Stati Uniti a due giorni dalle elezioni di medio termine_con Gianfranco Campa

Mancano due giorni alle elezioni di medio termine al Congresso Statunitense. Se ne sono accorti anche gli organi di informazione italiani. A loro modo, però. Hanno scelto ancora una volta di fare i ventriloqui delle peggiori manipolazioni in corso nella stampa americana senza nemmeno il sottile velo di ipocrisia che costringe, al di là dell’Atlantico, a ridimensionare o smentire a babbo morto quanto sbandierato. Servitori inutili e sempre più screditati. A giudicare dai comportamenti e dai mutamenti di umore e di rotta, sembra che i giochi siano ormai fatti. L’entità del ribaltone dipenderà più che dagli umori dell’elettorato, dall’efficacia delle manipolazioni dello spoglio elettorale. Non è la chiusura e l’epilogo di un aspro conflitto politico; cambieranno le modalità di svolgimento e le faglie attaverso le quali proseguirà. Emergono, intanto, le prime due vittime designate dal loro stesso fuoco amico: Joe Biden e Kamala Harris. Rimangono da definire i tempi della loro agonia. Più durerà, più saranno le vittime invischiate nel loro abbraccio. Un interregno denso di pericoli, ma foriero di qualche spiraglio di luce. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Ucraina, il conflitto 19a puntata_strategie parallele_con Stefano Orsi e Max Bonelli

Il conflitto in Ucraina sta percorrendo una fase interlocutoria. Interlocutoria non significa stasi, al contrario. La virulenza del confronto impegna almeno tre focolai del lungo fronte sul quale si dispiegano le truppe. La novità sostanziale riguarda il fatto che i russi sembrano aver finalmente stabilizzato il fronte e delimitato con determinazione le linee di difesa. Di conseguenza viene accettato lo scontro, con il relativo prezzo in perdite umane da pagare, soprattutto da parte ucraina. Ormai la partecipazione diretta della NATO nello scontro viene esibita con sempre minori infingimenti un po’ per necessità, viste le pesanti perdite ucraine in uomini e materiali, sia perché la incessante campagna mediatica in corso da mesi ha prodotto la necessaria assuefazione al clima di guerra nei paesi dell’area occidentale. Una assuefazione, però, che dovrà fare ancora i conti con il protrarsi della guerra e con le pesanti implicazioni in ambito socio-economico. Nelle more, anche il confronto mediatico e la gestione del “softpower” appaiono decisamente più equilibrati, specie nelle aree di contesa esterne al mondo occidentale. La guerra sta mettendo in evidenza i problemi e i limiti di preparazione dei contendenti, anche dei russi. Non c’è da sorprendersi. Ogni conflitto è un “work in progress”. Difetta, ancora, altresì, la considerazione dell’entità del disastro negli anni ’90, dal quale la Russia sta emergendo con enormi sforzi ed una crescente ostilità del mondo occidentale. Quello che importa sarà la determinazione, la motivazione e la capacità di attingere dalle proprie rilevanti riserve. Quanto al contesto internazionale, i margini di movimento sono sempre più ampi. Il temporeggiamento non è necessariamente una prova di debolezza; nell’attuale contesto è piuttosto una prova di maturità e di fiducia nel futuro. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Stati Uniti! Facce nuove e facce di bronzo_con Gianfranco Campa

PS_ I trenta firmatari del Partito Democratico, dei quali si è accennato nel video, hanno appena ritirato, subito dopo la pubblicazione di questa intervista, la loro firma al documento di sollecito a Biden di trovare una soluzione diplomatica al conflitto ucraino

Tra dieci giorni le elezioni di medio termine per il Congresso degli Stati Uniti. Non sarà una scadenza risolutiva delle dinamiche geopolitiche in corso, in primo luogo la guerra in Ucraina e il confronto sempre più ravvicinato a Taiwan. Si tratta di eleggere circa la metà dei rappresentanti del Congresso degli Stati Uniti. In caso di netta vittoria di America First, quanto basterebbe però per intralciare significativamente il cammino guerrafondaio ed avventuristico della attuale amministrazione. E’ la ragione per la quale gli attuali detentori delle leve governative stanno ancora una volta volgendo la loro “particolare attenzione” alla gestione e allo spoglio del voto. Il sistema ormai collaudato questa volta sarà oggetto di maggiori attenzioni, a sua volta, del movimento emergente. Questa scadenza è solo una prima tappa di un percorso che porterà alla elezione del nuovo presidente nel 2024. Se l’esito dovesse corrispondere con il risultato della maggior parte dei sondaggi, si aprirà una fase transitoria di circa due mesi durante la quale colpi di mano e forzature saranno all’ordine del giorno a causa di un ceto politico e di una classe dirigente disposta ad utilizzare ogni mezzo necessario a garantire la propria sopravvivenza. Dovesse risolversi per loro negativamente anche questa occasione, si aprirann anche nel Partito Democratico quelle profonde crepe, delle quali si avvertono già le prime avvisaglie, che hanno già percorso il Partito Repubblicano, ma con esiti probabilmente più disgreganti. Sarà quella l’ora della verità per la effettiva capacità di tenuta e per la coerenza politica di “America First”. Una cosa è comunque chiara: ogni possibilità di cambiamento reale in Europa potrà emergere dalla crisi definitiva delle attuali classi dirigenti statunitensi, piuttosto che dall’emergere per forza propria di nuove élite. Un elemento di debolezza ed un vuoto che sta allineando ancora una volta l’appendice geopolitica alla appendice geografica del continente asiatico, quale è l’Europa. Un percorso, per meglio dire un’agonia, iniziato un secolo fa, con la I guerra mondiale e destinato a compiersi, con amarezza, in questo decennio. La storia, comunque, riserva sempre qualcosa di imponderabile a rovesciare destini segnati. Non a caso l’Europa, in particolare l’Italia, è la terra dei santi. Spesso quelli fasulli si sono rivelati paradossalmente quelli più efficaci. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Ucraina, il conflitto 18a puntata Cambi di strategia_con Max Bonelli e Stefano Orsi

Il generale Surovikin, comandante in capo alle operazioni russe in Ucraina, ha appena parlato di “situazioni difficili” e quindi di “decisioni difficili”. Nel frattempo è in corso l’evacuazione di civili dagli insediamenti urbani prossimi al fronte di Kherson. E’ chiaro che al cambio di tattica adottato dall’esercito ucraino ha corrisposto un allargamento del conflitto con le operazioni aeree su tutto il territorio ucraino e un cambiamento al momento efficace delle tattiche adottate dal comando russo. Si tratta comunque di una fase interlocutoria prodromica alla offensiva ucraina appena ricominciata su più vasta scala in queste ore. La differenza rispetto alle settimane scorse è che i russi hanno questa volta definito la linea di resistenza e di eventuale reazione. Il carattere della guerra è sempre più totale con gli ucraini ridotti sempre più a comparse e fantocci di giochi che si dispiegano nella sfera geopolitica e geoeconomica in termini sempre più complessi e sempre più legati alle dinamiche politiche interne ai tre attori principali dell’agone internazionale. Se in Russia e in Cina gli equilibri al momento sembrano definiti, la situazione negli Stati Uniti è ancora appesa all’esito delle elezioni a medio termine. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Stati Uniti! Fratelli coltelli_con Gianfranco Campa

Novanta minuti lunghi, ma ben spesi. Le due principali anime oltranziste che sorreggono la figura di un presidente traballante e vacuo, superata, almeno per ora, in qualche maniera e con parecchio affanno la sfida di Trump, per oltre un anno hanno trovato nel conflitto in Ucraina il punto di accordo sul quale procedere nel tentativo di eliminare uno dei fautori di un mondo multipolare e, particolare non secondario, avvolgere in catene sempre meno dorate gli alleati europei da spremere ormai senza tanti infingimenti. Stiamo conoscendo sempre più il lato oscuro del “american way of life” e l’aspetto costrittivo della gabbia atlantica. Al crescere della tensione in un conflitto da tempo coscientemente atteso e provocato, ne parliamo con cognizione di causa, si pone il problema di quale sia la soglia da non oltrepassare per evitare l’innesco di un conflitto aperto e totale dagli esiti disastrosi per tutti i contendenti. Su questo le due anime presenti nella amministrazione Biden hanno innescato uno scontro politico sempre più difficile da mimetizzare. Un conflitto all’interno del quale non esiste una accettazione e un riconoscimento a condurre il gioco alla componente al momento prevalente. Piuttosto, l’utilizzo delle leve disponibili di ogni fazione per forzare il corso degli eventi. Leve che, purtroppo, si estendono e ramificano, soprattutto in Europa, anche in gruppi e centri decisori esterni al paese. In primo luogo tra i comandi della NATO, nei centri più ottusamente nazionalisti dei paesi dell’Europa Orientale in maniera esplicita e in maniera più silente nei centri decisori, si fa per dire, dei paesi chiave, almeno una volta, della Unione Europea.

ancore parigine di democratici statunitensi

Una dinamica che finisce per ridurre, tranne rare eccezioni, i centri europei a veicolo e strumenti di provocazione e forzature delle provocazioni della componente più avventurista dell’amministrazione statunitense. I nomi, i portatori espliciti, di tale condotta li abbiamo conosciuti nel corso di questi anni. Altri emergeranno con l’intensificarsi della crisi e con la resa dei conti ad essa connessa. Sino a quando in Europa non si farà, almeno in qualche misura, pulizia negli apparati, non sarà possibile un mutamento di linea e l’assunzione di un ruolo quantomeno moderatore nella vicenda di casa nostra. Paradossalmente, proprio negli Stati Uniti si annunciano crescenti scricchiolii; da lì potrebbe pervenire finalmente un rivolgimento che investirà direttamente anche l’Europa, senza che le nostre classi dirigenti desiderino e abbiano le capacità di affrontarlo adeguatamente. Comunque si risolverà la crisi Ucraina, peggio nel caso di successo dell’amministrazione Biden, per l’Europa si annuncia un declivio sempre più ripido e caotico. Negli Stati Uniti, quantomeno, i termini del conflitto sono sempre più trasparenti e definiti. Mala tempora currunt. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

 Ocasio Cortez

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Troppe Bibbiano, una filiera_Con Gianluigi Matta e Paolo Roat

E’ ormai evidente che la vicenda di Bibbiano non si può considerare un caso isolato, ma una prassi diffusa sul territorio nazionale e purtroppo nel tempo. Si tratta della pratica diffusa di allontanamento di minori dalle famiglie guidata da una visione distorta, patologizzante, delle problematiche legate alla responsabilità genitoriale e alle modalità di educazione e cura dei minori. Pratiche che presuppongono una visione totalitaria del ruolo dello Stato e delle pubbliche amministrazioni. Pratiche che agiscono attraverso procedure opache che alimentano interessi economici, commistioni paradossali di funzioni di controllo e operative, visioni dogmatiche che trasformano un problema sociale in uno medicale. Il tutto, il più delle volte, ai danni delle vittime delle quali si vorrebbe sollevare le sorti: i genitori, quasi sempre con scarsa voce in capitolo e, soprattutto, i minori. Pratiche ormai incancrenite nel tempo, che hanno consentito la formazione di una vera e propria filiera che si deve continuamente riprodurre ed alimentare sino a situazioni di terribile degrado e di spregevole speculazione ricondotte a normalità. Tutto ciò è evidente, ma non ancora di dominio pubblico. L’ultima relazione della apposita Commissione Parlamentare ha finalmente messo in luce le carenze e le omissioni di questo sistema. Un primo passo, ma semplicemente propedeutico ad individuare le soluzioni. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Ucraina, il conflitto 17a puntata. L’attesa_con Max Bonelli e Stefano Orsi

Una situazione di stallo apparente con l’esercito ucraino che riesce a rosicchiare parte dei territori perduti. L’iniziativa sul campo sembra essere passata in maniera più duratura al regime ucraino. Un paradosso a confronto della enorme perdita di materiale bellico e della sua capacità di produzione in loco e soprattutto della strage di uomini attinti da un serbatoio certamente limitato. Una diretta conseguenza invece del crescente coinvolgimento della NATO e degli Stati Uniti nel conflitto sino ad assumerne direttamente la gestione, la direzione e la supervisione sino a sopperire alle gravi carenze di militi con mercenari e militari stranieri appena dismessi. L’esercito russo sembra in posizione di attesa, pronto a conservare ed accumulare forze in vista di uno scontro ben più ampio e dalle conseguenze potenzialmente catastrofiche per tutti i condendenti dichiarati o dietro le quinte. Deve risolvere in breve tempo problemi cruciali di assetti politici interni e di riorganizzazione dopo di che non sarà più facile per i contendenti occulti operare dietro le quinte e con la carne di cannone dei terzi ucraini e di chi vorrà aggiungersi ad essi. Il rifiuto di una trattativa seria e il sostegno ad un regime guerrafondaio all’esterno ed aguzzino e razzista, spietato al proprio interno, quale quello ucraino, stanno rendendo sempre più doloroso e costoso il necessario passo indietro. In gioco c’è la tenuta dell’attuale leadership statunitense all’interno e all’esterno degli Stati Uniti. Al momento e in apparenza la sua partita prosegue con il punto perso in Afghanistan e due punti guadagnati a Taiwan e in Europa. E’, però, un continuo azzardo al rialzo al quale basta perdere l’ultimo punto per compromettere l’intero gioco.
Intanto il conto più salato, in termini di sottomissione, passività e stupidità, a diverso titolo, lo stanno pagando gli europei. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Stati Uniti, strategie di logoramento_Con Gianfranco Campa

Puntata particolarmente importante. I nemici dichiarati dalla attuale leadership statunitense sono la Russia nell’immediato, la Cina dal punto di vista strategico. L’obbiettivo di fondo è scompaginare la prima, trattare da posizione di forza con la seconda. Arrivare a regolare il contenzioso con la Cina, comporta riequilibrare preliminarmente la propria economia attualmente fondata sul debito e sul drenaggio di risorse dall’area del dollaro e su un processo di decentramento industriale che espone gli Stati Uniti alla fragilità di un circuito troppo vulnerabile. I paesi europei, in primo luogo la Germania, sono destinati ad essere la vittima sacrificale di questa dinamica a beneficio esclusivo del loro alleato egemone. Su questo il gruppo dirigente statunitense può far leva sugli utili idioti dei paesi scandinavi e dell’Europa Orientale, nella fattispecie i paesi baltici, la Polonia. Costoro, in nome di brame di rivalsa sopite da troppo tempo nei confronti di Russia e Germania, non esitano a legarsi mani e piedi con chi a tempo debito non esiterà a scaricarli. Un già visto nelle precedenti due guerre mondiali, ma di nessuna lezione per il presente. Gli Stati Uniti, intanto, riescono a lucrare a man bassa sul mercato energetico, grazie alle dinamiche politiche innescate; compresi gli atti di sabotaggio. L’ennesima conferma di come le fortune economiche dipendono soprattutto dalle scelte politiche, piuttosto che da dinamiche economiche intrinseche. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Ucraina, il conflitto_16a puntata. Equilibrio instabile_Con Max Bonelli e Stefano Orsi

Il conflitto in Ucraina ha raggiunto una fase di relativo equilibrio. Lo slancio offensivo nella parte nord del fronte, presentato come una marcia trionfale, ha perso quasi completamente il proprio slancio. Quella che è apparsa una rotta dell’esercito russo, si è rivelato alla fine un ripiegamento ordinato, con scarsa perdita di mezzi, tranne che per la propaggine a nord, verso il confine russo di Belgorod. A sud le forze ucraine si sono dissanguate nei continui e sterili attacchi nella zona di Kherson. L’epicentro della battaglia, però, sembra
fissarsi nella zona di Kharkyv e, soprattutto, di Zhaporija, in una situazione però di crescente pressione su vari punti del migliaio di chilometri di linea. E’ una corsa contro il tempo, in attesa che il richiamo parziale della riserva, ordinato da Putin, possa manifestare i primi effetti determinanti sul campo.
Come in ogni conflitto, anche il più virulento, i canali riservati di comunicazione tra i contendenti non mancano e con esso qualche spiraglio di tregua. E’ una situazione sul campo pesantemente influenzata dalle dinamiche geopolitiche delle quali il recente vertice SCO a Samarcanda e l’assemblea generale dell’ONU hanno offerto una rappresentazione simbolica potente con qualche venatura patetica, quale si è dimostrata la prolusione di Mario Draghi. Il tempo lungo offrirà alla Russia le vie di uscita da una condizione critica, grazie alle dinamiche innescate assieme a Cina ed India. La contingenza, però, annuncia continui pericoli e focolai a ridosso dei suoi confini, suscettibili di destabilizzare il paese. Sono le carte che l’attuale leadership statunitense intende giocare ai limiti dell’azzardo e dell’avventurismo; impulsi nutriti da una smodata indole predatoria altrettanto nefasta, confermata dalla intenzione del Congresso Americano di stornare all’Ucraina i 300 miliardi di dollari di fondi sequestrati alla Russia. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Europa ad oriente! Cambiamenti e persistenze_con Francesco Dall’Aglio

I paesi dell’Europa Orientale sono il perno attraverso il quale gli Stati Uniti intendono trascinare l’intero subcontinente nelle loro avventure ed assogettarlo ulteriormente alle proprie strategie conflittuali nei confronti della Russia e della Cina. Il prezzo da pagare per i paesi europei è enorme, probabilmente insostenibile. La compromissione nella costruzione di dinamiche geopolitiche autonome più cooperative con la Russia ampiamente pregiudicata. In questo quadro il ruolo della Unione Europea assunto sino ad ora viene ampiamente ridimensionato nell’ambito dell’alleanza occidentale. L’istituzione rischia di diventare superflua e di ridursi ad un simulacro paralizzante. Con essa la stessa Germania è destinata a subire un ridimensionamento politico ed economico drammatico sino ad azzerare la rendita consentitale dalla passata centralità di affidataria. La partita, però, non è ancora chiusa. Dipenderà dall’esito del conflitto ucraino e dalle contraddizioni che una strategia così aggressiva sta aprendo all’interno del fronte occidentale. Ha iniziato l’Ungheria; la Bulgaria potrebbe seguire la stessa strada, come pure la Moldova; in Francia Macron mostra segni crescenti di difficoltà di tenuta; in Svezia il cammino si fa più incerto. In questo quadro grandi cambiamenti sono in corso in Europa Orientale, come pure emergono persistenze sedimentate in secoli di storia. Sono le tracce di cui discutiamo e che ci consentono di ponderare gli eventi e le possibili vie di uscita. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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