troppo presente nei secoli passati (quando conquistò il pianeta) ed ora fin troppo assente per impedirne una eventuale distruzione.

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:

postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704 oppure iban IT30D3608105138261529861559 oppure PayPal.Me/italiaeilmondo  

oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/

Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

 

1 5 6 7 8 9 178