Italia e il mondo

L’EUROPA TRA LE VIE DELLA NATO, LE VIE DELLA SETA E LE VIE DELL’ENERGIA. SECONDA PARTE _ di Luigi Longo

L’EUROPA TRA LE VIE DELLA NATO, LE VIE DELLA SETA E LE VIE

DELL’ENERGIA. SECONDA PARTE.

di Luigi Longo

Ai miei nipotini Ethan e Francesco affinchè non si adattino nella loro vita ai sentimenti e alle idee della infamia della realtà sociale storicamente data.

È né più né meno che un inganno sobillare il popolo senza offrirgli nessun fondamento solido e meditato per la sua azione. Risvegliare speranze fantastiche […] lungi dal favorire salvezza di coloro che soffrono, porterebbe inevitabilmente alla loro rovina: rivolgersi ai lavoratori senza possedere idee rigorosamente scientifiche e teorie ben concrete significa giocare in modo vuoto e incosciente con la propaganda, creando una situazione in cui da un lato un apostolo predica, dall’altro un gregge di somari lo sta a sentire a bocca aperta: apostoli assurdi e assurdi discepoli.

In un paese civilizzato non si può realizzare nulla senza teorie ben solide e concrete; e finora, infatti, nulla è stato realizzato se non fracasso ed esplosioni improvvise e dannose, se non iniziative che condurranno alla completa rovina la causa per la quale ci battiamo.

L’ignoranza non ha mai giovato a nessuno!

Karl Marx*

Se è vero che ciò che è storico è sempre mutevole,

anche il sistema attuale è destinato prima o poi a declinare lasciando il posto, se sapremo impegnarci razionalmente ed eticamente, a un mondo migliore. Una prospettiva che congiunge in una linea ideale la filosofia politica di Platone e di Marx, entrambi impegnati, non soltanto a conoscere, ma a cambiare il corso della storia.

Silvia Vegetti Finzi**

1.La sintesi della prima parte

Nella prima parte del presente scritto evidenziavo alcune questioni:

a) la situazione oggettiva di una Europa servile in totale sbando e decadenza e una potenza imperiale (USA) di coordinamento mondiale, in irreversibile declino, non propensa ad un ordine mondiale condiviso con altre potenze. In questa fase storica data, l’Europa si trova ad un bivio: o proseguire la servitù volontaria verso gli Stati Uniti d’America scegliendo le vie della NATO, oppure divenire un soggetto politico confederato (1), iniziare un cammino di liberazione dalla servitù e scegliere un nuovo orientamento verso l’Oriente attraverso le vie della seta e le vie dell’energia. Un cammino che non può prescindere dal << […] “saltare il passaggio” della piena restaurazione della sovranità politica e monetaria degli stati nazionali >> (2);

b) le vie della Nato, ovverosia degli Stati Uniti, sono vie che preparano scenari di guerra ma l’Europa per la prima volta nella storia sarà teatro passivo di future guerre. La Nato è sempre stata strumento dei momenti storici di svolta, così fu nel secondo dopoguerra, nella fase monocentrica con coordinamento USA, così è nell’attuale fase multicentrica, con gli USA in chiaro declino come potenza egemonica e con le nuove potenze mondiali in chiara ascesa (3);

c) la Nuova Via della Seta della Cina è una Via che recupera un nuovo senso e un nuovo dialogo tra Oriente e Occidente e ha come obiettivo l’equilibrio dinamico tra le potenze dominanti della fase multicentrica.

2.La guerra biologica

Leggo la pandemia da Covid-19 (4) come una guerra biologica nella fase multicentrica (5) che avanza anche con l’affilamento delle armi batteriologiche di distruzione di massa delle potenze mondiali (6).

Pochi autori leggono la questione coronavirus come una guerra batteriologica nel conflitto tra la potenza mondiale egemonica USA (in declino) e la Cina (potenza in ascesa) nella fase multicentrica (7).

La Cina è sotto attacco perché è ritenuta dagli Stati Uniti (8) la nazione in grado di essere il motore della messa in discussione della sua egemonia attraverso l’alleanza con la Russia (altra potenza in ascesa) e la creazione di coordinamenti con altre nazioni [l’Aggregato geoeconomico Bric (Brasile, Russia, India, Cina), l’Organizzazione di cooperazione di Shanghai (SCO), la Belt and Road Initiative (BRI, la Nuova Via della Seta)]. L’esperta di studi asiatici Claudia Astarita afferma che << […] Mosca, che si ritrova nell’incapacità di rispondere (alla politica cinese nell’Asia Centrale, mia precisazione), in virtù di una sempre più accentuata inferiorità politica e strategica rispetto a Pechino. […] la Cina sta ridisegnando gli equilibri storici dell’Asia Centrale: “un tempo tutte le strade portavano a Mosca. Ora portano tutte a Pechino” […] come è stato messo in evidenza nel rapporto dell’Istituto per gli studi di politica internazionale di Milano (ISPI) “Russia and China. Anatomy of a Partnership”, il blocco russo-cinese, a prescindere dalla sua natura pragmatica, asimmetrica, e potenzialmente conflittuale, non è destinato a scomparire, quindi sarebbe opportuno iniziare a riflettere su come evitare che finisca col trasformarsi in un aggregatore di dissenso anti-occidentale […] Se è vero, come ha sottolineato l’accademico americano Jeremi Suri, che è stata la necessità di sfidare l’ordine americano ad avvicinare Mosca e Pechino, è evidente che fino a quando gli Stati Uniti continueranno ad essere percepiti come un nemico comune l’asimmetria di questo blocco continuerà ad essere considerata un problema secondario per il Cremlino. Paradossalmente, quindi, per offrire alla Russia un’alternativa, l’Occidente in generale e l’Unione Europea in particolare dovrebbero ricominciare a confrontarsi per trovare un modo per evitare che l’isolamento cui hanno scelto di relegare Mosca (su precise strategie statunitense, mia precisazione) si trasformi in un’arma a doppio taglio in grado di renderla un nemico ancora più imprevedibile e pericoloso.>> (9). Ricordo, en passant, che gli USA temono una alleanza Cina-Russia soprattutto per la capacità cinese di avanzare con la Nuova Via della Seta una grande progettualità di respiro mondiale basata sullo sviluppo economico, politico, culturale tra le nazioni coinvolte nell’idea di scambio tra Oriente e Occidente che ricalca il senso e gli obiettivi delle antiche Vie della Seta (10).

Il virus Sars Cov-2 (11) parte apparentemente (12) da Wuhan (una metropoli di 11 milioni di abitanti, capoluogo della provincia centro-meridionale dell’Hubei, è uno dei cuori economici della Cina in cui si intersecano un grandissimo numero di linee ferroviarie, stradali e aree che collegano il Paese al suo interno e col resto del mondo. Wuhan è dunque un hub economico, industriale, finanziario e logistico, ma anche meta turistica e importante città universitaria) (13), probabilmente dal laboratorio BLS-4 come sostiene il Dr. Boyle che precisa “Tutti questi laboratori BSL-4 di Stati Uniti, Europa, Russia, Cina, Israele sono stati fatti per ricercare, sviluppare, testare agenti per la guerra biologica. In verità, non vi è alcun motivo scientifico legittimo per avere laboratori BSL-4.” (14). L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha approvato “molti di questi laboratori BSL-4 (…) Non potete fidarvi di ciò che dice l’OMS perché sono tutti comprati e pagati da Big Pharma e lavorano in combutta con il CDC [Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie], che è il governo degli Stati Uniti e lavorano in combutta con Fort Detrick.” Fort Detrick, oggi, è un laboratorio all’avanguardia per la guerra biologica, in precedenza era un noto centro di ricerca della CIA per gli esperimenti sul controllo mentale” (15).

Ora, sia ipotizzando che il virus sia sfuggito di mano (l’imprevedibilità) nel laboratorio BLS-4, sia ipotizzando che gli USA abbiano manovrato affinchè ciò accadesse (16) non cogliamo il punto della situazione, quello, cioè, che nel conflitto strategico gli agenti dominanti usano la guerra biologica così come è sempre stato a partire dalla notte dei tempi fino ad oggi. Nel conflitto per il dominio tutti si attrezzano con tutti i tipi di armi convenzionali e non convenzionali ma il ruolo degli USA (maestri di guerre batteriologiche con oltre 400 laboratori segreti sparsi nel mondo), che per la loro storia sono la potenza mondiale più pericolosa, è nefasto: “La guerra biologica di un tempo fatta di batteri e richettsie (piccoli microrganismi simil batterici, mia precisazione) era vantaggiosa ma indiscriminata, con alto rischio boomerang ed epidemie fuori controllo, soprattutto per l’alto rischio che colpisse solo la popolazione civile lasciata senza protezione. Per questo era stata ufficialmente bandita o destinata soltanto agli animali. Ora, con la capacità di modificare o riprogrammare i virus con l’ingegneria genetica la guerra biologica si affianca come potenza e rango alle guerre terrorizzanti o deterrenti, come la guerra nucleare e il terrorismo” (17). Ricordo, come già evidenziato nei miei precedenti scritti, che la potenza più aggressiva e spregiudicata è quella degli Stati Uniti d’America: perché è nella loro storia, perché sono per un dominio unilaterale, perché sono in chiara fase di inizio declino insieme a tutto l’Occidente (che si butta sul postumano in nome delle magnifiche sorti e progressive dell’umanità invece di dare senso alla vita individuale e sociale), perché hanno un conflitto interno tra gli agenti strategici irreversibile, perché non riescono a fare sintesi nazionale capace di rilanciarsi come grande potenza, perché sono leader mondiali della ricerca, produzione e uso di armi batteriologiche. Già nel 2017-2018 si era verificato negli USA uno dei più gravi focolai di influenza della storia recente. Fu una catastrofica influenza almeno tre volte più letale dell’attuale crisi sanitaria legata alla malattia Covid-19. Allora l’OMS ritenne non necessario (sic) allertare il mondo o arrestare tutte le attività commerciali planetarie come ha fatto con il covid-19. Stranamente l’OMS non si era nemmeno preoccupata di etichettare l’epidemia americana come un’epidemia o una pandemia. Si era trattato solo di una “normale influenza” nonostante l’entità dei decessi, l’enorme numero di ricoveri e l’alto tasso di infezione (18).

La malattia Covid-19, ritenuta una influenza particolare (19) la cui particolarità è data dalla sua artificiosità, viene dichiarata pandemica innescando, in una logica sistemica, interventi di politica sanitaria che hanno fatto da testa di ariete per riorganizzare la vita sociale, rimodellare il legame sociale, ristrutturare tutte le sfere sociali, ripensare l’uso della città e del territorio dei singoli Paesi che hanno dato risposte diverse in termini di soluzione, di ripresa e di rilancio del proprio sviluppo storicamente dato.(20). L’intervento di politica sanitaria per bloccare la pseudo pandemia tramite i soli vaccini prodotti in maniera superficiale, rozza e antiscientifica è la prova provata dell’utilizzo della malattia covid-19 per altri fini (politici, economici, sociali, istituzionali, geopolitici) e non certamente per tutelare la salute delle popolazioni. Parlo di sieri genici, non vaccini, avallati oltre che dalle interessate Big Pharma, soprattutto da tutte le istituzioni mondiali scientifiche e non: si pensi, per esempio, alla formazione dei protocolli secretati della produzione dei cosiddetti vaccini, al non controllo pubblico degli effetti sulla popolazione, all’assurdità antiscientifica di vaccinare una popolazione in piena pandemia, al divieto di curare con farmaci efficaci (comuni antivirali, antibiotici, anti-infiammatori e immunostimolanti/modulanti, eccetera) la malattia, salvando vite umane così come hanno dimostrato, nella pratica e scientificamente, i medici italiani che hanno rifiutato le indicazioni del Ministero della Sanità (quale decisore servile risponderà di questo genocidio?!), fino alla durata della produzione dei vaccini: occorrono mediamente 10 anni per produrre seriamente e scientificamente un vaccino! (21).

E’ triste osservare che i critici di derivazione marxiana più intelligenti, del sistema cosiddetto capitalistico, si affidano alle magnifiche sorti e progressive della scienza e della tecnica e non vedono lo strumento della Covid-19 come frattura (con conseguente salto) di una nuova organizzazione sociale ovviamente sistemica che marcia verso il post-umano distruggendo sensatezza e costruendo nichilismo (la crisi di civiltà dell’Occidente!) (22). Eppure c’è tutta una letteratura e una pratica vissuta che ha prodotto ottime riflessioni sulla non neutralità della scienza e della tecnica! Si vive di intelligenza pratica sempre più povera, staccata dalla intelligenza del pensiero sempre più confuso. E’ il segno dei tempi!

Il virus Sars Cov-2 è lo strumento per ridisegnare, nella fase multicentrica, una nuova architettura economica (conflitto nelle sfere economica e finanziaria), sociale, politica, istituzionale (conflitto nelle sfere istituzionale, politica, lavoro, giuridica) e territoriale dei singoli Paesi (conflitto nelle sfere geopolitica, geoeconomica e geoideologica) e per rideterminare le aggregazioni di Paesi e di aree intorno ai centri-potenza (USA in relativo declino, Cina e Russia in ascesa) in conflitto per l’egemonia mondiale (dominio assoluto per gli USA, dominio condiviso per la Cina e per la Russia).

E’ ragionevole ipotizzare, quindi, che gli Stati Uniti sono i responsabili della diffusione, tramite il virus Covid-Sars2, della pandemia da Covid-19 per colpire la Cina ritenuta da loro il Paese-potenza che, come già detto, in alleanza con la Russia, è in grado di mettere in discussione la loro egemonia mondiale.

3.La guerra russo-ucraina

Perché oggi è esplosa la guerra tra la Russia e l’Ucraina, un paese pedina nelle strategie aggressive degli USA, tramite la NATO, verso l’Oriente? Ricordo, con Guy Mettan, che << il “perno geopolitico” ucraino è oggetto di una approfondita analisi: dal 1994 Washington accorda priorità ai rapporti con l’Ucraina. Tra il 2005 e il 2010 l’Ucraina potrebbe a sua volta trovarsi nella situazione di imbastire delle trattative in vista di un suo ingresso nell’UE e nella Nato. Vent’anni dopo possiamo dire che il programma di Brzezinski è stato realizzato quasi integralmente. I suoi lettori lo hanno applicato alla lettera: l’Ucraina, con l’aiuto dei polacchi e dei baltici, è entrata nell’orbita occidentale. L’unica cosa che non aveva previsto era che gli abitanti dell’Est dell’Ucraina non avrebbero accettato questo stato di cose e si sarebbero ribellati, preferendo ricongiungersi alla Russia o rivendicare la propria indipendenza piuttosto che abbracciare l’Occidente.>> (23). Perché Vladimir Putin è costretto ad intervenire per la difesa legittima dei confini russi dopo anni di allargamento della Nato (24), (strumento degli USA è bene ribadirlo) ad Est con la collaborazione della servitù volontaria dell’Unione europea (una UE frutto di un progetto politico messo su dagli Stati Uniti nel dopoguerra il cui utilizzo è arrivato a termine)? (25). Rammento il verbale desecretato nel 2017 in cui si dà conto in modo dettagliato dei colloqui avvenuti tra il 1990 e il 1991 tra i direttori politici dei ministeri degli Esteri di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania, sull’unificazione delle due Germanie, dopo il crollo di quella dell’Est del 1989. Il colloquio decisivo, riporta Der Spiegel, si è svolto il 6 marzo 1991 ed era centrato sui temi della sicurezza nell’Europa centrale e orientale, oltre che sui rapporti con la Russia, guidata allora da Michail Gorbaciov. I leader dei maggiori paesi della Nato avevano promesso a Mosca che l’Alleanza atlantica non sarebbe avanzata verso Est “neppure di un centimetro”. Una promessa smentita dai fatti, visto che da allora ben 14 paesi sono passati dall’ex impero sovietico all’alleanza militare atlantica. Da qui le contromosse di Wladimir Putin: la guerra in Georgia (il fallito tentativo nel 2008 del presidente George W. Bush di includere nella Nato Ucraina e Georgia), l’occupazione della Crimea, l’appoggio ai separatisti del Donbass, lo schieramento di oltre centomila soldati al confine con l’Ucraina, la dura linea diplomatica con cui ha ribattuto alle minacce di sanzioni da parte USA ed UE: “Mosca è stata imbrogliata e palesemente ingannata”, infine la guerra all’Ucraina. (26). Perché sono state rifiutate sia le proposte ragionevoli e legittime della Russia a partire dagli accordi disattesi di Minsk (Minsk I e Minsk II, accordi che oggi non esistono più dopo il riconoscimento della Russia della costituzione delle repubbliche popolari separatiste del Donetsk e Lugansk), con regia degli USA (via Nato e UE, Germania e Francia), sia le ultime proposte russe del 15 dicembre 2021 con cui la Russia ha consegnato agli Stati Uniti un progetto di trattato per cessare la suddetta situazione e difendere le popolazioni russofone che da otto anni l’Ucraina bombarda nella regione del Donbass provocando la morte di 14 mila persone? (27).

La crisi tra la Russia e l’Ucraina è datata con la dichiarazione dell’indipendenza dell’Ucraina il 1 dicembre 1991 da parte del primo presidente ucraino Leonid Kravchuk. La guerra è iniziata nel 2014 con il non rispetto degli accodi di Minsk da parte Ucraina con regia degli USA-Nato, ha avuto un punto di svolta con la pandemia da Covid-19 nel 2019, ed è esplosa il 24 febbraio scorso. Riporto la brillante sintesi di Manlio Dinucci << Nel febbraio 2014 la Nato, che dal 1991 si era impadronita di posti chiave in Ucraina, effettuava tramite formazioni neonaziste appositamente addestrate e armate, il colpo di stato che rovesciava il presidente dell’Ucraina regolarmente eletto. Esso era orchestrato in base a una precisa strategia: attaccare le popolazioni russe di Ucraina per provocare la risposta della Russia e aprire così una profonda frattura in Europa. Quando i russi di Crimea decidevano con il referendum di rientrare nella Russia di cui prima facevano parte, e i russi del Donbass (bombardati da Kiev anche col fosforo bianco) si trinceravano nelle due repubbliche, iniziava contro la Russia la escalation bellica della Nato. La sosteneva la Ue, in cui 21 dei 27 paesi membri appartengono alla Nato sotto comando Usa.

In questi otto anni, forze e basi Usa-Nato con capacità di attacco nucleare sono state dislocate in Europa ancora più a ridosso della Russia, ignorando i ripetuti avvertimenti di Mosca. Il 15 dicembre 2021 la Federazione Russa ha consegnato agli Stati Uniti d’America un articolato progetto di Trattato per disinnescare questa esplosiva situazione […] Non solo è stato anch’esso respinto ma, contemporaneamente, è cominciato lo schieramento di forze ucraine, di fatto sotto comando Usa-Nato, per un attacco su larga scala ai russi del Donbass.

Da qui la decisione di Mosca di porre un alt alla escalation aggressiva Usa-Nato con l’operazione militare in Ucraina. Manifestare contro la guerra cancellando la storia, significa contribuire consapevolmente o no alla frenetica campagna Usa-Nato-Ue che bolla la Russia quale pericoloso nemico, che spacca l’Europa per disegni imperiali di potere, trascinandoci alla catastrofe >> (28).

Nel momento in cui gli USA dimostrano il proprio declino, con l’ascesa di potenze che mettono in discussione l’equilibrio tra legittimità e potere mondiale statunitense, tale equilibrio per dirla con Henry Kissinger, << […] viene distrutto, le limitazioni scompaiono, e il campo è aperto a pretese […]; ne segue il caos fino al ristabilimento di un nuovo sistema di ordine >> (29).

La guerra scatenata di fatto dagli USA-Nato in Ucraina ha come obiettivo quello di ostacolare l’alleanza sempre più consolidata tra Cina e Russia, che rappresenta un potenziale polo (una Grande Eurasia ad egemonia russa e una Grande Asia orientale ad egemonia cinese, per dirla con Federico Dezzani), con la sua visione multicentrica del dominio mondiale e con la sua idea di sviluppo basata su nuove relazioni internazionali e nel rispetto reciproco dei Paesi (organizzati o meno in macroregioni o grandi spazi o grandi aree con un proprio ordine e una propria peculiarità territoriale, culturale, sociale, politica e storica) dell’Occidente e dell’Oriente; un potenziale polo capace di mettere in discussione la pretesa egemonica monocentrica degli Stati Uniti. Per dirla con Sergey Karaganov (un consigliere di rilievo della politica estera russa) con << L’ultimatum che la Russia ha emesso agli Stati Uniti e alla NATO alla fine del 2021, chiedendo loro di interrompere lo sviluppo di infrastrutture militari vicino ai confini russi e l’espansione a est, ha segnato l’inizio della “distruzione costruttiva”. L’obiettivo non è semplicemente fermare la debole, seppur pericolosissima inerzia della spinta geostrategica dell’Occidente, ma anche iniziare a gettare le basi per un nuovo tipo di relazioni tra Russia e Occidente […] Il percorso più promettente per la Russia è lo sviluppo e il rafforzamento dei legami con la Cina. Una partnership con Pechino moltiplicherà molte volte il potenziale di entrambi i paesi. Se l’Occidente continua con le sue politiche amaramente ostili, non sarebbe irragionevole considerare un’alleanza temporanea di difesa di cinque anni con la Cina. Naturalmente bisogna anche stare attenti a non avere le ‘vertigini di successo’ sulla pista cinese, per non tornare al modello medievale del Regno di Mezzo della Cina, cresciuto trasformando i suoi vicini in vassalli. Dovremmo aiutare Pechino in ogni modo possibile per evitare che subisca una sconfitta anche momentanea nella nuova Guerra Fredda scatenata dall’Occidente […] Chiaramente, una politica orientata all’Est non deve concentrarsi esclusivamente sulla Cina. Sia l’Est che il Sud sono sempre più rilevanti nella politica, nell’economia e nella cultura globali, il che è in parte dovuto al nostro indebolimento della superiorità militare dell’Occidente, la fonte primaria dei suoi 500 anni di egemonia.

Quando arriverà il momento di stabilire un nuovo sistema di sicurezza europeo che sostituisca quello esistente pericolosamente obsoleto, lo si dovrà fare nel quadro di un più grande progetto eurasiatico. Nulla di utile può nascere dal vecchio sistema euro-atlantico >> (30).

Gli USA-Nato indeboliscono la Russia per colpire il costituendo polo eurasiatico, di cui temono, soprattutto, il progetto di respiro mondiale della via della seta che vede come attore principale la Cina. Fabio Massimo Parenti così afferma << La BRI ha prospettive sia geopolitiche che geo-economiche. Ha lo scopo di cambiare la relazione tra Cina e le altre grandi potenze, come USA, Russia ed Europa. Perciò, essa avrà un impatto sullo sviluppo economico e sulla cooperazione tra molte regioni: Asia centrale, Asia meridionale, Medio Oriente, Nord Africa ed Europa.>> (31).

Pasquale Cicalese così osserva << Nei siti cinesi durante l’ultimo anno e mezzo si dava conto dell’esplosione dei transiti ferroviari, anche a seguito del boom dei prezzi dei noli marittimi, tra la Cina e l’Europa. Il mercato era arrivato a valere il 14% dell’intero interscambio Cina Europa. Il transito passava per la Russia, la Bielorussia e l’Ucraina, per poi arrivare a Duisburg, Germania, dove c’è uno snodo merci fondamentale per l’intera Europa. La stessa Italia era arrivata a programmare transiti ferroviari con la Cina, attraverso lo snodo di Melzo, in Lombardia. Il transito ferroviario suggellava l’asse Germania Russia Cina, un asse commerciale ma che aveva ricadute politiche visto che era criticato dagli Stati Uniti. Non solo gli Usa, inglobando l’Ue nella guerra con la Russia, hanno bloccato North Stream, non solo ci saranno sanzioni che colpiranno la Russia e come un boomerang l’Ue, ma lo stesso interscambio ferroviario con la Cina si bloccherà con conseguenze gravi per gli esportatori europei. Certo, c’è il mare, ma il costo dei noli marittimi è esplosivo da due anni e molti piccoli operatori non se li possono permettere. Viene dunque bloccato il fronte Est. Gli Usa avevano già bloccato il Fronte Sud (Italia) con i repentini cambi di politica governativa ed estera nel nostro Paese, che nel giro di tre anni passava dall’accordo sulla Via della Seta e ostracismi diplomatici fomentati dagli americani. Ai cinesi rimane il Pireo, ma non ha linee autostradali e ferroviarie. La Cina dunque perde una parte dei commerci con l’Ue. Gli Usa a questo punto si rivolgeranno al Mar cinese meridionale per bloccare i traffici marittimi cinesi e fomenteranno rivolte in Egitto per bloccare il canale di Suez. Alla Cina rimane l’Asia e l’asse Cina, Russia, Pakistan e Iran, un blocco unico capace di compensare le perdite europee. Di fondamentale importanza il “Corridoio Pakistano” che la Cina ha ultimato e che arriva al porto di Gwdar. Se questo blocco regge e si sviluppa, assieme al Rcep, la storia dei commerci internazionali potrebbe dopo secoli cambiare, con perdita di centralità europea. Tre di questi paesi sono potenze atomiche, la Cina da anni contribuisce alla loro industrializzazione in cambio di sbocchi al mare e/o materie prime. […] il fronte est commerciale è perduto. Si tratta di vedere quali altri verranno aperti. Di certo, l’Europa ci perderà. Aver rinunciato ad una propria autonomia strategica (Pasquale Cicalese dimentica che l’UE non è un soggetto politico e come tale non può avere una strategia, mia precisazione) e aver seguito gli americani, che altro non volevano che la rottura dell’asse Germania Russia Cina sarà nei prossimi decenni fatale >> (32).

Una Russia che continua ad essere un gigante militare con i piedi di argilla con uno sviluppo economico squilibrato basato sull’esportazione delle materie prime soprattutto energetiche di sostegno all’egemonico settore militare-industriale (che gli permette un dinamismo geopolitico) le cui differenze con l’economia cinese in termini di PIL, sviluppo industriale, occupazione, inflazione, bilancio, riserve e debito pubblico sono rilevanti. La studiosa Eugenia Baroncelli, utilizzando macro indicatori sistemici, sostiene che << […] l’economia russa, che, nonostante un tasso di crescita del PILpc (prodotto interno lordo pro capite, mia precisazione) superiore all’8,5% nel 2007, ha subito una caduta alla fine del decennio, senza in effetti riprendersi in modo stabile. Nella seconda parte del 2014, il paese è entrato in recessione, a seguito della caduta dei prezzi del greggio e degli effetti delle sanzioni UE e USA del luglio 2014. La ripresa si è avuta solo nel 2016, anche grazie ai tagli nella spesa reale, a una maggior flessibilità del rublo e alle politiche di ricapitalizzazione bancaria. La traiettoria compiuta dal sistema economico russo è compatibile con quella di un paese a reddito medio-alto che tenta di raggiungere lo status di economia ad alto reddito tipica dei sistemi OCSE a economia industrializzata. Tuttavia, la sua elevata dipendenza dalle esportazioni di petrolio, gas naturale e derivati allontana notevolmente la chiusura del divario che separa l’economia russa dalle maggiori economie avanzate. >> (33).

4.Le vie dell’energia

Ripropongo una piccola premessa, che avanzai nel 2011, perché la ritengo ancora attuale, sulle questioni dell’imbroglio delle fonti energetiche rinnovabili (FER) e della sostenibilità territoriale (apparsa sui siti www.conflittiestrategie.it e www.italiaeilmondo.com) come cornice di ragionamento sulle riflessioni delle vie dell’energia dell’Europa che svilupperò subito dopo.

Il problema dell’energia è sempre stato fondamentale nella storia del genere umano sessuato per accendere il motore dello sviluppo attraverso i suoi modi di produzione e riproduzione della vita sociale e individuale storicamente data. Si è passato dalla fase dell’Homo sapiens, in cui venivano usati i convertitori biologici di energia come gli animali e i vegetali, alla fase attuale della società capitalistica in cui vengono usati convertitori inanimati di energia da fonti fossili ( petrolio, carbone, gas naturale, altro) e da fonti rinnovabili ( sole, vento, acqua, altro) passando per la rivoluzione agricola e la rivoluzione industriale: << Se la Rivoluzione Agricola è il processo mediante il quale l’uomo pervenne a controllare e ad aumentare la disponibilità di convertitori biologici ( piante ed animali), la Rivoluzione Industriale può essere considerata come il processo che permise di intraprendere lo sfruttamento su vasta scala di nuove fonti di energia per mezzo di convertitori inanimati >>.

Oggi viviamo in una società in cui lo sviluppo è acceso da una energia prodotta da fonti inanimate esauribili e da fonti inanimate inesauribili fino a quando il sole avrà vita (i lunghi << tempi biologici >>: nel 2009 il consumo mondiale di energia prodotta da fonti fossili è pari al 80% contro il 20% prodotta da fonti energetiche rinnovabili (FER) (soprattutto idrica), nucleare e altre fonti (non aggiorno i dati perchè la sostanza del ragionamento non cambia). << La parte del leone nella fornitura di energia nel mondo spetta alle sorgenti fossili, in particolare agli idrocarburi in virtù della disponibilità di infrastrutture in grado di estrarre, raffinare 1.000 barili al secondo di grezzo e di distribuire convenienti vettori energetici, che hanno reso disponibile l’energia in ogni luogo, in qualunque momento e alla potenza desiderata (corsivo mio) >>.

Quindi l’energia prodotta da fonti fossili esauribili è un elemento fondamentale dello sviluppo della società capitalistica e diventa indispensabile l’appropriazione e la disponibilità delle risorse energetiche da fonti fossili che non sono sparse in maniera omogenea sulla terra ma sono concentrate in alcune aree [ per esempio, la maggior parte delle riserve di petrolio si trova in Arabia Saudita, Iran, Iraq, Kuwait;( in una ristretta zona del Medio Oriente chiamata << ellissi strategica >>); la maggior parte delle riserve di gas naturale in Russia, Iran, Qatar; la maggior parte delle riserve di carbone in Stati Uniti, Russia, Cina ]. La loro appropriazione segue la logica dello sviluppo ineguale e del conflitto tra potenze nazionali per l’egemonia mondiale. La loro produzione, la loro distribuzione e la loro valorizzazione seguono la logica delle merci del sistema cosiddetto capitalistico, cioè, esse saranno utilizzate fino a quando saranno risorse competitive per lo sviluppo. La transizione ecologica europea e italiana nel breve-medio periodo è ideologica, nel lungo periodo forse sarà in grado di sostituire le risorse da fonti fossili che comunque comporterà una diversa organizzazione sociale di luogo e di tempo con un modello di sviluppo altro che potrà essere sistemico oppure alternativo (cioè basato su diversi rapporti sociali). E’ compito della storia scoprire i molteplici modi d’uso delle cose. Come è compito della storia definire i termini e i modi di quantificazione di questi oggetti, nonché la durata conveniente economicamente dell’uso delle cose. Le fasi di transizione sono sempre apparentemente caotiche e degradanti, ma è attraverso il caos che nasce il nuovo ordine. La storia questo insegna dalla fase di transizione della comunità naturale alla nuova società incivilita, per usare una terminologia di Friedrich Engels (L’origine della famiglia, della proprietà privata dello stato, Editori Riuniti, Roma, 1971).

Oggi, con la guerra, apparentemente tra Russia e Ucraina, due cose sono chiare e confermate storicamente: la prima: l’uso delle fonti fossili e delle fonti rinnovabili seguono la logica dello sviluppo ineguale e del conflitto tra potenze per l’egemonia mondiale (34); la seconda: l’ Unione Europea (UE), che dipende dal gas russo per il 41% (l’Italia importa oltre il 40%) (cfr la carta sotto riprodotta), non è un soggetto politico e, quindi, non solo non può avere nessuna strategia per quanto concerne l’approvvigionamento delle risorse energetiche, ma è sottomessa alle strategie USA contro i suoi stessi interessi (intendo la maggioranza delle popolazioni dei Paesi europei) aderendo alle assurde, stupide e devastanti sanzioni economiche (provvedimenti di alto profilo su banche e finanza, energia e tecnologia) ispirate dagli agenti strategici statunitensi nella convinzione di minare la base fondante dell’economia russa (sottolineo le conseguenze sulla maggioranza della popolazione) (35). La strategia avanzata per sostituire il gas russo da parte dell’UE (la REPowerEU) (che ricordo non ha nessun piano strategico sull’energia e ogni Paese si muove in maniera autonoma) è irrealizzabile nel breve-medio periodo (36) e comunque si muove sempre, sia nel solco strategico statunitense sia nella transizione ecologica, nella logica di contrastare le due potenze in ascesa, la cui alleanza può aprire a un mondo

multicentrico, cioè la Russia (una delle maggiori nazioni produttrici di gas naturale e petrolio) e la Cina (una delle più grandi importatrici di idrocarburi) (37).

Fonte: AGI, 2022

Gli interventi di politica energetica della UE (e dell’Italia), nel breve periodo, non saranno sufficienti a colmare sia il divieto di importazione del gas e petrolio russo da parte degli USA e della UE sia la eventuale chiusura dei gasdotti da parte della Russia (come ritorsione all’inasprimento delle suddette sanzioni) che ha tutto il diritto di usarla come strumento del conflitto. E fa pensare l’arroganza di Faith Briol (il numero uno dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE)) quando critica il comportamento della Russia sulla gestione del gas usato per ragioni geopolitiche contro la UE e indirettamente contro gli USA, tacendo l’uso degli strumenti di conflitto degli USA (sanzioni economiche, finanziarie, tecnologiche, boicottaggio del gasdotto stream2, eccetera) come azioni geopolitiche per ridimensionare la Russia (38).

L’Europa se fosse stata autonoma ed autodeterminata avrebbe potuto svolgere un ruolo fondamentale nella costruzione di nuove relazioni tra l’Occidente e l’Oriente scegliendo la via della seta e la via dell’energia, per costruire un mondo multicentrico intrecciando, nel rispetto reciproco della storia dei Paesi, i diversi modelli di sviluppo.

5.La via della NATO e la fine della UE.

L’UE, uno spazio istituzionale sovranazionale dove sono egemoniche le sfere economica, finanziaria, ideologica e culturale, occupata da agenti strategici esecutori servili statunitensi (i cotonieri lagrassiani), è obbligata a scegliere la via della Nato perché è espressione di un progetto degli Stati Uniti iniziato nel dopoguerra e ormai concluso (39).

Ritengo che il progetto NATO della UE abbia lo stesso insegnamento politico enunciato da Niccolò Machiavelli nei Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio e così sintetizzato da Andrea Guidi << La prevalenza degli Stati Uniti d’America nel contesto della NATO che ha caratterizzato il dopoguerra in Europa, può infatti, per certi casi, ricordare il pensiero macchiavelliano in materia di alleanze sovrastatali al tempo in cui Roma era ancora una delle nazioni che caratterizzavano la penisola italica. Un modello che secondo la teoria formulata nei Discorsi […] era fondata su paci e alleanze politicamente e militarmente sperequato proprio a favore di Roma, eppure basato su condizioni formalmente paritarie e su di un quadro favorevole alla concessione di diritti alle popolazioni destinatarie; ovvero era capace di assicurare l’inclusione giuridica, sociale ed economica delle nazioni e dei popoli confinanti. Le vicende storiche che hanno seguito la fine della Seconda guerra mondiale in ambito europeo occidentale, infatti, sono state caratterizzate-con alcune similitudini rispetto a quanto suggerito nei Discorsi-da un evidente predominio politico degli stessi Stati Uniti. In particolare, ciò è accaduto per la evidente superiorità di questi ultimi in termini di forza militare, ovvero in un modo che ricorda appunto i predicamenti del Segretario fiorentino riassumibili nel pragmatico metodo di mantenere per se “il quadro del comandare, la sedia dello imperio ed il titolo delle imprese” >> (40).

Così Henry Kissinger << L’equilibrio europeo, storicamente promosso dagli Stati dell’Europa, si era trasformato in un aspetto della strategia di potenze esterne. La NATO istituì una cornice permanente per le consultazioni tra gli Stati Uniti e l’Europa e introdusse un certo grado di coerenza nella condotta della politica estera. Ma in sostanza l’equilibrio di potere europeo si spostò dagli accordi interni al continente al contenimento dell’Unione Sovietica a livello globale, in gran parte mediante il potenziale nucleare degli Stati Uniti. Dopo lo shock di due guerre devastanti, i paesi dell’Europa occidentale dovettero affrontare un mutamento di prospettiva geopolitica che metteva in discussione il loro senso di identità storica.

L’ordine internazionale durante la prima fase della guerra fredda fu in effetti bipolare, con l’azione dell’alleanza occidentale diretta sostanzialmente dall’America come partner principale e guida. Per “alleanza” gli Stati Uniti intendevano non tanto paesi che agiscono in modo concordato per mantenere l’equilibrio quanto l’America come direttore generale di un’impresa comune. (corsivo mio, LL) >> (41).

La via della NATO è lo strumento di svolta storica delle strategie USA basate su accordi con alleati e paesi sottomessi, cioè << […] L’alleanza atlantica, in realtà, è un’alleanza non paritaria. E’ uno strumento coercitivo nei confronti dell’Europa per impedire alla stessa di essere indipendente, realmente unita, e per impedirle di volgersi verso Oriente. Non a caso, secondo Brzezinski, l’espansione della Nato verso Est avrebbe allargato l’area di influenza statunitense in Europa e creato un’unione europea tanto vasta quanto poco unita e, di conseguenza, facilmente controllabile dalla potenza egemone >> (42).

Le crescenti tensioni in Europa orientale, Medio Oriente, Asia centrale, Sud-Est asiatico e Africa, vale a dire lungo le linee di attrito tra le sfere di influenza dei tre poli di potere-dominio, cioè USA, Cina e Russia, rivelano il conflitto già in essere nella fase multicentrica dove la via della seta e la via dell’energia entrano nel grande gioco geopolitico tra le citate potenze (43).

La globalizzazione della NATO e gli accordi degli USA fuori la NATO (44) stanno a dimostrare la necessità di coordinamento delle azioni intraprese dagli USA nei riguardi della Cina e della Russia. Cioè si ha una sorta di moltiplicazione del modello NATO da utilizzare nelle diverse aree sensibili del conflitto strategico tra le potenze mondiali dall’Atlantico al Pacifico passando per il Mediterraneo. Così Mahdi Darius Nazemroaya << Gli Stati Uniti stanno creando un anello di alleanze militari che mira a isolare e accerchiare l’Heartland eurasiatico. Non si sta facendo altro che applicare una seconda volta la dottrina già lanciata a suo tempo dal presidente americano Nixon secondo cui gli alleati degli USA devono diventare i bracci armati in ogni regione del globo. L’Alleanza atlantica ha la funzione di proiettare la potenza a stelle e strisce in Europa e nel Mar Mediterraneo; Australia e Giappone sono i gendarmi di Washington nell’Estremo Oriente e nella zona dell’Asia-Pacifico; Israele è l’alleato speciale degli USA nel Medio Oriente assieme al Consiglio di Cooperazione del Golfo e alla Turchia, che stanno venendo usati per gli interessi altrui. Esiste anche un livello più basso in cui la dottrina di Richard Nixon viene applicata in Africa e America Latina a terminati Paesi (rispettivamente Etiopia e Colombia) con compiti più ridotti a scala locale. Quel che è diverso dai tempi di Richard Nixon è che oggi si assiste a un’intensa opera volta a favorire l’integrazione di tutte queste realtà all’interno delle istituzioni ufficiali di sicurezza e difesa legate agli Stati Uniti. Ciascuna di queste ramificazioni locali dell’egemonia statunitense risulta inoltre appoggiata e integrata con i comandi militari locali di combattimento degli USA con cui il mondo viene letteralmente suddiviso in zone geografiche di responsabilità per i generali e gli ammiragli del Pentagono. Ciò che gli Stati Uniti hanno fatto non è altro che consolidare sempre più un’opera di accerchiamento ai danni di Russia, Iran e Cina, con un occhio di riguardo anche per l’India. Tutti questi grandi Stati eurasiatici, nelle loro veste di potenze regionali, portano delle vere e proprie sfide ai piani egemonici di Washington nel continente: la Federazione russa è la nazione di riferimento nell’Europa orientale e nello spazio postsovietico; l’Iran è attore di spicco nel Golfo Persico e in Medio Oriente; l’India è il Paese più importante nella parte meridionale dell’Asia, mentre la Cina recita la parte del leone in Estremo Oriente. Per far fronte a tutto questo gli atlantisti stanno lavorando per dar vita a tre fronti in Eurasia: uno che copre le popolose aree di confini orientali e meridionali della Repubblica Popolare Cinese, un altro che cinge l’Iran e i suoi alleati in Medio Oriente e per concludere un terzo in Europa orientale proprio di fronte alle frontiere occidentali della Russia >> (45).

Ci vuole il coraggio de “I musicanti di Brema” che si ribellano ai loro padroni che, dopo averli usati e sfruttati, li vogliono eliminare perché non servono più. Essi conquistano con la lotta la libertà e l’autodeterminazione sociale della vita (46).

Per una Europa libera e autodeterminata bisogna mandare a casa gli agenti strategici esecutori delle strategie statunitensi che occupano dei luoghi sovranazionali che nulla hanno a che fare con gli interessi della maggioranza dei popoli. C’è la necessità di avere un moderno principe sessuato che spazzi via la servitù volontaria verso gli Stati Uniti e pensi ad un progetto di una Europa come crocevia di relazioni sensate tra Occidente e Oriente.

Se è vero, come ci ricorda Silvia Vegetti Finzi, che ciò che è storico è sempre mutevole, anche il sistema attuale è destinato prima o poi a declinare lasciando il posto, se sapremo impegnarci razionalmente ed eticamente, a un mondo migliore. Una prospettiva che congiunge in una linea ideale la filosofia politica di Platone e di Marx, entrambi impegnati, non soltanto a conoscere, ma a cambiare il corso della storia. Allora occorre ripartire dalla grande lezione di Karl Marx quando afferma è né più né meno che un inganno sobillare il popolo senza offrirgli nessun fondamento solido e meditato per la sua azione. Risvegliare speranze fantastiche […] lungi dal favorire salvezza di coloro che soffrono, porterebbe inevitabilmente alla loro rovina: rivolgersi ai lavoratori senza possedere idee rigorosamente scientifiche e teorie ben concrete significa giocare in modo vuoto e incosciente con la propaganda, creando una situazione in cui da un lato un apostolo predica, dall’altro un gregge di somari lo sta a sentire a bocca aperta: apostoli assurdi e assurdi discepoli. In un paese civilizzato non si può realizzare nulla senza teorie ben solide e concrete; e finora, infatti, nulla è stato realizzato se non fracasso ed esplosioni improvvise e dannose, se non iniziative che condurranno alla completa rovina la causa per la quale ci battiamo. L’ignoranza non ha mai giovato a nessuno!

Le citazioni che ho scelto come epigrafe sono tratte da:

* Hans Magnus Enzensberger, a cura di, Colloqui con Marx e Engels, Einaudi, Torino, 1977, pag. 53.

**Silvia Vegetti Finzi, Introduzione in Luca Grecchi, Dolcezza, Mursia, Milano, 2021, pag.10.

NOTE

  1. Franco Cardini, I sovranisti distratti, www.ariannaeditrice.it, 7/7/2021; Alain de Benoist, Che cosa dovrebbe essere l’Europa? www.ariannaeditrice.it, 28/6/2020.

  2. Costanzo Preve-Luigi Tedeschi, Dialoghi sull’Europa e sul nuovo ordine mondiale, Casa Editrice “il Prato”, Saonara (Padova), 2016, pag.153.

  3. Si legga Charles A. Kupchan, Nessuno controlla il mondo. L’Occidente e l’ascesa del resto del mondo. La prossima svolta globale, il Saggiatore, Milano, 2013; Paul Craig Roberts, La guerra è a Washington (cosa sta facendo Donald Trump?), www.crepanelmuro.blogspot.com, 27/3/2020; Alain de Benoist, Gli Stati Uniti sono già in guerra con la Cina. L’Europa si sottragga, www.ariannaeditrice.it, 14/6/2020. Per una ulteriore conferma del nuovo progetto della Nato che sostituisce il ruolo della UE nelle strategie USA in funzione anti Cina e Russia e contro una alleanza Cina-Russia e “per il recupero della Russia, prima che questa possa ritrovarsi impaniata senza remissione nell’abbraccio cinese”, si veda Giuseppe Cucchi, La Nato è viva ma ora deve recuperare la Russia in Limes n.4/2020; Manlio Dinucci, Che cos’è e perché è pericoloso l’allargamento a Est della Nato, www.ilmanifesto.it, 21/2/2022; Alberto Negri, Putin e gli europei uniti nel paradosso, www.ilmanifesto.it, 23/2/2022.

  4. Sulla pseudo pandemia si veda Massimo Cascone, intervista a Stefano Dumontet, Morti, vaccini e speculazioni economiche, parte 1 e 2, www.comedonchisciotte.org, del 20/1/2022 e 21/1/2022;

  5. E’ un’ipotesi che considera sia quanto è accaduto e accade, sia tenendo conto della letteratura prodotta, sia pensando alla marginalità della ricerca sull’ipotesi della guerra batteriologica tra potenze mondiali.

  6. Con arma biologica si intende l’utilizzo di microrganismi patogeni per il ferimento e/o l’uccisione degli eserciti e dei civili durante una guerra, una guerriglia o una rappresaglia. Come ogni arma, ha sia evidenti vantaggi che svantaggi altrettanto evidenti; i vantaggi sono l’enorme efficienza letale e il basso costo (secondo alcune stime colpire 1 Km2 costerebbe 2000$ con le armi convenzionali, 800$ usando armi nucleari, 600$ usando agenti chimici e soltanto 1$ con gli agenti biologici), mentre tra gli svantaggi si annoverano l’imprevedibilità nell’uso (prevalentemente dovuto alle condizioni atmosferiche) e la reazione d’orrore che un loro impiego causerebbe a livello globale” in Andrea Borsa, Le armi biologiche attraverso i secoli, www.microbiologiaitalia.it, 29/11/2017. Per una ricostruzione storica rimando a Francesco Santoianni, L’ultima epidemia: le armi batteriologiche. Dalla peste all’AIDS, Edizioni Cultura della Pace, Firenze,1991.

  7. Pepe Escobar, Mai sprecare un’arma: la guerra ibrida degli Stati Uniti contro la Cina, www.comedonchisciotte.org, 23/2/2020; Federico Dezzani, Coronavirus e guerra senza limiti, www.federicodezzani.altervista.org, 1/2/2020; Federico Dezzani, Coronavirus e quarantena: l’Italia sotto i cannoneggiamenti, www.federicodezzani.altervista.org, 24/2/2020; Federico Dezzani, Guerre batteriologiche e guerre di greggio, www.federicodezzani.altervista.org, 19/3/2020; Marco Della Luna, Il virus contro le stelle, www.marcodellaluna.info, 23/2/2020; Paul Craig Roberts, Sta nascendo un nuovo mondo: come sarà?, www.comedonchisciotte.org, 16/4/2020; Luigi Tedeschi, a cura di, Intervista a Enrica Perucchietti coautrice con Luca D’Auria del libro “Coronavirus, il nemico invisibile”, Uno Editori 2020, www.ariannaeditrice.it, 9/5/2020; Fabio Mini, L’Epidemia di metafore nasconde che la guerra al virus è lotta fratricida in Limes n.4/2020.

  8. Su questo punto si veda Giovanni Arrighi, Adam Smith a Pechino. Genealogie del ventesimo secolo, Feltrinelli, Milano, 2008; Fabio Massimo Parenti, La via cinese. Sfida per un futuro condiviso, Meltemi, Milano, 2021.

  9. Sulla dialettica del rapporto Cina-Russia nelle diverse fasi storiche si rimanda alla sintesi di Claudia Astarita, Asia Meridionale e Orientale in Osservatorio Strategico n.4/2019, pp 52-56

(www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/CeMiSS/DocumentiVis/Osservatorio_Strategico_2019/OS_04_2019.pdf). Per una storia di una amicizia discontinua in Peter Frankopan, Le vie della seta. Una nuova storia del mondo, Mondadori, Milano, 2017, pp.581-596. Per una analisi sulle questioni di sviluppo, di politica regionale e mondiale della Cina e della Russia e delle loro strategie nella fase multicentrica si rimanda a Stefano Bianchini e Antonio Fiori, a cura di, Russia e Cina nel mondo globale. Due potenze fra dinamiche interne e internazionali, Carocci editore, Roma, 2018, in particolare, ai fini del presente scritto, si vedano i capitoli 9 (Nicolò Fasola e Sonia Lucarelli, I rapporti tra Alleanza atlantica e Russia dalla fine della guerra fredda) e 10 (Eugenia Baroncelli, Cina e Russia nel nuovo contesto globale: sostenibilità interna, vincoli relazionali e implicazioni sistemiche); Pepe Escobar, Volete una guerra tra Russia e Nato?, www.ariannaeditrice.it, 12/02/2022; Alberto Bradanini, Le relazioni tra Cina e Russia, www.lafionda.org, 14/02/2022; Alexey Muraviev, La “quasi alleanza” tra Cina e Russia sull’Ucraina, intervista al quotidiano francese Le Point, sintesi riportata in www.agi.it, 25/2/2022; Giulia Belardelli, La nuova Nato di Biden spinge Putin tra le braccia di Xi, www.huffigtonpost.it, 23/3/2021.

  1. Sulla nuova via della seta si rimanda a Luigi Longo, L’Europa tra le vie della Nato, le vie della seta e le vie dell’energia, prima parte, www.italiaeilmondo.com, 19/11/2019; Peter Frankopan, Le vie della seta. Una nuova storia del mondo, op.cit.; Fabio Massimo Parenti, La via cinese. Sfida per un futuro condiviso, op.cit., capitolo terzo, pp. 61-83.

  2. L’11 marzo 2020 l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) annuncia la “pandemia Covid-19”. A livello ufficiale tutto comincia quando il 31 dicembre 2019 la Cina notifica a livello internazionale l’esistenza di un focolaio di polmonite a eziologia non nota nella città di Wuhan, provincia di Hubei. Per una ricostruzione della pandemia a livello mondiale si rimanda a Marinella Correggia, Covid e le saggezze nascoste, Libri dei Consumatori, Mestre (VE), 2021.

  3. Molti autori sostengono che il coronavirus (Covid-19) sia partito con alte probabilità dagli USA, si veda la ricostruzione di Fabio Mini, L’Epidemia…op.cit., paragrafo n.8; Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Il colpevole silenzio degli Stati Uniti sulla vera origine del coronavirus, www.marx21.it, 3/6/2021; Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto, Il covid è nato negli USA? La città del Sole, Napoli, 2021. Sull’èlite delle forze armate USA che svolge ricerche e test su virus e batteri e concorre alla produzione di vaccini e farmaci antivirali a Sigonella (e in diverse aree del mondo) si rimanda a Antonio Mazzeo, A Sigonella i militari USA che manipolano virus e brevettano antivirali, www.antoniomazzeoblog.blogspot.com, 17/03/2020; Piero Messina, Il laboratorio militare Usa trasferito a Sigonella aveva scoperto il coronavirus del 2012, www.limesonline.com, 31/3/2020. Per un’analisi sui biolaboratori del Pentagono posizionati intorno alla Russia si veda Leonid Savin, Sui laboratori biologici del Pentagono in Ucraina, www.comedonchisciotte.org, 2/3/2022; Vladimir Platov, La Russia ha impedito a Washington di scatenare una guerra biologica, www.comedonchisciotte.org, 6/3/2022.

  4. Fabio Massimo Parenti, La via cinese. Sfida per un futuro condiviso, op.cit., pag.119.

  5. Pepe Escobar, Mai sprecare un’arma…op.cit. Si veda anche Joseph Mercola, Il vaiolo sarà la prossima “fuga da laboratorio”? www.comedonchisciotte.org, 4/12/2021. Sulla artificialità del virus e sui laboratori nel mondo che usano la branca della scienza mefitica della Gain of Function che producono virus chimerici, cioè manipolati geneticamente, per inventare una malattia nell’eventualità che un giorno esista davvero (è una totale perversione espressione di una crisi di civiltà soprattutto occidentale) rimando a Paolo Barnard con Steven Quay e Angus Dalgleish, L’origine del virus. Le verità tenute nascoste che hanno ucciso milioni di persone, Chiarelettere editore, Milano, 2021.

  6. Pepe Escobar, Mai sprecare un’arma…op.cit.

  7. Si rimanda alla ricostruzione di Fabio Mini, L’Epidemia…op.cit., in particolare il paragrafo 9, e di Pepe Escobar, La Cina è impegnata in una guerra ibrida con gli USA, www.comedonchisciotte.org, 18/3/2020. Sulla conoscenza dei servizi segreti statunitensi e del Pentagono del Covid-19 un mese prima della scoperta cinese si rimanda a Pepe Escobar, Che cosa sapeva l’intelligence USA del virus cinese? www.comedonchisciotte.org, 23/4/2020.

  8. Fabio Mini, L’Epidemia…op.cit., pag.243; sul cinismo USA nelle sperimentazioni si veda John Pilger, E’ in arrivo un’altra Hiroshima…Se non la fermiamo in tempo, www.comedonchisciotte.org, 6/8/2020.

  9. Gilad Atzmon, L’amnesia è un sintomo del Covid-19?, in www.comedonchisciotte.com, 21/4/2020.

  10. Giulio Tarro, Emergenza Covid. Dal Lockdown alla vaccinazione di massa: Cosa, invece, si sarebbe potuto- e si può-fare, l’AD Edizioni, 2021.

  11. Alessandro Colombo e Paolo Magri, a cura di, Il mondo al tempo del Covid. L’ora dell’Europa? Rapporto ISPI 2021, www.ledizioni.it, 2021; Marinella Correggia, Covid e le saggezze nascoste,op.cit.; Marco Della Luna, Adattamento socio-economico nella pandemia, www.marcodellaluna.info, 16/3/2021. Per la costruzione di istituzioni multilaterali più forti (con una nuova legislazione internazionale) per prevenire ed affrontare le future pandemie in modo da superare le lacune nella gestione da Covid-19 dell’ONU, OMS e UE si veda Kit Knightly, L’OMS sta pianificando un nuovo “Trattato pandemico” per il 2024, www.comedonchisciotte.org, 1/3/2022.

  12. Sulle lacune degli indici epidemiologici si veda Costantino Ceoldo, intervista Mariano Bizzarri, Un nuovo indice epidemiologico per la pandemia da Covid-19, www.comedonchisciotte.org, 17/8/2021. Per una sintesi delle storture nella produzione dei cosiddetti vaccini in Alberto Conti, L’immaginario collettivo privatizzato, www.comedonchisciotte.org ,8/11/2021. Sulla cattiva e antiscientifica gestione dell’emergenza Covid-19 si rimanda a Giulio Tarro, Emergenza Covid. Dal Lockdown alla vaccinazione di massa: Cosa, invece, si sarebbe potuto- e si può-fare, op.cit.; Mike Whitney, Operazione sterminio. Il piano per distruggere il sistema immunitario con un agente patogeno sintetizzato in laboratorio, www.comedonchischiotte, 11/12/2021; Gianandrea Gaiani, Tra maccartismo vaccinale e deriva illiberale chi valuta il rischio strategico, www.analisidifesa.it, 8/1/2022. Sull’uso del comando diretto e sul limite della democrazia nella fase multicentrica si legga Paul Craig Roberts, Oggi la Russia è più libera del “mondo libero”, www.geopolitica.ru, 18/11/2021; Manlio Dinucci, La tragica farsa del Summit per la democrazia, www.ilmanifesto.it, 6/12/2021; Marco Della Luna, L’emergenza è l’eversione!, www.marcodellaluna.info, 12/7/2020. Sull’uso anticostituzionale del decreto legge nella pandemia Covid-19 in Giorgio Agamben-Massimo Cacciari-Giuliano Scarselli, Per una critica politico-giuridica del green pass, www.iisf.it, 3/11/2021; Marco Della Luna, Interpretare le mosse del Drago, www.marcodellaluna.info, 23/11/2021; Comidad, Col pretesto dell’obbligo vaccinale l’agenzia delle entrate gestisce il green pass, www.comidad.org, 12/1/2022. Sull’uso della Covid-19 come utilizzo dei finanziamenti del PEPP (il piano straordinario di acquisti di titoli pubblici e privati) per altri fini che nulla hanno a che fare con la salute in Comidad, La bolla finanziaria della BCE ha gonfiato la bolla emergenziale, www.comidad.org, 20/1/2022.

  13. Spyros Manouselis, Biosicurezza: la nascita della società zombie, www.comedonchisciotte.com, 15/8/2020; Giorgio Agamben, La vera posta in gioco, www.ariannaeditrice.it, 5/8/2021; Marco Della Luna, Big Pharma e governo fantoccio, www.marcodellaluna.info, 10/8/2021; Comidad, L’attuale biopotere a lezione di nazismo da IBM, www.comidad.org, 5/8/2021; Cathy O’Neil, Armi di distruzione matematica. Come i Big Data aumentano la disuguaglianza e minacciano la democrazia, Bompiani, Milano, 2017; Bernard Stiegler, La società automatica, Meltemi, Milano, 2019.

  14. Guy Mettan, Russofobia. Mille anni di diffidenza, Sandro Teti Editore, Roma, 2016, pp. 288-289. E’ interessante leggere l’intero capitolo de La russofobia americana. Ovvero la dittatura della libertà, pp.272-312.

  15. Sull’accerchiamento della Russia e della sua area di influenza da parte degli USA-Nato si rimanda a Manlio Dinucci, La strategia del caos guidato, www.ilmanifesto.it, 16/4/2019; Manlio Dinucci, Che cos’è e perché è pericoloso l’allargamento a Este della Nato, www.ilmanifesto.it, 22/2/2022; Manlio Dinucci, Ucraina: l’attacco lo lanciò la Nato otto anni fa, www.ilmanifesto.it, 1/3/2022; Pepe Escobar, USA e Nato contro Russia e Cina: una guerra ibrida permanente, www.comedonchisciotte.com, 4/4/2021; Thomas Fazi, Da Kennan a Sergio Romano: tutti coloro che avevano avvisato l’Occidente delle conseguenze di accerchiare la Russia, www.lantidiplomatico.it, 1/3/2022.

  16. Luigi Longo, Il Progetto dell’Unione Europea è finito, la Nato è lo strumento degli Usa nel conflitto strategico della fase multicentrica, www.italiaeilmondo.com, 26/11/2018.

  17. Tino Oldani, Lo scoop di Der Spiegel sull’impegno Nato di non espandersi a Est si basa su un verbale desecretato, che dà ragione a Putin, www.italiaoggi.it, 22/2/2022. Si veda anche Stefano Bianchini, Tra occidente ed Eurasia: il pendolo russo nelle relazioni internazionali in Stefano Bianchini e Antonio Fiori, a cura di, Russia e Cina nel mondo globale. Due potenze fra dinamiche interne e internazionali, op.cit., pp.169-184.

  18. Per una buona sintesi delle ragioni storiche del rapporto tra Russia e Ucraina dopo la fine dell’URSS e dell’importanza della relazione Russia-Ucraina per comprendere la crisi attuale si rinvia a Francesco Privitera, Dalla disgregazione dell’URSS alla crisi Ucraina: autodeterminazione e sovranità nello spazio post-sovietico in Stefano Bianchini e Antonio Fiori, a cura di, Russia e Cina nel mondo globale. Due potenze fra dinamiche interne e internazionali, op.cit., pp.15-28; si veda anche Giacomo Gabellini, Ucraina: una guerra per procura, Arianna editrice, Bologna, 2016; Guy Mettan, Ucraina 2014, un’agghiacciante acriticità in Guy Mettan, Russofobia…, op.cit., pp.82-118.

  19. Manlio Dinucci, Ucraina: l’attacco lo lanciò la Nato otto anni fa, op.cit.; Manlio Dinucci, Ucraina, era tutto scritto nel piano della Rand Corp, www.ilmanifesto.it, 8/3/2022. Si legga anche Franco Cardini, Sull’orlo dell’abisso, www.sollevazione.it, 1/3/2022 e Mons. Carlo Maria Viganò, Dichiarazione sulla crisi Russo-Ucraina, www.comedonchisciotte.org, 8/3/2022; Fabio Mini, Guerra in Ucraina, invio di armi e propagande, www.lantidiplomatico.it, 11/3/2022; Fabio Falchi, Le due facce della guerra russo-ucraina, www.ariannaeditrice.it, 12/3/2022.

  20. Henry Kissinger, Ordine mondiale, Mondadori, Milano, 2015, pag.67.

  21. Sergev Karaganov, La dottrina di Putin in www.federicodezzani.altervista.org, 28/2/2022.

  22. Fabio Massimo Parenti, La via cinese. Sfida per un futuro condiviso, op. cit., pag 66; Pepe Escobar, Uno squarcio nella nebbia rivela “una nuova pagina nell’arte della guerra” www.comedonchisciotte.org, 13/3/2022.

  23. Pasquale Cicalese, Gli USA dopo il fronte sud, bloccano il fronte Est della via della seta, www.pianocontromercato.it , 27/2/2022.

  24. Eugenia Baroncelli, Cina e Russia nel nuovo contesto globale: sostenibilità interna, vincoli relazionali e implicazioni sistemiche in Stefano Bianchini e Antonio Fiori, a cura di, Russia e Cina nel mondo globale. Due potenze fra dinamiche interne e internazionali, op.cit., pp.151-152.

  25. Si veda la funzione che ha l’investimento strategico USA della base militare ad Alessandropoli in Grecia che mira a contrastare sia l’uso dell’energia per la malefica influenza russa sia la via della seta cinese in Manlio Dinucci, Grecia, svendita di basi militari agli Stati Uniti, www.ilmanifesto.it, 11/2/2020.

  26. Sulla questione delle sanzioni alla Russia e la loro relativa efficacia si rimanda Beatrice Nencha, Il lato oscuro delle misure imposte alla Russia dalla Comunità internazionale, www.sinistrainrete.info, 7/3/2022; Michael Roberts, Russia: dalle sanzioni al crollo? www.sinistrainrete.info, 2/3/2022; Mario Scopece, Ecco gli effetti delle sanzioni alla Russia per l’Italia. Dossier Sace, www.startmag.it, 2/3/2022; Elena Rossi Espagnet, Giuseppe De Arcangelis, Rama Dasi Mariani, Le sanzioni alla Russia: effetto economico e scopo politico, www.eticaeconomia.it, 2/2/2020; Fabio Falchi, L’Occidente e la questione Ucraina, www.ariannaeditrice.it, 9/3/2022; Federico Dezzani, Considerazioni sulla prima settimana di guerra russo-ucraina, www.federicodezzani.altervista.org, 2/3/2022; Federico Dezzani, La Russia verso l’autarchia, www.federicodezzani.altervista.org., 7/3/2022; Marco Valsania, Stati Uniti, perchè l’arma delle sanzioni alla Russia funziona solo a metà, www.ilsole24ore.com, 22/2/2022; David C. Hendrickson, Armi di distruzione finanziaria: il nuovo disordine mondiale, www.comedonchisciotte.com, 12/3/2022.

  27. Si veda Giuseppina Perlasca, La UE prevede di tagliare il gas russo in un anno, riempiendo di parole i gasdotti, www.scenarieconomici.it, 10/3/2022.

  28. Sulle problematiche connesse alla transizione ecologica si rimanda a Giulio Sapelli, La crisi energetica è un colossale fallimento manageriale e del green “forzato” della UE, www.italiaeilmondo.com, 12/11/2021; Luigi Tedeschi, Crisi energetica: l’Europa alla canna del gas, www.centroitalicum.com, 12/2/2022.

  29. Mauro del Corno, Gas, l’Agenzia Internazionale dell’Energia accusa Mosca: riduce le forniture all’Europa per ragioni geopolitiche, www.ilfattoquotidiano.it, 13/1/2022. Sull’ordine liberale propugnato dagli Stati Uniti con i teatri di guerra che ostacolano, boicottano, distruggono le vie dell’energia di coordinamento tra Oriente e Occidente si veda Alberto Negri, Stavolta l’atlantismo è nudo. Come il re, www.ilmanifesto.it, 13/2/2022.

  30. L’UE è finita non perché può dissolversi attraverso il conflitto interno tra le diverse anime territoriali come suggerisce Luigi Tedeschi (La UE si dissolve? www.centroitalicum.com, 29/3/2020) o per le sue debolezze come osserva Alain de Benoist (Ucraina: la fine della guerra fredda non è mai avvenuta, www.ariannaeditrice.it, 16/2/2022), ma perché il progetto statunitense nella fase multicentrica prevede la fine dell’UE da sostituire con la Nato, come coordinamento europeo, per le strategie contro le potenze mondiali in ascesa dell’Oriente (Cina e Russia). Per approfondimenti si rimanda al mio scritto Il Progetto dell’Unione Europea è finito, la Nato è lo strumento degli Usa nel conflitto strategico della fase multicentrica, op.cit.

  31. Andrea Guidi, Una bussola per una vera politica dei popoli: leggere Macchiavelli nel terzo millennio (con una Exhortatio per l’Europa), www.micromega.net, 29/5/2020.

  32. Henry Kissinger, Ordine mondiale, op. cit., pag. 90.

  33. Daniele Perra, Il nemico dell’Europa, www.eurasia-rivista.com, 8/2/2022.

  34. Mehdi Taje, Giochi di guerra in una Libia caotica: prospettiva geopolitica, www.italiaeilmondo.com, 11/2/2020.

  35. Per gli accordi a latere della NATO, quello degli USA con Gran Bretagna e Australia (Aukus, la NATO del pacifico) in Alberto Negri, Dal patto Aukus il via al più grande Bazar degli armamenti, www.ilmanifesto.it, 25/9/2021 e Wolfgang Munchau, Dopo Aukus cosa l’Europa (non) farà, www.maurizioblondet.it, 22/9/2021.

  36. Mahdi Darius Nazemroaya, La globalizzazione della NATO. Guerre imperialiste e colonizzazioni armate, Arianna Editrice, Bologna, 2014, pag. 248.

  37. J e W. Grinn, I musicanti di Brema, Edizioni EL, San Dorlingo della Valle (Trieste), 2020.

Paura di volare, di Roberto buffagni

Sulla no fly zone c’è un gioco degli equivoci intenzionale che però può scappare di mano perché in USA non c’è una amministrazione presidenziale coesa ma una guerra per bande nello Stato amministrativo. Zelensky la rivendica, il parlamento estone la vota, mille voci nei media la invocano; ma il segretario della NATO dice che non ci sarà mai, e il presidente USA ha chiarito da subito che non ci sarà intervento diretto USA in Ucraina (no-fly zone = scontro diretto fra aerei NATO/aerei russi e contraerea russa). Inciso: le forze NATO convenzionali presenti sul continente europeo NON sono in grado di affrontare la Russia, sul territorio russo o sul territorio ucraino. Per affrontare la Russia su territori europei in una guerra convenzionale sarebbe necessario: a) il coinvolgimento diretto delle FFAA turche b) una colossale proiezione di forza USA, ma gli USA devono attraversare il fossato atlantico e la Russia ha marina oceanica e aviazione tutt’altro che trascurabili, parliamo di migliaia di morti USA prima di mettere piede in Europa. Lo scopo del gioco poliziotto buono (no fly zone)/poliziotto cattivo (sì no fly zone, ma anche preannunci di false flag armi chimiche) sembra essere il seguente: a) confondere le idee ai russi, contagiarli con il caos decisionale b) indurre nei russi il timore che si giunga, anche per errore ed equivoco, a uno scontro diretto con la NATO che ovviamente ha conseguenze incalcolabili c) favorire il “partito della pace” russo, che nelle interpretazioni occidentali potrebbe pensare “abbiamo fatto il passo più lungo della gamba, riduciamo gli obiettivi” d) destabilizzare il governo russo, se il “partito della pace” russo ne ha la forza, per esempio uccidendo o deponendo Putin e) mandare un messaggio alla Cina, “vuoi restare coinvolta in una guerra NATO-Russia? Costringi i russi a ridurre gli obiettivi”. Queste sono le interpretazioni razionali. Poi ci sono le interpretazioni di una posizione irrazionale che qui tralascio perché si può immaginare qualsiasi cosa, nell’ambito dell’irrazionale, anche che qualcuno in USA sia persuaso di avere la possibilità di uno “splendido first strike nucleare” sulla Russia e abbia deciso di ricorrervi valutando che spazzerà via il potenziale nucleare russo. Tutte le interpretazioni razionali dell’equivoco intenzionale sulla no-fly zone etc. presumono che i russi stiano sostanzialmente bluffando, quando dicono che sono pronti a reagire simmetricamente a iniziative militari NATO in Ucraina (segnali volontà russa: elevato lo stato di allerta nucleare, moniti che i campi di volo NATO da cui partissero aerei NATO diretti in Ucraina saranno considerati obiettivi militari legittimi). In sintesi si tratta di una operazione psicologica di brinkmanship, “Chi si spaventa prima? Vi spaventate prima voi, non avete le palle”. Essa NON tiene conto, o minimizza, tre fatti: a) la neutralità dell’Ucraina è un interesse vitale russo, i russi da 14 anni chiariscono che l’Ucraina come bastione militare occidentale al confine russo è categoricamente inaccettabile b) con l’invasione dell’Ucraina i russi si sono impegnati a fondo senza possibilità di ritorno. Una rinuncia agli obiettivi strategici essenziali destabilizzerebbe il governo russo, e NON è affatto detto che una diversa dirigenza sarebbe più moderata dell’attuale (anzi) c) i russi hanno constatato, in Jugoslavia, in Libia, in Irak, che l’istituzione di una no-fly zone è propedeutica alla destabilizzazione politica e alla escalation militare, non si vede perché le cose andrebbero diversamente in Ucraina. Quindi secondo il mio parere è una scommessa sbagliata (understatement). C’è un ulteriore serio problema. Nel corso della crisi missilistica cubana, Kennedy e Kruschev riuscirono a concordare una via d’uscita dallo stallo per via informale. Ciascuno dei due concesse qualcosa all’altro, e e le concessioni furono tenute segrete. Kennedy tolse i missili USA dalla Turchia, e avvertì Kruschev che se l’offerta fosse divenuta pubblica avrebbe dovuto rimangiarsela perché gli elettori e il sistema politico USA e non lo avrebbero accettato. Una via d’uscita analoga sembra del tutto impossibile oggi perché la fiducia reciproca USA-Russia è zero, soprattutto i russi NON possono fidarsi sia per l’esperienza degli anni trascorsi sia per il metodo adottato nella presente controversia che impedisce ai russi di fare affidamento sulle posizioni ufficiali americane. E’ quindi cruciale che uno o più paesi NATO europei importanti (non l’Estonia) si dichiarino ufficialmente irremovibilmente contrari alla no-fly zone e sollecitino una dichiarazione ufficiale in tal senso dal presidente USA. E’ cruciale ma non avverrà perché gli americani (le varie fazioni dello Stato amministrativo americano) stanno facendo fortissime pressioni sugli europei. A questo punto diventa veramente importante che i cittadini europei facciano una decisa, decisissima pressione sui politici che hanno votato, a qualsiasi partito appartengano, e gli facciano capire che non li voteranno MAI più se non alzano testa e voce e premono sul governo perché ufficialmente rifiuti l’ipotesi no-fly zone. Sennò resta solo la Madonna di Fatima. Pregarla fa sempre bene ma non si può scaricare tutto sul Piani Superiori.

PARTENDO DA ZANG TUMB TUMB E SALAMINI: TUDICIDIDE E LA GUERRA DEL PELOPONNESO (MENO STUPIDI DI COSÌ…) Di Massimo Morigi

 

PARTENDO DA ZANG TUMB TUMB E SALAMINI: TUDICIDIDE E LA GUERRA DEL PELOPONNESO (MENO STUPIDI DI COSÌ…)

Di Massimo Morigi

Nei commenti a ZANG TUMB TUMB E SALAMINI: PIÙ STUPIDI DI COSÌ SI MUORE avevo già segnalato nell’ “Italia e il Mondo” (URL https://italiaeilmondo.com/2022/03/04/zang-tumb-tumb-e-salamini-piu-stupidi-di-cosi-si-muore-di-massimo-morigi/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20220311152949/https://italiaeilmondo.com/2022/03/04/zang-tumb-tumb-e-salamini-piu-stupidi-di-cosi-si-muore-di-massimo-morigi/ e screen shot: https://web.archive.org/web/20220311153000/http://web.archive.org/screenshot/https://italiaeilmondo.com/2022/03/04/zang-tumb-tumb-e-salamini-piu-stupidi-di-cosi-si-muore-di-massimo-morigi), l’articolo di Antonio de Martini sulla guerra russo-ucraina “LA CRISI UCRAINA E LO SCONTRO EST-OVEST. NON E’ TRA NOI E LA RUSSIA: E’ TRA RUSSIA E STATI UNITI & INGHILTERRA E CHI DIRIGE NON SONO GLI USA”, che oltre alla solita lucida analisi di De Martini, è stato in seguito anche accompagnato da interessanti considerazioni in merito ai rapporti fra politica e morale. Su questo intervento di De Martini ero quindi intervenuto già una volta sul “Corriere della Collera” di Antonio de Martini e sull’ “Italia e il Mondo” con considerazioni terra-terra ma ritengo non banali in merito ai pericoli dello schierarsi dell’Italia contro la Russia in una maniera così arrogante e spudorata (l’impegno del nostro paese di fornire armi all’Ucraina) da rischiare ad essere la prima della lista a subire un eventuale attacco atomico russo.

Ora ho postato sempre su questo articolo un altro commento, riguardo, appunto i rapporti fra politica e morale, non mettendoci, però di mio praticamente nulla ma affidandomi a Tucidide, che di questi rapporti aveva un’idea ben precisa e a buon ragione essendo in pratica il fondatore del pensiero realista.

L’URL del “Corriere della Collera” attraverso il quale si può leggere l’articolo di De Martini e del mio quasi nullo ultimo contributo al dibattito ma, ritengo, del definitivo ed illuminante riferimento tucidideo sull’argomento è https://corrieredellacollera.com/2022/03/03/la-crisi-ucraina-e-lo-scontro-est-ovest/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20220311133951/https://corrieredellacollera.com/2022/03/03/la-crisi-ucraina-e-lo-scontro-est-ovest/, ma considerando il magistero tucidideo anche del tutto adeguato a rappresentare la visione del nostro blog non solo sulla guerra in corso ma anche sui rapporti fra legge e morale e forza in geopolitica e nei rapporti internazionali, posto questo mio commento anche come ideale chiusa al mio PARTENDO DA “UNA CIVILTÀ CHE SI SPEGNE” DI ROBERTO BUFFAGNI: SAM DUNN È MORTO (URL https://italiaeilmondo.com/2022/03/10/partendo-da-una-civilta-che-si-spegne-di-roberto-buffagni-sam-dunn-e-morto-di-massimo-morigi/ , Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20220311155017/https://italiaeilmondo.com/2022/03/10/partendo-da-una-civilta-che-si-spegne-di-roberto-buffagni-sam-dunn-e-morto-di-massimo-morigi/) , rendendomi ben conto che ancora una volta non ho tenuto fede al mio impegno di tacere per un po’ su Ucraina e dintorni ma ne chiedo venia perché mi sono limitato a salire sulla spalla di un gigante la cui presenza, se fosse conosciuta e condivisa non dico a livello di massa ma da parte di coloro, il ceto semicolto di sinistra direbbe La Grassa, che si arrogano il diritto di condurre la pubblica opinione, li indurrebbero, forse, non dico ad analisi intelligenti (in fondo un venduto sia o meno semiacculturato o per niente acculturato è sempre un venduto) ma almeno, a pratiche comunicative più discrete e meno palesemente criminali come quelle presenti che puntano a far accettare anche l’idea di una guerra nucleare con l’Italia nel ruolo di vaso di coccio fra vasi di ferro e prima vittima sacrificale in caso di escalation nucleare. Ad ogni buon conto ecco il mio ultimo commento all’articolo di De Martini:

«Su quale sia il valore del diritto e della morale in geopolitica e nei rapporti internazionali e su quale sarebbe stato, al di là delle fantasie ideologiche, il destino dell’Italia nel caso avesse deciso di rimanere neutrale nella guerra russo-ucraina, citiamo, dalla Guerra del Peloponneso di Tucidide il dialogo fra gli ambasciatori ateniesi e i Meli (per chi avrà la pazienza di arrivare fino in fondo, la risposta per quanto riguarda l’Italia è nel paragrafo 116): «Poi gli Ateniesi mossero anche contro l’isola di Melo con 30 navi loro, 6 di Chio e 2 di Lesbo: vi erano imbarcati 1200 opliti ateniesi, 300 arcieri a piedi e 20 arcieri a cavallo; inoltre circa 1500 opliti forniti dagli alleati e dagli abitanti delle isole. I Meli, che sono coloni spartani, non volevano assoggettarsi, come facevano gli abitanti delle altre isole, al predominio di Atene; ma, dapprima, se ne stavano tranquilli, senza schierarsi né con gli uni né con gli altri; poi, siccome gli Ateniesi ve li costringevano tormentando il loro territorio, erano venuti a guerra aperta. Ordunque i generali ateniesi Cleomede, figlio di Licomede, e Tisia, figlio di Tisimaco, accampatisi nell’isola con le forze di cui si è parlato, prima di mettere a ferro e a fuoco il paese, mandarono un’ambasceria per intavolare trattative. I Meli, però, non li condussero davanti al consiglio popolare e li invitarono invece a esporre lo scopo della loro venuta alla presenza dei magistrati e dei maggiorenti. Allora gli inviati di Atene parlarono così: 85. “Poiché non volete che noi esponiamo le nostre ragioni davanti al popolo, per timore che esso si lasci ingannare una volta che abbia sentito le nostre argomentazioni serrate, persuasive e che non ammettono replica (infatti, è per tale scopo, lo comprendiamo che ci avete condotti davanti a questo ristretto consiglio), voi che qui siete adunati garantitevi una sicurezza ancor maggiore. Non aspettate nemmeno voi di dare una risposta unica e conclusiva; ma vagliate ciò che noi diciamo punto per punto e replicate subito se qualche affermazione vi pare poco opportuna. E, tanto per cominciare, diteci se la nostra proposta incontra il vostro favore.” 86. 1 consiglieri dei Meli risposero così: “Sulla opportunità che i vari punti siano vicendevolmente chiariti in tutta tranquillità, non c’è nulla da obiettare sennonché, la guerra ormai è alle porte; non è solo una minaccia e questo, pare, non si accorda con quanto proponete. Noi vediamo, infatti, che siete venuti in veste di giudici di ciò che si dirà e che, alla conclusione, questo colloquio porterà a noi la guerra se com’è naturale, forti del nostro diritto, non cederemo; se invece accetteremo, avremo la schiavitù”. 87. Ateniesi: “Se, dunque, siete convenuti per fare sospettose supposizioni riguardo al futuro o per altre ragioni, piuttosto che per esaminare la situazione concreta che avete sotto gli occhi e prendere una decisione che comporta la salvezza della vostra città, possiamo far punto; se, invece, quest’ultimo è lo scopo del convegno, noi siamo pronti a continuare il discorso”. 88. Meli: “È naturale, e merita anche scusa, che quando ci si trova in simili frangenti si volgano parole e pensieri in mille parti: tuttavia,, questa riunione ha come primo intento la salvezza: e il colloquio si svolga pure, se vi pare; nel modo da voi suggerito”. 89. Ateniesi: “Da parte nostra, non faremo ricorso a frasi sonanti; non diremo fino alla noia che è giusta la nostra posizione di predominio perché abbiamo debellato i Persiani e che ora marciamo contro di voi per rintuzzare offese ricevute: discorsi lunghi e che non fanno che suscitare diffidenze. Però riteniamo che nemmeno voi vi dobbiate illudere di convincerci coi dire che non vi siete schierati al nostro fianco perché eravate coloni di Sparta e che, infine, non ci avete fatto torto alcuno. Bisogna che da una parte e dall’altra si faccia risolutamente ciò che è nella possibilità di ciascuno e che risulta da un’esatta valutazione della realtà. Poiché voi sapete tanto bene quanto noi che, nei ragionamenti umani, si tiene conto della giustizia quando la necessità incombe con pari forze su ambo le parti; in caso diverso, i più forti esercitano il loro potere e i piú deboli vi si adattano”. 90. Meli: “Orbene, a nostro giudizio almeno, l’utilità stessa (poiché di utilità si deve parlare, secondo il vostro invito, rinunciando in tal modo alla giustizia) richiede che non distruggiate quello che è un bene di cui tutti possono godere; ma quando qualcuno si trova nel pericolo, non gli sia negato ciò che gli spetta ed è giusto; e anche, per quanto deboli siano le sue ragioni, possa egli trarne qualche vantaggio, convincendone gli avversari. Questa politica sarà soprattutto utile per voi, poiché, in caso di insuccesso, servirete agli altri d’esempio per l’atroce castigo”. 91. Ateniesi: “Non siamo preoccupati, anche se il nostro impero dovesse crollare, per la sua fine: poiché, per i vinti, non sono tanto pericolosi i popoli avvezzi al dominio sugli altri, come ad esempio, gli Spartani (d’alra parte, ora, noi non siamo in guerra con Sparta), quanto piuttosto fanno paura i sudditi, se mai, assalendo i loro dominatori, riescano a vincerli. Ma, se è per questo, ci si lasci pure al nostro rischio. Siamo ora qui, e ve lo dimostreremo, per consolidare il nostro impero e avanzeremo proposte atte a salvare la vostra città, poiché noi vogliamo estendere il nostro dominio su di voi senza correre rischi e nello stesso tempo salvarvi dalla rovina, per l’interesse di entrambe le parti”. 92. Meli: “E come potremmo avere lo stesso interesse noi a divenire schiavi e voi ad essere padroni?”. 93. Ateniesi: “Poiché voi avrete interesse a fare atto di sottomissione prima di subire i più gravi malanni e noi avremo il nostro guadagno a non distruggervi completamente”. 94. Meli: “Sicché non accettereste che noi fossimo, in buona pace, amici anziché nemici, conservando intatta la nostra neutralità?”. 95. Ateniesi: “No, perché ci danneggia di più la vostra amicizia, che non l’ostilità aperta: quella, infatti, agli occhi dei nostri sudditi, sarebbe prova manifesta di debolezza, mentre il vostro odio sarebbe testimonianza della nostra potenza”. 96. Meli: “E i vostri sudditi sono così ciechi nel valutare ciò che è giusto, da porre sullo stesso piano le città che non hanno con voi alcun legame e quelle che, per lo più vostre colonie, e alcune addirittura ribelli, sono state ridotte al dovere?”. 97. Ateniesi: “Essi pensano che, tanto agli uni che agli altri, non mancano motivi plausibili per difendere la loro causa; ma ritengono che alcuni siano liberi perché sono forti e noi non li attacchiamo perché abbiamo paura. Sicché, senza contare che il nostro dominio ne risulterà più vasto, la vostra sottomissione ci procurerà maggior sicurezza; tanto più se non si potrà dire che voi, isolani e meno potenti di altri, avete resistito vittoriosamente ai padroni del mare”. 98. Meli: “E con l’altra politica, non pensate di provvedere alla vostra sicurezza? Poiché voi, distogliendoci dal fare appello alla giustizia, ci volete indurre a servire alla vostra utilità, bisogna pure che noi, qui, a nostra volta, cerchiamo di persuadervi, dimostrando qual è il nostro interesse e se per caso non venga esso a coincidere anche con il vostro. Or dunque tutti quelli che ora sono neutrali non ve li renderete nemici, quando, osservando questo vostro modo di agire, si faranno la convinzione che un giorno voi andrete anche contro di loro? E in questo modo, che altro farete voi se non accrescere i nemici che già avete e trascinare al loro fianco, pur contro voglia, coloro che fino ad ora non ne avevano avuto nemmeno l’intenzione?”. 99. Ateniesi: “No, perché non riteniamo per noi pericolosi quei popoli che abitano sul continente e che, per la libertà che godono, ci vorrà dei tempo prima che facciano a noi il viso dell’armi; sono piuttosto gli abitanti delle isole che ci fanno paura; quelli che, qua e là, come voi, non sono sottomessi ad alcuno; e quelli che mal si rassegnano ormai ad una dominazione imposta dalla necessità. Costoro, infatti, molto spesso affidandosi ad inconsulte speranze, possono trascinare se stessi in manifesti pericoli e noi con loro”. 100. Meli: “Ordunque, se voi affrontate cosi gravi rischi per non perdere il vostro predominio e quelli che ormai sono vostri schiavi tanti ne affrontano per liberarsi di voi, non sarebbe una grande viltà e vergogna per noi, che siamo ancora liberi, se non tentassimo ogni via per evitare la schiavitù?”. 101. Ateniesi: “No; almeno se voi deliberate con prudenza: poiché questa non è una gara di valore tra voi e noi, a condizione di parità, per evitare il disonore; ma si tratta, piuttosto, della vostra salvezza, perché non abbiate ad affrontare avversari che sono di voi molto più potenti”. 102. Meli: “Ma sappiamo pure che le vicende della guerra prendono talvolta degli sviluppi più semplici che non lasci prevedere la sproporzione di forze fra le due parti. Ad ogni modo, per noi cedere subito significa dire addio a ogni speranza: se, invece, ci affìdiamo all’azione, possiamo ancora sperare che la nostra resistenza abbia successo”. 103. Ateniesi: “La speranza, che tanto conforta nel pericolo, a chi le affida solo il superfluo porterà magari danno, ma non completa rovina. Ma quelli che a un tratto di dado affidano tutto ciò che hanno (poiché la speranza è, per natura, prodiga) ne riconoscono la vanità solo quando il disastro è avvenuto; e, scoperto che sia il suo gioco, non resta più alcun mezzo per potersene guardare in futuro. Perciò, voi che non siete forti e avete una sola carta da giocare, non vogliate cadere in questo errore. Non fate anche voi come i più che, men- tre potrebbero ancora salvarsi con mezzi umani, abbandonati sotto il peso del male i motivi naturali e concreti di sperare, fondano la loro fiducia su ragioni oscure: predizioni, vaticini, e altre cose del genere, che incoraggiano a sperare, ma poi traggono alla rovina”. 104. Meli: “Anche noi (e potete ben crederlo) consideriamo molto difficile cimentarci con la potenza vostra e contro la sorte, se non sarà ad entrambi ugualmente amica. Tuttavia abbiamo ferma fiducia che, per quanto riguarda la fortuna che procede dagli dèi, non dovremmo avere la peggio, perché, fedeli alla legge divina, insorgiamo in armi contro l’ingiusto sopruso; quanto al- l’inferiorità delle nostre forze, ci assisterà l’alleanza di Sparta, che sarà indotta a portarci aiuto, se non altro, per il vincolo dell’origine comune e per il sentimento d’onore. Non è, dunque, al tutto priva di ragione la nostra audacia”. 105. Ateniesi: “Se è per la benevolenza degli dèi, neppure noi abbiamo paura di essere da essi trascurati; poiché nulla noi pretendiamo, nulla facciamo che non s’accordi con quello che degli dèi pensano gli uomini e che gli uomini stessi pretendono per sé. Gli dèi, infatti, secondo il concetto che ne abbiamo, e gli uomini, come chiaramente si vede, tendono sempre, per necessità di natura, a dominare ovunque prevalgano per forze. Questa legge non l’abbiamo istituita noi , non siamo nemmeno stati i primi ad applicarla; così, come l’abbiamo ricevuta e come la lasceremo ai tempi futuri e per sempre, ce ne serviamo, convinti che anche voi, come gli altri, se aveste la nostra potenza, fareste altrettanto. Da parte degli dèi, dunque, com’è naturale, non temiamo di essere in posizione di inferiorità rispetto a voi. Per quel che riguarda l’opinione che avete degli Spartani, e sulla quale basate la vostra fiducia che essi accorreranno in vostro aiuto per non tradire l’onore, noi vi complimentiamo per la vostra ingenuità, ma non possiamo invidiare la vostra stoltezza. Gli Spartani, infatti, quando si tratta di propri interessi e delle patrie istituzioni, sono più che mai seguaci della virtù; ma sui loro rapporti con gli altri popoli, molto ci sarebbe da dire: per riassumere in breve, si può con molta verità dichiarare che essi, più sfacciatamente di tutti i popoli che conosciamo, considerano virtù ciò che piace a loro e giustizia ciò che loro è utile: un tal modo di pensare, dunque, non s’accorda con la vostra stolta speranza di salvezza. 106. Meli: Anzi, è proprio questa la ragione che ci infonde la massima fiducia in quello che è un effettivo interesse loro: non vorranno essi, tradendo i Meli che sono loro coloni, suscitare il sospetto fra i Greci amici e favorire in tal modo i loro nemici”. 107. Ateniesi: “Voi, dunque, non siete convinti che l’interesse di un popolo si identifica con la sua sicurezza, mentre giustizia e onestà si servono a rischio di pericoli: e questo è un coraggio che, di solito, gli Spartani assolutamente non dimostrano”. 108. Meli: “Eppure noi siamo sicuri che, per la causa nostra, essi affronteranno più volentieri anche i pericoli e meno gravi li giudicheranno in confronto agli altri; perché, come campo di azione, siamo vicini al Peloponneso e, per disposizione d’animo, data la comune origine, diamo una garanzia di fedeltà maggiore degli altri”. 109. Ateniesi: “Non è tanto la simpatia di coloro che invocano l’aiuto che garantisce la sicurezza di chi si accinge a portarlo, quanto, piuttosto, la superiorità effettiva delle loro forze: a questo gli Spartani badano anche più degli altri (non si fidano, si vede, della propria potenza e, per marciare contro i vicini, hanno bisogno dell’appoggio di molti alleati); sicché non c’è da pensare che essi facciano uno sbarco in un’isola, quando siamo noi i padroni del mare”. 110. Meli: “Potrebbero, però, incaricare altri dell’impresa: è vasto il mare di Creta, e sarà meno facile ai padroni del mare intercettare i convogli nemici, che a questi mettersi in salvo se vogliono non farsi scorgere. E se anche qui dovessero fallire, potrebbero volgersi contro il vostro paese e contro quello dei vostri alleati che non sono stati attaccati da Brasida; e così voi dovreste combattere non tanto per un paese estraneo, quanto per difendere i vostri alleati e il vostro stesso paese”. 111. Ateniesi: “In tal caso non si tratterebbe di una esperienza nuova, nemmeno per voi, che ben sapete come gli Ateniesi non si siano mai ritirati da alcun assedio, per paura d’altri. Osserviamo, invece, che, mentre dicevate di voler deliberare per la vostra salvezza, nulla in così lungo colloquio avete ancora detto, che possa giustificare in un popolo la fiducia e la certezza che esso verrà salvato dalla rovina: la vostra massima sicurezza è affidata a speranze che si volgono al futuro; le forze di cui al momento disponete non sono sufficienti a garantirvi la vittoria su quelle che, già ora, vi sono contrapposte. Darete, quindi, prova di grande stoltezza di mente, se anche dopo che ci avrete congedati, non prenderete qualche altra decisione che sia più saggia di queste. Poiché non dovrete lasciarvi fuorviare dal punto d’onore che tanto spesso porta gli uomini alla rovina tra pericoli inevitabili e senza gloria. Molti, infatti, che pur vedevano ancor chiaramente a quale sorte correvano, furono attirati da quello che noi chiamiamo sentimento d’onore, dalla suggestione di un nome pieno di lusinghe; sicché, soggiogati da quella parola, in effetto piombarono ad occhi aperti in mali senza rimedio, attirandosi un disonore più grave di quello che volevano fuggire, perché frutto della loro stoltezza, non imposto dalla sorte. Da questo errore voi vi guarderete, se intendete prendere una buona decisione; e converrete che non ha nulla di infamante il riconoscere la superiorità della città più potente di Grecia, che ha propositi di moderazione; diventarne alleati e tributari, conservando la sovranità nel vostro paese. Dato che vi si offre la scelta tra la guerra e la vostra sicurezza, non ostinatevi nel partito peggiore: il massimo successo arriderà sempre a quelli che si impongono a chi ha forze uguali, mentre con i più forti si comportano onorevolmente e quelli più deboli trattano con moderazione e giustizia. Riflettete, dunque, anche quando noi ci ritireremo; ripetetevi spesso che è per la patria vostra che deliberate; che la patria è una sola, e la sua sorte da una sola deliberazione sarà decisa, di salvezza o di rovina”. 112. Gli Ateniesi si ritirarono dalla sala del convegno; e i Meli, restati soli, constatato che il loro punto di vista rimaneva presso a poco quale l’avevano esposto, formularono questa risposta: “Noi, o Ateniesi, non la pensiamo diversamente da prima; né mai ci indurremo a privare della sua libertà, in pochi momenti, una città che ha già 700 anni di vita, ma, fidando nella buona sorte che fino ad oggi, con l’aiuto degli dei, l’ ha salvata e nell’appoggio degli uomini, specie di Sparta, faremo di tutto per conservarla. Vi proponiamo la nostra amicizia e neutralità, a patto che vi ritiriate dal nostro paese, dopo aver concluso degli accordi che diano garanzia di tutelare gli interessi di entrambe le parti”. 113. Tale fu la risposta dei Meli; e gli Ateniesi, mettendo fine ormai al colloquio, dissero: “A quanto pare, dunque, da queste decisioni, voi siete i soli a considerare i beni futuri come più evidenti di quelli che avete davanti agli occhi; mentre con il desiderio voi vedete già tradotto in realtà ciò che ancora è incerto e oscuro. Orbene, poiché vi siete affidati agli Spartani, alla fortuna e alla speranza, e in essi avete riposto la fiducia più completa, altrettanto completa sarà pure la vostra rovina”. 114. Gli inviati di Atene se ne tornarono, quindi, all’accampamento; e i generali allora, vedendo che i Meli non volevano sentir ragione, subito si accinsero ad atti di guerra, e, ripartitisi per città i vari settori, costruirono un muro tutto intorno ai nemici. Poi gli Ateniesi lasciarono in terra e sul mare un presidio formato di soldati loro e alleati; quindi, con la maggior parte delle truppe si ritirarono. La guarigione rimasta sul posto continuò l’assedio. 115. Nello stesso periodo di tempo, gli Argivi fecero irruzione nel territorio di Fliunte; ma, sorpresi in un’imboscata dai Fliasii, che erano rinforzati dagli esuli di Argo, lasciarono sul terreno circa 80 uomini. Gli Ateniesi, rientrati da Pilo, avevano portato un ricco bottino degli Spartani; questi, però, anche così rifiutarono di rompere la tregua e far guerra aperta; tuttavia fecero proclamare per mezzo di araldi che autorizzavano chiunque volesse dei loro a depredare gli Ateniesi; i Corinzi per delle divergenze particolari dichiararono guerra ad Atene: tutto il resto del Peloponneso se ne stava tranquillo. Una notte i Meli attaccarono quella parte del muro degli Ateniesi che guardava la piazza del mercato e l’espugnarono: uccisero alcuni difensori, introdussero in città viveri e tutto quanto poterono trovare di generi utili, quindi si ritirarono e stettero all’erta. Gli Ateniesi, in seguito, provvidero a migliorare il servizio di guardia. Intanto anche l’estate volgeva al termine. 116. Nell’inverno seguente gli Spartani fecero i preparativi per una irruzione nell’Argolide; ma, siccome i sacrifici fatti sui confini per il successo della spedizione non erano risultati favorevoli, si ritirarono. Gli Argivi allora, in seguito a questo tentativo, sospettarono di complicità alcuni dei loro concittadini: qualcuno fu arrestato, qualche altro si diede alla fuga. Nella stessa epoca, i Meli con un nuovo assalto espugnarono un’altra parte del muro ateniese, approfittando che le guardie non erano numerose. Ma più tardi, siccome questi tentativi si ripetevano, venne da Atene una seconda spedizione, al comando di Filocrate, figlio di Demeo; sicché, stretti ormai da un assedio molto rigoroso, ed essendosi anche inoltrato il tradimento, i Meli si arresero senza condizioni agli Ateniesi. Questi passarono per le armi tutti gli adulti caduti nelle loro mani e resero schiavi i fanciulli e le donne: quindi occuparono essi stessi l’isola e più tardi vi mandarono 500 coloni.». Null’altro da aggiungere. Massimo Morigi – 11 marzo 2022»

russia, ucraina, stati uniti, cina tra scacchisti e pokeristi, con Gianfranco Campa

Ascoltate questa conversazione ricca di informazioni ed interpretazioni. La narrazione che ci viene offerta da tre settimane non è solo un punto di vista, è l’esatto rovescio della realtà. C’è il reale pericolo, ormai la certezza che i narratori rimangano schiavi delle loro menzogne sino a proseguire lungo una strada obbligata semplicemente perché tornare indietro significherebbe sconfessare se stessi e cadere in rovina. Una dinamica infernale che rischia di trascinare nel baratro milioni di persone e di portare al dissesto intere società, soprattutto europee. Una vera e propria nemesi che porterà a realizzare quell’incubo che da decenni dichiarano di scongiurare: la nascita di un sodalizio tra Russia e Cina in grado di declassare definitivamente il mondo occidentale. Intanto da sotto il tappeto comincia a sollevarsi la polvere e il fetore di trenta anni di macchinazioni in nome della libertà con una classe dirigente e un ceto politico incapace e inetto a gestire le situazioni e le proprie manchevolezze. Questa volta sarà molto arduo per loro reggere il colpo, soprattutto contando su una protezione esterna sempre più incerta. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

NB_In caso di difficoltà alla fruizione del video su youtube, è disponibile il canale www.rumble.com al quale, se interessati, eventualmente iscriversi prima di probabili provvedimenti di censura e oscuramento

https://rumble.com/vx9j9l-il-gioco-tra-russia-ucraina-usa-e-cina-con-g-campa.html

 

 

La lunga regola di Putin, di Vladislav Surkov.

Il più famoso consigliere del presidente russo, Vladislav Surkov, ha pubblicato un clamoroso saggio nel febbraio 2019. In essa annunciava, nel contesto dell’ascesa del populismo, la quasi vittoria del modello Putin.

Ecco la traduzione integrale, seguita da un’analisi di Michel Eltchaninoff, filosofo e giornalista francese, autore di Dans la Tête de Vladimir Poutine (Solin-Actes Sud, 2015). L’ultima parte di questa nota è dedicata alla versione originale del testo russo di Vladislav Surkov.

“Che abbiano una scelta è solo un’illusione. Queste parole colpiscono per la loro profondità e la loro audacia. Pronunciate circa quindici anni fa, oggi sono dimenticate e non vengono mai citate. Ma le leggi della psicologia mostrano che ciò che dimentichiamo ci colpisce molto più di ciò che ricordiamo. E queste parole, ben al di là del contesto in cui sono state pronunciate, sono diventate il primo assioma della nuova governance russa, su cui si basano tutte le teorie e le pratiche della politica attuale.

L’illusione della scelta è l’ultimo stratagemma dello stile di vita occidentale, in particolare della democrazia occidentale che ha aderito a lungo più alle idee di Barnum 1 che a quelle di Clistene di Atene 2 . Il rifiuto di questa illusione, che favorisce un realismo fatalistico, ha in primo luogo portato la nostra società a riflettere sul proprio modello sovrano di sviluppo democratico 3 . L’ha poi portata a ignorare completamente la questione di cosa dovrebbe essere la democrazia, e anche se dovrebbe esistere in linea di principio.

Sono apparse vie per costruire uno stato libero, guidate non da chimere importate ma dalla logica dei processi storici, dall’“arte del possibile”. La disintegrazione della Russia – impossibile, contrariamente alla natura e alla storia – è stata fermata, tardivamente ma con fermezza. Crollando dal livello dell’URSS al livello della Federazione Russa, il paese ha interrotto la sua decomposizione. La Russia ha iniziato a ricostruirsi ed è tornata al suo unico stato naturale: un paese immenso, che estende e riunisce le terre di una comunità di popoli. Il ruolo immodesto che la storia del mondo ha attribuito al nostro Paese gli vieta di uscire di scena o di tacere tra le comparse. Non garantisce riposo e determina la natura ardua del nostro governo.

Comunque sia, lo stato russo persevera nel suo essere ed è diventato uno stato di un tipo senza precedenti, che non abbiamo mai conosciuto prima. Formatosi a metà degli anni 2000, rimane poco studiato. Ma la sua specificità e la sua fattibilità sono evidenti. Gli stress test che ha già superato, e sta ancora superando, mostrano che è proprio questo modello organicamente costituito l’unico mezzo efficace di sopravvivenza e di elevazione della nazione russa, non solo per i prossimi anni ma per i prossimi decenni, o meglio per tutto il secolo a venire.

La storia della Russia ha conosciuto quattro grandi modelli statali che possono essere designati secondo i loro creatori: lo Stato di Ivan III (Granducato/Regno di Moscovia e tutte le Russie, XV-XVII secolo), lo Stato di Pietro il Grande (Russian Impero, 18°-19° secolo), Stato di Lenin (Unione Sovietica, 20° secolo) e Stato di Putin (Federazione Russa, 21° secolo). Create da persone che potremmo chiamare, nello stile di Goumilev 4 , “di lunga volontà”, queste grandi macchine politiche si sono succedute, riparate e adattate man mano che procedevano, assicurando nei secoli l’ostinata ascesa del mondo russo.

La grande macchina politica di Putin sta appena iniziando a prendere slancio e si prepara a un lavoro lungo, difficile e decisivo. La sua piena capacità è ancora molto lontana. Inoltre, quando sarà raggiunto, tra molti anni, questo Stato sarà ancora la Russia di Putin, così come la Francia di oggi è chiamata la Quinta Repubblica di De Gaulle, così come la Turchia poggia sull’ideologia delle Sei Frecce di Atatürk (nonostante il fatto che gli anti-kemalisti sono ora al potere) o come gli Stati Uniti fanno ancora affidamento sulla visione e sui valori dei padri fondatori semileggendari.

È essenziale comprendere, comprendere e descrivere il sistema di governo di Putin, l’insieme delle idee e delle dimensioni del Putinismo come l’ideologia del futuro. Proprio dal futuro, perché Putin non è proprio un putinista, così come Marx non è un marxista e probabilmente non avrebbe accettato di esserlo se avesse saputo di cosa si trattava. Questo lavoro di analisi dell’ideologia di Putin deve essere svolto per servire tutti coloro che vorrebbero essere come Putin. Per rendere possibile la diffusione dei suoi metodi e approcci in futuro.

Questa descrizione non dovrebbe essere fatta nello stile di due propaganda, quella “nostra” e quella “di altri”, ma in un linguaggio accettabile per i discorsi filo-russi così come per i discorsi anti-russi. Questa lingua può essere accolta da un pubblico abbastanza ampio. Ciò è necessario perché il sistema politico inventato in Russia non è solo adatto a un futuro interno, ma ha anche un forte potenziale di esportazione. Inoltre, tale domanda, per tutte o per alcune parti di questo sistema, esiste già. La sua esperienza è studiata e parzialmente adottata. Leader o gruppi di opposizione lo imitano in molti paesi.

All’estero, i politici accusano la Russia di interferire nelle elezioni e nei referendum in tutto il mondo. In realtà, la questione è molto più seria. La Russia si sta insinuando nei loro cervelli e non sanno cosa fare con la propria coscienza alterata. Dai catastrofici anni ’90, quando il nostro Paese ha rifiutato i prestiti ideologici e quando abbiamo iniziato a dare il nostro significato agli eventi e abbiamo lanciato il nostro contrattacco informativo verso l’Occidente, esperti europei e americani hanno iniziato a ingannare sempre più spesso nelle loro previsioni. Le preferenze paranormali del loro elettorato li stupivano e li facevano infuriare. Confusi, annunciarono l’espansione del populismo. Possiamo anche dirlo così, se non abbiamo le parole.

L’interesse degli stranieri per l’algoritmo politico russo è comprensibile: nessuno è un profeta nel suo Paese. Ma tutto ciò che sta accadendo oggi nel resto del mondo è stato previsto dalla Russia per molto tempo.

Quando tutti erano entusiasti della globalizzazione e propagandavano un mondo piatto e senza confini, Mosca ci ricordava chiaramente che la sovranità e gli interessi nazionali erano importanti. A quel tempo, molti erano coloro che ci accusavano di un attaccamento “ingenuo” a queste cose vecchie, presumibilmente obsolete da molto tempo. Ci hanno insegnato che non c’è più niente da trattenere dai valori del 19° secolo, che dovevamo entrare coraggiosamente nel 21° secolo, dove non ci sarebbero più nazioni indipendenti o stati sovrani. Ma, nel 21° secolo, le nostre previsioni si sono avverate. La Brexit inglese, il “#GreatAgain” americano, il partizionamento europeo anti-migrazione sono solo i primi elementi di un elenco esaustivo di manifestazioni onnipresenti di de-globalizzazione,

Quando, ad ogni angolo di strada, Internet è stato elogiato come uno spazio inviolabile di libertà illimitata, dove pensavamo di poter fare tutto e dove eravamo tutti uguali, è stata ancora una volta la Russia ad aver osato porre una domanda che ha fatto riflettere su questa ingenua umanità : “Chi siamo su questo Web: ragni o mosche? E ora tutti si precipitano a districare il Web, comprese le burocrazie più impegnate per la libertà personale, arrivando ad accusare Facebook di complicità nelle ingerenze straniere. Questo spazio un tempo libero, presentato come il prototipo di un paradiso futuro, è ora monitorato e delimitato da cyberpolizia e cybercrime, cybereserciti e cyberspie, cyberterroristi e cybermoralisti.

Quando l’egemonia dell’egemonia americana era incontrastata da nessuno, quando il grande sogno americano del dominio del mondo era quasi realizzato e quando molti furono coloro che videro questa fine della storia dove “il popolo tace”, in questa atmosfera di silenzio globale, il Monaco di Baviera il discorso risuonò improvvisamente 5 . All’epoca questo discorso sembrava dissenziente, ma oggi tutto ciò che esprime risuona come prova: il mondo intero è scontento degli Stati Uniti, compresi gli americani.

Non molto tempo fa, il termine politico turco “derin devlet” è stato ripreso dai media americani e tradotto in inglese come “deep state” e poi diffuso dai nostri media. Il termine designa un’organizzazione del potere rigida e totalmente antidemocratica, mascherata da una bella immagine delle istituzioni democratiche presentata al mondo intero. In realtà, questo meccanismo operativo si basa sulla violenza, sulla corruzione e sulla manipolazione, e si nasconde nel profondo sotto la superficie di una società civile che (ipocritamente o ingenuamente) condanna ogni manipolazione, corruzione o violenza.

Notata l’esistenza di questo spiacevole “deep state” all’interno del proprio paese, gli americani non furono però molto sorpresi: ne sospettavano l’esistenza da molto tempo. Se la rete profonda e la rete oscura esistono, perché non dovrebbero esserci uno stato profondo e uno stato oscuro ? Dalle profondità e dalle tenebre di questo potere oscuro e nascosto emergono i miraggi sublimi della democrazia creati per le masse: l’illusione della scelta, il sentimento di libertà, il sentimento di superiorità, ecc.

La sfiducia e l’invidia, utilizzate dalla democrazia come fonti prioritarie di energia sociale, portano necessariamente ad un’assolutizzazione della critica e ad un aumento del livello di ansia. Odiatori , troll e robot malvagi che si unirono a loro, formarono una maggioranza urlante, soppiantando l’onorevole classe media che un tempo esprimeva un tono completamente diverso.

Nessuno crede alle buone intenzioni dei politici. Sono gelosi e quindi considerati viziosi, astuti e persino decisamente marci. Famose serie che vanno da Boss a House of Cards mostrano immagini molto realistiche della opaca vita quotidiana dell’establishment politico .

A un bastardo non dovrebbe essere permesso di esagerare solo perché è un bastardo. E quando assumiamo che ci siano solo bastardi, dobbiamo usare, per scoraggiare i bastardi, le tecniche dei bastardi. Un cattivo deve essere espulso da un altro cattivo. C’è una vasta gamma di bastardi e una vasta gamma di regole complicate per negare l’impatto della loro lotta per il potere. Così viene creato un sistema benefattore di controlli ed equilibri, come un equilibrio dinamico di bassezza, un equilibrio di avidità, un’armonia di imbrogli. E se qualcuno dimentica se stesso, si spinge troppo oltre in questo gioco e ne danneggia l’armonia, lo Stato Profondo, sempre vigile, emerge come un salvatore e trascina il rinnegato nelle sue profondità.

Non c’è niente di spaventoso in questa descrizione della democrazia occidentale. Basta cambiare leggermente l’angolazione del tiro in modo che la paura si dissipi. Ma il dubbio persiste. E l’uomo occidentale comincia a guardarsi intorno alla ricerca di altri modelli e modi di esistere. E vede la Russia.

Il nostro sistema politico, come tutto nel nostro Paese, sembra meno raffinato, ma comunque più onesto. E anche se “più onesto” non è sinonimo di “migliore” per tutti, le attrazioni non mancano.

Il nostro stato non è diviso tra uno stato profondo e uno stato esterno. È intero e tutti i suoi componenti sono chiaramente visibili. Le costruzioni più brutali della sua struttura di forza sono sulla facciata, senza alcun artificio architettonico. La nostra burocrazia, anche quando imbroglia, non prende mai le pinze, partendo dal presupposto che “nessuno si fa fregare”.

Forti tensioni interne dovute alla necessità di tenere sotto controllo permanente immensi spazi eterogenei, nonché la partecipazione costante del nostro Paese alla lotta geopolitica internazionale, rendono indispensabile e decisivo il potere militare e di polizia. Questo potere è sempre stato avanzato, perché né i mercanti, che considerano gli interessi militari inferiori agli interessi del commercio, né i liberali che basano la loro dottrina sul rifiuto totale di ogni militarismo, hanno mai governato la Russia (con poche eccezioni: un pochi mesi nel 1917 6 e qualche anno negli anni ’90 7). Non c’era nessuno che velasse la verità di illusioni, mettendola timidamente in secondo piano e nascondendo il più possibile la proprietà primaria di ogni Stato: essere strumento di attacco e di difesa.

Non esiste uno stato profondo in Russia, ma esiste un popolo profondo. In superficie brilla l’élite. Secolo dopo secolo, con dinamismo (va riconosciuto), coinvolge il popolo in alcune sue attività: assemblee di partito, guerre, elezioni, esperimenti economici… Il popolo partecipa a queste attività, ma in modo un po’ distaccato, non mostrandosi non in superficie, vivendo la propria vita nel profondo. Due nazioni, una superficiale e l’altra profonda, a volte vanno in direzioni opposte, a volte si intersecano, ma non si fondono mai.

Le persone profonde mantengono sempre la propria opinione, sfuggendo a sondaggi, propaganda, minacce e altri metodi di studio e influenza diretti. A volte le persone fortunate riescono a capire chi è, cosa pensa e cosa vuole. Ahimè! questa conoscenza spesso non viene colta se non troppo tardi e dalle persone sbagliate.

I sociologi rari osano determinare con precisione se le persone profonde rappresentano l’intera nazione o solo una parte – e quale parte! In tempi diversi erano considerati a volte contadini, a volte proletari, a volte apartitici, a volte hipster , a volte funzionari. Questo popolo, lo cercavamo, volevamo immergerci in esso. A volte si diceva che fosse un teoforo 8 , o addirittura il contrario. A volte abbiamo deciso che era immaginario e non esisteva realmente. Abbiamo iniziato le riforme in fretta e furia, senza tenerne conto, e molto presto ci siamo imbattuti in essa, accorgendoci improvvisamente che esisteva nonostante tutto. A volte, si ritirava sotto la pressione di occupanti interni o esterni. Ma tornava sempre.

Con la sua gigantesca supermassa, il popolo profondo crea un’irresistibile forza di gravitazione culturale, che unisce la nazione e attira (getta) l’élite a terra (sulla terra natale), e talvolta cerca di elevarsi verso il cosmopolitismo.

Il principio popolare, qualunque sia il significato della parola, domina lo stato, ne determina la forma, limita le fantasie dei teorici e costringe gli uomini d’azione a compiti specifici. È un potente attrattore a cui conducono tutte le traiettorie politiche, senza eccezioni. In Russia, non importa con quale movimento politico inizi: conservatorismo, socialismo, liberalismo…, tutto andrà più o meno allo stesso modo. Vale a dire, da ciò che è.

La capacità di ascoltare e comprendere le persone, di vedere tutto in loro, in profondità, e di agire in modo adeguato con loro, costituisce la principale ed eccezionale virtù del governo di Putin. Questa sposa il popolo, segue la stessa strada, non affronta quindi i sovraccarichi distruttivi delle controcorrenti della storia. E, quindi, è efficace e durevole.

In questo nuovo sistema tutte le istituzioni sono subordinate allo stesso compito principale: quello di instaurare uno spirito di fiducia attraverso la comunicazione e l’interazione del capo supremo con i cittadini. Diversi rami del potere convergono sulla persona del leader. Il valore di questi rami è determinato solo dall’importanza e dalla vicinanza del loro legame con lui. Inoltre, i mezzi di comunicazione informali operano aggirando le strutture ufficiali e i gruppi d’élite. E quando la stupidità, l’arretratezza o la corruzione creano interferenze tra le onde di comunicazione con le persone, vengono prese misure drastiche per ristabilire il collegamento il prima possibile.

La struttura multilivello delle istituzioni politiche, copiata dal modello occidentale, è qui talvolta vista come non necessaria e adottata solo per “fare come tutti gli altri”. Quindi le differenze nella nostra cultura politica non sono evidenti ai nostri vicini: li irritano e li spaventano meno. Sono come gli indumenti da esterno che indossi per uscire ma non indossi mai a casa.

La società si fida davvero solo del leader. È l’orgoglio di un popolo non conquistato, il desiderio di rendere più facile il cammino verso la verità o qualcos’altro? Difficile dirlo, ma è un dato di fatto e questo fatto non è nuovo. La novità è che lo Stato ne è consapevole, ne tiene conto e ad esso si riferisce nell’esercizio di tutte le sue funzioni.

Sarebbe una semplificazione eccessiva ridurre questo argomento alla famosa “fede nel buon re”. Le persone profonde non sono affatto ingenue e non considerano la gentilezza dello Zar un valore primario. Piuttosto, sarebbe incline a considerare un buon leader come Einstein considerava Dio, “sottile, ma non malevolo”.

Il modello contemporaneo dello stato russo inizia con la fiducia e tiene insieme la fiducia. Questo è ciò che lo differenzia fondamentalmente dal modello occidentale, che coltiva sfiducia e critica. È qui che attinge la sua forza.

Il nostro nuovo Stato, in questo nuovo secolo, avrà una storia lunga e gloriosa. Non sarà rotto. Agirà a modo suo, otterrà e manterrà i posti migliori nella champions league della lotta geopolitica. Prima o poi tutti coloro che chiedono alla Russia di “cambiare comportamento” dovranno rassegnarsi ad accettarlo così com’è. Dopotutto, che abbiano una scelta è solo un’illusione.

https://www.fondapol.org/etude/la-longue-gouvernance-de-poutine-%d0%b4%d0%be%d0%bb%d0%b3%d0%be%d0%b5-%d0%b3%d0%be%d1%81%d1%83%d0%b4%d0%b0%d1%80%d1%81%d1%82%d0%b2%d0%be-%d0%bf%d1%83%d1%82%d0%b8%d0%bd%d0%b0/

La Russia non ha solo sfidato l’Occidente_di Pyotr Akopov

Proseguiamo con la pubblicazione di testi inediti in Italia di esponenti ed accademici russi, necessari alla comprensione del retroterra culturale alla base delle drammatiche decisioni politiche di questa fase. I giudizi di merito sul testo, ovviamente, non sono riconducibili alla linea editoriale del blog_Giuseppe Germinario

“La Russia non ha solo sfidato l’Occidente, ha dimostrato che l’era del dominio globale occidentale può essere considerata completamente e definitivamente finita”

Fondazione per l’Innovazione Politica | 02 mar 2022

La Fondazione per l’innovazione politica ha tradotto dal russo al francese la versione integrale di un editoriale dell’agenzia russa RIA Novosti, firmato dall’editorialista Pyotr Akopov e intitolato “L’avvento della Russia e il nuovo mondo”. Questo articolo è stato caricato accidentalmente il 26 febbraio 2022. Inizialmente, la pubblicazione di questo testo doveva aver luogo dopo l’occupazione dell’Ucraina da parte della Russia. L’articolo è stato eliminato rapidamente, ma il servizio Web Internet Archive è riuscito a salvarlo.

Questo articolo descrive il progetto imperialista concepito da Putin. La russificazione totale di Ucraina e Bielorussia si presenta come il punto di partenza per una ricomposizione dell’ordine mondiale. Il testo è stato tradotto dal russo da Inna Uryvskaya.

Un nuovo mondo sta nascendo davanti ai nostri occhi. L’operazione militare russa in Ucraina ha inaugurato una nuova era, e questo in tre dimensioni 1 alla volta. Senza dimenticare la quarta, la dimensione interna della Russia. Inizia oggi un nuovo periodo, sia dal punto di vista ideologico che socio-economico; ma questo argomento merita di essere discusso in seguito.

La Russia ristabilisce la sua unità. In effetti, la tragedia del 1991, questa terribile catastrofe nella nostra storia, questo sconvolgimento innaturale, è stata finalmente superata. Questa restaurazione richiede grandi sacrifici, attraverso i tragici eventi di una guerra quasi civile, in cui i fratelli, separati dalla loro appartenenza all’esercito russo e ucraino, si sparano ancora a vicenda, ma non ci sarà più un’Ucraina antirussa. La Russia viene riportata alla sua integrità storica, riunendo il mondo russo, il popolo russo: i Grandi Russi 2 , i Bielorussi ei Piccoli Russi 3 .

Abbandonare l’idea di questa riunificazione, lasciare che questa divisione temporanea si stabilizzi per secoli, significa tradire la memoria dei nostri antenati ed essere maledetti dai nostri discendenti per aver lasciato che la terra russa si disintegrasse.

Vladimir Putin si è assunto, senza alcuna esagerazione, una responsabilità storica prendendo la decisione di non lasciare la questione ucraina alle generazioni future. In effetti, la necessità di risolvere il problema dell’Ucraina non poteva che rimanere una priorità della Russia, per due ragioni principali. E la questione della sicurezza nazionale della Russia, cioè lasciare che l’Ucraina diventi anti-russa, non è la ragione più importante.

Il motivo principale è un eterno complesso di popoli divisi, un complesso di umiliazioni nazionali dovute al fatto che la patria russa ha prima perso parte delle sue fondamenta (Kiev), e deve sopportare l’idea dell’esistenza di due Stati, di due popoli. Continuare a vivere così significherebbe rinunciare alla nostra storia, sia accettando l’idea folle che “solo l’Ucraina è la vera Russia” o ricordando, impotenti e digrignando i denti, il tempo in cui “abbiamo perso l’ucraino”. Nel corso dei decenni, la riunificazione della Russia con l’Ucraina sarebbe diventata sempre più difficile: sarebbero aumentati il ​​cambio dei codici, la derussificazione dei russi che vivono in Ucraina e la propaganda antirussa tra i Piccoli Russi ucraini. Inoltre, se l’Occidente avesse consolidato il controllo geopolitico e militare in Ucraina,

Ora questo problema non esiste più: l’Ucraina è tornata in Russia. Questo ritorno non significa che l’Ucraina perderà la sua statualità. Semplicemente, sarà trasformato, riorganizzato e riportato al suo stato originale come parte integrante del mondo russo. Sotto quali confini? In che forma? Sarà stabilita un’alleanza con la Russia, attraverso la CSTO e l’Unione economica eurasiatica o come stato che fa parte dell’Unione di Russia e Bielorussia? Questo sarà deciso quando l’Ucraina anti-russa non esisterà più. Comunque sia, il periodo di divisione del popolo russo sta volgendo al termine.

È qui che inizia la seconda dimensione della nuova era: riguarda le relazioni della Russia con l’Occidente, e non solo della Russia, ma del mondo russo, cioè tre Stati: Russia, Bielorussia e Ucraina, che agiscono come un’unica entità geopolitica. Queste relazioni sono entrate in una nuova fase e l’Occidente vede la Russia tornare ai suoi confini storici in Europa. Ne è fortemente indignato, anche se nel profondo della sua anima deve ammettere che non avrebbe potuto essere altrimenti.

Chi, nelle vecchie capitali europee, a Parigi o a Berlino, poteva davvero credere che Mosca avrebbe rinunciato a Kiev? Che i russi sarebbero stati per sempre un popolo diviso? E questo, proprio nel momento in cui l’Europa si unisce, quando le élite tedesca e francese stanno cercando di riprendere il controllo dell’integrazione europea dagli anglosassoni e di costruire un’Europa unita! Dimenticando che l’unificazione dell’Europa è stata resa possibile solo dall’unificazione della Germania, ottenuta grazie alla buona – seppur poco intelligente – volontà russa. Qualsiasi pretesa sulle terre russe è più che l’apice dell’ingratitudine, è stupidità geopolitica. L’Occidente nel suo insieme, e l’Europa in particolare, non avevano il potere di mantenere l’Ucraina nella sua sfera di influenza, per non parlare di conquistare l’Ucraina.

Per essere più precisi, c’era una sola opzione: scommettere sull’ulteriore crollo della Russia, cioè della Federazione Russa. Ma il fatto che questa opzione non funzionasse avrebbe dovuto essere chiaro vent’anni fa. Quindici anni fa, dopo il discorso di Putin a Monaco, anche i sordi avrebbero potuto sentire che la Russia era tornata.

Oggi l’Occidente sta cercando di punire la Russia per essere tornata, per aver impedito agli occidentali di arricchirsi a sue spese, per aver fermato l’espansione occidentale verso est. Cercando di punirci, l’Occidente crede che il nostro rapporto con esso sia di vitale importanza. Ma ormai non è più così da molto tempo. Il mondo è cambiato e gli europei così come gli anglosassoni che governano l’Occidente lo capiscono. Qualsiasi pressione occidentale sulla Russia sarà vana. Il danno dovuto all’escalation del confronto sarà bilaterale, ma la Russia è moralmente e geopoliticamente preparata, quando un aggravamento dell’opposizione comporterà per l’Occidente costi significativi, i principali dei quali non saranno necessariamente economici.

L’Europa, come l’Occidente, voleva l’autonomia. In effetti, il progetto tedesco di una maggiore Europa integrata è una sciocchezza strategica se gli anglosassoni mantengono il controllo ideologico, militare e geopolitico sul Vecchio Mondo. Inoltre, questo progetto non può avere successo poiché gli anglosassoni hanno bisogno di un’Europa che controllino. Tuttavia, l’Europa deve cercare l’autonomia per un altro motivo: nel caso in cui gli Stati Uniti si isolino (a causa dei crescenti conflitti e controversie interne) o si concentrino nella regione del Pacifico, dove oggi il baricentro geopolitico si sta spostando.

Gli anglosassoni conducono l’Europa in un confronto con la Russia e privano così gli europei di ogni possibilità di indipendenza. Allo stesso modo, l’Europa sta cercando di imporre una rottura con la Cina. Se gli atlantisti oggi si rallegrano che la “minaccia russa” stia unificando il blocco occidentale, Berlino e Parigi devono capire che, avendo perso ogni speranza di autonomia, il progetto europeo crollerà nel medio termine. Questo è il motivo per cui gli europei indipendenti non sono affatto interessati a costruire una nuova cortina di ferro ai loro confini orientali, rendendosi conto che si trasformerà in un bullpen per l’Europa. L’era della leadership mondiale del Vecchio Mondo (più precisamente, mezzo millennio) è comunque finita. Tuttavia, sono ancora possibili varie opzioni per il suo futuro.

La terza dimensione dell’attualità è l’accelerazione della costruzione di un nuovo ordine mondiale, i cui contorni sono sempre più chiaramente dovuti al fatto che la globalizzazione anglosassone è così diffusa. Un mondo multipolare è finalmente diventato realtà. In questa operazione in Ucraina solo l’Occidente si oppone alla Russia, perché il resto del mondo la comprende perfettamente: è un conflitto tra Russia e Occidente, è una risposta all’espansione geopolitica degli atlantisti, è il ritorno della Russia alla il suo spazio storico e il suo posto nel mondo.

Cina, India, America Latina, Africa, mondo islamico e Sud-est asiatico, nessuno crede che l’Occidente governi l’ordine mondiale, tanto meno ne stabilisca le regole del gioco.La Russia non ha solo sfidato l’Occidente, ha dimostrato che il l’era del dominio globale occidentale può considerarsi completamente e definitivamente conclusa. Il nuovo mondo sarà costruito da tutte le civiltà e da tutti i centri di potere, e questo, ovviamente, in collaborazione con l’Occidente (unito o meno), ma quest’ultimo non potrà più imporre né i suoi termini né le sue regole .

https://translate.google.com/website?sl=auto&tl=it&hl=it&u=https://web.archive.org/web/20220226224717/https://ria.ru/20220226/rossiya-1775162336.html

https://www-fondapol-org.translate.goog/decryptage/la-russie-na-pas-seulement-defie-loccident-elle-a-montre-que-lere-de-la-domination-occidentale-mondiale-peut-etre-consideree-comme-completement-et-definitivement-revolue/?_x_tr_sl=auto&_x_tr_tl=it&_x_tr_hl=it

SECONDA SETTIMANA DI OSTILITA’ IN UCRAINA. IL PUNTO DELLA SITUAZIONE, di Roberto Buffagni

SECONDA SETTIMANA DI OSTILITA’ IN UCRAINA. IL PUNTO DELLA SITUAZIONE

  1. Con la massima brevità faccio il punto della situazione dopo la seconda settimana di ostilità in Ucraina.
  2. Dal 10 marzo è gratuitamente disponibile in rete una intervista al generale Fabio Mini1 che dice tutto il necessario per capire il quadro politico e militare della situazione. Per una analisi più approfondita, si può leggere l’articolo di Mini in “Limes” 2/2022, La Russia cambia il mondo, p. 203-216. Concordo al 100% con le analisi di Mini.
  3. I dati fondamentali del conflitto militare mi paiono i seguenti:
  4. La Russia conduce una guerra limitata per obiettivi limitati, per così dire una guerra “vestfaliana”2. Gli obiettivi che dichiara e persegue sono: a. neutralità dell’Ucraina b. “demilitarizzazione” dell’Ucraina (riduzione del potenziale militare ucraino) c. “denazificazione” dell’Ucraina (nessun esponente di formazioni che si richiamino al nazional-socialismo nel governo ucraino) d. riconoscimento Repubbliche del Donbass e. riconoscimento annessione della Crimea.
  5. La Russia sta impiegando nel conflitto circa il 15% dei suoi effettivi e una frazione probabilmente anche minore dei suoi mezzi militari. L’Ucraina sta impiegando, nel conflitto, tutti i suoi effettivi (o quasi) e tutti i suoi mezzi militari (o quasi). Sul terreno, la Russia ha saldamente in mano l’iniziativa e un controllo quasi completo del cielo, e ha spezzato la coesione delle unità e del comando ucraino: le unità ucraine sono isolate e non possono coordinarsi con il comando centrale. Esse dunque possono resistere e contrattaccare ottenendo vittorie tattiche, ma non predisporre una controffensiva generale per strappare l’iniziativa ai russi. In sintesi: l’Ucraina, impegnando tutte le sue risorse, non può rovesciare le sorti sul campo, che sono a suo netto sfavore. La Russia, impegnando una piccola frazione delle sue risorse, è in netto vantaggio sul campo, e può decidere di aumentare la pressione sulle FFAA ucraine. L’esito militare del conflitto, insomma, è predeterminato.
  6. Ogni decisione russa di aumentare la pressione militare sulle FFAA ucraine viene coordinata con la direzione politica. Se la trattativa con il governo ucraino (e il governo USA che lo guida) va in stallo, la Russia può decidere di aumentare di uno o più gradi “la temperatura” della guerra, per facilitare l’ottenimento dei suoi obiettivi politici. È la modalità “vestfaliana” di coordinare azione militare e diplomatica. Richelieu, Metternich, Kissinger la riconoscerebbero all’istante perché l’hanno costantemente adottata.
  7. I limiti politici all’ “aumento di temperatura” della pressione militare russa sono: a) stabilizzazione dell’Ucraina/futura riconciliazione con la popolazione ucraina, sorella della popolazione russa b) immagine internazionale della Russia c) interesse cinese, indiano, iraniano a sostenere la Russia.
  8. (Per quanto attiene: a. efficacia della guerra partigiana b. impaludamento russo c. fornitura di armi agli ucraini d. raggiungimento degli obiettivi russi de facto o de jure e. probabilità di successo del “regime change” in Russia, confermo quanto già scritto una settimana fa, qui3. Niente di quel che è avvenuto in seguito mi ha fatto cambiare idea.)
  9. Per la Russia la neutralizzazione dell’Ucraina è un interesse vitale, ossia un interesse che va difeso ad ogni costo. In caso di necessità, la Russia aumenterà la temperatura della guerra a un calore infernale.
  10. Invitando l’Ucraina a entrare nella NATO e promettendole protezione e prosperità, gli USA, la UE e i dirigenti ucraini dal 2014 in poi hanno l’hanno condotta sul “primrose path”, il sentiero delle primule. È un’espressione idiomatica inglese coniata da Shakespeare, che nel Macbeth parla di “treading the primrose path to the everlasting bonfire“. È il “sentiero delle primule”, la via facile del piacere, che conduce all’ “everlasting bonfire”, il fuoco eterno. Per ora, l’Ucraina sta nell’anticamera dell’inferno. Se non si risolverà diplomaticamente la controversia, garantendo alla Russia l’interesse vitale della neutralità ucraina, la nazione e la popolazione ucraine potrebbero scendere fin negli ultimi gironi infernali.
  11. Di quanti gradi aumenterà la temperatura dell’inferno per gli ucraini dipende dall’andamento della trattativa politica. L’andamento della trattativa dipende in larga misura dalla linea politica statunitense, che si riflette sulla linea politica del governo ucraino, influenzandola pesantemente.
  12. Paiono (congettura) essersi delineati due partiti o fazioni in conflitto all’interno dell’establishment della politica estera statunitense. La divisione non è ideologica, i componenti le due fazioni condividono ambiente, mentalità, esperienza.
  13. La divisione tra le due fazioni USA sembra (congettura) originare dall’interpretazione della volontà russa. La domanda è: “I russi sono disposti ad andare fino in fondo, o bluffano?”. “Andare fino in fondo” significa “essere disposti a rischiare e nel caso affrontare un conflitto diretto con la NATO con le sue conseguenze incalcolabili, uso delle armi nucleari compreso”. Una fazione si risponde, “No, i russi bluffano, dobbiamo andare a vedere il bluff per rimetterli al loro posto subalterno, e riconfermare il nostro ruolo di egemone dell’ordine internazionale unipolare”. L’ altra fazione si risponde “Sì, i russi sono disposti ad andare fino in fondo, e in ogni caso il rischio di andare a vedere il bluff è troppo elevato e non va corso, perché l’Ucraina non è un interesse vitale USA.”
  14. I documenti in base ai quali congetturo l’esistenza delle due fazioni USA sono questi tre4.
  15. Il primo (“ i russi bluffano”) è una lettera aperta a favore di una no – fly zone limitata sull’Ucraina, a firma di numerose personalità dell’establishment politica estera USA, pubblicata su “politico.com”, importante periodico online rivolto all’establishment politico statunitense5. In essa si raccomanda l’istituzione di una no-fly zone sull’Ucraina, che avrebbe per conseguenza uno scontro militare diretto tra forze NATO e forze russe. I firmatari presumono che la Russia non lo accetterebbe. Lo scopo è intimidire la Russia, dimostrare che il suo governo ha fatto il passo più lungo della gamba ed è impotente, e così concorrere a destabilizzarlo.
  16. Il secondo, a firma di James Jeffrey, presidente del Programma per il Medio Oriente, Wilson Center6, e il terzo a firma di Sam J. Tangredi, Direttore Institute for Future Warfare Studies, U.S. Naval War College7 (“i russi non bluffano”) propone l’invio di una missione militare di interposizione in Ucraina a cui partecipino anche truppe USA, sotto egida ONU. Vi si sostiene che ciò sia possibile nonostante il veto russo al Consiglio di Sicurezza ONU. Non so se ciò sia legalmente possibile, se qualche lettore è in grado di verificarlo gliene sarò grato. Lo scopo è: a) logorare i russi prolungando la trattativa per ottenere migliori condizioni, e diminuendo il peso specifico del vantaggio militare russo sul campo b) gettare le basi per una futura presenza anche militare della “comunità internazionale” a guida USA nel territorio dell’Ucraina, anche dopo una sua eventuale neutralizzazione c) in sostanza, contendere palmo per palmo il terreno politico-militare ucraino al nemico, dando una pesante lezione per il futuro ai russi (“non ci riprovate mai più”). I due documenti prendono in considerazione la possibilità che in seguito a questa iniziativa il conflitto escali fino alla guerra nucleare, e ritengono che il rischio esista, ma sia minimo e controllabile.
  17. Ulteriore indizio dell’esistenza di queste due fazioni all’interno della direzione politica USA potrebbe essere la persuasiva ipotesi formulata da Maurizio Vezzosi, qui8, in merito all’uccisione di un negoziatore ucraino. Il negoziatore era membro del GUR, l’intelligence militare ucraino. Vezzosi argomenta che GUR e SBU (intelligence civile ucraina) sono in aspro conflitto, e ipotizza che ne sia risultata l’uccisione di Denis Kireyev. Vista la stretta interconnessione tra intelligence USA e intelligence ucraina, è possibile congetturare che la violenta contrapposizione tra SBU e GUR rifletta un analogo conflitto interno all’intelligence e all’establishment della politica estera USA.
  18. Ammesso che quanto congetturato in merito al conflitto interno agli USA sia vero, non ho elementi per valutare quale delle due linee abbia migliore probabilità di vittoria. Ovviamente la seconda linea (“i russi non bluffano”) è più razionale e cauta. Ma da quanto si può dedurre dall’andamento erratico della trattativa, non ci troviamo in una situazione paragonabile alla crisi dei missili cubani, se non per la natura dell’interesse vitale in gioco e per gravità del rischio di escalation anche nucleare. Nella crisi cubana, l’Amministrazione Kennedy era coesa, e controllava (per quanto è possibile farlo) gli apparati dello Stato militari e civili. Inoltre, i decenni di Guerra Fredda avevano creato e rodato molti canali di comunicazione, formali e informali, tra le due superpotenze, così facilitando l’intesa reciproca e la de-escalation della crisi. Oggi l’Amministrazione Biden pare debole, divisa, con un controllo molto labile sugli apparati dello Stato federale, e i tre decenni di ordine unipolare, con il senso di sicurezza e di superiorità incontestata che hanno indotto nei dirigenti USA, hanno seriamente danneggiato, se non cancellato, la comunicazione tra le due grandi potenze americana e russa, facilitando imprudenze ed equivoci nell’interpretazione della volontà nemica.
  19. Una cosa si può dire con certezza: che dal punto di vista americano, la posta in gioco NON è l’Ucraina, che non è un interesse vitale statunitense. Per gli USA, la posta in gioco è il prestigio della loro posizione di guida dell’ordine internazionale unipolare. Dico “il prestigio”, perché nei fatti, con il sorgere di due grandi potenze come Russia e Cina, l’ordine internazionale unipolare è già finito.
  20. Quel che non è finito è “il prestigio” di guida di quell’ordine, che gli USA ancora detengono e vogliono conservare. È infatti questo prestigio che consente agli USA di presentarsi nel mondo come Stato eccezionale, che non conosce né superiori né eguali, e che dunque può pretendere di presentarsi come “giudice terzo” nelle controversie internazionali. Da questo scranno inarrivabile gli USA possono decidere che cosa è giusto, che cosa sbagliato, che cosa bene e che cosa male; quale regime sociale sia accettabile (la democrazia liberal-progressista) e quale inaccettabile (tutti gli altri); possono chiamare le loro guerre “instaurazione dei diritti e della giustizia”, e se le perdono, “errori”: mentre le guerre altrui, vinte o perse, sono sempre “crimini”; possono insomma, come Dio nella teologia islamica, decidere a piacer loro se il fuoco debba esser caldo o freddo.
  21. Quanto tengano gli USA a questo prestigio lo illustra il fatto che negli scorsi mesi si sono rifiutati di firmare un trattato a garanzia che l’Ucraina non sarebbe entrata nella NATO, come richiesto dai russi. Se gli USA avessero apposto la firma in calce a quel foglio, non un colpo sarebbe stato esploso in Ucraina, non una sola persona vi sarebbe stata uccisa o ferita, non un solo edificio danneggiato.
  22. Per concludere, una domanda: quanto tiene l’Europa, quanto tiene l’Italia, al prestigio americano? Sinora, pare moltissimo. Europa e Italia tengono di più al prestigio americano, o all’interesse proprio e dei loro popoli, e all’interesse del popolo ucraino? Pare di sì. Per quanto tempo ancora?

atto estremo, di Alessandro Visalli

David Goldman, in Asiatimes.com, ricostruisce il dialogo tra Xi Jimping, Macron e Scholz come l’avvio di una iniziativa diplomatica senza precedenti. Una vera e propria “rivoluzione diplomatica”. Effetto di circostanze particolarissime, nelle quali l’eccessiva proiezione americana e la reazione, parimenti eccessiva, russa hanno lasciato il mondo in quello che chiama un “vuoto diplomatico”. Gli Usa hanno cercato di accerchiare la Russia, inducendo l’Ucraina ad abbandonare il quadro di Minsk II, la Francia e la Germania non sono state in grado di smarcarsi dai ditkat americani e questi errori combinati aprono lo spazio, sostiene l’autore, per una mediazione cinese che è stata richiesta anche dalla stessa Ucraina il 1 marzo. Il paese asiatico è nella posizione ideale perché non compromesso e perché ha ottimi rapporti con entrambi i paesi belligeranti.
Quello che gli Usa non hanno più, dopo la fornitura di armi, l’intransigenza a chiudere ogni compromesso prima della guerra e, forse soprattutto, l’uso della “bomba nucleare finanziaria” di cui parliamo dopo.
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Anche la recentissima decisione di non acquistare più idrocarburi (misura rifiutata dall’Europa), che ha portato oggi ad un aumento dell’8% del prezzo al barile, crea distanza tra le parti.
Citando il sito guancha.cn l’autore riporta le proposte di Xi per il sostegno a Francia e Germania per la creazione di un quadro di sicurezza europeo che sia equilibrato, efficace e sostenibile. Partendo da un compromesso che si richiami al quadro di Minsk II nel quale l’Ucraina abbandoni la domanda di adesione alla Nato, l’indipendenza (anche non totale) delle regioni di confine e la cessione della Crimea in cambio di impegni sostanziali alla ricostruzione da parte di Ue e Cina, il ritiro delle sanzioni alla Russia.
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Uno schema simile segnerebbe la piena sconfitta della strategia Usa e lo smarcamento della Ue dal dominus oltreoceano.
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Dominus che potrebbe aver compiuto un errore strategico di primissima grandezza, secondo William Pesek nella stessa testata, spendendo una arma da fine del mondo finanziario che ha una sola cartuccia. Tutti i paesi del mondo, a partire dalla lezioni delle crisi finanziarie della fine degli anni ottanta e dei primi novanta, si dotarono di ingenti riserve finanziarie e favorirono gli investimenti all’estero come assicurazione verso il rischio di crisi di fiducia. Ma, a ben vedere, questa strategia parte da una premessa nascosta: che le riserve non siano congelabili e restino disponibili in caso di urgente bisogno.
Congelando circa la metà (la parte non detenuta in oro e altri beni reali) dei 630 miliardi di dollari delle riserve russe, e i patrimoni dei suoi miliardari all’estero, l’amministrazione americana ha inferto un colpo molto duro alla Russia. Ma ha anche disintegrato, in mondovisione, la fiducia nel carattere liquido ed esigibile delle riserve sovrane.
Dylan Grice di Calderwood Capital ha dichiarato in proposito di non aver mai visto armi finanziarie di questa portata. Una “arma finale” che si può usare una sola volta. Questa mossa segna, semplicemente, la fine dell’egemonia del dollaro e l’inizio di un nuovo mondo.
La ragione è semplice, se anche avere ben un terzo del Pil in riserve può essere messo fuori gioco con un clic, allora tutti ne trarranno la conclusione che quello internazionale “non è reale denaro”. Cina e Giappone, che hanno enormi riserve di debito del Tesoro Usa, denominato in dollari, solo la prima oltre 1.100 miliardi, ora sanno che possono essere rese inconvertibili con una semplice decisione sovrana al momento del bisogno. Cercheranno nuove risorse di riserva (probabilmente “reali”) e di ridurre l’interconnessione tra riserve, conti presso le Banche Centrali e sistema finanziario in generale. Come afferma il professore della Cornell University Eswar Prasad, quando la polvere si depositerà la Cina, la Russia e tutti gli altri si libereranno del dominio del dollaro, o ci proveranno. Certo, ci vorrà tempo e non sarà facile. La ricerca di “porti sicuri” sarà lunga e difficile, criptovalute (altrettanto vulnerabili e pericolose), oro (insufficiente), commodities, …
Una sola cosa sembra certa a tutti: il sistema finanziario del dopoguerra sarà diverso. E con esso il mondo.

CENTO ANNI DI SOLITUDINE GEOPOLITICA_Vladislav Surkov

Otto anni prima dell’invasione dell’Ucraina, Vladislav Surkov, l’ideologo del Putinismo, aveva teorizzato l’isolamento della Russia

Esistono molti tipi di professioni, alcune delle quali possono essere svolte solo in uno stato leggermente diverso dal normale. Così, per esempio, un proletario nell’industria dell’informazione, un semplice fornitore di notizie fresche, è generalmente una persona con un cervello frenetico, che vive in una sorta di febbrile permanente. Niente di sorprendente in questo, perché è l’intero settore dell’informazione che vive una corsa contro il tempo: bisogna sapere tutto prima degli altri, comunicare di tutto prima degli altri, interpretare tutto prima degli altri.

Questi stessi informatori trasmettono la loro febbre a coloro che informano. Allo stesso tempo, coloro che ne sono colpiti spesso prendono il loro stato di febbrile per un vero processo intellettuale, quando non lo sostituisce completamente. Da qui la loro tendenza ad eliminare dal proprio ambiente oggetti durevoli come “convinzioni” e “principi”, a favore di “opinioni” usa e getta. Da qui, anche, la totale incoerenza delle loro previsioni – che, peraltro, non sembrano infastidire nessuno. Tale è il prezzo della fretta e dello scoop di informazioni.

Pochi sono coloro che sanno percepire il silenzio beffardo del destino, soffocato dal continuo fruscio dei media. Raro sono coloro che prestano attenzione all’informazione lenta e massiccia, quella che non nasce dalla schiuma della vita, ma dal suo fondo, dal luogo in cui si muovono e si scontrano strutture geopolitiche ed epoche storiche. Se i loro significati ci appaiono solo dopo il fatto, non è mai troppo tardi per conoscerli.

Il quattordicesimo anno del secolo in corso è stato reso memorabile da una serie di grandi e straordinarie realizzazioni, note a tutti e di cui tutto è stato detto. Ma è solo ora che ci viene rivelato l’evento fondamentale di quest’anno, che ci arriva il suo tardivo e profondo insegnamento. Questo evento non è altro che la fine dell’epico viaggio della Russia in Occidente, il culmine dei suoi numerosi e infruttuosi tentativi di integrarsi nella civiltà occidentale, di unirsi alla “buona famiglia dei popoli d’Europa”. 

Questo quattordicesimo anno del nostro secolo ha inaugurato una nuova era, di durata ancora sconosciuta, “l’era 14+”, che ha in serbo per noi cento, duecento, trecento anni, chissà, di solitudine geopolitica.

***

Per quattro secoli nessuna traccia è stata trascurata per l’occidentalizzazione della Russia, avviata con leggerezza dal “falso Dmitrij” e perseguita con decisione da Pietro I. Che cosa non ha fatto la Russia per imitare a volte l’Olanda, a volte la Francia; diventare a volte America, a volte Portogallo? Quali sforzi ha compiuto per integrarsi completamente nell’Occidente? Tutti gli sconvolgimenti che l’Occidente ha vissuto e tutte le idee che ci sono venute da esso sono stati accolti dalla nostra élite con fenomenale – e forse in parte eccessivo – entusiasmo.

Lžedmitrij o “il falso Dmitrij”, zar dal 1605 al 1606 durante il periodo del “Tempo dei guai”, sostenuto dal re di Polonia. Vedi in particolare Yves-Marie Bercé, Il re nascosto. Salvatori e impostori: miti politici popolari nell’Europa moderna , Parigi, Fayard, 1990.

I nostri autocrati insistettero a sposare donne tedesche; la nostra nobiltà imperiale e la nostra burocrazia si sono popolate di “sconosciuti erranti”. Ma se gli europei si sono russizzati in modo massiccio e rapido in contatto con la Russia, i russi non si sono in alcun modo europeizzati.

L’espressione “brodjažnye inozemcy” deriva probabilmente dal poema “Russkij Bog” (Il Dio russo) di Pëtr Vjazemskij (1792-1878).

Dai trionfi ai sacrifici, l’esercito russo ha combattuto in tutte le grandi guerre d’Europa, la cui esperienza dimostra che può ben essere considerato il continente più incline alla violenza di massa e il più veloce ai bagni di sangue. Queste grandi vittorie e questi grandi sacrifici ci hanno portato molti territori occidentali, ma non meno amici. 

In nome dei valori europei (allora di natura religioso-monarchica), San Pietroburgo ha avviato e garantito la Santa Alleanza delle Tre Monarchie . Era in tutta coscienza che adempiva ai suoi doveri di alleato quando era necessario salvare gli Asburgo dall’insurrezione ungherese. Ma quando la stessa Russia si è trovata in una situazione difficile, l’Austria che aveva appena salvato non solo si è rifiutata di aiutarla, ma si è persino rivoltata contro il suo alleato.

L’autrice rievoca la posizione dell’Austria-Ungheria durante la guerra di Crimea (1853-1856), dove si schierò con la coalizione formata contro l’Impero russo. Un anno dopo la rivolta ungherese del 1849 contro l’impero austriaco di Francesco Giuseppe, un esercito di 150.000 soldati russi comandato dal generale Paskevič riportò l’Ungheria nell’ovile dell’Impero.

Successivamente i valori europei furono capovolti: fu Marx a diventare di moda a Parigi e Berlino. Alcuni residenti di Simbirsk e Janovka volevano che lo stesso accadesse in Russia. Avevano il terrore di essere lasciati indietro dall’allora Occidente amante dei socialisti. Avevano così paura che la rivoluzione mondiale, presumibilmente sotto la guida dei lavoratori europei e americani, perdesse il loro remoto buco. Hanno fatto tutto il possibile. Ma quando le burrasche della lotta di classe si placarono, l’URSS, costruita a costo di sforzi sbalorditivi, si rese conto che la rivoluzione mondiale non era avvenuta, che il mondo occidentale non era diventato un mondo contadino – operaio, ma al contrario, un mondo capitalista,

 Simbirsk e Janovka sono i rispettivi luoghi di nascita di Lenin e Trotsky.

Alla fine del secolo scorso, la Russia si stancò del suo isolamento e cercò ancora una volta di integrarsi con l’Occidente. Ovviamente, la nostra altezza era un fattore importante. Troppo grandi, troppo terribilmente tentacolari, semplicemente non ci adatteremo all’Europa. Di conseguenza, bisognava ridurre il territorio, la popolazione, l’economia, l’esercito, le ambizioni alle proporzioni di qualsiasi paese dell’Europa centrale, e poi saremmo stati annoverati tra i suoi. Siamo diminuiti. Allora credemmo in Hayek con la stessa fermezza con cui una volta avevamo creduto in Marx. Il nostro potenziale demografico, industriale e militare è stato dimezzato. Ci siamo separati dalle repubbliche dell’Unione e abbiamo cominciato a separarci dalle repubbliche autonome… Ma anche quella Russia, sminuita e umiliata, 

Alla fine abbiamo deciso di porre fine allo sminuimento, all’umiliazione e, ancor di più, a far valere i nostri diritti. Gli eventi del 2014 sono poi diventati inevitabili. 

***

Nonostante le somiglianze superficiali tra i modelli culturali russo ed europeo, non funzionano con lo stesso software, le stesse interfacce. Non è dato loro di formare un sistema comune. Ora che questo presentimento è diventato un fatto indiscutibile, sentiamo emergere suggerimenti: perché non girare nella direzione opposta? Verso l’Asia, verso l’Oriente? 

Non è necessario, per un motivo molto semplice: la Russia c’è già stata. 

Il protoimpero di Mosca è nato da una complessa collaborazione politico-militare con l’Orda asiatica, un quadro che alcuni tendono a chiamare un “giogo”, altri un'”alleanza”. Giogo o alleanza, libero o patito, il vettore orientale di sviluppo è stato infatti scelto e sperimentato. 

Anche dopo il “grande arresto dell’Ugra”, lo Zara russo rimase fondamentalmente parte dell’Asia. Si associava volentieri alle terre orientali. Rivendicò l’eredità di Bisanzio, questa Roma dell’Asia. Si trovò sotto la schiacciante influenza di illustri famiglie dell’Orda.

La “grande fermata dell’Urgea” è un evento del 1480 che segna classicamente la fine della dominazione tartara sulla Russia (1236-1480).

L’apice dell’asiatismo moscovita fu la nomina del Khan di Qasim, Simeon Bekbulatovič, a Gran Principe di tutte le Russie. Gli storici, abituati a considerare Ivan il Terribile come una sorta di “oberiut” al berretto di Monomakh, attribuiscono le sue “deviazioni” esclusivamente alla sua natura leggera, ma la realtà era più seria. Dopo il Terribile, si formò un solido partito di corte che fece una campagna affinché Simeon Bekbulatovič diventasse zar. Boris Godunov dovette esigere che al momento di prestargli giuramento i boiardi rinunciassero a pretendere di portare sul trono Simeone Bekbulatovič ei suoi discendenti. In altre parole, il governo era sul punto di finire sotto il controllo di una dinastia di chinggiskhanidi evangelizzati e di sancire il paradigma “orientale” dello sviluppo.

Simeon Bekbulatovič, gran principe di tutte le Russie nel 1575-1576, è di origine tartara. 

“Oberiut” è il nome dei membri della OBERIU (Ob”edinenie Real’nogo Iskusstva / Association for Real Art), un gruppo letterario degli anni ’20 e ’30, con manifestazioni spesso burlesche e provocatorie. Per quanto riguarda il berretto Monomakh, è la corona tradizionale dei gran principi e zar di Russia.

I boiardi sono una classe aristocratica di alcuni paesi ortodossi dell’Europa orientale, inclusa la Russia.

Tuttavia, né i Bekbulatovič né i Godunov (discendenti di una nobile famiglia tartara) avrebbero avuto un futuro. Era giunto il momento dell’invasione polacco-cosacca, che portò a Mosca nuovi zar dall’Occidente. Per quanto brevi siano i regni del falso Dmitrij – molto prima che Pietro irritasse i boiardi con i suoi modi europei – e del principe polacco Vladislav, questi regni sono altamente simbolici. Alla loro luce, il periodo dei Troubles non appare più come una crisi dinastica, ma come una crisi di civiltà. La Russia si staccò dall’Asia per iniziare la sua traslazione verso l’Europa. 

***

Così, la Russia ha viaggiato per quattro secoli verso l’Oriente e per altri quattro secoli verso l’Occidente, senza mettere radici né qui né là. Ha percorso entrambe le strade. D’ora in poi si darà teorie della terza via, del terzo tipo di civiltà, del terzo mondo, della terza Roma…

Eppure, probabilmente non siamo una terza civiltà. Più probabilmente, una civiltà doppia e ambivalente. Affermata in Oriente e in Occidente, sia europea che asiatica, senza essere completamente asiatica o interamente europea. 

La nostra appartenenza culturale e geopolitica richiama l’identità vagabonda di una persona da un matrimonio misto. Ovunque è “della famiglia”, senza essere “la famiglia” da nessuna parte. A casa tra estranei; un estraneo tra i suoi. Capace di capire tutti ma incompreso da tutti. Mezzosangue, mezzosangue, strano. 

La Russia è davvero questo paese bastardo, occidentale-orientale. Con la sua forma statale a due teste, la sua mentalità ibrida, il suo territorio intercontinentale, la sua storia bipolare, è, come tutti i sangue misto, carismatica, talentuosa, bella e solitaria. 

***

Le parole più straordinarie di Alessandro III, “La Russia ha solo due alleati: esercito e flotta”, sono forse la metafora più chiara della solitudine geopolitica che è giunto il momento che la Russia abbracci come proprio destino. Possiamo naturalmente ampliare a piacimento l’elenco dei suoi alleati: i nostri lavoratori e i nostri insegnanti, petrolio e gas, la classe creativa e i robot patriottici, il “General Frost” e l’archistratega Mikhail… Il retroscena rimane lo stesso: siamo noi stessi alleati.

“General Frost” è uno dei nomi dati all’inverno, alleato dei russi contro gli invasori. “L’archistratega” è una delle epiclesi dell’Arcangelo Michele nel cristianesimo ortodosso.

Di cosa sarà fatta questa solitudine futura? Sarà la vita vegetativa di un contadino solitario in mezzo al nulla? O è la felice solitudine del leader, di una nazione alfa che va avanti, davanti alla quale “gli altri popoli e nazioni si staccano e cedono il passo”? Dipende da noi.

Citazione da Dead Souls di Nikolaj Gogol (conclusione del capitolo XI del volume I).

La solitudine non significa isolamento totale, ma nemmeno l’apertura infinita è un’opzione: ognuna di queste opzioni equivarrebbe a riprodurre gli errori del passato. Tuttavia, il futuro conoscerà i propri errori; quelli del passato non gli servono.

La Russia, senza dubbio, scambierà, attirerà investimenti, scambierà conoscenze, combatterà (perché la guerra è anche un modo di comunicare), parteciperà a progetti comuni, integrerà organizzazioni, competerà e collaborerà, creerà paura e odio, curiosità, simpatia, ammirazione . Solo, lo farà senza falsi obiettivi e senza disprezzo di sé.

Sarà difficile; Più di una volta torneremo su questo grande classico della poesia nazionale: “Tutto intorno, rovi, rovi, rovi… accidenti, quando verranno le stelle? “.

Testi tratti dalla canzone “Nevaljaška” del rapper russo Oxxxymiron (2013), che ha recentemente cancellato una serie di concerti a Mosca e San Pietroburgo per protestare contro la guerra in Ucraina.

Sarà qualcosa da vedere… E ci saranno le stelle.

Guillaume Lancereau_

“Che il mondo muoia con la Russia. » Oggi, la « solitudine del mezzosangue » attraversa una guerra totale e una corsa a capofitto. Otto anni prima dell’invasione dell’Ucraina, Vladislav Surkov, l’ideologo del Putinismo, aveva teorizzato l’isolamento della Russia.

Vladislav Surkov, la cui fama in Occidente sembra ristretta ai circoli di specialisti della Russia contemporanea, è una delle figure centrali dell’entourage di Vladimir Putin. Le sue funzioni di braccio destro del Presidente della Federazione fino all’estate del 2020 gli sono valse il titolo di “eminenza grigia del Cremlino” ( seryj kardinal Kremlja ). Le sue capacità diplomatiche sono state messe alla prova in Ucraina, dove la sua influenza con Viktor Janukovič nel 2014 è stata particolarmente notata. Accusato dai suoi critici di essere uno dei principali responsabili della monopolizzazione del potere politico da parte del partito al governo “Russia Unita” ( Edinaja Rossija) e lo sradicamento dei media e dell’opposizione politica, è stato soprattutto, negli ultimi vent’anni, il principale ideologo del Cremlino.

L’articolo tradotto di seguito è uno dei suoi maggiori interventi teorici. Pubblicato sulla rivista di esperti geopolitici Russia in World Politics ( Rossija v global’noj politike), questo intervento del 2018 si colloca esattamente a metà strada tra gli eventi ucraini del 2014 e la guerra in corso. La posizione espressa da Vladislav Surkov può essere riassunta in questi termini: se la storia della Russia è indissolubilmente legata a quella dell’Oriente così come dell’Occidente, questo Paese-continente resta un’entità a sé stante. La rottura del 2014, registrata dalla questione ucraina e dalle sanzioni dell’Occidente, appare lì come un atto di divorzio, condannando ormai la Russia all’isolamento geopolitico. Quest’ultimo non avrebbe più nulla da aspettarsi dall’Occidente e dovrebbe abbracciare pienamente il suo destino di solitario “sangue misto”.

Questo articolo dalla prosa originale e levigata, lontano dai luoghi comuni patriottici che il più delle volte cadono dalla penna degli ideologi attivi sulla stampa “mainstream” russa, è stato ampiamente commentato – in Russia e altrove – alla sua pubblicazione e variamente accolto. Alcuni lo hanno visto non tanto come un gesto di previsione geopolitica quanto un tentativo di giustificare gli errori accumulati dal governo russo dal 2014. Altri sono stati felici di vedere finalmente i capi pensanti del Cremlino fare di necessità virtù e riconoscere i veri destini di questo hapax storico e geopolitico che sarebbe la Russia. Tuttavia, molti commentatori non potevano non sottolineare la mancanza di credibilità del divorzio tra Russia ed Europa profetizzato dall’autore.

Le opinioni sviluppate da Vladislav Surkov non sono solo immediatamente rilevanti. L’autore fissa il suo soggetto a lungo termine, evocando eventi sparsi tra il XVI e il XX secolo . Nulla di sorprendente in questo, Surkov si era già distinto per la sua teoria dei “quattro modelli di Stato” in Russia  : lo Stato di Ivan III dal XV al XVII secolo lo Stato di Pietro il Grande dal 18° al 19° secolo lo stato di Lenin nel 20° secolo e lo stato di Putin nel 21° secolo – destinato secondo l’autore a durare quanto lo “Stato galliano” in Francia del 5° secoloRepubblica, lo “Stato di Atatürk” nella Turchia contemporanea o lo “Stato dei Padri Fondatori” negli Stati Uniti. 

Nonostante i suoi insistenti riferimenti all’antica Russia, l’articolo di Vladislav Surkov in realtà ci avvicina a noi, al 19° secolo . Fu allora che il movimento di occidentalizzazione – avviato da Pietro il Grande nel secolo precedente – e l’idea di un Sonderweg russo ( osobennyj puy’ Rossii ), iniziarono a prendere un posto preponderante nel dibattito politico e culturale. Nicola I ( 1825-1855 ) inaugurò quindi il discorso di Stato sull’identità nazionale russa ( narodnost’ ) associandolo all’idea di una “Santa Russia” ( Svjataja Rus’), scelto da Dio. Parallelamente, gli anni 1830-1840 videro una nuova generazione di intellettuali competere intorno alla modernizzazione del Paese e ai rapporti da mantenere con l’Occidente. Mentre gli “occidentali” ( zapadniki ) propugnavano un riavvicinamento, una collaborazione, un’emulazione con l’Europa, gli “slavofili” ( slavjanofily ) dotarono la Russia di una distinta funzione futura e storica, in nome di una contraddizione insolubile tra i presunti valori russi e quelli presumibilmente specifici dell’Occidente (materialismo contro spiritualismo, individualismo contro collettivismo, ragione controfede, sentimento o forza vitale). La dialettica del ritardo e dell’avanzata tra i due spazi e la tensione tra autonomizzazione e integrazione internazionale permeavano ancora gli scontri dei socialisti russi alla fine dell’Ottocento .secolo. Il divorzio annunciato da Vladislav Surkov ci riporta a questi dibattiti obsoleti, che hanno sempre peccato di due riflessi di pensiero: determinismo ed essenzialismo. Determinismo: nella visione disperata della storia che ci viene data qui, sono proprio i morti a governare i vivi, “il sangue”, versato o bollente, che controlla i destini del presente. Essenzialismo: la “Russia” in questione si pone in definitiva come un’entità astratta, fungendo da iconostasi tra i russi e il loro futuro. In entrambi i casi, questo discorso rivela nientemeno che un’ontologia del sociale: secondo i suoi postulati, non esisterebbero i “russi”, animati da culture, ambizioni, immaginari plurali, ma una massa passiva, presa nelle insidie ​​del suo passato e schiavo di un’entità sovrastante, la “Russia”. Sempre recitando, mai attori, i loro destini rimarrebbero così nelle mani degli zar che, da soli, parlano la voce della Madre Russia, della Santa Russia, anche della Russia atomica, quella di cui ha detto il conduttore del canale governativo Dmitrij Kiselëv , questa domenica 27 febbraio, esaltando la forza di distruzione nucleare del Paese: “Che importa per noi il mondo se la Russia non esiste più? – o, in altre parole: “Che il mondo muoia con la Russia”. Il futuro giudicherà questa ontologia come un’emanazione servile e pigra dell’autocrazia al potere, e dirà se gli stessi russi si riconosceranno in questa irrealizzabile “solitudine”. quella di cui ha detto, questa domenica 27 febbraio, il presentatore del canale governativo Dmitrij Kiselëv, esaltando la forza di distruzione nucleare del Paese: “Che importa per noi il mondo se la Russia non esiste più? – o, in altre parole: “Che il mondo muoia con la Russia”. Il futuro giudicherà questa ontologia come un’emanazione servile e pigra dell’autocrazia al potere, e dirà se gli stessi russi si riconosceranno in questa irrealizzabile “solitudine”. quella di cui ha detto, questa domenica 27 febbraio, il presentatore del canale governativo Dmitrij Kiselëv, esaltando la forza di distruzione nucleare del Paese: “Che importa per noi il mondo se la Russia non esiste più? – o, in altre parole: “Che il mondo muoia con la Russia”. Il futuro giudicherà questa ontologia come un’emanazione servile e pigra dell’autocrazia al potere, e dirà se gli stessi russi si riconosceranno in questa irrealizzabile “solitudine”.

https://legrandcontinent.eu/fr/2022/03/04/cent-ans-de-solitude-geopolitique/?mc_cid=898be470ca&mc_eid=4c8205a2e9

Due posizioni dei centri decisori e una analisi di esperti americani_a cura di Giuseppe Germinario

Pubblichiamo questo scritto per presentare quattro importanti documenti che rivelano l’esistenza negli Stati Uniti di un dibattito aperto ed esplicito sulle diverse opzioni e strategie, di fatto in netto contrasto tra di esse, che dovrebbero informare la politica estera americana, specie nei confronti dei due principali competitori geopolitici: la Russia e la Cina. A differenza di quanto avviene in Europa, colpisce la trasparenza del dibattito in corso, alimentato dalla presenza di una vasta opinione pubblica e di un radicato movimento politico a sostegno di ciascuna delle tesi. Tesi che, comunque, non ostante la presenza di componenti iperoltranziste, le quali nel peggiore dei casi , comunque, come rivelato dai due articoli di Defense One, propugnano un atteggiamento più “attivo” certamente, ma che tengano in considerazione ed accettino, almeno momentaneamente, le posizioni acquisite da Putin sul terreno. Niente del genere in Europa, con una classe dirigente comunitaria e degli stati nazionali pressoché del tutto allineata alle posizioni più oltranziste e cieche.  Segno che le loro ragioni di esistenza e sopravvivenza dipendono soprattutto dai loro legami di dipendenza e dall’assenza congenita di una qualsiasi organica capacità autonoma di movimento. 

Il primo documento, pubblicato qui sotto, è importante certamente per la radicalità del suo contenuto, ma soprattutto per la qualità dei sottoscrittori. Tutti direttamente implicati delle dinamiche politiche e geopolitiche in Europa; espressioni di settori e centri decisori potentissimi, di apparati la cui inerzia è in grado di forzare pesantemente le linee di condotta della gestione dell’amministrazione centrale americana. La vicenda della possibile cessione dei Mig29 polacchi all’Ucraina, per interposizione della NATO, è particolarmente illuminante. Non è solo il segnale di una cautela dei polacchi rispetto all’avventurismo statunitense; è il segno della capacità di azione di questi centri nell’orchestrare provocazioni e determinare le linee di condotta. E’ chiaro che il contrasto proviene da interessi anche personali ben radicati, ma anche da due punti di vista ben radicati nell’amministrazione americana; una ritiene la condotta russa fondata su un bluff, le cui carte andrebbero scoperte; l’altra la ritiene una condotta irreversibile da affrontare diplomaticamente senza rischiare ulteriormente un disastroso confronto militare generalizzato. Molto dipenderà dalla saldezza e dalla coerenza della leadership russa e dalla solidità del sodalizio sino-russo; altrettanto dipenderà dal sorgere quantomeno di un movimento di opinione europeo contrario a questo oltranzismo da avanspettacolo offerto dalle classi dirigenti europee. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Lettera aperta per la No-Fly Zone limitata.

Esprime una posizione interna alla dirigenza americana secondo la quale i russi stanno bluffando e non sono disposti ad arrivare sino ad un conflitto diretto con la NATO. Bisogna, quindi, andare a vedere il loro bluff e provocarli con una “no-fly zone”. I russi cederanno

Noi sottoscritti esortiamo l’amministrazione Biden, insieme agli alleati della NATO, a imporre una No-Fly Zone limitata sull’Ucraina a partire dalla protezione per gli aiuti umanitari corridoi concordati nei colloqui tra funzionari russi e ucraini giovedi. I leader della NATO dovrebbero comunicare ai funzionari russi che non cercano direttamente il confronto con le forze russe, ma devono anche chiarire che non tollereranno gli attacchi russi su aree civili.
La decisione di Vladimir Putin di invadere l’Ucraina ha causato enormi devastazioni e perdite di vita per gli ucraini. La sua guerra di aggressione premeditata, non provocata e ingiustificata ha creato la più grande crisi nel continente europeo dalla fine della seconda guerra mondiale.
Nonostante gli sforzi davvero eroici dei soldati ucraini e dei cittadini medi per resistere al
saccheggio delle forze russe, l’esercito di Putin è pronto per ulteriori attacchi alle principali città, compresa la capitale Kiev. Mirare a edifici residenziali, ospedali e governo complessi, così come le centrali nucleari, le forze russe saranno responsabili di un bilancio delle vittime ancora più alto.
La comunità internazionale ha risposto rapidamente attraverso una serie senza precedenti di sanzioni e un aumento significativo dell’assistenza militare letale per aiutare l’Ucraina a difendersi. Ma è necessario fare di più per prevenire vittime e potenziali vittime su larga scala e un bagno di sangue.
Il presidente Biden e il segretario generale della NATO Stoltenberg hanno affermato che né gli Stati Uniti né la NATO ingaggeranno le forze russe sul terreno in Ucraina. Cosa noi
cerchiamo è il dispiegamento di aerei americani e della NATO non in cerca di confronto
con la Russia ma per scongiurare e scoraggiare i bombardamenti russi che si tradurrebbero in massicce perdite di vite ucraine. Questo si aggiunge alla richiesta dei leader ucraini per A-10 e MIG-29 per aiutare gli ucraini a difendersi, cosa che anche noi fortemente sosteniamo.
Già più di un milione di ucraini sono fuggiti dal loro paese per sfuggire alla brutalità scatenata da Putin. Le stime suggeriscono che quel numero potrebbe raggiungere i 5 milioni, più del 10 per cento della popolazione. Diverse migliaia di ucraini sono già morti
L’ultima aggressione di Putin, in aggiunta agli oltre 14.000 uccisi dopo la prima invasione di Putin dell’Ucraina a partire dal 2014. L’Ucraina sta affrontando un grave disastro umanitario; gli effetti si fanno sentire in tutto il continente europeo e oltre.
Il ritornello “mai più” è emerso sulla scia dell’Olocausto, e gli ucraini lo sono chiedendosi se tale impegno si applica a loro. È tempo per gli Stati Uniti e la NATO di intensificare il proprio aiuto agli ucraini prima che altri civili innocenti ne cadano vittime.
La follia omicida di Putin. Gli ucraini stanno difendendo coraggiosamente il loro paese e
loro libertà, ma hanno bisogno di più aiuto da parte della comunità internazionale. Stati Uniti- La NATO devono imporre la No-Fly Zone per proteggere i corridoi umanitari e militari aggiuntivi i mezzi per l’autodifesa ucraina sono disperatamente necessari e necessari ora.
(Nota: le affiliazioni sono solo a scopo identificativo; gli individui firmano per loro responsabilità personale.)

1. Anders Aslund, Senior Fellow, Stockholm Free World Forum
2. Stephen Blank, Senior Fellow/Foreign Policy Research Institute
3. Gen. (Ret.) Philip Breedlove, Former Supreme Allied Commander Europe
4. Paula Dobriansky, Former Under Secretary of State for Global Affairs
5. Eric S. Edelman, Former Under Secretary of Defense
6. Evelyn Farkas, Former Deputy Assistant Secretary of Defense for Russia,
Ukraine, Eurasia
7. Daniel Fried, Former Assistant Secretary of State and U.S. Ambassador to
Poland
8. Andrew J. Futey, President, Ukrainian Congress Committee of America
9. Melinda Haring, Deputy Director, Atlantic Council Eurasia Center
10. John Herbst, Former U.S. Ambassador to Ukraine
11. LtG (Ret.) Ben Hodges, Former Commanding General, United States Army
Europe
12. Glen Howard, President, Jamestown Foundation
13. Donald Jensen, Johns Hopkins University
14. Ian Kelly, Former U.S. Ambassador to Georgia and OSCE
15. John Kornblum, Former Assistant Secretary of State and U.S. Ambassador to
Germany
16. Shelby Magid, Associate Director, Atlantic Council Eurasia Center
17. Robert McConnell, Co-Founder, U.S.-Ukraine Foundation
18. Claire Sechler Merkel, Senior Director, McCain Institute for International
Leadership
19. David A. Merkel, Former Deputy Assistant Secretary of State and
Director, National Security Council
20.Barry Pavel, Senior Vice President and Director, Atlantic Council Scowcroft
Center for Strategy and Security
21. Herman Pirchner, President, American Foreign Policy Council
22. Michael Sawkiw, Jr., Director, Ukrainian National Information Service
23. Leah Scheunemann, Deputy Director, Atlantic Council Transatlantic Security
Initiative
24. Benjamin L. Schmitt, Former European Energy Security Advisor, U.S.
Department of State
25. William Taylor, Former U.S. Ambassador to Ukraine
26. Alexander Vershbow, Former U.S. Ambassador to Russia and NATO
4. Ian Brzezinski, Former Deputy Assistant Secretary of Defense
5. Orest Deychakiwsky, Former Policy Adviser, U.S. Helsinki Commission
6. Larry Diamond, Senior Fellow, Hoover Institution and Freeman Spogli
Institute for International Studies, Stanford University

27. Kurt Volker, Former U.S. Ambassador to NATO and Special Representative for
Ukraine Negotiations

https://www.politico.com/f/?id=0000017f-6668-ddc5-a17f-f66d48630000&nname=playbook&nid=0000014f-1646-d88f-a1cf-5f46b7bd0000&nrid=0000015d-a357-df20-adff-b3ff37130000&nlid=630318&fbclid=IwAR1lVN3VlvDwG5uDkvkRizkO_Aao0Kvuh2CzegNZCJ3VpiuuaicCJLTPLmg

Qui sotto invece un dibattito tra quattro importanti accademici, analisti e personaggi politici che manifestano tutt’altre posizioni, ben presenti, sia pure in posizione minoritaria, nei centri decisori americani e ben recepiti da una parte sempre più larga di opinione pubblica ed di elettorato. Per chi non avesse particolare dimestichezza con l’inglese è possibile digitare il comando dei sottotitoli. La posizione analizza lo sviluppo della crisi, ne attribuisce la responsabilità agli Stati Uniti e argomenta perché i russi andranno sino in fondo nella difesa di questo interesse per loro vitale.

GUARDA: Mearsheimer e McGovern sull’Ucraina

Il Prof. John Mearsheimer e l’ex specialista della CIA Russia Ray McGovern discutono del conflitto ucraino e della politica degli Stati Uniti nei confronti di Mosca, presentati dal Comitato per la Repubblica a Washington.

 

Qui sotto ancora due articoli della rivista Defense One, prossima agli ambienti militari che traccia le possibili modalità di intervento diretto in Ucraina delle forze della NATO. Questa è un’ulteriore linea interna alla dirigenza americana che non vuole correre il rischio di un confronto diretto della NATO con la Russia; vuole, però, interporre una forza ONU a guida Usa nel conflitto per ottenere il massimo e concedere il minimo nella trattativa tra Russia ed Ucraina.

Metti gli stivali americani in Ucraina per difendere una zona di sicurezza approvata dalle Nazioni Unite

Ha funzionato in Siria.

Il discorso del presidente Biden sullo stato dell’Unione, che ha chiesto al resto del mondo di uscire più forte della Russia dalla crisi ucraina, coglie bene una vera strategia americana. L’esito della crisi rimane sconosciuto, ma l’ordine di sicurezza collettiva internazionale basato su regole, sotto la guida americana, ha finora risposto abbastanza bene. Eppure, lo straordinario isolamento economico e diplomatico di Mosca, e il rafforzamentodelle difese orientali della NATO, non può garantire che la Russia alla fine non invaderà l’Ucraina e creerà, con milioni di rifugiati ucraini, un’enorme crisi finanziaria per gli Stati Uniti e gli stati europei. Quasi sicuramente gli ucraini organizzeranno un’insurrezione, ma mentre ciò farà aumentare i costi di Mosca, è improbabile che costringa la Russia a ritirarsi presto.

Così anche una Russia indebolita dall’azione internazionale e dall’insurrezione potrebbe ancora essere la vincitrice, se l’ordine internazionale emergesse da questa crisi ancora più debole geograficamente, economicamente e psicologicamente. Il compito uno per quell’ordine internazionale è quindi garantire che ciò non accada, e ciò richiederà più azioni con maggiori rischi e costi. Una di queste azioni che è stata sollevata , anche dal presidente Zelenskyy, è una no-fly zone sul territorio ucraino. Questo è stato rapidamente abbattuto per molte buone ragioni . Ma il germe dell’idea ha merito, se affrontato diversamente. Qui il conflitto in Siria può essere istruttivo, in particolare, l’efficacia delle zone di sicurezza, per ridurre il conflitto, consentire l’assistenza umanitaria e, infine, produrre cessate il fuoco.

Una zona sicura umanitaria

Il governo ucraino dovrebbe essere incoraggiato a fare appello al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite affinché approvi una risoluzione ai sensi del capitolo VI , che istituisca una zona di sicurezza umanitaria con un regime di cessate il fuoco nei territori ucraini confinanti con i suoi vicini occidentali. (Una risoluzione ai sensi del Capitolo VII , che consentirebbe l’applicazione legale con le truppe sotto il controllo delle Nazioni Unite, sarebbe migliore ma senza dubbio impossibile.) Un modello di questo tipo di dispiegamento di peacekeeper alle frontiere è la risoluzione 1701 , che pose fine all’incursione israeliana in Libano nel 2006.

Ci si può aspettare che la Russia ponga il veto a tale risoluzione nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, sulla quale l’amministrazione e gli alleati dovrebbero tentare il suo passaggio all’Assemblea Generale, come si è visto con la Risoluzione Uniting for Peace , che autorizzò l’intervento del 1950 in Corea. La scorsa settimana, una risoluzione simile dell’Assemblea Generale che condanna la Russia in Ucraina ha ottenuto la stragrande maggioranza .

Tale zona consentirebbe al governo ucraino e alle organizzazioni non governative, in collaborazione con la comunità internazionale, di allestire campi per gli sfollati interni in fuga dai combattimenti senza lasciare l’Ucraina, riducendo drasticamente i costi di sostegno e reinsediamento dei rifugiati nei paesi terzi. La posizione e la profondità della Zona dipenderebbero dalla posizione delle forze russe al momento della sua istituzione, nonché da vari fattori economici, etnici, di trasporto e geografici e dalla posizione dei paesi vicini alla Zona. Ma dovrebbe includere almeno la città strategica di Leopoli.

Il governo ucraino dovrebbe rinunciare alle operazioni militari lanciate dalla zona, ma in caso contrario la sovranità ucraina e le normali operazioni del governo continuerebbero nella zona. Una zona consentirebbe al governo ucraino in extremis di trasferirsi verso ovest sul proprio territorio piuttosto che fuggire all’estero. Ciò è fondamentale per qualsiasi tipo di “vincere” di compromesso per l’Ucraina poiché eviterebbe, se in esilio, di competere con un regime fantoccio di Mosca con una presenza nel paese. E per essere chiari, l’obiettivo finale non è una groppa di Ucraina, ma il ritorno del legittimo controllo del governo ucraino su tutto il paese.

Un ruolo militare statunitense

Quali paesi risponderanno all’appello dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di inviare truppe per monitorare i confini della Zona e difenderla in caso di attacco? (Date le paure russe, la NATO come istituzione deve starne fuori.) La nostra esperienza con i conflitti passati indica che i governi schiereranno forze solo se lo stesso Consiglio di sicurezza avrà approvato una risoluzione (di nuovo, improbabile a causa del veto della Russia), o se il Gli Stati Uniti inviano le proprie truppe. Affinché questa idea abbia successo, quindi, il Presidente dovrebbe invertire, in misura limitata, la sua posizione ” no US boots-in-Ucraina “, ma per buone ragioni.

L’impegno sarebbe limitato e non sfiderebbe direttamente le forze russe. Per rassicurare i russi di nessun intento offensivo, le forze americane e altre forze esterne sarebbero limitate nel numero e nelle armi. Gli Stati Uniti potrebbero fornire monitoraggio aereo “oltre l’orizzonte” e rinforzi a terra per scoraggiare o rispondere agli attacchi contro queste forze. Nessun conflitto sarebbe iniziato se non con una decisione russa di attaccare le forze invitate in Ucraina dal suo governo legale e con un mandato dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e una missione umanitaria.

L’esperienza siriana

In Siria, la Russia non ha agito contro le zone di sicurezza nel nord o nel sud-est contenenti truppe turche o statunitensi, anche se poche, con un’eccezione , contro le forze turche nel 2020. I russi hanno spesso minacciato ritorsioni contro le truppe statunitensi e turche e i loro siriani partner (e occasionalmente attacchi aerei israeliani) ma con quell’unica eccezione non ha intrapreso azioni letali.

Uno dei motivi per cui la zona di sicurezza ha funzionato in Siria è che ciascuna parte conosceva le linee rosse degli altri e non aveva alcun bisogno impellente di attraversarle. La Russia aveva ottenuto una vittoria disordinata e limitata in Siria sostenendo un governo amico e preservando le sue basi militari. Scacciare definitivamente gli americani, i turchi e gli israeliani, lì per le loro pressanti ragioni di sicurezza e umanitarie, sarebbe stato gradito ma non avrebbe generato un beneficio aggiuntivo sufficiente per bilanciare i rischi significativi. Supponendo che la zona di sicurezza ucraina sia relativamente piccola, potrebbe applicarsi una dinamica simile. Nessuna offensiva militare potrebbe o vorrebbe essere lanciata da esso, quindi non crea alcun motivo convincente per la Russia per rischiare di iniziare un conflitto con gli Stati Uniti.

A dire il vero, una zona di sicurezza non porrà fine alla guerra con una vittoria. Piuttosto, dovrebbe essere visto come una di una serie di mosse per negare il successo della Russia, insieme a sanzioni, disaccoppiamento economico e invio di armi all’Ucraina. Apre la porta a un compromesso diplomatico. L’amministrazione Biden ha segnalato la sua apertura a tale risultato nella sua lettera di gennaio alla Russia e dovrebbe dare seguito anche mentre i combattimenti continuano.

Ovviamente, l’approccio della zona di sicurezza comporta rischi, sia per le truppe coinvolte che per l’escalation russo-americana, in particolare perché il conflitto ucraino è esistenziale per la Russia in un modo in cui non lo era la Siria. Ma il mondo, e gli Stati Uniti, si trovano già in una situazione molto rischiosa. Inoltre, il successo americano nella creazione di una coalizione globale si basa sul presupposto che tutti condivideranno il sacrificio e i rischi. Ciò include non solo quegli stati spinti a vendere più petrolio con meno profitti, o accettare ondate di rifugiati, o nel caso della Germania, rinunciare a Nordstream 2, ma anche gli Stati Uniti, che finora sono stati poco esposti a costi e rischi. In fondo, la lotta dell’Ucraina non riguarda la forza e le risorse, perché la coalizione che gli Stati Uniti hanno messo insieme è enormemente più forte e più ricca della Russia. Piuttosto, è tutta una questione di coraggio e volontà politica.

James Jeffrey è presidente del programma per il Medio Oriente presso il Wilson Center; un ex ambasciatore degli Stati Uniti in Turchia, Iraq e Albania; ed ex inviato speciale presso la coalizione globale per sconfiggere l’ISIS e capo missione in Siria.

https://www.defenseone.com/ideas/2022/03/put-us-boots-ukraine-defend-un-approved-security-zone/362978/

Istituire una zona di pace nell’Ucraina occidentale

L’invio di truppe straniere per difendere un territorio finora incontrastato è l’unico modo per preservare un’Ucraina libera e prevenire il prossimo attacco di Putin.

Nessuno sa fino a che punto Vladimir Putin della Russia spingerà il suo brutale attacco all’Ucraina. I commentatori occidentali inizialmente presumevano che Putin avrebbe consentito l’esistenza di uno stato ucraino, meno il Donbas, sotto un governo fantoccio una volta conquistate Kiev, Kharkiv e Mariupol; Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy è stato giustiziato; e istituito un ampio corridoio costiero tra la Crimea e la regione del Donbas. Ma dopo una telefonata del 3 marzo con Putin, il presidente francese Emmanuel Macron ha avvertito che “il peggio deve ancora venire” e che l’ obiettivo di Putin è prendere tutta l’Ucraina e cancellare la nazione. Pochi giorni dopo, Putin ha  minacciato di porre fine allo stato ucraino a meno che la resistenza non si fermasse.

Finora, la risposta principale del mondo sono state le sanzioni. È uno sforzo significativo e ha dimostrato l’unità degli Stati democratici. Tuttavia, le sanzioni funzionano solo contro i governi che sono effettivamente preoccupati per il benessere economico a lungo termine della loro gente. È del tutto evidente che Putin sacrificherà tale benessere per obiettivi immediati e il prestigio della potenza militare. Gli sforzi per fornire all’Ucraina armi aggiuntive sono tatticamente importanti, ma le forze ucraine sono semplicemente troppo piccole per sostenere una guerra convenzionale contro la Russia.

Se deve esserci un futuro per la nazione ucraina, l’Occidente deve agire immediatamente per stabilire una zona di mantenimento della pace e di soccorso umanitario nell’Ucraina occidentale non occupata. Questa “Zona di pace” sarebbe mantenuta da truppe completamente armate, della NATO, delle ” Forze di difesa dell’Unione europea ” dell’UE o, sebbene sia un’aspirazione difficile, una coalizione di stati non europei apparentemente sotto l’autorità dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite . La zona avrebbe lo scopo sia di proteggere i civili che di preservare una parvenza di indipendenza per il popolo ucraino. Se richiesto dal presidente Zelenskyy, tale azione sarebbe pienamente conforme al diritto internazionale. Come ha ripetutamente affermato Zelenskyy—più recentemente sulla scia del bombardamento russo di una centrale nucleare — “solo un’azione urgente da parte dell’Europa può fermare le truppe russe”.

Invece di affrontare le forze russe nelle loro attuali operazioni, queste forze di pace, completamente attrezzate per il combattimento, potrebbero stabilire posizioni difensive in quelle aree dell’Ucraina che i soldati di Putin non hanno ancora raggiunto, comprese le oblast di Lviv, Volyn, Zakarpattia, Rivne, Ternopil, Khmeinytski , Ivano-Frankivsk, Chernivitsi, Zhytornyr, Vinnytsia e le sezioni settentrionale e costiera di Odessa non ancora contestate. Ovviamente, la città centrale sarebbe Leopoli, dove si sono già trasferite la maggior parte delle ambasciate e molti profughi e che The Economist ha già soprannominato “ il luogo del piano Bs.” L’obiettivo sarebbe quello di creare una barriera protettiva attorno a ciò che può essere salvato di un’Ucraina sovrana che sopravviverà all’evento quasi inevitabile della caduta di Kiev e delle regioni orientali. E, sì, includerebbe una no-fly zone, ma esclusivamente al di sopra dell’area protetta.

Una volta stabilite in posizione, queste forze di pace non intraprenderebbero alcuna azione offensiva contro le forze russe che operano nel resto dell’Ucraina, ma rimarrebbero completamente preparate a difendere se stesse e il territorio che proteggono. Questi non sarebbero i “peacekeeper” leggermente armati che si sono dimostrati ampiamente inefficaci nelle passate operazioni delle Nazioni Unite. Queste forze eviteranno di avviare ostilità, ma agiranno come un potente deterrente per altre ostilità. D’ora in poi sarà una scelta di Putin se vuole combattere l’Europa, e forse il mondo, una guerra che sa che la Russia non può vincere. È probabile che una guerra del genere lo rovescerebbe, l’esito che più teme.

Escalation per de-escalation

Ironia della sorte, ciò applicherebbe una logica strategica che è stata attribuita, forse in modo alquanto impreciso, all’attuale strategia militare russa: escalation per de-escalation o escalation del controllo. In questo caso, l’escalation è la presenza di truppe occidentali nell’Ucraina non conquistata. La riduzione dell’escalation è che costringerà Putin a limitare la sua azione a ciò che afferma di fare : “liberare” il Donbas e sostituire il regime ucraino, che senza un’azione occidentale diretta è impossibile da fermare. La presenza della forza di mantenimento della pace stabilirebbe una linea rossa deterrente e ferma che consentirebbe, anzi, attirerebbe Putin a dichiarare vittoria e indietreggiare. In breve, la minaccia di un’ulteriore guerra è ciò che reprimerebbe la guerra in corso, che è una definizione efficace di deterrenza.

Il concetto reale è derivato dall’interpretazione degli scritti russi sull’uso delle armi nucleari che implicavano che l’escalation dell’uso della forza, usando piccole armi nucleari tattiche contro una forza avversaria, potrebbe indurre l’avversario a rinunciare a qualsiasi ulteriore sforzo per portare un potere ancora maggiore ( una forza convenzionale più grande o persino armi nucleari strategiche) nel conflitto. L’escalation per deescalation è stata descritta come “l’escalation di un conflitto da un livello di conflitto a un livello di violenza che fa cessare le operazioni militari da parte dell’avversario [che] sarebbe solo un esempio di come la Russia potrebbe cercare di controllare l’escalation di un conflitto. ” Come si applica alle forze nucleari statunitensi, il concetto è stato respintonella testimonianza al Congresso della leadership militare congiunta degli Stati Uniti. Ma al di fuori della posizione nucleare, corrisponde bene agli elementi della convenzionale “deterrenza per negazione”. Una forza forte, ben equipaggiata e ben addestrata (come i contingenti NATO) posta in posizioni protette ma in grado di manovrare è un deterrente che le risposte iterative non possono eguagliare.

Le prove di operazioni inette in Ucraina potrebbero non riflettere la vera competenza delle forze armate russe complessive. Ma suggerisce che spingere contro una forza di mantenimento della pace pronta al combattimento, alla fine sostenuta dalla NATO, non è una sfida che i comandanti militari russi vorrebbero affrontare.

Quali forze sono necessarie?

La fanteria leggera di tipo forza di reazione rapida formerebbe il bordo d’attacco o confine della Zona di Pace, con armature, artiglieria e forze armate combinate mantenute a distanza. Queste forze più pesanti non sarebbero una singola riserva centralizzata; sarebbero stabiliti in tutta la zona, ma in posizioni che non segnalano un’offensiva in avanti.

Preferibilmente la barriera di fanteria leggera non includerebbe truppe statunitensi (per evitare di entrare nella narrativa di Putin), ma sarebbe composta da nazioni europee della NATO e/o dell’UE, o altri membri volontari delle Nazioni Unite. Ci sono, infatti, un certo numero di nazioni che potrebbero essere disposte a fornire truppe se sovvenzionate e sostenute dall’Occidente. Le forze più pesanti sarebbero costruite attorno ad almeno tre divisioni dell’esercito americano o del corpo dei marines degli Stati Uniti (o equivalenti). Il messaggio chiaro: non intendiamo avanzare per creare una guerra generale, ma non ci ritireremo.

Le forze ucraine non farebbero parte della forza di mantenimento della pace/difensiva, ma sarebbero autorizzate a ritirarsi negli accampamenti all’interno della zona se accettassero di cessare le operazioni all’interno delle aree contese dell’Ucraina. Gli attacchi delle forze ucraine dalla Zona di Pace non sarebbero stati consentiti.

Il movimento delle forze della zona di pace avverrebbe principalmente con il trasporto via terra attraverso la Polonia, la Slovacchia, l’Ungheria o la Romania, e preferibilmente tutti questi. L’inserimento dell’elicottero è una possibilità, ma sarebbe meglio ridurre al minimo fino a quando la Zona di Pace non sarà inizialmente istituita e dichiarata. Se Odessa rimane non occupata, le forze potrebbero essere spostate su nave o moto d’acqua dalla Romania, dalla Bulgaria o dalla Turchia.

La potenza aerea di copertura sarebbe basata al di fuori dell’Ucraina, ma potrebbe essere presente sopra la Zona di Pace, se necessario, una volta stabilita la zona. Lo scopo è proteggere la zona, non recuperare ciò che è perduto. Predominano i caccia e gli aerei di supporto aereo ravvicinato; a meno che non ne seguisse una guerra generale, non ci sarebbe alcun ruolo per i bombardieri a lungo raggio.

Una tale posizione operativa sarebbe conforme all’esercito americano, all’aeronautica americana o alla dottrina congiunta? Affatto. Le operazioni di combattimento statunitensi si basano sul portare la battaglia al nemico nel territorio controllato dal nemico. Tuttavia, le circostanze uniche e tragiche della situazione richiedono un approccio creativo che trascenda la dottrina. L’obiettivo è preservare la sovranità ucraina in quelle aree non ancora sotto l’occupazione russa, al fine di fornire supporto umanitario al popolo ucraino e mantenere vivo un futuro indipendente per loro evitando una guerra generale con la Russia. Questo non è realizzabile attraverso semplici sanzioni. Né può essere raggiunto attraverso la guerra informatica.

Causerebbe una guerra nucleare?

L’ovvia paura che rende le nazioni occidentali diffidenti nei confronti di un intervento aperto in un conflitto ingiusto che potrebbe distruggere il presunto “ordine mondiale liberale” è la paura della guerra nucleare. La mia tesi è che questa possibilità può essere gestita limitando lo sforzo militare per preservare il territorio ancora sotto il controllo del governo ucraino. Per quanto terrificanti possano essere le prospettive di uno scambio nucleare, la deterrenza dovrebbe reggere, anche nella mente di Putin, se si evita il conflitto sul territorio russo o con le forze russe.

Le operazioni offensive che spingono i russi fuori del tutto dall’Ucraina sarebbero l’esito ideale per il conflitto, ma anche questo rispecchia la narrativa di Putin e potrebbe provocare una risposta incerta. Tali operazioni rimarrebbero di competenza delle forze militari (e civili) ucraine. La difesa dell’Ucraina non occupata è del tutto diversa.

Sostenere che una Zona di Pace istituita richiederebbe l’uso di armi nucleari russe significa sostenere che una guerra nucleare è inevitabile durante la vita di Vladimir Putin. Se questo è vero, allora il mondo non ha altra scelta che arrendersi alle sue crescenti richieste.

L’invasione dell’Ucraina non riguarda semplicemente il futuro dell’Ucraina. Riguarda il futuro globale in cui le invasioni dell’Ucraina diventano la norma. Forse è necessaria una piccola quantità di rischio riguardo a un esito nucleare. Ci siamo già stati durante la Guerra Fredda e la deterrenza ha prevalso. Putin è una creatura della Guerra Fredda.

Ha senso una difesa statica? Quale sarà il risultato?

I pianificatori operativi sosterranno che la difesa statica inerente a tale operazione nella Zona di Pace non ha un buon senso militare. E, dal punto di vista di un conflitto totale, hanno ragione. Tale linea d’azione limita la manovra operativa che è vista come la chiave della guerra moderna e forse l’attributo più desiderabile per qualsiasi forza militare. Consentirebbe una manovra tattica, ma rinuncerebbe al vantaggio dell’attacco multiasse e dell’inganno operativo.

Tuttavia, gli obiettivi, ancora una volta, non includono la distruzione delle forze nemiche, ma il mantenimento dell’attuale status quo in un territorio specifico. È per controllare il re del nemico, non per uccidere le sue pedine. I confronti con gli sforzi difensivi falliti nella storia possono essere inevitabili, ma ciò che va ricordato è che le difese forti falliscono solo quando il nemico ha forze sostanzialmente superiori, o quando le difese sono fiancheggiate; la linea Maginot è l’esempio classico. Le forze russe sono inferiori a una NATO combinata e non stanno dimostrando bene le loro capacità potenziali in Ucraina. Il potenziale per una svolta o un fiancheggiamento di una difesa ben preparata della Zona di Pace è relativamente modesto.

Quale effetto sulla narrazione?

Un’ulteriore preoccupazione sarebbe il potenziale effetto sulla “narrativa” riguardo a quale parte è l’aggressore. Putin potrebbe affermare che l’istituzione della forza di mantenimento della pace costituisce un “attacco” della NATO?

Il presidente russo a vita ha definito le sanzioni ” simili a un atto di guerra” e ha minacciato che la Russia sarà in guerra con qualsiasi nazione che fornisca o ospiti aerei ucraini. Indubbiamente, cercherà di schierare qualsiasi forza di mantenimento della pace come attacco.

Tuttavia, non è riuscito a cogliere la narrazione. Numerose nazioni hanno imposto sanzioni e fornito all’Ucraina sofisticate armi anticarro e antiaeree e Putin non è stato in grado di fermare queste azioni e non ha dichiarato loro guerra. Né è stato in grado di far girare queste azioni a sostegno delle sue argomentazioni. La chiave per i governi occidentali nel continuare a dominare la narrativa sarà usare il termine “peacekeeper” in ogni affermazione, forse come ogni seconda parola.

La messa in sicurezza immediata delle centrali nucleari ucraine di Rivne e Khmeinytski – un’azione che la forza di pace dovrebbe intraprendere in ogni caso – manterrebbe anche il predominio occidentale della narrativa date le preoccupazioni espresse in tutta Europa sugli attacchi russi alle centrali nucleari a est. Una chiara giustificazione per la forza di pace è prevenire un disastro di tipo Chernobyl causato dagli attacchi russi alle centrali nucleari.

Non ripetiamo la storia

La possibilità di istituire una Zona di Pace protetta è già in discussione in Europa. Il primo ministro portoghese Antonio Costa ha lasciato intendere che il suo governo era disposto a mettere in campo le sue (certamente piccole) forze in Ucraina. Questa discussione non è ancora penetrata nella consapevolezza degli americani e non vi è alcuna indicazione che l’amministrazione del presidente Biden stia prendendo in considerazione l’opzione. Ma dovrebbe essere discusso apertamente e ampiamente qui e considerato ora mentre può ancora essere implementato.

Alcuni esperti hanno sostenuto che gli obiettivi di Putin sono limitati. Cioè, come spesso si dice, speranza non strategia. Alcuni sostengono che non ci siano parallelismi storici poiché “il mondo è così diverso ora” a causa della tecnologia o della disponibilità di informazioni (soft power), ma questa potrebbe essere una citazione del 1939. Fonti russe affermano che Putin si considera il nuovo Stalin. Questo è stato a lungo suggerito . Tuttavia, i parallelismi con il 1939 sono ancora maggiori; Il Donbas è in gran parte i Sudeti di Putin, “l’ultima richiesta d’Europa” di Hitler. L’Ucraina è pronta a diventare la Cecoslovacchia di Putin: il resto del Paese che Hitler ha annesso mentre un mondo indifferente non ha reagito. Fortunatamente, questa volta il mondo ha reagito, ma non ha ancora reagito abbastanza.

Evitare gli errori del passato è più che una questione pratica; è anche una questione morale.

La protezione di ciò che resta dell’Ucraina è un obbligo morale. Salverebbe molte vite ucraine (e forse quelle dei coscritti russi). La decisione del popolo ucraino di muoversi verso il governo democratico e l’integrazione nella società europea è stata ispirata e incoraggiata dall’Europa occidentale e dagli Stati Uniti. Rinunciare ad agire al di là dell’imposizione di sanzioni economiche è un tradimento della fiducia e sarebbe una grave battuta d’arresto per la democrazia ovunque. Perché una nazione dovrebbe rivolgersi alla democrazia se il risultato sarà l’invasione, la morte e la sottomissione da parte di uno stato autoritario più potente?

La vera “ trappola di Tucidide ” non è il timore di nascere potenze rivali, ma di permettere che il futuro sistema internazionale venga definito dal principio che gli antichi ateniesi insegnarono con violenza ai Meliani: “i forti fanno quello che vogliono, i deboli soffrono quello che dovere.” Melos non è stato semplicemente catturato; i suoi uomini furono massacrati e le donne ridotte in schiavitù. Melos è stato ripopolato dai russi, correzioni, voglio dire, coloni ateniesi.

Questo è il futuro che Vladimir Putin (e Xi Jinping) vogliono realizzare . Soggiogare l’Ucraina sarebbe il passo più significativo per trasformare quel futuro in realtà. Per impedirlo, per preservare un mondo che lotta costantemente per la legge e la giustizia, è necessario preservare il territorio finora incontrastato dell’Ucraina istituendo e imponendo una Zona di Pace.

Sì, il risultato più probabile sarebbe un’Ucraina orientale (controllata dalla Russia) e un’Ucraina occidentale (indipendente e sovrana). Ma ciò conserverebbe la speranza che, come la Germania orientale e occidentale, l’Ucraina sarà di nuovo unita in un futuro al di là di Putin. Le sanzioni non lo faranno. Il cyber non lo farà. La guerra offensiva comporta grandi rischi. Una zona di pace forzata è l’opzione che vale la pena prendere.

Sam J. Tangredi è titolare della cattedra Leidos di Future Warfare Studies presso l’US Naval War College. È l’autore, più recentemente, di Anti-Access Warfare: Countering A2/AD Strategies. Le opinioni espresse sono completamente sue e non riflettono necessariamente le opinioni ufficiali dell’US Naval War College, del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti o di qualsiasi altra agenzia del governo degli Stati Uniti. 

https://www.defenseone.com/ideas/2022/03/establish-zone-peace-western-ukraine/362939/

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