GLI STATI UNITI, L’UNIONE EUROPEA E LA GUERRA RUSSO-UCRAINA. a cura di Luigi Longo

GLI STATI UNITI, L’UNIONE EUROPEA E LA GUERRA RUSSO-UCRAINA.

a cura di Luigi Longo

Suggerisco la lettura di tre scritti: il primo scritto riguarda l’intervista all’analista geopolitico russo Leonid Savin apparso sul sito www.comedonchisciotte.org del 24/3/2022 con il titolo In Ucraina laboratori biologici americani. L’obiettivo era la Russia; il secondo scritto concerne l’articolo di Thierry Meyssan con il titolo Ucraina: la grande manipolazione pubblicato sul sito www.voltairenet.org del 22/3/2022; il terzo scritto attiene al saggio di Jacques Baud con il titolo La guerra Russia-Ucraina visto da un ex NATO presentato sul sito www.startmag.it del 20/3/2022 e in precedenza sul sito di Giuseppe Gagliano https://centrostudistrategicicarlodecristoforis.wordpress.com/2022/03/17/la-questione-ucraina-nella-analisi-di-jacques-baud-servizi-segreti-svizzeri/?fbclid=IwAR1EaxLvsPzberetDfh5Sb4HAWR99CVRIYtE_vyreRHzZZh6cx5ncr966U8e sul nostro blog.

Del primo scritto mi interessa evidenziare la presenza in Ucraina dei laboratori biologici statunitensi che conferma l’uso delle armi batteriologiche da parte degli USA nel conflitto multicentrico contro la Cina e la Russia.

Del secondo scritto mi interessa sottolineare la grande manipolazione, da parte dell’Occidente (USA e UE), delle ragioni della guerra russo-ucraina sui diversi fronti: la guerra reale, la guerra diplomatica, la guerra economica e finanziaria, la guerra ideologica.

Del terzo scritto mi interessa rimarcare la ricostruzione delle dinamiche che hanno indotto la Russia ad intervenire in Ucraina con le armi, sia per difendere la propria sicurezza e la propria autonomia, che la strategia USA, tramite l’allargamento della NATO mette in pericolo, sia per proteggere le popolazioni dalla repressione del governo ucraino delle regioni delle repubbliche popolari separatiste del Donetsk e Lugansk; repressione iniziata nel 2014 contro le regioni di lingua russa (Odessa, Dnepropetrovsk, Kharkov, Luhansk e Donetsk) che condusse ad una militarizzazione del contesto e ad alcuni massacri (a Odessa e Mariupol, i più importanti).

Mi interessa anche mettere in luce, perché fa capire la strategia russa, il diverso approccio dell’uso della guerra: per gli occidentali la guerra inizia quando la politica si ferma. Tuttavia, l’approccio russo segue un’ispirazione clausewitziana: la guerra è la continuità della politica e si può passare in modo fluido dall’una all’altra, anche nel corso dei combattimenti. Questo crea pressione sull’avversario e lo spinge a negoziare.

E’ un saggio stimolante anche se non inquadra bene il ruolo degli Stati Uniti come fautori, tramite i loro strumenti NATO e UE, dell’aggressione alla Russia per bloccare il coordinamento (che si sta configurando sempre di più) tra Cina e Russia, potenze in ascesa fondanti il polo Eurasia in grado di mettere in discussione il mondo monocentrico a immagine e somiglianza statunitense.

In conclusione sono tre scritti che danno da diverse angolature una interpretazione della realtà molto vicina alla verità.

In calce è compreso il saggio di Jaques Baud già pubblicato su questo sito il 19 marzo scorso http://italiaeilmondo.com/2022/03/19/la-questione-ucraina-nella-analisi-di-jacques-baud-servizi-segreti-svizzeri-a-cura-di-giuseppe-gagliano/

 

 

 

 

L’ANALISTA GEOPOLITICO SAVIN: “IN UCRAINA LABORATORI BIOLOGICI AMERICANI. L’OBIETTIVO ERA LA RUSSIA”

 

Intervista di Costantino Ceoldo al caporedattore di Geopolitica.ru e fondatore del Journal of Eurasian Affairs: “L’Italia svolge attività ostili contro di noi, il vostro business qui non sarà più lo stesso

 

L’azione militare russa in Ucraina è una cosa che le élite occidentali hanno bramato per molto tempo, guardando ad una eventuale sconfitta della Russia come l’anticamera della sua sottomissione e dissoluzione, anticipatorie del destino della Cina.

L’Occidente, mondo che si sta perdendo nella decadenza LGBT, nel gender, nelle assurde politiche identitarie, guadagnerebbe dalla definitiva sconfitta russa un nuovo “momento unipolare” senza data di scadenza, in cui prospererebbero perversione, schiavitù e bispensiero: alla fin fine, a soccombere sarebbe l’intera umanità, assoggettata all’orrido Nuovo Ordine Mondiale di Davos e del suo grande sacerdote, Klaus Schwab.

In sostanza, siamo di fronte ad una resa dei conti in cui la propaganda ufficiale occidentale presenta le decisioni russe come un gigantesco salto nel vuoto, dovuto alla follia criminale di Vladimir Putin e perciò destinato al fallimento.

Sanzioni economiche di una intensità mai vista, un continuo e totale fuoco di sbarramento mediatico e l’apatia dell’opinione pubblica occidentale (anche Italiana) già stancata da due anni di isteria pandemica, tutto ciò ha permesso di elevare ad esempio di governante modello un ex attore mediocre, Volodymyr Zelens’kyj, uso più che altro a ruoli di scarso valore. Il governo di Kiev, istigato continuamente da Washington, ha potuto così nascondere le sue enormi responsabilità nella crisi attuale, responsabilità che non sono recenti e risalgono a prima del colpo di Stato del 2014. Perfino i nazisti del battaglione Azov hanno tratto un vantaggio da questa situazione e, anzi, l’opinione pubblica occidentale dovrebbe guardare ad essi con l’affettuosa comprensione che si riserva a ragazzotti rudi ma sinceri, un po’ bifolchi ma solidi ed affidabili.

La Russia ha chiaramente un’altra visione della questione ed ha evidentemente accettato la sfida con la determinazione di chi si è preparato a lungo all’inevitabile.

Leonid Savin, analista e scienziato politico russo, ha acconsentito di rispondere ad alcune domande: e le sue risposte permettono di capire il punto di vista russo meglio di quanto non lo permetta la stampa occidentale e la stessa stampa Italiana.

 

Perché la Russia ha invaso l’Ucraina? Cosa voleva e cosa vuole ottenere con questa azione militare?

 

In breve, [l’invasione] è stata fatta a causa dell’aumento della minaccia esistenziale alla Russia stessa – dalla retorica aggressiva ai fatti reali. I laboratori di armi biologiche del Pentagono erano già dispiegati in Ucraina così come le unità paramilitari neonaziste che hanno bombardato le città del Donbass negli ultimi 8 anni. La Russia ha cercato di attirare l’attenzione su questo problema per molti anni (inclusa la mediazione per l’accordo di Minsk) e l’ultimo tentativo è stato nel dicembre 2021, quando Mosca ha detto che se la linea rossa fosse stata superata, ci sarebbe stata una risposta tecnico-militare certa. USA e NATO non erano d’accordo per le proposte russe ed era stato pianificato un enorme attacco militare delle forze ucraine nel Donbass. La Russia ha seguito un’azione di difesa preventiva.

 

I nazisti esistono, ancora e purtroppo, in tutte le parti del mondo. Perché quelli in Ucraina sono così importanti?

 

Il caso ucraino è molto specifico, perché durante la seconda guerra mondiale molti abitanti dell’Ucraina sovietica furono uccisi, torturati e perseguitati dalle truppe naziste tedesche. C’era un gran numero di collaborazionisti che sostenevano il nazismo tedesco e servivano come polizei – i loro discendenti hanno affermato di sostenere l’indipendenza dell’Ucraina, non la Germania nazista. Questo mito è stato ampiamente diffuso in Ucraina dal 1991 e dopo la prima rivoluzione colorata nel 2005, quando il candidato presidenziale filo-occidentale Victor Yushenko è salito al potere, il processo di glorificazione dei collaboratori nazisti di origine ucraina è stato avviato a livello statale. È stato sostenuto e promosso da organizzazioni e fondi occidentali, principalmente dagli Stati Uniti e dal Canada. C’è bisogno di ricordare che alcuni politici contemporanei negli Stati Uniti e in Canada (ad esempio Paula Jon Dobriansky) sono figli di nazionalisti ucraini e collaborazionisti nazisti.

 

Secondo lei, il governo russo ritiene ci sia un collegamento tra i laboratori biologici americani in Ucraina e l’epidemia di Covid che ha colpito il mondo? Se sì: perché?

 

Ci sono documenti trapelati da questi laboratori e resi pubblici in cui vi si parla esperimenti interessanti – pipistrelli e uccelli considerati come vettori di malattie pericolose e rotte migratorie indicavano che la Russia era stata usata come bersaglio. A proposito, alcuni pipistrelli con le etichette di tali laboratori sono già stati trovati nelle città russe vicino al confine con l’Ucraina. Personalmente penso che ci siano stati tentativi di sviluppare qualcosa di più pericoloso e serio del Covid.

 

L’Occidente ha risposto alla decisione russa imponendo un numero sorprendente di sanzioni. Come è la situazione sociale ed economica in Russia ora?

 

Non è stata una sorpresa. È dal 2014 che la Russia è sotto le sanzioni imposte dall’Occidente e il nostro primo ministro, Mikhail Mishustin, ha già detto che la Russia è pronta alle pressioni. Possiamo vedere una certa volatilità della valuta nazionale proprio ora, ma sembra che il rublo si stabilizzi. Inoltre abbiamo alcuni limiti come i viaggi all’estero perché alcune compagnie aeree hanno cancellato voli e [ci sono] interruzioni temporanee alle forniture. Ma in generale la situazione è normale, non ci sono scioperi per fame, si può trovare cibo nei negozi, i prezzi dei carburanti non crescono.

 

Perché circa metà delle riserve auree della Banca Centrale russa erano all’estero, potenzialmente bloccabili dai governi occidentali, come effettivamente è accaduto?

 

Era l’inerzia dell’agenda filo-occidentale: mantenere le riserve russe all’estero. Ma ora Mosca sarà più saggia. Comunque penso che tutte le riserve saranno sbloccate in futuro, perché le contro-sanzioni russe sono efficaci e porteranno, in futuro, più problemi all’Occidente.

 

Quali sono gli alleati più affidabili della Russia in questi giorni?

 

Bielorussia, Cina, Nicaragua, Cuba, Venezuela, Iran, Pakistan, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Pakistan appartengono ai molti che non sono favorevoli alle sanzioni occidentali e non vedono l’ora di collaborare. Naturalmente Kazakistan, Kyrgizstan e Armenia (membri dell’Unione Economica Eurasiatica insieme a Bielorussia e Russia). Ma anche per lo più tutti i paesi africani, il blocco dell’ASEAN (aspettatevi Singapore), i paesi dell’America Latina sono neutrali. Anche la Turchia (membro della NATO).

 

Un’ultima domanda, che coinvolge l’Italia. Come sono ora i rapporti diplomatici con il nostro Paese e, secondo lei, come potranno evolvere in futuro?

 

L’Italia è nell’elenco ufficiale dei paesi che svolgono attività ostili contro la Russia. Quindi, come per altri, ci sarà l’impatto delle misure russe anche sull’Italia. Molto dipende dai prossimi passi dell’Unione Europea e del governo italiano. Mosca guarda con grande attenzione agli attori che ora gestiscono la politica anti-russa. Anche dopo la normalizzazione delle relazioni ci saranno altre regole del gioco e il business italiano non funzionerà in Russia alle stesse condizioni di prima

 

 

UCRAINA: LA GRANDE MANIPOLAZIONE

di Thierry Meyssan

 

Mentre si moltiplicano le rivelazioni sulle violenze commesse negli ultimi otto anni dai banderisti ucraini, gli Occidentali insistono a vedere solo la sofferenza della popolazione civile ucraina. In Occidente le opinioni pubbliche ignorano le cause profonde della guerra, nonché i fatti che hanno indotto il Cremlino a scatenarla. Poco importa, i banderisti stanno per essere sconfitti e le grandi potenze preparano la pace.

Le operazioni militari in Ucraina vanno avanti: i media occidentali e quelli russi le raccontano in modi radicalmente differenti. Due resoconti che divergono non soltanto nella descrizione della guerra, ma anche, e soprattutto, nella descrizione dei suoi obiettivi.

In Occidente la gente è convinta che l’esercito russo abbia problemi logistici enormi e che gli manchi il carburante per i carri armati; che gli aerei colpiscano indiscriminatamente obiettivi militari e civili, distruggendo intere città; che il dittatore Putin non desisterà finché non avrà schiacciato Kiev e ucciso il presidente Zelensky. In Occidente sono altresì convinti che il presidente russo voglia punire l’Ucraina per aver scelto nel 2014 la democrazia invece della ricostituzione dell’Unione Sovietica. Per questa ragione semina morte e desolazione fra la popolazione civile, mentre i suoi soldati vengono uccisi in gran numero.

In Russia si crede invece che i combattimenti siano limitati a zone precise: il Donbass, la costa del Mar di Azov, nonché obiettivi militari sparsi sull’intero territorio; ovviamente si crede ci siano perdite, ma che non si tratti di un’ecatombe. La gente constata con stupore che gli ex alleati della Grande Guerra Patriottica (la seconda guerra mondiale) sostengono i banderisti, ossia i neonazisti ucraini. Ed è anche consapevole che il ripristino della pace è subordinato alla completa neutralizzazione di costoro.

Sullo sfondo, la guerra economica e finanziaria lanciata dall’Occidente contro la Russia. Molte aziende occidentali lasciano il Paese, subito sostituite da altre di Paesi che non partecipano alla guerra. Per esempio, i McDonald sono stati sostituiti dalla catena turca Chitik Chicken, mentre gli Emirati Arabi Uniti hanno accolto gli oligarchi cacciati dall’Europa. La Cina e la Comunità Economica Euroasiatica stanno pianificando un sistema economico e finanziario parallelo a quello di Bretton Woods. In altre parole, il mondo si sta dividendo in due.

Chi racconta la verità?

 

LA GUERRA PROPRIAMENTE DETTA

 

Secondo gli osservatori dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) – il forum intergovernativo istituito con gli Accordi di Helsinki (1973-1975) – la situazione sul fronte del Donbass era stazionaria da diversi mesi quando, mercoledì 16 febbraio 2022, sono ripresi i bombardamenti, culminati nelle 1.400 esplosioni udite venerdì 18 febbraio. I governi locali di Donetsk e Lugansk hanno fatto arretrare oltre centomila persone per proteggerle dal diluvio di fuoco.

La sera del 18 febbraio iniziava la riunione annuale delle élite della Nato, la “Conferenza per la Sicurezza di Monaco”. Uno degli ospiti di spicco, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il 19 febbraio prendeva la parola per dichiarare che l’Ucraina voleva dotarsi di armi nucleari per far fronte alla Russia. Il 20 febbraio la Duma in fermento votava una mozione in cui chiedeva al presidente Putin di riconoscere l’indipendenza delle due repubbliche del Donbass. Putin lo faceva in gran fretta la sera del 21 febbraio: al Cremlino non c’erano nemmeno le bandiere delle due nuove nazioni.

Il 24 febbraio iniziava l’operazione militare russa, dapprima con un bombardamento massiccio dei sistemi di difesa antiaerea, poi con i bombardamenti delle fabbriche d’armi e delle caserme dei banderisti (i neonazisti ucraini). La strategia militare russa era stata improvvisata, così come lo era stato il riconoscimento diplomatico delle repubbliche del Donbass. Infatti sono state utilizzate truppe già stanche per le manovre appena concluse in Bielorussia.

La Casa Bianca e la stampa occidentale, ignorando la guerra del Donbass e le dichiarazioni a Monaco del presidente Zelensky, hanno invece affermato che l’offensiva era in preparazione da molto tempo e che le truppe russe erano state posizionate in anticipo. Il dittatore non poteva accettare la scelta per la democrazia degli ucraini, che voleva perciò costringere a rientrare nell’Impero, come nel 1968 Leonid Breznev aveva fatto con la Cecoslovacchia. Un’interpretazione dei fatti che ha diffuso il panico nei Paesi membri dell’ex Patto di Varsavia e dell’ex Unione Sovietica, dimentica peraltro che Breznev non era russo, ma ucraino.

Da quel momento, applicando la tecnica messa a punto da Jamie Shea durante la guerra del Kosovo, la Nato ogni giorno scrive una nuova storia di grande effetto sui crimini della Russia: dal bombardamento irresponsabile di una centrale nucleare alla frontiera russa, fino all’aneddoto commovente del giovane che raggiunge da solo la liberà, attraversando l’Europa fino a Berlino. Cose ridicole ma suscettibili di sconvolgere, ampiamente riprese dai media occidentali, senza alcuna verifica né spirito critico.

 

LA GUERRA DIPLOMATICA

 

Siccome le cose si mettevano male per l’esercito ucraino e gli ausiliari banderisti (o neonazisti, secondo la terminologia russa), sin dal secondo giorno di guerra il presidente Zelensky ha sollecitato l’ambasciata di Cina a Kiev a trasmettere al Cremlino una richiesta di negoziazione. Gli Stati Uniti dapprima si sono opposti, poi hanno lasciato fare. Francia e Germania hanno preso le prime iniziative, poi però sono state sostituite da Turchia e Israele. Un fatto scontato, dal momento che Francia e Germania sono venute meno alle responsabilità assunte quali garanti degli Accordi di Minsk: hanno permesso il massacro da parte di Kiev di un numero di persone che oscilla da 13 a 22 mila. La Turchia invece ha sì appoggiato i tatari ucraini, ma senza compiere azioni in Ucraina, mentre Israele ha bruscamente realizzato il pericolo rappresentato dai banderisti (ossia neonazisti), che il proprio ambasciatore aveva a suo tempo denunciato come reale.

I negoziati proseguivano bene, nonostante l’assassinio da parte dei banderisti ucraini di un delegato del loro Paese, il banchiere Danis Kireev, colpevole ai loro occhi di aver affermato che ucraini e russi sono fratelli slavi; e nonostante la trovata del ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, che imprudentemente e con poco tatto ha rammentato che la Francia è una potenza nucleare, provocando così la messa in allerta nucleare della Russia.

È difficile immaginare la conclusione di questi negoziati. L’Ucraina, che ha integrato nelle Forze di Difesa Territoriali 102 mila banderisti, potrebbe essere disarmata e messa sotto la protezione di Stati Uniti e Regno Unito (vale a dire di fatto della Nato). In questo modo si rispetterebbero i trattati, in particolare le Dichiarazioni di Istanbul (1999) e di Astana (2010). L’Ucraina avrebbe così diritto a scegliere i propri alleati ma non a ospitare armi straniere sul proprio territorio. Potrebbe quindi firmare accordi per la propria difesa, ma non far parte di un comando integrato. È una posizione molto gollista: Charles De Gaulle aveva mantenuto l’adesione della Francia all’Organizzazione del Trattato del Nord-Atlantico, ma aveva ritirato le forze armate francesi dal comando integrato e mandato via i soldati statunitensi dal territorio francese.

La Russia dovrebbe occupare in modo permanente, forse annettere, la costa del Mar di Azov (compresa Mariupol), in modo da collegare la Crimea al Donbas. Inoltre dovrebbe occupare, forse annettere, il canale della Crimea del Nord, che fornisce acqua potabile alla penisola. Infine potrebbe occupare, forse annettere, la costa del Mar Nero (compresa Odessa), in modo da congiungere la Crimea alla Transnistria. La minoranza ungherese, anch’essa vittima dei banderisti che hanno chiuso le sue scuole, potrebbe essere annessa all’Ungheria. Tuttavia la scelta migliore non è mai foriera di bene: la privazione dell’Ucraina dell’accesso al mare potrebbe essere causa di futuri conflitti.

Unica cosa sicura: la Russia proseguirà l’azione militare fino alla neutralizzazione di tutti i bandieristi e, limitatamente a questo, avrà il sostegno di Israele. Da questo punto di vista l’incontro che il presidente Putin ha convocato a Mosca «contro i nazisti» non è semplicemente un mostrare determinazione a beneficio dell’opinione pubblica russa: è già un proclama di vittoria. Tutti i monumenti innalzati a Stepan Bandera e ai nazisti dovranno essere distrutti. Le altre nazioni che hanno sostenuto i neonazisti, in particolare la Lettonia, dovranno prenderne atto.

 

LA GUERRA ECONOMICA E FINANZIARIA

 

È su questo piano che gli Stati Uniti si giocano tutto. Sono riusciti in pochi giorni a far prendere misure unilaterali, quindi illegittime per il diritto internazionale, a tutti gli alleati. Ma queste misure, denominate sanzioni, benché non derivanti da un tribunale, non sono sostenibili a medio termine. Già ora hanno scatenato una speculazione sfrenata sull’energia e un immediato rialzo dei prezzi in Europa. Le grandi imprese europee lasciano la Russia a malincuore: al Cremlino dicono di non avere scelta, ma sperano di tornare al più presto.

Il presidente Putin incolpa i liberali, accusati ancora recentemente di essersi venduti all’estero. L’ex presidente Dmitri Medvedev è tornato in auge. La direttrice della Banca centrale russa, Elvira Nabiullina, prescelta nel periodo idilliaco con l’Occidente, è stata presentata alla Duma per succedere a se stessa; ora però sarà affiancata da altre personalità. A Sergei Glazyev, il cui nome è associato al periodo delle privatizzazioni dell’era Yeltsin, è stata affidata la creazione di un nuovo sistema economico e finanziario alternativo a quello di Bretton Woods, concepito dagli anglosassoni nel 1944.
Tutto è loro perdonato, purché garantiscano ai cinesi e alla Comunità Economica Euroasiatica (Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Russia e Tagikistan) che non saranno statalisti.

 

LA GUERRA IDEOLOGICA

 

La pace in Ucraina non risolverà il conflitto tra Russia e Stati Uniti aperto il 17 dicembre 2021. Esso si protrarrà su altri fronti. Gli Straussiani intendono usare sul piano globale i temi religiosi di cui hanno usato e abusato per attaccare la Russia in Bosnia-Erzegovina, Afghanistan, Cecenia e Medio Oriente Allargato.

Ricordiamoci che l’orientalista straussiano Bernard Lewis (ex agente dei servizi segreti britannici, poi membro del Consiglio di Sicurezza Nazionale USA, infine consigliere di Benjamin Netanyahu) aveva concepito uno strumento per mobilitare gli arabi, invece degli Occidentali, contro i russi. È la strategia dello «scontro di civiltà». Aveva inculcato ai credenti mussulmani la convinzione che in Afghanistan dovevano battersi contro gli atei sovietici. È questa la visione cui si ispirarono gli arabi-afghani di Osama Bin Laden. La stessa strategia è stata usata con successo in Bosnia-Erzegovina e in Cecenia. In Afghanistan la NATO si è appoggiata all’esercito saudita e ai Guardiani della Rivoluzione iraniani, nonché su alcuni elementi dello Hezbollah libanese. Uno straussiano, Richard Perle, è persino diventato consigliere diplomatico del presidente bosniaco Alija Izetbegovic, di cui Osama Bin Laden era consigliere militare. In seguito, nella seconda guerra di Cecenia, gli Straussiani organizzarono l’alleanza tra banderisti ucraini e islamisti ceceni (Congresso di Ternopol, 2007), logisticamente sostenuti dalla Milli Görüş, all’epoca diretta da Recep Tayyip Erdoğan. Tutti hanno combattuto fianco a fianco per l’Emirato Islamico di Ichkeria (Cecenia). Infine la strategia di Bernard Lewis fu resa popolare dal suo assistente, Samuel Huntington, che non la presentò più come piano militare, ma come fatalità atta a spiegare gli attentati dell’11 settembre 2001 quale esito della mentalità dei mussulmani in generale.

Già da quattro anni gli Straussiani hanno deciso di riaprire lo scisma che nell’XI secolo separò i cattolici dagli ortodossi: niente può fermare chi combatte nel convincimento di servire Dio. Dapprima si sono spesi per far scindere la Chiesa ortodossa ucraina dal patriarcato di Mosca. Ci sono riusciti grazie all’aiuto della Turchia, che ha fatto pressioni sul patriarca di Costantinopoli. Adesso intendono rinfocolare le passioni religiose riesumando le profezie di Fatima. Nel 1917, subito dopo la Rivoluzione russa, la Vergine Maria apparve a dei veggenti portoghesi, cui affidò diversi messaggi, uno dei quali d’implicita denuncia del rovesciamento dello zar, sovrano per diritto divino. La Russia era la nazione che aveva scelto il Male e voleva diffonderlo.
Il consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, si è quindi recato a Roma per un incontro con la Cina, in realtà per convincere papa Francesco. Vi è riuscito.

È stato fissato un calendario. Il presidente Zelensky si rivolgerà al parlamento francese; indi il presidente Biden verrà in Europa per presiedere un vertice straordinario della NATO; infine papa Francesco, esaudendo la richiesta della Vergine Maria a Fatima, consacrerà l’Ucraina e la Russia al Cuore immacolato della Vergine. Può sembrare una messinscena artificiosa, ma questa successione di avvenimenti dovrebbe avere un impatto emotivo potente. Per molti cattolici combattere la Russia diventerà un dovere religioso.

 

CONCLUSIONE

 

Nelle prossime settimane il presidente Joe Biden dovrebbe cimentarsi in una nuova narrazione, con l’intento di presentare la pace in Ucraina come vittoria del buonsenso. Poco importa che gli ucraini abbiano giocato e perso. Poco importa che i banderisti siano fatti prigionieri o siano morti. Poco importa che l’Ucraina perda l’accesso al mare. Gli alleati saranno indotti ad aumentare le spese militari e a pagare con i loro soldi la carneficina.

 

 

LA GUERRA RUSSIA-UCRAINA VISTA DA UN EX NATO

di Jacques Baud

 

Il saggio di Jacques Baud, analista strategico svizzero, Head Small Arms and Light Weapons & Mine Action/Political Affairs and Security Policy Division/Nato (Brussels) dal 2013 al 2017.

 

I referendum condotti dalle due repubbliche autoproclamate di Donetsk e di Lugansk nel maggio 2014 non sono stati referendum di “indipendenza” (независимость), come sostenuto da alcuni giornalisti poco scrupolosi, ma referendum di “autodeterminazione” o di “autonomia”. L’aggettivo “filo-russo” suggerisce che la Russia fosse parte del conflitto, ma non era proprio il caso. Il termine “russofoni” sarebbe stato più onesto. D’altra parte, questi referendum sono stati proposti contro il parere di Vladimir Putin.

In realtà, queste repubbliche non hanno cercato di separarsi dall’Ucraina, ma di acquisire uno status di autonomia che garantisca loro l’uso del russo come lingua ufficiale. Infatti, il primo atto legislativo del nuovo governo formato dopo il rovesciamento del presidente Yanukovych, è stata l’abolizione, il 23 febbraio 2014, della legge Kivalov-Kolesnichenko del 2012 che faceva del russo una lingua ufficiale. Questa decisione provocò una tempesta nella parte di popolazione di lingua russa. Ne seguì una feroce repressione contro le regioni di lingua russa (Odessa, Dnepropetrovsk, Kharkov, Luhansk e Donetsk) fin dal febbraio 2014, che condusse ad una militarizzazione del contesto e ad alcuni massacri (a Odessa e Mariupol, i più importanti). Alla fine dell’estate del 2014, non resta altro che le repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk.

In questa fase, troppo rigidi e trincerati dietro ad un approccio dottrinario dell’arte delle operazioni, gli stati maggiori ucraini subiscono il nemico senza riuscire ad imporsi. L’esame dello svolgimento dei combattimenti nel 2014-2016 nel Donbass mostra che lo stato maggiore ucraino ha applicato sistematicamente e meccanicamente gli stessi schemi operativi. Tuttavia, la guerra condotta dagli autonomisti assomiglia molto a ciò che osserviamo nel Sahel: delle operazioni molto mobili effettuate con mezzi leggeri. Con un approccio più flessibile e meno dottrinario, i ribelli sono stati in grado di sfruttare l’inerzia delle forze ucraine per “intrappolarle” ripetutamente.

I ribelli sono armati grazie alle defezioni delle unità ucraine di lingua russa che passano dalla parte dei ribelli. Con il progredire degli insuccessi ucraini, i battaglioni di carri armati, di artiglieria o di contraerea incrementano i ranghi degli autonomisti. È questo ciò che spinge gli ucraini ad impegnarsi negli accordi di Minsk.

Ma, subito dopo aver firmato gli accordi di Minsk 1, il presidente ucraino Petro Poroshenko lancia una vasta operazione antiterrorismo (ATO / Антитерористична операція) contro il Donbass. Bis repetita placent: consigliati male dagli ufficiali della Nato, gli ucraini subiscono una sconfitta schiacciante a Debaltsevo che li costringe ad impegnarsi negli Accordi di Minsk 2.

È essenziale ricordare qui che gli accordi di Minsk 1 (settembre 2014) e Minsk 2 (febbraio 2015), non prevedevano né la separazione, né l’indipendenza delle repubbliche, ma la loro autonomia nel quadro dell’Ucraina. In queste accordi è scritto esplicitamente che lo status delle repubbliche doveva essere negoziato tra Kiev e i rappresentanti delle repubbliche, per una soluzione interna all’Ucraina.

Ecco perché dal 2014, la Russia ha sistematicamente chiesto la loro applicazione rifiutando di essere parte nei negoziati, perché era una questione interna all’Ucraina. D’altra parte, l’Occidente – guidato dalla Francia – ha rigorosamente cercato di sostituire gli accordi di Minsk con il “formato Normandia”, che portava russi e ucraini faccia a faccia. Tuttavia, ricordiamoci che non ci sono mai state truppe russe nel Donbass prima del 23-24 febbraio 2022. D’altra parte, nemmeno gli osservatori dell’Osce hanno mai osservato la minima traccia di unità russe operative nel Donbass. Allo stesso modo, la mappa dell’intelligence americana pubblicata dal Washington Post il 3 dicembre 2021 non mostra truppe russe nel Donbass.

Nell’ottobre 2015, Vasyl Hrytsak, direttore del Servizio di sicurezza dell’Ucraina (SBU), ha confessato che solo 56 combattenti russi erano stati osservati nel Donbass. L’esercito ucraino era allora in uno stato deplorevole. Nell’ottobre 2018, dopo quattro anni di guerra, il capo della Procura Militare ucraina Anatoly Matios dichiarava che l’Ucraina aveva perso 2.700 uomini nel Donbass: 891 per malattie, 318 per incidenti stradali, 177 per altri incidenti, 175 per avvelenamenti (alcol, droghe), 172 per manipolazione imprudente di armi, 101 per violazioni di regole di sicurezza, 228 per omicidio e 615 suicidi.

In effetti, l’esercito è minato dalla corruzione dei suoi quadri e non gode più del sostegno della popolazione. Secondo un rapporto del ministero degli Interni del Regno Unito, in occasione del richiamo dei riservisti nel marzo-aprile 2014, il 70% non si è presentato per la prima sessione, l’80% per la seconda, il 90% per la terza e il 95% per la quarta. Nell’ottobre/novembre 2017, il 70% dei soldati di leva non si è presentato alla campagna di richiamo “Autunno 2017”. Per non parlare dei suicidi e delle diserzioni (queste spesso a beneficio degli autonomisti) che raggiungono fino al 30% delle forze nella cosiddetta area di Anti-Terrorist Operation. I giovani ucraini si rifiutano di andare a combattere nel Donbass e preferiscono l’emigrazione, il che spiega anche, almeno parzialmente, il deficit demografico del paese.

Il ministero della Difesa ucraino si rivolge allora alla Nato per farsi aiutare a rendere le proprie forze armate più “attraenti”. Ma ciò richiede tempi molto lunghi e proprio per questo il governo ucraino ha fatto ricorso a milizie paramilitari per compensare la mancanza di soldati. Esse sono soprattutto composte da mercenari stranieri, spesso attivisti di estrema destra. Nel 2020, esse costituivano circa il 40% delle forze ucraine e contavano circa 102.000 uomini, secondo Reuters. Sono armate, finanziate e addestrate dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dal Canada e dalla Francia. Vi sono rappresentate più di 19 nazionalità, tra le quali quella svizzera.

I paesi occidentali hanno quindi chiaramente creato e sostenuto le milizie ucraine di estrema destra. Nell’ottobre 2021, il Jerusalem Post ha lanciato l’allarme denunciando il progetto Centuria. Queste milizie operano nel Donbass dal 2014, con il sostegno occidentale. Sebbene il termine “nazista” possa essere discusso, resta il fatto che queste milizie sono violente, diffondono un’ideologia nauseante e sono virulentemente antisemite. Il loro antisemitismo è più culturale che politico, motivo per cui il termine “nazista” non è davvero appropriato. Il loro odio per l’ebreo deriva dalle grandi carestie degli anni 1920 e 1930 in Ucraina, derivanti dalla confisca dei raccolti da parte di Stalin per finanziare la modernizzazione dell’Armata Rossa. Tuttavia, questo genocidio – noto in Ucraina come Holodomor – è stato perpetrato dal NKVD (antenato del KGB), i cui livelli dirigenziali superiori erano composti principalmente da ebrei. Ecco perché, oggi, gli estremisti ucraini chiedono a Israele di scusarsi per i crimini del comunismo, come osserva il Jerusalem Post. Siamo quindi ben lontani da una “riscrittura della storia” da parte di Vladimir Putin.

Queste milizie, nate dai gruppi di estrema destra che hanno animato la rivoluzione dell’Euromaidan nel 2014, sono composte da individui fanatici e brutali. La più nota di queste è il reggimento Azov, il cui emblema ricorda quello della 2a Divisione Panzer SS Das Reich, che è oggetto di vera venerazione in Ucraina per aver liberato Kharkov dai sovietici nel 1943, prima di perpetrare in Francia il massacro di Oradour-sur-Glane nel 1944.

Tra le figure famose del reggimento Azov c’era l’oppositore Roman Protassevitch, arrestato nel 2021 dalle autorità bielorusse a seguito del caso del volo RyanAir FR4978. Il riferimento è al dirottamento intenzionale di un aereo di linea da parte di un MiG-29 il 23 maggio 2021 – con l’accordo di Putin, ovviamente – per arrestare Protassevitch, anche se le informazioni ora disponibili non confermano in alcun modo questo scenario.

Protassevitch un “giornalista” innamorato della democrazia. In verità, un’indagine piuttosto illuminante prodotta da una ONG americana nel 2020, metteva in evidenza le attività militanti di estrema destra di Protassevitch. Il complottismo occidentale si mette allora in moto e dei media poco scrupolosi “ripuliscono” la sua biografia. Infine, nel gennaio 2022, viene pubblicato il rapporto dell’ICAO a riprova che, malgrado alcuni errori procedurali, la Bielorussia ha agito in conformità con le regole in vigore e che il MiG-29 è decollato 15 minuti dopo che il pilota RyanAir aveva deciso di atterrare a Minsk. Quindi nessun complotto bielorusso, tanto meno in complicità con Putin. Un altro dettaglio: Protassevitch, crudelmente torturato dalla polizia bielorussa, ora è libero.

La qualifica di “nazista” o “neonazista” data ai paramilitari ucraini è considerata propaganda russa. Forse, ma questa non è l’opinione del Times of Israel, del Simon Wiesenthal Center o del Counterterrorism Center della West Point Academy. Ciò detto, possiamo parlarne perché, nel 2014, la rivista Newsweek sembrava invece associarli invece allo Stato islamico. Dunque, l’Occidente sostiene e continua ad armare le milizie che dal 2014 si sono rese colpevoli di molti crimini contro le popolazioni civili: stupri, torture e massacri. Mentre il governo svizzero è stato molto veloce ad assumere sanzioni contro la Russia, non ne ha adottata alcuna contro l’Ucraina, che massacra la propria popolazione dal 2014. In effetti, chi si batte per difendere i diritti umani in Ucraina ha condannato da lungo tempo le azioni di questi gruppi, ma non è stato seguito dai nostri governi. Questo perché, in realtà, non stiamo cercando di aiutare l’Ucraina, ma piuttosto di combattere la Russia.

L’integrazione di queste forze paramilitari nella Guardia Nazionale non si è in alcun modo accompagnata ad una “denazificazione”, come alcuni pretenderebbero. Tra i tanti esempi, quello delle insegne del Reggimento Azov è edificante.

Molto schematicamente, nel 2022, le forze armate ucraine che combattono l’offensiva russa sono articolate in:
– Esercito, sotto il controllo del ministero della Difesa: è articolato in 3 corpi d’armata e composto da formazioni di manovra (carri armati, artiglieria pesante, missili, ecc.).
– Guardia Nazionale, che dipende dal ministero dell’Interno ed è articolata in 5 comandi territoriali.

La Guardia Nazionale è quindi una forza di difesa territoriale che non fa parte dell’esercito ucraino. Comprende milizie paramilitari, chiamate “battaglioni di volontari” (добровольчі батальйоні), conosciute anche con il nome evocativo di “battaglioni di rappresaglia”, costituiti da fanteria. Principalmente addestrati per il combattimento urbano, ora difendono città come Kharkov, Mariupol, Odessa, Kiev, ecc.

La maggior parte dei servizi non sono più in grado di comprendere la situazione militare in Ucraina. Gli autoproclamati “esperti” che sfilano sui nostri schermi trasmettono instancabilmente le stesse informazioni modulate dall’affermazione che la Russia – e Vladimir Putin – sono irrazionali. Facciamo un passo indietro.

Dal novembre 2021, gli americani non smettono di denunciare la minaccia di un’invasione russa dell’Ucraina. Eppure gli ucraini non sembrano essere d’accordo. Per quale motivo?

Dobbiamo tornare al 24 marzo 2021. Quel giorno, Volodymyr Zelensky emise un decreto per la riconquista della Crimea e iniziò a schierare le sue forze nel sud del paese. Simultaneamente, si svolgono diverse esercitazioni della Nato tra il mar Nero e il mar Baltico, accompagnate da un significativo aumento dei voli di ricognizione lungo il confine russo. La Russia ha poi condotto alcune esercitazioni, al fine di verificare la prontezza operativa delle sue truppe e per dimostrare che stava seguendo l’evoluzione della situazione.

Le acque si calmano fino a ottobre-novembre, con la fine delle esercitazioni ZAPAD 21, i cui movimenti di truppe sono interpretati come un rinforzo in vista di un’offensiva contro l’Ucraina. Eppure anche le autorità ucraine confutano l’idea di preparativi russi per la guerra e Oleksiy Reznikov, ministro della Difesa ucraino, afferma che non c’è stato alcun cambiamento al confine dalla primavera.

In violazione degli accordi di Minsk, l’Ucraina conduce delle operazioni aeree nel Donbass utilizzando droni, con cui effettua almeno un attacco contro un deposito di carburante a Donetsk nell’ottobre 2021. La stampa americana lo nota, ma non quella europea, e nessuno condanna queste incursioni.

Nel febbraio 2022, gli eventi precipitano. Il 7 febbraio, durante la sua visita a Mosca, Emmanuel Macron ribadisce a Vladimir Putin il suo attaccamento agli accordi di Minsk, un impegno che avrebbe ripetuto al termine del suo incontro con Volodymyr Zelensky, il giorno successivo. Ma l’11 febbraio, a Berlino, dopo 9 ore di lavori, si conclude senza un risultato concreto la riunione dei consiglieri politici dei leader del “Formato Normandia”: gli ucraini si rifiutano ancora di attuare gli accordi di Minsk, apparentemente sotto la pressione degli Stati Uniti. Vladimir Putin constata allora che Macron gli ha fatto promesse vane, e che l’Occidente non è pronto a far rispettare gli accordi, come d’altronde è da otto anni.

I preparativi ucraini nell’area di contatto continuano. Il Parlamento russo si allarma e il 15 febbraio chiede a Vladimir Putin di riconoscere l’indipendenza delle repubbliche, cosa che egli rifiuta di fare.

Il 17 febbraio, il presidente Joe Biden annuncia che la Russia avrebbe attaccato l’Ucraina nei giorni successivi. Come fa a saperlo? Dal 16 febbraio, i bombardamenti di artiglieria sulle popolazioni del Donbass sono drammaticamente aumentati, come dimostrano i rapporti quotidiani degli osservatori dell’Osce. Naturalmente, né i media, né l’Unione europea, né la Nato, né alcun governo occidentale reagisce né interviene. Si dirà in seguito che questa è disinformazione russa. Nei fatti, sembra che l’Unione europea e alcuni paesi abbiano deliberatamente ignorato il massacro del popolo del Donbass, sapendo che ciò avrebbe provocato un intervento russo.

Allo stesso tempo, ci sono segnalazioni di atti di sabotaggio nel Donbass. Il 18 gennaio, i combattenti del Donbass hanno intercettato sabotatori equipaggiati con attrezzature di lingua occidentale che tra loro si esprimevano in polacco e cercavano di provocare incidenti chimici a Gorlivka. Potrebbero essere mercenari della CIA costituiti da combattenti ucraini o europei, guidati o “consigliati” dagli americani per compiere azioni di sabotaggio nelle Repubbliche del Donbass.

In effetti, Joe Biden sa già dal 16 febbraio che gli ucraini hanno iniziato a bombardare le popolazioni civili del Donbass, mettendo Vladimir Putin di fronte a una scelta difficile: aiutare militarmente il Donbass, e creare un problema internazionale, o stare a guardare i russofoni del Donbass farsi schiacciare.

Se decide di intervenire, Vladimir Putin può invocare l’obbligo internazionale della “Responsibility To Protect ” (R2P). Ma sa che qualunque sia la sua natura o la sua portata, l’intervento innescherà una pioggia di sanzioni. Pertanto, che il suo intervento sia limitato al Donbass oppure che si spinga oltre per fare pressione sugli Occidentali con riguardo allo status dell’Ucraina, il prezzo da pagare sarà lo stesso. Questo è ciò che spiega nel suo discorso del 21 febbraio.

Quel giorno, accetta la richiesta della Duma e riconosce l’indipendenza delle due repubbliche del Donbass e, subito dopo, firma trattati di amicizia e assistenza con esse.

I bombardamenti dell’artiglieria ucraina sul popolo del Donbass proseguono e il 23 febbraio le due repubbliche chiedono aiuto militare russo. Il 24, Vladimir Putin invoca l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, che prevede l’assistenza militare nel quadro di un’alleanza difensiva.

Al fine di rendere l’intervento russo totalmente illegale agli occhi dell’opinione pubblica, viene deliberatamente nascosto il fatto che la guerra sia effettivamente iniziata il 16 febbraio. L’esercito ucraino si stava preparando ad attaccare il Donbass già nel 2021, come alcuni servizi di intelligence russi ed europei sapevano bene. Nel suo discorso del 24 febbraio, Vladimir Putin ha esposto i due obiettivi della sua operazione: “smilitarizzare” e “de-nazificare” l’Ucraina. Non si tratta quindi di impadronirsi dell’Ucraina, o addirittura di occuparla, e certamente non di distruggerla.

A partire da quel momento, la visibilità sullo sviluppo dell’operazione è limitata: i russi hanno un’eccellente capacità di mantenere segrete le operazioni (processo OPSEC) e i dettagli della loro pianificazione non sono conosciuti. Certo, abbastanza rapidamente, lo svolgimento delle operazioni consente di capire come gli obiettivi strategici siano stati tradotti sul piano operativo.

– Smilitarizzazione: distruzione a terra dell’aviazione ucraina, dei sistemi di difesa aerea e delle risorse di ricognizione;
– neutralizzazione delle strutture di comando e di intelligence (C3I), nonché delle principali rotte logistiche nella profondità del territorio;
-accerchiamento della maggior parte dell’esercito ucraino ammassato nel sud-est del paese.

– Denazificazione: distruzione o neutralizzazione di battaglioni di volontari che operano nelle città di Odessa, Kharkov e Mariupol, nonché in altre sedi sul territorio.

L’offensiva russa si sta svolgendo in un modo molto “classico”. In primo luogo – come avevano fatto gli israeliani nel 1967 – con la distruzione a terra dell’aviazione nelle primissime ore. Poi, assistiamo a una progressione simultanea su più assi, secondo il principio dell’”acqua che scorre”: si avanza ovunque la resistenza sia debole e si lasciano le città per un secondo momento. A nord, la centrale di Chernobyl è occupata immediatamente per prevenire atti di sabotaggio. Le immagini dei soldati ucraini e russi che monitorano congiuntamente l’impianto non sono mostrate, naturalmente.

L’idea che la Russia stia cercando di impadronirsi di Kiev, la capitale, per eliminare Zelensky, viene tipicamente dagli occidentali: questo è ciò che essi hanno fatto in Afghanistan, Iraq, Libia e ciò che volevano fare in Siria con l’aiuto dello Stato islamico. Ma Vladimir Putin non ha mai avuto intenzione di eliminare o rovesciare Zelensky. Al contrario, la Russia cerca di tenerlo al potere spingendolo a negoziare con l’assedio a Kiev. Lui che si era rifiutato di farlo fino ad ora per attuare gli accordi di Minsk, ma ora i russi vogliono ottenere la neutralità dell’Ucraina.

Molti commentatori occidentali sono rimasti sorpresi dal fatto che i russi abbiano continuato a cercare una soluzione negoziata, mentre conducevano operazioni militari. La spiegazione è nella filosofia strategica russa, fin dai tempi sovietici. Per gli occidentali, la guerra inizia quando la politica si ferma. Tuttavia, l’approccio russo segue un’ispirazione clausewitziana: la guerra è la continuità della politica e si può passare in modo fluido dall’una all’altra, anche nel corso dei combattimenti. Questo crea pressione sull’avversario e lo spinge a negoziare.

Da un punto di vista operativo, l’offensiva russa è stata esemplare: in sei giorni, i russi hanno conquistato un territorio vasto come il Regno Unito, con una velocità di avanzamento superiore a quella che la Wehrmacht aveva raggiunto nel 1940.

La maggior parte dell’esercito ucraino era schierata nel sud del paese per una grande operazione contro il Donbass. Ecco perché le forze russe sono state in grado di circondarla all’inizio di marzo nel “calderone” tra Slavyansk, Kramatorsk e Severodonetsk, con una spinta da est attraverso Kharkov e un’altra da sud dalla Crimea. Le truppe delle repubbliche di Donetsk (DPR) e delle repubbliche di Luhansk (LPR) hanno completato l’azione delle forze russe con una spinta da est.

A questo punto, le forze russe stanno lentamente stringendo la morsa, ma non sono più sotto la pressione del tempo. Il loro obiettivo di smilitarizzazione è quasi raggiunto e le forze ucraine residue non hanno più una struttura di comando operativa e strategica.

Per quanto riguarda le repubbliche del Donbass, esse hanno “liberato” i propri territori e stanno combattendo nella città di Mariupol.

In città come Kharkov, Mariupol e Odessa, la difesa è assicurata da milizie paramilitari. Sanno che l’obiettivo della “denazificazione” è principalmente rivolto a loro.

Per un aggressore in area urbana, i civili rappresentano un problema. Questo è il motivo per cui la Russia sta cercando di creare corridoi umanitari per svuotare le città di civili e lasciare solo le milizie al fine di combatterle più facilmente.

Al contrario, queste milizie cercano di mantenere i civili nelle città per dissuadere l’esercito russo dal venirvi a combattere. Ecco perché sono riluttanti a implementare questi corridoi e fanno di tutto per garantire che gli sforzi russi siano vani: possono così usare la popolazione civile come “scudi umani”. Come è ovvio, i video che mostrano civili che cercano di lasciare Mariupol e vengono picchiati dai combattenti del reggimento Azov sono accuratamente censurati da noi.

Su Facebook, il gruppo Azov era classificato nella stessa categoria dello Stato islamico e soggetto alla “politica della piattaforma su individui e organizzazioni pericolosi”. Era quindi vietato glorificarlo e i “post” che gli erano favorevoli venivano sistematicamente banditi. Ma il 24 febbraio, Facebook ha cambiato la sua policy e ha permesso post favorevoli alla milizia. Parimenti, a marzo, la piattaforma ha autorizzato l’appello all’omicidio di soldati e leader russi negli ex paesi dell’Europa orientale. Questo per quanto riguarda i valori che ispirano i nostri leader, come vedremo di seguito.

I nostri media diffondono un’immagine romantica della resistenza popolare. È questa immagine che ha portato l’Unione europea a finanziare la distribuzione di armi alla popolazione civile. Si tratta, in verità, di un atto criminale.

Queste strutture di comando sono l’essenza degli eserciti: la loro funzione è quella di incanalare l’uso della forza in funzione di un obiettivo. Armando i cittadini in modo disordinato, come avviene attualmente, l’Ue li trasforma in combattenti, e quindi anche in potenziali obiettivi. Inoltre, senza comando, senza scopi operativi, la distribuzione di armi porta inevitabilmente a regolamenti di conti, a banditismo e ad azioni più letali che efficaci. La guerra diventa una questione di emozioni. La forza diventa violenza. È esattamente quello che è successo a Tawarga (Libia) dall’11 al 13 agosto 2011, dove 30.000 neri africani sono stati massacrati con armi paracadutate (illegalmente) dalla Francia. D’altra parte, anche il Royal Institute for Strategic Studies (RUSI) britannico non vede alcun valore aggiunto in queste consegne di armi.

Inoltre, quando si consegnano armi a un paese in guerra, ci si espone al rischio di essere considerati belligeranti. Gli attacchi russi del 13 marzo 2022 sulla base aerea di Mykolaiv seguono il loro avvertimento che le spedizioni di armi sarebbero state trattate come obiettivi ostili.

L’Ue ripete la disastrosa esperienza del Terzo Reich nelle ultime ore della battaglia di Berlino. La guerra deve essere lasciata ai militari, e quando una parte ha perso, bisogna ammetterlo. E se ci deve essere una resistenza, essa deve necessariamente essere guidata e strutturata. Invece, stiamo facendo esattamente il contrario: i cittadini vengono spinti a combattere e, allo stesso tempo, Facebook sta permettendo appelli all’omicidio di soldati e leader russi. Questo per quanto riguarda i valori che ci ispirano.

In alcuni servizi di intelligence, questa decisione irresponsabile è vista come un modo per usare la popolazione ucraina come carne da macello per combattere la Russia di Vladimir Putin. Questo tipo di decisione omicida doveva essere lasciata ai colleghi del nonno di Ursula von der Leyen. Sarebbe stato più saggio avviare negoziati e così ottenere garanzie per la popolazione civile, piuttosto che aggiungere benzina sul fuoco. È facile essere combattivi con il sangue degli altri.

È importante chiarire fin da subito che non è l’esercito ucraino che difende Mariupol, ma la milizia Azov, che è composta da mercenari stranieri.

Nel suo riassunto della situazione del 7 marzo 2022, la missione russa delle Nazioni Unite a New York dichiara che “i residenti riferiscono che le forze armate ucraine hanno evacuato il personale dal reparto di maternità dell’ospedale della città di Mariupol e hanno istituito una postazione di tiro all’interno della struttura”.

L’8 marzo, il media russo indipendente Lenta.ru, ha pubblicato la testimonianza di civili di Mariupol che hanno affermato che il reparto maternità era stato preso dalle milizie del reggimento Azov che avevano cacciato gli occupanti civili, minacciandoli con le armi. Essi confermano così le dichiarazioni dell’ambasciatore russo di poche ore prima.

L’ospedale di Mariupol occupa una posizione dominante. Per questo è perfettamente adatto al posizionamento di armi anticarro e all’osservazione. Il 9 marzo, le forze russe colpiscono l’edificio. Secondo la Cnn, ci sono 17 feriti, ma il filmato non mostra vittime in quegli ambienti e nulla prova che le vittime di cui si parla siano collegate a questo attacco. Si parla di bambini, ma in realtà non vediamo nulla. Può essere vero, ma può essere falso. Ciò non impedisce ai leader dell’Ue di vederlo come un crimine di guerra. Ciò consente, subito dopo, a Zelensky di invocare una no-fly zone sull’Ucraina.

In realtà, non si sa esattamente cosa sia successo. Ma la sequenza degli eventi tende a confermare che le forze russe abbiano colpito una posizione del reggimento Azov e che il reparto maternità fosse quindi libero da civili.

Il problema è che le milizie paramilitari che assicurano la difesa delle città sono incoraggiate dalla comunità internazionale a non rispettare gli usi di guerra. Sembra che gli Ucraini abbiano riprodotto l’episodio del reparto maternità di Kuwait City nel 1990, che era stato integralmente artefatto e messo in scena dalla ditta Hill & Knowlton a fronte del compenso di 10,7 milioni di dollari al fine di convincere il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ad intervenire in Iraq per l’operazione Desert Shield/Storm.

Inoltre, i politici occidentali hanno accettato attacchi contro i civili nel Donbass per otto anni, senza adottare alcuna sanzione contro il governo ucraino. Da tempo siamo entrati in una dinamica in cui i politici occidentali hanno accettato di sacrificare il diritto internazionale al loro obiettivo di indebolire la Russia.

Secondo Baud sembra che in tutto il mondo occidentale, i servizi siano stati sopraffatti dalla politica. Il problema è che sono i politici a decidere: il miglior servizio di intelligence del mondo è inutile se il decisore non lo ascolta. Questo è ciò che è accaduto durante questa crisi.

Tuttavia, se alcuni servizi di intelligence avevano un quadro molto accurato e razionale della situazione, altri avevano chiaramente la stessa immagine di quella propagata dai nostri media. In questa crisi, i servizi dei paesi della “nuova Europa” hanno svolto un ruolo importante. In secondo luogo, sembra che in alcuni paesi europei, i politici abbiano deliberatamente ignorato i loro servizi per rispondere ideologicamente alla situazione. Ecco perché questa crisi è stata irrazionale fin dall’inizio. Si osserverà che tutti i documenti che sono stati resi pubblici durante questa crisi sono stati presentati dai politici sulla base di fonti di informazione commerciale.

Alcuni politici occidentali, ovviamente, volevano che ci fosse un conflitto. Negli Stati Uniti, gli scenari di attacco presentati da Anthony Blinken al Consiglio di Sicurezza erano solo il frutto dell’immaginazione di un Tiger Team che lavora per lui: costui ha fatto esattamente come Donald Rumsfeld nel 2002, che con questi modi aveva “scavalcato” la CIA e altri servizi di intelligence molto meno sensibili sulle armi chimiche irachene.

I drammatici sviluppi a cui stiamo assistendo oggi hanno cause che conoscevamo, ma che ci siamo rifiutati di vedere:
– a livello strategico, l’espansione della Nato (che non abbiamo trattato qui);
– sul piano politico, il rifiuto occidentale di attuare gli Accordi di Minsk;
– e sul piano operativo, i continui e ripetuti attacchi alle popolazioni civili del Donbass negli ultimi anni, e il loro drammatico incremento alla fine di febbraio 2022.

In altre parole, possiamo naturalmente deplorare e condannare l’attacco russo. Ma noi (cioè gli Stati Uniti, la Francia e l’Unione europea in testa) abbiamo creato le condizioni per lo scoppio di un conflitto. Mostriamo compassione per il popolo ucraino e per i due milioni di rifugiati. E va bene. Ma se avessimo avuto un minimo di compassione per lo stesso numero di rifugiati del popolo ucraino del Donbass massacrati dal loro stesso governo, che sono fuggiti in Russia nell’arco di otto anni, nulla di tutto questo probabilmente sarebbe accaduto.

Se sia corretto applicare il termine “genocidio” agli abusi subiti dal popolo del Donbass è una questione aperta. Questo termine è generalmente riservato a casi più grandi (Olocausto, ecc.), ma la definizione nella Convenzione sul genocidio è probabilmente abbastanza ampia da poter essere applicata. I giuristi lo apprezzeranno.

Chiaramente, questo conflitto ci ha portati all’isteria. Le sanzioni sembrano essere diventate lo strumento preferito della nostra politica estera. Se avessimo insistito affinché l’Ucraina rispettasse gli accordi di Minsk, che avevamo negoziato e approvato, tutto ciò non sarebbe accaduto. La condanna di Vladimir Putin è anche la nostra. Non ha senso piagnucolare dopo i fatti, bisognava agire prima. Tuttavia, né Emmanuel Macron (come garante e come membro del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite), né Olaf Scholz, né Volodymyr Zelensky hanno rispettato i loro impegni. In definitiva, la vera sconfitta è quella di coloro che non hanno voce.

L’Unione europea non è stata in grado di promuovere l’attuazione degli Accordi di Minsk. Anzi, al contrario, non ha reagito quando l’Ucraina ha bombardato la propria popolazione nel Donbass. Se lo avesse fatto, Vladimir Putin non avrebbe avuto bisogno di reagire. Assente dalla fase diplomatica, l’Ue si è distinta per aver alimentato il conflitto. Il 27 febbraio il governo ucraino ha accettato di avviare i negoziati con la Russia. Ma poche ore dopo, l’Unione europea ha votato un finanziamento di 450 milioni di euro per fornire armi all’Ucraina, aggiungendo benzina sul fuoco. A partire da quel momento, gli ucraini sentono che non avranno bisogno di raggiungere un accordo. La resistenza delle milizie Azov a Mariupol provocherà persino un ulteriore finanziamento di 500 milioni di euro per le armi.

In Ucraina, con la benedizione dei paesi occidentali, chi è a favore di una negoziazione viene eliminato. È il caso di Denis Kireyev, uno dei negoziatori ucraini, assassinato il 5 marzo dai servizi segreti ucraini (SBU) perché troppo favorevole ad un accordo con la Russia: viene ucciso dalla milizia Mirotvorets (“Peacemaker”). Questa milizia è associata al sito web Mirotvorets che elenca i “nemici dell’Ucraina”, con i loro dati personali, indirizzo e numeri di telefono, in modo che possano essere molestati o addirittura eliminati; una pratica punibile in molti paesi, ma non in Ucraina. L’Onu e alcuni paesi europei ne hanno chiesto la chiusura. Che però è stata rifiutata dalla Rada.

Alla fine, il prezzo sarà alto, ma Vladimir Putin probabilmente raggiungerà gli obiettivi che si era prefissato. I suoi legami con Pechino si sono consolidati. La Cina sta emergendo come mediatore del conflitto, mentre la Svizzera entra nella lista dei nemici della Russia. Gli americani devono chiedere a Venezuela e Iran il petrolio per uscire dall’impasse energetica in cui si sono cacciati: Juan Guaido (leader dell’opposizione venezuelana, mia precisazione) sta lasciando la scena per sempre, e gli Stati Uniti devono ritornare vergognosamente sulle sanzioni imposte ai loro nemici.

I ministri occidentali che cercano di far collassare l’economia russa e che assicurano che il popolo russo soffra, o addirittura chieda l’assassinio di Putin, mostrano (anche se hanno parzialmente invertito la forma delle loro osservazioni, ma non sulla sostanza!) che i nostri leader non sono migliori di quelli che odiamo. Perché punire gli atleti paraolimpici russi o gli artisti russi non ha assolutamente nulla a che fare con una lotta contro Putin.

La lezione che traiamo da questo conflitto è sul nostro senso di umanità a geometria variabile. Se eravamo così appassionati di pace e così affezionati all’Ucraina, perché non l’abbiamo incoraggiata di più a rispettare gli accordi che aveva firmato, quelli che anche i membri del Consiglio di Sicurezza avevano approvato?

L’integrità dei media si misura dalla loro volontà di lavorare secondo i termini della Carta di Monaco. Erano riusciti a diffondere l’odio per i cinesi durante la crisi del Covid e i loro messaggi polarizzati portano agli stessi effetti contro i russi. Il giornalismo si sta sempre più spogliando della professionalità per diventare attivista e militante.

Come disse Goethe, “Maggiore è la luce, più scura è l’ombra”. Più sproporzionate sono le sanzioni contro la Russia, più numerosi sono i casi in cui non abbiamo fatti che evidenziano il nostro razzismo e il nostro servilismo. Perché nessun politico occidentale ha reagito agli attacchi contro la popolazione civile del Donbass per otto anni?

Perché alla fine, cosa rende il conflitto in Ucraina più criticabile della guerra in Iraq, Afghanistan o Libia? Quali sanzioni abbiamo adottato contro coloro che hanno deliberatamente mentito davanti alla comunità internazionale per condurre guerre ingiuste, ingiustificate, ingiustificabili e omicide? Abbiamo cercato di “colpire” il popolo americano che ci ha mentito (perché è una democrazia!) prima della guerra in Iraq? Abbiamo adottato una sola sanzione contro i paesi, le aziende o i politici che stanno armando il conflitto in Yemen, considerato la “peggiore catastrofe umanitaria del mondo”? Abbiamo punito i paesi dell’Unione europea che praticano la tortura più abietta sul loro territorio a beneficio degli Stati Uniti?

Porre la domanda significa darci la risposta. E la risposta non è gloriosa.

 

(Traduzione di un testo in francese a cura di Giuseppe Gagliano)

 

 

 

CRISI UCRAINA: SUSSURRI E GRIDA, di Antonio de Martini

SPICCA L’ “A SOLO” DI DRAGHI DIVENTATO GUERRIERO. PERCHE’?

Il leit motiv del Presidente Biden – che tradisce l’interno affanno della corsa elettorale con Trump- é che é riuscito a creare una coalizione unitaria dei paesi occidentali, dove Trump aveva seminato sconcerto e irritazione.

E’ verosimile ma demenziale: é come se una moglie tentasse un gesto drammatico come dar fuoco alla casa per far vedere che il marito vola al suo soccorso.

L’unità politica vantata mi sembra più un assembramento di sfuggiti all’incendio, ognuno dei quali con motivazioni proprie. Più di un coro armonico, sembra un casting di cantanti, per ottenere la parte del tenore. Molti strilli e nessuna armonia, come sottolineato dal presidente ucraino più volte.

CI SARA’ LA GUERRA IN EUROPA? NON ORA.

Prima sgombriamo il campo dalle paure che legittimamente tanta cacofonia provocano in noi poveri mortali.

L’allargamento della guerra – se così si può chiamare una serie di scontri e qualche bombardamento intimidatorio che hanno provocato in un mese di scontri 500 civili morti, ossia il numero di decessi per covid del giorno 20 marzo 2020- non ci sarà.

Anche i profughi, sono in realtà emigranti che non riuscivano ad avere il visto o il ricongiungimento familiare e adesso hanno visto, vitto e alloggio a patto di piagnucolare davanti a una telecamera.

L’esodo di ucraini dalla loro sventurata patria non é da oggi e non c’é italiano che non conosca almeno un emigrato da quelle zone ormai inserito e italianizzato da anni. L’Ucraina é un paese senza lavori che non siano di sfruttamento, é al primo posto della classifica OSCE per corruzione, con, tra i “profughi democratici”, la consorte di un ex parlamentare “beccata” con ventotto milioni di dollari in contanti nelle valige dell’auto.

Le vere difficoltà incontrate sono state le prenotazioni e la scelta del paese in cui essere ospitati.

Profughi autentici, sono i cinque milioni di siriani scappati a piedi e morti di fame o per annegamento o assiderati alla frontiera della UE bloccata agli straccioni. Per essere accolto nella UE devi avere almeno gli occhi chiari. Meglio se sei anche biondo.

L’allargamento della guerra non ci sarà per quattro motivi: il primo é che l’obbiettivo primordiale della crisi é far rieleggere lo scolorito Joe Biden alle elezioni di novembre. Fu fatto un film su un tema analogo con l’Albania come teatro della sceneggiata( Sesso e Potere, film diretto da Barry Levinson del 1997).

Il SECONDO é che i bilanci della Difesa dei paesi occidentali sono si in aumento, ma non a sufficienza e non sono ancora stati impiegati e resi operativi.

TERZO.Ricordiamo che l’accordo di Monaco del 1938 tra Hitler e le potenze occidentali – mediatore Mussolini- fu fatto solo per dare tempo a 152 squadroni di ” Spitfire” di entrare in linea. Serviva un anno e in quell’anno pazientarono tutti parlando di pace, benché la guerra fosse già stata decisa e resa operativa.

Per preparare una guerra servono lustri di bilanci in crescita e anni di preparazione di quadri e truppe. Le basi USA e NATO sono pronte, gli stanziamenti sono in crescita da tre/quattro anni, manca l’entrata in linea degli F35 ( e l’addestramento), il rinnovo della linea incrociatori della Marina USA e la ristrutturazione della flotta del Pacifico che fa acqua da tutte le parti. l’impiego dei recenti stanziamenti ( basti pensare ai cento miliardi stanziati dalla Germania, il mese scorso) e il recupero dei discoli ( leggi Turchia, Pakistan), lo stimolo degli aspiranti neutrali, l’eliminazione degli oppositori interni. Senza parlare della separazione tra Cina e Russia, senza la quale ogni guerra é destinata a sanguinosi esiti.

QUARTO. Gli inglesi, fin dalla guerra anglo-boera e gli americani dal 1917, sono sempre entrati in guerra con una motivazione difensiva: sono stati attaccati per primi ed hanno reagito. In molti casi, si tratta del “metodo Milner” , dal nome dell’inventore Alfred Milner giovane governatore del sud africa,(definito da Churchill ” a man of no illusions”) di organizzare una serie di provocazioni di frontiera per spingere la vittima ( é necessario un avversario stupido, ma non mancano mai) ad attaccare per prima per neutralizzare proteste di movimenti pacifisti. ( cfr ” To end all Wars ” di Hochschild Adams, ed. New York Times). In Putin, hanno trovato una reazione iperattivo, quasi stupida, ma non abbastanza: manca il casus belli. L’Ucraina non fa parte della NATO e quindi non c’é stato attacco da cui difendersi.

Fatta pulizia dalla paura dell’allagamento della guerra, vediamo come hanno reagito i nostri governanti di fronte alla minaccia russa e a quella americana.

E’ SCATTATA LA TRAPPOLA DI TUCIDIDE

Si tratta di una espressione coniata da uno studioso americano Graham Tillet Allison Jr. nel suo libro ” Destined for war“, per descrivere il moto di preoccupazione che coglie una potenza egemone nel vedere crescere un altro stato suscettibile di soppiantarla. Una sorta di saturnismo geopolitico, ispirato dal timore.

Questa é la ratio che ispira gli Stati Uniti nei confronti della Cina e adesso anche dell’alleanza tra Stati Uniti e Cina. Quando i politologi accostano a questo terribile binomio, la Germania, il timore si trasforma in panico se non in terrore.

Da lì, nascono una serie di dichiarazioni sempre più bellicose della NATO – privata dalla implosione del patto di Varsavia della sua ragione di esistere- e il combinato disposto di una alleanza priva di scopo e di un presidente timoroso di perdere il posto diventando un ” one Term President” ha provocato un rilancio speranze di coppia di separare i componenti del pericoloso terzetto e risolvere le proprie crisi interne.

L’operazione principale, la separazione tra Cina e Russia, non é riuscita, mentre l’allontanamento tra Russia e Germania ha dato un frutto forse avvelenato: La minaccia nucleare ventilata da Putin ha prodotto uno stanziamento extra di cento miliardi di euro, una cifra suscettibile di bastare a costruire un futuro nucleare autonomo tedesco ( o a colonizzare l’Ucraina..). Dubbia anche la possibilità di rielezione di Biden dato che tradizionalmente l’elettorato USA presta maggior attenzione ai fatti economici di politica interna che a un dubbio successo di politica estera.

La martellante campagna di propaganda televisiva fatta nel nostro paese, non potrà non sortire l’effetto di un revival patriottico e la legittimazione della difesa della Patria anche da parte di un esercito di popolo che é l’antitesi del reclutamento di professionisti attualmente praticato e voluto dal nuovo presidente. Due ulteriori spinte a destra per l’elettorato.

I leaders europei , colti di sorpresa o in campagna elettorale, si sono premurati di dichiararsi solidali con l’Ucraina e col presidente americano, ma hanno organizzato un condensato di incontri: G7, NATO, UE, e non so cos’altro, nello stesso luogo e giorno in maniera da liberarsi rapidamente e tornare alle politiche individualistiche di ciascuno, rispedendo in America lo zombie.

L’unica nota un pò troppo alta é stata quella ripetutamente “guerrafondaia” di Mario Draghi, l’unico senza esercito e con un paese senza grande peso politico, ma che conosce bene la situazione finanziaria dei 27 Partners europei, ha alzato la voce in Parlamento e fuori , ha parlato coi media a nome di tutti e ha accennato a “aiuti militari” ad onta delle minacce di Putin, incrementando di 13 miliardi di euro il bilancio della Difesa.

O ha usato la crisi ucraina per posizionarsi saldamente al governo, oppure – ed é questo quel che penso- ha dato corpo alla dichiarazione fatta alla ultima conferenza stampa quando ha detto che non ha nessun bisogno che gli cerchino un lavoro e se lo sa cercare da solo: Il posto di segretario generale della NATO lo trova ben preparato e non vede l’ora di liberarsi della banda di cretini coi quali ha dovuto misurarsi finora in Italia.

Se é così, ha fatto bene. Se invece lo ha fatto per sintonizzarsi coi padroni del vapore, mi cade e lì resta.

Analogie tra resistenti_ di Roberto Buffagni

Ore 15 oggi pomeriggio, in macchina aspetto mio figlio e ascolto Radiotre. Gad Lerner con uno sforzo da ernia al disco fa un combo via Rasella-Fosse Ardeatine-resistenza italiana/resistenza ucraina perché siccome noi sosteniamo la resistenza ucraina ci dev’essere per forza un link con la Resistenza antifascista. Ovviamente non c’entra niente ed è una marea di cazzate, ma voglio divertirmi e trovare le analogie. Sorpresa: ci sono! Non quelle di Lerner ma ci sono.

Analogia 1, via Rasella/Fosse Ardeatine –  Ucraina popolo in armi (armato dall’Occidente).

Via Rasella, attentato partigiano che uccide 33 territoriali tedeschi e due passanti, fu deciso dalla resistenza comunista allo scopo di provocare le Fosse Ardeatine. Era infatti certissimo (ufficialmente decretato dalle autorità occupanti Roma) che i tedeschi avrebbero risposto con una rappresaglia nella proporzione di 1:10. Non solo certissimo ma anche legale, per il diritto bellico l’autorità occupante ha tutto il diritto di disporre rappresaglie in seguito ad attentati partigiani sui propri soldati, infatti Priebke fu condannato all’ergastolo per “eccesso di rappresaglia” (sbagliato i conti, fucilato 15 ostaggi in più).

Ratio dell’attentato di via Rasella: far odiare l’occupante impedendo che la popolazione si assestasse in un modus vivendi con esso, elevare il livello del conflitto politico, presentarsi come la forza partigiana più attiva, seria, pericolosa. Valore militare dell’attentato: zero.

Anche armare la popolazione ucraina, ossia spedire civili privi di addestramento sul campo di battaglia contro soldati professionisti ha valore militare zero, durano come un fiocco di neve in agosto. C’è anche l’effetto collaterale non si sa se indesiderato che le armi possono finire in mano di bande criminali o politico-criminali che approfittano del caos bellico e post bellico per fini privati poco simpatici. A quanto pare, da plurime voci che giungono dall’Ucraina, sta già largamente accadendo, e non c’è da stupirsene.

Se invece i civili armati fanno attentati uccidendo soldati russi isolati in zone da loro occupate, come avvenne al reparto del battaglione Bozen a via Rasella, i russi hanno legalmente il diritto di rappresaglia. Se lo esercitano si presentano come macellai, cosa che conviene alla propaganda occidentale ma non conviene ai russi che invece si stanno sforzando di limitare al massimo le vittime civili in vista di una stabilizzazione/riconciliazione con una popolazione che i russi sentono come sorella (ci sono venti milioni di cittadini russi sposati con ucraini/e). Ovviamente non converrebbe neanche ai civili russi che cadessero vittime delle eventuali rappresaglie russe.

Analogia 2: Resistenza italiana – Davide contro Golia-Wehrmacht/ resistenza ucraina-Davide contro Golia-Armata russa.

Il rapporto di forze militari tra la Resistenza italiana e le forze occupanti tedesche era effettivamente Davide/Golia. Infatti il valore militare della Resistenza italiana fu molto ridotto; essa ebbe invece elevato valore politico, e divenne una importante carta da giocare con gli Alleati nelle decisioni postbelliche (il CLN diviene il governo italiano post-1945, ci risparmiamo un governo militare angloamericano). La Resistenza italiana però, il Davide che combatteva contro il Golia tedesco, aveva alle spalle il Godzilla –Alleati, che sul finire del 1943 avevano già chiaramente vinto la guerra, restava solo da vedere quando e come. Quindi i partigiani italiani sapevano di combattere dalla parte vincente: il che ovviamente nulla toglie al valore politico e anche etico della scelta rischiosa di imbracciare le armi.

La Resistenza ucraina invece – il combo FFAA ucraine + popolo in armi – è effettivamente Davide contro il Golia russo, perché la Russia dispone di altri 600.000 effettivi e di mezzi militari nettamente superiori, e sta già vincendo pur schierandone solo 200.000 circa (sta già vincendo perché se stesse perdendo vedremmo affluire ingenti rinforzi).

La Resistenza ucraina però, a differenza della Resistenza italiana, ha sì dietro le spalle il Godzilla-NATO, ma il Godzilla-NATO non può intervenire direttamente in suo aiuto perché rischierebbe il confronto con la trasformazione del Golia russo in Godzilla 2, ossia fuor di metafora rischierebbe un conflitto prima convenzionale con le FFAA russe (con risultato per nulla scontato) ed eventualmente un conflitto atomico con un paese che dispone di circa 6000 testate nucleari.

Quindi la Resistenza ucraina si trova nella situazione in cui si sarebbe trovata la Resistenza italiana se gli Alleati, invece di sbarcare in Italia e combattere la Wehrmacht, se ne fossero rimasti in Gran Bretagna e in America a fare il tifo e a lanciare col paracadute i rifornimenti di armi. Vale a dire che prima o poi (più prima che poi) la Wehrmacht l’avrebbe spazzata via.

Chi si è davvero trovato in questa situazione – resistenza disperata contro forze soverchianti, con esito sfavorevole predeterminato del conflitto generale – non sono stati i partigiani italiani ma gli aderenti alla Repubblica di Salò, che avrebbero potuto vincere, forse, solo se Marconi avesse inventato il raggio della morte.

Molto pochi tra loro, solo i più ingenui o fanatici, potevano credere che li aspettasse qualcosa di diverso dalla completa sconfitta.

Dalla Realtà Parallela dove si sparano maree di cazzate e si fa bella figura, e dalla realtà realtà dove si fa brutta figura e si muore, per ora è tutto. That’s all, folks.

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Le liturgie e i meccanismi della Unione Europea_con Francesca Donato

Le tre emergenze imposte in questi ultimi tre anni, l’emergenza ambientale e la conversione energetica, la crisi pandemica, la crisi bellica in Ucraina ha messo a nudo le peculiarità fondative di questa Unione Europea le quali, più che valorizzare, tendono ad inibire le pulsioni e le aspirazioni di autonomia politica e pregiudicare le potenzialità di sviluppo dei paesi della comunità. Le liturgie ed il lirismo che ammantano le iniziative più importanti delle istituzioni europee riescono ad imporre con sempre maggiore difficoltà la propria narrazione. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/vyczbb-liturgie-e-meccanismi-della-unione-europea-con-francesca-donato.html

Di chi è la responsabilità della guerra in Ucraina e come finirà? Le risposte del Prof. Mearsheimer

Abbiamo già pubblicato la conferenza in lingua del professor Mearsheimer. Qui sotto la opportuna trascrizione, tradotta in italiano, delle sue parole ad opera di vocidallestero.blogspot.com Buona lettura, Giuseppe Germinario

Trascrizione dell’intervento:

In primo luogo vorrei parlare delle cause della crisi attuale e mi piacerebbe riflettere su dove

tutto questo ci porterà.  Per quanto riguarda le cause, è molto importante capire chi ha provocato questa situazione. E’ una cosa di tremenda importanza perché significa attribuire la responsabilità. In realtà qui abbiamo due scelte: o sosteniamo che l’occidente e in particolare gli Stati Uniti hanno causato la crisi o possiamo dire che sono stati i russi a provocare la crisi, ma ciò significa che chiunque secondo voi abbia causato la crisi è responsabile del disastro, ed è importante capire che questo è un disastro.

L’Ucraina ha perso la Crimea e secondo me perderà anche il Dombass. La sola questione importante per me a questo punto è capire se perderà anche dell’altro territorio nella parte orientale del paese. Inoltre l’economia dell’Ucraina è distrutta. Le sue città saranno distrutte. L’economia internazionale sarà fortemente danneggiata da questi eventi. Tutto questo penso che avrà delle terribili conseguenze  per i democratici in autunno. Inoltre renderà difficile per gli Stati Uniti spostare la propria attenzione dall’Europa per rivolgerla alla Cina, che rappresenta una minaccia potenziale. Oltre al fatto che stiamo spingendo i russi tra le braccia dei cinesi,  una cosa del tutto priva di senso, e allo stesso tempo stiamo rendendo l’Europa orientale una regione molto instabile e quindi costringerci se non altro ad alzare la posta in gioco lì.

Quindi la situazione è disastrosa e la domanda veramente importante è chi l’ha provocata e chi ne porta la responsabilità. L’opinione diffusa negli Stati Uniti e più in generale nel mondo occidentale è che la responsabilità è dei russi e in particolare di Vladimir Putin e come penso quasi tutti voi sappiate io non condivido affatto questa visione e non la condivido già da molto tempo.

Secondo me è soprattutto l’Occidente ad essere fondamentalmente responsabile di ciò che sta accadendo oggi e in gran parte questo è il risultato della decisione dell’aprile 2006 di far entrare Ucraina e Georgia nella Nato.  Volevamo integrare l’Ucraine nella Nato a tutti i costi nonostante che i russi dicessero al tempo che era una cosa categoricamente inaccettabile. I Russi avevano detto chiaramente di aver dovuto mandar giù le prime due fasi di espansione della Nato del 99 e del 2004, a che Georgia e Ucraina non avrebbero dovuto entrare nella Nato. Stavano tracciando una linea sulla sabbia. La consideravano una minaccia esistenziale. E infatti nell’agosto del 2008 c’è stata una guerra tra i russi e i georgiani su questa faccenda se la Georgia dovesse o no entrare nella Nato.

È importante capire quando parliamo di politica occidentale e della espansione della Nato in Ucraina che in realtà la politica occidentale aveva tre direttrici . L’obiettivo principale era integrare definitivamente l’Ucraina nella Nato, ma gli altri due erano  integrare l’Ucraina nella Unione europea e trasformare l’Ucraina in una democrazia liberale filoccidentale  in effetti mettendo in piedi una rivoluzione colorata. E questi tre punti della strategia erano tutti progettati per trasformare l’Ucraina in un paese filo-occidentale, un paese nell’orbita dell’occidente ai confini della Russia. E anche allora i Russi hanno detto con chiarezza inequivocabile che questo non doveva succedere.

Ora, la prima crisi è scoppiata a febbraio2014. Io la vedo così, che c’è stata una crisi importante a febbraio 2014. Poi c’è stata una grossa crisi scoppiata a dicembre dell’anno scorso, dicembre 2021, e il 24 febbraio di quest’anno è cominciata la guerra. Che dire di questa crisi del febbraio 2014. Il 22 febbraio per l’esattezza. La crisi è precipitata in gran parte a causa del colpo di stato sostenuto dagli Stati Uniti che ha avuto luogo in Ucraina ed è sfociato nel fatto che leader filo-russo, il presidente Yanukovych è stato destituito e rimpiazzato da un primo ministro filo-americano. I Russi l’hanno trovato intollerabile, ma allo stesso tempo stavano discutendo con l’Occidente e con gli Ucraini sulla espansione della Ue  e nello sfondo sempre in quella fase vi era anche la espansione della Nato, che stava venendo fuori. Con due conseguenze, una che in effetti i russi  si sono presi la Crimea sottraendola all’Ucraina.  Non avevano nessuna intenzione di lasciare Sebastopoli. E in secondo luogoi russi hanno contribuito ad alimentare una guerra civile nell’Ucraina dell’est e naturalmente quella guerra civile è andata avanti ben oltre il 2014.  Ma la crisi in realtà era scoppiata nel 2014.

E poi a circa metà del 2021 per poi veramente incendiarsi alla fine dell’anno, direi a dicembre 2021, c’è stata la seconda crisi importante e la domanda è cosa ha causato la crisi, e secondo me,  in gran parte è stato il fatto che l’Ucraina stava diventando “di fatto” membro della Nato.  È un luogo comune in Occidente e specialmente a Washington in questi giorni dire che la Russia non aveva affatto da temere che l’Ucraina diventasse parte della Nato, perché la Nato non stava facendo niente per integrare l’Ucraina nella Nato.Penso che in un senso formale questo può essere assolutamente corretto, ma “di fatto” è sbagliato. Quello che stavamo facendo era  armare gli Ucraini, e ricordiamo che il President Trump a dicembre del 2017 è stato oggetto di forti pressioni e ha deciso di armare gli Ucraini. Quindi noi stavamo armando gli Ucraini, li stavamo addestrando e stabilendo rapporti diplomatici sempre più stretti con gli Ucraini, e questo ha allarmato i russi, specialmente nell’estate dell’anno scorso, quando l’esercito Ucraino ha usato i droni contro le forze russe nel Donbass. Soprattutto questo ha spaventato i russi l’estate scorsa,  quando un cacciatorpediniere britannico è entrato nelle acque territoriali russenel Mar Nero.  E a novembre quando dei caccia sono entrati entro le 13 miglia dalle coste russe. Quindi tutti questi eventi si accompagnano a questa integrazione “de facto”dell’Ucraina nella Nato e hanno spinto i russi a quello che Sergey Lavrov ha definito essere il punto di non ritorno. A gennaio è stato domandato a Lavrov perché i russi sono arrivati a questo punto e perché ci siamo trovati nel mezzo di questa crisi e a gennaio Lavrov ha detto che era stato raggiunto il loro punto di non ritorno. Prima espansione della Nato, seconda espansione della Nato, e poi tutti questi eventi collegati all’Ucraina. I russi ne hanno avuto abbastanza e quindi c’è stata una crisi di enormi proporzioni, che poi naturalmente è sfociata  il 24 febbraio nell’invasione dell’Ucraina da parte dei russi.

E ora ci troviamo nel mezzo di una vera guerra. Questa non è solo una guerra civile in Ucraina orientale come quella che c’era prima del 24 febbraio. Ora ci troviamo in una vera guerra e questo ci porta alla domanda su quale sia l’opinione comune su questo argomento e su cosa penso dell’argomento contrario, che tutto questo non ha niente a che fare con l’espansione della Nato.

È abbastanza notevole quando si ascoltano parlare persone dell’amministrazione, quando si leggono gli editoriali sul Washington Post, che si sentano pronunciare discorsi di questo genere, che ciò non ha assolutamente niente a che fare con l’espansione della Nato. Non capisco come si possano dire cose simili. I russi lo stanno dicendo sin dall’aprile 2008, che il problema è l’espansione della Nato, che l’espansione della Nato in Ucraina è per loro una minaccia esistenziale. Ma gli americani semplicemente si sono rifiutati di crederci. Non tutti gli americani, ma una gran parte e soprattutto l’élite di questo paese.

E invece quel che hanno fattoè aver creato una storia secondo la quale non è la politica americana, non è l’espansione della Nato che sta dietro a questa storia, ma invece è Vladimir Putin e la sua volontà o di ricreare l’unione sovietica o di creare una Russia più grande. Ma in ogni caso vuole procedere a una espansione e grazie al cielo che abbiamo esteso la Nato, perché se non l’avessimo fatto probabilmente ormai sarebbe già a Berlino o addirittura a Parigi.  Questo è il principale argomento. Lui è un aggressore.

Ma questo argomento presenta dei problemi. In primo luogo prima del 22 febbraio nessuno sosteneva che Putin aveva intenzioni aggressive e nessuno sosteneva che l’espansione della Nato era necessaria allo scopo di contenere la Russia. Prima del 22 febbraio 2014 nessuno pensava che fosse un problema. E infatti quando la crisi è scoppiata il 22 febbraio 2014 siamo rimasti scioccati. Se si va indietro e si guardano i giornali del tempo l’amministrazione Obama è stata colta alla sprovvista perché non pensavano che i russi  fossero aggressivi. Ma naturalmente abbiamo dovuto inventare la storia dopo che è scoppiata la crisi per cui non era nostra la responsabilità di quanto sta accadendo, ma dei russi

La seconda ragione per cui bisogna dubitare è che Putin non ha mai detto di voler ricreare l’ Unione sovietica o una Russia più grande, non ha mai detto di voler conquistare l’Ucraina e annetterla alla Russia. Non c’è alcun dubbio che lui pensi dentro di sé che sarebbe giusto che l’Ucraina fosse parte della Russia, è chiaro che nel suo cuore vorrebbe tornare alla Unione sovietica, ma ha anche detto esplicitamente che razionalmentec omprende che non sarebbe una buona idea. Quindi se guardiamo a quello che lui ha detto non c’è ragione di pensare che lui voglia ricreare l’Unione sovietica o una grande Russia.

E per andare anche oltre, lui non ne ha la capacità. Per due ragioni: in primo luogo non ha un esercito abbastanza potente. Parliamo di un paese il cui Pil è inferiore a quello del Texas. Certamente non è più l’Unione sovietica dei tempi migliori. Inoltre i russi comprendono che occupare un paese o anche dei paesi e dei territori nell’Europa orientale significa cacciarsi in grossi guai.

In questo dibattito siamo quasi tutti vecchi abbastanza da ricordare la guerra fredda e tutti i problemi che aveva allora l’Unione sovietica.  Si pensi alla Germania dell’est nel 1953, all’Ungheria nel 1956, alla Cecoslovacchia nel 1968, continui problemi di consenso, E potremmo dire che i rumeni e gli albanesi sono stati il problema più grande che si sono trovati davanti. I russi sono certamente abbastanza sofisticati da capire che non solo non avrebbero la capacità, ma che occupare l’Ucraina e gli stati baltici vorrebbe dire suicidarsi. Sarebbe da pazzi, quindi penso che non ci sia nessuna prova a sostegno di questo e il mio ultimo argomento è che se si guarda a quello che i russi stanno facendo in Ucraina dal punto di vista militare al momento non sembra che vogliano conquistare il paese e occuparlo annettendolo ad una Grande Russia.

Comunque siamo qui e penso che siamo tutti molto interessati a capire dove si va a finire. Quindi vorrei formulare alcune osservazioni preliminari sulla politica americana. La politica americana, ciò che stiamo facendo è ripetere quel che è stato fatto dopo il 2014. Invece di riconsiderare e  magari dire che l’espansione della Nato non è stata una buona idea, siamo andati nella direzione opposta. Ed è per questo che vi dico che dal 2021 i russi hanno capito che stavamo “de facto” portando l’Ucraina dentro la Nato. Quindi ciò che abbiamo fatto dopo il 2014 è stato raddoppiare la posta ed è questo che ancora stiamo facendo anche adesso, raddoppiare la posta.

E questo cosa  significa, che noi stiamo incoraggiando gli Ucraini a resistere. Noi non combatteremo per loro, capite, sarà una sfida, sino all’ultimo ucraino, ma noi non faremo nessuna battaglia, loro sono soli in questo, ma li stiamo armando e stiamo facendo tutto il possibile per portarli a questo punto, sperando che possano tenere duro e giocarsela fino in fondo con i russi.  Nnessuno crede che potranno sconfiggere i russi, ma forse arrivare a uno stallo.

Ora, la domanda che bisogna porsi, che è veramente la questione cruciale, è cosa faranno i russi. Mi sembra che molti in occidente pensino che se gli ucraini faranno abbastanza resistenza i russi desisteranno o forse Vladimir Putin alzerà le mani e si arrenderà, dirà che è stata una cattiva idea e che gli dispiace. O forse ci sarà un colpo di stato a Mosca, lui sarà destituito e insedieranno un leader che arriverà a un accordo. E l’Ucraina vivrà felice per sempre e noi vivremo felici per sempre e i russi saranno puniti.  Ho passato molta della mia vita da adulto a studiare la politica delle grandi potenze e conosco a fondo la politica e so che non è così che funziona. E non è certamente così che lavorano i russi. Dovete capire, tornando indietro a quello che ho detto sulla decisione dell’aprile 2008. I russi hanno detto allora che questa era una minaccia esistenziale. Una vera minaccia esistenziale. Quindi anche prima di questa guerra che l’Ucraina divenisse parte della Nato era visto come una minaccia esistenziale. E ora stiamo parlando di una situazione in cui i russi in Ucraina vengono sconfitti. Un esito molto peggiore per i russi rispetto a quanto accaduto nell’aprile 2008 e molto peggiore di quanto accaduto a febbraio 2014. E i russi non hanno nessuna intenzione di desistere e arrendersi. Quel che i russi faranno in realtà sarà di  schiacciare gli ucraini, impiegare le armi pesanti, radere al suolo kiev e altre città in Ucraina. Faranno come a Fallujah, come a  Mosul, come a Grozny. Sapete cosa è successo nella seconda guerra mondiale quando gli Stati Uniti si trovarono di fronte alla possibilità di dover invadere le isole del Giappone nel 1945. L’idea di invadere il Giappone dopo quello che era successo a Iwo Jima e più tardi ad Okinawa veramente ci spaventava e quindi sapete cosa abbiamo fatto. Abbiamo deciso di radere al suolo le città giapponesi. A partire dal 10 marzo 1945 abbiamo ucciso più gente la notte che abbiamo bombardato Tokyo di quanti ne abbiamo ammazzato a  Hiroshima o Nagasaki. E abbiamo sistematicamente raso al suolo le città giapponesi. E perché? Perché non volevamo invaderele isole giapponesi. Quando una grande potenza si sente minacciata…

I russi non risparmieranno gli sforzi in Ucraina per essere sicuri di vincere e quindi questa è una dimensione di tipo nucleare. I russi hanno già messo in allerta le armi nucleari, e questo è uno sviluppo veramente significativo perché ciò che faranno sarà di mandarci un segnale molto forte su quanto stanno prendendo sul serio questa crisi e tutto quello che sta accadendo. E quindi se cominciamo a riportare delle vittorie e i russi cominciano ad avere perdite, dovete capire che stiamo parlando di costringere all’angolo una grande potenza nucleare che considera quanto sta accadendo come una minaccia esistenziale. Ed è una cosa molto pericolosa.

Tornando indietro alla crisi dei missili a Cuba io non penso che quel che è successo in questa crisi dei missili fosse per noi una minaccia come lo è oggi per i russi questa situazione. Ma se si ritorna indietro e si guarda a quello che pensavano gli americani allora, erano veramente terrorizzati,  pensavano che i missili sovietici a Cuba erano una minaccia esistenziale  e molti dei consiglieri di Kennedy volevano usare il nostro arsenale nucleare contro l’Unione sovietica.

Le grandi potenze la prendono molto seriamente quando ritengono di trovarsi davanti a delle minacce esistenziali e quindi secondo me siamo in una situazione molto pericolosa. Penso che la probabilità di una guerra nucleare sia molto bassa, ma non c’è bisogno che la probabilità sia alta per essere veramente spaventati, a causa delle  conseguenze dell’uso di armi nucleari. Quindi faremmo meglio a essere molto prudenti, rispetto al fatto di spingere all’angolo i russi

Ma ancora, io non credo che succederà, perché credo che quello che accadrà è che in questa competizione tra noi e i russi vinceranno i russi. Ora, vi chiederete perché sto dicendo questo. Io credo  che se pensate un po’ a chi ha più risolutezza, a chi veramente si preoccupa di più di questa situazione, i russi o gli americani, gli americani non tengono così tanto all’Ucraina. Gli americani hanno chiarito che non hanno nessuna intenzione di combattere e morire per l’Ucraina, qQuindi non è così importante per noi. Mentre i russi hanno reso chiaro che per loro questa è una minaccia esistenziale. Quindi l’equilibrio della determinazione credo che sia a loro favore. Quindi come avanziamo nell’escalation della tensione, la mia impressione – ed è una mia ipotesi – è che i russi prevarranno, non gli americani, e i russi prevarranno perché sono più determinati.

Ora la domanda è chi perderà questa guerra. Io penso che non importa molto agli Stati Uniti se perdiamo, nel senso che i russi vinceranno in Ucraina. E penso che i veri perdenti in questa guerra saranno gli ucraini. E quel che è successo è che abbiamo portato l’Ucraina alla rovina. Abbiamo spinto molto per incoraggiarli a voler diventare parte della Nato. Abbiamo spinto molto forte per farli entrare nella Nato e fare di loro un baluardo occidentale  ai confini della Russia,  malgrado i russi avessero detto molto chiaramente che sarebbe stato per loro inaccettabile.

Qui in effetti – e sto parlando dell’occidente – abbiamo preso un bastone e abbiamo colpito l’orso sulla testa. E come voi tutti sapete, se prendete un bastone e colpite un orso sulla testa l’orso probabilmente, non la prenderà bene e probabilmente risponderà. Ed è proprio questo che sta succedendo, quell’orso farà a pezzi l’Ucraina, sta per fare a pezzi l’Ucraina.

E di nuovo ritorniamo al punto da cui siamo partiti. Chi porta la responsabilità di tutto questo. Sono i russi ad essere i responsabili? Io non credo. Non c’è dubbio che i russi stanno facendo il lavoro sporco. non voglio mentire su questo. Ma la domanda è che chi ha portato i russi a fare questo. E secondo la mia opinione la risposta è semplice: gli Stati Uniti d’America.

Grazie.

New Yorker – Perché John Mearsheimer incolpa gli Stati Uniti per la crisi in Ucraina

Il New Yorker pubblica un’intervista al prof. John Mearsheimer, politologo e studioso delle relazioni internazionali tra i più autorevoli e conosciuti nel suo campo,  una assoluta autorità in materia, in cui lo studioso svolge una argomentata e severa critica alla politica estera americana degli ultimi decenni e più in generale dell’occidente, accusati di una pericolosa mancanza di realismo e di una grave miopia nei confronti del vero concorrente degli USA, che non è la Russia, ma la Cina.
(preziosa segnalazione di @BuffagniRoberto)

Il politologo afferma da anni che l’aggressione di Putin nei confronti dell’Ucraina è causata dall’intervento occidentale. Gli eventi recenti gli hanno fatto cambiare idea?

 

Di Isaac Chotiner, 1 marzo 2022

Il politologo John Mearsheimer è stato uno dei più famosi critici della politica estera americana dalla fine della Guerra Fredda. Forse meglio conosciuto per il libro che ha scritto con Stephen Walt, “The Israel Lobby and US Foreign Policy“, Mearsheimer è un sostenitore della politica delle grandi potenze, una scuola di relazioni internazionali realistiche che presume che, in un tentativo egoistico di preservare la sicurezza nazionale, gli stati agiranno in via preventiva per anticipare gli avversari. Per anni, Mearsheimer ha sostenuto che gli Stati Uniti, spingendo per espandere la Nato verso est e stabilendo relazioni amichevoli con l’Ucraina, hanno aumentato le probabilità di una guerra tra potenze nucleari e hanno gettato le basi per la posizione aggressiva di Vladimir Putin nei confronti dell’Ucraina. Infatti, nel 2014, dopo che la Russia ha annesso la Crimea, Mearsheimer ha scritto che “gli Stati Uniti e i loro alleati europei condividono la maggior parte della responsabilità per questa crisi”.

L’attuale invasione dell’Ucraina ha rinnovato il dibattito di lunga data sulle relazioni tra Stati Uniti e Russia. Sebbene molti critici di Putin abbiano sostenuto che avrebbe perseguito una politica estera aggressiva nei confronti delle ex repubbliche sovietiche indipendentemente dal coinvolgimento occidentale, Mearsheimer mantiene la sua posizione, secondo la quale gli Stati Uniti sono colpevoli di averlo provocato. Di recente ho parlato con Mearsheimer per telefono. Durante la nostra conversazione, che è stata modificata per ragioni di lunghezza e chiarezza, abbiamo discusso sul fatto se la guerra in corso avrebbe potuto essere evitata, se ha senso pensare alla Russia come a una potenza imperiale e  quali sono i progetti di Putin sull’Ucraina.

 

Guardando ora alla situazione con Russia e Ucraina, come pensa che il mondo sia arrivato a questo punto?

Penso che tutti i problemi siano iniziati in realtà nell’aprile 2008, al vertice della NATO a Bucarest, dove la NATO ha rilasciato una dichiarazione in cui si affermava che l’Ucraina e la Georgia sarebbero diventate parte della NATO. I russi all’epoca hanno chiarito inequivocabilmente che consideravano questa una minaccia esistenziale e hanno tracciato una linea nella sabbia. Tuttavia, quello che è successo con il passare del tempo è che siamo andati avanti per includere l’Ucraina in Occidente e per fare dell’Ucraina un baluardo occidentale al confine con la Russia. Naturalmente, questo significa più della semplice espansione della NATO. L’espansione della NATO è il cuore della strategia, ma questo comporta anche l’espansione dell’UE, significa trasformare l’Ucraina in una democrazia liberale filoamericana e, dal punto di vista russo, questa è una minaccia esistenziale.

Lei ha detto che si tratta di “trasformare l’Ucraina in una democrazia liberale filoamericana”. Non credo molto nell’America che “trasforma” i posti in democrazie liberali. E se fosse l’Ucraina, il popolo ucraino, a voler vivere in una democrazia liberale filoamericana?

Se l’Ucraina diventa una democrazia liberale filoamericana, membro della NATO e membro dell’UE, i russi lo considereranno un fatto categoricamente inaccettabile. Se non ci fosse un’espansione della NATO e dell’UE, e l’Ucraina semplicemente diventasse una democrazia liberale amica degli Stati Uniti e dell’Occidente più in generale, probabilmente potrebbe farla franca. Deve capire che qui è in gioco una strategia a tre punte: espansione UE, espansione NATO e trasformazione dell’Ucraina in una democrazia liberale filoamericana.

Lei continua a dire “trasformare l’Ucraina in una democrazia liberale” e sembra che sia un problema per gli ucraini prendere questa decisione. La Nato può decidere chi ammettere, ma abbiamo visto nel 2014 che sembrava che molti ucraini volessero essere considerati parte dell’Europa. Sembrerebbe quasi una sorta di imperialismo dire loro che non possono essere una democrazia liberale.

Non è imperialismo; questa è la politica delle grandi potenze. Quando sei un paese come l’Ucraina e vivi accanto a una grande potenza come la Russia, devi prestare molta attenzione a ciò che pensano i russi, perché se prendi un bastone e li colpisci negli occhi, si vendicheranno. Gli Stati dell’emisfero occidentale lo capiscono perfettamente quando si tratta degli Stati Uniti.

La Dottrina Monroe, in sostanza.

Certo. Non c’è paese nell’emisfero occidentale a cui sia permesso di invitare una grande potenza geograficamente lontana a portare forze militari in quel paese.

Giusto, ma dire che l’America non permetterà ai paesi dell’emisfero occidentale, che sono per la maggior parte democrazie, di decidere che tipo di politica estera fare – si può pensare che sia una cosa buona o meno, ma questo è imperialismo, giusto? In sostanza, stiamo dicendo che abbiamo una sorta di voce in capitolo su come i paesi democratici debbano gestire i loro affari.

Abbiamo questa voce in capitolo e, in effetti, abbiamo rovesciato dei leader democraticamente eletti nell’emisfero occidentale durante la Guerra Fredda perché non eravamo contenti delle loro politiche. Questo è il modo in cui si comportano le grandi potenze.

Certo che l’abbiamo fatto, ma mi chiedo se dovremmo comportarci in quel modo. Quando pensiamo alla politica estera, non dovremmo provare a creare un mondo in cui né gli Stati Uniti né la Russia si possano comportare in quel modo?

Non è così che funziona il mondo. Quando provi a creare un mondo che assomigli a quello, finisci con fare delle politiche disastrose, come quelle che gli Stati Uniti hanno perseguito durante la fase unipolare. Abbiamo girato il mondo cercando di creare democrazie liberali. Il nostro obiettivo principale, ovviamente, era il Medio Oriente, e ha presente come ha funzionato. Non molto bene.

Penso che sia difficile dire che la politica americana in Medio Oriente negli ultimi settantacinque anni dalla fine della seconda guerra mondiale, o negli ultimi trent’anni dalla fine della guerra fredda, sia stata quella di creare democrazie in Medio Oriente.

Penso che fosse questa la Dottrina Bush durante il periodo unipolare.

In Iraq. Ma non nei territori palestinesi, o in Arabia Saudita, o in Egitto, o altrove, giusto?

No, be’, non in Arabia Saudita e non in Egitto. Per cominciare, la Dottrina Bush affermava sostanzialmente che se avessimo potuto creare una democrazia liberale in Iraq, questo avrebbe avuto un effetto domino e altri paesi come la Siria, l’Iran e infine l’Arabia Saudita e l’Egitto, si sarebbero trasformati in democrazie. Questa era la filosofia di base dietro la Dottrina Bush. La Dottrina Bush non era stata progettata solo per trasformare l’Iraq in una democrazia. Avevamo in mente un disegno molto più grande.

Possiamo discutere di quanto le persone in carica nell’amministrazione Bush volessero davvero trasformare il Medio Oriente in tante democrazie, e pensassero davvero di avere successo. La mia sensazione era che non ci fosse molto entusiasmo nel trasformare l’Arabia Saudita in una democrazia.

Bene, penso che concentrarsi sull’Arabia Saudita sia un modo facile per confermare il suo punto di vista. Questo è stato il caso più difficile dal punto di vista dell’America, perché l’Arabia Saudita ha così tanta influenza su di noi a causa del petrolio, e di certo non è una democrazia. Ma la Dottrina Bush, se andiamo a vedere quello che veniva detto all’epoca, si basava sulla convinzione che avremmo potuto democratizzare il grande Medio Oriente. Non sarebbe successo dall’oggi al domani, ma alla fine sarebbe accaduto.

Mi sembra che il mio argomento può essere che le azioni parlano più delle parole e, qualunque cosa abbia detto Bush nei suoi discorsi fioriti, non credo che la politica degli Stati Uniti in nessun momento della loro storia recente sia stata quella di cercare di instaurare delle democrazie liberali in tutto il mondo.

C’è una grande differenza tra come si sono comportati gli Stati Uniti durante la fase unipolare e come si sono comportati nel corso della loro storia. Sono d’accordo con lei quando parla della politica estera americana nel corso della sua storia più in generale, ma il periodo unipolare è stato un momento molto speciale. Credo che durante questa fase ci siamo impegnati a fondo nella diffusione della democrazia.

A proposito dell’Ucraina, è molto importante capire che, fino al 2014, non avevamo previsto l’espansione della Nato e dell’UE come una politica volta a contenere la Russia. Prima del 22 febbraio 2014 nessuno pensava seriamente che la Russia fosse una minaccia. L’espansione della NATO, della UE, e trasformare l’Ucraina, la Georgia e altri paesi in democrazie liberali significava creare una gigantesca zona di pace che si estendesse in tutta Europa e includesse l’Europa orientale e l’Europa occidentale. Non mirava a contenere la Russia. Quello che è successo è che è scoppiata questa grave crisi e abbiamo dovuto cercare la colpa, e ovviamente non avremmo mai dato la colpa a noi stessi. Dovevamo incolpare i russi. Quindi abbiamo inventato questa storia secondo cui la Russia era intenzionata all’aggressione nell’Europa orientale. Che Putin è interessato a creare una Russia più grande, o forse anche a ricreare l’Unione Sovietica.

Torniamo a quel momento e all’annessione della Crimea. Stavo leggendo un vecchio articolo in cui scrivevi: “Secondo la visione prevalente in Occidente, la crisi ucraina può essere attribuita quasi interamente all’aggressione russa. Il presidente russo Vladimir Putin, secondo questa teoria, ha annesso la Crimea per il suo desiderio di lunga data di resuscitare l’impero sovietico, e alla fine potrebbe conquistare il resto dell’Ucraina e altri paesi dell’Europa orientale”. E poi dice: “Ma questo resoconto è sbagliato”. Quello che è successo nelle ultime due settimane le fa pensare che il resoconto fosse più vicino alla verità di quanto avrebbe potuto pensare?

Oh, penso che avevo ragione. Penso che vi sia una chiara evidenza che non pensavamo che Putin fosse un aggressore prima del 22 febbraio 2014. Questa è una storia che abbiamo inventato per potergli attribuire la colpa.  La mia argomentazione è che l’Occidente, in particolare gli Stati Uniti, sono il principale responsabile di questo disastro. Ma nessun politico americano, e quasi nessuno nell’establishment della politica estera americana, vorrà riconoscere questa linea di argomentazione, e diranno che i responsabili sono i russi.

Intende perché i russi hanno fatto l’annessione e l’invasione?

Sì.

Mi interessava quell’articolo perché sostiene che l’idea che Putin possa alla fine voler prendere il resto dell’Ucraina, così come altri paesi dell’Europa orientale, è sbagliata. Dato che ora sembra proprio volere il resto dell’Ucraina, pensa col senno di poi che quell’argomento magari era vero, anche se all’epoca non lo sapevamo?

È difficile dire se vorrà prendere il resto dell’Ucraina, perché – anche se non voglio fare il pignolo – ciò implicherebbe che vuole conquistare tutta l’Ucraina e poi rivolgersi agli stati baltici e che il suo obiettivo sia creare una Russia più grande, o una reincarnazione dell’Unione Sovietica. Non vedo alcuna prova che questo sia vero. È difficile dire, guardando le mappe del conflitto in corso, cosa stia combinando esattamente. Mi sembra abbastanza chiaro che prenderà il Donbass e che il Donbass diventerà o due stati indipendenti o un grande stato indipendente, ma, a parte questo, non è chiaro cosa farà. Voglio dire, sembra evidente che non stia toccando l’Ucraina occidentale.

Però le sue bombe sì, la stanno toccando, giusto?

Ma non è questo il problema più importante. La questione cruciale è: quale territorio conquisti e quale territorio ti tieni? L’altro giorno stavo parlando con qualcuno di cosa accadrà con queste forze che stanno uscendo dalla Crimea, e questa persona mi ha detto che pensava che si sarebbero dirette a ovest e avrebbero preso Odessa. Parlando con qualcun altro più recentemente sembrava che ciò non sarebbe accaduto. So cosa accadrà? No, nessuno di noi sa cosa accadrà.

Non pensa che abbia progetti su Kiev?

No, non credo che abbia progetti su Kiev. Penso che sia interessato a prendere almeno il Donbass, e forse un po’ più di territorio e l’Ucraina orientale, e, in secondo luogo, vuole installare a Kiev un governo filo-russo, un governo che sia in sintonia con gli interessi di Mosca.

Pensavo avesse detto che non era interessato a prendere Kiev.

No, è interessato a prendere Kiev ai fini del cambio di regime. OK.?

Invece di che cosa?

Invece di conquistare Kiev definitivamente.

Sarebbe un governo favorevole alla Russia su cui presumibilmente avrebbe voce in capitolo, giusto?

Si, esattamente. Ma è importante capire che è fondamentalmente diverso dal conquistare e mantenere Kiev. Capisce quello che sto dicendo?

Potremmo pensare ai possedimenti imperiali dove una specie di prestanome veniva posto sul trono, anche se la madrepatria controllava effettivamente quello che stava succedendo lì, giusto? Potremmo dire che quei luoghi erano stati conquistati, giusto?

Ho problemi con il suo uso della parola “imperiale”. Non conosco nessuno che parli di tutto questo problema in termini di imperialismo. Questa è la politica delle grandi potenze, e ciò che i russi vogliono è un regime a Kiev che sia in sintonia con gli interessi russi. Alla fine potrebbe essere che i russi sarebbero disposti a vivere con un’Ucraina neutrale e che non sarà necessario che Mosca abbia alcun controllo significativo sul governo di Kiev. Può darsi che vogliano solo un regime neutrale e non filoamericano.

Quando ha detto che nessuno ne parla come di imperialismo, nei suoi discorsi Putin si riferisce specificamente al “territorio dell’ex impero russo”, che si lamenta di aver perso. Quindi sembra che ne stia parlando.

Penso che sia sbagliato, perché penso che lei stia citando solo la prima metà della frase, come fa la maggior parte delle persone in Occidente. Ha detto: “Chi non sente la mancanza dell’Unione Sovietica non ha cuore“. E poi ha detto: “Chi la rivuole indietro non ha cervello“.

Sta anche dicendo che l’Ucraina è essenzialmente una nazione inventata, creata artificialmente, e sembra invaderla, no?

OK, ma metta insieme queste due cose e mi dica cosa significano. Non ne sono troppo sicuro. Lui crede che sia una nazione inventata. Potremmo fargli notare che tutte le nazioni sono inventate. Qualsiasi studente di nazionalismo può dirlo. Inventiamo questi concetti di identità nazionale. Sono pieni di ogni sorta di miti. Quindi ha ragione sull’Ucraina, proprio come ha ragione sugli Stati Uniti o la Germania. Il punto molto più importante è: capisce che non può conquistare l’Ucraina e integrarla in una Russia più grande o in una reincarnazione dell’ex Unione Sovietica. Non può farlo. Quello che sta facendo in Ucraina è fondamentalmente diverso. Ovviamente sta portando via un po’ di territorio. Prenderà parte del territorio dall’Ucraina, oltre a quanto accaduto con la Crimea nel 2014. Inoltre, è decisamente interessato al cambio di regime. Oltre a ciò, è difficile dire esattamente a cosa porterà tutto questo, tranne il fatto che non conquisterà tutta l’Ucraina. Sarebbe un errore di proporzioni colossali provare a farlo.

Presumo che se provasse a farlo, ciò cambierebbe la sua analisi degli eventi.

Assolutamente. La mia argomentazione è che non vuole ricreare l’Unione Sovietica o cercare di costruire una Russia più grande, che non è interessato a conquistare e integrare l’Ucraina nella Russia. È molto importante capire che noi abbiamo inventato questa storia secondo la quale Putin è molto aggressivo ed è il principale responsabile di questa crisi in Ucraina. L’argomento che è stato inventato dall’establishment della politica estera negli Stati Uniti, e più in generale in Occidente, ruota attorno all’affermazione che Putin è interessato a creare una Russia più grande o una reincarnazione dell’ex Unione Sovietica. Ci sono persone che credono che quando avrà finito di conquistare l’Ucraina, si dirigerà  verso gli stati baltici. Non si rivolgerà agli stati baltici. Prima di tutto, gli stati baltici sono membri della Nato e…

Questa è una cosa buona?

No.

Sta dicendo che non li invaderà perché fanno parte della Nato, ma non dovrebbero far parte della Nato.

Sì, ma sono due questioni molto diverse. Non sono sicuro del motivo per cui le sta collegando. Se penso o no che dovrebbero far parte della NATO è indipendente dal fatto che facciano parte della NATO. Di fatto fanno parte della Nato. Hanno la garanzia dell’articolo 5: questo è tutto ciò che conta. Inoltre, non ha mai dato alcuna prova che sia interessato a conquistare gli stati baltici. In effetti, non ha mai dato alcuna prova che sia interessato a conquistare l’Ucraina.

Mi sembra che se vuole ritornare indietro a qualcosa, è all’impero russo che precedette l’Unione Sovietica. Sembra molto critico nei confronti dell’Unione Sovietica, giusto?

Be’, non so se è critico.

Lo ha detto nel grande saggio che ha scritto l’anno scorso, e in un recente discorso ha detto che essenzialmente considera come una colpa il fatto che le politiche sovietiche abbiano concesso un certo grado di autonomia alle repubbliche dell’Urss, come l’Ucraina.

Ma ha anche detto, come ho letto prima, “Chi non sente la mancanza dell’Unione Sovietica non ha cuore“. Questo è in qualche modo in contrasto con quello che ha appena detto. Voglio dire, in effetti sta dicendo che gli manca l’Unione Sovietica, giusto? Questo è quello che sta dicendo. Quello di cui stiamo parlando qui è la sua politica estera. La domanda che si deve porre è se questo sia un paese che ha la capacità di farlo. Si renda conto che questo è un paese che ha un PIL più piccolo del Texas.

I paesi cercano sempre di fare cose che non hanno la capacità di fare. Avrebbe potuto dirmi: “Chi penserebbe che l’America possa far funzionare rapidamente il sistema di potere iracheno? Abbiamo questi problemi anche in America”. E avrebbe avuto ragione Eppure pensavamo di potercela fare, e ci abbiamo provato, e abbiamo fallito, giusto? L’America non ha potuto fare ciò che voleva durante il Vietnam, e sono sicuro che mi dirà che questo è un motivo per non combattere queste varie guerre – e sono d’accordo – ma ciò non significa che fossimo corretti o razionali riguardo alle nostre capacità.

Sto parlando del potenziale di potere della Russia, la potenza economica di cui dispone. La potenza militare si basa sulla potenza economica. C’è bisogno di una base economica per costruire un esercito davvero potente. Andare a conquistare paesi come l’Ucraina e gli stati baltici e ricreare l’ex Unione Sovietica o ricreare l’ex impero sovietico nell’Europa orientale richiederebbe un esercito imponente e quindi una base economica che la Russia contemporanea nemmeno si  avvicina ad avere. Non c’è motivo di temere che la Russia eserciti un’egemonia a livello regionale in Europa. La Russia non è una seria minaccia per gli Stati Uniti. A livello internazionale siamo di fronte a una seria minaccia. Siamo di fronte a un concorrente alla pari. E questo è la Cina. La nostra politica nell’Europa orientale sta minando la nostra capacità di affrontare la minaccia più pericolosa che dobbiamo affrontare oggi.

Quale pensa che dovrebbe essere la nostra politica in Ucraina in questo momento, e cosa la preoccupa di ciò che stiamo facendo, nel senso che potrebbe indebolire la nostra politica verso la Cina?

In primo luogo dovremmo distogliere l’attenzione dall’Europa per focalizzarci sulla Cina. E, in secondo luogo, dovremmo impegnarci in modo straordinario per creare relazioni amichevoli con i russi. I russi fanno parte della nostra coalizione di equilibri contro la Cina. Se vivi in ​​un mondo in cui ci sono tre grandi potenze – Cina, Russia e Stati Uniti – e una di queste grandi potenze, la Cina, è un concorrente alla pari, quello che dovresti voler fare se sei gli Stati Uniti è avere la Russia dalla tua parte. Invece, quello che abbiamo fatto con le nostre assurde politiche nell’Europa orientale è stato portare i russi tra le braccia dei cinesi. Questa è una violazione della politica dell’equilibrio tra le potenze.

Sono andato a rileggere sulla London Review of Books il suo articolo del 2006 sulla lobby israeliana. Stava parlando della questione palestinese e ha detto una cosa su cui sono molto d’accordo, ovvero: “C’è una dimensione morale anche qui. La lobby degli Stati Uniti è diventata il supporto de facto dell’occupazione israeliana nei territori occupati, rendendosi complice dei crimini perpetrati contro i palestinesi”. Mi ha fatto piacere leggerlo, perché so che si considera un vecchio duro e burbero che non parla di moralità, ma mi è sembrato che stesse suggerendo che in questo caso esiste una dimensione morale. Sono curioso di sapere cosa ne pensa, se vi sia una dimensione morale in ciò che sta accadendo in Ucraina in questo momento.

Penso che in quasi tutte le questioni di politica internazionale sia coinvolta una dimensione strategica e una morale. Penso che a volte le dimensioni morali e strategiche si allineino l’una con l’altra. In altre parole, se stai combattendo contro la Germania nazista dal 1941 al 1945, conosci il resto della storia. Ci sono altre occasioni in cui quelle frecce puntano in direzioni opposte, in cui fare ciò che è strategicamente giusto è moralmente sbagliato. Penso che se ti unisci in alleanza con l’Unione Sovietica per combattere la Germania nazista, questa è una politica strategicamente saggia, ma moralmente sbagliata. Ma lo fai perché non hai scelta, per ragioni strategiche. In altre parole, quello che le sto dicendo, Isaac, è che quando arriva il momento critico, le considerazioni strategiche prevalgono sulle considerazioni morali. In un mondo ideale, sarebbe meraviglioso se gli ucraini fossero liberi di scegliere il proprio sistema politico e di scegliere la propria politica estera.

Ma nel mondo reale, questo non è fattibile. Gli ucraini hanno un legittimo interesse a prestare seria attenzione a ciò che i russi vogliono da loro. Corrono un grave rischio a rendere i russi fondamentalmente ostili nei loro confronti. Se la Russia pensa che l’Ucraina rappresenti una minaccia esistenziale per la Russia perché si sta allineando con gli Stati Uniti e i suoi alleati dell’Europa occidentale, ciò causerà un danno enorme all’Ucraina. Questo ovviamente è esattamente ciò che sta accadendo ora. Quindi la mia argomentazione è: la strategia strategicamente saggia per l’Ucraina è quella di interrompere le sue strette relazioni con l’Occidente, in particolare con gli Stati Uniti, e cercare di accogliere i russi. Se non ci fosse stata la decisione di spostare la Nato verso est per includere l’Ucraina, la Crimea e il Donbass sarebbero oggi parte dell’Ucraina e non ci sarebbe guerra in Ucraina.

Questo consiglio sembra poco verosimile ora. C’è ancora tempo, nonostante quello che stiamo vedendo sul campo, perché l’Ucraina riesca a placare in qualche modo la Russia?

Penso che ci sia una seria possibilità che gli ucraini possano elaborare una sorta di modus vivendi con i russi. E il motivo è che i russi ora stanno scoprendo che occupare l’Ucraina e cercare di dirigere la politica ucraina comporta grossi guai.

Quindi sta dicendo che occupare l’Ucraina sarà una difficile impresa?

Assolutamente, ed è per questo che le ho detto che non pensavo che i russi intendano occupare l’Ucraina a lungo termine. Ma, per essere molto chiari, ho detto che prenderanno almeno il Donbass e, si spera, non più della parte più orientale dell’Ucraina. Penso che i russi siano troppo intelligenti per rimanere coinvolti in un’occupazione dell’Ucraina.

http://vocidallestero.blogspot.com/

ALLA GUERRA DEI TRE REGNI, VINCE SUN TSU_quadrilogia di Antonio de Martini

ALLA GUERRA DEI TRE REGNI, VINCE SUN TSU

SE QUALCUNO SI ILLUDEVA DI FAR SCHIERARE XI, SI E’ SBAGLIATO. COMBATTONO SOLO GLI STUPIDI.

L’impero Asburgico, oltre all’Austria e all’Ungheria, comprendeva una serie di territori e regioni che coprono le aree oggi in contenzioso tra est e ovest: Boemia, Moravia, Slovacchia,Galizia, ( oltre beninteso ai più vicini a noi : Transilvania, Slovenia, Croazia, Bosnia, Erzegovina, Croazia, Dalmazia) con non meno di dieci gruppi etnici differenti, 62 milioni di persone, unite dall’idea imperiale e gestite da dieci milioni di austriaci e otto di ungheresi.

La caduta , quasi contemporanea ( 1917 e 1918)dei due imperi -Austriaci e russi- che si contendevano il predominio in quell’area e il lungo congelamento della guerra fredda ha portato fino a noi il contenzioso che all’epoca fu risolto.

Evito di tracciare la storia dell’Ucraina sulla quale ciascuno ha le sue idee e vengo al periodo attuale.

L’ANTEFATTO

ll governo statunitense, promosso il golpe di piazza del 2014 e insediati nel nuovo governo ucraino tre cittadini stranieri, ( Natalie Jaresko, cittadina USA, al ministero delle Finanze, Aivaras Abromavicius lituano, ex dipendente del Dipartimento di stato USA, Aleksandr Kvitashvili, georgiano ( dove fu nominata ministro dell’Economia una neo laureata americana ), ritenne di aver vinto la partita in quella parte del mondo e di aver anche inibito alla Russia l’accesso al mar nero e quindi al Mediterraneo, dove avrebbe potuto contare sul solo porto di Tartous, in Siria.

Nikita Khrushev, che per tutta la carriera era stato segretario del Partito comunista ucraino ( unico stato dell’URSS, assieme alla Bielorussia, rappresentato all’ONU assieme alla Russia), in una riforma amministrativa, aveva avuto la debolezza di attribuire la Crimea e la costa adiacente, con Odessa, all’Ucraina.

Trovandosi con una flotta e senza un porto, se non Sebastopoli in affitto, Putin si riprese quel che considerava suo, limitandosi alla Crimea. Adesso , dopo otto anni di tentativi di mettere all’ordine del giorno una regolarizzazione della situazione giuridica, ha commesso l’errore di ricorrere alla forza e – peccato ancor più grave- di usarla maldestramente.

L’errore strategico commesso dal governo americano del nord, sarà ancor più gravido di conseguenze , anche se nel medio termine: una serie di paesi, a partire dall’Ucraina e passando per l’Italia, sono in questi giorni attraversati da una nuova febbre patriottica e nazionalista, destinata nel medio termine a mettere in difficoltà le strutture governative attuali favorevoli agli USA.

I CONTAGIATI

Tra i paesi più “contagiati” e pronti a rituffarsi nelle politiche da “Questione d’Oriente” in cerca di perle, La Turchia e la Germania. Due ex imperi della grande guerra, in cerca di spazi politici ed economici, ma nell’ambito del Nuovo Ordine Mondiale.

Turchia: ex impero messo in crisi dalla grande guerra, ma salvata dall’attivismo nazionalista di Mustafa Kemal. poi Ataturk, aveva avuto l’intelligenza di star fuori dal secondo conflitto e riconoscere la supremazia americana, aderendo al patto Atlantico e – grazie all’appoggio inglese- al Consiglio d’Europa.

La nuova crisi balcanica ha permesso ai turchi di lenire il vulnus della mancata accettazione in seno alla UE, ma di rientrare appieno nella politica europea e in posizione invidiabile, sia militarmente che dal punto di vista del diritto internazionale.

Il problema Turco é capire quale sia lo spazio di manovra tra i due veri belligeranti ( USA e Russia) , al fine di preservare i propri interessi con entrambi.

Intanto, ha riconosciuto l’esistenza dello stato di guerra esistente tra Russia e Ucraina e questo le dà facoltà di chiudere gli stretti ( Bosforo e Dardanelli) alle navi da guerra: misura che soddisfa la richiesta di Zelenskiy e aiuta la Russia, inibendo la flotta occidentale che si é radunata nell’Egeo che é il punto più vicino alla zona dei combattimenti.

Alle due portaerei la “Truman” USA e la ” De Gaulle” francese, ieri é partita da Taranto per aggiungersi alla squadra la ” Cavour” italiana.

Ma lo spazio politico più complesso e irto di ostacoli é certamente quello con L’Unione Europea. Due anni fa il presidente Emanuel Macron dichiarò la “morte cerebrale” della NATO e Tajip Erdogan si era distinto litigando coi greci e rifiutando di avvallare l’attacco alla Libia. Adesso si impone una scelta tra Europa e NATO e l’ago della bilancia é nelle sue mani. Vuole fonti energetiche indipendenti e un mercato per le sue imprese. Une può averle dall’occidente e l’altro da Oriente….

Germania: Anche se strumentalmente criticata dal presidente Zelenskiy per aver continuato le importazioni di gas russo e per pretesi ritardi negli aiuti, la Germania ha effettuato una inversione a 180° in materia di politiche di Difesa e il 27 febbraio scorso, il neo cancelliere Olaf Scholz dichiarava che questo attacco alle porte dell’Europa rappresenta una ” Zeitenwende” ( cambiamento di epoca) .

La sua ministra degli Esteri Annalena Baerbock, verde, confermava giunto il tempo per “cambiare atteggiamento in materia di politica estera e sicurezza”.

Il cambiamento epocale abbandona due insulsi luoghi comuni pacifisti che sostenevano che ” uno stato debole che non minaccia nessuno é al riparo da minacce” . La seconda idiozia: ” il miglior modo di sottrarsi alla minaccia nucleare é di essere privi di tali armi”. Questi i verdi tedeschi di ieri. Da noi in Italia, questi belati provengono dal Quirinale e dallo Stato Maggiore della Difesa, benché siano al governo da oltre sette anni e nella NATO da settanta.

Non é la militarizzazione che conduce alla guerra. I nostri padri antichi lo sapevano i signori che ci governano, contestano questa saggezza dettata da tremila anni di esperienza e puntano all’appiattimento acritico e servile che contraddistingue gli italiani dal 1500. La riflessione che si impone e che é dimostrata dagli eventi di marzo e dai fatti Yugoslavia e di Siria ( e del nord Corea)é un’altra: chi ha in dotazione armi nucleari é indipendente e intoccabile. Chi no, no.

La conseguenza immediata del nuovo atteggiamento tedesco, comunque, é l’allineamento del bilancio della Difesa al 2% del bilancio , ossia 75 miliardi, che porterebbero la Germania ad essere il terzo bilancio della Difesa più importante al mondo, dopo gli USA e la Cina.

Questo, senza contare i cento miliardi stanziati a un fondo ” per la difesa” non di competenza del ministero omonimo: ricostruzione dell’Ucraina o armamento nucleare? lo sapremo anche troppo presto.

L’obbiettivo strategico della Germania, é quindi l’acquisizione della posizione di primo della classe nello schieramento USA e leader regionale europeo, con tanti saluti alle chiacchiere di afd sull’autonomia decisionale tedesca, a quelle di Johnson con le sue patetiche imitazioni di Churchiill e ai capricci elettorali di Macron.

L’obbiettivo tattico, é l’acquisizione dell’Ucraina – o di quel che resterà dopo la spartizione- nella propria sfera di influenza a completamento del proprio spazio vitale.

IL CONTENZIOSO E I CONTENDENTI

La vicenda va inquadrata riportando pari pari “Le Monde Diplomatique” dello scorso mese di febbraio per la penna di David Teurtrie ( autore di un libro sul ” ritorno della potenza russa” edito da Colin) , poco prima dell’inizio dello scontro: ” Il malinteso risale al crollo del blocco comunista del 1991. Logicamente, la scomparsa del patto di Varsavia, avrebbe dovuto portare alla dissoluzione della NATO, creata per far fronte alla “minaccia sovietica” ( la Francia era d’accordo). Ma gli Stati Uniti hanno spinto allora verso l’allargamento a estdelle strutture NATO per consolidare il loro predominio in Europa.

  • Nel 99, la NATO, (sempre sotto comando statunitense) effettua il suo primo allargamento integrando Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia e annunzia il proseguimento del processo verso la frontiera sovietica.
  • Nel frattempo, la NATO, interviene militarmente e senza l’accordo del Consiglio di sicurezza dell’ONU, e questo trasforma la NATO, (organizzazione fino allora difensiva) in una alleanza offensiva, il tutto in violazione del diritto internazionale.
  • Nel 2003 L’invasione dell’Irak da parte di truppe americane ( basata su una menzogna- tutti si ricordano di Colin Powell, segretario di Stato del Presidente George Bush, brandente una falsa fiala di antrace , davanti all’assemblea ONU) , costituisce una nuova violazione del diritto internazionale, denunziata da Parigi,Berlino e Mosca congiuntamente.
  • – Negli anni seguenti, gli Stati Uniti annunciano di voler installare elementi del loro scudo antimissili in Europa dell’Est, in contrasto con l’atto fondante Russia -Nato ( firmato nel 1997) che garantiva Mosca da nuove installazioni militari permanenti occidentali. ( commento: non penso che gli americani siano pronti ad accettare una base militare russa vicina alla loro frontiera, ad esempio in Messico…)
  • Aprile 2008 Gli USA esercitano una forte pressione sugli alleati europei per approvare il desiderio di Georgia e Ucraina di far parte della NATO, mentre la maggior parte degli ucraini si dichiara, all’epoca, contraria
  • Allo stesso tempo, gli USA spingono a riconoscere l’indipendenza del Kosovo, non riconosciuto da gran perte della comunità internazionale( una ex provincia serba dell’ex Yugoslavia strappata per intervento militare NATO l’accordo del Consiglio di sicurezza ONU), il che costituisce un altra violazione del diritto internazionale, perché, all’epoca , si tratta giuridicamente, di una provincia serba ( commento: é appena il caso di ricordare che la creazione di questo stato artificiale che é il Kosovo, non riconosciuto da gran parte della comunità internazionale, ha permesso agli Stati Uniti di installarvi la più grande base militare d’Europa, vicina alla Russia). Conosciamo il seguito, avendo gli occidentali aperto il vaso di Pandora dell’interventismo e della intangibilità delle frontiere sul continente europeo, la Russia, sentendosi accerchiata, interviene in Georgia nel 2008 e, poi, riconoscendo l’indipendenza dell’Ossezia del Sud e dell’Abkazia ecc.” Fine della citazione.

La Russia, vittima della sua stessa incompetenza amministrativa e giuridica ( avrebbe potuto invocare gli articoli 52 e 53 della carta delle Nazioni Unite contro il risorgere del nazismo rinunziare al diritto di veto) e con precedenti specifici in materia di soluzione violenta delle problematiche, é inciampata in una trappola ben congegnata. Pur sapendo che le potenze occidentali cercano ormai sempre di entrare in guerra con le vesti dell’aggredito, si é lanciata all’attacco, nella certezza di dover affrontare solo le sanzioni ( probabilmente previste) , ma sottovalutando il posizionamento di paese più odiato del mondo a seguito di una campagna propagandistica tempestiva ( al punto di far pensare a un preordinamento) e di una violenza verbale inusitata persino tra belligeranti.

Gli Stati Uniti, rectius, il suo governo, hanno potuto, dopo un decennio e più di isolamento politico e morale, riuscire a coagulare nuovamente il “mondo libero” e la NATO attorno a un problema percepito da tutti. Adesso si sentono ancora una volta i leaders del mondo libero e hanno anche ottenuto il sospirato stanziamento del 2% del Bilancio per la Difesa da tutti i membri NATO, perfino dall’Italia e dalla Germania che scusandosi coi suoi precedenti guerrafondai, dava finora prova di zelo risparmiando all’osso sulle spese militari.

L’Ucraina: Dotata frettolosamente, ma in anticipo, di armi anticarro autoguidate a doppia carica esplosiva e con impatto dall’alto, di nuova generazione, e di una valanga di promesse di intervento che non possono esserci, si affida ai battaglioni della milizia ausiliaria , decretati come neonazisti, ma sono almeno nazionalisti esasperati, assistiti da tecnici occidentali ed eccitati da una propaganda martellante.

Hanno preso in contropiede un esercito che immaginava di procedere a un ingresso trionfale tipo Anchluss e tentano ricatti morali e minacciano apocalissi nucleari spaventando i pantofolai dell’ovest. Solo che L’Anchluss funzionò perché Engelbert Dolfuss – il cancelliere austriaco- era stato ucciso in precedenza e la vecchia Europa stacca le sue protesi auditive e accoglie volentieri profughi.

Joe Biden Vladimir Putin,

Entrambi i duellanti hanno sperato di attrarre nella loro orbita la Cina e indurla a schierarsi in forma decisa a proprio favore. Millenni di saggezza politica del celeste impero hanno indotto il presidente Xi a rispondere con un motto di Confucio: “Chi ha messo il campanaccio all’orso, é lui che deve toglierglielo”.

Una cocente delusione per Joe Biden che vede sfumare la rielezione e un sospiro di sollievo per Vladimir Putin che adesso – libero dall’incubo dell’isolamento- potrà vendicarsi, in casa e fuori, della figuraccia che gli han fatto fare.

Se vogliono compararlo a Hitler, inizierà dalla notte dei lunghi coltelli dopo aver dimostrato che la stragrande maggioranza del popolo russo é con lui.

Dovremmo chiedergli i nomi di chi ha fatto la spia per conto dell’URSS, che Mitrokhin diede al MI6 e che il vice premier Mattarella e il generale Siracusa evitarono di andare a chiedere per non distruggere il PD, PDS, DS. Qualcosa mi dice che é pronto a darli.

https://corrieredellacollera.com/2022/03/20/alla-guerra-dei-tre-regni-vince-sun-tsu/

LA RUSSIA SACRIFICATA ALLA… GERMANIA CHE TORNERA’ IN UCRAINA ?

TEMO CHE QUESTO POST DELL’8 MAGGIO 2014 SIA REALISTICO… VEDREMO A BREVE

Questo post é stato scritto l’8 maggio 2014 e lo trovate nell’archivio di questo blog ( scegliere l’anno e poi il mese). Purtroppo non può essere ribloggato e devo fare ” copia e incolla” per darvelo nella sua interezza, anche se preferirei che andaste a leggerlo in archivio: suona più verosimile. Data la lunghezza, ci metto qualche capolettera e alcune frasi in grassetto a scopo ornamentale. Buona lettura

“Per capire come mai la rana ucraina- un paese senza arte, parte e identità sul cui suolo passano dei gasodotti-  venga gonfiata fino all’inverosimile dai principali media del mondo e perché gli Stati Uniti premano tanto  sulla U.E. perché sanzioni la Russia inimicandosela,  bisogna fare un breve corso di storia e di geopolitica di cui anticipo le conclusioni in corsivo  per chi non avrà la pazienza di leggere l’intero testo  e   che ci porterà a constatare come la geopolitica tedesca, da Bismarck in poi, non abbia mai cambiato direzione se non durante la parentesi della costruzione europea post 1945.

 Esistono forti correnti economiche e di pensiero che pensano di cambiare registro e gli USA si preoccupano di eventuali scelte geopolitiche indipendenti tedesche.

La costruzione europea ha iniziato ad andare in crisi con le prospettive storico-politiche aperte dalla unificazione tedesca e il crollo dell’URSS; sta scricchiolando con la crisi dell’Euro e rischia il crollo definitivo alla prossima sfida. 

Una strategia geopolitica indipendente della Germania significherebbe una nuova guerra mondiale a breve.  L’Ucraina è l’offerta che gli USA fanno alla Germania per allontanare ( per dieci anni ?) il fantasma di Otto von Bismarck e del rapporto stretto con la Russia. Se l’operazione separazionenon dovesse funzionare, il mondo sarebbe in serio pericolo. Per questo ritengo che in Italia debba nascere un movimento popolare in favore della neutralità. E presto. 

Gli USA non possono tollerare una uscita della Germania dalla zona euro perché significherebbe la necessità di una nuova strategia geopolitica per la Germania  e questa non potrebbe che tendere verso una intesa russo tedesca che rivoluzionerebbe gli equilibri militari e politici del globo.  E’ intuitivo anche  che non possono lasciar crescere l’ euro perché il suo successo suonerebbe come campana a morto per il dollaro USA e la fine del ruolo degli Stati Uniti come detentore del  quasi monopolio della valuta degli scambi internazionali. 

Di qui l’urgenza assoluta per il governo Obama della conclusione del trattato TAFT che creerebbe una comunità industrial-commerciale nord atlantica rendendo impensabili e non vitali eventuali alternative.

Fatte le conclusioni, passiamo all’antefatto per i lettori più pazienti.

1) All’indomani del Congresso di Vienna ( 1815), il mondo si trovò gestito dagli alleati che avevano sconfitto Napoleone: Russia, Austria-Ungheria a est e Inghilterra e Francia a ovest.  Queste potenze pensarono di tornare a incontrarsi e scontrarsi nelle “terre di mezzo”, Italia e Germania che non rappresentavano entità geopolitiche, ma secondo l’espressione del principe di Metternich erano espressioni geografiche, divise com’erano in numerosi statarelli  neutralizzantisi a vicenda.

Le cose non tornano mai come “prima della guerra”.  Le incursioni napoleoniche  in Europa produssero movimenti nazionalistici e indipendentistici che portarono  alla unificazione di questi territori (Germania e Italia) in entrambi i casi sotto la guida dello stato più militarizzato delle rispettive regioni.

2)La Germania, diventata un impero nel 1870 dopo la sconfitta della Francia,  ebbe una economia  inizialmente equilibrata – tra la Prussia agricola e la Renania industrializzata la bilancia dei pagamenti era in equilibrio – si lanciò in una politica di espansione anche per recuperare i due secoli di ritardo nello sfruttamento delle colonie. Questo protagonismo politico alimentò il revanscismo francese, mentre il programma navale del Kaiser Guglielmo lo pose in contrasto con l’Inghilterra.

 Le due vecchie rivali si coalizzarono ( da Fashoda in poi) e con l’alleanza tra Russia e  Francia  fissarono i chiodi della bara del Kaiser. Alfred Milner si occupò dello scoppio del conflitto e del “buon diritto” degli alleati della Intesa. La Germania non tenne conto del monito dei suoi grandi vecchi ( von Moltke ” rafforzate l’ala destra” e Bismarck ” allearsi con la Russia”) e ad onta dell’aver estromesso i russi dal conflitto con una brillante operazione di intelligence del colonnello Nicolai, perse la guerra. Era entrato in ballo un nuovo superpower: gli USA.

3) Dopo la prima guerra mondiale, che per un primo tempo sembrò aver liquidato il contenzioso franco tedesco, con l’avvento di Hitler al potere e  la scelta di una geopolitica indipendente ( La teoria dello spazio vitale) da parte del Reich (e i tentativi di entrare in possesso di porzioni di territorio ( ” dove vivevano popolazioni tedesche”) destinato dal trattato di Versailles ad altri paesi) creò la situazione di tensione ad onta dei periodici tentativi di apeasement (Locarno, Monaco). L’annunzio del patto Germano sovietico del 1939 ( il 23 agosto) precedette di poco l’arrivo della guerra ( il 3 settembre).

4) Dopo la rovinosa sconfitta del 1945 la Germania non ha più avuto intenzioni di definire una geopolitica indipendente e si è a mano a mano integrata nei dispositivi predisposti dai vincitori della guerra mondiale accettando la comunità europea,  la NATO, il Consiglio d’Europa, l’OSCE ecc.

Tutte queste organizzazioni erano state pensate per evitare che la Germania rinnovasse la sua tradizionale rivalità nei confronti della Francia creando nuove tensioni in Europa.

5) L’intesa Franco Tedesca del 1967 tra De Gaulle e Adenauer  (statisti che conoscevano le leggi della geopolitica)  condusse questi due paesi all’avanguardia in Europa. L’Italia non aderì, invitata, per non dispiacere all’Inghilterra su insistenza di La Malfa & co. che chiedevano un asse Roma-Londra.

6)Dopo la riunificazione tedesca, l’integrazione tra le economie francese e tedesca iniziò a mancare.  La Francia con forte componente agricola aveva supplito all’assenza della Prussia nel bilanciare l’ economia della Renania e le due economie vissero di concessioni reciproche, spesso a spese degli altri partner, specie mediterranei.

7)La nascita dell’Euro e della Banca Centrale Europea – costruita sul modello della Bundesbank tedesca  col solo mandato di  combattere l’inflazione – pose le basi per una crescita disuguale tra i paesi contraenti e la apodittica convinzione teologica che alle crisi economiche si deve reagire con l’austerità (non suffragata da alcun elemento scientifico) sta lavorando il fegato dei paesi mediterranei mentre la Germania ebbe tutto l’appoggio dei partners quando si trattò di riunificare i due monconi di paese dopo la caduta del muro ( 1989).

La caduta dell’URSS  prima di allora non “abbinabile” ad altri partners occidentali, ha posto la Germania di fronte allo stesso dilemma  con cui si confronta Israele: entrambi sono paesi privi di profondità territoriale e vulnerabili ad attacchi concentrici e di sorpresa.

8) Una rottura tra la Germania e i partner europei – sia politica o sia economica –  costringerebbe la Cancelliera Merkel ad una situazione da paria – come oggi il turco Erdogan – di indecisione tra una geopolitica  che guardi a est ed un aumento della immigrazione che a questi livelli sarebbe suicidaria per l’identità tedesca.

Mentre “capricci alla turca” (  come ad es la recente assegnazione del sistema difensivo missilistico  antiaereo ai cinesi, con i russi in seconda posizione) possono essere tollerati , salvo un regime change alla prima occasione, per la Germania, le sue tecnologie i suoi capitali, i suoi contatti politici, un rapporto organico con la Russia avrebbe un solo significato: relegare gli USA tra le potenze di seconda schiera e togliergli il dominio del mondo.

Logico che l’idea non piaccia agli americani, logico che vogliano opporsi in ogni modo, logico che offrano ai tedeschi l’Ucraina – in tutto o in parte – col suo serbatoio di mano d’opera, terreni agricoli e risorse boschive di grande importanza, per non parlare del vantaggio  di essere a 200km da Mosca. Questa ipotesi fa innervosire i russi e che potrebbe scavare un fossato coi tedeschi, ma per ora i russi fingono di temere l’istallazione di rampe missilistiche in Ucraina.

Per un missile avanzare di trecento Km non è nulla, per i carri armati essere a 200 Km dalla capitale è tutto. Questo dovrebbe dare da pensare agli analisti russi.

Ecco  a mio parere il perché delle pressioni USA per far schierare aspramente e personalmente la Merkel, la previa pubblica informazione che le sue comunicazioni più private erano monitorate, ecco perchè la pausa negli attacchi all’Euro.

Se la Merkel non si schiera con l’occidente e non litiga con Putin, sarà segno, per gli analisti americani, che vuole fare il Bismarck in gonnella.

Quanto a noi, nella prima guerra mondiale restammo neutrali per dieci mesi. Nella seconda restammo neutrali ( “non belligeranti”) per altri dieci mesi.  Sappiamo come è andata.       Sarebbe ora di seguire i consigli  di neutralità che all’epoca diedero Giolitti e Benedetto Croce e non di seguire quelli di un D’Annunzio lubrificato ( come Mussolini) dall’oro francese. Nel secondo conflitto, addirittura, ci tuffammo a titolo gratuito…

Inviato da iPhone

KAPO’

QUANDO LA PROPAGANDA ESAGERA CON LA CREDULITA’ POPOLARE

Alcuni internauti di destra hanno diffuso una foto di Bernard Henry Levy a Odessa assieme al capo della provincia di Odessa e comandante della 28 brigata meccanizzata ( ed ex comandante del battaglione AIDAR composto da elementi nazistoidi).

Una delle foto che circolano su internet a dimostrazione della presenza di milizie carattere nazista: le bandiere NATO e la svastica abbinate nelle foto ricordo.

Reclutati in tutta Europa con lo stesso criterio con cui si reclutavano i jihadisti: toglierli dalle nostre strade.

L’accento era posto – da questi elementi di destra e solo da loro- sulla presenza del sociologo a Odessa come prova dell’aggressività della NATO. Non era stato notata l’aggressività del francese in occasione dell’attacco alla Libia?

La comunicazione é in realtà ben più sofisticata: L’accento va più correttamente posto sulla personalità di Levy quale autore del testo ” Lo spirito del Giudaismo”. Può un personaggio di tal fatta frequentare un nazista? alla risposta negativa dei più é affidata la validità dell’assoluzione del comandante Maksym Marchenko. Uno che va a spasso con BHL non può essere un nazista… e così si toglie il fastidioso sospetto di nazismo dalle spalle degli ” eroici battaglioni ” che stanno contrastando i cattivi di turno.

Nella foto a fianco , Il sociologo Bernard Henry Levy, ben scortato, che si offre per cauzionare la democraticità del “comandante Marchenko” . Resta anche il mistero di come BHL sia giunto in quella città dato che le comunicazioni aeree tra la zona dei combattimenti e l’occidente siano interrotte da giorni a causa dei bombardamenti e delle decisioni dei belligeranti. Almeno é quanto ci é stato comunicato dalla stampa.

Per BHL , nessuna meraviglia: faceva l’indicatore della polizia già tra gli studenti del maggio parigino già nel 68, ha fatto da intellettuale killer di Gheddafi per conto di Sarkozy ( ex ministro dell’interno) nel 2011 ed rieccolo a Odessa in veste di assolutore di nazisti.

LE BOMBE SULL’UCRAINA DANNEGGIANO LA NON PROLIFERAZIONE NUCLEARE ?

IL MONDO VIENE DIVISO TRA CHI DOMINA IL NUCLEARE E CHI NE VIENE INIBITO

I BOMBARDAMENTI SULL’UCRAINA MINANO LE FONDAMENTA DEL TNP.

Vorrei suggerire a un nucleo di amici un tema che volI un po’ più alto delle beghe pseudo politiche o tattiche con cui ci si è gingillarti fino ad oggi.

 Il tema è il nucleare. Se al momento in cui l’Ucraina ha aderito al TNP – trattato di non proliferazione nucleare – (entrato in vigore al 1° gennaio del 1967) si fosse conservata, diciamo tre testate nucleari delle cinquemila rottamate senza condizioni, la Russia avrebbe attaccato ugualmente?

Sono certo di no e la pensano come me un gran numero di studiosi della materia.

Questa considerazione apre il tema che vorrei popolarizzare presso tutti coloro che non vogliono essere atomizzati a loro insaputa.

Nove sono i paesi hanno la bomba: CinaCorea del nordFranciaIndiaInghilterraIsraelePakistan, la Russia e gli Stati Uniti. Si ignora se anche il Sudafrica si sia conservato qualche cosa.  E fanno dieci.

Di questi paesi citati 5 (sui 191 firmatari del Trattato di non proliferazione), sono qualche modo autorizzati, perché costruirono e testarono l’ordigno prima dell’entrata in vigore del Trattato e sono tra i vincitori della Seconda guerra mondiale, nonché fondatori dell’ONU (organizzazione delle Nazioni Unite).

Tre Stati, IndiaIsraelePakistan non hanno mai firmato né concordato le loro realizzazioni nucleari, quindi non è possibile, in qualche forma, costringerli (e questa è la migliore controprova della utilità della bomba) …

L’Iran, che sembra aspirare a far parte del club atomico (ad onta di una fatwa dell’Ayatollah Rudollah Khomeini che dichiarò empio l’armamento nucleare decretato dallo Scià Reza Palhavi) viene dato per essere – da oltre venti anni- alla immediata vigilia della realizzazione, ma ormai non ci crediamo più. Non alle accuse interessate di Israele e non all’eco americana in materia.

La Corea del Nord, invece, è uscita dal Trattato (TNP) nel 2003.

L’elenco dei paesi nucleari coincide con quello dei paesi indipendenti che nessuno aggredisce e, come direbbe un francese, pour cause. Perché in effetti, tutti temono le conseguenze devastanti di un bombardamento atomico, specialmente sulla popolazione civile.  E fintantoché resterà in auge il principio di legittimità della sovranità popolare, i civili vanno tenuti per quanto possibile al riparo dall’ombrello atomico.

La conseguenza veramente importante di questo conflitto ucraino sarà il rischio di una corsa al riarmo nucleare e il dibattito è già iniziato.

Cominciamo già tutti a pensare che se avessimo un arsenale nucleare ci potremmo difendere senza intermediazioni – ogni giorno più dubbie – saremmo più rispettati e indipendenti nelle nostre scelte economiche e politiche.

Lo pensa certamente la Germania, che ha appena stanziato 100 miliardi di euro per un fondo per la difesa, ma non assegnato al ministero della Difesa. Dovrebbero spiegarci che ci vogliono fare.

Anche il Giappone. Minacciato dalla Corea del Nord ma anche un po’ dalla Cina, ha sollevato il problema ripetutamente. Uno dei partner della organizzazione chiamata Five eyesl’Australia, si è lamentato tramite la Nuova Zelanda, suo paese confinante e minore, che non riesce a ottenere un dividendo politico a fronte di un investimento comune.

Di conseguenza, gli Stati Uniti hanno promesso di farli accedere alla tecnologia propulsiva dei sottomarini nucleari. Poi, leggendo tra le pieghe dell’accordo, si sono accorti che ci vorranno 20 anni di attesa. Senza armamento nucleare, deve essere chiaro che non c’è sicurezza. E nemmeno progressi tecnologici o energetici, visto che ci stiamo orientando verso l’energia nucleare.

Con lo strumento del TNP, gli Stati Uniti hanno acquisito mezzo secolo di vantaggi in termini di ricerca e sperimentazione e penetrazione di mercato. Possono bastare.

Resta da sistemare l’aspetto militare della vicenda, con particolare riguardo all’Italia.

Dato che Inghilterra, Francia e forse adesso anche Germania si saranno presto dotate di opportuni armamenti nucleari, restano gli italiani, spagnoli e turchi a dover fornire, stando a questi progetti, quella che un tempo si chiamava carne da cannone.

Secondo questo schema NATO noi dovremmo fornire la truppa che va all’assalto. Alleati di prima e di seconda categoria? No grazie!

Così rischiamo di essere, marginali dal punto di vista militare e pericolanti dal punto di vista delle perdite umane.

Qualcuno potrebbe obbiettare che una offerta di protezione USA è più sostanziosa di quella rappresentata da un limitato arsenale nucleare quale quello che noi potremmo permetterci.

Abbiamo l’esempio del Memorandum di Budapest dell’autunno 1994 stipulato tra Russia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Ucraina che stabiliva che ciascuno dei contraenti avrebbe evitato di usare “force or threats” contro l’Ucraina, rispettandone la sovranità e i confini.

Tutti i contraenti si impegnavano a chiedere l’intervento immediato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e non sono quelli sperati.

Vogliamo essere gli ultimi a dotarci di capacità nucleare ?  Preferiamo che siano i tedeschi ad armarsi autonomamente senza il collare europeo? Temiamo a tal punto la proliferazione quando sappiamo che l’hanno già dieci paesi di cui quattro potenziali avversari? Perché alcuni paesi possono avere armamenti nucleari e altri no? Qual è il criterio discriminante ?

Questi sono i temi da affrontare, non commentare quattro poveracci di aspiranti impiegati RAI che fanno commenti da portierato.

IS THAT ALL THERE IS?_di Massimo Morigi

IS THAT ALL THERE IS?: GEORGE FRIEDMAN, PEGGY LEE, CTHULHU MORBUS, ANGELUS NOVUS, L’AFGHANISTAN,  L’ITALIA, LA RUSSIA E L’UCRAINA

 

 

         Al tramonto dell’estate del 2021, in pieno e tumultuoso corso il disastro statunitense in Afghanistan, il grande geopolitico e ancor più grande filoimperialista americano George Friedman firmò sulla sua giustamente accreditatissima rivista di geopolitica  IS THAT ALL THERE IS?  (George Friedman, Is That all There is?, in GEOPOLITICAL FUTURES, 6 agosto 2021, all’URL https://geopoliticalfutures.com//pdfs/is-that-all-there-is-geopoliticalfutures-com.pdf,  Wayback Machine:  http://web.archive.org/web/20210908080614/https://geopoliticalfutures.com//pdfs/is-that-all-there-is-geopoliticalfutures-com.pdf), nel quale, citando ampliamente dalla sublime IS THAT ALL THERE IS?  nella versione cantata dall’immortale Peggy Lee mostrava (giustamente dal suo punto di vista) tutto il suo spirito splenetico per come si erano messe le cose in quel lontano paese asiatico. Purtroppo, soprattutto per noi altissimi spiriti demoniaci, angelici,  iperuranici ed ultraterreni Cthulhu Morbus e Angelus Novus della IX Tesi di Filosofia della Storia di Walter Benjamin questi lai non solo per il loro fortissimo stridore risultarono insopportabili per le nostre sensibilissime e  demoniache o divine orecchie ma avevano anche il terribile difetto di costituire una sorta di dolorosa ma malriposta prece per le sorti di una potenza, gli Stati uniti, che nonostante tutte le sue micidiali contraddizioni e forse sulla via del declino (ma quale impero non è assillato da problemi potenzialmente mortali?), è, allo stato attuale, il maggiore e mortifero regista e dominus dello scenario politico internazionale. Ma ora, scoppiata la guerra russo-ucraina, noi, altissimi demoniaci et angelici spiriti siamo in grado di rimediare a questa sorta di ingiustizia-forzatura poetica operata dal nostro grande amico  e stimatissimo e Geopoliticus Maxismus non solo statunitense ma anche mondiale, poiché, essendoci in quest’ultima vicenda internazionale un paese che rischia ancor più le penne dell’Ucraina – e  cioè l’Italia che con  la sua immensa insipienza nello schierarsi contro la Russia ed,  addirittura, di fornire armi al suo nemico Ucraina, pone  il suo territorio mancandole una pur minima deterrenza nucleare, come del resto più volte spiegato su questo blog “L’Italia e il Mondo” che sempre ha avuto la cortesia di ospitare il pensiero di noi spiriti infernali e divini, alla  demente e  suicidaria candidatura   di essere il primo gradino di una escalation nucleare, per non parlare delle sanzioni alla Russia che rischiano di fare arretrare il  Bel Paese ad un’economia del baratto come si praticava ai bei tempi del neolitico –, abbiamo non solo deciso di rinviare direttamente i lettori del blog all’ascolto integrale di   IS THAT ALL THERE IS?   (agli URL https://www.youtube.com/watch?v=LCRZZC-DH7M, da noi  scaricato e quindi ricaricato su Internet Archive, generando gli URL  https://archive.org/details/peggy-lee-is-that-all-there-is-1969-repubblicanesimo-geopolitico-360p  e https://ia601500.us.archive.org/11/items/peggy-lee-is-that-all-there-is-1969-repubblicanesimo-geopolitico-360p/Peggy%20Lee%20%20Is%20That%20All%20There%20Is%201969%2C%20Repubblicanesimo%20Geopolitico_360p.mp4  e all’URL  https://archive.org/details/peggylee_202011/Is+That+All+There+Is.mp3, sempre di Internet Archive dove si trova anche un’ottima rassegna di mp3 dei migliori pezzi di Peggy Lee) per cercare, attraverso lo spirito splenetico e disincantato che avvolge tutta la canzone, di suscitare, come in una sorta di cura omeopatica, una  reazione salutare al cupio dissolvi dello spirito pubblico italiano, ma anche di proporre integralmente il testo della canzone stessa, perché  se proprio si vuole cercare di riformare la pedagogia nazionale in materia di politica e/o geopolitica, bisogna, in primo luogo, tornare ai fondamentali, uno dei quali recita, icasticamente, verba volant, scripta manent (e mai come in questo nostra circostanza storico-pedagogica dove il momento emozionale deve essere affiancato da uno razionale trova validità l’antico adagio dei nostri padri):

 

«I remember when I was a little girl, our house caught on fire
I’ll never forget the look on my father’s face as he gathered me up
In his arms and raced through the
Burning building out on the pavement

And I stood there shivering in my pajamas
And watched the whole world go up in flames
And when it was all over I said to myself
Is that all there is to a fire?

Is that all there is, is that all there is?
If that’s all there is my friends, then let’s keep dancing
Let’s break out the booze and have a ball
If that’s all there is

And when I was twelve years old
My daddy took me to the circus, the greatest show on Earth
There were clowns and elephants and dancing bears
And a beautiful lady in pink tights flew high above our heads

And as I sat there watching
I had the feeling that something was missing
I don’t know what, but when it was over I said to myself
Is that all there is to the circus?

Is that all there is, is that all there is?
If that’s all there is my friends, then let’s keep dancing
Let’s break out the booze and have a ball
If that’s all there is

And then I fell in love
With the most wonderful boy in the world
We’d take long walks by the river or
Just sit for hours gazing into each other’s eyes
We were so very much in love
Then one day he went away and I thought I’d die, but I didn’t
And when I didn’t I said to myself
Is that all there is to love?

Is that all there is, is that all there is?
If that’s all there is, my friends, then let’s keep dancing

I know what you must be saying to yourselves
If that’s the way she feels about it why doesn’t she just end it all?
Oh, no, not me, I’m not ready for that final disappointment
Because I know just as well as I’m standing here talking to you
That when that final moment comes
and I’m
Breathing my last breath, I’ll be saying to myself

Is that all there is, is that all there is?
If that’s all there is my friends, then let’s keep dancing
Let’s break out the booze and have a ball
If that’s all there is»

 

CTHULHU MORBUS  e ANGELUS NOVUS

 

  1. S. Non a caso questo messaggio ai lettori dell’ “Italia e il Mondo” è stato redatto, oltre che dal sottoscritto spirito della follia e del terrore Cthulhu Morbus pure dall’ Angelus Novus della IX Tesi di Filosofia della Storia di Walter Benjamin, il quale, per rendere ancora più incisiva la pedagogia politica che si spera venga generata da IS THAT ALL THERE IS?, ancora una volta ci vuole rendere edotti che «C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che gli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.» In realtà non si sa se il mio sodale e coautore di questo messaggio Angelus Novus che sembra subire terrorizzato  gli eventi sia   disposto a recitare ma con tecnica straniante la augurabilmente apparente sua  veritiera e definitiva mesta  espressione del suo passaggio sulle rovine della storia  «That when that final moment comes and I’m/ Breathing my last breath, I’ll be saying to myself// Is that all there is, is that all there is?/ If that’s all there is my friends, then let’s keep dancing/ Let’s break out the booze and have a ball/ If that’s all there is.» Quello che si spera è che questo distanziamento lo intraprendano, alla fine,  gli italiani (perché in caso contrario, alla follia seguirebbe la morte e i morti, come ben tutti sanno, non sono né pazzi né savi ma solo morti, e su  quest’ultima condizione né  il maligno Chutlhu Morbus né il benefico ancorché amletico Angelus Novus possono esercitare alcun potere: THAT IS ALL THERE IS).

 

 

 

 

Ucraina e il peggio dell’Europa_con Augusto Sinagra

Ancora una volta l’Unione Europea si sta rivelando un recinto in grado di impedire che le pecorelle possano acquisire una reale autonomia di azione e di scelta soprattutto riguardo alle relazioni da perseguire in primo luogo con i vicini di casa. Una pura appendice della NATO destinata ad esistere solo sino a quando il buon pastore la riterrà utile. Un fattore di freno, piuttosto che di sviluppo. Più la Unione Europea procederà ad allargarsi, più accentuerà tale debolezza e tale precarietà. Lo abbiamo visto con le emergenze ambientali-energetiche e con quella pandemica; l’ulteriore emergenza del conflitto russo-ucraino ne ha suggellato alla luce del sole la simbiosi ed il legame indissolubile. Classi dirigenti abituate ormai a liquidare ambizioni e dignità per un piatto di lenticchie ormai sempre più magro. Un ribaltamento della situazione potrà ormai arrivare solo da una crisi aperta e distruttiva interna al centro dell’impero della quale ormai da anni si possono osservare i prodromi. La passività e l’accondiscendenza si pagheranno a caro prezzo in un futuro sempre meno lontano. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/vy4ml5-ucraina-e-il-peggio-delleuropa-con-augusto-sinagra.html

 

Gustave Le Bon, Come nascono le opinioni e le credenze, di Teodoro Klitsche de la Grange

Gustave Le Bon, Come nascono le opinioni e le credenze, Oaks editrice, pp. 461. € 28,00.

 

Pensatore positivista “tipico”, Gustave Le bon fu psicologo, sociologo, antropologo. Ed anche epistemologo, come dimostra questo saggio. Ammirato all’epoca, in particolare dai grandi dittatori, al cui rapporto con il “seguito” non furono estranee le concezioni di Le Bon, come appare dalle loro capacità e modi di persuasione delle masse.

La ricerca delle regolarità di comportamento dei gruppi sociali, anche e soprattutto se caratterizzati da una inesistente o minima  organizzazione/strutturazione – in pratica senza reale potere e “diritto” – è uno dei percorsi di ricerca di Gustave Le bon, probabilmente il principale.

Prima che nell’azione collettiva, il comportamento dei gruppi sociali deriva dalle opinioni e credenze diffuse negli stessi. Nella prefazione Francesco Ingravalle scrive che ciò “equivale a fare della fede (che è opinione e credenza eretta a norma direttiva della nostra vita) la chiave degli eventi storici prodotti dall’interazione fra gli uomini”. La fede è connotata da una logica affettiva che non è – meglio va al di là – della logica razionale; Ingravalle sostiene che, secondo Le Bon, “la logica affettiva intride di sé le collettività e le folle: non c’è da stupire che il misticismo attecchisca nelle masse, mentre la logica razionale, prodotto tardivo dell’evoluzione umana, trova il proprio maggiore dispiegamento negli individui”.

Passioni e suggestioni sono le più feconde generatrici di opinioni e credenze collettive. Consegue da ciò, dalle diversità delle logiche razionale/individuale e affettiva/collettiva, e dalla “pressione” dell’ambiente sociale che “non soltanto nei fenomeni collettivi la logica affettiva fagocita la logica razionale”. E questo non solo nei secoli passati.

Scrive Le Bon che “La questione della fede, a volte confusa con quella della conoscenza, è ben distinta dalla seconda. Conoscere e credere sono cose diverse e non hanno la stessa origine. Dalle opinioni e dalle credenze derivano, insieme alla concezione della vita, il nostro comportamento e, di conseguenza, la maggior parte degli eventi della storia, Essi sono, come tutti i fenomeni, governati da certe leggi, ma queste leggi non sono state pienamente comprese”; e contrariamente all’opinione di Cartesio la fede “non è né volontaria né razionale”; ne consegue che gran parte dei comportamenti collettivi non lo è. E la fede ha un potere enorme, come provano gli eventi che induce, specie nel periodo iniziale: espansione araba, civiltà cristiana medievale, rivoluzione francese lo sono tutti. Le credenze sono atti di fede che ci “costringono ad ammettere un’idea, un’opinione, una spiegazione, una dottrina”. Se “la conoscenza è un elemento essenziale della civiltà, il grande fattore del suo progresso materiale”, la fede guida i pensieri, le opinioni e quindi la condotta. Un tempo si pensava che le credenze fossero di origine divina. “Oggi sappiamo che sono create da noi stessi; eppure, continuano a prevalere sulla ragione”. E l’età moderna, malgrado la sua (apparente) razionalità “contiene tanta fede quanto i secoli che l’hanno preceduta. Nei nuovi templi si predicano dogmi dispotici come quelli del passato e che hanno altrettanti seguaci”. Il libro di Le Bon fu pubblicato nel 1911: la storia successiva ha mostrato quanto le analisi del pensatore francese fossero valide.

D’altra parte era (ed è) convinzione diffusa, anche tra i pensatori contemporanei di Le Bon, che la fede non è sostituibile; se ne possono sostituire i dogmi ma questi restano oggetto della stessa fede di quelli che li hanno preceduti “nuovi dei vengono sempre a sostituire quelli che sono morti o stanno per morire”. L’introduzione e il saggio conclusivo di Andrea Prestigiacomo aprono e chiudono il libro.

In un’epoca come la contemporanea, caratterizzata da un relativismo (contraddittorio) e dal dominio dell’“economia”, il pensiero di Le Bon ha ancora una validità; occorre tuttavia riscontrare in che modo si formeranno non tanto le credenze, quanto le azioni conseguenti, ora che le folle – oggetto del più famoso saggio di Le Bon – non stanno in piazza, ma davanti al computer.

Teodoro Klitsche de la Grange

La prossima spartizione dell’Ucraina, di  Gilbert Doctorow 

La prossima spartizione dell’Ucraina

Chi di voi ha seguito il link al mio saggio di ieri e ha visto l’intervista di 10 minuti con il sindaco di Kiev Vitali Klitschko sul programma “Newsmakers” di TRT World sarà sicuramente d’accordo sul fatto che questo politico ucraino ad alta visibilità sta guidando i restanti residenti della capitale del paese e il popolazione più ampia dell’Ucraina dritta al disastro in nome dell’autodifesa patriottica.

Non perderò tempo qui con le feroci bugie di Klitschko sugli invasori russi, sulle loro intenzioni, sulle loro azioni e così via. Nel mio tempo al microfono dello spettacolo, ho sostenuto che il rifiuto di Klitschko di qualsiasi ritorno imposto all’impero sovietico sotto il diktat russo è una totale sciocchezza. La Russia ne ha avuto abbastanza dell’impero e il controllo dell’Ucraina sarebbe solo un ostacolo interminabile per l’economia e il focus politico russi. La motivazione russa è proprio quella di liberare l’Ucraina dalle formazioni NATO attualmente incorporate, dall’adesione alla NATO ancora prevista dall’Alleanza e dai radicali neonazisti che dal 2014 sono stati la forza dietro il trono del regime di Kiev.

Il mio punto qui è evidenziare le conseguenze della determinazione di Klitschko e di altri nel governo ucraino di non cercare alcun compromesso per porre fine ai combattimenti e salvare ciò che resta del loro paese a questo punto, prima che i russi proseguano il loro lavoro di demolizione fino al suo conclusione logica. Se Kiev non alza bandiera bianca, non negozia una pace in buona fede, la guerra si concluderà con le infrastrutture civili e militari dell’Ucraina totalmente distrutte, con l’emigrazione di massa permanente di milioni di persone, compresi i segmenti più abili del popolazione e con un decennio o più di indigenza per coloro che sono abbastanza sfortunati da rimanere.

Ieri sera ho ricevuto una nota da un lettore dei miei saggi, che diceva che la guerra non finirà con un trattato alle condizioni della Russia. Invece, aiutata e incoraggiata dagli Stati Uniti e dall’Europa, la leadership di Kiev lancerà un’insurrezione contro gli “occupanti” e questo crescerà e diventerà doloroso e costoso per la Russia come qualsiasi cosa gli Stati Uniti abbiano sperimentato in Afghanistan.

Non nego che un’insurrezione ucraina sia una plausibile fase successiva alla guerra, soprattutto vista la posizione irrazionale sui “compromessi” che vediamo nell’intervista a Klitschko. Tuttavia, ci sono modi ovvi per il Cremlino di rispondere in modo da contenere i rischi per se stesso. Per cominciare, possono rendersi conto della minaccia lanciata da Putin prima dell’inizio della guerra: privare l’Ucraina della sua statualità. Non del tutto, ma per privarli dello stato nella configurazione che esiste dal 1991. Ciò significa dividere l’Ucraina, staccare i territori a ovest di Kiev e del fiume Dnepr, formando uno stato di groppa senza sbocco sul mare con la sua capitale logicamente in Leopoli, vicino alla frontiera polacca.

Per usare il linguaggio della comunità bancaria, la Russia creerebbe così una “bad bank”, contenente i velenosi asset del radicalismo ucraino, pochissimi asset industriali o altri importanti asset economici, e portata a distanza non più minacciosa per la Russia. La “buona banca” sarebbe l’Ucraina centrale, i territori a est del fiume Dnepr, che hanno una popolazione di lingua russa notevolmente più ampia, che dovrebbe rispondere all’appello della Russia a difendere i propri interessi nella vita pubblica del paese e uscire dalla il bullismo a cui sono stati sottoposti dai nazionalisti negli ultimi 8 anni. Questa Ucraina centrale avrebbe ricevuto indietro la costa del Mar Nero ora occupata dai russi e avrebbe goduto dell’agricoltura e di altri importanti beni economici che hanno sempre definito la prosperità ucraina. Presumibilmente le repubbliche del Donbas rimarrebbero indipendenti come la terza parte di un’Ucraina divisa. Tuttavia, se l’Ucraina centrale sarà adeguatamente ricostituita con tutta la debita protezione delle minoranze e con un federalismo adeguatamente funzionante, non c’è motivo per escludere la possibilità che il Donbas torni all’ovile nell’Ucraina a est del Dnepr. La loro inclusione aiuterebbe notevolmente l’equilibrio delle comunità linguistiche nell’intero stato ricombinato.

Il summenzionato epilogo è, ovviamente, solo uno dei tanti che potrebbero essere lanciati nelle prossime settimane quando i russi chiudono la loro morsa sulle principali città dell’Ucraina e avvicinano il momento della verità, quando la leadership ucraina deve decidere se citare in giudizio o meno per la pace alle condizioni del vincitore.

©Gilbert Doctorow, 2022

https://gilbertdoctorow.com/2022/03/19/the-coming-partition-of-ukraine/

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