Dal dilemma strategico al disastro strategico (I^ parte), di Gordon Hahn _ Traduzione a cura di Giuseppe Angiuli

Dal dilemma strategico al disastro strategico (I^ parte)

 di Gordon Hahn

 

(https://gordonhahn.com/2023/09/12/from-strategic-dilemma-to-strategic-disaster-part-1/

Traduzione a cura di Giuseppe Angiuli)

Introduzione.

 

I funzionari e gli analisti occidentali sono soliti osservare che “la guerra di Putin contro l’Ucraina” avrebbe danneggiato, piuttosto che rafforzato, la posizione strategica della Russia. Anziché neutralizzare la minaccia della NATO, l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin l’avrebbe aumentata, questo il senso del loro ragionamento analitico.

Mettendo da parte l’ovvia contraddizione con la posizione della maggior parte di questi osservatori, secondo cui né la NATO né la sua espansione rappresenterebbero una minaccia per la sicurezza della Russia, è necessario però guardare al rovescio della medaglia di tale ragionamento.

La sicurezza dell’Occidente, dei Paesi NATO, la stessa sicurezza nazionale americana sono state rafforzate dall’espansione della NATO, dal rifiuto di negoziare con Mosca una nuova architettura per la sicurezza del continente europeo nonché dalla guerra ucraina NATO-Russia e dalla sua escalation in corso?

Il fatto è che la relazione russo-occidentale in quanto dilemma di sicurezza è ora virtualmente un gioco a somma zero; quando un attore intraprende delle misure per garantire la propria sicurezza nei confronti di un altro attore, quest’ultimo solitamente risponde con delle misure che finiscono per risultare altrettanto deleterie per il primo attore quanto quelle di quest’ultimo lo sono state per la sua controparte.

Questa situazione si protrae ormai da decenni, a partire dal primo ciclo di espansione della NATO dopo la Guerra Fredda, sebbene la Russia sia stata inizialmente lenta nel rispondere a questa sfida, a causa della sua momentanea debolezza.

 

Nell’episodio più recente di questo dilemma di sicurezza reciproca – la guerra ucraina tra NATO e Russia – anche la posizione di sicurezza dell’Occidente si è indebolita, dato il rafforzamento delle forze armate russe attraverso l’aumento dei suoi numeri, delle sue risorse messe a bilancio, oltre che per l’esperienza acquisita in battaglia e per la generale mobilitazione del complesso militare-industriale russo. Lungi dall’essere “isolata a livello internazionale“, la Russia è stata in grado, insieme alla Cina, di forgiare un nuovo polo di potere nella struttura del sistema delle relazioni internazionali, assestando un colpo forse mortale all’egemonia globale occidentale, in particolare americana. Non è certo che questo rafforzi la sicurezza dell’Occidente e dell’America, soprattutto perché gran parte della formazione di poli alternativi sta assumendo toni sempre più antiamericani rispetto alla creazione di un polo o centro di potere globale alternativo, più o meno neutrale e semplice. Inoltre, il più recente alleato della NATO, membro potenziale e baluardo contro l'”espansionismo russo” – l’Ucraina di Maidan – rischia di essere svuotato quasi del tutto. Diamo uno sguardo al più ampio declino della sicurezza occidentale e poi a quello più locale dell’Ucraina, come prodotto della guerra tra NATO e Russia e dai fattori che l’hanno generata.

La crescente minaccia della NATO.

I funzionari della NATO e della Russia concordano sul fatto che la minaccia della NATO alla Russia è cresciuta. Come ha sottolineato il Ministro della Difesa russo Sergei Shoigu in un’intervista concessa alla testata Kommersant del 10 agosto, l'”Occidente collettivo” ha ora schierato nelle immediate vicinanze della Russia circa 360.000 truppe, 8.000 pezzi di armatura e 650 aerei ed elicotteri. Shoigu ha sottolineato che dal febbraio 2022 l’Ucraina ha ricevuto centinaia di carri armati, più di 4.000 veicoli corazzati da combattimento, più di 1.100 pezzi di artiglieria da campo e decine di sistemi di artiglieria e missili, per un totale di oltre 160 miliardi di dollari di assistenza militare. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, ha osservato Shoigu, stanno aumentando il raggio d’azione e la brutalità delle armi che forniscono, come i missili britannici Storm Shadow e le munizioni a grappolo statunitensi. Tutto ciò “crea seri rischi di un’ulteriore escalation del conflitto“, secondo Shoigu.

 

Il ministro della Difesa russo ha inoltre definito “un fattore destabilizzante” l’ingresso di Svezia e Finlandia nella NATO. L’ingresso della Finlandia, ha osservato, raddoppia quasi il confine terrestre della Russia con la NATO. Sul territorio finlandese, ha aggiunto, ci si può aspettare che “vengano dispiegati ulteriori contingenti militari e armi d’attacco della NATO in grado di distruggere oggetti critici importanti in profondità nelle regioni nord-occidentali della Russia“. Ulteriori rischi sono stati posti dalla “militarizzazione della Polonia” e dalla sua trasformazione nel “principale strumento della politica antirussa degli Stati Uniti“, con l’intenzione di Varsavia di creare l’esercito più potente d’Europa (lo stesso status di cui godeva l’Ucraina prima della guerra, si potrebbe aggiungere).

Shoigu ha anche sottolineato l’intenzione della Polonia di fondersi con l’Ucraina e di “occupare in sostanza” l’Ucraina occidentale, un tema sul quale cui ho già scritto molti mesi fa (Yurii Gavrilov, “Zapad vedet protiv Rossii oposredstvannuyu voinu“, Kommersant, 10 agosto 2023, p. 4).

In un articolo contiguo, Vladislav Shurygin ha sostenuto la necessità di una grande offensiva russa per prevenire l’arrivo degli ATACAM statunitensi e di altri Haimar, che consentirebbero di colpire in massa obiettivi sul territorio russo con 30-50 missili entro settembre e 100 entro novembre (Vladislav Shurygin, “Osen’ stanet reshayushchim spetsoperatsii“, Kommersant, 10 agosto 2023, pag. 4). A tutto ciò si possono aggiungere gli F-16 che sono stati promessi all’Ucraina e la notizia che Kiev, con l’aiuto della NATO, ha acquisito 17.000 droni e 10-20.000 operatori di droni da utilizzare nella sua controffensiva, finora fallita (www.ng.ru/armies/2023-08-01/1_8788_kiev.html). La guerra con i droni è un ulteriore fattore destabilizzante – come lo è l’impiego di massa di qualsiasi nuova tecnologia militare, soprattutto in tempo di guerra – che approfondisce il dilemma della sicurezza per entrambe le parti.

Ciò a cui Shoigu non ha fatto cenno è che la NATO è diventata un attore partecipante a tutti gli effetti alla guerra, fornendo a Kiev addestramento militare, supporto di intelligence, anche per colpire armi e uomini russi, oltre che consulenza e pianificazione tattica e strategica.

La Russia ha risposto e risponderà a questo intensificarsi della minaccia mentre si mobilita per portare a compimento l’esigenza di vittoria nella guerra ucraina tra NATO e Russia, e questo non potrà che portare a un deterioramento della posizione di sicurezza dell’Occidente.

Il declino della sicurezza occidentale a partire da febbraio 2022.

In termini più generali, la forza militare russa è stata quintuplicata: da 200.000 forze armate regolari prima della guerra a circa 1,2 milioni di oggi. Questo dato non include elementi come RosGvardia, Wagner, Ceceni, Ossetiani e altre forze militari irregolari organizzate dallo Stato. Con il quasi raddoppio del confine russo-NATO vista l’adesione di Helsinki alla NATO e l’imminente adesione della Svezia al blocco militare occidentale, è probabile un’ulteriore mobilitazione che potrebbe portare la forza militare russa a oltre 1,5 milioni di effettivi, se non a 2 milioni, con decine di migliaia di truppe da collocarsi al confine con la Finlandia e il potenziamento delle forze della Flotta navale del Mar Baltico.

Questo avviene mentre le forze armate russe stanno acquisendo una preziosa esperienza di combattimento avanzato grazie al sistema integrato di “intelligence, sorveglianza e ricognizione“, mai utilizzato prima. Né gli Stati Uniti né le altre forze della NATO sono in grado di acquisire un’esperienza così vasta come quella oggi in fase di acquisizione da parte della Russia, a causa della mancata adeguatezza e complementarità del personale ucraino rispetto alle potenziali capacità tecnologiche degli armamenti del sistema NATO.

 

Inoltre, la Russia sta aumentando massicciamente le risorse destinate allo sviluppo militare e dell’intelligence. Ad esempio, la Russia ha raddoppiato il suo budget militare per il 2023, portandolo a più di 100 miliardi di dollari – un terzo di tutta la spesa federale (www.reuters.com/world/europe/russia-doubles-2023-defence-spending-plan-war-costs-soar-document-2023-08-04/).

Al contrario, la Russia ha tagliato il suo budget per la difesa nel 2016 (https://www.rbth.com/defence/2016/11/01/russia-slashes-military-spending-as-revenues-shrink_644019#new_tab). Di conseguenza, la ricerca e la produzione nel complesso industriale della difesa si stanno espandendo. Ad esempio, la Lobaev Arms ha raddoppiato la produzione di fucili di precisione nel febbraio 2023 e da aprile l’ha raddoppiata ulteriormente (https://nvo.ng.ru/armament/2023-04-20/10_1233_armament.html).

Il colonnello dell’esercito americano, Darin Gaub, sostiene che gli Stati Uniti adesso avranno bisogno di 10-15 anni per rilanciare la loro produzione complessiva di armi e raggiungere i livelli necessari per eguagliare la produzione russa (https://vz.ru/news/2023/7/11/1220632.html?utm_campaign=vz&utm_medium=referral&utm_source=push). Basta ricordare l’ammissione del Segretario Generale della NATO, alcuni mesi fa, secondo cui i Paesi della NATO non sono in grado di tenere il passo con l’uso ucraino di proiettili d’artiglieria, che è dieci volte inferiore a quello russo. A questo proposito, le stime previsionali più basse per poter raggiungere una certa parità sono di tre anni, quando l’Ucraina potrebbe non avere più un esercito atto ad utilizzare le armi prodotte. Le stime indicano che “se il Pentagono raggiungesse l’obiettivo dichiarato di produrre 90.000 proiettili al mese entro l’anno fiscale 2025, sarebbe comunque solo la metà dell’attuale livello di produzione della Russia. Altri membri della NATO sono messi ancora peggio” (https://nationalinterest.org/feature/time-and-logistics-are-working-against-ukraine-206740).

 

Inoltre, i combattimenti sul campo stanno migliorando le armi russe attraverso la sperimentazione e l’elaborazione degli errori commessi in un contesto di combattimento reale. Ciò determina l’adattamento e l’innovazione nell’uso delle armi esistenti e favorisce lo sviluppo di nuove tecnologie militari, in particolare nell’ambito dei droni, dei sistemi missilistici a lancio multiplo, dei mortai con mirini intelligenti, dei kalashnikov aggiornati, dell’artiglieria guidata e a lungo raggio nonchè dei nuovi impieghi dei carri armati T-90M Proryv, dei sistemi missilistici tattici-operativi Iskander, di vari sistemi missilistici a lancio multiplo, degli elicotteri Ka-52 e Mi-28, degli aerei Su-35S e Su-57 e dei nuovi droni Kub e Lancet (https://nvo.ng.ru/armament/2023-04-20/10_1233_armament.html).

 

Più in generale, nel campo della tecnologia militare, dopo il febbraio 2022 è diventato evidente che un’industria russa di chip e semiconduttori avrebbe dovuto essere creata da zero, ponendo fine alla dipendenza dai produttori stranieri. Il governo russo ha cambiato strategia e ha ampliato il sostegno all’industria tagliando le tasse, aumentando i finanziamenti e incrementando i sussidi. Il piano aggiornato mira a reingegnerizzare la tecnologia straniera acquisita sul campo di battaglia, ad avviare la produzione sia in Russia che in Cina e a produrre ogni componente attualmente importato entro il 2024 (www.kommersant.ru/doc/5306920). Una simile sostituzione delle importazioni si sta verificando in tutta l’industria militare e civile russa. Il governo prevede di aumentare il numero dei centri di progettazione russi di oltre il 400%, passando da 70 a 300 entro il 2030, e di spendere 2,7 trilioni di rubli per sviluppare l’industria elettronica (www.kommersant.ru/doc/5355456 e https://warontherocks.com/2022/06/can-russia-rebuild-its-tech-sector-with-chinas-help/).

 

Inoltre, le forze armate russe, migliorate e più potenti rispetto a prima, sono oggi dispiegate in una posizione più avanzata a discapito della sicurezza nazionale dei paesi della NATO. Questo è il risultato in parte della guerra attuale e in parte della risposta alla mobilitazione della NATO e all’incessante espansione della NATO durante la guerra (Finlandia, Svezia e l’intenzione continua di portare l’Ucraina nell’alleanza, come rivelato dalle incessanti dichiarazioni occidentali in tal senso). In termini convenzionali e più ovvi, le forze regolari dispiegate in Ucraina si trovano molto più vicine alla NATO rispetto a quando erano situate entro i confini della Russia prima del 2014. Nell’ottobre 2022, Putin e il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko hanno concordato di formare un gruppo di forze congiunte in risposta alle “provocazioni” della NATO al confine con la Bielorussia, alla formazione da parte dell’Ucraina di unità di sabotaggio composte da fuoriusciti dell’opposizione bielorussa e ai presunti piani ucraini di attacco alla Bielorussia. Rimasto sulla carta fin dai primi anni 2000, il nucleo dell’unità sarà costituito da soldati bielorussi, con truppe russe di rinforzo. Nello stesso mese, 9.000 truppe russe, equipaggiamento e jet da combattimento MIG-31 hanno iniziato a dispiegarsi in Bielorussia il 15 ottobre (https://carnegieendowment.org/politika/88249). Inoltre, circa 20-30.000 truppe russe sono state dispiegate in Bielorussia. Inoltre, circa 10.000 famigerati combattenti della PMC Wagner sono stati trasferiti in Bielorussia dopo la fallita rivolta del loro capo Yevgenii Prigozhin di giugno scorso. In questo modo, è soprattutto la matrice di sicurezza della Polonia, membro NATO antagonista della Russia, ad aver subito il deterioramento più sostanziale.

Anche i membri della NATO Lituania e Lettonia, che hanno confini consistenti con la Bielorussia, si trovano adesso in una posizione molto meno sicura. In termini di potenza aerea, nell’agosto 2022 Mosca ha schierato tre intercettori pesanti MiG-31 nella regione russa di Kaliningrad, un’exclave a ovest della Lituania, nell’ambito di quella che il Ministero della Difesa russo ha definito una parte della “deterrenza strategica aggiuntiva“.

 

Le conquiste territoriali della Russia nell’Ucraina meridionale aprono la possibilità di creare un ponte terrestre verso la regione separatista moldava della Transnistria, popolata da russi, ucraini e la regione della Gagauzia, abitata da un’etnia turca filo-moscovita. Sullo sfondo della guerra e delle opinioni contrastanti al riguardo, crescono le tensioni tra la Transnistria, dominata dai russi, e la regione autonoma Gagauzia, da un lato, e la Moldavia, dall’altro. L’Occidente ha risposto sollecitando Kishinev a rendersi più compatibile con l’UE e la NATO, introducendo programmi per raggiungere tali obiettivi e polarizzando ulteriormente una dinamica politica interna già esplosiva. L’Ucraina ha inoltre esacerbato le tensioni tentando di istituire un blocco contro la Transnistria e compiendo un attacco a un deposito militare dell’esercito russo in Moldavia. Occasionalmente sono state riportate notizie di forze ucraine che si sono accumulate vicino al confine tra Transnistria e Ucraina con l’obiettivo di entrare nella repubblica separatista per impadronirsi dei depositi di armi russe. Inoltre, il movimento per unire la Moldavia alla Romania si è rianimato, aggravando ulteriormente l’angoscia russa e gaguziana.

 

In termini di armamenti nucleari, l’equilibrio e il controllo nucleare generale stanno crollando, il che potrebbe provocare escalation da entrambe le parti. In effetti, l’attuale guerra NATO-Russia in Ucraina è il prodotto non solo dell’espansione della NATO, ma anche dello squilibrio nucleare facilitato dall’espansione di Mosca. Nel 2014, dopo il putsch di Maidan che è la causa principale della guerra ucraina, l’amministrazione Obama ha approvato il dispiegamento, presso Paesi membri della NATO quali Romania e Polonia, di missili anti-balistici statunitensi a raggio intermedio in grado di essere convertiti in armi offensive e di colpire Mosca in 5-7 minuti. I missili di difesa aerea e anti-balistici “Aegis Ashore” possono essere equipaggiati sia con esplosivi convenzionali o nucleari offensivi sia con missili di difesa anti-missile. Così, nel luglio 2020 il comandante del Comando Indo-Pacifico degli Stati Uniti, l’ammiraglio Philip Davidson, ha dichiarato di essere favorevole al finanziamento per la costruzione di un sistema Aegis Ashore a Guam entro il 2026, sia per difendere le strutture militari statunitensi esistenti a Guam, sia per fornire una “capacità di attacco di precisione a lungo raggio nella Prima Catena Insulare controllata dalla Cina” (https://breakingdefense.com/2020/07/indopacom-wants-billions-to-build-as-pentagon-plans-cuts-to-overseas-presence/). Un sito Aegis Ashore è diventato operativo a Deveselu, in Romania, nel 2016, e un sito polacco a Redzikowo lo è stato mesi dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022 (www.mda.mil/system/aegis_bmd.html).

 

Questi dispiegamenti hanno creato una minaccia esistenziale per la sicurezza della Russia sul suo stesso confine e quindi una minaccia non dissimile da quella rappresentata quando gli Stati Uniti piazzarono missili nucleari in Turchia per colpire l’URSS o quando, in risposta, l’URSS piazzò missili nucleari a Cuba. Questa pericolosa dinamica nelle relazioni tra Stati Uniti e Russia e tra NATO e Russia è un’altra causa della guerra attuale. La questione dell’INF e dei missili a corto raggio era un punto chiave (articolo 6) delle proposte di Putin del dicembre 2021 sulle proposte di colloqui per la sicurezza da lui formulate in quella fase (https://mid.ru/ru/foreign_policy/rso/nato/1790818/?lang=en). La configurazione di questa minaccia destabilizzante per Mosca sarebbe stata impossibile senza l’espansione della NATO. La prospettiva di un’espansione della NATO verso l’Ucraina ha aperto la possibilità di un dispiegamento di questi missili in Ucraina, ed è proprio per questo che i russi si sono ripetutamente opposti all’espansione della NATO, soprattutto verso l’Ucraina, nel corso degli anni e hanno proposto una nuova architettura di sicurezza europea alla NATO e a Washington sia nel 2008 che nel dicembre 2021, in un tentativo di diplomazia coercitiva alla vigilia dell’invasione del 24 febbraio 2022. Questa minaccia rimane sullo sfondo dell’attuale guerra, giorni prima della quale il Presidente ucraino Volodomyr Zelenskiy ha minacciato di abrogare l’adesione dell’Ucraina al Memorandum di Budapest, che ha denuclearizzato le forze armate ucraine nel 1994.

 

La guerra minaccia anche di porre fine agli accordi sulla limitazione degli armamenti nucleari strategici tra le due maggiori potenze nucleari del mondo. Il New START scadrà nel febbraio 2026 e non potrà essere prorogato. Nel giugno 2021, Biden e Putin hanno avviato tra i loro due Paesi un “dialogo di stabilità strategica” per gettare le basi di ulteriori colloqui e di un nuovo accordo START (www.whitehouse.gov/briefing-room/statements-releases/2021/06/16/u-s-russia-presidential-joint-statement-on-strategic-stability/). Ma dopo tre incontri, le già citate telefonate Putin-Biden e l’inizio dell’intensificazione delle operazioni belliche in Ucraina, il dialogo si è concluso e il New START ha iniziato la sua marcia verso l’estinzione. Nell’agosto del 2022, la Russia ha rifiutato un’ispezione degli Stati Uniti in una delle sue basi, come previsto dal trattato, e cinque mesi dopo il Dipartimento di Stato americano ha notificato al Congresso di non poter più valutare il comportamento della Russia come conforme ai dettati del trattato (www.state.gov/wp-content/uploads/2023/01/2022-New-START-Implementation-Report.pdf). Un anno dopo l’invasione dell’Ucraina, Mosca ha sospeso la sua partecipazione al New START, dichiarando che non avrebbe più fornito a Washington informazioni sulle sue forze nucleari. Allo stesso tempo, ha annunciato che la Russia avrebbe messo in funzione nuovi sistemi nucleari strategici e accelerato il dispiegamento dei suoi missili nucleari Sarmat, ha lanciato missili ipersonici e nuovi sottomarini nucleari e ha avvertito che potrebbe riprendere i test nucleari (https://news.yahoo.com/hard-times-now-ahead-us-194210721.html?fr=sycsrp_c).

Il Sarmat è un missile di 35 metri con una gittata di 18.000 km e può trasportare almeno 10 veicoli di rientro a bersaglio multiplo, ognuno dei quali ha una testata nucleare e attacca un bersaglio diverso. Può anche trasportare veicoli ipersonici Avangard. La Russia ha inoltre avviato la produzione di massa dei sistemi ipersonici Kinzhal su base aerea e dei missili ipersonici Zircon su base marittima (www.reuters.com/world/europe/putin-russia-pay-increased-attention-boosting-nuclear-forces-2023-02-22/).

 

Prima dell’arrivo a Kaliningrad, i MiG-31 di cui sopra sono stati adattati per il lancio di missili ipersonici Kh-47M2 Kinzhal, un tipo di missili balistici a corto raggio che, secondo quanto riferito, sono stati sviluppati a partire dal 9K720 Iskander, molto utilizzati in Ucraina. Il Kinzhal ha una velocità massima di Mach 10 o 12 – 10 o 12 volte la velocità del suono, può trasportare fino a 500 chilogrammi (1.100 libbre) di carico utile e consegnare testate convenzionali o nucleari. Il MiG-31 può lanciare il Kinzhal da una distanza massima di 2.000 chilometri e, a quanto pare, può anche lanciare piccoli carichi utili nell’orbita terrestre bassa, il che lo rende uno dei pochi jet da combattimento antisatellite esistenti (www.aerotime. aero/articles/31954-russia-deploys-hypersonic-armed-mig-31s-to-kaliningrad#:~:text=Three%20MiG-31%20heavy%20interceptors%2C%20adapted%20for%20carrying%20Kh-47M2,and%20will%20be%20placed%20on%20round-the-clock%20combat%20duty). Nel marzo 2023, la Russia ha annunciato il dispiegamento di armi tattiche a corto raggio in Bielorussia, a luglio il dispiegamento era iniziato e continua a tutt’oggi mentre leggete quest’articolo (www.defensenews.com/news/your-military/2023/08/22/poland-says-russias-moving-tactical-nuclear-weapons-to-belarus/).

 

Ma le tensioni strategiche e le nuove vulnerabilità dell’Occidente sono meglio rappresentate dal fatto che la Russia, la Cina, l’Iran e la Corea del Nord stanno già avviando apertamente una cooperazione militare e si armano a vicenda, per rafforzare le loro capacità individuali e forse collettive di sfidare gli interessi occidentali. L’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai è diventata il nucleo di questa cooperazione tra gli “Stati canaglia“, mentre la guerra in Ucraina e le maldestre provocazioni dell’amministrazione Biden intorno a Taiwan ne hanno favorito lo sviluppo.

 

In termini di equilibrio economico tra le due parti, l’Occidente e la Russia, nonostante le aspettative occidentali di un collasso dell’economia e del sistema finanziario russo, le perdite economiche in Russia sono state limitate e gestibili, mentre le conseguenze delle sanzioni e delle contro-sanzioni russe hanno portato molte economie occidentali verso la recessione. L’Occidente si è dato la zappa sui piedi rifiutando le importazioni di petrolio e gas e distruggendo i gasdotti North Stream, privando le proprie economie di un significativo potenziale di crescita. Le sanzioni occidentali hanno avuto un effetto particolarmente negativo sul commercio degli Stati che dipendono dalla Russia. Così, la Germania, membro della NATO e Paese leader europeo, è caduta in recessione; la Russia no. Ma la situazione economia attuale è solo una parte di una più ampia dinamica commerciale e finanziaria internazionale delineatasi in risposta alla guerra e che non lascia presagire nulla di buono per l’Occidente. Infatti, le ripercussioni globali della guerra stanno riconfigurando il sistema politico, economico e finanziario a livello mondiale.

 

Il riallineamento globale sino-russo.

 

A livello globale, i rapporti di forza si sta modificando e, come ho scritto più volte, non a favore dell’Occidente.

Questo è il risultato dell’espansione della NATO, ma soprattutto della conseguente guerra NATO-Russia in Ucraina, delle relative sanzioni occidentali e delle minacce di sanzioni secondarie, nonché della lunga e sfortunata storia di egemonia e sfruttamento politico, economico e finanziario messo in atto dall’Occidente.

Il risultato più dannoso della guerra ucraina tra NATO e Russia per gli interessi occidentali è la solidificazione della “quasi alleanza” sino-russa e il rafforzamento degli sforzi per costruire un sistema globale alternativo a quello dominato dall’Occidente.

Ciò è stato sottolineato dal viaggio del presidente della RPC Jinping Xi a Mosca in primavera. Alla vigilia del vertice, Putin ha descritto la vicina alleanza o “partnership strategica” in un articolo diffuso su tutti i giornali cinesi. Tra le altre cose, il presidente russo ha osservato che: “Le relazioni Russia-Cina hanno raggiunto il livello più alto della loro storia e stanno acquistando ancora più forza; superano per qualità le alleanze politico-militari dell’epoca della Guerra Fredda” (http://en.kremlin.ru/events/president/transcripts/70743). Il vertice di Mosca ha portato a un’integrazione militare, politica ed economica ancora maggiore tra i due Paesi, ma la conseguenza diplomatica più importante è stato il sostegno di fatto della Cina alla resistenza della Russia all’espansione della NATO in Ucraina, sottolineato dalla condanna di Xi e di altri funzionari cinesi dell’espansione della NATO e della indicazione di tale espansione quale vera causa scatenante della guerra. Inoltre, sono stati firmati tra i due leader decine di documenti su tutte le forme di cooperazione in risposta alle sanzioni occidentali sulla Russia e alla minaccia di sanzioni secondarie su Pechino.

 

In effetti, le sanzioni occidentali hanno spinto il complesso militare-industriale russo a vendere nuove tecnologie all’Esercito Popolare di Liberazione e la fiducia di Mosca nella tecnologia cinese in rapido sviluppo ha accelerato il nascente sviluppo tecnologico congiunto e la realizzazione di comuni progetti con applicazioni militari. Ad esempio, Russia e Cina hanno successivamente avviato un progetto congiunto per la progettazione di una nuova generazione di sottomarini non nucleari, più economici da produrre e con vantaggi in termini di accesso alle acque poco profonde vicino alle coste (https://nvo.ng.ru/armament/2023-04-20/7_1233_submarine.html). Inoltre, la Cina ha inviato uniformi, altre forniture di base e forse munizioni e attrezzature per le comunicazioni. Lo sviluppo tecnologico di droni più avanzati è probabilmente alle porte.

 

La guerra ha anche rinvigorito il progetto sino-russa volto a costruire una comunità globale alternativa finalizzata a contrastare l’egemonia occidentale in tutti gli ambiti. Mentre le sanzioni occidentali hanno avuto un impatto limitato sulla Russia e hanno danneggiato le economie occidentali, la pressione dell’Occidente su altri Stati affinché aderissero al suo regime sanzionatorio ha ulteriormente energizzato la ricerca di un ordine alternativo da parte del Sud del mondo, che ha sposato gli sforzi simultanei di Russia e Cina per costruire una rete di blocchi internazionali anti-occidentali nel campo del commercio, della finanza, dei trasporti e persino semi-militari. In particolare, le due potenze hanno intensificato gli sforzi per costruire strutture globali alternative non occidentali, se non addirittura anti-occidentali, per aggirare il mondo americano. L’espansione dei BRICS e dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), la costruzione della rete cinese di trasporti e infrastrutture “One Belt One Road” (OBOR) e la de-dollarizzazione sono i meccanismi principali per raggiungere questo obiettivo, e tutti hanno subito un’accelerazione dall’inizio della guerra tra NATO e Russia in Ucraina.

 

L’espansione dei BRICS sta diventando l’elemento centrale di questa strategia di rete. Il suo vantaggio è la portata globale, mentre il progetto della nuova Via della Seta è limitato alla Grande Eurasia. Ventitré Paesi hanno espresso il desiderio di aderire ai BRICS e le prime sei richieste di adesione sono già state approvate al vertice di Johannesburg del mese scorso, che ha previsto l’operatività della loro adesione a partire dal 2024: Egitto, Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Argentina ed Etiopia.

Inoltre, i BRICS hanno deciso di espandere la loro alternativa alla Banca Mondiale, la BRICS Bank (finanziatrice di 33 miliardi di dollari per 96 progetti infrastrutturali in tutto il mondo a partire da maggio 2023), coinvolgendo Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Bangladesh e Uruguay. La cooptazione dell’Egitto e dell’Arabia Saudita, tradizionalmente alleati dell’Occidente, è un grande colpo per i BRICS, per la Cina e per la Russia e avvicina la potenza petrolifera saudita e l’OPEC all’Oriente.

In termini di de-dollarizzazione, dall’inizio della guerra Russia, Cina e India hanno interrotto o ridotto l’uso del dollaro negli scambi commerciali con numerosi Paesi, compresi gli acquisti di petrolio dell’Arabia Saudita, e tra di loro.

 

La globalizzazione della politica di sicurezza nazionale della Russia va oltre la crescente securizzazione della Shanghai Cooperation Oorganization (SCO). Questa accelerazione avverrà con la guerra ucraina tra NATO e Russia e con l’espansione dei BRICS, che a loro volta dovrebbero aumentare il numero di Paesi che cercano di aderire alla SCO. Sempre in Asia, le decisioni della NATO di formare l’AUKUS e di aprire un ufficio NATO in Giappone hanno spinto Mosca a rafforzare la cooperazione strategica con la Corea del Nord, che ha ricambiato le attenzioni. Si sospetta che Mosca abbia venduto a Pyongyang la tecnologia o un vero e proprio missile balistico intercontinentale Topol-M, vista l’improvvisa produzione del missile intercontinentale Hwasong-18, in grado di colpire gli Stati Uniti continentali (https://beyondparallel.csis.org/the-transfer-of-a-russian-icbm-to-north-korea/).

Ad agosto scorso, l’amministrazione Biden ha imposto sanzioni a tre società accusate di essere legate ad accordi di armi tra la Corea del Nord e la Russia e ha affermato che il presunto imminente viaggio di Kim Jong Il a Mosca includerà discussioni sulla vendita di armi a Mosca (www.theguardian.com/world/2023/sep/06/north-korea-will-pay-a-price-if-it-supplies-arms-to-russia-says-us). Al momento in cui scriviamo, Kim si trovava a Vladivostok per incontrare Putin.

 

La Russia si sta spingendo anche nell’emisfero occidentale americano, complicando ulteriormente la posizione geostrategica dell’America. Nel febbraio 2022 il vice primo ministro russo Yuri Borisov ha firmato un patto per aumentare la cooperazione militare con il Venezuela. Mosca ha quindi inviato in Venezuela attrezzature militari, truppe e mercenari e ha fornito assistenza tecnica. La Russia ha anche sostenuto le forze venezuelane inviate nello Stato di Apure, al confine con la Colombia. Mosca ha recentemente annunciato che una squadra di cecchini russi, insieme a squadre provenienti da Cina, Iran e altri sette Paesi, avrebbe partecipato a una competizione militare di cecchini in Venezuela (https://www.csis.org/analysis/russia-western-hemisphere-assessing-putins-malign-influence-latin-america-and-caribbean e https://csis-website-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/congressional_testimony/ts220720_Ellis.pdf?VersionId=nVUH7XPQ7U.22FQnIGJycXakubOycvpQ,  p. 1).

 

Nel giugno 2022 il Nicaragua ha rilasciato una nuova autorizzazione all’ingresso nel Paese di un numero limitato di truppe ed equipaggiamenti russi per missioni di addestramento e altre forme di supporto (https://csis-website-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/congressional_testimony/ts220720_Ellis.pdf?VersionId=nVUH7XPQ7U.22FQnIGJycXakubOycvpQ,  p. 1). L’autorizzazione ha ampliato una precedente autorizzazione e ha permesso a 180-230 truppe russe, nonché ad aerei, navi e armi russe di operare sul suolo nicaraguense da luglio a dicembre 2022 e di fornire supporto per la lotta al narcotraffico, le comunicazioni militari, l’addestramento e altre misure militari (https://csis-website-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/congressional_testimony/ts220720_Ellis.pdf?VersionId=nVUH7XPQ7U.22FQnIGJycXakubOycvpQ,  pp. 2-3).

 

La Russia ha fatto progressi diplomatici anche in America Latina, tra Paesi tipicamente non ben disposti nei confronti della Russia come Cuba, Nicaragua, Ecuador e Venezuela. A prescindere dall’appartenenza del Brasile ai BRICS e dall’astensione dei BRICS da qualsiasi critica alle azioni russe in Ucraina, i governi del Brasile e dell’Argentina hanno dato sostegno politico a Putin e hanno visitato Mosca mentre le truppe russe si preparavano a invadere l’Ucraina nell’inverno 2021-2022, nel caso in cui le proposte di Putin all’Occidente avessero avuto una risposta insoddisfacente, come alla fine è stato. Il presidente argentino Alberto Fernandez ha offerto il suo governo come “porta” per l’ingresso della Russia in America Latina. Il messicano Andres Manuel Lopez Obrador (AMLO) ha definito “immorale” l’assistenza militare della NATO all’Ucraina nella guerra con la Russia (https://csis-website-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/congressional_testimony/ts220720_Ellis.pdf?VersionId=nVUH7XPQ7U.22FQnIGJycXakubOycvpQ,  pp. 4-5). L’avanzata della Russia nella regione è forse meglio rappresentata dal fatto che, come osserva un osservatore, “praticamente nessun governo della regione ha fornito sostegno militare agli ucraini che resistono all’invasione russa del loro Paese” (https://csis-website-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/congressional_testimony/ts220720_Ellis.pdf?VersionId=nVUH7XPQ7U.22FQnIGJycXakubOycvpQ,  p. 5). Sembra che la Russia sia più popolare tra i governi latinoamericani di quanto non lo siano gli Stati Uniti, e questa sconfitta strategica è stata consolidata dalla competizione diplomatica e militare russa con Washington, intensificatasi dall’inizio della guerra ucraina tra NATO e Russia.

 

Questa sconfitta strategica potrebbe adesso persistere, approfondirsi e si sta espandendo anche oltre l’America Latina.

Quasi tutti i paesi dell’America Latina sono in crisi, mentre la maggior parte di loro si sposteranno verso la posizione di “dissenso” moderato assunta da Brasile e Argentina ovvero assumeranno una posizione di dissenso radicale detenuta da paesi come Venezuela, Nicaragua e Cuba, la Russia (e la Cina) saranno ancora più vicine ad essere in grado di utilizzare i paesi della regione per scopi di escalation asimmetrica mentre la NATO e i suoi alleati promuovono escalation dentro e intorno all’Ucraina (https://csis-website-prod.s3.amazonaws.com/s3fs-public/congressional_testimony/ts220720_Ellis.pdf?VersionId=nVUH7XPQ7U.22FQnIGJycXakubOycvpQ,  pag. 7).

 

Un simile scenario sembra delinearsi in Africa e in Asia, con numerosi Paesi che cercano cooperazione sia con la Russia che con la Cina, nonostante le tensioni di quest’ultime con l’Occidente, che chiede l’attuazione di sanzioni draconiane. Tra i più potenti Stati del Terzo mondo il sostegno alla Russia e ancor più alla Cina, è diventato ben chiaro alla riunione del G-20 di settembre, dove alcun tipo di critica alle azioni della Russia in Ucraina è stata più inserita nella risoluzione finale della riunione, nonostante la richiesta degli stati occidentali del G-20 di includere una condanna nel documento (https://news.yahoo.com/g20-consensus-declaration-calls-peace-144325325.html?fr=sycsrp_catchall).

Le battute d’arresto strategiche sono visibili in termini di sicurezza energetica dell’Occidente. Come già notato, Mosca e Pechino sono riuscite a trascinare il gigante petrolifero Arabia Saudita lontano dall’Occidente e nell’orbita ‘orientale’. La Russia e l’amichevole Algeria controllano i prezzi del gas naturale. La Russia ha sottratto l’Arabia Saudita e l’OPEC al sistema commerciale occidentale. Ciò consente a Mosca di manipolare e far salire i prezzi dell’energia e l’inflazione in Occidente, accentuandone difficoltà economiche, crisi e declino. Allo stesso tempo, l’Occidente è gravato da contro-sanzioni russe, dall’aumento dei prezzi del petrolio e del gas naturale e dal sostegno fornito all’economia, allo stato, alla società ed all’esercito dell’Ucraina, mentre questa è impegnata una terribile guerra di logoramento.

Inoltre, il principale alleato della NATO contro la Russia sta attraversando un periodo di difficoltà che si avvicina alla grande rovina della seconda metà del XVII secolo, durante la quale i cosacchi soffrirono il controllo polacco e russo e la guerra civile.

IN APPENDICE

Sessione plenaria dell’8° Forum economico orientale

Il discorso di Vladimir Putin alla sessione plenaria dell’8° Forum economico orientale.
12 settembre 2023
11:45
Isola Russkij, Territorio di Primorye
Prima della sessione plenaria dell’8° Forum economico orientale.
Sessione plenaria dell’8° Forum economico orientale.
13 di 28
Sessione plenaria dell’8° Forum economico orientale.

Alla sessione plenaria ha partecipato anche il Vicepresidente della Repubblica Democratica Popolare del Laos Pany Yathotou.

Il moderatore della discussione è Ilya Doronov, amministratore delegato del canale televisivo RBC.

* * *

Ilya Doronov: Buongiorno, buon pomeriggio o buonasera a tutti.

È bello che quest’anno ci sia più gente al nostro forum rispetto all’anno scorso. Credo che l’anno scorso in questa sala ci fosse più spazio tra le sedie. Oggi siamo seduti più vicini.

Benvenuti all’8° Forum economico orientale. Avevo previsto di iniziare in modo diverso, ma le notizie in arrivo hanno cambiato i miei piani. Come avrete letto, un volo Sochi-Omsk ha dovuto effettuare un atterraggio di emergenza in un campo nella regione di Novosibirsk. A bordo c’erano 159 persone, nessuna delle quali è rimasta ferita. Ho letto che solo una persona ha avuto un problema di pressione sanguigna. Applaudiamo i piloti.

(Applausi.)

C’è un altro problema con gli aerei, ma possiamo parlarne più tardi.

Quindi, questo forum e questa sessione non sono standard. Perché? Il motivo è che è stato annunciato esattamente 10 anni fa che l’Estremo Oriente e l’Artico sono una priorità per noi. Yury Trutnev è stato nominato inviato plenipotenziario presidenziale nel Distretto federale dell’Estremo Oriente 10 anni fa e il Presidente ha dichiarato nel suo discorso all’Assemblea federale che l’Estremo Oriente è stato dichiarato una priorità.

Do quindi la parola al Presidente della Russia e gli chiedo di raccontarci, come si usa dire, cosa è stato fatto in questi due quinquenni.

Presidente della Russia Vladimir Putin: Buon pomeriggio, amici, signora Yathotou,

Sono lieto di dare il benvenuto al nostro ospite e chiedo anche ai partecipanti di farlo.

Il nostro moderatore ha salutato il pubblico dicendo “buon pomeriggio, buongiorno, buonasera” – e in effetti, quando si arriva in Estremo Oriente, qui tutto diventa confuso e disorientante. Ma una cosa è chiara: l’Estremo Oriente è la priorità strategica della Russia per tutto il XXI secolo, e noi la rispetteremo.

Vorrei dare il benvenuto ai partecipanti e agli ospiti dell’8° Forum economico orientale, che tradizionalmente riunisce leader economici, esperti e alti funzionari del nostro Paese e di decine di altri Stati di tutto il mondo per discutere di aree promettenti e strategiche per lo sviluppo dell’Estremo Oriente russo, dell’Artico e dell’intera regione Asia-Pacifico. Nelle mie osservazioni di oggi, in un modo o nell’altro, citerò anche altre regioni russe, perché fanno parte di un unico complesso economico nazionale. Siamo qui riuniti per valutare le principali tendenze che determinano l’ulteriore sviluppo delle relazioni commerciali internazionali.

Siamo tutti consapevoli dei cambiamenti che l’economia globale ha sperimentato negli ultimi anni e continua a sperimentare ora, anche a causa di alcuni Paesi, in primo luogo quelli occidentali, ovviamente, che stanno distruggendo il sistema di relazioni finanziarie, commerciali ed economiche che avevano costruito con grande impegno.

È molto importante che in queste condizioni il mondo veda espandersi lo spazio per un’effettiva cooperazione commerciale tra Stati che non cedono alle pressioni esterne ma perseguono i propri interessi nazionali, con un numero crescente di Stati di questo tipo in diverse regioni del mondo.

Nelle loro attività e politiche, essi danno priorità agli sforzi per promuovere i propri progetti nei settori dei trasporti, dell’energia, dell’industria, della finanza e della sfera umanitaria, che portano benefici diretti a lungo termine alle loro nazioni, invece di essere guidati da questioni politiche correnti.

In sostanza, stiamo assistendo a un nuovo modello emergente di relazioni e di integrazione – e non per i modelli occidentali, per le élite, per il “miliardo d’oro” prescelto, ma per l’intera umanità e per l’intero mondo multipolare esistente e in via di sviluppo. Questo modello offre l’energia creativa, l’apertura e la concentrazione su un risultato specifico come un potente vantaggio competitivo della regione Asia-Pacifico, un fattore chiave che determina e sono sicuro determinerà per lungo tempo la sua leadership globale nella crescita economica.

In particolare, l’anno scorso il commercio della Russia con i Paesi dell’Asia-Pacifico è aumentato del 13,7% e nei primi sei mesi di quest’anno è aumentato di un altro 18,3%. L’anno scorso era aumentato del 13,7% e quest’anno è aumentato del 18,3% solo nei primi sei mesi.

Mi aspetto che il nostro commercio con i Paesi dell’APR e le relazioni economiche in generale si espandano ulteriormente, perché la Russia, il nostro Estremo Oriente, è aperta a rafforzare i legami commerciali e di cooperazione, e il potenziale di tale cooperazione non può essere sopravvalutato.

Il distretto federale dell’Estremo Oriente rappresenta il 40% del territorio russo. Qui si trova quasi la metà delle nostre foreste e delle riserve aurifere, più del 70% del pesce e dei diamanti e più del 30% del titanio, del rame e così via. Qui si trovano imprese strategiche di importanza cruciale, porti marittimi e ferrovie. In breve, il ruolo dell’Estremo Oriente per il nostro Paese e per il suo futuro, per la posizione della Russia in un mondo multipolare, è immenso. Ne siamo ben consapevoli. Per questo vorrei ripetere ciò che ho detto nel mio discorso all’Assemblea federale dieci anni fa, nel dicembre 2013, e ciò che ho detto all’inizio: lo sviluppo avanzato dell’Estremo Oriente è la nostra priorità assoluta per tutto il XXI secolo, la nostra responsabilità condivisa e il lavoro del Governo, delle regioni e delle principali aziende russe, sia statali che private.

Per organizzare questo lavoro, negli ultimi anni è stato creato un quadro normativo e giuridico serio e sono stati definiti approcci moderni allo sviluppo economico e sociale dell’Estremo Oriente e dell’Artico, che è un’altra priorità strategica.

Quali sono i risultati? Il moderatore ha chiesto quali risultati siamo riusciti a ottenere lavorando insieme in questa regione negli ultimi dieci anni. Il primo riguarda l’economia. Abbiamo creato speciali preferenze fiscali, amministrative e doganali in Estremo Oriente per promuovere lo sviluppo di siti industriali e di impianti di produzione ad alta tecnologia e per creare nuovi posti di lavoro, e ci siamo occupati della costruzione di infrastrutture e di portare servizi ai siti industriali. Questo sostegno alle imprese viene fornito nelle aree di sviluppo prioritario e nel porto franco di Vladivostok, sebbene siano stati aggiunti anche altri territori.

L’anno scorso è stato lanciato uno speciale regime preferenziale sulle Isole Curili, a condizioni ancora più favorevoli rispetto alle aree di sviluppo prioritario: la durata dei benefici è più lunga, gli sgravi fiscali sono maggiori, e così via. Non entrerò nei dettagli ora, per non perdere tempo.

Grazie al sostegno del Governo ai progetti dell’Estremo Oriente, sono stati firmati accordi di investimento per oltre 7.700 miliardi di rubli, di cui 3.400 miliardi già investiti. Sono stati creati 125.000 posti di lavoro e sono diventate operative circa 700 nuove imprese. Tra questi, progetti di riferimento come uno dei più grandi impianti di lavorazione del gas al mondo e un complesso chimico per il gas nella regione dell’Amur, l’impianto di fertilizzazione minerale di Nakhodka e il complesso navale Zvezda per la costruzione di navi di grande capacità, che si trova proprio qui accanto. Si stanno sviluppando giacimenti di rame e altri minerali, tra cui Udokan, Baimskoye e Malmyzhskoye.

Importanti progetti sono stati avviati anche nel settore agroalimentare. Tra questi, le aziende agricole in serra nella Regione di Sakhalin e nel Territorio di Primorye, la lavorazione del pesce in Kamchatka e Magadan, la produzione di carne suina nel bacino del fiume Amur e l’aumento della produzione di soia nella Regione di Amur. Tutte queste aree sono promettenti sia per l’approvvigionamento del mercato interno che per l’esportazione.

In generale, la dinamica degli investimenti in Estremo Oriente, e vorrei sottolinearlo, è tre volte più veloce di quella della Russia nel suo complesso. Mentre dal 2014 al 2022 la crescita degli investimenti in capitale fisso in tutto il Paese è stata del 13%, in Estremo Oriente è stata del 39%.

Ciò si riflette anche sulla produzione. I tassi di crescita industriale in Estremo Oriente superano anche la media russa.

Secondo i risultati degli ultimi cinque anni, la maggior parte delle nostre regioni orientali – le regioni di Magadan e Amur, il Territorio Trans-Baikal, la Regione Autonoma Ebraica, il bacino del fiume Amur, la Chukotka e la Kamchatka – sono tra le prime 20 entità costitutive della Federazione Russa in termini di tassi di crescita del prodotto regionale lordo, e la Regione di Magadan è in cima a questa classifica.

Ecco alcune cifre che parlano da sole. In 10 anni, il fatturato dei porti marittimi dell’Estremo Oriente è aumentato di 1,6 volte, la messa in funzione delle abitazioni di 1,3 volte, il consumo di elettricità di 1,2 volte, la produzione annuale di oro nell’est del Paese è aumentata di 1,6 volte e quella di carbone di 2,8 volte. Capite bene di cosa stiamo parlando: non si tratta dell’aumento percentuale della crescita, tutto sta crescendo in modo esponenziale.

Vorrei sottolineare che la percentuale media di risorse esplorate nel sottosuolo dell’Estremo Oriente è ora del 35%. Capite bene che solo il 35% del sottosuolo è stato esplorato. Cosa significa questo? Che le industrie minerarie hanno tutte le possibilità di crescere a dismisura, anche per quanto riguarda le materie prime strategiche che scarseggiano e che saranno richieste dall’economia del futuro.

Tutto ciò non è solo una garanzia della sovranità delle risorse del Paese, ma anche una base per la produzione di nuovi materiali, microelettronica e fonti energetiche promettenti, per la promozione di tecnologie e sviluppi scientifici nazionali a tutela dell’ambiente e della natura, per la creazione di buoni posti di lavoro e per lo sfruttamento dei vantaggi competitivi naturali dell’Estremo Oriente e di tutta la Russia a un nuovo livello.

Al fine di aumentare la portata dell’esplorazione geologica, abbiamo lanciato una strategia frontale, chiamata così in modo splendido: Geologia. La rinascita di una leggenda. Chiedo al Governo di inserirvi una sezione separata, dedicata allo studio del sottosuolo dell’Estremo Oriente e di iniziare a preparare una sezione simile per la Siberia.

Le prospettive per l’Estremo Oriente e l’Artico sono legate non solo allo sviluppo dei giacimenti minerari, che, senza dubbio, godono di un’elevata domanda sia nell’industria nazionale che a livello internazionale.

Per ribadire che la potente base di materie prime per lo sviluppo economico che stiamo creando ci permette di andare avanti, di aumentare la profondità della lavorazione delle risorse, come dicono gli esperti, di aumentare il valore aggiunto nelle imprese nazionali, anche e soprattutto, ovviamente, in Estremo Oriente. Questa è la cosa più importante.

Per poterlo fare, dobbiamo migliorare costantemente le condizioni per fare affari nella macroregione, mantenerle a un livello competitivo a livello globale e fornire finanziamenti a lungo termine e a basso costo per i progetti di investimento, accessibili sia alle piccole e medie imprese che alle grandi aziende di produzione in tutte le aree e settori, territori e distretti.

Come forse saprete, abbiamo lanciato una piattaforma federale per gli investimenti nei cluster. Questo meccanismo è destinato a finanziare grandi progetti di importanza sistemica, principalmente per la produzione di materiali, componenti e prodotti finiti nell’industria manifatturiera.

Quest’anno, nell’ambito di questa piattaforma di investimento, dovrebbero essere finanziati progetti per la produzione prioritaria del valore di almeno 2.000 miliardi di rubli. Vorrei che il Governo utilizzasse questo strumento per espandere l’economia dell’Estremo Oriente, in modo da creare qui impianti di produzione più sofisticati con posti di lavoro moderni e ben retribuiti. È necessario promuovere progetti che richiedono grandi investimenti multimiliardari che, a loro volta, diventano punti di attrazione per i settori collegati, l’industria delle costruzioni, le società di servizi e i produttori di attrezzature, ma anche per le piccole imprese.

Vorrei anche sottolineare che la petrolchimica e la conversione del gas naturale, la metallurgia, la costruzione di macchine e altri settori dell’industria manifatturiera sono tutte industrie ad alta intensità energetica. Tuttavia, è bene ricordarlo, la maggior parte delle regioni dell’Estremo Oriente, che, come ho detto prima, stanno costruendo abitazioni, aprendo nuovi impianti di produzione e siti industriali, devono ancora far fronte alla carenza di energia e questo, ovviamente, è un problema.

La portata dei progetti che stiamo realizzando in Estremo Oriente richiede un aggiornamento altrettanto radicale del sistema energetico dell’Estremo Oriente. Allo stesso tempo, esistono opportunità davvero uniche per lo sviluppo di energia idroelettrica, nucleare e rinnovabile rispettosa dell’ambiente.

Chiedo al Governo, insieme alle nostre principali compagnie energetiche e alla comunità imprenditoriale, di preparare un programma per lo sviluppo delle capacità energetiche in Estremo Oriente. Il programma dovrebbe coprire un periodo a lungo termine, fino al 2050, per espandere al massimo le capacità economiche dei nostri territori dell’Estremo Oriente. Chiedo inoltre al Governo di sviluppare meccanismi di finanziamento dei progetti per questo programma strategico.

I piani prevedono il collegamento dei gasdotti Sila Sibiri (Potenza della Siberia) e Sakhalin-Khabarovsk-Vladivostok e la loro inclusione nel sistema integrato di approvvigionamento di gas del Paese. Questo risolverà – oserei dire – un compito storico e globale per il nostro Paese: integrare le reti di distribuzione del gas russe occidentali e orientali in una sola.

Insieme alla costruzione di Sila Sibiri-2, ci consentirà non solo di operare in modo flessibile sui mercati energetici globali, cosa che oggi è rilevante, come sappiamo, ma anche di espandere in modo significativo il programma di collegamento delle comunità della Buriazia, del Territorio Trans-Baikal e di altre regioni dell’Estremo Oriente al sistema di distribuzione del gas, fornendo alle industrie locali dell’Estremo Oriente risorse aggiuntive e alle città e ai villaggi locali combustibile ecologicamente pulito. Le capacità del terminale GNL, già costruito da una delle nostre società, saranno utilizzate per collegare la Kamchatka alla rete di distribuzione del gas,

Questo settore si sta sviluppando attivamente, anche nell’Artico. Dopo il successo del progetto Yamal LNG, è stato avviato un nuovo importante progetto per la costruzione di un terminale GNL nell’Artico: la prima linea tecnologica del progetto Arctic LNG 2. La linea è già stata consegnata alla produzione di gas naturale. È già stata consegnata al sito di produzione e i lavori di avviamento sono in corso, giusto? È fantastico.

Voglio sottolineare che la linea è in realtà un impianto galleggiante per la liquefazione del gas naturale. Questo progetto è l’unico al mondo nel suo genere, è sicuro, ed è costruito con tecnologia e capacità russe. Il progetto viene realizzato dal Murmansk LNG Construction Centre, che produce treni di liquefazione GBS.

Entro il 2030, la produzione di GNL nella zona artica russa dovrebbe aumentare del 200%, fino a 64 milioni di tonnellate all’anno. A questo proposito, è stata presa la decisione di principio di costruire nuove linee di GNL presso il centro di Murmansk per operare nei giacimenti artici. Naturalmente, ciò darà un grande contributo allo sviluppo delle nostre regioni settentrionali e migliorerà la sovranità tecnologica della Russia.

Nella regione di Murmansk verrà costruito un centro di produzione di GNL ad alta capacità. La questione non è direttamente collegata all’Estremo Oriente, ma a tal fine sarà costruito un gasdotto Volkhov-Murmansk-Belokamenka.

Non entrerò nei dettagli, ma spero vivamente che le nostre aziende, con l’aiuto del Governo, trovino un accordo tra loro su chi e come sarà impegnato nella costruzione di questa importante infrastruttura. È molto importante per Murmansk e per le comunità locali, oltre che per la Carelia.

I progetti di trasporto sono importanti come strumento di sostegno alle iniziative imprenditoriali e in generale all’economia dell’Artico e dell’Estremo Oriente e ai residenti locali. È necessario ampliare le rotte logistiche esistenti e aprire nuovi corridoi per le operazioni di carico.

Tra questi progetti, lo sviluppo della Northern Sea Route ha certamente una priorità speciale. L’anno scorso sono stati trasportati su questa rotta trentaquattro milioni di tonnellate di merci. Nei prossimi anni, il traffico merci su questo corridoio di trasporto globale non potrà che crescere, il che richiede la priorità della costruzione di una moderna flotta di rompighiaccio, nonché il potenziamento dei porti artici e delle loro infrastrutture.

Entro il 2030, prevediamo che la capacità generale dei porti marittimi nelle acque artiche raddoppierà. Se l’anno scorso questa capacità era di 123 milioni di tonnellate, entro la fine del decennio dovrebbe raggiungere i 252 milioni di tonnellate, grazie anche alla costruzione di nuovi terminal e all’espansione dell’accesso ferroviario. Entro il 2027, prevediamo di aumentare sostanzialmente la capacità del porto di Murmansk, da 56 a 110 milioni di tonnellate all’anno.

Continueremo a modernizzare la linea principale Baikal-Amur e la ferrovia transiberiana. Certamente, il ritmo deve essere accelerato, anche attraverso concessioni e attirando capitali privati per la costruzione di ponti, gallerie e cavalcavia. Ne abbiamo appena discusso con i moderatori delle rispettive sessioni.

A questo proposito, vorrei sottolineare che, grazie all’iniziativa di investitori privati, stiamo costruendo la Ferrovia del Pacifico e un nuovo porto sul Mare di Okhotsk, che ci permetterà di utilizzare le risorse della Yakutia e delle regioni settentrionali del Territorio di Khabarovsk, e di assicurarci un accesso diretto ai mercati dell’Asia-Pacifico.

Le nostre principali aziende stanno attualmente costruendo un nuovo porto a Taimyr e modernizzando la ferrovia Pangody-Nadym a Yamal. Sono molti gli esempi di imprese che effettuano investimenti a lungo termine in logistica, trasporti, progetti energetici, costruzione di ferrovie e autostrade, terminali marittimi e aeroporti.

Vorrei chiedere al Governo e ai nostri colleghi delle regioni di fare affidamento su questa risorsa e di fare in modo che gli investimenti statali e privati creino un effetto sinergico per il rinnovo delle infrastrutture e delle strutture sociali e per lo sviluppo territoriale delle regioni e del Paese in generale.

Ho già detto agli imprenditori russi, molti dei quali stanno subendo pressioni da parte di alcuni dei nostri partner, e voglio ribadire oggi che è sicuramente meglio e più affidabile investire in Russia, sia in grandi e ambiziosi progetti infrastrutturali che in progetti locali ma importanti legati allo sviluppo urbano e al turismo. Abbiamo visto cosa succede con i capitali e come e dove vanno a finire. Non commettete lo stesso errore due volte.

Proprio di recente abbiamo aperto un tratto dell’autostrada ad alta velocità da Mosca ad Arzamas. Entro la fine di quest’anno, la strada raggiungerà Kazan, e poi Ekaterinburg e Tyumen. Voglio dire che continueremo sicuramente questo grande progetto e costruiremo strade ad alta velocità attraverso la Siberia e l’Estremo Oriente fino a raggiungere l’Oceano Pacifico. Il corridoio di trasporto integrato Rossiya sarà creato da San Pietroburgo a Vladivostok. Contribuirà allo sviluppo del turismo, collegherà i centri logistici, agricoli e produttivi, darà impulso all’imprenditoria e alla rinascita di città e villaggi.

Una questione a parte è lo sviluppo del trasporto aereo tra l’Estremo Oriente e la parte europea della Russia, nonché il miglioramento dell’interconnessione diretta delle regioni dell’Estremo Oriente, in modo che le persone non debbano volare verso le regioni vicine attraverso gli aeroporti di Mosca o della Siberia.

A tal fine, come sapete, abbiamo creato una compagnia aerea integrata dell’Estremo Oriente. Le sue rotte più importanti sono sovvenzionate dallo Stato, in modo che i biglietti aerei diventino più accessibili, e ci sono ulteriori opportunità di creare nuove rotte, anche locali.

Suggerisco di continuare questo importante lavoro e di renderlo di sistema. Chiedo al Governo di mettere a punto un piano completo di misure per lo sviluppo del trasporto aereo nella regione dell’Estremo Oriente entro il 1° marzo 2024. Il piano dovrebbe riguardare la costruzione di nuovi aeroporti e l’ammodernamento di quelli esistenti, il miglioramento degli standard dell’aviazione generale, la fornitura di aerei ed elicotteri di fabbricazione russa e, naturalmente, l’aumento dell’accessibilità economica dei viaggi aerei, riducendo le spese delle compagnie aeree per il leasing degli aeromobili.

I parametri e gli obiettivi esatti sono ancora da definire, ma credo che sarebbe opportuno pianificare che entro il 2030 il flusso di passeggeri sui voli interni dell’Estremo Oriente dovrebbe crescere fino a raggiungere almeno 4 milioni di persone all’anno.

Colleghi,

L’obiettivo più importante e integrale dei nostri piani, che stiamo attuando nell’economia, nei trasporti e nelle infrastrutture dell’Estremo Oriente, è quello di migliorare la qualità della vita, di creare condizioni confortevoli e moderne per lo studio e il lavoro, il tempo libero e la crescita dei figli, e di ottenere una crescita demografica sostenibile nelle regioni russe dell’Estremo Oriente.

A tal fine, sono stati lanciati diversi meccanismi, tra cui il programma Far Eastern Hectare. Più di 119.000 persone hanno ricevuto appezzamenti di terreno per fare affari, aprire strutture produttive e turistiche o costruire le proprie case.

Vorrei ricordarvi il compito che ci attende: quest’autunno dobbiamo creare un quadro normativo per sostenere la costruzione di abitazioni individuali in tutto il Paese. Mi riferisco ai conti vincolati utilizzati per la costruzione di condomini. Questi conti proteggeranno ulteriormente i risparmi dei cittadini e creeranno l’opportunità di ottenere prestiti ipotecari per costruire le proprie case.

Richiamo l’attenzione dei colleghi del Governo sul fatto che questi meccanismi devono essere sviluppati entro la fine di quest’anno e, per ribadire, in tutto il Paese, comprese le regioni dell’Estremo Oriente.

In particolare, nell’Estremo Oriente sono disponibili condizioni ipotecarie speciali, con un importo del prestito fino a sei milioni di rubli, una durata fino a 20 anni e un tasso di interesse del 2%. Con l’aiuto di questo strumento, più di 78.000 famiglie hanno acquistato o costruito nuovi alloggi.

Propongo di adeguare i parametri del programma di prestiti ipotecari dell’Estremo Oriente e di renderlo più attraente. Ieri io e i miei colleghi ne abbiamo discusso. Si tratta di innalzare il limite massimo del prestito a nove milioni di rubli per coloro che vogliono acquistare un alloggio di proprietà con una superficie superiore ai 60 metri quadrati. In questo modo, le famiglie avranno più opportunità di scegliere un appartamento sul mercato primario o di costruire la propria casa.

Inizialmente il programma di prestiti ipotecari per l’Estremo Oriente era pensato solo per le giovani famiglie, ma dall’anno scorso anche gli insegnanti e i medici che lavorano in Estremo Oriente possono accedere a questo tipo di prestito.

Propongo di fare un passo avanti e di ampliare ancora una volta la copertura di questo programma, rendendo disponibili i mutui al due per cento anche ai dipendenti delle imprese dell’industria della difesa dell’Estremo Oriente. Per ribadire, per tutti i dipendenti dell’industria della difesa dell’Estremo Oriente, indipendentemente dall’età o dallo stato civile, proprio come abbiamo fatto per i medici e gli insegnanti.

Poi. Abbiamo suggerito meccanismi speciali per lo sviluppo dell’edilizia abitativa, tra cui il cosiddetto progetto del quartiere dell’Estremo Oriente, in cui le aziende impegnate nello sviluppo globale ricevono i benefici disponibili per le aziende residenti nelle aree di sviluppo prioritario. Di conseguenza, la fase di progettazione comprende abitazioni, un ambiente urbano confortevole e infrastrutture sociali, come asili, ambulatori, centri sportivi e altro ancora.

Sostenuta dai meccanismi del Quartiere dell’Estremo Oriente, è in costruzione una città satellite vicino a Vladivostok. Ospiterà circa 80.000 persone in un ambiente di vita all’avanguardia.

Vorrei aggiungere che il cosiddetto sussidio presidenziale è stato introdotto per contribuire allo sviluppo globale delle infrastrutture sociali in Estremo Oriente. Nell’ambito di questo programma, sono state costruite, riparate e attrezzate oltre 1.500 strutture in tutte le regioni dell’Estremo Oriente. Si tratta di scuole, ospedali, palestre, centri per il fitness e la salute, case della cultura, ecc.

Ecco alcune strutture inaugurate di recente: un centro cardiovascolare a Yakutsk, un centro di medicina nucleare a Ulan-Ude, un centro per gli sport di squadra e le arti marziali a Komsomolsk-on-Amur. In Chukotka sono stati costruiti alloggi per i lavoratori del settore sociale. È stato inaugurato il Parco Mayak sulla costa del Mare di Okhotsk a Magadan.

Un’area di lavoro separata e importante che abbiamo lanciato è la rinascita di 25 agglomerati e città dell’Estremo Oriente. Non le elencherò ora; ne abbiamo discusso pubblicamente ieri. Le città dovrebbero avere un nuovo look grazie allo sviluppo di piani regolatori qualitativi basati sui problemi e sui vantaggi di ciascuna città. I piani regolatori sono più o meno pronti, ne abbiamo parlato ieri. È necessario finalizzarli, delineare le fonti di finanziamento e procedere con i lavori il più rapidamente possibile.

Durante la ristrutturazione delle città, è necessario utilizzare il meccanismo delle concessioni dell’Estremo Oriente. Suggerisco inoltre di stanziare risorse aggiuntive per i piani regolatori prioritari nei prossimi tre anni; ieri ho incaricato il Governo di mettere a punto questi meccanismi. In seguito, valuteremo la possibilità di aumentare i finanziamenti per il periodo fino al 2030.

E, naturalmente, è necessario prestare particolare attenzione alle entità municipali, comprese quelle piccole. Per esempio, nell’ambito del programma Mille cortili, l’anno scorso sono stati migliorati 1.245 spazi pubblici; altri 562 saranno migliorati quest’anno. Naturalmente, questo lavoro deve essere continuato.

Vorrei sottolineare che qualche tempo fa abbiamo deciso che tutti i nostri principali programmi di sviluppo avrebbero dovuto includere una sezione speciale sull’Estremo Oriente. Questo ci ha permesso di ottenere una discreta crescita degli investimenti governativi nei progetti realizzati in Estremo Oriente. Dovremmo mantenere questi livelli e queste dinamiche e continuare a dare priorità all’Estremo Oriente per quanto riguarda gli investimenti statali.

Un’altra cosa: l’Estremo Oriente russo non deve essere solo un territorio in cui l’economia, il settore sociale e l’ambiente urbano si stanno sviluppando rapidamente. Nel perseguire questi piani e progetti, non dovremmo trascurare gli sforzi per prenderci cura di ecosistemi unici e preservare centinaia di specie animali e vegetali rare. Tra l’altro, il forum internazionale Falcon Day si è tenuto per la prima volta nell’ambito dell’attuale Eastern Economic Forum, con l’obiettivo di discutere la conservazione e la crescita della popolazione di specie di uccelli predatori e rari.

Vorrei ringraziare i nostri amici e colleghi del Medio Oriente, che stanno prestando particolare attenzione a questo tema. E ovviamente lavoreremo con voi, colleghi, su questa questione umanitaria ma molto coinvolgente.

L’Estremo Oriente russo possiede più di 60 aree naturali protette di importanza federale, molte delle quali incluse nell’elenco dei siti del Patrimonio Naturale dell’Umanità, come il Lago Baikal, il Parco Naturale dei Pilastri della Lena, la Riserva dell’Isola di Wrangel, i vulcani della Kamchatka e altri. Tutto questo è la nostra principale ricchezza nazionale e, allo stesso tempo, è patrimonio globale; siamo obbligati a preservarlo, offrendo al contempo opportunità per la ricerca scientifica, per l’educazione e la ricreazione dei bambini e dei giovani, e per i turisti e i visitatori russi e stranieri di conoscere la meravigliosa natura del nostro Estremo Oriente.

Ho detto che l’Estremo Oriente russo dovrebbe diventare una piattaforma per nuovi settori economici, tra cui lo sviluppo del turismo nei parchi nazionali dei territori di Primorye e Khabarovsk, della Yakutia, della Buryatia, della Kamchatka, delle Isole Curili e di altre regioni.

Il 1° settembre è entrata in vigore una legge per fornire condizioni adeguate e un quadro legislativo per l’ecoturismo e creare le basi per liberare il potenziale scientifico e turistico delle aree protette. È importante dotarle di infrastrutture adeguate.

A questo proposito, propongo che l’anno prossimo vengano stanziati ulteriori fondi per i parchi nazionali dell’Estremo Oriente, e non attraverso la ridistribuzione dei fondi destinati ad altri siti naturali, ma fornendo fondi aggiuntivi rispetto al finanziamento previsto.

E qualche parola sullo sviluppo di nuove industrie in Estremo Oriente. La mostra Sviluppo dell’economia creativa in Russia, che si è svolta a fine maggio, ha incluso una discussione approfondita in cui i giovani imprenditori, compresi quelli delle regioni dell’Estremo Oriente, hanno avanzato proposte interessanti.

Ad esempio, la Yakutia vanta una delle migliori pratiche di promozione delle industrie creative, come la programmazione informatica, l’architettura, il design industriale e simili, grazie agli sforzi delle autorità regionali e all’iniziativa dei suoi imprenditori. Questa esperienza costituirà la base per lo sviluppo di uno standard regionale per le industrie creative, che sarà poi esteso ad altre entità costitutive della Federazione. Il compito più importante è quello di migliorare il riconoscimento del marchio russo.

Ho incontrato i nostri colleghi moderatori – ho accennato a questo incontro in precedenza – e hanno condiviso con me la buona notizia che questo processo sta procedendo a un ritmo abbastanza veloce con buoni risultati.

È importante sostenere la domanda di prodotti e servizi nazionali, ad esempio attraverso mostre, fiere e così via. Continueremo sicuramente a portare avanti questo processo.

La prima fiera delle industrie creative si è tenuta a Novosibirsk in agosto. Vi hanno partecipato 70 produttori russi e 17.000 persone l’hanno visitata in tre giorni.

La seconda fiera è stata ospitata di recente a Vladivostok e l’evento è stato inserito nel programma culturale del nostro forum. Penso che queste iniziative saranno riprese da altre regioni.

Parlando dell’Estremo Oriente in particolare, è stata presa un’altra decisione che riguarda lo sviluppo di nuove industrie nell’economia, nella cultura e nello sport. Abbiamo deciso che ogni anno nel Distretto Federale dell’Estremo Oriente si terrà un torneo di cyber sport.

Questa tendenza è molto popolare in tutto il mondo e i nostri atleti cibernetici sono in testa alla classifica. Sono certo che organizzare competizioni di alto livello in Russia contribuirà a promuovere gli sport informatici nel nostro Paese e a livello internazionale.

Il primo torneo si terrà nel corso dell’anno. Vorrei che le aziende informatiche nazionali e quelle a partecipazione statale prestassero attenzione a questo sport e lo sostenessero.

Colleghi,

Negli ultimi dieci anni è stato fatto molto per l’Estremo Oriente e l’Artico. È stato dato un forte impulso allo sviluppo dell’economia, della sfera sociale e delle infrastrutture, e l’ambiente per fare affari che è stato creato non ha eguali nel nostro Paese. Non ho paura di usare questa parola: è un ambiente senza precedenti. Abbiamo lanciato grandi progetti di riferimento nella produzione di risorse naturali e nell’industria manifatturiera, nella costruzione di abitazioni e nel potenziamento della rete dei trasporti. Sono stati elaborati e sono in corso di attuazione piani di modernizzazione delle città e dei paesi.

Un ruolo fondamentale nel raggiungimento di questi risultati spetta agli abitanti dell’Estremo Oriente, le cui famiglie vivono qui da molte generazioni e a coloro che sono arrivati di recente da altre regioni per lavorare, studiare o gestire le proprie attività.

Vorrei ringraziare tutti coloro che credono nel futuro dell’Estremo Oriente, nelle sue vaste opportunità e potenzialità, e che contribuiscono al suo sviluppo.

Per ribadire che l’Estremo Oriente rimane la nostra priorità strategica per il resto del XXI secolo. Vorrei concludere le mie osservazioni con le righe iniziali. Sono certo che il suo ruolo, così come il ruolo e l’importanza del nostro Paese nel mondo, non potranno che crescere.

Grazie.

Ilya Doronov: Signora Vicepresidente, le darò la parola un po’ più tardi, se possibile.

Ora vorrei porre al Presidente della Russia alcune domande sul suo discorso.

Signor Presidente, è molto positivo che lei abbia menzionato l’importanza prioritaria dell’Estremo Oriente, perché molti potrebbero pensare che la nostra priorità sia nell’altra parte del mondo, in Occidente, e che tutti i nostri sforzi siano concentrati su di essa.

Vladimir Putin: Abbiamo molte priorità, ma l’Estremo Oriente è una delle priorità principali.

Ilya Doronov: È la terza volta che lo dice, e ora sapremo che è davvero così.

Lei ha parlato dell’autostrada M-12. Vorrei ringraziare lei e il signor Khusnullin, che è qui con noi oggi, per questo. Io sono di Vladimir, che si trova a 180 chilometri da Mosca, ma ci volevano sei o sette ore di macchina per percorrerla, ad esempio, durante le vacanze di maggio. Era un vero mal di testa. Ora useremo la nuova autostrada e vedremo se è meglio.

Ho diverse domande correlate.

Nel suo discorso, lei ha detto – ho preso nota delle sue parole – “un compito storico e globale” per quanto riguarda l’Estremo Oriente. Questo mi ha fatto pensare a un’analogia, cioè che i piani che avete reso pubblici possono essere paragonati a ciò che Stolypin fece per lo sviluppo della Siberia, o al piano di industrializzazione sovietico.

Ecco la mia domanda: Pensa che questi piani nazionali globali sarebbero stati realizzati e attuati se non fossero state adottate sanzioni [contro la Russia], prima nel 2014 e poi nel 2022, se non fossero state chiuse le frontiere e se non ci fosse stato impedito di depositare capitali [all’estero]?

Ecco le statistiche che dimostrano quanto ho affermato nella mia domanda. Riguardano il distretto amministrativo speciale dell’Isola Russkij, dove il numero di residenti è aumentato da 43 a 60, una crescita a valanga che ha avuto luogo dopo l’adozione delle sanzioni.

Vladimir Putin: Innanzitutto, abbiamo lanciato questo progetto 10 anni fa. Mi avete chiesto di parlarne e vi ho risposto che abbiamo iniziato a farlo molto prima degli eventi che si sono verificati negli ultimi anni, nel 2014, e lo abbiamo fatto perché abbiamo visto le tendenze dello sviluppo economico globale. Abbiamo visto l’ascesa di nuovi centri di influenza e di sviluppo economico. Credo di non dover fare i nomi di questi Paesi, che tutti conoscono. Abbiamo visto cosa stava cambiando e come, e oggi possiamo vedere che queste tendenze non sono rallentate, ma stanno prendendo slancio.

Ma cosa è successo dopo il 2014, dopo che i Paesi occidentali hanno sostenuto un colpo di Stato in Ucraina e hanno iniziato la guerra nel Donbass: molti processi hanno iniziato ad accelerare. A questo proposito, possiamo solo rammaricarci di non aver attuato per tempo i piani di sviluppo delle infrastrutture, compresa la rete ferroviaria verso l’Estremo Oriente.

Perché, onestamente, il Governo ha sbagliato in parte i calcoli e ha creduto che il volume delle spedizioni di merci non sarebbe stato così elevato; anche negli ultimi anni è stato molto più grande di quanto si potesse immaginare. Ma va bene così, stiamo facendo in modo che funzioni, ci sono piani che sono stati sviluppati in precedenza e di conseguenza sarà più facile per noi attuarli anche in tempi brevi.

Proprio ora, insieme ai moderatori e ai nostri colleghi, abbiamo discusso i piani di sviluppo del Dominio Operativo Orientale. I soldi ci sono, gli investitori sono interessati perché c’è un mercato e sono pronti a investire il proprio denaro perché possono vedere i profitti di un così grande giro di merci. Un buon ritorno sull’investimento è garantito. Ecco perché questo lavoro è iniziato molto tempo fa, e gli eventi dell’economia globale degli ultimi anni hanno dato un impulso al nostro lavoro in Estremo Oriente.

Ilya Doronov: Anche oggi è stata pronunciata due volte la frase “non commettere due volte lo stesso errore”. Non si è accorta di questo tutti, o no?

Vladimir Putin: Se vi interessa, e probabilmente interessa a molti uomini d’affari, c’è una tendenza: prima molti dei nostri uomini d’affari hanno creato delle piattaforme per se stessi e poi hanno visto che il loro denaro guadagnato legalmente è stato confiscato. Sapete, non si tratta del mio denaro, ma di quello delle nostre aziende e dei nostri imprenditori, ed è semplicemente oltre il limite. Le persone che hanno agito in questo modo non capiscono che ci saranno conseguenze negative per loro, sembra che ancora non lo capiscano.

Prendiamo, ad esempio, le restrizioni sulle transazioni in dollari. A cosa porterà? A una situazione in cui tutti i Paesi stanno valutando la possibilità di creare strumenti propri, nuovi sistemi di regolamento e stanno valutando se tenere i propri risparmi negli Stati Uniti o in Europa, e se sia conveniente investire nei titoli di questi Paesi.

Posso assicurarvi che so che questo sta accadendo. Naturalmente, tutti ci penseranno. Le nostre riserve di oro e di forex sono state congelate, ma abbiamo già guadagnato il doppio. Non si tratta di questi 300 miliardi, ma della fiducia infranta in coloro che lo stanno facendo. Stanno minando la fiducia nei loro confronti. Lo stesso sta accadendo nel commercio e nelle restrizioni al commercio.

Quindi, Dio solo sa, è colpa loro se inevitabilmente andranno incontro a conseguenze negative, sta già accadendo. Non è quello che volevamo, ma è un processo oggettivo legato al numero crescente di centri economici in rapido sviluppo.

Ilya Doronov: E coloro che vengono qui, che tornano in Russia…

Vladimir Putin: Ora parlerò di calpestare un rastrello.

Tuttavia, possiamo constatare che le catene logistiche e le consegne di merci sono state praticamente ripristinate e tutto si è normalizzato. Vediamo che questo è legato anche al tasso di cambio della valuta nazionale, compreso il ritorno limitato delle entrate in valuta estera, per usare un eufemismo, e il desiderio di depositare di nuovo qualcosa all’estero… Lo vediamo e capiamo tutto. Dobbiamo raggiungere un accordo con la comunità imprenditoriale, che dovrebbe capire e procedere partendo dalla premessa che è più affidabile operare qui. Di conseguenza, non dovrebbero calpestare lo stesso rastrello. Sono certo che coloro ai quali mi rivolgo mi capiscono.

Ilya Doronov: In realtà, la mia prossima domanda riguarda i rapporti tra lo Stato e la comunità imprenditoriale, compresi coloro che stanno tornando qui, che stanno arrivando sull’Isola Russa, ecc.

Ho intervistato Andrei Belousov prima del Forum economico internazionale di San Pietroburgo e gli ho chiesto come dovrebbero interagire lo Stato e la comunità imprenditoriale. Mi ha risposto che dovrebbero collaborare come partner, con lo Stato come senior partner e la comunità imprenditoriale come junior partner.

Vladimir Putin: Ha detto questo?

Ilya Doronov: Sì, ha detto questo.

Vladimir Putin: Parla come un ex funzionario del Comitato di pianificazione statale. Dovremmo essere partner alla pari.

Ilya Doronov: Dovrò chiedere la sua opinione dopo la sua dichiarazione.

Vladimir Putin: Sa che scherzo sempre in questo modo. È una battuta.

Ilya Doronov: Tuttavia, lei ha già detto che dovrebbero essere partner paritari. In linea di principio, ha l’impressione che la presenza dello Stato nell’economia e negli affari stia diventando eccessiva?

Vladimir Putin: Lo sentiamo dire e ne parlano in continuazione. Sì, abbiamo grandi aziende, soprattutto nel settore energetico; tuttavia, le aziende private si stanno sviluppando rapidamente e noi le sosteniamo, anche qui in Estremo Oriente.

Per tutti gli investimenti in Estremo Oriente forniamo investimenti infrastrutturali sostenuti dallo Stato. Negli ultimi tre anni circa, abbiamo investito circa 15 miliardi in infrastrutture di supporto alle imprese, non ricordo la cifra esatta. Inoltre, solo dall’inizio del 2023 abbiamo investito 8,5 miliardi. Per quanto ne so, investiremo altri 33 miliardi nei prossimi tre anni. Questo riguarda anche molti altri settori. Stiamo incentivando il lavoro delle nostre aziende e creando privilegi per loro, soprattutto qui, nella regione dell’Estremo Oriente. Restiamo qui, su questo territorio.

Prima ho citato le aree di sviluppo prioritario. Esse godono di molti benefici relativi al pagamento dei contributi sociali, dell’imposta sugli utili o dell’imposta sulla proprietà. Se prendiamo le isole Curili, esse godono di un numero doppio di benefici rispetto alle aree di sviluppo prioritario. Quindi, la cooperazione tra Stato e imprese porta buoni risultati. Continueremo a farlo.

Sa cos’altro è di fondamentale importanza? Credo che sia importante che negli ultimi dieci anni, o forse anche un paio di decenni, si sia sviluppato un ottimo dialogo tra il Governo e la comunità imprenditoriale. Il Governo non prende quasi mai decisioni economiche senza consultare preventivamente le associazioni imprenditoriali. Ci sforziamo sempre di prendere in considerazione le opinioni dei nostri partner commerciali e dei sindacati.

Ilya Doronov: Lei ha parlato di aree di sviluppo prioritarie e di preferenze fiscali. Tutto ciò suona bene. Ma ho parlato con esperti del settore e mi hanno detto che è necessario fare di più. Ad esempio, è necessario costruire infrastrutture – gas, elettricità e tutto il resto – in queste aree. Questo non è sufficiente.

Vladimir Putin: Ecco perché l’ho detto.

A proposito, mi è venuta in mente la cifra di 25 miliardi. È quanto abbiamo speso per le infrastrutture negli ultimi anni. Nei primi sei mesi di quest’anno abbiamo speso 8,5 miliardi e altri 33 miliardi sono stati accantonati. È così che stiamo facendo e continueremo a farlo. Ci rendiamo conto che investire nelle infrastrutture dovrebbe essere il nostro modo di sostenere le imprese. Quindi, lo stiamo facendo e continueremo a farlo in futuro.

Ilya Doronov: Ho una domanda sul tasso di cambio del rublo.

Un anno fa, quando eravamo su questo palco, il dollaro era a circa 60 rubli. Quest’estate è salito a 100, o anche di più. Ho controllato prima della sessione e ora è a 93 rubli per il dollaro. La volatilità è estremamente elevata e, alla fine del 2022, la valuta russa era la più volatile del mondo.

Come si possono fare proiezioni in una situazione in cui non si ha idea di cosa accadrà alla valuta nazionale?

Vladimir Putin: Sì, questa è ovviamente una domanda che richiede una ricerca approfondita come quella della Banca Centrale o del Governo, cioè delle autorità finanziarie. Nel complesso, non credo che ci siano problemi o difficoltà che non possano essere superati.

Questo è legato a molti fattori, tra cui il fatto che i nostri principali esportatori debbano o meno rimpatriare parte dei loro proventi in valuta estera. È legato al fatto che durante la prima fase, che lei ha citato, quando il dollaro era a 60 rubli, le catene logistiche per le importazioni non erano ancora state create. Ora le importazioni arrivano sul nostro mercato in volumi maggiori, il che significa che la valuta estera è più richiesta. Ci sono altri fattori, ma sono gestibili. Li vediamo e li capiamo, e li vede anche la Banca Centrale.

Naturalmente, la Banca Centrale ha dovuto aumentare il tasso di interesse di riferimento al 12%. Tra l’altro, ha dovuto farlo perché l’inflazione era aumentata un po’. Dove si trova ora? È al 5,4% o al 5,2%? Non ricordo il numero esatto, ma si aggira intorno al 5,2% in termini annuali. Quindi, la Banca Centrale non poteva non rispondere a questi sviluppi. Credo che la sua decisione sia stata corretta e anche tempestiva. Questo significherà che ci saranno meno opportunità di contrarre prestiti, limiterà l’economia e ne inibirà lo sviluppo in una certa misura. Tuttavia, questo fattore ha un peso importante nel mitigare i rischi inflazionistici. Tutto deve arrivare al momento giusto.

Ciò significa che manteniamo il controllo della situazione, e non entrerò troppo nei dettagli perché si tratta di un argomento piuttosto delicato. Ma nel complesso abbiamo tutte le carte in regola per mitigare questi rischi.

Ilya Doronov: Tuttavia, a quanto vedo, lo Stato intende svolgere il suo ruolo di regolamentazione. Ci saranno delle restrizioni? Faccio questa domanda perché l’ultima volta che il rublo ha iniziato a perdere valore, l’assistente del Presidente Maxim Oreshkin ha dovuto scrivere un articolo e il rublo è salito il giorno stesso. Anche il presidente della VTB Bank, Andrei Kostin, ha dichiarato ieri in un’intervista alla RBC che ci sono scappatoie per portare il denaro fuori dal Paese.

Vladimir Putin: Cosa stanno facendo? Stanno solo cercando di spaventare le persone proponendo loro di cooperare in termini pacifici e di intraprendere azioni specifiche, altrimenti, dicono, imporremo restrizioni e vi obbligheremo a rimpatriare le vostre entrate, ecc. Tuttavia, nessuno farà mosse improvvise in questo senso.

Ilya Doronov: Parliamo della Banca Centrale e del tasso di interesse del 12%. Venerdì ci sarà un’altra riunione e può darsi che il tasso salga ancora di più, rendendo i prestiti ancora più costosi. Come si fa a espandere la produzione e a contrarre nuovi prestiti in questo contesto? I finanziamenti stanno diventando sempre più costosi.

Vladimir Putin: Ho già detto che il tasso di interesse di riferimento influisce sui costi di finanziamento e sui tassi applicati dalle banche private, che a loro volta limitano i prestiti e soffocano la crescita economica. Nel complesso, vediamo che i prestiti sono stati abbastanza attivi. Questo è il mio primo punto.

In secondo luogo, vediamo che i prestiti al consumo sono cresciuti ancora più rapidamente. Anche in questo settore abbiamo gli strumenti per mitigare questi rischi. Non mi dilungherò troppo su questo punto, parlate pure con [il governatore della Banca di Russia] Nabiullina, ve lo dirà lei.

Certo, dobbiamo influenzare le cose, ma se non riusciamo a trovare una situazione che porti a una crescita incontrollabile dell’inflazione, alla fine sarà ancora peggio per l’economia, perché è quasi impossibile fare piani aziendali in un contesto di inflazione elevata. Non ci sono decisioni buone o ottime in questo caso; ci sono solo decisioni difficili, che devono essere adottate tempestivamente. Finora, sia la Banca Centrale che il Governo lo hanno fatto, e in modo piuttosto efficace.

Ilya Doronov: Vorrei anche fare una domanda sui prestiti ipotecari…

Vladimir Putin: Mi scusi se la interrompo, volevo solo aggiungere qualche parola.

A fronte dell’aumento dei costi dei mutui, abbiamo creato un’intera serie di strumenti per le grandi industrie e i più grandi progetti che servono gli interessi dell’intera economia nazionale. Abbiamo una serie di misure di sostegno per l’ottenimento di prestiti, con alcune condizioni preferenziali e una serie di strumenti per sostenere le aziende che effettuano investimenti significativi, e questo viene attuato insieme al governo. Ho già parlato di piattaforme industriali e così via. Le imprese ne sono a conoscenza e continueranno a farlo.

Il fatto è che se i costi dei prestiti aumentano, il Governo dovrà probabilmente considerare di aumentare i fondi per questi strumenti. Questo significherebbe spese aggiuntive, e c’è l’altra faccia della medaglia, ovvero la sostenibilità e l’equilibrio del bilancio, e così via. Ma tutto questo può essere risolto.

Ilya Doronov: Per quanto riguarda i mutui, ho iniziato a fare la mia domanda e lei ha menzionato il programma di espansione dei mutui agevolati qui in Estremo Oriente. I dirigenti della Banca Centrale probabilmente hanno fatto una smorfia, perché hanno ripetutamente espresso la loro opinione che i mutui agevolati sono gonfiati in Russia, e vedono dei rischi. Lei vede dei rischi qui?

Vladimir Putin: Sì, ci sono alcuni rischi, ma li vediamo e li affrontiamo.

Per quanto riguarda l’Estremo Oriente, abbiamo solo 12,5 milioni di persone che vivono al di là degli Urali; questo non è un peso per l’intero Paese e la sua economia.

Ilya Doronov: E l’ultima domanda di questa sezione prima di dare la parola al Vicepresidente. È una domanda che riguarda le imprese: le tasse saranno aumentate o non è necessario?

Vladimir Putin: Per ora il governo non ne vede la necessità.

Ilya Doronov: Questa risposta è importante per l’intera comunità imprenditoriale.

(Rivolgendosi alla signora Pany Yathotou) Ora le darò la parola, ma prima vorrei citare alcuni fatti interessanti sul Laos per il pubblico. Credo sia importante.

Innanzitutto, le relazioni diplomatiche tra l’Unione Sovietica e il Laos sono state stabilite il 7 ottobre 1960. Abbiamo trovato un altro motivo per celebrare questo giorno, non è vero?

Vladimir Putin: Festeggeremo insieme.

Ilya Doronov: D’accordo.

Nel 2011, la Russia e il Laos hanno stabilito un partenariato strategico nella regione Asia-Pacifico.

Il secondo dato che ho scoperto è che il Laos è il Paese più bombardato al mondo. Gli Stati Uniti hanno sganciato oltre 200 milioni di bombe sul Laos durante la guerra del Vietnam, e 350.000 laotiani sono stati uccisi in questi bombardamenti.

Terzo. Il Partito Rivoluzionario del Popolo del Laos al potere rimane impegnato nel socialismo.

Quarto. Il Laos ha un movimento di pionieri. Francamente, non ne sapevo nulla. L’ho scoperto durante la preparazione di questa sessione.

Quinto. I laotiani amano ancora le baguette e il pane bianco. È un’ottima eredità della Francia.

Il caffè laotiano è considerato uno dei migliori al mondo, se ho capito bene.

Infine, per noi russi è importante poter soggiornare in Laos per 30 giorni senza visto, quindi benvenuti in Laos e benvenuti sul pulpito.

Prego, signora Vicepresidente, a lei la parola.

Vicepresidente del Laos Pany Yathotou (ritradotto): Grazie mille.

Sono lieto di partecipare all’8° Forum economico orientale. È un privilegio per me.

Il Laos è un membro dell’ASEAN. È un Paese con una popolazione di soli 7 milioni di abitanti.

Il nostro Paese è ricco di risorse naturali, risorse idriche, risorse energetiche, minerali, legname. Abbiamo anche molte destinazioni turistiche attraenti.

Per quanto riguarda il significato della Russia per il Laos e le relazioni con la Russia per noi. Sin dall’era sovietica, abbiamo mantenuto relazioni tradizionali forti che hanno poi raggiunto il livello di un partenariato strategico in materia di sicurezza nella regione Asia-Pacifico.

Stiamo cooperando in molti settori, tra cui l’economia, il turismo, lo sviluppo del capitale umano, inoltre entrambi i Paesi condividono informazioni e competenze acquisite in molte altre aree di interesse reciproco.

La cooperazione tra Laos e Russia ci permette di sostenerci e aiutarci a vicenda. Costruiamo la nostra cooperazione sulla base dell’interesse reciproco.

Allo stesso tempo, il Laos è un Paese in via di sviluppo e il nostro governo attribuisce grande importanza allo sviluppo socioeconomico. A tal fine, stiamo attirando investimenti da molti altri Paesi, tra cui la Russia. I nostri Paesi stanno investendo in settori importanti come l’energia, le risorse idriche e le risorse di idrocarburi.

La Russia ci ha aiutato a smantellare il nostro territorio. L’aiuto è stato fornito senza alcun vincolo; abbiamo ancora a che fare con mine e ordigni inesplosi che incidono sulla vita della nostra gente.

Con il sostegno della Russia, siamo riusciti a liberare dalle mine più di 20.000 ettari del nostro territorio. Dopo lo sminamento, abbiamo restituito questi 20.000 ettari alla nostra gente. In questo modo, bonificando il nostro territorio dagli ordigni inesplosi, stiamo affrontando il compito più importante per noi, ovvero eliminare il pericolo rappresentato dagli ordigni inesplosi.

Ilya Doronov: La parola laotiana per “grazie” è “khob chai”.

Signor Presidente, questa domanda è per lei. (Rivolgendosi a Pany Yathotou) Anche io le farò una domanda più tardi.

Negli anni ’90 abbiamo smesso di essere amici e di sostenere molti altri Paesi, ad esempio Cuba e il Laos. Pensa che sarebbe difficile ricostruire ora queste relazioni e migliorarle al livello che abbiamo mantenuto durante l’era sovietica?

Vladimir Putin: Negli anni ’90 abbiamo guadagnato molte cose, tra cui soprattutto l’emancipazione e la libertà, ma purtroppo abbiamo anche perso molto, sprecando e addirittura dilapidando ciò che avevamo ottenuto nei decenni precedenti durante l’era sovietica.

Ma, come sapete, la memoria storica delle nazioni con cui siamo stati amici, abbiamo collaborato e aiutato nel loro sviluppo è stata conservata. Non sarà difficile ripristinare le nostre relazioni sulla base dei nuovi principi, perché la gente di questi Paesi lo vuole. Mi riferisco al Laos, dove vediamo molti amici, alla regione Asia-Pacifico nel suo complesso e all’Africa.

Di recente si è svolto il vertice Russia-Africa. Francamente, sono rimasto ancora una volta sorpreso dall’apertura degli africani e dal loro desiderio di lavorare con noi. Ho riflettuto anche su questo. Vedete, il punto non è solo che abbiamo fatto qualcosa per l’Africa, aiutando il loro popolo a riconquistare la libertà e l’indipendenza e a lottare contro il colonialismo, sebbene anche questo sia importante. Si ricordano di questo, ma anche di altre cose.

Qual è, a mio avviso, il punto principale? Il punto principale è che non abbiamo mai agito da colonizzatori in nessun luogo. La nostra cooperazione si è sempre basata sull’uguaglianza o sul desiderio di fornire aiuto e sostegno. I Paesi che cercano di competere con noi, anche adesso, hanno avuto una politica completamente diversa. Quando si guarda a ciò che è accaduto in passato durante la cooperazione con la Russia, o l’Unione Sovietica come si chiamava allora, e con altri Paesi, la bilancia pende a favore della Russia, cosa che oggi dobbiamo certamente tenere in considerazione e ricordare.

Se guardiamo all’Africa e alla nostra cooperazione, vediamo che l’abbiamo aiutata. Cosa hanno fatto gli ex colonizzatori? Nel 1957 – di recente mi è stata mostrata una fotografia – hanno portato persone dall’Africa in gabbia nei Paesi europei, ad esempio in Belgio. È uno spettacolo orribile, bambini messi in mostra in gabbie.

Ilya Doronov: Sì, c’era una mostra speciale, con un intero villaggio esposto.

Vladimir Putin: Sì, portavano le persone in gabbia e le esponevano, intere famiglie e bambini in gabbie separate. Come si può dimenticare questo? Nessuno in Africa lo dimenticherà mai.

E ora stanno cercando di impartire ordini e di portare avanti la loro politica neocoloniale. Hanno indebitato tutti i Paesi africani per migliaia di miliardi di dollari. In altre parole, hanno creato un sistema di credito finanziario per l’Africa in base al quale i Paesi africani non potranno mai ripagare i loro prestiti. Non si tratta affatto di un sistema di credito, ma di una forma di contributo, se capite cosa intendo.

Abbiamo usato e usiamo tuttora un approccio completamente diverso, che ci dà alcuni vantaggi quando lavoriamo con i nostri partner, compresi quelli con cui avevamo relazioni speciali durante l’era sovietica e quelli con cui stiamo rilanciando le relazioni ora. Anche i nostri amici ne sono consapevoli.

Pertanto, non prevedo grandi difficoltà, anche per quanto riguarda la riconquista delle nostre precedenti posizioni.

Ilya Doronov: Visto che abbiamo comunque toccato questo argomento, posso farle una domanda: Cosa farete con coloro che non la pensano così? Per esempio, che dire degli Stati baltici, della Repubblica Ceca o dell’Ungheria, che dicono che la Russia ha agito come una potenza colonizzatrice quando ha ordinato ai suoi carri armati di invadere Praga o Budapest?

Vladimir Putin: Abbiamo riconosciuto da tempo che questa parte della politica dell’Unione Sovietica è stata un errore e non ha fatto altro che aumentare le tensioni. La politica estera di un Paese non deve contraddire direttamente gli interessi di altre nazioni. Questo è quanto.

Tuttavia, se parliamo di calpestare i rastrelli, questo è il caso oggi delle principali potenze occidentali, in primis gli Stati Uniti. Hanno esercitato pressioni sui loro alleati e sui loro cosiddetti partner – dopo tutto, non hanno amici, ma solo interessi. Si tratta di un’estensione di una nota formula britannica.

Ilya Doronov: Grazie.

Signora Vicepresidente, ho una domanda per lei. Che cosa ci guadagna la Repubblica Democratica del Laos dalla collaborazione con la Russia? Ad esempio, perché avete deciso di rilanciare i corsi di lingua russa nel vostro Paese? Il fatto che il Presidente del Laos parli russo non è stato il motivo, vero?

Pany Yathotou (ritradotto): Il Presidente Putin ha già detto che la Repubblica Democratica Popolare del Laos ha effettivamente mantenuto relazioni molto buone e affidabili con l’URSS e la Federazione Russa, e io concordo con questa valutazione. Intendiamo basarci sui nostri successi passati e sulla nostra fruttuosa cooperazione per andare avanti.

Naturalmente, questo include gli aiuti umanitari che riceviamo. Gli scambi commerciali tra i nostri Paesi sono aumentati e anche gli investimenti sono cresciuti in una certa misura. Ci aspettiamo anche che un maggior numero di turisti russi visiti il nostro Paese.

Naturalmente, apprezziamo molto tutti i vantaggi che queste relazioni ci hanno offerto. È anche ovvio che la cooperazione che abbiamo avuto nell’era sovietica per lo sviluppo delle capacità e delle risorse umane è stata uno dei nostri maggiori successi, che merita una menzione speciale. Lei ha giustamente notato che molti dei leader che hanno guidato la Repubblica Democratica Popolare del Laos hanno studiato in un modo o nell’altro in Unione Sovietica.

Forse sapete anche che abbiamo costruito una ferrovia che collega il Laos alla Cina. Si tratta di un progetto strategico e volevamo usarlo per espandere questa rotta fino all’Australia. Siamo convinti che l’estensione di questa ferrovia al territorio della Federazione Russa avrebbe un impatto positivo sui flussi commerciali e di investimento tra i nostri due Paesi.

Ciò aumenterebbe anche il flusso di passeggeri dalla RDP del Laos verso la Cina attraverso il territorio russo. Vorremmo discutere la questione in modo più approfondito per poter sfruttare questo potenziale nelle nostre relazioni commerciali e di investimento. Spero che i nostri Paesi esplorino questa opportunità in modo da ottenere risultati tangibili.

Vladimir Putin: Lei ha appena parlato dei Giovani Pionieri che operano in Laos come organizzazione. La signora Vicepresidente ha recentemente visitato il nostro campo per bambini di Okean e ha notato con piacere che i bambini del Laos trascorrono le loro vacanze lì. Le condizioni a cui sono sottoposti sono ottime e hanno stretto grandi amicizie con i loro coetanei russi.

Ma posso anche aggiungere che i bambini laotiani non solo frequentano il campo Okean, ma studiano anche nelle scuole Suvorov della Federazione Russa.

Ilya Doronov: Cadetti laotiani delle scuole Suvorov.

Vladimir Putin: Sì. Lo spiegherò ai nostri ospiti stranieri: sono scuole militari per bambini dove studiano e si sentono molto a loro agio.

Ilya Doronov: Grazie.

Visto che abbiamo parlato di…

Vladimir Putin: Quindi, stiamo facendo tutto questo a un ritmo facile e continueremo a ripristinare le relazioni con i nostri amici.

Ilya Doronov: È meraviglioso.

Visto che abbiamo parlato di logistica: Belt and Road, l’iniziativa cinese, compie quest’anno il suo decimo anniversario. Abbiamo il progetto del Grande partenariato eurasiatico. Ma dopo il Vertice del G20 è stato annunciato che – specificherò i Paesi – gli Stati Uniti, l’Unione Europea, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, Israele, la Giordania e l’India hanno concluso i lavori per un accordo storico, come è stato detto, su un nuovo corridoio economico India-Medio Oriente-Europa. La Russia non è inclusa, così come la Cina. Pensa che questa iniziativa influenzerà la realizzazione dei nostri progetti e di quelli cinesi e cosa significa per noi in generale?

Vladimir Putin: Penso che sia un bene per noi; ci aiuterà a sviluppare la logistica.

Innanzitutto, questo progetto è stato discusso a lungo, forse da diversi anni. A dire il vero, gli americani vi hanno aderito all’ultimo momento. Ma non vedo perché dovrebbero volerne far parte, se non forse per qualche interesse commerciale.

Nel frattempo, il traffico aggiuntivo di merci lungo questo corridoio sarà di fatto un’aggiunta al nostro progetto Nord-Sud. Non vediamo nulla che possa danneggiarci in alcun modo.

Il corridoio Nord-Sud va verso il Golfo Persico e poi verso l’India. Se c’è un’altra rotta, credo che includa Israele, potremo raggiungere il Mediterraneo attraverso il Mar Nero e utilizzare questo corridoio.

Non lo so, i colleghi che hanno presentato questo progetto devono valutarlo attentamente. Per ora si tratta solo di un memorandum di intenti.

Ilya Doronov: Sì.

Vladimir Putin: Ma dovremmo vedere l’economia di questo progetto, perché il carico dovrebbe raggiungere il mare su rotaia, per poi essere caricato su navi marittime e quindi viaggiare verso gli Emirati Arabi o l’Arabia Saudita, per poi essere nuovamente caricato su rotaia. Occorre calcolare questo doppio trasbordo e il suo impatto economico.

Il capo della nostra azienda leader, le Ferrovie russe, Oleg Belozyorov, sta annuendo, quindi sembra che io abbia colto nel segno e che si tratti davvero di una questione economica, che dovrebbe essere accuratamente calcolata.

In termini di tempo, se andiamo dal Nord Europa, da San Pietroburgo a Mumbai, impiegheremo lo stesso tempo che con la rotta Nord-Sud. Ribadisco che bisogna considerare l’aspetto economico. Penso che la nostra rotta possa essere più efficiente.

Inoltre, l’interesse per l’utilizzo del Canale di Suez non andrà da nessuna parte. Non credo che questo avrebbe un impatto negativo sul Canale di Suez. Non credo che ciò accadrà.

E, infine, l’ultima cosa. I volumi delle spedizioni di merci crescono ogni anno e penso che più rotte di questo tipo ci sono, meglio è.

Ilya Doronov: Grazie.

Le prossime domande ci riporteranno nel nostro Paese. Siamo a Vladivostok, dove molte persone hanno la guida a destra. Spiegherò l’essenza della mia domanda, e molto probabilmente il pubblico si dividerà in due parti uguali o disuguali. Una penserà a cosa fare, l’altra sorriderà perché questo non la riguarda.

Prima di tutto, lei è fortunato ad avere un Aurus, una Niva e una Volga. Molti altri funzionari russi non sono così fortunati, se si considera quanto lei ha detto a proposito della guida di auto di fabbricazione russa.

Il primo tentativo in tal senso è stato fatto negli anni ’90, ma è fallito. Chi può garantire che questa volta ci riusciremo? E quali auto dovrebbero guidare?

Vladimir Putin: Sa, allora non avevamo auto di produzione nazionale, ma ora sì. È vero che hanno un aspetto più modesto rispetto alle Mercedes o alle Audi, che abbiamo acquistato in grandi quantità negli anni ’90, ma questo non è un problema. Penso che dovremmo emulare molti dei nostri partner, ad esempio l’India. Loro si concentrano sulla produzione e sull’utilizzo di veicoli di fabbricazione indiana. Penso che il Primo Ministro Modi stia facendo la cosa giusta nel promuovere il programma Make in India. Ha ragione.

Abbiamo automobili [di produzione russa] e dobbiamo usarle; questo va assolutamente bene. Questo non comporterà alcuna violazione dei nostri obblighi nell’ambito dell’OMC, assolutamente no. Riguarda gli acquisti di Stato. Dobbiamo creare una certa catena per quanto riguarda le auto che le diverse classi di funzionari possono guidare, in modo che utilizzino auto di produzione nazionale.

Probabilmente conoscete le proposte di continuare ad acquistare queste auto. Sarebbe facile da fare, perché la logistica è snella.

Ilya Doronov: Intende l’acquisto di auto straniere?

Vladimir Putin: Sì, è così. Ma ho anche detto che ho dei dubbi sul fatto di continuare questa pratica, per usare un eufemismo.

Il Governo e la Direzione della gestione delle proprietà presidenziali hanno coordinato un sistema che indica la classe di auto che i funzionari possono guidare. Che usino auto di fabbricazione russa.

Ilya Doronov: Quando vedremo il primo funzionario farlo?

Vladimir Putin: Inizieranno a farlo ora. Le acquisizioni inizieranno a breve.

Si tratta di questioni pratiche. Le acquisizioni inizieranno a breve. Franky, non so quando esattamente, ma inizieranno presto.

Ilya Doronov: Vorrei fare una domanda sulle auto cinesi.

Quest’anno le importazioni di auto cinesi sono aumentate del 543%. Secondo le previsioni, quest’anno verranno importati quasi mezzo milione di auto cinesi. C’è il rischio che dominino il nostro mercato e che diventiamo dipendenti dall’industria automobilistica cinese?

Vladimir Putin: No, stiamo lavorando a questo progetto insieme.

Prendiamo le auto della Grande Muraglia, che hanno iniziato a essere assemblate vicino a Mosca.

Ilya Doronov: La Haval viene assemblata a Tula.

Vladimir Putin: Sì, a Tula. Il governatore me ne ha presentata una.

È una buona auto. Stiamo sviluppando la nostra industria automobilistica. Per fortuna, lo stiamo facendo sempre più su basi proprie e stiamo aumentando la localizzazione. Presto verranno prodotte anche auto di Moskvich. Il sindaco di Mosca mi ha detto di recente come sta procedendo il progetto. E le nostre auto Lada saranno migliorate. Dobbiamo farlo sulla nostra base.

Certo, quando assemblavamo le auto quasi al 100% con componenti stranieri, com’era la nostra produzione? Aumenteremo i livelli di localizzazione. Certo, ci vuole tempo, ma è la cosa giusta da fare dal punto di vista dello sviluppo dell’industria automobilistica del nostro Paese sulle nostre basi.

Non abbiamo intenzione di chiudere completamente, né di dedicarci al fai-da-te.

Abbiamo prodotto Aurus? Sì, l’abbiamo fatto.

Ilya Doronov: Ma quanto costa?

Vladimir Putin: Sì. Il prezzo è alto perché non ne producono abbastanza. Quando entrerà in produzione di serie, il prezzo si dimezzerà. Certo, ci vuole tempo, ma sarà il nostro stesso sviluppo. Si tratta di acquisire e ripristinare competenze, di tasse e di posti di lavoro. Non c’è bisogno che ve lo dica. Tutti sanno cosa c’è dietro. Ma allo stesso tempo, collaboreremo con chi vuole lavorare con noi.

Ilya Doronov: Chiederò…

Vladimir Putin: I funzionari devono certamente guidare auto nazionali.

Ilya Doronov: Anche i prezzi del carburante sono legati alle auto. Lei se ne è occupato personalmente, ma il diesel ha già superato i 61 rubli e anche la benzina sta diventando più cara. Vedo che molte persone hanno una domanda negli occhi: cosa sta succedendo? E lo vedo in ogni tipo di conversazione a tavola, dove si discute del prezzo del carburante.

Perché sta succedendo? Riusciremo a risolvere il problema?

Vladimir Putin: Sì, certo, il governo ci sta lavorando. Credo che i nostri produttori di prodotti petroliferi abbiano ragione. Il Governo avrebbe dovuto reagire tempestivamente. Sono state prese decisioni appropriate, ma non molto tempo fa, per mantenere la parità tra i prezzi del mercato esterno e quelli del mercato interno. Poi, questi meccanismi sono stati cancellati. Il Governo non ha reagito tempestivamente ai cambiamenti del mercato globale dovuti all’aumento del prezzo del petrolio.

Tuttavia, questa è una posizione regolamentata, e proprio ieri ho parlato con il signor Sechin, che ha una sua posizione. Ma in generale, i produttori e il Governo si sono accordati tra loro sulle azioni da intraprendere nel prossimo futuro.

Per noi è molto importante fornire ai produttori agricoli il gasolio.

Ilya Doronov: Sì, il Ministero dell’Agricoltura ha già lanciato l’allarme.

Vladimir Putin: Sì. C’era una carenza fisica di gasolio. Ma ora è fisicamente disponibile, e il problema è la regolazione dei prezzi.

Prima c’erano diversi meccanismi. Nel 2009, quando ero a capo del Governo, è stata presa una decisione – un intero faldone – sulla nostra interazione con le compagnie di carburante e di energia, e tutto è stato definito nei dettagli.

Tra l’altro, questa risoluzione è ancora in vigore, ma non viene applicata. Vengono utilizzati altri strumenti, il cosiddetto ammortizzatore. Vi ho già detto che si tratta di trovare un equilibrio tra prezzi esterni e interni. Ma è stato dimezzato e ha perso la sua efficacia precedente.

Gli strumenti sono noti e gli accordi sono in vigore. Spero che questo faccia la differenza nella situazione attuale.

Ilya Doronov: Ho una domanda sulla Camera dei Conti: è senza capo dal novembre dello scorso anno. Qual è il motivo? Alexei Kudrin era così bravo che non riescono a trovare un sostituto? Se è così, perché lo hanno lasciato andare a Yandex?

Vladimir Putin: Prima di tutto, la Russia non ha un sistema di schiavi: se voleva andare a lavorare nel mondo degli affari, non potevamo costringerlo a restare. Anche se era davvero il più adatto per quel lavoro; era stato anche un buon ministro delle Finanze.

La Camera dei Conti sta lavorando ed è abbastanza efficace. Ha effettuato circa 1.000 audit. Non sono sicuro della cifra, ma credo che abbiano rivelato violazioni per 1.600 miliardi di rubli.

La Camera dei Conti ha un presidente ad interim, ma questo non influisce sulla qualità del suo lavoro. Credo che la questione del personale sarà risolta al momento opportuno, quando il Parlamento e il Governo selezioneranno i candidati adatti. Non è un problema che ostacola il lavoro dell’agenzia.

Ilya Doronov: Ho citato Yandex per un motivo. Recentemente, Arkady Volozh ha creato il suo sito web ufficiale, dove dice – cito testualmente – di essere “un imprenditore tecnologico israeliano nato in Kazakistan” che “ha co-fondato Yandex N.V., quotata al NASDAQ, una delle più grandi società internet in Europa”. Vi ricordo che Volozh è nato nel 1964, quando il Kazakistan faceva parte dell’Unione Sovietica, ma nella sua pagina biografica non c’è alcun riferimento all’Unione Sovietica.

Ci sono altri uomini d’affari che esprimono pubblicamente la loro opinione, compresa quella sull’operazione militare speciale.

Qual è, secondo lei, il limite da non superare? Una linea che anche coloro che hanno contribuito al valore della nazione come Yandex non dovrebbero oltrepassare?

Vladimir Putin: Non sta a me tracciare questa linea. Dovrebbe essere nella mente e nella coscienza di chi fa certe affermazioni.

Vorrei sottolineare che nella maggior parte dei casi le persone fanno queste dichiarazioni perché vogliono preservare i loro affari, preservare i loro beni, soprattutto se si sono trasferiti e hanno deciso di legare la loro vita a un altro Paese.

Lui vive in Israele e posso immaginare che, per vivere una vita buona e prospera lì e avere buoni rapporti con le autorità, debba fare certe dichiarazioni. È rimasto in silenzio per molto tempo prima di decidere di fare una dichiarazione. Dio gli conceda la salute e che possa vivere bene lì. Francamente, non siamo particolarmente infastiditi da ciò che ha detto.

Ma in generale, se una persona è cresciuta su questo suolo, ha ricevuto un’istruzione e ha avuto successo, dovrebbe avere un certo rispetto per il Paese che gli ha dato tutto. Non mi riferisco a Volozh – è una persona di talento che ha creato un’ottima azienda e ha selezionato un team – ma in generale.

Sì, si può immaginare che una persona non sia d’accordo con l’operato delle autorità attuali. Ha il diritto di esprimere le sue opinioni? Certamente. Ma qui ci sono alcuni punti fermi.

Possiamo schierarci con i nostri avversari geopolitici e stare al loro fianco, danneggiando così gli interessi del nostro Paese, oppure possiamo agire diversamente. Le sfumature sono molte. Le persone decidono da sole chi sono. Hanno un senso di identità nazionale? O preferisce imitare e sentirsi un’altra persona, non un russo nato nell’Unione Sovietica? Una persona fa le sue scelte.

Siate certi che i cittadini comuni della Russia, il nostro popolo, capiscono tutto perfettamente e non c’è modo di ingannare nessuno. Se qualcuno ha scelto un nuovo destino, che provi a farsi conoscere lì, a mettersi alla prova e a ottenere risultati. Perché chiunque sia, qualsiasi risultato abbia ottenuto, l’ha ottenuto qui e non è garantito che otterrà lo stesso risultato in un altro luogo. Questa è la loro scelta.

Ilya Doronov: Un’altra domanda sul tema dei nuovi destini: a luglio è stato pubblicato sulla rivista russa Voprosy Ekonomiki un articolo di un esperto indipendente di Glasgow. Glasgow è la Scozia.

Vladimir Putin: Ne sono consapevole.

Ilya Doronov: Lo dico per il pubblico. Non ho dubbi che lei ne sia a conoscenza.

L’articolo si intitola “I mancati pagamenti nell’economia russa degli anni Novanta: Un’istituzione imprevista”. Sapete chi l’ha scritto? Anatoly Chubais. In questo articolo viene presentato come un ricercatore britannico indipendente.

Ho una domanda: lei si fida dei ricercatori britannici?

Vladimir Putin: Sa, mi fido dei ricercatori indipendentemente dalla loro nazionalità. Se sono persone serie, ricercatori seri, non solo mi fido di loro, ma ammiro il loro lavoro, la loro vita e i risultati del loro lavoro, perché un vero scienziato è immerso nell’argomento su cui sta lavorando. Queste persone mettono tutta la loro vita nella causa a cui si dedicano, anche a costo della loro stessa vita. Gli esempi nel nostro Paese e all’estero abbondano.

Se si divertono, non sono certo scienziati, ma piuttosto quasi-scienziati che intrattengono il pubblico. Non è nemmeno una cosa negativa, lasciateli divertire. Anche se una scelta migliore sarebbe quella di andare al circo e assistere a uno spettacolo.

Il fatto che il signor Chubais si stia nascondendo per qualche motivo… Mi è stata mostrata una foto online in cui non è più Anatoly Borisovich Chubais, ma un certo Moshe Israelievich che vive da qualche parte… Non sono sicuro del motivo per cui lo sta facendo e del motivo per cui è scappato.

Vedete, potrebbe anche avere a che fare con il fatto che ci sono processi complessi in corso nell’industria delle nanotecnologie che lui ha diretto per molti anni. C’è un grosso buco lì, un enorme buco finanziario, davvero. Non vi dirò nemmeno le cifre, grandi cifre. Per fortuna, non ci sono casi penali o procedimenti giudiziari in corso. Forse è collegato a questo, e teme che alla fine si arrivi a un caso penale e per questo si è dato alla clandestinità in Israele. Francamente, non ho idea del perché l’abbia fatto.

Ilya Doronov: L’opinione di un uomo che ha lavorato a Dresda, giusto?

Vladimir Putin: Beh, è un’assurdità. Scrive anche… Non è uno sciocco. Non ho letto questo articolo, forse ha scritto qualcosa di utile. Ma, a quanto pare, ha fallito nel suo compito di capo di una grande azienda creata per sviluppare le nanotecnologie. Almeno dal punto di vista economico e finanziario ha fallito.

Ilya Doronov: La domanda riguarda la privatizzazione e, stranamente, la deprivazione. La nuova privatizzazione in Russia è un’idea ampiamente discussa, ma la deprivatizzazione – il processo con cui lo Stato si appropria dei beni – è oggi una preoccupazione molto più grande per le imprese. Se ne discute sia qui, a margine dell’EEF, sia a Mosca. Ci sono diversi precedenti.

Gli imprenditori dicono di non essere sicuri che alcune regole siano cambiate e di essere incerti sul futuro. La questione è critica. Come commenterebbe la questione?

Vladimir Putin: No, non è prevista alcuna privazione, non ci sarà alcuna privazione, posso dirlo con certezza.

L’ufficio del procuratore sta indagando su alcuni casi, su alcune aziende, ma è un’altra cosa: le forze dell’ordine sono autorizzate a indagare su ciò che accade nell’economia in casi specifici, ma questo non ha nulla a che fare con una politica di privatizzazione. Questo non accadrà, e Igor Krasnov [Procuratore generale] conosce il mio approccio. Signor Krasnov?

Ilya Doronov: Sì, è in questa sala e sta annuendo.

Vladimir Putin: Sta facendo cenno di saperlo.

Ilya Doronov: Quindi, le imprese possono essere sicure che nessuno renderà la loro vita un incubo, come lei ha detto più volte?

Vladimir Putin: Nessuno renderà la vita di nessuno un incubo, ma tutti devono rispettare le leggi della Federazione Russa. E se non lo fanno, devono essere pronti ad affrontare le indagini della Procura, del Comitato Investigativo e della Camera dei Conti su ciò che sta accadendo, anche nella sfera economica, ed esortare tutti a rispettare la legge russa. Ma nessuno sarà perseguito semplicemente per aver fatto affari.

Inoltre, vorrei sottolineare ancora una volta, soprattutto nelle condizioni attuali: in generale, le aziende russe si comportano in modo altamente responsabile – cercano di mantenere i loro team, di creare nuove catene logistiche e di essere attive. Certo, in molti casi le imprese hanno bisogno di una nuova classe, una classe giovane di imprenditori – anche questo è vero. Ma nessuno sta dicendo che abbiamo bisogno di una privazione o di una ridistribuzione. No, questo non succederà.

Ilya Doronov: Anche il capo dell’Unione russa degli industriali e degli imprenditori Alexander Shokhin è stato intervistato dalla RBC. L’intervista è stata rilasciata oggi. Cito: “Ci sono domande sui nuovi proprietari dei beni nazionalizzati. Se un bene diventa proprietà dello Stato, dove va a finire?”. Questa è una grande preoccupazione per le imprese.

Vladimir Putin: Se un bene diventa di proprietà dello Stato, viene sottoposto alle procedure previste dalla legge. Se il bene viene affidato alla gestione di agenzie statali, queste lo gestiscono in conformità alla legge, che prevede gare d’appalto pubbliche.

Ilya Doronov: Il prossimo tema è quello delle imprese e dell’iniziativa privata. Oggi, guarda caso, è la data – chiedo anche a voi di applaudire – in cui il 12 settembre 1959 l’Unione Sovietica ha lanciato la stazione interplanetaria Luna-2. È stato il primo veicolo della storia ad aver lanciato la stazione interplanetaria. Fu il primo veicolo della storia a raggiungere la superficie della Luna. Ringraziamo coloro che hanno costruito quella stazione.

E come sappiamo, Luna-25 non è riuscita nell’intento.

Quindi, la domanda è: non è forse giunto il momento di pensare di introdurre l’iniziativa privata anche nell’esplorazione spaziale? Elon Musk sta lanciando con successo veicoli spaziali. Non è turbato dal fatto che abbiamo iniziato a perdere la nostra posizione di leader nell’esplorazione spaziale?

Vladimir Putin: No. L’esplorazione spaziale è un’impresa complessa e responsabile, legata all’alta tecnologia. Qui non abbiamo solo esperienza pratica, ma anche competenze eccellenti.

Per quanto riguarda l’atterraggio in un sito dove nessuno è mai atterrato prima, sì, è un lavoro difficile, ovviamente, e sarà analizzato di conseguenza, e il lavoro continuerà. È un peccato, naturalmente, che l’allunaggio non abbia avuto luogo, ma questo non significa che intendiamo porre fine al programma. Continueremo a lavorarci. Non si sono verificati incidenti di questo tipo in altri Paesi, anche più gravi e con gravi conseguenze? Certo, si tratta sempre di affrontare l’incertezza. Quindi, non c’è nulla di strano in questo caso, anche se vorremmo che la prossima volta tutto riuscisse.

Ma continueremo questo lavoro e ne rafforzeremo alcune aree.

Per quanto riguarda gli affari privati, Elon Musk è certamente una persona eccezionale, va riconosciuto, credo che questo sia riconosciuto in tutto il mondo. È un uomo d’affari energico e di talento e sta realizzando molte cose, anche con il sostegno dello Stato americano. Da parte nostra, anche noi abbiamo intenzione di sviluppare questo settore. Roscosmos ha portato avanti progetti sostenuti dal governo per attirare investitori privati in questo settore di attività, e li stiamo già attirando con successo.

Ilya Doronov: È giunta notizia che lei visiterà il [cosmodromo] di Vostochny. Cosa dobbiamo aspettarci da questa visita?

Vladimir Putin: Ho un programma per la mia visita, e scoprirete tutto quando sarò lì.

Ilya Doronov: Bene, d’accordo.

Il problema della demografia riguarda sia la Russia che l’Estremo Oriente. Lei ha appena detto che 12 milioni di persone vivono al di là degli Urali. Ci sono statistiche ufficiali: secondo Rosstat, nell’ultimo anno la popolazione russa è diminuita di 555.000 persone.

Perché secondo lei, nonostante tutte le misure adottate dallo Stato, non riusciamo a invertire la situazione demografica?

Vladimir Putin: In generale, penso che si stia fallendo ovunque: se c’è una tendenza al ribasso, è molto difficile da superare. Questo è dovuto all’enorme numero di input che sono difficili da comprendere per i non addetti ai lavori.

Ciò è dovuto al tenore di vita e alle molte priorità che hanno le famiglie e le donne in età fertile e riproduttiva. Perché è necessaria un’istruzione, poi è necessario iniziare una carriera, quindi il primo figlio arriva a 30 anni, non c’è tempo per il secondo e così via. Ci sono molti fattori.

Per quanto riguarda la Russia, ne ho già parlato molte volte, gli esperti lo sanno: abbiamo avuto due grandi cali, che ci hanno dato un numero relativamente basso di persone in grado di riprodurre nuova prole: negli anni 1943-1944, quando c’è stato un forte calo del tasso di natalità, e nei primi anni ’90, purtroppo.

I primi anni ’90 sono anche il periodo in cui Anatoly Chubais e il suo team erano attivi. Possiamo ridere, ma hanno fatto molto per compiere passi verso una netta transizione verso l’economia di mercato in Russia. È difficile dire chi avrebbe potuto fare meglio e come. È sempre più facile criticare.

In ogni caso, hanno adottato misure dure, che hanno portato, tra l’altro, al collasso quasi totale del sistema sociale, all’impoverimento di massa e al forte calo del tasso di natalità: come durante la Grande Guerra Patriottica, nel 1943-1944.

Quindi, questi due grandi cali si susseguono a ondate, di volta in volta, e così ci troviamo di nuovo di fronte a questa insidia demografica dopo qualche anno – credo dopo 10 o 15 anni: le persone raggiungono l’età fertile, ma sempre meno per definizione, e ora ci troviamo in questa fase.

Tuttavia, molto è stato fatto per questo. C’è stato un momento in cui il nostro tasso di natalità è aumentato e ha raggiunto numeri positivi.

Ciò a cui dobbiamo prestare attenzione è l’aspettativa di vita, che in Russia sta crescendo. Nel 2021, l’aspettativa di vita media era di 71 anni, mentre ora è di oltre 73, credo addirittura di 73,6 anni. C’è stato un momento, credo a giugno, in cui ha superato di poco i 74 anni, se si calcola anno per anno.

In secondo luogo, è necessario, ovviamente, ridurre il tasso di mortalità e aumentare il tasso di natalità. C’è un altro modo: un afflusso migratorio. Quindi, dobbiamo lavorare su tutti i fattori.

Lei ha accennato al fatto che stiamo attuando tutta una serie di misure a sostegno delle famiglie con bambini, della maternità e dell’infanzia; non mi dilungherò ora, perché si tratta di un’intera grande raccolta. Abbiamo introdotto il capitale di maternità, che stiamo aumentando; abbiamo introdotto il capitale di maternità per il primo figlio, e così via. Dobbiamo intensificare queste misure e lavorare nel settore sanitario per sostenere la maternità e l’infanzia. Faremo tutto questo.

Solo di recente abbiamo registrato una crescita naturale della popolazione. Purtroppo non siamo riusciti a mantenere questa tendenza. Dobbiamo lavorare sodo in tutti i settori, compreso, tra l’altro, quello dell’informazione, aumentando il prestigio della maternità e della paternità con il sostegno dell’opinione pubblica e dei media, per…

Ilya Doronov: Per ispirare.

Vladimir Putin: Ispirare le persone ad avere una buona famiglia sana, promuovere i valori tradizionali, compresi quelli religiosi. Si tratta di una serie di azioni. Ci lavoreremo, ma questo deve essere fatto dall’intera società.

Ilya Doronov: Ho una nonna di 96 anni che era la decima figlia della famiglia. Oggi non si vedono praticamente più famiglie di questo tipo.

Vladimir Putin: Perché, esistono. Cerchiamo di sostenere le famiglie numerose, dove ci sono dieci o più figli.

Ilya Doronov: Una domanda che va oltre il tema della demografia.

I demografi della Scuola Superiore di Economia hanno calcolato che per mantenere la popolazione russa a 146 milioni di persone, ogni anno per 80 anni dovranno entrare 390.000 migranti. Nello scenario negativo, saranno necessari 1,1 milioni di migranti all’anno.

Non riuscite a vedere il pericolo che c’è in tutto questo? Non diventeremo come alcune zone degli Stati Uniti o del Belgio? Ad esempio, ad Anversa sta accadendo qualcosa con i migranti e la polizia non può entrare nell’area.

Vladimir Putin: Sì, certo, dobbiamo tenerlo presente e non permettere in nessun caso che ciò accada in Russia. Questo è un momento molto delicato nella vita dello Stato russo. L’economia, ovviamente, richiede l’impiego di lavoratori immigrati in alcuni settori, soprattutto in quello delle costruzioni. Credo che lì lavori il 33% di tutti gli immigrati.

In generale, non abbiamo così tanti migranti che lavorano nel mercato del lavoro: solo il 3,7% del numero totale di lavoratori. Si tratta di una questione molto delicata, legata all’economia, alla sfera sociale e alla condizione morale della società.

Tra l’altro, per noi è più facile che per i Paesi europei o gli Stati Uniti, perché abbiamo un afflusso di lavoratori dalle ex repubbliche sovietiche. Per noi è più facile lavorare con loro; i leader di questi Paesi comprendono la situazione e sono pronti a collaborare.

Stiamo offrendo programmi di formazione pre-immigrazione con molti Paesi. A cosa servono? Aiutano le persone che intendono lavorare in Russia a imparare la lingua russa e le leggi della Federazione Russa. Abbiamo bisogno che queste persone capiscano che se si trasferiscono in un altro Paese devono rispettare le nostre tradizioni, la nostra cultura e così via. C’è molto lavoro da fare. Dobbiamo continuare a lavorare con loro.

Tra l’altro, questo è importante anche per i nostri cittadini, i cittadini della Federazione Russa, affinché gli immigrati non rappresentino un fattore di disturbo per loro. Questa è la nostra priorità. Dobbiamo certamente pensare prima agli interessi dei cittadini russi.

Quindi, se accettiamo gli immigrati, dobbiamo certamente scegliere quelli che contribuiranno a migliorare lo sviluppo economico della Russia.

C’è un’altra alternativa, semplice e complicata allo stesso tempo. La parte semplice è che potremmo non aver bisogno di una forza lavoro così grande di immigrati se introduciamo una nuova tecnologia che elimina molta manodopera.

Questo ci porta a risolvere un altro problema: lo sviluppo della tecnologia, l’aggiornamento delle strutture e delle attrezzature e così via. Questa è la parte difficile, perché non si può fare da un giorno all’altro. Richiede investimenti consistenti, azioni sicure e duro lavoro. Ci sono molti modi per affrontare questo difficile problema: dobbiamo solo lavorarci. E lo faremo.

Ilya Doronov: Ora farò una domanda che diventa ogni giorno più rilevante e pressante.

Inizierò con le elezioni regionali che si sono appena concluse. Diverse regioni del Distretto Federale dell’Estremo Oriente hanno votato nel giorno delle elezioni nazionali – di fatto, quest’anno i russi hanno potuto votare nell’arco di tre giorni. Congratuliamoci con i candidati vincitori.

Tre anni fa, quando le è stato chiesto se avrebbe cercato la rielezione, ha risposto che non aveva ancora deciso. Ora mancano sei mesi alla campagna presidenziale. È ancora indeciso se candidarsi?

Vladimir Putin: La legge dice che il Parlamento deve designare le prossime elezioni alla fine dell’anno. Quando la decisione sarà presa, le elezioni saranno annunciate, la data sarà stabilita e poi ne parleremo.

Ilya Doronov: Ok, allora possiamo chiederle.

Ho una domanda sulle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Quali sono le sue aspettative in merito? Si svolgeranno l’anno prossimo e stanno accadendo cose strane; sappiamo che Trump potrebbe essere arrestato in qualsiasi momento.

Vladimir Putin: Perché dovremmo preoccuparci? Credo che non ci saranno cambiamenti fondamentali nella politica estera degli Stati Uniti nei confronti della Russia, indipendentemente da chi diventerà Presidente.

È vero che sentiamo il signor Trump dire che può risolvere molti problemi gravi, tra cui la crisi ucraina, in pochi giorni. Beh, c’è di che essere contenti. Sarebbe un bene. Ma, nel grande schema delle cose, noi… tra l’altro, nonostante le accuse di avere legami speciali con la Russia, che sono un’assurdità assoluta, ha imposto il maggior numero di sanzioni alla Russia durante la sua presidenza. Quindi, è difficile dire cosa aspettarsi da un nuovo Presidente, chiunque esso sia. È improbabile, tuttavia, che si verifichi un cambiamento cruciale, perché le autorità attuali hanno condizionato la società americana a essere anti-Russia per natura e spirito; le cose stanno così. L’hanno fatto e ora sarà molto difficile per loro invertire la rotta. Questo è il primo punto.

In secondo luogo, considerano la Russia come un avversario esistenziale e costante o addirittura un nemico e impiantano questa idea nella testa degli americani comuni. Questo non è positivo perché favorisce l’ostilità. Ciononostante, in America ci sono molte persone che desiderano costruire relazioni commerciali buone e amichevoli con noi e, inoltre, condividono molte delle nostre posizioni, soprattutto dal punto di vista della conservazione dei valori tradizionali. Abbiamo molti amici e persone che la pensano come noi. Ma, ovviamente, vengono soppressi.

Non abbiamo quindi modo di sapere chi sarà eletto, ma chiunque sia, è improbabile che la politica antirussa degli Stati Uniti cambi.

Per quanto riguarda la persecuzione di Trump, beh, nelle condizioni attuali, a mio avviso, è una buona cosa.

Ilya Doronov: Perché?

Vladimir Putin: Perché rivela il marcio sistema politico americano, che non dovrebbe pretendere di insegnare agli altri la democrazia.

Tutto ciò che sta accadendo a Trump è la persecuzione politica di un rivale politico. Ecco cos’è. E sta avvenendo sotto gli occhi dell’opinione pubblica statunitense e del mondo intero. Hanno esposto i loro problemi interni. In questo senso, se stanno cercando di combatterci, è un bene perché mostra, come si diceva in epoca sovietica, l’aspetto bestiale dell’imperialismo americano, la sua smorfia bestiale e ringhiosa.

Ilya Doronov: Sì, me lo ricordo.

Visto che ha sollevato questo argomento, mi permetta di condividere con lei un’altra citazione, ma questa volta non le dirò a chi appartiene, e lo faccio di proposito. “Quando si studia la storia e la cultura della Cina, o della Thailandia, o di un qualsiasi Paese africano, si ritiene essenziale provare un certo rispetto per i tratti distintivi di quella cultura. Ma quando si parla dei mille anni di cristianesimo orientale in Russia, i ricercatori occidentali provano per lo più solo stupore e disprezzo: perché mai questo strano mondo, un intero continente, si è ostinato a rifiutare la visione occidentale delle cose? Perché si è rifiutato di seguire il percorso manifestamente superiore della società occidentale? La Russia è categoricamente condannata per ogni caratteristica che la distingue dall’Occidente”.

Lei ha appena parlato di un nemico esistenziale. Questa citazione, tra l’altro, appartiene a Solzhenitsyn, che ha lasciato il Paese, ha vissuto in Occidente e poi è tornato.

Da dove deriva, secondo lei, questo atteggiamento nei nostri confronti?

Vladimir Putin: Innanzitutto, vorrei dire che le conversazioni che ho avuto con Alexander Solzhenitsyn mi hanno convinto che era onesto e sincero nei suoi sentimenti patriottici verso la Russia. In un certo senso, era un nazionalista, ma nel senso positivo e civile del termine. Per questo motivo, non mi sorprende che questa citazione gli appartenga. Questo è il mio primo punto.

In secondo luogo, tutto ciò che riguarda le relazioni della Russia con l’Occidente ruota attorno agli interessi geopolitici dei Paesi occidentali. Questo vale per tutti questi attacchi, anche in ambito spirituale: sono tutti un’estensione di questo confronto geopolitico. Naturalmente, l’Occidente ha cercato a lungo di convertire la Russia al cattolicesimo e di portarla sotto il dominio della Santa Sede. E quando ciò è fallito, si è cominciato a cercare il modo di presentare il nostro Paese come l’Impero del Male. È stato Reagan a coniare questa frase, ma in realtà lo vediamo fin dal Medioevo, o forse anche prima.

Ogni volta che la Russia ha alzato la testa ed è emersa come un vero concorrente geopolitico, e sto parlando di concorrenza e nient’altro, la Russia si è immediatamente scontrata con le politiche di contenimento di qualcuno. Allo stesso modo, l’Occidente sta cercando di contenere la Cina nel suo sviluppo, visto che sotto la guida del Partito Comunista Cinese e con il nostro amico Presidente della Repubblica Popolare Cinese al timone, il Paese ha fatto grandi passi avanti nel suo sviluppo. Per loro questo è uno shock e stanno facendo di tutto per rallentare lo sviluppo della Cina. Ma non sono stati in grado di farlo, sono in ritardo. È un’occasione persa per loro, ed è già troppo tardi. Questo è un processo oggettivo.

Non si tratta solo della Cina. C’è anche l’India e l’Indonesia. Emergeranno nuovi centri di potere e nel tentativo di contenere questi processi alcuni Paesi occidentali, guidati dagli Stati Uniti, non faranno altro che farsi del male.

Ilya Doronov: Possiamo chiederle di condividere con noi un segreto?

Ricorda la visita di Xi Jinping…

Vladimir Putin: Non condivido mai informazioni segrete. Come potete pensare il contrario? Dopotutto, lavoravo per il KGB.

Ilya Doronov: Capisco. In questo caso, se possibile, può condividere con noi un’intuizione.

Xi Jinping ha visitato la Russia, e ricordiamo il video in cui lo avete visto partire, e ha detto: abbiamo avviato un cambiamento che non si vedeva da 100 anni. Cosa intendeva dire?

Vladimir Putin: Sa, ci siamo parlati a tu per tu per quattro ore. C’erano così tante sfumature e dettagli.

Posso solo dire che negli ultimi anni abbiamo raggiunto un livello senza precedenti nelle nostre relazioni. Questo vale per le nostre interazioni in tutti i loro aspetti.

Oggi abbiamo avuto un incontro con la delegazione cinese. Rispetto alle nostre statistiche, quelle cinesi mostrano un volume di scambi commerciali ancora maggiore tra i nostri Paesi. Abbiamo tutte le possibilità di raggiungere forse i 200 miliardi di dollari di scambi commerciali quest’anno, anche se non posso essere sicuro che ci riusciremo perché dipende da vari fattori mutevoli come le fluttuazioni dei prezzi o i tassi di cambio delle valute, quindi dovremo aspettare e vedere come influiscono. Ma ciò che conta è che siamo proattivi nel promuovere la nostra cooperazione, piuttosto che le cifre specifiche.

In effetti, abbiamo raggiunto un livello notevole nelle nostre relazioni sulle questioni di sicurezza internazionale e in termini di coordinamento delle nostre posizioni. Agiamo nel reciproco interesse e cerchiamo di ascoltarci su molte questioni importanti. Ciò significa sia ascoltare e sentire, sia rispondere a livello governativo, a livello di capi di Stato, a livello ministeriale, nonché nei contatti tra le agenzie e le istituzioni militari e di sicurezza. Abbiamo migliorato la nostra cooperazione e raggiunto livelli senza precedenti in questo senso.

Ma c’è un fatto interessante: non stiamo creando alcuna alleanza militare o cercando di usare la nostra amicizia contro qualcuno. La nostra amicizia è pensata per servire il nostro popolo. Questo è il modo in cui possiamo andare avanti.

Ilya Doronov: Tutto sembra perfetto per quanto riguarda le nostre relazioni con la Cina, ma ci sono anche dei problemi. Ho parlato con i dirigenti d’azienda e cosa mi hanno detto? Per esempio, la Cina non ha fretta di portare la sua produzione in Russia e cerca soprattutto di esportare qui più prodotti finiti. E non possiamo dire che il mercato interno cinese sia completamente aperto ai nostri prodotti non di base. Inoltre, non vediamo molta voglia da parte degli investitori cinesi di utilizzare gli strumenti offerti dal mercato azionario russo.

Qual è il problema?

Vladimir Putin: La Cina è un Paese indipendente e dà priorità ai propri interessi. Lo stesso vale per la Russia, che persegue i propri interessi.

Sarebbe sbagliato sostenere che non rispondiamo alle richieste dell’altro. Permettetemi di citare una questione delicata che riguarda l’apertura del mercato cinese alle nostre compagnie carbonifere e minerarie. Anche la Cina deve affrontare alcune sfide nell’industria del carbone e vuole che i suoi minatori forniscano i loro prodotti al mercato interno, ma ha comunque aperto il suo mercato ai nostri produttori di carbone, e questo è stato uno sforzo notevole. In effetti, non abbiamo ancora raggiunto un accordo sulla carne di maiale, ma loro hanno i loro contratti e il governo è stato riluttante a interferire in questi affari, dato che queste aziende hanno legami di lunga data. Dobbiamo risolvere il problema della peste suina africana. Dobbiamo affrontare queste sfide? Sì, le affrontiamo. E dobbiamo affrontarle.

Sono tutte questioni attuali e in corso, e dobbiamo affrontarle al livello corrispondente. Stiamo facendo progressi su tutti questi fronti e non ho dubbi che riusciremo a risolvere le questioni da lei citate.

Tuttavia, dobbiamo fare la nostra parte e dimostrare i vantaggi che abbiamo da offrire. I nostri partner cinesi si sono dimostrati piuttosto ricettivi nei confronti delle nostre iniziative. Lei ha detto che si astengono dall’avviare attività produttive in Russia, ma non lo hanno fatto anche a Tula?

Ilya Doronov: Uno stabilimento automobilistico.

Vladimir Putin: Una fabbrica di automobili. Come fa a dire che non aprono impianti di produzione qui? In effetti lo fanno.

Ma devono esplorare il mercato, valutare l’investimento che sono disposti a offrire e i potenziali ritorni, giusto? Ciò significa che dobbiamo affrontare alcune questioni da parte nostra per offrire agli investitori condizioni favorevoli.

Siamo stati abbastanza bravi nell’alta tecnologia, e il progetto di costruire centrali nucleari in Cina va avanti, e in effetti ce ne sono parecchie. Naturalmente, la Russia è un fornitore leader in questo settore con prestazioni eccellenti, sia a livello nazionale che internazionale. I nostri partner cinesi lo riconoscono e ci offrono questi progetti e ci permettono di utilizzare questi siti, nonostante il fatto che anche loro stiano sviluppando il loro settore nucleare. Tuttavia, sono stati disposti a venirci incontro perché le nostre proposte presentano vantaggi competitivi.

Per esempio, dobbiamo trovare un terreno comune sul progetto degli aerei a fusoliera larga. Si tratta di un compito impegnativo, ma stiamo facendo progressi, anche se i colloqui vanno avanti da tempo, ma dobbiamo comunque ottenere risultati. Per fare un altro esempio, nella produzione di elicotteri abbiamo un chiaro vantaggio competitivo sul mercato internazionale, ma questo non ci ha impedito di lavorare con la Cina. Produrremo elicotteri per il trasporto pesante – c’è un accordo anche in questo senso. Abbiamo lavorato insieme nel settore spaziale e, nonostante alcune sfide, anche in questo caso abbiamo dei vantaggi competitivi. Sono abbastanza disposti a lavorare con noi.

Ancora una volta, dobbiamo riconoscere che la Repubblica Popolare Cinese ha raggiunto molti risultati nell’alta tecnologia sotto la guida del suo attuale leader. È nostro dovere parlarne con loro, e questo lavoro è in corso. Dobbiamo capire in che modo possono trarre vantaggio dalla collaborazione con noi, per offrire loro condizioni favorevoli. È una normale prassi commerciale. Il fatto che poggi su una solida base di fiducia reciproca non può essere sottovalutato. Sono certo che andremo avanti.

Ilya Doronov: Lei ha parlato di alta tecnologia. Probabilmente non sa che i cinesi hanno sconvolto gli Stati Uniti quando hanno prodotto da soli un chip a 7 nanometri e lo hanno utilizzato nei loro nuovi smartphone.

Vladimir Putin: Non è questo che ha spaventato gli americani. Gli Stati Uniti hanno paura della Cina perché qui vivono 1,5 miliardi di persone e questa economia sta facendo passi da gigante nel suo sviluppo. È questo che spaventa gli Stati Uniti. È una sfida per gli Stati Uniti, questo è certo. Anche i chip sono importanti, naturalmente, ma sono solo una parte della storia.

Ilya Doronov: Bene.

Alcune domande sulla questione di Solzhenitsyn.

A luglio, il corrispondente speciale del quotidiano Kommersant, Andrei Kolesnikov, che domani scriverà su Kommersant un bellissimo articolo su questa sessione plenaria che leggeremo, ha parlato con lei e ha fatto dei paralleli tra oggi e il 1937. Lei ha risposto dicendo che oggi siamo nel 2023.

Non sono d’accordo con Andrei in questo senso; quello che mi viene in mente è il 1922, il “piroscafo dei filosofi”, in realtà ce n’erano più di uno, e le persone venivano mandate fuori dal Paese non solo sui piroscafi; i bolscevichi facevano lasciare il Paese sovietico.

Oggi i dissidenti se ne vanno di loro spontanea volontà e nessuno li obbliga a farlo, ma il Paese sta nuovamente perdendo persone di talento. Come pensa che questa perdita influirà sulla Russia?

Vladimir Putin: Sa, ogni persona fa la sua scelta, e ne abbiamo già parlato. Secondo varie stime condotte da giornalisti, circa 160-170 personalità della cultura hanno lasciato l’estero perché in disaccordo con le politiche dello Stato russo.

Si può essere in disaccordo con le politiche dello Stato russo e continuare a stare qui e a parlarne; nessuno lo vieta. Ma alcuni hanno scelto di andarsene. Questo non è solo legato alla posizione delle persone del mondo dell’arte che non sono d’accordo con l’operato della leadership russa, ma ha anche a che fare con considerazioni materiali.

Negli ultimi anni, molti hanno comprato case o appartamenti all’estero e hanno aperto conti bancari lì. Vogliono tenerseli stretti, hanno paura di perderli. Questa è una delle ragioni, e non dico che sia l’unica. Partono per preservare i loro beni. Sono tenuti – è risaputo – a rilasciare dichiarazioni, a criticare e a denunciare. Quindi, criticano e denunciano.

Per ribadire che ci sono persone che sono sinceramente in disaccordo con ciò che lo Stato russo e le autorità russe stanno facendo. Ma, ripeto, nessuno impedisce loro di criticare mentre sono qui, eppure hanno scelto di andarsene. Così sia, è una loro scelta.

La cultura russa ne ha risentito? Probabilmente sì. Se se n’è andata una persona di talento che avrebbe potuto fare qualcosa qui, probabilmente abbiamo perso qualcosa.

D’altra parte, francamente, forse è meglio che servano gli interessi del Paese che vogliono servire all’estero, piuttosto che qui, dove influenzerebbero milioni di nostri cittadini e promuoverebbero valori non tradizionali. È una questione complessa, ma alla fine ognuno è padrone del proprio destino. Se hanno deciso di andarsene, così sia.

Per fortuna qui tutto funziona, compresi i teatri, le sale da concerto e le sedi espositive. Molti artisti si recano nella zona di operazioni militari speciali per sostenere i nostri eroi in prima linea. Hanno fatto questa scelta. E senza dubbio stanno facendo tutto nell’interesse del popolo russo.

Ilya Doronov: Molto probabilmente, domani o oggi, i membri della nuova ondata di emigrazione guarderanno o leggeranno di questa sessione plenaria sui media occidentali. È importante che sappiano: la strada del ritorno in Russia è aperta per tutti loro, oppure no?

Vladimir Putin: Nessuno l’ha chiusa; ci sono andati da soli. Chi ha detto loro di non tornare? Non possiamo farlo. Di cosa stiamo parlando? La questione è che, secondo la legge russa, un cittadino russo può vivere dove vuole, ma nessuno può revocargli la cittadinanza o negargli l’ingresso nella Federazione Russa.

Ilya Doronov: Ho un’altra domanda.

Riguarda la cosiddetta trasformazione della pena. Ci ricordiamo, o meglio, ne abbiamo letto, che nella Russia zarista c’erano i trasporti penali (esilio) e i katorga (lavori forzati); poi nell’Unione Sovietica c’è stato il Terrore Rosso, le rappresaglie e poi gli ospedali psichiatrici. E ora, nella Russia moderna, abbiamo gli agenti stranieri.

Facendo i conti, ho scoperto che nel nostro Paese il numero di persone e organizzazioni che portano questa denominazione ha superato le 400 unità. Ogni venerdì si aggiungono nuovi nomi e nuovi volti all’elenco.

Non credete che stiamo tirando dentro tutti quelli che ci ostacolano? C’è un meccanismo in atto? Ok, qualcuno è diventato un agente straniero, ma come può smettere di esserlo? Cosa devono fare?

Vladimir Putin: Non stiamo tirando dentro nessuno. Chi stiamo tirando dentro? Questa legge è in vigore negli Stati Uniti dal 1937 o 1938. La nostra legge è quasi una copia, solo che è molto più liberale, e continuiamo a parlarne. Negli Stati Uniti, la legge prevede l’azione penale e la reclusione per determinate azioni.

Chi è un agente straniero in Russia? È una persona che si impegna in attività pubbliche per denaro di uno Stato straniero. E questa legge non vieta loro di continuare a svolgere questa attività, ma impone solo di rivelare le fonti di finanziamento. Sappiamo bene che chi paga il pifferaio chiama la musica. Se sono pagati qui, all’interno del Paese, per svolgere attività pubbliche, dovrebbero almeno mostrare la fonte dei loro finanziamenti. Non c’è nulla di strano in questo.

Tuttavia, ci sono molte sfumature e gli attivisti per i diritti umani me le hanno ripetutamente segnalate. Alcune persone che non sono realmente coinvolte in attività pubbliche, ma che si impegnano nel lavoro ambientale e in altre cose, si ritrovano in questa legge. Sì, la stiamo modificando. Continuo a chiedere alle forze dell’ordine, alla procura e agli organi investigativi di proporre modi per migliorare questa procedura.

Ma se mi sta chiedendo se è possibile revocare questo status, sì, è possibile, e ci sono stati dei precedenti attraverso le sentenze dei tribunali.

Ilya Doronov: Ho una domanda relativa all’Ucraina.

Il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha recentemente visitato l’Ucraina e poi ha rilasciato un’intervista alla ABC, in cui ha affermato che l’Ucraina è pronta a colloqui con la Russia, aggiungendo che i termini e i futuri confini dipenderanno dall’opinione dell’Ucraina. Tuttavia, ha anche affermato che i colloqui di pace non sono attualmente un’opzione, poiché, cito testualmente, “Bisogna essere in due per ballare il tango”, sottintendendo che la Russia non è disposta a impegnarsi in questi colloqui. Ho due domande. Può commentare questo fatto? E secondo, secondo lei, cosa c’è dietro la posizione del Segretario di Stato americano? L’ha sentita dire a Sochi che la controffensiva è fallita ed è ora di iniziare a parlare?

E la terza domanda: perché il Segretario di Stato americano fa queste dichiarazioni a nome dell’Ucraina?

Vladimir Putin: Dovreste chiedergli perché fa dichiarazioni a nome dell’Ucraina; non ho modo di saperlo.

Per quanto riguarda il processo negoziale: se gli Stati Uniti ritengono che l’Ucraina sia pronta a parlare, allora comincino a revocare l’ordine esecutivo del Presidente ucraino che vieta i colloqui. Esiste un ordine esecutivo presidenziale in cui egli vieta a se stesso e a chiunque altro di tenere colloqui. Blinken dice di essere pronto. Bene, che inizino cancellando questo decreto o ordine esecutivo, o come lo chiamano; questo sarebbe il primo passo.

Ora, per quanto riguarda la situazione generale. Molte persone, me compreso, lo capiscono: L’Ucraina sta conducendo quella che chiamano una controffensiva. Non ci sono risultati, ovviamente. Evitiamo di definirla un fallimento o meno. Non ci sono risultati. Ci sono state perdite significative. Dall’inizio della controffensiva, hanno perso 71.500 uomini. E vogliono ottenere risultati ad ogni costo, come si suol dire. A volte sembra che non siano nemmeno i loro uomini quelli che stanno lanciando in questa controffensiva; è come se non fossero i loro uomini. Francamente… questo è ciò che mi dicono i comandanti in prima linea. È incredibile.

Ilya Doronov: Parla con loro al telefono?

Vladimir Putin: Sempre.

Hanno subito perdite significative, tra cui 543 carri armati e quasi 18.000 veicoli blindati di varie classi, e così via. Sembra quindi che vogliano, come dicono i loro curatori occidentali, azzannare quanto più territorio possibile, scusate il linguaggio. E poi, quando tutte le risorse, sia di personale che di equipaggiamento e munizioni, saranno prossime allo zero, cercheranno di fermare le ostilità, dicendo di volere i negoziati da molto tempo ormai, ma useranno questi colloqui solo per guadagnare tempo e per rifornirsi di risorse e ripristinare le capacità di combattimento delle loro forze armate.

Questa tattica è possibile. In ogni caso, è una possibilità. Ancora una volta, se c’è un sincero desiderio di ottenere qualcosa attraverso i colloqui, allora che lo facciano. Ma perché Blinken dice questo?! Lasciamo che siano gli ucraini stessi a dire che stanno revocando l’ordine esecutivo che ho citato e a dirlo.

Hanno dichiarato pubblicamente che non si impegneranno in colloqui. Ora lasciamo che dichiarino pubblicamente di volerlo fare. Non vedo nulla che possa danneggiare la loro immagine.

Ilya Doronov: Quale potrebbe essere il primo passo da parte loro, dopo il quale saremmo pronti ad avviare i negoziati?

Vladimir Putin: Ascoltate, da tutte le parti le persone con cui comunichiamo, che vorrebbero agire come intermediari, ci chiedono: siete pronti per un cessate il fuoco? Come possiamo cessare le ostilità se l’altra parte sta conducendo una controffensiva? Cosa dovremmo fare? Loro continueranno la loro controffensiva e noi diremo che ci fermiamo? Non siamo dei trotzkisti che dicevano che il movimento è tutto e l’obiettivo finale è niente. È una teoria sbagliata.

Ilya Doronov: Quindi, significa che prima Kiev dovrebbe fermare le ostilità, dimostrarlo, e poi saremmo pronti a parlare?

Vladimir Putin: Ascoltate, vi ho già detto che per prima cosa dovrebbero revocare l’ordine esecutivo che vieta i colloqui e annunciare di volersi impegnare in negoziati, e questo è tutto. Poi vedremo cosa succederà.

Ilya Doronov: Chiederò delle forniture di armi e poi farò una domanda al Vicepresidente perché è un argomento delicato anche per lei; ne ha parlato brevemente. È stata presa la decisione di inviare proiettili all’uranio impoverito. Ora si dice che l’Ucraina potrebbe ricevere anche missili a lungo raggio, con una gittata fino a 300 chilometri.

Innanzitutto, come pensa che questo possa influenzare la situazione sul fronte? E in secondo luogo, come risponderemo a questa eventualità?

Vladimir Putin: Ne abbiamo già parlato, ma devo ripeterlo. Non molto tempo fa, l’amministrazione statunitense considerava l’uso delle munizioni a grappolo un crimine di guerra, lo ha detto pubblicamente. Ora stanno inviando munizioni a grappolo nell’area di combattimento in Ucraina.

Ilya Doronov: Tuttavia, dicono che né gli Stati Uniti né noi abbiamo firmato un trattato che le vieta.

Vladimir Putin: Ora sto parlando di una questione diversa. Hanno annunciato pubblicamente che si tratta di un crimine, ma lo fanno lo stesso. In generale, non si preoccupano di ciò che la gente pensa di loro; fanno sempre tutto solo nel loro interesse. Hanno fatto delle stime e, poiché le munizioni da 155 mm si stanno esaurendo ed è difficile produrle in Europa o negli Stati Uniti, stanno fornendo ciò che hanno nei loro arsenali. Beh, hanno le bombe a grappolo, quindi ci sono. Lo stesso vale per l’uranio impoverito. Usarlo è un crimine, hanno detto, non io, hanno detto che è un crimine. Ma ora lo stanno facendo lo stesso.

Non c’è niente che funzioni. Naturalmente, ci sta costando un pedaggio. Lo stesso vale per l’uranio impoverito. Contamina il terreno. È un male? È molto grave.

Ilya Doronov: A proposito, il capo dell’AIEA [Rafael Mariano] Grossi ha detto: “No, non succederà nulla del genere”.

Vladimir Putin: Sappiamo di cosa si tratta. Il terreno sarà comunque contaminato.

E che dire? Ha modificato la situazione? Gli inglesi inviano queste granate da molto tempo. È cambiato qualcosa sul campo di battaglia? No. Ora stanno per mandare gli F-16. Cambierà qualcosa? No. Sta solo prolungando il conflitto.

Il loro processo elettorale inizia a novembre e hanno bisogno di mostrare qualche risultato ad ogni costo. Stanno spingendo l’Ucraina a continuare le ostilità, indipendentemente da ciò che dicono pubblicamente, perché non si preoccupano degli ucraini. Sorprendentemente, nemmeno l’attuale leadership ucraina sembra preoccuparsi del proprio popolo; lo getta come legna da ardere in una stufa, semplicemente.

Cambierà qualcosa? Io penso di no. Sono sicuro che non cambierà. Trascinerà il conflitto? Sì, lo farà.

Ma ciò che ci preoccupa è il fatto che non hanno freni. Permettetemi di raccontare una storia.

Non molto tempo fa, sul nostro territorio, il Servizio di Sicurezza Federale, durante uno scontro armato, ha eliminato diverse truppe e catturato le altre. Si è scoperto che si trattava di un gruppo di sabotatori dei servizi speciali ucraini. Sono in corso gli interrogatori. Quali erano i loro obiettivi? La loro missione era danneggiare una delle nostre centrali nucleari, facendo saltare una linea elettrica, una linea di trasmissione ad alta tensione, con l’obiettivo di interrompere il funzionamento della centrale. Non era il loro primo tentativo in questo senso. Durante l’interrogatorio, hanno detto di essere stati addestrati da istruttori britannici. Si rendono conto di cosa stanno giocando? Stanno cercando di provocarci per indurci a intraprendere azioni di ritorsione contro gli impianti nucleari ucraini?

Il governo britannico e il Primo Ministro sanno cosa stanno facendo le loro agenzie di intelligence in Ucraina, o sono all’oscuro di tutto? Prendo addirittura in considerazione la possibilità che le agenzie di intelligence britanniche agiscano sotto le istruzioni degli americani, e sappiamo chi è il beneficiario finale. Capiscono con cosa hanno a che fare o no? Credo che stiano semplicemente sottovalutando la situazione.

Ilya Doronov: Non hanno vissuto Chernobyl.

Vladimir Putin: Sapete che sono consapevole che una volta detto questo, inizieranno a gridare che si tratta di un’altra minaccia, di un ricatto nucleare e così via. Vi assicuro che quello che ho appena detto è la verità completa e non adulterata.

Questi individui sono sotto la nostra custodia e stanno collaborando. Conosco la probabile reazione: “Diranno tutto quello che volete sotto la minaccia delle armi”. No, non è così e i vertici delle agenzie di intelligence britanniche sanno che sto dicendo la verità. Ma non sono sicuro che i leader britannici capiscano veramente cosa sta succedendo.

Queste cose ci preoccupano molto perché non sanno dove fermarsi e questo potrebbe portare a gravi conseguenze.

Ilya Doronov: Ma sappiamo che non prenderemo di mira le infrastrutture nucleari.

Vladimir Putin: Le ho detto che potrebbero provocarci a intraprendere tali azioni.

Ilya Doronov: Signora Vicepresidente, una domanda per lei. Lei ha menzionato la questione delle munizioni a grappolo. Se non ricordo male, la guerra in Vietnam è finita nel 1975. Quanto hanno influito i bombardamenti in Laos sulla vita dei civili, e continuano a influire sulla loro vita ancora oggi?

Pany Yathotou (ritradotto): Per quanto riguarda le munizioni a grappolo e le granate inesplose, queste vestigia della guerra, credo che il numero rimanente sia ancora molto elevato. Non le abbiamo ancora disarmate tutte. Naturalmente, queste munizioni inesplose ci creano seri problemi. Riceviamo assistenza umanitaria e tecnica dalla Russia e dalle organizzazioni internazionali, ma finora non siamo riusciti a bonificare il nostro territorio.

Le conseguenze più devastanti per la nostra popolazione sono varie ferite e, ovviamente, molte vite sono andate perse. Per questo motivo, nella Repubblica Democratica Popolare del Laos ci sono molti orfani i cui genitori sono stati uccisi da munizioni inesplose.

Inoltre, queste munizioni stanno ostacolando lo sviluppo della nostra agricoltura perché molti terreni agricoli sono stati gravemente danneggiati dalle munizioni a grappolo. A questo proposito, il governo del Laos sta lavorando duramente per affrontare questa sfida umanitaria, in particolare in collaborazione con la Russia e le organizzazioni internazionali.

Ilya Doronov: Il governo del Laos può dire quanti anni ci vorranno ancora per smantellare completamente il Paese?

Pany Yathotou (ritradotto): La guerra in Laos è durata oltre 30 anni. È stata una delle guerre più lunghe della storia.

L’uso di munizioni a grappolo faceva parte delle tattiche utilizzate in quella guerra. Non possiamo dire quanti anni ancora ci vorranno per disinnescare le vestigia inesplose della guerra. Non c’è dubbio che il governo laotiano continuerà a lavorare in stretta collaborazione con i Paesi amici e le organizzazioni internazionali per risolvere la questione il prima possibile.

Ilya Doronov: Grazie.

Vuole fare un commento?

Vladimir Putin: No. Vorrei solo aggiungere che noi – i nostri esperti – non solo aiutiamo a disinnescare le mine, ma stiamo anche formando il personale locale. Abbiamo già formato 150 professionisti locali dello sminamento.

Ilya Doronov: Signor Presidente, ora le chiederò dell’Armenia. Un anno fa, Nikol Pashinyan era su questo palco e l’ho vista parlare in disparte. Sembrava che steste avendo una conversazione perfettamente normale.

Ora leggiamo delle esercitazioni armeno-statunitensi che sono iniziate ieri, credo. La moglie di Pashinyan si è recata a Kiev. Il presidente del parlamento armeno ha fatto commenti molto sfavorevoli sul nostro ministero degli Esteri.

Da dove deriva questa svolta nella politica armena? Come influirà sulla situazione al confine con l’Azerbaigian? E dove potrebbe portare l’Armenia?

Vladimir Putin: Non credo che ci sia stata alcuna svolta. Vediamo e capiamo cosa sta succedendo. Posso dire molte cose su questo argomento. Abbiamo proposto una serie di soluzioni di accordo.

Francamente – e credo sia un fatto noto – l’Armenia controllava sette distretti che ha ottenuto dopo il conflitto armeno-azero in questione. Abbiamo proposto di raggiungere un accordo con l’Azerbaigian in modo che due distretti – Kalbajar e Lachin – restino sotto la giurisdizione dell’Armenia, così come l’intero Karabakh. Tuttavia, la leadership armena non ha accettato, anche se abbiamo cercato di convincerli a farlo per 10 o addirittura 15 anni. C’erano diverse opzioni, ma tutte si riducevano a questo. Alla domanda su cosa avrebbero fatto, hanno risposto che avrebbero combattuto. Bene, d’accordo.

Alla fine, tutto si è risolto nello stato di cose che vediamo oggi. Ma non si tratta solo degli esiti del recente conflitto; si tratta anche del fatto che la leadership armena ha sostanzialmente – beh, non sostanzialmente, ma effettivamente – riconosciuto la sovranità dell’Azerbaigian sul Karabakh e lo ha documentato nella dichiarazione di Praga.

A dire il vero, ne siamo consapevoli. Ora, il Presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev ci dice: siete consapevoli che l’Armenia ha riconosciuto il fatto che il Karabakh è il nostro territorio e che lo status del Karabakh non è più una questione rilevante. È stata risolta. I leader armeni lo hanno dichiarato pubblicamente e hanno riconosciuto che il territorio antecedente al 1991 che include il Karabakh – hanno fornito le cifre – fa parte dell’Azerbaigian. Questo è effettivamente avvenuto, e non è stata una nostra decisione; è una decisione presa dall’attuale leadership armena. E se così fosse, ci dicono, dovreste risolvere con noi ogni questione in sospeso relativa al Karabakh su base bilaterale. Ebbene, cosa possiamo dire? Non possiamo dire nulla. Se l’Armenia stessa ha riconosciuto il Karabakh come parte dell’Azerbaigian, cosa possiamo fare?

Certo, ci sono altre questioni legate all’aspetto umanitario e al mandato delle nostre forze di pace. Questo è vero. Il mandato è ancora in vigore. Le questioni umanitarie, compresa la prevenzione della pulizia etnica, sono rimaste irrisolte, e su questo sono pienamente d’accordo. Spero che la leadership azera – ce lo ha sempre detto e continua a dirlo – non sia interessata alla pulizia etnica. Anzi, al contrario, sono interessati a che questo processo si svolga senza intoppi.

Ilya Doronov: Quanto sono giustificate, secondo lei, le affermazioni di Erevan secondo cui la Russia e la CSTO non hanno aiutato, e non è stato nemmeno tolto l’assedio al Nagorno-Karabakh, che ha portato a un disastro umanitario?

Vladimir Putin: Dal momento che l’Armenia ha riconosciuto il Nagorno-Karabakh come parte dell’Azerbaigian, cosa c’è da discutere? Questo è l’aspetto chiave della questione. L’Armenia ha determinato lo status del Karabakh stesso. Non c’è altro da dire.

Ilya Doronov: Una domanda personale, se posso. Il signor Pashinyan ha parlato con lei di recente? Glielo chiedo perché ha parlato con il Presidente della Francia Emmanuel Macron e con il Presidente dell’Iran.

Vladimir Putin: Mi ha inviato un messaggio dettagliato. Manteniamo la comunicazione. Non abbiamo problemi con l’Armenia o con il Primo Ministro Pashinyan a questo proposito; rimaniamo sempre in contatto.

Ilya Doronov: C’è un’altra domanda importante sugli sviluppi in Ucraina. Si dice che sia possibile una nuova mobilitazione in Russia.

Cosa può dire a coloro che ci stanno osservando?

Vladimir Putin: Guardi, in Ucraina è in corso una mobilitazione forzata. Arriva a ondate, una dopo l’altra, e non so se ci sia ancora qualcuno da chiamare.

Abbiamo effettuato una mobilitazione parziale. Come sapete, abbiamo richiamato 300.000 persone. Negli ultimi sei o sette mesi, 270.000 persone si sono offerte per il servizio a contratto nelle Forze Armate e nelle unità di volontariato.

Ilya Doronov: Questo si aggiunge alla mobilitazione parziale?

Vladimir Putin: Sì, certo, si sono arruolati negli ultimi sei o sette mesi. Le persone si recano negli uffici di reclutamento militare e firmano i contratti. Ben 270.000 lo hanno fatto. Inoltre, il processo continua. Ogni giorno, tra le 1.000 e le 1.500 persone vengono a firmare, ogni giorno.

Lei sa che questo è il tratto distintivo del popolo russo, della società russa. Non so se questo sia possibile in qualsiasi altro Paese, perché la nostra gente si arruola consapevolmente nella situazione attuale, sapendo che alla fine sarà mandata in prima linea. I nostri uomini, i nostri uomini russi, rendendosi pienamente conto di ciò che li aspetta e comprendendo che potrebbero morire per difendere la loro Madrepatria o essere gravemente feriti, fanno comunque questa scelta, volontariamente e consapevolmente, per proteggere gli interessi del loro Paese.

Lei ha parlato di elezioni. Si sono tenute ovunque, anche nelle regioni di Zaporozhye e Kherson e nelle repubbliche di Lugansk e Donetsk. Si sono svolte in condizioni difficili e ammiro il coraggio del personale dei seggi elettorali. Quando sono iniziati i bombardamenti – il nemico ha preso di mira anche i seggi elettorali – la gente si è rifugiata negli scantinati, per poi riprendere il lavoro una volta terminati i raid. La gente si è recata ai seggi e si è messa in fila nonostante la possibilità che venissero attaccati.

Perché dico questo? Perché i nostri soldati, i nostri uomini, i nostri eroi che combattono in prima linea sanno che ci sono persone che devono proteggere, e questo è il punto chiave. Stiamo proteggendo il nostro popolo.

Ilya Doronov: Tra poco finiremo. Ma ho ancora diverse domande.

Il 1° settembre è stato consegnato alle scuole un nuovo testo di storia. Non ne parlerò nel dettaglio perché abbiamo intervistato il suo aiutante, Vladimir Medinsky, che ha specificato la posizione ufficiale.

Ma contiene la seguente frase. Cito: “Sapete, la vita è sempre più complicata di qualsiasi stereotipo ideologico o giornalistico. Passerà un decennio e il nostro tempo sarà sottoposto a un esame rigoroso. Gli storici si chiederanno quali passi compiuti dai leader mondiali, compresa la leadership del nostro Paese, siano stati giusti e tempestivi, e in quali casi si sarebbe dovuto intraprendere un diverso corso d’azione”.

Se possibile, volevo chiederle di non aspettare gli storici del futuro. Dal suo punto di vista, cosa è stato fatto correttamente e dove sono stati commessi errori in questo periodo?

Vladimir Putin: No, aspettiamo gli storici del futuro. Solo le generazioni future saranno in grado di valutare in modo obiettivo ciò che abbiamo fatto per questo Paese.

Ricordo quello che il principe Potyomkin scrisse a Caterina la Grande sull’annessione della Crimea. Non sarò in grado di riprodurre la citazione esatta, ma posso trasmetterne il significato. Egli scrisse quanto segue: Il tempo passerà e le generazioni future vi rimprovereranno per non aver annesso la Crimea nonostante foste in grado di farlo, e voi vi vergognerete. Gli interessi dello Stato vengono prima di tutto. Noi siamo guidati proprio da queste considerazioni, diamo loro la massima priorità, e di certo non ce ne vergogniamo.

Ilya Doronov: Ho una domanda relativa allo sport. Mi riferisco ai Giochi Olimpici che si terranno in Francia l’anno prossimo.

Prima di porre la mia domanda, vorrei che tutti noi applaudissimo il nostro tennista, Daniil Medvedev, che si è battuto nella finale degli US Open a New York. È stata una bella finale, con un russo e un serbo, due credenti ortodossi, che hanno giocato.

Ringraziamo Daniil per questo. È vero, non c’era nessuna bandiera – ho visto la trasmissione – né alcun riferimento al fatto che è russo.

Anche il presidente francese Emmanuel Macron ha detto che ai Giochi Olimpici che il suo Paese ospiterà l’anno prossimo non ci saranno bandiere russe o bielorusse – niente.

Cosa dire ai nostri atleti, per i quali le Olimpiadi sono davvero l’obiettivo della loro vita? Stanno aspettando e dovranno mancare.

Vladimir Putin: Dirò questo. Data la situazione, dovremmo innanzitutto farci guidare dagli interessi degli atleti. Ognuno di loro, che si è allenato per anni o addirittura decenni in vista di queste competizioni cruciali, dovrebbe prendere una decisione autonoma.

Per quanto riguarda il Movimento Olimpico stesso, vorrei dire questo. Credo che l’attuale gestione delle federazioni internazionali e del Comitato Olimpico Internazionale stia distorcendo l’idea originale di Pierre de Coubertin, secondo cui lo sport deve essere al di là della politica, non deve disunire le persone, ma unirle.

Cosa è successo negli ultimi decenni? Il Movimento Olimpico è stato preso nella trappola degli interessi finanziari. Lo sport internazionale e il Movimento Olimpico internazionale sono stati commercializzati, il che è inaccettabile, e questa commercializzazione ha portato a… Di cosa sto parlando? Gli sponsor, le trasmissioni commerciali, le principali aziende occidentali, che in ultima analisi forniscono la base per il funzionamento del Comitato Olimpico Internazionale e del movimento nel suo complesso, dipendono direttamente dalle organizzazioni politiche e dai governi dei loro Paesi.

Questa combinazione ha creato una situazione in cui lo sport internazionale e il Movimento Olimpico sono in declino e non svolgono più le loro funzioni principali. L’idea principale [dello sport] non è solo quella di battere i record, ma di unire le persone, ma il Movimento olimpico internazionale non sta più facendo questo. Questo è deplorevole per il Movimento Olimpico stesso, perché si creeranno movimenti alternativi, in un modo o nell’altro, e non si può fare nulla al riguardo perché è un processo oggettivo.

L’anno prossimo si terranno i Giochi Mondiali dell’Amicizia; si terranno competizioni nell’ambito dei BRICS, e coloro che sono depoliticizzati vi parteciperanno volentieri. Questo avrà un effetto distruttivo sulle attuali organizzazioni internazionali. Devono essere ringiovanite, anche in termini di personale.

È deplorevole che ciò stia accadendo, ma proteggeremo gli interessi dei nostri atleti. Questo è il primo punto. In secondo luogo, creeremo possibilità alternative per loro, anche in termini di risultati finanziari dei loro successi.

Ilya Doronov: Il Ministero dello Sport ha fornito le statistiche relative all’EEF o a prima dell’EEF, secondo le quali 55 atleti olimpici russi hanno cambiato la loro cittadinanza, e il numero comprendente anche gli atleti non olimpici è di oltre 100. Lei comprende queste persone?

Vladimir Putin: Ho detto all’inizio della mia risposta che le persone hanno lavorato per decenni per raggiungere i loro obiettivi, ma sono state impedite per motivi politici.

Sa, c’è un altro elemento in tutto questo. Non so se posso dirlo, ma alcuni dicono che lo sport e le competizioni internazionali sono diventate la sublimazione della guerra. C’è qualcosa in questo.

Non giudico nessuno, ma è importante che gli atleti, soprattutto quelli di alto livello, sentano l’inno e vedano la bandiera del loro Paese quando salgono sul podio. Ma alla fine ognuno fa la sua scelta. Questo è ciò che credo.

Ilya Doronov: Le farò un’ultima domanda.

Abbiamo aperto la sessione plenaria di oggi affermando che dieci anni fa abbiamo proclamato l’Estremo Oriente, la Siberia e l’Artico come nostre priorità.

Vorrei dare uno sguardo al futuro e parlare di come potrebbero essere l’Estremo Oriente, la Siberia e la Russia tra dieci anni.

In questo momento stiamo assistendo a una sorta di reincarnazione in una nuova fase, forse paragonabile a quella dell’Unione Sovietica, quando c’era un movimento di giovani pionieri, e ora abbiamo il Movimento dei Primi. Qualche tempo fa abbiamo riportato in auge la musica dell’inno sovietico. Alla VDNKh si sta preparando una mostra intitolata Russia, che ci ricorda anche il passato.

L’immagine futura dell’Ucraina, ad esempio, è chiara e comprende l’adesione alla NATO e all’UE. Anche in Occidente l’immagine del futuro appare, per così dire, rosea.

Qual è l’immagine del futuro per la Russia?

Vladimir Putin: Lei ha appena detto che per alcuni Paesi l’immagine del loro futuro comprende l’appartenenza a organizzazioni come la NATO o l’UE. Si rende conto di ciò che ha appena detto? In altre parole, il loro futuro è legato non solo all’interazione con gli altri, ma alla loro completa dipendenza dagli altri.

Nella sfera della difesa, hanno bisogno di qualcuno che li copra, altrimenti falliranno. Nella sfera economica, hanno bisogno di qualcuno che invii loro fondi, altrimenti non saranno in grado di sollevare la loro economia. Tra l’altro, nessuno vuole la pace in Ucraina perché, se la guerra finirà, dovranno rispondere al loro popolo degli aspetti economici e sociali, e non c’è molto da dimostrare. Dubito che, una volta terminate le ostilità, si assisterà a una ripresa dell’economia ucraina. Chi li sfamerà? Ne dubito.

Siamo noi gli artefici del nostro futuro. Di recente ho incontrato dei giovani scienziati a Sarov. Anche loro mi hanno fatto delle domande, almeno abbiamo parlato di questo. Di che cosa? Voglio dire questo, forse in un formato diverso, ma l’idea di fondo sarà la stessa. Gli scienziati si occupano di ricerca e sviluppo. Gli industriali lavorano nella sfera della produzione materiale, nell’agricoltura, nel settore industriale, ecc. Le figure culturali creano immagini per preservare i nostri valori, che danno forma alla vita interiore di ogni persona e di ogni cittadino della Russia. Tutto questo insieme darà sicuramente un risultato. Tutto questo dovrebbe concretizzarsi nell’autosufficienza del nostro Paese, anche nei settori della sicurezza e della difesa. Ma questo non significa che il Paese si autoisoli. Significa che svilupperemo il nostro Paese e lo renderemo ancora più forte in collaborazione con i nostri partner e amici e in integrazione con la stragrande maggioranza dei Paesi che rappresentano la maggior parte della popolazione mondiale.

Ho già parlato di industria, scienza e così via. Ma nel farlo, dobbiamo in ogni caso preservare l’anima della Russia, l’anima della nostra nazione multietnica e multiconfessionale. Questa componente umanitaria, insieme alla scienza, all’istruzione e alla produzione reale, sarà la base su cui questo Paese avanzerà, sentendosi e considerandosi uno Stato sovrano e pienamente indipendente con buone prospettive di sviluppo. Sarà così.

Guardate, nonostante tutte le restrizioni imposte alla Russia… Cosa speravano? Si aspettavano che il nostro sistema finanziario andasse in pezzi, che l’economia crollasse, che gli impianti industriali si fermassero e che migliaia di persone rimanessero senza lavoro. Ma non è successo nulla di tutto ciò. La performance dello scorso anno ha collocato la Russia tra le prime cinque grandi economie mondiali in termini di parità di potere d’acquisto e di volume dell’economia. È molto probabile che continueremo su questa strada. Ho detto che l’inflazione in Russia è cresciuta un po’, ma è nei limiti degli indicatori rilevanti. La disoccupazione è al minimo storico del 3%. Si tratta di un dato senza precedenti: un tasso di disoccupazione nazionale del tre per cento.

Naturalmente, a questo proposito, emergono altre questioni legate alla forza lavoro, ma anche queste vengono affrontate. I redditi reali stanno aumentando per la prima volta da diversi anni. Certo, si tratta di redditi modesti, come ho detto, ma la tendenza è nella giusta direzione. Anche i redditi reali disponibili e i salari reali stanno crescendo. Nel complesso, tutto questo ci dà ragione di pensare che la Russia non solo ha un futuro sostenibile e positivo, ma anche che questo futuro è assicurato dagli sforzi di tutto il nostro popolo multietnico.

Ilya Doronov: In conclusione, ci si sente di dire che questo sembra un programma elettorale. Ma non possiamo parlarne fino a dicembre.

Grazie. Concludiamo la sessione plenaria. Abbiamo parlato per quasi tre ore e abbiamo cercato di rispondere a molte domande, ma non si può abbracciare l’infinito.

Signora Vicepresidente del Laos, grazie per essere venuta. Signor Presidente, grazie per aver risposto a tutte le mie domande.

Grazie a lei. Buona serata a tutti.

http://en.kremlin.ru/events/president/transcripts/72259

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate: postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704 oppure iban IT30D3608105138261529861559 oppure 

PayPal.Me/italiaeilmondo

Su PayPal, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

SITREP 9/20/23: Attriti e disordini, di Simplicius The Thinker

NB_I video mancanti sono comunque disponibili nel link originale

https://simplicius76.substack.com/p/sitrep-92023-friction-and-turmoil?utm_source=post-email-title&publication_id=1351274&post_id=137203989&utm_campaign=email-post-title&isFreemail=false&r=9fiuo&utm_medium=email

SITREP 9/20/23: Attriti e disordini

di Simplicius The Thinker

Dato che sono un appassionato di approfondimenti e seguirò sempre le questioni importanti man mano che si sviluppano, ho voluto iniziare con la continuazione di una linea precedente. In uno degli ultimi rapporti abbiamo parlato delle potenziali mobilitazioni da entrambe le parti, dei numeri delle truppe e di come ciò si colleghi ai prossimi sviluppi del conflitto nel futuro a medio termine.

Ho riferito che vi erano nuove indicazioni secondo cui la forza russa di 300.000 uomini, recentemente reclutata, sarebbe stata utilizzata per ruotare le truppe precedentemente mobilitate a partire da settembre-ottobre del 2022.

Tuttavia, il presidente della Duma di Stato Andrey Kartapolov ha messo a tacere le speculazioni con un nuovo decreto che afferma direttamente che le truppe precedentemente mobilitate non saranno “smobilitate” come pensavo, e che il loro mandato terminerà solo con la fine della SMO stessa:

Torneranno a casa dopo aver completato un’operazione militare speciale. Non è prevista alcuna rotazione. Hanno diritto a ferie per ogni sei mesi di servizio, e ora vanno in ferie”, ha detto il deputato.
Tuttavia, si continua a dichiarare che i nuovi reclutati saranno utilizzati per le rotazioni in corso di tipo normale, come i feriti, eccetera, ma semplicemente che i 300 mila mobilitati dall’anno scorso non saranno smobilitati in massa fino alla fine della guerra.

Questa è una buona notizia, perché significa che la Russia sta costruendo le sue forze. È interessante notare che, a questo proposito, il generale Milley ha rilasciato una nuova dichiarazione in cui fa riferimento al fatto che la Russia ha 200.000 o “più di 200.000” truppe in Ucraina. Ancora una volta ricordiamo che ho ripetutamente ribadito che la Russia sta usando molte meno truppe di quanto si sia portati a credere. Se ora hanno solo più di 200.000 uomini in Ucraina dopo mobilitazioni di massa e centinaia di migliaia di nuovi arruolamenti, immaginate cosa avevano all’inizio? Per questo motivo rimango fedele a quanto ho riferito, ovvero che la Russia ha utilizzato solo 70-80 mila uomini nelle fasi iniziali della SMO, e non molto di più anche al momento dell’anniversario del primo anno.

In definitiva, però, potrebbe esserci un inganno deliberato da parte della Duma russa, che potrebbe non voler rivelare completamente i propri piani di guerra futuri. Quindi, per quanto ne sappiamo, è possibile che stiano costruendo i nuovi reclutati per un grande pugno d’attacco, mentre per ora li sminuiscono come una sorta di riserve.

Proseguendo, l’altro grande argomento per il quale abbiamo un aggiornamento sono le perdite ucraine. La notizia bomba di ieri è arrivata dal capo del commissariato militare della regione di Poltava:

\Le perdite del rifornimento delle Forze Armate dell’Ucraina dello scorso anno ammontano al 90% – commissario militare di PoltavaQuesto riconoscimento è stato fatto dal capo facente funzioni del TCC regionale di Poltava, il tenente colonnello delle Forze Armate dell’Ucraina Vitaly Berezhnoy.

Quindi, sta dicendo che circa il 90% di tutti i soldati reclutati in tutta la sua grande regione sono diventati vittime. Come ho scritto ieri nella mailbag, alcuni hanno fatto un calcolo a ritroso per ottenere una cifra teorica di 400.000 persone estrapolata per l’intera AFU:

Quindi se l’Ucraina ha mobilitato 700.000 persone e ha un esercito di 300.000, per un totale di 1.000.000 Si possono prevedere perdite di circa 800.000: – di cui 400.000 sarebbero feriti, circa la metà può tornare – 400.000 uccisi
Secondo notizie non verificate, Zelensky si sarebbe “indignato” e avrebbe chiesto il licenziamento del commissario di Poltava.

Inoltre, un combattente ucraino ha pubblicato la conferma delle cifre di Poltava dalla sua stessa unità, sul suo conto:

Dice anche che alcune divisioni hanno cifre di perdite ancora peggiori. Quanto si può fare peggio di un tasso di perdite dell’80-90%?

Il fatto è che sta diventando sempre più chiaro che alcune delle peggiori e più estreme previsioni sulle perdite ucraine potrebbero in effetti essere vere. Questo si estende a cose come la cattura di prigionieri di guerra, ad esempio con il nuovo rapporto di ieri secondo cui già 3.500 soldati dell’AFU si sono arresi dal lancio del nuovo progetto russo di avere una speciale “frequenza di resa” su tutti i canali radio dove gli ucraini possono comporre e arrendersi in modo sicuro alle forze russe:

Dal lancio del progetto Volga, in cui le Forze armate ucraine sono invitate a collegarsi alla frequenza 149.200 per arrendersi, poco più di 3.500 soldati e ufficiali nemici si sono arresi volontariamente. Di fatto, un’intera brigata di “controffensiva”.
Il problema è che questo progetto ha solo pochi mesi di vita. Ciò significa che 3.500 si sono arresi solo da luglio o giù di lì, quando credo sia stato lanciato. Questo spiegherebbe l’improvvisa impennata a 18.000 prigionieri di guerra totali, poiché il nuovo canale radio ha reso molto conveniente per l’AFU arrendersi in modo sicuro, il che era classicamente una delle principali barriere che impedivano la loro resa. Temevano che uscendo in campo aperto, ecc. sarebbero stati colpiti da cecchini nervosi o da chiunque non avesse visto la loro bandiera bianca improvvisata.

Ma il nuovo canale permette loro di coordinare completamente la resa con le forze russe avversarie, che danno loro istruzioni su dove e come farlo e poi informano tutti gli amici vicini di non sparare sulle truppe ucraine. Lo si può vedere in questo video, girato proprio nel momento in cui è stato lanciato il canale radio:

Non ho trovato il video
La cosa interessante è che in questo periodo abbiamo assistito a un enorme aumento di video di arrese “di massa”, sotto forma di interi gruppi di truppe. Solo ieri e oggi, per esempio:

Non ho trovato il video
Non ho trovato il video
Non ho trovato video
E anche nel momento in cui scriviamo, è arrivato un video nuovo di zecca con la didascalia specifica che questo gruppo di soldati ucraini ha usato il canale speciale “Volga” per arrendersi alle forze russe:

Un nuovo “partito” di militanti delle Forze armate ucraine si è arreso alla DPRIl filmato mostra ucraini mobilitati che sono “stanchi di combattere”. Per farlo, hanno utilizzato uno speciale canale radio russo aperto.Ricordiamo che a metà luglio è stata chiamata la frequenza 149.200: su di essa, ogni ucraino che decide di arrendersi può andare in onda e chiamare il nominativo “Volga”.
Purtroppo, a questo punto le truppe ucraine vengono solo falciate. Un mese o due fa abbiamo visto che hanno iniziato a passare a tattiche di “assalto alla carne”, perché la loro armatura aveva iniziato a scarseggiare in modo scomodo. Ora ci sono numerose prove di questo, sotto forma di video che mostrano truppe ucraine a piedi che attraversano semplicemente i campi aperti, o che al massimo usano i loro veicoli leggeri di mobilità rimasti:

Non ho trovato il video
Guardate il video qui sopra, vedete come le truppe dell’AFU erano ammassate nelle strisce erbose tra i campi? Ora, guardate il video qui sotto che mostra la vista da terra di un soldato dell’AFU che barcolla nella desolazione. Si tratta di un video imperdibile che mostra quanto l’AFU stia pagando per ogni centimetro quadrato dei suoi assalti alla carne:

 

Non ho trovato il video
C’è anche questo rapporto che sembra sottolineare il calo delle armature:

Ecco una piccola ma curiosa notizia. Le Forze armate ucraine hanno annunciato il cambio di nome e quindi la trasformazione della 92ª Brigata meccanizzata nella 92ª Brigata d’assalto. Cosa significa tutto questo? La Brigata meccanizzata è composta da quattro compagnie meccanizzate equipaggiate con veicoli blindati pesanti di supporto. Una Brigata d’assalto ha solo due compagnie meccanizzate e altre due di fanteria veterana senza corazzatura. Questo dimostra che la disponibilità di veicoli corazzati da parte ucraina sta effettivamente diminuendo in modo significativo.
E qui c’è una buona descrizione recente della nuova tattica che l’Ucraina sta utilizzando nell’area di Rabotino:

Gli ucraini e i loro supervisori hanno capito che ora siamo di fronte a una guerra di trincea e di fanteria, e quindi stanno usando sempre più munizioni a grappolo. Secondo le mie sensazioni, ora vengono utilizzate due munizioni a grappolo per ogni munizione a frammentazione ad alto esplosivo. I blocchi di gomma da masticare si stanno precipitando verso Novoprokopovka. Di conseguenza, la loro progressione si presenta così: per diversi giorni stirano le trincee con l’artiglieria, mentre si accumulano in piccoli gruppi nei sotterranei di Rabochino. All’ora stabilita, corrono all’assalto a piedi. Se l’assalto all’opornik (punto di forza) successivo fallisce, tutto si ripete di nuovo e così via finché lo sbarco non viene cancellato dalla faccia della terra”.
Con anche questo corollario:

Nonostante tutte le critiche, la linea Surovikin svolge ancora il suo compito. Sì, gli ucraini l’hanno raggiunta nella zona di Verbovoye, ma l’hanno presa d’assalto a piedi. I veicoli blindati non hanno sfondato, il che significa che anche dopo la perdita delle prime linee, i “denti di drago” continuano a svolgere la loro funzione.
Quando i veicoli blindati sono diventati un elemento ausiliario sul campo di battaglia, la fanteria, l’artiglieria, i droni e la guerra elettronica sono saliti alla ribalta. Chi realizza la costruzione corretta in questo quadrato otterrà un vantaggio sul campo di battaglia nel prossimo futuro.
Come corollario, ho trovato interessante questa statistica, anche se non sono certo che sia vera:

Durante l’intera battaglia di Kursk, la parte sovietica ha utilizzato 400 mila mine. Ora, solo tra Pyatikhatki e Gulyai – Pole – questo è principalmente il sito di Rabochino – Verbovoe – la nostra squadra ha messo 480 mila mine e questa cifra continua a crescere! Si è notato che anche nelle loro profonde retrovie, l’APU, quando avanza verso la linea del fronte, si imbatte spesso nelle nostre mine, nelle quali hanno effettuato dei passaggi già a giugno.
È probabile, però, che sia vero, viste le capacità su scala industriale che la Russia possiede ora nel posare le mine con le capacità di sminamento automatico RAAM e FASCAM, che spargono centinaia di mine alla volta dopo essere state sparate dall’artiglieria tubolare.

Come ultimo accenno al tema delle perdite, nella mailbag di ieri avevo parlato di forze partigiane e mercenari. Ora i mercenari britannici stanno fuggendo dall’Ucraina perché sono terrorizzati per la loro vita a causa del recente aumento di mercenari uccisi in modo extragiudiziale, o meglio assassinati dal loro stesso popolo:

Leggete quello che dice sopra: “Finirò per morire se continuo”.

Il gruppo sta ricevendo un duro contraccolpo per aver portato alla luce le recenti uccisioni di mercenari nelle retrovie, come gli altri mercenari britannici trovati morti con le mani legate dietro la schiena.

Il video fa riferimento a un altro mercenario di nome Macer Gifford, che ne parla qui sotto ed esprime anch’egli il desiderio di andarsene:

Non ho trovato il video
Ed ecco il notiziario britannico sui mercenari morti recentemente ritrovati, in cui si ammette che la Russia probabilmente non è il colpevole:

Non ho trovato il video
Anche un mercenario polacco ha riferito quanto siano sconcertanti le perdite da parte dell’AFU:

Cosa sta guadagnando l’Ucraina in tutto questo massacro? Non c’è stato praticamente alcun progresso: gli insediamenti che dicono di aver “catturato”, come Klescheyevka, rimangono in realtà nella zona grigia e nessuna delle due parti può entrarvi. In effetti, sorprendentemente, anche gli insediamenti “catturati” – come è effettivamente ora – mesi fa, come Staryomayorsk e Urozhayne, non sono nemmeno controllati dall’Ucraina. Continuano a essere per lo più zone grigie, con piccoli gruppi che entrano da nord e vengono poi cacciati dall’artiglieria.

È una prova di ciò che la Russia ha detto all’inizio: le guerre di artiglieria hanno semplicemente raso al suolo tutti questi luoghi (che includono Klescheyevka, Andreevka, ecc.), consentendo ora a entrambe le parti di occuparli ulteriormente, perché semplicemente non ci sono più oggetti dietro cui ripararsi.

Le nuove riprese del drone di Klescheyevka confutano la pretesa dell’Ucraina di controllarla, poiché mostrano una landa desolata senza truppe di nessuna delle due parti che la occupano:

Non ho trovato il video
Infine, ci sono voci come la seguente. Ma prendetele con le molle:

Mobilitazione generale in cambio di armi e rifiuto delle elezioniUn’interessante versione dei piani di Zelensky per una visita negli Stati Uniti da parte del deputato popolare Dubinsky è stata pubblicata dal canale ucraino ZeRada.Secondo il deputato popolare, Zelensky riceverà armi e smetterà di insistere sulle elezioni obbligatorie del prossimo anno in cambio di una mobilitazione totale e dell’invio di tutti al fronte – dalle donne e gli adolescenti ai disabili e agli anziani.Fino all’ultimo…
D’altra parte, nel teatro del Mar Nero e della Crimea, l’Ucraina ha ottenuto qualche risultato che le permette di mantenere a galla la sua guerra dell’informazione. Non si tratta ovviamente di una coincidenza, ma piuttosto del fatto che, a causa del fallimento dell’offensiva, l’Ucraina è stata costretta a riorientare le risorse verso qualcosa di nuovo che le garantisse “punti vittoria” sui media.

Questo ha portato a una nuova campagna su larga scala contro la Crimea, che include le recenti incursioni su piattaforme petrolifere abbandonate che l’Ucraina sta cercando di utilizzare come aree di sosta per le unità DRG per tentare incursioni notturne sulle coste della Crimea. Si sostiene che queste unità stiano anche cercando di sorvegliare le difese della Crimea, come un lanciatore russo S-300 che sarebbe stato colpito a Yevpatoria.

Ora hanno preso di mira i cantieri navali di Sebastopoli, colpendo la nave da sbarco russa di classe Ropucha e forse il sottomarino diesel di classe Kilo. Dico forse perché le foto “trapelate” del sottomarino sembrano essere potenzialmente false in quanto:

non corrispondono alle riprese satellitari
sono state “trapelate” / postate per la prima volta da account ucraini
sono stranamente pixelate/censurate quando le riprese video trapelate della nave proprio accanto al sottomarino erano chiare e non censurate
non ci sono filmati satellitari successivi che mostrino una distruzione più chiara, quando invece c’è stata in ogni altro colpo, come per l’Il-76, ecc.
hanno anche affermato che la nave da pattugliamento russa Sergey Kotov è stata colpita da droni navali e completamente affondata, ma si è rivelato un falso, indicando una campagna di informazione coordinata dall’Ucraina
Molti stanno facendo un gran parlare di questi attacchi, usandoli per mettere insieme una narrazione secondo cui l’Ucraina sta guadagnando forza nelle sue capacità di attacco e sta “assottigliando” le difese della Russia, degradando la sua capacità di proteggere la Crimea, e che tutto questo porterà all’abbandono e alla riconquista della Crimea.

Ma si tratta di un’ingegnosa opera di ingegneria narrativa da parte dell’Ucraina. La maggior parte dei singoli pezzi non è correlata. Per esempio, l’attacco agli S-300 di Yevpatoria ha poco a che fare con la capacità dell’Ucraina di colpire Sebastopoli a 70 km di distanza, dato che un’unità radar a quella distanza non può nemmeno vedere un bersaglio che si muove in mare o a bassa quota.

Né gli attacchi all’impianto di riparazione di Sebastopoli sono necessariamente indicativi di nuove capacità. Proprio come gli attacchi alla lontana base aerea russa di Pskov, completamente estranea alla SMO, l’Ucraina sta prendendo di mira aree più vulnerabili e potenzialmente trascurate per fare colpo.

Per esempio, nelle vicinanze di Sebastopoli ci sono interi ormeggi pieni delle più potenti, costose e avanzate navi russe. Perché non hanno potuto colpire e distruggere quelle? Invece sono stati costretti a colpire un bacino di riparazione che ospitava due navi già fuori servizio, che in effetti erano lì ferme da mesi. È la stessa argomentazione che ho fatto in precedenza sul fatto che la Russia ha interi campi d’aviazione pieni di jet di prima linea, elicotteri Ka-52, ecc. e che l’Ucraina non è stata in grado di toccarli, affidandosi invece ad attacchi furtivi che producono fanfare su aree trascurate e insignificanti nelle retrovie.

Detto questo, anche se si trattava solo di una vecchia nave da sbarco che non serve alle SMO, è comunque un colpo doloroso, soprattutto se è vero che anche il sottomarino è stato colpito o distrutto. Naturalmente, il Ministero della Difesa russo ha rilasciato una dichiarazione ufficiale in cui si afferma che entrambe le navi saranno riparate, ma alcuni esperti ritengono che ciò sia improbabile visti i danni potenziali. Dovremo aspettare e vedere, ma dato che entrambi i vascelli erano già fuori servizio, non è che la capacità della Russia sia stata ridotta nel breve termine.

L’unica domanda da porsi sarà se la Russia riuscirà a colmare le lacune che hanno permesso a questi (secondo quanto riferito) 3 Storm Shadows di aggirare la rete. Il Ministero della Difesa russo ha dichiarato che erano 10 in totale e che 7 sono stati abbattuti, quindi è possibile che si sia trattato di un attacco di saturazione che ha sopraffatto le difese aeree. Va ricordato che se fosse stato così facile per l’Ucraina, l’avrebbe ripetuto di nuovo e avrebbe messo fuori uso tutte le navi russe a Sebastopoli. Il fatto che siano riusciti a farlo solo una volta mi indica che si tratta di un’azione pianificata a lungo e che sono in grado di portare a termine solo una volta ogni tanto.

In generale, possiamo concludere che, sebbene questi attacchi diano l’apparenza di forza e di “successo” di qualche tipo, seguono un tema comune, quello di colpire oggetti abbandonati o derelitti con scarse connessioni con le SMO, il che dimostra solo la debolezza e la disperazione dell’Ucraina nel creare vittorie mediatiche. Dal colpire i grattacieli di Mosca agli aerei da trasporto vuoti da qualche parte vicino al Golfo di Finlandia, fino a colpire navi in avaria ferme in un’officina di riparazione, nessuno di questi attacchi costituisce un vero e proprio attacco decisivo o dannoso alle capacità militari russe attive. Questo è il risultato più importante e la linea di fondo.

Nel frattempo, Shoigu ha concluso i negoziati con Kim:

E si è già spostato rapidamente in Iran, per incontrare il ministero della Difesa iraniano:

Non ho trovato il video
Ci si aspetta che vengano firmate cose importanti. La voce più significativa dei colloqui con la Corea del Nord è che la Russia potrebbe aver concluso accordi per ottenere oltre 10 milioni di proiettili d’artiglieria da 122 e 152 mm dalla Corea del Nord. Se anche solo lontanamente vero, si tratta di un numero significativo che rappresenta un utilizzo di granate per 1-3 anni, a seconda dell’intensità. Sparare 30.000 proiettili al giorno equivale a poco più di 10 milioni all’anno.

Un aumento così massiccio di granate – se vero – potrebbe dare alla Russia abbastanza per lanciare comodamente un’offensiva massiccia in futuro senza preoccuparsi di attingere alle riserve di emergenza. Ricordate quello che ho detto molte volte in precedenza: una debolezza è che la Russia deve sempre mantenere una grande riserva di proiettili per l’eventualità che la NATO lanci una sorta di attacco furtivo e scoppi una guerra su larga scala. Ciò significa che la Russia potrebbe avere diversi milioni di proiettili come riserva di emergenza che non può toccare dal punto di vista dottrinale.

Per quel che vale, il capo dell’SBU Budanov ha detto che la Russia ha già iniziato a ricevere le spedizioni:

Si parla anche di un potenziale acquisto di MLR e sistemi di artiglieria nordcoreani a lungo raggio, ma questo è tutto da vedere.

La Corea del Nord fornirà alle Forze armate russe circa 10 milioni di proiettili di calibro 122 e 155 mm”, spiega l’analista politico Yuri Baranchik. “Diverse fonti riferiscono inoltre che la Repubblica Democratica Popolare di Corea fornirà a Mosca un sistema MLRS moderno e potente come il KN-09″. Ricordo che il sistema KN-25 è stato introdotto da Pyongyang nel 2019 e vanta una gittata di oltre 400 km. È una sorta di versione migliorata dell’HIMARS”, ha detto Baranchik.

***

Poi volevo parlare brevemente dei frenetici eventi geopolitici che si stanno verificando in questo momento.

Non solo sono ricominciate le ostilità nel Nagorno-Karabakh, ma si sta riunendo un’importante assemblea generale delle Nazioni Unite, dove Zelensky è volato a New York per presentare quello che potrebbe essere uno dei suoi ultimi grandi casi di sostegno.

L’incontro delle Nazioni Unite si svolge all’ombra delle escalation ucraine sul grano, che hanno visto Polonia, Ungheria e Slovacchia bandire il grano ucraino, dando il via a un’azione legale da parte dell’Ucraina stessa.

Ora non corre buon sangue e la pazienza della Polonia si è un po’ esaurita, tanto che la Polonia ha cancellato il previsto incontro con Zelensky all’assemblea delle Nazioni Unite:

E il presidente polacco ha rilasciato con amarezza questa brutta dichiarazione sull’Ucraina:

Presidente polacco “Una persona che sta annegando è estremamente pericolosa perché può trascinarti negli abissi. Può far annegare il soccorritore. L’Ucraina si sta comportando come un annegato che si aggrappa a tutto ciò che può, ma noi abbiamo il diritto di difenderci dal male che ci viene fatto”.
In effetti, l’Ucraina è stata sottoposta a numerosi attacchi in questo momento di crisi. Il presidente della Camera McCarthy sta bloccando ulteriori aiuti, chiedendo a condizione di ottenere prima una verifica personale da parte di Zelensky sulla destinazione dei dollari americani:

Non ho trovato il video
Due cose sul video qui sopra:

In primo luogo, è probabile che McCarthy voglia dare l’immagine di “mettere gli americani al primo posto” prima del proverbiale assegno in bianco all’Ucraina.

Ma anche così, nella remota possibilità che quanto sopra abbia anche solo un briciolo di genuinità, dirò che questa è una perfetta illustrazione di ciò che intendevo quando ho spiegato nella serie mailbag perché l’Ucraina è costretta ad andare sempre avanti, anche a costo di un massacro di massa. Perché nel momento in cui smettono di fornire ai loro sponsor l’illusione o la percezione del successo e del trionfo, i rappresentanti di ciascun Paese inizieranno a chiedersi “dove stanno andando i loro soldi”, mentre la pazienza dei loro elettori si affloscia.

Al di là di questo, il compito di Zelensky è quello di rinnovare il più possibile il sostegno agli armamenti, e parallelamente ci sono stati rapporti su alcune delle nuove spedizioni, che includono i Leopard 1 tedeschi. Purtroppo, ci sono già problemi in paradiso, poiché un nuovo rapporto sostiene che l’Ucraina ha rifiutato il primo lotto di Leopard perché nessuno di essi funzionava… è quasi troppo comico per essere reale:

Tre importanti ammissioni che aprono gli occhi in questa sola nota:

1. Ricordate che per mesi ho riferito di come la Germania stesse accelerando e velocizzando una piccola spedizione di emergenza di Leopard 1 a luglio, al fine di colmare le lacune dovute all’imprevista distruzione delle principali unità corazzate ucraine durante le fasi iniziali della “controffensiva”. A quanto pare, stando a quanto riportato sopra, anche quella spedizione d’emergenza è risultata inutile.

2. Ammettono che l’Ucraina non è in grado di riparare o di mantenere queste attrezzature, quindi suppongo che si tratti di una cosa usa e getta, come uno di quegli RPG che si buttano via dopo, o forse, per essere ancora più precisi, come la carta igienica.

3. Il motivo per cui quanto sopra è più importante di quanto sembri è la prossima folle ammissione: si afferma che l’attuale lotto di carri armati è defunto semplicemente a causa dello sforzo sperimentato durante l’addestramento leggero per il quale sono stati utilizzati. Mettete insieme le due idee: da un lato i carri armati sono inutilizzabili e si rompono dopo un uso leggero, dall’altro l’Ucraina ammette di non avere alcuna capacità di mantenere o riparare questi carri armati…

Cosa rimane?

In breve, si tratta di un fiasco completo, che va a sostegno della mia affermazione secondo cui queste ultime misure provvisorie non sono altro che tentativi di propaganda in fase terminale di pura disperazione. Lo stesso vale per gli ATACM, gli F-16, ecc.

Ma questo non impedisce a Zelensky non solo di elemosinare di più, ma anche di usare con insincerità la tattica della paura, sostenendo che la Russia mira a conquistare tutta l’Europa. Ascoltate qui le sue risposte quando il conduttore chiede quanto denaro ci vorrà ancora?

Inoltre, afferma che l’Ucraina non può fermare l’offensiva nemmeno per Rasputitsa, che sta già iniziando. Questo perché teme che il sostegno degli alleati inizi a diminuire, come sembra stia già accadendo, il che è esattamente ciò su cui ho insistito:

Alla luce di tutti questi scongiuri, l’ultimo pacchetto americano è stato notato come 17 volte più piccolo dei precedenti fondi di assistenza:

Nel 46° pacchetto di aiuti militari all’Ucraina del 6 settembre, gli Stati Uniti hanno incluso armi ed equipaggiamenti militari per un valore di soli 175 milioni di dollari. Si tratta di una cifra 17 volte inferiore al più grande al momento, il 29° pacchetto di aiuti militari, che è stato annunciato il 6 gennaio 2023.È inoltre degno di nota il fatto che alla fine del primo mese dell’offensiva, le Forze Armate statunitensi hanno dovuto spendere più di 2 miliardi di dollari non previsti. Dopo le prime perdite significative nelle direzioni di Zaporizhia e Donetsk Sud, le Forze Armate ucraine hanno avuto bisogno di un sostanzioso risarcimento per le attrezzature e gli equipaggiamenti militari persi, per il quale gli Stati Uniti hanno stanziato un totale di oltre 2 miliardi di dollari in quattro tranche – il 13 e il 27 giugno, e il 7 e il 25 luglio. Una parte significativa di queste somme è stata spesa per ulteriori forniture di veicoli da combattimento di fanteria M2 Bradley e di veicoli corazzati Stryker. (Cronaca militare del TG)

***

Probabilmente commenterò più approfonditamente la situazione dell’Armenia in un’altra occasione, poiché non volevo che questo post diventasse troppo lungo dopo il precedente iper-lungo. Per ora mi limiterò a dire che la situazione è molto complessa e che ci sono chiare provocazioni contro la Russia da parte armena, come la seguente folla pagata che canta epiteti russi sgradevoli verso Lavrov e Putin:

Tutti ormai sanno che non ci si può fidare di Pashinyan:

Sembra sempre più che le provocazioni siano una campagna deliberatamente orchestrata da Pashinyan e dai suoi collaboratori della CIA per spingere la Russia fuori dall’Armenia, dopo aver incolpato la Russia del crollo della pace. In questo modo gli Stati Uniti possono intervenire e offrire una risoluzione, per poi iniziare una nuova gestione americana della regione e iniziare ad attivare questo fianco contro la Russia.

Ciò è evidente dal fatto che anche nei giorni e nelle settimane precedenti a oggi sono aumentate le “provocazioni” contro le truppe di pace russe, come questa della scorsa settimana:

Tali provocazioni non avvengono mai “organicamente”, ma sono sforzi coordinati da ONG e agenzie di intelligence in ogni caso.

Ora è chiaro che gli Stati Uniti stanno cercando di “attivare” tutte le regioni intorno alla Russia per destabilizzarla il più possibile, come sforzo continuo per indebolire la campagna ucraina. Questo segue altri annunci di questo tipo:

E fa seguito ai crescenti attacchi alle forze russe e alle forze alleate della Russia in tutto il mondo, dalla Siria all’Africa. Tra questi, i recenti attacchi che hanno ucciso i soldati di Wagner, dopo le notizie secondo cui le agenzie di intelligence francesi starebbero addestrando i ribelli a colpire Wagner:

Il collegamento tra i ribelli tuareg in Mali e la FranciaIl canale russo Rybar ha ottenuto un’informazione interessante, ma attesa. A quanto pare, l’agenzia di intelligence francese DGSE ha una stretta connessione con il movimento Azawad nel nord del Mali.L’attacco alla città di Bourem è stato un test delle forze della milizia e delle capacità dell’esercito maliano e delle restanti unità della PMC “Wagner”. Attualmente, i ribelli tuareg sotto la guida di agenti francesi si stanno preparando per un’offensiva sulla città di Gao. La Francia ha promesso di sostenere i tuareg nei loro tentativi di creare uno Stato indipendente e contro i militanti jihadisti. Tutto questo viene fatto per indebolire l’influenza filo-russa nel Sahel e allo stesso tempo per motivare altri gruppi terroristici a intensificare gli attacchi alle forze armate del Mali.
Ma anche se gli Stati Uniti e gli alleati stanno disperatamente cercando di infiammare il mondo per indebolire la Russia nelle sue periferie in ogni modo possibile, tutti questi sforzi sono poco più che pula al vento e non avranno alcun effetto sull’OMU. E come sempre dobbiamo ricordare che tutto questo impallidisce in confronto alla guerra ibrida/asimmetrica di maggior successo condotta dalla Russia contro gli atlantisti in Africa e altrove.

Concludo questa sezione con questi post. In primo luogo il post di RussiansWithAttitudes sulla situazione in Armenia, che solleva molti punti positivi:

Un’ultima considerazione sulla questione Armenia/Karabakh: un’enorme percentuale del popolo armeno, forse la maggioranza, non ha alcun desiderio di difendere e combattere per il Karabakh. Hanno desiderato qualcuno che li liberasse da questo fastidioso problema. Hanno trovato questo qualcuno: Volevano un politico che vendesse gli armeni del Karabakh, ma in un modo che non facesse sentire in colpa gli armeni in Armenia. In altre parole, avrebbe dovuto creare una falsa narrativa in cui la colpa fosse in realtà della Russia. L’immaginario “sostegno russo all’Azerbaigian” è stato il mito politico chiave in Armenia (e ancor più nella diaspora) negli ultimi anni. Hanno eletto una persona che li avrebbe salvati dal problema del Karabakh. Lo hanno rieletto dopo che ha vergognosamente perso una guerra per la quale avevano avuto 30 anni per prepararsi (e non hanno scavato una sola trincea). Se il popolo armeno fosse contrario a Pashinyan, lo butterebbe fuori. Non l’hanno fatto e non lo faranno. Pashinyan consegnerà il Karabakh agli azeri. Lo farà in modo tale da poter dare la colpa ai “malvagi russi che ci hanno pugnalato alle spalle”. Farà esattamente ciò per cui è stato eletto: sbarazzarsi del Karabakh e salvare gli armeni in Armenia dal senso di colpa di aver tradito i loro connazionali.Attualmente, il governo e la società armena stanno lavorando molto più duramente alla costruzione di una narrativa che spieghi perché è colpa di Mosca se l’intera popolazione dell’Artsakh è stata violentata, torturata e uccisa con strumenti agricoli, piuttosto che lavorare sulla loro preparazione militare.Non vogliono che la Russia o l’Iran proteggano il Karabakh. Non vogliono proteggere il Karabakh da soli. Vogliono solo una scusa morale per il loro tradimento nei confronti dei loro connazionali armeni. È un peccato, perché gli abitanti dell’Artsakh sono molto coraggiosi e sono pronti a combattere e a morire per la loro terra. Ma la Russia non può aiutarli se l’Armenia non vuole farlo. Dal punto di vista della logica geostrategica, l’unica cosa che conta per la Russia in Armenia in questo momento è il corridoio Zangezur che si collega all’Iran. Gli sforzi diplomatici russi hanno salvato l’Armenia da una completa catastrofe militare nel 2020. Le forze di pace russe hanno fatto in modo che almeno una parte dell’Artsakh rimanesse armena, ma la Russia non può impegnarsi a proteggere l’Artsakh se lo Stato armeno non si impegna a farlo. Lo Stato armeno spera di poter vendere i suoi connazionali come Danegeld agli azeri e continuare a zoppicare, magari con il supporto vitale dell’Occidente. Si tratta di un’illusione, ovviamente. Ma è quello che hanno deciso. Non si possono salvare le persone contro la loro volontà. Pertanto, la Russia non dovrebbe essere coinvolta, se non per salvaguardare i propri interessi diretti.
E poi quello che Dmitry Medvedev ha scritto oggi su Pashinyan:

Un giorno, uno dei miei colleghi di un Paese fraterno mi disse: “Sono un estraneo per voi, non mi accetterete”, ha detto Dmitry Medvedev a proposito del primo ministro armeno.” Ho risposto quello che dovevo: “Non giudicheremo dalla biografia, ma dai fatti”. Poi ha perso la guerra, ma stranamente è rimasto al suo posto. Poi ha deciso di incolpare la Russia per la sua incompetente sconfitta. Poi ha ceduto parte del territorio del suo Paese. Poi ha deciso di flirtare con la NATO, e sua moglie ha sfidato i nostri nemici con dei biscotti. Indovinate quale destino lo attende…”.
***
Un’ultima notizia interessante e varia.

La guerra dei droni della Russia si sta scaldando. Di seguito un video che mostra quanto sia diventato letale l’uso dei droni FVP da parte della Russia: la fanteria non è più al sicuro da nessuna parte, i droni la inseguono in ogni angolo:

Non ho trovato il video
Ed ecco un esempio di una piccola boutique russa di assemblaggio di droni che produce 1000 pezzi al mese:

Non ho trovato il video
Sempre più spesso la narrativa occidentale è che la Russia vuole la Polonia e/o i Paesi Baltici e che gli Stati Uniti dovranno presto unirsi alla guerra. Non solo questa è stata la principale frase di Zelensky nel video che ho postato in precedenza, ma sia Nikki Haley che Mike Pence hanno scelto questa minaccia come principale punto di attacco della loro campagna elettorale:

Il prossimo:

Si dice che Wagner tornerà presto in prima linea, anche se non si sa sotto quale bandiera:

Inizialmente si sosteneva che Wagner sarebbe stato in qualche modo coinvolto con le forze russe della Rosgvardia, ma ciò rimane incerto.

A proposito di Wagner, un episodio assurdo si è verificato in Siria. Si tratta di un lungo post che incollo in modo che chi non è particolarmente interessato possa saltarlo, ma se è vero, mostra il tipo di reale animosità e ostilità che esiste tra Wagner e il Ministero della Difesa russo, che ha portato a tutti i brutti affari che sono emersi quest’anno.

Si tratta del generale russo Yunus-bek Yevkurov, che Prigozhin si è inimicato anche quando ha preso il controllo di Rostov:

Da knyaz_cherkasky:

Mi scuso in anticipo con i miei abbonati se non ho risposto a nessuno, ma le parole non possono descrivere quello che stava succedendo qui di notte. Non so nemmeno se sia possibile descriverlo per non seminare il panico (dovreste chiederlo alle persone severe con le spalline sotto le giacche), ma i siriani sono sotto shock, e tutto era a un soffio dal pasticcio tra i Wagner e il nostro Ministero della Difesa, e secondo le voci sia in Siria che in Libia, tra cui la cosiddetta. Una “marcia per la giustizia” (la rivolta di Wagner di Prigozhin) sarebbe stata una passeggiata per bambini. In realtà, a causa di ciò, il mio trasferimento del secondo gruppo di archeologi a Palmira per lavorare nel teatro è stato interrotto, poiché il passaggio attraverso il T4 per Palmira è stato bloccato. Ma, a quanto pare, tutto si è risolto – Wagner è riuscito a raggiungere Mosca, gli elicotteri sono stati cancellati in tempo. I siriani parlano eccitati e dicono che tutto è stato come nel film.Per non scrivere un post a parte e, allo stesso tempo, rispondere a numerose domande, aggiungerò che si sta già discutendo di mezza Siria a est di Furukulus.L’incidente di ieri è il seguente: Wagner, dopo il divieto di volare attraverso Khmeimim e l’annullamento dei permessi da parte del Ministero degli Esteri russo, si è accordato con il Ministero della Difesa siriano e ha organizzato voli di rotazione verso l’Africa, attraverso la base aerea siriana T4. Quando l’aereo è decollato, gli elicotteri russi sono stati alzati in volo e i camion dei pompieri sono entrati in pista per impedirne l’atterraggio. Ai siriani è stato detto che se l’aereo atterra, verrà aperto il fuoco su di esso. Inoltre, i soldati siriani, che avevano ricevuto l’ordine di accettare l’aereo, per qualche tempo hanno resistito alle azioni del Ministero della Difesa russo sulla pista stessa, ma quando hanno visto gli elicotteri in volo, hanno ritenuto opportuno ritirarsi. Poiché il carburante dell’aereo in volo (un aereo cargo proveniente dalla Libia) si stava esaurendo, si è posto il problema di non riuscire a tornare in Libia. A casa di Wagner, coloro che si stavano preparando per l’incontro si sono messi in contatto con la Libia e, secondo le voci, hanno detto che se l’aereo fosse stato abbattuto, Wagner in Libia avrebbe colpito la base del Ministero della Difesa in risposta. La cosa più divertente (se può essere divertente) è che a bordo c’erano 170 siriani, contractor Wagner, che stavano tornando a casa dopo un contratto in Libia). I siriani me lo hanno raccontato eccitati, con gli occhi spalancati, agitando le braccia e chiedendo – cosa sta succedendo lì?
È chiaro che la Russia ha creato un mostro con il gruppo Wagner, ma era necessario per l’epoca.

A questo proposito, Surovikin è stato avvistato alla guida di una delegazione militare russa in Algeria, il che significa che è tornato all’ovile:

In che veste, però? Non si sa ancora.

Il prossimo:

Un incidente molto strano e interessante. La Russia ha diffuso il filmato di un drone Lancet-3M, una nuova variante con raggio d’azione esteso, che ha colpito un jet Mig-29 ucraino presso l’aeroporto di Dolgintsevo, vicino a Krivoy Rog:

Ci sono molte cose da dire al riguardo, in quanto apre un intero argomento di discussione.

In primo luogo, la buona notizia è che dimostra che i Lancet possono ora spingersi a più di 70 km o più dietro le linee nemiche, che è la distanza del campo d’aviazione dal lato russo del Dnieper.

Tuttavia, ha sollevato molte domande su come sia possibile che un campo d’aviazione apparentemente pieno di aerei funzionanti possa essere lasciato indisturbato così vicino alla linea del fronte, dato che nel video si vedono diversi altri aerei. Alcuni hanno suggerito che alcuni di essi potrebbero essere aerei donatori in naftalina per ottenere pezzi di ricambio. Anche sulla base di questa foto che mostra una pila di pneumatici, alcuni hanno suggerito che l’Ucraina si stesse preparando a coprire gli aerei con i pneumatici, come ha fatto di recente la Russia, o a bruciare i pneumatici per creare del fumo di occultamento, percependo un attacco imminente – il che potrebbe indicare che gli aerei erano appena arrivati prima del colpo:

Ho già parlato a lungo dei campi d’aviazione dell’Ucraina. Il punto cruciale è che i loro aerei si spostano molto per evitare che gli attacchi russi siano indovinati. I pochi aerei rimasti saltano da un campo d’aviazione all’altro, oltre che su piste autostradali ad hoc e hangar letteralmente costruiti nelle strade secondarie. Scorrete fino a metà pagina per vedere il mio approfondimento:

Paid Subscriber Weekly Mailbag Answers – 5/22/23 – [Part 2]

·
MAY 23
Paid Subscriber Weekly Mailbag Answers - 5/22/23 - [Part 2]
Senza ulteriori indugi, ecco la seconda parte!
Read full story

Ciononostante, la questione solleva altri interrogativi. A 70 km dalla linea del fronte sono a portata di mano gli MLRS pesanti (Smerch) e una serie di altri sistemi (Iskander, ecc.) che potrebbero distruggere quegli aerei. Sappiamo che giorni fa la Russia ha annunciato di aver distrutto 5 aerei proprio in quel campo:

Poiché non conosciamo la data esatta del video del Lancet, potrebbe essere avvenuto prima o dopo. Il che significa che il Lancet potrebbe benissimo essere stato l’attacco iniziale dopo la prima ricognizione degli aerei sul posto, e che il successivo attacco missilistico è seguito subito dopo. Questa è la spiegazione più logica.

Tuttavia, dal momento che questo ha suscitato una discussione più ampia tra gli altri esperti, ne incollerò alcuni tra i più convincenti perché ritengo che il dibattito sul perché la Russia non possa “annientare” tutti i campi d’aviazione dell’Ucraina in una volta sola sia importante. Ancora oggi, la maggior parte dei profani non riesce a capirlo e crede che sia facile lanciare una sorta di “attacco” di massa per spazzare via interi campi d’aviazione rendendoli completamente inutilizzabili, oltre a distruggere qualsiasi cosa vi sia parcheggiata.

Ma non è proprio così che funziona. Il motivo principale è che alcuni di questi campi costruiti dai sovietici, come quello di Starokonstantinovka, sono così giganteschi che è difficile immaginarne o apprezzarne le dimensioni per una persona comune. Non c’è nessun tipo di attacco che possa spazzare via completamente una cosa del genere, a meno che non si tratti di un attacco nucleare. Ma lascerò che sia il seguente esperto a spiegarlo:

Dopo l’ennesimo raid riuscito dei Su-24M ucraini con missili Storm Shadow, decollati dalla base aerea di Starokonstantinov, si è ricominciato a chiedere “perché non distruggiamo i missili nemici, gli aerei e le loro basi?”. La risposta, come sempre, è abbastanza semplice e banale: perché non possiamo. Non si tratta di accordi dietro le quinte che molti inventano per spiegare ciò che sta accadendo. Il fatto è che le basi dei missili e dei bombardieri nemici sono ben protette sia da rifugi che da sistemi di difesa aerea, e la ricezione tempestiva di informazioni da parte della ricognizione satellitare della NATO permette loro di ritirare i propri velivoli diverse ore prima dell’attacco, cosa di cui abbiamo anche scritto più volte.Allo stesso tempo, semplicemente non usiamo testate a grappolo per i missili da crociera Kalibr o X-101, che potrebbero immediatamente coprire interi siti dell’aviazione ucraina (se fosse possibile catturarli allo scoperto) o discariche di esemplari non volanti che vengono portati via per i pezzi di ricambio di quelli ancora in volo. E i missili in grado di colpire efficacemente robusti rifugi in cemento armato sono pochi ed estremamente costosi.D’altra parte, come dimostra la pratica, il nostro tentativo di giocare in difesa passiva finisce con il nemico che ha l’iniziativa e, avendo accumulato solo pochi missili difficili da uccidere, semplicemente sfonda la difesa aerea in un punto specifico e provoca gravi danni a cui non si può resistere.Informatore militareRybar: “Perché non possiamo prendere e distruggere i campi d’aviazione, i porti e i nodi ferroviari ucraini?”.
Una buona risposta a questa domanda è stata data dal teorico militare americano Edward Luttwak in un suo recente articolo.Secondo lui, solo per un raid dell’aviazione britannica sulla Germania durante la Seconda guerra mondiale, gli aerei potevano sganciare 2560 tonnellate di munizioni: Si tratta di un quantitativo superiore al totale delle munizioni sganciate dai missili da crociera russi su obiettivi in territorio ucraino dall’inizio della CDF.
La natura dei combattimenti è cambiata radicalmente da allora. Se allora 700 (!) bombardieri potevano partecipare a un attacco, ora non c’è nemmeno un numero così elevato di aerei e di personale di volo. Oggi, questo approccio, se il nemico ha una difesa aerea, porterà al fatto che le già scarse tavole si esauriranno semplicemente in un mese o due.Sia il “Kalibry” che l’X-101 sono mezzi efficaci per una distruzione puntuale. Ma non vale certo la pena aspettare che una salva di 10 missili sia in grado di demolire qualche grande fabbrica sovietica che l’Ucraina ha ereditato, per ragioni oggettive. E questo vale anche per altri prodotti simili, siano essi Tomahawk o Storm Shadow.
Lo si vede chiaramente nell’esempio dell’attacco statunitense alla base aerea siriana di Shayrat nel 2017: con il lancio di 59 missili e colpi precisi, non si è verificato alcun “paesaggio lunare” in quel luogo, e gli aerei del campo d’aviazione hanno iniziato a decollare il giorno dopo. (Rybar)
Un punto sollevato dal primo è che se la Russia avesse missili appositamente progettati per colpire le piste di atterraggio, potrebbe almeno fare un lavoro un po’ migliore per annullare potenzialmente le piste (anche se sarebbero comunque fisse). Alcuni Paesi hanno missili speciali per questo scopo, ad esempio il Matra Durandal della Francia:

Il Durandal è una bomba anti-pista sviluppata dall’azienda francese Matra (ora MBDA), progettata per distruggere le piste degli aeroporti ed esportata in diversi Paesi. Un semplice cratere in una pista potrebbe essere semplicemente riempito, ma il Durandal utilizza due esplosioni per spostare le lastre di cemento di una pista, rendendo così la pista molto più difficile da riparare.
La Russia ha bombe che fanno questo, per esempio le Betab-500ShP, ma devono essere sganciate da un jet, il che le esclude. Si dice che il P-270 Moskit e alcuni altri missili abbiano funzioni secondarie anti-pista, anche se non credo che siano specificamente progettati per questo come il Durandal, con la doppia esplosione, ecc. Ma non sono sicuro che la Russia abbia tentato di usarli sulle piste.

In definitiva, le piste possono essere riparate e persino riempite con relativa facilità, quindi non è il deterrente più grande e non sono sicuro di quanto sia buono il compromesso tra il tempo guadagnato e il costo dei missili utilizzati. È buono per qualcosa come un Paese del terzo mondo, dove si può disabilitare la loro unica pista di atterraggio, ma contro una potenza militare come l’Ucraina potrebbe non creare un grande ostacolo.

A questo proposito, ecco una nuova foto di un Su-34 russo in volo con le bombe glide Fab-500M62 UMPK attaccate.

Il prossimo:

La Russia ha diffuso un nuovo spot militare che sembra “accennare” alla futura conquista di Kiev e Odessa:

Il prossimo:

Tra le notizie di “Tutto va bene in Ucraina”, abbiamo il seguente resoconto:

Il governo ucraino propone che i detenuti producano energia elettrica pedalando sulle biciclette.Tale proposta di legge è stata registrata dal deputato del popolo Sergei Grivko (Servo del Popolo), il quale ha proposto di consentire ai detenuti di produrre energia elettrica utilizzando generatori di biciclette in cambio di una pena detentiva più breve. “Se entro un mese si conformeranno agli standard stabiliti dal Ministero della Giustizia, allora il periodo di detenzione sarà ridotto di 3 giorni, ma non più di 10 mesi all’anno. In altre parole, nel corso di un anno, un detenuto può ridurre il periodo di detenzione di 30 giorni. Questo avrà un impatto diretto sul risparmio sul suo contenuto – fino a circa l’8% (fino a 200 milioni di UAH)”, scrive Grivko.

Concetto interessante. Quindi, i prigionieri possono ridurre la loro pena diventando criceti che generano elettricità.

Infine, vi lascio con questo edificante campionario di popolazioni ucraine e russe in strada, alla domanda se sia gradito che la parte avversa venga bombardata? Come sempre, traete le vostre conclusioni:


If you enjoyed the read, I would greatly appreciate if you subscribed to a monthly/yearly pledge to support my work, so that I may continue providing you with detailed, incisive reports like this one.

Alternatively, you can tip here: Tip Jar

Russia Ucraina 45a puntata! Reattività ed adattamento Con Stefano Orsi e Max Bonelli

Il conflitto in Ucraina prosegue in apparenza senza una soluzione di continuità in tempi immediati e prevedibili. La distruzione di risorse e le perdite di uomini sono da parte ucraina immani. Ciò non ostante la presa ferrea e cinica del regime sulla popolazione, quella ideologica particolarmente efficace su una parte di essa consente di protrarre il confronto e di continuare ad assumere a costi improponibili l’iniziativa sul campo. I due contendenti, uno contando quasi esclusivamente sulle proprie forze, l’altro sul sostegno esterno insostituibile della NATO praticamente su ogni aspetto della guerra, stanno rivelando notevoli doti di flessibilità, di adattamento e di iniziativa che lasciano trasparire la natura esistenziale di questo conflitto. Saranno da un lato l’esaurimento delle forze di uno dei contendenti e il dettato delle esigenze politiche interne agli Stati Uniti a determinarne le modalità e i tempi dell’epilogo. Più il conflitto procede nel tempo, per altro, più si definiscono i termini del confronto e dello scontro interno alle gerarchie politiche e militari. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v3j2xpk-russia-ucraina-45a-puntata-reattivit-ed-adattamento-con-stefano-orsi-e-max-.html

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate: postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704 oppure iban IT30D3608105138261529861559 oppure 

PayPal.Me/italiaeilmondo

Su PayPal, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

 

Su un appello alla riforma dell’esercito degli Stati Uniti. Con Giacomo Gabellini e Roberto Buffagni

La sicumera di una élite, per oltre un ventennio certa di aver raggiunto il predominio militare assoluto e il controllo egemonico del pianeta e l’elezione a nemico di avversari incapaci di sostenere con qualche probabilità di successo un confronto militare in campo aperto da una parte; dall’altra la reazione determinata ed efficace del governo russo alla drammatica crisi di decomposizione degli anni ’90 e l’emersione definitiva, anche se non del tutto consolidata, ma sottovalutata, di nuovi attori protagonisti nello scenario geopolitico. E’ il contesto nel quale ha potuto crogiolarsi l’inerzia della macchina militare statunitense e l’elefantiasi del suo complesso industriale, pur con gli innegabili punti di forza tuttora esistenti. E’ la guerra a mettere a nudo i limiti e i pregi delle forze in campo. La Russia ha dimostrato di possedere la necessaria flessibilità e riserva di potenza pur tra i tanti problemi emersi. Gli Stati Uniti possono godere della posizione della conduzione dall’esterno del conflitto in Ucraina, senza mettere sul terreno di battaglia forze dalle perdite significative. Vedremo se sarà il pungolo sufficiente a riformare l’apparato militare secondo i canoni definiti dal documento di riferimento della conversazione http://italiaeilmondo.com/2023/09/15/…. Buon ascolto, Giacomo Gabellini, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v3irp7s-su-un-appello-alla-riforma-dellesercito-degli-stati-uniti.-con-giacomo-gabe.html

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate: postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704 oppure iban IT30D3608105138261529861559 oppure 

PayPal.Me/italiaeilmondo

Su PayPal, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

Risposte alla rubrica della posta degli abbonati, di SIMPLICIUS THE THINKER

Benvenuti a tutti, le risposte al raccoglitore della posta sono finalmente arrivate, ed è importante. Molte domande belle e incisive, anche più del solito, quindi veniamo a quelle.

Ma ricorda, tutti gli abbonati paganti e gratuiti possono lasciare commenti su questo post aperto.


1.

Ok, ecco la mia domanda, che mi preoccupa da molto tempo. Quindi, per avere un esercito adeguatamente funzionale e integrato, è necessario molto tempo per addestrare non solo i soldati ma anche la cooperazione tra le unità, ecc. Questo è ciò che viene considerato il problema per le forze armate ucraine. Ma quando penso all’esercito sovietico, durante la seconda guerra mondiale, sicuramente non c’era questo lusso di tempo. Mi manca qualcosa, da qualche parte. E apprezzo che anche i soldati imparino attraverso il combattimento. Puoi, per favore, spiegare? Forse questa è una non domanda, ma vorrei sapere perché dovrebbe essere una non domanda. Spero di avere senso qui. Grazie!

Hai sollevato un punto molto interessante su cui ho insistito in passato. Ciò significa che la moderna propaganda occidentale/americana ci ha portato a credere che le forze “coscritte” non addestrate siano inutili e altamente inferiori a quelle degli eserciti “professionali” occidentali. Ciò è sempre stato parte integrante dello stesso pregiudizio riguardo all’inferiorità di qualsiasi cosa russa, sia che si tratti di equipaggiamento o di tattiche come il famigerato “stile sovietico” centralizzato “dall’alto verso il basso” che si dice sia “inferiore” alla “guerra di manovra” della NATO e indipendenza della piccola unità.

Ma la verità è più sfumata: le forze di leva non sono affatto così cattive come la gente le crede, e questa non è solo la mia opinione, ci sono stati alcuni studi al riguardo. Gran parte delle più grandi guerre della storia furono combattute quasi interamente con forze di leva. Non c’è tanto di base nel fare il soldato quanto le persone si illudono di pensare, e puoi imparare la maggior parte degli elementi essenziali al volo sul campo; l’adagio: l’esperienza è il più grande insegnante è adatto qui.

Ci sono stati numerosi resoconti aneddotici da entrambe le parti (i “ribelli” del Donbass e le AFU) secondo cui i “coscritti” appena reclutati e non addestrati impiegano solo pochi giorni per apprendere le basi e diventare truppe relativamente esperte in prima linea.

Ma non lasciarti trasportare troppo: nessuno dice che saranno mai bravi quanto un soldato professionista altamente addestrato che è in servizio da diversi anni, ma semplicemente che la varianza non è così grande come alla gente piace fingere, e avere un contratto contro un coscritto non ti dà un pulsante “vinci” istantaneo.

Un’unità/formazione di coscritti guidata duramente da un comandante spietato può in qualche modo finire per essere ancora più efficace della cosiddetta forza “professionale” perché quella particolare unità può mostrare maggiore paura del proprio comando che persino di morire e non fare imprese d’armi che le truppe professionali eviterebbero o considererebbero pazze, come l’assalto frontale alle trincee, che spesso può portare al successo semplicemente per la pura e sfrontata audacia dell’azione. È vero che la fortuna aiuta gli audaci: nonostante le perdite più pesanti, a volte una tale forza sarà effettivamente più efficace.

C’è un episodio illustrativo nella Seconda Guerra Mondiale che può essere utilizzato per confrontare il conflitto attuale nel mostrare le insidie ​​​​delle forze di leva. Fu l’operazione Fredericus, conosciuta anche come la seconda battaglia di Kharkov, nel 1942. Dopo le vittorie dell’inverno del 1941, Stalin divenne eccessivamente fiducioso e pensò di potersi estendere eccessivamente e continuare a respingere brutalmente i tedeschi. Tuttavia, molte delle nuove reclute sovietiche che presero il posto di coloro che morirono nella battaglia di Mosca, ecc., erano nuovi coscritti con un addestramento limitato.

Stalin si fece arrogante, ignorò i suoi generali che lo esortavano invece a trincerarsi sulla difensiva, e fece una grande spinta intorno a Kharkov che formò un “saliente” o rigonfiamento che la Germania riuscì a sfruttare. A causa di questo enorme errore, tre interi gruppi dell’esercito di 250.000 uomini sovietici furono spazzati via. Tuttavia si diceva che fosse un momento molto istruttivo per Stalin, che da quel momento in poi cominciò a fidarsi dei suoi generali, e molte delle campagne successive dovettero il loro successo a quel momento tragicamente edificante.

Le caratteristiche più importanti sul campo di battaglia sono il morale e la volontà, che può anche essere chiamata “spirito combattivo”, o quello che in alcuni paesi piace chiamare spirito di corpo . È un intangibile che non può essere “insegnato”, indipendentemente dal tipo di formazione che hai. Eppure questa caratteristica da sola può superare praticamente qualsiasi altro difetto o carenza.

Una squadra di Navy Seals può essere distrutta da un gruppo di agricoltori che lottano con passione per qualcosa che amano. I vietcong non avevano quasi nulla in confronto alle forze americane superiori. Probabilmente hai visto le foto di soldati affamati con un solo fucile in mezzo a loro, rannicchiati in tunnel bui, eppure sono riusciti a sconfiggere l’esercito americano.

Ci sono molti componenti ed “equalizzatori” in guerra oltre al semplice “addestramento” e una potenza di fuoco superiore. Ad esempio, i numeri puri sono un altro. Se le tue truppe sono numerose e il morale è relativamente buono, quasi nulla potrà fermarti. L’URSS aveva enormi riserve e, sebbene molti di loro non fossero ben addestrati, sapevano per cosa stavano combattendo perché il concetto di “Patria” e di guerra popolare sociale era centrale nell’etica dell’URSS. I soldati sovietici combattevano come fanatici perché stavano combattendo una battaglia esistenziale per la loro patria. Ciò ha portato ad alcune conclusioni tedesche. Ad esempio, il comandante dei carri armati Otto Carius, che fu uno dei pochi ad aver combattuto contro i sovietici sul fronte orientale ma anche contro gli americani sul fronte occidentale più avanti nel corso della guerra, osservò nel suo libro Tigers in the Mud che “ 5 sovietici i soldati valgono più di 30 americani”. I soldati sovietici avevano molto più per cui combattere rispetto agli americani in Europa.

Ma bisogna considerare quante persone ha perso l’URSS. Ci sono state singole battaglie in cui sono stati uccisi più uomini del totale delle vittime dell’attuale guerra ucraina. L’URSS ha avuto il lusso di una mobilitazione sociale totale per commettere errori, un lusso su cui nessun paese al mondo può attualmente contare.

Ma come ultimo e più importante fattore, gran parte di esso è il suo ricco patrimonio e tradizione militare. Quando si dispone di un “sistema” molto forte con volumi di dottrine provate attraverso tentativi ed errori nel corso di centinaia di anni di guerre di successo come ha avuto la Russia, allora è possibile integrare nuovi uomini in quel sistema molto più rapidamente. Questo perché centinaia o addirittura migliaia di anni di conoscenza marziale sono già incorporati nelle accademie, nei regimi di addestramento e nella coscienza sociale/collettiva delle forze armate. Alcuni sosterranno che Stalin ha distrutto gran parte di ciò con le sue “epurazioni”, ma come per tutto ciò che riguarda Stalin o l’URSS in generale, la maggior parte di ciò è enormemente esagerato da diffamatorie fonti occidentali con un’ascia da macinare.

Come ultimo aneddoto che la maggior parte delle persone non conosce:

La gente considera la prima guerra cecena come una competizione impari tra la gigantesca Russia e un’enclave incomparabilmente piccola. Ma ciò che molti non sanno è che da parte russa la maggior parte delle truppe erano giovani coscritti dell’epoca con pochissimo addestramento, mentre da parte cecena il personale era composto da un’enorme percentuale di vecchi veterani delle forze speciali, molti dei quali prestavano servizio in la guerra afgana da parte sovietica. Quindi la prima guerra cecena è un esempio di una forza di leva pesante e non addestrata contro veterani altamente addestrati. E anche se la Russia non ha raggiunto i suoi obiettivi, le truppe si sono comportate abbastanza bene. Gran parte delle leggende che circondano i conflitti ceceni erano lo stesso tipo di propaganda occidentale che si vede oggi nella guerra in Ucraina, mirando invariabilmente a caratterizzare la Russia come povera e distrutta, a demonizzare le sue forze armate, ecc.

Anche la guerra delle Falkland vide per lo più coscritti argentini contro le forze d’élite britanniche in stile SAS. E anche se la Gran Bretagna vinse, fu una battaglia più dura del previsto con un numero di vittime non eccessivamente sproporzionato, con dati ufficiali che mostravano 255 morti, 775 feriti dalla parte britannica e 649 morti e 1.657 feriti dalla parte argentina.

2.

Il consenso sembra collocare il numero degli ucraini gravemente feriti, sia civili che militari, a circa 60.000. Se è così, chi si occuperà della riabilitazione di queste persone, oltre a fornire assistenza e sostegno continui? La questione è lasciata alle singole famiglie e comunità a livello locale e viene gestita diversamente in Russia.

In primo luogo, lasciatemi dire che credo che la cifra dei mutilati per l’Ucraina sia molto più alta dei 60.000 riportati di recente. Questo perché lo scorso autunno sono trapelati dei documenti che mostravano già 60.000 soldati senza arti o mutilati all’interno. Ciò significa che per ora possiamo solo supporre che il numero sia già 150-200.000. In effetti è interessante che recentemente abbiano scelto addirittura 60k come numero ufficiale poiché è quello che è trapelato l’anno scorso. Mi fa credere che abbiano semplicemente riportato il numero reale, ma molto obsoleto.

Per quanto riguarda la riabilitazione, sembra essere ovunque, con diffuse lamentele da parte dei familiari secondo cui lo Stato non si prende cura dei soldati. Ci sono molti video di soldati disabili che affermano di non aver ricevuto un centesimo dallo Stato. Ad esempio, prendiamo questo veterinario disabile dell’AFU a Sumy, che implorava gli scarti il ​​mese scorso:

Afferma chiaramente di aver prestato servizio nella 128a brigata d’assalto , ma dopo aver subito una disabilità è stato buttato fuori e ora chiede l’elemosina per strada, ottenendo zero dallo Stato.

Quindi, per la maggior parte, credo che, come hai detto tu, in molti casi dipenda dal livello individuale e comunitario. È difficile dire quanti siano effettivamente assistiti dal governo, e sono sicuro che ci sia una certa percentuale. Ma ci sono semplicemente troppe prove di prima mano che mostrano cose simili al video sopra.

In Russia non sono sicuro di aver sentito parlare di un solo caso in cui sia accaduta una cosa simile. Detto questo, non ho familiarità con i benefici specifici offerti ai mutilati/feriti, ma estrapolando da ciò che viene offerto alle famiglie dei soldati uccisi possiamo aspettarci che probabilmente ci sia un buon sostegno da parte del governo.

Al momento i benefici sociali offerti ai soldati russi in generale non sono secondi a nessuno nel mondo. Ottengono bonus molto preferenziali di ogni tipo, compresi terreni gratuiti, mutui super economici e varie cose di quella natura. Per non parlare della Russia che ha un sistema di assistenza sanitaria socializzata, dove puoi ottenere servizi gratuiti o economici in generale a seconda di dove vuoi andare.

3.

Simplicius, potresti per favore parlare di quanto sostegno pensi ci sia per la Russia nelle oblast non occupate, in particolare quelle che la maggior parte delle persone pensa potrebbero essere più probabilmente assorbite dalla Russia ad un certo punto in futuro, e quanto importante questo potrebbe essere o come è legato alla decisione della Russia di lanciare (o meno) una grande offensiva?

Mi piacerebbe immaginare che il sostegno alla Russia sia alto a Kharkiv, Nikolaev, Odessa, nella regione di Sumy, ecc., o nelle città di Zaporizhia e Kherson, ma questo potrebbe essere solo un pio desiderio da parte mia. Le persone in quelle regioni potrebbero aver subito il lavaggio del cervello nel corso degli anni da parte della propaganda ucro-nazista e potrebbero essere diventate più in sintonia culturalmente con l’ideologia nazionale proveniente dalla Galizia/Volynhia. Mi sembra che se davvero ci fosse un forte sostegno alla Russia nelle Oblast non occupate, e se la Russia volesse occupare quel territorio alla fine, creerebbe governi ombra e lancerebbe insurrezioni nell’Ucraina orientale, ma ciò non è accaduto. Potrebbe darsi che la Russia non lo abbia fatto perché vuole preservare intatte le aree che vuole occupare in seguito, vuole evitare una grave escalation che potrebbe coinvolgere la NATO, o forse perché la Russia in realtà non ha ampie ambizioni territoriali. Ma la mancanza di un’offensiva russa potrebbe essere dovuta solo al fatto che la Russia non ritiene di avere sostegno al di fuori delle aree che occupa attualmente, quindi non vuole lanciare offensive in territori dove la popolazione è ostile.

Innanzitutto premettiamo che al momento la posizione “ufficiale” è che la Russia non assorbirà ulteriormente, poiché lo stesso Peskov ha affermato che l’obiettivo attuale della Russia è solo quello di amministrare le regioni attualmente annesse che sono Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporozhye.

Tuttavia, molti di noi si rendono conto che, in ogni caso, diverse altre regioni chiave potrebbero essere annesse come minimo. Come hai detto tu, potenzialmente Odessa, Nikolayev, Kharkov e forse anche Dnipropetrovsk, Sumy, Chernigov, ecc.

Vorrei affrontare la questione dell’insurrezione ombra. Succede molto di più di quanto la maggior parte delle persone sappia . Bisogna tenere davvero l’orecchio attento per prenderne atto, ma c’è un significativo fattore partigiano in atto esattamente nelle aree di cui parli. Ne ho parlato di tanto in tanto, ad esempio in diversi video di qualche tempo fa dalla regione di Nikolaev si vedevano partigiani mascherati con voci mascherate che affermavano di compiere attacchi di sabotaggio nelle retrovie.

La settimana scorsa ha fatto scalpore questo video in cui un soldato ucraino ha detto che fino a un intero battaglione di uomini è stato ucciso nelle retrovie:

Se si scava nella tana del coniglio di ciò che sta accadendo, ci sono molte informazioni che indicano una forte forza partigiana che sta eliminando le forze ucraine nelle retrovie, a volte quando i soldati sono in vacanza, o fuori a fumare, o una varietà di altre cose. scenari.

Una recente trasmissione dei partigiani di Kherson:

LordBebo su Telegram ha fatto una piccola indagine approfondita, scoprendo molte di queste morti:

Per quanto riguarda il supporto, in definitiva l’unico vero indicatore che abbiamo sono le ormai famose mappe elettorali che mostrano le percentuali di voto delle elezioni precedenti che sono sicuro che ormai tutti abbiano visto:

E quegli spread sono rimasti più o meno gli stessi dai tempi di Kuchma. L’unica cosa interessante è che, quando vengono presentate queste mappe, ai filo-ucraini piace mostrare l’elezione di Zelenskyj e come lo spread sia cambiato drasticamente, con gran parte del Donbass che ha addirittura votato per lui.

Ma ovviamente l’alternativa era Poroshenko, e Zelenskyj ha mentito, presentandosi come colui che unisce tutte le persone. Ha promesso di porre fine al conflitto, di sostenere la lingua russa e di varie altre argomentazioni “populiste” rivolte all’Ucraina orientale. Ma appena ha vinto ha subito ribaltato il copione.

L’altra cosa che devi considerare è che, se e quando la Russia inizierà effettivamente ad avvicinarsi a quelle province, il segmento anti-russo presumibilmente fuggirà nell’Ucraina occidentale/Europa, ecc. Ciò significa che molta più popolazione filo-russa rimarrà ad aspettare. per la loro liberazione. Ciò significa che i successivi voti referendari per l’adesione alla Russia dovrebbero teoricamente privilegiare tutti gli stay-behind filo-russi, il che farebbe oscillare tali numeri addirittura più in alto del normale.

Quindi credo che la Russia otterrà facilmente una percentuale referendaria alta/favorevole nelle regioni che hai citato, come Nikolayev, Odessa, Kharkov, probabilmente anche Sumy, ecc.

Dopotutto, le percentuali per i precedenti erano estremamente alte:

Ciò significa che, anche se le regioni successive sono molto più basse, probabilmente si troveranno comunque nel territorio della “maggioranza”. Non avrebbe senso che Kherson avesse quasi il 90% e poi il vicino Nikolayev improvvisamente fosse al di sotto del 50%. Dai sondaggi che ho visto, Odessa, Nikolayev, ecc., probabilmente rientrerebbero almeno nell’intervallo del 65-75%, se non addirittura molto più in alto. Come ho detto, ricordate che gran parte dello schieramento anti-russo probabilmente fuggirebbe comunque quando l’esercito si avvicinasse.

4.

Sappiamo se il settore bellico autoctono dell’Ucraina produce veicoli, pezzi di artiglieria, carri armati, ecc.? Capisco che ci furono molti attacchi missilistici, ma se ricordo bene l’Ucraina lasciò l’URSS con un impianto di difesa abbastanza grande, comprese fabbriche di motori a reazione. Ho visto un articolo su di loro che producevano proiettili da 152 mm, ma sappiamo se sono stati tutti paralizzati?

Per prima cosa lasciatemi parlare delle bombe, che sono la cosa più realistica che l’Ucraina potrebbe mai tentare di produrre. All’inizio dell’anno circolavano molte voci secondo cui l’Ucraina aveva iniziato la produzione dei propri proiettili di artiglieria da 122 mm e 155/152 mm. Tuttavia la maggior parte di questo è fumo e specchi.

C’era un lotto di proiettili dall’aspetto strano che raggiunsero il fronte e che furono identificati dagli esperti dell’UA come produzione indigena, utilizzando tipi di esplosivi meno potenti e generalmente non buoni come la controparte sovietica:

Questi stessi esperti hanno ammesso che l’Ucraina non aveva capacità produttive prima di ciò:

Successivamente, le stesse truppe ucraine hanno ammesso in interviste video che i proiettili erano solo un piccolo lotto di prova, prodotto in qualche seminterrato:

Nella maggior parte dei casi si tratta di esagerazioni o di indicazioni sbagliate deliberate. Ad esempio, qui ammettono di ricaricare semplicemente le vecchie cariche di propellente/primer:

I proiettili scaduti devono essere rinnovati e molto probabilmente il loro “lotto di prova” era solo un vecchio proietto scaduto che hanno rivestito e sostituito gli esplosivi scaduti. Non esiste una vera produzione nazionale di artiglieria di questo tipo.

Per quanto riguarda armature e veicoli, ci sono alcune officine nascoste che continuano a riparare veicoli, ovviamente, ma produzione da zero di qualsiasi tipo? No, è inesistente.

Solo pochi giorni fa la Russia ha colpito un importante impianto corazzato di Kharkov di Ukroboronprom:

Il resoconto ufficiale affermava che la Russia aveva già colpito questo impianto in precedenza e che la maggior parte dei laboratori erano quindi già abbandonati e vuoti. C’erano solo uno o due laboratori rimasti dove veniva effettuato qualche tipo di lavoro di riparazione che ora colpiva la Russia. Questo dà un’idea di cosa sta succedendo in questo campo.

Nel primo edificio in via Bolshaya Panasovskaya, 218, è stato colpito un grande deposito di munizioni: entro 20 minuti dall’arrivo e dall’inizio dell’incendio, i proiettili hanno continuato a esplodere lì con la dispersione di frammenti.

Nel secondo edificio in via Bolshaya Panasovskaya 220 c’era un parcheggio per i veicoli, per lo più camion. Anche loro furono distrutti.
Si tratta del secondo attacco in un giorno nelle vicinanze dell’azienda: la mattina del 16 settembre, le forze armate russe hanno colpito con precisione una delle due officine dell’attività produttiva principale presso la KHBTZ, e hanno colpito con precisione anche il parcheggio dell’azienda veicoli blindati nella costruzione dello stabilimento di cemento armato.

Entrambi gli oggetti erano davvero molto importanti per il nemico. (Rybar)

Un recente buon articolo di Sputnik affronta proprio questo argomento. Si afferma che l’Ucraina afferma di produrre sistemi di mortaio e proiettili di mortaio: questo almeno potrebbe essere possibile in piccole quantità perché una produzione così piccola potrebbe essere nascosta da qualche parte negli scantinati. Ma l’articolo continua:

“I siti di produzione in Ucraina, che [la Russia] periodicamente rileva e distrugge, sono specializzati principalmente nell’assemblaggio di droni e nella fabbricazione di droni d’attacco a lungo raggio”, ha affermato Alexei Leonkov, analista militare ed editore di Arsenal Otechestva (Arsenal of the Patria), ha detto a Sputnik . “Cioè, dai componenti che ricevono dall’estero, li assemblano. Non hai bisogno di molto spazio per questo. La cosa principale è assemblare tutti i componenti principali in forma smontata, portarli sul sito di lancio, assemblare e lanciare il drone all’indirizzo.”

Si prosegue notando che hanno produzioni per convertire cose come il drone Tu-141 e i missili S-200 che hanno convertito in complessi di attacco terra-terra. Quindi questo tipo di lavoro di conversione e ristrutturazione va avanti, ma da zero non viene prodotto nulla di importante.

Hai menzionato ciò che l’Ucraina ha ereditato dall’URSS. L’articolo sopra in realtà entra nei dettagli se sei interessato. Si afferma che furono ereditate un totale di 447 imprese, come la produzione localizzata di carri armati T-64, aerei Antonov, Luch Design Bureau per l’artiglieria missilistica, ecc.

Quanto di questo rimane? L’articolo scrive che la Russia ne ha distrutto il 60-70%:

“Secondo varie stime, dal 60 al 70% di questo patrimonio [sovietico] è stato distrutto”, ha detto l’analista militare. “Fondamentalmente, le grandi imprese, i grandi laboratori industriali e così via sono stati distrutti. Ma ce ne sono ancora molti piccoli. Inoltre, se si guarda cosa sta facendo l’Ucraina, allora la produzione di tali armi o la modernizzazione possono essere effettuate in qualsiasi impianti di produzione. Pertanto, il compito della nostra intelligence è identificare tali impianti di produzione e distruggerli in ogni modo possibile.”

L’esperto citato nell’articolo affronta anche la situazione delle munizioni e afferma che l’Ucraina sta dicendo “false” riguardo alla produzione di munizioni.

5.

Unirò queste due domande simili:

Era curioso che Cypress fosse un proprietario terriero in Ucraina. Supponiamo che si tratti di società holding bancarie, quali sono gli interessi monetari più probabili?

E:

Presumibilmente l’Ucraina ha promesso terre e altri beni a società del calibro di Blackrock, Vanguard e altri attori finanziari occidentali. Sappiamo dove si trovano queste risorse, cioè si trovano nelle oblast attualmente controllate/rivendicate dai russi, e in caso affermativo, questo ha qualche ruolo nel fatto che l’Ucraina sia costretta a continuare a combattere?

L’argomento della terra ucraina è piuttosto ampio e complesso, ma è certamente vero che le aziende/banche occidentali stanno acquistando terra ucraina, ma non così direttamente come viene affermato in molti di questi siti Web loschi, allarmisti e poco affidabili.

Ad esempio la dichiarazione di Orban di pochi giorni fa:

💥🌾💥Il grano ucraino è in realtà il grano americano

“Il cosiddetto grano ucraino è in realtà un prodotto commerciale americano perché viene coltivato su terreni che probabilmente sono stati per lungo tempo di proprietà di aziende negli Stati Uniti”, ha detto il primo ministro ungherese Viktor Orban.

Il leader ungherese ha aggiunto che Bruxelles difende gli interessi americani non estendendo il divieto sulle importazioni di grano ai paesi dell’UE confinanti con l’Ucraina. Secondo lui, se la Commissione europea non estenderà il divieto sulle forniture di grano dall’Ucraina a cinque paesi dell’Europa centrale, l’Ungheria estenderà unilateralmente l’embargo.

La moratoria sulla vendita dei terreni agricoli, in vigore in Ucraina da 20 anni, è stata ufficialmente revocata nel luglio 2021.

La nuova legge ha creato sufficienti scappatoie affinché le società straniere possano acquisire indirettamente terreni in Ucraina.

Appena entrato in carica nel 2019, Zelenskyj ha immediatamente ordinato la privatizzazione dei terreni agricoli ucraini come uno dei suoi primi atti importanti :

Tuttavia, ai fact-checker piace questo affermano che la maggior parte delle notizie al riguardo sono false e che rimane illegale per le società straniere possedere direttamente la terra ucraina. Tuttavia, se leggi fino in fondo il loro fact-check, vedrai che ammettono che grandi aziende come Cargill, Dupont, Monsanto, ecc., stanno in realtà acquistando azioni delle più grandi aziende agricole ucraine. Pertanto, possiamo supporre che il piano sia quello di controllarli “dall’interno” e possedere la terra ucraina con il “pretesto” che sia ancora di proprietà ucraina.

Va notato, tuttavia, che finora le loro quote sembrano rimanere basse e non ho ancora visto alcuna prova diretta di vere e proprie “acquisizioni di massa” di terreni, azioni, ecc., quindi molte di queste potrebbero essere false “cospirazioni”. teoria”. Cargill, Monsanto e altri possiedono vari impianti e produzioni di sementi in Ucraina, ma la proprietà straniera totale dei terreni ucraini, almeno secondo queste cifre un po’ obsolete del 2016, non è particolarmente elevata:

https://simplicius76.substack.com/p/subscriber-mailbag-answers-91823?utm_source=post-email-title&publication_id=1351274&post_id=137026912&utm_campaign=email-post-title&isFreemail=false&r=9fiuo&utm_medium=email

Il disadattamento delle élites occidentali. Intervista a Massimo Morigi

Il sito italiaeilmondo.com ha iniziato a rivolgere quattro domande a Aurelien[1], e continua a proporle, identiche, a diversi amici, analisti, studiosi italiani e stranieri.

Oggi risponde il nostro collaboratore Massimo Morigi

Qui il collegamento con la raccolta di tutti gli articoli sino ad ora pubblicati_Giuseppe Germinario, Roberto Buffagni

DA MASSIMO MORIGI RISPONDENDO ALLE DOMANDE GIÀ POSTE AD Aurélien E POI AGLI ALTRI AMICI DE “l’ITALIA E IL MONDO”

  1. Quali sono le ragioni principali dei gravi errori di valutazione commessi dai decisori politico-militari occidentali nella guerra in Ucraina?

La domanda n.1 deve essere necessariamente diversamente formulata, e la corretta formulazione è «Quali sono le ragioni principali dei gravi errori di valutazione commessi dai decisori anglo-americani nella guerra in Ucraina?», in quanto nella vicenda specifica (come in tutte quelle che riguardano le decisioni veramente strategiche del c.d. occidente) di decisori europei – escludendo ovviamente dal novero degli c.d. europei quei paesi dell’est e del nord-Europa di nuova aggiunta all’UE o di prossima unione alla stessa che per ragioni storiche hanno il dente avvelenato contro la Russia e che vedono nella NATO come il suo logico antemurale – non s’è vista traccia. Sotto questo punto di vista, penoso l’atteggiamento che ha assunto la Francia. Se per quanto riguarda l’Italia e la Germania il servilismo verso la NATO è del tutto scontato vista il progressivo dileguarsi in seguito alla caduta del muro di Berlino di una qualsivoglia politica estera autonoma da parte di questi due paesi (torneremo sull’Italia), per quanto riguarda la Francia si è trattato di barattare la schiena curva ai diktat angloamericani in cambio di una sorta di mano libera (ma libera si fa per dire, perché il margine di azione della Francia lasciato dagli angloamericani è assai stretto e condizionato) in Africa. All’Esagono, auguri e figli maschi!, come si suol dire.

2) Sono errori di una classe dirigente o di un’intera cultura?

Alla domanda due si è già risposto in parte con la risposta n.1, nel senso che se la guerra di Ucraina è stata un errore di una classe dirigente, di un eventuale errore della classe dirigente statunitense (e in subordine di quella britannica) si deve parlare, tenendo ovviamente presente che quando si parla di classi dirigenti non le si deve mai intendere come blocchi monolitici che prendono questa o quella decisione. Il termine classe dirigente è una drastica semplificazione creata per dare un senso apparentemente logico e con una teleologia ispirata alla logica aristotelica a decisioni che in realtà sono il frutto di fortissimi scontri fra gruppi ferocemente contrapposti. A questo proposito è di tutta evidenza che per comprendere appieno queste dinamiche e per una riscrittura delle categorie della politica ci sarebbe anche la necessità di adottare paradigmi logico-filosofici diversi, uno dei quali è il paradigma olistico-dialettico-espressivo-strategico-conflittuale del Repubblicanesimo Geopolitico, ma non è questa la sede specifica per discuterne, mentre su un piano più strettamente storico, è ovvio che si risponde di sì, cioè che siamo di fronte per il c.d. occidente al fallimento della cultura liberal-illuministica che se, sul piano delle élite porta a non capire le reali dinamiche storico-sociali di un mondo che va verso sempre un maggiore multipolarismo, sul piano del popolo tende a creare delle masse culturalmente abbruttite ed economicamente disperate sulle quali si possono svolgere le più cupe e criminali operazioni, una delle quali, mi preme particolarmente sottolineare questo punto, è favorire in tutti i modi possibili ed immaginabili la denatalità delle popolazioni. È di tutta evidenza che con l’attuale denatalità dell’occidente e con la conseguente composizione per età di queste popolazioni dove i vecchi sormontano i giovani, non sono assolutamente concepibili né rivoluzioni più o meno violente né rivoluzioni più o meno culturali. Con i vecchi non si può fare nessun tipo di rivoluzione, in essi prevale la paura di vivere male gli ultimi anni della loro vita e tutto il resto può ben andare al diavolo, il massimo che ci si può aspettare da costoro è qualche – giustissima, per carità! – protesta per innalzare le misere pensioni.

3)La guerra in Ucraina manifesta una crisi dell’Occidente. È reversibile? Se sì, come? Se no, perché?

Discende logicamente dalle prime due risposte che la crisi di questo occidente è assolutamente irreversibile, sarebbe necessario, per farla breve, più cultura, politica e non, e più popolo e per essere assolutamente chiari, le ondate migratorie che assaltano il c.d. occidente sono assolutamente inadeguate sia per creare più cultura che per creare più popolo per il semplice fatto che questa sostituzione culturale (non etnica, i poveretti di destra che usano quest’ultima terminologia non fanno altro che dimostrare la loro inadeguatezza nel definire il fenomeno, anche se unita all’intuizione del pericolo, ma una intuizione che non trova le parole per esprimersi vale meno di niente ed è anzi dannosa) non sprigiona alcuna contraddizione all’interno della società ma solo maggiori richieste securitarie da parte degli autoctoni, per giunta per lo più pensionati o in via di, e il giochetto del divide et impera (fra chi vuole più sicurezza, la destra, e chi vuole più libertà, la sinistra, stanca erede della tradizione illuministico-liberale, entrambe gabbate nei loro rispettivi elettorati perché il problema vero è il sempre maggior restringimento degli spazi di libertà diffusa e condivisa, perché vera libertà, come ha più volte sottolineato la dottrina del Repubblicanesimo Geopolitico, altro non è che un concreto potere cellularmente diffuso in tutti gli strati della società) è fatto.

4) Cina e Russia, le due potenze emergenti che sfidano il dominio unipolare degli Stati Uniti e dell’Occidente, dopo il crollo del comunismo si sono ricollegate alle loro tradizioni culturali premoderne: Il confucianesimo per la Cina, il cristianesimo ortodosso per la Russia. Perché? Il ritorno all’indietro, letteralmente “reazionario”, può attecchire in una moderna società industriale?

Certo, sì, sono ricollegate alle loro tradizioni premoderne ma, sinceramente, la mobilitazione – o l’addormentamento – delle masse richiede sempre qualche slogan, il fatto veramente importante è che questi slogan di stampo premoderno permettono di contrapporsi con successo alla narrazione illuministico-liberale che fa il gioco del c.d.blocco occidentale, cioè degli Stati uniti e del suo reggicoda Gran Bretagna, seguiti dalla attuale compagnia cantante dove l’Italia è l’ultima ruota del triste e sgangherato carro. Importante sottolineare che di narrazioni premoderne si tratta e di narrazioni illuministico-liberali si tratta, cioè che in entrambi i casi si tratta di retoriche di mobilitazione e/o smobilitazione delle masse, con una differenza però. Le retoriche atavistiche tendono comunque a far emergere un mondo multipolare e a far prevalere le mobilitazioni popolari, la qual cosa se contiene dei pericoli di totalitarismo favorisce l’irrobustimento e la fiducia in sé dei vari popoli verso il quali sono indirizzate queste retoriche, mentre le retoriche liberal-illuministiche vanno non solo interamente nella direzione di un disegno imperialistico, ça va sans dire, ma soprattutto alla disintegrazione culturale ed anche demografica del popolo. Se proprio vogliamo tenerci per buono il termine ‘democrazia’ (vi prego non ridete per il mio uso di questa parola che più sputtanata non potrebbe essere), si può dire che il c.d. occidente va verso una democrazia senza popolo, inteso questo ‘senza’ nel senso sia dal punto di vista culturale, cioè un popolo sempre più abbruttito, ma anche un popolo sempre più in decrescita demografica. E così questo nuovo tipo di dominio totalitario è servito. Un’ultima parola per quanto riguarda l’Italia, non per niente il nostro blog si chiama “L’Italia e il Mondo”. L’Italia è il paese dove quanto detto finora riguardo la crisi dell’occidente è più evidente che in tutti gli altri paesi investiti da questa degenerazione cultural-demografica (e per essere veramente realisti riguardo il suo ruolo nello scenario del c.d. occidente, esso è direttamente condizionato dalla sua dipendenza culturale ed economica dalla sfera angloamericana; detto brutalmente: nel suo attuale stato delle cose l’Italia altro non è che un paese costretto a comportarsi come un vile soldato di ventura che arruolatosi per la paga e/o per sfuggire ai suoi debiti, deve rispondere signorsì ogni qual volta viene chiamato a combattere. Situazione plasticamente rappresentata nella sua scriteriata ma anche ineluttabile partecipazione alla guerra di Ucraina e tutto il resto sono racconti di fate).

Condivido però con Machiavelli, tramite il sempre ottimo Teodoro Klitsche de la Grange «che per rigenerare una repubblica occorre “ritornare” al principio.» E su questo sarò breve. Questo principio non è certo la costituzione del ’48 dove, dettaglio più comico non si potrebbe immaginare alla luce dell’attuale situazione, l’Italia ripudia la guerra (se mi si passa la battuta, ripudiare la guerra ha lo stesso valore etico ed operativo di ripudiare il mal di denti, ma ad una nazione che ha perso la guerra ed è ridotto allo stato di colonia degli Stati uniti questo ed altro bisogna perdonare!), ma il nostro Risorgimento e non tanto il Risorgimento oleografico (Cavour voleva l’unità d’Italia?, manco per idea, egli voleva solo allargare il regno del Piemonte fino all’Italia centrale e oleografia che fra l’altro tralascia il piccolo dettaglio che l’unità d’Italia, oltre alla Francia che palesemente aiutò l’espansionismo del Piemonte, ebbe dietro le quinte la Gran Bretagna per sostituirsi al dominio nella penisola italica dell’impero austroungarico e per far fuori il Regno delle due Sicilie che non voleva uniformarsi alla sua politica imperialista nel Mediterraneo e contro la Russia: il Regno delle due Sicilie aveva proclamato la sua neutralità nella guerra di Crimea, una neutralità de facto favorevole alla Russia, uno sgarro che la Gran Bretagna non gli poteva certo perdonare, corsi e ricorsi…, si veda in proposito “Eugenio di Rienzo, Il Regno delle due Sicilie e le Potenze Europee, Rubettino, 2012” ed anche la mia conferenza tenuta il 10 marzo 2023 alla Casa Matha di Ravenna, “Lo Stato delle Cose della Geopolitica Italiana nei Conflitti Mazzini/Garibaldi”, all’URL https://www.youtube.com/watch?v=KwA00IOPCsM , dove affermo con la massima chiarezza che la spedizione dei Mille senza l’appoggio della flotta britannica non sarebbe stata possibile e i garibaldini sarebbero finiti in pasto ai pesci) ma proprio quel Risorgimento sconfitto dalla storia perché in totale antitesi col progetto imperialistico sabaudo che non poteva accettare la nascita e la costruzione di un vero ed autentico popolo italiano come avrebbe voluto Giuseppe Mazzini (il sud, in poche parole, una volta conquistato dalla dinastia sabauda tramite la spedizione dei Mille, svolse egregiamente il ruolo di un territorio da sfruttare con tecniche di prelievo delle risorse economiche ed umane tipiche delle metropoli del Vecchio continente verso le colonie extraeuropee). E quindi, oltre ad un ritorno a Mazzini, bisogna tornare a pensare a Gramsci e al suo moderno principe centro unificatore e di irradiazione di pedagogia e politica popolar-proletaria, il cui compito, con profonde similitudini con l’azione mazziniana di educazione nazionale sotto l’insegna di Dio e Popolo, sarebbe stato quello di costruire un popolo rivoluzionario. Quindi il realismo politico di Machiavelli e poi Mazzini e poi Gramsci che seppur del Risorgimento critico senza sconti e del secondo non certo un grande estimatore ma che entrambi avevano ben capito che senza un popolo, e non una massa anomica e dispersa sul modello liberal-illuminista, nessuna azione politica realmente progressiva e di autentica libertà ed anche rivoluzionaria è possibile. Penso che da costoro sia assolutamente necessario ripartire e, per quanto ci riguarda come “L’ Italia e il Mondo”, indirizzare i nostri sforzi. 

Massimo Morigi, settembre 2023

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate: postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704 oppure iban IT30D3608105138261529861559 oppure 

PayPal.Me/italiaeilmondo

Su PayPal, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

 

 

Cosa gli Stati Uniti impareranno, e non impareranno, dalla loro guerra in Ucraina di Bernhard Horstmann

Cosa gli Stati Uniti impareranno, e non impareranno, dalla loro guerra in Ucraina

di Bernhard Horstmann

https://www.moonofalabama.org/2023/09/what-the-us-will-learn-and-not-learn-from-the-war-in-ukraine.html#more

La rivista trimestrale Parameters dell’U.S. Army War College ha pubblicato un interessante articolo sulle capacità belliche degli Stati Uniti:

https://italiaeilmondo.com/2023/09/15/lezioni-dallucraina-per-le-forze-armate-del-futuro/

L’abstract recita:

Cinquant’anni fa, l’esercito degli Stati Uniti si trovò di fronte a un punto di inflessione strategica dopo il fallimento dello sforzo controinsurrezionale in Vietnam. In risposta alle lezioni apprese dalla guerra dello Yom Kippur, fu creato lo United States Army Training and Doctrine Command [Comando per l’addestramento e la dottrina dell’esercito degli Stati Uniti, N.d.C.] per riorientare il pensiero e la dottrina sulla minaccia convenzionale sovietica. L’Esercito di oggi deve accogliere il conflitto russo-ucraino come un’opportunità per riorientare la forza, trasformandola in un esercito lungimirante e formidabile come quello che vinse l’operazione Desert Storm. Questo articolo suggerisce i cambiamenti che l’Esercito dovrebbe apportare per preparare il successo nelle operazioni di combattimento multidominio su larga scala nell’odierno punto di inflessione strategico.

È normale che un esercito analizzi le guerre in corso o appena concluse e ne tragga delle conclusioni. Tali sforzi dovrebbero poi portare a cambiamenti nella struttura militare o nelle sue procedure.

Tuttavia, è improbabile che lo sforzo di cui sopra porti ai cambiamenti auspicati dagli autori.

Gli autori sottolineano correttamente che il comando e il controllo delle truppe via radio è problematico quando il nemico ha i mezzi per rilevare tutto il traffico radio:

La guerra Russia- Ucraina evidenzia che la segnatura elettromagnetica emessa dai posti di comando degli ultimi 20 anni non può sopravvivere contro il ritmo e la precisione di un avversario che possiede tecnologie basate su sensori, guerra elettronica e sistemi aerei senza equipaggio o ha accesso alle immagini satellitari; questo include quasi tutti gli attori statali o non statali che gli Stati Uniti potrebbero trovarsi a combattere nel prossimo futuro. 

La soluzione sta nell’uso estensivo del Comando di Missione (nell’originale tedesco: Auftragstaktik) che consente ai leader subordinati di pianificare e operare autonomamente nel contesto dato:

Quando Milley era capo di Stato Maggiore dell’Esercito, spiegava il comando di missione attraverso il concetto di “disobbedienza disciplinata”, in cui i subordinati sono autorizzati a compiere una missione per raggiungere lo scopo prefissato dal comandante, anche se per farlo devono disobbedire a un ordine o a un compito specifico. In assenza di una comunicazione perfetta, si deve poter confidare che l’ufficiale subalterno o il soldato prenderanno la decisione giusta in battaglia, senza dover chiedere l’approvazione per piccoli aggiustamenti.

Questo è un problema culturale. Il comando di missione deve essere vissuto e sperimentato fin dal primo giorno in cui un civile diventa un soldato. Il corpo degli ufficiali americani è più abituato all’ordine diretto e al controllo. La cultura del Comando di Missione non è gradita perché gli errori delle unità subordinate vengono ancora imputati al livello di comando superiore.

Il Comando di Missione usa meno comunicazione rispetto all’ordine diretto e al controllo ed è più robusto quando la merda colpisce il ventilatore. Ma, a differenza delle forze armate tedesche, l’esercito americano non è mai stato all’altezza. Dubito che la situazione cambierà.

 

Il problema successivo è il numero elevato di vittime:

La guerra tra Russia e Ucraina sta mettendo a nudo significative vulnerabilità della profondità strategica del personale dell’Esercito e della sua capacità di sopportare e rimpiazzare le perdite11. I pianificatori medici di teatro dell’Esercito possono prevedere una percentuale costante di circa 3.600 caduti al giorno, tra gli uccisi, i feriti o gli affetti da malattie o altre lesioni non ricevute battaglia.12 Con un tasso di rimpiazzo previsto del 25%, il sistema del personale richiederà 800 nuove unità al giorno. Per fare un confronto, gli Stati Uniti hanno subito circa 50.000 perdite in due decenni di combattimenti in Iraq e Afghanistan. In operazioni di combattimento su larga scala, gli Stati Uniti potrebbero subire lo stesso numero di vittime in due settimane.

Il tasso di sostituzione del 25% è probabilmente troppo basso. Considerate questo[1] titolo attuale di “Strana”(traduzione automatica):

Su 100 persone, ne sono rimaste 10-20. Il capo del TCC di Poltava ha raccontato le perdite nel suo distretto[2]

Il TCC è l’amministrazione ucraina responsabile del reclutamento dei coscritti.

 

Su 100 persone mobilitate nell’autunno dello scorso anno, ne sono rimaste 10-20, il resto sono morti, feriti e disabili.

Lo ha dichiarato il capo del TCC regionale di Poltava, Vitaliy Berezhnoy, intervenendo ieri alla 39ª sessione del Consiglio comunale di Poltava.

Il problema è che gli Stati Uniti non hanno più le riserve necessarie per sostenere un conflitto di grandi dimensioni:

l’Esercito degli Stati Uniti si trova ad affrontare una terribile combinazione tra carenza nel reclutamento e riduzione della Individual Ready Reserve [Riserva composta da ex membri effettivi o della riserva dell’esercito, N.d.C.] Questa carenza nel reclutamento, pari a quasi il 50% nelle carriere che preparano le truppe di prima linea, è un problema longitudinale. Ogni soldato di fanteria e forze corazzate che non reclutiamo oggi è una risorsa strategica per la mobilitazione che non avremo nel 2031. La Individual Ready Reserve, che era di 700.000 unità nel 1973 e di 450.000 nel 1994, è ora composta da 76.000 unità. Questi numeri non sono in grado di colmare le lacune esistenti nella forza attiva, per non parlare del rimpiazzo delle perdite o dell’espansione delle forze in un’operazione di combattimento su larga scala.[3] 

Gli autori raccomandano di reintrodurre una coscrizione parziale.

 

Dal punto di vista politico questo non è possibile. Qualsiasi presidente che lo facesse si troverebbe di fronte all’immediata ostilità dei suoi elettori.

Inoltre, c’è il problema piuttosto grande che la maggior parte dei giovani cittadini statunitensi non sono nemmeno qualificati per la coscrizione[4]:

Un nuovo studio del Pentagono mostra che il 77% dei giovani americani non sarebbe idoneo al servizio militare senza una deroga a causa del sovrappeso, dell’uso di droghe o di problemi di salute mentale e fisica.

Una diapositiva che illustra i risultati del 2020 Qualified Military Available Study del Pentagono, condivisa con Military.com, mostra un aumento del 6% rispetto all’ultima ricerca del 2017 del Dipartimento della Difesa, secondo cui il 71% degli americani non sarebbe idoneo al servizio.

“Se si considerano i giovani squalificati per un solo motivo, i tassi di squalifica più diffusi sono il sovrappeso (11%), l’abuso di droghe e alcol (8%) e la salute medica/fisica (7%)”, si legge nello studio, che ha esaminato gli americani di età compresa tra i 17 e i 24 anni. Lo studio è stato condotto dall’Ufficio del personale e della preparazione del Pentagono.

Inoltre, la maggior parte dei giovani non è interessata a prestare servizio nell’esercito[5]:

 

Solo il 9% dei giovani si mostra propenso a prestare servizio, secondo i dati del Dipartimento della Difesa condivisi con ABC News. È il numero più basso degli ultimi 15 anni.

Il secondo ex alto funzionario militare ha detto che il problema del reclutamento è un segno di problemi sociali più ampi.

È uno specchio del nostro Paese. È il nostro Paese, e quei reclutatori vedono questi problemi in prima persona ogni giorno”, ha detto l’ex funzionario.

Il punto successivo del documento di “Parameters” è l’ampia introduzione dei droni:

L’uso onnipresente di veicoli aerei senza pilota, di veicoli di superficie senza pilota, di immagini satellitari, di tecnologie basate su sensori, di smartphone, di collegamenti dati commerciali e di intelligence open-source sta cambiando radicalmente il modo in cui gli eserciti combatteranno sul terreno, proprio come i veicoli aerei senza pilota hanno cambiato il modo in cui le forze aeree conducono le operazioni in questo secolo.17 Questi sistemi, insieme alle emergenti piattaforme di intelligenza artificiale, accelerano drasticamente il ritmo della guerra moderna.

Le forze armate occidentali non hanno ancora introdotto i droni nella scala necessaria. Le forze armate ucraine e russe hanno fatto bene. Hanno riconosciuto che i droni sono, come le munizioni, beni di consumo e l’Ucraina ne avrebbe persi 10.000 al mese. Oltre ai droni da ricognizione, i droni armati con visuale in prima persona (FPV) hanno portato a un ampio uso dei droni nel ruolo di artiglieria di precisione.

Qualsiasi unità che si radunerà sul futuro campo di battaglia verrà immediatamente individuata e colpita. Questo complica la preparazione di qualsiasi operazione di grandi dimensioni.

 

Ciò richiederà, secondo l’autore, un nuovo livello di inganno nella preparazione alla battaglia. Richiede anche una maggiore ricognizione e intelligence multidominio a tutti i livelli. Ogni leader di gruppo dovrebbe avere a disposizione un tablet e le informazioni necessarie.

Questo punto è probabilmente il più facile da risolvere. Occorre solo attendere che siano disponibili le strutture produttive necessarie per produrre le quantità massicce di droni necessarie e per ottenere un sistema di informazione a basso costo fino all’ultimo livello.

Gli altri problemi, il comando di missione, le riserve di personale e l’idoneità al reclutamento, sono questioni culturali che resisteranno al cambiamento.

L’esercito statunitense, come molti altri occidentali, non è attualmente in grado di combattere su larga scala come sta facendo l’esercito russo.

Questo non riguarda solo l’esercito, ma anche la marina e l’aeronautica. La capacità di costruzione navale degli Stati Uniti è 200 volte inferiore a quella della Cina[6]. Le navi della Marina americana sono delle boiate mal concepite[7]. I jet F-35 hanno tassi di disponibilità operativa terribili[8].

Nonostante tutto ciò, i politici statunitensi continuano a istigare guerre contro competitori di alto livello.

I risultati di una guerra contro la Russia o la Cina con le forze militari di cui gli Stati Uniti dispongono attualmente sarebbero imbarazzanti. Sarebbe molto meglio non provarci mai.

[1] https://twitter.com/I_Katchanovski/status/1703021253425021061/history

[2] https://strana.today/news/445457-nachalnik-poltavskoho-ttsk-rasskazal-o-situatsii-s-mobilizatsiej-v-svoem-okruhe.html

[3] https://italiaeilmondo.com/2023/09/15/lezioni-dallucraina-per-le-forze-armate-del-futuro/

[4] https://www.military.com/daily-news/2022/09/28/new-pentagon-study-shows-77-of-young-americans-are-ineligible-military-service.html

[5] https://abcnews.go.com/Politics/military-struggling-find-troops-fewer-young-americans-serve/story?id=86067103

[6] https://www.foxnews.com/world/chinese-shipbuilding-capacity-over-200-times-greater-than-us-navy-intelligence-says

[7] https://asiatimes.com/2023/09/takeaways-from-us-navys-littoral-combat-ship-fiasco/

[8] https://www.defensenews.com/air/2022/03/16/full-weapons-tester-report-highlights-f-35-availability-software-problems/

Le conseguenze dell’allargamento dell’UE all’Ucraina, di Maxime Lefebvre

Le conseguenze dell’allargamento dell’UE all’Ucraina

Maxime Lefebvre

27 luglio 2023

Dalla rivoluzione arancione del 2004 all’invasione russa del 2022, l’Ucraina ha costantemente bussato alla porta dell’Unione Europea. Ma a differenza della NATO, l’UE non ha mai offerto all’Ucraina la prospettiva di adesione, come invece ha fatto con i Paesi dei Balcani occidentali (nel 2000) e con la Turchia (nel 1963). L’UE ha riconosciuto le “aspirazioni europee” dell’Ucraina e ha accolto con favore la sua “scelta europea”, ma non le ha mai concesso una “prospettiva europea”, nonostante le pressioni del Regno Unito (che nel frattempo ha lasciato l’Unione), della Svezia e degli Stati membri dell’Europa orientale. I Paesi Bassi hanno persino subordinato la ratifica dell’accordo di associazione nel 2016 a una dichiarazione referendaria che non prevedeva alcuna prospettiva di adesione.

Tutto è cambiato con la guerra in Ucraina nel 2022. Per solidarietà con gli ucraini, è diventato impossibile negare a questo popolo martire e a questo “Paese europeo” (riconosciuto come tale in una dichiarazione UE-Ucraina del 2008 adottata sotto la presidenza francese, ma non come “Stato europeo” ai sensi dell’articolo 49 del TUE) la prospettiva di entrare un giorno nell’Unione. Per non creare divisioni sgradite in questo contesto, il Consiglio ha passato la palla alla Commissione, che si è affrettata a esprimere un parere favorevole, e il Consiglio europeo ha accettato la domanda ucraina a tempo di record, già a giugno (la Turchia aveva aspettato fino al 1999 per essere ufficialmente accettata). Contemporaneamente, è stata accettata anche la domanda della Moldavia (geopoliticamente legata al destino dell’Ucraina) e la Georgia ha ottenuto una prospettiva europea.

La questione non è più se si apriranno i negoziati di adesione, ma quando e quali saranno le conseguenze di questi nuovi allargamenti. Le cose possono accadere rapidamente, visto che sono passati appena dieci anni tra la prospettiva di adesione dei Paesi dell’Europa centrale e orientale (PECO) a Copenaghen (1993) e il grande allargamento a Est (2004).
Uno spostamento dell’Unione verso est

Supponiamo che l’allargamento alla Turchia rimanga congelato (i negoziati sono fermi dal 2020) e che l’Unione si espanda “solo” ai sei Paesi dei Balcani occidentali in attesa di adesione e ai tre nuovi candidati a Est. L’Unione passerebbe da 27 a 36 membri, la maggior parte dei quali (20) sarebbero ex “Paesi del blocco orientale” e insieme soddisferebbero uno dei criteri per la maggioranza qualificata nel Consiglio (55% degli Stati). Questo criterio numerico è importante anche per la Commissione, dove la maggioranza dei commissari proverrebbe dall’Europa orientale.

Dal punto di vista demografico, i nuovi membri non hanno molto peso rispetto ai 450 milioni di abitanti dell’Unione Europea a 27: 20 milioni per i Balcani e appena 40 milioni per l’Ucraina. L’Unione Europea non riacquisterebbe nemmeno la popolazione precedente alla Brexit. Con una maggioranza in Consiglio secondo il criterio della maggioranza numerica, i Paesi dell’Europa orientale nel loro insieme non raggiungerebbero la minoranza di blocco secondo il criterio demografico (35% della popolazione). Le decisioni dovranno quindi tenere conto degli interessi dell’Est, ma si può prevedere che l’influenza dei Paesi occidentali più popolosi e ricchi rimarrà predominante, soprattutto perché i parlamentari e i funzionari europei vengono assunti più o meno in proporzione alla popolazione degli Stati interessati.

La divisione tra Est e Ovest può tuttavia essere problematica sotto molti aspetti. Secondo il criterio religioso, che è alla base dell’approccio delle “civiltà” di Samuel Huntington (Clash of Civilisations, 1996), alcuni degli attuali PECO appartengono alla civiltà dell’Europa occidentale (caratterizzata dal cristianesimo cattolico e protestante), mentre Grecia, Bulgaria, Romania, Moldavia, Ucraina, Georgia, Serbia, Macedonia e Montenegro hanno una tradizione ortodossa e tre Paesi hanno una maggioranza musulmana (Albania, Bosnia e Kosovo). Sulle questioni migratorie, il rifiuto del gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia) dell’immigrazione non cristiana e non europea potrebbe trovare un sostegno più ampio.

Il sociologo Henri Mendras (L’Europe des Européens, 1997) ha teorizzato il divario tra i Paesi dell’Europa occidentale e quelli dell’Europa orientale, i quali non hanno sperimentato, o hanno sperimentato solo con ritardo, i processi di individualizzazione, costituzione di Stati nazionali, industrializzazione e democratizzazione tipici dell’Occidente. I problemi con lo Stato di diritto in Ungheria e Polonia (e altrove), o con la corruzione endemica (in particolare in Ucraina), sono difficili da superare e potrebbero non essere mai superati.
Convergenza economica o rapporto centro/periferia?

Il divario è anche economico. L’Ucraina è un Paese povero per gli standard dell’UE: il 25% del PIL pro capite della Polonia (erano allo stesso livello nel 1990), il 10% di un Paese come la Francia. E gli altri futuri Paesi dell’allargamento non se la passano molto meglio. L’adesione di 60 milioni di poveri comporterà un maggiore bisogno di solidarietà, attraverso gli aiuti della Politica agricola comune e della politica regionale, che saranno finanziati a spese degli aiuti ricevuti dagli altri Paesi meno sviluppati della periferia orientale e mediterranea dell’UE, oppure dovranno essere finanziati dai Paesi più ricchi.

Tuttavia, la capacità redistributiva dell’UE è minata dall’uscita del Regno Unito (che rappresentava un contributo netto significativo), dalla ricaduta dei Paesi mediterranei in seguito alla crisi dell’eurozona e dalla riluttanza di diversi Paesi ricchi ad aumentare la spesa per l’UE in un contesto di debito eccessivo e di rigore di bilancio. Inoltre, come ha dimostrato il caso delle importazioni ucraine di cereali che hanno provocato richieste di salvaguardia da parte di alcuni Paesi dell’Europa orientale, il libero scambio con l’Ucraina ha effetti problematici anche per l’UE.

È possibile ipotizzare uno scenario ottimistico di convergenza in cui l’Ucraina seguirebbe lo sviluppo economico della Polonia e di altri Paesi dell’Europa centrale e orientale, il che ridurrebbe a lungo termine la necessità di solidarietà. Tuttavia, il caso della Grecia dopo il 2010 dimostra che non si possono escludere arretramenti in Paesi in cui lo Stato di diritto non è ben consolidato, e il caso dell’Italia dimostra che il Mezzogiorno non è mai stato in grado di recuperare il ritardo rispetto al Nord del Paese.

È ipotizzabile un altro scenario in cui la periferia orientale e mediterranea dell’Unione rimarrebbe permanentemente sottosviluppata. Ciò si accompagnerebbe a un esodo delle forze vitali di questi Paesi verso un futuro migliore in Germania o in altri Paesi dell’Europa occidentale, come abbiamo visto dopo l’adesione dei Paesi dell’Europa orientale, che si stanno spopolando drammaticamente (cfr. Ivan Krastev, Le Destin de l’Europe, 2018). Creando 8 milioni di rifugiati (il 20% della popolazione), la guerra in Ucraina ha accelerato un processo che era già iniziato.

L’Unione Europea sarà abbastanza forte da imporre profondi cambiamenti strutturali allo Stato di diritto nel lungo periodo? Nessuno ha la risposta. È possibile che si debba tornare all’idea di un’integrazione a più velocità, con una zona euro più integrata che deve essere strutturata all’interno di un’Unione europea più grande che non sarebbe in grado di applicare le sue politiche più ambiziose (unione monetaria, zona Schengen senza controlli alle frontiere) a tutti i suoi membri. È anche possibile che un rafforzamento dei partiti nazionalisti in tutta Europa finisca per mettere a repentaglio l’intero progetto europeo.
Effetti sulla politica estera dell’Unione

L’adesione dell’Ucraina all’UE confermerebbe lo sviluppo auspicato dal politologo americano Zbigniew Brzezinski (Le Grand échiquier. L’Amérique et le reste du monde, 1997): il consolidamento di una “spina dorsale geostrategica” comprendente Francia, Germania, Polonia e Ucraina. Questo scenario prevede l’unificazione dell’Europa contro la Russia, con tutte le istituzioni europee più o meno geopoliticamente allineate (UE, NATO, Consiglio d’Europa, Comunità politica europea avviata nel 2022). La guerra in Ucraina ha spinto l’Europa verso questo scenario e oggi è difficile capire come si possa tornare al progetto di un’architettura di sicurezza europea che includa la Russia.

Ma garantire la sicurezza a lungo termine dell’Ucraina in un confronto senza fine con la Russia è una sfida importante. Come ha dimostrato il recente vertice di Vilnius, non è facile estendere la NATO all’Ucraina, un Paese in guerra con la Russia e in parte occupato da quest’ultima, senza scontrarsi con il dilemma della garanzia dell’articolo 5 (assistenza nel quadro della difesa collettiva): o questo articolo non sarà applicato e sarà demonetizzato, o sarà applicato e la NATO sarà trascinata in una guerra potenzialmente nucleare. L’UE non si trova di fronte allo stesso dilemma, in quanto la propria clausola di difesa collettiva (articolo 42-7 del TUE) non ha la portata operativa dell’articolo 5 del Trattato di Washington: inoltre, l’adesione di una Cipro divisa non ha portato a un conflitto con la Turchia.

Qualunque sia la soluzione alla questione delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina (attraverso la NATO, l’UE o il sostegno bilaterale come avviene oggi), un’UE allargata all’Ucraina sarà ancora più anti-russa e dovrà inquadrare maggiormente la sua politica estera in un quadro transatlantico e occidentale, con il rischio che l’UE non emerga più autonoma e più capace di far valere i propri interessi, in particolare nelle relazioni con gli Stati Uniti.

L’adesione dell’Ucraina e degli altri Paesi attualmente candidati potrebbe quindi portare a un’Unione più eterogenea, la cui unità dipenderebbe dall’unità e dalla forza del quadro liberale occidentale guidato dagli Stati Uniti e incarnato in particolare dalla NATO. Se questo quadro dovesse indebolirsi, anche a causa degli sviluppi oltre Atlantico, e se le forze nazionaliste centrifughe dovessero continuare a rafforzarsi all’interno dell’Unione, il progetto europeo potrebbe essere pericolosamente indebolito. Ciò rende ancora più urgente e necessaria la riscoperta di un asse franco-tedesco forte e trainante al centro dell’Unione.

https://www.telos-eu.com/fr/les-consequences-dun-elargissement-de-lue-a-lukrai.html

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate: postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704 oppure iban IT30D3608105138261529861559 oppure 

PayPal.Me/italiaeilmondo

Su PayPal, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

SPIEGAZIONE DELLA CRISI DEL NIGER, di CHIMA

Questo sito presta particolare attenzione alla situazione in Africa. Se è vero che gran parte delle élites europee, a pieno titolo quelle italiane, vivono e subiscono gli stretti legami egemonici con i centri decisori statunitensi, è anche vero che il reale campo di azione di quelle italiane e di gran parte di quelle latine dal quale traggono implicazioni, capacità di influenza e nel quale esercitano confronto geopolitico rimane l’Africa, il Mediterraneo e il Vicino Oriente, il loro vicinato. Non padroneggio appieno gli strumenti che mi consentono di esprimere un giudizio definitivo sull’autore. Mi pare, comunque, interessante, soprattutto perché Chima parte da un buon presupposto implicito nei suoi testi: il destino di un paese e di una nazione, le sue vicende politiche interne dipendono soprattutto dall’interesse alla sopravvivenza e alla detenzione del potere delle élites locali; i centri decisori esterni agiscono inserendosi in queste dinamiche e sfruttandole secondo la disponibilità e la permeabilità di quelli interni ai paesi. Buona lettura, Giuseppe Germinario

SPIEGAZIONE DELLA CRISI DEL NIGER

CHIMA
14 SET 2023

Condividi
NOTA: Questo post è per i nuovi lettori. Quelli che sono venuti qui per leggere ciò che ho da dire sulla crisi nella Repubblica del Niger, che è la porta accanto al mio paese, la Nigeria.

PREAMBOLO
C’è una profonda mancanza di comprensione della crisi nella Repubblica del Niger e ho visto molti articoli e video su YouTube che descrivono la situazione in termini estremamente semplicistici.

Per questo motivo, ho scritto una serie di articoli per fornire al lettore una visione tridimensionale di ciò che sta realmente accadendo nella povera e arida nazione del Niger e nella più ampia subregione dell’Africa occidentale.

Se non l’avete ancora fatto, vi invito a leggere gli articoli nel seguente ordine:

NB: si parte dall’ultima puntata_Giuseppe Germinario

Una discussione dettagliata su quanto sta accadendo nella sottoregione dell’Africa occidentale (compreso il Niger). Una discussione sull’unità dell’Unione Africana contro il colpo di Stato militare in Niger, ma forti disaccordi sul piano dell’ECOWAS per un intervento militare per rimuovere l’incipiente giunta che sta prendendo il controllo del Paese:

QUARTO AGGIORNAMENTO SULLA CRISI DEL NIGER: TINUBU SPINGE PER UN COMPROMESSO, MA RESTA LA MINACCIA DI UN INTERVENTO MILITARE

30 AGO 2023

In evidenza:

Il massimo organo decisionale dell’Unione Africana supera le divisioni interne per emettere un comunicato tardivo.

L’Algeria ribadisce la sua opposizione all’intervento armato in Niger e invia il ministro degli Esteri agli Stati membri dell’ECOWAS per fare pressione contro di esso.

Il presidente turco Recep Erdogan interviene sulla questione dell’intervento militare in Niger.

I leader nigerini improvvisamente ricettivi al dialogo di pace. Permettono agli emissari di pace di Tinubu di incontrare il presidente Mohammed Bazoum.

I francesi e gli americani litigano dietro le quinte. I leader del colpo di Stato permettono agli americani di inviare un nuovo ambasciatore a Niamey, dato che all’ambasciatore francese è stato chiesto di andarsene.

Tinubu dichiara pubblicamente che è lui a trattenere gli Stati membri più piccoli dell’ECOWAS che spingono per un intervento militare. Confermando così quanto detto da questo autore sul leader nigeriano.

Su insistenza di Tinubu, l’ECOWAS sta ora contrattando con i leader del Niger la durata della loro permanenza al potere. Tuttavia, la minaccia di un intervento militare continua a incombere sullo sfondo.

I. INTRODUZIONE:

Questo è il seguito del precedente aggiornamento, che vi invito a leggere per primo, se non l’avete già fatto:


TERZO AGGIORNAMENTO SULLA CRISI DEL NIGER: I CAPI MILITARI DEGLI STATI DELL’ECOWAS APPROVANO L’INTERVENTO

·
19 AGO
THIRD UPDATE ON NIGER CRISIS : MILITARY CHIEFS OF ECOWAS STATES ENDORSE INTERVENTION

Stavo scrivendo una valutazione dettagliata del successo del Vertice Russia-Africa 2023, quando alcune nuove informazioni mi hanno costretto a fare una pausa e a scrivere un altro aggiornamento sulla situazione estremamente fluida della Repubblica del Niger. A beneficio di coloro che sono nuovi lettori, inizierò con una premessa…


Allora, cosa è successo dal mio ultimo aggiornamento del 19 agosto? Beh, continuate a leggere.

II. IL MASSIMO ORGANO DELL’UNIONE AFRICANA RILASCIA FINALMENTE UN COMUNICATO TARDIVO

Nel mio precedente aggiornamento, ho spiegato che l’Unione Africana è unita nel condannare il colpo di Stato nella Repubblica del Niger. Tuttavia, ci sono divergenze sul piano dell’ECOWAS per un intervento militare.

Moussa Faki Mahamat (@AUC_MoussaFaki) / X
President of AU Commission backs ECOWAS Intervention in Niger

Il 10 agosto, la Commissione dell’Unione Africana – il ramo amministrativo o segretariato dell’Unione Africana – ha rilasciato una dichiarazione a sostegno del piano dell’ECOWAS attraverso il suo presidente ciadiano, Moussa Faki Mahamat. Il sito web dell’Unione Africana riporta una versione sintetica della dichiarazione. Sullo stesso sito è disponibile anche una versione dettagliata in inglese (cliccare sul link) e in francese (cliccare sul link).

Per contro, si è scatenata la bolgia nel Consiglio di pace e sicurezza (CPS), l’organo incaricato di far rispettare le decisioni dell’Unione africana. Il CPS è strutturato secondo lo stile del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con due seggi per l’Africa settentrionale, tre seggi per l’Africa meridionale, tre seggi per l’Africa orientale, tre seggi per l’Africa centrale e quattro seggi per l’Africa occidentale.

AU-2
A session of the Peace and Security Council of the African Union in 2019

Il 14 agosto, il CPS ha convocato una riunione per discutere il piano dell’ECOWAS di intervenire militarmente nella Repubblica del Niger. I rappresentanti di tutte le sottoregioni africane hanno convenuto che il colpo di Stato in Niger è inaccettabile. Tuttavia, sul tema dell’intervento militare, si sono trovati in forte disaccordo.

I Paesi dell’Africa meridionale (guidati dal Sudafrica) e quelli dell’Africa settentrionale (guidati dall’Algeria) si sono opposti a qualsiasi rimozione forzata dei leader del colpo di Stato in Niger. Al contrario, gli Stati dell’Africa occidentale erano per lo più favorevoli all’intervento armato. A causa di questa divisione, il Consiglio di pace e sicurezza dell’Unione Africana non ha emesso un comunicato ufficiale sul suo atteggiamento nei confronti del piano dell’ECOWAS.

Tuttavia, dopo negoziati segreti, il CPS ha finalmente emesso un comunicato tardivo martedì 22 agosto, che può essere consultato direttamente sul suo sito web cliccando qui.

In sintesi, il comunicato del Consiglio di pace e sicurezza:

Condanna i leader del colpo di Stato e sospende la partecipazione della Repubblica del Niger a tutte le attività dell’Unione Africana fino al ripristino dell’ordine costituzionale.

Prende atto della decisione dell’ECOWAS di dispiegare una forza di riserva, ma sostiene l’organizzazione nel suo tentativo di risolvere la crisi nigerina con mezzi diplomatici.

Elogia il Presidente nigeriano Tinubu per la sua ricerca di una risoluzione pacifica della crisi nigerina e sostiene pienamente tutte le sanzioni imposte alla Repubblica del Niger.

Invita la giunta militare del Niger a cooperare con gli sforzi messi in atto dall’ECOWAS e dall’UA per un pacifico e rapido ripristino dell’ordine costituzionale.

Chiede alla Commissione dell’UA di collaborare con la Commissione dell’ECOWAS per compilare e presentare con urgenza un elenco ai fini di sanzioni mirate e dell’applicazione di misure punitive individuali. L’elenco dovrebbe contenere i nomi di tutti i membri della giunta militare e dei suoi sostenitori, compresi quelli coinvolti nella violazione dei diritti umani fondamentali del Presidente Mohammed Bazoum e degli altri detenuti.

Rifiuta fermamente qualsiasi interferenza esterna da parte di qualsiasi attore o Paese al di fuori del continente negli affari di pace e sicurezza dell’Africa, compresi gli impegni delle compagnie militari private nel continente, in linea con la Convenzione dell’OUA del 1977 per l’eliminazione del mercenarismo in Africa.

Cosa significa tutto questo? Ebbene, gli Stati dell’Africa occidentale favorevoli all’intervento hanno ottenuto che il comunicato del Consiglio per la pace e la sicurezza dell’Unione Africana riconoscesse il diritto dell’ECOWAS di intervenire nella Repubblica del Niger; approvassero la continuazione del ritiro dell’elettricità gratuita da parte della Nigeria e il blocco economico del Niger; approvassero dure sanzioni contro i singoli membri della giunta e imponessero un divieto totale di partecipazione del Niger alle attività dell’UA fino al ripristino dell’ordine costituzionale.

Gli Stati anti-interventisti dell’Africa settentrionale e meridionale si sono assicurati che il comunicato enfatizzasse la risoluzione pacifica del conflitto e hanno lodato il presidente nigeriano Bola Tinubu per aver tenuto la linea contro i suoi capi militari e gli Stati più piccoli dell’ECOWAS che vogliono che le truppe entrino nella Repubblica del Niger con armi lunghe e fuoco automatico. Hanno anche ottenuto che il comunicato condannasse qualsiasi interferenza esterna negli affari dell’Africa, il che è un modo indiretto per dire agli americani e ai francesi di farsi da parte.

Gli Stati dell’Africa Occidentale presenti nel CPS hanno accolto la richiesta di mettere in guardia i francesi e gli americani dalle loro ingerenze, ma hanno insistito affinché nel comunicato venisse inserita una condanna a tutto tondo del Gruppo Wagner.

Questo non dovrebbe essere uno shock per nessuno. Ho scritto diversi articoli per spiegare che il sentimento filorusso non è uniformemente distribuito nel continente. Gli Stati africani anglofoni, come Ghana, Sierra Leone, Liberia, Mauritius, Botswana, Gambia, Kenya, Zambia, Nigeria e così via, hanno discrete relazioni con la Russia e la Cina, ma le loro élite al potere e la stragrande maggioranza dei loro cittadini sono ampiamente orientati verso il Regno Unito e gli Stati Uniti.

New Ghana president's speech copies Clinton, Bush inaugural addresses | MPR News
President Nana Akufo-Addo of Ghana has expressed alarm about Wagner operations in neighbouring Burkina Faso

Nel mio articolo sulle operazioni Wagner in Africa, ho riferito che il governo ghanese è allarmato dal fatto che la forza mercenaria di Prigozhin operi all’interno di una città del Burkina Faso, a pochi chilometri dalla frontiera settentrionale del Ghana. La questione ha persino portato a un breve scontro diplomatico tra Burkina Faso e Ghana. Il governo ghanese ha relazioni solo semi-ufficiali con il Burkina Faso, poiché non riconosce la legittimità del regime militare del capitano Ibrahim Traore.

Detto questo, il Ghana continua a intrattenere relazioni amichevoli con la Federazione Russa e ha inviato una delegazione ministeriale al secondo vertice Russia-Africa di San Pietroburgo. Tuttavia, le crescenti relazioni con Regno Unito e Stati Uniti saranno sempre in primo piano in Ghana. Le cose stanno semplicemente così.

Amazon.de: Carl Gustaf von Rosen Fly Captain - Vintage Press Foto
Swedish pilot Carl Gustaf von Rosen volunteered for the Biafran Air Force during the Nigeria-Biafra War (1967-1970)

Per principio, la Nigeria è generalmente ostile alle formazioni militari irregolari, compresi i mercenari. Ciò risale alla guerra civile Nigeria-Biafra (1967-1970), che ha visto un piccolo numero di mercenari pagati e volontari non pagati provenienti dall’Europa combattere a fianco delle forze armate della Repubblica di Biafra, nel suo tentativo fallito di sopravvivere alla guerra bruciante condotta contro di essa dallo Stato federale nigeriano.

III. L’ALGERIA RILASCIA UN COMUNICATO SULLO STALLO NIGER-ECOWAS E POI LANCIA UNA GRANDE CAMPAGNA DIPLOMATICA IN AFRICA OCCIDENTALE

L’Algeria ha ribadito la sua opposizione a qualsiasi rimozione forzata dei putschisti, esprimendo rammarico per il fatto che l’ECOWAS abbia deciso di adottare tale approccio. La nazione nordafricana ha emesso un comunicato in arabo e francese attraverso l’account twitter ufficiale del Ministero degli Affari Esteri, accessibile cliccando qui.

Mi sono anche permesso di pubblicare un’immagine fotografica:

Image

Poiché il documento è scritto in francese, ho aggiunto qui di seguito la mia traduzione:

In un momento in cui l’intervento militare in Niger diventa sempre più chiaro, l’Algeria si rammarica profondamente del fatto che l’uso della violenza abbia preso il sopravvento sul percorso di una soluzione politica negoziata che ristabilisca pacificamente l’ordine costituzionale e democratico in questo Paese fratello e confinante.L’Algeria resta, infatti, fortemente convinta che questa soluzione politica negoziata sia ancora possibile, che non siano state percorse tutte le strade che possono condurla e che tutte queste possibilità non siano state esaurite. La storia della nostra regione insegna abbondantemente che gli interventi militari hanno portato con sé molti più problemi che soluzioni e che sono stati fattori aggiuntivi di scontri e strazi piuttosto che fonti di stabilità e sicurezza. Prima che si compia l’irreparabile, e prima che la regione sia presa da una spirale di violenza di cui nessuno può prevedere le incalcolabili conseguenze, l’Algeria invita tutte le parti alla moderazione, alla saggezza e alla ragione che tutto comanda per ridare risolutamente la massima priorità all’opzione politica negoziata all’attuale crisi costituzionale, salvando così il Niger e l’intera regione da giorni gravidi di minacce e di pericoli, in particolare la Regione.Algeri, 19 agosto 2023
Come ho spiegato  QUI E qui, l’Algeria è fermamente contraria a un intervento militare da parte dell’ECOWAS, ma non farà nulla per interferire nel caso in cui questo avvenga, perché non vuole mettere a repentaglio le sue relazioni economiche e di sicurezza con la Nigeria e gli altri Paesi dell’Africa occidentale.

Avendo notato alcune “strane attività” negli aeroporti militari di alcuni Paesi dell’ECOWAS, l’Algeria sta cercando di rimpatriare i propri cittadini dalla Repubblica del Niger. Si parla anche della chiusura da parte della Gendarmeria Gardes-Frontires del lato algerino della frontiera desertica con il Niger, lunga 951 km.

Two border guards of Gendarmerie Gardes-Frontires gazing at the international frontier between Algeria and Niger

A proposito di “strane attività”, si dice che l’alto comando militare nigeriano stia assemblando centinaia di veicoli blindati, preparando migliaia di soldati nigeriani e facendo piani per facilitare il movimento di soldati senegalesi, ivoriani, beninesi, ghanesi e della Guinea Bissau al confine tra Nigeria e Niger. Tutto questo accade mentre Tinubu continua a inviare delegazioni su delegazioni di emissari di pace nella Repubblica del Niger.

Il Presidente algerino Abdelmadjid Tebboune crede ancora che un intervento militare possa essere fermato da una sana diplomazia e ha inviato il suo Ministro degli Affari Esteri, Ahmed Attaf, in un tour itinerante in Nigeria, Benin e Ghana per fare pressione contro la rimozione forzata della giunta nigerina.

Image
Visiting Algerian Foreign Minister Ahmed Attaf talking to his Nigerian counterpart, Yusuf Maitama Tuggar, in the federal city of Abuja

A mio avviso, il messaggio anti-interventista di Ahmed Attaf sarebbe ben accolto dal governo federale guidato da Tinubu, che ora sta ripensando all’intervento vista l’opposizione interna alla Nigeria.

Per contro, il ministro degli Esteri algerino avrebbe più difficoltà in Ghana e nella Repubblica del Benin, poiché entrambi i Paesi sono integralisti pro-intervento all’interno dell’ECOWAS.

L’Algeria propone di concedere ai putschisti del Niger sei mesi di tempo per ripristinare l’ordine costituzionale nel Paese. Tinubu sarebbe probabilmente aperto a questo suggerimento, ma il resto dell’ECOWAS lo appoggerebbe? Vedremo.

IV. IL PRESIDENTE TURCO RECEP ERDOGAN INTERVIENE

Sin dalla dissoluzione della Grande Repubblica Araba Libica del Popolo Socialista, sponsorizzata dalla NATO, nell’ottobre 2011, il Presidente Recep Erdogan ha mostrato un forte interesse per il continente africano, compresi gli Stati dell’Africa Occidentale della fascia del Sahel.

La distruzione dello Stato libico ha lasciato il paesaggio devastato dalla guerra in uno stato di partizione de facto, con due parti in guerra che pretendono di essere il legittimo governo nazionale. Da una parte c’era il regime del GNA, di matrice islamista, che controllava la capitale Tripoli e la parte occidentale della Libia. Dall’altra parte c’era il Feldmaresciallo Khalifa Haftar che controllava la parte orientale e centrale della Libia.

Gli Emirati Arabi Uniti e l’Egitto hanno sostenuto la pretesa di Khalifa Haftar di essere l’unica autorità legittima per tutta la Libia, mentre la Turchia e il Qatar hanno appoggiato la pretesa rivale del regime islamista di controllare la capitale libica.

Nell’ottobre 2018, i mercenari Wagner hanno fatto ufficialmente la loro prima apparizione in Nord Africa al fianco delle forze militari del maresciallo Khalifa Haftar, come ho riportato nel mio articolo sulle attività di Wagner in Africa.

In risposta agli Emirati Arabi Uniti che armano le forze militari di Haftar, il leader turco Recep Erdogan ha iniziato a fornire armi ai suoi alleati islamisti nella Libia occidentale. I famosi e sopravvalutati droni aerei Bayraktar TB2 di fabbricazione turca sono entrati in servizio contro le forze del maresciallo Khalifa Haftar, ma non prima che Erdogan abbia chiesto un prezzo ai suoi alleati libici.

Per compiacere il sultano neo-ottomano, il 27 novembre 2019 il regime islamista libico del GNA ha firmato un controverso accordo marittimo per istituire una zona economica esclusiva (ZEE) nell’area delimitata dalle coste di Turchia e Libia. L’unico problema, ovviamente, è che all’interno della nuova ZEE si trovano le isole greche di Creta, Kasos, Karpathos, Kastellorizo e Rodi. In altre parole, l’accordo tra il regime turco-libico e il GNA sembra inviare il messaggio che quelle cinque isole sono ormai perse per la Grecia. Quindi, cari lettori, potete immaginare come hanno reagito la Grecia, Cipro, l’Unione Europea e gli ingombranti Stati Uniti d’America a questo accordo marittimo.

In ogni caso, l’accordo marittimo ha consolidato l’impegno della Turchia nella guerra contro l’esercito privato di Khalifa Haftar, che stava cercando di prendere d’assalto Tripoli e la Libia occidentale. Dalla Turchia sono arrivate altre armi pesanti ai combattenti alleati del regime del GNA. I droni aerei Bayraktar TB2 hanno decimato l’esercito di Haftar in avanzata e imposto uno stallo sul campo di battaglia.

Con lo stallo sul campo di battaglia sono iniziati i colloqui di pace che sono culminati in un “cessate il fuoco permanente” nell’ottobre 2020 e in un accordo finale nel marzo 2021 che ha unito le due parti in guerra nel Governo provvisorio di unità nazionale, che ora è il governo riconosciuto a livello internazionale della Libia.

Ma il lieto fine del conflitto libico non è ancora all’orizzonte. Il 3 marzo 2022, il maresciallo Khalifa Haftar e i suoi alleati hanno sostenuto la formazione di un’altra entità governativa, chiamata Governo di stabilità nazionale, per sfidare l’autorità del Governo di unità nazionale riconosciuto a livello internazionale. Attualmente i due governi rivali coesistono fianco a fianco. Ciascuno di essi sostiene che la forza militare sotto il suo controllo è l'”Esercito libico”. L’anno scorso, i due “Eserciti libici” rivali si sono affrontati per le strade di Tripoli.

Malian President Ibrahim Boubacar Keita bantering with Turkish President Recep Tayyip Erdogan in the Malian capital city of Bamako in 2018. Two years later, President Keita was overthrown by mutinous soldiers

Con il piede ben piantato nella porta del Nord Africa, Recep Erdogan ha visitato l’Algeria e la Tunisia prima di avventurarsi nell’entroterra del continente alla ricerca di nuovi amici. Ha visitato Sudan, Mauritania, Somalia, Etiopia, Nigeria, Ghana, Guinea, Gambia, Costa d’Avorio, Uganda, Gibuti, Mali, Senegal, Repubblica Democratica del Congo, Guinea Equatoriale, Kenya, Tanzania, Mozambico, Madagascar, Ciad, Guinea-Bissau, Sudafrica, Zambia e Niger.

Alcuni dei Paesi elencati sono stati visitati più volte. Ad esempio, Erdogan ha visitato la Tunisia due volte (2017 e 2019); l’Algeria tre volte (2014, 2018 e 2020), la Nigeria due volte (2016 e 2021), la Somalia due volte (2015 e 2016).

Erdogan inspecting an Air Force guard of honour during his state visit to Ghana on 1 March 2016

Queste visite con Erdogan sono state accompagnate da investitori turchi e da piani per l’apertura di ambasciate in Paesi dell’Africa sub-sahariana dove la Turchia non aveva alcuna presenza diplomatica. Ad esempio, la Turchia ha aperto un’ambasciata in Togo, dove non era presente in precedenza, a parte il programma di borse di studio turche per gli studenti togolesi, istituito nel 1992 dal governo di Turgut Özal.

Turkey opens an embassy in Lomé
Togolese Foreign Minister Robert Dussey accepting the diplomatic credentials of Esra Demir who made history as Turkey’s first Ambassador to Togo. A good number of Turkish Ambassadors in Africa are female

Con l’incoraggiamento di Erdogan, gli investitori turchi hanno riversato denaro in diversi Paesi africani. Solo in Senegal, il volume degli scambi bilaterali tra Turchia e Senegal ha raggiunto i 540 milioni di dollari, con l’intenzione di aumentarlo a oltre un miliardo di dollari.

Anche l’Agenzia turca di cooperazione e coordinamento (TIKA) ha investito in Senegal e afferma di aver “completato 186 progetti in Senegal per un valore totale di 12 milioni di dollari”. Ha inoltre investito in diversi progetti di capitale in Gabon, Camerun, Tunisia, Somalia, Sudafrica, Ciad, Gambia, Uganda, Swaziland e Lesotho.

Anche la multinazionale turca delle costruzioni SUMMA è stata molto impegnata nel continente africano. Riporto solo alcuni esempi dei lavori che l’azienda ha svolto in vari Stati africani.

In Senegal, l’impresa di costruzioni ha costruito lo Stadio Olimpico Diamniadio, l’Aeroporto Internazionale Blaise Diagne, il Centro Expo di Dakar, il Palazzetto dello Sport di Dakar e il Centro Congressi Internazionale di Dakar.

Tutte le foto qui sotto possono essere ingrandite facendo clic su di esse

All photos below can be enlarged by clicking on them

(1) Blaise Diagne International Airport:

(2) Diamniadio Olympic Stadium and its facilities:

(3) Dakar Sports Arena:

(4) Dakar Expo Centre:

(5) Dakar International Conference Centre:


In Ruanda, la multinazionale turca ha costruito il palazzetto dello sport di Kigali e l’aeroporto di Kigali. Kigali Convention Centre.

(6) Kigali Sports Arena:

(7) The Kigali Convention Centre:


Nella Repubblica del Niger ha costruito il  Diori Hamani International Airport, Radisson Blu Hotel & Conference Centre and a brand new building for the Ministry of Finance.

(8) Diori Hamani International Airport:

(9) Ministry of Finance building:

(10) Radisson Blu Hotel & Conference Center:

Radisson Blu Hotel & Conference Center

Nella Repubblica del Congo, la società ha costruito il Brazzaville City Centre Complex e il Kintele Congress Centre. (Questo particolare Stato congolese non deve essere confuso con la Repubblica Democratica del Congo, molto più grande e senza sbocco sul mare).

(11) Brazzaville City Centre Complex:

(12) Kintele Congress Centre:


In Guinea Equatoriale, la società ha costruito il Palazzo del Governo di Oyala, il Centro Commerciale di Sipopo e il Centro Congressi di Sipopo.

(13) Oyala Government Building:

(14) Sipopo Congress Centre:


Se il video e le immagini dei lavori di costruzione turchi pubblicati qui sopra vi hanno stordito, vi chiedo scusa. Ma questi sono solo alcuni esempi di ciò che varie entità private e governative della Turchia stanno facendo nei Paesi africani, dall’Egitto nella sottoregione settentrionale al Sudafrica nella sottoregione meridionale.

Per rivaleggiare con quanto fatto dai cinesi a partire dal 2000, il presidente Erdogan ha iniziato a organizzare i propri vertici con l’Africa. Il primo vertice turco-africano si è svolto nella città di Istanbul dal 18 al 21 agosto 2008. Il secondo si è tenuto nella città della Guinea Equatoriale di Malabo il 19-21 novembre 2014 e il terzo si è svolto a Istanbul il 21-22 ottobre 2021.

Ecco un brevissimo video del terzo Vertice turco-africano (2021):

Avendo assicurato piccole basi militari in Somalia, Marocco e Tunisia, organizzato tre vertici turco-africani e investito in alcune delle infrastrutture che stanno sorgendo in tutto il continente tropicale, il Presidente Erdogan ritiene che la sua voce non possa essere ignorata quando si tratta degli eventi che si stanno svolgendo nella Repubblica del Niger. Dopo tutto, ha firmato contratti di armi e costruito diverse strutture nella capitale Niamey.

“La Turchia si oppone all’intervento militare dell’ECOWAS”, ha dichiarato Erdogan ai giornalisti durante un viaggio in Ungheria. Ha citato le minacce dei regimi militari del Mali e del Burkina Faso di unirsi per sostenere i leader golpisti della Repubblica del Niger e ha fatto eco ai commenti dell’Algeria sul rischio di una diffusa instabilità regionale.

Come ho già affermato in precedenza, il Mali e il Burkina Faso non rappresentano un reale pericolo per un intervento dell’ECOWAS a guida nigeriana nella Repubblica del Niger. Per saperne di più, si veda più avanti.

V. LA GIUNTA NIGERINA È ORA RICETTIVA AL DIALOGO

Dopo la decisione dei capi militari degli Stati membri dell’ECOWAS di appoggiare l’intervento armato, i leader golpisti del Niger sono diventati improvvisamente ricettivi ai negoziati di pace.

Abbandonato l’atteggiamento di resistenza, il capo della giunta nigerina ha chiesto un incontro con gli emissari del presidente Tinubu nella Nigeria settentrionale e con il presidente della Commissione dell’ECOWAS.

Niger Junta Leader General Abdourahamane Tchiani meeting Tinubu’s Peace Emissaries in Niamey

I leader della giunta militare hanno proposto una transizione di tre anni verso un regime democratico civile. La Commissione dell’ECOWAS ha respinto la proposta, definendola un tentativo dei golpisti nigerini di pacificare l’organizzazione mentre continuano a consolidare il loro potere.

La proposta della giunta nigerina non è una novità. Dopo il putsch del settembre 2021 che ha rovesciato il presidente guineano Alpha Conde, i leader del colpo di Stato dell’esercito guineano sono riusciti a pacificare l’ECOWAS e a evitare qualsiasi intervento militare promettendo falsamente di organizzare elezioni poco dopo essere saliti al potere. Due anni dopo, i leader della giunta guineana non hanno ancora mantenuto la loro promessa.

Recentemente, un membro civile di spicco della giunta militare guineana, Bernard Goumou, è apparso in TV e ha dichiarato a un giornalista che la Guinea non ha i soldi per condurre le elezioni e che, pertanto, è stata presentata una richiesta di finanziamento all’ECOWAS.

Ecco il video clip:

La Guinea è il secondo produttore mondiale di bauxite, ma i suoi governanti militari sostengono di non avere fondi per le elezioni. E no, non è colpa di Macron o dei suoi predecessori. La Guinea è stata la prima tra le poche nazioni africane francofone che sono riuscite a sfuggire al sistema neocoloniale della Francafrique. Nonostante ciò, il Paese è in totale disordine a causa dell’instabilità politica generata da incessanti colpi di stato militari.

VI. AHMED TOURE CONTRO CHARLES DE GAULLE

La Repubblica di Guinea è stata la prima nazione africana francofona a sfuggire alla politica quasi coloniale de “La Francafrique” alla fine degli anni Cinquanta. Il colosso francese, il generale Charles de Gaulle, dimenticò notoriamente il suo caratteristico berretto kepi su un tavolo da conferenza nella capitale della Guinea, Conakry, mentre usciva infuriato da un incontro con il leader guineano, Ahmed Sekou Touré, che aveva detto al presidente francese che i guineani avrebbero preferito morire di fame piuttosto che accettare di trasformare la loro patria da colonia a Stato vassallo autonomo della Francia.

Charles De Gaulle with Touré during his ill-fated visit to Guinea in August 1958

In effetti, la Guinea è stata l’unica colonia africana francofona a votare in un referendum contro l’adesione alla Communauté Française, un’entità sovranazionale che ha trasformato le colonie in Stati clienti quasi indipendenti della Francia metropolitana.

Per aver insistito sulla reale indipendenza, il regime coloniale francese ha distrutto la maggior parte delle infrastrutture che aveva costruito sul territorio guineano prima di ritirare i suoi amministratori coloniali, i tecnocrati e le truppe militari.

Uno dei punti salienti del vandalismo compiuto dagli amministratori coloniali in partenza è stato il taglio delle linee telefoniche; la distruzione dei progetti per una rete di condotte fognarie a Conakry; l’incendio di medicinali destinati agli ospedali guineani e il mio preferito… lo svitamento di tutte le lampadine degli uffici.

Per dissuadere altre colonie dall’emulare la Guinea, il presidente Charles De Gaulle impose il divieto assoluto di qualsiasi tipo di investimento francese nella colonia rinnegata e pose fine al pagamento delle pensioni ai veterani guineani che avevano combattuto per la Francia nella Seconda Guerra Mondiale.

Sekou Toure prononcant son discours du 25 aout 1958
Charles De Gaulle struggling to maintain his composure as Touré makes his fateful speech in August 1958 saying Guinea would seek total independence from France. The kepi cap would not leave the table when its owner eventually stormed out

Dopo la partenza degli amministratori e delle truppe coloniali francesi, la colonia ribelle abbandonata si è dichiarata nazione sovrana il 2 ottobre 1958, diventando la prima nazione africana francofona a farlo. È stata anche la prima ad abbandonare il franco CFA come moneta dopo l’indipendenza e uno dei pochi Paesi francofoni a non avere basi militari francesi sul proprio territorio dopo l’ammissione alle Nazioni Unite come Stato sovrano – ammissione che la Francia ha cercato senza successo di bloccare.

L’ormai defunto servizio segreto francese, lo SDECE, ha investito molto tempo e denaro nell’elaborazione di diversi complotti per distruggere il governo della Guinea post-indipendenza, nessuno dei quali ha avuto successo.

È sorprendente per un servizio segreto noto per l’uso efficace di gangster corsi come prestanome per il lavoro sporco e per l’ondata di omicidi di politici nazionalisti e marxisti nell’Africa francofona negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta.

I fallimenti dello SDECE in Guinea non solo hanno permesso al presidente Ahmed Sekou Touré di sopravvivere e consolidare il suo potere, ma hanno causato un ulteriore deterioramento delle relazioni diplomatiche già tese tra la Francia e la sua ex colonia. Alla fine, Touré ha interrotto tutti i legami tra la Guinea e la Francia.

Touré avrebbe poi governato la Guinea per 26 anni come leader autoritario, mettendo al bando tutti i partiti politici di opposizione, imprigionando o uccidendo i dissidenti, fino alla sua morte per infarto il 26 marzo 1984.

Poche ore dopo la sua morte, si verificò un colpo di Stato militare e salì al potere una nuova giunta guidata dal colonnello Lansana Conte. Un anno dopo, il 4 luglio 1985, si verificò un altro colpo di Stato guidato da soldati di etnia Mandinka. Non ebbe successo e tutti i soldati Mandika, indipendentemente dalla loro colpevolezza o innocenza, furono spietatamente epurati dall’esercito. Conte avrebbe governato la Guinea per 24 anni prima di morire all’età di 74 anni il 22 dicembre 2008.

Come da tradizione, poche ore dopo la morte di Conte si è verificato un colpo di Stato e una nuova giunta è salita al potere. Un anno dopo scoppiarono proteste di massa. Il capo della giunta militare, il capitano Moussa Dadis Camara, è stato sostituito da un altro capo della giunta, il generale Sékouba Konaté. Poi ci furono le elezioni democratiche che portarono al potere il presidente civile Alpha Conde.

Il 5 settembre 2021 il presidente Conde è stato rovesciato da un altro colpo di Stato militare.

Grazie alla corruzione e al flusso di instabilità politica, generato dagli incessanti colpi di Stato, la Guinea rimane una nazione povera nonostante le sue solide ricchezze minerarie. E la Francia non ha alcun ruolo in tutto questo.

Fine della digressione, ora torniamo alla crisi del Niger…

VII. IL PRESIDENTE SPODESTATO BAZOUM FA UN CAMEO

Vista l’opposizione interna alla Nigeria, il Presidente Bola Tinubu sta preferendo i negoziati pacifici all’intervento militare.

Egli conta ancora sui suoi emissari nigeriani del Nord – l’ex capo di Stato Abdulsalami Abubakar e il sultano di Sokoto Muhammad Sa’ad Abubakar III – per avere qualcosa da usare per spegnere le passioni degli integralisti pro-intervento.

Gli emissari non hanno deluso. Hanno convinto i leader golpisti del Niger a dare loro accesso al presidente detenuto Mohammed Bazoum. Sono state scattate delle foto e registrato un videoclip, come mostrato di seguito:

Anche l’ex capo di Stato nigeriano, il generale in pensione Abdulsalami Abubakar, ha parlato ai media mentre era ancora in Niger.

Parlando in Hausa, la lingua comunemente parlata nel Nord della Nigeria e nel Sud del Niger, ha dichiarato alla stampa che Bazoum gli aveva raccontato come veniva trattato dalla nuova giunta militare. Quando gli è stato chiesto come il presidente nigerino spodestato fosse trattato agli arresti domiciliari, Abubakar si è rifiutato di fornire dettagli.

Ha anche detto alla stampa che ciò che lui e gli altri emissari avevano discusso con i leader del colpo di Stato sarebbe rimasto riservato fino a quando non avesse informato il Presidente Tinubu sull’esito della missione di pace.

A mio modesto parere, i nuovi gesti concilianti del leader del colpo di Stato in Niger hanno dato al Presidente Tinubu qualcosa di nuovo su cui lavorare. Tuttavia, questi gesti non sono sufficienti a calmare i pro-interventisti dell’ECOWAS e dell’establishment militare nigeriano. Il discorso del leader del colpo di Stato di una transizione di tre anni per il ritorno al regime democratico non è una buona idea per gli Stati membri più piccoli che spingono per l’intervento armato.

Il diplomatico ghanese Abdel Fatau, che ricopre la carica di Commissario per la politica, la pace e la sicurezza dell’ECOWAS, ha reagito alla proposta della giunta di un periodo di tre anni per preparare il Niger a un governo eletto definendola “una completa provocazione”. Ha aggiunto che il colpo di Stato in Niger è uno di troppo per la regione dell’Africa occidentale e deve essere annullato.

Nel frattempo, l’ex capo di Stato nigeriano, il generale in pensione Abdulsalami Abubakar, è tornato in patria e si è recato nella capitale Abuja per informare il presidente Bola Tinubu sull’esito del dialogo di pace con i leader della giunta.

Dopo l’incontro con Tinubu, il generale in pensione ha concesso un’udienza a un gruppo di giornalisti nigeriani che lo attendevano fuori dalla villa presidenziale di Aso Rock:

Da quello che ha detto il generale in pensione, sembra che il presidente Tinubu abbia tranquillamente e abilmente convertito i suoi emissari personali in inviati di pace ufficiali dell’ECOWAS per lavorare al fianco del diplomatico gambiano filo-interventista, Omar Alieu Tourey, che è presidente della Commissione ECOWAS.

Dopo aver incontrato i giornalisti dei canali televisivi nigeriani, il generale in pensione ha concesso una breve intervista a un giornalista nigeriano che lavora per la British Broadcasting Corporation (BBC).

Nel corso dell’intervista, ha parlato delle condizioni di Bazoum agli arresti domiciliari e ha ribadito la sua opinione sulla necessità di evitare la guerra:

Credo che le parole di questo generale in pensione della Nigeria settentrionale abbiano più peso per Tinubu delle affermazioni di Macron, Blinken, Sullivan e Nuland sulla “democrazia in gioco”. Solo gli opinionisti che non comprendono la cultura politica nigeriana potrebbero ignorare la profondità dell’influenza esercitata da uomini come Abdulsalami Abubakar e Muhammad Sa’ad Abubakar III.

VIII. RABBIA FRANCESE VERSO GLI STATI UNITI

Nel frattempo, ci sono problemi nel paradiso della NATO. La Francia è furiosa per il fatto che gli americani siano disposti a impegnarsi con i leader golpisti. Riporto quanto detto nel mio Secondo aggiornamento sulla crisi del Niger:

L’unica cosa che attualmente preoccupa i funzionari americani è che la Repubblica del Niger cada sotto l’influenza della Russia. Sarebbe umiliante per loro. Se i leader del colpo di Stato sono percepiti come ostili sia alla Russia che alla Francia, gli americani accetterebbero volentieri la giunta militare in Niger. Ciò che la Francia vuole o di cui ha bisogno è lontano dalla mente di Tony Blinken, Jake Sullivan e Victoria Nuland. Per questi funzionari americani, tutto ruota intorno alla Russia. Non gliene può fregare di meno delle lamentele di Macron sul disfacimento della “Francafrique”.
Funzionari americani come Victoria Nuland e Tony Blinken sanno bene che non sono gli Stati Uniti l’oggetto della rabbia che sta investendo l’Africa francofona. Invece, i disordini civili che si diffondono a macchia d’olio in alcune parti del continente sono la risoluzione incoerente del problema specifico della Francia che si rifiuta di abbandonare le sue ex colonie africane.

Regno Unito, Spagna, Italia e Portogallo hanno superato i giorni di gloria degli imperi coloniali, ma la Francia no. E ora i francesi sono costretti, nel modo più umiliante possibile, ad affrontare le conseguenze delle loro decisioni.

L’Africa anglofona e lusofona è per lo più tranquilla. Alcune parti dell’Africa francofona stanno lottando per rovesciare il sistema della Francafrique di Charles De Gaulle.

Nessuno nel continente brucia bandiere americane, vandalizza edifici diplomatici statunitensi o organizza manifestazioni antiamericane. Lo stesso vale per il Regno Unito e l’UE: nessuno protesta contro di loro.

I dimostranti in Mali e Burkina Faso stanno bruciando solo proprietà e bandiere della Francia. I regimi militari di entrambi i Paesi hanno espulso i diplomatici francesi, mentre quelli degli Stati Uniti e di altri Stati europei sono liberi di circolare senza problemi. Le organizzazioni non governative finanziate dal governo Macron sono state bandite in Mali, ma quelle finanziate dagli Stati Uniti sono libere di continuare a operare senza ostacoli.

Come in Mali e in Burkina Faso, anche nella Repubblica del Niger il vetriolo è riservato specificamente alla Francia. Non sorprende che i leader del colpo di Stato chiedano a tutti i 1.500 militari francesi di stanza in Niger di andarsene, ma non hanno detto nulla sui 1.100 militari americani presenti nel Paese. Le manifestazioni di massa nel sud del Niger si concentrano sulla Francia (e sempre più sull’ECOWAS), ma gli Stati Uniti sono per lo più lasciati fuori dai giochi. Naturalmente, la situazione potrebbe cambiare in futuro. Ma, per ora, gli americani non hanno nulla di cui preoccuparsi, se non la loro paranoia russofoba.

Come ho affermato in tutti i precedenti quattro articoli sulla crisi del Niger, l’unica cosa che interessa agli americani è il “terrificante” spettro dell’influenza russa.

Il Niger è un produttore secondario di uranio, dato che il suo contributo alla produzione mondiale di uranio è un misero 4,1%, quindi gli americani non si preoccupano di questo.

fruitless meeting with the putschists for the American emissary Victoria Nuland
La funzionaria del Dipartimento di Stato americano Victoria Nuland ha parlato con i leader del colpo di Stato, ma non è riuscita a convincerli a permetterle di vedere il Presidente Bazoum. Le avrebbero anche detto che avrebbero ucciso il presidente detenuto se l’ECOWAS fosse intervenuta militarmente.
Blinken, Nuland e Sullivan temono che la rabbia antifrancese in Niger possa portare direttamente al Gruppo Wagner o a un’analoga organizzazione mercenaria russa a insediarsi in un altro Stato africano francofono.Poiché Nuland, Blinken e Sullivan ritengono che i gruppi mercenari siano strumenti di influenza del Cremlino, vogliono avere certe garanzie dai leader del colpo di Stato, alcuni dei quali hanno beneficiato dell’addestramento militare americano.Tony Blinken e Vicky Nuland hanno parlato a turno con i leader della giunta delle loro preoccupazioni. Ma, a quanto pare, gli americani non hanno ottenuto la necessaria assicurazione che i “turisti” russi in uniforme mimetica da deserto non sarebbero comparsi improvvisamente a Niamey, Zinder, Bilma e Agadez.Ciononostante, gli americani sembrano contenti che la retorica pro-Wagner dei leader del colpo di Stato si sia affievolita. E ora che Prigozhin è morto, è improbabile che i leader del colpo di Stato in Niger menzionino nuovamente Wagner nelle loro dichiarazioni pubbliche.

Con grande disappunto del governo Macron, che non vuole alcun impegno con la giunta militare, il governo statunitense sta inviando in Niger un nuovo ambasciatore, Kathleen FitzGibbon.

undefined
La francofona Kathleen FitzGibbon ha lasciato il suo posto di vice-capo missione presso l’Ambasciata degli Stati Uniti in Nigeria per assumere il ruolo di Ambasciatore degli Stati Uniti nella vicina Repubblica del Niger.
Il governo statunitense ha dichiarato che la nuova ambasciatrice non presenterà le sue credenziali diplomatiche ai funzionari del Ministero degli Esteri nigerino, poiché la loro autorità non è riconosciuta da nessun altro Paese (ad eccezione di Guinea, Burkina Faso e Mali).Nonostante questa dichiarazione, il solo fatto che gli Stati Uniti inviino un nuovo ambasciatore mi sembra un riconoscimento de facto della giunta militare. Ho l’impressione che da parte americana ci sia una copertura delle scommesse, mentre i francesi restano implacabili.Nel frattempo, i primi comunicati scritti in cui si dichiarava che gli ambasciatori di Nigeria, Germania, Francia e Stati Uniti erano stati tutti invitati ad andarsene per essersi rifiutati di incontrare funzionari non riconosciuti del Ministero degli Esteri nigerino sono stati smentiti dal leader del colpo di Stato, il generale Abdourahamane Tchiani, il quale afferma che solo l’ambasciatore francese è stato espulso.A quanto pare, c’erano dei disaccordi tra i membri della giunta militare: i più duri volevano che tutti e quattro gli ambasciatori fossero espulsi per aver sfidato l’autorità del loro Ministero degli Esteri, mentre i più freddi, guidati dal generale Tchiani, volevano solo dare un esempio all’ambasciatore francese.

IX. IL MALI E IL BURKINA FASO RISPONDONO ALLA SCIABOLATA DELL’ECOWAS CON UNA PROPRIA SCIABOLATA

Una delle grandi ironie di questa vicenda è che nel regime militare del Mali siedono funzionari che erano soldati semplici nell’intervento dell’ECOWAS a guida nigeriana in Gambia, sei anni fa. Ma quello era allora e questo è oggi.

In risposta alle sciabolate dell’ECOWAS, il regime militare maliano ha dichiarato che invierà aerei e uomini per fermare un intervento militare della Nigeria.

In modo esilarante, il sovrano militare del Mali ha aggiunto che il suo esercito invaderà anche la Nigeria per riportare il “legittimo vincitore” delle elezioni del 2023. “Siamo pienamente consapevoli del vero vincitore delle elezioni presidenziali”, ha dichiarato.

Le piccole forze armate del Mali hanno perso ampie porzioni di territorio a favore dei jihadisti e pattugliano a malapena i confini nazionali del Paese. Pertanto, è dubbio che la sfilata pubblica di quelle che il Mali sostiene essere “forze speciali” e alcuni aerei a reazione possa avere un qualche effetto sui piani dell’Alto Comando militare nigeriano, qualora venisse autorizzato un intervento dell’ECOWAS in Niger.

Come ho affermato in precedenti aggiornamenti, sono i mercenari Wagner a impedire che il Mali venga invaso dai jihadisti. La stessa cosa vale per il Burkina Faso, che ha dichiarato di voler inviare soldati a combattere per conto dei putschisti nigerini.

Sarebbe bello se il regime militare burkinabé potesse impiegare quei soldati in una missione di recupero del 40% del territorio del Burkina Faso attualmente sotto il giogo dei terroristi jihadisti.

X. TINUBU CONFERMA DI ESSERE LA COLOMBA TRA I FALCHI E ORA STA CONTRATTANDO CON LA GIUNTA

Come mi sono dilungato a spiegare, Tinubu ha perso la voglia di intervenire militarmente nella Repubblica del Niger, ma viene indirizzato in quella direzione da tre forze, che citerò nell’ordine della loro influenza su di lui:

L’establishment militare e di sicurezza nigeriano, preoccupato per la mancanza di cooperazione della giunta nigerina nei pattugliamenti di sicurezza lungo i 1.600 km di confine, soggetti a infiltrazioni jihadiste. La Nigeria ha una popolazione di 200 milioni di cittadini e la prospettiva di un’irruzione di massa di terroristi jihadisti impazziti è terrificante, dato che le forze armate nazionali sono riuscite, a fatica, a respingere i terroristi jihadisti da città e paesi ben popolati, con pesanti perdite in termini di vite umane. Questi jihadisti disponevano di numerosi pezzi di artiglieria, mitragliatrici, razzi e veicoli blindati, grazie alla bonanza di armi che si è riversata nella fascia del Sahel dopo la distruzione della Libia da parte della NATO.

Gli Stati membri più piccoli dell’ECOWAS, con sistemi politici fragili, che temono che la serie di colpi di Stato che si verificano nella subregione dell’Africa occidentale possa raggiungere i loro territori. La Francia non c’entra. La Repubblica di Sierra Leone è un’ex colonia britannica e non è mai stata sotto il giogo del neocolonialismo francese, eppure il suo governo eletto è preoccupato. Negli anni ’90, la Sierra Leone ha vissuto una serie di colpi di stato e una sanguinosa guerra civile che ha portato all’intervento militare nigeriano nel 1997.

Gli americani sono preoccupati che la Russia possa conquistare un altro punto d’appoggio in uno Stato africano francofono e disaffezionato. Gli americani non hanno mai voluto che Tinubu diventasse presidente nigeriano. Hanno appoggiato lo sfidante terzo, Peter Obi, veramente popolare, nelle elezioni presidenziali del febbraio 2023 e inizialmente erano riluttanti a riconoscere Tinubu come “vincitore delle elezioni”, finché non hanno capito che non si poteva fare nulla per impedire la sua ascesa alla presidenza federale.

Non includo la Francia nell’elenco delle figure influenti, perché non ha alcun peso, alcuna influenza, in nessun Paese dell’Africa anglofona, compresa la Nigeria.

A opporsi all’intervento militare sono i gruppi della società civile della Nigeria meridionale, alcuni dei quali si sono già rivolti all’Alta Corte Federale per chiedere un’ingiunzione contro l’invio delle forze armate nigeriane nella Repubblica del Niger da parte di Tinubu. Questi gruppi della società civile non sono solidali con i putschisti nigerini, ma temono una potenziale crisi di rifugiati in caso di intervento della Nigeria. Questi gruppi hanno parlato di questi timori in numerose interviste concesse ai media nigeriani.

Nel Nord della Nigeria, sono la potente classe politica regionale, i capi tradizionali custodi dell’Islam e delle antiche tradizioni culturali e un ampio segmento della popolazione di lingua hausa a opporsi all’intervento militare. Anche in questo caso, nessuno si preoccupa di quello che si dice stia facendo la Francia al di là del confine. Il timore è che l’intervento dell’ECOWAS possa provocare ondate di profughi che attraversino il confine internazionale e inondino il Nord della Nigeria.

I senatori del Nord hanno ottenuto con successo che il Senato federale nigeriano negasse a Tinubu il consenso all’uso della forza militare contro i putschisti del Niger.
Il Presidente Tinubu è una minoranza musulmana della Nigeria meridionale, prevalentemente cristiana. È di etnia yoruba e proviene dalla vivace città di Lagos. E nella Nigeria sud-occidentale di lingua yoruba, è comune trovare musulmani e cristiani nella stessa famiglia. Per esempio, e non scherzo, non è strano trovare un predicatore cristiano evangelico con un cugino o un nipote che è l’imam responsabile della moschea locale. Non è quindi uno shock che la moglie di Tinubu sia una cristiana yoruba.Il partito politico di Tinubu, l’All Peoples Congress, dipende fortemente dai voti delle regioni a maggioranza musulmana del Nord-Ovest e del Nord-Est della Nigeria. Quindi non farebbe mai nulla per offenderli, poiché ha bisogno dei loro voti per la sua campagna di rielezione, tra quattro anni.Inoltre, la macchina di manipolazione dei voti del suo partito politico è in gran parte gestita da politici del Nord che si oppongono strenuamente a qualsiasi intervento in Niger.
I'm not taking a new wife, says Tinubu - Lagos Panorama
La moglie di Tinubu è un politico a tutti gli effetti. Oluremi Tinubu è stata senatrice federale dal 2011 al 2023
Quando il 26 luglio 2023 si verificò il colpo di Stato militare in Niger, Tinubu rimase sconvolto. Aveva trascorso la prima parte della sua carriera politica come membro della dissidente National Democratic Coalition (NADECO), che si opponeva aspramente al regime militare psicopatico del generale Sani Abacha.Sotto il governo estremamente crudele di Abacha (1993-1998), i giornalisti furono imprigionati o uccisi; gli ambientalisti che protestavano per la fuoriuscita di greggio nei fiumi furono impiccati; gli studenti universitari che manifestavano per le strade furono rastrellati a colpi di mitragliatrice; molti colleghi della NADECO di Tinubu furono uccisi in una serie di attentati. Anche l’economia è crollata sotto la dittatura di Abacha.Non sorprende quindi che il presidente Tinubu, in qualità di presidente dell’ECOWAS creata dalla Nigeria, fosse inizialmente intenzionato a far rispettare le norme e i regolamenti dell’organizzazione, che consentono l’intervento militare negli Stati membri in difficoltà.In questo sforzo, ha ricevuto il sostegno entusiasta degli americani, profondamente preoccupati per il potenziale movimento Wagner/Russo in Niger, e il sostegno estatico dei francesi, che stanno lottando per mantenere i brandelli del sistema neocoloniale della Francafrique.

I francesi erano estasiati perché se la Nigeria non era già intenzionata a far rispettare le regole dell’ECOWAS nel caso del Niger, allora la Francia non poteva fare nulla per spingere le cose nella direzione da lei desiderata, a meno che non intervenisse lei stessa come è successo in Costa d’Avorio.

Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha ignorato l’ECOWAS e ha inviato colonne di veicoli blindati per deporre il presidente della Costa d’Avorio Laurent Gbagbo nell’aprile 2011.
Quando si sono verificati i colpi di Stato in Burkina Faso e in Mali, i francesi non sono riusciti nemmeno a ottenere un’udienza con l’allora presidente nigeriano Muhammadu Buhari per sostenere le loro ragioni per un intervento dell’ECOWAS in entrambi i Paesi. I leader senegalesi e ivoriani hanno accolto con simpatia la spinta di Macron per un intervento armato in Mali e Burkina Faso, ma le truppe dell’ECOWAS non potevano entrare in azione senza l’approvazione della Nigeria.Nonostante le pressioni americane per un intervento immediato in Niger, Tinubu si è attenuto alle procedure ben definite dell’ECOWAS, che prevedono un dialogo di pace seguito da un intervento armato come ultima risorsa. Si tratta della stessa procedura utilizzata durante la crisi costituzionale del Gambia (2016-2017). Il dialogo di pace si è concluso dopo quasi sei settimane e il 19 gennaio 2017 è seguito un intervento dell’ECOWAS a guida nigeriana.Tuttavia, l’opposizione interna alla Nigeria a qualsiasi intervento armato nella Repubblica del Niger è esplosa e ha ostacolato i piani di Tinubu.All’inizio di agosto, gli influenti governi degli Stati di Sokoto, Kebbi, Yobe, Katsina, Zamfara, Jigawa e Borno hanno dichiarato la loro opposizione. Tutti e sette gli Stati della Nigeria settentrionale condividono un confine con la Repubblica del Niger, il che li pone in prima linea in caso di potenziali inondazioni transfrontaliere di rifugiati.

Tinubu ha incontrato i governatori di cinque Stati settentrionali in prima linea all’inizio di agosto. I governatori degli Stati non sono favorevoli a un intervento militare perché temono un’ondata di rifugiati nigerini che attraversano il confine con i loro Stati.
Sebbene Tinubu continui a subire le pressioni dei Paesi membri più piccoli dell’ECOWAS affinché intervenga, non può ignorare la posizione anti-interventista dei sette governatori degli Stati del Nord, poiché quasi tutti sono membri del suo stesso partito politico, l’All Progressives Congress. In effetti, Zamfara è l’unico Stato dei sette che non è governato dal partito di Tinubu.Solo pochi giorni fa, Tinubu ha dichiarato pubblicamente agli americani di essere concentrato su una risoluzione diplomatica del conflitto, anche se i capi militari nigeriani continuano a pianificare un intervento armato, nel caso in cui Tinubu cambiasse idea – una prospettiva che, a mio parere, diventa sempre meno probabile ogni giorno che passa.
Image
Il 26 agosto 2023, il vice segretario di Stato per gli Affari africani, signora Molly Phee, ha visitato la sede dell’ECOWAS nella capitale nigeriana Abuja. Ha anche incontrato il presidente Bola Tinubu, che le ha detto di essere riluttante a entrare in guerra e di essere ora concentrato su una risoluzione diplomatica.
Tinubu non si è fatto scrupoli a dire la sua agli americani. Dopo tutto, avevano appoggiato il suo terzo sfidante alle elezioni di febbraio. E quando è stato dichiarato “vincitore delle elezioni”, gli americani hanno esitato prima di riconoscere la sua “vittoria” a denti stretti.Non ha intenzione di scartare le opinioni anti-interventiste dei broker del Nord che hanno gestito la vasta macchina di brogli elettorali che lo ha portato al potere per compiacere gli americani che non hanno mai voluto che diventasse Presidente.In un recente incontro con un gruppo di studiosi islamici anti-interventisti, Tinubu ha dichiarato pubblicamente che sta usando la sua posizione di presidente dell’ECOWAS per tenere la linea contro la rabbiosa smania degli Stati membri più piccoli di lanciare un intervento in Niger.Questa rivelazione, che conferma la mia precedente analisi, è stata ampiamente ripresa da molti giornali, stazioni radio e canali televisivi locali in Nigeria. Un esempio è questo servizio del quotidiano ThisDay, molto letto.

Screenshots from Nigerian newspapers reporting Tinubu’s revelation

Nel nominare gli studiosi islamici come ulteriori emissari di pace, Tinubu si è lamentato del fatto che i tre anni di transizione alla democrazia proposti dai putschisti del Niger sono troppo lunghi. Ha detto di volere un periodo più breve e un calendario specifico.

In altre parole, Tinubu è disposto a scendere a compromessi con i leader del colpo di Stato, vista la loro ritrovata disponibilità a negoziare e il loro accordo a consentire ai suoi emissari l’accesso a Bazoum – un accesso privilegiato che era stato negato a Victoria Nuland in occasione della sua visita.

La posizione di Tinubu è in diretto contrasto con la linea dura degli Stati membri più piccoli dell’ECOWAS che non vogliono contrattare con i putschisti nigerini la durata della loro permanenza al potere. Vogliono un intervento militare per mandare un messaggio freddo a qualsiasi potenziale banda di golpisti nei loro Paesi.

I francesi non sono ovviamente soddisfatti di questo nuovo sviluppo e Macron ha inveito pubblicamente al riguardo:

Beh, i cani abbaiano, ma la carovana va avanti. Nessuno che abbia un potere significativo all’interno della subregione dell’Africa occidentale sta ascoltando le parole di Macron, anche se in alcune di queste parole ci sono dei chicchi di verità.

Mi riferisco in particolare alla sottolineatura da parte di Macron del background di minoranza etnica del Presidente Bazoum, che ha il potenziale di provocare una ripresa del conflitto etnico attualmente congelato tra i ribelli del Nord del Niger e lo Stato nazionale nigerino. Ho discusso la questione nei dettagli in un precedente aggiornamento, linkato qui.

Proseguendo…

Tinubu ha spinto la Commissione ECOWAS a impegnarsi seriamente con i putschisti. Così, la Commissione ha tranquillamente abbandonato la sua posizione di “nessun compromesso” e ora sta facendo eco alle lamentele di Tinubu, secondo cui il periodo di transizione di tre anni per il ripristino dell’ordine costituzionale è troppo lungo e deve essere più breve.

A mio avviso, nessuna pressione americana potrà spingere Tinubu in una direzione che non inizi con una contrattazione con i leader della giunta sulla durata della loro permanenza al potere politico.

È probabile che Tinubu ascolti i suggerimenti dei temibili algerini, partner della Nigeria nel progetto del gasdotto trans-sahariano e negli affari di sicurezza dell’area del bacino del Ciad.

Prevedo che Tinubu costringerà l’ECOWAS ad avanzare la proposta algerina di una transizione di sei mesi per il ritorno alla democrazia elettorale. Naturalmente, potrebbe essere un po’ più lunga o un po’ più corta di sei mesi.

Dubito che i leader golpisti del Niger accetterebbero di essere ostacolati nella loro capacità di mantenere il potere per tutto il tempo che vogliono. Anche il loro periodo di transizione di tre anni è probabilmente un espediente per pacificare l’ECOWAS. I putschisti della Guinea hanno usato questa tattica dilatoria con grande effetto dopo essere saliti al potere nel settembre 2021. Due anni dopo, restano al potere e si rifiutano di condurre le elezioni come avevano promesso all’ECOWAS per evitare l’intervento militare.

Tinubu, in piedi accanto al presidente della Commissione dell’ECOWAS e ai leader nazionali degli Stati membri più piccoli dell’organizzazione.
Un altro gruppo che sarebbe estremamente scontento di qualsiasi discorso di ritardare l’uscita dei putschisti nigerini sarebbe quello degli Stati membri più piccoli dell’ECOWAS, come ho più volte ricordato. Uno dei maggiori timori che Tinubu nutre mentre percorre in punta di piedi il cammino verso una risoluzione pacifica della crisi nigerina è il possibile scoppio di una ribellione contro il suo controllo di un’organizzazione che la Nigeria ha fondato nel 1975 per promuovere l’integrazione regionale sotto la sua guida.Gli americani vorrebbero tanto che le cose tornassero allo status quo ante. Ovvero, tornare alla situazione precedente al colpo di Stato del 26 luglio. Per loro è molto semplice. Non vogliono che la Russia si avvicini al Niger. Si consolerebbero con il fatto che Prigozhin è stato estratto bruscamente dalla sua esistenza terrena poco dopo essere apparso in un video girato nei deserti del Mali.Tinubu dovrebbe partecipare all’Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGA) a New York il 18 settembre 2023. Durante la sua visita in Nigeria, il vice segretario di Stato per gli Affari africani, Molly Phee, ha dichiarato che Biden era intenzionato a incontrare Tinubu a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.Il Presidente nigeriano ha accettato l’invito di Biden, ma ha detto al funzionario americano in visita che ora è concentrato su una strategia diplomatica per risolvere l’imbroglio del Niger.

In altre parole, le richieste di intervento americano non saranno prese in considerazione fino a quando non saranno esaurite tutte le vie pacifiche per risolvere la situazione.

C’è persino la possibilità che un qualche tipo di accordo con i putschisti sia stato raggiunto quando Biden avrà la possibilità di incontrarsi con Tinubu a metà settembre.

Se si riuscisse a trovare un accordo, il maggior perdente sarebbe la Francia, che non è riuscita a influenzare il governo di Tinubu sulla nave dell’ECOWAS.

Gli americani non si opporrebbero necessariamente a un accordo che permetta ai leader golpisti una breve permanenza al potere, a patto che la giunta non inviti la Russia nella Repubblica del Niger. Questa è l’unica cosa che interessa loro.

Quindi i leader del colpo di Stato accetterebbero una permanenza al potere di sei mesi se l’ECOWAS gliela proponesse? Vedremo…

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate: postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704 oppure iban IT30D3608105138261529861559 oppure 

PayPal.Me/italiaeilmondo

Su PayPal, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

Troppo di non molto, di Aurelien_a cura di Roberto Negri

Troppo di non molto

Vincere la giornata perdendo la guerra.

 

AURELIEN

13 SET 2023

Vi ricordo che le versioni spagnole dei miei saggi sono ora disponibili qui, e alcune versioni italiane dei miei saggi sono disponibili qui. Marco Zeloni sta pubblicando anche alcune traduzioni italiane e Italia e il Mondo ha recentemente pubblicato una mia intervista, in inglese e in italiano. Grazie a tutti i traduttori.

 

Negli ultimi saggi ho avuto modo di parlare del disastroso declino delle capacità del governo, delle istituzioni e del settore privato nel mondo occidentale. Anche altri sono intervenuti, come John Michael Greer e Yves Smith di Naked Capitalism, che non solo ha creato un forum di discussione sul tema ma ha anche fornito alcuni importanti contributi. Questo saggio, tuttavia, non è un ennesimo sfogo o geremiade contro questa indubbia incompetenza dilagante, ma piuttosto un tentativo di comprendere e spiegare una delle sue caratteristiche più sconcertanti: perché i politici in Occidente oggi sono così incapaci di fare i politici?

Cosa intendo con “incapaci”? Considerando per il momento la politica come un’attività puramente tecnica, sembra ovvio che chi entra in politica dovrebbe avere o pianificare di acquisire una serie di competenze di base come in qualsiasi altro ambito. Da un falegname ci si aspetta che sappia segare con precisione il legno, da un commercialista che sia a suo agio con le cifre, da un attore che sappia entrare nella psicologia di diversi personaggi. Lo stesso vale per i politici. Cosa ci aspettiamo da loro?

Innanzitutto, un ragionevole livello di intelligenza innata e una ragionevole capacità di pensare, scrivere e parlare in modo coerente e comprendere concetti. Non intendo nulla di particolarmente eccezionale: per cominciare, il livello di intelligenza media di un diplomato sarebbe sufficiente. Ma la politica comporta anche altre abilità: fra queste, la capacità di comprendere e parlare di molti argomenti diversi, di affrontare in modo efficace dibattiti e interviste, di rivolgersi agli elettori per conquistare il loro voto, di stringere alleanze e  capire come trattare con gli avversari, di vedere i flussi sotterranei del potere e di capire e saper reagire ai cambiamenti delle tendenze politiche. Quando si è al potere è necessario avere un’idea di ciò che si vuole fare e almeno un’idea di massima su come farlo. Inoltre, i politici devono avere una solida  struttura fisica e psicologica per far fronte agli impegni di lavoro e sopportare infinite critiche, alcune delle quali personali, senza esserne influenzati.

Niente di tutto questo è tremendamente ambizioso o impegnativo, eppure ciò che mi colpisce, avendo osservato la politica dalla prima linea per circa mezzo secolo, è il modo in cui negli ultimi decenni queste competenze di base sono decadute nei Paesi occidentali. C’è una lunga lista di potenziali esempi, ma permettetemi di citarne solo alcuni fra i più evidenti. In quasi tutti i Paesi occidentali, i partiti politici sembrano non sapere più come farsi votare. Grandi percentuali dell’elettorato non votano, e quelli che lo fanno votano con riluttanza per la meno ripugnante fra le possibili alternative. L’idea di avere politiche e visioni che vadano oltre le slide di Powerpoint e gli slogan, o che siano destinate a essere realmente attuate, sembra completamente assente. (Emmanuel Macron è stato eletto due volte sulla base di un programma sintetizzabile in “non essere Marine Le Pen”). Allo stesso modo, pochi governi dei Paesi occidentali sembrano avere idea di come gestire i propri parlamenti, far approvare le leggi o persino convincere l’opinione pubblica e i media non allineati alle visioni della classe dirigente. E anche a livello individuale i politici si presentano ormai come creature vulnerabili che compiangono sé stesse per il fatto di essere perseguitate dai loro avversari. Ma “cattivo” o “incompetente” non sono critiche personali, piuttosto giudizi tecnici, non diversi da quelli sul lavoro di un idraulico o di un avvocato.

 

Non è sempre stato così. Certo, i politici sono sempre stati impopolari (“politico” era un insulto già ai tempi di Shakespeare) e non c’è mai stata un’età dell’oro in cui i politici erano in genere onesti e competenti e avevano a cuore gli interessi della nazione. Tuttavia. Tuttavia cinquant’anni fa, ad esempio, le campagne elettorali erano condotte in gran parte attraverso incontri pubblici, e a volte migliaia di persone si presentavano per ascoltare un personaggio popolare, applaudire o contestare. Alcuni politici e i loro programmi erano veramente popolari e suscitavano un entusiasmo reale, non finto. E quando venivano eletti cercavano di mantenere l eloro promesse.

Nel 1951, il governo conservatore di Winston Churchill fu eletto anche sulla base della promessa di costruire 300.000 alloggi popolari all’anno. Non si trattava di una cifra calcolata da un gruppo di lavoro, né di una promessa vana che sarebbe stata dimenticata dopo le elezioni. Si trattava di una promessa che fu sostanzialmente mantenuta, sotto la guida di Harold Macmillan, il Ministro per gli Alloggi (immaginate, un Ministro per gli Alloggi!). Le Municipalità locali, spesso utilizzando la propria manodopera, ne costruirono due terzi. Oggi, nonostante la consapevolezza della necessità di risolvere la disperata carenza di alloggi che affligge la Gran Bretagna, il numero di nuove case popolari costruite ogni anno è nell’ordine delle migliaia. Ma in passato mantenere tali promesse era considerato normale: era l’epoca della ricostruzione del sistema ferroviario, della costruzione delle prime autostrade e di molte nuove università. Lo stesso accadde in Europa, dove la ripresa dalla guerra avvenne rapidamente, in gran parte grazie alle risorse e alle capacità locali che erano sopravvissute ai combattimenti. E poi c’è stata la modernizzazione. Si racconta che all’inizio degli anni ’60 De Gaulle e il suo primo ministro Georges Pompidou stessero sorvolando Parigi in elicottero, osservando i caotici ingorghi che l’era dell’automobile aveva portato. “Dobbiamo fare qualcosa per questo caos”, disse De Gaulle. Nel giro di pochi anni fu aperta la prima linea di metropolitana ad alta velocità (RER) e la circonvallazione intorno a Parigi, già iniziata, fu rapidamente completata. Poco dopo arrivò la crisi petrolifera e il governo francese decise, più o meno da un giorno all’altro, di espandere massicciamente l’industria nucleare del Paese: il responsabile dell’industria energetica (allora di proprietà statale) fu convocato e gli fu ordinato di provvedere. Nel giro di pochi anni i reattori cominciarono ad entrare in funzione. Poco dopo, il governo decise di introdurre il Minitel, un antesignano di Internet, semplicemente regalando una macchina a tutti coloro che ne volevano una. Fu un successo strepitoso e permise ai francesi, ad esempio, di acquistare i biglietti ferroviari on line un decennio prima che ciò fosse possibile nella maggior parte degli altri Paesi.

 

Ma forse pensate che tutto questo sia un po’ banale e limitato alla politica interna. Che dire dei grandi affari di Stato, gli Esteri e la Sicurezza, per esempio? I governi erano ugualmente attivi in questo campo? Ecco un esempio molto significativo. Sia la Gran Bretagna che la Francia uscirono dalla Seconda guerra mondiale con la consapevolezza che, se non fosse stato per i loro imperi, eserciti, materie prime e profondità strategica le cose sarebbero probabilmente finite molto peggio di come sono andate. Il primo pensiero fu quindi quello di mantenere i loro imperi coloniali per conservare lo status di Grandi Potenze e, nel caso della Gran Bretagna, una sorta di parità con gli Stati Uniti. Ma divenne rapidamente chiaro che mantenere gli Imperi avrebbe rappresentato un onere finanziario troppo gravoso per essere sostenibile e, dopo la disfatta di Suez, il loro valore strategico divenne molto più aleatorio. In pochi anni il governo britannico cambiò completamente rotta e la maggior parte dei possedimenti inglesi divenne rapidamente indipendente. In poco più di un decennio non rimase praticamente nulla e l’intero focus strategico si spostò sull’Europa e sull’Atlantico. La transizione francese fu ancora più rapida: salito al potere, De Gaulle non solo uscì dalla palude della guerra d’Algeria ma decise che l’onere di mantenere le altre colonie superava gli eventuali benefici: tutte divennero indipendenti in un paio d’anni.

Ma questo non è dovuto alla sola presenza in quegli anni di veri e propri giganti, anche se lo erano. Fino a una generazione fa, la maggior parte dei leader occidentali mostrava ancora un ragionevole grado di competenza politica. Prendiamo ad esempio il 1991. In quell’anno, Washington fu in grado di aggregare una forte coalizione internazionale per la guerra in Kuwait, con una diplomazia capace e intelligente e con obiettivi politici definiti. (Più tardi, nello stesso anno, durante i negoziati per l’Unione politica di Maastricht, i britannici, isolati su molte questioni e sotto la non brillante guida di John Major, raggiunsero comunque molti dei loro obiettivi. Questo in parte perché Major aveva davanti a sé un manuale di istruzioni con il testo di ogni clausola che doveva essere concordata, un commento sugli obiettivi britannici e, se necessario, una controproposta. Secondo persone che hanno partecipato a quei negoziati nessun altro leader nazionale ha avuto questo livello di supporto, e del resto i britannici sono stati uno dei pochi Stati in quel contesto ad aver definito degli obiettivi politici, anche se non li hanno raggiunti tutti. Il paragone con la Brexit è quasi troppo doloroso per essere evocato.

Nel raccontare questi episodi si tende a soffermarsi sulle competenze tecniche, sui livelli di istruzione e qualificazione, sul reclutamento di specialisti, sull’organizzazione del governo e così via, tutti aspetti senz’altro importanti. Ma mentre un Paese può funzionare con una burocrazia decente e un settore privato capace, per raggiungere davvero degli obiettivi occorre una classe politica in grado innanzitutto di definirli e perseguirli. Questi obiettivi non devono necessariamente essere decisi esclusivamente dalla classe politica: possono anche essere ampiamente condivisi dalle élite nazionali, come ad esempio avviene in molti Paesi asiatici. Ma è essenziale che i politici in carica definiscano e perseguano tali obiettivi, se si vuole che il Paese vada avanti. Chiunque abbia lavorato in una struttura di Governo vi dirà quanto sia esasperante trovarsi di fronte a leader politici che non sanno cosa vogliono, o non riescono ad articolarlo.

Vorrei ora analizzare brevemente alcune delle possibili spiegazioni di questa situazione – paragonabile all’impossibilità di trovare un falegname che sappia segare in linea retta – prima di passare a parlare dell’influenza catastrofica che essa ha avuto sulla gestione della crisi ucraina da parte dell’Occidente attraverso un paio di altri esempi significativi.

I politici sono ovviamente il riflesso della società da cui provengono e del serbatoio di talenti disponibili. I cambiamenti nella società implicano quindi  inevitabilmente che coloro che entrano in politica portino con sé l’impronta di questi cambiamenti, i problemi e le debolezze, come ad esempio il deterioramento degli standard educativi. È certamente vero che l’atmosfera frivola e frenetica della cultura popolare occidentale di oggi è molto diversa dal mondo serio e rigoroso in cui Macmillan o De Gaulle facevano politica. Dall’altra parte, le ricerche dimostrano che nella maggior parte dei Paesi occidentali la classe politica è più privilegiata e più acculturata che mai. I suoi membri provengono generalmente da famiglie con un reddito più elevato, hanno ricevuto un’istruzione lunga e costosa presso istituzioni prestigiose e beneficiano di estese reti di relazione familiari e professionali. Sono quindi mediamente più istruiti e preparati dei loro predecessori di cinquant’anni fa: non hanno scuse. Pensiamo a un caso come quello di Ernest Bevin, uno dei più grandi segretari agli Esteri britannici e l’uomo che più di ogni altro è stato artefice della nascita della NATO, che è nato in povertà, non ha avuto alcuna istruzione formale e ha fatto carriera nel movimento sindacale. Eppure ha impressionato tutti, compresi i diplomatici di Oxbridge, per la sua innata intelligenza e la sua straordinaria capacità di lavoro, oltre che per la cura per il suo staff.

Un altro fattore è costituito dalle caratteristiche connaturate della attuale classe politica. Un rapido esame delle principali figure politiche fino al 1990 circa mostra un’ampia varietà di background, istruzione ed esperienze di vita. In tutti i principali parlamenti occidentali, fino a pochi anni or sono, erano presenti politici che avevano iniziato la loro vita come lavoratori manuali. Oggi non ce ne sono più. Il declino dei partiti politici di massa, soprattutto a sinistra, ha prosciugato il serbatoio di coloro che sono cresciuti in condizioni difficili, spesso attraverso scioperi e picchetti e i feroci contrasti interna dei sindacati, e le cui convinzioni sono state formate in modo preponderante dall’esperienza. (La profonda avversione di Bevin per il comunismo, ad esempio, non era una astratta posizione di principio ma il risultato delle sue esperienze sindacali e dell’antagonismo di classe contro gli intellettuali che dominavano il Partito Comunista in Gran Bretagna: del resto, non era nemmeno un ammiratore tout court degli Stati Uniti o dell’Impero). Ma i politici provenivano anche da carriere borghesi standard: avvocati, insegnanti e conferenzieri, medici, militari, piccoli imprenditori, persino contabili. Ma la loro caratteristica comune era quella di aver esercitato una professione prima di entrare in politica, scelta che in ogni caso tendevano a compiere non prima della mezza età. Molti erano stati attivi anche nella politica locale, dove non si potevano certo evitare le questioni quotidiane.

Al contrario la classe politica di oggi, sotto la bandiera del “professionismo”, è diventata sempre più dilettante nella sua capacità di fare cose che contino davvero, in parte a causa della limitatezza del proprio background ed esperienza. Un aspirante politico al giorno d’oggi inizia con una laurea in una materia teorica presso un’università prestigiosa (“relazioni internazionali”, magari) e si dedica alla politica studentesca, creando contatti e preparandosi per il futuro. Dopodiché, un master in Diritto dei diritti umani, per esempio, e un paio di stage prestigiosi e un indirizzario sempre più ampio. E poi un lavoro di base in un think-tank o in un gruppo di pressione, un periodo come assistente parlamentare in patria o a Bruxelles, un lavoro nell’apparato del partito, un lavoro nell’ufficio di un ministro, un lavoro di gestione in un think-tank e poi, forse, molto precocemente, la possibilità di essere eletti. Esperienza totale in tutto ciò che non sia puro carrierismo: praticamente zero.

Ma ci sono altre due caratteristiche dei sistemi politici odierni, collegate tra loro, che a mio avviso hanno maggiore importanza, anche se sono meno evidenti. Una (conseguenza di questo tipo di “professionismo”) è che oggi le carriere politiche si fanno quasi esclusivamente all’interno dell’apparato del partito politico cui si appartiene. Un corollario ovvio, anche se perverso, è che i vostri nemici sono in primo luogo membri del vostro stesso partito piuttosto che di partiti avversari. La depoliticizzazione della politica e il restringimento dello spettro di idee politiche accettabili che hanno caratterizzato l’ultima generazione fanno sì che le differenze autentiche con gli altri partiti politici siano spesso di poco conto e possano diventare davvero importanti solo quando ci sono le elezioni e quando è necessario trovare qualche argomento plausibile per cui l’elettorato non dovrebbe votare per un altro partito.

Ma la carriera non si fa battendo l’opposizione nel paese o in uno scontro parlamentare, bensì legandosi a persone importanti, individuando e aderendo alla tendenza che si pensa possa prevalere nei dibattiti interni al partito, attenendosi scrupolosamente alla linea del partito in ogni occasione ed essendo pronti a tradire i propri amici e alleati, per non dire le proprie convinzioni, quando è opportuno farlo. Ora, la politica è sempre stata un po’ così e la maggior parte dei politici, anche se non tutti, hanno avuto una vena carrieristica. Ma negli ultimi anni la politica è sempre più diventata solo carrierismo. Come è prevedibile in una società liberale, la politica è egoriferita al singolo, alla sua carriera, prospettive e futuro dopo aver lasciato la politica. Il quale può anche prendere parte a una lotta tra fazioni per il controllo del partito, ma l’idea che il partito stesso possa avere degli interessi, o che qualche gruppo esterno al partito possa avere una qualche importanza, gli risulta completamente estranea. È questo, più di ogni altra cosa, a spiegare perché oggi la politica interna ai partiti è così feroce e perché i politici usano così spesso i social media per attaccare i propri teorici alleati piuttosto che i loro avversari.

Se tutto questo vi ricorda vagamente la politica in uno Stato monopartitico, forse è perché è proprio così. In uno stato del genere, la politica funziona esattamente in questo modo: aspre lotte interne tra fazioni, scarso interesse per le opinioni di chi è al di fuori del partito e continui tentativi di scalarne le gerarchie alla ricerca di più potere e dei vantaggi che ne derivano. Una delle ragioni del catastrofico collasso della Bosnia nel 1992, fra le altre, consiste nel fatto che nessuno dei partiti politici presentatisi alle elezioni che l’Occidente ha imposto al neonato Stato aveva una reale esperienza di politica democratica, del logorante processo di discussione, dibattito, costruzione di coalizioni e convincimento dell’opinione pubblica. Il vecchio Partito Comunista Jugoslavo non funzionava così. Così, da un lato i politici in cerca di voti hanno giocato l’unica carta che avevano a disposizione, l’etnia, e dall’altro, quando si è trattato di costituire un parlamento, non avevano assolutamente idea di come farlo funzionare. All’epoca pensavamo di avere qualcosa da insegnare loro. Ora non è più così evidente.

E naturalmente in uno Stato monopartitico esiste una nomenklatura che identifica non solo coloro che detengono il potere politico e governativo, ma anche coloro che hanno influenza sui media, i think tank, l’industria e persino le professioni, e che si muoveranno facilmente in questi ambienti. Abbiamo visto questo sistema insinuarsi lentamente anche nei Paesi occidentali. Al giorno d’oggi un ministro del Governo ed ex consulente manageriale potrebbe essere sposato con un noto giornalista politico, avere un fratello con una posizione di rilievo nel settore privato che finanzia varie ONG, una sorella che dirige un influente think-tank e che sta cercando di entrare in politica, essere il migliore amico di un diplomatico di alto livello ritiratosi per lavorare in una banca, che è sposato con il direttore di un’azienda di servizi privatizzata, il cui fratello è un alto funzionario della Banca d’Inghilterra… la rete è potenzialmente infinita. (Se pensate che stia esagerando, leggete alcuni dei commenti su Naked Capitalism del columnist Colonel Smithers e alcuni dei loro reportage sulle relazioni incestuose della nomenklatura negli Stati Uniti. E non fatemi parlare della Francia ….).

L’ultimo elemento, riflesso della precedente, è il trionfo assoluto dell’immagine sulla sostanza. Se i partiti non si preoccupano più di avere una base di massa, se si affrontano le elezioni parlamentari solo assumendo consulenti per diffamare l’opposizione, se l’unico obiettivo personale è salire nella gerarchia del partito, allora è inevitabile che l’immagine sia tutto. Ciò che si dice è più importante di ciò che si fa, soprattutto se si è interiorizzata l’idea che il governo non può in ogni caso fare molto, e si cerca piuttosto il consenso dei propri pari, dentro e fuori dal partito. (Questo tipo di politica è iniziato negli anni Novanta e nel Regno Unito è associato soprattutto al governo Blair, in particolare negli ultimi anni. A quell’epoca si era già sviluppata una nomenklatura e le decisioni del governo venivano prese sempre più spesso in riunioni informali, alle quali partecipavano persone che non erano state elette e che non avevano le necessarie qualifiche professionali. C’era un numero crescente di “consiglieri”, essenzialmente apprendisti politici, cui non era richiesta alcuna qualità personale se non l’ambizione e l’assoluta fedeltà al loro sponsor e protettore. L’avanzamento di carriera non derivava dalla competenza o dall’onestà ma dal sapere, per dirla nel gergo dell’epoca, “cosa vuole Tony”. All’epoca di quel disastro che fu il governo di Boris Johnson era difficile dire chi fosse influente e responsabile di qualcosa nel governo, ammesso che qualcuno lo fosse.

È stato sotto l’azione del chief spin doctor di Blair, Alastair Campbell, che l’enfasi si è spostata decisamente dalla politica all’apparenza. Il governo divenne ossessionato dall’immagine e dal controllo della percezione pubblica, e garantire una copertura positiva nei media divenne un obiettivo importante in sé, se non il più importante. Come in uno Stato monopartitico, il controllo di ciò che era ammesso nel discorso pubblico era l’unica cosa che contava davvero e, per un certo periodo, l’opposizione Tory si trovò in uno stato di tale disgregazione che vincere le elezioni era comunque facile. L’espressione che riassume questo approccio (che Campbell l’abbia coniata o meno) è “win the day “, letteralmente “vincere la giornata”: in sostanza, l’idea che alla fine di ogni giornata ciò che contava davvero era che i media riflettessero la linea del governo su una determinata questione. E tale linea poteva avere solo un rapporto incidentale con la realtà. Le statistiche ufficiali, ad esempio, erano in definitiva ciò che il governo sosteneva che fossero, purché i media vi credessero.

Penso che sia già ovvio che la trasformazione della vita politica occidentale in un passatempo amatoriale, carrieristico, ripiegato su sé stesso, elitario, guidato dall’ego e ossessionato dall’immagine non avrebbe avuto un esito felice. E infatti non lo ha avuto. Voglio quindi esaminare brevemente due casi, e poi l’Ucraina, per vedere come tutto questo si è tradotto nella vita reale.

Forse ricorderete il malcontento in Francia all’inizio dell’anno per le modifiche volte a far lavorare più a lungo i francesi per avere pensioni più basse. Non mi occupo qui del merito della questione (dubbia, e questo era uno dei problemi politici), ma della gestione politica, da parte di un governo senza maggioranza, di una politica profondamente impopolare. La prima reazione di qualsiasi politico saggio sarebbe stata quella di dire: “Non fatelo”. Dopotutto, i dati ufficiali evidenziavano che verso i sessant’anni di età una frazione significativa della popolazione attiva francese già era economicamente inattiva perché disoccupata (i giovani costano meno) o invalida dal lavoro. In effetti, con la nuova età pensionabile fissata a 64 anni, la classe operaia francese media si troverebbe già in cattive condizioni di salute e in molti casi defunta. Un bel risparmio. Inoltre, l’argomento dell’equilibrio finanziario evocato dal governo era difficilmente conciliabile con la spesa senza limiti per combattere il Covid, per non parlare dei miliardi inviati in Ucraina.

Quindi chiunque con un briciolo di sensibilità politica avrebbe detto a Macron: se non vuoi ritirare questa sciocca proposta, rendila più presentabile. Ad esempio, un’età pensionabile generalizzata di 64 anni significava che l’operaio che aveva lasciato la scuola a 16 anni avrebbe lavorato forse dieci anni in più rispetto al giornalista o al banchiere che avrebbero studiato fino a venticinque anni. Perché non utilizzare invece un sistema a punti, in modo che quando si è lavorato per un certo periodo di tempo si possa andare automaticamente in pensione? D’altronde, questa idea si ritrova in altre parti del sistema francese. La posizione del governo, al contrario, è stata di assoluta rigidità.

Il che equivale a dire che il vero problema era l’ego di Macron e il suo desiderio di imporsi platealmente su questi francesi recalcitranti e, appunto, “vincere la giornata”. Il tema, alla fine, non era importante: ciò che contava era la prospettiva dell’eroica vittoria sul popolo francese. A questo ha contribuito il fatto che si trattava di un argomento che Macron poteva effettivamente comprendere e su cui (a differenza del Covid o dell’Ucraina) aveva il potere di influire. Tuttavia, anche se alla fine Macron ha fatto approvare la legge con una procedura costituzionale concepita per affrontare emergenze eccezionali, ciò ha allontanato ancora di più l’elettorato dal sistema politico e il suo partito probabilmente subirà danni enormi in termini di consenso nelle elezioni 2027. E per quale motivo? A che pro, si sarebbe chiesto qualsiasi politico esperto della vecchia scuola?

Si è scritto molto sulla Brexit, ma, a parte le argomentazioni astratte, voglio focalizzarmi su quella che ritengo essere la questione chiave: la pura incompetenza. Da Primo Ministro con una maggioranza risicata David Cameron si è concentrato esclusivamente, come il presidente di un qualsiasi Politburo, sulla propria sopravvivenza e posizione nel partito.  Una piccola ma rumorosa fazione anti-Bruxelles stava creando problemi, quindi perché non lanciare loro l’osso di un referendum che il governo sapeva avrebbe vinto? Questo avrebbe risolto il problema. (In realtà non l’avrebbe fatto, poiché queste persone erano dei veri fanatici che non si sarebbero mai arresi: e questo è la prima valutazione politica totalmente errata). A differenza dell’accurata gestione del referendum europeo del 1975 da parte di Jim Callaghan, Cameron non ha fatto alcun tentativo di definire e attuare una strategia, né di contattare i governi europei per rassicurarli su ciò che stava accadendo. L’arroganza e l’incompetenza hanno impedito al governo di condurre una campagna credibile per il Remain, cercando solo di spaventare e costringere la popolazione a votare a favore: il tipico comportamento di un governo che non sa più come vincere le elezioni se non con gli insulti. Il risultato è stato il più grande disastro politico evitabile dei tempi moderni, anche se quello che è seguito è stato anche peggiore. Cameron, fedele allo spirito egoriferito e ripiegato su sé stesso della politica contemporanea, non ha avuto esitazioni quando i risultati sono stati resi noti: è scappato, e ora pare stia facendo fortuna consigliando altri. La povera vecchia satira sta rimanendo senza lavoro ultimamente.

Theresa May ha ereditato una situazione disperata ma non impossibile. Tutto sommato, qualsiasi politico della vecchia scuola avrebbe saputo cosa fare. Un’attenta valutazione della situazione, colloqui con tutti i partiti, nodi legali da risolvere, discussioni con i partner europei, dibattiti in parlamento… avrebbero potuto passare anni e portare a un cambio di governo o a un consolidamento della maggioranza.  E anche se, alla fine, la Brexit fosse risultata inevitabile, un governo competente si sarebbe preparato adeguatamente. Un principio basilare di qualsiasi negoziato è che non si iniziano mai i colloqui senza obiettivi chiari, senza una buona conoscenza di ciò che vuole la controparte e senza un quadro di massima su ciò che si è disposti a scambiare con cosa. Ma la Brexit è stato il primo vero esempio del nuovo stile della politica occidentale. Tutto ciò che contava per la May era la sua posizione all’interno del partito (inizialmente era contraria alla Brexit) e il preservare tale posizione uscendo dall’UE il più rapidamente possibile, anche se non c’era stata alcuna preparazione preliminare e il governo non aveva obiettivi oltre all’uscita. La sua attenzione era interamente concentrata sul fronte interno: mantenere i media dalla sua parte, “vincere la giornata”, tenere unito il partito e concedere qualsiasi promessa o compromesso necessario per mantenere la sua posizione. Dopo il disastroso fallimento di un’elezione generale indetta appositamente per rafforzare la sua posizione all’interno del partito si è ritrovata ostaggio di un gruppo di fondamentalisti protestanti irlandesi, ai quali ha prestato molta più attenzione di quanta ne abbia riservata ai suoi “partner” negoziali a Bruxelles. Al contrario, sembra che sia stato fatto ben poco per definire una strategia, e i britannici sono passati da una crisi all’altra, battuti in ogni fase da una Commissione che aveva un mandato chiaro e lo ha rispettato. Quando Johnson ha preso il potere, il trionfo della “nuova” politica è stato completo: nulla contava se non “vincere la giornata”. Non importava quante bugie fossero state dette, quanti problemi fossero stati nascosti, quanta fantasia fosse stata messa in campo: la vita reale passava in secondo piano e i futuri problemi che si accumulavano avrebbero potuto essere risolti, beh, in futuro. Il sistema britannico, un tempo solido, era ormai l’ombra di sé stesso, ma anche il sistema migliore è impotente quando i politici sono ossessionati da questioni interne e mediatiche e si chiedono non “cosa vogliamo”, ma “come apparirà”.

A questo punto dovrebbe risultare chiaro come l’Ucraina sia semplicemente l’epitome di questo fenomeno, solo su scala molto più ampia. La “politica” occidentale è gestita da una nomenklatura ormai internazionale, che guarda a sé stessa con orgoglio e approvazione ma è limitata nella sua libertà individuale di espressione e azione come lo era il Comitato Centrale del Partito Comunista Rumeno. I leader nazionali non sono preoccupati dalla crisi in sé, che a malapena comprendono, ma dalla gestione della loro immagine all’interno del proprio Paese e del proprio partito politico, per non parlare del confronto con i colleghi internazionali. Nessuno può permettersi di apparire meno determinato, meno impegnato nei confronti dell’Ucraina, meno antirusso del proprio vicino o del proprio avversario politico. Come la Stasi di un tempo, i media e i social media di oggi esaminano ogni dichiarazione, e persino ogni silenzio, su ogni questione alla ricerca di segni di deviazionismo ideologico. Non sorprende quindi che la nomenklatura passi così tanto tempo a negoziare con sé stessa ciò che potrebbe accettare come esito della crisi: ciò che conta non è ciò che i russi accetteranno, ma ciò che è accettabile per i media, per il proprio partito politico e per i colleghi internazionali, e in ultima analisi per il proprio ego.  Incontrandosi e parlandosi incessantemente, assicurandosi continuamente che la guerra è quasi vinta e Putin sta per cadere, non c’è il tempo o la voglia di cercare di scoprire cosa pensano realmente i russi. Perché dovrebbe essere importante, dopo tutto?

Inoltre, questi leader nazionali sono generalmente impopolari presso i loro elettori, o sono arrivati al potere di recente per inerzia, sostituendo leader che lo erano diventati. Non hanno la minima idea di come gestire l’opinione pubblica se non con minacce e spacconate, il che spiega forse la loro estrema sensibilità alle critiche o addirittura al pensiero indipendente. Abili nel manovrare all’interno del loro partito e abituati a un’attenzione mediatica su tutte le questioni importanti, non riescono a gestire la necessità di convincere gli altri con prove e argomentazioni razionali, poiché non hanno mai dovuto apprendere questa abilità. Ricorrono a minacciare le nazioni non occidentali perché non hanno più le capacità di persuaderle e, in effetti, nella maggior parte dei casi non sanno più cosa stanno facendo o perché, se non che è la stessa cosa che fanno tutti gli altri. Non hanno una visione strategica e nemmeno obiettivi razionali a medio termine, ma solo una serie di totem simbolici: sono come un gruppo di pellegrini che si dirigono alla cieca verso una meta favolosa, tenendosi per mano, sperando in un miracolo.

Queste persone hanno perso il contatto con la realtà anni fa. L’unica cosa che conta è produrre un’informazione d’impatto, vera o meno non importa, che domini la copertura mediatica dell’oggi. Se la storia di domani contraddice quella di oggi, non importa: la gente avrà già dimenticato. Forse ricordate le ridicole storie di un paio di mesi fa sui soldati russi che usavano le pale in combattimento. È stata una notizia divertente per un giorno o poco più, ma ovviamente non è mai stato pensata per essere presa sul serio, né tanto meno per essere verificata. È servita a “vincere la giornata”, dopodiché ha potuto essere gettata. L’incriminazione di Vladimir Putin da parte della Corte penale internazionale ha avuto un grande effetto propagandistico, che era l’unico scopo che si prefiggeva. Le storie di avanzate e ritirate, di vittime russe e di equipaggiamenti distrutti non sono destinate a essere prese alla lettera: sono semplicemente espedienti per vincere la guerra propagandistica di giornata. (E questa guerra non è con i russi, cosa che potrebbe essere almeno comprensibile, ma con l’opinione pubblica occidentale). Questa scuola politica vive di una forma di magia: le cose annunciate accadranno automaticamente, senza che sia necessario fare nulla. Alla fine, questa riduzione delle tasse produrrà X mila nuovi posti di lavoro, Y mila medici saranno assunti nell’arco di X anni, quindi cosa c’è di male nel dire che il Paese Z fornirà all’Ucraina tutte le armi di cui ha bisogno per sempre? Dopo tutto, nessuno prende sul serio questo tipo di promesse, giusto?

E questo ci porta al lento, angosciante inizio della consapevolezza che alla fine sarà necessaria una qualche forma di accordo politico, e al modo surreale, dilettantesco e completamente incentrato sul fronte interno con cui se ne sta discutendo ora. È difficile sfuggire all’idea che la Brexit possa essere un buon indicatore della confusione, dell’ignoranza, dell’arroganza e della disunione con cui l’Occidente potrebbe cercare di affrontare la fine della crisi ucraina. Ma questo è un argomento per un altro articolo. Nel frattempo, l’epitaffio di questa scuola politica potrebbe essere: non importa quante volte si vince la giornata se si finisce per perdere la guerra.

https://aurelien2022.substack.com/p/too-much-of-not-a-lot?utm_source=post-email-title&publication_id=841976&post_id=137000435&utm_campaign=email-post-title&isFreemail=true&r=9fiuo&utm_medium=email

ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate: postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704 oppure iban IT30D3608105138261529861559 oppure 

PayPal.Me/italiaeilmondo

Su PayPal, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

 

1 91 92 93 94 95 376