Italia e il mondo

La coda e il cane_di WS

Chi ha visto il film  “wag  the  dog”   capisce   subito    di  quale   relazione   geopolitica parlerò qui

Ora  questo intervento di Morigi  è stimolante  per parlarne , anzi     meriterebbe pure una  critica   articolata anche  su altri spunti  qui contenuti.

Innanzitutto  però mi si perdoni una  critica formale, perché questo pur eccellente contributo è  poco  leggibile sia per la sua grafia ( il neretto)   che per la sua  stesura senza  stacchi e  per l’ affastellamento di tanti interessanti spunti i quali   tutti  meriterebbero una trattazione più estesa.

 Ragion per cui, premettendo  che  forse    potrei  aver  frainteso   quanto  in esso  volesse  essere  scritto   dall’autore,   di   questi  spunti ne commento brevemente solo quello che mi pare  dovrebbe rappresentare l’essenza di questo articolo,  laddove  cioè solleva      la   relazione  U$A -Israele  con una  similitudine “tripla”:

Biden: netanyau= Alessadro V : Cesare Borgia= Trump: Giulio II 

 La trovo  molto stimolante ma errata .

Innanzitutto perché la vera similitudine dovrebbe essere semplicemente

  Democratici: Sionisti globalisti = Repubblicani : Sionisti israeliani 

 In quanto sia i Democratici e Repubblicani che le due branche del Sionismo sono  rispettiva espressione di due ” partiti unici” : l “americanismo” e il “sionismo” appunto.

E poi perché    nemmeno i termini mi sembrano  esatti.

 Infatti  se Biden e Trump possono essere considerati due papi della ” chiesa americana”, almeno i loro frontmen, Netaniahu è solo un “braccio” del Sionismo , paragonabile   ad un Cesare Borgia, ma  solo in quanto   anch’esso  un “avventurista” , in questo caso  mosso  però anche   dalla visione  “messianica” che pervade da sempre “la destra” del Sionismo.

  E  qui posso garantire che, al contrario   del Borgia, non ci sarà nessuna “rovina personale” per Bibi; semplicemente  “ a tempo debito” sarà “posato” ( per usare, non a  caso ,un termine mafioso) cosa che era già calcolata fin da l’ inizio della “operazione Gaza” .

C’ è  appunto nel sionismo una “cupola”  più efficiente che in quella “americana” e che evita che la “dialettica interna” sfoci mai in qualcosa di realmente  e platealmente “punitivo” per i  membri  perdenti della    tribù; pure per  quelli dannosi.

La “  carità”  interna   alla  “ nota etnia”  è  non solo  molto  forte   ma anche profondamente   astuta nell’ assunto che per   consolidare   la propria tenuta    ed  estendere  il proprio potere   non devono  essere  né  abbandonati,   né  esemplarmente puniti  non solo  gli “incapaci” ma pure i “transfughi”  e perfino  anche i “rinnegati”.

Ad  esempio dopo il 1945  nessuno   dei  nazisti   di  “sangue  ebreo”  fu    realmente punito, nemmeno  chi fu   sempre leale    ad “ Herr H “   e  il “nazismo”  non lo abiurò mai.

  Poi perdipiù  le  due entità : U$A e Israele sono ormai così tanto simbiotiche da mostrarsi sempre di più come una sola entità : U$rael. 

Di questa  si può certamente  definire chi  per stazza  sia “il cane ” e chi ” la coda”, ma mi sembra incontestabile che sia quest’ultima a far ” scodinzolare il cane “.

Trump non è un Giulio II che è andato a “punire” un borgia- netaniahu . Trump è stato solo chiamato a tirare fuori Netaniahu dai pasticci in cui si era cacciato.

 E qui si può discutere solo se “l’ ordine ” sia stato impartito direttamente dalla ” destra sionista” americana che sostiene  sia Netaniahu  che  Trump o dalla cupola sionista tramite la cupola americana in cui essa è  comunque pesantemente presente, e dalla quale comunque Trump è dipendente.

La ” pace di trump” serviva solo   a questo, pur  condito  con un  teatrino in  cui si è cercato di narrare che U$rael ha vinto.

Ma non è una “pace “, è  solo una pausa tra un “round” e il successivo ed è pure discutibile che U$real   questo  round lo abbia realmente vinto.

Certo parecchi “punti”  U$rael li ha segnati, ma al prezzo di  aver  smascherato al mondo  la  complicità  che esso riceve  da lunga  data  da  pressoché tutti   gli  stati   arabi  e sunniti .

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Il giardino prima della macchina_di Morgoth

Il giardino prima della macchina

Sulle verdure perdute del Medioevo e perché stanno tornando

Morgoth12 ottobre
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L’autunno è arrivato e ha segnato la fine della mia terza stagione di coltivazione nell’orto. Ho ancora alcune brassicacee più resistenti, come cavoli, germogli e broccoli, nell’orto. Tuttavia, i bei tempi sono effettivamente finiti e le mie colture invernali decisamente poco entusiasmanti, come porri, cipolle e aglio, sono quasi pronte per essere trapiantate. Ripensando alla stagione di coltivazione, posso raccontare i miei successi e i miei fallimenti.

Ho piantato pomodori per la prima volta e ho scoperto che erano piante incredibilmente deboli e bisognose. Prima, da giovani piantine, non c’era abbastanza luce solare; poi, da piante, faceva troppo freddo; poi ricevevano troppa acqua; infine richiedevano fertilizzanti costosi. Durante l’ondata di caldo estivo, faceva troppo caldo.

Al contrario, un grande successo quest’anno è stato quello dei fagiolini scarlatti. Mentre i pomodori reclamavano attenzione nella serra, i fagiolini scarlatti si sono arrampicati allegramente su un traliccio improvvisato e hanno prodotto un gran numero di baccelli lunghi trenta centimetri (!).

Ho avuto un raccolto di patate enorme, mentre i piselli si sono rivelati un completo disastro perché, ancora una volta, non avevo calcolato quanto sarebbero cresciuti in altezza.

Accanto alle mie piantine di cipolla e porro ci sono alcune piante più rare e insolite con cui sto sperimentando.

E c’è una storia dietro a tutto questo…

Non sorprende che l’algoritmo di YouTube promuova in modo piuttosto aggressivo i “contenuti” di giardinaggio nel mio feed video. All’inizio di quest’anno, mi è stato consigliato un video intitolato ” 15 verdure dimenticate coltivate dai contadini medievali che DEVONO tornare ” . Il video, che sospetto fosse principalmente generato dall’intelligenza artificiale, elencava numerose erbe e verdure del Medioevo che da allora sono scomparse dalla nostra dieta quotidiana. Nonostante la natura “scarsa” del contenuto, sono rimasto incuriosito dalla premessa e ho approfondito ulteriormente.

Devo ammettere che non avevo riflettuto molto su come il nostro cibo sia cambiato nel corso dei secoli. Se William Shakespeare avesse visto una patata, l’avrebbe considerata una stranezza, forse un afrodisiaco. I Romani non sapevano cosa fosse un pomodoro. E nemmeno Leonardo da Vinci.

Mentre gli uomini europei navigavano verso le terre selvagge e inesplorate del mondo, tornavano con nuove colture che si insinuarono nella nostra dieta quotidiana fino a quando non le riconoscemmo più come estranee. Le colture tradizionali che sarebbero state familiari a un monaco o a un contadino medievale furono, per così dire, relegate ai margini del piatto, per poi essere completamente dimenticate.

Chi ha mai sentito parlare oggi del Buon Re Enrico? Era anche chiamato “Spinaci del Povero” o “Piede d’oca perenne”. Un’altra è il levistico, un parente del prezzemolo e del sedano. Il tanaceto è una pianta piuttosto aromatica con fiori a bottone giallo brillante e una vasta gamma di usi, alcuni dei quali sembrano decisamente dubbi, se non addirittura pericolosi. Poi c’è lo skirret, un parente della carota e della pastinaca che forma una spessa massa di bulbi nutrienti. Un’altra radice di cui non si sente molto parlare oggigiorno è la scorzonera, che si dice abbia un sapore di mare.

Il buon re Enrico

L’elenco degli alimenti che non mangiamo più, non coltiviamo più e non ricordiamo più è lungo. L’amministrazione dell’imperatore Carlo Magno produsse un documento intitolato “Capitulare de villis” che, tra molti altri editti amministrativi, prescriveva quali piante dovessero essere considerate benefiche per il popolo e per l’Impero in generale.

Più leggevo sui gusti e le abitudini culinarie degli europei in continua evoluzione, più mi sentivo come se fossi in un giallo. Perché, ad esempio, non avevo mai sentito parlare del levistico, figuriamoci di averlo visto al supermercato? Lo skirret era davvero una patata o una carota di qualità inferiore, da gettare nella zona fantasma storica e culturale? Era una cospirazione? Se il buon Re Enrico è un asparago o uno spinacio da poveri, perché non era facilmente reperibile?

Il primo indizio mi è venuto in mente quando ho capito perché all’improvviso avevo voluto ordinare dei semi e provare a coltivare alcune di queste piante dimenticate: erano piante perenni.

(Una pianta che viene seminata e completa il suo intero ciclo vitale nell’arco di un anno è detta annuale. Un pomodoro o un fagiolo sono annuali. Una pianta che rimane nel terreno per anni e anni, producendo raccolti stagionalmente, è detta perenne. Il rabarbaro o un melo sono perenni.)

Addentrandoci nel mistero, scopriamo che non è tanto il fatto che le colture straniere più saporite abbiano soppiantato e sostituito quelle autoctone più antiche, quanto piuttosto che erbe e verdure abbiano iniziato a essere scelte in base ai loro cicli di crescita. Per un monaco o un contadino medievale, l’incentivo era quello di coltivare colture affidabili che richiedessero il minimo sforzo e fossero il più possibile vicine alla cucina. Pertanto, una coltura resistente e resistente come il levistico o il levistico era l’ideale poiché, una volta piantata, produceva frutti anno dopo anno.

È, letteralmente, una questione di radicamento.

L’umile, dimenticato da tempo skirret

Certo, il giardiniere del Medioevo non coltivava solo piante perenni, ma anche annuali, che si adattavano a un’esistenza più ritmica, in cui le colture principali erano già sistemate e l’appezzamento aveva solo bisogno di essere curato.

Il problema è che un sistema del genere non si replica né sopravvive bene in una civiltà di massa basata su scala industriale. Infatti, durante la Rivoluzione Industriale, la classe contadina fu principalmente espulsa dalla terra e trasferita nei mulini, nelle miniere e nei cortili. I prodotti alimentari di base furono razionalizzati; l’incentivo era la scalabilità e l’efficienza.

Un proprietario terriero o un azionista di mercato dovevano essere in grado di valutare costi e benefici durante l’intero anno. Il mercato doveva adattarsi rapidamente alle condizioni meteorologiche, ai semi marci o alle catene di approvvigionamento problematiche. I lavoratori dovevano essere riforniti di cibo nutriente in quantità sempre maggiori. In questo caso, una coltura come la patata ha superato la coltivazione di patate in quasi tutti i parametri, tranne che in termini di durata e resistenza.

Le radici profonde furono recise e sostituite da un modello più transitorio e favorevole al mercato. Gli europei cessarono di essere parte dell’ordine naturale, non più generandolo ma dominandolo attraverso la tecnica. La natura divenne una riserva permanente uniforme, i cui ritmi subordinati ai programmi di produzione e ai margini di profitto. Quella trasformazione plasmò più che le colture: plasmò i nostri sensi.

Levistico

Non abbiamo mai veramente deciso che il sedano fosse più saporito del levistico: non lo è, semplicemente le nostre scelte sono state fatte per noi da un sistema meccanizzato che richiedeva delicatezza, uniformità e velocità.

È la storia del trionfo del “Regno della Quantità”, a prescindere dai gusti culinari e dall’estetica. La tecnica privilegia il generico, il disneyano e l’insipido, ed è per questo che così tante persone considererebbero orribile la massa grumosa di radici nodose della pianta di styrret, e confortante e familiare l’aspetto arancione e infantile della carota.

Eppure, mentre questa società di massa e scala scivola sempre più nella follia e nel nichilismo, aneliamo a una via d’uscita, a un rifugio che ci riporti alle radici e all’appartenenza. Quante volte ci è capitato di passare inconsapevolmente accanto a un gruppo di piante di Re Enrico il Buono, accanto a un vecchio muro diroccato? O a un groviglio di levistico incastonato in una siepe?

Il mio interesse per queste verdure è nato perché erano piante perenni, perché sarebbero rimaste lì indipendentemente dalle altre condizioni. La definizione di perenne è:

duraturo o esistente per un tempo lungo o apparentemente infinito; duraturo o che si ripete continuamente.

È uno sguardo verso un altro mondo, più antico, in cui il tempo funziona in modo diverso e indipendente dalle esigenze dei processi digitalizzati; appartiene al passato e molto probabilmente anche al futuro.

In un mondo che ha superato l’uniformità, lo standardizzato, il generico, forse avranno la loro rivincita.

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Taylor Swift è MAGA adesso?_di Evan Barker

Taylor Swift è MAGA adesso?

Evan Barker10 ottobre
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Taylor Swift ha appena pubblicato il suo dodicesimo album in studio, “The Life of a Show Girl”. Le recensioni della critica sono state per lo più negative, mentre le reazioni dei fan più accaniti di Swift sono state straordinariamente entusiastiche.

Ma c’è un colpo di scena.

FOTO: Taylor Swift

Cominciamo con il singolo principale dell’album, “The Fate Of Ophelia”, che descrive una damigella in pericolo, sola nella sua torre, che viene salvata da un uomo.

Negli ultimi dieci anni, a donne e ragazze è stato ripetuto senza sosta attraverso la musica, la TV e la politica di essere delle “girl boss”, che devono “rovesciare il patriarcato” e che “il futuro è donna”. Ma ora, la principessa più potente del pop dichiara che idee della vecchia scuola come la cavalleria e il piacere per gli uomini “virili” che praticano sport da gladiatore come il calcio non sono solo accettabili, ma meritano di essere cantate!

“E se non fossi mai venuto a prendermi

Potrei essere annegato nella malinconia

Ho giurato la mia fedeltà a me stesso, a me stesso e a me stesso

Proprio prima che illuminassi il mio cielo”

FOTO: ‘Cavalleria’ e TAYLOR SWIFT

Taylor non solo accoglie con favore l’essere “salvata da un uomo” nella traccia di apertura, ma in “Wi$h Li$t” fantastica su argomenti “tabù” come la cura della casa e le comodità suburbane, cantando: ” mi ha fatto sognare un vialetto con un canestro da basket ” e ” ho un paio di bambini, ho tutto l’isolato che ti assomiglia”.

L’intero album ha un’atmosfera vintage, traendo ispirazione dal passato: il glamour della vecchia Hollywood con canzoni su Elizabeth Taylor, diamanti e tragiche eroine shakespeariane. Un’epoca prima degli eccessi scottanti di “Me Too”, quando uomini e donne non erano diametralmente opposti per valori e idee politiche, ma si univano e mettevano su famiglia.

Le canzoni di “Showgirl” sono le sue più mature, con testi che si discostano dai soliti temi di giovanili delusioni e celebrità. Mentre Katy Perry ha fiaccato il suo ritorno alla musica all’inizio di quest’anno, raddoppiando i stanchi temi da “girl boss” nell’imbarazzante brano ” Woman’s World “, Swift si è eleva a una nuova era, attingendo all’antitesi di ciò che la modernità ha ritenuto degno del successo femminile, assaporando fantasie di matrimonio, figli e stabilità rispetto all’indipendenza e al materialismo.

Non mi sorprende che molti dei critici musicali tradizionali, come Pitchfork e X, abbiano dato all’album recensioni tiepide. L’affascinante uscita di scena di Taylor è passata loro sopra la testa oppure, in fondo, nutrono una profonda animosità nei confronti della sua metamorfosi.

Forse i critici avrebbero preferito un album intitolato “Childless Cat Lady” – o almeno una canzone che riconoscesse l’era Trump 2.0 e il disprezzo di Taylor per essa. Invece, hanno ottenuto ninne nanne casalinghe e inni anti-cancel culture.

Un critico feroce ha scritto: “La donna che un tempo cantava del trasferimento a New York come se fosse l’atto più radicale e creativamente trasformativo che una persona avesse mai compiuto ha ufficialmente optato per la periferia. È deludente, intempestivo e, cosa più imperdonabile, noioso da morire”.

Naturalmente, anche una certa parte della sua fanbase ha notato il cambiamento e non ne è felice. Scorrete i commenti su TikTok e X e troverete subito ragazze che la accusano di averle abbandonate, arrabbiate per i suoi legami con giocatori dei Chiefs e mogli di giocatori di football che hanno opinioni conservatrici.

FOTO: Taylor Swift e la moglie di Patrick Mahomes, Brittany Mahomes

Nella canzone gotica e soft-rock “CANCELED!”, Swift racconta la storia di un’amica (potrebbe essere Brittany Mahomes?) che ha detto qualcosa di ” stonato ” pur essendo ” hot “, descrivendo scene di ” crociati mascherati ” che scelgono una “tomba e un carro funebre ” per la loro prossima vittima della cancel culture. Ma Taylor la rassicura subito: ” Meno male che mi piacciono i miei amici cancellati. Mi piacciono avvolti in Gucci e nello scandalo “.

Nell’uscita cinematografica di “The Life Of A Show Girl”, uscita nei cinema lo scorso fine settimana e arrivata al primo posto al botteghino, Swift fornisce un commento dietro le quinte della canzone, dicendo ai fan: “Giudico le persone in base a chi le conosco e alle loro azioni, non in base a un consenso generale in cui la gente dice: allontanati, sono radioattivi!” – una risposta non proprio sottile a tutte le critiche che ha ricevuto per non aver sempre avuto le relazioni “giuste”. Prima di Travis Kelce, Swift ha frequentato il cattivo ragazzo indie rock Matty Healy, amico delle opposte Anna Kchachiyan e Dasha Nekrasova del podcast Red Scare, con grande costernazione dei suoi fan.

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“The Life Of A Show Girl” è il segnale più chiaro che il cambiamento di atmosfera post-2024 è destinato a durare. Persino Taylor Swift è stufa della cancel culture, quindi forse le girl boss progressiste e costiere non hanno più il controllo. Perché questo significa che non è più solo per loro, ma anche per tutti noi, stronzi.

La mia canzone preferita è “Eldest Daughter”. La prima volta che l’ho ascoltata, ho pianto. Il pianoforte inquietante e le dolci confessioni rivelano una vulnerabilità universale che nasce dall’ammettere di aver detto una sola volta di non volere qualcosa, perché non avresti mai pensato di ottenerla.

Certo, Taylor Swift non è MAGA ora. Tuttavia, sta andando verso ciò che è naturale: matrimonio, figli e tradizionalismo. La dichiarazione che il vero amore e la prospettiva di costruire una famiglia sono più appaganti di qualsiasi altra cosa. Chi odia continuerà a ODIARE, ODIARE, ODIARE, ODIARE, ma sono felice per lei.

L’arroganza e la teatralità segnano il distacco dalla realtà dell’Occidente atlantista_di Simplicius

L’arroganza e la teatralità segnano il distacco dalla realtà dell’Occidente atlantista

Simplicius15 ottobre
 
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Di tanto in tanto capita di assistere a dimostrazioni di arroganza così sbalorditive che bisogna vederle per crederci. Durante il vertice dei ministri della Difesa della NATO tenutosi questa settimana a Bruxelles, il goffo segretario generale Mark Rutte ha battuto il record delle dichiarazioni più imbarazzanti in due minuti; è stata una delle incarnazioni più evidenti dell’arroganza imperiale alla base del disastroso deterioramento della NATO e dell’UE:

Non solo finge di credere che la NATO sia economicamente decine di volte più potente della Russia, ma anche che il suo esercito sia “infinitamente” superiore, usando il linguaggio dei bambini.

Fingendo di essere una specie di duro, arriva persino a fingere di non sapere cosa siano i MiG-31; perché, ovviamente, sottovalutare il proprio avversario fino al punto di ignorarne completamente le risorse è un segno inequivocabile della “forza” militare che Rutte cerca così disperatamente di incarnare.

La parte più tragicomica della retorica umiliante del “papà” Don è che, se si ascolta attentamente, il suo scopo sembra essere semplicemente quello di placare i suoi compagni apparatchik, che probabilmente stanno avendo dei ripensamenti dopo aver sfiorato la morte antagonizzando la Russia.

Con tono supplichevole —con toni di estrema umiliazione—Rutte li supplica di «tenerne conto, per favore» e di «trovare conforto» nella finta esaltazione dell’alleanza che sta disperatamente cercando di costruire per coprire la sua effettiva debolezza storica. Lo scopo diventa chiaro: si tratta di una sessione di persuasione volta ad alleviare le preoccupazioni dei suoi compatrioti; e non sarebbe stata necessaria se non fosse stato per il fatto che tutti loro credono esattamente il contrario della retorica entusiasta e spavalda che Rutte sta sputando fuori dalla sua bocca. Tali eccessi di spavalderia sono necessari proprio quando si manca di fiducia in ciò che si dice.

Purtroppo, quella non era nemmeno la parte peggiore della sua sfacciataggine. Nel video successivo, Rutte supera radicalmente se stesso invocando il Red October di Tom Clancey per dipingere la marina russa come ridotta a un sottomarino rotto e “zoppicante”. La sua diarrea verbale è così grossolanamente esagerata che è difficile credere che provenga da un cosiddetto “Vertice dei ministri della Difesa della NATO”, piuttosto che da qualche battuta dietro le quinte nella sauna preferita di Rutte a Bruxelles:

Il “uomo forte” Cancelliere della NATO continua dichiarando debolmente che l’alleanza scorterà “delicatamente” gli aerei russi che non rappresentano una minaccia perché la NATO è “così forte” e solo se la NATO fosse “debole” l’alleanza dovrebbe abbattere gli aerei russi. Sembra che la programmazione orwelliana sia riuscita a creare un altro schiavo mentale.

Ma quello che noterete è che l’intero ordine occidentale è degenerato in un teatro dell’assurdo. Praticamente tutto è stato ridotto a espedienti e artifici, uno più imbarazzante dell’altro.

Si prenda ad esempio la visita odierna del ministro degli Esteri polacco Sikorski a Londra, dove ha messo in scena un drone russo Geran catturato nella sanguinosa Camera dei Comuni del Parlamento britannico per ottenere il massimo effetto teatrale:

https://www.reuters.com/business/aerospace-defense/polands-sikorski-says-europe-must-prepare-deep-russian-strike-2025-10-14/

Quanto può diventare ancora più assurdo e caricaturale questo freakshow?

A peggiorare le cose, in una nuova intervista il disonorato “generale” Ben Hodges ha affermato che se la Russia osasse attaccare la “potente” NATO, sia Kaliningrad che Sebastopoli sarebbero “annientate” nella prima ora:

Con ironia, il suo insipido discorso ha offerto agli ucraini uno spaccato della psicopatia e dell’indifferenza dell’Occidente nei confronti dell’Ucraina stessa, considerata nient’altro che una pedina sacrificabile nella guerra per distruggere la Russia:

Come se questo tripudio di vuoto narcisismo non bastasse, il re dell’ego in persona ha coronato la giornata di pomposa esultanza con un’ultima serie di chiacchiere che fanno venire voglia di prendersi a schiaffi. Dopo aver blaterato senza senso di circa 1,5 milioni di vittime russe, ha citato le “lunghe code per il gas russo” prima di affermare ridicolmente che l’economia russa presto “crollerà”:

Per non parlare del fatto che continua a ripetere senza ironia l’affermazione secondo cui avrebbe distrutto il BRICS. Al contrario, il BRICS è diventato sempre più forte, con la de-dollarizzazione in forte espansione tra gli ultimi annunci secondo cui le compagnie petrolifere indiane sono tornate a pagare il petrolio russo in yuan; per non parlare di altre notizie:

https://www.wsj.com/economy/trade/chinas-exports-rise-at-fastest-pace-in-six-months-despite-u-s-tariffs-123f115c

Trump ha poi continuato con minacce allusive riguardo ai missili Tomahawk in vista della visita di Zelensky di venerdì, durante la quale il pifferaio magico ucraino dovrebbe mettersi a cantare e ballare in una stravagante esibizione per ottenere le risorse a lungo raggio.

Trump ha continuato a sfruttare in modo superficiale il cosiddetto “Tomahoax”, ignorando completamente che gli Stati Uniti non hanno praticamente nulla da offrire. Un nuovo articolo del Financial Times cita Stacie Pettyjohn, “direttrice del programma di difesa presso il think tank Center for a New American Security”, che riconosce che gli Stati Uniti sarebbero in grado di fornire all’Ucraina solo 20-50 dei missili da 1,3 milioni di dollari. Leggi attentamente il testo in grassetto qui sotto:

Tuttavia, gli Stati Uniti sarebbero probabilmente in grado di fornirne solo pochi all’Ucraina. Ciò alla luce del fatto che, secondo gli esperti della difesa, dei 200 missili acquistati dal Pentagono dal 2022, ne sono già stati lanciati più di 120. Il Dipartimento della Difesa ha richiesto finanziamenti per soli 57 Tomahawk in più nel suo bilancio 2026.

Washington avrebbe probabilmente bisogno anche dei missili Tomahawk per qualsiasi attacco sul suolo venezuelano.

Stacie Pettyjohn, direttrice del programma di difesa presso il think tank Center for a New American Security, ha affermato che Washington potrebbe mettere a disposizione dell’Ucraina dai 20 ai 50 missili Tomahawk, «il che non modificherà in modo decisivo le dinamiche della guerra».

L’articolo proseguiva osservando:

Sebbene i missili a lungo raggio potrebbero integrare i droni d’attacco a lungo raggio e i missili da crociera dell’Ucraina “in grandi salve complesse per ottenere un effetto maggiore”, essi “avrebbero comunque una capacità molto limitata… certamente non sufficiente per consentire attacchi prolungati e profondi contro la Russia”, hanno aggiunto.

Che fine hanno fatto quei missili Storm Shadow, comunque? Dopo che hanno iniziato a essere regolarmente recuperati dal fondo del Mar Nero, sembra che questi missili, molto più avanzati dei Tomahawk, siano semplicemente passati di moda.

Ad ogni modo, l’ultimo kabuki atlantista serve solo a ricordarci quanto l’Occidente abbia perso credibilità e ragionevolezza. Tra minacce vuote, vanterie ancora più vuote, finto complesso di superiorità e altre stravaganze, l’Occidente appare ogni giorno più debole e stupido, mettendo a nudo le proprie contraddizioni sul fatto che la Russia sia allo stesso tempo abbastanza debole da poter essere derisa e abbastanza forte da mantenere Rutte e la sua banda di smidollati in uno stato di frenesia bellica.

Sul fronte bellico, gli ucraini hanno notato un enorme aumento degli attacchi con mezzi corazzati russi su tutti i fronti principali, in netto contrasto con la tattica del “gocciolamento” a cui erano abituati da tempo. Sembra che la stagione della “grande offensiva” sia ricominciata.

Ci sono molte ragioni per questo. Una è il fatto che sta iniziando l’autunno rasputitsa , con strade che diventano fangose e impraticabili per carri, Lada, biciclette, scooter, asini e i consueti mezzi di trasporto del XXI secolo.

Il secondo motivo è che la defogliazione delle siepi espone i soldati di fanteria isolati, limitando la loro capacità di nascondersi con il consueto trucco dei due uomini.

Terzo, e forse più importante, anche se più soggettivo, credo che il comando russo percepisca che la maggior parte degli attuali punti caldi stiano raggiungendo la massa critica per il crollo della resistenza ucraina. Il metodo “a goccia” è una tattica di infiltrazione a lungo termine che minimizza le perdite ed è utile per modellare il campo di battaglia lungo un determinato punto di convergenza o obiettivo, ma a un certo punto, quando il terreno è stato “modellato” al massimo effetto e si sono accumulati i vantaggi della propria parte il più possibile, può essere decisivo sferrare finalmente i colpi finali in massa. Questo è particolarmente vero quando, come parte di quella fase di “modellamento”, si sono ridotte le difese locali del nemico sotto forma di ISR, squadre di droni, EW, ecc.

Solo nell’ultimo giorno ci sono state almeno tre o quattro grandi offensive corazzate in aree come Dobropillya dell’asse Pokrovsk, Mirnograd e Shakhove. In ciascun caso, le AFU hanno naturalmente affermato di aver distrutto tutto e respinto gli attacchi, anche se stranamente i cartografi hanno notato dei progressi in alcune delle aree oggetto di questi assalti.

Ad esempio, negli attacchi a Shakhove, i russi sembravano aver conquistato alcuni campi e spinto il fronte quasi direttamente contro il confine di Shakhove:

Ecco un video ucraino che sembra mostrare l’assalto a Shakhove:

Si possono vedere molti colpi di droni sulle armature, ma poche perdite definitive. Le riprese dei colpi dei droni sui veicoli blindati nel 2025 sono estremamente fuorvianti, poiché la tecnologia delle protezioni secondarie ha fatto passi da gigante e la maggior parte dei colpi finisce per avere un effetto minimo. Oggigiorno occorrono molti, molti colpi per distruggere un veicolo blindato medio sia sul fronte russo che su quello ucraino. Tra la dozzina o più di veicoli che si vedono nel video, forse solo uno appare decisamente distrutto e in fiamme.

Mentre l’assalto era in corso, la 132ª brigata russa colpì Rodynske dall’altra parte delle “orecchie di coniglio” e riuscì a consolidare alcuni dei primi distretti:

Un altro assalto lungo lo stesso asse, ma più a sud, è riuscito a penetrare nella periferia di Mirnograd:

Questo ha portato i principali produttori di mappe ad annunciare che la battaglia per Mirnograd era finalmente iniziata ufficialmente:

Come promemoria, tutti i punti sopra citati sono sullo stesso asse, il che significa, come afferma Serge sopra, che la Russia ha probabilmente deciso di chiudere l’intero teatro:

AMK_Mapping ci ricorda giustamente l’ovvio paragone con Avdeevka, proprio alla vigilia della sua conquista nel febbraio 2024:

È piuttosto evidente che Pokrovsk sia in una situazione molto più precaria in questo momento, anche se manca, per la parte russa, l’enorme quantità di battaglioni penali Storm-Z “sacrificabili” che avevano coraggiosamente guidato l’ultima offensiva su Avdeevka.

A Kupyansk non ci sono cambiamenti significativi, se non il riconoscimento da parte dei cartografi che la “sacca” centrale è stata effettivamente abbandonata dalle forze armate ucraine. Tuttavia, nei prossimi giorni i russi condurranno “operazioni di rastrellamento” per ripulire le case di questo vasto distretto, che per ora rimane colorato in modo “leggero” per indicare che non è stato ancora conquistato “completamente”.

Il governo ucraino ha colto il suggerimento quando le notizie dell’evacuazione di 40 insediamenti vicini hanno fatto il giro delle onde radio:

Il mese scorso il capo dell’amministrazione militare regionale ucraina Andriy Kanashevich aveva osservato che poche persone stavano evacuando dalla stessa Kupyansk, suggerendo che stavano aspettando che i russi venissero a “liberarle”.

Dovremo attendere chiarimenti nei prossimi giorni, ma il fatto che persino Deep State abbia classificato la città come zona grigia è significativo:

Un ultimo elemento di interesse:

Un nuovo servizio di Rossiya-1 sui recenti progressi e le esercitazioni russe nel campo dei droni, con particolare attenzione al Courier UGV che ha recentemente presentato una funzione di sminamento laser, anch’essa mostrata qui:

Come previsto, i sistemi robotici terrestri Courier (“Курьер”) continuano ad essere sottoposti a nuove modifiche, come dimostrato durante un raduno di unità delle truppe del genio delle forze terrestri russe in un poligono di addestramento nella regione di Volgograd.

Oltre alla versione standard dell’UGV per il supporto antincendio/ingegneria, dotata di una mitragliatrice PKT da 7,62 mm con televisione bispettrale e mirino termico (MWIR/LWIR) e una gittata effettiva di 1. 100-1.300 m, e che trasporta 10 mine anticarro TM-62M, nonché una variante con un lanciagranate automatico AGS-17/30 con una gittata di 1.900-2.100 m (utilizzato anche nella zona delle operazioni militari speciali), è stata presentata anche una versione esclusivamente ingegneristica.

Questa variante è dotata di un modulo di sminamento laser “Ignis” (“Игнис”) con una portata effettiva di oltre 150 m, in grado di bruciare gli involucri di proiettili ad alto potenziale esplosivo, termobarici e di altro tipo.

Alcune specifiche del sistema robotico terrestre Courier:

— Dimensioni: lunghezza della piattaforma
— 1,4 m; larghezza
— 1,2 m; altezza (senza armamento)
— 58 cm.
— Peso: 250 kg.
— Velocità: fino a 35 km/h.
— Autonomia: da 12 a 72 ore.
— Propulsione: cingolata.
— Motori elettrici: 6 kW.
— Raggio di controllo: da 3 a 10 km.
— Sistema di controllo: remoto, tramite un canale radio sicuro.


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CONFRONTANDO AGATOCLE CON NETANYAHU  COMMENTANDO ISRAELE-ITALIA DI CESARE SEMOVIGO_di Massimo Morigi

CONFRONTANDO AGATOCLE CON NETANYAHU  COMMENTANDO ISRAELE-ITALIA DI CESARE SEMOVIGO: IL RAPPORTO FRA VIRTÙ, FORTUNA E MORALE  NEL  REALISMO POLITICO DEL PRINCIPE DI MACHIAVELLI E NEL PENSIERO E NELL’AZIONE DI GIUSEPPE MAZZINI A PROPOSITO   DELL’ACCORDO    FRA   ISRAELE   ED   HAMAS E DEL ‘COMPIUTO    PECCATO’    DELL’OCCIDENTE  E   DELL’ITALIA

di Massimo Morigi

 Cesare Semovigo ha appena pubblicato in data 10 ottobre 2025 per “L’Italia e il Mondo” Israele-Italia un’alleanza bipartisan. Italia e Israele: alleati privilegiati, un binomio strategico tra storia, tecnologia e politica (http://web.archive.org/web/20251010104842/https://italiaeilmondo.com/2025/10/10/israele-italia-un-alleanza-bipartisan-di-cesare-semovigo/) prima parte di suoi ulteriori interventi sull’argomento degli  (ahimè) inscindibili legami fra Italia e Israele –  stante l’attuale stato delle cose degli strettissimi rapporti indusrial-militari-finanziari fra i due paesi – , legami di una tale intensità e pervasività che rendono l’Italia forse la nazione del c.d. occidente con forma di stato democratico-rappresentativa più succube  all’imperialista politica di potenza di Israele e prona alla sua ideologia sionista, la quale a livello mainsteam, in Italia come nel resto del già menzionato c.d. occidente, non ci si permette nemmeno di nominare dando la colpa di quanto è successo negli ultimi due anni (dimenticando che è una vicenda che si trascina dalla costituzione stessa dello stato d’Israele) al “terrorismo” di Hamas (‘terrorismo’, parola del lessico politico mainstream che svolge la funzione di una sorta di ‘orizzonte degli eventi’ del concetto per designare senza ulteriore ragionamento ed analisi il nemico) che avrebbe agito contro un paese retto da una matura e completa democrazia (medesima funzione di “orizzonte degli eventi” di quest’ultima parola, solo che in questo caso denotante un giudizio positivo su un sistema politico, non considerando menomamente la  realtà effettuale cui il lemma ‘democrazia’ fa da velo  a livello interno ed internazionale e che, nel caso di Israele,  è connotata dal più feroce e razzista imperialismo di stampo sionista), una democrazia israeliana che – sempre secondo il mainstream – se proprio le si vuole fare un appunto, avrebbe la sventura di essere oggi governata dal malvagio primo ministro Benjamin Netanyahu, trascurando però il “piccolo” dettaglio che questo personaggio, al netto di tutto il male che se ne possa dire, non è arrivato al potere tramite la violenza ed in maniera illegale ma attraverso i ben oliati e “universalmente” venerati meccanismi della democrazia rappresentativa, la quale anche se tecnicamente in quanto democrazia rappresentativa sarebbe più corretto chiamarla ‘polioligarchia competitiva’ (e sul mito occidentale della democrazia rappresentativa in realtà ‘polioligarichia competitiva’ praticamente nulla è stato scritto, avendola definita i suoi critici apparentemente più feroci – ma in realtà anch’essi omologati – al più come poliarchia, vedi Robert Dahal che con il termine ‘poliarchia’ vorrebbe restituirci una visione più realista della democrazia ma mantenendone un giudizio sostanzialmente positivo perché col termine vorrebbe indicare la democrazia come una polifonia più o meno armoniosa di poteri e  Colin Crouch che ha coniato a suo tempo il termine ‘postdemocrazia’,  il quale col termine  prospetta un destino gramo per la democrazia, un’analisi sulla quale si concorda tranne che sull’  “insignificate” dettaglio che in realtà la democrazia non s’è mai vista sulla faccia della Terra, secondo la vulgata appartenendo  questo potere  al popolo, in realtà un potere conteso fra varie oligarchie che lo se lo contendono, nel caso delle c.d. democrazie rappresentative occidentali attraverso il suffragio universale libero e segreto, questo sì, ma quasi del tutto eteroderodiretto in ragione dello squilibrio cognitivo e di potere politico-economico che le élite o le oligarchie che dir si voglia hanno da sempre sulla massa ma questo è un discorso sul quale torneremo), non si può nemmeno affermare che essa, almeno nello spirito, non rappresenti sempre – sia a livello di politiche pubbliche che a livello di selezione della classe dirigente –  in qualche modo e secondo variabili gradi di intensità dipendenti dalle diverse realtà nazionali,    il paese inserito nel  suo sistema politico. E nel caso di Israele non è azzardato dire  che la c.d.  democrazia rappresentativa è il sistema di potere che più di ogni altro del mondo occidentale retto tramite questa forma politico-isituzionale riesce a rappresentalre e a dare seguito agli umori del paese, totalmente informati tutti, destra e sinistra indifferentemente, all’imperialismo sionista. Il lucido e spietato articolo di Cesare Semovigo, che guarda ai legami un tempo si direbbe strutturali che a livello internazionale orientano non solo la politica di Israele ma ancor per noi più importante, la nostra vergognosa dipendenza economica ed anche morale dal malvagio comportamento interno ed internazionale di questo paese,  fa quindi totalmente giustizia di questa fanciullesca narrazione non tentando nemmeno di “smontarla” ma, giustamente, semplicemente ignorandola e, piuttosto, concentrandosi, molto opportunamente, sul perché, strutturalmente, l’Italia è così prona ad Israle, e che Benjamin Netanyahu sia o no un politico malvagio o, a suo modo, semplicemente realista non gliene potrebbe fregar de meno. Tuttavia, siccome il realismo politico quando nacque ad opera di Niccolò Machiavelli non si basava su un modello  poggiato sull’analisi della commistione fra i decisori dei grandi gruppi economici e i decisori politici, si era agli albori della nostra modernità occidentale e la società industrial-capitalista doveva ancora un po’ attendere,  ma era incentrato sull’analisi di come il decisore politico-militare potesse ottenere il successo (cioè la conquista e poi il mantenimento ed infine l’accrescimento del suo potere personale)  riuscendo con la sua peculiare personalità  a tenere testa e a vincere contro una casualità (la fortuna) a lui del tutto indifferente se non ostile  e siccome pensiamo anche che una completa visione geopolitica non possa prescindere da considerazioni sul lato umano  del decisore, ci si permette qui di inquadrare meglio alla luce del Principe e delle sue categorie machiavelliane che hanno presieduto alla nascita della Weltanschauung politica realista, la figura del primo ministro israeliano, fiduciosi che questa piccola incursione nell’archeologia della geopolitica ma, soprattutto, antropologica (nel senso dell’antropologia del decisore ma anche del popolo che esso guida e con ciò si confida quindi di essere pienamente conformi ad un discorso geopolitico, che mai deve tralasciare il loto umano-culturale dell’oggetto di studio della disciplina) possa essere d’aiuto per meglio inquadrare, anche dal punto di vista strutturale o per meglio dire dal punto di vista della dialettica del conflitto strategico fra i grandi decisori umani e/o associati in gruppi collettivi di potere che animano lo scenario geopolitico e che struttura il discorso di  Semovigo,  non solo la politica interna ed estera dello Stato di Israele ma anche il ‘compiuto peccato’ dell’occidente che nella vicenda del martirio del popolo palestinese ha distinte ma ugualmente gravissime responsabilità  in concorso con lo Stato sionista.

Ecco allora come nel capitolo 7 del Principe, De principatibus novis qui alienis armis et fortuna acquiruntur, Niccolo Machiavelli inquadra la rovina del Valentino, il principe estremamente violento ma anche pieno di virtù, almeno nell’accezione machiavelliana del termine, dovuta alla morte del suo protettore e padre, il Papa Alessandro VI Borgia: « […] E l’animo suo era assicurarsi di loro; il che gli sarebbe presto riuscito, se Alessandro viveva. E questi furono e’ governi suoi quanto alle cose presenti. Ma quanto alle future, lui aveva a dubitare, in prima, che uno nuovo successore alla Chiesa non li fussi amico e cercassi tòrli quello che Alessandro gli aveva dato. Di che pensò assicurarsi in quattro modi: prima, di spegnere tutti e’ sangui di quelli signori che lui aveva spogliati, per torre al papa quella occasione: secondo, di guadagnarsi tutti e’ gentili uomini di Roma, come è detto, per potere con quelli tenere el papa in freno: terzo, ridurre el Collegio più suo che poteva: quarto, acquistare tanto imperio, avanti che il papa morissi, che potessi per se medesimo resistere a uno primo impeto. Di queste quattro cose, alla morte di Alessandro ne aveva condotte tre; la quarta aveva quasi per condotta; perché de’ signori spogliati ne ammazzò quanti ne possé aggiugnere, e pochissimi si salvorono; e’ gentili uomini romani si aveva guadagnati, e nel Collegio aveva grandissima parte: e, quanto al nuovo acquisto, aveva disegnato diventare signore di Toscana, e possedeva di già Perugia e Piombino, e di Pisa aveva presa la protezione. È come non avessi avuto ad avere respetto a Francia (ché non gliene aveva ad avere più, per essere di già e’ Franzesi spogliati del Regno dagli Spagnoli, di qualità che ciascuno di loro era necessitato comperare l’amicizia sua), e’ saltava in Pisa. Dopo questo, Lucca e Siena cedeva subito, parte per invidia de’ Fiorentini, parte per paura; e’ Fiorentini non avevano remedio. Il che se li fusse riuscito (che gli riusciva l’anno medesimo che Alessandro morì), si acquistava tante forze e tanta reputazione, che per se stesso si sarebbe retto, e non sarebbe più dependuto dalla fortuna e forze di altri, ma dalla potenzia e virtù sua. Ma Alessandro morì dopo cinque anni ch’egli aveva cominciato a trarre fuora la spada. Lasciollo con lo stato di Romagna solamente assolidato, con tutti gli altri in aria, intra dua potentissimi eserciti inimici, e malato a morte. Ed era nel duca tanta ferocia e tanta virtù, e sì bene conosceva come gli uomini si hanno a guadagnare o perdere, e tanto erano validi e’ fondamenti che in sì poco tempo si aveva fatti, che, se lui non avessi avuto quegli eserciti addosso, o lui fussi stato sano, arebbe retto a ogni difficultà. E ch’e’ fondamenti sua fussino buoni, si vidde: ché la Romagna lo aspettò più di uno mese; in Roma, ancora che mezzo vivo, stette sicuro; e benché Baglioni, Vitelli e Orsini venissino in Roma, non ebbono seguito contro di lui; possé fare, se non chi e’ volle, papa, almeno che non fussi chi non voleva. Ma se nella morte di Alessandro lui fussi stato sano, ogni cosa gli era facile. E lui mi disse, ne’ dì che fu creato Iulio II, che aveva pensato a ciò che potessi nascere, morendo el padre, e a tutto aveva trovato remedio, eccetto che non pensò mai, in su la sua morte, di stare ancora lui per morire, Raccolte io adunque tutte le azioni del duca, non saprei reprenderlo; anzi mi pare, come ho fatto, di preporlo imitabile a tutti coloro che per fortuna e con l’arme d’altri sono ascesi allo imperio. Perché lui avendo l’animo grande e la sua intenzione alta, non si poteva governare altrimenti; e solo si oppose alli sua disegni la brevità della vita di Alessandro e la malattia sua. Chi, adunque, iudica necessario nel suo principato nuovo assicurarsi de’ nimici, guadagnarsi degli amici, vincere o per forza o per fraude, farsi amare c temere da’ populi, seguire e reverire da’ soldati, spegnere quelli che ti possono o debbono offendere, innovare con nuovi modi gli ordini antiqui, essere severo c grato, magnanimo e liberale, spegnere la milizia infedele, creare della nuova, mantenere le amicizie de’ re e de’ principi in modo che ti abbino o a beneficare con grazia o offendere con respetto, non può trovare e’ più freschi esempli che le azioni di costui. Solamente si può accusarlo nella creazione di Iulio pontefice, nella quale lui ebbe mala elezione; perché, come è detto, non potendo fare uno papa a suo modo, e’ poteva tenere che uno non fussi papa; e non doveva mai consentire al papato di quelli cardinali che lui avessi offesi, o che, diventati papi, avessino ad avere paura di lui. Perché gli uomini offendono o per paura o per odio. Quelli che lui aveva offesi erano, infra gli altri, San Piero ad Vincula, Colonna, San Giorgio, Ascanio; tutti gli altri, divenuti papi, aveano a temerlo, eccetto Roano e li Spagnuoli: questi per coniunzione e obligo; quello per potenzia, avendo coniunto seco il regno di Francia. Pertanto el duca, innanzi a ogni cosa, doveva creare papa uno spagnolo, e, non potendo, doveva consentire che fussi Roano e non San Piero ad Vincula. E chi crede che ne’ personaggi grandi e’ benefizii nuovi faccino dimenticare le iniurie vecchie, s’inganna. Errò, adunque, el duca in questa elezione; e fu cagione dell’ultima ruina sua.»: Niccolò Machiavelli, De Principatibus (Il Principe), cap. VII  De principatibus novis qui alienis armis et fortuna acquiruntur, in Id., Machiavelli. Tutte le opere, a cura di Mario Martelli, Firenze, Sansoni, 1971, pp.268-269.

La sventura irreparabile per il Valentino della  morte di suo padre il  papa Borgia paragonabile per il primo ministro Benjamin Netanyahu all’elezione come Presidente degli Stati uniti di Donald Trump, il quale a dispetto di tutto quello che si possa dire sul suo conto, col suo America first sta inaugurando la nuova fase nei rapporti internazionali da noi già definita ‘impérialisme en forme’, un ‘impérialisme en forme’ connotato sul piano ideologico nel far cadere tutti i precedenti velami della precedente narrazione liberaldemocratica al fine di ottenere una totale libertà di azione nello scenario internazionale sempre più configurato in forma policentrica e sempre più refrattario alla vecchia retorica liberaldemocratica e, sul piano operativo, oltre che dal diretto protagonismo di Trump, dalla necessità, proprio per ottenere una maggiore efficacia operativa e spendibile hic et nunc, di abbandonare lunghe e snervanti trattative con il fantomatico raggruppamento degli alleati che singolarmente hanno aderito alla NATO e che pretenderebbe di avere una personalità internazionale (nella trattativa sui dazi, per Trump   l’Unione europea ha meritato solo disprezzo in quanto essa viene da lui giudicata una   entità non  geopolitica ma meramente burocratica, e non ha proprio tutti i torti, anzi!…), privilegiando il rapporto con ogni singolo alleato preso separatamente per imporgli, così, la legge del più forte, cioè quella degli Stati uniti. Nel caso dell’imposizione da parte di Trump della fine delle ostilità di Israele contro Hamas, sarebbe, però, certamente un eccesso di analogismo storico sovrappore integralmente la sventura del Valentino cui morì il padre papa protettore, con la sventura di Benjamin Netanyahu al quale è politicamente morto il già rimbambito padre protettore, e totalmente asservito al sionismo,  Biden, che è stato sostituito dall’imperialista in forma Donald Trump, non certo avverso al sionismo per ragioni ideologiche ma fermamente contrario, per carattere e per la nuova impostazione della politica estera americana marcata ora da un drastico unilateralismo; e questo anche perché nel passo machiavelliano appena citato è assente una valutazione sistemica dei rapporti fra Stati nella penisola italica, riducendosi quindi le valutazioni di Machiavelli attorno a considerazioni sulla natura concretamente operativa della personalità del leader, il Valentino, e di come questo leader con la sua virtù avesse cercato di  far pendere la fortuna a sua favore (cosa che nel Valentino ma non per sua colpa non si verificò) ma anche perché, e qui interviene una nostra idiosincrasia personale ma condivisa fortunamente da molti in Italia e nel c.d. occidente, se possiamo convenire con Machiavelli che il Valentino fu sì tanto virtuoso ma anche tanto sfortunato, non ci sentiamo proprio di condividere un analogo  moto di empatica simpatia verso il primo ministro israeliano che se sfortunato è stato per la morte politica del suo asservito protettore Biden sostituito dall’esoso ed arrogante protettore Donald Trump, altrettanto irresponsabile si è dimostrato nel ficcarsi in una guerra contro Hamas che comportava, “piccolo” dettaglio, l’annientamento del popolo palestinese (volutamente non si impiega il termine ‘genocidio’ perché esso implica anche la volontà di mettere in atto pure lo sterminio biologico, fino all’ultima persona presente sulla faccia della Terra, di un gruppo etnico, i palestinesi nella fattispecie. Questo non è nei piani di Netanyahu e nemmeno delle frange più oltranziste del sionismo, attuale e delle origini. Sarebbe più corretto parlare, in questo caso, del tentativo di compiere una pulizia etnica condotta, come esige questa macabra tipologia di interventi, con metodi del tutto criminali   –  lo sterminio di gran parte della popolazione di Gaza per costrigere i rimanenti a lasciare il territorio per un’imprecisata destinazione che comporterebbe, fra l’altro, oltra alla perdità di identità del popolo palestenise, anche ulteriori morti –  e animati da un proposito totalmente illegale e piratesco, la cacciata dei palestinesi dalle loro proprietà al fine di impossessarsene ma, come si dice, nulla di nuovo sotto il sole, essendo questo il modo col quale è sorto lo Stato di Israele compiendo una iniziale  anche se non completa pulizia etnica ai danni dei palestenisi e che nelle intenzioni del  primo ministro israliano ora in carica avrebbe dovuto essere portata al suo totale compimento: quindi, in conclusione di ragionamento, non ci si sente proprio di condannare l’uso improprio del termine ‘genocidio’ da parte dei giustamente simpatizzanti della causa palestinese, avendo l’azione politica delle ragioni che non sono proprio quelle dell’analisi scientifica ma che, in questo caso, sono convergenti nel condannare l’azione criminale del primo ministro israeliano, fondata su una purtroppo consolidata tradizione storica di dominio e furto coloniale dello Stato di Israele ed ancor oggi, come alla nascita di questo Stato, appoggiata da buona parte della popolazione di Israele, e con ciò non ci si accusi di antisemitismo perché di pulizie etniche è piena la storia dell’occidente cristiano, con una particolare intensificazione di queste pratiche tramite il colonialismo che, guarda caso, ebbe il suo acme mentre le sue forme istituzionali a livello interno assumevano via via forme sempre più simili alla c.d. nostra “democrazia rappresentativa”).

Ma se nel passo citato, assai sfuocata da parte di Machiavelli l’analisi della dinamica conflittuale degli Stati italiani del tempo (e incentrando quindi la sua analisi, pur sempre improntata al realismo politico di cui Machiavelli è l’indiscusso iniziatore, alla dimensione  puramente antropologica della descrizione della volontà di potenza del Valentino rappresentandone  l’impossibilità, nonostante il suo grande valore, di sormontare una avversa sorte), ed anche insoddisfacente o del tutto schematica un’analisi sul valore della morale (o della finzione della stessa) nella dinamica politica, ed anzi dal passo citato sembrando che tanto più il Principe è immorale questo è più virtuoso, è impossibile il suo impiego integrale come idealtipo in cui rientrerebbe l’attuale imposizione a Netanyahu da parte di Trump della fine delle ostilità contro Hamas, il capitolo 8 del Principe, De his qui per scelera ad principatum pervenere, è invece un’analisi veramente esemplare dell’importanza del buon nome di un regnante e di quanto quindi sia fondamentale evitare  i danni reputazionali derivanti da una sconsiderata azione politica: « […] Agatocle Siciliano, non solo di privata ma di infima e abietta fortuna, divenne re di Siracusa. Costui, nato di uno figulo, tenne sempre, per li gradi della sua età, vita scellerata: nondimanco, accompagnò le sue scelleratezze con tanta virtù di animo e di corpo, che, voltosi alla milizia, per li gradi di quella pervenne ad essere pretore di Siracusa. Nel quale grado sendo costituito, e avendo deliberato diventare principe e tenere con violenzia e sanza obligo d’altri quello che d’accordo gli era suto concesso, e avuto di questo suo disegno intelligenzia con Amilcare cartaginese, il quale con gli eserciti militava in Sicilia, raunò una mattina il populo e il Senato di Siracusa, come se egli avessi avuto a deliberare cose pertinenti alla republica; e, ad uno cenno ordinato, fece da’ sua soldati uccidere tutti li senatori e li più ricchi del popolo; li quali morti, occupò e tenne il principato di quella città sanza alcuna controversia civile. […] Chi considerassi, adunque, le azioni e vita di costui, non vedrà cose, o poche, le quali possa attribuire alla fortuna; con ciò sia cosa, come di sopra è detto, che, non per favore d’alcuno, ma per li gradi della milizia, li quali modi possono fare acquistare aveva guadagnati, pervenissi al principato, e quello di poi con tanti partiti animosi e periculosi mantenessi. Non si può ancora chiamare virtù ammazzare e’ sua cittadini, tradire gli amici, essere sanza fede, sanza pietà, sanza religione; li quali modi possono fare acquistare imperio, ma non gloria. Perché, se si considerassi la virtù di Agatocle nello entrare e nello uscire de’ periculi, e la grandezza dello animo suo nel sopportare e superate le cose avverse, non si vede perché egli abbia ad essere iudicato inferiore a qualunque eccellentissimo capitano; nondimanco, la sua efferata crudeltà e inumanità, con infinite scelleratezze, non consentono che sia infra gli eccellentissimi uomini celebrato. Non si può, adunque, attribuire alla fortuna o alla virtù quello che sanza l’una e l’altra fu da lui conseguito. […] Potrebbe alcuno dubitare donde nascessi che Agatocle e alcuno simile, dopo infiniti tradimenti e crudeltà, possé vivere lungamente sicuro nella sua patria e defendersi dagli inimici esterni, e da’ suoi cittadini non gli fu mai cospirato contro; con ciò sia che molti altri, mediante la crudeltà, non abbino, etiam ne’ tempi pacifici, possuto mantenere lo stato, non che ne’ tempi dubbiosi di guerra. Credo che questo avvenga dalle crudeltà male usate o bene usate. Bene usate si possono chiamare quelle (se del male è licito dire bene) che si fanno a uno tratto, per la necessità dello assicurarsi, e di poi non vi si insiste drento, ma si convertiscono in più utilità de’ sudditi che si può. Male usate sono quelle le quali, ancora che nel principio sieno poche, più tosto col tempo crescono che le si spenghino. Coloro che osservano el primo modo, possono con Dio e con gli uomini avere allo stato loro qualche remedio, come ebbe Agatocle; quegli altri è impossibile si mantenghino. Onde è da notare che, nel pigliare uno stato, debbe l’occupatore di esso discorrere tutte quelle offese che gli è necessario fare; e tutte farle a un tratto, per non le avere a rinnovare ogni dì, e potere, non le innovando, assicurare gli uomini e guadagnarseli con beneficarli. Chi fa altrimenti, o per timidità o per mal consiglio, è sempre necessitato tenere il coltello in mano; né mai può fondarsi sopra li sua sudditi, non si potendo quelli, per le fresche e continue iniurie, assicurare di lui. Perché le iniurie si debbono fare tutte insieme, acciò che, assaporandosi meno, offendino meno: e’ benefizii si debbono fare a poco a poco, acciò si assaporino meglio. E debbe, sopra tutto, uno principe vivere con li suoi sudditi in modo che veruno accidente o di male o di bene lo abbi a far variare; perché, venendo, per li tempi avversi, le necessità, tu non se’ a tempo al male, e il bene che tu fai non ti giova, perché è iudicato forzato, e non te n’è saputo grado alcuno. »: Idem, ivi, cap. VIII De his qui per scelera ad principatum pervenere, in Idem, ivi, pp. 269-271.

Per quanto possa sembrare assurdo, al contrario di Agatocle, il primo ministro israeliano non è stato in grado di portare fino in fondo il suo piano malvagio di cancellare il popolo palestinese  e quindi, dal punto di vista machiavelliano, non solo gli è mancata la fortuna, la salita al potere di Trump, ma gli è anche mancata la virtù perché come dice Machiavelli (e quanto stranamente suona alle orecchie di chi non è avvezzo a frequentare i luoghi del Segretario fiorentino, che nei loro momenti più fulgidi esprimono con quel loro sinuoso ed avvolgente modo di argomentare tutta la complessità dialettica dell’agire umano ma che tanto nel corso dei secoli hanno reso perplessi anche i suoi più ferventi estimatori e dato il destro ai suoi denigratori di ritenere il Principe di Machiavelli un’opera demoniaca): «Non si può ancora chiamare virtù ammazzare e’ sua cittadini, tradire gli amici, essere sanza fede, sanza pietà, sanza religione; li quali modi possono fare acquistare imperio, ma non gloria. Perché, se si considerassi la virtù di Agatocle nello entrare e nello uscire de’ periculi, e la grandezza dello animo suo nel sopportare e superate le cose avverse, non si vede perché egli abbia ad essere iudicato inferiore a qualunque eccellentissimo capitano; nondimanco, la sua efferata crudeltà e inumanità, con infinite scelleratezze, non consentono che sia infra gli eccellentissimi uomini celebrato. Non si può, adunque, attribuire alla fortuna o alla virtù quello che sanza l’una e l’altra fu da lui conseguito.». Contrariamente alla vulgata, il vero realismo politico è da sempre un’inestricabile e dialettico nodo fra potere, inteso come imposizione più o meno violenta della propria volontà, e moralità che per convinzione o per opportunismo valuta sempre le conseguenze pratiche ed etiche, dove un’opzione etica non ha valore se  non ha una ricaduta concreta e una scelta pragmatica nega sé stessa se le manca un’orizzonte di senso morale   delle proprie azioni (Max Weber: la dialettica fra l’etica della convinzione e quella  della responsabilità ma, soprattutto, Giuseppe Mazzini: la politica senza morale è brigantaggio e Antonio Gramsci: non la conquista violenta del potere ma la creazione ed esercizio dell’egemonia all’interno della società etc.). E sempre  contrariamente a quanto si pensa, Machiavelli era ben consapevole di questa dialettica. Ed è una vera sfortuna non solo per il primo ministro ed il popolo del paese che governa ma anche per le c.d. liberaldemocrazie che la scriteriata politica israeliana hanno sempre appoggiato, che questa dialettica sia costantemente ignorata, coperta dal chiasso della retorica della difesa di una inesistente democrazia (quella israeliana ma anche quella interna di questi paesi). In ultima analisi, un atteggiamento tanto più pericoloso ora che il principale sponsor di questa retorica, gli Stati uniti, si stanno dedicando all’edificazione del loro ‘impérialisme en forme’. E quanto è accaduto con la provvisoria fine delle ostilità fra Israele ed Hamas ma anche con le scriteriate posizioni dell’Europa nella vicenda Ucraina, che sono lì a dimostrare il definitivo declino strategico e morale del c.d. occidente c.d. liberaldemocratico. Machiavelli ne avrebbe abbondante materiale per scrivere un nuovo trattato non su un Principe virtuoso e di come esso possa sormontare le avversità della sorte ma su un Principe privo di ogni virtù e di come questo, nonostante le buone carte che gli vengono date dalla storia, sia diretto verso la sua dissoluzione. Insomma, qui non abbiamo ragionato solo intorno al peccato originale della nascita dello Stato d’Israele ma anche, se non soprattutto, intorno al ‘compiuto peccato’ della “democrazia”  dell’occidente, nel quale una posizione di primato appartiene all’Italia, un compiuto peccato che già molto tempo prima, anche se non dandogli una specifica denominazione e solo impersonificandolo nel personaggio storico di Agatocle col  suo modus operandi totalmente malvagio e perciò incurante dei danni arrecati allo Stato e alla popolazione sotto la sua sovrantà  ma non configurandolo direttamente come un problema sistemico di una comunità politica, anche Niccolò Machiavelli nel suo Principe aveva avuto piena contezza. Una dialettica consapevolezza dei legami fra azione politicamente efficace ed orizzonte morale che è propria del vero realismo politico e che, se lo si studia più a fondo e non riducendolo ad un santino astrattamente moraleggiante e di stampo liberalmocratico, fu anche del primo uomo che concretamente si pose politicamente il problema di unificare l’Italia. Ma su Giuseppe Mazzini e di come la sua azione e il suo pensiero ci indichino la via per uscire dal ‘compiuto peccato’ italiano e del c.d. occidente liberaldemocratico, ancora torneremo  nei prossimi discorsi…

Massimo Morigi, ottobre 2025

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Rassegna stampa tedesca 55a puntata A cura di Gianpaolo Rosani

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Il ministro della difesa Pistorius si era distinto per le critiche alla cattiva gestione dell’esercito
tedesco e per le sue numerose dichiarazioni incisive. Ora, nella fase due, deve mantenere le
promesse fatte. Ed è qui che iniziano i problemi. Il servizio militare, il suo progetto più importante,
rischia di partire con il piede sbagliato. I grandi progetti di armamento sono afflitti da una serie di
contrattempi. Nella coalizione, ma anche nel suo ministero, alcuni si chiedono ormai se Pistorius si
impegni abbastanza per le sue cause, se forse non abbia abbastanza grinta per ricoprire la carica.
Pistorius aveva assunto la carica con l’intenzione di promuovere una nuova mentalità nell’esercito
e nell’amministrazione. Meno evasività, più responsabilità individuale. A quanto pare, finora non ha
ottenuto grandi risultati. Può spendere più denaro di qualsiasi suo predecessore. L’eccezione al
freno all’indebitamento per le spese di difesa consente al ministro di equipaggiare le truppe su
larga scala con armi e attrezzature. Ciò richiederebbe però un sistema di approvvigionamento
agile ed efficiente, con una gestione dei rischi reattiva.

10.10.2025
Fuoco dalle proprie fila
Difesa – Boris Pistorius era considerato finora un uomo d’azione, che sembrava riuscire in molte cose. Ora
però nel suo ministero si moltiplicano gli errori e gli incidenti. Il politico più amato della Germania si trova
in difficoltà nel fornire spiegazioni.

Di Matthias Gebauer, Paul-Anton Krüger, Christian Schweppe
Boris Pistorius appare euforico quando martedì di questa settimana si presenta davanti alla stampa nel suo
ministero.

Sembra che Netanyahu sia ora costretto ad accettare condizioni che garantiscono il fallimento
della pace. Senza alcuna contropartita, Hamas ha ottenuto il ritiro dell’IDF, che stava per
conquistare completamente la città di Gaza. Per 20 civili innocenti torturati e maltrattati e altrettanti
cadaveri, Hamas ottiene la liberazione di 250 assassini condannati e 1750 potenziali combattenti,
alcuni dei quali probabilmente coinvolti nel massacro del 7 ottobre. Se le truppe turche ed egiziane
dovranno garantire che il gruppo terroristico consegni le armi, Hamas non dovrà preoccuparsi del
proprio futuro. Qualche centinaio di soldati statunitensi, di stanza in Israele e non a Gaza, non
serviranno a nulla. Chi non impara dal passato è costretto a ripeterlo. L’Occidente ha perso le
guerre in Iraq, Afghanistan e Libia che esso stesso aveva iniziato, anche perché non era disposto
a reprimere con coerenza il nemico ormai indebolito.


13.10.2025
COMMENTO – EDITORIALE
La tragedia di Benjamin Netanyahu

Di ALAN POSENER
Certo, non era prevedibile, ma se c’era qualcuno che meritava il Premio Nobel per la Pace, quello era
Benjamin Netanyahu.

La Cina riveste un ruolo dominante a livello mondiale nella produzione e nella lavorazione di
materie prime critiche in generale e di terre rare in particolare. Queste ultime sono attualmente
insostituibili per la produzione di semiconduttori, auto elettriche, batterie, impianti eolici e molti beni
militari. Pertanto, con l’attuale aggravarsi della situazione nell’industria tedesca, crescono i timori di
carenze di approvvigionamento e persino di interruzioni della produzione. “Le nuove norme del
Ministero del Commercio cinese avranno prevedibilmente un impatto di vasta portata sulle forniture
dei prodotti interessati alla Germania e all’Europa, nonché sul loro trasporto”, ha dichiarato
domenica l’associazione automobilistica VDA su richiesta della F.A.Z. Con le nuove restrizioni
all’esportazione delle terre rare e delle relative tecnologie di lavorazione, la Cina sta ulteriormente
espandendo il suo controllo sulle catene del valore. Preoccupazioni simili sono state espresse dai
costruttori di macchinari e dall’industria elettrica e dei semiconduttori (ZVEI).

13.10.2025
Si inasprisce la disputa commerciale tra Stati
Uniti e Cina
L’industria tedesca teme difficoltà di approvvigionamento a causa delle norme sulle esportazioni imposte
da Pechino
La Cina controlla l’accesso alle materie prime

Il conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina si è nuovamente inasprito nel fine settimana, alimentando
anche in Germania il timore di gravi danni economici.

Intervista al generale ex comandante dell’esercito USA in Europa: ”Alla Casa Bianca c’era un
grande Consiglio di sicurezza nazionale con processi ben rodati che coordinava tutto, tra i vari
ministeri e i servizi segreti. Queste strutture non esistono più. Sono state smantellate
intenzionalmente. Il consigliere per la sicurezza nazionale è stato licenziato. E ora il ministro degli
Esteri è anche consigliere per la sicurezza, il che non ha senso. Entrambe le cariche sono lavori a
tempo pieno. Anche al Ministero della Difesa regna il caos, molti posti sono vacanti, le strutture
consolidate sono state smantellate. Ecco perché ancora oggi non esiste una strategia: perché lo
stesso governo non sa cosa vuole. All’interno del governo statunitense ci sono forze che vogliono
mantenere lo stretto partenariato transatlantico con l’Europa. E altre che consigliano di rivolgersi
maggiormente alla regione indo-pacifica”. “Se l’Ucraina perdesse, la colpa sarebbe nostra, perché
non l’abbiamo sostenuta abbastanza. Le conseguenze sarebbero catastrofiche”.

09.10. 2025
«È difficile assistere alla politicizzazione
dell’esercito»
Il generale statunitense in pensione Ben Hodges mette in guardia Donald Trump dal compromettere la
fiducia degli americani e degli alleati nell’esercito statunitense. Chiede inoltre un atteggiamento più duro
nei confronti della Russia e di Vladimir Putin.
Curriculum
Il generale Frederick Benjamin “Ben” Hodges, dopo aver completato la formazione da ufficiale presso l’Accademia
militare di West Point, ha intrapreso la carriera nelle forze armate statunitensi. È stato comandante delle forze terrestri
della NATO presso il quartier generale di Izmir, in Turchia, prima di assumere, alla fine del 2014, la carica di
comandante dell’esercito statunitense in Europa, che ha ricoperto fino alla fine del 2017. Oggi, il 67enne, tenente
generale in pensione, è un consulente e autore molto richiesto (“Future War”). Hodges vive a Francoforte sul Meno.
Già nel 2015, un anno dopo l’annessione della Crimea, era dell’opinione che la Russia si stesse preparando a una
guerra su larga scala.

Le domande sono state poste da Frank Specht

Signor Hodges, il presidente Donald Trump sta preparando l’esercito americano a una “guerra” interna,
mentre il ministro della Difesa Pete Hegseth vuole che i generali siano magri e ben rasati.

Gli ucraini stanno combattendo una battaglia che è fatale anche per la Germania. Vladimir Putin
attacca una democrazia, guarda con interesse ai partner della NATO e dell’UE nei Paesi baltici,
provoca con i droni. La Germania, attraverso le sue amicizie e i suoi trattati, è parte di questa
guerra, motivo per cui fornisce armi all’Ucraina e invia soldati in Lituania. Putin è un revanchista,
un imperialista, un brutale autocrate per il quale vale solo la legge del più forte. Si prende tutto ciò
che può ottenere. Quindi bisogna fargli capire che non otterrà nulla. Putin ha iniziato da tempo ad
attaccare la Germania. Le conseguenze non sono città distrutte, né montagne di cadaveri sui
campi di battaglia, motivo per cui la parola “guerra” può sembrare inappropriata. Ma la guerra ha
nuovi volti, nuove forme.

10.10.2025
EDITORIALE
Allarme sereno
Il cancelliere Friedrich Merz afferma che la Germania non vive più in pace. Ha ragione, ma quali sono le
conseguenze?

Di Dirk Kurbjuweit
Guerra o pace? Quale parola descrive meglio questi tempi? Per l’Ucraina è chiaro, ma che dire della
Germania, degli Stati dell’UE, della NATO? Il cancelliere Friedrich Merz ha recentemente risposto a questa
domanda a modo suo: «Non siamo in guerra, ma non siamo più in pace».

La quota di mercato dei tedeschi è scesa dal 21,7% al 19,3%. Il motivo principale è la debolezza
delle auto elettriche in Cina. Qui le immatricolazioni di veicoli elettrici di VW (del 21%), BMW (del
37%) e Mercedes (del 58%) sono crollate, mentre il mercato cinese complessivo è cresciuto del
60%. In Europa, i produttori hanno registrato una crescita. Le case automobilistiche stanno già
lottando con le conseguenze del calo delle vendite: Bosch taglierà 22.000 posti di lavoro in
Germania, ZF 14.000. BMW ha avvertito di un calo dei profitti quest’anno. Volkswagen ha tagliato i
turni negli stabilimenti di Zwickau e Dresda. Motivo: calo della domanda. L’argomento sembra
pretestuoso: secondo l’analisi di Handelsblatt le vendite sono in crescita: tra gennaio e agosto
sono stati venduti 35,7 milioni di veicoli, due milioni in più rispetto a due anni fa. La coalizione sta
ora discutendo un compromesso sull’eliminazione dei motori a combustione interna. “Il vice
cancelliere ha chiarito che può immaginare una maggiore flessibilità per l’eliminazione dei motori a
combustione interna nel 2035”, ha affermato il ministro dell’Economia Katherina Reiche (CDU). I
primi ministri della Baviera e della Bassa Sassonia, Markus Söder (CSU) e Olaf Lies (SPD),
avvertono: “Il 100% di mobilità elettrica nel 2035 non è più realistico.

09.10. 2025
VW, BMW e Mercedes continuano a perdere
terreno
Prima del vertice sull’auto alla Cancelleria federale, il settore lamenta il calo dei mercati. Eppure le
vendite di auto stanno crescendo in tutto il mondo, solo i tedeschi non ne traggono vantaggio. Il 100% di
mobilità elettrica entro il 2035 non è più realistico.

Di L. Backovic, M. Buchenau, M. Scheppe, R. Tyborski

Quando giovedì il cancelliere Friedrich Merz (CDU) e il ministro delle finanze Lars Klingbeil (SPD)
riceveranno i capi delle case automobilistiche tedesche per un vertice, la questione centrale sarà se l’uscita
dei motori a combustione interna prevista per il 2035 in Europa rimarrà in vigore.

Alice Weidel ha affermato che il servizio militare obbligatorio è “indispensabile per la difesa del
nostro Paese”. È però anche indiscutibile “che i nostri soldati non debbano mai essere inviati in
zone di guerra straniere. Mai, soprattutto non in Ucraina”. La mozione della coalizione per un
servizio militare volontario sarà quindi “respinta in blocco”. L’AfD non sosterrà mai “che un
governo, senza una decisione del Parlamento, possa inviare soldati in guerre straniere che non ci
riguardano affatto”. La legge prevista dalla coalizione nero-rossa non riguarda le missioni
all’estero, ma il personale della Bundeswehr: dovrebbe consentire la registrazione dei giovani per
un possibile servizio in patria o in caso di difesa, inizialmente su base volontaria.


09.10.2025
L’AfD discute sul servizio militare obbligatorio
Da tempo il partito ne chiede la reintroduzione. Ma i critici, che accusano il governo federale di “retorica
bellicista”, stanno alzando la voce

Di FREDERIK SCHINDLER E PAULINE VON PEZOLD (“POLITICO”)
Il gruppo parlamentare dell’AfD al Bundestag si trova di fronte a una decisione importante. Al momento,
all’interno del partito non c’è quasi nessun altro tema che sia oggetto di un dibattito così acceso come
quello del possibile ripristino del servizio militare obbligatorio.

Emmanuel Macron ha sempre voluto entrambe le cose: essere amato da tutti e allo stesso tempo
stare al di sopra di tutti. Sono passati quasi otto anni e mezzo da quando i francesi hanno eletto
per la prima volta come loro capo di Stato questo nuovo arrivato e uomo di successo, seduttore e,
alla fine, innovatore fallito in modo clamoroso nel 2017. Dovranno probabilmente continuare a
convivere con lui alla guida della Repubblica per un altro anno e mezzo, a meno che Macron non
getti la spugna prima della fine del suo secondo mandato nel maggio 2027. E in questi giorni molti
lo chiedono. Ma da dove viene questa hybris, questa presunzione di considerarsi l’unico garante
della stabilità nonostante tutto?

09.10.2025
Il tramonto del presidente a Parigi
Emmanuel Macron non è ancora alla fine del suo mandato, ma i francesi ne hanno abbastanza di lui

Di DANIEL STEINVORTH, PARIGI
Aveva molti soprannomi prima di diventare l’uomo più potente di Francia. Lo chiamavano il «Mozart
dell’Eliseo» o anche il «Mozart della finanza», quando era ancora un giovane e carismatico amante dell’arte
e dell’opera, circondato da un’aura di genio.

Intervista a Jouanna Hassoun, dell’associazione educativa Transaidency. Ha origini palestinesi e
da bambina è fuggita con la sua famiglia dal Libano alla Germania. Non possiamo portare cibo a
Gaza. Raccogliamo donazioni e le inviamo ai nostri referenti a Gaza. Con questi soldi, i nostri
collaboratori sul posto possono acquistare farina, lenticchie e tutto ciò che riescono a trovare, a
prezzi molto alti. Ovviamente riusciamo ad aiutare solo una minima parte della popolazione

09.10.2025
“Il denaro a Gaza sembra quello del Monopoli”
L’organizzazione Transaidency raccoglie fondi per fornire generi alimentari alla popolazione di Gaza. I
prezzi sono alti e le strutture mafiose, afferma l’amministratrice delegata Jouanna Hassoun

Intervista di Dinah Riese e Lisa Schneider
taz: Signora Hassoun, a Gaza la gente muore di fame e voi distribuite generi alimentari. Com’è la
situazione?
Jouanna Hassoun: La situazione delle persone a Gaza è catastrofica. E lo stesso vale per
l’approvvigionamento.

Europicidio_di WS

L’ amico  Ernesto  ha riportato ottimi spunti  nel suo commento  qui

Avevo  appunto  cominciato a rispondergli  in modo  sintetico , ma  poi ho capito  che   per non essere travisato  serviva un  commento più esteso. Mi ha portato ad una  conclusione  certamente   “ divisiva”,  perché  sono  sicuro  che ancora pochi  la vedono  con la chiarezza che  appare a me.

1) quella di Herr H non era una soluzione ma la perversione di un “orecchiante”.

 Chi ha studiato a  fondo  l’ essenza reale della “nota etnia” sa  che cosa  essi intendano  per “orecchiante  della porta”. Con tale  definizione  essi  chiamano   chi  gli  si appressa  ,  sia come  simpatizzante   che  emulo; non solo,  quest’ultimo  è   in questo mosso  solo  da   rancorosa  ostilità.

 ESSI comunque irridono     sempre  questi   “ orecchianti”   ed operano   affinché   costoro  siano   in pratica  solo  “strumenti”  dei PROPRI progetti .

Certo i valori di base  del  “signor H “ sembravano  nella  tradizione europea ( virtu’ , armonia bellezza, ect.. ); ma da dove poteva il “signor H” avere orecchiato il suo Darwinismo e la sua visione razzista e suprematista ?

C’era nel signor H una totale negazione di una visione cristiana e una sua totale apertura ad ogni visione gnostica. Non faccio nomi ma non è appunto un caso che alcuni  suoi “nipotini” siano oggi i più determinati e stupidi strumenti della cabala globalista.

E qui  faccio notare anche come l’ intera opera del signor  H  sia poi  nella  sostanza   andata    esattamente  a  favore  dei piani  di tale  “cabala”.

Sapeva “il signor H”   di  essere un “orecchiante”?  Certamente  no , ma aveva le caratteristiche  giuste per   diventarlo, esattamente    come  un  “ nipote  della  serva “cresciuto  rabbioso  in una Vienna     già  corrotta  e decadente.

Qualcuno  sicuramente lo  avrà notato   dai  suoi  discorsi     “in birreria”   e gli    avrà “insufflato” i giusti “input”; certi “cognomi” dei suoi più intimi “ camerati” lo lascerebbero   pensare .

Ma  questo è un argomento piuttosto  complesso che non può  essere  trattato  in poche pagine.  Quello  che è certo    è che  ai piani     della “  setta mondialista”   serviva   comunque  qualcuno in Europa  che  ridesse “fuoco alle polveri”  e  di fatti    il “ signor  H”  è servito  egregiamente a questo  esito.

2)Trovo   maliziosamente pretestuosa  la sparata di Todd   sulle  virtù  del protestantesimo. 

Di quale   “ superiorità ”    dovrebbe  essere incensata    questa   setta   del cristianesimo?  A parte il fatto  che il suo  valore  religioso   peculiare     è     appunto  un “settarismo”    vestito  di ipocrisia , al protestantesimo   vengono  attribuiti in sostanza  solo i “meriti” di una sua particolare  “sottosetta”: quel  calvinismo, portatore di   giustificazione  religiosa  del peggior  “homo homini  lupus”   che  ci  ha portato  allo  sfrenato  capitalismo  attuale    “ che tanto bene   ci sta  facendo”.

In realtà  l’€uropa  muore   non perché siano  venuti meno i “valori”  piuttosto   gretti  e comunque   divisivi    del protestantesimo , ma per l’ esatto contrario:  la perdita  dei suoi valori  comunitari  e trascendenti  originari , valori  certamente  anche cristiani  ma  integrati   indissolubilmente   in quelli  precedenti “greci” , “romani” e anche “germanici”  in secoli  e secoli  di  generazioni  di  “ Padri della  Chiesa” .

3) Tutto questo ovviamente  non è una questione  “etnica”,  ma “  culturale”.

Ma  questa contrapposizione  è un non  sense  perché nella  storia    “etnia” e “cultura” si sono  sempre  confusi. Noi parliamo di “cultura del  bronzo,  del  ferro  ect “ mica  di “etnia del ferro”. Gli indoeuropei , i  “signori del ferro” ,  sono  accumunati     da comuni  elementi “culturali”   come    lingua, mitologia,  tradizioni,  organizzazione  sociale  e non perché  hanno   tutti  “ lo stesso sangue”.

Chi ha introdotto il concetto  di “etnia”  voleva  appunto  restringere  il campo  della identità culturale  solo  ad una  comunità di “ sangue” ,  cioè un ritorno ad un passato  tribale e il cui  sottoprodotto    non poteva    essere  che  l’ odio  tribale.

L’ Europa non  era  così;  domandiamoci  quindi da  chi    il “ signor H”  possa mai aver orecchiato   questa  perversione.

Quale è la  conclusione  di   tutto questo ragionamento ?  

Che l’ Europa  , questa  comunità   culturale   che ha avuto un passato  unitario  splendido     e  la  cui memoria     migliaia  di “cervelli a pagamento”   oggi  sono impiegati    a     denigrare  e seppellire  sotto una montagna  di contumelie e  di bruttezze , è  stata  “ackerata” .

 C’è una   cultura   “aliena”  alla    guida dei popoli europei  ,  che non solo li  usa  per il PROPRIO  interesse  senza  alcun  riguardo per  essi   , ma addirittura  ha per  TUTTI  essi un  odio  tanto belluino  ed implacabile che userà   qualunque mezzo per  cancellarli per sempre.

E   la cosa  che   questo “alien” più  teme  è  che  qualcosa  o qualcuno possa  risvegliare la  vittima  prima  che il “danno “  sia   completo.

Se infatti  la  “vittima” riuscisse a  reagire  in tempo,   che    cosa essa  dovrebbe  fare   a questo   MORTALE  “parassita”  ?

Ti sei mai chiesto  perché  nelle “ parole d’ordine”  che  dai  vertici  ci vengono  martellate in  testa ogni giorno  c’è sempre più la parola “ resilienza” ?  Quale  ne è il valore e in che cosa  essa  si differenza  da “resistenza “ ?

Solo nel fatto  che il “  resistente”   può   reagire  ai colpi  che  riceve, il “ resiliente” invece  li incassa  e basta.

E  d’altronde i numeri  già sono impietosi;  il  vero  “genocidio”  in corso     è il nostro.

Il commento di Ernesto:

ernesto20 ore fa

Alle volte viene da pensare, in modo semplicistico e paradossale, che se le soluzioni di Mister H fossero state attuate fino in fondo, non avremmo i problemi di oggi. Ma è un paradosso ed anzi, proprio la soluzione di Mster H ha favorito l’amplificazione dei problemi di oggi. Perchè concordo con Emmanule Todd, sul fatto che anche il luteranesimo, pur contenente caratteristi messianiche aveva anche un’etica del lavoro e del dovere, che sono stati motori della gradenzza occidentale: purtroppo come sosteine lo scrittore, questa etica è scomparsa ed oggi anche i figli del luteranesimo, all’etica del dovere e del lavoro preferiscono quella della rendita. E la rendita, il vivere di rendita, è una forma mentis dei pochi che vivono alle spalle di molti; è la forma mentis di chi usa il controllo del denaro per esercitare predominio su molti. Questa mentalità avvelenatrice delle tradizioni culturali dell’occidente è il verme che ha eroso dell’interno il dinamismo della società occidentale. Ma atenzione a non farne una questione etnica: si rischia di confondere il problema con la soluzione. Perchè la soluzione non è, a mio modo di vedere, trvolgere il rispetto della sostanza umana che ci accomuna tutti al mondo ma concentarsi su gli aspetti antropologici/culturali per recuperare la grandezza. Ma forse sono un illuso e un inguaribile ottimista.

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LA PACE DI TRUMP – Campa & GERMINARIO

LA PACE DI TRUMP – Campa & GERMINARIO_Al momento della pubblicazione di questa conversazione è in corso a Sharm el-Sheikh la firma di un memorandum tra oltre venti paesi a garanzia della cessazione delle ostilità e del processo di ricostruzione di Gaza. Non sono presenti, significativamente, i due contendenti del conflitto: Israele e Hamas. Dal numero e dalla qualità dei garanti, difficilmente i due contendenti, a cominciare da Nethanyahu, potranno sfuggire alla morsa di un accordo che potrà cambiare gli equilibri e il peso dei vari paesi di quell’area. Difficile, ma non impossibile. Difficile per il peso politico dei garanti, per la stanchezza dell’esercito israeliano e la relativa vulnerabilità del suo sistema di difesa; non impossibile per l’incertezza dell’esito dello scontro politico negli Stati Uniti e per i tempi stretti di cui dispone l’attuale presidenza statunitense. Un accordo che non tarderà a mettere a nudo la natura e l’evoluzione dei rapporti tra le varie élites del mondo occidentale, i centri di Israele e quelli del Medio Oriente- Un tassello della grande complessità e ambiguità entro la quale si trova ad agire Trump e il suo composito schieramento. Un dato certo permane: l’assenza di una adeguata rappresentanza politica dei palestinesi. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Il ritorno di Andrej Babiš: l’inizio di una nuova ondata di euroscetticismo in Europa?

Il ritorno di Andrej Babiš: l’inizio di una nuova ondata di euroscetticismo in Europa?_di Daria Luisa Petrucci

Dopo quattro anni all’opposizione, il magnate ceco torna a guidare il Paese e rilancia la sfida a Bruxelles con un’agenda nazionalista e pragmatica

Daria Luisa Petrucci

7 Ott, 2025

In questo report:

  • Babiš torna al potere con un’agenda euroscettica
  • Praga si avvicina al fronte sovranista dell’Est
  • L’Europa verso una nuova ondata di scetticismo?

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9 min

Con una campagna costruita su slogan anti-immigrazione, critiche ai “burocrati di Bruxelles” e promesse di aumenti salarialiAndrej Babiš ha vinto le elezioni parlamentari in Repubblica Ceca con circa il 35% dei voti. Il magnate populista torna al potere promettendo di “difendere Praga da Bruxelles”.

Data la mancanza di una maggioranza assoluta, Babiš sta cercando alleanze con altre forze radicali affini, come il partito Libertà e democrazia (Spd), apertamente anti-Ue anti-Nato, o il movimento dei Motoristi, gruppo populista che si oppone alle politiche ambientali europee e alla transizione verde.

Chi è Andrej Babiš e perché l’abbiamo già sentito nominare

Andrej Babiš, già Primo ministro tra il 2017 e il 2021, è un noto imprenditore e miliardario ceco. Con un patrimonio stimato in circa 4,3 miliardi di dollari, è uno degli uomini più ricchi del Paese. È il fondatore di Agrofert, un colosso agrochimico e alimentare che impiega 34 mila persone e comprende oltre 250 società attive nei settori dell’agricoltura, dell’energia, dei media e dell’alimentazione. Nel comparto agroalimentare e chimico, Agrofert controlla più di due terzi del mercato ceco.

Nel 2013 Babiš è entrato anche nell’industria dei media acquisendo il gruppo Mafra, compagnia alla quale fanno capo alcuni dei giornali più letti del Paese. L’anno successivo ha acquistato Radio Impuls, la stazione radiofonica più seguita in Repubblica Ceca. Per il suo mix di potere economicocontrollo mediatico e retorica anti-establishment, Babiš viene spesso paragonato a Donald Trump e a Silvio Berlusconi.

L’esordio politico risale al 2011, con la fondazione del movimento Akce nespokojených občanů (Azione dei cittadini insoddisfatti o Ano). Il partito, caratterizzato da toni populisti, conquistò rapidamente un elettorato trasversale, soprattutto tra la classe media e i piccoli imprenditori.

Nel 2013 Ano entrò in Parlamento e nel 2014 Babiš divenne vicepremier e ministro delle Finanze. Tre anni dopo, nel 2017, conquistò la carica di Primo ministro. Già tra il 2014 e il 2017, durante il suo mandato da ministro e poi da premier, Babiš attirò l’attenzione della stampa europea per un potenziale conflitto di interessi derivante dal suo doppio ruolo di politico e imprenditore. Si trovava infatti nella posizione di approvare, tramite ministeri o agenzie sotto il suo controllo, l’erogazione di fondi europei destinati ad aziende del gruppo che lui stesso possedeva o ad altre aziende in vario modo collegate.

Nel frattempo, il Parlamento ceco approvò una legge anti-conflitto d’interessi, soprannominata Lex Babiš, che vietava ai membri del governo di possedere media e di ricevere fondi pubblici nazionali o europei attraverso aziende controllate. Per aggirare la disposizione, Babiš trasferì formalmente Agrofert in due trust fiduciari, risultando così, tecnicamente, non più proprietario diretto delle quote.

Tuttavia, un audit condotto dalla Commissione europea concluse che il conflitto d’interesse persisteva poiché Babiš, pur non essendo più titolare formale delle società, ne manteneva l’influenza e continuava a trarne beneficio economico. Secondo Bruxelles, le sue aziende avevano beneficiato impropriamente di sussidi europei erogati durante il suo mandato.

Parallelamente, l’Ufficio europeo antifrode (Olaf) stava indagando su un altro fascicolo riguardante Babiš. L’imprenditore era accusato di aver ottenuto, già nel 2008, prima del suo ingresso in politica, un finanziamento europeo indebito per la costruzione del resort  Nido della Cicogna.

Babiš avrebbe occultato che il complesso appartenesse al gruppo Agrofert per poter accedere a fondi destinati esclusivamente alle piccole e medie imprese, ai quali diversamente non avrebbe avuto accesso. Nel gennaio 2023 un tribunale lo ha assolto, ma nel giugno del 2025 l’Alta Corte di Praga ha annullato la decisione e ordinato un nuovo processoattualmente pendente.

Nel 2021 Babiš perse le elezioni contro la coalizione liberale Spolu (Insieme), travolto dallo scandalo dei Pandora Papers, una fuga massiva di documenti finanziari che rivelò come numerosi leader politici e imprenditori utilizzassero società offshoretrust e altre strutture societarie complesse per occultare proprietà e movimenti di capitale.

L’episodio condusse all’apertura di un’indagine per sospetto riciclaggio di denaro da parte delle autorità francesi, trovandosi in Francia alcuni degli immobili coinvolti. Babiš respinse ogni accusa, definendo il caso “un attacco politico” orchestrato per indebolirlo durante la campagna elettorale.

Connessioni tra le aziende nel portafoglio Agrofert

Il ritorno di Babiš tra populismo e pragmatismo

La crisi economica e il malcontento sociale hanno riaperto uno spazio politico per la retorica di Babiš: il 4 ottobre 2025 è tornato a vincere, rilanciando la narrativa populista ed euroscettica, centrata su sicurezzasovranità e tutela economica nazionale.

Il suo partito, Azione dei Cittadini Insoddisfatti (Ano) ha vinto le elezioni con il  34.5% dei voti, superando la coalizione di centro-destra Spolu (Insieme) messa insieme dal precedente premier Petr Fiala, che si assesta intorno al 23.4%. In questo modo, Ano ha ottenuto circa 80 seggi nella Camera bassa, che ne conta 200, in aumento rispetto ai 72 seggi dello scorso mandato ma comunque con una maggioranza risicata: Babiš ha dichiarato di volere un governo monopartitico ma che formerà delle alleanze per ottenere un sostegno più ampio.

Sono già iniziati i colloqui con i piccoli partiti euroscettici di destra che sono riusciti a superare la soglia di sbarramento del 5%: il partito anti-green Motoristi e partito anti-immigrazione Libertà e democrazia diretta (Spd), guidato dall’imprenditore ceco-giapponese Tomio Okamura. Con i Motoristi, Babiš condivide i timori riguardo agli obiettivi europei di riduzione delle emissioni e promette di modificarli o di rifiutarli in toto.

Durante la campagna elettorale, il partito Azione dei Cittadini Insoddisfatti (Ano) ha promesso una più rapida crescita economicasalari e pensioni più alti, tasse più basse e sconti fiscali per studenti e giovani famiglie, preannunciando probabili aumenti del deficit di bilancio. Babiš è così riuscito a capitalizzare il malcontento verso l’inflazione e la percezione di un’eccessiva ingerenza dell’Unione Europea nelle politiche nazionali.

Sul piano della politica estera, Ano si posiziona per una riduzione del sostegno all’Ucraina, punto chiave nell’agenda del precedente governo, avendo dichiarato di voler porre fine alle numerose iniziative messe in piedi per difendere Kiev. Inoltre, Babiš si è già in passato opposto all’adesione dell’Ucraina all’Unione. Intende concentrarsi sulle politiche interne, ha dichiarato, ma respinge fermamente le richieste dell’aspirante alleato, il partito Spd, di indire un referendum sull’uscita del Paese dall’Ue e dalla Nato.

L’Europa verso una nuova ondata di scetticismo?

Babiš riflette un modello di populismo manageriale: un leader che si presenta come uomo “del fare” e che accusa Bruxelles di ostacolare la crescita economica del Paese con normative superflue ed eccessivamente rigorose.

Sostenitore del leader ungherese Viktor Orban, ha stretto un’alleanza con diversi partiti di estrema destra nel gruppo Patrioti per l’Europa del Parlamento europeo, al fine di contestare l’orientamento mainstream delle politiche europee, compresa la decarbonizzazione e il nuovo patto sull’immigrazione.

In ambito europeo, dunque, si affianca ai governi di Slovacchia e Ungheria nel pretendere una maggiore autonomia economicalimiti alle competenze di Bruxelles e politiche più dure sull’immigrazione. La vicinanza con Budapest e Bratislava rischia di riportare Praga verso la sfera d’influenza di Mosca.

Secondo il Manifesto, l’ascesa di Babiš non è un episodio isolato. In tutta l’Europa centro-orientale si registra una nuova ondata di diffidenza verso l’Ue, alimentata da inflazione e costo della vita, considerati come effetti collaterali delle sanzioni alla Russia.

Le politiche ambientali europee vengono percepite come penalizzanti per le industrie locali e la crisi migratoria torna a pesare nei dibattiti pubblici nazionali. Le elezioni ceche riflettono un trend europeo che sta prendendo forma: la sfiducia nelle élite di Bruxelles, accusate di essere lontane dai cittadini, insieme all’assenza di una sinistra capace di proporre valide alternative, stanno facendo strada agli oligarchi populisti, alle forze di estrema destra e al trumpismo.

Babiš vuole perseguire una linea più pragmatica che ideologica e vuole una Repubblica Ceca più sovrana, più nazionale, meno integrata. Il riposizionamento di Praga tra gli Stati membri euroscettici dell’Europa centrale, accanto a Budapest e Bratislava rischia di indebolire il fronte orientale pro-Ucraina, proprio mentre l’Unione cerca di mantenere l’unità nel sostegno a Kiev.

Anche se non sembra che il neo-premier persegua una rottura netta con Bruxelles, il ritorno di Praga su posizioni euroscettiche rappresenterà una spina nel fianco delle prossime negoziazioni europee su energia, sostenibilità e Difesa comune, in un momento in cui l’Unione è già divisa sul piano interno a causa delle partecipatissime manifestazioni pro-Palestina che si stanno diffondendo a macchia d’olio in tutte le principali capitali europee.

Immagine in evidenza: https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=38699826; immagini presenti nell’articolo: https://en.wikipedia.org/wiki/Andrej_Babi%C5%A1#/media/File:Ing_Andrej_Babis.png

Si accettano miracoli, di WS

Consiglio di rilanciare questo notevole intervento di Aurelien https://italiaeilmondo.com/2025/10/05/ripartire-da-zero_di-aurelien/ che mi ero perso; confesso che non lo avevo nemmeno letto  finché  l’ ho  ritrovato oggi   per caso   su Reseau International.

E in  ciò   mi dichiaro  colpevole  di  essere  prevenuto   perché oramai leggo  Aurelien  distrattamente  considerandolo solo un  raffinato  gatekeeper.

Questa volta, però, Aurelien mostra  che non è un personaggio  così banale; lui   “le cose le sa” e  sa trarne tutte le dovute conseguenze.  L’  €uropa  è ad bivio   tra  “tornare indietro”  pagando  comunque  un duro  contraccolpo o andare  avanti  in un abisso  che di certo non la vedrà “vincitrice”.

 Ma il nostro è come sempre un po’ ” perfidamente omissivo” perché qualunque sia la migliore “gestione del danno” nell’ormai inevitabile “ripartire da zero ” ( perché ” a zero” alla fine  ci saremo COMUNQUE finiti) , se  si vuole  “ridefinire  “ la futura  politica  europea   in un post-ucraina  che   non ci veda   a  “zero  tagliato” ,   si deve inevitabilmente partire dal definire PRIMA   tutte le colpe di chi “il danno” lo ha voluto e provocato.

 Io trovo in questo articolo  di Aurelien appunto l’ eco di un  dibattito che sicuramente adesso corre nei quadri intermedi delle elite inglesi da cui il nostro proviene; dibattito ovviamente riservato e che di sicuro non è ancora iniziato invece nelle élites coloniali del resto d’€uropa.

Questo è  certamente  un segno  interessante ma  temo  molto probabilmente finalizzato alla speranza  dei più   furbi  di potersene  appunto” filare a l’ inglese” lasciando   nelle pesti  tutti gli altri . 

Una  cosa che però non dovrebbe essere permessa al principale “piromane” di questo danno. Anche perché in questo  gli inglesi  sono almeno tre volte recidivi; non c’ è dubbio che se la facesse   franca l’elite inglese ci  riproverebbe alla prima occasione.

La    russofobia delle elites inglesi non è una pulsione  occasionale    come  quelle  della  sue “scimmie”  italiche; è ben  radicata  e perseguita  con maligna “coerenza”   da almeno   due secoli  e mezzo.

Aurelien  questo lo sa , ma soprattutto  sa  che  questo cominciano a comprenderlo  tutti i russi.  Aurelien  non è ora preoccupato  per “l’€uropa” , cosa  di cui  ad ogni inglese  importa un piffero , ma   della  SUA  Inghilterra  per  cui    comunque  le  cose  volgono  al peggio-

   E appunto  ora valuta la necessità  di definire   per TUTTI   ciò che i russi  hanno  chiesto  sempre e da subito: la definizione  di un quadro  di sicurezza  collettiva,   financo  fosse  una    totale €urofinlandesizzazione,  che però  sostanzialmente  lasci  libera  e nell’ ombra  la  solita  “manina” inglese.

Ma  Aurelien  sa  certamente  anche  “che i fatti  comportano  conseguenze” . 

C’ è appunto un  primo   fatto  che  questa  nuova “ sicurezza  collettiva”  alla  Russia  è stata  negata   su istigazione  inglese   suppur per voce  spesso  dei  suoi  “obbedienti”  massonici posti a dirigere  i vari  €uronanerottoli .

E  c’ è un  un  secondo  fatto:  la “sconfitta  strategica”   che  si  voleva così  imporre  alla  Russia   dovrà per  forza  ritorcersi verso chi l’aveva progettata  e perseguita.

 Certo  Putin non vuole “vincere”, la Russia  lotta solo per  “sopravvivere”; ma   se  ci riesce,  quale  “ sicurezza  collettiva”   potrà mai    firmare   con chi   ha  così  subdolamente  minacciato l’esistenza  della Russia?

Forse  qualcuno   più  resipiscente  in €uropa sta  sinceramente valutando una  “nuova  Helsinki “   ma  anche  qui  c’ è un  terzo  fatto:  quella “Finlandia”   lì non  esiste più. La memoria  del  voltafaccia  finlandese, per non dire   tradimento  dei patti sottoscritti,  ora  non potrà essere rimossa  dalla  testa  dei russi.

In altre  parole  tutto    deve necessariamente passare PRIMA  per  la  rimozione  delle  attuali  elites  €uropee ,  perché  “chi  è stato parte  del problema non può essere parte  della  soluzione”. 

Solo  così  la Russia  potrà veramente   credere  che valga la pena  di firmare  qualcosa   con chi la voleva morta.

Ma  queste   élites  non  se ne andranno  da  sole;  lotteranno fin in fondo  per  trascinare  tutti con  sé.

La conclusione  quindi  è la  stessa di sempre  e  mi rendo  conto  di essere  noioso  a   ribadirla continuamente.

 Non ci sono più margini per  fermare   questo  treno in corsa , “salvo miracoli” ovviamente.

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