La grande strategia dell’Inghilterra, di OLIVIER KEMPF

Un articolo importante non solo per la ricostruzione storica e per la comprensione delle scelte di un paese dal recente passato importante, ridimensionato nel ruolo presente, ma con grandi ambizioni ed una ineguagliata capacità di muovere ed influire indirettamente sulle dinamiche geopolitiche. Il conflitto in Ucraina e la polarizzazione proatlantica di quasi tutti i paesi del Nord ed Est Europa sono almeno in parte l’esito di questo retaggio. Importante perché è la filosofia di fondo adottata per trasmissione culturale e simbiosi politica dalla potenza egemone da ormai oltre un secolo, ma che probabilmente sta conoscendo una fase di transizione e di probabile declino per molti versi simile a quella vissuta dal Regno Unito a cavallo tra ‘800 e ‘900. Le classi dirigenti statunitensi, in realtà, stanno mostrando una minore flessibilità nell’affrontare la fase transitiva al multipolarismo, segno dell’acutezza dello scontro politico interno e dell’influsso di diverse componenti culturali, in particolare tedesca, proprie di una formazione sociale particolarmente composita e polarizzata, incapace al momento di una sintesi coerente. Buona lettura, Giuseppe Germinario

La grande strategia dell’Inghilterra

di 

L’Inghilterra è un’isola. L’osservazione è nota, ma i geografi emettono subito chiarimenti: l’Inghilterra è solo una parte dell’isola principale (Gran Bretagna) che condivide con il Galles e la Scozia, a cui si deve aggiungere l’Irlanda del Nord (Ulster) per costruire il Regno Unito, a cui va aggiunta la Repubblica d’Irlanda (Eire) per finire nelle isole britanniche. Tuttavia, nonostante questi dettagli, nonostante il desiderio di indipendenza (Irlanda o Scozia) o addirittura di autonomia, ogni francese di solito designerà l’altra sponda della Manica con questo nome comune dell’Inghilterra. La rivalità è ancestrale come spesso accade in Europa quando si parla di Francia: il 20°secolo ci ha parlato del nemico ereditario parlando della Germania, facendoci dimenticare l’inespiabile lotta con la maggiore Spagna nei secoli XVI e XVII in particolare Ma è vero che abbiamo un rapporto millenario, contrastato e complicato con l’Inghilterra.

L’Inghilterra è quindi questa terra degli Angli, popolo germanico che, tra gli altri, si stabilì nell’isola al tempo delle grandi invasioni. Perché non solo Cesare o Guglielmo il Conquistatore riuscirono a sbarcare lì, ma anche tedeschi e vichinghi. Ciò diede origine ad una curiosa mescolanza tra antiche radici celtiche, poi romane e francesi, a cui infine se ne aggiunsero altre, più barbariche. Questa filiazione multipla non va omessa se si pensa a questo Paese: può manifestare talvolta una grande ferocia e poi la sua flemma e la sua correttezza possono improvvisamente scomparire. La versione più civile di questo tratto caratteriale è la tenacia e la testardaggine. Tuttavia, ci volle l’Inghilterra per passare da un paese scarsamente popolato e isolato alla più grande potenza del mondo,

Anche da leggere

Quando l’Inghilterra ha inventato la diplomazia dei diritti umani

Come spesso, tutto è iniziato con una sconfitta. Nel 1453, la battaglia di Castillon suonò la campana a morto per le ultime speranze inglesi di avere un punto d’appoggio nel continente: c’erano voluti duecento anni di guerra per giungere a questa conclusione: l’Inghilterra non avrebbe più il possesso diretto del continente europeo. Influenze ovviamente, possibilmente punti di appoggio (qui Gibilterra, là Malta o Cipro), sostenitori ovviamente, ma nessun territorio in quanto tale. L’Inghilterra tornò ad essere un’isola, in esclusiva. Dopo un Cinquecento segnato da una dichiarata autonomia (la creazione dell’Anglicanesimo), il Seicentosecolo conobbe molti problemi interni (prima rivoluzione, Rivoluzione gloriosa), ma si concluse con l’Atto di Unione del 1707 che legò la Scozia all’Inghilterra. È in un certo senso una prima colonizzazione e il Regno diventa il Regno Unito. Si stava aprendo un ciclo imperiale…

Le Americhe o commercio triangolare (XVII secolo )

Tuttavia, le sue prime fondazioni risalgono alla fine del XVI secolo . Infatti, la lotta contro l’impero spagnolo passò poi attraverso le lettere di razza consegnate ai corsari Francis Drake e John Hawkins, prima sulle coste del Nord Africa, poi fino alle Americhe. Dall’inizio del XVII secolo, l’Inghilterra stabilì i primi posti commerciali nelle Americhe e il Parlamento decretò che solo le navi inglesi potevano commerciare con le colonie inglesi Ciò portò a una serie di guerre con le Province Unite (Paesi Bassi) per tutta la prima metà del secolo, che permisero l’espansione dei possedimenti britannici: Giamaica nel 1655, Bahamas nel 1666. Nel continente americano, Jamestown fu fondata nel 1607 con la Compagnia della Virginia. Seguono altre colonie: Plymouth (1620), Maryland (1634), Rhode Island (1636), Connecticut (1639), Caroline (1663). Fort Amsterdam fu conquistata nel 1664 e ribattezzata New York, quando la Pennsylvania fu fondata nel 1681. Le colonie americane erano meno redditizie di quelle dei Caraibi, ma i vasti tratti di terra disponibili attirarono molti coloni. Nel 1670, la Compagnia della Baia di Hudson ricevette il monopolio delle terre scoperte in quello che sarebbe diventato il Canada.

Questo sistema doveva essere completato dalla fondazione nel 1672 della Royal African Company. Le condizioni economiche dei Caraibi, infatti, imposero un cambiamento nella coltivazione della canna da zucchero e quindi l’arrivo di molti schiavi neri. La popolazione africana delle isole passò dal 25% nel 1650 all’80% nel 1780 (e dal 10% al 40% nelle colonie americane, soprattutto quelle del sud). Da quel momento in poi, fu istituito un commercio triangolare con forti stabiliti nell’Africa occidentale per fornire schiavi alle colonie americane. Vengono deportati 3,5 milioni di africani (un terzo di tutte le vittime di questo traffico), il che garantisce la ricchezza di città come Bristol o Liverpool. Il primo impero britannico fu quindi americano.

L’Asia e la lotta contro i Paesi Bassi e la Francia ( XVIII secolo )

Alla fine del XVII secolo, Inghilterra e Paesi Bassi si interessarono all’Asia e al monopolio portoghese del commercio delle spezie. Se la Compagnia inglese delle Indie orientali fu fondata nel 1600 (l’America è ancora chiamata “Indie occidentali), furono gli olandesi a prenderne inizialmente il vantaggio, soprattutto perché i problemi politici interni inglesi ostacolavano il progresso. Dopo la Gloriosa Rivoluzione del 1688, Guglielmo d’Orange divenne re d’Inghilterra. Si raggiunge un accordo: agli inglesi il commercio dei tessuti, agli olandesi quello delle spezie. Ma a poco a poco il commercio del tè e del cotone si sviluppò e gli inglesi ne approfittarono all’inizio del 18° secolo .

L’Inghilterra era così riuscita a sconfiggere la potenza spagnola ea controllare la rivale navale olandese. Rimase al suo posto un ultimo avversario: la Francia. Ci vorrà un secolo per raggiungere questo obiettivo. Dal 1702 al 1714, l’Inghilterra ha preso parte alla coalizione contro la Francia durante la guerra di successione spagnola. Nel Trattato di Utrecht, l’Inghilterra riceve Gibilterra, Minorca e Acadia. Gibilterra è la principale risorsa strategica che blocca l’accesso al Mediterraneo.

Anche da leggere

Dalla grandezza al declino

La Guerra dei Sette Anni iniziò nel 1756 e fu la prima guerra “mondiale”, viste le operazioni in Europa, India e Nord America. Nel 1763, al Trattato di Parigi, la Francia abbandonò la Nuova Francia (i famosi “arpenti di neve in Canada” derisi da Voltaire) all’Inghilterra e la Louisiana alla Spagna. In India, se la Francia mantiene le sue stazioni commerciali, deve abbandonare il suo piano di controllo del subcontinente. Il primo impero coloniale francese è dislocato. Parigi vorrà la sua vendetta e la otterrà qualche anno dopo appoggiando le colonie americane che si stanno ribellando contro Londra.

Tuttavia, la Compagnia delle Indie Orientali approfittò della nuova situazione: conquistò molti territori, amministrava più o meno direttamente, quindi organizzò un proprio esercito. L’India britannica divenne dalla fine del diciottesimo secolosecolo la più redditizia delle colonie britanniche e il “gioiello dell’Impero”. Contemporaneamente alla perdita delle tredici colonie americane durante la Guerra d’Indipendenza americana, resa possibile dal sostegno francese, in particolare dalla flotta di Grasse. L’Inghilterra mantenne alcuni possedimenti nei Caraibi e in Canada, ma ora si interessava principalmente all’Asia. Ha anche continuato la sua espansione in Oceania con l’esplorazione dell’Australia (James Cook) e della Nuova Zelanda. L’Australia inizialmente divenne una colonia penale (fino al 1840 circa) prima di sperimentare la corsa all’oro.

La lotta contro Napoleone portò alla doppia osservazione della difficoltà della lotta di terra e del vantaggio della preminenza navale, confermata dalla vittoria di Trafalgar nel 1805. I Trattati di Vienna riorganizzarono alcune colonie: Mauritius, Trinidad e Tobago o Sainte-Lucia , ma anche Ceylon o la Provincia del Capo tornarono a Londra, che restituì alla Francia Guadalupa, Martinica, Guyana e Riunione. L’inizio dell’Ottocento vide anche la progressiva abolizione della schiavitù (1833). Così, il diciottesimo secolo vide l’impero inglese spostarsi dall’America all’Asia. Questa tendenza si accentuò nel secolo successivo.

Il periodo di massimo splendore (1815-1914)

Un secolo d’oro imperiale si aprì allora per l’Inghilterra, che non ebbe più avversari marittimi e poté costituire una pax britannica legata ad una politica di splendido isolamento. Questa situazione geopolitica fu supportata da due rivoluzioni tecniche: il battello a vapore e il telegrafo consentirono a Londra di controllare l’impero che crebbe di 26 milioni di km².

Questo è stato il primo caso in Asia: Singapore e poi Malacca sono state conquistate, consentendo di estendere la rotta dall’India all’Estremo Oriente. Il commercio di oppio con la Cina è stato organizzato per bilanciare i deflussi di denaro legati all’importazione di tè cinese. L’opposizione cinese fu contrastata dalla prima guerra dell’oppio, conclusa dal Trattato di Nanchino, che concedeva a Londra il porto di Hong Kong. In India, la rivolta dei Sepoy (1857) non fu repressa. La Compagnia delle Indie Orientali viene sciolta, i suoi possedimenti trasferiti al Raj, il regime coloniale che gestirà il subcontinente. La regina Vittoria fu incoronata imperatrice d’India nel 1876.

La rivalità con la Russia (il Grande Gioco) iniziò all’inizio del XIX secolo, sullo sfondo del crollo degli imperi ottomano e persiano. L’Inghilterra tenta di conquistare l’Afghanistan senza molto successo (1842), mentre sconfigge la Russia nella guerra di Crimea (1853). L’Inghilterra annette il Balochistan (1876) mentre la Russia si impossessa del Kirghizistan, del Kazakistan e del Turkmenistan (1877). Fu finalmente firmato un accordo sulle sfere di influenza e la rivalità si spense completamente con l’accordo anglo-russo del 1907.

Anche da leggere

Carlo, Principe di Galles e Re d’Inghilterra – Michel Faure

Il dominio dell’impero asiatico si basava su un certo numero di staffette: Gibilterra, Malta, Cipro, attraverso il Mediterraneo, il Capo aggirando l’Africa, poi Oman, India, Singapore, Hong Kong. La Colonia del Capo era stata annessa nel 1806 e scatenò l’immigrazione britannica che si oppose ai boeri locali. Questi si trasferirono (il grande Trek) alla fine degli anni ’30 dell’Ottocento, fondando la Repubblica del Transvaal e lo Stato di Orange. La guerra boera (1899-1902) portò all’annessione di questi due stati nel 1902. All’altra estremità del continente, lo scavo del Canale di Suez collegava il Mediterraneo all’Oceano Indiano. Gli inglesi vi investirono e l’Egitto fu occupato nel 1882 dopo una rapida guerra. Poco dopo gli inglesi si spostarono a sud e alla fine sconfissero i Mahdisti del Sudan, poi respinse l’avanzata francese nell’Alto Nilo (Fashoda, 1898). Da quel momento in poi, il desiderio di collegare le colonie africane fece nascere l’idea di una ferrovia, idea spinta da Cecil Rhodes e che provocò nuove occupazioni, una delle quali prese il nome di Rhodesia in suo onore (futuro Zambia e Zimbabwe).

Altrove, le posizioni inglesi si stanno rafforzando. I territori nordamericani si estendono attraverso il continente fino al Pacifico (British Columbia, Northwest Territory, Vancouver Island). La questione dell’emancipazione delle colonie bianche è sorta abbastanza rapidamente. L’Atto di Unione del 1840 creò così la provincia del Canada, prima della creazione di un dominio nel 1867, paese dotato di totale indipendenza tranne che per quanto riguarda la diplomazia. Lo statuto fu adottato per l’Australia nel 1901, la Nuova Zelanda nel 1907 e il Sud Africa nel 1910. Il dibattito per l’applicazione di tale statuto all’Irlanda continuò per un’adozione tardiva nel 1914, troppo tardi per essere applicata: questa fu una delle cause dell’insurrezione del 1916 e della futura indipendenza della Repubblica d’Irlanda.

Potenza navale, maestria tecnica, invenzione economica, ma anche grande emigrazione, queste sono le ricette di questo grande impero mondiale che si estende dal Canada all’Africa, dalle varie staffette asiatiche (Oman, India e Hong Kong) all’Oceania. Già però l’invenzione dei domini suggerisce che questo dominio non può essere duraturo e che sarà necessario, a poco a poco, liberarlo fino al completo abbandono.

RE GIORGIO V E LA REGINA MARY VISITANO L’INDIA

Il declino

Le due guerre mondiali videro la relativizzazione del potere britannico. L’ascesa della Germania e la sfida posta al dominio navale sono una delle cause del cambio di posizione inglese e dell’alleanza con Giappone (1902), Francia (1904) e Russia (1907). Durante la prima guerra mondiale, i soldati dei Domini si allearono con gli inglesi. La battaglia dei Dardanelli segna quindi la coscienza nazionale australiana o neozelandese, proprio come la battaglia di Vimy Ridge fa per la coscienza canadese. Tuttavia, il Trattato di Versailles consente all’Impero britannico di trovare la sua massima espansione, con la messa sotto mandato di colonie precedentemente tedesche e ottomane. La Gran Bretagna conquistò così Palestina, Iraq, Togo, Tanganica, parte del Camerun.

Ma questi guadagni non nascondono il fatto che Londra deve comporre e lasciar andare la zavorra. Nel 1922 firmò il Trattato di Washington dove accettò la parità navale con gli Stati Uniti. L’indipendenza sta già prendendo piede. Un trattato creò lo Stato d’Irlanda nel 1921 (diventato una Repubblica nel 1937), mentre l’Egitto divenne ufficialmente indipendente nel 1922 e l’Iraq nel 1932. Una conferenza imperiale concesse ai domini il potere di gestire la propria diplomazia.

La seconda guerra mondiale completa l’indebolimento degli equilibri imperiali. Le colonie e l’India prendono parte al conflitto così come gli ex domini, l’Irlanda rimanendo neutrale. La caduta della Francia nel 1940 e la guerra combattuta dai giapponesi (offensiva contro Hong Kong e Malesia) lasciarono l’Inghilterra sola. La Carta atlantica del 1941 ha stretto un’alleanza con gli Stati Uniti, ma l’incapacità di difendere le colonie asiatiche ha inferto un duro colpo all’immagine della potenza britannica. Di certo la Gran Bretagna è stata una delle vincitrici indiscusse della guerra, che le ha conferito un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza della nuova ONU. Ma una pagina è stata irrimediabilmente voltata. L’impero aveva permesso a Londra di sconfiggere la Germania, ma era un contributo definitivo. Ora dovevamo andare avanti.

Decolonizzazione

Le elezioni del 1945 videro la sconfitta di Churchill e l’ascesa al potere dei Labour, sostenitori della decolonizzazione. La guerra aveva indebolito profondamente l’economia britannica, che era quasi in bancarotta, dalla quale Londra si salvò solo con un ultimo prestito americano. Tuttavia, in questa nascente guerra fredda, sia Mosca che Washington si opposero al sistema coloniale. Dal 1946 in India scoppiarono gli ammutinamenti che costrinsero a concedere l’indipendenza nel 1947 e la scissione in due stati, uno indù, l’altro musulmano, che causò massicci trasferimenti di popolazione. Birmania e Ceylon ottennero la loro indipendenza nel 1948. Anche la Gran Bretagna si ritirò dalla Palestina nel 1948, lasciando due stati che entrarono immediatamente in conflitto. Infine, La Malesia entrò in insurrezione nel 1948 fino ad ottenere l’indipendenza nel 1957 (Singapore se ne separò rapidamente nel 1965 mentre il Brunei rimase un protettorato fino al 1984). In Kenya, la ribellione Mau-Mau fu attiva dal 1952 al 1957.

Anche da leggere

Conflitto di confine sino-indiano: colpa della colonizzazione britannica?

La crisi di Suez è una delle ultime manifestazioni dell’imperialismo. Volendo contrastare la nazionalizzazione del Canale di Suez da parte di Nasser, Londra unì le forze con Parigi e Tel Aviv per organizzare una spedizione. Questo fu un successo militare, ma la pressione combinata dell’URSS e degli Stati Uniti costrinse l’Inghilterra a ritirarsi, che all’epoca era sentita come una “Waterloo britannica”. Altri interventi ebbero luogo (Oman nel 1957, Giordania 1958, Kuwait 1961), ma la Gran Bretagna si ritirò da Aden e Bahrain alla fine degli anni 1960. Così la decolonizzazione inglese fu forse più rapida di quella francese ma conobbe anche vicissitudini e conflitti armati.

Gli anni ’60 videro la decolonizzazione dell’Africa. Il Sudan e la Gold Coast avevano già ottenuto la loro indipendenza nel decennio precedente, ma Londra si ritirò da tutti i suoi possedimenti, nonostante la presenza di popolazioni bianche in alcuni, in particolare la Rhodesia. Cipro divenne indipendente nel 1960, così come le colonie caraibiche (Giamaica e Trinidad, poi Barbados, Guyana, ecc.). Negli anni ’70, queste erano Fiji e Vanuatu. Le ultime indipendenze sono avvenute negli anni ’80: Honduras britannico (Belize) e Rhodesia (Zimbabwe). Un ultimo colpo di stato britannico ebbe luogo nel 1982 quando l’Argentina invase l’arcipelago delle Falkland. L’Inghilterra ha lanciato una spedizione militare alla fine del mondo per mantenere questo territorio definitivo. Nel 1984 è stato raggiunto un accordo con la Cina sul futuro status di Hong Kong,

Avanzi, eredità e significato geopolitico

La Gran Bretagna conserva ancora 14 “British Overseas Territories”, a volte disabitati, il più delle volte con varie autonomie. Alcuni sono contestati (Gibilterra, Falkland, ecc.). Un Commonwealth, che riunisce i territori precedentemente britannici, è stato istituito nel 1949 (30 milioni di km², 2,5 miliardi di abitanti). Questa organizzazione intergovernativa non prevede alcun obbligo tra i membri che sono accomunati da lingua, storia, cultura e valori. 15 dei 54 stati sono monarchie guidate dalla regina d’Inghilterra.

Questo impero, tuttavia, ha lasciato molti segni. Oltre a un’intensa emigrazione di britannici in tutto il mondo e che da allora sono diventati cittadini di paesi diventati indipendenti, l’Inghilterra ha prima condiviso la sua lingua. 400 milioni di persone la condividono come lingua madre e diversi miliardi come lingua di comunicazione (grazie all’influenza americana, è vero). Ma il modello politico britannico, il suo modello giudiziario, la sua cultura, i suoi sport (calcio, rugby, cricket, tennis, golf) ei suoi missionari hanno lasciato numerose tracce in tutto il mondo.

Questo impero raggiunse il suo apice poco prima della prima guerra mondiale. Non è un caso che Halford MacKinder pubblicò The Geographical Pivot of History nel 1904, che è il testo fondante della geopolitica anglosassone. Inventa il concetto di Heartland (l’isola globale composta da Eurasia e Africa) a cui si contrappongono le isole esterne (America e Australia). In quanto potenza navale, l’Impero britannico deve controllare l’emergere delle potenze continentali (la Germania ai suoi tempi). È quindi necessario controllare l’Heartland dall’esterno, dalle rive. Il tema sarà ripreso qualche anno dopo dall’americano Spykman che inventerà il concetto di Rimland.

I nostri lettori conoscono questa fondamentale contrapposizione tra i popoli della terra ei popoli del mare: questa è infatti la ragione principale della potenza inglese che ben presto ne accettò il carattere insulare e quindi navale. Sir Walter Raleigh spiegò presto (dall’inizio del diciassettesimo secolo ) il principio che l’impero avrebbe seguito nel corso dei secoli: “Chi detiene il mare detiene il commercio del mondo; chi detiene il commercio detiene ricchezza; chi detiene la ricchezza del mondo detiene il mondo stesso. Da lì nasce l’ambizione di “ Rule Britannia, domina le onde   .

Il mare, fonte di ricchezza, esso stesso fonte di potere: questo è in fondo il destino dell’Impero Britannico. Approfittando della scoperta di un nuovo mondo, stabilendo una prima ricchezza commerciale poi estendendo il suo interesse a nuovi possedimenti sempre più lontani, inventando contemporaneamente la rivoluzione industriale, sfruttando appieno le nuove tecnologie (vapore, telegrafo), mandando i figli e le figlie a fondare stessa alla fine dei mondi per stabilirvi durevolmente la sua influenza, l’Inghilterra seppe costruire un sistema mondiale notevole per la sua durata. L’apogeo britannico durò infatti quasi un secolo, dalla caduta di Napoleone all’entrata in guerra nel 1914. Un dominio così lungo e universale è unico.

Questo orizzonte mentale su scala mondiale, questa associazione precoce della prosperità commerciale con il potere, questo feroce bisogno di una sovranità inalienabile sono invarianti inglesi: devono essere tenuti a mente per comprendere la scommessa della Brexit.

https://www.revueconflits.com/la-grande-strategie-de-langleterre/

Putin sta combattendo la guerra che ha scelto, Di Ernest Sipes

La conferma di un dibattito molto più serio presente al centro dell’impero piuttosto che nella sua periferia_Giuseppe Germinario

Dato che sono tornato dall’Ucraina alcuni giorni fa dopo il mio primo viaggio di segnalazione post-COVID e dopo un paio di giorni in cui ho lasciato che le mie ossa invecchiate riprendessero la loro posizione corretta dopo il trauma di 10 ore in un posto in una compagnia aerea di classe economica, credo di dopotutto hanno acquisito una visione della logistica di questo conflitto.

Che devo dire che inizialmente dubitavo.

Durante quelle tre settimane in Ucraina, sono stato presente per attacchi missilistici in due città, mi sono seduto con gli occhi spalancati attraverso dozzine di sbarramenti di artiglieria, ho passato ore a discutere della guerra con un soldato ucraino ferito durante un viaggio in treno di 17 ore da Leopoli a Dnipro in un una piccola cabina del treno, visitata con membri in servizio dell’esercito ucraino, fotografato molti edifici distrutti nella parte orientale del paese e mangiato borscht così tante volte che credo di poter ora identificare le differenze di ricetta tra Dnipro e Lviv.

Foto dell’autore

Prima di iniziare, vorrei stabilire un paio di cose come punto di riferimento per le mie opinioni.

In primo luogo, ovviamente, Putin ha sbagliato a invadere l’Ucraina, questo è un dato di fatto.

La perdita di vite umane è orribile.

Sostengo pienamente il popolo ucraino nei suoi sforzi per espellere quelli che lì vengono chiamati gli “occupanti russi”. (Significativamente, i soldati russi ora vengono chiamati “Orchi” dai giovani ucraini.)

 

Ma il rapporto tra Russia e Ucraina è lungo ed è molto più complesso di quanto noi estranei possiamo mai immaginare. Ho avuto una conversazione di tre ore con un tecnico informatico polacco di nome Vasily che si è seduto accanto a me sull’aereo in partenza da Varsavia su questo esatto problema. E mentre ammetteva di essere sorpreso dall’invasione, non era così sprezzante nei confronti dei metodi e degli obiettivi russi come si potrebbe pensare. Più di una volta mi è stato espresso il concetto di essere russo non solo come nazionalità, ma come stato dell’essere etno-spirituale.

Quindi, detto questo, preferirei commentare solo alcuni dettagli e inserire una piccola speculazione che dichiarerò in una certa misura come un fatto, semplicemente perché fare altrimenti diventerebbe noioso per il lettore.

Mi sembra che Mosca (e io scelgo di usare Mosca per riferirmi alla Federazione Russa poiché per me è un po’ riduttivo riferirmi a un uomo come il leader di una nazione con un corpo rappresentativo come la Duma) abbia una serie fissa di obiettivi in ​​guerra. Ora potremmo discutere tutto il giorno sul fatto che la Duma rappresenti veramente il popolo della nazione, ma ciò sarebbe inutile dato il motivo per cui scrivo questo pezzo.

Percepisco gli obiettivi di Mosca in questo impegno militare come:

  1. Una rotta verso il Mar Nero.
  2. L’unificazione di aree percepite come appartenenti alla Russia e i cui cittadini (almeno la maggioranza) desiderano unirsi alla Russia.
  3. Un avviso al mondo che le terre che un tempo formavano il blocco sovietico sono ancora sotto la guida di Mosca a un certo livello.
  4. Per scoraggiare l’Ucraina e le nazioni circostanti dall’adesione alla NATO/UE.
  5. Per illustrare che tutta l’Europa orientale è ancora sotto l’influenza di Mosca.

Se affrontiamo la situazione tenendo presenti questi punti, gli eventi e le decisioni prese da Mosca cominceranno ad avere un po’ più senso.

Nonostante ciò che i media stanno presentando, l’esercito della Federazione Russa non è composto da orchi furiosi che violentano, uccidono e saccheggiano. E non sono stati, come ci è stato detto, sconfitti in ogni gara con l’esercito ucraino. Inoltre, l’esercito di Mosca non è esausto e senza carburante, equipaggiamento e rifornimenti. Non ci sono state diserzioni di massa dall’esercito russo. Quella che state leggendo è la tipica propaganda che sembra sempre farsi vedere in una guerra in questa regione. Ho visto esattamente la stessa cosa e gli stessi dispositivi usati nella guerra dell’Ossezia del Sud del 2008 quando lavoravo per il quotidiano Georgia Today e quella particolare invasione russa si stava verificando.

Forse è meglio iniziare con l’essere onesti e riconoscere che Mosca sta esercitando (in una certa misura comunque) moderazione in questa azione finora. Non sto difendendo questo sforzo, ma questo è il semplice fatto della situazione militare come la percepisco io.

Se si accetta che sia stata presa la decisione di raggiungere solo una serie relativamente piccola di obiettivi specifici come indicato sopra, è facile vedere che questo è il motivo per cui non c’è stata alcuna distruzione totale dell’infrastruttura dell’Ucraina quando è ben all’interno della capacità di Mosca di farlo.

Con una mappa del paese in mano e dopo aver preso il treno e l’autobus su molte delle rotte est-ovest-nord, molto probabilmente vedrai che non ci vuole un genio militare per rendersi conto che la topografia dell’Ucraina ce la fa molto vulnerabile ai bombardamenti aerei. E il Paese, a quanto pare, non è preparato per attacchi in questi punti vitali.

Ad esempio, sul ponte che attraversa il fiume Dnepr a Dnipro, non erano presenti sistemi di difesa aerea; invece, c’erano solo due piccoli gruppi di soldati alle due estremità armati di PKM in recinti di sacchi di sabbia.

Inoltre, in termini di trasporto all’interno del paese, l’Ucraina soffre di strutture e materiale rotabile antiquati, in particolare nel settore delle ferrovie. Parte del materiale rotabile è ancora d’epoca sovietica. E non come curiosi oggetti d’antiquariato per i turisti in giro, ma per il vero trasporto di merci.

Di seguito è una mappa dell’Ucraina. Vorrei che esaminassi questa mappa prima e dopo aver letto i miei punti.

Credito mappa: licenza Lencer CC BY -SA 3.0

Vale la pena notare la presenza e la posizione geografica del fiume Dnepr, che divide essenzialmente l’Ucraina in una sezione occidentale e una orientale. Dal punto di vista della difesa di una nazione da un’invasione terrestre, sarebbe difficile sopravvalutare il significato di questo fatto. In poche parole, se il vero obiettivo di Mosca fosse semplicemente invadere e occupare l’Ucraina, allora la seguente sarebbe la loro logica linea di condotta da perseguire:

  1. Colpisci e distruggi i ponti sul fiume Dnepr a Kiev, Cherkasy, Dnipro e Zaporizhzhia usando bombardieri pesanti TU22 e TU60 o equivalenti.
  2. Distruggi gli scali ferroviari di Leopoli, Kiev, Dnipro, Poltava e Uman usando una combinazione di TU 22 e cacciabombardieri come il Sukhoi 34 e il Tupolev 160.
  3. Fondamentalmente risciacquare e ripetere quanto sopra per i sistemi autostradali M06 e MO3 a Kiev, M12 a Kirovgard, MO4 a Dnipro e M20 a Kharkiv.
  4. Invia qualsiasi aereo adatto per sparare semplicemente ai sistemi ferroviari e stradali dopo che quanto sopra è stato completato.
  5. Prendi di mira i missili terra-superficie montati su camion 9K720 e distruggi le stazioni elettriche in città chiave come Leopoli, Kiev, Dnipro, Kharkiv e Zaporizhzhia. Ciò avrebbe diversi effetti, uno dei quali demoralizzerebbe i cittadini nelle città colpite.

Mosca potrebbe realizzare tutto quanto sopra in circa una settimana. Ha superiorità aerea nonostante quello che leggi. Ed è anche importante ricordare che Mosca ha l’aereo – un bombardiere pesante 964 pronto per il combattimento e caccia come riportato dalla Janes Intelligence Review – per resistere alle perdite che si verificherebbero se si scegliesse questa rotta per l’invasione.

Se una tale serie di misure fosse adottata da Mosca, accadrebbe quanto segue:

  1. Con i ponti e le altre infrastrutture di trasporto distrutte, nessun carburante, equipaggiamento militare, cibo o merci si sarebbe spostato da ovest a est.
  2. Le comunicazioni militari interne sarebbero gravemente interrotte.
  3. I rifugiati brulicherebbero i siti dei ponti sul lato orientale del fiume, il che ostacolerebbe ancora di più i movimenti e produrrebbe una crisi umanitaria quasi inimmaginabile.
  4. Praticamente nessun equipaggiamento o rinforzo militare poteva essere spostato nelle aree orientali del Donbas, Odessa, ecc. per rinforzare i già stressati difensori ucraini.
  5. Con la parte orientale del paese tagliata fuori, dopo poche settimane ciò che le forze ucraine rimaste in quella regione sarebbero state costrette ad arrendersi.

Quello che trovo quasi sbalorditivo è che potrei andarci, viaggiare un po’, intervistare alcune persone, guardare come vengono difesi male i ponti, gli incroci stradali e le stazioni ferroviarie, e poi capire che Mosca ha deciso di portare avanti questa guerra con forse solo il 10% della capacità delle sue forze armate. Invece di esaminare i semplici fatti di questo conflitto, analisti e personalità dei media scelgono di ignorare l’ovvio e invece diventano estasiati da una serie di video di BTR 80, BMP2, T72 (e almeno uno dei nuovi T90) russi che vengono fatti saltare in aria in impegni minori con le forze ucraine.

Mosca ha un finale di partita.

Sta infatti raggiungendo quelli che sembrano essere gli obiettivi con cui era iniziato il 24 febbraio.

La Russia sta combattendo esattamente la guerra che vuole combattere con un calendario apparentemente regolabile.

Non ho idea del perché Mosca stia combattendo la guerra in questo modo, ma finora ha deciso di non conquistare l’Ucraina, o addirittura di non far soffrire in larga misura gli abitanti al di fuori di alcune città.

La mia ipotesi migliore è che il trattenimento delle forze russe faccia parte di un piano in evoluzione in modo che quando inizieranno gli inevitabili negoziati di pace, sarà più facile per entrambe le parti venire a patti.

Se, tuttavia, iniziamo a sentire che le stazioni ferroviarie, gli svincoli stradali e le stazioni elettriche nel paese vengono sistematicamente distrutte su vasta scala in numero in rapido aumento (in particolare se i ponti di Kiev, Cherkasy, Dnipro e Zaporizhzhia sono presi di mira), allora che potrebbe benissimo indicare che c’è stato un cambiamento di piani da parte di Mosca in termini di obiettivi per questa invasione.

La mia opinione è che tutto viene eseguito secondo un calendario, con alcune ovvie battute d’arresto per Mosca, poiché gli ucraini stanno ricevendo enormi quantità di equipaggiamento militare dall’ovest e stanno combattendo nel miglior modo possibile.

 

Ma la Federazione Russa non sta perdendo questa guerra.

Per favore, non lasciarti ingannare dal pensiero.

https://www.americanthinker.com/articles/2022/05/putin_is_fighting_the_war_he_chooses.html

Un duello tra amici_a cura di Giuseppe Germinario

Roberto Buffagni

Germano Dottori, una analisi equilibrata dei primi tre mesi di ostilità in Ucraina. Personalmente dissento su alcuni punti (ad es. l’interpretazione degli obiettivi della prima fase dell’attacco russo) ma quel che conta è che Dottori è competente, informato (per quanto è possibile esserlo) e che si sforza di essere obiettivo. Essere obiettivo non significa essere imparziale, significa non lasciarsi guidare dai propri pregiudizi, sapere quanto margine di incertezza vi sia nell’analisi di una guerra in corso, tentare di accertare per quanto possibile la realtà dei fatti.

Pierluigi Fagan

Roberto Buffagni Mah: 1) Come sa ogni stratega militare, la conquista di una città è l’incubo di tutti gli incubi. Del resto, la cosa si è resa nota ai più con Mariupol e stante che i russi non l’hanno bombardata dall’alto come si conviene a questi casi. Ci sono voluti più di due mesi e Mariupol, ho controllato oggi, è tra un quinto ed un sesto di Kiev, per popolazione e per estensione area in km2, cioè la presa di Kiev sarebbe stata una Mariupol alla quinta/sesta. Il che dice ulteriormente dell’improbabilità dell’idea visto il ruolo storico culturale che Kiev ha nella russità (come per altro Odessa). Pochissimi in Russia avrebbero accettato una cosa del genere; 2) come anche sa lo stratega militare, ci si deve presentare, oltre che con i bombardieri, con un rapporto minimo di 3:1 in termini di effettivi, cosa che non era neanche lontanamente lo stato del campo il 24 febbraio e tantomeno dopo; 3) si fa finta di non sapere l’ovvio ovvero che i satelliti americani hanno letto l’addensamento di truppe russe per settimane e settimane, preparando la difesa degli ucraini che erano tutt’altro che sprovveduti e questo anche era noto ai comandi russi; 4) forse quello che non si comprende è che i russi hanno mandato scientemente al macello o quasi, truppe inesperte, armate all’incirca e senza alcuna reale possibilità di conseguire un obiettivo che non si voleva/poteva conseguire, al fine di porre dei dilemmi di posizionamento truppe a gli ucraini. Lo hanno fatto anche a Simy e Karkhiv, mentre le cartine dell’Institute of Study of War mostrano chiaramente che proprio in quel mentre i russi sono esondati dalla Crimea incontrando quasi nulla resistenza. Un’area di due volte la Crimea stessa che oggi raccontano esser stato un obiettivo di ripiego mentre sappiamo del contrario, in tutta evidenza. Tra l’altro, visto che era proprio questo che volevano prendersi e prenderlo per sempre, la presa facile e quasi intatta ha abbassato i costi di ricostruzione; 5) su questo ha parzialmente ragione chi in video, molti episodi di cattivo coordinamento, defezione e forse l’abbandonarsi a qualche immotivata rappresaglia rabbiosa, discendono dal fatto che quello non era un vero attacco e quando chi sul campo se ne è accorto, certo non l’ha presa bene. Questo vale anche per i comandi locali, è ovvio che una cosa del genere il Cremlino non l’ha certo condivisa; 6) inoltre prendere Kiev e metterci un Quisling non avrebbe in alcun modo garantito la resa ucraina come abbiamo visto dal feroce coinvolgimento delle forze armate e della bande nazionaliste che certo non sono state pompate da Zelensky, il cui convincimento va ben oltre lo stesso Zelensky e che si preparavano da anni; 7) infine, per “tenere” l’Ucraina così messa ci sarebbero voluti tra i 400.000 ed i 500.000 uomini e non certo i 100-130.000 inviati lì. Con manifestazioni contrarie, terrorismo ed un calvario senza senso, oltre ai costi del dover mantenere un nuovo stato essendo per altro sotto sanzioni. Questa storia della presa di Kiev è incredibile, è incredibile come non si ragioni sulla sostenibilità concreta di ciò che si dice. Al punto da domandarsi se chi la sostiene è del tutto in possesso delle sue facoltà mentali o peggio, le possiede ma non le usa o le usa ad altri scopi. Forse la gente scambia Netflix con la realtà ed allora tutto sembra plausibile, oltre il lavaggio del cervello h24.
Roberto Buffagni

Pierluigi Fagan Io concordo al 100% con la tua interpretazione, lo accenno anche nella presentazione del video di Dottori. La prima fase delle ostilità in Ucraina a mio avviso ha registrato una complessa manovra diversiva russa su più direttrici in direzione Nord Ovest, al fine di modellare il campo di battaglia nel Sudest che è l’obiettivo militare dell’operazione; i russi NON vogliono prendersi l’intera Ucraina perché sarebbe “come ingoiare un porcospino” secondo la spiritosa formula di Mearsheimer. Le direttrici di attacco verso Kiev etc. sono state concepite secondo il modello “acqua che scorre”, nessuno sano di mente poteva pensare che con effettivi così esigui si potesse conquistare Kiev (neanche un paesino di 30.000 abitanti se poi devi tenerlo). Probabile che il comando russo abbia destinato a questa manovra diversiva le truppe meno preparate di cui disponeva, e plausibile anche che queste non l’abbiano presa bene quando si sono viste sul punto di essere travolte. Quel che mi ha lasciato perplesso (non riesco a capirne le motivazioni) è l’esiguità delle forze russe impegnate nell’operazione militare speciale. Anche soltanto per conseguire gli obiettivi ridotti (conquista del Sudest fascia costiera del Mar d’Azov e del Mar Nero compresa) impiegare truppe in lieve inferiorità numerica rispetto al nemico è veramente strano e rischiosissimo. Poi ce la stanno facendo, ma stante il vantaggio della difesa, stanti le fortificazioni ucraine del Donbass, stante l’addestramento e l’armamento NATO delle FFAA ucraine, i russi si sono presi un rischio enorme, secondo manuale per star ragionevolmente certi di prendersi il Sudest avrebbero dovuto impiegare come minimo il doppio, meglio ancora il triplo degli effettivi. Gli sta andando bene e questo, devo dire, è un grande successo militare dei russi; ma perché farsela così difficile? Costa caro, in perdite umane. L’unica spiegazione che trovo è una decisione politica, ossia la speranza della direzione russa che condurre operazioni limitate sul campo favorisse un esito diplomatico delle controversia e prevenisse il compattamento del fronte occidentale. Ovviamente non è andata così. E’ per questa ragione, ossia per il fatto incontestabile che tutta l’operazione militare speciale è stata condotta dai russi con un dispiegamento insufficiente di forze – hanno fatto le classiche “nozze coi fichi secchi” – che diventa plausibile anche l’ipotesi di Dottori. Secondo me è sbagliata, per i motivi che tu hai detto e io ho ribadito, e l’errore iniziale vizia parzialmente l’interpretazione successiva, ma non è necessariamente sintomo di malafede o di parzialità inescusabile. Poi che Dottori “faccia il tifo” per la NATO è indubbio, ma bisogna ascoltare sempre anche l’altra campana.
Pierluigi Fagan

Roberto Buffagni Hai ragione, il quesito c’è. Ipotizzo si tratti di un “tenere a riserva”. Come già scritto, qui, chi la dura la vince, il problema è capire quanto è la “dura”. Dottori dice che le truppe prima al nord sono state “ricondizionate”, già qui servono riserve. Steinman dello speciale Mentana, disse che ad un certo punto sono comparsi nel Lugansk chilometri e chilometri di carri e truppe con la lettera O, prima mai usata e che gli avevano detto venire direttamente ed ex novo dalla Russia. Nei filmati, infatti, si notano reparti con la fascia rossa prima mai usata. Fanno rotazioni ed hanno una prospettiva temporale media o lunga. Lo hanno detto all’inizio del conflitto, il conflitto si modulerà sulla risposta dell’avversario. Di base il rapporto 3.1 dovrebbe esserci visto che c’è a livello demografico, a parte che i russi hanno il più grande confine del mondo da difendere, credo che tengano a riserva per rotazioni. Poi è da vedere cosa succederà quando avranno preso tutto il Donbass. Come sai, secondo me lì si fermano, almeno per il momento. Leggevo oggi, tra l’altro che da settembre in poi lì torna a piovere ed i carri per campi di fango non sono una buona idea. Se mettono i confini dentro la Federazione, non puoi neanche bombardarli più di tanto, altrimenti ti nuclearizzano. Comunque diceva Fabbri ora in diretta che i servizi americani sono molto pessimisti sulla tenuta degli ucraini in Donbass, pare si stiano sgretolando e forse la telefonata oggi di Macron-Scholz è in vista della preparazione di una futura cessazione del fuoco a confini raggiunti. Se ci pensi, questo è più di quanto avevano chiesto i russi all’inizio, potranno dirsi soddisfatti. E’ per questo che bombardano la narrativa del “si stanno accontentando perché hanno perso Kiev e Kharkiv”. Difficile giustificare tutto quello che è successo se alla fine perderanno più di quanto non avrebbero perso accettando la piattaforma iniziale. Nei fatti, potrebbe dimostrarsi che era effettivamente una operazione militare limitata. Ognuna delle parti ha una guerra sul campo ed una nelle praterie mentali del proprio pubblico. Questa reiterazione della “sconfitta di Kiev” servirà per dare una parvenza di pareggio, di “ne è valsa la pena” incluso il nostro invio d’armi.
Francesco Meloni

Pierluigi Fagan probabilmente il comando russo ipotizzava una resa o una tregua chiesta dagli ucraini una volta circondata Kiev. Cosa che non si è verificata sia per il livello di infiltrazione angloamericana degli organi direttivi ucraini sia per la resistenza effettiva delle forze in campo.
Marly Grasso Nunes

Riassunto :
– I russi stanno vincendo nel campo di battaglia utilizzando una piccola parte delle proprie forze e armamenti
– l’esercito ucraino era il maggiore di Europa, addestrato e armato. Con molto fortezze nel territorio (come Azovstal) difficile da conquistare
– Dopo 3 mesi di guerra i russi hanno conquistato 20% del territorio ucraino (impiegando mezzi e personale limitati)
– Ricordando: una guerra si può sostenere se un paese è ancora viabile e funzionate. La Russia combatte due battaglie: una sul campo in Ucraina e una sul fronte economico, sociale e politico nazionale e internazionale. Apparentemente se la cava, per il momento, in entrambi
– L’Ucraina mette le truppe ma non combatte da sola. Ha il sostegno militare, politico, rifornimenti (militare e non), addestramento, inteligence, mercenari (solo?), propaganda ecc dell’occidente. Ha vinto la guerra di propaganda, ma perde nel campo di battaglia. Senza il sostegno dell’occidente il paese, già in grosse difficoltà economiche prima, oggi non sarebbe in grado di sostenere le perdite. Questo significa che piu’ si va’ avanti piu’ questo sostegno dovrà aumentare. Già oggi l’Ucraina ha problemi con carburante, hanno perso controllo della piu’ grande usina nucleare e idrica, delle miniere di carbone, due porti importanti.
– Si pone il problema per quanto tempo possono sostenere l’Europei questo ritmo. Hanno abbozzato gas per rubli, il petrolio continua a essere comprato (sempre rubli ?). Cosa si farà per il grano, per il fertilizzanti, per i metalli, per l’uranio? Sicuramente tutto a prezzi 3/4 volte maggiori e l’inflazione che aumenta e la competitività che diminuisce. Oltre a perda di mercati.
– Il grano in particolare: la Russia è già oggi il primo produttore al mondo, aggiungendo la percentuale prodotta nei territori conquistati dell’Ucraina aumenterebbe ancora di piu’ la sua importanza a livello globale
– Con la conquista di Mariupol la Russia ha acquisito il controllo su una regione con uno dei maggiore produttori del gas Neon importante per semiconduttori e lasers.
Questa è una guerra di attrito e la vincerà chi è in grado di resistere piu’ a lungo.
A quanto pare la Russia ha i suoi tempi e non sembra avere fretta (anche con tutto quello che succede intorno e in Ucraina non hanno ancora cambiato passo, solo aggiustato)
Usa hanno approvato 40 miliardi di dollari per l’ucraina di cui forse 6 in armamenti. Un’altra parte andra’ in reclutamento e addestramento. Il restanti nel sostentamento del paese (e in corruzione). Come ho descritto non và sostenuta solo la guerra ma il paese, che ha perso personale, strutture e importanti fonti di sostentamento.
Alcuni analisti presuppongono che i Russi non hanno risorse sufficienti a fronte di un occidente unito.
Io ci penserei due volte prima di dirlo.
Roberto Buffagni

Pierluigi Fagan Le tue sono considerazioni più che ragionevoli. Ti sintetizzo le mie. 1) Il rapporto 3:1 attacco/difesa dei manuali tattici è pensato per il punto di contatto tra gli schieramenti, non come rapporto di forze strategiche. Sul piano del rapporto di forze strategiche (potenza latente, demografia, potenza militare mobilitata+mobilitabile) la Russia è in vantaggio di ben più che 3:1 sull’Ucraina. Solo mobilitando i riservisti, la Russia può schierare 3 MLN e mezzo di uomini. Con una mobilitazione generale di riservisti e coscritti, può mobilitare 10 MLN di effettivi senza raschiare il fondo del barile.
Per quanto attiene alla potenza latente (economica) la Russia possiede materie prime e capacità di trasformarle incomparabile con quella Ucraina. Sintesi, tra Ucraina e Russia non c’è partita sul piano del rapporto di forze strategiche, e siccome la Russia non può permettersi di perdere la guerra, non c’è il minimo dubbio che la vincerà (poi il contenuto della parola “vittoria” va specificato, e questo contenuto non dipende solo dagli obiettivi russi, ma anche e soprattutto dagli obiettivi strategici americani). Insomma: i russi hanno scelto, per motivi che non riesco a capire, di combattere in Ucraina con forze in lieve inferiorità numerica sebbene tutti i manuali tattici prescrivano che per compensare il vantaggio della difesa sia necessaria una superiorità numerica dell’attaccante che convenzionalmente si stabilisce in 3:1.
2) A prescindere da questa scelta operativa le cui ragioni ci saranno sicuramente ma che mi sfuggono, secondo me non c’è il minimo dubbio che i russi avessero scelto di combattere una guerra “westfaliana”, ossia una guerra limitata per obiettivi limitati. Gli obiettivi territoriali sono, per farla corta, la conquista della Novorossya.
Gli obiettivi politici erano (sottolineo “erano”) “denazificazione”, “demilitarizzazione”, “neutralizzazione”. Denazificazione, demilitarizzazione, neutralizzazione sono la stessa cosa, espressa in forme diverse.
“Neutralizzazione” = mediante la firma di un trattato, garanzia de jure che l’Ucraina non diventerà un bastione militare occidentale sul fianco europeo della Russia.
“Denazificazione” non ha solo una funzione propagandistica a uso interno. Le formazioni di destra radicale ucraine, con le loro milizie ora integrate nelle FFAA ucraine, sono il principale strumento politico degli USA e della NATO per il controllo del governo ucraino, al fine di garantire che l’Ucraina sia de facto un membro della NATO, anche se non lo è de jure; perché per quanto minoritarie nell’elettorato, alla bisogna intimidiscono tutti i politici ucraini (se sgarri questi ti ammazzano).
“Demilitarizzazione” ossia distruzione/sbandamento delle FFAA ucraine = l’Ucraina non è più una minaccia militare per il Donbass e la Russia.
In sintesi: se ai russi fossero riuscite denazificazione + demilitarizzazione dell’Ucraina, essi avrebbero ottenuto de facto il risultato di neutralizzare l’Ucraina, qualora non riuscissero ad ottenerlo de jure.
Il raggiungimento dell’obiettivo territoriale è parzialmente raggiunto. Bisogna vedere se i russi riusciranno a raggiungerlo totalmente perché, anche ammesso che i combattimenti in corso nel Donbass si concludano con una vittoria decisiva russa, resta da conquistare Odessa e il territorio che la circonda, e non sarà assolutamente una passeggiata (inoltre, distruggere Odessa come è stata distrutta Mariupol pone serissimi problemi anche interni, è come distruggere Venezia).
Il raggiungimento di tutti gli obiettivi politici, denazificazione, demilitarizzazione, neutralizzazione, si è dimostrato impossibile perché gli americani hanno rilanciato tremila volte il piatto, e hanno ufficialmente dichiarato al massimo livello che l’obiettivo strategico USA è dissanguare, destabilizzare, frammentare politicamente la Russia, come minimo espellendola dal novero delle grandi potenze; e hanno confermato la serietà delle loro intenzioni votando un colossale riarmo dell’Ucraina, e favorendo l’ingresso in campo della Polonia (altri seguiranno).
Le milizie di destra radicale continuano ad esistere, si stanno riorganizzando e armando (anche su territorio NATO). Le FFAA ucraine stanno radunando, addestrando, armando centinaia di migliaia di coscritti e riservisti, su territorio ucraino e su territorio NATO. Veterani ucraini di stanno addestrando all’uso delle nuove armi NATO in Germania e in Polonia.
Sintesi: anche dopo l’eventuale conquista russa della Novorossya, la guerra in Ucraina NON finisce. Il governo ucraino NON siglerà un trattato con la Russia. L’Ucraina NON sarà “denazificata”, “demilitarizzata”, “neutralizzata”. L’Ucraina continuerà a combattere la Russia grazie all’armamento e al finanziamento costante USA+UE, grazie a una profondità strategica qualitativamente aumentata dal fatto che i santuari logistici delle FFAA ucraine si trovano su territorio NATO e i russi non possono colpirli senza rischiare un allargamento del conflitto e una escalation anche nucleare. L’accerchiamento NATO rischia di essere maggiore, non minore rispetto a prima dell’attacco russo, perché c’è la concreta possibilità che Svezia e Finlandia entrino nell’Alleanza Atlantica e per conto degli USA controllino il Mar Baltico, che per la Russia ha importanza strategica.
Morale: anche se diamo per scontata la conquista della Novorossya, la Russia così ottiene una (notevole, importante) vittoria tattica in una campagna, ma subisce una sconfitta strategica perché non ottiene nessuno degli obiettivi politici che si era prefissa e si ritrova daccapo a quindici.
Senz’altro la Russia, dopo il raggiungimento degli obiettivi territoriali, si disporrà sulla difensiva e consoliderà il territorio conquistato. Il punto è che cosa farà dopo, ossia in che modo risponderà alla sfida esistenziale che le pone l’Occidente, sul piano militare e sul piano politico. E’ qui che si apre il Secondo Atto della tragedia ucraina.

Azzardi ed inganni, assi pigliatutto e due di picche_con Antonio de Martini

La narrazione imposta dai media istituzionali stride sempre più con la realtà, come pure la propaganda enunciata da Zelensky, ma pianificata da ambienti ben più attrezzati, riportata senza contraddittorio. Una chiamata alle armi in Europa senza per altro disporre dei mezzi necessari e senza la convinzione diffusa delle implicazioni di tali scelte. Un quadro dove i politici più spregiudicati e dotati di iniziativa riescono a coprire spazi inimmaginabili sino a poco tempo fa sino a raggiungere una sovraesposizione tale da dover ricorrere quanto prima ad aiuti e sostegni esterni decisivi. E’ il caso della Turchia di Erdogan. Come pure nel versante opposto della passività, è il caso della gran parte dei paesi europei e dell’Italia in particolare. La comoda postura all’ombra dei veri decisori si sta rivelando sempre più controproducente e dannosa oltre che umiliante. Non basteranno i saltimbanchi all’opera a Bruxelles e nelle capitali non dico ad affrontare, quanto nemmeno a percepire la dimensione dei problemi e delle trappole nelle quali stanno cacciando i popoli europei. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v16b8ss-azzardi-ed-inganni-assi-pigliatutto-e-due-di-picche-con-antonio-de-martini.html

 

Ucraina, il conflitto 6a puntata_con Max Bonelli

La dinamica sul terreno del conflitto militare in Ucraina sta subendo delle accelerazioni significative sul fronte centrale con i primi segni di cedimento significativo dell’esercito ucraino. Sul terreno appare decisamente inspiegabile la tendenza dei loro comandi a lasciarsi intrappolare in sacche; più che il mantenimento dell’integrità di ciò che rimane di quell’esercito sembra interessare la salvaguardia dell’immagine di una forza resistente e l’evidente contraccolpo psicologico di un abbandono dei territori contesi, ma incedibili in una trattativa. E’ il pegno pesante da pagare per una politica di aperta ostilità del regime ucraino verso la Russia e parte della propria popolazione e di completo e stridente asservimento ai disegni americani rispetto all’afflato nazionalista che nutre la politica ucraina. Non sarà la fine rapida di un conflitto, quanto la mutazione della sua natura e della sua dinamica. Tutto è in mano statunitense, comprese le crepe che iniziano ad emergere vistosamente nell’area occidentale e nel centro dell’impero. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v16av8t-ucraina-il-conflitto-6a-puntata-con-max-bonelli.html

SI APRE IL SECONDO ATTO DELLA TRAGEDIA UCRAINA. IPOTESI E PREVISIONI, di Roberto Buffagni

SI APRE IL SECONDO ATTO DELLA TRAGEDIA UCRAINA. IPOTESI E PREVISIONI

 

Raccomando di seguire con attenzione l’intervista a Scott Ritter, (ex ufficiale di intelligence militare del Corpo dei Marines) che linko sotto.

Ritter risponde alle critiche che gli sono state rivolte da PIù parti, nel campo dei media dissidenti, per la sua recente analisi della situazione militare e politica in Ucraina. Replicando ai suoi critici, Ritter precisa e articola le sue posizioni, che a mio avviso sono sostanzialmente corrette.

Le riassumo con la massima brevità, integrando con mie considerazioni:

  1. Si sta concludendo la seconda fase delle ostilità in Ucraina con la conquista russa del Donbass e della striscia costiera del Mar Nero. La Russia raggiunge uno degli obiettivi politico-strategici dichiarati: sicurezza del Donbass, e dal pdv militare l’importante obiettivo di garantirsi un passaggio terrestre tra Crimea e Donbass e rendere il Mar Nero un mare interno russo.
  2. Non sono stati raggiunti gli obiettivi di “denazificazione” e “demilitarizzazione dell’Ucraina, né è stato raggiunto l’obiettivo politico-strategico essenziale della “neutralizzazione” dell’Ucraina, o l’altro obiettivo politico-strategico più complessivo di ridisegnare il sistema di sicurezza europeo così che tenga conto delle esigenze russe.
  3. La “denazificazione” non è stata raggiunta; anzi, il governo ucraino ha messo fuori legge tutti i partiti non di estrema destra, e le milizie di destra radicale integrate nelle FFAA ucraine continuano ad esistere nell’Ucraina occidentale. L’influenza delle formazioni politico-militari di destra radicale sul governo ucraino è aumentata, non diminuita rispetto alla situazione precedente l’attacco russo.
  4. La “demilitarizzazione”, ossia la distruzione o lo sbandamento delle FFAA ucraine non è stata raggiunta; anzi il governo ucraino, con l’appoggio della NATO, sta formando, addestrando, armando su territorio ucraino, polacco e tedesco numerosi contingenti di nuove truppe, calcolabili nell’ordine delle centinaia di migliaia tra veterani e coscritti.
  5. Per di più, la Polonia a quanto pare disporrà la partecipazione diretta alle ostilità in Ucraina di due battaglioni di volontari polacchi, formati da truppe polacche addestrate a livello NATO che si dimettono dalle FFAA nazionali e prendono parte al conflitto ucraino. Probabilmente, altre truppe polacche seguiranno.
  6. La legge Lend-Lease varata dal Congresso e dal Senato americano invierà agli ucraini 50 miliardi di dollari circa in armamenti, parte dei quali sarà composta da materiale bellico NATO state of the art. L’enorme quantità di rifornimenti consentirà agli ucraini anche di trascurare il serio problema della capacità di manutenzione del materiale bellico, compromessa dalle distruzioni di fabbriche e depositi (quando qualcosa non funziona, la sostituisci). Parte di questo materiale bellico sarà intercettato dai russi prima di giungere sul campo di battaglia, ma un’altra parte vi giungerà, come già vi giunge. Su territorio polacco e tedesco, veterani ucraini si stanno addestrando all’impiego dei nuovi sistemi d’arma.
  7. Perduto il Sudest, l’Ucraina conserva la profondità strategica per continuare la guerra; una profondità strategica accresciuta in modo qualitativamente importante dal fatto che i santuari logistici ucraini si trovano in territorio NATO (Polonia, Germania, Stati baltici), intoccabile per i russi senza rischiare un conflitto diretto con la NATO, con la possibilità di escalation nucleare.
  8. La NATO accerchia la Russia di più, non di meno rispetto alla situazione precedente l’attacco preventivo russo. Finlandia e Svezia hanno chiesto di entrare nell’Alleanza Atlantica. Fallito dunque anche l’obiettivo politico-strategico russo di ridisegnare in proprio favore il sistema di sicurezza europeo.
  9. Dunque, se la Russia concluderà le ostilità con la conquista del Sudest ucraino e si disporrà alla sola difensiva del Donbass, otterrà una vittoria tattica e subirà una sconfitta strategica, esponendosi a una guerra interminabile che la dissanguerà. Il progetto americano è proprio questo: dissanguare la Russia per destabilizzarla e infine frammentarla politicamente.
  10. Dal pdv strettamente militare, la risposta simmetrica russa a questa situazione sarebbe la mobilitazione generale, e la dichiarazione di guerra all’Ucraina. Questo provvedimento consentirebbe alla Russia di schierare sul campo fino a tre milioni di uomini, e di sferrare un’offensiva generale in Ucraina volta a distruggere le FFAA nemiche e a rovesciare il governo ucraino. Ovvie le conseguenze negative sull’economia russa, e i contraccolpi politici negativi sia all’interno, sia soprattutto all’esterno, con un prevedibile consolidamento dell’Alleanza Atlantica e dell’Occidente.
  11. Ritter avanza l’ipotesi che la direzione russa preferisca reagire gradualmente, per così dire “al rallentatore” alla minaccia. Consolidamento difensivo del Sudest ucraino, mobilitazione parziale e progressiva dei riservisti e dei coscritti; attesa del decisivo summit NATO di fine giugno, quando si constaterà se la Turchia resterà ferma nella sua scelta di opporsi all’ingresso nell’Alleanza di Finlandia e Svezia oppure no; tentativo di far leva sulle linee di faglia dell’Occidente, soprattutto in Europa, dove il prossimo autunno-inverno farà toccare con mano alle popolazioni europee il costo devastante delle sanzioni economiche alla Russia. (Mi sembra un’ipotesi ben fondata, il presidente Putin è uno statista molto cauto).
  12. In sostanza (mia considerazione), dopo la conclusione delle due prime fasi della guerra con la conquista del Sudest ucraino, che formano il Primo Atto della guerra, si apre il Secondo Atto. La Russia si trova di fronte a una vera e propria minaccia esistenziale, e lo sa. Reagirà di conseguenza, sul piano politico e sul piano militare; probabilmente, la reazione russa sarà graduale, e tenterà di evitare un impegno militare totale contro l’Ucraina e i suoi alleati. Se sarà impossibile evitarlo, si impegnerà a fondo, con tutte le sue risorse. In quest’ultimo caso, si aprirà il Terzo Atto di questa tragedia.

https://youtu.be/UnZU4n9lurg

 

La stretta mortale degli Stati Uniti sull’Europa è inaccettabile Di Jacques Myard

Di Jacques Myard, sindaco di Maisons-Laffitte

Tribuna. Gli Stati Uniti sono appena riusciti a perfezionare il loro vecchio sogno di dominio sull’Europa, impresa compiuta con determinazione e soprattutto con il vile sollievo delle vecchie nazioni europee che «stanche di sforzi troppo lunghi preferiscono farsi ingannare fintanto che ci mettiamo farli riposare” secondo il giudizio di Tocqueville.

Questa stretta americana sull’Europa è stata condotta in nome della democrazia, con le famose rivoluzioni colorate in tutti i satelliti ex sovietici le cui popolazioni aspiravano legittimamente a respirare aria di libertà ritrovata o di libertà senza precedenti.

La democrazia si è insediata in molti paesi dell’ex URSS, Polonia, Bulgaria, Romania, paesi baltici per citare solo i principali. Tuttavia, la democrazia ha una dimensione speciale, è accoppiata con l’adesione alla NATO, che avviene ancor prima dell’ingresso nell’Unione Europea.

In Romania è sintomatico vedere all’ingresso del Ministero degli Affari Esteri la bandiera rumena con l’emblema dell’UE e l’emblema della Nato. La Romania è entrata a far parte della NATO il 29 marzo 2004 e dell’UE il 1 gennaio 2007.

In Ucraina, i manifestanti che indossavano striscioni “arancioni” nel novembre 2014 in piazza Maidan denunciano la frode elettorale presidenziale del presidente filo-russo e ottengono nuove elezioni. Si è scoperto che i manifestanti hanno ricevuto un sostegno attivo dagli americani. Fu in questa data che l’Ucraina si rivolse alla NATO e all’UE e ricevette armamenti e informazioni da Washington, per non parlare di molti consiglieri.

La riconosciuta combattività degli ucraini non è estranea a questo multiplo aiuto americano, non c’è miracolo, Washington ha così la ferma volontà di far avanzare le sue pedine in Europa!

Ma con le richieste di adesione alla NATO di Finlandia e Svezia, il controllo americano ha compiuto un passo decisivo e tutti i paesi europei sono passati sotto la tutela di Washington.

Addio politica estera indipendente, addio difesa europea, ascolta, vai a piedi nudi, lo zio Sam pensa a tutto e pensa per te, è molto più efficace dei tuoi eterni battibecchi…

Gli Stati Uniti, dopo la loro disfatta afgana, stanno così riacquistando una relativa credibilità a poco prezzo grazie ai loro vassalli europei che credono fermamente nell’alleanza con questo potente, che pensa prima di tutto ai suoi interessi politici, militari ed economici.

È il ritorno dei bei tempi andati, il nemico rosso – la Russia – è il nemico perfetto, va punito, indebolito poiché te lo dico, zio Sam!

E se avete ancora dubbi sulla stretta mortale americana sull’Europa, rallegratevi brava gente nell’apprendere che il vicesegretario generale della NATO Mircea Geoana è contento della vittoria della canzone ucraina all’Eurovision… OTAN si occupa anche della canzoncina… CQFD!

La Francia può accettare questa vassalizzazione? Ovviamente no; ma Emmanuel Macron non dice una parola e ulula con i lupi. Peggio ancora, sostiene la logica della guerra della NATO quando dovrebbe fare tutto il possibile per trovare una soluzione diplomatica, anche se questo dispiace ai guerrafondai che, sognando una vittoria militare, contribuiscono all’escalation, a un ingranaggio che va contro il muro!

Per una buona comprensione del processo in corso “vassallo” deriva dal latino medioevale “vassalus” e dal latino “vassus” che significa… servo, senza commento!

“Non essere vassallo di nessun’anima, dipende solo da te stesso” Honoré de Balzac

Jacques Myard
Membro Onorario del Parlamento
Sindaco di Maisons-Laffitte
Presidente del Cercle Nation et République
Presidente dell’Accademia del Gaullismo

https://www-entreprendre-fr.translate.goog/la-mainmise-des-etats-unis-sur-leurope-est-inacceptable/?_x_tr_sl=auto&_x_tr_tl=it&_x_tr_hl=it

LA GUERRA SU DELEGA E IL RUOLO DELL’OCCIDENTE, di Marco Giuliani

LA GUERRA SU DELEGA E IL RUOLO DELL’OCCIDENTE

La crisi tra Kiev e Mosca, ma non solo, è ormai una questione di logoramento

 

C’è ancora qualcuno che crede a Zelensky quando, collegandosi con le tv di mezzo mondo, sostiene di trattare (per modo di dire) personalmente le condizioni riguardo al conflitto? C’è ancora chi è disposto a pensare che i contatti – sia quelli bilaterali con la Russia, sia quelli a livello consultivo con i suoi alleati (per modo di dire) occidentali – siano intrapresi in base alle sue iniziative? Forse qui in Italia qualcuno finge di esserne convinto, ma probabilmente la maggior parte dell’opinione pubblica internazionale si sta pian piano rendendo conto del gioco (sempre più pericoloso) per corrispondenza che si sta perpetrando nell’Est europeo. Lo si intuisce anche guardando le reazioni in rete.

Kiev, e chiunque stia approcciando una debole, debolissima bozza per riuscire ad aprire un tavolo di negoziato (vedi Erdogan), devono per forza tener conto delle variabili dipendenti: la Nato, che vuol dire Biden e Stoltenberg, e l’Ue, che vuol dire Von Der Leyen e Borrell. Ergo, coloro che sembrano favorevoli a che la guerra prosegua pur di indebolire Mosca. Sta diventando infatti ogni giorno più evidente che, qualora alcuni partners atlantici dovessero riuscire a fare fronte comune contro Putin (che ha un consenso interno altissimo), i relativi sviluppi non interesserebbero nella stessa misura tutte le parti in causa, a cominciare da Washington. E nonostante buona parte dei media occidentali – in prima fila le maggiori testate italiane – continui a negare l’evidenza, cioè che la guerra non si ferma con le sanzioni e l’indiscriminato invio di armi agli ucraini (l’Italia sta stanziando individualmente un cash più alto del Pil pre-pandemia 2019), ormai solo i propagandisti costruiti ad hoc potranno contare su un ritiro dei russi dal Donbass e dal confine sudorientale con la forza. Probabilmente è tutta una tattica, rispetto alla quale il gioco sporco viene lasciato fare al governo ucraino, che registra tra l’altro una certa stanchezza del suo apparato militare e, sembra, anche l’impossibilità di continuare i combattimenti presso alcune zone del fronte.

Oggi, dopo più di tre mesi dall’inizio del conflitto, verrebbe spontaneo chiedersi: in Ucraina c’è un’opposizione politica disposta a dire “stop” alle ostilità – ovviamente rivendicando le sue ragioni – e a proporre le condizioni per dare luogo a un percorso di pace? A Washington, c’è o meno una corrente parlamentare che intimi a Biden di rallentare la sua immane spesa rivolta a spedire bombe e cannoni a Kiev? Qualche avvisaglia c’è stata, ma si è trattato solo di voci isolate e in netta minoranza; secondo alcune stime, per sovvenzionare la guerra di Zelensky la Casa Bianca sinora ha speso circa nove miliardi e seicento milioni di dollari, e sembra non aver intenzione di fermarsi. E di riflesso, neanche Mosca, che pure ha posto al centro dell’attenzione mondiale la questione delle minoranze russe dall’ormai lontano 2014.

Che tipo di alleanza è quella secondo cui c’è un committente che spedisce il materiale bellico e poi dice al destinatario “ok, adesso vai e combatti” senza sporcarsi gli stivali sul campo oppure senza offrire uno straccio di appoggio in termini di soldati? Si vis pacem para bellum, diceva Vegezio, e lo stesso stanno dicendo Usa e UE all’Ucraina. Ma il prezzo, eccetto la drammatica realtà delle sanzioni e dei blocchi del granturco da Est per cui le difficoltà si estendono su scala globale, lo stanno pagando unicamente le due parti in causa. È plausibile che l’establishment di Kiev non tenti (almeno) di far sentire la sua voce per indurre l’icona televisiva Zelensky a trattare? È molto strano che ciò non avvenga, a meno che anche questo non sia abilmente celato dai media main stream. Ma sinceramente, anche il più fazioso mistificatore con poco sale in testa farebbe fatica a credere che l’opinione pubblica ucraina accetti di buon grado le perdite e il sangue versato sino a questo momento tacendo tout court, oppure accettando di buon grado la situazione in segno sacrificale. Tutto ciò si inserisce in un contesto di logoramento che non è più solo militare e politico, ma anche e soprattutto psicologico, come accadde negli anni di guerra fredda. Così, mentre l’alleanza atlantica, previa campagna d’informazione a senso unico telecomandata da Washington e Bruxelles prepara l’ennesimo pacchetto di sanzioni, nei cieli del Mar del Giappone russi e cinesi svolgono le loro esercitazioni militari mostrando i muscoli. Ricompattate e unite come prima, più di prima.

 

  MG

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA & SITOGRAFIA

 

insideover.com/difesa

notiziegeopolitiche.net

repubblica.it, 30 aprile 2022, sezione news

www.agi.it/estero/news

www.quifinanza.it,https://quifinanza.it/economia/ucraina-ma-a-europa-conviene-appiattirsi-su-biden/627345/

wired.it, Le conseguenze della guerra, 24 maggio 2022

L’Europa sta precipitando nel medioevo, di Alexey Osinsky

L’Europa sta precipitando nel medioevo
12 APRILE 2022

L'Europa sta precipitando nel medioevo

Poiché in Europa non ci sono quasi risorse naturali significative, in termini di volumi, cadrà molto al di sotto del XIX secolo, cioè nel Medioevo, quando praticamente non c’erano industrie su scala industriale. L’Europa non sfuggirà ad altri problemi connessi: le guerre eterne dei paesi europei tra di loro.

L’entità delle sanzioni anti-russe adottate dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti colpisce non solo l’economia della Russia stessa, ma anche il mercato globale, compresi gli autori dell’idea stessa. Prima dell’inizio della globalizzazione economica, era ancora possibile tentare di isolare alcuni paesi. Ma anche questo esperimento non avrebbe portato gli iniziatori delle sanzioni ai risultati sperati, per non parlare del fatto che l’isolamento è impossibile in linea di principio, se parliamo della Russia.

Il presidente degli Stati Uniti Biden ha affermato che l’economia russa sarebbe stata riportata al “XIX secolo”. Allo stesso tempo, il capo della Casa Bianca ha dimenticato di menzionare in quale secolo di storia mondiale l’Unione Europea apparirà automaticamente come principale partner e alleato di Washington. La risposta a questa domanda è semplice. Poiché in Europa non ci sono quasi risorse naturali significative, in termini di volumi, cadrà molto al di sotto del XIX secolo, cioè nel Medioevo, quando praticamente non c’erano industrie su scala industriale. L’Europa non sfuggirà ad altri problemi connessi: le guerre eterne dei paesi europei tra di loro.

L’indebolimento della stabilità europea avviato dall’Occidente è senza precedenti. Il pacchetto di sanzioni anti-russe comprende molti settori dell’economia, a cominciare dalle materie prime e dal settore bancario per finire con la logistica, le catene di trasporto che si sono formate per decenni tra la Federazione Russa e l’UE, dall’Unione Sovietica. Una delle aree è la fornitura di petrolio e gas russo all’Europa. L’Europa è stata costretta a farlo ai tempi dell’URSS e al culmine della Guerra Fredda, non per una bella vita, ma perché semplicemente non c’erano altre alternative. Allo stesso tempo, non si è mai parlato del fatto che la Mosca sovietica avrebbe “ricattato” qualcuno legandolo deliberatamente ai suoi gasdotti. L’Occidente stesso ha chiesto la posa di tali tubi,

Al momento, tutti questi paesi sono rimasti al loro posto, mentre la domanda energetica dell’Europa è aumentata molte volte. Ne consegue che l’Europa scende volontariamente nel periodo del Medioevo, quando al suo interno non c’erano particolari richieste di materie prime. In altre parole, l’Europa non sarà in grado di risolvere il compito di sostituire gli idrocarburi russi. Anche il gas stoccato negli impianti di stoccaggio europei non sarà una salvezza, poiché è completamente selezionato. Non si può nemmeno menzionare l’aumento dei prezzi del gas nell’UE, questo parametro è entrato in modalità disastro.

Per quanto riguarda l’argomento bancario, è importante ricordare che dal 2014 la Russia pratica il proprio analogo di SWIFT, si tratta di un sistema di trasmissione di messaggi finanziari (SPFS), che è abbastanza in grado di soddisfare le richieste di queste istituzioni.

Interessanti anche altri ambiti delle sanzioni anti-russe. Se l’Occidente è pronto a sottrarre ai partner russi una parte significativa della flotta aerea di aerei civili che sono stati noleggiati, in questo caso, la stessa Europa non avrà bisogno di questi aerei. Senza collegamenti aerei con la Russia, in condizioni di forte riduzione di voli, rotte, flussi di passeggeri e carburante per aerei, gli europei non avranno presto nessun posto e nessun motivo per volare. E all’interno della stessa Europa, tenendo presente il suo territorio relativamente piccolo, sarà del tutto possibile viaggiare in bicicletta, con un trasporto ecologico. Nel Medioevo non c’erano biciclette e aerei senza carburante e al minimo, e questa sarà l’unica differenza rispetto a circa 1400.

La stessa Federazione Russa subirà molto meno un duro colpo per l’industria aeronautica, poiché la piccola Europa, situata sul bordo occidentale, in linea di principio non limita l’ampio raggio di tutte le altre compagnie aeree. Soprattutto se si considera che i russi preferiscono rilassarsi vicino ai mari caldi, in cui l’Europa è relativamente povera. In una situazione del genere, la Russia rafforzerà automaticamente i legami con un certo numero di paesi in Asia, America Latina e Africa, il che più che bloccherà la direzione europea, che si suggellerà.

Secondo le leggi fondamentali dell’economia, le sanzioni imposte da Bruxelles nei confronti della Federazione Russa colpiranno la stessa Europa, che non potrà tornare al suo stato abituale, che le ha permesso di posizionarsi come uno dei centri del moderno, mondo high-tech non molto tempo fa. Per definizione, il mondo moderno ha assunto il massimo grado di partenariato e cooperazione, che gli ha permesso di far avanzare il sistema economico globale.

L’Europa, ovviamente, sarà in grado di cuocere separatamente il pane e fare il vino dall’uva, ma è improbabile che questo formato affronti le sfide del XXI secolo. Una tale tendenza parlerà della sua immersione nel passato ora per sempre. Soprattutto se ricordiamo che nel medioevo in Europa non c’era nemmeno acqua potabile pulita e fresca, il che provocava la necessità di bere vino regolarmente. Se gli europei considerano tale intossicazione, illusioni come la migliore via d’uscita dalla situazione, resta da augurare loro un interessante viaggio nella propria antichità.

Nello stesso periodo, in Russia appariranno sicuramente nuovi Sikorsky, Zworykin e Tchaikovsky, che attireranno nuovamente l’attenzione di tutto il mondo. Per quanto riguarda l’economia, negli ultimi otto anni, la Russia ha dimostrato che le restrizioni occidentali non hanno avuto molto effetto su di essa. Ciò significa che non verranno forniti in futuro. C’è solo una cosa che si può dire con certezza: i principali processi mondiali stanno affluendo rapidamente dai paesi occidentali all’Asia, anche con l’aiuto dell’Occidente stesso. Non sarà possibile invertire questo processo.

https://oneworld.press/?module=articles&action=view&id=2731

Ucraina, il conflitto militare 5a parte_con Max Bonelli

Quinta puntata del reportage di Max Bonelli. Una breve scorribanda sulla situazione economica della Russia raffrontata alle intenzioni delle politiche sanzionatorie decise dagli Stati Uniti e da buona parte dello schieramento occidentale. Una breve disamina della situazione sul fronte. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v15xz4e-ucraina-il-conflitto-5a-parte-con-max-bonelli.html

1 76 77 78 79 80 94