K CONTRO K, di Antonio de Martini

K CONTRO K : UNA MINI POLEMICA CHIARIFICATRICE CHE MOSTRA L’IRRITAZIONE USA PER DUE COLPI DI KISSINGER ANDATI A SEGNO.

UN FORSE AMERICANO CON NOME FORSE RUSSO INTERVIENE INVITANDO A NON CREDERE A KISSINGER E ALLA SUA IDEA METTERNICHIANA DI NEGOZIATO BASATO SULLA REALTA,’ CONTRO LE OPZIONI POLITICHE DETTATE DA COMPUTER GESTITI DA STAGISTI

L’attacco frontale di Kissinger all’amministrazione Biden aveva due cariche esplosive: una di critica alla mancanza di idee dell’amministrazione democratica della crisi ucraina e l’altra diretta al Pentagono e alla sua mania di rivolgersi a società di consulenza che a loro volta si affidano al software dei computers per compiere scelte che richiedono esperienza e cultura politica, economica e geografica che manca ai giovanotti impiegati dalle varie fondazioni e Think tank, con la conseguenza che le scelte governative sono scelte senza memoria e senza cultura.

Per consentire al lettore di ricostruire i termini della questione, ecco qui sotto il link dei primi due tempi della divergenza tra la tesi di Kissinger e le critiche di un certo Anrew Kobriko, contributo di L’Italia e il mondo, blog cui contribuisco anch’io. Su questo terreno d’incontro misto, ci siamo scontrati.

http://italiaeilmondo.com/2022/12/20/non-e-possibile-che-kissinger-si-aspetti-che-qualcuno-prenda-sul-serio-la-sua-ultima-proposta-di-pace-di-andrew-korybko/

Ecco una delle solite conseguenze delle sanzioni: in Russia, é nata una concorrente della Coca Cola. Si chiama Cola e costa 82,3 rubli ( pari a un dollaro e diciannove cento ovvero un euro) nella confezione da un litro e mezzo.

Meno della quasi omonima bevanda americana qui in Italia.

Nella foto: due confezioni in offerta speciale in un supermercato moscovita.

Andrew Koribko, ha come tanti, troppi, russi, il complesso del «cornuto amareggiato »nei confronti del rapporto Ucraina-USA e – non potendo vendicarsi sul troppo robusto marito – si accanisce sulla ormai ex moglie cercando di portarle via i gioielli, i figli, i ritratti di famiglia.

Litiga anche con i parenti di lei ( noi europei) sottolineando il fatto che é alla Russia che dobbiamo la nostra prosperità basata sull’energia a ( relativamente) basso costo. Fa un ricatto economico, incapace di ricorrere alla mozione degli affetti che gli avrebbe procurato almeno un pò di comprensione.
Le accuse? Sono tutte vere, da entrambe le parti, ma tutto inutile. La realtà non cambia.

La Merkel ha dichiarato in una recente intervista che la sua politica, con gli accordi di Minsk ha fatto guadagnare tempo prezioso all’Ucraina  e agli USA che ne hanno approfittato per addestrare ed equipaggiare gli ucraini e realizzare una sorpresa in campo tattico ai danni dei russi.
Il ricorso dei russi all’utilizzo dello strumento militare, per dirla con Talleyrand, «  é stato peggio di un crimine: é stato un errore. »

Dal dopo Khrushev in poi, la Russia ha collezionato una serie impressionante di successi diplomatici, dall’ Asia all’ America Latina, e rovesci militari ovunque abbia cercato di usare lo strumento militare :  da Cuba, alla Cecoslovacchia, all’Afganistan, al patto di Varsavia, all’Ucraina.
D’altra parte, gli USA hanno caldamente sfruttato i punti deboli della mentalità russa per procurare loro la pessima fama di macellai, smerdare la classe militare impreparata e negligente, creare fratture in seno alla dirigenza del Cremlino e recuperare credibilità nei confronti degli alleati europei, anche se hanno dimostrato che gli USA sono pronti a tutto tranne che a intervenire in difesa degli amici, altro che con crediti e prestiti.

Per venire all’articolo su Kissinger, Kobriko ha commentato in maniera maldestra e inadeguata per «  analista di politica internazionale ».
La politica, la geopolitica se preferite,  si fa con quel che c’é  e concludere una tregua/ pace/ negoziato, usate i termini che preferite, restituirebbe a chi la promuove la capacità di iniziativa politica oggi carente e autolesionista.

Per non avere la NATO a 450 km da Mosca, adesso i russi hanno la NATO, con la Finlandia, a venticinque km da San Pietroburgo. Gli USA, invece, hanno “difeso” l’Ucraina dimostrando l’inutilità della NATO stessa: per inviare armi e fare prestiti basta una buona intendenza e magazzini non c’é bisogno di truppe che non si vogliono usare per paura di veder colpito il territorio statunitense.

Sono entrambi indifendibili. Entrambi stanno radunando i propri satelliti agitando spauracchi e aumentando le vendite di armi.

Entrambi sono stati disturbati dagli interventi del Papa, di Kissinger e – perché no- di Erdogan a gamba tesa che dimostrano la possibilità di una tregua e il desiderio di tutti di vivere in pace.

Che per gli americani ci sia stata premeditazione, é dimostrato dai due link sottostanti di studi della RAND Corporation datati gennaio e febbraio 2020 che illustrano una serie di opzioni identificate dai computer e commentate da ragazzini inesperti. E’ così che scoppiano le guerre, dalla mancanza di memoria e di cultura. E’ per questi commenti di Kissinger ricchi di memorie e di cronologie che si vogliono dimenticare che c’é stata la prima convergenza tra russi e americani a sbarazzarsi dei vecchietti con la memoria infallibile.

https://www.rand.org/pubs/perspectives/PE331.html

https://www.rand.org/pubs/perspectives/PE338.html

https://corrieredellacollera.com/2022/12/28/k-contro-k-una-mini-polemica-chiarificatrice-che-mostra-lirritazione-usa-per-due-colpi-di-kissinger-andati-a-segno/

I cinque modi in cui il 2022 ha completamente cambiato la grande strategia russa, di Andrew Korybko

Questo pezzo identificherà i cinque modi in cui lo scorso anno ha cambiato completamente la grande strategia russa, iniziando con l’operazione speciale e finendo con la Cina che ha sostituito il ruolo precedente di quel paese come quello che ora sta esplorando attivamente i parametri di una nuova distensione con l’Occidente. È certamente lungi dall’essere un elenco completo, ma ha lo scopo di individuare le principali variabili che hanno portato a ricalibrare l’approccio di questa Grande Potenza alla transizione sistemica globale, dopodiché verranno condivise ulteriori informazioni.

La grande strategia russa era stata fino a quel momento caratterizzata dal desiderio di Mosca di raggiungere una serie di compromessi reciproci con il Golden Billion (“Nuova distensione”) dell’Occidente guidato dagli Stati Uniti, volti a ridurre pragmaticamente le loro crescenti tensioni. Questo aveva lo scopo di trasformare quel paese nel ponte tra la metà orientale (Cina) e quella occidentale (UE) del supercontinente, con l’obiettivo di potenziare il suo sviluppo economico. È stato solo alla fine del 2021 che Mosca ha iniziato a riconsiderare questo calcolo strategico.

I responsabili politici iniziarono gradualmente a rendersi conto che l’Occidente non aveva alcun sincero desiderio di incoraggiare Kiev ad attuare gli Accordi di Minsk, che erano previsti come i primi della serie di compromessi reciproci con quel blocco de facto della Nuova Guerra Fredda . Il Cremlino ha poi condiviso le sue richieste di garanzie di sicurezza riguardanti l’espansione della NATO e le armi strategiche per valutare finalmente se rimanesse qualche speranza per sempre di raggiungere la Nuova Distensione che il presidente Putin ha investito negli ultimi due decenni nel tentativo di concludere.

Purtroppo i politici russi si sono resi conto che la loro grande strategia fino a quel momento era giunta a un vicolo cieco, se mai fosse stata realistica, cioè. Furono quindi costretti a mantenere l’attuale traiettoria che avrebbe inevitabilmente comportato la loro sottomissione strategica agli Stati Uniti mentre continuavano a “tagliare salame” gli interessi nazionali oggettivi del loro paese o cambiare decisamente il corso degli eventi nonostante quest’ultimo scenario corresse il rischio di una crisi senza precedenti destabilizzare gli affari globali.

Con le spalle al muro ma rimanendo fedele alla sua visione patriottica di garantire la sovranità della Russia a qualunque costo, il presidente Putin ha concluso che non aveva altra scelta che iniziare l’ operazione speciale del suo paese in Ucraina. Ciò ha successivamente messo in moto processi di cambio di paradigma a spettro completo nelle relazioni internazionali che hanno rivoluzionato l’ordine mondiale, ma a scapito di rendere gli eventi più imprevedibili che mai, portando così tutto allo stato attuale delle cose.

Questo pezzo identificherà i cinque modi in cui lo scorso anno ha cambiato completamente la grande strategia russa, iniziando con l’operazione speciale e finendo con la Cina che ha sostituito il ruolo precedente di quel paese come quello che ora sta esplorando attivamente i parametri di una nuova distensione con l’Occidente. È certamente lungi dall’essere un elenco completo, ma ha lo scopo di individuare le principali variabili che hanno portato a ricalibrare l’approccio di questa Grande Potenza alla transizione sistemica globale , dopodiché verranno condivise ulteriori informazioni.

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1. L’operazione speciale è stata un punto di svolta nelle relazioni russo-americane

La fatidica decisione del presidente Putin di ordinare l’operazione speciale ha rappresentato il fallimento della grande strategia che ha tentato di perseguire negli ultimi due decenni. Le relazioni russo-americane peggiorarono drammaticamente al punto da scatenare la più pericolosa guerra per procura dalla seconda guerra mondiale. Il presidente Putin ha recentemente confermato di non avere letteralmente altra scelta che difendere cineticamente gli oggettivi interessi nazionali del suo paese, mentre Medvedev ha appena confermato che le relazioni russo-statunitensi non saranno più le stesse.

2. L’Occidente si è disaccoppiato dalla Russia ma non è riuscito a isolarla a livello globale

La conclusione dell’ex leader russo si basava in gran parte sugli sforzi riusciti degli Stati Uniti nell’ultimo anno per separare l’Occidente dal suo paese, ma è importante sottolineare che ha anche attirato l’attenzione sul fatto che il Golden Billion non è riuscito a isolare la Russia sul livello globale. Solo i vassalli dell’America hanno aderito al regime di sanzioni anti-russe, mentre il Sud del mondo lo ha rifiutato risolutamente, il che ha dimostrato quanto l’influenza di quell’egemone unipolare in declino sul mondo fosse svanita negli ultimi anni.

3. India e Iran sono emersi come i partner strategicamente più significativi della Russia

L’ India è intervenuta in modo decisivo come valvola alternativa della Russia dalla pressione occidentale per scongiurare preventivamente lo scenario in cui il suo partner strategico diventasse sproporzionatamente dipendente dalla Cina, a tal fine ha rianimato il precedentemente moribondo corridoio di trasporto nord-sud (NSTC) attraverso l’Iran . Questi tre iniziarono quindi a costruire congiuntamente un terzo polo di influenza per rompere l’ impasse bi-multipolare delle relazioni internazionali caratterizzato dall’influenza sproporzionata del duopolio della superpotenza sino-americana.

4. La transizione sistemica globale si sta ora muovendo irreversibilmente verso la tripolarità

La tripolarità latente scatenata da quel cigno nero precedente ha reso inevitabile nel tempo la forma finale di multipolarità complessa (“multiplexity”) della transizione sistemica globale, che ha poi aperto innumerevoli opportunità ad altri grandi paesi come Turkiye per accelerare ulteriormente questo processo. Tuttavia, questo sviluppo ha fatto deragliare inaspettatamente la traiettoria della superpotenza cinese , il che a sua volta ha costretto la sua leadership a esplorare seriamente i parametri della propria nuova distensione con gli Stati Uniti.

5. La ripresa dei colloqui Cina-USA potrebbe ritardare la transizione sistemica globale

Il turbinio della diplomazia sino-americana dal vertice Xi-Biden di metà novembre conferma l’osservazione che queste superpotenze stanno discutendo una serie di compromessi reciproci volti a ritardare la fine del sistema bi-multipolare che ciascuna di esse ha interesse a preservare . L’esito finale dei loro colloqui e il suo impatto finale sulla transizione sistemica globale rappresentano quindi le due variabili più influenti che sono pronte a plasmare le relazioni internazionali il prossimo anno.  

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Rivedendo la grande intuizione strategica che è stata condivisa sopra, i lettori possono discernere la sequenza con cui tutto si è svolto nell’ultimo anno, che porta con sé una logica intrinseca. La decisione del presidente Putin di abbandonare la sua politica fallimentare di una nuova distensione con l’Occidente, nonostante abbia fatto del suo meglio per ottenere progressi tangibili negli ultimi due decenni, ha catalizzato una reazione a catena di conseguenze sistemiche globali che ha creato opportunità e ostacoli per tutti i principali attori.

Sebbene sia vero che gli Stati Uniti hanno riaffermato con successo la loro precedente egemonia unipolare in declino sull’Europa e su parte dell’Asia-Pacifico, tuttavia non sono riusciti a replicare questi guadagni nel Sud del mondo. Ciò è stato particolarmente evidente per quanto riguarda le politiche straordinariamente indipendenti successivamente perseguite da India, Iran, Arabia Saudita , Turkiye ed Emirati Arabi Uniti , soprattutto dopo che le grandi strategie dei primi due convergevano con quelle della Russia per guidare collettivamente una svolta sistemica tripolare.

La traiettoria della superpotenza cinese è stata inaspettatamente compensata da quello sviluppo rivoluzionario, che va anche contro gli interessi correlati degli Stati Uniti, da qui il loro interesse a esplorare congiuntamente una nuova distensione allo scopo reciprocamente vantaggioso di ritardare la fine del bi-multipolarità il più a lungo possibile. Ciò non significa che qualcosa verrà fuori dai loro colloqui in corso, ma il fatto stesso che ne stiano ancora discutendo parla dell’importanza suprema che un esito positivo avrebbe per i loro interessi strategici.

Lo stato attuale delle cose in tutto il mondo è quindi un miscuglio di certezze e incertezze, la prima rispetto al sapere per certo che la transizione sistemica globale è finalmente entrata in una nuova fase, ma la seconda quando si tratta di non sapere esattamente quando avverrà la tripolarità emergere pienamente. Inoltre, la tendenza delle potenze emergenti ad affermare con maggiore sicurezza la loro sovranità in mezzo a questi processi in rapido movimento comporta un rischio maggiore che si scontrino nei casi in cui i loro interessi non si allineano.

Questi fattori hanno costretto la Russia a cambiare radicalmente la sua grande strategia, che ora è guidata da tre imperativi: 1) accelerare la tripolarità insieme a India e Iran; 2) guidare ufficiosamente il Movimento Rivoluzionario Globale contro il Golden Billion; e 3) fornire servizi di ” sicurezza democratica ” al Sud del mondo per difendere i suoi partner dalle minacce della guerra ibrida . È molto diverso dal cercare di scendere a compromessi con l’Occidente come prima, il che mostra quanto sia cambiato il ruolo globale della Russia nel 2022.

https://korybko.substack.com/p/the-five-ways-in-which-2022-completely?utm_source=post-email-title&publication_id=835783&post_id=92994489&isFreemail=true&utm_medium=email

Intelligenza artificiale: tra Cina e Stati Uniti viene dichiarata la guerra degli standard, dalla ÉCOLE DE GUERRE ÉCONOMIQUE

Intelligenza artificiale: tra Cina e Stati Uniti viene dichiarata la guerra degli standard

dalla 

A partire dal secondo dopoguerra e, a fortiori, nell’ultimo decennio, il tema dell’“intelligenza artificiale” si è davvero affermato come una questione tecnologica chiave, portando a una corsa all’innovazione tra attori globali. Ma ancor più che suscitare semplicemente l’interesse di startup, ricercatori, fondi di investimento o scrittori di fantascienza, l’IA si sta anche affermando come una vera e propria questione di sovranità politica e geopolitica attraverso una guerra di standard sfrenata.

Dall’AEGE Influence Club

AI: una tecnologia dirompente al centro delle sfide globali

Con le sue promesse per il futuro, l’intelligenza artificiale suscita l’appetito delle grandi potenze che desiderano ottenere un vantaggio competitivo sui loro vicini e sui loro rivali: l’IA (e tutte le tecnologie che la circondano come l’apprendimento automatico per esempio) promette quindi ai suoi difensori di beneficiare dai metodi automatizzati di elaborazione delle informazioni, una vera necessità nell’era dei big data e dell’infoobesità, in un momento in cui i dati non sono mai stati così accessibili, ma ugualmente difficili da elaborare e analizzare. In questo contesto, ottenere un vantaggio sullo sviluppo dell’IA sta potenzialmente ottenendo un vantaggio eccezionale nella sfera cognitiva.

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Intelligenza artificiale: l’Italia vuole essere grande in Europa

Le grandi potenze interessate a questa promessa stanno quindi conducendo una vera e propria guerra su questo tema: Cina, Stati Uniti, Unione Europea, le potenze si scontrano in un campo di attività dove tutto resta da fare. E al centro di questo “grande gioco”, questa lotta per l’IA, c’è la standardizzazione. Gli Stati si affidano alle loro aziende (e viceversa) per dettare il ritmo di questo confronto attraverso gli standard, monopolizzando il più possibile i posti nei comitati di standardizzazione come ISO o ETSI, arrivando talvolta al ricorso a metodi mafiosi se non barbouzeries. È per comprendere meglio questa guerra di standard in materia di IA che l’Agenzia francese per gli standard (AFNOR) ha commissionato all’Influence Club della School of Economic Warfare unrelazione , documento che è servito come base per la stesura di questo articolo.

Standardizzazione: uno strumento per influenzare e conquistare i mercati

In questo contesto di guerra tra grandi attori, la standardizzazione appare infatti come un asse fondamentale per consentire agli attori pubblici e privati ​​di imporre i propri interessi. Non riconosciuta, sottovalutata, spesso fraintesa, la standardizzazione è tuttavia un elemento fondamentale di qualsiasi approccio alla sovranità economica e quindi un elemento centrale in qualsiasi guerra economica.

In un certo senso, mantenere lo standard significa mantenere il mercato. In effetti, la norma è per un mercato o una tecnologia ciò che le regole grammaticali sono per una lingua. Lo standard consente agli attori di un ecosistema economico o tecnologico di operare secondo standard comuni e interoperabili. Tuttavia, per un operatore economico, essere in grado di influenzare o scrivere le regole del gioco in cui si appresta a giocare rappresenta un sostanziale vantaggio competitivo.

La norma si impone così come strumento di influenza geopolitica e commerciale: non è solo un vincolo che frenerebbe la creatività e lo sviluppo delle imprese in nome della tutela dei consumatori, può essere anche un’arma competitiva formidabile per bloccare un mercato in suo favore.

Un esempio permette di rendersi conto dell’importanza della standardizzazione per la conquista dei mercati tecnologici: il caso del conflitto tra “Tipo 2” e “Tipo 3”, le prese di ricarica per le auto elettriche in Europa. Le due prese hanno gareggiato per diventare lo standard ufficiale per le prese di ricarica nell’UE. Uno dei punti vendita è stato sostenuto dalle case automobilistiche tedesche, che avevano già iniziato a implementare la tecnologia. L’altra rocca era difesa da industriali francesi, che avevano anche iniziato a schierare le proprie roccaforti. Riuscire ad imporre uno standard unico di spina avrebbe quindi consentito ai produttori tedeschi di scalzare i loro concorrenti francesi, e viceversa.

In effetti, è andata così: la spina tedesca si è affermata grazie a importanti sforzi di lobbying e standardizzazione ed è ora alla base di tutte le auto elettriche e ibride nell’UE, una vera battuta d’arresto per l’industria automobilistica francese, che è quindi entrata in questo mercato con notevole ritardo e che ha dovuto riadattare tutta una parte della sua produzione per adeguarsi a questo nuovo standard.

Ciò che è valido in questo esempio è altrettanto valido nel contesto dell’IA: i vari attori dell’intelligenza artificiale possono sperare di bloccare il mercato a loro favore e quindi ottenere un vantaggio a lungo termine sulla concorrenza, imponendo la loro visione secondo gli standard che potrebbero passare attraverso comitati normativi come l’ISO. La questione è quindi cruciale e spiega perché paesi come Cina e Stati Uniti se ne stanno impadronendo.

Cina e Stati Uniti: due strategie normative, un vincitore

Nella vera e propria guerra economica che infuria tra Stati Uniti e Cina, tecnologia e innovazione fanno ovviamente parte dei maggiori teatri di scontro: in questo senso, l’intelligenza artificiale sta infatti prendendo il posto della posta in gioco di questa rivalità sino-americana .

Una posizione di leadership nell’IA consentirebbe infatti al governo cinese di raggiungere una serie di obiettivi:

  • In primo luogo, l’intelligenza artificiale consentirebbe alla Cina di piantare l’ultimo chiodo del suo dominio industriale globale totale , ottimizzando ulteriormente il suo circuito di produzione e le sue reti di distribuzione (in particolare automatizzando parte del trasporto del suo progetto Silk New Roads);
  • Poi, l’intelligenza artificiale consentirebbe all’apparato statale cinese di aumentare ulteriormente il proprio apparato di sorveglianza e intelligence , sia che miri a controllare la propria popolazione (es. );
  • Infine, l’intelligenza artificiale consentirebbe alla Cina di modernizzare notevolmente i sistemi d’arma dell’Esercito popolare di liberazione (PLA) e assumere così un vantaggio significativo sul grande rivale americano rispondendo a molti problemi dell’Esercito popolare di liberazione (APL).

Ma nonostante l’AI sia al centro della strategia di lungo termine della Cina, il Medio Impero se ne va con una grossa spina nel fianco nel settore delle nuove tecnologie: sulla standardizzazione ci sono anche i colossi americani della Silicon Valley, pionieri in fatto di innovazione, creando standard de facto per tenere i mercati totalmente prigionieri.

Questo dominio è quasi totale nell’innovazione industriale, nel cloud, nei social network o nell’informatica pura. Ma il PCC cerca di impedire alle aziende americane di replicare questo modello sulla nascente industria dell’IA. La Cina vuole quindi assumere il controllo di questo settore con una politica di crescente potenza che è illustrata da alcuni successi.

Per contrastare questa egemonia tecnologica e normativa americana, Pechino ha messo a disposizione molte risorse alle sue rivendicazioni in AI: nel periodo 2019-2020, sono stati stanziati ben 70 miliardi di dollari per la ricerca in questo ambito dal governo cinese.

Come diretta conseguenza di questo volontarismo dello Stato cinese, nel 2019, 6 degli 11 “unicorni” del settore AI globale erano cinesi. Nello stesso anno, l’Allen Institute for Artificial Intelligence ha stimato che la Cina avrebbe presto superato gli Stati Uniti in termini di ricerca di base sull’IA: entro il 2025, l’1% più ricco di articoli accademici sull’IA sarà composto per la maggior parte da articoli cinesi. Una corsa universitaria che ovviamente si trasforma anche in una corsa ai brevetti, secondo l’Organizzazione internazionale per la proprietà intellettuale (OMPI), che indica che nell’ultimo decennio i cinesi da soli hanno depositato quasi il 75% di brevetti relativi all’IA. Infine, secondo i dati di LexisNexis, Tencent e Baidu, due società cinesi, sono i due maggiori proprietari di brevetti AI,

Il sostegno dello Stato cinese ai suoi grandi conglomerati ha quindi effetti diretti molto visibili. Ma oltre a questo sostegno alle imprese e alla ricerca, la Cina sta mettendo in piedi una vera e propria offensiva normativa per dominare in maniera più strutturale il settore dell’IA. La strategia normativa cinese in AI si basa quindi su due aspetti:

  • La creazione di standard de facto sull’IA , al di fuori di qualsiasi comitato normativo, diventando i primi a rilasciare un’innovazione, spingendo per la sua adozione di massa pur non rendendola compatibile con altri sistemi informatici o altre IA . Esempio interessante di questa strategia, la Cina intende utilizzare le sue Nuove Vie della Seta per diffondere i propri standard nell’IA: un accordo cinese di “riconoscimento degli standard”, firmato dal 2019 da quarantanove Paesi, prevede che la Cina renda incompatibili con la propria infrastruttura di trasporto sono tutte navi e treni autonomi stranieri che non seguono gli standard di interoperabilità cinesi.
  • La creazione di standard ufficiali sull’IA , rappresentandosi massicciamente nei comitati normativi per proporre progetti di standard favorevoli agli interessi cinesi. Per farlo, la Cina può contare sui suoi colossi digitali, i BHATX (Baïdu, Huawei, Alibaba, Tencent e Xiaomi), per agire per loro conto (e quindi per conto della Cina) all’interno della grande rete internazionale (es. ISO, IEC ) o organizzazioni di globalizzazione regionali (ad es. ETSI); questa strategia è esplicitamente descritta nel piano “China Standards 2035”, o in francese “Les Normes chinoises en 2035”.

La strategia cinese di predominio nell’IA si basa quindi su innovazione tecnologica, ricerca scientifica e massiva standardizzazione. Questa strategia è presunta e sembra consentire ai cinesi di allargare il divario con il paese dello zio Sam, ma gli Stati Uniti non sono lasciati indietro in questa guerra aperta. Il deputato Cédric Villani, in un rapporto del 2018, tornava così a lungo sulla presunta volontà di Washington di imporsi come leader in materia di IA, in particolare utilizzando come arma normativa l’indiscutibile vantaggio che i GAFAM rappresentano per l’America. Come la Cina, gli Stati Uniti utilizzano standard de facto , ma in misura ancora maggiore.

Washington sostiene infatti le aziende della Silicon Valley affinché utilizzino il loro vantaggio nei settori tecnologici, in modo che portino innovazione attorno all’IA e affinché queste scoperte diventino poi standard de facto . Un buon esempio di questa normalizzazione per fatto compiuto è il caso di Google con TenserFlow. Molto innovativa e in anticipo rispetto al resto del mercato (e in particolare rispetto alle tecnologie cinesi), questa tecnologia di deep learning è stata adottata fin dall’inizio da quasi tutto il mercato, diventando il riferimento su cui tutto è stato costruito. tecnologie di apprendimento profondo. Questi sono quindi obbligati ad essere interoperabili con questa tecnologia americana di Google. Essere i primi a poter fornire l’innovazione che tutti cercavano significa assicurarsi il controllo dell’intero mercato presente e futuro creando uno standard di fatto.

Una volta che questi standard de facto sono stati messi in atto dai GAFAM (cioè una volta che la tecnologia americana è stata sufficientemente diffusa), l’American National Standards Institute (ANSI) registra questi standard e li difende negli organismi internazionali di standardizzazione, come ISO e IEC, mobilitare considerevoli risorse di lobbying per far adottare questi standard.

Interrogato dall’AEGE Influence Club, Patrick Bezombes, presidente della commissione per la standardizzazione dell’IA e dei Big Data presso l’Agenzia francese per gli standard (AFNOR), conferma questa attività di lobbying molto significativa da parte dei GAFAM americani nei comitati per gli standard: “i gruppi americani guadagnano miliardi in profitto all’anno, quindi possono facilmente decidere di investire in un team di cento persone solo per lavorare sullo standard e proiettarsi in una visione a lungo termine su questo argomento”. Una strategia costosa e quindi molto meno accessibile ai piccoli attori dell’innovazione dell’IA, come le aziende europee.

Ciò che risulta quindi chiaro è che la strategia cinese è abbastanza simile a quella americana. Usare le imprese monopolistiche per mantenere, affascinare l’innovazione tecnologica, ma soprattutto per stabilire standard de facto, alle aziende americane e cinesi non resta che farle adottare definitivamente presentando ai comitati di standardizzazione un fatto compiuto. Questo approccio pragmatico si basa su un puro equilibrio di potere ed è possibile solo perché Washington, come Pechino, può contare sul proprio apparato industriale e sui propri gioielli nella ricerca di base. Giocatori di dimensioni più modeste, come la Francia, non possono, per mancanza di risorse, copiare questa strategia. Devono quindi cogliere questo confronto normativo o scegliendo da che parte stare, oppure scommettendo su una “terza via”, necessariamente meno offensiva.

Quale posto per la Francia in questa guerra normativa?

Con le due superpotenze in testa alla corsa alla leadership per l’IA, la Francia si sta gradualmente rendendo conto che se vuole esistere in questa competizione, dovrà fare affidamento sull’Europa. Dopo diversi anni di ritardo, Parigi sembra aver finalmente avuto la spinta necessaria, una presa di coscienza che si è tradotta nell’adozione a livello nazionale di una roadmap volta a fare della Francia un hub fondamentale nella corsa all’IA, ma anche con la pubblicazione ad aprile 2021 dalla Commissione Europea dell’Artificial Intelligence Act (AI Act).

Lo scopo principale dell’AI Act è creare un quadro giuridico rigoroso e chiaro attorno alla tecnologia AI. La novità di questo documento risiede nel suo approccio olistico, sia puramente legale, ma anche più etico, con questioni filosofiche o ecologiche.

Ma un altro elemento dell’AI Act è passato inosservato pur essendo una caratteristica chiave di questo documento: il documento della Commissione Europea istituisce, in tutta l’UE, una classificazione delle tecnologie AI correlata ai rischi che vanno dal minimo all’inaccettabile (4 livelli) . Tuttavia, questa classificazione consentirà alle autorità europee di effettuare un vero e proprio controllo di conformità che porti a tecnologie accettate sul territorio europeo con un marchio “trusted AI”, consentendo così di escludere dal mercato comune europeo qualsiasi IA americana o cinese che non non soddisferebbe gli standard europei.

Potenze industriali di prim’ordine, Cina e Stati Uniti basano logicamente la loro strategia normativa sull’innovazione tecno-industriale; In ritardo in questo settore, la Francia e l’UE hanno fatto la scelta della responsabilità e dell’etica per chiudere il loro mercato agli attori stranieri.

Ma ciò non dovrebbe impedire alla Francia di adottare un approccio di standardizzazione più aggressivo, inviando o incoraggiando gli industriali francesi a unirsi ai comitati di standardizzazione come capi progetto su argomenti specifici, ma anche più in generale producendo pressioni all’interno dei voti di questi comitati al fine di approvare testi favorevole alle imprese e ai cittadini europei. Anche la Francia, Paese da tempo all’avanguardia nella ricerca e nell’innovazione (4° Paese al mondo per numero di premi Nobel), deve riconnettersi con le proprie origini e incoraggiare in modo più ampio la ricerca sull’IA nei propri stabilimenti. eccellenza al fine di depositare brevetti che porteranno a standard de facto di origine francese.

E la Francia?

Utilizzati in modo complementare, i brevetti e la standardizzazione consentono sia di proteggere il nostro mercato e le nostre tecnologie, ma anche di distribuirle. Questi due vettori alimentano quindi lo stesso unico obiettivo: la competitività.

Va ricordato che questo approccio all’avanguardia dell’innovazione e della standardizzazione, la Francia ha già saputo sfruttarlo nel corso della sua storia, ad esempio per le celle a combustibile, l’idrogeno, le tecnologie nucleari, ma anche per lo standard “GSM”, che serve ancora oggi come base per la telefonia mobile globale. È questa strategia che ha in parte consentito al Paese di rimanere competitivo in questi campi altamente dirompenti. Pertanto, la Francia ha tutto l’interesse a fare il grande passo e ad adottare strategie di standardizzazione simili nell’Intelligenza Artificiale.

Soprattutto, la Francia non è sola in questa guerra tra due grandi potenze: Parigi ha molti alleati che possono agire al suo fianco: utilizzando i suoi alleati europei come trampolino di lancio e i suoi partner africani come risorsa, la Francia ha davvero i mezzi per realizzare un politica di accerchiamento normativo che consentirà di tutelare la prequadra francese ed europea in tema di innovazione sull’IA. Pertanto, sebbene la Francia non disponga in questa fase di un tessuto industriale sufficiente per competere con Washington e Pechino in termini di standardizzazione attiva, può comunque utilizzare la standardizzazione a fini “difensivi”, per proteggere il mercato europeo dagli appetiti dei due grandi imperi. Questo protezionismo economico attraverso la standardizzazione, limitando e condizionando l’accesso al mercato (francesi,

La Francia deve quindi lanciarsi nella battaglia normativa contro i suoi maggiori avversari internazionali, ma questo significa mobilitare alla sua causa industriali, imprese, gruppi di riflessione, centri di ricerca, imprenditori e altri attori europei che desiderano impegnarsi in campo normativo.

Il dopo Deng e le sfide della nuova leadership, di Daniela Caruso

Gli Stati Uniti non potrebbero smettere di essere stupidi pur se lo volessero, di Stephen M. Walt

Per Washington, la moderazione autoimposta sarà sempre una contraddizione in termini.

I difensori della “leadership globale” degli Stati Uniti a volte ammettono che Washington si è estesa eccessivamente, ha perseguito politiche sciocche, non è riuscita a raggiungere i suoi obiettivi dichiarati di politica estera e ha violato i suoi principi politici dichiarati. Vedono tali azioni come deplorevoli aberrazioni, tuttavia, e credono che gli Stati Uniti impareranno da questi (rari) errori e agiranno in modo più saggio in futuro. Dieci anni fa, ad esempio, gli scienziati politici Stephen Brooks, John Ikenberry e William Wohlforth hanno riconosciutoche la guerra in Iraq è stata un errore, ma ha insistito sul fatto che la loro politica preferita di “profondo impegno” era ancora l’opzione giusta per la grande strategia degli Stati Uniti. A loro avviso, tutto ciò che gli Stati Uniti dovevano fare per preservare un ordine mondiale benevolo era mantenere i propri impegni esistenti e non invadere nuovamente l’Iraq. Come amava dire l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama, dobbiamo solo smetterla di fare ” cazzate stupide “.

La recente difesa del potere statunitense nell’Atlantico da parte di George Packerè l’ultima versione di questa logora linea di argomentazione. Packer apre il suo saggio con un paragone rivelatore falso, affermando che gli americani “esagerano le nostre crociate all’estero, e poi esageriamo con i nostri tagli, senza mai fermarci nel mezzo, dove un paese normale cercherebbe di raggiungere un sottile equilibrio”. Ma un paese che ha ancora più di 700 installazioni militari in tutto il mondo; gruppi di battaglia di portaerei nella maggior parte degli oceani del mondo; alleanze formali con dozzine di paesi; e che attualmente sta conducendo una guerra per procura contro la Russia, una guerra economica contro la Cina, operazioni antiterrorismo in Africa, insieme a uno sforzo senza fine per indebolire e un giorno rovesciare i governi di Iran, Cuba, Corea del Nord, ecc., difficilmente può essere accusato di eccessivo “risparmio”. L’idea di Packer di quel “sottile equilibrio”: una politica estera che non sia né troppo calda né troppo fredda,

Sfortunatamente, Packer e altri difensori del primato statunitense sottovalutano quanto sia difficile per un potente paese liberale come gli Stati Uniti limitare le proprie ambizioni di politica estera. Mi piacciono i valori liberali degli Stati Uniti quanto chiunque altro, ma la combinazione di valori liberali e vasto potere rende quasi inevitabile che gli Stati Uniti cerchino di fare troppo piuttosto che troppo poco. Se Packer favorisce un buon equilibrio, deve preoccuparsi di più di dirigere l’impulso interventista e meno di coloro che stanno cercando di frenarlo.

Perché è così difficile per gli Stati Uniti agire con moderazione? Il primo problema è il liberalismo stesso. Il liberalismo inizia con l’affermazione che tutti gli esseri umani possiedono determinati diritti naturali (ad esempio, “la vita, la libertà e il perseguimento della felicità”). Per i liberali, la sfida politica fondamentale è creare istituzioni politiche abbastanza forti da proteggerci gli uni dagli altri, ma non così forti o incontrollate da privarci di questi diritti. Per quanto imperfettamente, gli stati liberali realizzano questo atto di bilanciamento dividendo il potere politico; ritenere i leader responsabili attraverso le elezioni; sancire lo stato di diritto; proteggere la libertà di pensiero, parola e associazione; e sottolineando le norme di tolleranza. Per i veri liberali, quindi, gli unici governi legittimi sono quelli che possiedono queste caratteristiche e le utilizzano per salvaguardare i diritti naturali di ogni cittadino.

Ma prendi nota: poiché questi principi iniziano con l’affermazione che tutti gli esseri umani possiedono diritti identici, il liberalismo non può essere confinato a un singolo stato o anche a un sottoinsieme dell’umanità e rimanere coerente con le proprie premesse. Nessun vero liberale può dichiarare che americani, danesi, australiani, spagnoli o sudcoreani hanno diritto a questi diritti, ma le persone che vivono in Bielorussia, Russia, Iran, Cina, Arabia Saudita, Cisgiordania e un numero qualsiasi di altri posti non sono. Per questo motivo, gli stati liberali sono fortemente inclini a ciò che John Mearsheimer definiscel ‘”impulso crociato” – il desiderio di diffondere i principi liberali fin dove il loro potere lo consente. Lo stesso problema assilla altre ideologie universaliste, tra l’altro, sia nella forma del marxismo-leninismo o dei vari movimenti religiosi che credono sia loro dovere portare tutti gli esseri umani sotto l’influenza di una particolare fede. Quando un paese ei suoi leader credono sinceramente che i loro ideali offrano l’unica formula adeguata per organizzare e governare la società, cercheranno di convincere o costringere gli altri ad abbracciarli. Come minimo, ciò garantirà l’attrito con coloro che hanno una visione diversa.

In secondo luogo, gli Stati Uniti trovano difficile agire con moderazione perché possiedono una notevole quantità di potere. Come l’ex senatore degli Stati Uniti Richard B. Russell, presidente del Comitato per i servizi armati del Senato e senza colomba, ribadì negli anni ’60: “[Se] è facile per noi andare ovunque e fare qualsiasi cosa, andremo sempre da qualche parte e fare qualcosa. Quando sorge un problema quasi ovunque nel mondo, c’è sempre qualcosa che gli Stati Uniti potrebbero provare a fare al riguardo; gli stati più deboli non hanno la stessa libertà e quindi non affrontano le stesse tentazioni. La Nuova Zelanda è una sana democrazia liberale con molte qualità ammirevoli, ma nessuno si aspetta che i neozelandesi prendano il comando nell’affrontare l’invasione russa dell’Ucraina, il programma nucleare iraniano o le incursioni cinesi nel Mar Cinese Meridionale.

Al contrario, chiunque sieda nello Studio Ovale comanda una serie di opzioni ogni volta che sorgono problemi o si presenta un’opportunità. Un presidente può imporre sanzioni, ordinare un blocco, minacciare l’uso della forza (o usarla direttamente) e qualsiasi altra azione, e quasi sempre senza mettere a serio rischio gli Stati Uniti (almeno a breve termine). In queste circostanze, resistere alla tentazione di agire sarà estremamente difficile, soprattutto quando un coro di critici è pronto a denunciare qualsiasi atto di moderazione come una mancanza di volontà, un atto di pacificazione o un colpo fatale alla credibilità degli Stati Uniti.

Lo stato di avanzamento in Ucraina, di George Friedmann

Una chiave di lettura interessante, ma un po’ limitativa. Nello spettro dei fattori che determinano le decisioni politico militari dei contendenti, in particolar modo dei russi, non è considerato il rischio concreto di un allargamento del conflitto esplicito cui l’inerzia di operazioni sempre più aggressive può portare in tempi giudicati quanto meno ancora prematuri. Probabilmente, è la remora più importante che inibisce i russi ad una intensificazione dello sforzo offensivo e, probabilmente, risolutivo. Per ovvie ragioni, un aspetto che Friedman tende costantemente a rimuovere assieme al convitato di pietra di questo scontro militare. Ad essere in un vicolo cieco sono certamente in due; ma il secondo non sono Zelensky e l’Ucraina; sono gli Stati Uniti o quanto meno la sua leadership. Solo dalla defenestrazione di quella, potrà aprirsi qualche spiraglio. Buona lettura, Giuseppe Germinario

La guerra in Ucraina sembra permanente. Nessuna delle due parti sembra in grado di distruggere la forza avversaria o di articolare ciò che sarebbe necessario per raggiungere un accordo di pace. I russi stanno parlando con la Bielorussia, l’India e chiunque altro possano trovare, ma nessuno può aiutare abbastanza sul campo di battaglia o nella fabbrica di munizioni per invertire la tendenza. Gli ucraini stanno parlando con gli Stati Uniti, la NATO e chiunque altro ascolterà in modo che continuino a ricevere armi, forse anche nuove. Ma l’Ucraina non ha ancora sfondato la Russia, preoccupata com’è di impedire il collasso del Paese, e farlo potrebbe rivelarsi difficile. Sul campo di battaglia c’è movimento da entrambe le parti, ma il movimento non porta con sé il sapore della vittoria. Quando, allora, le guerre finiscono se la leadership non concede?

La storia mostra che ci sono diverse risposte a questa domanda.

1. Una guerra finisce quando a una delle parti manca il materiale per continuare. La campagna della Germania nella seconda guerra mondiale terminò quando non fu in grado di produrre e mettere in campo le armi necessarie per respingere le potenze alleate.

2. Una guerra finisce quando il morale di una delle parti è esaurito – quando soldati e civili semplicemente non vogliono sopportare il fardello della guerra, anche se la vittoria è possibile. Questo è stato il caso degli Stati Uniti nella guerra del Vietnam.

3. Una guerra finisce quando non c’è speranza di un aumento radicale della potenza militare e quando l’intervento straniero è impossibile. Nella seconda guerra mondiale, la Gran Bretagna perseverò sapendo di non poter sconfiggere la Germania ma ragionevolmente aspettandosi un intervento americano.

4. Una guerra finisce quando le conseguenze della sconfitta sembrano tollerabili ai civili. Nella seconda guerra mondiale, l’opinione pubblica italiana vedeva l’occupazione alleata come un’alternativa preferibile. (Al contrario, le nazioni continueranno a combattere quando il costo della sconfitta sarà catastrofico.)

Ci sono certamente altre circostanze in cui una nazione resisterebbe oltre ogni speranza, e altre in cui la nazione capitolerebbe prontamente invece di sopportare la guerra. Ma nel giudicare la guerra, la chiave è meno sull’appetito dei militari per la resistenza, poiché combattere è ciò che fanno i militari, e più sugli appetiti dei civili, che producono materiale bellico e sopportano un fardello di perdita e dolore che può rendere la guerra impossibile da vincere. .

Per cercare di capire come finisce la guerra in Ucraina, dobbiamo considerare tutte queste questioni e altro ancora, ma con un’attenzione particolare alla volontà dei civili di continuare a combattere. L’opinione pubblica è indubbiamente stanca da entrambe le parti, i russi per le vittime e la successiva chiamata di più coscritti, e gli ucraini per i continui attacchi ai civili e alle infrastrutture civili. I russi vorrebbero la fine, ma non a costo della ribellione delle famiglie i cui figli sono stati richiamati. Gli ucraini sono frenati dal timore che cedere ai russi possa portare a un regno di terrore. In questo caso, la nazione più stanca della guerra è anche la più spaventata dalle conseguenze della sconfitta.

Nessuno dei due paesi si preoccupa della perdita di materiale. Entrambi desidererebbero di più, ma volere di più non porterà alla capitolazione. La mancanza di materiali potrebbe indurre uno o entrambi a cercare almeno una soluzione. Entrambe le parti stanno attualmente combattendo con un certo livello di armi. Non stanno rompendo l’altro lato e non hanno motivo di credere che le loro attuali scorte lo faranno. I russi hanno il loro impianto industriale, oltre ad armi importate da posti come l’Iran. L’Ucraina ha un massiccio flusso di armi dall’Occidente, in particolare dagli Stati Uniti. Questo ha creato una guerra stabile ma senza fine. Se continua così, c’è una seria possibilità di perdere il morale dei civili. Mosca cercherà quindi di assicurarsi che il suo impianto industriale e le sue relazioni rimangano intatti mentre cerca di minare le spedizioni verso l’Ucraina. L’Ucraina cercherà di assicurarsi che gli Stati Uniti mantengano almeno le loro consegne di armi mentre cercano di ridurre al minimo il flusso di armi verso la Russia dall’estero.

Poiché entrambi affrontano il problema del morale della società civile, entrambi cercheranno di minimizzare la paura dei civili della sconfitta. Ma finché l’Ucraina teme una sconfitta da parte della Russia, la capitolazione è praticamente impossibile. Lo stesso non si può dire della Russia. Quindi il risultato più probabile saranno i colloqui di pace, forzati dai disordini interni in entrambi i paesi. Ci sono già alcuni disordini in Russia, ma pochi in Ucraina. I russi non sono stati in grado di alimentare disordini lì e dovranno quindi impegnarsi in una campagna di terrore ancora più intensa, se possono. Ma i colloqui di pace non avranno luogo finché non ci sarà un senso di squilibrio come descritto da entrambe le parti. Ci deve essere un elemento di costrizione. Quindi la chiave è la manipolazione della popolazione civile straniera, difesa delle popolazioni domestiche e l’introduzione di armi nuove e pratiche che infliggeranno dolore senza innescare l’intervento straniero.

Col tempo, poi, il senso dell’impossibilità della vittoria scatenerà colloqui di pace, ma non finché la realtà non lo costringerà.

https://geopoliticalfutures.com/the-state-of-play-in-ukraine/

I LITTLE PINKS E IL FUTURO DEI GIOVANI CINESI, di Yu Liang

I LITTLE PINKS E IL FUTURO DEI GIOVANI CINESI

Dottrine della Cina di Xi | Episodio 18

Chi sono i giovani nazionalisti cinesi online soprannominati Little Pink  ? Sottoprodotto della cultura dei fan-club dell’Internet cinese, questo fenomeno è sia uno dei più strutturanti per i giovani cinesi di oggi sia uno dei più difficili da cogliere visti dall’Europa. Proponiamo una lettura critica di un testo di Yu Liang su questo fenomeno, un’indagine in forma di discorso nazionalista agli intellettuali cinesi.

AUTORE
DAVID OWNBY E FREYA GE

IMMAGINE
SHAN WU, PICCOLO ROSA, 2020

Yu Liang è vicedirettore e ricercatore associato dell’Istituto di studi cinesi dell’Università Fudan di Shanghai, lo stesso istituto guidato dall’apologeta del Partito Zhang Weiwei . Yu è stato anche redattore capo di Guancha Syndicate (观察者网), una delle piattaforme online più popolari e influenti della Cina dall’inizio degli anni 2010. spola tra giornalismo e mondo accademico.

L’argomento discusso nel testo tradotto qui1è quello della “Little Pink” (小粉红), nome dato dai loro detrattori, ai giovani patrioti – o meglio nazionalisti – cinesi online. Questo nuovo giovane cinese setaccia il web alla ricerca di coloro che osano insultare la Cina e poi annegarli in un torrente di attacchi online. Yu Liang – come editore di Guancha Syndicate nei primi anni 2010 – è stato determinante nel fondare questa nuova cultura del patriottismo Little Pink. In questo testo adotta una posizione relativamente neutrale nei loro confronti e cerca di spiegare chi sono e cosa fanno al di là del loro tentativo propagandistico di imporre la Cina come modello superiore respingendo tutti i suoi detrattori .

In altre parole, Yu sostiene che i Little Pinks sono un sottoprodotto della cultura dei fan club sul web cinese. Lo scopo di un fan club cinese è difendere la propria squadra, idolo o gruppo preferito e attaccare squadre, idoli o gruppi rivali. È un fenomeno quasi interamente online, originato da Weibo e WeChat. Si basa quasi esclusivamente su like e avatar virtuali, e quindi supporta il consumismo e i grandi marchi. Yu sostiene che tutta la Cina è diventata l’idolo di Little Pink e che hanno depredato chiunque insultasse la Cina, cercando la scarica di adrenalina di difendere la loro tribù.

A un certo livello, tutto ciò può sembrare banale. I marchi contano, tuttavia, e le guerre online finiscono per influenzare i profitti reali dei grandi marchi in Cina, il che è importante per l’economia cinese e per l’economia globale. Freya Ge scrive che “quando diversi marchi, tra cui H&M, Nike, Adidas, GAP, New Balance, tra gli altri, hanno rilasciato una dichiarazione di ‘boicottaggio del cotone dello Xinjiang’ all’inizio di quest’anno, i Little Pinks hanno rapidamente preso il controllo. piattaforme online e chat nel mondo reale camere. Hanno chiesto il boicottaggio di questi marchi e hanno affermato che gli sforzi per boicottare il cotone dallo Xinjiang facevano parte di una cospirazione organizzata dall’Occidente. Su Zhihu (知乎), i post hanno ricevuto migliaia di Mi piace da cui i netizen hanno affermato che non avrebbero mai più acquistato questi prodotti e hanno visto coloro che li hanno acquistati come “reliquie della dinastia Qing”. Molti negozi che vendono questi marchi hanno perso clienti. Ovviamente, i Little Pinks vorrebbero vedere ridotti i ricavi di questi marchi per “calunniare il popolo cinese”.

In altre parole, i Little Pink si impegnano in una sorta di politica identitaria: la Cina, ormai ricca e potente, diventa la base della loro identità. In quanto cittadini di Internet, i Little Pink, come praticamente tutti i cinesi, hanno assistito al cambiamento del mondo online e la Cina sembra emergere vittoriosa da questi cambiamenti. Ma per quanto riguarda la loro lealtà al Partito?

I Little Pinks non sarebbero completamente o ufficialmente sotto il controllo del governo, anche se il Partito-Stato ha contribuito a crearli attraverso “l’educazione patriottica” e gode dell’adulazione rivolta alla Cina come idolo. Agiscono da soli, seguendo la logica impulsiva della logica di gruppo online. In questo testo, Yu Liang sembra particolarmente preoccupato che gli intellettuali cinesi non riescano a comprendere questa logica, e continuino a condannare la Little Pink da posizioni ideologiche che poco hanno a che vedere con l’esperienza di questi giovani internauti cinesi.

In realtà, è sicuramente il “nuovo nazionalismo” di Yu Liang che parla, nel senso che critica gli intellettuali pubblici per la loro incapacità di cogliere ciò che sta accadendo – mentre insiste che spetta a loro “guarire” la “spaccatura” tra la loro generazione e quella della giovane Little Pink.

L’ascesa della Little Pink

I nuovi gruppi sociali e tipi di pensiero che i Little Pink incarnano emergono inizialmente come una sorta di nuova mentalità sociale. Si sviluppa silenziosamente attraverso cambiamenti silenziosi nel modo di produzione, nella struttura sociale e nella situazione politica della Cina. All’inizio non c’era un nome per definire ciò che si stava sviluppando. Le cose poi lentamente diventano una tendenza – spesso intesa in termini di devianza – perché una volta che le persone se ne accorgono, spesso la descrivono in termini negativi. Questa tendenza spinge il nuovo gruppo sociale a prendere coscienza di sé. L’ascesa della Little Pink e il nuovo patriottismo hanno attraversato un tale processo.

Un fenomeno importante che vediamo oggi nell’opinione pubblica cinese è una grave disconnessione tra le tendenze ideologiche emergenti nel comportamento online dei giovani e l’ambiente intellettuale cinese. Le tradizionali categorie accademiche di analisi, come i dibattiti tra sinistra e destra, illuminismo e conservatorismo, elitarismo e populismo, nazionalismo e universalismo liberale, autoritarismo e democrazia liberale, economia di mercato ed economia pianificata, perdono gradualmente il loro potere esplicativo.

In passato, le parti opposte hanno ripetutamente invocato un immaginario “terreno comune” che trascenda sinistra e destra, ma in realtà il battibecco è continuato. La trascendenza era sfuggente nel vecchio quadro cognitivo. Negli ultimi anni, dalla sottocultura giovanile cinese sono emerse una serie di tendenze socio-ideologiche. Si basa sulle tensioni attuali e cerca di trascendere il divario sinistra-destra, includendo il “partito della tecnologia” – o “partito industriale” (工业党) -, la Piccola Rosa e il gruppo dei “barbari alla porta (入关学)” sono i principali rappresentanti. Tra questi possiamo dire che i “Little Pink” costituiscono il gruppo più importante.

Secondo la descrizione di Wang Xiuying, gli assi chiave del partito tecnologico descritto sono “una fede incrollabile nel progresso tecnologico perpetuo, una mancanza di compiacenza e una volontà di affrontare la prossima catastrofe – che si tratti di un’invasione aliena, un’apocalisse climatica o un nuova guerra mondiale. Vedi il suo articolo sulla London Review of Books .

Per citare nuovamente Wang Xiuying sui barbari: “Questa narrazione confronta l’attuale confronto sino-americano con il rovesciamento della dinastia Ming che ha portato al dominio Manchu. Gli Stati Uniti assomigliano alla dinastia Ming dell’inizio del XVII secolo: è il potere supremo e detta le regole, ma sta marcendo dall’interno. La Cina prende il posto dei barbari: operosa, pagando il dovuto tributo, ma mai rispettata, costantemente denigrata e demonizzata… Insomma, l’egemonia americana deve essere sfidata e i barbari devono entrare dalla porta se vogliamo beneficiare di un progresso pacifico. »

“Little Pink” si riferisce alla nuova generazione di giovani patrioti nati dopo il 1990, che sono cresciuti profondamente integrati nella moderna economia di mercato e nella vita urbana, ma il loro nome è stato scelto dai loro rivali. A seguito di una serie di grandi eventi pubblici sulla scena internazionale nel 2008 — che hanno coinvolto principalmente dibattiti tra destra e sinistra guidati da intellettuali sul web cinese — questo paradigma ha gradualmente lasciato il posto a dibattiti tra il patriottismo dei comuni utenti di Internet e i “valori universali”. Le principali parti in conflitto sono rispettivamente le “teste parlanti che sostengono l’America (公知美分)” e gli individui che “portano le proprie azioni” (自干五). I predecessori di Little Pink,

Queste terminologie richiedono alcune spiegazioni. “Talking Heads Supporting America” ​​​​è tradotto come gongzhi meifen in cinese. In origine, gongzhi significava semplicemente “intellettuale pubblico”, ma negli ultimi anni è stato trasformato in un termine per deridere l’élite intellettuale che parla di questioni pubbliche online. Meifen significa “penny americano” ed è probabilmente derivato da un termine usato per deridere i troll di Internet pagati per attaccare coloro che criticano il governo cinese. Si chiamano wumaodang — la “festa dei cinquecento” — perché dovrebbero ricevere 500 yuan per ogni messaggio. Lo ziganwu, che letteralmente significa “il partito che porta le proprie azioni” si riferisce a persone che difendono il corpo e l’anima del governo senza essere pagate. Il termine è stato coniato da persone che si risentono di questi troll, per esprimere il loro disprezzo per gli individui autofinanziati che sono ritenuti troppo stupidi per accettare i soldi offerti loro. I termini sono spesso riappropriati e abusati, nel qual caso “il partito che porta il proprio capitale” potrebbe benissimo diventare “il partito che porta il proprio patrimonio con orgoglio”.

La parola Jinjiang si riferisce a un sito web chiamato “Jinjiang Literary City 晋江文学城”, originariamente istituito come piattaforma per discussioni letterarie, ma ora è diventato un sito per scambi politici. Il sito era rosa e la maggior parte dei suoi utenti erano donne: il che ha dato origine all’espressione “Little Pink”. Fengyi si riferisce al Fengyi Food Forum, fondato da alcuni “Little Pinks”, furiosi che il sito Jinjiang abbia finito per limitare i posti politici nel tentativo di calmare la situazione.

“Big V” si riferisce ai blogger con un gran numero di follower e un account verificato. Queste celebrità possono avere centinaia di migliaia di follower.

Le persone legate alle Jinjiang Girls e alle Fengyi Sisters erano principalmente netizen attivi nei siti di letteratura e intrattenimento — alla moda e patriottici — e contrari ai gruppi di intellettuali pubblici che, ai loro occhi, adoravano l’Occidente e denigravano la Cina. Inizialmente, i Little Pink erano un sottoramo minore dello ziganwu “il partito che porta le proprie azioni”. Alcuni eminenti intellettuali pubblici, rendendosi conto di avere a che fare con nuovi oppositori che non somigliavano alla sinistra tradizionale, li soprannominarono beffardamente “Little Pink”. Il gruppo è cresciuto rapidamente, con il nome “Little Pink” che ha prodotto un’esplosione di consapevolezza di sé. Nel 2013, le celebrità online e gli intellettuali pubblici che parlavano di “valori universali” sui social media hanno iniziato a diminuire, mentre la consapevolezza di “Little Pink” ha continuato a crescere, trasformando gradualmente l’ambiente dell’opinione pubblica online un tempo dominata dagli intellettuali pubblici. Nel gennaio 2016, “Little Pink” ha condotto ainondazione di computer su Facebook, che ha sconvolto l’opinione pubblica nazionale e internazionale.

Oggetto dell’attacco era la pagina Facebook del presidente taiwanese Tsai Ing-wen, i Little Pink ne hanno approfittato per denunciare l’idea di indipendenza taiwanese.

L’atteggiamento generale degli intellettuali tradizionali e dei circoli dei media nei confronti dei Little Pink è negativo e sospettoso, e molti intellettuali liberali li criticano per avere solo “istruzione superiore”, sostenendo che sono “impulsivi e iperattivi”, tutti dal “grado più basso” di società. Vedono i Little Pinks come il prodotto di una mentalità di “lealtà” e “odio” e discutono tristemente del ritorno dell ‘”estrema sinistra” e del “fallimento di trent’anni di illuminazione”.

Tuttavia, i Little Pinks sono diventati rapidamente il mainstream dell’opinione pubblica online. Questo mainstreaming è stato visibile alla fine del 2019, quando il sito Bilibili ha organizzato la sua prima festa di Capodanno. Accompagnando la canzone “Flower Suite 种花组曲”, lo schermo si è riempito con le parole “Non mi pento di essere nato in Cina in questa vita, e sceglierò di nascere in Cina anche nella mia prossima vita”. Il mainstream della politica giovanile su Bilibili è in particolare “rosa”. Ad esempio, nel 2019, Fang Kecheng (方可成), un noto collaboratore (UP主) del sito, è stato identificato dai netizen come qualcuno che ha favorito l’indipendenza di Hong Kong.. Ha lasciato il sito dopo aver ricevuto una raffica di critiche. Nel 2020, il noto collaboratore scientifico “Paperclip” ha pubblicato un video ritenuto offensivo nei confronti della Cina dai netizen, che ha portato a ripetuti boicottaggi da parte dei netizen e alla chiusura dell’account.

I “Little Pink” sono la “generazione del rinnovamento” della Cina nata da circostanze difficili. Le loro idee sono un mix complesso che sembra includere il nazionalismo, il conservatorismo e alcuni temi di sinistra, che hanno in comune la loro opposizione ai “valori universali” americani, e sono quindi spesso visti come l’opposto del liberalismo o delle “luci” dello stile degli anni ’80 Ma il liberalismo ei Little Pinks non sono realmente rivali, perché le idee espresse dai Little Pinks non seguono completamente la traiettoria dei tradizionali movimenti pendolari di sinistra e di destra – ma contengono elementi nuovi.

I critici hanno sostenuto che i Little Pinks sono il prodotto di una nuova cultura aziendale mediatica globalizzata, e che in questo senso sono forse più universali dei loro nemici apparentemente “universali”. Il loro modo di agire, il loro modo di parlare e le loro reazioni emotive sono tutti radicati nell’economia di mercato globalizzata, anche se una delle loro caratteristiche è quella di mostrare una sorta di “globalizzazione anti-globalizzazione” – cioè nazionalista. Dobbiamo comprendere i Little Pinks in questo contesto più ampio, che ci aiuterà a comprendere le tendenze ideologiche mostrate dalla gioventù cinese contemporanea.

Shan Wu, PICCOLO ROSA, 2020 — CC BY 4.0

Le tre ondate del nuovo patriottismo della gioventù cinese

Il “nuovo patriottismo” della “Little Pink” differisce radicalmente dalle manifestazioni del patriottismo del passato. Per vedere i Little Pinks in una prospettiva più ampia, inizieremo con una semplice genealogia delle tre ondate di nuovo patriottismo giovanile cinese che hanno avuto luogo dal 2008.

La prima ondata è stata guidata da gruppi patriottici di studenti cinesi d’oltremare. Questi studenti vivevano all’estero da tempo, il che significava che la loro comprensione della società occidentale era passata dall’immaginazione all’esperienza personale, portandoli a cogliere l’enorme divario tra il “mito” occidentale e la realtà occidentale. Questi gruppi inizialmente si sono riuniti su piattaforme di studenti all’estero come Xixihe (西西河), ed sono emersi nel contesto di vari sconvolgimenti politici internazionali che hanno coinvolto la Cina nel 2008, come gli sforzi per proteggere i corridori dalla staffetta della torcia olimpica cinese in Europa, o l’opposizione alla copertura distorta della Cina da parte dei media occidentali come la CNN. I partecipanti appartenevano a una relativa élite, erano altamente istruiti e possedevano abilità linguistiche sofisticate. Hanno parlato sul sito anti-CNN – poi ribattezzato “il sito di Avril” – e su altri siti dedicati esclusivamente a questi temi.

Dopo l’ascesa dei social media nel 2010, i gruppi patriottici si sono spostati su Weibo, utilizzando identificatori che iniziano con AC (abbreviazione di anti-CNN), diventando uno dei semi del nuovo potere della gioventù patriottica nell’era dei social network. Questa ondata di giovani patrioti non si è più impegnata nelle fantasie glamour dell’Occidente, ma ha cercato di trasmettere esperienze reali al popolo cinese. Una serie di articoli di un individuo sotto lo pseudonimo di “Piccola bottiglia d’acqua (小水瓶)”, uno studente dell’Università di Pechino all’estero, erano tipici di quest’epoca. Un articolo intitolato L’assistenza sanitaria cinese è peggiore di quella americana? Dovremmo scambiare?non si limitò a confrontare il sistema sanitario in Cina e negli Stati Uniti, ma puntò il dito contro Han Han (韩寒, nato nel 1982), leader della gioventù liberale e popolare blogger dell’epoca, per la sua mancanza di esperienza reale della vita in Occidente . In questa fase, i Little Pink hanno cercato di definirsi attraverso domande e confronti.

La seconda ondata è iniziata nel 2010. A quel tempo, la “primavera araba” e la “rivoluzione di Twitter” erano in pieno svolgimento, la sensazione sui social media cinesi era che i valori universali occidentali sembravano essere al loro apice. Alcune élite cinesi con esperienza di vita, lavoro o impegno mediatico al di fuori della Cina, inclusi esperti, studiosi e attivisti sociali, si sono unite alla prima ondata di studenti stranieri e giovani patrioti in Cina per condurre una resistenza organizzata all’Occidente attraverso i media e altri mezzi. Nel giugno 2011, lo Shanghai Chunqiu Institute for Development and Strategic Studies(春秋战略发展研究院), un think tank privato, in collaborazione con lo Shanghai Wenhui Daily (文汇报), ha organizzato un “Dibattito del secolo” tra Zhang Weiwei (张维为) (nato nel 1957) e il politologo americano Francis Fukuyama (nato nel 1952), dichiarando la fine della “fine della storia”.

Successivamente, il Guancha Syndicate , una conseguenza dell’Istituto Chunqiu, ha iniziato a prendere il sopravvento nell’opinione pubblica online. In una serie di iniziative, come sostenere lo sviluppo dell’alta velocità ferroviaria cinese, opporsi al “Washington Consensus”, sfatare alcuni “miti” occidentali, affermare i vantaggi dello sviluppo cinese e la difesa del “modello cinese”, Guancha si è continuamente ampliata la sua influenza e attirò un gran numero di scrittori d’élite, sostituendo così il sito web di April e diventando la bandiera dei nuovi media patriottici.

A questo punto, il tono discorsivo del nuovo patriottismo divenne più positivo, sottolineando la natura di successo dell’esperienza di sviluppo della Cina, mostrando una chiara consapevolezza di sé che il percorso della Cina era distinto da quello dell’Occidente. A questo punto è emerso un altro fenomeno importante: un gruppo di giovani opinion maker operanti nel campo della scienza e dell’ingegneria, che prima appartenevano alla “maggioranza silenziosa”, ma che ora hanno integrato l’opinione pubblica mainstream con l’ausilio di nuovi media come come Guancha, cercando di aggiornare il modello obsoleto del discorso politico basato sugli antagonismi sinistra-destra con un nuovo discorso sullo sviluppo basato sul funzionamento effettivo della scienza e della tecnologia. Questo gruppo è stato chiamato il “partito della tecnologia”.

La terza ondata è stata l’emergere di Little Pink come li conosciamo oggi. I precedenti gruppi patriottici non facevano più parte dell’élite intellettuale, ma piuttosto dell’esercito di riserva dei giovani della nuova borghesia urbana, che allargò ulteriormente la base del nuovo patriottismo. Rispetto alle due precedenti ondate di gruppi patriottici, i Little Pink erano più giovani, la proporzione di donne era maggiore, i legami con la vita di tutti i giorni erano più chiari e attiravano molti gruppi di fan, ad esempio i gruppi di moda femminile come Jinjiang e Fengyi Forum . C’erano anche Little Pink maschi, molti dei quali provenivano da gruppi di appassionati di sport e giochi a siti come Diba, Hupu e Bilibili.

In termini di idee, i “Little Pink” sono meno teorici e politici rispetto alle due ondate precedenti, quando le persone erano più consapevoli della loro “politica da tastiera”. I Little Pinks hanno attinto intuitivamente alla loro esperienza di vita. Hanno meno bagaglio storico e non condividono i ricordi delle generazioni precedenti del doppio shock della Rivoluzione Culturale e della riforma e dell’apertura. Il miracolo dell’ascesa della Cina dal 2008 fa sentire loro che la Cina si sta sviluppando più velocemente dell’Occidente, la vita in Cina è più conveniente, la sicurezza pubblica è migliore, l’industria è più forte e che la gestione della pandemia è migliore, tutto ciò ha generato puro senso di orgoglio nazionale.

Per quanto riguarda il loro stile di recitazione, il loro impegno nella cultura commerciale dei fan ha permesso loro di sviluppare capacità organizzative, come “sostenere idoli” e attaccare i nemici, che le prime due ondate di gruppi di Young Patriots non possedevano. Il suo stile di mobilitazione online multicentrica è diverso dagli stili di azione dell’élite degli studenti internazionali o della comunità intellettuale, ma è legato e interagisce anche con le prime due ondate.

Va notato che lo sviluppo di Internet mobile ha consentito a sempre più giovani delle città di terzo e quarto livello di unirsi ai ranghi di Little Pink. Questi nuovi membri portano con sé molte differenze economiche e culturali, tanto che i Little Pinks sono ormai un gruppo abbastanza eterogeneo.

The Little Pinks, una contraddizione culturale

La pratica socialista nella Cina contemporanea è una contraddizione disordinata di individualismo, consumismo, socialismo, conservatorismo e persino internazionalismo. Il fenomeno Little Pink incarna un mix simile, ma il suo aspetto esteriore di identità nazionalista e patriottismo può facilmente camuffare le sue intriganti contraddizioni interne.

Politiche identitarie nazionali e autostima culturale della nuova borghesia

Il movimento patriottico della Little Pink, che si è ampiamente diffuso su Internet, incarna la coscienza della nuova classe media di una società consumistica. Mobilita la classe media, compresi studenti e colletti bianchi, e il suo esercito di giovani di riserva. Al contrario, i precedenti movimenti patriottici tendevano a raggiungere una base più ampia, come nelle proteste anti-giapponesi, che fino al 2012 includevano persone di base come i lavoratori migranti, e mostravano caratteristiche della politica antimperialista di massa, cultura di strada e mascolinità.

Il movimento patriottico Little Pink è nato da eventi come: l’incidente del 2018 in cui la polizia svedese ha trattato brutalmente i turisti cinesi; la pubblicità del marchio di moda italiano Dolce & Gabanna che ha umiliato la Cina e scatenato le proteste patriottiche dei giovani; gli attacchi su Internet al regista cino-americano Chloe Zhao per aver pubblicato commenti anti-cinesi nel 2021; e attacchi ad alcune star sudcoreane che avrebbero insultato la Cina, scatenando il movimento “no fan idol before the nation” in cui i fan dichiaravano la loro fedeltà alla Cina e non al loro idolo. È ovvio che questi eventi si concentrano nei settori della moda, dei consumi e della cultura.

Pertanto, mentre la forza combinata delle azioni di Little Pink è coerente con la tradizionale grande narrativa del nazionalismo, il suo diffuso potere di mobilitazione deriva da una richiesta di identità nazionale della classe media in un’epoca di globalizzazione, piuttosto che da una coscienza nazionalista in senso stretto. – e il senso di questa politica identitaria è pretendere che l’altra parte riconosca che “sono anch’io una persona civile, proprio come gli occidentali. Questa passione per il riconoscimento ha dato origine a una forma di politica dell’identità di natura nazionalistica, ma non un segno distintivo della politica dell’identità nelle società occidentali.

Modalità affettive e cognitive nel mondo virtuale

Le emozioni comuni e gli interessi condivisi sono le componenti ideologiche di livello più basso della società e l’energia cinetica che generano è di gran lunga maggiore delle idee razionali. Quando scaviamo sotto la superficie delle forti emozioni patriottiche della Little Pink, scopriamo che la Little Pink condivide importanti componenti ideologiche ed emotive contemporanee con i loro rivali, gli “universalisti”. Questi includono: “evitare il sublime 躲避崇高”, la politica della vita, la giocosità postmoderna, la correttezza politica e un ampio senso di fragilità. Allo stesso tempo, troviamo anche elementi eterogenei, che culminano in un “meccanismo unico di identificazione e autenticazione emotiva. »

L’autore si riferisce qui a un articolo del 1992 dello scrittore Wang Meng (nato nel 1934), in cui elogia la “letteratura folle” dello scrittore Wang Shuo (nato nel 1958) per essere in perfetta armonia con le tendenze attuali della cultura consumistica e popolare intrattenimento. L’idea è che gli “intellettuali illuministi” degli anni ’80 fossero sognatori e completamente tagliati fuori dalle masse.

La generazione che ha dato l’addio alla rivoluzione ha rifiutato i precedenti movimenti patriottici, non riuscendo a vedere che la generazione più giovane aveva, in una certa misura, realizzato questo stesso sogno senza rendersene conto. L’idea che “il patriottismo può anche essere carino” e che una politica basata su interessi comuni renda più interessante il Paese e la sua storia, produce nuovi idoli per i fan club. Ad esempio, il webcomic “Year Hare Affair” (那年那兔那些事) presenta vari paesi sotto forma di immagini di animali dei cartoni animati, che in realtà corrispondono alla proposta degli anni ’90 di “evitare il sublime”. L’economia di mercato “rimuoverà il sublime” dalla vita quotidiana, ma fino a quando la lotta nella storia del mondo contemporaneo non sarà terminata, il “sublime” continuerà a risiedere nella cultura quotidiana.

La “generazione che ha detto addio alla rivoluzione” è un altro riferimento agli intellettuali liberali che avevano deciso dopo la Rivoluzione Culturale che la rivoluzione stessa era il problema principale della Cina moderna.

“The Hare Case” è un webcomic e media franchise cinese creato da Lin Chao. Il fumetto utilizza animali antropomorfi come allegorie di nazioni e stati sovrani per rappresentare eventi politici, militari e diplomatici del XX secolo.

La stessa cultura della narrativa online contiene una sorta di struttura che guida la pratica emotiva. In particolare, la fan fiction ricrea storie di idol dalle narrazioni degli stessi autori, aiutando i fan a stabilire uno spazio emotivo flessibile e interattivo dell’immaginazione attorno a un idolo, che crea un’atmosfera altamente coinvolgente. “Year Hare Affair” e “Azhong Gege 阿中哥哥” hanno entrambi assorbito le modalità e i metodi della pratica emotiva dalla fan fiction, prendendo il “paese” come oggetto della creazione dei fan e proiettando su di lui l’emozione, in modo che il patriottismo e la grande lotta possano partecipare anche al concorso spazio emozionale della narrativa online.

Azhong Gege si riferisce a un vezzeggiativo comunemente usato dai fan cinesi. Gege (哥哥 , letteralmente “fratello maggiore”) è generalmente usato per riferirsi a idoli maschili.

È stato ampiamente notato che i sentimenti patriottici dei movimenti precedenti si sono trasformati in una forma di correttezza politica che ha la caratteristica di essere decisamente non negoziabile. Il comportamento di “scavare la propria fossa” è prominente: l’uso dei social media per portare alla luce commenti inappropriati passati delle persone sul paese, quindi riportare i risultati e incolpare la persona in questione. Persone come la regista Chloé Zhao e il defunto pianista Fou Ts’ong (傅聪, 1934-2020) sono state ampiamente criticate sui social media per le loro inclinazioni filo-occidentali. Questi critici spesso si rifiutano di considerare il contesto delle osservazioni, o il fatto che i tempi e le persone cambiano, e tracciare linee in base all’attuale confronto tra Stati Uniti e Cina. Come dobbiamo interpretare un simile comportamento?

Shan Wu, PICCOLO ROSA, 2020 — CC BY 4.0

Da un lato, questo tipo di pensiero stereotipato e assolutista si basa sul fatto che mentre gli adolescenti possono essere abbastanza esperti nelle attività quotidiane di consumo e divertimento, sono inesperti nella difficile lotta per la sopravvivenza e il lavoro nella società. Di conseguenza, trovano difficile pensare alle cose in modi complessi e realistici e sono abituati a identificare amici e nemici attraverso la parola e il simbolismo, portando a sentimenti e opinioni che sono poco più che tag.

Questa non è una mentalità ristretta nazionalistica, ma una malattia moderna che colpisce il mondo intero. Un libro pubblicato di recente, The Coddling of the American Mind: How Good Intentions and Bad Ideas Are Settinging a Generation for Failure, di Greg Lukianoff e Jonathan Haidt, descrive in dettaglio come i giovani americani, danneggiati dalla correttezza politica e da una cultura di iperprotezione, siano diventati sempre più suscettibili e vulnerabili ai danni emotivi, il che li rende desiderosi di “parlare” e di “denunciare” illeciti. Sono stati indottrinati in “microaggressioni” e sono desiderosi di censurare il comportamento politicamente scorretto e invadente di coloro che li circondano nella loro vita quotidiana. I Little Pink condividono questa forma di correttezza politica, ma il contenuto è diverso. In questo senso, i Little Pink ei loro rivali di “valori universali” sono persone di “discorso”, che identificano amici e nemici sulla base di idee incarnate nel discorso, piuttosto che di considerazioni empiriche.

Allo stesso tempo, è importante notare che è proprio nella sfera politica che l’emozione funziona ancora come il meccanismo di riconoscimento più diretto, in grado di identificare amici e nemici più velocemente della ragione. La politica dell’identità è originariamente una sorta di politica dell’emozione, che dipende dall’esperienza emotiva in una situazione specifica. Quando il conflitto internazionale sfugge al controllo degli esseri umani, e quando i sostenitori dei “valori universali” usano parole come “razionalità” e “Illuminismo” per criticare i Little Pinks, e non sono in grado di nascondere la loro posizione emotiva filo-occidentale, sarà impossibile guadagnarsi il rispetto dell’altra parte. È come quando il virologo di Hong Kong Guan Yi 管轶 (classe 1962), all’inizio della pandemia, ha ammesso che “questa volta ho paura” e che “anche i veterani come me hanno voglia di disertare. Anche se aveva ragione sul suo giudizio medico, rispetto al team medico che ha deciso di andare controcorrente e aiutare Wuhan, Guan è stato attaccato da giovani netizen per aver rivelato chiaramente la sua posizione emotiva.

L’attacco dei piccoli investitori: le modalità di organizzazione dei fan-club

L’attacco dei fan online [o “spedizione” 出征] alle celebrità indipendentiste di Hong Kong nell’agosto 2019 illustra drammaticamente le somiglianze tra il movimento Little Pink e il movimento mainstream dei fan club, così come le differenze tra i Little Pink e i passati movimenti patriottici . Nel 1999, 2004, 2005 e 2012 i movimenti antiamericani e antigiapponesi si sono trasformati in marce di strada, i cui temi hanno espresso desideri popolari nel contesto di grandi dibattiti politici, mentre l’attacco alla Little Pink è stato un movimento puramente online : si sono divisi i compiti, hanno scritto i messaggi che avrebbero inviato, organizzato il voto e cercato di convincere la gente dalla loro parte,

Gli “attacchi” sono una forma comune di organizzazione comunitaria prodotta dall’economia globale di Internet. Metodi di organizzazione simili possono essere visti nel populismo della politica Twitter dell’era Trump negli Stati Uniti e nel gennaio 2021, quando gli investitori al dettaglio hanno utilizzato Reddit per attaccare Wall Street nell’incidente di GameStop. I singoli investitori sono in un certo senso separati dalle unità sociali e dalle istituzioni tradizionali, ma non rimangono in una situazione “atomizzata”, e usano invece Internet per organizzarsi.

Questo tipo di movimento unito di investitori al dettaglio sta sempre più trapelando da Internet, influenzando l’organizzazione e il funzionamento del mondo reale. L’incidente di Xiao Zhan 肖战事件, durato dal 2020 al 2021 e la cui influenza si fa sentire ancora oggi, è un tipico esempio di socializzazione dell’economia dei tifosi. Inizialmente, l’incidente di Xiao Zhan era solo una disputa interna all’interno della considerevole base di fan di Xiao, ma ha scatenato una reazione a catena e le segnalazioni dei fan hanno portato al blocco del sito di fanfiction ., che ha poi influenzato le attività quotidiane di intrattenimento di altri gruppi di tifosi. La lotta si è allargata e lo stesso Xiao Zhan è diventato un bersaglio, e quelli contro di lui hanno adottato una tipica tattica consumistica: boicottare i marchi di cui Xiao è portavoce, il che ha suscitato punti di critica vendendo lusso nel gioco. denaro e il governo sono stati tutti coinvolti.

Cose simili sono successe molte volte. Ad esempio, nel febbraio 2021, c’è stata una controversia su Bilibili su un cartone animato giapponese chiamato “Jobless Reincarnation” a causa di accuse di pornografia. Inizialmente si trattava di una disputa all’interno del fan club, ma poiché uno streamer su un sito di Bilibili ha fatto commenti inappropriati sulla storia della Cina, i Little Pinks si sono uniti a loro e hanno attaccato, il che ha poi portato anche un gruppo di attiviste Douban a intervenire, provando per influenzare il prezzo delle azioni di Bilibili. Ciò riflette lo stato squilibrato e instabile dell’ecologia culturale giovanile, in cui incidenti minori spesso portano a conflitti multipartitici.

Nel luglio 2021, solo perché un certo marchio cinese di scarpe e abbigliamento ha “annunciato” che avrebbe donato articoli per un valore di 50 milioni di RMB alle aree disastrate dell’Henan, i netizen patriottici si sono precipitati nella stanza del live streaming del marchio per acquistare freneticamente le loro proprietà ed esprimere la loro gratitudine, tipico esempio di come il movimento emozionale ‘Little Pink’ stia diffondendo instabilità nell’economia cinese.

I rivali di Little Pink

Avendo inteso la “Little Pink” come una particolare espressione cinese di un fenomeno globale, dobbiamo introdurre la prospettiva analitica della “nicchia ecologica” per studiarne la reale collocazione nelle contraddizioni sociali.

Gli intellettuali mainstream che sembrano rifiutare con veemenza la Little Pink non appartengono alla stessa nicchia ecologica e quindi non costituiscono una concorrenza diretta. Dietro la loro apparente opposizione c’è una “divisione di specie” generazionale, ei due gruppi non si capiscono a causa delle differenze nelle esperienze storiche e nei sistemi di discorso. Ad esempio, quando i Little Pinks hanno criticato il diario di Fang Fang, hanno usato armi come rap, meme e disegni digitali, che le persone dalla parte di Fang Fang non potevano capire, il che ha portato a risultati divertenti. Le rabbiose denunce degli intellettuali contro la Little Pink spesso mancavano il bersaglio e non costituivano una vera e propria critica.

I gruppi giovanili legati all’indipendenza di Hong Kong e all’indipendenza di Taiwan occupano la stessa nicchia ecologica del Little Pink. Nel 2019, l’ex invincibile Diba è stato attaccato da gruppi giovanili legati all’indipendenza di Hong Kong. Questi giovani sono, come Little Pink, nativi del cyberspazio e combattono usando gli stessi metodi online di altri gruppi di fan, come incontrarsi su piattaforme Internet, dividersi il lavoro e cooperare per hackerare il sito di Diba e rivelare informazioni private dei membri di gruppi rivali. Una volta attaccato, Diba ha ripetutamente chiesto una tregua. Questo ci permette di vedere che diversi campi generano nuovo denaro online, ciascuno sviluppando la capacità organizzativa dell’investitore al dettaglio nell’era della globalizzazione. Hanno interessi di moda, modalità di azione e armi discorsive simili, nonostante le loro posizioni e idee contraddittorie. Per usare una metafora biologica, sono tutti nella stessa “nicchia ecologica”, il che significa che sono in competizione.

Diba è un sito sportivo, dove le liti inizialmente opponevano tifoserie di diverse squadre di calcio o di basket: i conflitti tra tifoserie hanno finito per estendersi ad altri ambiti.

Una volta compreso dove si inseriscono i Little Pink in termini di “politica dell’identità + coscienza nazionale”, allora possiamo comprendere meglio il loro coinvolgimento con altri movimenti di politica dell’identità nell’ecologia dell’opinione pubblica, come i loro conflitti con il femminismo. Nel febbraio 2020, l’account Weibo del Comitato Centrale della Lega della Gioventù Comunista Cinese ha lanciato due idoli patriottici virtuali, “Red Flag Manga 红旗漫” e “Jiangshan Jiao 江山娇”, che avrebbero dovuto ospitare una celebrazione online della giornata. Made in China, che è finita in polemica.

È un esempio di un tentativo delle autorità cinesi di partecipare alla cultura giovanile che, in questo caso, è finito male — tra l’altro perché la tempistica coincideva con l’inizio della pandemia — ed è stato giustamente considerato dai giovani cinesi come un irritante distrazione.

Tra le altre cose, il personaggio femminile “Jiangshan Jiao” ha suscitato un’ondata di ira femminista, e quando è stato chiesto di partecipare all’attività “100 domande per Jiangshan Jiao”, le femministe hanno inviato domande come: “Jiangshan Jiao, hai il ciclo? “Jiangshan Jiao, il capo ti ha chiesto di raderti la testa?” “Jiangshan Jiao, hai un fratello minore perché i tuoi genitori non volevano una figlia?” “. Hanno persino inventato canzoni rap per ridicolizzare Jiangshan Jiao, che ha avuto un enorme impatto. Come le Little Pink, le giovani femministe sono immerse nel discorso dell’economia di mercato globalizzata e mediata e della politica dell’identità. Sanno usare abilmente i nuovi canali mediatici ei nuovi mezzi discorsivi per diffondere il loro messaggio. Quando le femministe hanno attaccato il sito di Bilibili nel febbraio 2021 e durante l’incidente a Chengdu nell’aprile 2021, si potevano vedere le femministe combattere contro gli uomini di Little Pink. Ciò dimostra che i Little Pink sono stati profondamente coinvolti in ciò che il sociologo britannico Anthony Giddens (nato nel 1938) chiama “politica della vita” piuttosto che “politica tradizionale”, e che le sfide future verranno principalmente da gruppi che occupano nicchie ecologiche simili nella vita sociale. .

L’incidente di Chengdu nell’aprile 2021 si riferisce a una donna che stava mangiando in un ristorante cinese con stufato e ha chiesto ad altri clienti che mangiavano ai tavoli adiacenti di smettere. Non solo non hanno obbedito, ma hanno gettato del brodo sulla donna, portandola a rendere pubblico l’incidente.

I Little Pinks sono la loro stessa nemesi

Nel 2020, molte persone hanno notato l’esistenza di una curiosa mentalità sociale: i giovani sono generalmente fiduciosi sul futuro del Paese a livello macro, ma pessimisti sulle loro prospettive di vita personale a livello micro, preoccupati per le questioni del lavoro, del matrimonio e riproduzione. Cosa ha dato origine a questa mentalità schizofrenica?

La nuova emozione patriottica rappresentata dai Little Pinks ha messo radici nell’era della globalizzazione e di un’economia di mercato con caratteristiche socialiste, che è sottilmente diversa dal patriottismo del “secolo breve”. Quest’ultimo si basa sull’esperienza della sofferenza e sul senso di responsabilità, nel senso che, sebbene la Cina moderna sia povera e debole, e sia stata più volte vittima di bullismo, i patrioti tuttavia “hanno esplorato questa vasta terra con le loro mani danneggiate”.2. Il primo si basa maggiormente sull’esperienza della forza nazionale e della felicità personale. Ciò solleva la questione se i sentimenti possano essere influenzati dal cambiamento degli standard di vita e delle esperienze.

L’idea del “breve secolo ventesimo” è più spesso associata allo storico Eric Hobsbawm (1917-2012), e si riferisce al periodo compreso tra l’inizio della prima guerra mondiale e la caduta dell’Unione Sovietica, e quindi all’ascesa e la caduta del comunismo e il “trionfo” del capitalismo liberale.

La più grande pandemia del secolo ha bloccato lo sviluppo economico e ridotto le opportunità di lavoro per i giovani. Allo stesso tempo, in quanto persone cresciute su Internet, la generazione degli anni ’90 fa molto affidamento sulle piattaforme Internet per il lavoro e la vita. La loro vita personale diventa sempre più “dentro (宅化)” e la loro capacità di comprendere la vita reale e le pressioni offline è diminuita. Sono nati su Internet e moriranno su Internet. Sono sempre più in preda a una combinazione di consumismo, cultura dello straordinario e cultura del debito. Ora che i giganti del capitale delle piattaforme sono intrappolati nella loro stessa concorrenza in devoluzione, che si stanno ulteriormente infiltrando in tutti gli aspetti della vita sociale delle persone e passando dall’esplorazione di nuovi spazi preziosi alla raccolta di utenti con ogni mezzo possibile, l’impressione che i giovani abbiano un capitale, in particolare il capitale della piattaforma, si è notevolmente deteriorata. L’immagine di Jack Ma (马云, classe 1964) è precipitata. I giovani online hanno applaudito la prematura scomparsa di Zuo Hui (左晖, 1971-2021), il fondatore di una famosa piattaforma di brokeraggio online.

Allo stesso tempo, sono aumentate le aspettative dei giovani nei confronti delle imprese statali e del pubblico impiego, e cominciarono a immaginare cose buone sull’economia pianificata. In questo contesto, dal 2020, potremmo notare che l’interesse dei giovani per il marxismo è cresciuto in modo esponenziale. Il sito Bilibili offre molti brevi video prodotti da decine di migliaia di internauti di propria iniziativa, che presentano il marxismo e criticano i capitalisti. Il numero di tali video è aumentato di sette volte dal 2019. Il documentario di CCTV del 2019 “The Power of Capital” era originariamente concepito per celebrare le glorie della riforma e dell’apertura, fornendo una visione positiva della costruzione del capitalismo e dei mercati. Tuttavia, dopo essere stato ripubblicato su Bilibili, è stato accolto da una raffica di critiche. Allo stesso tempo, le vendite diAnche le opere selezionate di Mao Zedong sono aumentate nel 2020.

Pertanto, dobbiamo notare che la generazione Little Pink, sebbene immersa nell’economia di mercato, mostra ancora sintomi del tardo capitalismo nella loro avversione per il capitale e nella loro devozione al “marxismo dei video musicali”. Data la loro ridotta esperienza di vita, aspettative ridotte, tendenza a uscire online con persone che la pensano allo stesso modo, correttezza politica, manipolazione emotiva, a cui potremmo aggiungere la popolarità di una cultura cupa e l’utilità dell’ansia come strumento per generare traffico mediatico… Questi fattori, insieme all’involuzione del capitale globale, hanno prodotto nei giovani di oggi uno stato emotivo che potremmo definire una cultura “patriottica”, antimperialista e anticapitalista + risentimento online”. Questa è forse una delle fonti dello “stato d’animo schizofrenico” dei Little Pinks. Non si tratta tanto di un ritorno della sinistra quanto di quella che Fukuyama chiama l’attuale “politica del risentimento” tra i giovani occidentali, un prodotto del deterioramento dell’economia politica e della proliferazione della politica identitaria.

La politica occidentale del risentimento può facilmente trasformarsi in politica di strada e politica populista in un sistema elettorale, mentre la rabbia che contagia i giovani cinesi diventa invece una mentalità di totale rassegnazione e fuga dall’opinione pubblica online.. Un esempio potrebbero essere le quattro “rivolte” proposte dai giovani su Bilibili: non compreremo casa, non ci sposeremo, non faremo figli e non lavoreremo dodici ore al giorno, sei giorni alla settimana. “Se mi sdraio, i capitalisti non potranno più sfruttarmi”. L’essenza di questo risentimento è, da un lato, una legittima rivendicazione contro lo sfruttamento del capitale; dall’altro è l’espressione della frustrazione di un’anima catturata dal consumismo ma che rimane insoddisfatta. Questa logica non punta a una narrativa di classe, ma piuttosto a una narrativa di welfare simile a quella che vediamo nelle socialdemocrazie occidentali.

Shan Wu, PICCOLO ROSA, 2020 — CC BY 4.0

Conclusione

Alcuni teorici usano il termine “nuovo individualismo” per cercare di descrivere l’attuale mentalità dei giovani internauti cinesi. Nell’era dell’economia di mercato, l’individualismo è certamente un aspetto essenziale di come intendiamo e viviamo la nostra vita, ma la miscela di individualismo e nazionalismo che vediamo nella Little Pink ovviamente va oltre questo, oltre l’individualismo astratto. L ‘”individuo” nel pensiero di liberazione degli anni ’80 era un individuo umanista, spiritualmente puro come immaginato dagli intellettuali. Quando negli anni ’90 sono decollate le vere riforme e aperture, l’economia di mercato ha lasciato nell’ombra questi “individui umanistici” e l’individuo è diventato l’astratto “uomo economico” dell’economia occidentale.

Nel 1998, Liu Xiaofeng (刘小枫, nato nel 1956) ha pubblicato un riassunto delle idee dell’era post-rivoluzionaria e del periodo della trasformazione sociale, concentrandosi su una discussione sul “dolore e la felicità” associati alla trasformazione sociale. un’etica della libertà individuale. Tuttavia, rispetto alla generazione Little Pink, sembrerebbe che la trasformazione di cui parla Liu avvenga solo durante il passaggio dall’economia pianificata all’economia di mercato, e il “peso” di cui parla non includa l’ansia prodotta dal divario tra ricchi e poveri a livello personale , perché l ‘”individuo” in quel momento non era ancora pienamente consapevole del prezzo dell’alloggio, del costo dell’istruzione o di questioni come gli straordinari e la scarsa retribuzione. Né comprende l’esperienza del contatto diretto con i cittadini del mondo – che è l’esperienza dei giovani nell’era odierna del consumo globalizzato – in un momento in cui la riforma e l’apertura della Cina sono in “acque profonde”.

Dopo il 2008, quando l’ascesa della Cina è diventata sempre più evidente, i cinesi sono stati esposti direttamente alla comunicazione globale dei media e alle emozioni competitive che può produrre. Il fenomeno “Little Pink” ne è una manifestazione. Rispetto alla generazione altrettanto consumista di Taiwan “My Little Happiness (小确幸)”, i giovani della terraferma si trovano in una guerra di identità con l’Occidente a causa del ringiovanimento della Cina, mentre i giovani di Taiwan si trovano a proprio agio nel sistema internazionale occidentale.

La politica e l’etica della Little Pink, che rifiutano sia l’intellettualizzazione che la proletarizzazione, sono difficili da accettare per gli intellettuali che sono diventati maggiorenni negli anni ’80, i quali non capiscono perché le riforme, l’apertura e i mercati globali non solo non siano riusciti a determinare la fine del storia che avevano chiesto, ma invece hanno generato una comunità patriottica più ampia. Tuttavia, il fenomeno Little Pink e tutte le controversie che ha suscitato riflettono vividamente la rielaborazione e la ricodificazione di varie dottrine e idee nella realtà, tracciando i sintomi di una postmodernità ancora non presente, di una storia che non riesce a finire, e del desiderio di felicità dell’ultimo uomo e della sua continua lotta.

I Little Pinks sono un processo che, in una certa misura, va oltre l’individualismo stoico e la “politica depoliticizzata” e si riconnette con la collettività, la nazionalità, la storia e il socialismo. La domanda per il futuro è: in un’era di cambiamenti senza precedenti, la generazione Little Pink salirà o scenderà?

Gli intellettuali devono prima abbandonare la loro posizione di critica esterna e rifiutare termini semplicistici come “populista” o “spina dorsale脊梁”. Allo stesso tempo, devono superare stereotipi come “gioventù” e “mainstream” e capire che Little Pink non è solo una sottocultura giovanile, ma anche un’espressione di un certo spirito che è stato soppresso dagli intellettuali e dal sistema educativo e che poteva trovare il suo posto solo tra i giovani.

Abbiamo assistito all’ascesa della “forza Little Pink 原力”, ma ci manca una teoria per spiegare questa forza. La direzione che prenderanno i giovani cinesi e il nuovo patriottismo dipende dalla possibilità di portare a compimento l’interazione tra i vari attori intellettuali, sociali e pratici della Cina. È anche una delle responsabilità ineludibili degli intellettuali cinesi.

FONTI
  1. 余亮,”小粉红的系谱、生态与中国青年的未来”, originariamente pubblicato nell’edizione di maggio 2021 della Beijing Cultural Review , ripubblicato sul sito web di Aisixiang il 6 ottobre 2021.
  2. Questa frase è tratta da una poesia di Dai Wangshu 戴望舒 (1905-1950).

https://legrandcontinent.eu/fr/2022/12/24/les-little-pink-et-lavenir-de-la-jeunesse-chinoise/

Cosa può fare la diplomazia? una conversazione con Jérôme Bonnafont

Cosa può fare la diplomazia? una conversazione con Jérôme Bonnafont

Mentre la professione sembra essere sempre più indebolita ovunque e dovunque, Jérôme Bonnafont, relatore per gli Stati Generali della Diplomazia, torna in un recente libro sulla vocazione diplomatica. In questa intervista fluviale, cerca di delineare un ritratto del diplomatico nel 21° secolo – tra l’interprete e il messaggero.

Jérôme Bonnafont, diplomatico, per cosa? , Parigi, Odile Jacob, 2022, 380 pagine, ISBN 9782415000844

Jérôme Bonnafont è diplomatico di carriera dal 1986. Dopo aver prestato servizio a Nuova Delhi, Kuwait e New York, è stato consigliere e poi portavoce della Presidenza della Repubblica prima di diventare Ambasciatore in India e Spagna, Direttore per il Nord Africa e il Medio Oriente e Consigliere del Primo Ministro. Attualmente è il rappresentante permanente della Francia presso le Nazioni Unite a Ginevra.

Nel tuo libro Diplomate, pour quoi faire?, offri un’ampia riflessione su questa professione che è affine a una vocazione. Colpisce l’ibridità stessa del genere del tuo libro: pensato in luoghi come esercizio di definizione della diplomazia, con una forte dimensione concettuale, attinge anche dal genere delle Memorie, offrendo così una forma di riflessione sulla somma delle tue esperienze passate …

La diplomazia infatti non è una filosofia ma una pratica, anzi un mestiere, nel senso di quei mestieri in cui il saper fare unisce il sapere libresco e l’esperienza che nasce da una lunga applicazione piuttosto perfezionista.

In questo libro mi sono posta per prima cosa la domanda sul percorso che porta qualcuno a voler diventare un diplomatico. È certamente una professione vocazionale, con una duplice natura: il gusto per il mare aperto, il nomadismo e il desiderio di servire la patria. Per servire il suo Paese, dunque, ma per quanto possibile. 

Volevo anche sfatare miti logori. Ricordiamo Chateaubriand, allora diplomatico a Roma, che scriveva a un amico: “   il mestiere è facile, lo possono fare tutti” . Senza dubbio, come molti nella sua situazione, l’autore di Le Génie du Christianisme non si è nemmeno reso conto che probabilmente non stava facendo il suo lavoro, lo faceva solo in apparenza. 

Volevo anche sfatare alcuni miti logori sulla diplomazia.

GIROLAMO BONNAFONT

Un buon diplomatico deve essere guidato da tre tipi di curiosità, passioni e conoscenze. 

Curiosità per il mondo, soprattutto per l’altrove: sentire il richiamo dell’altro, voler vivere con l’altro, influenzarlo ed esserne influenzati, concepire i rapporti tra Stati come uno scambio, non accettare l’idea della sola guerra come ultima opzione. 

Poi la curiosità, la passione per la cosa pubblica. Si tratta di sviluppare una conoscenza dettagliata della politica: come si costruisce uno Stato e come funziona? Quali sono le sue organizzazioni sociali, economiche e politiche, le sue ambizioni, le minacce che provoca o subisce? E questa curiosità vale per il suo paese quanto per gli altri. 

Infine, è un lavoro estroverso, un lavoro sociale: conoscere – e amare – rappresentare, comunicare, organizzare, reagire alle crisi e ai conflitti, negoziare. Un mestiere di azione e di esteriorità, dove il pensiero è messo al servizio del concreto. 

Per illustrare l’impatto che un diplomatico può avere sull’azione esterna del suo Paese, ho scelto, tra l’altro, il famoso esempio del Long Telegram scritto da Georges Kennan nel 1946. Era allora un giovane diplomatico americano di stanza a Mosca. Il presidente Truman si interroga sulla reazione all’imperialismo sovietico. Kennan scrive che, data la natura dell’URSS, gli Stati Uniti non possono stare a guardare, poiché ciò andrebbe contro i suoi interessi e valori. Tuttavia osserva che Washington non può respingere militarmente l’URSS, perché la guerra è impossibile. È così che concepisce quella che sarà conosciuta come la dottrina del contenimento , del contenimento, adottata dall’amministrazione americana e che ha svolto il ruolo che conosciamo nella Guerra Fredda. 

Tuttavia, se confrontiamo i diversi Paesi, osserviamo anche sistemi in cui l’ambasciatore è spesso nominato tra persone vicine al Presidente della Repubblica, senza necessariamente essere un diplomatico. Potrebbe essere, per esempio, nella tradizione americana, qualcuno che ha contribuito a finanziare la campagna elettorale del presidente. Come spiegare questa differenza di modello, tra un tale sistema e quello trovato in Francia? 

Ogni paese ha la sua tradizione. La Francia vive sul modello di un servizio civile professionale, politicamente neutrale e fedele al governo. Come la maggior parte dei suoi partner europei. Lei è attaccata ad esso. Vengono nominati alcuni ambasciatori tra quelli vicini al Capo dello Stato: questo è raro e il più delle volte contribuisce a far respirare il sistema. Questo è il nostro sistema, ha dato prova di sé anche se deve essere continuamente modernizzato e rinnovato.

Altri paesi, come gli Stati Uniti, favoriscono le nomine politiche. Gli ambasciatori sono il più delle volte persone vicine al presidente, o più precisamente donatori che hanno finanziato la sua elezione e che vengono così premiati. Il risultato sono spesso, non sempre, capi di posto ridotti a una funzione cerimoniale mentre i servizi ruotano intorno a loro. 

È un lavoro estroverso, un lavoro sociale: conoscere – e amare – rappresentare, comunicare, organizzare, reagire alle crisi e ai conflitti, negoziare. Un mestiere di azione e di esteriorità, dove il pensiero è messo al servizio del concreto.

GIROLAMO BONNAFONT

La modella americana non è però priva di interesse: quando Pamela Harriman viene nominata ambasciatrice a Parigi dal presidente Clinton, la sua statura e il suo background le permettono di alzare il telefono per parlare con il presidente o un ministro del momento, che ‘un l’ambasciatore ordinario generalmente non può fare di più. Inoltre, se il vertice è gestito dallo ”  spoiler system  “, al Dipartimento di Stato così come nelle ambasciate, un nutrito corpo di diplomatici di carriera assicura la permanenza con professionalità, in particolare per quanto riguarda la conoscenza delle lingue e civiltà così come le tecniche del mestiere.

Cominciamo parlando della fine del libro, e della sua conclusione, intitolata “Diplomazia immutabile e cangiante”. Questo identifica tutta la difficoltà dell’esercizio in cui sei impegnato: catturare l’essenza di una delle professioni più antiche del mondo, ma che rimane una delle prime a cambiare nel tempo. Scrivi così che “l’essenza dell’arte diplomatica è il movimento, la fluidità, la duttilità”. Come, dal punto di vista del diplomatico, non perdere la sua identità in questi movimenti, e spiegare una professione che fatica a definirsi in poche parole?

L’espressione è di Raymond Aron, che ha intitolato un’opera che ripercorre la genesi delle nostre istituzioni: “  Immutabile e cangiante. Dalla Quarta alla Quinta Repubblica”. 

La galleria di ritratti contenuta nel libro vuole mostrare la varietà di profili, professionalità e tecnicismi, nonché le differenze di carattere e di metodo che distinguono tra loro i diplomatici. 

Quando Proust descrive il vecchio marchese de Norpois come un mondano vuoto e pedante, è preso dall’illusione ottica che è che vede il personaggio – i suoi modelli – nella società solo in un ruolo un po’ futile. . Il narratore incontra Norpois solo nei salotti, mai con i suoi partner stranieri, mai con il suo ministro o il suo presidente, mai alla sua scrivania, insomma mai in azione. 

Chi avrebbe dovuto rappresentare Norpois? Forse un Cambon o un Barrère: un vecchio negli occhi di un giovane. Ed è vero, molti ritratti di diplomatici in letteratura danno questa impressione di vanità. Si pensi al personaggio di Georges de Sarre nei romanzi di Roger Peyrefitte, che lascia nel lettore una spiacevole sensazione di vuoto. 

Contrariamente a queste rappresentazioni, mi sembra che la principale qualità del diplomatico sia, per usare un’espressione di Rimbaud, il voler essere “  risolutamente moderno  ”. Pienamente a suo tempo, allo stesso tempo intriso di storia per agire sul presente e cercare di plasmare il futuro con gli occhi aperti sul mondo così com’è e sta andando, e non come lo sogniamo o crediamo.

Chi avrebbe dovuto rappresentare Norpois? Forse un Cambon o un Barrère: un vecchio negli occhi di un giovane. Ed è vero, molti ritratti di diplomatici in letteratura danno questa impressione di vanità.

GIROLAMO BONNAFONT

Sempre nello stesso brano lei scrive che se il diplomatico “lavora nel presente, hic et nunc  “, deve costantemente “tenere presente l’impermanenza”. Il diplomatico è una specie di dialettico?

Qualsiasi azione pubblica richiede una dialettica, una diplomazia come le altre. Dobbiamo costantemente scegliere: arbitrare, ad esempio, tra il breve e il lungo termine. Le soluzioni immediate possono creare difficoltà per il futuro, anche se devono essere favorite quando l’urgenza lo impone. E spesso si tratta di scegliere tra le seconde migliori opzioni.

Ci sono altri tipi di scelte; tra la guerra o la pace, tra lo spirito di compromesso, indispensabile per raggiungere soluzioni comuni ma frustrante, e lo spirito di autoaffermazione. E, come vediamo oggi, essere troppo assertivi può scuotere i sistemi internazionali, mettendo così in discussione la loro stabilità. Occorre anche distinguere tra “interessi” e “valori”, anche se questa distinzione è in pratica difficile da definire. 

La diplomazia è caratterizzata dalla ricerca permanente di compromessi accettabili con la realtà nel presente. In questo senso non può esistere un’architettura assoluta e permanente. Come diplomatico, cerchi di risolvere il problema del momento, ma anche di costruire qualcosa di stabile, un trattato, un sistema di sicurezza. Tenendo presente che può spostarsi in qualsiasi momento! Se ti lasci andare nello spirito del sistema o dell’ideologia, la fluidità e la complessità della realtà ti sfuggono. L’immutabile e il mutevole, ancora.

I riferimenti storici – e alla mitologia – innervano il tuo lavoro. Una di esse colpisce particolarmente: è il riferimento che fai a Hermes, il Dio messaggero, sotto la cui protezione il diplomatico sembra posto. Tuttavia, l’intera difficoltà del lavoro del messaggero è riuscire a far udire l’inudibile, sia in casa che fuori. A costo di diventare un bersaglio o agire come un parafulmine… 

Nel mondo funzionale in cui viviamo, non è male mettere un po’ di colore, da qui il ricorso all’Antichità. Cito due figure in particolare: quella di Ermete e quella di Gabriele, omaggio alle due fonti principali della nostra civiltà: quella greco-romana e quella giudeo-cristiana. 

Hermès si riferisce alla nostra eredità politeista, Gabriel alla nostra storia monoteistica. Hermes è un messaggero speciale: in quanto dio, gode di grande libertà di azione. Gabriele, invece, arcangelo che deve trasmettere il messaggio di Dio, opera in un certo senso sulle istruzioni. Queste sono le due situazioni tra le quali il diplomatico oscilla costantemente.

Il messaggio è ancora ascoltato? La domanda è vecchia. Prendo nel libro l’esempio di André François-Poncet, ambasciatore a Berlino dal 1931 al 1938 poi a Roma nel 1938-1939. Ha scritto Souvenirs che mostrano chiaramente che ha capito tutto quello che stava succedendo a Roma e Berlino in quel momento. È stato ascoltato dalle sue autorità? Il sistema di vincoli che all’epoca gravava sui nostri dirigenti impediva loro di dare una risposta adeguata ai fenomeni descritti da questo ambasciatore. C’era qualcosa di tragico nella scalata alla guerra.

Un’altra domanda è se il messaggio è ben compreso dal destinatario. Si pensi qui all’esempio dell’ambasciatore americano a Baghdad nel 1991. Ricevuta da Saddam Hussein il giorno prima dell’invasione del Kuwait, si dice — con le dovute riserve — che abbia dato una risposta così ambigua al dittatore che lo interrogava su le conseguenze di un intervento armato che avrebbe visto una sorta di via libera all’invasione. Ciò è stato successivamente smentito, ovviamente, dal corso della storia.

Qual è l’interprete giusto in diplomazia? Mi sembra che il diplomatico debba essere convenzionale e un po’ incrinato allo stesso tempo perché deve oscillare tra i mondi, il suo e quelli degli altri.

GIROLAMO BONNAFONT

Qual è l’interprete giusto in diplomazia? Mi sembra che il diplomatico debba essere convenzionale e un po’ incrinato allo stesso tempo perché deve oscillare tra i mondi, il suo e quelli degli altri. Per fare questo serve una crepa, uno squilibrio, un disagio che metta in moto le cose, il che significa che, pur essendo completamente a casa, lì non ci si trova del tutto a proprio agio e si ha bisogno di questa apertura per respirare.

Roberto Calasso ha scritto un libro magnifico su questo argomento, La Ruine de Kasch , in cui osserva la figura di Talleyrand, traghettatore tra il vecchio e il nuovo mondo. Ora Talleyrand è questo gran signore la cui famiglia gli ruba la primogenitura con il pretesto che, in quanto piede torto, non può essere un soldato.

Coincidenza significativa, zoppia – ricorda cosa ha osservato Dumézil: Efesto, anche Giacobbe zoppicava. I vecchi pensavano che questa infermità, l’handicap in generale, desse delle attitudini, una capacità di accesso a campi dove il normale non può arrivare.

Precisione di giudizio, capacità di farsi capire e ascoltare dalle autorità e dagli interlocutori stranieri, sono qualità che si imparano e maturano nel tempo. Poi, le cose appartengono all’autorità politica, è la regola fondamentale di questo tipo di professione. 

Da lì si passa a un’altra metafora che gioca un ruolo centrale nel tuo lavoro: l’immagine musicale, che fa del diplomatico un interprete. Sotto questo prisma, il ruolo del diplomatico non è semplicemente quello di trasmettere il messaggio, ma di dargli significato, persino incarnarlo, seguendo i limiti prescritti dall’autorità politica – queste istruzioni sono l’equivalente di uno spartito. Come rispettare concretamente questa linea di cresta, assicurando che il messaggero dimostri la necessaria umiltà e moderazione – il che solleva anche una questione democratica? 

L’immagine musicale permette di descrivere il dialogo permanente tra il diplomatico-esecutore e il politico-compositore. Le istruzioni sono come una partitura; durante le trattative, il diplomatico tasta il polso ai suoi omologhi, per poi rientrare nella sua capitale nell’ambito di un dialogo continuo. È vincolato dalla sua partitura, ma gode della libertà dell’interprete.

Il compositore è il politico; con questa particolarità che certi diplomatici – ad esempio i consiglieri diplomatici del Presidente o del Primo Ministro – possono contribuire a scrivere questa partitura, anche se rimane fondamentalmente politica. Secondo questa immagine, si noti che lo stesso compositore è spesso un interprete: questo è il caso in cui gli stessi politici si impegnano direttamente nella diplomazia, in particolare durante i vertici o le visite bilaterali.

Ci sono anche casi in cui il diplomatico deve improvvisare, soprattutto nelle crisi. Deve quindi, per improvvisare bene, aver accumulato una somma di conoscenza ed esperienza, in modo che il riflesso dell’improvvisazione poggi su una base sicura.

L’immagine musicale permette di descrivere il dialogo permanente tra il diplomatico-esecutore e il politico-compositore. Le istruzioni sono come un punteggio.

GIROLAMO BONNAFONT

Nel tuo lavoro noti il ​​contrasto tra il linguaggio delle armi e quello della diplomazia, mentre spieghi che l’uno non può avere un’esistenza duratura senza l’altro. Se la diplomazia può vivere all’ombra della guerra – che risuona dell’attualità più immediata – come fare in modo che i conflitti non la emarginino definitivamente? In pratica, si ha l’impressione che, lungi dall’essere complementari, questi due linguaggi siano spesso opposti…

Sono due facce della stessa medaglia: la diplomazia che svolgi dipende da ciò su cui sei stabilito. Rappresenti un paese potente o in declino? Ricco o povero? In una posizione di vulnerabilità o in una posizione di forza? La guerra è il culmine del confronto, la prova suprema, ma queste domande sorgono anche quando si tratta di finanze, standard tecnici, impegni commerciali. Si negozia prima secondo una realtà e un equilibrio di potere.

Possiamo vivere senza armi? Prendiamo spesso l’esempio del Costa Rica, che non ha esercito. Ma guarda la Svizzera: la sua neutralità si è basata per secoli su forze armate abbastanza forti da scoraggiare gli aggressori. Puoi quindi essere un paese pacifico e basare questa posizione sulla tua forza militare. 

Anche la storia gioca un ruolo importante: dopo il 1945, la Germania era riluttante a intervenire in operazioni militari esterne, a differenza della Francia o del Regno Unito, pur avendo ricostituito un esercito nel quadro della NATO. 

Ne consegue che quando vuoi pesare in diplomazia, devi assicurarti una capacità credibile affinché i tuoi interlocutori capiscano che quello che dici, il tuo Paese è in grado di farlo.  

È anche necessario distinguere in base ai tipi di guerra. Un solo distinguo su questo immenso e complesso argomento. Se si tratta di una guerra civile, la comunità internazionale deve intervenire per trovare una soluzione pacifica e cercare di imporre la cessazione delle ostilità. Di fronte a una guerra di aggressione, come quella che stiamo vedendo oggi in Ucraina, questa è un’altra questione. Alcuni difendono la scelta pacifista, dicendo che la guerra è il male assoluto. Ma cosa significherebbe per l’Ucraina? Che dovrebbe rinunciare alla sua sovranità?

Parlare non significa arrendersi in anticipo, significa mantenere il filo per cercare di prevenire il peggio e prepararsi al futuro.

GIROLAMO BONNAFONT

L’Ucraina dice chiaramente di no. Resiste con tutte le sue forze. È il vecchio concetto di san Tommaso d’Aquino di “guerra giusta”, di legittima difesa, ripreso dalla Carta delle Nazioni Unite che autorizza, in caso di legittima difesa, l’uso della forza. 

Questo significa che non dovrebbe esserci più dialogo? Affatto. Analizzare le dichiarazioni del Presidente della Repubblica. Diceva sempre che doveva esserci spazio per la diplomazia. Guarda le iniziative messe in atto per risolvere la questione alimentare. Parlare non significa arrendersi in anticipo, significa mantenere il filo per cercare di prevenire il peggio e prepararsi al futuro.

Nell’ambito della riforma dello Stato, sono stati modificati i canali di reclutamento per il flusso diplomatico. Di fronte alla mobilitazione di alcuni agenti, il Governo ha deciso di aprire gli “Stati Generali della Diplomazia”, di cui lei è il relatore generale. Questo è un esercizio unico. Potrebbe descrivere a grandi linee questo processo: quale volontà politica riflette questa iniziativa? In che prospettiva sono stati pensati questi Stati Generali, e quali potenziali conseguenze si prospettano rispetto al momento che seguirà a quello della consultazione?

Inizierò dicendo che oggi osserviamo due fenomeni. 

In primo luogo, i processi di europeizzazione e globalizzazione implicano che gli affari internazionali permeano sempre più quasi tutti gli affari pubblici. Questa è un’estensione del dominio diplomatico. 

Poi, da una generazione, il budget e la forza lavoro del Quai d’Orsay sono in calo: è l’unico ministero di Stato ad aver vissuto una situazione del genere così continuamente. La fine di questo declino è stata segnata da un cambio di direzione, iniziato quando era ministro Jean-Yves Le Drian, e confermato dall’attuale ministro degli Esteri, Catherine Colonna.  

In tale contesto, l’applicazione al Ministero degli Affari Esteri della riforma dell’alta funzione pubblica ha rivelato un disagio fortemente espresso. Da qui l’idea degli “Stati Generali della Diplomazia”, ​​ripresa dal Presidente della Repubblica e dal Ministro: dare la parola agli agenti del Quai d’Orsay e ai soci e utenti del “servizio pubblico della diplomazia” per riflettere su tre temi: 

1. Essendo il mondo quello che è, di quale diplomazia ha bisogno la Francia e cosa significa questo per la professione di diplomatico? 

2. In un’amministrazione moderna, come può il Quai d’Orsay assumere al meglio il suo ruolo di capofila dell’azione internazionale? 

3. In questo contesto, come deve evolvere la professione del diplomatico, sia in termini di struttura che di metodo?

In questo contesto, si è costituito un gruppo per organizzare e condurre questo “grande dibattito” applicato alla diplomazia, al fine di fornire alle nostre autorità politiche – Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro degli Affari Esteri – una relazione sui risultati e raccomandazioni.

Procediamo in modo classico ma ambizioso: invio di questionari ai nostri 13.000 agenti, organizzazione di workshop e audizioni aperte a tutti coloro che sono interessati, di persona o online, visitando i vari siti francesi del ministero e un rappresentante campione delle nostre ambasciate e missioni . Vogliamo che i colleghi di ogni grado e status si esprimano liberamente sulla loro situazione personale e sulla loro visione della nostra professione e del suo futuro; e che, allo stesso tempo, qualificate personalità del mondo politico, economico, culturale, associativo e mediatico ci guidino con la loro visione.

Il risultato dovrà essere un quadro fedele della situazione, certo, ma soprattutto precise indicazioni sul futuro della professione diplomatica, sulle modalità di esercizio che evolveranno, ma che resteranno una componente importante e peculiare dell’azione pubblica.

Il diplomatico continuerà a fornire ciò che è essenziale per la gestione degli affari internazionali, ma lo farà nelle condizioni del nostro tempo.

GIROLAMO BONNAFONT

Secondo lei, come preservare oggi la specificità di una professione di fronte a situazioni molto diverse da quelle che esistevano qualche decennio fa: l’intensificarsi della costruzione europea, l’emergere di questioni globali ben identificate (clima, terrorismo, Covid- 19), o ancora il ruolo crescente svolto dalle imprese multinazionali nelle relazioni internazionali? 

Questi sviluppi non sono sconosciuti. Guarda il campo degli affari strategici: questi sono gestiti da decenni da coppie di diplomatici e soldati che lavorano insieme su questioni di disarmo e non proliferazione. Queste coppie lavorano al Segretariato Generale per la Difesa e la Sicurezza Nazionale (SGDSN), a Matignon, all’interno della cellula diplomatica dell’Eliseo, nei Ministeri degli Affari Esteri e delle Forze Armate, nelle nostre ambasciate e nelle nostre missioni all’estero. Lo stesso vale nel campo degli affari europei, ad esempio all’interno del Segretariato generale per gli affari europei (SGAE), che opera grazie a tandem di diplomatici e specialisti tematici. 

Si tratta di estendere questi binomi generalizzando questo metodo all’elaborazione di tutti i casi globali. Si tratta di trovare modalità di intervento più trasversali, adeguate all’interdisciplinarietà delle materie e alla rapidità delle crisi. Un esercizio essenziale di adeguamento delle strutture e delle modalità operative dell’amministrazione.

La professione deve essere definita attraverso le sue missioni e la sua vocazione. Non sono preoccupato per il futuro della funzione diplomatica. Il diplomatico continuerà a portare l’essenziale per la gestione degli affari internazionali: conoscenza e “uso del mondo”, per usare la bella espressione di Nicolas Bouvier, ma lo farà nelle condizioni del nostro tempo.

Come vede lo sviluppo della diplomazia europea in questo contesto?  

Il futuro della diplomazia europea dipende semplicemente da come l’Europa si affermerà come potenza nel mondo. In Francia abbiamo l’ambizione di un’Europa sovrana, che controlla i suoi destini, come ha sottolineato in numerose occasioni il Presidente della Repubblica. 

In alcuni settori, ad esempio nella politica commerciale o di sviluppo, esiste già una diplomazia europea completa e consolidata. In materia di salute e ambiente, gli Stati e la Commissione uniscono sempre più le loro capacità diplomatiche. In altri ambiti, ancora in divenire, l’approfondimento di questo percorso dipenderà dall’evoluzione politica dell’Europa.

In particolare, a Ginevra, dove sei attualmente distaccato, ti occupi di molte questioni relative al Consiglio dei diritti umani. Nota divisioni quotidiane tra la concezione occidentale dei diritti umani e le posizioni difese da Stati come la Cina o la Russia? Come descriveresti l’evoluzione delle tue interazioni con russi e cinesi dal 24 febbraio su questi temi?

Il Consiglio dei Diritti Umani è composto da 47 Stati eletti per due anni con una rotazione progressiva. Nell’insieme delle Nazioni Unite esistono schematicamente tre gruppi: Stati di affinità (Paesi europei, America Latina, Stati Uniti, Giappone, Corea e pochi altri, cioè una cinquantina di Paesi), che promuovono una concezione universale e indivisibile dei diritti umani. Un secondo gruppo di Stati (Iran, Cina, Russia, molti paesi con regimi dittatoriali o comunque non democratici), contesta questa universalità, afferma che l’Occidente, nella sua ricerca dell’egemonia, usa questi principi per fondare ingerenze negli affari interni degli Stati sovrani. Infine, 

I diritti umani sono universali? La risposta è nei testi e nella loro elaborazione. La Dichiarazione universale del 1948 e le due Alleanze del 1966 (quella sui diritti civili e politici e quella sui diritti economici e sociali) non sono state scritte da soli occidentali e affermano semplici verità sulla pari dignità di tutti e sulle conseguenze che ne derivano. 

Certo, la Cina, ad esempio, ha ratificato il Patto sui diritti economici e sociali ma non il Patto sui diritti civili e politici: questa è la scelta che deriva da un sistema politico. Tuttavia è interessante vedere che in occasione della visita di Michelle Bachelet in Cina nel maggio scorso, che potrebbe aver dato adito a polemiche, questo Paese si è sentito in dovere di ricordare che stava studiando la questione del Patto sui diritti civili e politici. 

Da francese ed europeo, non ho il minimo dubbio sull’universalità dei diritti, non tanto in pratica, basta guardarsi intorno, quanto in termini assoluti: i testi, a rileggerli, dicono semplicemente che ovunque la libertà è più bella della servitù e dell’oppressione. La nostra stessa storia ci ricorda inoltre che questi diritti sono stati duramente conquistati, mai concessi. Ma occorre, in tutta franchezza, saper ascoltare e sentire ciò che gli altri dicono a questo libero e prospero Occidente. Ci rimandano a un passato bellicoso, coloniale, conquistatore, che ha esercitato una grande influenza, spesso crudele, sul proprio destino. Sottolineano di essere spesso vittime di fenomeni economici o ecologici che non hanno in alcun modo creato e che impediscono loro, almeno in parte, di svilupparsi.

Occorre, in tutta franchezza, saper ascoltare e sentire ciò che gli altri dicono a questo libero e prospero Occidente. Ci rimandano a un passato bellicoso, coloniale, conquistatore, che ha esercitato una grande influenza, spesso crudele, sul proprio destino.

GIROLAMO BONNAFONT

In queste pagine, questo cambiamento nel mondo è stato più volte descritto come un periodo di “interregno”. Questa nozione, ripresa in particolare da Josep Borrell in un testo dottrinale, descrive le grandi riconfigurazioni che stiamo vivendo, ma che non si sono ancora realizzate. Come pensa che il multilateralismo di domani possa adattarsi a questa nuova realtà? 

È una grande domanda. Bisogna stare attenti allo sguardo retrospettivo: nel presente abbiamo sempre l’impressione di vivere in un tempo di sconvolgimenti che non comprendiamo fino in fondo. Dopo , tutto diventa chiaro. Questo è il paradigma della civetta di Minerva: cogliamo solo ciò che abbiamo vissuto a posteriori. 

Quindi, se tu fossi stato un giovane europeo vissuto nel 1945, non saresti stato convinto dall’evidenza della stabilità dell’ordine mondiale. Allo stesso modo, quando vivevi nel 1990, un ordine e un sistema continentali stavano tremando. Certo, si è affermato che è stata la vittoria per sempre della pace, della libertà e della democrazia. Ma è un’illusione pensare che negli anni successivi alla caduta del muro o dell’Urss il mondo fosse stabile. Abbiamo assistito alle guerre nell’ex Jugoslavia, a un genocidio in Rwanda, agli attentati dell’11 settembre 2001: un mondo dove accadevano cose impensabili. 

È vero però che oggi osserviamo nuove linee di forza. In primo luogo, l’instaurazione di una duratura rivalità sino-americana. Poi l’affermazione di alcuni grandi colossi regionali: Brasile, India, Russia, Unione Europea. Decine di paesi medi o piccoli devono trovare un nuovo posto all’interno di questo gruppo. E durante questo periodo si esercitano forze opposte: quelle relative a questioni globali, che riteniamo richiedano un trattamento multilaterale; quelli relativi alla parziale messa in discussione della globalizzazione degli scambi, che pone il rischio di frammentazione e di nuovi scontri.

Questa riconfigurazione è fonte di sfide per l’Europa. Prima sfida: essere un potere che conta. Seconda sfida: costruire un sistema internazionale sufficientemente forte da evitare che la rivalità tra le major si traduca in un sistema senza norme, ordine o prevedibilità. È l’ambizione di mettere in atto quella che il presidente Chirac ha definito una “  globalizzazione umanizzata e controllata  ” o addirittura un “  mondo multipolare armonioso  ”. In quanto europei, abbiamo tutto da guadagnare da un mondo stabile e regolamentato.

Abbiamo parlato oggi dell’ascesa di una “diplomazia al vertice”. Quali progressi concreti consentono questi vertici? Alcuni osservatori ne mettono in dubbio il valore, affermando che i diplomatici sono troppo concentrati sulla creazione di dichiarazioni che non riescono a far avanzare la realtà sul campo. Cosa ne pensi ? 

Se non parli, non risolvi nulla. Diplomazia è il verbo; e la parola deve essere tradotta in azione. Queste versioni sono impegni internazionali. Se non ci parlassimo di cambiamento climatico, migrazioni, lotta alla criminalità organizzata, situazione dei diritti umani, crisi umanitarie, come potremmo affermare di gestire interazioni crescenti e questioni globali? 

Poi, se vuoi costruire gruppi regionali coerenti, devi incontrarti. L’Unione Africana è nata dalla sensazione degli africani che se vogliono affermare la loro influenza e gestire da soli i loro affari regionali, devono interagire di più. Prendiamo anche il caso dell’Unione Europea, dove i 27 Stati membri si incontrano costantemente. Creare interesse generale dalla divergenza degli interessi nazionali è un compito complesso, che richiede tempo.  

I comunicati sono impegni internazionali. Se non ci parlassimo di cambiamento climatico, migrazioni, lotta alla criminalità organizzata, situazione dei diritti umani, crisi umanitarie, come potremmo affermare di gestire interazioni crescenti e questioni globali? 

GIROLAMO BONNAFONT

Più in generale, tornerò su questo, l’evoluzione della globalizzazione richiede l’organizzazione della società internazionale. Non siamo più nel tempo in cui gli Stati potevano pretendere di vivere in una forma di autarchia, di autosufficienza, di regolare i propri rapporti attraverso la guerra e le sue estensioni. Le cosiddette questioni globali saranno meglio affrontate da risposte globali e multilaterali. La scelta è tra un intreccio di regole e organizzazioni che inquadrano l’azione sovrana degli Stati e quella di altri attori internazionali, da un lato, e dall’altro il persistere di una forma di anarchia sovrana in cui risiedono solo i rapporti di forza. 

I diplomatici devono adattarsi a questa realtà che ha, sulla loro azione, almeno tre conseguenze: in primo luogo, devono rimanere capaci di padroneggiare questa grammatica dell’equilibrio di potere senza la quale uno Stato non può difendersi. Quindi, devono estendere la loro tavolozza a tutte queste nuove cosiddette questioni globali, che vanno dall’ecologia alle nuove tecnologie, compresa la salute, la migrazione e i diritti umani. Infine, devono adattarsi a una ginnastica costante per spostarsi costantemente dal nazionale al regionale o globale, dal proprio paese a mondi diversi e lontani per geografia e civiltà, ma più vicini che mai alla nostra vita quotidiana.

Insomma, ben lungi dall’aver perso densità a causa dell’evoluzione del mondo, la professione ha guadagnato in contenuti tanto quanto in portata, ed è davvero una professione del futuro per tutti coloro che amano inscrivere la propria vita nel mondo così com’è. Questo è sostanzialmente il messaggio di questo libro ai giovani francesi che si interrogano sul loro futuro, su quello del loro paese e su una vocazione da diplomatico.

https://legrandcontinent.eu/fr/2022/12/15/que-peut-la-diplomatie-une-conversation-avec-jerome-bonnafont/

Analizzando la riluttanza di Alt-Media a criticare la dichiarazione congiunta anti-iraniana della Cina con il GCC, di ANDREW KORYBKO

Più si estende il raggio di azione delle potenze egemoni ed emergenti, più la coperta si rivela stretta e diventa sempre più difficile  tenere le fila con coerenza. Buona lettura, Giuseppe Germinario

È indiscutibile che la comunità Alt-Media non sia riuscita a radunarsi attorno all’Iran di fronte all’involontaria violazione diplomatica della Cina dei suoi legittimi interessi nazionali, nonostante avesse precedentemente mostrato piena solidarietà alla Repubblica islamica su questioni altrettanto delicate. Qualsiasi osservatore veramente obiettivo sa che queste stesse persone sarebbero state furiose se gli Stati Uniti, Israele o un paese europeo avessero firmato quella dichiarazione congiunta ferocemente anti-iraniana, eppure tacciono o addirittura simpatizzano solo perché la Cina ha fatto questo.

L’ Iran ha espresso pubblicamente il suo disappunto per la dichiarazione congiunta Cina-GCC della scorsa settimana che ha spinto le affermazioni dei Regni del Golfo secondo cui la Repubblica islamica è la fonte dell’instabilità regionale e ha anche toccato le isole contese sotto il suo controllo che Teheran si rifiuta ufficialmente di discutere. Ho fornito qui alcune spiegazioni sul motivo per cui Pechino ha bruscamente ricalibrato il suo approccio finora equilibrato all’Asia occidentale facendo firmare al presidente Xi un documento così ferocemente anti-iraniano, ma la maggior parte dei miei colleghi non ha seguito l’esempio.

La Alt-Media Community (AMC) si è vistosamente rifiutata di criticare la dichiarazione congiunta anti-iraniana della Cina nel GCC, nonostante molte di queste stesse voci influenti abbiano precedentemente sostenuto la Repubblica islamica in innumerevoli occasioni. Alcuni come l’ex ambasciatore indiano MK Bhadrakumar si sono spinti fino a scrivere che “In ultima analisi, l’Iran può incolpare solo se stesso” per ciò che la Cina ha appena fatto. Chiaramente, il loro precedente sostegno all’Iran non era sincero, ma c’è anche dell’altro.

Francamente, molti membri dell’AMC sono riluttanti a criticare in modo costruttivo la Cina su qualsiasi cosa a causa della loro divinizzazione de facto della Repubblica popolare. Questo nonostante il Partito Comunista Cinese (PCC) abbia “evidenziato [ing] l’autoriforma come la chiave per consolidare la sua posizione di partito di governo a lungo termine” durante il 20° Congresso Nazionale di ottobre secondo il rapporto della Xinhua finanziato con fondi pubblici su quell’importante politica evento.

Molte di queste stesse persone per lo meno sostengono tacitamente le proteste occidentali contro le politiche COVID dei loro governi, ma contemporaneamente hanno condannato quelle recenti in Cina, anche se il PCC poco dopo ha allentato le sue politiche correlate in risposta e quindi ha dimostrato che non erano una rivoluzione colorata . Il dogma non ufficiale del “politicamente corretto” dell’AMC è che la Cina ha sempre ragione, non deve mai essere criticata, e tutti coloro che non seguono questa regola informale stanno presumibilmente lavorando contro il multipolarismo.

In poche parole, l’AMC si è in gran parte assegnato il compito di gestire le percezioni popolari a favore della Cina, ma molti hanno portato questo all’estremo al punto da renderlo effettivamente controproducente. La Cina, come tutti i paesi, non è perfetta e quindi ha sempre spazio per migliorare le sue politiche, come evidenziato dall’enfasi del PCC sull’autoriforma. Anche così, queste persone non riescono a riconoscerlo pubblicamente, con l’ultimo scandalo che circonda la dichiarazione congiunta Cina-GCC che funge da esempio perfetto.

Invece di riconoscere che la Cina, col senno di poi, non avrebbe dovuto firmare quel documento ferocemente anti-iraniano, stanno ignorando vistosamente il dispiacere pubblicamente espresso dall’Iran, trovando scuse o addirittura incolpando la Repubblica islamica come Bhadrakumar ha avuto la faccia tosta di fare. Avrebbero potuto rispettare gli interessi legittimi dell’Iran riaffermando contemporaneamente che la Cina non aveva intenzioni negative, cercava solo di portare avanti i suoi ambiziosi piani petroyuan e che i legami rimarranno sulla buona strada.

Per approfondire l’intuizione precedente, l’unico motivo per cui la Repubblica popolare ha trascurato gli interessi della sua controparte islamica è perché era ottimista sul fatto che l’ultimo vertice avrebbe accelerato i processi multipolari nell’Asia occidentale, primo fra tutti l’introduzione del petroyuan. Sebbene debbano ancora verificarsi progressi tangibili in quest’ultimo aspetto, il presidente Xi ha effettivamente chiesto che ciò avvenisse durante l’evento, il che parla delle sue grandi intenzioni strategiche.

Tuttavia, la Cina era così impegnata a fare del suo meglio per promuovere questo scenario che i suoi politici hanno purtroppo trascurato come la dichiarazione congiunta andasse contro i legittimi interessi dell’Iran, ergo perché hanno consigliato al presidente Xi di firmarlo invece di chiedergli di emendare il testo o rimosso per primo. L’AMC potrebbe facilmente spiegarlo al proprio pubblico, ma così facendo sfiderebbe il loro dogma non ufficiale “politicamente corretto” secondo cui la Cina è presumibilmente infallibile e quindi al di sopra di essere criticata in modo costruttivo.

La conseguenza è che la loro credibilità si è ulteriormente erosa agli occhi di molti dopo che è diventato ovvio che sono guidati dall’agenda non dichiarata di gestire l’interferenza per la Cina. Cercando di essere “più filo-cinesi dello stesso PCC guidato dall’autoriforma”, hanno finito per agire inavvertitamente come propagandisti anti-iraniani dopo aver rifiutato di riconoscere come quella dichiarazione congiunta andasse contro i legittimi interessi della Repubblica islamica.

Il presidente Raisi era così irritato da quanto accaduto che poco dopo ha detto in visita al vice premier cinese Hu Chunhua che “alcune posizioni sollevate durante la recente visita del presidente cinese nella regione hanno innescato infelicità e rancore tra la gente e nel governo dell’Iran”. A riportare questa tagliente osservazione è stato il Tehran Times , che è uno degli organi di stampa più credibili del suo Paese e quindi di certo non mentirebbe sulle parole del suo leader su una questione così delicata.

Nonostante ciò, la maggior parte delle figure influenti dell’AMC – comprese quelle che in precedenza avevano espresso il loro pieno sostegno all’Iran su una moltitudine di altre questioni nel corso degli anni – sono rimaste in silenzio o hanno continuato a trovare scuse per la Cina che implicano, intenzionalmente o meno, che l’Iran presumibilmente non ha motivo di essere offeso. Quelli come Bhadrakumar che incolpano l’Iran per quello che è successo sono la minoranza radicale, ma l’esistenza stessa delle loro opinioni nel discorso dell’AMC è ancora molto preoccupante.

È indiscutibile che l’AMC non sia riuscito a radunarsi attorno all’Iran di fronte all’involontaria violazione diplomatica della Cina dei suoi legittimi interessi nazionali, nonostante avesse precedentemente mostrato piena solidarietà alla Repubblica islamica su questioni altrettanto delicate. Qualsiasi osservatore veramente obiettivo sa che queste stesse persone sarebbero state furiose se gli Stati Uniti, Israele o un paese europeo avessero firmato quella dichiarazione congiunta ferocemente anti-iraniana, eppure tacciono o addirittura simpatizzano solo perché la Cina ha fatto questo.

Il risultato è che l’AMC non è così amichevole nei confronti dell’Iran come molti avrebbero potuto avere in precedenza, tuttavia, con il precedente sostegno da parte di influencer chiave che era semplicemente un mezzo per esprimere retrospettivamente dispiacere per l’Occidente invece di segnalare sincera solidarietà con la Repubblica islamica. Quando i suoi interessi sono stati inconsapevolmente violati dalla Cina, hanno preso la decisione consapevole di schierarsi con Pechino su Teheran, il che dimostra che non si può davvero fare affidamento su di loro per analizzare, articolare e/o portare avanti le politiche dell’Iran.

https://korybko.substack.com/p/analyzing-alt-medias-reluctance-to?utm_source=post-email-title&publication_id=835783&post_id=91223297&isFreemail=true&utm_medium=email

Perché non aveva altra scelta, di Vladimir Putin_ a cura di ANDREW KORYBKO

Qui sotto il resoconto della conferenza stampa del 22 dicembre tenuta da Vladimir Putin, preceduto e seguito da un commento di Andrew Korybko. Mi pare di grande importanza. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Putin ha spiegato perché non aveva altra scelta che proteggere la popolazione russa in Ucraina di Andrew Korybko

Chiaramente, le motivazioni umanitarie hanno giocato un ruolo importante nella decisione del presidente Putin di iniziare l’operazione speciale del suo paese. Era in parte guidato dal desiderio di difendere i diritti umani dei suoi coetnici in Ucraina dopo che i patron occidentali del suo regime sostenevano la violenta violazione di Kiev come parte della guerra ibrida contro la Russia del nuovo blocco de facto della Guerra Fredda. La guerra civile ucraina ha quindi posto la Russia in una posizione strategicamente svantaggiosa che ha costretto il presidente Putin ad agire.

Il presidente Putin ha inaspettatamente tenuto giovedì una conferenza stampa di vasta portata , durante la quale ha spiegato perché non aveva altra scelta che proteggere la popolazione russa in Ucraina, tra gli altri importanti argomenti di cui ha discusso. Il leader russo ha regolarmente ribadito questa motivazione umanitaria dietro l’ operazione speciale del suo paese , ma questa volta lo ha fatto in modo molto più dettagliato del solito. Il presente pezzo analizzerà ogni parte della sua risposta, dopodiché verranno condivisi alcuni pensieri finali……

Segue dopo il testo della intervista

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Presidente della Russia Vladimir Putin: Per favore.

Yulia Bubnova: Buon pomeriggio.

Agenzia TASS, Yulia Bubnova.

Ad essere onesti, vorrei iniziare con un po’ di sintesi. Chiaramente, non è stato l’anno più facile, e nemmeno il più ordinario, ma quali sono stati i suoi principali risultati per te?

Cosa abbiamo ottenuto, forse, cosa non siamo riusciti a ottenere, e come vedi il nostro futuro, dove stiamo andando e dove dovremmo arrivare?

Grazie.

Vladimir Putin: Non ci sono situazioni ideali. Le situazioni ideali si verificano solo nei piani, sulla carta, e tu vuoi sempre qualcosa di più. Ma in generale, penso che la Russia abbia superato l’anno con sicurezza. Non temiamo che la situazione attuale ci impedisca di attuare i nostri piani per il futuro, anche per il 2023.

Ripeto ancora una volta, crediamo – ci tengo a sottolinearlo – che tutto ciò che sta accadendo, e tutto ciò che riguarda l’operazione militare speciale, sia una misura assolutamente obbligata e necessaria. Dovremmo essere grati ai nostri militari, alle nostre truppe, agli ufficiali, ai nostri soldati per quello che stanno facendo per la Russia, difendendo i suoi interessi, la sovranità e, soprattutto, proteggendo il nostro popolo. Agiscono con dignità e ottengono ciò di cui il Paese ha bisogno.

Per quanto riguarda l’economia, come sapete, nonostante i crolli, le devastazioni e le catastrofi previste per noi nella sfera economica, non sta accadendo niente del genere. Inoltre, la Russia si sta comportando molto meglio di molti paesi del G20, e lo fa con sicurezza. Questo vale per i principali indicatori macroeconomici e per il PIL. Sì, c’è stato un piccolo calo. L’ho detto abbastanza di recente: 2,9 per cento, secondo esperti nostri e internazionali. Ora danno un’altra cifra, ancora più piccola: 2,5.

Il tasso di disoccupazione è un indicatore chiave a livello mondiale. In Russia è al di sotto del periodo pre-pandemia: lasciate che ve lo ricordi, allora era del 4,7 per cento e ora è del 3,8-3,9 per cento. Cioè, il mercato del lavoro è stabile.

I conti pubblici sono stabili, anche qui non ci sono dettagli allarmanti. Questo risultato non è caduto solo nelle nostre ginocchia. È il risultato del lavoro del Governo, delle squadre regionali, delle imprese e del sentimento della società, che mostra unità e voglia di lavorare insieme per raggiungere obiettivi comuni.

Pertanto, in generale, ci sentiamo fiduciosi e non ho dubbi che ogni obiettivo che ci siamo prefissati verrà raggiunto.

Konstantin Panyushkin: Buon pomeriggio.

Konstantin Panyushkin, Channel One.

Sulla scia del Consiglio di Stato, se vogliamo. Come valuteresti personalmente i risultati dell’attuazione delle politiche giovanili quest’anno, considerando il modo dignitoso in cui si sono comportati i giovani russi dal 24 febbraio?

Vladimir Putin: Sai, ne parliamo sempre – beh, non noi, ma guarda la nostra letteratura classica: parla sempre di padri e figli, è sempre una questione di giovani in qualsiasi periodo dello sviluppo del paese – e, anzi, credo che stia accadendo lo stesso in tutto il mondo: i giovani sono costantemente accusati di essere superficiali, indegni di qualcosa, che prima era tutto migliore.

Al contrario, credo che i giovani siano sempre migliori. Ricorda le prove più difficili in ogni momento della nostra storia. Tutti dicevano: “No, quello era allora, ora non potevano farlo”. Ma cosa non possono fare? I giovani possono fare tutto. Ci sono diversi tipi in tutte le fasce d’età. Ma in generale, i nostri giovani mostrano, principalmente, un desiderio di progresso, dimostrano un alto livello di istruzione, formazione, comprensione dei processi in corso nel mondo, nella società e comprensione di dove andare, cosa ha un vero valore , su cosa devi fare affidamento.

Parlo della nostra storia, dell’amore per la Patria, per la nostra Patria. Ciò è particolarmente pronunciato durante i periodi di prova.

Ricorda i nostri difficili eventi nel Caucaso settentrionale. La gente non pensava molto alla nostra giovinezza. Ma ricorda i paracadutisti di Pskov: questo è un esempio di ciò che i giovani possono fare, di come possono comportarsi eroicamente. E ora guarda come stanno combattendo i giovani e come i nostri giovani stanno rispondendo a ciò che sta accadendo nella zona dell’operazione militare speciale, come stanno sostenendo i nostri combattenti.

Oggi sono andato al  Manezh ed ero vicino alle lacrime quando ho visto come i giovani nella loro adolescenza e un po ‘più grandi raccoglievano cose, scrivevano lettere. C’erano anche molti volontari giovani.

Sì, le persone sono diverse. Ci sono persone che sono salite in macchina e se ne sono andate silenziosamente, sì. Ma nel complesso, voglio ribadire che i giovani russi – e posso dirlo con sicurezza – stanno dimostrando amore per la loro terra, voglia di lottare per essa e di andare avanti individualmente e come Paese.

Andrei Kolesnikov: Buon pomeriggio.

Giornale Kommersant.

Signor Presidente, quest’anno lei non ha tenuto il suo discorso all’Assemblea federale e, a quanto pare, non ce ne sarà uno. Come molti altri, ho scritto su questo, osservando che la questione del discorso è divampata in diversi formati di recente, ad esempio, alla riunione del Consiglio per lo sviluppo strategico e i progetti nazionali. Sembra che ieri se ne sia parlato anche nella riunione allargata del consiglio del ministero della Difesa.

Potresti spiegare perché è così quest’anno? E cosa riserva il futuro per il tuo indirizzo?

Vladimir Putin: Penso che non ci fosse nemmeno un indirizzo nel 2017. Mi riferisco all’anno solare. Ma dovrebbe esserci.

Qual è il problema? Il problema è che si tratta di eventi in rapido movimento, la situazione si sta sviluppando molto rapidamente. Pertanto, è stato molto difficile, probabilmente non molto, ma piuttosto difficile definire i risultati in un momento specifico e piani specifici per il prossimo futuro. Lo faremo all’inizio del prossimo anno, senza dubbio.

Ma il punto del discorso sta in quello che ho appena detto. Si è riflesso nelle mie affermazioni in un modo o nell’altro. Era impossibile non parlarne. Quindi, francamente, è stato piuttosto difficile per me e per l’ufficio esecutivo comprimere questo in un discorso formale senza molte ripetizioni, e basta. In altre parole, ho già parlato di cose fondamentali in un modo o nell’altro, quindi non c’era molta voglia di raccogliere tutto di nuovo e ripetere quello che avevo già detto.

Per qualcosa di sostanziale, abbiamo bisogno di tempo e analisi aggiuntive di ciò che sta accadendo, di cosa stiamo parlando e pianificando per il prossimo futuro.

Lo faremo. Non menzionerò le date esatte, ma lo faremo sicuramente nel prossimo anno.

Kseniya Golovanova: Kseniya Golovanova, Interfax.

Signor Presidente, vorrei chiederle dell’accordo sulla fornitura di batterie di missili Patriot all’Ucraina raggiunto durante la visita di Zelensky negli Stati Uniti. È possibile parlare di pieno coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto in Ucraina? E le conseguenze di questa decisione? Ad esempio, la Russia può portare i suoi sistemi più vicino ai confini dei paesi della NATO o dispiegarli nelle immediate vicinanze degli Stati Uniti?

Grazie.

Vladimir Putin : Lei ha chiesto se è possibile parlare di un maggiore coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto in Ucraina. Penso che dobbiamo guardare al problema in modo più ampio. Cosa intendo nello specifico e perché?

Perché gli Stati Uniti lo fanno da molto tempo, sono stati a lungo coinvolti nei processi che si svolgono nello spazio sovietico e post-sovietico. In epoca sovietica interi istituti lavoravano in Ucraina e si rendevano pienamente conto dello sfondo della questione. Hanno specialisti esperti e profondi che lo sanno professionalmente. Ripeto, il terreno è stato gettato in epoca sovietica; le persone sono state selezionate, i significati sono stati definiti e così via. Non voglio entrare nei dettagli a questo punto: questo non è il formato adatto per approfondire la storia del problema. Detto questo, è ancora chiaro da dove provenga tutto questo.

L’unità del mondo russo è una questione molto sottile. Divide et impera: questo slogan è stato utilizzato in tempi antichi ed è ancora utilizzato attivamente nella politica reale. Per questo il nostro potenziale avversario, i nostri avversari lo hanno sempre sognato e si sono sempre impegnati in questo. Hanno cercato di dividerci e poi gestire le parti separate.

Cosa c’è di nuovo qui? L’idea del separatismo ucraino è nata da sola molto tempo fa, quando eravamo ancora un solo paese. Sai, ho sempre detto che se qualcuno decide che si è formato un gruppo etnico separato e vuole vivere in modo indipendente, per l’amor di Dio, è impossibile andare contro la volontà della gente.

Ma se è così, questo principio deve essere universale ed è impossibile andare mai contro la volontà di persone che si sentono in una realtà diversa, che si considerano parte del popolo russo e del mondo russo, che credono di fanno parte di questa cultura, parte di questa lingua e parte di questa storia e di queste tradizioni. Nessuno può nemmeno combatterli.

Ma una guerra è stata scatenata contro di loro nel 2014. Voglio dire una guerra. Di questo si trattava. Che cosa è stato quando i centri di milioni di città forti sono stati colpiti dal cielo? Cos’era quando le truppe armate venivano schierate contro di loro? Era una guerra, operazioni di combattimento. Abbiamo sopportato tutto questo, sopportato e sopportato, nella speranza di qualche accordo di pace. Ora si scopre che siamo stati semplicemente ingannati. Quindi, un paese come gli Stati Uniti è coinvolto da molto tempo in questo. Tanto tempo.

In questo senso si può dire che, conducendoci all’attualità, hanno raggiunto l’obiettivo prefissato. Da parte nostra, non avevamo altra scelta che le azioni che abbiamo intrapreso alla fine dello scorso febbraio. Sì, questa è stata la logica che ha plasmato gli sviluppi, ma il nostro obiettivo principale è proteggere le persone che, lasciatemelo ripetere, si sentono parte della nostra nazione, parte della nostra cultura.

Cosa credevamo un tempo? Credevamo che va bene, l’URSS ha cessato di esistere. Ma, come ho detto ieri alla riunione del Consiglio del Ministero della Difesa, pensavamo che le nostre radici storiche comuni, il nostro background culturale e spirituale sarebbero stati più forti di ciò che ci separa, e tali forze sono sempre esistite. Abbiamo dato per scontato che ciò che ci unisce fosse più forte. Ma no, non è stato così, a causa dell’assistenza di forze esterne e del fatto che persone con opinioni nazionaliste estreme sono salite al potere sostanzialmente dopo il crollo dell’Unione.

E questa divisione andava sempre più peggiorando con l’aiuto di queste forze e nonostante tutti i nostri sforzi. Come ho detto una volta, all’inizio siamo stati separati, separati e poi messi l’uno contro l’altro. In questo senso hanno ottenuto dei risultati, certo, e in questo senso per noi è stato un po’ un fiasco. Non ci è rimasto nient’altro. Forse siamo stati deliberatamente portati a questo, a questo baratro. Ma non avevamo un posto dove ritirarci, questo è il problema.

Erano sempre pienamente coinvolti; hanno fatto del loro meglio. Non ricordo ora, ma puoi leggerlo nei libri di storia. Uno dei deputati della Duma di Stato zarista ha detto, se vuoi perdere l’Ucraina, aggiungici la Galizia. E questo è quello che è successo alla fine; si è rivelato un visionario. Come mai? Perché le persone di quella parte si comportano in modo molto aggressivo e di fatto sopprimono la maggioranza silenziosa nel resto di quel territorio.

Ma ancora una volta, abbiamo creduto che le basi alla base della nostra unità sarebbero state più forti delle tendenze che ci stanno separando. Ma si è scoperto che non era così. Hanno cominciato a sopprimere la cultura russa e la lingua russa, hanno cercato di rompere la nostra unità spirituale in modi totalmente barbari. E hanno fatto finta che nessuno se ne accorgesse. Come mai? Perché, come ho detto, la loro strategia era dividere e governare.

Un’unificazione del popolo russo è indesiderabile. Nessuno lo vuole. D’altra parte, la nostra disunione li renderebbe felici; continuerebbero volentieri a farci a pezzi. Ma la nostra unificazione e consolidamento sono cose che nessuno vuole, tranne noi, e lo faremo e ci riusciremo.

Per quanto riguarda gli aspetti tecnico-militari, il punto è che, come ho detto ieri, la fregata Admiral Gorshkov entrerà in servizio di combattimento all’inizio di gennaio, dotata di nuovi sistemi d’arma.

Non è che stiamo pianificando provocazioni, ma è comunque un fattore per rafforzare le nostre forze strategiche. Si tratta di impianti a medio raggio, ma hanno caratteristiche di velocità tali da poterci dare certi vantaggi in tal senso.

Per quanto riguarda il Patriot, è un sistema piuttosto vecchio. Direi che non funziona come il nostro S-300. Tuttavia, coloro che si oppongono a noi presumono che questi sistemi siano armi difensive. Tutto bene. Lo terremo a mente e c’è sempre un antidoto. Quindi quelli che stanno facendo questo, lo stanno facendo invano: non fa altro che prolungare il conflitto, e basta.

Konstantin Kokoveshnikov: Buon pomeriggio.

Konstantin Kokoveshnikov, canale televisivo Zvezda.

Se posso, avrei un’altra domanda sull’operazione militare speciale. Lei, come al solito, ha detto poco sull’andamento dell’operazione, preferendo non parlare dei dettagli. Tuttavia, vedi qualche segno che il conflitto si sta esaurendo?

Grazie.

Vladimir Putin: Sai, ne ho già parlato. La situazione in realtà ha cominciato a evolversi – qui era meno percettibile, mentre l’Occidente ha preferito non parlare né accorgersi di nulla – nel lontano 2014, dopo il colpo di stato istigato dagli Stati Uniti, quando a Maidan sono stati distribuiti dei biscotti. Ne ho parlato molte volte.

Ma il nostro obiettivo non è scatenare il conflitto militare, ma porre fine a questa guerra. Questo è ciò che vogliamo e questo è ciò che cercheremo di fare.

Quanto a me che ne parlo poco o con parsimonia, questo è logico. Da un lato, forse sarò parsimonioso, ma il Ministero della Difesa tiene briefing quotidiani per riferire all’opinione pubblica e al Paese su cosa sta succedendo, dove sta avvenendo, in che modo e così via.

In breve, faremo del nostro meglio per porre fine a tutto questo, e prima è, meglio è, ovviamente. Per quanto riguarda cosa e come ciò avvenga, ho notato in numerose occasioni che l’intensificarsi del conflitto porterà a perdite ingiustificate. Molti un po ‘fa un mickle.

Alexei Petrov: Alexei Petrov, canale televisivo Rossiya.

Signor Presidente, la mia domanda segue essenzialmente questo tema.

Gli ambienti politici occidentali hanno recentemente affermato, anche nella NATO, che le risorse occidentali che vengono fornite all’Ucraina come assistenza non sono illimitate; infatti, stanno finendo. Allo stesso tempo, alcuni esperti occidentali ritengono che le risorse della Russia siano limitate agli ultimi missili, munizioni e così via.

Lo abbiamo già sentito prima, ma, tuttavia, qual è la situazione nella nostra industria della difesa? Può ricostituire le risorse di cui abbiamo bisogno, da un lato, e produrre abbastanza per continuare l’operazione militare speciale, dall’altro?

Grazie.

Vladimir Putin: Prima di tutto, non credo che le risorse dei paesi occidentali e dei membri della NATO siano state ridotte. Un’altra questione è che l’Ucraina viene rifornita di armi dei paesi dell’ex Patto di Varsavia, la maggior parte delle quali è di fabbricazione sovietica. Questa risorsa si sta davvero esaurendo; abbiamo distrutto e bruciato quasi tutte queste armi. Sono rimaste solo poche dozzine di veicoli corazzati e un centinaio di altri sistemi d’arma. Ne abbiamo distrutti molti. Lo stock di questi sistemi è quasi esaurito.

Ma questo non significa che i paesi occidentali e la NATO non abbiano altre armi. Li hanno. Tuttavia, non è facile convertirsi a nuovi sistemi d’arma, compresi quelli standard della NATO. Ciò richiede tempi di preparazione, formazione del personale, scorte di pezzi di ricambio, manutenzione e riparazione. È una questione grande e complicata. Questo è il mio primo punto.

In secondo luogo, c’è anche la questione delle capacità dell’industria della difesa occidentale. Il settore della difesa degli Stati Uniti è vasto e può essere potenziato, ma anche lì non sarà facile, perché ciò comporta stanziamenti aggiuntivi e l’assegnazione dei fondi fa parte del processo di bilancio. Non è una cosa semplice.

Si dice che i sistemi Patriot possano essere inviati in Ucraina. Lascia che lo facciano; elimineremo anche i Patriots. E dovranno inviare qualcosa per sostituirli o creare nuovi sistemi. È un processo lungo e complicato. Non è tutto così semplice. Ne teniamo conto e contiamo tutto ciò che viene inviato lì, quanti sistemi ci sono nei depositi, quanti altri possono fabbricare e quanto velocemente, e se possono addestrare il personale necessario.

Passiamo ora alle nostre capacità e risorse. Li stiamo spendendo, ovviamente. Non fornirò cifre qui, ad esempio, quante conchiglie stiamo usando al giorno. Le cifre sono alte. Ma la differenza tra noi e coloro che ci stanno combattendo è che l’industria della difesa ucraina si sta rapidamente avvicinando allo zero, se non a una cifra negativa. Tutte le sue capacità produttive saranno presto distrutte, mentre la nostra struttura è in fase di espansione. Come ho sottolineato ieri nella riunione del Consiglio del Ministero della Difesa, non lo faremo a scapito degli altri settori economici. Dobbiamo comunque provvedere all’esercito, in un modo o nell’altro, come ha detto ieri il Ministro.

A differenza dell’Ucraina, negli ultimi decenni abbiamo sviluppato la nostra industria, compreso il settore della difesa. Abbiamo sviluppato la scienza e la tecnologia militare. Mancano alcuni elementi, come munizioni vaganti, droni e simili, ma ci stiamo lavorando. Sappiamo quali imprese possono produrli, quante e in quanto tempo. Abbiamo i fondi per finanziare centri di ricerca e tecnologia e capacità produttive. Abbiamo tutto questo.

Sì, c’è un problema con l’aumento della velocità e dei volumi di produzione. Ma possiamo farcela e sicuramente lo faremo.

Aisel Gereykhanova : Aisel Gereykhanova, Rossiyskaya Gazeta.

Signor Presidente, in questa situazione, esiste una reale possibilità di una soluzione diplomatica alla situazione ucraina? È possibile?

Vladimir Putin : Ogni conflitto, ogni conflitto armato finisce con una sorta di negoziato sulla pista diplomatica, in un modo o nell’altro, e noi non ci siamo mai rifiutati di negoziare. È la leadership ucraina che si è proibita di negoziare. Questo atteggiamento è alquanto insolito, persino bizzarro, direi. Tuttavia, prima o poi, tutte le parti che si trovano in uno stato di conflitto si siedono e negoziano. Prima questa realizzazione arriva a coloro che ci si oppongono, meglio è. Non ci siamo mai arresi.

Valery Sanfirov : Valery Sanfirov, Vesti FM.

Signor Presidente, negli ultimi tempi si è incontrato spesso con i militari.

Vladimir Putin : Questo ti sorprende?

Valery Sanfirov : No.

Vladimir Putin : Ogni giorno, in modo che tu capisca, ogni giorno.

Valery Sanfirov : Una domanda sugli eroi.

Hai superato Kutuzovsky Prospekt mentre ti recavi a questa riunione del Consiglio di Stato; le strade in quella zona prendono il nome dal generale Dorokhov, Rayevsky, Barclay de Tolly e Vasilisa Kozhina. Anche la riunione del Consiglio di Stato si è svolta in una sala con circa 11.000 targhe con i nomi degli eroi decorati di San Giorgio, se non sbaglio.

L’operazione militare speciale sta producendo eroi e comandanti nazionali? Ci sono nuovi nomi che appaiono?

Vladimir Putin : Sì, certo. Sfortunatamente, qualsiasi conflitto armato è associato a perdite, tragedie, feriti e così via. E di regola, sai, quelli che muoiono difendendo gli interessi della loro Patria, della loro Patria, del loro popolo, quelli che ricevono ferite, sono i più forti. Sono in prima linea. E, naturalmente, sono eroi. L’ho detto molte volte. Questa è la mia personale profonda convinzione.

Pensaci: tu ed io siamo qui in questa sala del Palazzo del Cremlino; siamo al caldo, con il sole artificiale che splende sopra di noi; le luci sono accese, l’interno è bellissimo e i soldati sono là fuori nella neve. Vedi?

Parliamo delle solette dei loro stivali e così via, delle loro armi, ma possono essere presi di mira in qualsiasi momento. Certo, sono tutti eroi. Stanno facendo uno sforzo enorme, mettendo a rischio la loro salute e la loro vita. Certo, sono eroi. Alcuni di loro commettono atti speciali, atti che vengono definiti eroismo, eroismo personale. Non solo duro lavoro, ma eroismo personale.

Ci pensiamo, ovviamente, e troveremo sicuramente un modo per presentarli come modelli per tutta la nostra società, come esempio da seguire per le giovani generazioni. Queste persone stanno rafforzando lo spirito interiore della nazione. Questo è molto importante. Certamente li abbiamo. Ce ne sono molti. Probabilmente ne conosci alcuni; altri non li conosciamo ancora, non abbiamo ancora i loro nomi, ma li elencheremo di sicuro.

Maria Glebova : Maria Glebova, RIA Novosti.

Se posso, vorrei tornare all’economia.

Prima hai detto che l’economia non è crollata. Ma ora sentiamo che il colpo principale arriverà l’anno prossimo. Potrebbe dirci se sarà possibile mantenere a galla l’economia russa?

Inoltre, alla fine di ogni anno, incontri i dirigenti d’azienda russi. Ma non quest’anno. Perché? Vede ora il loro ruolo nella crescita degli investimenti privati?

Vorrei anche sollevare questioni sociali. Tutti gli impegni sociali assunti continueranno ad essere rispettati?

Grazie.

Vladimir Putin : Per quanto riguarda l’economia, ho già toccato questo argomento, ma ho qualcosa da aggiungere.

In primo luogo, il collasso economico previsto non si è verificato. È vero, abbiamo registrato un calo e ripeterò le cifre. Ci sono state promesse – o forse previsioni o speranze – che l’economia russa si contrarrà. Alcuni hanno affermato che il suo PIL sarebbe diminuito del 20% o più, del 20-25%. È vero, c’è un calo del PIL, ma non del 20-25 per cento; è infatti del 2,5%. Questa è la prima cosa.

Secondo. L’inflazione, come ho detto, quest’anno sarà poco più del 12 percento: è anche uno degli indicatori più importanti. Questo, penso, è molto meglio che in molti altri paesi, compresi i paesi del G20. L’inflazione non è buona, ovviamente, ma essere più piccola che in altri paesi è buona.

L’anno prossimo – abbiamo accennato anche a questo – ci impegneremo per raggiungere l’obiettivo del 4-5 per cento, sulla base dell’andamento dell’economia nel primo trimestre, almeno lo speriamo. E questa è una tendenza molto buona, a differenza di altri paesi del G20, dove l’inflazione è in aumento.

La disoccupazione è al minimo storico del 3,8%. Abbiamo un deficit di bilancio, questo è vero, ma è solo del 2 per cento quest’anno, anche l’anno prossimo, poi è previsto all’uno per cento, e meno dell’uno per cento nel 2025: ci aspettiamo circa lo 0,8 per cento. Vorrei sottolineare che altri paesi – sia le grandi economie in via di sviluppo che le cosiddette economie di mercato sviluppate – registrano un deficit molto maggiore. Negli Stati Uniti, credo, è del 5,7%, e in Cina è di oltre il 7%. Tutte le principali economie registrano deficit superiori al 5%. Non siamo.

Questa è una buona base per entrare con fiducia nel 2023.

La nostra priorità per il 2023 sarà lo sviluppo delle infrastrutture. Non credo sia necessario elencare tutti i progetti, ne abbiamo molti: il progetto del dominio operativo orientale, il corridoio nord-sud e altri progetti infrastrutturali in tutto il paese (di recente Marat Khusnullin ha riferito sulla costruzione di strade) e così via. Aeroporti, porti, molti altri progetti.

Successivamente, dobbiamo anche affrontare le questioni finanziarie. Cosa voglio dire? Il sistema finanziario del paese è stabile, le banche sono affidabili e operano senza interruzioni, grazie al governo e ai dipendenti delle banche che lavorano molto duramente e conoscono molto bene il proprio lavoro. Sono persone altamente qualificate che gestiscono molte cose, se non tutto. Dobbiamo mantenere la stabilità macroeconomica. Non permetteremo alcuna spesa incontrollabile ma, come ho detto, ci muoveremo verso il raggiungimento dei principali indicatori macroeconomici che possano sostenere la stabilità economica in generale.

Ho parlato di infrastrutture. Il prossimo aspetto importante è il mantenimento della stabilità del sistema finanziario, del sistema bancario e del bilancio. È importante fare una cosa molto importante, che è quella di sostituire l’investimento su cui prima facevano affidamento i partecipanti all’attività economica, comprese alcune istituzioni occidentali, fondazioni e così via, con fonti interne al Paese. Devono essere sostituiti con finanziamenti interni. Certo, possiamo farlo impegnando vari strumenti. Non voglio entrare nei dettagli. Se stai facendo una domanda sull’economia, molto probabilmente i tuoi lettori sanno cosa sono. Esistono e devono essere sviluppate. Non è una cosa semplice ma è possibile.

Certo, dobbiamo risolvere il problema principale, che è l’aumento dei salari reali. È assolutamente ovvio. Considerando l’inflazione e le entrate di bilancio, possiamo fare un passo in questa direzione. Abbiamo tutta una serie di misure economiche che dobbiamo prendere. Non ho dubbi che siano tutti realizzabili. I risultati del prossimo anno mostreranno come possiamo realizzare questi piani e avvicinarci alla soluzione di questi compiti.

Maria Glebova : E le grandi imprese?

Vladimir Putin : Grandi imprese.

Vedi, mi piace sempre incontrare i miei colleghi, anche se ora il COVID è di nuovo in aumento, insieme all’influenza suina. È l’unico problema. Voglio dire, potrei incontrarli come se stessi incontrando te, ma devono riunirsi in un posto. Possono comportare determinati rischi reciproci in termini di situazione epidemiologica. È l’unico problema. In ogni caso, manteniamo un contatto costante e continueremo a sviluppare questo dialogo.

Stanno attraversando momenti difficili. Vedi, ci sono persone diverse. Lo sappiamo bene, il Paese lo sa. Prima di tutto, sono stati tutti soggetti a sanzioni. Occidentali, filo-occidentali o meno, sono stati sottoposti alle sanzioni indiscriminatamente. Per che cosa? Per costringere le imprese a confrontarsi con il governo. Ma le persone che vivono in questo paese devono servire gli interessi del paese. E il Paese è interessato a che lavorino in modo efficace e paghino le tasse. Non devono far sequestrare una barca all’estero o un castello sul Mar Mediterraneo oa Londra.

Vedete, il punto è che se una persona vive qui e associa la sua vita, la vita dei suoi figli e della sua famiglia a questo paese, è una cosa. Ma se una persona non associa la propria vita a questo paese e semplicemente prende soldi da qui per costruirsi una vita all’estero, significa che non apprezza il paese in cui vive e guadagna denaro, ma invece apprezza le sue buone relazioni nel luogo in cui la sua proprietà e i conti bancari lo sono. Questo tipo di persone rappresenta un pericolo per noi.

Ma non giudichiamo, purché funzionino in modo efficace. Manteniamo e continueremo a mantenere i nostri contatti.

Voglio sottolineare che forse non al 100 percento, non tutti, ma la maggior parte dei rappresentanti delle imprese, comprese le grandi imprese, sono patrioti del nostro paese, patrioti della Russia. Ogni persona ha le proprie circostanze individuali, ma tutti si sforzano non solo di vivere e lavorare in Russia, ma di lavorare nell’interesse del nostro paese, mantenere il proprio personale, le imprese, sviluppare l’economia, ecc.

Nakhid Babayev : Buon pomeriggio, signor presidente.

Il mio nome in Nakhid Babayev, NTV.

Vorrei parlare di più dell’economia. La Russia sta subendo perdite dopo l’adozione del prezzo massimo del petrolio russo? Il settore petrolifero ha chiesto allo Stato aiuti, concessioni?

Da qui la domanda successiva. Si parla molto delle misure di risposta e si sta elaborando un ordine esecutivo. Le misure da esso delineate saranno in grado di tutelare i nostri interessi?

Vladimir Putin : Sai, penso che firmerò l’ordine esecutivo lunedì o martedì prossimo. Si tratta di misure preventive, perché non vi sono danni evidenti alla Russia, all’economia russa o al settore energetico e dei combustibili russo. Stiamo vendendo petrolio approssimativamente agli stessi prezzi di questo limite.

Sì, l’obiettivo dei nostri avversari e avversari geopolitici è ridurre le entrate al bilancio russo, ma non perdiamo nulla a causa di questo limite. Il settore russo dei carburanti e dell’energia, il bilancio e l’economia non stanno subendo perdite, perché già vendiamo petrolio a questo prezzo.

Ma ciò che è importante è che stanno cercando di portare nuovi strumenti, non caratteristici dell’economia di mercato, nell’economia globale. Il cliente, l’acquirente, sta cercando di introdurre una nuova regolamentazione non di mercato da utilizzare in teoria e in pratica in tutto il mondo.

Immagina questo: vuoi andare da un concessionario per comprare un’auto, diciamo, una Mercedes o una Chevrolet. Vai lì e dici: “Lo comprerò per cinque rubli, non di più”. Va bene. Compri una, due, tre auto e poi la fabbrica Mercedes chiuderà, perché la produzione di auto Mercedes o Chevrolet non sarà più redditizia. È lo stesso nel settore energetico, completamente la stessa cosa.

Questo settore è già privo di investimenti. Ci sono problemi legati al fatto che il denaro non viene investito in nuovi progetti come gasdotti, produzione e sviluppo a causa delle preoccupazioni ambientali e della transizione verso fonti energetiche rinnovabili. Le banche non prestano denaro e le compagnie di assicurazione si rifiutano di emettere polizze. Le grandi aziende globali hanno smesso di investire nel volume di cui ha bisogno il settore energetico globale.

E ora stanno cercando di fissare amministrativamente un prezzo massimo. Questa è la strada per distruggere il settore energetico globale. Potrebbe arrivare il momento in cui il settore sottoinvestito smetterà di fornire il volume necessario di prodotti ei prezzi saliranno e danneggeranno coloro che stanno cercando di introdurre questi strumenti.

Pertanto, i produttori di energia, i produttori di petrolio in questo caso, la prendono sul personale, riferendosi a se stessi, non alla Russia, ma a se stessi perché tutti credono che questo sia il primo tentativo di dettare regole amministrative di regolamentazione dei prezzi ai produttori, e ne seguiranno altri.

Alexei Lazurenko : Alexei Lazurenko, Izvestia.

Vorrei approfondire lo stesso argomento.

Decisioni simili per limitare i prezzi del gas sono state adottate diversi giorni fa. Cosa faremo in questo contesto? Quanto è grande questa minaccia per noi e quale sarà il futuro dei gasdotti Nord Stream?

Vladimir Putin : Questa iniziativa segue lo stesso schema, per quanto ne so. Ancora una volta, si assiste a un tentativo di utilizzare la leva amministrativa per regolamentare i prezzi. Nulla di buono può venirne fuori per i mercati del gas o del petrolio.

Nel complesso, a volte i nostri colleghi e partner mi sorprendono davvero per quanto siano poco professionali. C’è stato un tempo in cui è stata la Commissione europea a costringerci a passare ai prezzi di mercato ea fissare il prezzo del gas naturale sulla borsa merci. Noi, a nostra volta, e io personalmente, abbiamo cercato di convincere Bruxelles a non farlo, dicendo che non è così che funziona il mercato del gas e che avrebbe gravi conseguenze, con conseguente aumento dei prezzi. Questo è esattamente ciò che sta accadendo in questo momento. Adesso non sanno come uscire da questa situazione e stanno cercando di regolamentare anche il prezzo del gas.

Tuttavia, c’è una leggera differenza rispetto al modo in cui cercano di regolare i prezzi del petrolio. Questa volta, la Commissione europea si sta concentrando sulla regolamentazione degli scambi di merci. Stanno ancorando i prezzi del gas al GNL, affermando che i prezzi del gas devono essere correlati ai prezzi del GNL, ecc. Tuttavia, questo è un tentativo di utilizzare metodi amministrativi per regolare i prezzi.

Sai, non ci ascoltano, non vogliono trattare con noi, non gli piacciono e vogliono contrastarci. Bene, ma per quanto riguarda l’ascolto di se stessi? Mi riferisco a coloro che cercano di regolamentare i prezzi del gas in Europa. Prendono sempre spunto dagli americani, inchinandosi e umiliandosi ogni volta che gli viene ordinato di fare qualcosa. Questa volta non ci sono stati ordini, ma avrebbero potuto ascoltare quello che dicono gli esperti americani. Prendi Friedman, un importante economista e vincitore del premio Nobel. Ha detto che se vuoi creare una carenza di pomodori, limita il prezzo dei pomodori. Immediatamente avrai una carenza di pomodori. Stanno facendo lo stesso con petrolio e gas, esattamente lo stesso. Per qualche ragione, nessuno sta ascoltando.

Abbiamo tenuto d’occhio questi sviluppi, osservandoli. Se il sistema che propongono si inclina verso la regolamentazione amministrativa e va contro i contratti di Gazprom con le sue controparti, o se c’è qualche interferenza in questi contratti, ci riserviamo il diritto di considerare se abbiamo l’obbligo di eseguire questi contratti mentre l’altra parte viola loro.

Per quanto riguarda i Nord Stream…. Cosa posso dire? Questo è stato un attacco terroristico, il che è ovvio, e tutti lo hanno riconosciuto. Ancora più sorprendente è che si tratta di un atto di terrorismo internazionale, o dovrei dire di stato. Come mai? Perché gli individui non possono compiere da soli attacchi terroristici di questo tipo. Gli Stati erano chiaramente coinvolti nel perpetrarli.

Come si dice in questi casi: cerca chi ne trarrà beneficio. Chi trarrà vantaggio dal fatto che il gas russo venga fornito all’Europa solo attraverso l’Ucraina, chi trarrà vantaggio dal fatto che l’Ucraina riceva i soldi? L’aggressore è la Russia, ma ricevono denaro da noi per il transito e noi li paghiamo, sebbene ci chiamino aggressori e sebbene siano aggressori anche in relazione al Donbass. Stiamo contrastando l’aggressività, non il contrario. Prendono soldi e va bene. Il denaro è denaro.

Chi trae vantaggio dal fatto che il gas russo venga fornito all’Europa solo attraverso l’Ucraina? Ecco chi l’ha fatto saltare in aria. Nessuno sta indagando. Abbiamo avuto l’opportunità solo una volta di ispezionare i luoghi delle esplosioni. Tutto questo era nei media, non c’è niente da ripetere, perché sono sicuro che lo sai già. Ma non c’è una vera indagine, nessuno sta indagando. È sorprendente ma vero.

Per quanto riguarda petrolio e gas, sai cosa mi è venuto in mente in questo momento durante la nostra conversazione? Ne ho già parlato una volta, ma penso che sarà difficile non essere d’accordo con quanto sto per dire.

Guarda, stanno cercando di mettere un tetto massimo alle risorse energetiche, al petrolio e al gas. Chi li produce? Anche la Russia, i paesi arabi, l’America Latina, l’Asia, l’Indonesia, il Qatar, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti producono petrolio. Gli Stati Uniti producono sia petrolio che gas, ma consumano tutto: gli resta poco per il mercato esterno. Cioè, viene prodotto in quei paesi, ma consumato in Europa e negli Stati Uniti.

Credo che quello che stanno cercando di fare ora sia un residuo del colonialismo. Sono abituati a derubare altri paesi. In effetti, in larga misura, l’ascesa delle economie dei paesi europei si basa sulla tratta degli schiavi e sulla rapina in Africa, Asia e America Latina. In larga misura, la prosperità degli Stati Uniti è nata dalla tratta degli schiavi e dall’uso del lavoro degli schiavi, e poi, ovviamente, come risultato della prima e della seconda guerra mondiale, il che è ovvio. Ma sono abituati a derubare gli altri. E un tentativo di regolamentazione non di mercato nella sfera dell’economia è la stessa rapina coloniale, o, in ogni caso, un tentativo di rapina coloniale.

Ma il mondo è cambiato ed è improbabile che possano farlo oggi.

Alexander Yunashev: Signor Presidente, buon pomeriggio.

Alexander Yunashev, Vita.

Vorrei chiederti in che modo gli eventi degli ultimi mesi hanno cambiato la tua vita e la tua routine quotidiana? Trovi il tempo per allenarti?

La prossima settimana è Capodanno, quindi vorrei augurarti buone vacanze e chiederti come le trascorrerai?

Grazie.

VladimirPutin: Grazie.

Non c’è niente fuori dall’ordinario qui. Festeggerò questo capodanno con la mia famiglia, con persone a me care, e guarderò il discorso del Presidente, il discorso.

Per quanto riguarda lo sport, continuo a fare esercizio. Credo che questo sia solo un modo per mantenermi in forma e devo mantenermi in forma per il lavoro. È come una pillola che ti fa stare bene e lavorare bene. Vorrei che tutti avessero questa attitudine allo sport: è una buona cosa. Dicono che aiuta anche a mantenersi in forma mentalmente: una mente sana in un corpo sano.

Grazie anche a te.

Buone vacanze! I miei migliori auguri.

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prosegue il commento di Korybko

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* “ Lei ha chiesto se è possibile parlare di un maggiore coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto in Ucraina. Penso che dobbiamo guardare al problema in modo più ampio. Cosa intendo nello specifico e perché? Perché gli Stati Uniti lo fanno da molto tempo, sono stati a lungo coinvolti nei processi che si svolgono nello spazio sovietico e post-sovietico. 

– Il presidente Putin ha immediatamente collocato la fase attuale del conflitto ucraino nel giusto contesto storico ricordando al suo pubblico le sue vere origini, sottolineando che tutto può essere ricondotto in ultima analisi all’ingerenza americana nell’ex Unione Sovietica.

* “ In epoca sovietica interi istituti lavoravano in Ucraina e si rendevano pienamente conto dello sfondo della questione. Avevano specialisti esperti e profondi competenti professionalmente. Ripeto, il terreno è stato gettato in epoca sovietica; le persone sono state selezionate, i significati sono stati definiti e così via. Non voglio entrare nei dettagli a questo punto: questo non è il formato adatto per approfondire la storia del problema. Detto questo, è ancora chiaro da dove provenga tutto questo ”.

– Ha poi costruito sulla precedente intuizione spiegando il modus operandi in gioco, in particolare l’influenza che le forze esterne hanno esercitato nell’esacerbare le differenze di identità preesistenti attraverso i loro servizi di intelligence.

* “ L’unità del mondo russo è una questione molto sottile. Divide et impera: questo slogan è stato utilizzato in tempi antichi ed è ancora utilizzato attivamente nella politica reale. Per questo il nostro potenziale avversario, i nostri avversari lo hanno sempre sognato e si sono sempre impegnati in questo. Hanno cercato di dividerci e poi gestire le parti separate.

– Il presidente Putin ha poi affermato esplicitamente ciò a cui aveva accennato fino a quel momento, vale a dire che il gioco finale americano è sempre stato quello di portare avanti la classica strategia del divide et impera contro l’ex Unione Sovietica e il suo stato successore della Federazione Russa.

* “ Cosa c’è di nuovo qui? L’idea del separatismo ucraino è nata da sola molto tempo fa, quando eravamo ancora un solo paese. Sai, ho sempre detto che se qualcuno decide che si è formato un gruppo etnico separato e vuole vivere in modo indipendente, per l’amor di Dio, è impossibile andare contro la volontà del popolo”.

– Ciò a cui si riferisce specificamente rispetto alla sua posizione precedentemente articolata è il suo magna opus dell’estate 2021 “Sull’unità storica di russi e ucraini “, che ha ribadito la sua fede nell’indipendenza dell’Ucraina, anche se come uno stato veramente sovrano e non un proxy di potenze ostili come gli Stati Uniti.

* “ Ma se è così, questo principio deve essere universale ed è impossibile andare mai contro la volontà di persone che si sentono in una realtà diversa, che si considerano parte del popolo russo e del mondo russo, che credono di essere parte di questa cultura, parte di questa lingua e parte di questa storia e di queste tradizioni. Nessuno può nemmeno combatterli .

– È qui che il presidente Putin ha iniziato a spiegare la motivazione umanitaria alla base dell’operazione speciale del suo paese, richiamando l’attenzione sul fatto che non dovrebbero essere applicati doppi standard nei confronti di ucraini e russi quando si tratta del diritto all’autodeterminazione sancito dalle Nazioni Unite.

* “ Ma contro di loro nel 2014 si è scatenata una guerra. Una guerra intendo. Di questo si trattava. Che cosa è stato quando i centri di città con milioni di abitanti sono stati colpiti pesantemente dal cielo? Cos’era quando le truppe armate venivano schierate contro di loro? Era una guerra, operazioni di combattimento. Abbiamo sopportato tutto questo, sopportato e sopportato, nella speranza di qualche accordo di pace. Ora si scopre che siamo stati semplicemente ingannati. Quindi, un paese come gli Stati Uniti è coinvolto da molto tempo in questo. Tanto tempo.”

– Non lo dice direttamente, ma l’ultima parte del passaggio di cui sopra accenna a quanto si senta deluso nei confronti della sua ex amica Merkel per aver ammesso che Minsk era solo uno strattagemma per riarmare Kiev in vista della sua prevista offensiva finale sul Donbass, che aveva lo scopo di porre definitivamente fine alla guerra civile ucraina.

* “ In questo senso, è possibile dire che, conducendoci all’attualità, hanno raggiunto l’obiettivo desiderato. Da parte nostra, non avevamo altra scelta che le azioni che abbiamo intrapreso alla fine dello scorso febbraio. Sì, questa è stata la logica che ha plasmato gli sviluppi, ma il nostro obiettivo principale è proteggere le persone che – lasciatemelo ripetere – si sentono parte della nostra nazione, parte della nostra cultura”.

– Il presidente Putin ha dato l’esempio in questa parte, dissipando il pio desiderio che in precedenza aveva sconsigliato agli analisti russi di indulgere dopo aver riconosciuto di essere stato effettivamente ingannato dalla Merkel su Minsk, nonostante alcuni membri della comunità di Alt-Media continuassero a insistere sul fatto che non lo fosse .

* “ Cosa credevamo una volta? Credevamo che va bene, l’URSS ha cessato di esistere. Ma, come ho detto ieri alla riunione del Consiglio del Ministero della Difesa, pensavamo che le nostre radici storiche comuni, il nostro background culturale e spirituale sarebbero stati più forti di ciò che ci separa, e tali forze sono sempre esistite. Abbiamo dato per scontato che ciò che ci unisce fosse più forte. Ma no, non è stato così, a causa dell’assistenza di forze esterne e del fatto che persone con opinioni nazionaliste estreme sono salite al potere sostanzialmente dopo il crollo dell’Unione .

– Qui aggiunge all’intuizione precedente spiegando il processo di pensiero dei politici russi che hanno inavvertitamente contribuito a far sì che tutti loro, compreso lui stesso, siano stati indotti dalla Merkel a indulgere in un pio desiderio su Minsk e ad innamorarsi di fantasie politiche ben intenzionate sull’Ucraina.

* “ E questa divisione andava sempre più peggiorando con l’aiuto di queste forze e nonostante tutti i nostri sforzi. Come ho detto una volta, all’inizio siamo stati separati, separati e poi messi l’uno contro l’altro. In questo senso hanno ottenuto dei risultati, certo, e in questo senso per noi è stato un po’ un fiasco. Non ci è rimasto nient’altro. Forse siamo stati deliberatamente portati a questo, a questo baratro. Ma non avevamo nessun posto dove ritirarci, questo è il problema ”.

– Il presidente Putin ha dimostrato ancora una volta di riconoscere apertamente le sue carenze politiche descrivendo la complicata situazione in cui è stata costretta la Russia alla vigilia della sua operazione speciale come “qualcosa di un fiasco per noi”, il che è vero e testimonia il fallimento dell’approccio precedente del suo paese.

* “ Erano sempre pienamente coinvolti; hanno fatto del loro meglio. Non ricordo ora, ma puoi leggerlo nei libri di storia. Uno dei deputati della Duma di Stato zarista ha detto, se vuoi perdere l’Ucraina, aggiungici la Galizia. E questo è quello che è successo alla fine; si è rivelato un visionario. Come mai? Perché le persone di quella parte si comportano in modo molto aggressivo e di fatto sopprimono la maggioranza silenziosa nel resto di quel territorio”.

– Elaborando un po’ di più sul motivo per cui la Russia è stata condotta in un tale “fiasco”, ha insinuato che è in parte perché i politici hanno sottovalutato l’influenza degli ucraini ipernazionalisti dell’ex regione polacca della Galizia orientale sul resto del paese, il problema di quanto era stato previsto un secolo fa.

“ Ma ancora una volta, abbiamo creduto che le basi alla base della nostra unità sarebbero state più forti delle tendenze che ci stanno separando. Ma si è scoperto che non era così. Hanno cominciato a sopprimere la cultura russa e la lingua russa, hanno cercato di rompere la nostra unità spirituale in modi totalmente barbari. E hanno fatto finta che nessuno se ne accorgesse. Come mai? Perché, come ho detto, la loro strategia era quella di dividere e governare ».

– Tornando al motivo principale per cui ha sollevato le origini dell’ultima fase del conflitto ucraino, il presidente Putin ha spiegato come gli ucraini ipernazionalisti della Galizia abbiano imposto violentemente la loro identità ai loro compatrioti russi, cosa che gli Stati Uniti hanno sostenuto come parte della loro divisione. trama e regola.

* “ Un’unificazione del popolo russo è indesiderabile. Nessuno lo vuole. D’altra parte, la nostra disunione li renderebbe felici; continuerebbero volentieri a farci a pezzi. Ma la nostra unificazione e consolidamento sono cose che nessuno vuole, tranne noi, e lo faremo e ci riusciremo”.

– L’ultima parte della sua risposta sul ruolo dell’America nel provocare l’operazione speciale della Russia ha riassunto la grande motivazione strategica dell’egemone unipolare in declino e la contrappone a quella del suo paese, dichiarando che Mosca non sarà mai sconfitta nella sua ricerca di unire il popolo russo.

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Chiaramente, le motivazioni umanitarie hanno giocato un ruolo importante nella decisione del presidente Putin di iniziare l’operazione speciale del suo paese. Era in parte guidato dal desiderio di difendere i diritti umani dei suoi coetnici in Ucraina dopo che i patroni occidentali del suo regime sostenevano la violenta violazione di Kiev come parte della guerra ibrida contro la Russia del nuovo blocco de facto della Guerra Fredda . La guerra civile ucraina ha quindi posto la Russia in una posizione strategicamente svantaggiosa che ha costretto il presidente Putin ad agire.

http://en.kremlin.ru/events/president/news/70170

https://korybko.substack.com/p/putin-explained-why-he-had-no-choice?utm_source=post-email-title&publication_id=835783&post_id=92640506&isFreemail=true&utm_medium=email

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