Vladimir Putin ha preso parte alla sessione plenaria del 21 st incontro annuale del Valdai International Discussion Club. Incontro conclusivo (integrale)

Prima parte dell’intervento di Putin al Valdai Club

L’esistenza del Valdai International Discussion Club coincide con gli anni di Vladimir Putin come Presidente e Primo Ministro russo: questa settimana si tiene infatti la XXI Riunione annuale che dura ormai quattro giorni, con la Sessione plenaria che conclude l’evento. In precedenza, il Ministro della Difesa Lavrov è apparso il 6 e ha fornito ai media un riepilogo della sua partecipazione prima di imbarcarsi per il Kazakistan e i colloqui allargati. La lunghezza dell’intervento di Putin e l’ampiezza della discussione impongono di suddividerla in tre parti, come di consueto. Come di consueto, il tema dell’evento è pertinente all’attuale situazione globale: “Una pace duratura – su quali basi? Sicurezza universale e pari opportunità di sviluppo nel XXI secolo”. Putin utilizza il significato della data odierna nel suo contesto storico per inquadrare l’apertura del suo discorsoin modo a mio avviso molto appropriato. La prima parte consiste nel discorso di Putin, mentre le parti seconda e terza consisteranno nella discussione interattiva tra i membri del panel. Tutte le parti saranno piuttosto lunghe.

F.Lukyanov: Gentili signore e signori, cari ospiti, cari amici, partecipanti alla riunione del Valdai Club!

Stiamo iniziando la sessione plenaria del XXI incontro annuale del Valdai International Discussion Club. Abbiamo trascorso quattro giorni entusiasmanti e ricchi di discussioni e ora possiamo, per così dire, cercare di riassumere alcuni dei risultati.

Invito il Presidente della Federazione Russa, Vladimir Vladimirovich Putin, a salire sul palco.

Vladimir Putin: Grazie. Grazie mille.

Buon pomeriggio, care signore e signori, cari amici!

Sono molto felice di dare a tutti voi il benvenuto al nostro tradizionale incontro. Vorrei subito ringraziarvi per aver partecipato alle acute e istruttive discussioni del Valdai Club. Ci incontriamo il 7 novembre, data significativa per il nostro Paese e, si potrebbe dire, per il mondo intero. La Rivoluzione russa del 1917, così come la Rivoluzione olandese, quella inglese e quella della Grande Francia, sono diventate in un certo senso pietre miliari nello sviluppo dell’umanità e hanno determinato in larga misura il corso della storia, la natura della politica, della diplomazia, dell’economia e della struttura sociale.

Anche voi ed io abbiamo avuto l’opportunità di vivere in un’epoca di cambiamenti radicali, anzi, rivoluzionari, non solo di comprendere, ma anche di partecipare direttamente ai processi più complessi del primo quarto del XXI secolo.Il club Valdai, quasi coetaneo del nostro secolo, ha già 20 anni. In questi casi si dice spesso, tra l’altro, che il tempo vola impercettibilmente, velocemente, ma in questo caso non si può dire così. Questi due decenni non sono stati solo pieni di eventi importanti, a volte drammatici, di portata veramente storica –un ordine mondiale completamente nuovo si sta formando sotto i nostri occhi, a differenza di quello che conosciamo dal passato, ad esempio il sistema di Westfalia o di Yalta.

Nuovi poteri stanno sorgendo. I popoli sono sempre più consapevoli dei loro interessi, della loro autostima, della loro identità e delle loro opportunità, e insistono sempre più per raggiungere gli obiettivi di sviluppo e giustizia. Al tempo stesso, le società si trovano ad affrontare un gran numero di nuove sfide: dagli entusiasmanti cambiamenti tecnologici alle catastrofi naturali, dalla palese stratificazione sociale alle massicce ondate migratorie e alle acute crisi economiche.

Gli esperti parlano delle minacce di nuovi conflitti regionali, delle epidemie globali, dei complessi e ambigui aspetti etici dell’interazione uomo-intelligenza artificiale e di come tradizione e progresso si combinino tra loro.

Abbiamo previsto alcuni di questi problemi quando ci siamo incontrati in precedenza, e ne abbiamo anche discusso in dettaglio quando ci siamo incontrati a Valdai e al Valdai Club, mentre ne abbiamo anticipato intuitivamente alcuni, sperando per il meglio, ma senza escludere lo scenario peggiore.

Qualcosa, al contrario, ha sorpreso tutti. In effetti, la dinamica è molto forte. Il mondo moderno è imprevedibile, questo è certo. Se si guarda indietro a 20 anni fa e si stima la portata dei cambiamenti, e poi si proiettano questi cambiamenti negli anni a venire, si può presumere che i prossimi venti anni non saranno meno, se non più difficili.E quanto – ovviamente – dipende da molti, moltissimi fattori. Quindi, per analizzarli, per cercare di prevedere qualcosa, mi sembra di capire che lei stia andando al Valdai Club.

Questo è, in un certo senso, il momento della verità. La vecchia struttura del mondo sta irrevocabilmente scomparendo, si potrebbe dire che è già scomparsa, e si sta svolgendo una lotta seria e inconciliabile per la formazione di una nuova struttura. Inconciliabile innanzitutto perché non si tratta nemmeno di una lotta per il potere o per l’influenza geopolitica. Si tratta di uno scontro sui principi stessi su cui si fonderanno le relazioni tra Paesi e popoli nella prossima fase storica. Il suo esito determinerà se potremo lavorare tutti insieme per costruire un mondo che permetta a tutti di svilupparsi, risolvendo le contraddizioni emergenti sulla base del rispetto reciproco delle culture e delle civiltà, senza coercizione o uso della forza. Infine, se la società umana potrà rimanere una società con i suoi principi etici umanistici, e se l’uomo potrà rimanere un uomo.

Sembrerebbe che non ci siano alternative. A prima vista. Ma, purtroppo, c’è. Si tratta dello sprofondamento dell’umanità nell’abisso dell’anarchia aggressiva, delle spaccature interne ed esterne, della perdita dei valori tradizionali, delle nuove forme di tirannia, del vero e proprio rifiuto dei principi classici della democrazia, dei diritti e delle libertà fondamentali. Sempre più spesso, la democrazia viene interpretata come il potere di una minoranza piuttosto che di una maggioranza, e persino la democrazia tradizionale e il potere del popolo vengono contrapposti ad alcune libertà astratte, in nome delle quali le procedure democratiche, le elezioni, l’opinione della maggioranza, la libertà di parola e i media non imparziali, come alcuni credono, possono essere ignorati e sacrificati.

La minaccia è l’imposizione e la normalizzazione di ideologie totalitarie, che vediamo nell’esempio del liberalismo occidentale, l’odierno liberalismo occidentale, che è degenerato, credo, in un’estrema intolleranza e aggressione verso qualsiasi alternativa, verso qualsiasi pensiero sovrano e indipendente, e che oggi giustifica il neonazismo, il terrorismo, il razzismo e persino il genocidio di massa della popolazione civile.

Infine, ci sono conflitti e scontri internazionali che sono irti di distruzione reciproca. Dopotutto, le armi in grado di farlo esistono e vengono costantemente migliorate, assumendo nuove forme con lo sviluppo della tecnologia. E il club dei possessori di tali armi si sta espandendo, e nessuno garantisce che, in caso di un aumento a valanga delle minacce e della distruzione finale delle norme legali e morali, non verranno utilizzate.

Ho già detto che siamo arrivati a un punto pericoloso. Gli appelli occidentali a infliggere una sconfitta strategica alla Russia, il Paese con il più grande arsenale di armi nucleari, dimostrano l’estremo avventurismo dei politici occidentali. O meglio, di alcuni di loro. Una fede così cieca nella propria impunità ed esclusività può trasformarsi in una tragedia globale. Allo stesso tempo, gli ex egemoni, abituati a governare il mondo fin dall’epoca coloniale, sono sempre più sorpresi di non essere più obbediti. I tentativi di mantenere un potere sfuggente con la forza portano solo a un’instabilità generale e a un aumento della tensione, a vittime e distruzione. Ma il risultato a cui ambiscono coloro che vogliono conservare il loro potere assoluto e indiviso, questi tentativi non lo ottengono. Perché il corso della storia non può essere fermato.

Invece di rendersi conto dell’inutilità delle loro aspirazioni e della natura oggettiva dei cambiamenti, alcune élite occidentali sembrano pronte a fare di tutto per impedire la nascita di un nuovo sistema internazionale che risponda agli interessi della maggioranza mondiale. Nella politica degli Stati Uniti, ad esempio, e dei suoi alleati negli ultimi anni, il principio del “non arrivare a nessuno”, “se non con noi, allora contro di noi” è diventato sempre più evidente. Ebbene, ascoltate, questa formula è molto pericolosa. Perché da noi, e in molti Paesi del mondo, vige il detto: come tornerà, così risponderà.

Il caos e la crisi sistemica stanno già crescendo nei Paesi che cercano di perseguire tale politica, e le loro pretese di esclusività, di messianismo liberal-globalista, di monopolio ideologico e politico-militare stanno esaurendo sempre di più i Paesi che cercano di perseguire tale politica, spingendo il mondo al degrado, ed entrano in netta contraddizione con quelli reali. interessi dei popoli degli Stati Uniti d’America e degli stessi Paesi europei.

Sono certo che prima o poi l’Occidente lo capirà. Dopo tutto, i suoi grandi successi passati si sono sempre basati su un approccio pragmatico e sobrio, basato su una valutazione molto dura, a volte cinica, ma razionale di ciò che sta accadendo e delle proprie capacità.

E a questo proposito, voglio sottolineare ancora una volta: a differenza dei nostri avversari, la Russia non percepisce la civiltà occidentale come un nemico e non pone la questione “noi o loro”. Lo ripeto ancora una volta: “Chi non è con noi è contro di noi” – non lo diciamo mai. Non vogliamo insegnare niente a nessuno, né imporre la nostra visione del mondo a nessuno. La nostra posizione è aperta, ed è la seguente.

L’Occidente ha accumulato risorse umane, intellettuali, culturali e materiali davvero enormi, grazie alle quali può svilupparsi con successo, rimanendo uno degli elementi più importanti del sistema mondiale.Ma è “uno dei”, insieme ad altri Paesi e gruppi di Paesi in attivo sviluppo. Non si può parlare di egemonia nel nuovo contesto internazionale. Equando, ad esempio, Washington e le altre capitali occidentali comprenderanno e riconosceranno questo fatto inconfutabile e immutabile, il processo di costruzione di un sistema mondiale all’altezza delle sfide del futuro entrerà finalmente nella fase della vera creazione. Dio conceda che ciò avvenga al più presto. Questo è nell’interesse comune, anche e soprattutto dell’Occidente stesso.

Nel frattempo,noi, tutti coloro che sono interessati a creare una pace giusta e duratura, dobbiamo spendere troppi sforzi per superare le azioni distruttive dei nostri avversari, che si aggrappano al proprio monopolio. Beh, è ovvio che questo sta accadendo, tutti lo vedono nell’Ovest, nell’Est, nel Sud… lo vedono ovunque. Stanno cercando di preservare il potere e il monopolio, cose ovvie.

Questi sforzi potrebbero essere diretti con molto più beneficio e impatto alla soluzione di problemi veramente comuni che riguardano tutti: dalla demografia e dalla disuguaglianza sociale al cambiamento climatico, alla sicurezza alimentare, alla medicina e alle nuove tecnologie. Questo è ciò a cui dobbiamo pensare e ciò su cui tutti devono davvero lavorare, cosa fare.

Oggi mi concederò qualche digressione filosofica – siamo un club di discussione. Spero quindi che questo sia in linea con le discussioni che si sono svolte qui finora.

Ho già detto che il mondo sta cambiando in modo drammatico e irreversibile. Si differenzia dalle precedenti versioni della struttura del sistema mondiale per la combinazione e l’esistenza parallela di due fenomeni che apparentemente si escludono a vicenda: la rapida crescita della conflittualità e della frammentazione del campo politico, economico e giuridico, da un lato, e la continua stretta interconnessione dell’intero spazio mondiale, dall’altro. Questo può essere percepito come una sorta di paradosso. Dopo tutto, siamo abituati al fatto che le tendenze descritte di solito si susseguono e si sostituiscono l’una all’altra. Secolo dopo secolo, epoche di conflitti e legami spezzati si alternano a periodi di interazione più favorevoli. Questa è la dinamica dello sviluppo storico.

Si scopre che oggi questo non funziona. Proviamo a fare qualche ipotesi su questo argomento. I conflitti acuti, di principio ed emotivi complicano certamente in modo significativo lo sviluppo del mondo, ma non lo interrompono. Al posto delle catene di interazione distrutte da decisioni politiche e persino da mezzi militari, ne stanno emergendo altre. Sì, molto più complesse, a volte confuse, ma che preservano i legami economici e sociali.

Lo abbiamo visto attraverso l’esperienza degli ultimi anni. Più recentemente, l’Occidente collettivo, il cosiddetto Occidente collettivo, ha fatto un tentativo senza precedenti di separare la Russia dal sistema mondiale, sia economicamente che politicamente.Il volume di sanzioni e misure punitive applicate al nostro Paese non ha analoghi nella storia. I nostri avversari hanno ipotizzato di sferrare un colpo schiacciante, da cui la Russia non si sarebbe più ripresa, e che avrebbe cessato di essere uno degli elementi chiave dell’uso internazionale.

Non credo di dovervi ricordare cosa è realmente accaduto. Il fatto stesso che il giubileo di Valdai abbia raccolto un pubblico così numeroso credo parli da sé. Ma il punto, ovviamente, non è Valdai. Il punto è la realtà in cui viviamo, in cui la Russia esiste. Il mondo ha bisogno della Russia, e nessuna decisione di Washington o di Bruxelles, presunti superiori degli altri, può cambiare questo fatto.

Lo stesso vale per altre soluzioni. Anche un nuotatore esperto non riesce a nuotare contro una corrente potente, indipendentemente dai trucchi e persino dal doping che utilizza. E la corrente della politica mondiale, il mainstream, è diretta nella direzione opposta, in contrasto con le aspirazioni dell’Occidente –da un mondo egemonico discendente a una diversità ascendente. Questa è una cosa ovvia, come diciamo noi, non c’è bisogno di andare da tua nonna. È una cosa ovvia.

Torniamo alla dialettica della storia, al mutare delle epoche di conflitto e cooperazione.Il mondo è davvero diventato tale che questa teoria, questa pratica, non funziona più? Proviamo a guardare ciò che sta accadendo oggi da un’angolazione leggermente diversa: che cos’è esattamente il conflitto e chi è coinvolto oggi in questo conflitto?

Dalla metà del secolo scorso, quando gli sforzi moderni e a costo di enormi perdite riuscirono a sconfiggere il nazismola più feroce, l’ideologia più feroce e aggressiva che è diventata il prodotto delle contraddizioni più acute della prima metà del XX secolol’umanità si è trovata di fronte al compito di evitare la rinascita di un simile fenomeno e il ripetersi di guerre mondiali. Nonostante tutti gli zigzag e le schermaglie locali, il vettore generale è stato poi determinato. Si tratta del rifiuto radicale di ogni forma di razzismo, della distruzione del sistema coloniale classico e dell’ampliamento del numero di partecipanti a pieno titolo alla politica internazionale – la richiesta di apertura e democrazia del sistema internazionale era ovvia – del rapido sviluppo di diversi Paesi e regioni, dell’emergere di nuovi approcci tecnologici e socio-economici volti ad ampliare le opportunità di sviluppo e a migliorare il benessere. Naturalmente, come ogni processo storico, tutto ciò ha dato origine a uno scontro di interessi. Ma, ripeto, il desiderio generale di armonizzazione e sviluppo in tutti gli aspetti di questo concetto era evidente.

Il nostro Paese, allora Unione Sovietica, diede un grande contributo al rafforzamento di queste tendenze. L’URSS aiutò gli Stati che si liberavano dalla dipendenza coloniale o neocoloniale, in Africa, nel Sud-Est asiatico, in Medio Oriente o in America Latina. E permettetemi di ricordarvi separatamente che è stata l’Unione Sovietica, a metà degli anni ’80 del secolo scorso, a chiedere la fine del confronto ideologico, il superamento dell’eredità della guerra fredda, anzi, la fine della guerra fredda stessa, e poi il superamento della sua eredità, di quelle barriere che ostacolavano l’unità del mondo e il suo sviluppo globale.

Si, abbiamo un rapporto difficile con quel periodo, visto quello che alla fine è stato il corso dell’allora leadership politica del Paese. Dobbiamo ancora fare i conti con alcune tragiche conseguenze. Ma l’impulso stesso,voglio sottolineare questo, l’impulso stesso, anche se ingiustificatamente idealistico da parte dei nostri leader e del nostro popolo, a volte persino un approccio ingenuo, come lo vediamo oggi, è stato senza dubbio dettato da sinceri desideri di pace e di bene comune, che in realtà è storicamente insito nel carattere del nostro popolo, nelle sue tradizioni e nel sistema di valori, coordinate spirituali e morali.

Ma perché tali aspirazioni hanno portato ai risultati opposti? Ecco la domanda. La risposta la conosciamo e l’ho già citata più volte. Perché l’altra parte del confronto ideologico ha percepito gli attuali eventi storici non come un’occasione per ricostruire il mondo su nuovi giusti principi e valori, ma come il proprio trionfo, la vittoria, come la capitolazione del nostro Paese all’Occidente, e quindi come un’opportunità per stabilire il proprio completo dominio con il diritto del vincitore.

L’ho già accennato una volta, ma ora lo sto solo passando, quindi non farò nomi. A metà degli anni ’90, addirittura alla fine degli anni ’90, uno dei politici statunitensi di allora disse: ora tratteremo la Russia non come un nemico sconfitto, ma come un corpo contundente nelle nostre mani. Questo è ciò che li guidava.Non c’era una visione ampia, una cultura generale, una cultura politica. Mancanza di comprensione di ciò che sta accadendo e ignoranza della Russia. Il modo in cui l’Occidente ha frainteso quello che vedeva come l’esito della Guerra Fredda, il modo in cui ha iniziato a rimodellare il mondo per sé, la sua spudorata e inaudita avidità geopolitica – queste sono le vere origini dei conflitti della nostra epoca storica, a partire dalle tragedie della Jugoslavia, dell’Iraq, della Libia, e oggi dell’Ucraina e del Medio Oriente.

Ad alcune élite occidentali è sembrato che il nuovo monopolio, il loro monopolio, il momento dell’unipolarismo in senso ideologico, economico, politico e anche in parte militare-strategico sia la stazione di arrivo. Ci siamo, siamo arrivati. “Fermati, solo un momento! Sei bellissima! “Come presuntuosamente è stato poi annunciato, quasi la fine della storia.

In questo pubblico, non c’è bisogno di spiegare quanto miope e sbagliato si sia rivelato questo giudizio. La storia non è finita, al contrario, è solo entrata in una nuova fase.E il punto non è che alcuni nemici malintenzionati, concorrenti o elementi sovversivi abbiano impedito all’Occidente di stabilire il suo sistema di potere mondiale.

Siamo onesti, dopo la scomparsa dell’URSS – il modello dell’alternativa socialista sovietica – molte persone nel mondo inizialmente pensavano che il nuovo sistema monopolistico fosse arrivato da molto tempo, quasi per sempre, e che fosse sufficiente adattarsi ad esso. Ma ha vacillato da solo, sotto il peso dell’ambizione e dell’avidità di queste élite occidentali.E quando hanno visto che anche nell’ambito del sistema che avevano creato per loro stessi (dopo la Seconda guerra mondiale), naturalmente bisogna ammetterlo, i vincitori hanno creato per loro stessi il sistema di Yalta. E poi, dopo la Guerra Fredda, i presunti vincitori della Guerra Fredda hanno iniziato a creare da soli, correggendo questo sistema di Yalta (questo è il problema) – che hanno creato da soli con le loro mani – persone completamente diverse stanno iniziando ad avere successo e a comandare. (Ecco cosa hanno visto: hanno creato il sistema, e improvvisamente appaiono altri leader all’interno di questo sistema). Ovviamente, cominciarono subito a correggere questo sistema, che avevano già creato per loro stessi, e cominciarono a violarlo con le stesse regole di cui si parlava ieri, cambiando le regole che loro stessi avevano stabilito.

Che tipo di conflitto vediamo oggi? Sono convinto che non si tratti di un conflitto tra tutti e nessuno, causato da una deviazione da certe regole che ci vengono spesso raccontate in Occidente, tutt’altro. Vediamo un conflitto tra la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, che vuole vivere e svilupparsi in un mondo interconnesso di vaste opportunità, e la minoranza mondiale, che si preoccupa solo di una cosa, come ho già detto: mantenere il proprio dominio. E per questo scopo, è pronta a distruggere le conquiste che sono diventate il risultato di un lungo sviluppo in direzione di un sistema mondiale universale.Ma da questo, come possiamo vedere, non succede e non succederà nulla.

Al tempo stesso, lo stesso Occidente sta ipocritamente cercando di convincere tutti noi che ciò che l’umanità ha cercato dopo la Seconda Guerra Mondiale è in pericolo.Nulla di tutto ciò, l’ho solo accennato. La Russia e la stragrande maggioranza dei Paesi si sforzano di rafforzare lo spirito di progresso internazionale e il desiderio di una pace duratura, che è stato al centro dello sviluppo fin dalla metà del secolo scorso.

Ma la minaccia è in realtà ben diversa. È proprio questo monopolio dell’Occidente emerso dopo il crollo dell’Unione Sovietica, acquisito per un certo periodo alla fine del XX secolo, che è minacciato.Ma voglio ripeterlo, e tutti in questa sala capiscono che qualsiasi monopolio, come sappiamo dalla storia, prima o poi finisce. Non ci si può fare illusioni. E un monopolio è sempre una cosa dannosa, anche per i monopolisti stessi.

La politica delle élite collettive occidentali è influente, ma – in termini di numero di partecipanti a un club molto limitato –è rivolta non in avanti, non alla creazione, ma indietro, al mantenimento.Qualsiasi appassionato di sport, per non parlare dei professionisti, nel calcio, nell’hockey, in qualsiasi tipo di arti marziali, sa che giocare in attesa porta quasi sempre alla sconfitta.

Tornando alla dialettica della storia, possiamo dire che l’esistenza parallela del conflitto e del desiderio di armonia è, ovviamente, instabile. Le contraddizioni dell’epoca devono prima o poi essere risolte da una sintesi, da un passaggio a una qualità diversa. E mentre entriamo in questa nuova fase di sviluppo – la costruzione di una nuova architettura mondiale – è importante per tutti noi non ripetere gli errori della fine del secolo scorso, quando, come ho già detto, l’Occidente ha cercato di imporre a tutti il suo modello di uscita dalla guerra fredda, profondamente sbagliato e, a mio avviso, gravido di nuovi conflitti.

Nel mondo multipolare che sta emergendo, non ci dovrebbero essere Paesi e popoli perdenti, e nessuno dovrebbe sentirsi aggredito o umiliato. Solo così potremo garantire condizioni veramente a lungo termine per uno sviluppo universale, giusto e sicuro.Il desiderio di cooperazione e interazione sta già prendendo il sopravvento, superando le situazioni più acute. Possiamo dire con certezza che questo è il mainstream internazionale, il mainstream degli eventi. Ovviamente, trovandosi all’epicentro di spostamenti tettonici causati da profondi cambiamenti nel sistema mondiale, è difficile prevedere il futuro. E poiché conosciamo la direzione generale del cambiamento – dall’egemonia a un mondo complesso di cooperazione multilaterale – possiamo provare a delineare almeno alcuni dei contorni futuri.

Parlando al Forum di Valdai lo scorso anno, mi sono permesso di delineare sei principi che, a nostro avviso, dovrebbero costituire la base delle relazioni in una nuova fase storica di sviluppo. A mio avviso, gli eventi e il tempo che si sono succeduti non hanno fatto altro che confermare la validità delle proposte avanzate. Cercherò di svilupparle.

Primo. L’apertura all’interazione è il valore più importante per la grande maggioranza dei Paesi e dei popoli. I tentativi di erigere barriere artificiali sono sbagliati non solo perché ostacolano un normale e benefico sviluppo economico. La rottura dei legami è particolarmente pericolosa nel contesto di disastri naturali, sconvolgimenti socio-politici, senza i quali, ahimè, la pratica internazionale non è completa.

Situazioni come quella che si è verificata lo scorso anno dopo il catastrofico terremoto in Asia Minore sono inaccettabili, ad esempioL’assistenza alle popolazioni della Siria è stata bloccata solo per motivi politici e alcune zone sono state gravemente colpite dal disastro. E questi esempi, quando interessi egoistici e opportunistici ostacolano la realizzazione del bene comune, non sono affatto isolati.

L’ambiente senza barriere di cui ho parlato l’anno scorso è la chiave non solo della prosperità economica, ma anche della soddisfazione di urgenti bisogni umanitari. E di fronte alle nuove sfide, comprese le conseguenze del rapido sviluppo della tecnologia, è fondamentale per l’umanità unire gli sforzi intellettuali. È significativo che i principali oppositori dell’apertura oggi siano coloro che di recente, ieri, come si suol dire, l’hanno maggiormente sollevata sugli scudi.

Oggi, le stesse forze e persone cercano di usare le restrizioni come strumento di pressione sui dissidenti. Non si arriverà a nulla per lo stesso motivo: una grande maggioranza globale è a favore dell’apertura senza politicizzazione.

Secondo. Abbiamo sempre parlato della diversità del mondo come prerequisito per la sua sostenibilità. Può sembrare un paradosso, perché più è variopinto, più è difficile costruire un quadro unico. E naturalmente le norme universali dovrebbero aiutare in questo senso. Possono farlo? Senza dubbio, è difficile, non facile da fare.Ma, prima di tutto, non dovrebbe esserci una situazione in cui il modello di un Paese o di una parte relativamente piccola dell’umanità viene preso come qualcosa di universale e imposto a tutti gli altri.E, in secondo luogo,nessun codice convenzionale, anche se pienamente sviluppato democraticamente, può essere preso [e] attribuito una volta per tutte come una direttiva, come una verità indiscutibile per gli altri.

La comunità internazionale è un organismo vivente, il cui valore e la cui unicità risiedono nella sua diversità di civiltà.Il diritto internazionale è il prodotto di accordi raggiunti non solo dai Paesi, ma anche dai popoli, perché la coscienza giuridica è parte integrante e originale di ogni cultura e civiltà.La crisi del diritto internazionale di cui si parla ora è, in un certo senso, una crisi di crescita.

L’ascesa di popoli e culture che in precedenza, per un motivo o per l’altro, erano rimasti alla periferia politica, significa che le loro idee originali sul diritto e sulla giustizia giocano un ruolo sempre più significativo. Sono diverse. Questo può dare l’impressione di una certa discordanza e cacofonia, ma è solo il primo stadio della formazione. E sono convinto che il nuovo dispositivo sia possibile solo in base ai principi della polifonia, del suono armonioso di tutti i temi musicali. Se volete, ci stiamo muovendo verso un ordine mondiale non tanto policentrico quanto polifonico, in cui tutte le voci sono ascoltate e, soprattutto, devono essere ascoltate. Chi è abituato e vuole fare esclusivamente l’assolo dovrà abituarsi alla nuova partitura mondiale.

Ho già detto cos’è il diritto internazionale dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Il diritto internazionale si basa sulla Carta delle Nazioni Unite, che è stata scritta dai Paesi vincitori. Ma il mondo sta cambiando, naturalmente, stanno emergendo nuovi centri di potere, stanno crescendo economie potenti che si stanno affermando. Naturalmente, anche la normativa legale deve cambiare. Naturalmente questo deve essere fatto con attenzione, ma è inevitabile. La legge riflette la vita, non il contrario.

La terza. Abbiamo ripetuto più volte che il nuovo mondo può svilupparsi con successo solo secondo i principi della massima rappresentatività. L’esperienza degli ultimi due decenni ha dimostrato chiaramentele conseguenze dell’usurpazione, il desiderio di qualcuno di appropriarsi del diritto di parlare e agire per conto di altri.Quelle che vengono comunemente chiamate grandi potenze sono abituate e presumono di avere il diritto di determinare quale sia l’interesse degli altri– ecco un film interessante!- in realtà dettano agli altri i loro interessi nazionali sulla base dei propri. Non solo questo viola i principi di democrazia e giustizia, ma la cosa peggiore è che essenzialmente non ci permette di risolvere davvero i problemi più urgenti.

Il mondo che verrà non sarà semplice proprio per la sua diversità. Quanto più numerosi saranno i partecipanti al processo, tanto più difficile sarà, ovviamente, trovare l’opzione migliore che soddisfi tutti.Ma quando la si trova, c’è la speranza che la soluzione sia sostenibile e a lungo termine. Consente inoltre di liberarsi dalla tirannia e dall’impulsività e, al contrario, di rendere i processi politici significativi e razionali, guidati dal principio della ragionevole sufficienza.In linea di massima, questo principio è sancito anche dalla Carta delle Nazioni Unite e dal Consiglio di Sicurezza. Cos’è il diritto di veto? A cosa è servito il diritto di veto? Per evitare di prendere decisioni che non sono di gradimento agli attori della scena internazionale. È una cosa positiva o negativa? Probabilmente è negativo per qualcuno che una delle parti ponga una barriera al momento di prendere le decisioni. Ma è positivo nel senso che le decisioni che non vanno bene a qualcuno non passano. Che cosa significa questo? Cosa significa questa regola? Andare in sala riunioni e negoziare: questo è il punto.

Ma poiché il mondo diventa multipolare, è necessario trovare strumenti che permettano di espandere l’uso e i meccanismi di questo tipo. In ogni caso, la soluzione non dovrebbe essere solo collettiva, ma dovrebbe includere quei partecipanti che sono in grado di dare un contributo significativo alla soluzione dei problemi. In primo luogo, si tratta di quei partecipanti che sono direttamente interessati a trovare una via d’uscita positiva dalla situazione, perché da questo dipende la loro sicurezza futura, e quindi la prosperità.

Ci sono innumerevoli esempi di come contraddizioni complesse, ma in realtà risolvibili, di Paesi e popoli vicini si siano trasformate in conflitti cronici inconciliabili a causa di intrighi e grossolane interferenze di forze esterne, che in linea di principio non si preoccupano di ciò che accade ai partecipanti a questi conflitti, di quanto sangue verrà versato, di quante vittime subiranno. Sono semplicemente guidati – coloro che interferiscono dall’esterno – dai loro interessi puramente egoistici, senza assumersi alcuna responsabilità.

Credo inoltre che le organizzazioni regionali giocheranno un ruolo speciale in futuro, perché i Paesi vicini, per quanto difficili possano essere le loro relazioni, sono sempre uniti da un interesse comune per la stabilità e la sicurezza. I compromessi sono semplicemente vitali per raggiungere le condizioni ottimali per il proprio sviluppo.

Altre. Un principio di sicurezza fondamentale per tutti, senza eccezioni. La sicurezza di alcuni non può essere garantita a spese della sicurezza di altri. Non sto dicendo nulla di nuovo. Tutto questo è scritto nei documenti dell’OSCE. È solo necessario che venga eseguito.

L’approccio a blocchi, retaggio dell’era coloniale della Guerra Fredda, contraddice la natura del nuovo sistema internazionale, che è aperto e flessibile.Oggi nel mondo è rimasto un solo blocco legato dal cosiddetto “impegno”, da rigidi dogmi ideologici e da cliché: l’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico che, senza fermare la sua espansione a est dell’Europa, sta ora cercando di estendere i suoi approcci ad altre aree del mondo, violando i suoi stessi documenti costitutivi.Questo è solo un evidente anacronismo.

Abbiamo più volte parlato del ruolo distruttivo che la NATO ha continuato a svolgere, soprattutto dopo il crollo dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia, quando, a quanto pare, l’alleanza ha perso la sua ragione formale, precedentemente dichiarata, e il significato della sua esistenza. Mi sembra che gli Stati Uniti abbiano capito che questo strumento stava diventando poco attraente e inutile, e che oggi ne abbiano bisogno per essere leader nella loro zona di influenza. Pertanto, anche i conflitti sono necessari.

Sapete, anche prima di tutti gli acuti conflitti di oggi, molti leader europei mi hanno detto che con voi ci spaventano, non abbiamo paura, non vediamo alcuna minaccia. È un discorso diretto, capisce? Credo che anche gli Stati Uniti lo abbiano capito molto bene, lo abbiano percepito e abbiano già trattato la NATO come un’organizzazione secondaria. Mi creda, so cosa sto dicendo. Tuttavia, gli esperti hanno capito di cosa aveva bisogno la NATO. E come preservare il suo valore e la sua attrattiva? Bisogna spaventare come essere, bisogna che la Russia e l’Europa rompano l’una con l’altra, soprattutto la Russia e la Germania, il conflitto con la Francia. Così hanno portato il colpo di Stato in Ucraina e i combattimenti nel sud-est, nel Donbass. Ci hanno semplicemente costretto a rispondere e, in questo senso, hanno ottenuto ciò che volevano. La stessa cosa sta accadendo in Asia, nella penisola coreana, credo.

Infatti, vediamo che la minoranza mondiale, mantenendo e rafforzando il suo blocco militare, spera di mantenere il potere in questo modo. Tuttavia, anche all’interno di questo stesso blocco, è già possibile capire e vedere che il crudele dettame del “grande fratello” non contribuisce in alcun modo a risolvere i compiti di tutti. Tali aspirazioni si oppongono ancor più chiaramente agli interessi del resto del mondo. Cooperare con coloro con i quali è vantaggioso, stabilire una partnership con tutti coloro che sono interessati – questa è un’ovvia priorità per la maggior parte dei Paesi del mondo.

È ovvio che i blocchi politico-militari e ideologici sono un altro tipo di ostacolo al naturale sviluppo di tale sistema internazionale. Allo stesso tempo, osservo che il concetto stesso di “gioco a somma zero”, quando solo uno vince e tutti gli altri perdono, è un prodotto del pensiero politico occidentale. Durante il periodo di dominio occidentale, questo approccio è stato imposto a tutti come universale, ma è ben lungi dall’essere universale e non sempre funziona.

Per esempio, la filosofia orientale – e molte persone qui in quest’Aula lo sanno di persona, come me, e forse anche meglio – si basa su un approccio completamente diverso. Si tratta di una ricerca dell’armonia degli interessi, in modo che ognuno possa raggiungere ciò che è più importante per sé, ma non a scapito degli interessi degli altri. “Io vinco, ma anche tu vinci.”E il popolo russo è sempre in Russia, tutti i popoli della Russia sempre, ogni volta che è possibile, procedono dal fatto che la cosa principale non è spingere la propria opinione con qualsiasi modo e mezzo, ma cercare di convincere, l’interesse in una partnership onesta e interazione paritaria.

La nostra storia, compresa quella della diplomazia nazionale, ha dimostrato più volte cosa significhino onore, nobiltà, pacificazione e clemenza. Basta ricordare il ruolo della Russia nell’organizzazione dell’Europa dopo l’epoca delle guerre napoleoniche. So che lì, in una certa misura, questo è visto come un ritorno, come un tentativo di mantenere la monarchia, e così via. Non è questo il punto ora. Sto parlando in generale dell’approccio con cui sono stati risolti questi problemi.

Il prototipo di una nuova natura libera e non allineata delle relazioni tra Stati e popoli è la comunità che si sta formando ora nell’ambito dei BRICS. Lo dimostra chiaramente il fatto che anche tra i membri della NATO c’è chi, come sapete, è interessato a lavorare a stretto contatto con i BRICS. Non escludo che in futuro anche altri Paesi pensino di collaborare più strettamente con i BRICS.

Il nostro Paese ha presieduto l’associazione quest’anno e proprio di recente, come sapete, si è tenuto un vertice a Kazan. Non nascondo che sviluppare un approccio coordinato di molti Paesi, i cui interessi non sempre coincidono in tutto, non è un compito facile. I diplomatici e gli altri uomini di Stato hanno dovuto fare ogni sforzo, usare il tatto e dimostrare la loro capacità di ascoltare e ascoltarsi a vicenda per raggiungere il risultato desiderato. Ci sono voluti molti sforzi. Ma è così che nasce uno spirito di cooperazione unico, basato non sulla coercizione, ma sulla comprensione reciproca.

E siamo fiduciosi che i BRICS forniscano un buon esempio di cooperazione veramente costruttiva nel nuovo ambiente internazionale. Vorrei aggiungere che le piattaforme BRICS, gli incontri di imprenditori, scienziati e intellettuali dei nostri Paesi possono diventare uno spazio per una profonda comprensione filosofica e fondamentale dei moderni processi di sviluppo mondiale, tenendo conto delle peculiarità di ogni civiltà con la sua cultura, la sua storia e la sua identità di tradizioni.

Lo spirito di rispetto e considerazione degli interessi è il fondamento del futuro sistema di sicurezza eurasiatico, che sta iniziando a prendere forma nel nostro vasto continente. Si tratta di un approccio non solo veramente multiforme, ma anche sfaccettato. Dopo tutto, oggi la sicurezza è un concetto complesso che non comprende solo gli aspetti militari e politici. La sicurezza è impossibile senza garanzie di sviluppo socio-economico e senza assicurare la sostenibilità degli Stati di fronte a qualsiasi sfida – da quella naturale a quella causata dall’uomo – che si tratti del mondo materiale o digitale, del cyberspazio, e così via.

Quinto. Giustizia per tutti. La disuguaglianza è un vero flagello del mondo moderno. All’interno dei Paesi, la disuguaglianza crea tensioni sociali e instabilità politica. Sulla scena mondiale, il divario nel livello di sviluppo tra il “miliardo d’oro” e il resto dell’umanità è gravido non solo di crescenti contraddizioni politiche, ma soprattutto di profondi problemi di migrazione.

Quasi tutti i Paesi sviluppati del mondo si trovano ad affrontare un afflusso sempre più incontrollato di persone che sperano di migliorare la propria situazione economica, di elevare il proprio status sociale, di ottenere prospettive e, a volte, semplicemente di sopravvivere.

A sua volta, questo elemento migratorio provoca un aumento della xenofobia e dell’intolleranza nei confronti dei nuovi arrivati nelle società più ricche, che innesca una spirale di svantaggio socio-politico e aumenta il livello di aggressività.

Il ritardo di molti Paesi e società in termini di sviluppo socio-economico è un fenomeno complesso. Ovviamente non esiste un rimedio magico per questa malattia. Occorre un lavoro sistematico a lungo termine. In ogni caso, è necessario creare le condizioni per rimuovere gli ostacoli artificiali e politicamente motivati allo sviluppo.

I tentativi di usare l’economia come un’arma, non importa contro chi, colpiscono tutti, specialmente i più vulnerabili–le persone e i Paesi che necessitano di sostegno.

Siamo convinti che questioni come la sicurezza alimentare, la sicurezza energetica, l’accesso ai servizi sanitari ed educativi, e infine la possibilità di movimento legale e senza ostacoli delle persone debbano essere messe fuori dalle parentesi di qualsiasi conflitto e contraddizione. Si tratta di diritti umani fondamentali.

Sesta. Non ci stanchiamo mai di sottolineare che qualsiasi ordine internazionale stabile può essere basato solo sui principi dell’uguaglianza sovrana.Si, tutti i Paesi hanno un potenziale diverso, questo è ovvio, e le loro capacità sono tutt’altro che uguali. A questo proposito, spesso si sente dire che la piena uguaglianza è impossibile, utopica e illusoria. Ma la peculiarità del mondo moderno, che è strettamente connesso e integrato, sta proprio nel fatto che gli Stati che non sono i più potenti, sono grandi e spesso svolgono un ruolo ancora più importante dei giganti, se non altro perché sono in grado di utilizzare il loro potenziale umano, intellettuale, naturale e ambientale in modo più efficiente e mirato. Per risolvere questioni complesse, stabiliscono standard elevati nella qualità della vita, nell’etica, nell’efficienza gestionale, nel creare opportunità per l’autorealizzazione di tutti,nel creare condizioni, un’atmosfera psicologica favorevole nella società per l’ascesa della scienza, dell’imprenditoria, dell’arte, della creatività e la rivelazione del talento giovanile. Tutti questi fattori stanno diventando fattori di influenza globale.Parafrasando le leggi della fisica: perdendo nel senso di, si può vincere nella performance.

La cosa più dannosa e distruttiva che si manifesta nel mondo di oggi è l’arroganza, un atteggiamento di condiscendenza nei confronti di qualcuno, il desiderio di insegnare all’infinito e in modo ossessivo.La Russia non ha mai fatto questo, è insolita per questo. E vediamo che il nostro approccio è produttivo. L’esperienza storica dimostra in modo inconfutabile che la disuguaglianza, sia nella società, sia nello Stato, sia nell’arena internazionale, porta necessariamente a cattive conseguenze.

Vorrei aggiungere qualcosa che forse non ho menzionato spesso in precedenza. Nel corso di diversi secoli, il mondo occidentale-centrico ha sviluppato alcuni cliché, stereotipi e una sorta di gerarchia. C’è un mondo sviluppato, un’umanità progressista e una sorta di civiltà universale a cui tutti dovrebbero aspirare, ma ci sono popoli arretrati, incivili, barbari. Il loro compito è quello di ascoltare senza domande ciò che viene detto loro dall’esterno e di agire secondo le istruzioni di coloro che si suppone stiano al di sopra di questi popoli nella gerarchia della civiltà.

È chiaro che si tratta di una copertura per un rozzo approccio coloniale, per lo sfruttamento della maggioranza mondiale. Ma il problema è che questa ideologia essenzialmente razzista si è radicata nella mente di molti. E questo è anche un grave ostacolo mentale allo sviluppo armonioso generale.

Il mondo moderno non tollera non solo l’arroganza, ma anche la sordità alle peculiarità e all’originalità degli altri. Per costruire un rapporto normale, prima di tutto, bisogna ascoltare l’interlocutore, capire la sua logica, le sue basi culturali, e non attribuirgli ciò che si pensa di lui stesso. Altrimenti, la comunicazione diventa uno scambio di luoghi comuni, etichette e politica – nella conversazione dei sordi.

Vedete, naturalmente, possiamo notare che mostrano interesse per alcune culture distintive di vari popoli. All’esterno, tutto è bello, sia la musica che il folklore sembrano aumentare. Ma in realtà, la politica nella sfera dell’economia e della sicurezza rimane la stessa–neocoloniale.

Vedi come funziona l’Organizzazione Mondiale del Commercio. Non risolve nulla, perché tutti i Paesi occidentali e le principali economie bloccano tutto.È solo nel vostro interesse continuare a ripetere le stesse cose che sono accadute decenni e secoli fa, per tenere tutti in riga, tutto qui.

Non dobbiamo dimenticare che tutti sono uguali, nel senso che ognuno ha diritto alla propria visione, che non è migliore o peggiore di quella degli altri, è solo la propria, e bisogna rispettarla davvero. È su questa base che si formulano la comprensione reciproca degli interessi, il rispetto e l’empatia, cioè la capacità di immedesimarsi, di sentire i problemi degli altri, e la capacità di percepire il punto di vista e le argomentazioni altrui. E non solo di percepire, ma anche di agire in accordo con esso, di costruire la propria politica in accordo con esso. Percepire non significa accettare e concordare su tutto. Questo, ovviamente, è vero. Ciò significa innanzitutto riconoscere il diritto dell’interlocutore alla propria visione del mondo. Infatti, questo è il primo passo necessario per iniziare a trovare un’armonia tra queste visioni del mondo. La differenza e la diversità devono imparare a essere percepite come ricchezza e opportunità, e non come motivo di conflitto. Questa è anche la dialettica della storia.

Siamo tutti consapevoli che l’era delle trasformazioni cardinali è un momento di inevitabili sconvolgimenti, purtroppo, di scontro di interessi, una sorta di nuovo sciabordio. Allo stesso tempo, la connessione del mondo non mitiga necessariamente le contraddizioni. Naturalmente, anche questo è vero. E può, al contrario, a volte appesantire, rendere la relazione ancora più confusa e la ricerca di una via d’uscita – molto più difficile.

Per un secolo della sua storia, l’umanità si è abituata al fatto che il modo ultimo per risolvere le contraddizioni è quello di trovare relazioni con la forza. Sì, succede anche questo. Chi è più forte ha ragione. E questo principio funziona anche. Sì, questo accade spesso, e i Paesi devono difendere i loro interessi con mezzi armati e difenderli con tutti i mezzi disponibili.

Ma il mondo moderno è complicato e complesso, e lo sta diventando sempre di più. Mentre risolve un problema, l’uso della forza ne crea, ovviamente, altri, spesso ancora più difficili. E comprendiamo anche questo. Il nostro Paese non ha mai iniziato a usare la forza. Dobbiamo farlo solo quando diventa chiaro che l’avversario si sta comportando in modo aggressivo, non percepisce nessun, assolutamente nessun argomento. E quando sarà necessario, ovviamente prenderemo tutte le misure per proteggere la Russia e ciascuno dei suoi cittadini, e raggiungeremo sempre i nostri obiettivi.

Il mondo non è affatto lineare e internamente eterogeneo. Lo abbiamo sempre capito e lo capiamo. Non voglio soffermarmi sui miei ricordi oggi, ma ricordo molto bene come nel 1999, quando ero a capo del Governo e poi sono diventato Capo dello Stato, cosa abbiamo affrontato allora. Penso che anche i cittadini russi e gli specialisti presenti in questa sala ricordino molto bene quali forze c’erano dietro i terroristi nel Caucaso settentrionale, dove e in che quantità ricevevano armi, denaro, sostegno morale, politico, ideologico e informativo.

È persino divertente ricordare, e triste, e divertente, come si diceva: “È Al-Qaeda; Al-Qaeda è cattiva, ma quando combatte contro di te, va bene”. Cosa c’è? Tutto questo porta a un conflitto. A quel tempo, ci siamo posti l’obiettivo di utilizzare tutto il nostro tempo, per quanto possibile, per salvare il Paese. Naturalmente, questo era nell’interesse di tutti i popoli della Russia. Nonostante la difficilissima situazione economica dopo la crisi del 1998 e la devastazione dell’esercito, devo dirlo direttamente, noi tutti insieme, è stato l’intero Paese a respingere l’attacco dei terroristi, e poi a sconfiggerli.

Perché me lo sono ricordato? Perché ancora una volta alcuni hanno avuto l’idea che il mondo sarebbe stato meglio senza la Russia. Poi hanno cercato di finire con la Russia, di completare il crollo di tutto ciò che era rimasto dopo il crollo dell’Unione Sovietica, e ora, a quanto pare, qualcuno sogna anche questo. Pensano che il mondo sarà più obbediente, sarà meglio gestito. MaLa Russia ha ripetutamente fermato coloro che miravano al dominio del mondo, indipendentemente da chi lo facesse. Questo continuerà ad essere il caso. E il mondo non migliorerà. Chi cerca di farlo, alla fine deve capirlo. Diventerà solo più difficile.

I nostri avversari trovano sempre nuovi modi e strumenti per liberarsi di noi. Ora l’Ucraina viene usata come strumento, gli ucraini, che vengono semplicemente addestrati cinicamente contro i russi, trasformandoli, di fatto, in “carne da cannone”. Il tutto accompagnato da una conversazione sulla “scelta europea”. Che scelta! Non ne abbiamo assolutamente bisogno. Proteggeremo noi stessi, il nostro popolo, e che nessuno si faccia illusioni su questo.

Ma il ruolo della Russia, ovviamente, non si limita a proteggere e preservare se stessa. Può sembrare un po’ patetico, ma l’esistenza stessa della Russia è una garanzia che il mondo manterrà il suo multicolore, la sua diversità e complessità, e questa è la chiave per uno sviluppo di successo. E ora posso dirvi che queste non sono parole mie, i nostri amici di tutte le regioni del mondo me lo dicono spesso.Non sto esagerando nulla. Ripeto, non imponiamo nulla a nessuno e non lo faremo mai. Non ne abbiamo bisogno noi e non ne ha bisogno nessuno. Siamo guidati dai nostri valori, interessi e convinzioni su ciò che dovrebbe essere fatto, che sono radicati nella nostra identità, storia e cultura. E, naturalmente, siamo sempre pronti a un dialogo costruttivo con tutti.

Chi rispetta la propria cultura e le proprie tradizioni non ha il diritto di non trattare gli altri con lo stesso rispetto. E coloro che cercano di costringere gli altri a comportarsi in modo inappropriato calpestano invariabilmente le proprie radici, la propria civiltà e cultura, che è in parte ciò a cui stiamo assistendo.

Oggi la Russia sta combattendo per la sua libertà, i suoi diritti e la sua sovranità. Lo dico senza esagerare, perché nei decenni precedenti tutto sembrava essere esteriormente favorevole e dignitoso. Dal “sette” si passò all'”otto”. [G7-G8] Grazie per averci invitato.

Sapete cosa è successo? L’ho già visto: quando si arriva alla stessa riunione del G8, diventa subito chiaro che prima della riunione del G8, il team del G8 si è già riunito e ha discusso qualcosa tra di loro, anche riguardo alla Russia, e poi invita la Russia. La si guarda con un sorriso, come sempre. E un bell’abbraccio e una pacca sulla spalla. Ma in pratica, fanno il contrario. E continuano a venire e venire e venire. Questo si vede più chiaramente nel contesto dell’espansione della NATO verso est. Avevano promesso di non farlo, ma continuano a farlo. Sia nel Caucaso che in questo sistema di difesa missilistica – tutto, oin qualsiasi questione chiave, semplicemente non gli importava la nostra opinione. Alla fine, tutto cominciò ad assomigliare a un intervento “strisciante” che, senza alcuna esagerazione, sarebbe stato finalizzato a una sorta di sminuizione o, meglio ancora, alla distruzione del Paese – sia dall’interno che dall’esterno.

Finalmente siamo arrivati in Ucraina, e ci siamo arrivati sia con le basi che con la NATO. 2008: Bucarest decide di aprire le porte all’Ucraina e alla Georgia per entrare nella NATO. Da cosa, scusate la semplicità dell’espressione, da quale spavento? Ci sono state difficoltà negli affari mondiali? Sì, abbiamo discusso con l’Ucraina sui prezzi del gas, ma abbiamo comunque deciso. Qual è il problema? Perché era necessario fare questo, creare una condizione di conflitto? Era chiaro a cosa avrebbe portato. No, tutto ciò non toglie che lo sviluppo dei nostri territori storici si sia spinto oltre, oltre e oltre, oltre, fino al sostegno del regime con un chiaro orientamento neonazista.

Pertanto, possiamo tranquillamente dire e ripetere: non stiamo lottando solo per la nostra libertà, non solo per i nostri diritti, non solo per la nostra sovranità, ma stiamo difendendo i diritti e le libertà universali, le opportunità per l’esistenza e lo sviluppo della maggioranza assoluta degli Stati. In una certa misura, consideriamo questa come la missione del nostro Paese. Dovrebbe essere chiaro a tutti: è inutile fare pressioni su di noi, ma siamo sempre pronti a negoziare con piena considerazione dei reciproci interessi legittimi. Abbiamo invitato tutti i partecipanti alla comunicazione internazionale a farlo. E poi non c’è dubbio che i futuri ospiti del Valdai Club, forse ancora scolari, studenti, laureati o giovani scienziati, aspiranti esperti, nei prossimi 20 anni, alla vigilia del centenario delle Nazioni Unite, discuteranno di argomenti molto più ottimistici e vivi di quelli che dobbiamo discutere oggi.

Grazie mille per la vostra attenzione. [enfasi mia]

Tanti punti importanti da riempire le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. E questo è solo il discorso; c’è molto di più. C’è un video dell’intera sessione, della durata di poco meno di 3 ore, linkato nel paragrafo introduttivo. Le altre parti di questo evento saranno tradotte e pubblicate al più presto. Il discorso di Putin probabilmente dovrà essere letto due volte per essere digerito correttamente, e ancora di più per discuterlo adeguatamente. Ho molte cose da dire al riguardo che potrebbero diventare un saggio a sé stante. Presumo che molti lettori ora sappiano molto di più su Putin e sulla Russia di quanto non sapessero quando hanno aperto questo articolo. Dubito, tuttavia, che il signor Trump sarà in grado di trovare un terreno comune con il signor Putin, poiché il primo manca di intelletto come quasi tutti i politici occidentali. Per concludere, suggerisco vivamente la discussione di oggitra i professori Wolff e Hudson su Dialog Works di Nima, in cui si discute dell’esito delle elezioni e del potenziale destino dell’impero americano fuorilegge in declino. .

La seconda parte dell’intervento di Putin al Valdai Club

Con Fyodor Lukyanov, direttore di ricerca della Fondazione per lo sviluppo e il sostegno del Valdai Discussion Club.

Ecco la parte interattiva e di domande della sessione plenaria. Questa si articolerà in due parti. Tutte le enfasi saranno mie, mentre il commento attenderà il completamento della terza parte. Di nuovo, il link alla trascrizione originale e al video. .

F. Lukyanov:La ringraziamo molto, signor Putin, per la descrizione così ampia e voluminosa del mondo e del punto di vista russo su di esso. Naturalmente, siamo particolarmente lieti che l’anno scorso abbia delineato i principi di base e che questa volta li abbia sviluppati.

Mi sembra che questo cominci già ad attrarre una tale dottrina. “Valdai”, naturalmente, non pretende di chiamarsi come noi, ma è bello che sia nato qui.

Vladimir Vladimirovich, abbiamo discusso molti degli argomenti che lei ha citato, naturalmente, alla XXI Conferenza. E vorrei condividere con voi, tutti noi vorremmo condividere alcune conclusioni – non da tutte le sessioni, naturalmente, perché ce n’erano molte, ma [si tratta] di quelle che abbiamo ritenuto più importanti. Questo è anche l’argomento che avete menzionato.

Vorrei chiedere al nostro partecipante di lunga data, collega e ben noto a voi, Ruslan Yunusov, di iniziare. Ha partecipato a una sessione sull’intelligenza artificiale, la cosa più alla moda.

R. Yunusov:Buonasera, Vladimir Vladimirovich!

In effetti, abbiamo discusso di ciò che lei ha menzionato nel suo discorso di oggi: il tema dell’intelligenza artificiale. Alla nostra conferenza c’è stata una sessione a parte, intitolata “Intelligenza artificiale: rivoluzione o moda?”.

Ma prima di passare ai risultati di questa sessione, vorrei sottolineare un fatto unico accaduto quest’anno: sono stati assegnati due premi Nobel contemporaneamente per i risultati ottenuti nel campo dell’intelligenza artificiale. Si tratta di premi per la fisica e la chimica allo stesso tempo – non era mai successo prima. E questo evidenzia che è in atto una rivoluzione nell’intelligenza artificiale? Probabilmente è più probabile che sia sì che no, anche se il Comitato per il Nobel è spesso guidato dalla moda nel prendere le sue decisioni.

Passando al tema della nostra discussione, la discussione di Valdai, evidenzierò alcuni aspetti che abbiamo discusso.

Siamo partiti da una domanda che preoccupa molti. Ma l’intelligenza artificiale arriverà, e sostituirà gli esseri umani o no? E soprattutto nei settori in cui è richiesta la creatività, come la scienza e l’arte. E cosa vediamo oggi nella scienza? In effetti, l’intelligenza artificiale è già entrata nel processo scientifico. Molti risultati sono stati raggiunti grazie e con l’aiuto dell’intelligenza artificiale.Ma allo stesso tempo, vediamo anche che l’allontanamento di una persona non avviene dal processo scientifico, anzi, il progresso stesso sta accelerando, e c’è ancora più bisogno di nuovo personale, di giovani qualificati, quindi non vediamo ancora alcun rischio. Abbiamo anche discusso gli aspetti economici dell’intelligenza artificiale. Un tempo, durante il Covid, intorno al 2020, si prevedeva che la via d’uscita dalla recessione globale sarebbe stata fornita principalmente da un motore, un motore come l’intelligenza artificiale.

Abbiamo discusso se le previsioni si sono avverate o meno. Sì, certo, l’intelligenza artificiale ha già iniziato a essere introdotta nell’economia, in vari settori dell’economia. Ma se si guardano i numeri, si scopre che quelle aspettative molto ottimistiche non si sono avverate. Si è rivelato un po’ più conservativo per oggi. E per di più, queste aspettative continuano ad essere presenti oggi. E assistiamo alla formazione di bolle nel mercato degli investimenti, che rischia di avere effetti economici negativi in futuro. Anche se l’intelligenza artificiale in sé come tecnologia, a quanto pare, continuerà a svilupparsi e sarà alla base dell’economia. [La o una base?]

Ancora una volta abbiamo parlato di sicurezza. Oggi va notato che le organizzazioni terroristiche ed estremiste utilizzano attivamente le tecnologie di intelligenza artificiale per reclutare nuovi membri o per aspetti più ampi della propaganda. Le fake news e i video sono ormai uno strumento standard per questi gruppi. [Questi strumenti sono precedenti all’IA].

Ma, d’altro canto, l’intelligenza artificiale viene utilizzata anche nell’antiterrorismo, nelle attività di contrasto all’estremismo, quando è possibile identificare proprio questi elementi estremisti nella società. Ma, inoltre, è possibile influenzare la parte dubbiosa della società e allontanarla da questi passi, in modo che non passi dalla parte dell’estremismo. Anche questo funziona.

Quando abbiamo discusso su quale sia il bilancio, su cosa sia più positivo o negativo, sembra che i fenomeni positivi dell’intelligenza artificiale nel campo della sicurezza siano ancora di più, e vorremmo continuare questo equilibrio nella direzione del positivo.

E, naturalmente, è impossibile non discutere la questione politica dell’intelligenza artificiale al Valdai Forum. Ci sono stati studi che hanno dimostrato che quando i ricercatori hanno sottoposto i modelli di base dell’intelligenza artificiale, i modelli generativi, a test per le opinioni politiche. Si è scoperto che l’intelligenza artificiale non è neutrale. Le sue opinioni politiche sono fortemente inclinate verso il liberalismo di sinistra e sono in gran parte legate alle opinioni dei loro creatori.

Inoltre, negli ultimi due anni, abbiamo visto che l’addestramento all’intelligenza artificiale proviene da dati sintetici più che da materiale reale, e anche questo contribuisce al fatto che i punti di vista di questi modelli saranno più radicali.

Nei prossimi due anni, riceveremo i primi laureati che utilizzeranno l’intelligenza artificiale nelle loro attività e nella loro formazione. In precedenza, se prendevamo tesine e saggi, i ragazzi trattavano le fonti primarie, le comprendevano e svolgevano il loro lavoro. Ora basta fare una richiesta all’intelligenza artificiale per avere il risultato pronto. È chiaro che la qualità della formazione si abbasserà. Ma molto più pericolosa, a nostro avviso, è l’influenza che l’intelligenza artificiale esercita gradualmente, plasmando la visione del mondo dei bambini piccoli, introducendo l’ideologia nelle loro teste. Inoltre, questa ideologia si forma in molti modi non nel nostro Paese, ma all’estero o addirittura oltreoceano.

E qui, come conclusione, naturalmente comprendiamo che è necessario rafforzare il controllo sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale, ma allo stesso tempo, se si è guidati da misure proibitive, sembra che il risultato non sarà raggiunto.Piuttosto, è necessario sostenere e sviluppare le tecnologie nazionali di intelligenza artificiale.

E’ positivo che oggi ci siano molte basi, e possiamo vedere che ci sono molti progressi. È necessario proseguire ulteriormente. Questa sarà probabilmente la base della sovranità tecnologica in questo settore.

Va notato qui che la Russia è uno dei tre Paesi al mondo che possiede uno stack completo di tecnologie IT, questa è davvero la base della sovranità.

E per concludere la mia breve relazione: i nostri ospiti stranieri hanno notato che alcuni Paesi hanno già delle restrizioni, persino un divieto assoluto, sull’uso delle tecnologie di intelligenza artificiale. Per noi, per la Russia, questa è piuttosto un’opportunità. Possiamo dimostrare di essere un leader tecnologico e di essere all’altezza di questo ruolo esportando tecnologie di intelligenza artificiale nei nostri Paesi partner.

Grazie mille.

Vladimir Putin:Se volete scusarmi, dirò anch’io qualche parola.

Primo. Naturalmente, l’intelligenza artificiale è il più importante strumento di sviluppo. E una delle nostre priorità, prima di tutto, ovviamente, nella sfera economica, ma non solo, nell’uso dei big data, è lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Tenendo conto del fatto che abbiamo una grande carenza di lavoratori, il tasso di disoccupazione minimo del 2,4%, questa è, consideratela, una carenza di lavoratori, e in futuro, naturalmente, vediamo una soluzione a questi problemi, problemi nell’economia sulla strada dello sviluppo di tecnologie moderne, di cui l’uso dell’intelligenza artificiale è una delle più importanti, le direzioni più importanti.

Cosa è più importante qui: i pro o i contro? Lo sviluppo dell’energia nucleare: ci sono più pro o contro? L’uso dell’energia nucleare pacifica nella medicina, nell’agricoltura e nei trasporti svolge un ruolo enorme e cruciale, e sono sicuro che continuerà a farlo, soprattutto alla luce delle sfide del cambiamento climatico.

Ma allo stesso tempo ci sono le armi nucleari. Questo pone grandi minacce all’umanità.È lo stesso, assolutamente lo stesso, nell’intelligenza artificiale. Domanda: Come è regolamentata e come la gente la usa? D: Come è regolamentato? Naturalmente, in molti Paesi, in molti Paesi, questo è regolamentato. In molti Paesi, alcuni dei quali, come lei dice, sono vietati. Mi sembra che sia impossibile vietarlo. Ma troverà comunque la sua strada, soprattutto in un ambiente competitivo. La concorrenza è in aumento. Non sto parlando di scontri armati in questo momento, ma in generale la concorrenza sta crescendo nell’economia. Quindi, in un ambiente competitivo, lo sviluppo dell’intelligenza artificiale è inevitabile. E qui, ovviamente, possiamo essere tra i leader, tenendo conto di alcuni vantaggi di cui disponiamo.

Per quanto riguarda la sovranità, questa è la componente più importante. Naturalmente, queste piattaforme si formano il più delle volte all’estero e formano la visione del mondo, assolutamente vero. E qui dobbiamo capirlo e sviluppare una nostra intelligenza artificiale sovrana. Certo, è necessario utilizzare tutto ciò che è disponibile, ma qui è necessario sviluppare le proprie aree.

Abbiamo “Sber”, “Yandex” che lavorano attivamente su questo e in generale stanno lavorando con molto successo. Faremo sicuramente tutto questo, non c’è dubbio, soprattutto dove si sta già riproducendo – questo è molto interessante e molto promettente.

Ma ci sono anche delle minacce, ovviamente. Dobbiamo vedere e capire queste minacce e organizzare il nostro lavoro di conseguenza. Come ho già detto, questa è una delle aree più importanti delle nostre attività congiunte. Quando dico “nostro”, intendo lo Stato, gli specialisti del settore e l’intera società.Perché qui, ovviamente, ci sono molte questioni morali. Assicuratevi di prestare attenzione a questo.

Hai detto che si stanno formando opinioni radicali e così via. Sì, dobbiamo solo contrastare questo fenomeno in modo tempestivo con la nostra visione del mondo, il nostro punto di vista su tutti i processi che stanno avvenendo nella nostra società e nel mondo. Questo è ciò che faremo insieme.

Grazie per aver prestato attenzione a questo.

R. Yunusov:La ringrazio molto. Continueremo ad analizzare quanto sta accadendo.

Vladimir Putin:Assolutamente.

R. Yunusov: E in effetti, l’intelligenza artificiale in Russia dovrebbe essere addestrata su dati russi per riflettere alla fine la nostra cultura.

Vladimir Putin: Assolutamente sì. E abbiamo un’opportunità del genere, assolutamente, è ovvio. Sono sicuro che avremo successo, e questo sarà un buon supporto per il nostro sviluppo, e ne trarremo grandi benefici.

Grazie.

R. Yunusov:Grazie.

F. Lukyanov:Signor Putin, quando avremo un’intelligenza artificiale sovrana, sarà in grado di offrirci un’idea russa per il XXI secolo? .

Vladimir Putin: Può solo aiutarci a risolvere i compiti che abbiamo di fronte, ed è molto importante il modo in cui li formuliamo.

Poiché funziona anche con i big data, abbiamo tutte le possibilità: capacità intellettuali, capacità tecnologiche e una grande quantità di energia gratuita. Abbiamo molto su cui lavorare e penso che possiamo anche lavorare su questioni filosofiche e fondamentali come quelle che ha appena citato.

Dobbiamo attrarre tutto. E sta a voi crederci o non crederci, quando avremo i risultati di ricerche basate su principi moderni e che utilizzano, tra l’altro, l’intelligenza artificiale.

F. Lukyanov: Grazie.

Un argomento correlato, naturalmente, è stato discusso: dove si trovano l’intelligenza artificiale e la digitalizzazione, c’è l’informazione e tutto ciò che sta accadendo con essa ora, e molto sta accadendo anche – sia i pro che i contro in tutto.

Il nostro collega indiano Arvind Gupta ha partecipato a questa sessione. Vi chiedo di.

:(come tradotto)Signor GuptaGrazie.

Mi chiamo Arvind Gupta.

Signor Presidente, vengo dall’India. Lavoro all’intersezione tra le tecnologie sociali e la costruzione di un’infrastruttura pubblica digitale per i problemi di gestione delle informazioni.

Grazie, signor Presidente, lei ha già menzionato alcune delle questioni sollevate dal mio collega Ruslan sull’intelligenza artificiale. Grazie per aver ascoltato la nostra sintesi. Il nostro gruppo di esperti ha discusso, tra l’altro, questioni relative all’intelligenza artificiale. Ne parlerò alla fine.

Riguardo alla manipolazione delle informazioni, all’uso di queste tecnologie per la sorveglianza e alla mancanza di trasparenza in tutti i sistemi e le tecnologie di oggi: Signor Presidente, il nostro gruppo ha discusso e detto che Internet è stato creato circa 45 anni fa per essere un bene pubblico globale.

Purtroppo, ora, come in molte altre cose, è diventato unipolare. È controllata da diversi giganti della tecnologia con approcci ideologici specifici. Alcune di queste aziende, grandi colossi tecnologici, non possono operare in Paesi come l’Indonesia, l’India, la Russia e molti altri a causa delle normative sulla manipolazione delle informazioni, la sorveglianza e la vigilanza.

La seconda questione di cui abbiamo parlato è gli algoritmi. Anche in questo caso, ne abbiamo parlato in precedenza, anche durante la sessione sull’intelligenza artificiale. Sono loro a determinare il nostro modo di pensare. L’intelligenza artificiale sta diventando una parola d’ordine, ma gli algoritmi esistono da molto tempo. Determinano davvero il nostro pensiero, il nostro consumo e il modo in cui scegliamo il governo.

Molti di noi hanno convenuto che hanno inclinazioni ideologiche, e naturalmente non sono neutrali: hanno pregiudizi. Quello che abbiamo discusso è la weaponization, l’uso di informazioni e dati come armi. Questo, insieme ai pregiudizi di piattaforme specifiche, conferisce ad alcuni Stati nazionali un potere enorme.Possono influenzare la sicurezza nazionale, la democrazia e l’ordine pubblico in generale. Quindi, signor Presidente, si sa che questo era il modo in cui operavano le piattaforme tecnologiche occidentali.

Ma l’India offre un modello alternativo. È stato presentato durante la presidenza del G20. Si tratta di una piattaforma pubblica, la nostra piattaforma che tiene conto delle esigenze della società. Si tratta di una piattaforma che cresce dal basso verso l’alto, partendo da sistemi di identità comuni, sistemi di pagamento comuni. È utilizzata da più di un miliardo di persone in India, e più di 20 altri Paesi la utilizzano.

Voglio presentarvi come l’India abbia creato una visione dello sviluppo tecnologico diversa da quella occidentale che esiste oggi. Signor Presidente, vorrei congratularmi con la Russia per il successo del sistema di pagamento Mir. In pochissimo tempo è diventato un successo. Ha anche dimostrato la forza della sovranità tecnologica che è stata appena menzionata – che il successo può essere raggiunto se necessario.

Signor Presidente, la questione che ha appena discusso, quello che ho detto sui pregiudizi delle tecnologie e delle piattaforme tecnologiche e sulla loro natura non neutrale, quello che stiamo affrontando è l’era dell’intelligenza artificiale.

Dato che abbiamo permesso a poche grandi aziende di controllare Internet, come possiamo assicurarci che la nostra cultura, la nostra società e i nostri interessi nazionali siano protetti nell’era dell’intelligenza artificiale? Di quali standard di supporto abbiamo bisogno fin dall’inizio per ottenere un’intelligenza artificiale equa e onesta? Come possiamo garantire che gli Stati che la pensano allo stesso modo lavorino per combattere l’uso dell’intelligenza artificiale come un’arma?

E infine, signor Presidente, come lei sa, saremmo interessati a sentire da lei come possiamo rafforzare la fiducia nelle informazioni che vediamo oggi in generale nella tecnologia, come aumentare la fiducia in essa.

Questa è stata la questione più importante del nostro dibattito.Spero in una sua risposta.

Grazie.

Vladimir Putin: Si tratta di un tema molto importante e, ovviamente, simile a quello precedente: l’intelligenza artificiale, il suo utilizzo e sviluppo. Ed ecco alcuni aspetti.

Primo, l’uso di Internet, ovviamente, dovrebbe essere basato su algoritmi sovrani, e dovremmo impegnarci per questo.Primo.

Secondo. È molto difficile per noi da parte dello Stato–cioè, è possibile, ma sarebbe in parte controproducente–proibire tutto, cioè da parte dello Stato. In Russia, la comunità professionale è venuta incontro alla necessità e ha deciso le regole per svolgere questo business, Internet come business. E ha preso su di sé – in modo indipendente – alcune auto-limitazioni, soprattutto quelle relative a un possibile impatto distruttivo sulla società nel suo complesso, in particolare sul pubblico dei bambini. Mi sembra che questo sia uno dei modi per garantire gli interessi della maggioranza delle persone e della società nel suo complesso.

Naturalmente, Internet deve essere conforme alla legislazione nazionale del Paese in cui si opera in questo settore. È una cosa ovvia.

Quello a cui stiamo assistendo è una manipolazione dell’informazione – purtroppo, sì, sta accadendo. Ma ripeto ancora una volta: se l’attività di Internet viene subordinata e posta sotto le leggi nazionali, dovrà essere subordinata alla legislazione nazionale, quindi ridurremo al minimo le possibili conseguenze negative.

Capisco che ci sono limiti tecnologici, difficoltà tecnologiche, per attuare tutto questo. Ma se si prende la strada di questo lavoro, che è collegato alla comunità professionale stessa, che vede dove è possibile creare minacce per la società nel suo complesso, lavora autonomamente per fermare queste minacce, e lo Stato, naturalmente, dovrebbe essere vicino.

Per Paesi come l’India e la Russia, questo compito è abbastanza risolvibile, perché abbiamo ottimi specialisti, ottime scuole di matematica, e ci sono persone che sono già leader in prima persona, se non nelle loro aziende, sono loro stessi leader assoluti in questo campo di attività. Abbiamo tutte le carte in regola, soprattutto in Paesi come l’India o la Russia.

Per quanto riguarda il sistema di pagamento Mir, sì, in una certa misura è un successo. Funziona, funziona bene, con sicurezza. Funzionerebbe ancora meglio, ancora più ampiamente, se non si creassero ostacoli artificiali al suo sviluppo. Ma anche se vengono creati questi ostacoli, si sta sviluppando, e replicheremo il successo di questo tipo.

E il tema di Internet è eterno, secondo me è già diventato eterno. Lei ha detto che è stato creato perché potesse essere utilizzato nell’interesse dell’umanità. Era stato creato, ovviamente, per altri scopi, ma a un certo punto il suo scopo è cambiato categoricamente. E’ necessario che le attività su Internet, così come qualsiasi attività umana, siano soggette alle leggi morali e alle leggi legali di quegli Stati in cui questo sistema opera.

Lo ripeto ancora una volta: tecnologicamente non è sempre facile farlo, ma è certamente necessario impegnarsi per questo. La società dovrebbe proteggersi dalle influenze distruttive, ma fare tutto il possibile per garantire che lo scambio di informazioni sia ancora libero e che vada a beneficio dello sviluppo di un particolare Stato e dell’intera comunità internazionale nel suo complesso.

Ci impegneremo per questo qui in Russia. So che l’India sta seguendo lo stesso percorso. Saremo lieti di collaborare con voi in questa direzione.

Grazie per averci fatto caso. D’altra parte, è impossibile non prestarvi attenzione e non farlo. Vi auguro ogni successo.

F. Lukyanov:Signor Presidente, lei stesso usa Internet? .

Vladimir Putin:Sai, in modo molto primitivo: a volte schiaccio qualche bottone per vedere qualcosa.

F. Lukyanov:Ma succede lo stesso, no?

Vladimir Putin:Sì.

F. Lukyanov:I nostri motori di ricerca? .

Vladimir Putin: Vostro, vostro.

F. Lukyanov: Bene. Grazie, è confortante. (Risate.)

Abbiamo discusso in dettaglio dell’ambiente, dello stato del mondo in termini di clima e così via. Chiedo al nostro buon amico Rasigan Maharaj, dal Sudafrica, di parlarci.

: (tradotto)R. MaharajGrazie mille, signor Presidente. Grazie per avermi detto che la dialettica della storia funziona e opera ancora.

Le questioni ambientali, come ha detto lei, non possono essere risolte senza affrontare il problema della disuguaglianza globale.

L’Organizzazione Meteorologica Mondiale, un’organizzazione meteorologica globale, ha recentemente riferito che il cambiamento climatico antropogenico sta portando a rapidi cambiamenti nell’atmosfera, nell’idrosfera, nella biosfera e nella criosfera. Il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato, nonché il più intenso in termini di eventi meteorologici estremi.

Questa tendenza è proseguita nel 2024 e continuerà, secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale. L’evidenza scientifica è incontrovertibile.

Siamo lontani dal raggiungere gli obiettivi climatici più importanti. Il cambiamento climatico sta annullando le conquiste dello sviluppo e minaccia molte persone. Stiamo assistendo a emissioni record di gas serra. Vediamo anche un grande divario nel raggiungimento degli ambiziosi obiettivi in materia di gas serra.

In larga misura, il sistema moderno si è formato durante l’era del colonialismo e, come lei ha detto nel suo discorso, gran parte di questo sistema si è basato su uno scambio ineguale tra il Nord globale e il Sud globale o, come può parafrasare, tra la minoranza globale e la maggioranza globale.

I colleghi della London School of Economics hanno sottolineato che il Nord globale sta estraendo enormi risorse che nel 2015 valevano 10,5 trilioni di dollari. Questa quantità di risorse estratte avrebbe potuto risolvere il problema della povertà globale già da tempo.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a un deflusso di circa 250.000 miliardi di dollari dal Sud del mondo al Nord del mondo. Ci rendiamo conto che lo scambio ineguale è un motore significativo dello sviluppo ineguale, nonché della disuguaglianza nell’economia. Certo, il movimento di liberazione nazionale ha messo in discussione il sistema del colonialismo, ma i meccanismi istituzionali creati dopo la Seconda guerra mondiale, dopo la Grande guerra patriottica, hanno comunque permesso al Nord globale di mantenere la sua leadership e la sua egemonia.La pandemia del covid 19 ha messo a nudo ed evidenziato le disuguaglianze istituzionali in questo sistema. Come ha detto lei, nessuno si sentirà al sicuro finché non ci sentiremo tutti al sicuro.

La nostra esperienza scientifica e tecnologica collettiva ha creato soluzioni che ci hanno aiutato a salvare vite umane. Ma allo stesso tempo, stiamo assistendo ancora una volta a tentativi di armare la proprietà intellettuale imponendo restrizioni allo scambio di conoscenze, così come allo scambio di tecnologia. Tali tentativi devono essere contrastati collettivamente. Tutti i Paesi dovrebbero sforzarsi di approfondire la cooperazione e ampliare la collaborazione per accelerare lo scambio di conoscenze, garantire un flusso equo di tali conoscenze e assicurare la transizione dallo sfruttamento estrattivo alla riforma delle istituzioni internazionali.Tali sforzi per riformare le istituzioni internazionali sono necessari perché preservano i sistemi precedenti. Tuttavia, queste riforme, purtroppo, si stanno arenando, causando disperazione.

Nello stesso periodo, a Kazan si è tenuto con successo un vertice dei BRICS. All’epoca, lo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite ha affermato che l’attuale architettura finanziaria è ingiusta e inefficiente. Più di recente, se ne è discusso anche in Germania, in occasione del forum politico globale. Il documento ha affermato che le istituzioni finanziarie internazionali non sono riuscite a prevenire e mitigare le crisi e non sono riuscite ad attrarre risorse sufficienti per raggiungere l’obiettivo di sviluppo concordato a livello internazionale.

Dobbiamo lavorare insieme per ridurre queste disuguaglianze. È necessario creare sistemi che facilitino lo scambio di conoscenze e garantiscano pari opportunità di sviluppo per tutti, perché se non riusciamo a raggiungere questo obiettivo, la nostra sopravvivenza è a rischio. La nostra retorica deve essere sostenuta da azioni concrete.

Le risorse sono necessarie anche per aiutare i Paesi che stanno affrontando il degrado ambientale, i cambiamenti climatici e altre sfide causate dal cambiamento climatico. Inoltre, una tale trasformazione promuoverebbe la pace nel mondo.

Grazie.

Vladimir Putin: Certamente, quello che avete appena fatto nelle vostre conversazioni e discussioni con i vostri colleghi qui al Valdai Club è una delle aree di ricerca più importanti per l’umanità. Questo è ovvio. Ora non entreremo nei dettagli, non discuteremo di ciò che sta accadendo, perché… .

Quello che sta succedendo è chiaro: il cambiamento climatico, il riscaldamento globale. Perché sta accadendo? A causa dell’attività umana, o alcuni altri fattori influiscono, fino allo spazio globale, o qualcosa accade alla Terra periodicamente, e non capiamo bene cosa.Ma i cambiamenti sono evidenti, stanno avvenendo, questo è un fatto. E sarebbe imprudente non fare nulla, su questo non si discute.

noi in Russia lo sappiamo bene, perché ci stiamo riscaldando più velocemente di tutte le altre regioni del mondo.Nel nostro Paese, nell’arco di 10 anni, il riscaldamento si è verificato di 0,5 gradi in più, e nell’Artico ancora più velocemente – 0,7 in più. Per noi è una cosa ovvia. Per un Paese in cui il 60% del territorio si trova nella zona del permafrost, questo ha conseguenze pratiche. Abbiamo intere città sui territori del permafrost, villaggi e così via, impianti di produzione sono dislocati. Questa è una questione molto seria per noi e avrà gravi conseguenze. Ecco perché sappiamo di cosa si tratta.

A proposito, abbiamo uno dei sistemi energetici più verdi del mondo. Nel nostro settore energetico, la generazione di gas rappresenta il 40%, mentre la generazione nucleare e l’idrogenazione rappresentano l’85% della generazione totale a basse emissioni dell’economia russa. Si tratta di una delle strutture più verdi del mondo. Inoltre, secondo me, abbiamo il 20% delle foreste del mondo, che è un valore assorbente se si tiene conto.

Ci stiamo pensando, abbiamo dei piani, li abbiamo resi pubblici molto tempo fa, lo abbiamo detto pubblicamente, entro quale anno raggiungeremo una riduzione delle emissioni antropiche. E, naturalmente, lo faremo.

A proposito, coloro che hanno fatto più rumore su questo tema, purtroppo per tutti e per loro, probabilmente, stanno agendo in una direzione completamente opposta.

Per esempio, la produzione di carbone in Europa è aumentata drasticamente. Proprio di recente, tutti in Europa facevano un gran chiasso per chiudere la produzione a carbone. Ora non solo non l’abbiamo chiusa, ma l’abbiamo addirittura aumentata. Stranamente semplice, ma vero. Anche per alcune inverosimili ragioni politiche. Ma questo è un argomento a parte.

Sulle barriere artificiali allo sviluppo delle economie in via di sviluppo legate all’agenda ambientale. Sì, queste cosiddette barriere “verdi”, che alcuni Paesi stanno iniziando a creare per i Paesi in via di sviluppo, per i mercati emergenti, sono solo un nuovo strumento che hanno escogitato per frenare lo sviluppo.

Per favore, se tutti sono così preoccupati – e sinceramente preoccupati – per il cambiamento climatico, a cui ovviamente dovremmo pensare, fornite a quei Paesi che sono pronti a lavorare in questo settore fonti di finanziamento e tecnologie in modo che possano passare a queste nuove tecnologie in modo sicuro e in pareggio. Altrimenti, cosa devono fare, trascinarsi dietro il progresso? .

E giustamente alcuni dicono: beh, voi, che chiedete di passare immediatamente alle nuove tecnologie, avete usato tutte le fonti di energia prima, avete inquinato tutto qui, l’intera atmosfera, e ora chiedete di saltare immediatamente a nuovi livelli di generazione. Come possiamo fare? O dovremmo spendere tutte le nostre ultime risorse in nuove tecnologie, che dovremmo comprare da voi e pagarvi ancora per questo? Questo è anche uno degli strumenti di una sorta di neocolonialismo.

Date alle persone l’opportunità di vivere normalmente e di svilupparsi, se credete davvero, sinceramente, che dovremmo occuparcene tutti insieme. Fornite fonti di finanziamento e trasferite le tecnologie, invece di limitarle. Sono assolutamente d’accordo con lei, se è questo che il suo discorso lasciava intendere. In quale altro modo, non riesco proprio a capire.

Lo stesso vale per le finanze. Infatti, ho già detto che secondo i nostri esperti, e mi fido pienamente di loro, solo per il fatto che il dollaro è la moneta mondiale, gli Stati Uniti hanno ricevuto 12 mila miliardi di dollari dal nulla negli ultimi dieci anni. Proprio così, grazie al fatto che imitano, distribuiscono, poi lo stesso denaro va, di norma, alle loro banche, al loro sistema finanziario – e lì tagliano anche le cedole, ottengono una vincita da questo. Questa è una posizione di conteggio, proprio così, questo denaro cade dal cielo. E questo, naturalmente, dovrebbe essere tenuto in considerazione da tutti.

Se questi soldi esistono a spese della questione, ricevono entrate proprio come quelle dall’alto–questa è la fonte di finanziamento, anche dell’agenda ambientale. Datela, quindi condividete questo reddito che vi è caduto dal cielo, se siete così preoccupati per la situazione ambientale. Se hai avuto un’idea in merito, hai assolutamente ragione, è difficile non essere d’accordo. Questo è il modo di fare.

Forse questo è il mio commento. Non c’è nulla da aggiungere qui. Cioè, c’è molto altro da aggiungere, ma questa è la cosa più importante.

Grazie.

F. Lukyanov:Signor Presidente, il presidente [dell’Azerbaigian] Ilham Aliyev l’ha per caso invitata alla conferenza sul clima della prossima settimana?

Vladimir Putin: L’ha fatto.

F. Lukyanov:Vieni anche tu? .

Vladimir Putin: Sono stato lì non molto tempo fa, e il Presidente Aliyev ed io abbiamo concordato che la Russia sarà rappresentata ad alto livello, e Mikhail Mishustin, Presidente del Governo della Federazione Russa, prenderà parte a questo evento.

F. Lukyanov: Bene.

Stiamo passando senza problemi all’argomento che ci riguarda tutti, perché siamo per lo più specialisti internazionali. Lei ha anche espresso l’idea della sicurezza eurasiatica. Abbiamo dedicato molte discussioni a questo tema, e il rapporto Valdai di quest’anno è in gran parte dedicato a questo tema, e la sessione è stata molto interessante.

Vorrei chiedere al nostro amico Glenn Diesen, dalla Norvegia, di illustrare i principali risultati.

:(tradotto)Signor DiesenGrazie, signor Presidente.

Sono Glenn Diesen, professore di economia politica norvegese.

La nostra sessione è stata dedicata alla sicurezza eurasiatica. Vorrei soffermarmi su tre conclusioni principali.

In primo luogo, la fonte del conflitto in questo momento è probabilmente il conflitto tra il mondo unipolare e quello multipolare.Per molti versi, si tratta di un fenomeno nuovo nelle relazioni internazionali.

Nel XIX secolo, la Gran Bretagna era la principale potenza marittima, che si opponeva alla potenza terrestre, l’Impero russo. Nel XX secolo, il confronto è stato tra la potenza marittima degli Stati Uniti e la potenza terrestre dell’URSS. Ora, nel XXI secolo, abbiamo di nuovo una potenza marittima di primo piano: gli Stati Uniti.

Tuttavia, nel continente eurasiatico stiamo assistendo alla formazione del multipolarismo, che crea numerose opportunità. La grande economia cinese non ha la capacità e nemmeno il desiderio di dominare il continente. Al contrario, vediamo altre iniziative volte a creare il multipolarismo in Eurasia. Si tratta cioè di un conflitto tra un sistema unipolare – gli Stati Uniti stanno cercando di ripristinare tale sistema – contro un sistema multipolare. La maggioranza globale sembra preferire il multipolarismo. Penso che questo sia in gran parte il motivo per cui i BRICS sono così attraenti per molti Paesi.

Al tempo stesso, nelle nostre discussioni, abbiamo trovato un consenso, una preoccupazione, o almeno un desiderio di assicurarci che Eurasia crei un movimento anti-egemonico, e non un movimento anti-occidentale, perché l’obiettivo dovrebbe essere quello di armonizzare gli interessi. In altre parole, dobbiamo assicurarci che l’Eurasia non si trasformi in un altro blocco.Penso che, ancora una volta, questo spieghi in gran parte il successo dei BRICS, che possono servire come strumento per superare il pensiero di blocco.

Inoltre, l’Eurasia è così attraente perché dimostra l’attrattiva e la natura multivettoriale della politica estera, quando è possibile diversificare la politica economica interagendo con diversi poli di potere. La necessità che vediamo è quella di garantire l’indipendenza politica, l’indipendenza della politica economica, quando i Paesi non sono più solo spettatori nelle relazioni internazionali.

Ecco perché molti Paesi non vogliono scegliere uno dei blocchi in competizione, ma cercano invece di armonizzare i propri interessi. La maggioranza globale cerca la multipolarità eurasiatica, che è essenziale per raggiungere un vero approccio multilaterale. Questo è in contrasto con ciò che Washington sta promuovendo.

Infine, l’Eurasia multipolare ha alcuni incentivi per l’armonizzazione degli interessi, perché le maggiori potenze in Eurasia hanno un formato diverso per l’integrazione eurasiatica, hanno interessi diversi. Lo vediamo anche tra Russia e Cina, ma anche che nessuna delle due può raggiungere i propri obiettivi o il formato di integrazione senza la cooperazione con altri centri di influenza. Questo crea incentivi per l’armonizzazione degli interessi.Sembra che sia proprio questo il motivo del successo dei BRICS.

Ricordo che 10 anni fa molti si aspettavano che l’Asia centrale sarebbe diventata una fonte di conflitto tra Russia e Cina. Al contrario, vediamo che si tratta di un territorio di interazione. Questo dà uno stato d’animo ottimista per altre parti dell’Eurasia. Questo è radicalmente diverso dalle unioni che vengono comunemente utilizzate per promuovere l’unipolarismo.

Lei stesso ha fatto riferimento agli impulsi imperiali a dividere i paesi. Nel sistema di alleanze ci si aspetta sempre una divisione: tra Russia, India e Cina, tra gli arabi e l’Iran, tra Europa e Russia…semplicemente perché rende più facile dividere la regione in alleati dipendenti, quelli che serviranno.

Pertanto, nello spirito dell’armonizzazione degli interessi, vorrei anche porre una domanda che si basa sulla premessa che l’Europa non è riuscita a creare una via d’uscita reciprocamente accettabile dalla guerra fredda. Mi sembra che questo sia diventato fonte di molte tensioni. Il principio della sicurezza indivisa ha invece portato alla frammentazione, e ha visto anche l’espansione della NATO.

Quindi, la mia domanda è: la multipolarità eurasiatica potrebbe introdurre un nuovo formato di interazione tra la Russia e l’Europa? Pongo questa domanda perché qualche anno fa è uscito un libro intitolato “L’Europa come penisola occidentale della Grande Eurasia”. E forse c’è davvero una strada da percorrere? .

Grazie.

Vladimir Putin:Scusa, mi scusi, può ripetere quello che ha detto alla fine? Per favore, ripeta la domanda.

: (come da traduzione)G. Disen La mia domanda era questa. Parto dal principio che in tutta l’Eurasia abbiamo visto che molti Paesi sono riusciti a superare le loro contraddizioni, le contraddizioni politiche attraverso la cooperazione economica. Ad esempio, gli accordi promossi dalla Cina tra arabi e iraniani. Stavo pensando a un nuovo formato di Grande Eurasia, in cui l’Europa sarebbe parte di questa Eurasia. C’è un modo per utilizzare i BRICS o qualsiasi altra istituzione per rafforzare anche le relazioni tra la Russia e l’Europa, in modo da superare questa politica dei blocchi in Europa, che non siamo mai riusciti a superare dalla Seconda guerra mondiale? .

Vladimir Putin: Sapete, dopo la fine della Guerra Fredda, in linea di principio, c’era la possibilità di superare questo pensiero di blocco e la stessa politica di blocco. Ripeto: dopo la fine della Guerra Fredda, c’era la possibilità di superare sia il pensiero di blocco che la stessa politica di blocco.

Ma come ho detto nel mio discorso, sono sicuro che gli Stati Uniti non ne avevano bisogno. A quanto pare, temevano che il controllo sull’Europa si sarebbe indebolito, volevano mantenerlo e lo stanno facendo, inoltre hanno rafforzato il controllo.

Penso che questo porterà comunque all’indebolimento di questo sistema di vassallaggio. Non voglio dire nulla di male in quello che sto per dire, non voglio accusare nessuno di nulla, rimproverare, Dio non voglia. Vediamo che molti Paesi europei, quasi tutti i Paesi europei – membri della NATO – a scapito dei loro interessi commettono azioni che vanno a vantaggio della politica e dell’economia americana.

Negli Stati Uniti, in alcuni Stati, i costi dell’energia sono tre, quattro o addirittura cinque volte più bassi che nell’Unione Europea. Prendere consapevolmente decisioni nel sistema fiscale, ridurre l’imposta sul reddito, ad esempio, crea le condizioni per il trasferimento di imprese, intere imprese o industrie dall’Europa agli Stati Uniti. E alcune si stanno trasferendo.

In primo luogo, ha colpito coloro che sono direttamente collegati alla fonte di energia primaria: la produzione di fertilizzanti, l’industria del vetro e alcune altre industrie. Hanno semplicemente ridotto le loro attività, sono diventate poco redditizie e si stanno spostando.

Nella seconda fase della riqualificazione, questa è in qualche modo legata all’industria metallurgica, ma ora è stata colpita anche l’industria automobilistica.

I governi possono dare tutta la colpa che vogliono alla presunta inefficienza del lavoro del management di una determinata azienda, ma questo è il risultato della loro politica, prima di tutto della politica del governo, e quindi in queste condizioni il management doveva fare qualcosa per salvare le proprie imprese e i posti di lavoro. Ma questo non è sempre possibile.

Quindi, il conflitto a cui purtroppo partecipiamo ha permesso agli Stati Uniti di rafforzare il loro ruolo di guida, per usare un eufemismo. Di fatto, i Paesi si sono trovati in una situazione di dipendenza semi-coloniale. Ad essere onesti, nemmeno io me l’aspettavo, ma è una loro scelta.

La stessa cosa sta accadendo con il Giappone. Incredibile! Cosa abbiamo fatto di male al Giappone? Niente di niente, non un solo passo, non una sola parola. L’hanno presa e ci hanno imposto delle sanzioni. Perché dovrei? Da quale spavento?

Ora la domanda è: cosa devo fare? Non abbiamo fatto nulla. Ci sono colleghi giapponesi qui, e probabilmente ci saranno delle domande.

L’Europa è ancora peggio. L’ho già detto, ma non mi negherò il piacere di ricordare una conversazione con l’ex cancelliere tedesco Kohl nel 1993, quando ebbi la fortuna di assistere al suo colloquio con l’ex sindaco di San Pietroburgo. Non avevo ancora dimenticato la lingua tedesca e stavo lavorando come traduttore tra i due. Congedò del tutto l’interprete e mi disse: “Dai, vai a riposare”. Io sono rimasto a tradurre.

Per me, ex ufficiale dei servizi segreti sovietici, è stato sorprendente ascoltare le sue parole. Ad essere sincero, ho ascoltato, tradotto ed ero, per usare un eufemismo, molto sorpreso, perché dopo tutto, nella mia testa c’erano ancora i cliché della Guerra Fredda, e io sono un ufficiale dell’intelligence del KGB dell’URSS.

Improvvisamente Kohl cominciò a direche il futuro dell’Europa, se vuole sopravvivere come centro indipendente della civiltà mondiale, deve essere solo insieme alla Russia, dobbiamo unire i nostri sforzi. Aprii la bocca. Ha continuato con lo stesso spirito, parlando di come, secondo lui, si svilupperà la situazione nel continente americano, dove e come gli Stati Uniti costruiranno i loro sforzi. Non lo riprodurrò ora, ma non ha detto nulla di male degli Stati Uniti, no. È solo un analista, un esperto, nemmeno come ha detto il cancelliere federale, ma un esperto.

Ma in realtà, l’80, 85, 90 per cento di ciò che ha detto sta accadendo. Questo è ciò che sto vedendo in questo momento, e lo stiamo osservando tutti. Naturalmente, dobbiamo cercare di costruire un sistema di sicurezza nel continente eurasiatico. È un continente enorme. E naturalmente l’Europa può e, a mio avviso, deve essere parte integrante di questo sistema.

Lei ha detto che la RPC non ha la possibilità e non vuole giocare un ruolo dominante. Ha citato l’Asia centrale, e ora gliene parlerò. Credo che qui ci siano probabilmente alcuni dei nostri amici cinesi. Non esiste una cosa del genere nella filosofia cinese, non cercano di dominare. Questo è l’intero trucco, questo è l’appello della teoria o della proposta formulata dal Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping: “One Belt, One Road”. Una cintura e una strada comune. Questa non è solo la via cinese, è la via comune. Questo è esattamente ciò che sembra, almeno nelle relazioni bilaterali, e noi agiamo nell’interesse dell’altro.

Cosa sta succedendo in Asia centrale? Tutti contavano su una sorta di scontro o attrito tra Russia e Cina in Asia centrale. Capite cosa sta succedendo? Si tratta di Paesi con uno Stato molto giovane e un’economia che richiede un serio sviluppo. I processi demografici sono in crescita: Per esempio, in Uzbekistan ogni anno cresce un milione di persone. Più un milione, ve lo immaginate? 27 o 28 milioni è già la popolazione e ogni anno aumenta di un milione. In India più dieci, come mi ha detto il mio amico, il signor Primo Ministro Modi, ma in India vive un miliardo e mezzo di persone, e in Uzbekistan – 37-38, presto 40 milioni, e ogni anno milioni. Sono tanti. Ci sono molti problemi lì.

Se la Repubblica Popolare Cinese viene ad aiutare queste economie, significa che, come risultato della cooperazione economica, anche i processi politici interni vengono stabilizzati, la statualità viene stabilizzata, e la Russia è interessata solo a questo.Vogliamo un ambiente stabile e uno sviluppo stabile in quel Paese. Questo è anche nel nostro interesse. Quindi non c’è competizione, c’è cooperazione. Ciò non ostacola lo sviluppo dei nostri legami tradizionali con questa regione del mondo. I Paesi dell’Asia centrale, che per secoli hanno fatto parte dell’Impero russo e dell’Unione Sovietica, non solo si ricordano di noi, ma hanno anche a cuore i nostri contatti e legami speciali. Questo è solo un bene per tutti.

Se stiamo creando un sistema di sicurezza sul continente eurasiatico in questo modo, e ora di nuovo, tra l’altro, vedo, sento quello che sta accadendo in alcuni Paesi europei, quello che viene detto, abbiamo di nuovo iniziato a parlare di creare un unico sistema di sicurezza da Lisbona a Vladivostok, e siamo di nuovo tornati a quello che de Gaulle, secondo lui, ha detto. Penso che l’abbia fatto all’epoca. Tuttavia, ha detto “verso gli Urali”. Ma in realtà dovrebbe andare a Vladivostok. Queste idee si sono ripresentate. Se i nostri colleghi tornano su questo…

E la cosa più importante è ciò che lei ha detto, ciò che io ho menzionato e ciò che è scritto nei documenti dell’OSCE, in modo che la sicurezza di alcuni non contraddica e non violi la sicurezza di altri. Questo è molto importante. Se facciamo tutto questo, se aumentiamo il livello di fiducia, come ha detto anche lei… il problema più importante nel nostro continente eurasiatico in questo momento, la cosa principale tra la Russia e i Paesi europei, è la mancanza di fiducia.

Potete rimproverare la Russia in qualsiasi modo vogliate, e probabilmente anche noi commettiamo molti errori, ma quando ci viene detto, ascoltate, che siamo andati a firmare gli accordi di Minsk sull’Ucraina solo per dare all’Ucraina l’opportunità di riarmarsi e non avevamo intenzione di risolvere questo conflitto in modo pacifico, di che tipo di fiducia possiamo parlare? Cosa state facendo? Che tipo di fiducia? Avete dichiarato direttamente e pubblicamente di averci imbrogliato, mentito e ingannato. E che tipo di fiducia? Ma dobbiamo tornare gradualmente a questo sistema di fiducia reciproca. Non so se possiamo discuterne qui fino a domattina, ma questo è il primo passo verso la creazione di un sistema unificato di sicurezza eurasiatica. Si può fare o no? .

Il signor Kohl, di cui ho letto le memorie, riteneva che questo non fosse solo necessario, ma assolutamente necessario.Condivido questo punto di vista.

F.Lukyanov:Signor Presidente, perché pensa che il signor Kohl sia stato più sincero della signora Merkel, che lei ha menzionato più tardi, che parla del processo di Minsk?

Vladimir Putin: Sa, noi tre eravamo seduti insieme – era ancora a Bonn, il governo tedesco era a Bonn – e stavamo parlando. E la signora Merkel, che lei ha citato, parlava ancora sotto una certa pressione pubblica e in una situazione di crisi. La situazione è ancora diversa. Kohl ha parlato con calma, ha solo espresso liberamente il suo punto di vista non solo in assenza della stampa – Merkel ha parlato alla stampa e per la stampa, ma non ha parlato per la stampa, ha persino rimosso il suo traduttore, sapete? Pertanto, presumo che fosse una persona assolutamente sincera.

F. Lukyanov:Un’altra domanda, se possibile, per seguire l’argomento sollevato da Glenn e da lei citato. La popolazione sta crescendo nei Paesi vicini e nel suo discorso ha parlato di flussi migratori. Ora questo è un tema molto caldo ovunque, anche nel nostro Paese.

Lo vede come parte della sicurezza eurasiatica? Ne discute con i suoi colleghi in Eurasia?

Vladimir Putin: Sì, certo, ne discutiamo molto spesso.

Ho già detto che ora abbiamo un tasso di disoccupazione storicamente basso, pari al 2,4%, e non c’è praticamente disoccupazione. Abbiamo una carenza di lavoratori. E, naturalmente, abbiamo bisogno di lavoratori per sviluppare la nostra economia.

Inoltre, la mancanza di un numero adeguato di lavoratori è attualmente uno dei principali ostacoli alla nostra crescita economica. Abbiamo circa mezzo milione, 600 mila persone in edilizia in questo momento, l’industria prenderà e non se ne accorgerà. L’industria ha bisogno di 250 mila persone in questo momento, e non saranno sufficienti.

Come prima fase, dobbiamo creare le condizioni per cui le persone che vengono a lavorare con noi siano pronte per questo: avranno una buona padronanza della lingua russa, conosceranno le nostre tradizioni – lo abbiamo detto molte volte – conosceranno le nostre leggi, e non solo sapranno tutto questo, ma saranno anche internamente pronte ad osservarlo.

E allora non ci sarà irritazione e rifiuto da parte dei nostri cittadini, e dovremmo pensare prima di tutto, ovviamente, agli interessi dei cittadini della Federazione Russa. Sono cose abbastanza ovvie. Voglio che i miei colleghi, i leader regionali, mi ascoltino nelle regioni della Federazione Russa, così come le forze dell’ordine.

E per quanto riguarda le persone che vengono da noi, anch’esse dovrebbero vivere in condizioni moderne e umane, godere di tutti i benefici della civiltà nel campo dell’assistenza sanitaria, dell’istruzione e così via. Anche qui ci sono delle distorsioni. Non entrerò nei dettagli ora, ma dobbiamo lavorarci su.

I miei colleghi, i miei amici e i leader delle ex repubbliche sovietiche discutono costantemente di questo tema. E loro stessi vogliono formare le persone che vorrebbero venire a lavorare per noi, per prepararle a questo lavoro sul territorio della Federazione Russa.

Cosa è necessario per questo? Anche la nostra domanda. Abbiamo bisogno di creare scuole, stiamo creando scuole, le stiamo creando. Dobbiamo inviare insegnanti di lingua russa che non sono sufficienti e che loro sono felici di accettare e accetterebbero dieci volte di più. Anche in questo caso, quindi, la palla è in una certa misura dalla nostra parte. Loro sono pronti e vogliono farlo. Lo faremo insieme.

Ma nel lungo periodo, e spero nel prossimo futuro, dobbiamo fare in modo che il mercato del lavoro russo includa principalmente persone con una buona istruzione, professionisti ben formati, e che alcune delle persone che vengono da noi oggi rimangano a lavorare nel loro Paese d’origine, e che si creino strutture produttive in loco in grado di soddisfare le esigenze dei nostri dipendenti inclusi nella catena di produzione complessiva di alcuni prodotti. Noi li caricheremmo di ordini, loro produrrebbero alcuni componenti di qualcosa, noi o loro potremmo occuparci dell’assemblaggio finale, e quindi le persone non solo in Uzbekistan, ma anche in Tagikistan, Kazakistan e Kirghizistan avrebbero un lavoro lì, a casa loro, e vivrebbero nel loro ambiente. la propria lingua e cultura nativa. In generale, si tratterebbe di una cooperazione generale.

In una certa misura, dobbiamo ricreare le catene di cooperazione che erano ancora nell’Unione Sovietica, ma, naturalmente, su una nuova base tecnologica, su una nuova base logistica. E allora il sistema complessivo sarà più stabile, e il tasso di crescita per tutti i partecipanti a questo processo sarà garantito. E non ci saranno tensioni in quest’area.

Stavamo parlando dell’intelligenza artificiale e di altre opportunità. È necessario sostituire la carenza di manodopera – lo dicono ovviamente tutti i nostri esperti – con nuove capacità tecnologiche, per realizzare la produzione su una nuova base tecnologica, aumentando il livello di rendimento e di efficienza. Mi sembra che questo sia possibile.

F.Lukyanov:Grazie.

Vladimir Vladimirovich, ieri c’è stato un grande evento che tutto il mondo ha seguito con il fiato sospeso: gli Stati Uniti hanno eletto un nuovo Presidente. Nel suo secolo presidenziale, questo è il sesto, è anche il quarto, ma succede.

Le è rimasto qualche ricordo, magari su alcuni di essi più o meno piacevoli? Con chi è stato più interessante lavorare?

Vladimir Putin:Sai, sono tutte persone molto interessanti. È difficile immaginare una persona che sia ai vertici del potere in uno dei principali Paesi del mondo e che sia assolutamente una persona insignificante, stupida e poco interessante.

Che cosa c’è? Il fatto è che la cultura politica interna degli Stati Uniti è tale che la lotta politica interna si fa sempre più aspra, ogni sorta di trucchetto viene utilizzato dagli oppositori e dagli avversari politici dell’attuale capo di Stato per poterli in qualche modo proteggere. Inoltre, vengono utilizzati strumenti spesso poco lusinghieri e lontani dagli indicatori di questa cultura politica.

Ricordate, ci sono stati tanti attacchi a Bush: è così analfabeta, poco intelligente, ignorante. È tutta una menzogna.

C’erano molte contraddizioni. Credo che dal punto di vista dell’atteggiamento verso la Russia, della politica in direzione della Russia, molte di esse, quasi tutte – ve l’ho detto: tutto quello che è stato fatto, alla fine, è sembrato un intervento nascosto.

Ma a livello personale… vi assicuro che lo stesso Bush che è stato governatore del Texas prima – questo è uno Stato complesso, tra l’altro, ed enorme – è stato un governatore di successo. Ho parlato con lui e posso assicurarvi che è bravo come chiunque altro in questa stanza, a prescindere da come viene presentato – come qualcuno con un basso quoziente intellettivo e così via – come uno qualsiasi dei suoi avversari politici. Lo so, ho parlato molto con lui, personalmente, ho passato la notte nel suo ranch in Texas. Ho incontrato i suoi genitori diverse volte, sia a casa loro che quando sono venuti a trovarmi.

Vi dirò: quando ho parlato con suo padre, anch’egli ex Presidente degli Stati Uniti, che all’epoca non era più, ovviamente, Presidente. Mi disse con sincerità, e con molta calma: “Abbiamo commesso un errore enorme quando abbiamo iniziato a bloccare i Giochi Olimpici di Mosca. Poi la Russia ha iniziato a fare lo stesso per i Giochi Olimpici qui. Che assurdità”. Lo ha detto a me personalmente: “Che assurdità, che errore. Perché stiamo facendo tutto questo?”.

E allora? E tutto questo continua. Sotto la pressione dell’esterno, il Comitato Olimpico Internazionale si è trasformato in una sorta di, non so, artisti da circo.Hanno completamente commercializzato il movimento olimpico e lo stanno distruggendo con le loro stesse mani.

Ma di cosa sto parlando? Non sto parlando di questo, ma delle persone con cui ho dovuto lavorare. Ognuno di loro è una persona e una persona che non è arrivata per caso in questo Olimpo.

F.Lukyanov: E cosa mi dice del futuro Presidente da questo punto di vista?

Vladimir Putin: Sa, può anche trattarlo come vuole. Dopo tutto, tutti all’inizio – nella prima iterazione della sua campagna presidenziale – dicevano che era fondamentalmente un uomo d’affari e che non capiva molto di politica, che poteva commettere errori.

Ma prima di tutto, posso dire che il suo comportamento al momento dell’attentato alla sua vita, non lo so, ma mi ha colpito. Era un uomo coraggioso. E non si tratta solo di alzare la mano e chiamarli a combattere per i loro ideali comuni. Non è solo questo, anche se, ovviamente, lo è in un viaggio come questo. Una persona si manifesta in condizioni straordinarie: è qui che una persona si manifesta. E lui si è mostrato, a mio avviso, in modo molto corretto: con coraggio, come un uomo.

Per quanto riguarda la politica nella prima iterazione, non so se lo sentirà, ma probabilmente lo dirò qui. Lo dico con assoluta sincerità: Ho l’impressione che sia stato perseguitato da tutte le parti, non gli hanno permesso di muoversi. Aveva paura di fare un passo a destra o a sinistra, di dire una parola in più.

Non so cosa succederà ora, non ne ho idea: per lui questa è ancora l’ultima scadenza, cosa farà – queste sono le sue domande. Ma ciò che è stato detto pubblicamente finora è per lo più… Non voglio commentare ora ciò che è stato detto durante la campagna elettorale, penso che sia stato detto deliberatamente nella lotta per i voti, ma non importa. E quello che è stato detto sul desiderio di ristabilire le relazioni con la Russia, di contribuire alla fine della crisi ucraina, a mio parere, credo che meriti almeno attenzione.

Vorrei cogliere l’occasione per congratularmi con lui per la sua elezione a Presidente degli Stati Uniti d’America. Ho già detto che lavoreremo con qualsiasi capo di Stato che goda della fiducia del popolo americano. Questo sarà vero anche nella pratica.

F.Lukyanov: E se realizzerà ciò che ha sempre detto, vi chiamerà nel prossimo futuro, prima dell’inaugurazione, e vi dirà: Vladimir, incontriamoci.

Vladimir Putin:Sai, nemmeno io penso che sia vergognoso chiamarlo. Non lo faccio perché i leader degli Stati occidentali mi chiamavano quasi ogni settimana da un certo punto in poi, e poi improvvisamente hanno smesso. Se non vogliono, allora non lo facciano. Come potete vedere, siamo vivi e vegeti, ma niente… ci stiamo sviluppando, stiamo andando avanti.

Se qualcuno di loro vuole riprendere i contatti, ho sempre detto e voglio dire di nuovo: non abbiamo nulla in contrario. Per favore, riprenderemo i contatti e condurremo le discussioni. Ma ci sono molte persone che vogliono condurre una discussione, c’è un’intera sala qui, ma se non è possibile, condurremo una discussione con voi allora.

F. Lukyanov: Quindi sei pronto a parlare con Trump? .

Vladimir Putin: Siamo pronti, siamo pronti.

F. Lukyanov:Destra.

Bene, mentre Trump non è qui, discutiamo con quelli che sono qui. Iniziamo con il professor Feng Shaolei.

Feng Shaolei: Caro Signor Presidente,

Sono molto felice di rivederla. Innanzitutto, vorrei esprimere la gratitudine dei miei colleghi cinesi per l’eccellente organizzazione dimostrata dai nostri amici russi al Vertice di Kazan.

Ma vorrei anche ringraziarvi per il vostro personale sostegno al lavoro del nostro club, compresa una discussione molto vivace.

Mi sono ricordato che otto anni fa, sempre in occasione del nostro forum, ho avuto l’onore di chiederle: cosa pensa delle relazioni tra Russia, Stati Uniti e Cina? Lei mi rispose in modo molto preciso che dovevano essere reciprocamente rispettose e reciprocamente utili. Sono passati otto anni. Il mondo sta cambiando molto. Da un lato, la concorrenza e le sanzioni sono terribili. Ma dall’altro lato, il partner strategico della Russia è la Cina, e la cooperazione con i BRICS si sta sviluppando con grande successo.

La mia domanda è: quale è la sua valutazione dello sviluppo attuale e futuro della partnership strategica tra Russia e Cina? .

Secondo, sarà possibile normalizzare le relazioni tra Russia, Stati Uniti e Cina nel nuovo ambiente? .

Grazie mille.

Vladimir Putin: Per quanto riguarda le relazioni tra la Russia e la Repubblica Popolare Cinese, esse sono di un livello elevato senza precedenti e sono basate sulla fiducia reciproca, che ci manca nelle nostre relazioni con altri paesi, specialmente con i paesi occidentali.Ho già detto il perché.

So che se ci fossero rappresentanti di coloro che hanno pietre nel loro giardino da parte mia, ora pubblicherebbero un’intera pagina di lamentele sulla Russia, al mio indirizzo personale. Beh, non ne parleremo ora. Voglio solo dire che il livello di fiducia tra Russia e Cina è al punto più alto della storia recente. Questo e le nostre relazioni personali e amichevoli con il Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping sono un’ottima garanzia per lo sviluppo delle relazioni interstatali.

Non entrerò ora nei dettagli, ma comunque 240 miliardi di dollari di fatturato commerciale non sono i più grandi, ma sono comunque il quarto fatturato commerciale tra i principali partner commerciali ed economici della Cina. È già un buon risultato. È una circostanza molto importante. E ci completiamo a vicenda. Abbiamo iniziato con l’energia, compresa quella nucleare. Man mano che le nostre capacità tecnologiche crescono, condividiamo queste tecnologie, il che è molto importante e questo valore sta crescendo. Per questo motivo stiamo ampliando la gamma delle nostre cooperazioni e delle nostre opportunità, prestando sempre più attenzione alle alte tecnologie e in vari settori molto diversi tra loro.

La Cina ha ottenuto molto. L’ho già detto, non ricordo se ho parlato qui l’ultima volta o no, ma ho parlato in altri eventi pubblici: secondo i nostri esperti, il modello di economia che la Cina ha adottato, l’ha sviluppato, questo modello, naturalmente, basato sulle esigenze della vitaÈ molto più efficiente di molte altre economie leader nel mondo. Per dirla senza mezzi termini, tali elementi combinano sia l’economia pianificata che il mercato.Gli specialisti cinesi riescono a fare questo e, a livello politico, i nostri amici riescono a non interferire con questi specialisti – questo è molto importante. E l’effetto è buono. In altre parole, l’economia cinese funziona in modo più efficiente rispetto ad altre economie, anche se c’è una certa correzione in termini di tassi di crescita economica.

Purtroppo, gli Stati Uniti stanno perseguendo una politica di doppio contenimento, ovvero il tentativo di contenere sia la Cina che la Russia. Perché questo sia necessario, soprattutto per lavorare su due fronti, è del tutto incomprensibile. Cioè, è chiaro: credono che la crescita del potere economico della Cina rappresenti una minaccia per loro, una minaccia per il loro dominio.

A mio parere, se vogliono lavorare e agire efficacemente, non dovrebbero usare questi metodi. È necessario dimostrare il nostro vantaggio in una competizione equa e aperta, e allora le forze interne di sviluppo negli Stati Uniti stessi saranno chiamate a vivere. Cosa fanno? Proibiscono una, due e tre cose, e alla fine danneggiano solo il loro stesso sviluppo. Vietare le merci cinesi o l’uso di tecnologie cinesi nel mercato statunitense a cosa porterà? Porterà all’inflazione, all’aumento dei costi di produzione– ecco a cosa porterà, tutto qui.

Per quanto riguarda la nostra cooperazione, i settori in cui si cerca di frenare lo sviluppo della Cina possono essere integrati dalla nostra cooperazione con la Repubblica Popolare Cinese.

Per esempio, abbiamo iniziato con l’energia. Lo sviluppo è molto attivo nei settori del petrolio, del gas e della tecnologia nucleare. Stiamo anche lavorando attivamente alla creazione di nuove unità di centrali nucleari, oltre che alla fornitura di petrolio e gas. Ma questo crea un sistema di sicurezza energetica assolutamente affidabile per la Cina. Abbiamo un confine comune. Nessuno può impedirlo, nessuna tempesta, nessun blocco delle rotte marittime, niente può interferire con la nostra cooperazione, perché abbiamo un confine comune. Come va la consegna, così andrà… una piena garanzia.

Penso che se gli Stati Uniti cambiassero il vettore in relazione sia alla Russia che alla Cina, cioè non perseguissero una politica di doppia deterrenza, ma perseguissero una politica di cooperazione trilaterale, tutti ne beneficerebbero e non ci sarebbero perdenti.

F.Lukyanov: C’è stata anche una domanda sulla triplice cooperazione.

Vladimir Putin:Questo è quello che ho appena detto e ho finito. Non stavi prestando attenzione.

F.Lukyanov:Scusate, mi sono distratto.

Vladimir Putin:Ho pensato ai miei affari.

F.Lukyanov: Secondo me, il generale Salik dal Pakistan ha chiesto, ha alzato la mano.

:(come tradotto)N.Salik Grazie, Signor Presidente.

La mia domanda riguarda la stabilità della parità globale. Lo START-3 scade nel 2026. Finora non sono in corso negoziati e non c’è alcuna possibilità di una proroga. Quando questo trattato scadrà, come vede la possibilità di mantenere la stabilità delle capacità nucleari?

Grazie.

Vladimir Putin: Sapete, non abbiamo mai rifiutato di continuare il dialogo nel campo della stabilità strategica. Non rivelerò un segreto, tutti sanno bene, e non solo in questa Sala, ma in tutto il mondo sanno bene che gli Stati Uniti e i loro, scusate se lo dico, satelliti – è impossibile dire il contrario nelle condizioni moderne e in relazione ai leader di questi Paesi che seguono la strada da loro proposta a scapito di se stessi. Sulla via della Russia, gli Stati Uniti si pongono l’obiettivo di sconfiggere la Russia, una sconfitta strategica.

Che cos’è una sconfitta strategica? Cosa significa ottenere una sconfitta strategica di un determinato Paese? Se non si distrugge questo Paese, allora, non so, lo si riduce a un ruolo insignificante. Allora perché abbiamo bisogno di armi nucleari? Allo stesso tempo, vogliono impegnarsi in un dialogo con noi sulla stabilità strategica. E come? Come normali adulti. Siamo pronti a condurre questo dialogo, ma nelle condizioni attuali ci sono molti problemi qui.

Il vostro collega cinese ha appena posto una domanda sulle relazioni nel triangolo Russia-Cina-Stati Uniti. Francamente, non ho voluto aggravare la questione e ho escluso le questioni di sicurezza internazionale dall’ambito della mia risposta.

La cooperazione tra Russia e Cina è uno dei fattori più importanti per la stabilità internazionale in generale, ma ha a che fare con la stabilità strategica nel campo delle armi nucleari. Per tutto il tempo, almeno negli anni passati, ci è stato costantemente sussurrato all’orecchio: lavoriamo con i vostri amici cinesi; abbiamo bisogno che si uniscano alla conversazione sulla riduzione dei loro arsenali nucleari. Al che i nostri amici cinesi rispondono: “Cosa state facendo? Abbiamo meno portaerei e meno testate. Cosa ridurremo? O lo riducete voi stessi al nostro livello, o ci lasciate crescere fino al vostro, e poi parleremo insieme di alcune riduzioni”. Logico, no? Tutto il resto sono solo sciocchezze.

Al tempo stesso, i Paesi della NATO diversi da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia hanno arsenali nucleari e stanno crescendo. Non solo crescono, ma cambiano anche qualitativamente. Recentemente mi è stato detto: La NATO non è un’unione politico-militare, è prima di tutto un’unione politica e poi militare. No, vediamo che non è affatto così. In effetti, gli Stati Uniti, volutamente o meno, credo volutamente, hanno riportato in primo piano la componente militare della NATO e tutti insieme hanno annunciato che ci avrebbero inflitto una sconfitta strategica. E come non tenere conto degli arsenali nucleari di Gran Bretagna e Francia?

Quindi, oggi la questione non è facile, è ancora più difficile di quanto lo fosse 20 o 30 anni fa. Ma comprendiamo la nostra responsabilità come Paese che, in termini di capacità, numero di vettori e testate, e qualità delle armi moderne, che vengono migliorate nel nostro Paese, ci stiamo già avvicinando alla messa in servizio dei nostri ultimi sviluppi, di cui ho parlato cinque anni fa, e ora stiamo completando gradualmente i test. Abbiamo bisogno che l’altra parte affronti la questione con onestà, tenendo conto di tutti gli aspetti delle nostre relazioni.

Non è possibile che ci infliggano una sconfitta strategica qui, e che dicano ai loro cittadini: ragazzi, tutto è tranquillo, tutto è normale, affari come al solito, non abbiate paura, non pensate a nulla. Non è così: noi [nel contesto del trattato] siamo un fallimento strategico, e voi non pensate a nulla. Quindi parliamone con calma, in modo commerciale, senza doppi, tripli o cinque punti, a carte scoperte. Tra l’altro, lo abbiamo suggerito più volte. Ma quando iniziamo a parlarne in dettaglio, c’è subito una pausa. Vediamo come la nuova amministrazione futura formulerà le sue eventuali proposte in merito.

F.Lukyanov: Signor Presidente, lei ha parlato della dimostrazione degli ultimi sviluppi. Ha qualche nuovo sviluppo aggiornato?

Vladimir Putin:Si, qualcosa emerge costantemente. Ieri ho parlato con uno dei leader di una delle nostre maggiori aziende, che mi ha riferito le sue idee in questo campo. È solo che è ancora troppo presto per parlarne.

F.Lukyanov:Grazie.

Il professor Nogueira in prima fila, Brasile.

:(come da traduzione)Paulo Batista NogueiraGrazie per questa opportunità.

Mi chiamo Paulo Batista, dal Brasile.

Vorrei farle una domanda. Può parlarci in modo più dettagliato degli argomenti che ha discusso durante i suoi commenti e nel suo discorso, ovvero i Bric e il dollaro USA? Quale ruolo vede per i BRICS nella costruzione di alternative ai sistemi inaffidabili e disfunzionali che utilizzano il dollaro?

La Russia nel 2024, durante la sua presidenza BRICS, ha proposto un piano dettagliato e interessante per i pagamenti transfrontalieri basati sulle valute nazionali. Come vede il futuro di questa discussione? Possiamo costruire su questo?

La seconda domanda è più complessa. È d’accordo sul fatto che ci sono alcune restrizioni sui pagamenti in valuta nazionale e che gradualmente, passo dopo passo, passeremo con cautela a nuovi mezzi di pagamento, a una nuova valuta di riserva? A proposito, il Presidente Lula ne ha parlato nella sua dichiarazione durante il vertice di Kazan. Sarei interessato a sentire il suo punto di vista su questo tema.

Grazie.

Vladimir Putin:Sapete, io baso la mia posizione su ciò che ci offrono i nostri esperti, e mi fido di loro. Sono certamente esperti di livello internazionale. E ho già parlato della nostra offerta. E quando si genera un’idea, il mio ruolo è quello di pompare queste idee, queste proposte nel Paese, nella comunità di esperti, nel Governo e nella Banca Centrale, per formalizzarle in qualche modo in modo appropriato e, dopo aver capito di cosa stiamo parlando, offrire queste idee ai nostri partner.

Ho proposto una di queste idee al Presidente Lula. Egli si è dimostrato interessato e ha ospitato i nostri esperti in Brasile, e ad un livello molto buono. Ha invitato a questi incontri i rappresentanti della Banca Centrale e del Ministero delle Finanze, in generale quasi tutto il blocco economico. Anche i nostri colleghi e amici in Brasile erano interessati. Ora dirò qualche parola su ciò che si sta discutendo.

Abbiamo fatto lo stesso con altri Paesi BRICS. Ho avuto una grande conversazione con quasi tutti i manager, con tutti loro, e tutti hanno apprezzato queste idee in generale.

Di cosa si tratta? Innanzitutto, qual è la novità? Proponiamo di creare una nuova piattaforma di investimento che utilizza asset elettronici, sviluppandoli. In altre parole, stiamo parlando di creare una piattaforma di pagamento elettronico che può essere utilizzata per investire nei mercati emergenti, principalmente in Asia meridionale, Africa e in parte in America Latina.

Ripeto: perché lo pensiamo? Lo pensiamo perché lì sono in atto processi demografici molto forti. La crescita della popolazione e l’accumulo di capitale avvengono lì. Il livello di urbanizzazione è ancora insufficiente e sicuramente aumenterà. E se l’urbanizzazione si espande e aumenta, vi appariranno nuovi centri di crescita economica e le persone si impegneranno, e quindi i governi le seguiranno, per aumentare il tenore di vita e il benessere. A nostro avviso, sono queste le regioni del mondo che si svilupperanno più rapidamente. A nostro avviso, anche la Cina, la Federazione Russa, l’Arabia Saudita e alcuni altri Paesi cresceranno, ma le regioni del mondo che ho appena citato mostreranno una crescita molto più seria e rapida. Hanno bisogno di investimenti, tecnologia, risorse umane e formazione. Utilizzando nuove opportunità di investimento e una nuova piattaforma, pensiamo che questo possa essere realizzato.

Inoltre, possiamo rendere questi strumenti, strumenti elettronici, praticamente non inflazionistici, perché se c’è un eccesso, una quantità eccessiva, possiamo ritirarli. Se non ce n’è abbastanza, possiamo emetterne altri e regolarli con l’aiuto del controllo delle banche centrali e della Nuova Banca di Sviluppo dei BRICS. Anche la direzione della Nuova Banca di Sviluppo dei BRICS ha apprezzato questa idea.

Ci sono diversi punti di vista, diversi approcci. In generale, alcuni erano più interessati a queste idee, altri meno, ma abbiamo deciso di creare un gruppo di lavoro a livello di esperti e di governo. Ci lavoreremo a livello governativo fin da ora. Non abbiamo fretta.

Non è una risposta agli eventi di oggi, no.Non è nemmeno una risposta per contrastare in qualche modo le restrizioni finanziarie.Ora vi parlerò anche di questo. No, questa è solo un’idea di come possiamo organizzare il nostro lavoro in mercati promettenti e in rapida crescita. Questo vale non solo per i Paesi BRICS, ma anche per quelli che non ne fanno parte. Questa è solo un’opportunità per noi di investire, entrare in questi mercati e per loro di approfittare delle nostre opportunità.

E se non è possibile farlo in altro modo, ci affideremo solo a progetti promettenti che saranno realizzati e daranno un ritorno, allora questo meccanismo potrà essere lanciato, secondo noi, funzionerà.

Ad oggi, l’uso delle valute nazionali dà ancora i suoi risultati. Per la Russia, ad esempio, i due terzi del nostro fatturato commerciale sono già serviti in valuta nazionale. Per quanto riguarda i Paesi BRICS, l’88% è servito in valuta nazionale.

Ora stiamo parlando di utilizzare strumenti elettronici per lo scambio di informazioni finanziarie tra le banche centrali dei nostri Paesi, il cosiddetto sistema BRICS Bridge. Ne abbiamo discusso a livello di esperti con tutti i nostri partner BRICS. Il secondo sistema rientra anch’esso nel quadro dei BRICS: abbiamo parlato di regolamenti in borsa. Oggi mi sembra che questo sia ottimale. È un aspetto su cui stiamo lavorando e su cui dovremmo lavorare nel prossimo futuro.

Ho sentito molto parlare, a livello di esperti e negli ambienti giornalistici, della necessità di pensare alla creazione di una moneta unica. Ma è ancora troppo presto per parlarne. Perché per poter parlare di una moneta comune, dobbiamo raggiungere una maggiore integrazione delle economie tra loro – questa è la prima cosa.E in secondo luogo, dobbiamo elevare la qualità delle nostre economie a un certo livello, in modo che siano molto simili e compatibili in termini di qualità e struttura dell’economia l’una con l’altra. Solo il resto sarà irrealistico, e forse anche dannoso da percorrere. Pertanto, non c’è bisogno di affrettarsi da nessuna parte.

Voglio concludere con ciò che di solito inizio quando rispondo a domande di questo tipo. Non abbiamo cercato di abbandonare il dollaro e non cerchiamo di farlo. Lo fanno le autorità politiche e finanziarie degli stessi Stati Uniti o dell’Europa, quando si rifiutano di pagare in euro. L’euro non si è ancora affermato come moneta globale e loro lo stanno già limitando con le loro mani. Non ha alcun senso.

Per quanto riguarda l’Europa,il problema è che le decisioni economiche vengono prese da politici che spesso, purtroppo, non sono nemmeno esperti nel campo dell’economia e della finanza di questi Paesi. E questo va solo a discapito di questi Paesi. Ecco perché noi, in Russia, in ogni caso, non stiamo rinunciando al dollaro e non avevamo intenzione di farlo. Non ci è permesso di usare semplicemente il dollaro come strumento di pagamento. Bene, negato e negato. Ma questo, a mio avviso, è una terribile stupidità da parte delle autorità finanziarie statunitensi, perché questo, il dollaro, è la base di tutto il potere degli Stati Uniti oggi. L’hanno preso e tagliato con le loro stesse mani.

E io avrei pensato che, qualunque cosa stesse succedendo, il dollaro fosse come una mucca sacra, non poteva essere toccato. No, lì le corna le hanno prese con le loro mani, non lavano la mammella, ma, al contrario, la sfruttano per niente. Che c’è? Ma è colpa vostra. I calcoli in dollari non stanno ancora diminuendo molto nel mondo, perché anche i mezzi di accumulazione stanno lentamente diminuendo, anche nei Paesi dei partner più vicini, ma vengono rimossi, ristretti, e questa sta già diventando una tendenza. Fanno tutto con le loro mani.

E non stiamo combattendo, le nostre proposte non mirano a combattere il dollaro. Stiamo semplicemente rispondendo alle sfide del tempo, alle nuove tendenze nello sviluppo dell’economia globale, e stiamo pensando di creare nuovi strumenti, e prima di tutto, come ho detto all’inizio, è importante creare un sistema, utilizzare i sistemi esistenti in ogni Paese, scambiare informazioni finanziarie, e gli strumenti che ho indicato, li svilupperemo.

Grazie.

Apparizione al Valdai Club di Putin – Finale

Attento, concentrato, prende appunti e serio, il Presidente russo.

I campioni della palestra sono giunti all’ultima parte dell’apparizione di Putin al Valdai Club, mentre continua la sessione di domande e risposte. Come al solito, tutte le sottolineature sono mie:

F. Lukyanov: Alexander Rakovic, Serbia.

:(come tradotto)Signor Rakovich Egregio signor Presidente,

Mi chiamo Alexander Rakovic, sono uno storico serbo. È un onore vederla, ascoltarla e parlare di nuovo con lei.

La mia domanda per lei oggi è la seguente. Secondo lei, quali sono i meccanismi statali e individuali che i russi, i serbi e gli altri popoli di tutto il mondo dovrebbero utilizzare per proteggere i nostri valori tradizionali e tutelare noi stessi, la nostra identità, dall’influenza pervasiva e imposta dell’ideologia occidentale che abbiamo visto quest’anno alla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici a Parigi? .

Grazie.

Vladimir Putin: Per quanto riguarda ciò che abbiamo visto all’inaugurazione, ad essere sincero, all’inizio non l’ho nemmeno guardato, ma poi mi è stato detto che stava succedendo qualcosa lì, quindi l’ho guardato. Non so cosa si aspettassero, perché gli organizzatori l’abbiano fatto, perché il CIO non l’abbia notato. Questo, ovviamente, è stato offensivo per milioni di credenti cristiani. Perché è necessario offendere qualcuno, offendere i suoi sentimenti religiosi? Chi l’ha fatto dirà che non aveva intenzione di offendere e che non ci vede nulla di offensivo.

Ma la stessa cosa accade con i rappresentanti dell’Islam, quando bruciano il Corano o qualsiasi altra illustrazione, i fumetti con il Profeta vengono pubblicati sotto gli auspici della libertà di parola.Ripeterò ora ciò che ho ripetutamente affermato: la libertà di una persona o di una società finisce dove inizia la libertà di un’altra. Perché se si può insultare qualcuno, i suoi sentimenti religiosi, e dire “questa è la mia libertà, faccio quello che voglio”, allora si può arrivare all’omicidio: “Voglio uccidere”, “voglio uccidere”, “ho ucciso”, questa è un’espressione della mia libertà”. Allora, che cos’è? Un’assurdità, naturalmente. .

La gente non percepisce i confini, non vede i bordi, come a volte dice la nostra gente. Se avete una visione di qualcosa, va bene, e siate coerenti con la vostra visione. Ma se sapete che potrebbe offendere l’altra persona, astenetevi dal farlo, tutto qui – la regola è semplice.

Considerano possibile agire in questo modo.Questo, tra l’altro, così come la possibilità per gli uomini di competere negli sport femminili, semplicemente uccide lo sport femminile. Se, scusate, ho tirato fuori questo argomento, secondo me alcuni sport non sono femminili. Mi scuso con le donne, loro diranno che mi sbaglio. Beh, questo è un altro argomento.

Ma se le donne partecipano a questi sport: bilanciere, boxe, non so, wrestling – beh, lasciamo che le donne competano tra loro. È semplice: un uomo, perché si è dichiarato donna, è andato a vincere tutti, ha rotto il naso a una donna e questo uccide lo sport femminile. Presto sarà impossibile per le donne esibirsi ovunque. Beh, un po’ di sciocchezze.

Lasciate che queste persone combattano tra loro. Si è dichiarato donna – questi sono quelli che hanno dichiarato: lasciateli esibire e combattere tra di loro ai Giochi Olimpici. O anche coloro che hanno certificato di essere stati malati fin dall’infanzia e di usare alcuni farmaci che danno chiari vantaggi durante il processo agonistico – organizziamo gare tra di loro. Beh, è così naturale, semplice, secondo me. Cosa c’è qui di così e così? A proposito, non offende nessuno.

E come proteggere i vostri valori? Con tutti i mezzi a nostra disposizione.

: (come tradotto)Wang WenMi chiamo Wang Wen e rappresento la Cina.

Sono molto contento di rivederla, signor Presidente. La mia domanda riguarda le relazioni russo-cinesi nei prossimi quattro anni.Vorrei chiedere anche dei cambiamenti nel futuro sistema internazionale.

Sappiamo che Trump è tornato. Se un giorno il Presidente Trump vi chiamasse e vi dicesse, ad esempio, “Uniamo le forze per sconfiggere la Cina”, quale sarebbe la vostra risposta? Accettereste l’offerta del Presidente Trump? Ad esempio, l’unificazione di Russia e Stati Uniti per affrontare la Cina? Questa è la prima domanda.

La seconda domanda riguarda il futuro delle relazioni internazionali. Lei ha più volte affermato che il sistema internazionale sta subendo profondi cambiamenti. Dal suo punto di vista, come sarà il futuro delle relazioni internazionali? Come sarà questo sistema? Dal suo punto di vista, qual è il ruolo di Russia, Cina e Stati Uniti? Come dovrebbe essere il ruolo di questi Paesi nel sistema futuro? E come pensate di coordinare le relazioni in questo triangolo: Russia-Cina-Stati Uniti?

Grazie.

Vladimir Putin: Cercherò di rispondere il più brevemente possibile. Primo. Collaboriamo con la Cina e non siamo amici contro nessuno. Le nostre relazioni con la Cina non sono dirette contro Paesi terzi, compresi gli Stati Uniti. Le nostre relazioni con la Cina sono volte a creare le condizioni per lo sviluppo dei nostri Stati e a creare le condizioni necessarie per la sicurezza dei nostri popoli.

Lo stesso vale per le nostre relazioni con gli Stati Uniti. Non riesco a immaginare una domanda del genere da parte del Presidente eletto, credo che egli capisca che questo tema è molto lontano dalla realtà in cui viviamo. La Russia non si unisce a nessuno contro nessuno. Inoltre, appare assolutamente irrealistico in relazione alla Cina, con la quale, come ho già detto, abbiamo raggiunto un livello di fiducia reciproca, cooperazione e amicizia senza precedenti.

Credo che Stati come la Cina e la Russia, che hanno centinaia o migliaia di chilometri di confini comuni, una storia comune di coesistenza quasi nello stesso spazio, nonostante la differenza di culture che condividono valori comuni, questa è di per sé un’enorme conquista che dovremmo utilizzare oggi e lasciare queste conquiste, rafforzandole per le generazioni future.

Per quanto riguarda la possibilità di ripristinare le relazioni con gli Stati Uniti, siamo aperti a questo, ma in larga misura la palla è dalla parte degli Stati Uniti, perché non abbiamo danneggiato le relazioni con loro, non abbiamo imposto restrizioni o sanzioni contro di loro. Non promuoviamo alcun tipo di conflitto armato nei territori a loro vicini. Non abbiamo mai cercato di farlo, e vorrei sottolineare che non ci siamo mai permessi di farlo nella pratica.

Non è chiaro perché gli Stati Uniti si permettano di farlo. Spero che alla fine capiranno che è meglio non farlo se non vogliamo conflitti globali.

Il Presidente eletto degli Stati Uniti, il signor Trump, ha parlato più o meno nello stesso modo. Vediamo come funzionerà effettivamente, tenendo presente che l’istituzione del presidente negli Stati Uniti è in qualche modo vincolata a determinati obblighi. È in qualche modo legato a quelle persone che hanno contribuito alla sua ascesa al potere.

Jacques Chirac una volta mi disse: “Di che tipo di democrazia stiamo parlando negli Stati Uniti, che tipo di democrazia? Senza un miliardo di dollari, se non hai un miliardo di dollari in tasca, non devi nemmeno pensare a una possibile partecipazione alle elezioni, figuriamoci se puoi partecipare, non puoi pensarci”. Così è. Ma coloro che danno questi miliardi, partecipano anche alla formazione della futura squadra. E se delegano qualcuno, hanno la possibilità di influenzare le persone che hanno delegato a quella squadra.

E qui è molto importante quanto il leader eletto riesca a stabilire un contatto non solo con questi gruppi di influenza, con il cosiddetto Stato ombra, profondo,ma anche con la popolazione, con il popolo, con gli elettori. Se mantiene le promesse fatte agli elettori, la sua autorità cresce e lui, basandosi su questa autorità, diventa una figura politica indipendente, anche nei rapporti con i gruppi di influenza che lo hanno aiutato a salire al potere. Si tratta di un processo molto complesso.

Quello che succederà negli Stati Uniti non lo sappiamo, e io non lo so. Ma spero vivamente che le nostre relazioni con gli Stati Uniti vengano alla fine ripristinate. Siamo aperti a questo. Siete i benvenuti.

F. Lukyanov:Grazie.

Lei ha parlato del Giappone. Signor Abiru.

T. Abiru:Grazie.

Taisuke Abiru, Fondazione Sasakawa per la pace.

Permettetemi di porvi la stessa domanda, ma relativa al Giappone. La situazione strategica in Asia orientale sta diventando sempre più tesa. Al centro c’è la rivalità strategica tra Stati Uniti e Cina. La Russia è chiaramente dalla parte della Cina in questa rivalità. La frequenza delle esercitazioni militari congiunte tra Russia e Cina è aumentata notevolmente in questa regione.

D’altra parte, l’Asia è una regione con molti valori, e gli interessi strategici della Russia in questa regione non dovrebbero essere limitati alle relazioni con la Cina. Come cerca la Russia di combinare le due sfide: da un lato, la posizione della Russia nello stallo USA-Cina in Asia orientale e dall’altro la conservazione dello spazio per gli interessi strategici multilaterali della Russia in questa regione? .

E ancora: Come valuterebbe il futuro delle relazioni russo-giapponesi in questo contesto strategico, diciamo tra cinque anni? .

Grazie.

Vladimir Putin: Indubbiamente la situazione in Asia orientale non si sta calmando, non sta diventando più stabile, ma la Cina non ha nulla a che fare con questo.Certo, la Cina è il nostro partner e amico più stretto, ma cercherò di pensare in modo obiettivo.

La Cina crea dei blocchi? Non voglio fare l’avvocato della Cina. Mi limito a capire: ci sono molti problemi interni, ma ci sono sempre problemi tra vicini. Sappiamo – e non voglio svelarvi un segreto – che ci sono alcune difficoltà al confine tra India e Cina, ma persone esperte e competenti che pensano al futuro dei loro popoli cercano compromessi e li trovano, proprio come stanno facendo ora il Primo Ministro indiano e il Presidente della Repubblica Popolare Cinese. Sono impegnati in un dialogo, anche al vertice BRICS di Kazan, e spero che questo abbia un impatto positivo sul futuro sviluppo delle relazioni sino-indiane.

Per quanto riguarda la situazione in Asia orientale nel suo complesso: la Cina sta creando dei blocchi lì? Sono gli Stati Uniti a creare un blocco – un blocco, il secondo e il terzo.Ora la NATO sta formalmente già entrando lì. Non succede nulla di buono quando si creano blocchi politico-militari chiusi sotto la guida esplicita di un solo grande Paese.Tutti gli altri Paesi, di norma, lavorano secondo gli interessi di questo Stato, che crea questi blocchi. E che ci pensino coloro che sono d’accordo con tutto così facilmente.

Se dovessero sorgere problemi – sorgono sempre tra vicini, sempre –dobbiamo ancora sforzarci di garantire che a livello regionale, senza interferenze di forze esterne, i leader di questi Paesi trovino la forza, il coraggio, la pazienza e la volontà di cercare un compromesso. Se questo atteggiamento continua a guadagnare slancio, questi compromessi si possono sempre trovare, si troveranno.

Pertanto, accusare la Cina di qualsiasi intenzione aggressiva, quando non è lei a creare blocchi aggressivi, ma gli Stati Uniti, credo sia del tutto errato.

Ora, per quanto riguarda il fatto che la Russia sia dalla parte della Cina, e non da quella di coloro che creano questi blocchi. Ma che dire? Ovviamente siamo dalla parte della Cina. In primo luogo, per quello che ho detto sopra: non crediamo che la Cina stia perseguendo una politica aggressiva nella regione.

Tante cose ruotano intorno a Taiwan. Tutti riconoscono formalmente: sì, Taiwan fa parte della Cina. Ma in pratica? Ma in realtà agiscono in una direzione completamente diversa, provocando la situazione sul versante dell’aggravamento. Per quale motivo? E non per lo stesso motivo per cui hanno provocato la crisi ucraina? Per creare una crisi in Asia, e poi dire a tutti gli altri: ragazzi, avvicinatevi a me, perché senza di me non potete farcela. Forse questa logica funziona anche in Asia? .

Ecco perché sosteniamo davvero la Cina. E perché crediamo che persegua una politica assolutamente equilibrata, e anche perché è un nostro alleato. Abbiamo un giro d’affari commerciale molto ampio, collaboriamo nel campo della sicurezza.

Ha detto che stavamo conducendo esercitazioni. Beh, sì. Gli Stati Uniti non stanno conducendo esercitazioni con lo stesso Giappone? Su base continuativa. Conducono anche esercitazioni con altri Paesi su base continuativa.

Una volta ho detto che dalla fine degli anni ’90 abbiamo smesso di usare la nostra aviazione strategica. Non ha effettuato voli a lungo raggio nella zona neutrale, mentre gli Stati Uniti hanno continuato a farlo. Abbiamo guardato, guardato e infine ripreso i voli dei nostri aerei strategici.

Lo stesso vale per questo caso: Gli Stati Uniti hanno condotto esercitazioni infinite in quella zona – alla fine, anche la Cina e noi abbiamo iniziato a condurre esercitazioni. Ma dopo tutto, le esercitazioni non minacciano nessuno – sono volte a garantire la nostra sicurezza. E crediamo che questo sia lo strumento giusto per stabilizzare la situazione non solo in Asia, ma anche nel mondo intero.

E i Paesi della regione non hanno nulla da temere. Vorrei sottolineare ancora una volta che la nostra cooperazione con la Cina in generale e nel campo militare, tecnico-militare [in particolare] è volta a rafforzare la nostra sicurezza e non è diretta contro Paesi terzi.

Per quanto riguarda il Giappone, le nostre relazioni bilaterali con il Giappone, posso anche ripetere ciò che ho detto ai vostri colleghi. Non abbiamo peggiorato le relazioni con il Giappone. Perché non abbiamo fatto qualcosa di male ultimamente? Stavamo negoziando e cercando di trovare una risposta ad una domanda molto difficile sul trattato di pace.

A proposito, ci sono state domande su possibili compromessi basati sulla dichiarazione del 1956.L’abbiamo persino ratificata in Unione Sovietica. La parte giapponese si è poi rifiutata di farlo. Tuttavia, su richiesta della parte giapponese, siamo tornati a questa dichiarazione e abbiamo ripreso il dialogo.Si, non è facile, ma in generale, abbiamo ascoltato i nostri partner e pensato a come e cosa costruire sulla base di questa dichiarazione del 1956.

Poi, improvvisamente, il Giappone ci ha imposto delle sanzioni e si è aggiunto alla lista delle minacce – mettendo la Russia al terzo o quarto posto. Qual è la minaccia? Come possiamo minacciare il Giappone? Inoltre, sono state imposte delle sanzioni. Cosa vi abbiamo fatto di male? Perché lo avete fatto? Perché avete ricevuto una squadra da Washington? Beh, in qualche modo gli diresti “ciao ragazzi, beh, ci penseremo”, senza offendere il tuo partner, alleato. Era necessario eseguire l’ordine senza fare domande? Perché l’ha fatto? Non capisco.

Grazie a Dio, ci sono ancora persone intelligenti in Giappone: continuano a collaborare, soprattutto nel settore energetico, non abbandonano le nostre aziende e vedono che tutto è affidabile. Nonostante il Giappone abbia imposto alcune sanzioni, non stiamo facendo nulla in risposta. Le aziende giapponesi hanno lavorato per noi e vogliono lavorare; lasciamole continuare.

Ora vediamo che anche dalle aziende americane arrivano segnali di voler tornare sul nostro mercato. Lasciamole tornare, ma, naturalmente, in nuove condizioni, con perdite, ovviamente. Ma non è colpa nostra.

Siamo pronti a costruire relazioni con il Giappone sia per i prossimi cinque anni che per i prossimi cinquanta. Il Giappone è il nostro partner naturale, perché è un vicino. Ci sono stati diversi periodi nella storia delle nostre relazioni, ci sono state anche pagine tragiche, ma anche alcune di cui possiamo essere orgogliosi.

Amiamo il Giappone e la cultura giapponese è amata, la cucina giapponese è amata. Non abbiamo distrutto nulla. Traete le conclusioni da soli, e noi non ci metteremo a scherzare qui, a fare i furbi, a spingere, a dare la colpa a qualcosa per voi. Siamo pronti, tornate e basta.

È tutto, forse, non c’è nulla da aggiungere.

F. Lukyanov:Signor Presidente,la nostra cooperazione strategica con la Repubblica Popolare Democratica di Corea mira anche a rafforzare la nostra sicurezza, come quella con la Cina? .

Vladimir Putin: La Repubblica Popolare Democratica di Corea ha un trattato che abbiamo firmato con altri Paesi e [che] era con l’Unione Sovietica – ma che poi naturalmente ha cessato di esistere. Siamo tornati a farlo, tutto qui. Non c’è alcuna novità, a prescindere da ciò che si dice in giro.

Tutto, praticamente tutto quello che è stato scritto nel trattato tra la Repubblica Popolare Democratica di Corea e l’Unione Sovietica, solo con alcune nuove sfumature, è riprodotto nel nuovo trattato.

Si, naturalmente, questo mira a garantire la sicurezza nella regione e la nostra sicurezza reciproca.

F. Lukyanov:Condurremo esercitazioni con loro? .

Vladimir Putin: Vediamo, possiamo anche condurre esercitazioni. Perché no? E c’è anche un quarto articolo, che parla di assistenza reciproca in caso di aggressione da parte di un altro Stato. C’è tutto. E lo ripeto ancora una volta: non c’è praticamente nessuna novità rispetto al trattato, che è semplicemente scaduto dai tempi dell’Unione Sovietica.

F. Lukyanov:Grazie.

: (come tradotto)Domanda Grazie, signor Presidente. Grazie per il suo discorso e grazie per la sua interazione.

La mia domanda riguarda le relazioni tra Russia e India. Ha incontrato il Primo Ministro [Narendra] Modi più volte negli ultimi mesi. Il Primo Ministro Modi le ha detto ad un certo punto che questa non dovrebbe essere un’epoca di orrore. Cosa direbbe a proposito di questa affermazione?

Ci può parlare anche del concetto di sicurezza eurasiatica: che ruolo prevede per l’India?

Terza domanda. Nelle mutate circostanze geopolitiche, lei ha parlato anche dell’importanza delle civiltà, dei valori delle civiltà, del fatto che la Russia è uno Stato di civiltà e l’India è lo stesso. In quali nuovi settori India e Russia potrebbero collaborare?

Grazie.

Vladimir Putin: L’India è stata un nostro partner e alleato naturale per decenni.

Credo che tutti siano ben consapevoli del ruolo che l’Unione Sovietica e la Russia hanno svolto nell’indipendenza dell’India e di come abbiamo sostenuto il popolo indiano per decenni. Durante questo periodo, abbiamo sviluppato con il popolo indiano relazioni uniche per qualità e livello di fiducia. Per quanto capiamo, per quanto sentiamo, e da parte dei nostri amici indiani, c’è un tale consenso nazionale sullo sviluppo delle relazioni con la Russia, con il nostro Paese.

Su questa base, su questa base, stiamo sviluppando le relazioni con l’India in tutti i settori: Questo vale anche per l’economia, che si sta sviluppando a un buon ritmo, e anche in vari settori: l’energia. A proposito, siamo pronti: oltre alle forniture di petrolio, le forniture al mercato indiano sono aumentate di molte volte, e questo riguarda la possibilità di fornire GNL (gas naturale liquefatto). Stiamo lavorando attivamente nel campo dell’energia nucleare e stiamo costruendo centrali nucleari in India. Abbiamo grande rispetto per il messaggio “Do It in India” del Primo Ministro Modi e siamo pronti a investire.

Nello stesso settore dell’energia, uno dei maggiori investimenti stranieri – 20 miliardi di dollari – è un investimento russo. E siamo pronti a svilupparlo ulteriormente nello stesso modo.

Ora, naturalmente, dobbiamo pensare alle nuove tecnologie. Ci stiamo pensando e andremo avanti in questo senso. Nell’ultimo incontro, il Primo Ministro ha richiamato l’attenzione sul fatto che i produttori agricoli indiani hanno urgente bisogno di aumentare la quantità e il volume delle forniture di fertilizzanti. Lo abbiamo fatto e siamo pronti ad aumentarlo, tenendo conto delle esigenze dell’agricoltura indiana. Ci sono altri settori, molti dei quali.

L’India è un grande Paese, il più grande in termini di popolazione: un miliardo e mezzo di persone, che aumentano di 10 milioni all’anno. Si sta sviluppando rapidamente. È il leader in termini di crescita economica tra le principali economie. Quanto c’è? Secondo me, il 7,4% di crescita del PIL all’anno.

E l’India è uno di quei Paesi i cui tassi di sviluppo saranno più rapidi persino delle economie ben sviluppate di oggi. Pertanto, la nostra visione di cosa, come e dove, in quali settori e a quale ritmo dovrebbero svilupparsi le nostre relazioni si basa sulla realtà di oggi. E la realtà è che il volume della nostra cooperazione sta aumentando di molte volte.

Il giro d’affari commerciale non è ancora così grande come quello con la Cina, ma è comunque pari a quasi 60 miliardi di dollari e aumenta ogni anno. Quest’anno, per i primi nove mesi di quest’anno, questa tendenza è continuata.

Per quanto riguarda la risoluzione di crisi acute, abbiamo grande rispetto e gratitudine per le idee della leadership indiana, e in primo luogo del Primo Ministro, che esprime le sue preoccupazioni riguardo, ad esempio, al conflitto, anche in direzione dell’Ucraina, e offre le sue idee per una soluzione. Naturalmente, questo rientra nel nostro campo d’azione e siamo senza dubbio grati al Primo Ministro non solo per la sua attenzione a questi temi, ma anche per i suoi suggerimenti e per quello che fa e come lo fa.

In generale, ritengo che le relazioni con l’India si stiano sviluppando ad un ritmo elevato e abbiamo tutte le ragioni per credere che, sulla base di quanto realizzato finora, ci muoveremo ancora più velocemente di oggi. Tra l’altro, come è tradizionalmente noto a tutti, le relazioni si stanno sviluppando anche nella sfera della sicurezza e della tecnica militare. Guardate quante attrezzature russe sono in servizio presso l’esercito indiano. Qui stiamo sviluppando insieme un livello noto, un alto livello di fiducia.

Non ci limitiamo a vendere le nostre armi all’India, ma le sviluppiamo insieme. Il sistema BrahMos è ben noto. Lo abbiamo reso praticamente utilizzabile in tre aree: in aria, “omoryachili” e a terra. E questi sviluppi nell’interesse di garantire la sicurezza dell’India continuano. Questo è ben noto a tutti, e non causa domande o fastidi a nessuno, ma dimostra un alto livello della nostra fiducia e cooperazione. Questo è ciò che faremo nella prospettiva storica a breve termine e, si spera, anche in futuro.

Posso solo [scegliere le mie domande] un po’, perché stiamo già lentamente esaurendo il tempo a disposizione.

F. Lukyanov:Si avvicina la mezzanotte.

Vladimir Putin:Sì, ma Herman è ancora disperso.

: (come tradotto)D. KonstantakopoulosIo rappresento la Grecia.

Ci sono diversi modi per rimanere amici e fratelli della Russia. Ci sono ragioni che non possiamo evitare, fanno parte della nostra profonda identità culturale.

Voglio farle una domanda. 40 anni fa, in Europa c’era il capitalismo. Il sistema sovietico è crollato. Da allora, abbiamo assistito a un aumento delle crisi economiche, delle guerre, dei problemi ambientali e di molti altri problemi. Non è forse giunto il momento di puntare su un’economia pianificata a livello nazionale, regionale e internazionale? .

Non intendo gli errori del passato, una sorta di socialismo militare, ma un sistema come quello che lei ha descritto, una combinazione di mercato ed economia pianificata, come quella che avete cercato di applicare nel vostro Paese durante la NEP, dopo la rivoluzione. Potrebbe essere necessario introdurre alcuni elementi di socialismo, come lei ha già detto – ha parlato della rivoluzione all’inizio del suo discorso.

Grazie.

Vladimir Putin: Più acuta è la crisi, più grande è il piano, perché più è necessario l’intervento dello Stato per risolvere i problemi emergenti. Ma più ricchezza e risorse accumulate diventano disponibili, più forti sono le proposte di passare a una soluzione esclusivamente basata sul mercato. Arrivano i liberali e i democratici, condizionatamente, e iniziano a spendere tutto ciò che è stato accumulato dai conservatori. Poi passa un po’ di tempo, si ripresentano crisi di sovrapproduzione condizionata, o crisi correlate a questa, e tutto si ripete un numero infinito di volte, tutto torna alla normalità.

È una scelta sovrana di ogni Stato: costruire la propria politica economica. La Cina ha trovato queste opportunità. Sapete perché lo ha fatto? Anche perché la Cina è uno Stato sovrano.

E molte delle economie odierne, per una serie di ragioni, a causa dei loro obblighi nel quadro delle unioni economiche, militari e politiche, hanno volontariamente rinunciato a parte della loro sovranità e non sono in grado di prendere decisioni né nel campo dell’economia né in quello della garanzia della loro sicurezza.Non sto chiamando nessuno in causa in questo momento, sto solo rispondendo alla sua domanda.

Probabilmente, a un certo punto, l’esistenza della dracma, l’esistenza di una moneta nazionale, sarebbe appropriata, perché è possibile, almeno con l’aiuto dell’inflazione, ma in qualche modo regolare i processi sociali e sbarazzarsi delle tensioni sociali, non trasferire tutte le difficoltà legate allo sviluppo dell’economia sulle spalle della popolazione.

Ma la Grecia ha preso altre decisioni a suo tempo, sottoponendosi nuovamente alla regolamentazione attraverso la moneta unica e alle decisioni economiche di Bruxelles. Questo non ci riguarda, è una scelta sovrana dello Stato greco.È difficile per me dire cosa fare ora in queste condizioni. Ma come mi hanno detto alcuni miei amici e colleghi dell’Unione Europea – ce ne sono ancora alcuni –Bruxelles prende più decisioni vincolanti per gli Stati membri dell’UE di quante ne prendesse il Soviet Supremo dell’URSS quando l’Unione Sovietica esisteva ancora.

Ci sono pro e contro, ma non sono più affari nostri. Ho cercato di rispondere alla sua domanda, non so se sia sufficiente. Questo è ciò che penso.

Sì, per favore, per favore.

Irina Abramova: La ringrazio molto, signor Presidente, soprattutto perché sono ancora la prima donna a partecipare alla discussione di oggi.

Vorrei dire che recentemente, a partire dal 2023, l’agenda africana è diventata l’agenda Valdai. Questo è molto importante, perché ciò che viene discusso a Valdai è importante non solo per gli intellettuali e gli esperti, ma per tutto il nostro Paese.

È molto simbolico che la prima conferenza ministeriale Russia-Africa, sempre a Sochi, inizierà un giorno dopo la conclusione dei nostri lavori.

Alla conferenza stampa dei BRICS lei ha detto che l’Africa, insieme al Sud-est asiatico, è un nuovo centro di crescita globale. Oggi ha ribadito questa idea.

È chiaro che oggi c’è molta competizione per le simpatie della popolazione africana. L’atteggiamento nei confronti della Russia è eccellente, nonostante negli anni ’90 si pensi che la Russia abbia lasciato l’Africa. Quando attraversi il confine, ti chiedono: da dove vieni? Tu rispondi: Vengo dalla Russia. Dicono: oh, la Russia, Putin. Questo è vero in quasi tutta l’Africa.

Questo è dovuto, a mio avviso, al fatto che la Russia–a differenza dell’Occidente, che saccheggia i popoli per il proprio benessere–ha fornito agli africani non solo la sovranità politica, ma anche quella economica, è stata alla base della creazione dell’economia dei Paesi africani, dello sviluppo dello spazio umanitario e così via..

Ma di fronte alla concorrenza agguerrita – la Cina, l’India, i vecchi attori, persino la Turchia, gli Stati del Golfo, l’Iran –la Russia deve trovare la sua nicchia, dove sarà la migliore per gli africani.

Anche noi, come esperti, abbiamo presentato le nostre proposte, alle quali dovete prestare attenzione. Ma lei ha tenuto decine di colloqui con i leader africani, alcuni dei quali più di una volta. C’è stata un’area promettente in questi negoziati di cui hanno parlato tutti i leader africani?

Grazie.

Vladimir Putin: Sapete, dopo tutto, il continente africano è enorme, e il livello di sviluppo economico e il livello di sicurezza sono molto diversi.

Sono d’accordo con lei sul fatto che non abbiamo praticamente nessuna contraddizione con nessun Paese africano, e il livello di fiducia e di simpatia reciproca è molto alto. Innanzitutto, perché non c’è stata alcuna ombra nella storia delle nostre relazioni con il continente africano: non abbiamo mai, mai, intrapreso lo sfruttamento dei popoli africani, non abbiamo mai intrapreso nulla di disumano nel continente africano. Al contrario, abbiamo sempre sostenuto l’Africa, gli africani nella loro lotta per l’indipendenza, per la sovranità, per la creazione di alcune condizioni di base per lo sviluppo economico.

Ora, naturalmente, nelle condizioni moderne, dobbiamo lavorare in modo nuovo. Per quasi tutti è molto importante se c’è qualcosa in comune con la creazione di condizioni favorevoli allo sviluppo nel campo della sicurezza.Perché questi strumenti neocoloniali sono stati conservati nell’economia dai Paesi occidentali, ma anche nella sfera della sicurezza. Tutto ciò si è combinato per fornire alcuni vantaggi e opportunità per l’utilizzo di questi strumenti neocoloniali.Ma la gente è già stanca di tutto ciò, soprattutto perché non ne vede un grande ritorno.

L’ho già detto e non posso che ripeterlo: ai nostri incontri, vertici e riunioni bilaterali, gli africani non chiedono o implorano mai nulla, non stanno con le mani in mano.In primo luogo, si stanno sviluppando rapidamente, in secondo luogo, sentono di avere risorse e opportunità, e in terzo luogo, chiedono solo una cosa: stabilire una cooperazione naturale e reciprocamente vantaggiosa. E anche noi ci impegniamo per questo.

Ma, ovviamente, non possiamo farlo a livello statale come avveniva nell’Unione Sovietica. Noi facciamo e cerchiamo di creare le condizioni per il lavoro delle nostre aziende leader. Inoltre, il potenziale di investimento delle nostre aziende è molto alto, davvero molto alto. Stiamo parlando della possibilità di investire centinaia di milioni di dollari, lo dico senza esagerare. Attualmente stiamo costruendo una centrale nucleare in Egitto, ma vi stiamo investendo quasi 20 miliardi di dollari, solo per un momento. Ma in altri Paesi, in altre aree, siamo pronti a lavorare nello stesso modo.

Ma, ovviamente, è molto difficile lavorare nella sfera economica se non si creano le condizioni per garantire la sicurezza.Dopo tutto, ad esempio, nella zona del Sahel, la regione del Sahara-Sahel, la gente è ancora tormentata da vari gruppi semi-terroristici o terroristici. C’è instabilità politica interna in un Paese o in un altro. E quasi tutti si rivolgono a noi per essere aiutati in questo campo. Siamo felici di cercare di aiutarli nel quadro del diritto internazionale.

Al tempo stesso, non stiamo cercando di spremere nessuno da lì, sapete? A volte alcuni europei si offendono con noi: voi create le condizioni, loro ci spremono. Sì, noi non c’entriamo nulla, solo che non vogliono vedervi già lì, questo è il punto. E per evitare di creare un vuoto di sicurezza, ci chiedono di riempire questo vuoto. Cerchiamo di farlo con la dovuta cautela, ma con l’efficienza necessaria a risolvere il problema.

C’è molto da fare, soprattutto in campo economico. Cercheremo di lavorare in questa direzione.

E incontri come quello di domani o di dopodomani, come una riunione ministeriale, sono pensati per creare condizioni favorevoli a questo scopo.

La formazione del personale continua, è ancora in corso, sia in ambito civile che militare. I futuri specialisti delle forze armate di questi Paesi vengono formati nelle nostre istituzioni educative militari. E nel campo della formazione del personale delle forze dell’ordine, la stessa cosa. In generale, lavoreremo in tutti i settori. Nel campo della cultura: abbiamo un grande interesse per la cultura dei popoli africani in Russia. Devo dire che si tratta di un interesse reciproco. Lavoreremo duramente, responsabilmente e sistematicamente in questo settore.

:(come da traduzione)Domanda Sono molto lieta di essere la seconda donna a porle una domanda.

Signor Presidente, rappresento il Club cinese del dialogo internazionale.

Se facciamo questa ipotesi: torniamo indietro di due anni, molto probabilmente al febbraio 2022, cosa direbbe al leader cinese sulla questione di Taiwan in quel momento?

Se guardiamo a come sarà il mondo, ad esempio, nei prossimi 25 anni, nel 2049, come pensa che sarà un mondo multilaterale e multipolare? Ci sono forze potenti che sostengono un mondo di questo tipo? Un paese dovrebbe schierarsi a favore di questo mondo?

Vladimir Putin:Inizierò da dove lei ha lasciato.Vorrei che il mondo fosse equilibrato e che il sistema multipolare emergente tenesse conto il più possibile degli interessi di tutti i partecipanti alla comunicazione internazionale. Creare un sistema che tenga conto degli interessi di ciascuno e creare un meccanismo per trovare compromessi. Spero che saremo in grado di creare un sistema di questo tipo – in ogni caso, dobbiamo impegnarci per questo.

Chi vuole questo, e ci sono forze che lo vogliono? Certo, ci sono. Prima di tutto, questi sono i membri dei BRICS. Ne abbiamo appena parlato e discusso al vertice di Kazan. Mi scusi, è un po’ troppo.

Il suo Paese d’origine è la Repubblica Popolare Cinese, l’India, il Sudafrica, il Brasile – il più grande Paese dell’America Latina, la Russia, che oggi è rappresentata dal suo umile servitore, e l’intero popolo russo, le assicuro, si impegnano per uno sviluppo pacifico della situazione nel mondo, che crei le condizioni per far prosperare tutti i partecipanti alla comunicazione internazionale. Non lo so, è impossibile da prevedere, ma dobbiamo impegnarci per questo.

Perciò, forza, per favore. Si alzi in piedi, per favore.

Le chiedo di farlo.

Domanda: Signor Presidente, la ringrazio per la sua interessantissima presentazione e per le risposte alle sue domande. Lei ha già detto che a volte è difficile parlare dei mezzi, compresi quelli militari. Ho una domanda in merito.

La Russia ha tradizionalmente criticato l’uso della forza militare per risolvere situazioni internazionali complesse, ma nel 2022 la Russia stessa ha fatto ricorso alla forza. Lei spiega in modo molto convincente perché questo era necessario e perché la Russia ha il diritto di usare la forza militare in questo caso. Ma è impossibile per gli altri non riconoscere il diritto a cui lei stesso si appella.

E in particolare se si chiede del Medio Oriente. A chi, in questa regione, la Russia riconosce il diritto di usare la forza militare e di cui considera illegali le azioni militari nelle attuali condizioni di crisi che si stanno sviluppando?

E un’altra domanda chiarificatrice, quasi tecnica, a questo proposito. Entro quali confini la Russia riconosce Israele? Perché quando si parla di aggressione, di autodifesa, di appelli a questo diritto fondamentale, si pone ovviamente la questione dei confini.

Grazie.

Vladimir Putin: Questa è una domanda semplice. La situazione è complicata, ma la domanda è semplice. Cercherò di formularla in due parti contemporaneamente.

La Russia ritiene necessario attuare tutte le decisioni del Consiglio di Sicurezza e dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite su Israele e Palestina.

Non si tratta di una politica opportunistica. Questa posizione è tradizionale fin dai tempi dell’Unione Sovietica, e la Russia ha continuato su questa linea. Quindi, se tutte le decisioni del Consiglio di Sicurezza e dell’Assemblea Generale riguardanti la creazione di due Stati sovrani indipendenti saranno attuate, questa, a mio avviso, sarà la base per risolvere la crisi, per quanto grave e acuta possa sembrare oggi. Questo è tutto.

F. Lukyanov: Signor Presidente, non posso fare a meno di chiederle di più, visto che stiamo parlando di confini. E quali confini riconosciamo all’Ucraina? .

Vladimir Putin:Sapete, abbiamo sempre riconosciuto i confini dell’Ucraina nel quadro dei nostri accordi dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Ma vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che la Dichiarazione di Indipendenza dell’Ucraina dice – e la Russia l’ha sostenuta – che l’Ucraina è uno Stato neutrale. E su questa base abbiamo anche riconosciuto i confini. Ma in seguito, come sapete, la leadership ucraina ha apportato modifiche alla Legge fondamentale e ha annunciato il suo desiderio di aderire all’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico, e noi non eravamo d’accordo su questo. Questa è la prima cosa.

E in secondo luogo, non abbiamo mai sostenuto alcun colpo di Stato in nessun luogo, né lo sosteniamo in Ucraina. Comprendiamo e sosteniamo le persone che non erano d’accordo con questo colpo di Stato, e riconosciamo il loro diritto di difendere i propri interessi.

Ho già avuto diverse discussioni con il Segretario Generale delle Nazioni Unite [Antonio Guterres], e non c’è alcun segreto. Non credo che si arrabbierà con me. Sostiene coloro che dicono che abbiamo violato le norme e i principi del diritto internazionale, la Carta delle Nazioni Unite, e che abbiamo avviato operazioni militari in Ucraina.L’ho già detto, ma approfitterò anche della sua domanda per ripetere ancora una volta la logica delle nostre azioni.

Se in conformità con l’articolo uno, a mio parere, della Carta delle Nazioni Unite, ogni nazione ha il diritto all’autodeterminazione, allora sia le persone che vivono in Crimea che quelle che vivono nel sud-est dell’Ucraina, che non erano d’accordo con il colpo di Stato, e questo è un atto illegale e incostituzionale, hanno il diritto all’autodeterminazione, giusto? Quindi.

La Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU per il Kosovo ha deciso, analizzando la situazione del Kosovo, che un territorio che dichiara la propria indipendenza non dovrebbe, non dovrebbe, chiedere il parere e il permesso delle autorità centrali del paese a cui questo territorio attualmente appartiene, al momento di prendere una decisione, giusto? Certo, questo è vero, perché si tratta di una decisione della Corte internazionale di giustizia.

Quindi questi territori, tra cui la Novorossiya e il Donbass, avevano il diritto di decidere della loro sovranità, giusto? Certo che sì.Questo è pienamente conforme al diritto internazionale odierno e alla Carta delle Nazioni Unite. Se è così, allora avevamo il diritto di concludere accordi interstatali con questi nuovi Stati, giusto? Certo che sì. L’abbiamo fatto? Fatto.

Questi accordi includono disposizioni sull’assistenza reciproca. Li abbiamo ratificati e abbiamo assunto determinati impegni. E poi questi Stati di nuova formazione ci hanno chiesto assistenza nel quadro di questi trattati. Avevamo l’opportunità e dovevamo farlo. È quello che abbiamo fatto, cercando di fermare i combattimenti lanciati dal regime di Kiev nel 2014. Non abbiamo lanciato alcun intervento o aggressione, e stiamo cercando di fermarli.

Il Segretario Generale [dell’ONU] ha ascoltato tutto questo, ha annuito in silenzio, ha detto: bene, sì, bene, ma comunque avete attaccato. Non sto scherzando, parola per parola. Non c’è una risposta razionale. Dov’è l’errore in questa catena? Cosa ho detto di sbagliato? Dove abbiamo violato il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite? Non ci sono violazioni di questo tipo da nessuna parte.

E se è così, allora il confine dell’Ucraina dovrebbe essere tenuto in accordo con le decisioni sovrane delle persone che vivono in certi territori e che noi chiamiamo i nostri territori storici. Tutto dipende dalla dinamica degli eventi attuali.

F. Lukyanov:Signor Presidente, se torniamo al primo anello della sua catena, possiamo capire che quando ci sarà la neutralità, allora parleremo di frontiere?

Vladimir Putin: Se non c’è neutralità, è difficile immaginare relazioni di buon vicinato tra Russia e Ucraina.

Perché? Perché significa che l’Ucraina sarà costantemente usata come strumento nelle mani sbagliate e a scapito degli interessi della Federazione Russa. In questo modo, non si creeranno le condizioni di base per la normalizzazione delle relazioni e la situazione si svilupperà secondo uno scenario imprevedibile. Vorremmo tanto evitare tutto ciò.

Al contrario,siamo determinati a creare le condizioni per una soluzione a lungo termine e per far sì che l’Ucraina diventi alla fine uno Stato indipendente e sovrano, e non sia uno strumento nelle mani di paesi terzi e non venga usata per i loro interessi.

Guardate cosa sta succedendo ora, ad esempio, sulla linea di contatto o nella regione di Kursk? Qui, nella regione di Kursk, le perdite sono colossali: per tre mesi di combattimenti, le perdite sono più di quelle dell’intero anno scorso per il regime di Kiev, oltre 30 mila. Beh, abbiamo perso meno carri armati: ora sono circa 200, e l’anno scorso per tutto l’anno ne abbiamo persi 240, secondo me. È solo che ci sono meno carri armati, quindi ci sono meno perdite e meno persone utilizzate.

E perché sono lì, a subire tali perdite? Sì, perché è stato ordinato da oltreoceano: a qualsiasi costo, a qualsiasi costo, di resistere almeno fino alle elezioni, per dimostrare che tutti gli sforzi dell’amministrazione del Partito Democratico in direzione di Kiev, in direzione dell’Ucraina, non sono stati vani. Resistere con ogni mezzo, ad ogni costo. Questo è il prezzo. Una tragedia terribile, credo, sia per il popolo ucraino che per l’esercito ucraino.

E le decisioni sono dettate non da considerazioni militari, ad essere onesti, ma da considerazioni politiche.Ora in alcune direzioni, nella direzione di Kupyansk, non so se i militari lo abbiano già detto o meno, perché ci sono due focolai di blocco. In un focolaio c’è praticamente un accerchiamento: Le truppe ucraine sono bloccate fino al bacino idrico, circa 10 mila persone sono bloccate. In un altro, vicino a Kupyansk, circa cinquemila persone sono già circondate. Stanno cercando di costruire passaggi su pontoni per poter evacuare almeno in parte, ma la nostra artiglieria li distrugge all’istante.

Sulla direzione nell’area di responsabilità del nostro gruppo “Centro”, ci sono anche già due o tre sezioni di blocco – due di sicuro, probabilmente presto ce ne sarà una terza. Sono tutti i militari ucraini a vedere questo, e le decisioni vengono prese a livello politico non nell’interesse né dello Stato ucraino né del popolo ucraino.

Se questa situazione continuerà all’infinito, ovviamente, non porterà alla creazione di condizioni favorevoli per il ripristino della pace, della tranquillità e della cooperazione tra Stati vicini in una lunga prospettiva storica, ed è proprio questo l’obiettivo a cui dobbiamo tendere. Ed è proprio questo l’obiettivo della Russia.

Ecco perché diciamo: siamo pronti a colloqui di pace, ma non sulla base di una “lista dei desideri”, il cui nome cambia di mese in mese, ma sulla base delle realtà che stanno emergendo, e sulla base degli accordi raggiunti a Istanbul–sulla base delle realtà attuali..

Ma non dobbiamo parlare di una tregua per mezz’ora o per mezzo anno, in modo da arrotolare i bossoli, ma per creare condizioni favorevoli al ripristino delle relazioni e della cooperazione in futuro nell’interesse dei due popoli, che sono certamente fraterni, per quanto ciò possa essere complicato dalla retorica e dai tragici eventi di oggi nelle relazioni tra Russia e Ucraina..

Quindi la nostra posizione è chiara e netta. Agiremo in questa direzione, ci muoveremo in questa direzione.

F. Lukyanov: Signor Presidente, sono le 23:18 in questo momento.

Vladimir Putin:È ora di fermarsi, come dice la gente.

F. Lukyanov:Facciamo un altro blitz, qualche altra domanda e chiudiamo il discorso.

Vladimir Putin:Per favore.

F. Lukyanov:Andiamo, Algeria.

:(come tradotto)Ma. KarifSignor Presidente, alla luce del mostruoso genocidio che si sta attualmente svolgendo in Palestina, la Russia sosterrebbe e aiuterebbe la comunità internazionale a sostenere ancora una volta l’iniziativa di criminalizzare il sionismo? C’è stata un’iniziativa del genere alle Nazioni Unite negli anni ’80, per dichiarare il sionismo criminale.

In secondo luogo, signor Presidente, lei ha parlato dei Giochi Olimpici, ha parlato di pugili donne. Credo che stiamo parlando di una pugile algerina. È una donna, suo padre dice che è una donna. La nostra è una società molto conservatrice e nel nostro Paese non potrebbe accadere nulla di simile.

Grazie.

Vladimir Putin: Sapete, se è una donna, Dio le conceda salute e nuovi successi sportivi. Non stavo parlando di lei. Ho detto che è impossibile che qualcuno si dichiari donna e gareggi con le donne, anche se, mi scuso, le caratteristiche sessuali esterne indicano il contrario. Ma alcuni teorici dello sport ritengono che le caratteristiche sessuali esterne non c’entrino nulla, una persona si è dichiarata donna – e va avanti. Puoi arrivare ovunque in questo modo, sai? Questo è il primo.

Il secondo riguarda il sionismo. Mi rendo conto di averlo detto molte volte e di aver affermato che qualsiasi azione dovrebbe essere proporzionata alla minaccia e a ciò che sta accadendo dall’altra parte. Condanniamo certamente qualsiasi manifestazione di terrorismo; l’attacco a Israele è una manifestazione, ed è avvenuto il 7 ottobre. Ma, naturalmente, la risposta deve essere proporzionata.

Come sapete, ora dobbiamo impegnarci per ridurre al minimo le sofferenze del popolo palestinese. Dobbiamo interrompere immediatamente i combattimenti e dobbiamo fare tutto il possibile per garantire che sia Israele che la Palestina, in questo caso Hamas, siano d’accordo su questo punto. Potete inasprire, accusare e condannare quanto volete, ma la cosa più importante in questo momento è fermare immediatamente i combattimenti. Israele sta combattendo e sembrerebbe che non ci sia posto per combattere, ma i combattimenti continuano, le formazioni armate dello stesso Hamas stanno combattendo. Quanto potrà durare?

Oppure nel sud del Libano: un gruppo di 63 mila [persone], secondo le nostre idee, cento e t-troppe sono entrate nella parte meridionale del Libano, ma il gruppo principale è al confine. Non dobbiamo condurli a una tragedia,ma dobbiamo cercare il modo di trovare soluzioni reciprocamente accettabili.

Domanda: ma esistono? È possibile? Credo che sì, sia possibile, per quanto possa sembrare strano. Anche noi abbiamo le nostre idee in merito. Stiamo anche cercando di parlare con tutti i partecipanti a questo conflitto, cercando di capire cosa potrebbe essere accettabile per tutti. In generale, potrebbe esserci una luce alla fine del tunnel. Credo che tutti noi dovremmo pensarci adesso. Credo che sia possibile, per quanto possa sembrare ingenuo, forse. Ma è possibile. Siamo in costante contatto con tutti, se non ogni giorno, ogni settimana.

Cerchiamo di seguire questo percorso. Ho molta paura di distruggere qualcosa dagli sforzi che stiamo facendo. Non siamo soli, ma siamo anche in contatto con alcuni dei nostri partner su questo tema. Un desiderio comune. Parlo sinceramente: sembra che ci stiamo muovendo nella giusta direzione.

Ho la sensazione che oggi quasi tutti i partecipanti coinvolti in questo difficile processo non vogliano almeno un ulteriore sviluppo verso lo scontro, ma che, al contrario, stiano anche pensando a come raggiungere qualche accordo. Pensiamoci ora, ok?

Ci stiamo lavorando. Per quanto possa sembrare strano – noi stessi abbiamo un conflitto con l’Ucraina – ma poiché anche molti partecipanti al conflitto vengono da noi con queste idee, con queste proposte, e noi siamo in contatto naturale con tutti, cerchiamo anche di dare il nostro, per così dire, attento e modesto, contributo fattibile alla soluzione di questi problemi. problemi.

F. Lukyanov: Lei aveva ottimi rapporti personali con Netanyahu. Sono stati mantenuti?

Vladimir Putin: Cerco di non rovinare nulla, ma solo di migliorare tutto.Ma le condizioni di oggi sono molto particolari, e lasciano il segno su tutto, comprese le nostre relazioni.

Ho avuto buoni rapporti anche con Macron, ma che dire di quelli cattivi? Ho parlato anche con Scholz. Ma a un certo punto hanno deciso che non ne avevano bisogno. Se non ne hai bisogno, allora non ne hai bisogno, come ho detto prima. Ho avuto anche un rapporto normale con Trump.Non so se lui voglia o non voglia parlare in questo momento. Sono stato in buoni rapporti anche con Biden.Ci siamo incontratiin Svizzera, abbiamo parlato, parlato al telefono, ci siamo chiamati, abbiamo scherzato, riso.

(presentando l’oratore):F. Lukyanov Arabia Saudita.

Remark:Sono lieto di vederla, signor Presidente.

Vladimir Putin:Si figuri pure.

Domanda:Ascoltando il suo discorso in questa Sala, non ho potuto fare a meno di pensare al suo discorso alla Conferenza di Monaco del 2007.

Infatti, l’ordine mondiale ha cessato di essere unipolare. Ora ci sono tre grandi potenze: Stati Uniti, Russia e Cina. A quanto pare, questi Paesi saranno in competizione tra loro. Una guerra calda tra loro è improbabile, perché ognuno di loro possiede armi di distruzione di massa. Ma l’Occidente ha già iniziato a condurre guerre commerciali e sanzioni. E questo può degenerare in guerre finanziarie.

Quindi la mia domanda, signor Presidente:la Russia è pronta per un tale sviluppo, soprattutto se queste guerre saranno a lungo termine, o, secondo lei, l’ordine mondiale ha un’altra possibilità di sviluppo? .

Grazie.

Vladimir Putin: In primo luogo, l’India dovrebbe essere sicuramente inclusa nell’elenco delle grandi potenze: un miliardo e mezzo di persone, i maggiori tassi di crescita economica tra le principali economie, la cultura più antica, e così via. E la prospettiva, un’ottima prospettiva di crescita.

Ma ci sono altri Paesi in rapido sviluppo che saranno certamente tra gli Stati che avranno una grande influenza sulla politica attuale, sullo sviluppo mondiale e sul futuro dell’umanità. Guardate cosa sta succedendo all’Indonesia: 300 milioni di persone. E in alcuni Paesi africani? L’Arabia Saudita, tra l’altro, svolge un ruolo molto importante nel settore energetico globale. Questo da solo è sufficiente. Una sola mossa, una sola parola del principe ereditario è sufficiente per influenzare i mercati energetici globali: l’impatto è enorme.

Per quanto riguarda i Paesi da lei citati, ha parlato di rivalità tra loro. Ma sa, una sana competizione è sempre positiva, non ha mai danneggiato nessuno. Lo dico senza alcuna ironia, davvero. Porta semplicemente alla luce le forze interne di una o dell’altra parte, aiuta il suo sviluppo.

Il monopolio è cattivo. Lì, dall’altra parte dell’oceano, dicono che c’è un solo caso in cui un monopolio è buono: quando è proprio. Ma questo è uno scherzo, perché in realtà è un male, mina le fondamenta interne, l’energia di crescita interna di coloro che siedono su questo monopolio.

Non c’è quindi nulla di speciale qui. L’importante è che questa competizione naturale non si trasformi in una sorta di aggressione di una parte contro l’altra. La cosa principale è che le regole sviluppate e concordate tra tutti i partecipanti alla comunicazione internazionale, che sono concordate, e non inventate da qualcuno per il proprio interesse, dovrebbero essere rispettate. In modo che le restrizioni e le sanzioni, che definiamo illegittime, non siano accettate e utilizzate come strumento di competizione. Perché dico “illegittime”? Perché contraddicono le attuali norme internazionali, le norme dell’OMC e così via. Pertanto, sono illegittime. Cosa c’è di legittimo qui? È una cosa ovvia. Vengono politicizzate e poi usate in competizione.

L’introduzione di sanzioni contro la Russia o l’introduzione di sanzioni contro la Cina – spesso vanno a scapito di coloro che le applicano.

Gli Stati Uniti e la Cina hanno un’enorme interazione economica. Ebbene, hanno applicato sanzioni contro la Cina, e poi? E potrebbero aver fatto qualcosa a proprio danno.

In Europa, ad esempio, alcune merci cinesi sono state limitate e sono state imposte restrizioni. E su cosa era seduta l’Europa? Gli stessi europei ammettono che i due principali vantaggi sono le risorse energetiche relativamente a buon mercato dalla Russia e i beni di consumo a buon mercato dalla Cina. E cosa succederà ora? Lo insabbieranno, hanno volontariamente spento le nostre risorse relativamente economiche, ripeto. Possiamo vedere che tutto sta barcollando sull’orlo della recessione. Ora rinunceranno alle merci cinesi a basso costo. Cosa succederà? Ci sarà inflazione. La stessa cosa accadrà negli Stati Uniti. Lì ci sono già abbastanza problemi: un triplo deficit, 34 trilioni di dollari di debito, un deficit commerciale con l’estero, un deficit di bilancio – quanto hanno lì, il sei per cento o qualcosa del genere. Nonostante tutte le restrizioni che stanno cercando di imporci, abbiamo un deficit di circa il due per cento, meno del due per cento. E sono sei. Mettono a repentaglio i propri metodi di sviluppo e le proprie istituzioni.

Pertanto, una sana concorrenza, sì, è naturale e possibile. L’uso di strumenti illegali come strumento di competizione è sbagliato e danneggia soprattutto chi li usa. Spero che la consapevolezza di questo arrivi a un livello politico solido e buono, e che saremo in grado di concordare su tutto. E come farlo, l’ho detto nel mio discorso.

Grazie.

Finiamo, o resteremo seduti qui con voi fino a domattina”.

F. Lukyanov:Signor Presidente, facciamola finita. Ma se vuole scusarmi, sono un filologo tedesco laureato….

Vladimir Putin:“Filologo suonatore di armonica”.

F. Lukyanov:Sì, l’armonicista. Ma lei era anche un “armonicista”.

Vladimir Putin: No, io sono un avvocato.

F. Lukyanov:Mi ha davvero preoccupato dicendo che dimentica il tedesco.

Vladimir Putin: Non lo uso. È come uno strumento musicale: devi usarlo ogni giorno. Il vostro vocabolario sta scomparendo.

F. Lukyanov:Posso dare la parola a Roger Keppel? È il nostro principale rappresentante della lingua tedesca.

Vladimir Putin:Chi? .

F. Lukyanov: Roger Keppel dalla Svizzera. Non c’è di che.

Vladimir Putin:Si, grazie. Ma questo è Schweizerdeutsch [svizzero tedesco].

F. Lukyanov:Ma può anche essere hoch.

: (come tradotto)R. Keppel Grazie mille, signor Lukyanov, signor Presidente.

È stata una serata davvero eccezionale. Non ho mai visto un leader del suo calibro prendersi tanto tempo per comunicare con tutti così tardi e così a lungo. Mi congratulo con lei. Straordinariamente.

Tuttavia, vorrei mettere in discussione la sua espressione “Occidente collettivo”. Forse faccio parte dell'”Occidente collettivo”, ma non mi considero parte di alcun collettivo. Non vedo un Occidente collettivo, ma vedo un gruppo di politici con un numero crescente di problemi. Vediamo governi che sono al capolinea, vediamo una crisi di leadership.

Ho partecipato a un vertice a Vienna con l’ex Cancelliere Schroeder e il Primo Ministro Orban. Schroeder è stato l’ultimo custode dell’autonomia strategica dell’Europa, come sapete. È stato interessante, perché ho visto che c’era un interesse significativo per questi eventi. Mi è sembrato che in Europa si stessero verificando dei cambiamenti tettonici e che il paesaggio stesse cambiando.

E qui le permetto di fare una critica: da un grande potere derivano grandi responsabilità. Mi sembra che lei si stia rifiutando di comunicare con il grande pubblico dell’Europa occidentale, dell’intera Europa, dell’Europa di lingua tedesca, perché lei è estremamente importante come persona, come Presidente, come politico che rappresenta il suo Paese. Questo è un argomento estremamente importante in politica. Se si comunicasse, se si incoraggiassero queste persone, si avrebbe un impatto, senza interferire nelle elezioni, e si contribuirebbe a realizzare i cambiamenti che molti cittadini europei desiderano.

La mia domanda è: condivide questa opinione? E sarebbe disposto a rilasciare un’intervista a giornalisti indipendenti? Non farò nomi specifici, ovviamente. (Risate.)

F. Lukyanov:Conoscete questo giornalista.

Vladimir Putin: Lei ha menzionato il signor Schroeder. Ho avuto e ho tuttora un ottimo rapporto personale con lui. È una persona straordinaria per la moderna classe politica europea. Parlo senza alcuna ironia, senza alcuna esagerazione. E perché? Perché ha una sua opinione e la formula liberamente.

Quando le relazioni con la Russia cominciarono a deteriorarsi, non ebbe paura di formulare le sue posizioni e di dichiararle pubblicamente. Hanno cominciato ad accusarlo di tutti i peccati capitali. Ho cercato di non interferire in alcun modo, di non commentare nulla.

Cosa ha fatto, cosa gli abbiamo fatto? Abbiamo costruito Nord Stream e fornito gas all’Europa. Cosa c’è di sbagliato? Attualmente non c’è gas russo in Germania. Le conseguenze sono gravi, non solo per questo, ma anche per questo. E ora non vediamo ancora nulla che possa sostituire tutto questo.

Io stesso, quando parlo con i nostri esperti… Vi dico subito che non l’ho detto io, ripeterò solo quello che hanno detto loro. Non voglio offendere nessuno, Dio ce ne scampi e liberi. Non suona molto bene. Chiedo ancora ai nostri colleghi ed esperti: cosa manca all’Europa in questo momento? La risposta è che non hanno abbastanza cervello. Non perché siano stupidi, no, ma perché le decisioni economiche sono prese da politici che non hanno nulla a che fare con l’economia. Le decisioni sono politicizzate, non vengono lette e non hanno una vera giustificazione.

Questo vale anche per l’agenda verde. È una cosa nobile lottare per il clima? Certo, nobile. Questo ci mette tutti a disagio? Sì, ma spaventa alcune persone. Ma non è giusto nei confronti degli elettori spaventarli deliberatamente per far passare decisioni impossibili da attuare. Non è giusto.

Il programma dei Verdi è buono? Sì, è buona. Avete bisogno di nuovi strumenti e tecnologie? Sono necessari. E’ possibile vivere in un’economia come quella tedesca solo grazie alle nuove tecnologie “verdi”? È impossibile,ma dobbiamo ridurre il volume dell’economia o tornare alla produzione di carbone, come sta accadendo ora in molti Paesi europei, compresa la Repubblica Federale.

Sotto pressione, hanno scosso l’opinione pubblica, hanno spaventato la gente – hanno preso e tolto il nucleare, poi il carbone, e poi il gas non serve. Poi, no, alla fine si sono ricreduti e abbiamo iniziato a fornire gas in loco attraverso diversi canali. È stato Schroeder a farlo. Non l’ha fatto nell’interesse della Federazione Russa, non perché ha creato le condizioni perché noi vendessimo e ottenessimo dei vantaggi economici. Lo ha fatto esclusivamente nell’interesse del popolo tedesco e ha lottato per garantire le migliori condizioni per queste forniture e per la creazione di queste opportunità infrastrutturali.

E a giudicare da ciò che sta accadendo nell’economia tedesca, dopo la perdita di queste opportunità, il risultato del suo lavoro è stato molto buono. Ora vediamo che non è così – ed ecco il risultato. Ma lo ha fatto, ha preso decisioni del tutto impopolari dal punto di vista della politica economica interna, mettendo a rischio la sua carriera politica – e lo ha fatto deliberatamente. Era necessario prendere decisioni non molto popolari nel campo della riduzione della spesa sociale e così via. Ma da un punto di vista economico, era assolutamente necessario. Sapeva che ciò avrebbe avuto conseguenze politiche sfavorevoli per lui. Ma l’ha fatto lo stesso. È un uomo che prende decisioni non nel proprio interesse, ma nell’interesse della Germania.

Ha costruito relazioni anche in politica estera. Ricordiamo gli eventi in Iraq. Si è opposto all’intervento americano e ne ha parlato pubblicamente, proprio come Chirac, suscitando ovviamente il disappunto di chi la pensava diversamente e di chi comandava da oltreoceano. Alla fine, fu messo fuori gioco. È una persona molto onesta e coerente. Non ce ne sono molti. Ci sono persone di questo tipo in Europa, ma sono pochissime… si possono contare sulle dita delle mani, basterebbe una mano sola.

Penso che questo accadrà ancora in Europa. Perché la gente può vedere cosa succede nella vita reale se aumenta il divario tra le cosiddette élite al potere, che per vari motivi sono persino costrette a concentrarsi sugli interessi degli altri, e la maggior parte della popolazione. Lo vediamo. E la crescita delle forze politiche di orientamento nazionale sta crescendo e continuerà a crescere.

Come ha detto lei, evito di comunicare con un vasto pubblico in Europa. Sai, penso che non sia corretto rivolgersi direttamente alla popolazione di quei Paesi la cui leadership ci sta anatemizzando e non vuole ascoltare nulla, non vuole ascoltare alcun argomento.

Abbiamo strutture rilevanti che lavorano lì–anche loro vengono soppresse, nonostante la dichiarata libertà di parola. Ai nostri giornalisti non è permesso lavorare da nessuna parte: né in Europa, né negli Stati Uniti.Chiudono tutto, ci sono molte difficoltà. Se chiedete a Margarita [Simonyan], vi dirà come vengono trattati e come vengono trattati i loro giornalisti. Abbiamo solo un punto d’appoggio lì, Russia Today, e basta, non c’è niente. Non abbiamo un sistema esteso, non come gli anglosassoni, i media del mondo. Non ne abbiamo. Ma stanno anche cercando di chiuderlo, e ne hanno paura.

Per favore, sono aperto [all’intervista] il più possibile. Sa, ho incontrato Tucker Carlson e di tanto in tanto ho contatti con giornalisti occidentali, per favore.

Basta andare dritti lì – la reazione è malsana: a qualsiasi parola lì, inizia il flusso di coscienza.

Ricordate come il Presidente eletto fu accusato di avere legami con la Russia? Poi hanno tenuto delle audizioni al Congresso, hanno creato una commissione per indagare sui suoi legami con la Russia… niente. Non c’è stato nulla, quindi non c’è nulla. Non hanno provato nulla, non c’è nulla.Eppure, con un’energia inimmaginabile, che avrebbe potuto essere impiegata meglio, hanno usato legami immaginari con la Russia quasi fino all’ultimo momento. È una stronzata. Non voglio creare alcun problema lì, questa è la terza cosa.

E quarto, tutti i processi che si svolgono in un determinato Paese dovrebbero svolgersi all’interno del Paese stesso. Questo continuerà ad accadere. Queste forze politiche di orientamento nazionale cresceranno non perché io dica qualcosa ai nostri simili in Europa, e ce ne sono molti, e ce ne sono molti negli Stati Uniti, ma perché è dettato dalle leggi dello sviluppo interno della società.Questa è la base più solida per i cambiamenti futuri. Ci saranno di sicuro.

F. Lukyanov: Signor Presidente, l’ultima. Nei commenti occidentali, c’è sempre un pensiero: di nuovo di recente, ieri, o qualcosa del genere, ho incontrato…

Vladimir Putin: Se avete qualche pensiero, è già buono.

F. Lukyanov: Esiste già. Questa è un’ottima idea, tra l’altro, da parte di coloro che sembrano essere, per così dire, positivi. Così scrivono: certo, nulla è possibile con Putin, ma Putin se ne andrà prima o poi, e allora sarà necessario stabilire [relazioni] con la Russia, integrarla di nuovo, perché tornerà sulla sua strada di prima. Tornerà sulla sua vecchia strada?

Vladimir Putin: La Russia sta andando per la sua strada. Spero che non si allontani dalla strada che porta ai suoi interessi nazionali. Naturalmente, deve essere integrata. Non abbiamo mai rinunciato a questo obiettivo. Ma non vorrei che la Russia tornasse sulla strada che ha seguito fino al 2022, come ho già detto nel mio discorso, e questa strada era associata a un intervento nascosto e velato contro il nostro Paese, volto a subordinarlo agli interessi di alcuni altri Paesi che credevano di avere il diritto di farlo. La Russia non può esistere in uno stato così subordinato o semi-subordinato. E mi sembra che la nostra gente, la gente più semplice, i cittadini comuni, se ne sia resa conto quando si è resa conto di ciò che i nostri avversari geopolitici stavano cercando di farci.

Cosa dimostra l’intera logica degli eventi? La gente ha capito cosa stava accadendo, ha capito cosa stavano cercando di farci, per quanto bello sembrasse e per quanto paternalistico ci dessero le pacche sulla spalla. Ed è proprio questo il motivo per cui un consolidamento così insolito, direi addirittura, della società russa è collegato. È con la comprensione di quelli che sono gli interessi cardinali e strategici del Paese – nel rafforzamento della sua indipendenza, autonomia, sovranità.

Durante la nostra campagna elettorale presidenziale, ricordo, non c’era molto tempo per seguire tutto, ma guardavo, accendevo la TV: un corrispondente straniero – uno straniero, tra l’altro, non ricordo quale – avvicinava un uomo per strada nella regione di Belgorod, a Belgorod – probabilmente potete trovare questo episodio negli archivi – e gli chiedeva: Dove stai andando? Dice: al seggio elettorale. “Ma è pericoloso, i droni possono volare, ci si può far male. Perché ci vai? Perché non hai paura?”. La risposta fu molto breve. Era un uomo di mezza età, si girò verso di lui, lo guardò severamente e disse: Sono russo, e se ne andò.

Ecco come potrebbe rispondere oggi un rappresentante di qualsiasi gruppo etnico della Federazione Russa: dalla regione del Volga – non voglio nominare nessuno in particolare in questo momento, perché non posso elencarli tutti, abbiamo 190 gruppi etnici – e dal nord della Federazione Russa, e dal Caucaso settentrionale, da ogni parte. Perché gli eventi di oggi hanno portato al più alto consolidamento della società russa e alla comprensione di cosa sia la sovranità per il nostro Paese.Questa è una delle basi fondamentali e vitali per lo sviluppo della Russia e della sua esistenza in futuro.

Grazie.

F. Lukyanov: Grazie mille.

Vladimir Putin: Grazie mille a lei e al nostro presentatore. Grazie a voi.

In cima, IMO quello che stiamo vedendo e quello che abbiamo visto non sono “sciocchezze” di sorta. In Palestina si tratta di un genocidio e prima ancora di una campagna orchestrata per giustificare l’invasione e l’uccisione di quanti più musulmani possibile. Putin non sembra essere consapevole che la sua risposta va ben oltre il mondo dello sport, cosa insolita per lui.

Per quanto riguarda il motivo per cui l’Impero americano fuorilegge persegue la sua politica anti-russa, ci sono molte ragioni note: gli autori di queste politiche hanno pubblicato il perché nei loro libri. Il fatto che Putin abbia risposto di nuovo in quel modo è strano. IMO, attualmente è impossibile per un POTUS diventare “una figura politica indipendente” o il POTUS verrà ucciso da JFK. Questa élite di potere/squadra segreta, IMO, ha acquisito potere in questi oltre 60 anni, non è diminuita, e ora controlla il livello nazionale del federalismo.

Come sappiamo, il sionismo è la filosofia genocida che guida coloro che sono al potere nella Palestina occupata. In questo senso, non differisce in alcun modo dalla filosofia nazista che ha guidato i leader tedeschi dal 1933 al 1945, e i suoi piani erano genocidi al 100%, ma verso gli slavi in particolare, non verso altri gruppi. Questo è il punto più debole della politica russa. A Putin e Lavrov va posta questa domanda: le condizioni in cui i palestinesi sono costretti a sopravvivere non sono forse simili al terrorismo quotidiano anche in Cisgiordania? Pretendete che il mondo guardi alla radice del problema ucraino, ma voltate le spalle alla radice del problema palestinese. È difficile non notare questo doppio standard, anche se chiaramente molte nazioni non si preoccupano di menzionare questo fatto.

Una valutazione più completa dell’apparizione di Putin al Valdai Club è giustificata. Vedo che Pepe Escobar ha un eccellente riassunto su Sputnik, ma potrebbe essere ancora più ampio.

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https://www.youtube.com/watch?v=cRB0O20QLEE
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TRUMP E L’ONDA LUNGA DELLA STORIA, di Teodoro Klitsche de la Grange

TRUMP E L’ONDA LUNGA DELLA STORIA

Ho letto tanti commenti sulla vittoria del Presidente Trump e si possono – grosso modo – suddividere in gruppi, a seconda della causa, indicata del successo del Tycoon poco annunziata dalla comunicazione mainstream un po’ perché temuta, di più ancora perché di danno alla candidatura della Harris.

Prima causa: il popolo si è sbagliato. Ciò capita a tutti, anche a governanti che, in quanto uomini, non sono infallibili, tranne il Papa, che ha però il supporto dello Spirito Santo (scusate se è poco) almeno quando parla ex cathedra.

Il retropensiero (neppure tanto retro) di tale argomento è invece che (oltre al Papa) sono infallibili i “tecnici”, le élite, alcune televisioni e certi giornali (la maggioranza) ecc. ecc. Questo perché i suddetti infallibili giudicano applicando fatti, norme, principi, protocolli, griglie di valori corretti. Che la congruità delle proposte si valuti in base ai risultati conseguiti più che alla conformità alle regole è un criterio loro del tutto estraneo. Che alla base del successo di Trump ci fosse il giudizio positivo degli americani su 4 anni di presidenza Trump, fossero i buoni risultati economici e forse ancora di più il fatto che, contrariamente a tutti i suoi predecessori nella carica (a partire dagli anni ’90) a) non avesse fatto guerre b) anzi ne ha chiusa una, non era considerato dal commentatori ZTL.

Seconda causa: le nostre idee, i nostri sogni sono più belli di quelli di Trump il quale ha ingannato abilmente il popolo facendogli credere che i suoi siano preferibili. Anche tale argomento è facilmente contestabile: da un lato perché gli elettori valutano più i risultati (mediocri) dei governanti che i loro (buoni) propositi elettorali. In secondo luogo perché la sinistra, soprattutto quella comunista, ha sempre manifestato un abisso tra le mete radiose proposte (le società senza classi, la pace universale, l’uguaglianza, la prosperità… e via sognando) e le (modeste) realizzazioni conseguite (causa principale del crollo planetario del “socialismo reale”).

Onde a questo genere di argomenti i popoli sono abituati, e sostituire le società senza classi con la crisi climatica non li rende più credibili.

Terza causa: gli errori e le ingenuità commessi nella campagna dagli spin-doctor incompetenti, dal cattivo uso della rete, fino alle stars inutili e talvolta controproducenti. Carattere comune di tali argomentazioni è di considerare tutti aspetti e figure accessorie. Ossia il cibo è buono, ma presentato e cucinato maldestramente. Anche qui pare piuttosto un tentativo di far “volare gli stracci” per salvare direttore d’orchestra e spartito.

E si potrebbe continuare a lungo: ma siccome tutti tali argomenti hanno il connotato comune di essere frutto – totale o parziale – di fantasia, e a questa non c’è limite (mentre alla realtà, sì) preferisco continuare con gli argomenti contrari: cioè perché Trump, secondo me, ha vinto. Partendo, ovviamente, dai dati di fatto.

In primo luogo: la vittoria dei partiti anti-establishment (detti anche populisti, sovranisti, ecc. ecc.) non è un fenomeno statunitense, ma quasi planetario, almeno nell’occidente. Ovviamente tra gli uni e gli altri movimenti ci sono differenze, ma una spiegazione non può prescindere dai connotati comuni che, accanto alle diversità nazionali, tali soggetti politici (e i di essi elettori) hanno.

Come scrivo da parecchi anni, se fino al crollo per implosione del comunismo, il raggruppamento amico-nemico coincideva (principalmente) con quello economico borghesi/proletari, è stato sostituito dal nuovo globalisti/populisti (establishment contro anti-establishment). Tale contrapposizione si articola in tutta una serie di caratteri comuni (e contrapposti).

In primis della differenza del sentire comune, come già scriveva trent’anni fa Cristopher Lasch: le élite globaliste e i governati hanno “tavole di valori” differenti e spesso opposti. L’idem sentire de re publica si atrofizza e si sviluppa la differenza etica, che, secondo Hegel, è alla base della discriminante amico/nemico.

In secondo luogo (ma forse le spetta il primo)si sviluppa la differenza d’interessi tra classe dirigente e governati a sua volta suddividentesi in più aspetti, a cominciare dal dilatarsi della “forbice” della differenza dei redditi, ma del pari visibile dall’imposizione/elusione tributaria (i “paradisi” fiscali) dalla delocalizzazione (e non solo).

In terzo luogo alle rivendicazioni identitarie. Anche qua si potrebbe continuare a lungo: resta il fatto che argomenti “etici”, “identitati” ed “economici” sono comuni a tutti i movimenti anti-establishment: dai gilet-jaunes alla rust-belt, dai leghisti ai seguaci di Orban.

Per cui continuo a pensare che la vittoria di Trump, così come quella delle forze anti-establishment nel resto del mondo sia dovuta ad un cambiamento epocale della politica. Come scriveva Schmitt nell’età moderna il criterio del politico è cambiato a seconda dei periodi seguendo lo Zentralgebiet (dal teologico al morale, da questo all’economia): ora siamo in una fase nuova, un nuovo Zentralgebiet. E Trump, come Orban, Le Pen, la nostra Meloni sono l’effetto e non la causa del cambiamento.

Teodoro Klitsche de la Grange

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L’alba di una nuova civiltà, di Tree of Woe

L’alba di una nuova civiltà

Dopo l’anima apollinea, magica e faustiana viene l’anima enea

8 novembre

Solo tre giorni fa, il 5 novembre 2024, Donald J. Trump è stato eletto ancora una volta alla carica di Presidente degli Stati Uniti, assicurandosi 312 decisivi voti elettorali e, per la prima volta nella sua carriera politica, il voto popolare. È stato il più grande ritorno nella storia della politica americana.

Per molti a sinistra, una vittoria di Trump era impensabile; persino molti a destra sono rimasti sorpresi dalla portata del trionfo tinto di rosso di Trump. Gli storici trascorreranno anni a discutere quali elementi della campagna del 2024 si siano rivelati i più decisivi. È stata la sostituzione di Joe Biden con Kamala Harris? Il coraggio di Trump dopo un tentato assassinio? La morte dello scoiattolo Peanut e del procione Fred per mano di agenti governativi armati?

Qualunque altro fattore potesse essere in gioco, il ritorno di Trump sarebbe stato impossibile se non avesse ricevuto il supporto dell’uomo più ricco del mondo: Elon Musk. Senza il supporto di Musk, il ritorno di Trump avrebbe potuto vacillare; con esso, è balzato verso la vittoria.

Musk, architetto della nuova frontiera tecnologica, ex beniamino dell’industria tecnologica progressista, imprenditore che ha costruito la sua eredità su visioni audaci e inflessibili del futuro dell’umanità, non potrebbe mai essere definito un “conservatore” o un “populista”, eppure è stato senza dubbio l’alleato più prezioso di Trump.

Perché Musk, una figura sinonimo di futurismo e tecnocrazia, dovrebbe schierarsi con Trump, un simbolo di disruption e populismo? “Considero questa elezione un bivio sulla strada del destino”, ha detto Musk. “Penso che la vittoria di Donald Trump faccia una grande differenza nel far sì che l’umanità arrivi su Marte e renda la vita multiplanetaria. Vota Trump se vuoi che l’umanità arrivi su Marte”.

Per coloro che sono ciechi alle correnti della storia, le parole di Musk sono state facilmente liquidate come arroganza, avidità o infantilismo. Ma coloro che hanno occhi per vedere i cicli della civiltà ne sapevano di più.

Lo stato del mondo moderno, potente ma fragile; fiorente ma finito; in espansione geometrica ma sotto minaccia esistenziale, richiedeva una nuova visione del mondo. L’allineamento di Musk con Trump è nato organicamente in un modo che trascende sia l’uomo che il movimento. L’allineamento ha annunciato l’alba di una nuova civiltà, una la cui anima è accesa dall’ambizione cosmica di conquistare le stelle, ma temperata dall’acuta comprensione della fragilità e del pericolo planetari.

L’alleanza tra Musk e Trump ha segnato un momento di transizione: il momento in cui un ethos faustiano in declino ha ceduto il passo a un ascendente spirito eneico.

Possono conquistare chi crede di poterlo fare.

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Le civiltà di Spengler: apollineo, magico e faustiano

Per comprendere questo cambiamento, dobbiamo rivisitare la visione di Oswald Spengler dei cicli storici e delle culture. In The Decline of the West , Spengler ha mappato la vita e la morte di varie civiltà storiche, ciascuna animata dalla sua unica “anima”, uno zeitgeist o visione del mondo che dà forma e significato alle sue espressioni nell’arte, nell’architettura, nella scienza e nella religione. Spengler ha identificato tre civiltà centrali per l’eredità occidentale: l’Apollineo, i Magi e i Faustiani, ciascuna con il suo orientamento spaziale e simbolismo architettonico.

Le anime di queste civiltà fungevano da filo conduttore per ciascuna delle loro epoche, e ciascuna era autosufficiente nello scopo e nell’aspirazione. Erano, in effetti, le pulsioni sottostanti dei loro tempi. Spengler comprese che l’estetica unica delle tre civiltà si manifestava in accordo con la particolare architettura dell’anima di ciascuna civiltà.

La civiltà apollinea di Grecia e Roma era fondamentalmente orientata verso uno spazio finito e delimitato. L’anima apollinea desiderava ardentemente simmetria, proporzione ed equilibrio. I templi greci riflettevano questo: erano monumenti autonomi, statici, alla perfezione e all’armonia, incarnando un mondo definito da limiti chiari e legge naturale. Per la mente apollinea, il mondo era finito e ordinato, e la grandezza umana doveva prosperare entro i vincoli dell’armonia della natura.

La civiltà dei Magi, definita dal mondo del primo Cristianesimo, dell’Islam e dell’Impero Romano d’Oriente, introdusse un nuovo orientamento verso lo spazio. La sua anima era quella di recinti e divinità nascosta, simboleggiata architettonicamente dalla cupola e dal sancta sanctorum. Questo spazio era un mondo di fede rivolto verso l’interno, dove Dio era il centro invisibile, avvolto nel mistero e nella rivelazione. Qui, lo spazio cavernoso sotto la cupola non offriva l’infinito, ma l’intima e potente presenza del divino. L’anima dei Magi desiderava ardentemente l’unità interiore, un’unità tra l’umanità e il divino, incapsulata all’interno di recinti sacri.

Poi arrivò la civiltà faustiana, quella che chiamiamo Occidente, con il suo impulso unico per uno spazio sconfinato e illimitato. Lo spirito faustiano, che nacque dall’era medievale e prosperò attraverso il Rinascimento e l’età moderna, guardò sempre verso l’esterno, verso l’orizzonte infinito e le stelle oltre. La sua architettura catturò questa spinta: le cattedrali gotiche raggiungevano il cielo con le loro guglie, mentre i moderni grattacieli e le imprese tecnologiche estendevano questo desiderio di infinito. L’anima faustiana era spinta senza fine verso la conquista, la scoperta e il dominio, senza farsi scoraggiare da ostacoli o scrupoli etici. Questa civiltà osò scalare montagne, sfruttare l’atomo, dividere i geni e tracciare le stelle. Ma con la sua incessante ricerca arrivò un grande prezzo: l’incoscienza del progresso faustiano iniziò a rivelare i pericoli di una ricerca incontrollata di dominio, una ricerca ora tinta di sfinimento.

Vedo guerre, guerre feroci, e il Tevere spumeggia di fiumi di sangue.

Saint Louis Gateway Arch - Square Format - Color Photograph by Gregory ...

L’ascesa della civiltà enea: dall’infinito alla liminalità

Mentre raggiungeva il precipizio del sovvertimento ambientale, tecnologico e sociale, l’anima faustiana affrontò una resa dei conti. È qui che lo spirito eneico cominciò a emergere, un’anima animata non dall’ambizione fine a se stessa, ma dalla delicata consapevolezza che l’umanità si trova su una soglia, uno spazio liminale con una scelta chiara: trascendere o perire.

L’anima enea, che prende il nome da Enea, l’eroe dell’Eneide di Virgilio , che fuggì dalle rovine di Troia per fondare una nuova e più grande Roma, abbraccia la dualità di distruzione e destino, di esaurimento e ringiovanimento.

L’anima enea è definita dalla sua comprensione dell’umanità come sospesa sull’orlo del destino cosmico, consapevole della nostra unicità nell’universo, e tuttavia ossessionata dallo spettro dell’estinzione, il Grande Filtro che incombe minacciosamente sul nostro futuro. Cerca di stabilire una nuova civiltà che, poiché minacciata dai pericoli esistenziali del collasso, è quindi spinta a trascendere i confini della Terra per garantire la sopravvivenza umana.

La transizione dal faustiano all’eneo si riflette nelle strutture che simboleggiano la nostra epoca. Mentre la cultura faustiana celebrava il grattacielo svettante e la ferrovia che si allontanava all’infinito, l’epoca enea venera il volo arcuato del razzo. Laddove l’architettura faustiana celebra l’infinito torreggiante, l’architettura enea celebra la sublime liminalità, la soglia in cui ci si trova sul bordo di una realtà e si considera di entrare in un’altra. Il suo orientamento non è verso linee rette, ma piuttosto verso archi, portali e portali : simboli di transizione e trasformazione.

Gli archi non solo creano uno spazio liminale tra i loro pilastri, ma nella loro ascesa verso grandi altezze poggiano su due fondamenta anziché su una: metaforicamente, il passato e il presente creano la porta verso il futuro. Gli archi servono anche come avvertimento che tutto ciò che sale cade. Opportunamente, l’ultimo comizio di Trump in North Carolina si è tenuto nella Dorton Arena, la prima struttura al mondo basata su due archi parabolici in cemento.

The Research Triangle's best modernist buildings - Axios Raleigh

Le porte dell’inferno sono aperte notte e giorno;
Semplifica la discesa, la strada è facile:
Ma per tornare indietro e vedere i cieli allegri,
In questo sta il compito e il duro lavoro.

L’anima enea: attenta all’inazione, cauta al crollo

Se l’anima faustiana era incurante delle conseguenze delle sue azioni, l’anima enea è attenta alle conseguenze dell’inazione. Sa che il futuro non è vinto da coloro che aspettano passivamente, ma da coloro che agiscono; tuttavia l’azione deve essere fatta deliberatamente, saggiamente e con riverenza per gli avvertimenti della storia. L’uomo eneo è l’uomo dell’azione e del pensiero, uniti.

L’anima apollinea vedeva il tempo come ciclico e limitato, che si muoveva in schemi ripetuti. L’anima faustiana, al contrario, vedeva il tempo come lineare e illimitato, un percorso verso un progresso perpetuo e infinito. L’anima enea sa che il tempo è simultaneamente ciclico ma illimitato. Gli schemi di ascesa e caduta sono inevitabili, ma l’ampiezza tra l’apice e il nadir non è limitata; c’è la possibilità di un risultato più grande di qualsiasi cosa l’umanità abbia mai realizzato, e il rischio di un crollo molto peggiore di qualsiasi cosa Minosse o Roma abbiano mai visto. L’alto arco svettante è il simbolo di quell’aspirazione a salire fondata sulla consapevolezza che su entrambi i lati di una cima c’è una valle.

Così, laddove la civiltà faustiana credeva di poter esercitare il dominio tramite la volontà di potenza, la civiltà enea sa di dover governare saggiamente, per evitare che la sua sconsideratezza acceleri la rovina stessa da cui cerca di sfuggire. La civiltà enea è definita dalla consapevolezza che l’umanità marcia in avanti su uno stretto ponte , e ciò che sembra una distesa infinita può facilmente trasformarsi in un abisso spalancato.

Lo spirito eneo conserva l’ambizione del faustiano ma la tempera con la saggezza dell’apollineo e la riverenza del mago. L’anima enea raggiunge le stelle con la consapevolezza che le risorse, la saggezza e l’unità dell’umanità sono finite. Sa che siamo sulla soglia del destino; che dobbiamo bilanciare il coraggio con la cautela, l’ambizione con la moderazione; che mentre la scelta di agire potrebbe non salvarci, la scelta di non agire ci condannerà sicuramente .

Enea fondò Roma dopo essere sopravvissuto alla caduta di Troia; l’anima enea cerca di fondare una nuova civiltà dalle rovine di quella faustiana. Non cerca solo l’espansione ma la conservazione, non solo la conquista ma la continuità. Ha rispetto per le lezioni del passato; esamina la rovina dell’antica grandezza e vede sia il trionfo dello spirito umano sia la fragilità dell’impegno umano. In questo senso, l’anima enea non è semplicemente la successore di quella faustiana; è la sua redenzione.

Una storia più grande si apre davanti ai miei occhi,
Mi attende un compito più grande.

I grandi progetti della civiltà enea

Trovandosi costretto dalle circostanze a scegliere se il destino dell’umanità debba essere un’esistenza squallida ma sostenibile su un suolo impoverito, o un’odissea eroica costellata di pericoli, l’Eneide sceglie la seconda. Guida la nave dell’umanità verso le stelle, conoscendo bene il rischio.

L’esplorazione spaziale diventa non una ricerca faustiana di confini infiniti, ma una ricerca enea di sicurezza di fronte al Grande Filtro; non un atto di arroganza, ma di conservazione; non un mezzo per ottenere una fama imperitura, ma un mezzo per garantire che la fiamma dell’umanità rimanga imperitura anche se questo pianeta si spegne.

Allo stesso modo, la colonizzazione di Marte non diventa semplicemente una sfida tecnologica da affrontare per questa generazione, ma un impegno esistenziale assunto per le generazioni future. Poiché la Terra non può sostenerci senza fine, dobbiamo sostenerci fuori dalla Terra o finire. L’uomo faustiano è famoso per “essere andato sulla Luna non perché fosse facile, ma perché era difficile”; l’uomo eneico andrà su Marte, non perché sia difficile, ma perché è necessario.

Anche sulla Terra, le anime enee vedono l’umanità in piedi nello spazio liminale tra la rovina e il trionfo. L’intelligenza artificiale, perseguita con ambizione puramente faustiana, potrebbe essere il più grande errore dell’uomo; se perseguita con magnanimità enea, può essere la più grande conquista dell’uomo. Dall’ingegneria genetica all’automazione robotica, dalla nanotecnologia all’energia nucleare, la civiltà enea tempera l’ambizione con cautela. L’era enea non persegue ciecamente la tecnologia per il gusto della tecnologia; comprende che un balzo in avanti può portarci verso l’alto o verso il basso.

Di fronte a rischi esistenziali quali tempeste solari e guerre nucleari, minacce che possono porre fine all’esperimento umano prima che raggiunga il suo apice, l’Eneo accetta la sfida con la grandezza d’animo che gli antichi chiamavano megalopsychia.

Lo spirito Eneo arde in te?

Io sono Enea, vincolato al dovere e conosciuto
Sopra l’alta aria del cielo per la mia fama,
Portando con me sulle mie navi i nostri dei
Del focolare e della casa, salvati dal nemico.

SpaceX Wallpaper 4K

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SITREP 11/8/24: L’arrivo di Trump mette in crisi le cose, Simplicius

Sulla scia della vorticosa vittoria elettorale di Trump, si è scatenata una folle corsa sia per occupare posizioni nella sua amministrazione sia da parte dei leader mondiali per ingraziarsi il ritorno del grande affarista.

L’Europa, in particolare, è in totale disordine, poiché il fallimento a costo zero in Ucraina ha messo in luce i deboli leader europei come veri e propri imperatori nudi di fronte alle loro popolazioni in rivolta. La Germania continua a disfarsi completamente davanti ai nostri occhi, mentre il francese Macron ha rilasciato una dichiarazione di panico temporaneo sulla necessità per l’Europa di diventare “onnivora” in un mondo pieno di “carnivori”, per evitare di essere lasciata indietro per sempre.

In breve, l’Europa si sta dimenando mentre affonda sotto le maree della storia e Macron cerca tardivamente di mettere in campo la zattera di salvataggio, senza successo. L’Europa si è subordinata agli Stati Uniti in modo tale da diventare una mera pedina, priva di sovranità, con i suoi leader che possono essere riorganizzati a piacimento sulla scacchiera da chi detiene il potere. Macron cerca disperatamente di aggrapparsi allo status quo, ma il treno è partito.

Naturalmente le interpretazioni sono molteplici: gli ucraini leggono forza e ottimismo nella polemica di Macron, che vedono come il segnale di un rinnovato appello alla solidarietà europea sull’Ucraina. Ma è chiaro che le locuzioni di Macron sono solo vuoti vapori, il miraggio della “solidarietà” è trasparente come un sacchetto di plastica a buon mercato.

Ora le azioni irregolari di Trump sono destinate a fare da guastafeste, aggiungendo ancora più incertezza al mix, con la presunta telefonata di oggi tra il Presidente eletto e Zelensky, che, a quanto pare, avrebbe coinvolto Elon Musk.

AXIOS riporta: Trump rassicura Zelensky in una telefonata con Elon Musk

Nella telefonata di 25 minuti tra Donald Trump e Zelensky mercoledì c’era anche Elon Musk, hanno riferito due fonti ad Axios.

Zelensky si è congratulato con Trump, che ha assicurato il suo sostegno all’Ucraina senza specificare nulla.

Tre fonti hanno dichiarato che Zelensky si è sentito rassicurato dalla telefonata, che non ha aumentato le sue preoccupazioni.

Musk ha anche confermato che continuerà a sostenere l’Ucraina attraverso Starlink, anche se ha rifiutato di commentare.

Molti stanno cercando di dare un senso prematuro alle cose, ma è troppo presto per dirlo. È probabile che Trump stia solo inviando delle richieste e che non abbia ancora un vero e proprio piano o una politica consolidata. È l’ipotesi più realistica:

Tuttavia, il timore legittimo che riecheggia in molti è che Trump faccia un’offerta insensata che verrà respinta da Putin, che non solo ferirà l’ego di Trump, ma lo metterà in imbarazzo sulla scena mondiale, inducendolo a cercare una ritorsione minacciando di andare “all in” sull’Ucraina. Dopotutto, questa era la visione del piano di pace di Mike Pompeo, delineata all’inizio dell’anno. Pompeo, che alcuni sostengono sia ora in considerazione per l’amministrazione Trump, dato il suo discorso a sorpresa a un comizio di Trump una settimana fa, ha delineato la sua visione secondo cui Trump minaccerebbe un’escalation totale con un massiccio programma di prestiti da “500 miliardi di dollari” per dare all’Ucraina tutto ciò che vuole:

Anche Trump, in precedenza, era stato citato per aver minacciato qualcosa di simile in un’intervista della Fox con Maria Bartiromo, quindi sembra esserci almeno un fondo di verità in questa storia:

Il problema è che gli Stati Uniti non hanno più nulla da dare se non spogliando completamente le proprie forze armate già esaurite, per cui la minaccia sembra essere vuota. Ma lascia aperta la domanda: che cosa farebbe Trump se venisse respinto da Putin?

In effetti, l’ultimo articolo dell’Economist sostiene che Zelensky e il suo team hanno finito per sperare segretamente in una vittoria di Trump per avere la possibilità di dare esattamente questo tipo di “scossa”:

Deluso dai tentennamenti di Biden e Jake Sullivan, Zelensky avrebbe spostato le speranze su un Trump irregolare che “stracciasse le regole” e facesse una qualche sorpresa positiva.

Il “vociferato” piano iniziale di Trump, tuttavia, è prima facie mediocre e privo di immaginazione: Una DMZ in stile coreano con “truppe europee” in scena come forze d’inciampo, che ha animato le folle occidentali in voli di fantasia:

La squadra di Trump ha iniziato a discutere un nuovo piano per porre fine al conflitto in Ucraina, – WSJ

▪️L’accordo comprende diversi punti: si vuole obbligare Kyiv a rifiutare di entrare nella NATO per decenni, congelare la linea del fronte e creare una zona demilitarizzata.

▪️Non si sa chi garantirà la sicurezza, ma una fonte ha escluso il coinvolgimento di truppe statunitensi e delle Nazioni Unite: “Non manderemo gli americani a mantenere la pace in Ucraina. E non pagheremo per questo. Chiedete a polacchi, tedeschi, inglesi e francesi di farlo”.

▪️L’Ucraina continuerà inoltre a ricevere assistenza dagli Stati Uniti in materia di armi e addestramento militare.

Quanto sopra non affronta in alcun modo le richieste di Putin in materia di smilitarizzazione, de-nazificazione, eccetera. Certo, Trump potrebbe spremere un edulcorante shock di una totale abrogazione delle sanzioni, ma è difficile immaginare che anche questo sarebbe sufficiente, date le promesse sanguinose di Putin al suo stesso popolo sulle premesse centrali dell'”Operazione speciale”.

La verità è che sempre più persone da parte occidentale si pongono apertamente la scomoda domanda del perché, esattamente, Putin si degnerebbe di negoziare quando la guerra sta finalmente iniziando ad andare così palesemente a suo favore.

Ecco il resoconto di un’unità militare dell’AFU che si pone proprio questa domanda:

E il recente articolo della CNN:

In definitiva, come si può vedere, le due parti sembrano ai ferri corti: Trump, nella sua suprema vanità, pensa di poter porre fine a una guerra quasi santa che ha versato il sangue di centinaia di migliaia di persone da entrambe le parti con uno schiocco di dita – questo è il massimo della mancanza di rispetto per entrambe le parti, in particolare per la Russia e Putin. Ma personalmente non riesco a immaginare un tentativo di escalation da parte di Trump, al di là dei bluff da fanfarone, perché, come detto, gli Stati Uniti non hanno più molto da dare oltre a rottami arrugginiti o riserve strategiche critiche. L’unico modo possibile per uscirne è che Trump tagli tutti gli aiuti all’Ucraina e permetta una capitolazione completa, dando la colpa all’Europa dopo averle scaricato la responsabilità.

Comunque, per uno che ha fatto della fatidica debacle del ritiro dall’Afghanistan un punto di forza retorico e un punto culminante delle sue critiche contro l’amministrazione di Biden, è difficile immaginare che Trump possa ingoiare l’amara pillola ucraina, dato che apparirebbe – o almeno verrebbe dipinto – come un grave disastro e un imbarazzo sotto la sua guardia, simile al fiasco dell’Afghanistan. Per questo motivo, possiamo immaginare che Trump potrebbe tentare di alzare la posta in gioco consentendo attacchi in profondità da parte dell’Ucraina, ma questo non farebbe altro che innescare una conflagrazione globale per gli Stati Uniti che Trump non sarebbe in grado di spegnere: La Russia si intensificherebbe nell’armare i nemici degli Stati Uniti su tutta la linea, gli Houthi, ecc. creando incubi insostenibili nel Medio Oriente e non solo.

Chiudiamo questa sezione con la riaffermazione da parte dell’ambasciatore russo nel Regno Unito Andrei Kelin delle posizioni negoziali della Russia:

Il compromesso è fuori discussione. Zaporozhye e Kherson sono russe

La Russia non farà concessioni all’Ucraina: tutte le richieste della Federazione Russa saranno soddisfatte. Si tratta della smilitarizzazione, della denazificazione e dello status di neutralità del Paese.

L’ambasciatore russo in Gran Bretagna, Andrei Kelin, ha dichiarato questo in un’intervista alla BBC

“Non credo che ci sarà un compromesso – è perfettamente chiaro – l’Ucraina sarà un Paese non allineato, non nucleare, con normali relazioni con i vicini, e non avrà l’adesione alla NATO. Sarà smilitarizzata. E alla fine abrogherà tutte le leggi anti-russe adottate negli ultimi anni”, ha detto Kelin.

La Russia non ritirerà le proprie truppe dalle regioni in cui si sono svolti i referendum, i cui risultati sono sanciti dalla Costituzione della Federazione Russa.

“Non credo, perché prima, quando abbiamo negoziato nel 2022, c’era questa opzione, una possibilità. Ora queste quattro regioni appartengono alla Russia”, ha riassunto l’ambasciatore.

L’Ucraina continua a soffrire di gravi problemi di mobilitazione. Un parlamentare ucraino conferma che i numeri sono in forte calo dall’estate:

“L’UCRAINA NON RIESCE A RISPETTARE IL PIANO DI MOBILITAZIONE PER IL 2024”: – La deputata del Comitato per la Difesa ucraino, Solomiya Bobrovskaya (in collegamento). Non stiamo rispettando il piano per quest’anno, né per il mese stabilito.

Stiamo tornando alla situazione della primavera del 2024 – dice. Ciò che l’Ucraina chiama mobilitazione, altri Paesi potrebbero chiamare rapimento di tutti gli uomini. Per questo motivo, l’Ucraina sta esaurendo gli uomini e sta cercando di abbassare l’età di mobilitazione a 18 anni (dagli attuali 25, e prima ancora 27.) Finora, Zelensky ha detto che non lo farà. Ma è stato anche votato con una campagna di pace, promettendo di porre fine al conflitto civile nel Donbass.

Qui un ufficiale ucraino dice che le perdite in ritirata sono quasi pari a quelle in attacco, confermando un punto molto discusso dalla nostra comunità di analisti.

“La tendenza è chiara. Quasi nessuno vuole arruolarsi in fanteria. Il tasso di mortalità è troppo alto… Non c’è fiducia nella leadership militare. È un dato di fatto. Ci stiamo ritirando. E l’esercito perde tante persone nella ritirata quante ne perde nell’offensiva”.

Lo stesso ufficiale dice poi “è ora di iniziare a scavare fortificazioni a Kiev”.

Un altro politico ucraino ha dichiarato che presto sarà il momento di costringere tutti a entrare in un servizio di lavoro senza stipendio:

“E poi nessuno avrà uno stipendio. Ci saranno razioni, soldi per le sigarette e la benzina sui buoni”, ha dichiarato il vicepresidente della Corte Suprema dell’Ucraina Aleksandr Mamaluy.

E questo è diventato un sentimento inquietantemente comune, dal momento che l’ufficiale precedente afferma che milioni di persone dovrebbero essere richiamate gratuitamente, senza stipendio, al fine di effettuare una spinta massiccia contro le forze russe:

Per sconfiggere la Russia, l’Ucraina deve sommergerla di “carne”, arruolando 4 milioni di persone, di cui un milione morirà, e non pagando loro lo stipendio, – Martin Brest .

“4 milioni di persone da chiamare per il servizio militare. Non pagate loro lo stipendio, date loro solo da mangiare, perché è inutile. Portate a termine l’operazione entro un anno al massimo. Metteremo circa un milione di uomini e raggiungeremo il confine. Non ha senso (pagare gli stipendi dei soldati). I soldi saranno come pezzi di carta, con i quali accenderemo le nostre sigarette. Perché si dovrebbero richiamare 4 milioni di persone? Non ci saranno abbastanza armi per combattere in modo intelligente. Dovremo combattere con la carne… E ancora più carne, perché solo le mitragliatrici saranno sufficienti per 4 milioni di persone. E di certo non ci saranno abbastanza droni, artiglieria o aerei. In questo modo, saremo in grado di raggiungere i confini del 1991.

Il Paese sopravviverà dopo questo? No, non lo farà. Cadrà a pezzi”, ha detto Brest.

Il precedente articolo dell’Economist conferma i problemi:

“L’Ucraina sta lottando per sostituire le perdite sul campo di battaglia con l’arruolamento, riuscendo a malapena a raggiungere i due terzi dell’obiettivo. La Russia, nel frattempo, sta rimpiazzando le sue perdite reclutando con contratti lucrativi, senza bisogno di ricorrere alla mobilitazione di massa”. Un alto comandante militare ucraino ammette che c’è stato un crollo del morale in alcune delle sezioni peggiori del fronte. Una fonte dello Stato Maggiore suggerisce che quasi un quinto dei soldati si è assentato dalle proprie posizioni”.

Quindi: L’Ucraina sta raggiungendo una frazione delle sue cifre di mobilitazione e il 20% dei soldati si assenta dalle posizioni – questo è confermato dalla principale stampa occidentale, non da qualche organo di propaganda filorusso o altro.

Il problema delle assenze ingiustificate è diventato così comune che le brigate di punta dell’AFU fanno a gara tra loro nel riaccogliere i disertori, sperando di conquistarli con un approccio più amichevole o ospitale:

Intanto, l’ex comandante dell’Aidar, Dikiy, ha nuovamente confermato i numeri secondo cui l’Ucraina ha bisogno di 500k uomini immediati per stabilizzare il fronte con un ulteriore rifornimento mensile di 20-30k in seguito, il che sembra confermare le perdite mensili dell’Ucraina.

Taras Chmut fa eco a quanto detto sopra, affermando che solo una piccola manciata di uomini nelle brigate ucraine è in grado di combattere:

Il portavoce ufficiale dell’aeronautica ucraina Yuriy Ignat, tra l’altro, ha confermato le parole di Maria Bezuglaya, secondo cui l’Ucraina sta pressando le forze critiche di difesa aerea per trasformarle in unità di combattimento e d’assalto, il che sta erodendo gravemente le capacità di AD dell’Ucraina. Si noti che i “martiri” a cui si riferisce sono i droni russi Shahed:

La situazione non è migliorata da nessuna parte. Ieri il Comandante in capo ucraino Syrsky sembrava giocare al rialzo con il successo di Kursk, riportando alcune cifre che sembrano precise: sostiene che da agosto sono stati uccisi circa 7.000 russi nell’operazione. I dati di Putin parlavano di 30.000 ucraini morti a Kursk, quindi la disparità sembra credibile. Non dubiterei che sia un po’ più vicino, perché Kursk è stato essenzialmente il campo delle unità ucraine più elitarie contro la maggior parte delle guardie di frontiera russe, fino a poco tempo fa.

Bezuglaya potrebbe di nuovo essere visto prendere in giro Syrsky, perché i russi hanno lanciato un importante contrattacco riconquistando nuovamente il territorio e spingendo i resti del contingente ucraino sempre più vicino a Sudzha. La città settentrionale di Pogrebki sarebbe stata catturata o assaltata, dato che le forze russe vi sono state geolocalizzate da filmati intorno a 51.37040405100463, 35.22258690146927:

Nel frattempo, come abbiamo detto, le forze russe si sono attivate lungo la linea di Zaporozhye, catturando diverse posizioni vicino a Orekhov e Hulaipole. Qui è raffigurata la zona a sud di Orekhov, sulla linea dello Zapo occidentale:

Il canale degli ufficiali ucraini riporta l’accumulo di forze:

Sulla linea Ugledar-Kurakhove la Russia continua ad avanzare, fortificando il muro meridionale con l’espansione sia verso nord che sul fianco occidentale, catturando nuovo territorio vicino a Velyka Novosilka:

Il nuovo asse di attacco è stato da nord, con le forze russe che si stanno avvicinando al nodo critico di Sontsovka, che consentirà di stabilire il controllo del fuoco sull’ultima MSR a ovest di Kurakhove e di iniziare effettivamente l’accerchiamento totale:

Sono stati segnalati scontri a Sontsovka e fonti dell’AFU affermano di essere riusciti a mantenere il controllo per ora. Secondo le fonti, Stari Terny, appena a sud, è l’obiettivo finale dell’accerchiamento.

Ecco un thread estremamente dettagliato del combattimento di Kurakhove che mostra perché la città è così difficile da avvicinare. Ci sono difese stratificate e trinceramenti ovunque, che possono essere visti nelle chiare foto satellitari.

Alcuni ultimi elementi disparati:

Mentre la Germania continua a barcollare sull’orlo dell’abisso, stanno venendo fatte alcune interessanti rivelazioni sulle vere motivazioni della Germania:

LA VERITÀ SULL’UCRAINA: Talkshow tedesco alla TV di stato, chiede a un deputato verde del parlamento (Hofreiter) se si tratti di una guerra per le risorse, in particolare per il litio.

Il deputato del Bundestag Anton Hofreiter ha fatto trapelare tutti i suoi trucchi. “Nella parte orientale dell’Ucraina sono concentrate grandi riserve di litio e la Germania sta conducendo una guerra per ottenerle.

Lanz: “Ha un impatto economico diretto e abbiamo bisogno di questo litio in Germania”. Il politico verde dice, “corretto” si tratta di litio. -> Quindi gli uomini ucraini vengono strappati dalle strade, così l’agenda verde può continuare e le auto elettriche possono essere costruite in Europa.

Ora, dopo il crollo del governo, si dice che il nuovo ministro delle finanze tedesco sia l’ex capo della divisione tedesca di Goldman Sachs, Jörg Kukies:

Ancora peggio, si dice che fosse a capo di una divisione di BlackRock, anche se al momento non ho potuto verificarlo in modo indipendente:

È entrato a far parte di BlackRock nel 2014, dove ha ricoperto il ruolo di Managing Director e Co-Head delle operazioni europee di BlackRock. In tale veste, Kukies è stato coinvolto nella supervisione delle attività della società in Europa, Medio Oriente e Africa (EMEA), nonché nella gestione delle relazioni con grandi clienti istituzionali e autorità di regolamentazione.

Sembra che la Germania sia diretta verso lo stesso obiettivo dell’Ucraina.

Una nota sui presunti negoziati in corso tra Russia e Ucraina in merito agli scioperi sulle reti energetiche. Yermak stesso li ha smentiti in una nuova intervista:

Yermak ha infine spiegato cosa intende l’Ucraina quando parla di un accordo con la Russia per porre fine agli scioperi contro il settore energetico:

“Questi negoziati, il modo in cui ne scrivono, ovvero che si tratti presumibilmente di negoziati tra Ucraina e Russia, non sono assolutamente veri.

Cosa sta realmente accadendo: abbiamo tenuto conferenze tematiche, la prima conferenza riguardava la sicurezza energetica. Era online, ma il Qatar era il co-organizzatore. E quando questa conferenza ha avuto luogo, abbiamo registrato i principi su questo punto della “formula di pace”. Tutte queste conferenze tematiche si tengono senza la Russia. Dopo di che abbiamo detto che se oggi, ad esempio, il Qatar o un altro paese è pronto a implementare questi accordi attraverso accordi con l’Ucraina separatamente e, ad esempio, separatamente con la Federazione Russa, sono benvenuti”.

Invece conferma che l’Ucraina ha cercato forse di porgere un ramoscello d’ulivo per salvare la faccia, evitando di dover negoziare direttamente con la Russia.

Infine, il Center for Strategic and International Studies fa alcune grandi ammissioni sull’evoluzione delle capacità di attacco della Russia:

LA RUSSIA È CAPACE DI SCIOPERARE!

Il Centro per gli studi strategici e internazionali spiega che la Russia ha compiuto progressi in molti ambiti:

1) Il ciclo di intelligence, sorveglianza e ricognizione della Russia è diventato davvero serrato: individuano un obiettivo e gli lanciano un missile IN POCHI MINUTI.

2) La Russia ha una base industriale funzionante e può prendere tutto ciò che fanno gli ucraini, replicarlo e ampliarlo rapidamente, mentre l’Ucraina non può. (Come ho scritto prima)

3) I russi hanno iniziato a prendere di mira anche le piccole officine per la produzione di droni e i loro fornitori di componenti.

4) I russi probabilmente ricevono immagini satellitari dai loro partner o società fantasma. -> Interessante anche come discutono del fatto che l’Ucraina nasconde la sua produzione di droni ai civili! Dice “ciò espone i civili a quel rischio”, quindi gli Stati Uniti sono a conoscenza degli scudi umani, ma ci stanno bene.


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“Pace duratura su quali basi? Sicurezza comune e pari opportunità per lo sviluppo nel XXI secolo “. Vladimir Putin

Riunione del Valdai Discussion Club

Il tema dell’incontro è “Pace duratura su quali basi? Sicurezza comune e pari opportunità per lo sviluppo nel XXI secolo “.

* * *

Direttore della ricerca della Fondazione per lo sviluppo e il sostegno del Valdai International Discussion Club Fyodor Lukyanov : Signore e signori, ospiti, amici, partecipanti all’incontro del Valdai Discussion Club!

Stiamo iniziando la sessione plenaria del 21 ° meeting annuale del Valdai International Discussion Club. Abbiamo trascorso quattro giorni meravigliosi pieni di discussioni e ora possiamo provare a riassumere alcuni dei risultati.

Vorrei invitare sul palco il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin.

Presidente della Russia Vladimir Putin: Grazie. Grazie mille.

Buongiorno, signore e signori, amici,

Sono lieto di darvi il benvenuto a tutti al nostro tradizionale incontro. Innanzitutto, vorrei ringraziarvi per aver preso parte alle discussioni acute e sostanziali del Valdai Club. Ci incontreremo il 7 novembre, una data significativa sia per la Russia che per il mondo intero. La Rivoluzione russa del 1917, come le rivoluzioni olandese, inglese e francese del loro tempo, sono diventate tutte, in una certa misura, pietre miliari nel percorso di sviluppo dell’umanità e hanno ampiamente determinato il corso della storia, la natura della politica, della diplomazia, delle economie e della struttura sociale.

Siamo anche destinati a vivere in un’epoca di cambiamenti fondamentali, persino rivoluzionari, e non solo a comprendere, ma anche a prendere parte direttamente ai processi più complessi del primo quarto del XXI secolo . Il Valdai Club ha già 20 anni, quasi la stessa età del nostro secolo. A proposito, in casi come questo si dice spesso che il tempo vola velocemente, ma non in questo caso. Questi due decenni sono stati più che pieni degli eventi più importanti, a volte drammatici, di portata veramente storica. Stiamo assistendo alla formazione di un ordine mondiale completamente nuovo, niente a che vedere con quelli che avevamo in passato, come i sistemi di Westfalia o di Yalta.

Stanno emergendo nuovi poteri. Le nazioni stanno diventando sempre più consapevoli dei loro interessi, del loro valore, della loro unicità e identità, e sono sempre più insistenti nel perseguire gli obiettivi di sviluppo e giustizia. Allo stesso tempo, le società si trovano ad affrontare una moltitudine di nuove sfide, da entusiasmanti cambiamenti tecnologici a catastrofici disastri naturali, da una scandalosa divisione sociale a massicce ondate migratorie e gravi crisi economiche.

Gli esperti parlano della minaccia di nuovi conflitti regionali, di epidemie globali, di aspetti etici complessi e controversi dell’interazione tra esseri umani e intelligenza artificiale, di come tradizioni e progresso si conciliano tra loro.

Tu e io avevamo previsto alcuni di questi problemi quando ci siamo incontrati prima e ne abbiamo persino discusso in dettaglio alle riunioni del Valdai Club. Ne avevamo anticipati istintivamente alcuni, sperando nel meglio ma senza escludere lo scenario peggiore.

Qualcosa, al contrario, è diventata una sorpresa completa per tutti. In effetti, la dinamica è molto intensa. In effetti, il mondo moderno è imprevedibile. Se si guarda indietro di 20 anni e si valuta la portata dei cambiamenti, e poi si proiettano questi cambiamenti negli anni a venire, si può supporre che i prossimi vent’anni non saranno meno, se non più difficili. E quanto più difficili saranno, dipende dalla moltitudine di fattori. Da quanto ho capito, vi state riunendo al Valdai Club esattamente per analizzare tutti questi fattori e cercare di fare delle previsioni, delle previsioni.

Arriva, in un certo senso, il momento della verità. Il precedente assetto mondiale sta irreversibilmente scomparendo, in realtà è già scomparso, e si sta svolgendo una seria, inconciliabile lotta per lo sviluppo di un nuovo ordine mondiale. È inconciliabile, soprattutto, perché questa non è nemmeno una lotta per il potere o l’influenza geopolitica. È uno scontro dei principi stessi che saranno alla base delle relazioni tra paesi e popoli nella prossima fase storica. Il suo esito determinerà se saremo in grado, attraverso sforzi congiunti, di costruire un mondo che consentirà a tutte le nazioni di svilupparsi e risolvere le contraddizioni emergenti sulla base del rispetto reciproco per culture e civiltà, senza coercizione e uso della forza. E infine, se la società umana sarà in grado di mantenere i suoi principi etici umanistici e se un individuo sarà in grado di rimanere umano.

A prima vista, potrebbe sembrare che non ci siano alternative. Eppure, purtroppo, ce ne sono. È l’immersione dell’umanità nelle profondità dell’anarchia aggressiva, delle divisioni interne ed esterne, dell’erosione dei valori tradizionali, dell’emergere di nuove forme di tirannia e dell’effettiva rinuncia ai principi classici della democrazia, insieme ai diritti e alle libertà fondamentali. Sempre più spesso, la democrazia viene interpretata non come il governo della maggioranza, ma della minoranza. La democrazia tradizionale e il governo del popolo vengono contrapposti a una nozione astratta di libertà, per il bene della quale, come sostengono alcuni, le procedure democratiche, le elezioni, l’opinione della maggioranza, la libertà di parola e un media imparziale possono essere ignorati o sacrificati.

Il pericolo sta nell’imposizione di ideologie totalitarie e nel renderle la norma, come esemplificato dall’attuale stato del liberalismo occidentale. Questo moderno liberalismo occidentale, a mio avviso, è degenerato in un’estrema intolleranza e aggressività verso qualsiasi pensiero alternativo o sovrano e indipendente. Oggi, cerca persino di giustificare il neonazismo, il terrorismo, il razzismo e persino il genocidio di massa di civili.

Inoltre, ci sono conflitti e scontri internazionali carichi del pericolo di distruzione reciproca. Le armi che possono causare ciò esistono e vengono costantemente migliorate, assumendo nuove forme man mano che le tecnologie avanzano. Il numero di nazioni che possiedono tali armi sta crescendo e nessuno può garantire che queste armi non saranno utilizzate, soprattutto se le minacce si moltiplicano gradualmente e le norme legali e morali vengono infine infrante.

Ho già affermato in precedenza che abbiamo raggiunto le linee rosse. Gli appelli dell’Occidente a infliggere una sconfitta strategica alla Russia, una nazione con il più grande arsenale di armi nucleari, rivelano l’avventurismo sconsiderato di certi politici occidentali. Una fede così cieca nella propria impunità ed eccezionalità potrebbe portare a una catastrofe globale. Nel frattempo, gli ex egemoni, che sono stati abituati a governare il mondo fin dall’epoca coloniale, sono sempre più stupiti che i loro ordini non vengano più ascoltati. Gli sforzi per aggrapparsi al loro potere in calo attraverso la forza si traducono solo in un’instabilità diffusa e in maggiori tensioni, con conseguenti vittime e distruzione. Tuttavia, questi sforzi non riescono a raggiungere il risultato desiderato di mantenere un potere assoluto e incontrastato. Perché la marcia della storia non può essere fermata.

Invece di riconoscere la futilità delle loro ambizioni e la natura oggettiva del cambiamento, alcune élite occidentali sembrano pronte a fare di tutto per ostacolare lo sviluppo di un nuovo sistema internazionale che si allinei con gli interessi della maggioranza globale. Nelle recenti politiche degli Stati Uniti e dei suoi alleati, ad esempio, il principio di “Non apparterrai a nessuno!” o “O sei con noi o contro di noi” è diventato sempre più evidente. Voglio dire che una formula del genere è molto pericolosa. Dopotutto, come dice il proverbio del nostro e di molti altri paesi, “Quello che la fai torna indietro”.

Il caos, una crisi sistemica sta già aumentando nelle stesse nazioni che tentano di attuare tali strategie. La ricerca dell’esclusività, del messianismo liberale e globalista e del monopolio ideologico, militare e politico sta costantemente esaurendo quei paesi che perseguono queste strade, spingendo il mondo verso il declino e contraddicendo nettamente i genuini interessi delle persone negli Stati Uniti e nei paesi europei.

Sono convinto che prima o poi l’Occidente arriverà a questa consapevolezza. Storicamente, i suoi grandi successi sono sempre stati radicati in un approccio pragmatico e lucido, basato su una valutazione dura, a volte cinica ma razionale delle circostanze e delle proprie capacità.

In questo contesto, vorrei sottolineare ancora una volta: a differenza delle nostre controparti, la Russia non vede la civiltà occidentale come un avversario, né pone la questione “noi o loro”. Ribadisco: “O sei con noi o contro di noi” non fa parte del nostro vocabolario. Non abbiamo alcun desiderio di insegnare a nessuno o di imporre la nostra visione del mondo a nessuno. La nostra posizione è aperta ed è la seguente.

L’Occidente ha effettivamente accumulato significative risorse umane, intellettuali, culturali e materiali che gli consentono di prosperare come uno degli elementi chiave del sistema globale. Tuttavia, è precisamente “uno dei” accanto ad altre nazioni e gruppi in rapido progresso. L’egemonia nel nuovo ordine internazionale non è una considerazione. Quando, ad esempio, Washington e altre capitali occidentali comprenderanno e riconosceranno questo fatto incontrovertibile, il processo di costruzione di un sistema mondiale che affronti le sfide future entrerà finalmente nella fase di autentica creazione. Se Dio vuole, ciò dovrebbe accadere il prima possibile. Ciò è nell’interesse comune, soprattutto per l’Occidente stesso.

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Le conseguenze delle elezioni: Note sul “Grande Riallineamento, di Simplicius

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Alcune riflessioni post-elettorali sono doverose.

In primo luogo, vorrei annunciare che il più recente articolo a pagamento è stato aperto al pubblico in questa occasione:

Mentre fissiamo il precipizio, riflessioni finali

31 ottobre
As We Stare Down the Precipice, Final Ruminations
Si sta verificando un cambiamento importante.
Leggi l’articolo completo

Vi invito a leggerlo soprattutto perché la previsione esposta nell’incipit si è rivelata finora accurata, in quanto la vittoria di Trump ha provocato un tangibile riallineamento e un esame di coscienza a sinistra, quindi le previsioni rimanenti possono avere una risonanza particolare.

Tuttavia, vorrei indicarvi un paio di importanti risultati da trarre dal risultato elettorale. Ecco il mio più grande di tutti:

Le elezioni hanno dimostrato una cosa: lo “Stato profondo” e i poteri ostili nascosti noti come “Globalisti” che tramano dietro le quinte e gestiscono segretamente il Paese non sono onnipotenti. Possono chiaramente essere sconfitti quando il popolo è abbastanza stufo.

In questo ciclo elettorale hanno provato praticamente di tutto, e nessuno dei loro metodi precedenti è stato sufficiente per truccare e rubare le elezioni al loro candidato. Dalla manipolazione delle macchine per il voto elettronico, alla raccolta delle schede elettorali, ai voti per corrispondenza, ai falsi sondaggi e alle indagini, ai risultati di ricerca truccati su Google e altrove, fino a quello più grande: l’invasione di massa di immigrati clandestini per installare un regime di voto democratico permanente in perpetuo. Nessuno di questi ha funzionato, e Trump ha comunque vinto in una massiccia frana repubblicana. I repubblicani hanno vinto il Senato e, al momento in cui scriviamo, sono in procinto di vincere anche la Camera, con più seggi in ognuno di essi. Il fatto che i repubblicani controllino ogni ramo del governo potrebbe dare a Trump carta bianca per fare gran parte delle pulizie domestiche che ha promesso:

L’altro enorme elefante nella stanza esposto da questa elezione è il fatto ora innegabile e irrevocabile che il 2020 è stato di fatto rubato:

Proprio così, ecco le cifre del conteggio totale dei voti dei Democratici nelle ultime sei elezioni:

2004 Kerry – 59 milioni

2008 Obama – 69,5M

2012 Obama – 65,9 milioni

2016 Clinton – 65,9M

2020 Biden – 81,3M

2024 Harris – 66,4M

Notate qualcosa?

La prima vittoria di Obama è stata un risveglio nazionale grandioso e “trasformativo” – anche i repubblicani devono ammettere che la campagna del 2008 è stata “speciale” e che Obama ha portato un nuovo tipo di energia e influenza, un cambiamento culturale indicato dal famoso manifesto “Hope” che ha catturato una sorta di zeitgeist storico:

E i numeri lo riflettono: il voto del 2008 ha registrato un’affluenza record di 69,5 milioni di persone per Obama. La campagna elettorale di Harris per il 2024 ha speso un record di 1 miliardo di dollari dollari, eppure non è riuscita nemmeno ad avvicinarsi alla “religiosa” affluenza di Obama alla prima elezione, per non parlare dei “miracolosi” (leggi: anomali) 81,3 milioni di Biden.

Non è matematicamente possibile che Biden abbia avuto un’affluenza così anomala e da record, eclissando entrambi i candidati democratici precedenti e successivi.

Per la cronaca, Steve Bannon ha ora dichiarato che non lascerà cadere la questione e perseguirà la verità e tutti i rimedi (leggi: vendetta?) per ciò che è stato perpetrato nel 2020.

Quindi, l’altra grande domanda: come ha perso l’establishment, esattamente? Se avevano il loro piano a prova di bomba di milioni di nuovi immigrati, eccetera, cosa è andato storto esattamente per loro? Beh, sembra che la squadra di Trump abbia effettivamente preparato il terreno per gli imprevisti. Un membro del suo team ha affermato che un esercito di “500 avvocati per Stato” è sceso ieri sera per controllare tutte le irregolarità, e in effetti sembra che abbia persino contrastato diversi “tentativi” nel filone del 2020.

Per esempio, non solo sono state segnalate “irregolarità” in tutto lo Stato, per lo più di minore entità, come giochi con gli orari di voto, funzionari che si sono presentati in ritardo o macchine che si sarebbero guastate in contee per lo più rosse, ma c’è stato anche questo nella contea di Centre, in PA:

Probabilmente non lo sapremo mai con certezza, ma sembra che l’RNC e il team di Trump fossero molto più preparati a gestire tutti i trucchi e gli espedienti. La mancanza di protocolli COVID ha ovviamente ovviato a molti dei trucchi delle schede postali dell’ultima volta, ma è ancora un po’ un mistero il motivo per cui le decine di milioni di nuovi immigrati clandestini non abbiano influenzato massicciamente le elezioni nel modo previsto. In realtà, non lo sappiamo: forse l’hanno fatta oscillare molto più di quanto sappiamo, ma semplicemente Kamala è così impopolare che non sono riusciti a portarla nemmeno vicino al traguardo. Forse senza un voto illegale sarebbe arrivata a 30-40 milioni di voti invece che a 65 milioni.

C’è qualche prova circostanziale a sostegno di questa tesi: secondo questo grafico, Kamala ha vinto solo negli Stati che non richiedevano la carta d’identità:

Un po’ suggestivo, no?

Il 2024 è stato pubblicizzato come “affluenza record” per un’elezione che entrambe le parti sapevano essere più critica e cruciale che mai, eppure il totale dei voti espressi è stato danneggiato da un’elezione tenutasi durante la peggiore pandemia sanitaria di diverse generazioni:

Anche le contee Bellwether puntano a una chiara frode nel 2020.

Dove c’è fumo, c’è fuoco.

Nel mio pezzo a pagamento linkato prima ho parlato del grande cambiamento che sta avvenendo. Tutti stanno iniziando a vederlo, la finestra di Overton si sta aprendo, il potere della cancellazione e della deplorazione si è ritirato e sta diventando sempre più accettabile parlare di argomenti prima proibiti. Sulla scia delle elezioni di ieri sera, anche i media mainstream stanno iniziando a rendersi conto delle proprie carenze e dell’ampio divario di comprensione tra loro e l’America del cuore che ha portato a questo risultato.

Scott Jennings della CNN lo ha sintetizzato al meglio in un cupo momento di riflessione allo specchio, molto poco caratteristico per il network virulento:

Ha ragione: Trump ha vinto il voto popolare ieri sera, non solo il collegio elettorale. Si è trattato di un enorme schiaffo alle previsioni degli organi dell’establishment, come quelle del CFR il giorno stesso del voto:

Si noti come hanno preriscaldato il forno per arrostire Trump proprio con l’accusa di cui ora si è assolto meteorologicamente.

Allo stesso modo, anche Brian Stelter della CNN si è mostrato auto-riflessivo e penitente:

Nel pezzo, Stelter scrive:

Una citazione in una recente rubrica del New York magazine ha incanalato questa domanda. La citazione, proveniente da un anonimo dirigente televisivo, è stata diffusa sui social media mercoledì mattina. “Se metà del Paese ha deciso che Trump è qualificato per essere presidente, significa che non legge nessuno di questi media e che abbiamo perso completamente il nostro pubblico”, ha detto il dirigente. “Una vittoria di Trump significa che i media mainstream sono morti nella loro forma attuale. E la domanda è: come sarà dopo?”.

Continua a parlare dell’ammessa disconnessione di cui i media mainstream di sinistra hanno goduto da quando è iniziata l’era del derangement di Trump, ma sfortunatamente per lui, non riesce mai ad agganciare completamente il treno alla stazione, e finisce per concludere con alcuni luoghi comuni che evidenziano proprio il problema su cui ha cercato di far leva.

Oggi, ovunque ci si giri, gli opinionisti del mainstream si affannano in questa dolorosa ricerca interiore, chiedendosi: “Dove abbiamo sbagliato?”.

Chuck Todd, ad esempio, ammette a malincuore come Trump abbia trattato gli ispanici come normali lavoratori, mentre i democratici li hanno trasformati in pedine identitarie con una messaggistica piatta e insultante che utilizza bastardizzazioni come “LatinX” che in realtà non risuonano con la maggioranza di loro.

Anche Scarborough di MSNBC “Morning Joe” si è scatenato contro la politica dell’identità, dichiarando giustamente che qualcosa è andato storto nel Paese: i figli di un suo amico in età universitaria riferiscono di essere terrorizzati anche solo dall’alzare la mano a scuola perché la mancanza di libertà di pensiero è diventata così grave. La politicizzazione di ogni questione ha creato un ambiente repressivo che persino gli irriducibili anti-Trump citano come centrale nell’attuale Grande Svolta dell’America.

L’auto-riflessione e l’esame di coscienza sono stati evidenti in tutti i principali organi di informazione. La prima pagina del NY Times annunciava una svolta nazionale, evocando una “rivolta populista contro la visione che l’élite ha degli Stati Uniti”.

Improvvisamente, tutti gli organi dell’establishment stanno prendendo coscienza di sé e ammettono apertamente l’ampio scollamento che la classe elitaria ha permesso che si creasse tra loro e la gente comune.

L’esempio più illustrativo è stato il conteggio di Washington, che ha mostrato quanto sia distaccata la casta di beltway dal sentimento nazionale:

Le contee sono state vinte da ciascuno.

Altri importanti opinionisti hanno preso nota, con il titolo di Matt Taibbi come esempio principale:

Un gigantesco asteroide elettorale colpisce la classe intellettuale americana, che non se ne accorge

Ovviamente, non tutti i media mainstream sono stati costretti a un pentimento aperto. Molti hanno continuato ad aggrapparsi alle vecchie tradizioni di incolpare il razzismo e il bigottismo, con un’arringa a View che ha definito i risultati delle elezioni un “referendum sul risentimento culturale in questo Paese” perché, secondo lei, una “donna di colore sposata con un ebreo” è stata rifiutata come candidata dall’elettorato di Trump.

Il più divertente atto d’accusa, tuttavia, è stato stampato una settimana prima delle elezioni dall’importante rivista francese Nouvel Obs, che ha caratterizzato in modo esilarante l’ascesa di Trump come la vendetta a lungo covata del Sud americano per la Guerra Civile, e per di più su scala planetaria!

Cercate di reprimere le risate:

Secondo lo storico, il candidato repubblicano alla Casa Bianca rappresenta un anno di America che non ha ancora fatto i conti con la vittoria del Nord nella guerra civile americana. Con il miliardario Elon Musk al suo fianco, egli intende proiettare questa visione di maschi bianchi e cristiani in tutto il mondo.

È una sorta di Dixieland razzista Jihad, simile alla visionaria “Pace d’oro” di Dune che richiedeva la distruzione dell’universo secondo la profezia di Muad’Dib. È semplicemente incredibile fino a che punto si spingano nel contorcere un calcolo sociologico ed economico molto semplice. È difficile credere che non si tratti di una presa in giro, e per di più da parte di uno dei principali giornali politici di Parigi:

Semplicemente non riescono a capire come una depressione storica e un’economia devastata, un’erosione senza precedenti dei diritti, delle libertà civili e della libertà di parola, così come la distruzione del futuro di un’intera generazione – la generazione Z – prevalgano su – senza usare un gioco di parole – la singola questione dell’aborto, che non interessa a nessuno.

L’ultimo punto ci porta a considerare ciò che viene dopo, come ho descritto nel pezzo originale a pagamento: i Democratici hanno ancora la sentenza posticipata del 26 novembre per il processo penale di Trump, così come le minacce di Jamie Raskin di utilizzare la Sezione 3 del 14° Emendamento per impedire a Trump di essere certificato e giurato. Uno dei problemi, tuttavia, è che questa volta Trump ha vinto il mandato del popolo – il voto popolare – e quindi sarà difficile per i suoi nemici portare avanti i loro piani, dato che non c’è alcuna giustificazione per sostenere che sia illegittimo quando la maggioranza del Paese ha effettivamente votato per lui, a differenza del 2016, quando Hillary ha effettivamente vinto il voto popolare ma ha comunque perso per il collegio elettorale.

Tuttavia, alcuni esponenti dell’establishment sembrano sperare che le cose sfocino nella violenza; il New Yorker ha pubblicato questo articolo un giorno fa:

Questi portavoce dell’establishment continuano a cercare disperatamente di dipingere gli americani del cuore come “l’altro”, quelli che sono cambiati o hanno perso il contatto con l’anima della nazione, in qualche modo “corrotti” nelle loro tane di folletti degli Appalachi, come in una caricatura del Signore degli Anelli.

In realtà, chiunque sia sano di mente sa che è il contrario: Il nucleo centrale di Trump è costituito dalle sinistre, quelle che si sono piegate come canne al vento mentre il mostruoso tornado della sinistra si abbatteva, radendo al suolo i pilastri culturali del Paese, spostando i paletti e rovesciando gli status quo.

Ma ora il coperchio è stato spalancato e il popolo è stato vaccinato contro i trucchi più economici dell’establishment, che hanno perso il loro fervore. Per questo motivo, nel pezzo a pagamento ho scritto che le cose sono destinate a cambiare notevolmente, non perché Trump sia una figura messianica, ma perché è arrivato nel momento culminante in cui la pressione ha raggiunto il massimo da sola; sta solo creando il canale per il vasto cambiamento che si è già accumulato sotto la superficie per anni.

C’è il potenziale per fare cambiamenti radicali perché non ha più nulla da perdere: è il suo ultimo mandato, è vecchio e già miliardario, è stato demonizzato all’estremo e la sua reputazione è già stata macchiata dai Democratici, il che include arresti e reati tangibili; in cima a tutto questo, ha il pieno mandato del popolo con il voto popolare e quello che sembra un controllo totale senza precedenti di ogni ramo del governo con una piena pulizia rossa. Si tratta di una tripletta, un momento storicamente raro in cui può andare fino in fondo e paralizzare generazionalmente lo Stato profondo, riformando al contempo l’intero sistema; se volesse, potrebbe anche scendere in un vero e proprio cesarismo, ma questa è un’altra storia. Come minimo, potrebbe imitare Milei nell’estirpare tutte le inutili erbacce delle agenzie governative.

Come esempio dell'”effetto indiretto” menzionato prima, grandi cambiamenti stanno già avvenendo nel mondo solo grazie alla pura inerzia della vittoria di Trump. Ad esempio, poche ore dopo la vittoria di Trump, il governo tedesco sotto Scholz ha iniziato a crollare:

Politico afferma che non si tratta di una semplice coincidenza: La vittoria di Trump ha lasciato l’élite tedesca molto scossa per le ripercussioni che le politiche di Trump potrebbero avere sulle industrie tedesche già devastate.

La rinnovata instabilità politica in Germania è arrivata poche ore dopo la netta vittoria di Donald Trump alle elezioni americane, un risultato che ha stupito i leader politici tedeschi, che dipendono dalla potenza militare americana per la difesa del Paese e temono che le politiche tariffarie di Trump ostacolino l’industria tedesca.

Si prevede che la vittoria di Trump metterà sotto forte pressione la più grande economia europea. Un’analisi dell’Istituto economico tedesco (IW) stima che una nuova guerra commerciale potrebbe costare alla Germania 180 miliardi di euro nei quattro anni di mandato di Trump.

Molti in Germania avevano sperato che la vittoria di Donald Trump alle elezioni americane avrebbe costretto la coalizione a rimanere unita per il timore che il presidente entrante avrebbe dato filo da torcere alla più grande economia europea.

Lo stesso Scholz si è lanciato in un discorso televisivo non programmato in cui ha confermato l’importanza di Trump sugli eventi in corso, invocando le elezioni:

Come ho detto nell’altro articolo, si tratta di aprire il vaso di Pandora: La vittoria di Trump romperà l'”incantesimo” globalista, incoraggiando i governi di tutto il mondo a sfidare le politiche di Blob, portando a molti altri crolli e a un ulteriore aumento delle fazioni di destra in Europa. I temi proibiti, come l’immigrazione, le questioni sociali e identitarie, ecc. diventeranno sempre più centrali quando la diga si romperà del tutto e le élite saranno costrette sulla difensiva per sempre.

Nei prossimi giorni discuteremo più dettagliatamente le implicazioni della vittoria di Trump. Per ora, è sufficiente sapere che potrebbe essere l’ultimo colpo sparato in una rivoluzione globale in corso che potrebbe portare alla ridipintura della tela globale entro il 2030 o giù di lì.

Nel frattempo, vi lascio con le parole non convenzionali dell’imminente economista Sergei Glazyev per l’occasione:

Sergey Glazyev:

Gli struzzi stanno scappando, la Pax Americana sta finendo. La setta di Leo Strauss, che governava gli Stati Uniti e progettava di instaurare una dittatura mondiale di pochi eletti, sta perdendo le elezioni. Anche lo Stato profondo degli Stati Uniti non ha scelta: una ripetizione della falsificazione porterà a una guerra civile e al collasso del Paese. Negli Stati Uniti stanno salendo al potere i pragmatici che riconoscono la transizione verso un nuovo ordine economico mondiale. La strategia di Brzezinski di sconfiggere la Russia, distruggere l’Iran e isolare la Cina, come previsto, ha solo rafforzato la Cina, che è diventata un leader globale. Insieme all’India, formerà un nuovo centro bipolare del nuovo sistema economico mondiale. Gli Stati Uniti possono integrarsi in esso come altro centro dell’economia mondiale se abbandonano l’imperialismo e fermano la guerra ibrida globale. È nell’interesse nazionale degli Stati Uniti che Trump liberi gli Stati Uniti dalla setta dello struzzo [straussiana] che li ha appesantiti. Per allineare le politiche di Washington all’interesse nazionale degli Stati Uniti sarà necessario avvelenare l’Europa e far cadere i regimi traditori antiumani di Germania e Francia. Come avevamo previsto, la guerra ibrida mondiale, iniziata dall’élite finanziario-potenziale statunitense per il dominio del mondo nel 2001 con l’attacco dei servizi segreti americani alle Torri Gemelle di New York, finirà l’anno prossimo con il riconoscimento universale della sua sconfitta e il completamento della transizione verso un nuovo ordine economico mondiale. Il mondo diventerà policentrico e policurrency, verrà ripristinato il significato della sovranità nazionale e del diritto internazionale.


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Ecco come l’America si è liberata da ciò che è stato, di Andrew Korybko

Un mix di magistrale campagna elettorale, l’acquisto di Twitter da parte di Musk e, presumibilmente, un colpo di divina provvidenza avvenuto quest’estate hanno reso tutto questo possibile.

Trump ha appena sconfitto Kamala nonostante le formidabili probabilità che erano contro di lui. È sopravvissuto a due assassinii tentativi , ha resistito alle leggi del governo, ed è sulla buona strada per assicurarsi il voto popolare nonostante i media tradizionali sostenessero pienamente il suo avversario. A proposito di lei, è famosa per aver ripetuto la sua frase sull’America che diventa ” sgravata da ciò che è stato “, il che significa andare oltre l’era Trump. Ironicamente, il paese l’ha appena superata, ed ecco come è successo:

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1. “È l’economia, stupido!”

Il consulente democratico James Carville ha coniato la frase sopra menzionata in riferimento alla questione elettorale più importante per la maggior parte degli americani. Risuona ancora vera oggi, poiché la maggior parte del paese sta peggio dopo quattro anni di amministrazione Biden-Harris rispetto al primo mandato di Trump. Non importa quali siano le ragioni di ciò, poiché tali sviluppi vanno fortemente contro i titolari. Di conseguenza, gli americani hanno votato per riportare in auge l’economia d’oro inaugurata da Trump.

2. L’immigrazione, sia legale che illegale, è fuori controllo

L’immigrazione è sempre un argomento scottante, ma lo è stato ancora di più durante queste elezioni a causa dell’afflusso senza precedenti di immigrati clandestini che hanno invaso il paese sotto Biden e dei resoconti virali di immigrati haitiani legali portati dal governo che mangiavano gli animali domestici delle persone in Ohio. Trump ha promesso di reprimere la componente illegale e di controllare più attentamente coloro che entrano nel paese tramite canali legali per garantire che si assimilino e si integrino. Questo approccio è molto popolare tra gli americani.

3. La gente ha paura della terza guerra mondiale

Gli americani non hanno mai avuto tanta paura della Terza Guerra Mondiale come adesso. La NATO-Russia la guerra per procura in Ucraina e gli attacchi avanti e indietro israelo-iraniani , ognuno dei quali ha il potenziale di sfociare nell’apocalisse nel peggiore dei casi, erano impensabili sotto Trump. Ha promesso di fare del suo meglio per portare la pace in Europa e in Medio Oriente se fosse stato rieletto, mentre Kamala ha promesso più delle stesse politiche che hanno portato il mondo sull’orlo della guerra. Un voto per Trump è quindi diventato un voto per la pace.

4. Le diffamazioni dei media contro Trump non funzionano più

Gli ultimi otto anni e mezzo di diffamazione dei media tradizionali contro Trump non hanno più l’effetto che avevano in passato nel manipolare la percezione che gli elettori avevano di lui e sono persino diventati controproducenti. Più accusano Trump di essere un “nazista” o altro, meno alla gente importa. I loro surrogati celebrità sono altrettanto cattivi e alcuni come Mark Cuban hanno inferto un duro colpo alla loro causa attaccando ferocemente le sostenitrici di Trump in quella che può essere vista come la “sorpresa di ottobre” di quest’anno.

5. Musk ha ripristinato la libertà di parola online

I punti precedenti sono tutti importanti, ma non avrebbero portato alla vittoria di Trump se Elon Musk non avesse ripristinato la libertà di parola online acquistando Twitter. Gli americani hanno potuto quindi condividere notizie sulle elezioni senza timore di censura, il che ha dimostrato loro di non essere gli unici a mettere in discussione l’amministrazione Biden e le false affermazioni dei media tradizionali. Anche quelle due sono state smentite in tempo reale. Se non fosse stato per Musk, le loro bugie si sarebbero diffuse senza essere contrastate, probabilmente rimodellando le elezioni.

6. Musk, RFK e Tulsi hanno reso cool il distacco dai democratici

Musk, RFK e Tulsi Gabbard sono ex democratici che hanno abbandonato il partito per protestare contro ciò che era diventato, ovvero un movimento ideologico radicale liberale – globalista che aveva reciso completamente le sue radici percepite con la classe operaia. Alla fine si sono tutti schierati dietro Trump, il che ha reso cool anche per altri democratici abbandonare il partito e lo ha aiutato a ottenere parte del voto indipendente che lo ha portato oltre il limite in stati chiave indecisi. Non avrebbe potuto vincere se non fosse stato per questa coalizione di unità.

7. Gli Amish e i Polacchi hanno aiutato Trump ad avere la meglio in Pennsylvania

Lo Stato Keystone è diventato la chiave della vittoria di Trump questa volta, e lui deve ringraziare gli Amish e i Polacchi per questo. Scott Presler , ex presidente di Gays for Trump, ha svolto un ruolo indispensabile nel mobilitare il primo, mentre i Posobiec Brothers (il popolare commentatore conservatore Jack e suo fratello Kevin) hanno reclutato i loro connazionali del secondo nel loro stato d’origine. La combinazione di questi due, entrambi gruppi e attivisti, ha garantito la vittoria di Trump lì.

8. La campagna GOTV dei repubblicani ha fatto la differenza

I repubblicani erano determinati a rendere il vantaggio di Trump “troppo grande da truccare” dopo essere stati convinti che fosse stato truffato del suo legittimo secondo mandato durante le ultime elezioni. A tal fine, hanno abbracciato il voto anticipato e raccolto le schede con lo stesso entusiasmo dei loro rivali democratici quattro anni fa, sapendo che letteralmente ogni voto conta e non volendo perderne nemmeno uno. Ciò ha fatto la differenza, evitando preventivamente scenari speculativi con cui Trump avrebbe potuto essere truffato ancora una volta.

9. L’aborto non è più un problema nelle elezioni presidenziali

L’annullamento da parte della Corte Suprema della sentenza Roe vs. Wade a metà del 2022 ha reso l’aborto una questione di diritti degli stati, che ha tolto il vento dalle sue precedenti vele come questione federale e quindi ha reso molto più difficile per i democratici mettere le donne contro i candidati repubblicani alla presidenza come in passato. Per quanto ci abbiano provato, non ci sono più riusciti, e questo ha aiutato Trump a uscirne vincitore. Il partito ha fatto affidamento sull’aborto per così tanto tempo che non sa cosa fare ora che non è più rilevante a livello presidenziale.

10. Walz è stata una delle peggiori scelte di vicepresidente immaginabili

Kamala avrebbe potuto avere una possibilità se avesse scelto il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro come suo compagno di corsa al posto del governatore del Minnesota Tim Walz, ma il primo è ebreo e ha legami con l’IDF , quindi temeva di perdere il voto musulmano del Midwest se lo avesse scelto. Fu un errore poiché Walz era una delle peggiori scelte di vicepresidente immaginabili e JD Vance lo fece a pezzi durante il loro dibattito. La maggior parte degli americani non voleva che Walz fosse a un battito di ciglia dalla presidenza dopo quello.

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La storia del ritorno politico di Trump è da libri di storia dopo le probabilità apparentemente insormontabili che ha superato. Un mix di magistrale campagna elettorale, l’acquisto di Twitter da parte di Musk e presumibilmente un colpo di divina provvidenza durante l’estate si sono uniti per rendere possibile tutto questo. L’America è ora veramente libera da ciò che è stato dopo aver respinto con decisione gli ultimi quattro anni in piena sfida ai democratici. Ora tocca a Trump mantenere la sua promessa finale di “rendere l’America di nuovo grande”.

Ha coinvolto il Canada in un conflitto straniero in cui non ha interessi personali e che ora si sta combattendo in parte sul suolo nazionale, con vittime tra i suoi cittadini.

I violenti estremisti khalistani, che vogliono ritagliarsi un proprio paese dal Punjab indiano, hanno devastato domenica un tempio indù nella Greater Toronto Area in uno dei loro attacchi più audaci degli ultimi anni. Di certo non ha superato il bombardamento del volo Air India 182 del 1985, che ha ucciso oltre 300 persone, soprattutto perché nessuno è morto durante gli ultimi scontri, ma dimostra comunque che l’adesione di Trudeau a questo movimento sta mettendo in pericolo i canadesi medi ed è contraria agli interessi nazionali.

Afferma che hanno la libertà sancita dalla Costituzione di promuovere qualsiasi causa desiderino, nonostante l’India abbia designato alcuni dei suoi leader come terroristi-separatisti, la cui estradizione è richiesta da anni. Comunque sia, c’è una grande differenza tra protestare pacificamente e pubblicare agitprop online e scatenarsi in un luogo di culto e minacciare i diplomatici, quest’ultima è una delle tattiche più recenti di questo movimento che viola la Convenzione di Vienna.

Invece di lavorare responsabilmente con i pari statali del Canada in India per contrastare le minacce transnazionali poste da questi attori non statali, Trudeau li ha incolpati di queste tensioni dopo aver accusato l’India di aver orchestrato l’assassinio nell’estate del 2023 di un terrorista-separatista designato da Delhi a Vancouver. Gli Stati Uniti hanno poi seguito l’esempio in risposta a un complotto simile che avrebbero sventato. Ecco alcuni briefing di base per coloro che non hanno seguito da vicino questo scandalo:

* 19 settembre 2023: ” La disputa tra India e Canada è molto più di un presunto assassinio ”

* 1 ottobre 2023: ” Il principale diplomatico indiano ha condiviso alcune oscure verità sul Canada ”

* 2 maggio 2024: ” L’articolo del WaPo sull’assassinio indiano è un colpo di avvertimento da parte delle agenzie di intelligence americane ”

* 23 settembre 2024: “ Gli Stati Uniti stanno giocando a un gioco di poliziotto buono e poliziotto cattivo contro l’India ”

* 19 ottobre 2024: “ La rottura di fatto dei legami indo-canadesi ha le impronte digitali degli Stati Uniti dappertutto ”

In breve, il Canada e gli Stati Uniti hanno coltivato gli estremisti khalistani come ibridi Le armi da guerra contro l’India per anni come una carta da giocare quando inevitabilmente ha iniziato a sfidare l’Occidente come ha fatto dal 2022 per quanto riguarda le loro richieste di sanzionare la Russia, da qui la tempistica di queste ultime tensioni. La differenza tra gli approcci complementari di questi due è che quello del Canada è molto più fuori controllo a livello locale a causa della ” politica del voto bancario ” di Trudeau.

Si sente costretto a compiacere questi estremisti a causa della popolarità dell’estremismo khalistano tra la minoranza sikh del suo paese, il cui politico di punta Jagmeet Singh del New Democratic Party ha il potere di rovesciare il governo di Trudeau in qualsiasi momento, come spiegato di recente da Politico qui . Il Canada è di conseguenza tenuto in ostaggio da questi estremisti politici che si sentono incoraggiati da questo accordo a terrorizzare letteralmente gli indù sapendo che lo stato probabilmente chiuderà un occhio sui loro attacchi.

Ciò contraddice gli interessi nazionali del Canada, coinvolgendolo in un conflitto straniero in cui non ha interessi e che ora è parzialmente combattuto sul suolo del suo paese, con alcuni dei suoi cittadini come vittime. La combinazione di interessi politici egoistici e la partecipazione alla guerra ibrida degli Stati Uniti contro l’India potrebbe anche comportare conseguenze economiche se il turismo indiano e i flussi di investimento venissero ridotti come punizione. A Trudeau potrebbe importare di meno, dal momento che questo ideologo liberale – globalista è convinto di avere ragione.

Ciononostante, la Russia vuole essere nella posizione migliore possibile per promuovere i propri interessi nazionali nel caso in cui un compromesso fosse inevitabile, il che potrebbe arrivare prima del previsto se Trump tornasse al potere.

Il rappresentante permanente russo all’ONU Vasily Nebenzia ha informato il Consiglio di sicurezza sulle forniture di armi occidentali all’Ucraina la scorsa settimana. Ha anche condiviso alcuni interessanti bocconcini tangenziali e dichiarazioni politiche correlate che hanno reso il suo discorso degno di essere letto per intero. Chi ha tempo può farlo qui , mentre chi non ce l’ha dovrebbe continuare con questo pezzo, che passerà in rassegna i punti salienti prima di inserirli nel contesto più ampio della guerra per procura NATO-Russia in Ucraina.

Secondo Nebenzia, “È ovvio che senza il coinvolgimento diretto dell’Occidente nella guerra con una potenza nucleare – che il presidente ucraino ‘defunto’ cerca così ardentemente – le truppe ucraine continueranno a ritirarsi e a subire perdite catastrofiche”. Ciò non è ancora accaduto, ma né la Francia né la Polonia escluderanno di intervenire in modo convenzionale nella zona del conflitto in determinate condizioni, il che potrebbe rischiare lo scoppio della Terza guerra mondiale per un errore di calcolo dovuto al fatto che sono membri della NATO.

Nonostante l’Ucraina si stia indiscutibilmente ritirando, Nebenzia ha fatto riferimento a un rapporto di Radio Free Europe/Radio Liberty, gestita dal governo statunitense, che affermava che ai militari è vietato usare le parole “ritirata”, aggiungendo che i propagandisti ucraini oggigiorno ignorano l’importanza strategica di tutte le aree catturate. Anche se le probabilità di una vittoria ucraina sono ormai insormontabili, ha affermato che è ancora rifornita di armi a causa di una combinazione di inerzia e della necessità di rastrellare maggiori profitti per le aziende di difesa.

Tuttavia, una grande quantità di equipaggiamento non è stata contabilizzata, come dimostrato da un recente rapporto. Nebenzia ha affermato che “il Pentagono ha recentemente condotto un audit di 2,1 miliardi di dollari inviati all’Ucraina da gennaio a dicembre 2022. Ed è risultato che 1,1 miliardi di dollari erano non documentati e nulla poteva giustificare e verificare i pagamenti”. Nonostante ciò, queste spedizioni di armi continuano, alimentando così sia il conflitto che la corruzione.

Tuttavia, non sono sufficienti a risollevare il morale delle forze armate, poiché molti non si fidano più di Zelensky dopo che ha tradito le sue promesse elettorali di porre fine al conflitto del Donbass e proteggere i diritti della minoranza russa in Ucraina. La situazione è così grave che Nebenzia ha anche accennato a quanto recentemente rivelato da un parlamentare ucraino su come oltre 100.000 persone abbiano disertato o siano andate AWOL dal 2022, spiegando così perché gli uomini in età militare ora vengono arruolati con la forza da ristoranti, centri commerciali e concerti .

Ha anche detto che non gli piace il fatto che Zelensky abbia trasformato l’Ucraina in una pedina degli Stati Uniti contro la Russia nella malriposta e in ultima analisi fallita speranza “che con l’aiuto degli Stati Uniti sarebbe diventato una ‘regina’ sulla grande scacchiera”. Come ulteriore prova dello status subordinato dell’Ucraina nei confronti degli Stati Uniti, ha attirato l’attenzione su come Zelensky stia lasciando che l’Occidente monopolizzi l’estrazione dei minerali critici del suo paese in cambio di un maggiore supporto militare, che è un’altra ragione per mantenere in corso il conflitto.

Le reclute arruolate con la forza ora vengono impedite di ritirarsi o fuggire dalle cosiddette “truppe di barriera” che “stanno nella parte posteriore delle loro unità e sparano loro alla schiena”. Anche mercenari stranieri, in particolare dagli Stati Uniti e dalla Polonia, stanno combattendo contro la Russia e commettono crimini di guerra. Questi includono la violazione della Convenzione sulle armi inumane (formalmente la Convenzione su alcune armi convenzionali) e della Convenzione sulle armi chimiche.

Riassumendo i punti salienti del suo briefing, Nebenzia ha concluso dichiarando con sicurezza che “non si ripeterà lo scenario degli accordi di Minsk; non permetteremo alcun congelamento del conflitto in modo che il regime di Zelensky possa ‘leccarsi le ferite’. Né l’Ucraina verrà accettata nella NATO in una forma o nell’altra. Gli obiettivi della nostra operazione militare speciale, tra cui la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina, rimangono in vigore e sono immutati”.

Mettendo insieme il tutto, il conflitto è pronto a superare un punto di svolta sul possibile imminente crollo delle linee del fronte, anche se non è ancora chiaro se la NATO (sia nel suo complesso, tramite “coalizioni di volenterosi” al suo interno, o solo un singolo membro come la Polonia) interverrà convenzionalmente dopo. Non si sa nemmeno esattamente quando ciò potrebbe accadere, solo che è sempre più probabile come suggerito in precedenza dal rapporto della CNN sulla situazione desolante e da una lettura tra le righe della recente intervista di Zelensky.

La tempistica con cui questa tendenza si sta materializzando coincide con le elezioni presidenziali statunitensi della prossima settimana, che potrebbero vedere Trump tornare alla Casa Bianca e creare effettivamente delle serie difficoltà per la Russia, come spiegato qui , ergo perché Nebenzia potrebbe aver sentito la necessità di riaffermare la sua promessa di massima vittoria. Trump ha parlato molto di voler fermare il conflitto al più presto dopo la sua potenziale rielezione, ma non ha mai condiviso alcun dettaglio, ed è possibile che voglia “escalate to de-escalate” o congelare il conflitto.

Nessuno dei due sarebbe accettabile per la Russia, ma la Russia potrebbe comunque trovarsi in un dilemma in cui è costretta a scegliere uno o l’altro scenario a seconda di cosa decide di fare, dal momento che potrebbe prendere l’iniziativa in qualche modo drammatico come ha promesso. Naturalmente, potrebbe anche semplicemente continuare con la politica attuale, come farebbe Kamala se vincesse, ma Nebenzia voleva comunque chiarire che il suo paese non è interessato a congelare il conflitto o a consentire all’Ucraina di entrare nella NATO in qualsiasi forma.

Detto questo, un compromesso potrebbe essere inevitabile indipendentemente da chi vince e non importa quando tale risultato potrebbe essere concordato, ma la Russia vuole essere nella migliore posizione possibile per promuovere i propri interessi nazionali in tali circostanze. Ecco perché sta spingendo avanti il più velocemente possibile nella speranza di ottenere una svolta militare che soddisfi il maggior numero possibile dei suoi obiettivi o li renda un fatto compiuto entro il momento in cui il prossimo presidente entrerà in carica a fine gennaio.

La neutralità militare dell’Ungheria nei confronti della guerra per procura tra NATO e Russia in Ucraina irrita l’Occidente molto più della neutralità economica della Serbia.

Il capo dello staff di Viktor Orban, Gergely Gulyas, ha confermato che il suo paese ha sventato i piani di alcune agenzie di spionaggio straniere, tra cui quelle di alleati NATO nominali non nominati, per reindirizzare armi e munizioni acquistate dall’Ungheria in Ucraina e Africa, dove sarebbero state rispettivamente utilizzate direttamente e indirettamente contro la Russia. L’Ungheria rimane militarmente neutrale nella dimensione NATO-russa della Nuova Guerra Fredda , nonostante abbia accettato le sanzioni anti-russe dell’UE. Orban ha anche cercato di recente di mediare in Ucraina.

Questo è l’approccio opposto della vicina Serbia, che non ha accettato le sanzioni anti-russe dell’Occidente, ma il cui presidente Aleksandar Vucic ha dichiarato nell’estate del 2023 di non essere contrario al fatto che altri paesi reindirizzino i loro acquisti di munizioni dal suo paese all’Ucraina per usarli contro la Russia. Ciò è seguito ai resoconti delle fughe di notizie del Pentagono di primavera che sostenevano che la Serbia stava armando l’Ucraina, cosa che Belgrado ha negato , ma la suddetta posizione politica del suo leader solleva dubbi sulla sua sincerità.

A tutti gli effetti pratici, si può quindi concludere che la Serbia non è militarmente neutrale nella dimensione NATO-russa della Nuova Guerra Fredda, anche se questo sorprendentemente non ha danneggiato i legami con Mosca. Quelle agenzie di spionaggio straniere che hanno cercato di reindirizzare armi e munizioni acquistate dall’Ungheria verso l’Ucraina e l’Africa per usarle contro la Russia sapevano quindi che i loro complotti non avrebbero danneggiato i suoi legami con Mosca. Ciò che apparentemente volevano, tuttavia, era screditare il ruolo di mediazione previsto da Orban in Ucraina.

A differenza della Serbia, il suo paese è membro dell’UE e della NATO, e Orban attualmente ricopre la carica di Presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea. L’ottica della diplomazia navetta estiva tra Ucraina, Russia, Cina e Stati Uniti (dove ha incontrato Trump) ha fatto infuriare i leader europei, che hanno ritenuto che sfruttasse il suo ruolo per attribuirsi un’immeritata autorità normativa per mediare. Si oppongono ferocemente ai suoi sforzi di pace poiché nessuno di loro vuole porre fine alla guerra per procura NATO-Russia in Ucraina.

È infantile da tollerare, ma nella loro mente, probabilmente pensavano davvero che reindirizzare armi e munizioni acquistate dall’Ungheria verso l’Ucraina e l’Africa avrebbe potuto in qualche modo screditarlo o almeno servire come risposta asimmetrica all’incomprensibile ottica politica che la sua diplomazia da navetta aveva causato loro. Le prove di armi e munizioni ungheresi in quei campi di battaglia, specialmente dopo scontri che hanno portato alla morte di truppe russe o PMC associate, potrebbero servire come pretesto per fabbricare falsi scandali.

Né la Russia, né la Cina, né Trump, se tornasse alla presidenza, darebbero credito alla narrazione artificiale che prevedibilmente verrebbe fatta girare, sostenendo che l’Ungheria stava facendo il doppio gioco per tutto questo tempo, armando gli avversari della Russia alle sue spalle, in modo che non avesse alcun effetto sui suoi sforzi di mediazione. Dopo tutto, è stato ferocemente attaccato dai suoi pari occidentali per essersi rifiutato di partecipare ai loro piani per armare l’Ucraina, il che ha dimostrato quanto gravi siano diventate le loro tensioni all’interno del blocco su questa delicata questione.

Al contrario, la pressione esercitata sulla Serbia si è ridotta solo a un tentativo di Rivoluzione Colorata poco convinto durante l’estate, che persino Vucic stesso presumibilmente non ha preso sul serio come ha affermato, come dimostrato dal fatto che poco dopo ha concluso un accordo con la Francia per un aereo da guerra meno di un mese dopo. Se non altro, sono le presunte tensioni tra l’Occidente e la Serbia su questa questione delicata la vera farsa, non quelle all’interno dell’Occidente sulla neutralità militare dell’Ungheria nei confronti della guerra per procura NATO-Russia in Ucraina.

Come già spiegato, la Serbia non è militarmente neutrale a tutti gli effetti pratici, il che è molto più significativo dal punto di vista dell’Occidente rispetto al suo rifiuto di sanzionare la Russia. Le loro agenzie di spionaggio e presumibilmente anche quelle dell’Ucraina hanno fatto di tutto per screditare Orban attraverso i complotti che il suo capo di stato maggiore ha appena confermato essere stati sventati, il tutto mentre si godeva la cena e il pranzo di Vucic. Ciò dimostra che la neutralità militare dell’Ungheria li fa arrabbiare molto di più della neutralità economica della Serbia.

Ciò facilita il coinvolgimento della Russia in eventuali colloqui multilaterali futuri sulla risoluzione dell’ultima guerra regionale, il che potrebbe a sua volta facilitare i colloqui tra Russia e Stati Uniti per risolvere il conflitto ucraino.

I media mainstream (MSM) e la comunità dei media alternativi (AMC) hanno finora spinto la stessa narrazione sulla politica russa nell’Asia occidentale, travisandola come anti-israeliana, ciascuno in anticipo sui propri interessi ideologici, i primi perché Israele è alleato degli Stati Uniti e i secondi perché è nemico dell’Iran. Ecco perché è così sorprendente che Newsweek, che è uno dei media MSM più noti a livello mondiale, abbia appena pubblicato un articolo che corregge le false percezioni della politica russa nei confronti di Israele.

Intitolato ” In guerra in Ucraina, Putin emerge come potenziale mediatore di pace in Medio Oriente “, la parte più importante è il primo terzo in cui citano l’ex vice consigliere per la sicurezza nazionale israeliano Orna Mizrahi. Ora lavora come ricercatrice senior presso l’Institute of National Security Studies e può essere considerata una fonte autorevole su questo argomento data la sua impressionante esperienza professionale. Ecco cosa ha detto a Newsweek in merito ai presunti piani per una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per ridurre i flussi di armi verso Hezbollah:

“Noi preferiamo sempre gli americani, ma comprendiamo che, grazie agli ottimi rapporti che [i russi] hanno oggi con gli iraniani, forse loro possono fornire qualcosa che contribuirà alla stabilità di qualsiasi accordo in futuro.

Un altro punto è il fatto che fanno parte dei cinque membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e se dovessimo arrivare al punto di avere una nuova risoluzione sul cessate il fuoco nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, vorremmo che i russi la approvassero.

[Hanno un] livello sorprendente di apprezzamento per le capacità militari israeliane. Penso che questo giochi un ruolo molto significativo nella loro politica verso Israele e questo è uno dei motivi per cui non stanno facendo nulla contro gli attacchi israeliani in Siria, anche se potrebbero fare molto, ovviamente.”

Il resto del loro articolo è solo un riempitivo contestuale con qualche commento di personaggi relativamente molto meno importanti i cui background professionali non si avvicinano minimamente a quelli di Mizrahi. Prima di proseguire, è importante che il lettore capisca esattamente qual è stata la politica regionale della Russia per tutto il tempo, ergo la necessità di condividere dieci briefing di background in modo che possano comprendere il significato narrativo dell’articolo di Newsweek. Saranno poi riassunti in modo conciso prima di continuare:

* 10 maggio 2018: “ Il presidente Putin su Israele: citazioni dal sito web del Cremlino ”

* 12 ottobre 2023: “ La Russia ha un approccio equilibrato verso l’ultima guerra tra Israele e Hamas ”

* 19 ottobre 2023: ” I legami della Russia con Hamas sono pragmatici e non dovrebbero essere interpretati come un’approvazione del gruppo ”

* 21 ottobre 2023: “ La Russia ha una politica di neutralità di principio nei confronti dell’ultima guerra tra Israele e Hamas ”

* 19 ottobre 2023: “ Lavrov ha rivelato che Putin è stato un sostenitore per tutta la vita della ‘sicurezza blindata’ per Israele ”

* 31 dicembre 2023: “ Chiarire il paragone di Lavrov tra l’ultima guerra tra Israele e Hamas e l’operazione speciale della Russia ”

* 26 settembre 2024: “ Lavrov ha ricordato al mondo che la Russia è impegnata a garantire la sicurezza di Israele ”

* 4 ottobre 2024: “ La Russia e l’Asse della Resistenza saranno sempre fondamentalmente in disaccordo sul futuro della Palestina ”

* 11 ottobre 2024: “ La Russia vende prodotti petroliferi lavorati a Israele e facilita le esportazioni di petrolio del Kazakistan verso Israele ”

* 19 ottobre 2024: “ Perché continuano a proliferare false percezioni sulla politica russa nei confronti di Israele? ”

In poche parole, la Russia condanna il 7 ottobre come un attacco terroristico e vuole garantire il rilascio di tutti gli ostaggi, in particolare dei cittadini russi e israeliani. Tuttavia, condanna anche quella che considera la punizione collettiva dei palestinesi da parte di Israele. La Russia rimane impegnata a vedere l’attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che chiedono la creazione di uno stato palestinese indipendente, ma tale stato deve vivere in pace con Israele. La Russia è anche contraria alle sanzioni unilaterali contro Israele.

Israele apprezza questa politica equilibrata e ha ricambiato rifiutandosi di imporre sanzioni unilaterali contro la Russia o di armare l’Ucraina, la cui ultima politica fa parte di un quid pro quo informale per la Russia che non consente alla Siria di usare gli S-300 contro Israele ogni volta che bombarda la Repubblica araba. La “stretta relazione personale” che Putin ha stretto con Bibi, di cui Newsweek ha anche informato i suoi lettori nonostante fosse precedentemente un tabù tra i media tradizionali, gioca un ruolo chiave nel mantenimento di questo accordo pragmatico.

Dopo aver riassunto in modo conciso la politica effettiva della Russia nei confronti della regione, è ora il momento di riprendere la discussione sul significato narrativo dell’articolo di Newsweek. Il loro pezzo serve a correggere le false percezioni che molti avevano su questo argomento, basandosi su Mizrahi come l’esperta più autorevole, dato il suo precedente ruolo di Vice Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Israele. Suggerisce anche che la Russia non è così irresponsabile a livello internazionale come sostenevano i MSM, visto che Israele è interessato al suo ruolo di mediazione.

A questo proposito, nessun altro paese ha guadagnato la fiducia richiesta da entrambe le parti per mediare tra Israele e l’Asse della Resistenza guidato dall’Iran, e la meditazione sarebbe effettivamente necessaria per risolvere l’ultima guerra regionale poiché nessuno dei membri di quest’ultimo ha legami formali con Israele. Iran-Hezbollah e Israele si affidano a terze parti sconosciute (che alcuni ipotizzano coinvolgano la Russia) per trasmettersi messaggi a vicenda, Hamas dipende dall’Egitto a questo proposito, mentre gli Houthi non hanno alcun dialogo noto con Israele.

Sarebbe più efficiente per Iran, Hezbollah, Hamas e Houthi lavorare tramite un singolo mediatore, che è il ruolo che la Russia può svolgere, poiché tutti e quattro si fidano già abbastanza da accettare questo in linea di principio. Anche Israele si fida della Russia, mentre gli Stati Uniti sarebbero costretti da queste circostanze diplomatiche al di fuori del loro controllo ad acconsentire all’inclusione della Russia in qualsiasi futuro colloquio se volessero effettivamente ottenere qualcosa da loro. Questa formula rappresenta la migliore possibilità per negoziare una soluzione al conflitto.

La Russia rappresenterebbe la Resistenza mediando i loro colloqui con Israele e gli Stati Uniti secondo un quadro prestabilito per rappresentare i loro interessi nel complesso e quelli di ogni membro associato. Perché ciò accada, gli Stati Uniti devono prima correggere l’opinione pubblica facendo in modo che gli americani non considerino più la Russia come guidata da interessi puramente cospirativi anti-israeliani o irresponsabile a livello internazionale, spiegando così lo scopo dell’articolo di Newsweek. Le opinioni autorevoli di Mizrahi su questo argomento sono il mezzo per raggiungere tale scopo.

L’opinione prevalente tra l’AMC probabilmente non verrà mai corretta, a causa di quanto molti dei suoi membri siano diventati indottrinati a causa del “Potemkinismo”. Questo si riferisce alla creazione calcolata di realtà artificiali sulla politica russa per scopi strategici, in particolare quelle che contraddicono le politiche ufficiali della Russia e sono spinte dai membri dell’ecosistema mediatico globale della Russia. È stato elaborato in questo articolo qui, sfatando la falsa affermazione che la Russia fosse responsabile del recente incontro Modi-Xi .

La sua rilevanza in questo contesto è che così tanti membri dell’AMC credono sinceramente alla narrazione “Potemkinista” secondo cui “la Russia è segretamente antisionista e sta lavorando con l’Iran per liberare militarmente la Palestina” che considereranno qualsiasi mediazione del genere semplicemente come un “piano generale degli scacchi 5D per far uscire di testa i sionisti”. La loro opinione non ha importanza, poiché la Russia non formula le sue politiche in base all’opinione pubblica, né in patria né soprattutto all’estero, a differenza di ciò che fanno occasionalmente gli Stati Uniti.

L’isteria del Russiagate degli ultimi otto anni e in particolare la demonizzazione della Russia negli ultimi due anni e mezzo dall’ultima fase del già decennale ucraino Il conflitto iniziato ostacola notevolmente la capacità dei decisori politici americani di cooperare pragmaticamente con la Russia nell’Asia occidentale. Ecco perché è imperativo iniziare a correggere l’opinione pubblica attraverso l’ultimo articolo di Newsweek, che si basa sull’autorevolezza e l’esperienza di Mizrahi, al fine di far progredire lo scenario descritto in questo pezzo.

Potrebbe non scaturire nulla da queste proposte diplomatiche, poiché molto dipenderà dal fatto che l’Iran reagisca o meno a Israele per le sue ultime attacco , che potrebbe portare a una guerra totale, ma questo intervento narrativo avvia comunque il lungo processo di correzione delle percezioni della Russia. Ciò è necessario per facilitare l’inevitabile compromesso degli Stati Uniti con la Russia per porre fine al conflitto ucraino, quindi è opportuno che il processo sia già iniziato per quanto riguarda la correzione delle percezioni della sua politica nei confronti di Israele.

La stragrande maggioranza dei membri del Congresso rimane filo-israeliana nonostante un cambiamento radicale nel sostegno allo Stato ebraico autoproclamato a livello pubblico, quindi ci si aspetta che si scaldino all’idea che l’inclusione della Russia in qualsiasi imminente processo di pace dell’Asia occidentale sia fondamentale per garantire la sicurezza di Israele. Ciò renderebbe a sua volta molto più facile per chiunque sarà il prossimo presidente negoziare il compromesso sopra menzionato con la Russia sull’Ucraina e quindi scongiurare con maggiore sicurezza la Terza guerra mondiale .

Nessuno sa quando ciò potrebbe accadere, ma la cosa più importante è che i media tradizionali hanno iniziato il lungo processo di correzione delle percezioni della Russia, come dimostrato dall’articolo di Newsweek che mira a fare esattamente questo rispetto a Israele, che l’élite politica americana considera il suo principale alleato. Con il tempo e a seconda di come si evolveranno le cose, altri media tradizionali potrebbero unirsi agli sforzi di Newsweek, il che accelererebbe notevolmente il processo di raggiungimento di un accordo per porre fine alla guerra per procura NATO-Russia.

Questa è una risposta al malcontento dell’opinione pubblica polacca nei confronti della guerra per procura e alla conseguente tentazione da parte della coalizione liberal-globalista al potere di sfruttare tale situazione per aumentare le possibilità che il proprio candidato sostituisca il presidente conservatore-nazionalista uscente alle elezioni dell’anno prossimo.

Il ministro degli Esteri polacco Radek Sikorski ha proposto che l’Ucraina possa ordinare equipaggiamento militare dal suo paese a credito e poi restituirlo una volta terminato il conflitto, in risposta alle lamentele di Zelensky sul fatto che la Polonia avrebbe presumibilmente trattenuto alcuni dei suoi armamenti, come i caccia MiG-29. Sikorski ha anche ricordato a Zelensky che la Polonia ha fatto di più per l’Ucraina di qualsiasi altro paese, in riferimento alla rivelazione del presidente Andrzej Duda durante l’estate, secondo cui aveva già donato il 3,3% del suo PIL alla causa.

Un altro punto importante che ha sollevato è che la Polonia è un “paese in prima linea” contro la Russia e deve quindi mantenere le sue minime esigenze di difesa nazionale nel caso in cui il conflitto sfugga al controllo. Ciò ha riecheggiato quanto detto in precedenza da Duda durante il suo viaggio in Corea del Sud su come “Non esiste uno scenario in cui consegniamo armi che abbiamo recentemente acquistato per miliardi di zloty dalle tasche dei nostri contribuenti. Queste armi devono servire alla sicurezza e alla difesa della Repubblica di Polonia”.

Questa possibilità era stata discussa nelle ultime settimane, in mezzo a resoconti di truppe nordcoreane che combattevano contro l’Ucraina, le cui voci (vere o meno) sono state valutate qui come un mezzo per convincere la Corea del Sud a inviare parte del suo enorme arsenale di proiettili all’Ucraina in questo momento cruciale del conflitto. La Russia continua a guadagnare terreno e la sua potenziale cattura di Pokrovsk potrebbe rivelarsi un punto di svolta per le ragioni spiegate qui . Persino i funzionari dell’intelligence e dell’esercito degli Stati Uniti temono il peggio .

Il rifiuto della Polonia di cedere gratuitamente altro equipaggiamento militare, per non parlare di quello appena ottenuto dalla Corea del Sud, nonostante l’urgenza della situazione di recente, non sorprende. Non solo ha già esaurito tutto ciò che poteva donare entro quest’estate senza mettere a repentaglio le sue minime esigenze di difesa nazionale, ma sta anche prendendo coscienza del fatto di essere stata sfruttata dall’Ucraina, che a quanto si dice riceve aiuti militari a condizioni da tutti tranne che dalla Polonia.

Ci sono anche legami politici in peggioramento da considerare dopo che le relazioni si sono raffreddate negli ultimi due mesi, quando la disputa sul genocidio della Volinia è tornata a essere una questione importante. È al di là dello scopo di questa analisi elaborarla, ma i lettori interessati possono saperne di più qui , qui e qui , con la conclusione che la Polonia è disgustata dal fatto che l’Ucraina si rifiuti di riesumare i resti delle vittime. Sikorski e Zelensky avrebbero anche avuto un’accesa discussione su questo durante la visita del primo a Kiev a metà settembre.

Lo stesso rapporto ha anche affermato che Zelensky ha accusato la Polonia di trattenere equipaggiamento militare dall’Ucraina durante la loro discussione, precedendo così ciò di cui si è lamentato esplicitamente solo la scorsa settimana. Allo stesso tempo, Sikorski ha nuovamente espresso il suo sostegno alla proposta di Zelensky che la Polonia intercetti i missili russi sull’Ucraina dopo che la Commissione di Helsinki ha esortato gli Stati Uniti ad approvarla, ma ha anche chiarito che la Polonia non lo farà senza il supporto della NATO, che al momento manca .

Considerando questa avvertenza e la riluttanza degli USA ad approvare un intervento diretto della NATO in questo conflitto come quella proposta richiede, è probabile che non ne verrà fuori nulla a meno che i politici americani falchi non decidano di “escalate to de-escalate” a condizioni più favorevoli per disperazione se il fronte crolla. Visto che non c’è stata alcuna seria indicazione del loro interesse in questo almeno finora, è possibile che Sikorski stia flirtando con questa proposta destinata a fallire per “salvare la faccia” prima dell’Ucraina.

Il ritorno della disputa sul genocidio della Volinia in prima linea nelle loro relazioni politiche e la nuova politica della Polonia di trasferire solo equipaggiamento militare all’Ucraina a credito invece di darlo via gratuitamente come in passato ha danneggiato i loro legami, quindi fantasticare di intercettare missili russi potrebbe essere solo una distrazione. È un mezzo gratuito per cercare di gestire i loro legami in peggioramento, sia nella sfera politica che nel regno delle percezioni pubbliche all’interno dell’Ucraina, ma alcuni in quest’ultima potrebbero vedere attraverso questo stratagemma.

In ogni caso, la cosa più importante è che la Polonia stia finalmente chiedendo qualcosa all’Ucraina in cambio di tutto ciò che ha già fatto per lei pro bono, vale a dire l’esumazione dei resti delle vittime del genocidio in Volinia e la promessa di pagare le future importazioni di armi in un secondo momento. Questo nuovo approccio non è nato in modo naturale, ma come risultato del fatto che la società polacca si è stufata della guerra per procura, come dimostrato da un recente sondaggio di un istituto di ricerca finanziato con fondi pubblici che è stato analizzato qui .

L’unica ragione per cui la Polonia sta diventando più saggia è a causa delle elezioni presidenziali dell’anno prossimo che la coalizione liberal-globalista al potere vuole vincere. Il presidente uscente Duda è un conservatore-nazionalista (molto imperfetto) che ha servito a controllare l’agenda interna guidata dall’ideologia del primo ministro di ritorno Donald Tusk. È quindi imperativo per la coalizione al potere sostituirlo con uno dei suoi, che potrebbe finire per essere Sikorski come lui stesso ha recentemente accennato in risposta alle speculazioni sulla sua candidatura.

Questa intuizione aggiunge una nuova dimensione al suo sostegno agli interessi nazionali polacchi nella disputa sul genocidio in Volinia e alla proposta di un prestito militare all’Ucraina invece di continuare a dare via tutto gratuitamente come prima. Sembra che stia corteggiando il sostegno conservatore-nazionalista per la sua possibile candidatura tramite questi mezzi, flirtando anche con lo scenario di intercettare missili russi sull’Ucraina (che è probabilmente uno stratagemma come è stato scritto in precedenza) per mantenere il sostegno della base liberal-globalista del suo partito.

Ciò che conta di più è che le prime due parti della piattaforma di politica estera della sua potenziale candidatura hanno rispettivamente peggiorato i legami con l’Ucraina e la sua situazione militare. Ricordando che questi approcci sono il risultato del cambiamento di percezione della società polacca nei confronti dell’Ucraina in vista delle elezioni presidenziali del prossimo anno, si può quindi affermare che l’opinione pubblica lì sta portando a cambiamenti tangibili nelle situazioni politiche e militari regionali, mostrando così il potere che i polacchi esercitano quando si uniscono.

La ricerca dell’accesso al mare da parte dell’Etiopia sarà guidata dalla diplomazia, ma ricorrerà a mezzi militari per autodifesa se verrà attaccata dall’Asse di Asmara, con un’alta probabilità che difenderà anche il Somaliland dall’aggressione.

Il primo ministro etiope Abiy Ahmed ha nuovamente promesso durante un incontro con il parlamento la scorsa settimana che “non faremo la guerra a nessuno; non abbiamo alcun interesse nella guerra” quando si tratta di perseguire l’accesso al mare. Ciò è stato in risposta alle affermazioni sconsiderate che sono circolate dall’inizio dell’anno sostenendo che il Memorandum of Understanding (MoU) dell’Etiopia con il Somaliland è destabilizzante. Ha ribadito che porterà effettivamente prosperità condivisa per la regione.

Il motivo per cui le sue ultime parole meritano attenzione, anche se non ha detto nulla di nuovo, è dovuto alle tensioni regionali che sono state acuite dal Summit di Asmara del mese scorso , che è stato ampiamente interpretato come la formazione di fatto di un’alleanza anti-etiope tra Egitto, Eritrea e Somalia. ” La Somalia è decisa a scatenare una guerra ibrida contro l’Etiopia ” in collusione con Egitto ed Eritrea, gli ultimi due dei quali hanno interesse a sfruttare la sua rabbia per il MoU per trasformarlo nel loro rappresentante comune.

L’imminente catalizzatore del conflitto potrebbe essere la richiesta della Somalia che le truppe antiterrorismo dell’Etiopia se ne vadano entro la fine dell’anno, alla scadenza del loro mandato, dopodiché si prevede che vengano sostituite da quelle egiziane, ma alcune regioni somale non vogliono che se ne vadano . Temono che Al Shabaab replichi la rapida conquista del paese da parte dei talebani in quello scenario di ritiro, motivo per cui non si può escludere che l’Etiopia potrebbe non ottemperare alla suddetta richiesta di partenza della Somalia.

Esiste quindi la possibilità che la Somalia possa approfittare di quella potenziale disputa per mettere il suo nuovo patrono egiziano contro l’Etiopia con il pretesto legale di “espellere truppe straniere”. Indipendentemente da ciò, si potrebbe anche contare sull’Egitto e sull’Eritrea per aiutare la Somalia a “ripristinare la sua integrità territoriale” invadendo il Somaliland, il che potrebbe mettere a repentaglio i piani portuali del MoU dell’Etiopia. Entrambi gli scenari sarebbero comunque un errore, poiché l’Etiopia difenderebbe sicuramente i suoi interessi.

Sebbene non abbia fatto notizia quanto la sua promessa di pace, Abiy ha anche detto durante l’incontro della scorsa settimana con il parlamento che “Abbiamo risorse umane, siamo patrioti e, anche se non provochiamo gli altri, non ci tireremo indietro se provocati”. Insieme, il messaggio è che la ricerca dell’accesso al mare da parte dell’Etiopia sarà guidata dalla diplomazia, ma ricorrerà a mezzi militari per autodifesa se verrà attaccata dall’Asse di Asmara, con un’alta probabilità che difenderà anche il Somaliland dall’aggressione.

Egitto, Eritrea e Somaliland non dovrebbero quindi interpretare male la promessa di pace ampiamente pubblicizzata di Abiy come un segno di debolezza e pensare che si ritirerà se le sue truppe antiterrorismo in Somalia saranno attaccate o si ritirerà se invaderanno la Somaliland. La prerogativa di scatenare un conflitto regionale non spetta all’Etiopia, che rimane impegnata a perseguire pacificamente l’accesso al mare, ma all’Asse di Asmara. I partner di quei tre farebbero quindi bene a ricordare loro di comportarsi in modo responsabile per il bene di tutti.

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Niente più eroi_di Aurelien

Niente più eroi.

Peccato che la nazione abbia bisogno di quelli di qualcun altro.

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Per quanto riguarda le elezioni americane, non ho nulla da dire. .

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Quando ero giovane, c’erano gli eroi.

Non c’era nulla di insolito, né tantomeno di potenzialmente nostalgico in questo fatto. Ogni società, da sempre, ha scelto persone eccezionali da ammirare ed emulare: era un modo per unire la società e fornire punti di riferimento comuni. La nostra società di oggi, invece, con il suo presentismo, la sua presunzione di superiorità morale rispetto al passato anche recente e la sua ideologia di ricerca spietata del potere e del denaro, non ha spazio per le persone eccezionali, se non per quelle eccezionalmente ricche. Credo che questo sia un male e cercherò di spiegare perché.

Alcune società prima della nostra avevano elaborato teorie sull’eccellenza. I Greci avevano il concetto di arete, (che a quanto pare condivide una radice comune con aristos) e significava eccellenza, vivere al massimo delle proprie potenzialità in qualsiasi campo. In Omero, ad esempio, il termine viene applicato sia al guerriero Achille che a Penelope, moglie di Odisseo, tra i tanti. In forma meno concreta, il termine si trova negli scritti di Aristotele sull’etica e nelle lettere bibliche di Paolo. Suppongo che “sii il meglio che puoi essere” sia un equivalente moderno molto rozzo, anche se questa ingiunzione riguarda in gran parte il successo materiale.

Anche altre società hanno istituzionalizzato il concetto. In giapponese, ad esempio, sensei (先生) può significare semplicemente “insegnante”,”ma è meglio tradotto come “colui che è stato prima”, ed è un titolo onorifico dato a chiunque abbia eccelso in un particolare campo e sia in grado di trasmettere le proprie conoscenze ed esperienze ad altri. Come ho già sottolineato in precedenza, la nostra società liberale guidata dall’ego ha difficoltà a concepire il concetto che ci sono persone che sanno più di noi, che sono più brave di noi e da cui possiamo imparare.

Tradizionalmente, l’eccellenza poteva presentarsi in tutti i modi. Quando ero giovane, la Seconda Guerra Mondiale era ancora un ricordo recente, quindi inevitabilmente la cultura popolare dell’epoca vi trovava molti dei suoi eroi. Nella Battaglia d’Inghilterra, per esempio, combattuta sopra l’Inghilterra meridionale dove sono cresciuto, negli spettacolari raid aerei, nel tranquillo eroismo delle scorte dei convogli raccontato nel libro di Nicholas MonserratIl mare crudele, negli uomini e nelle donne della Resistenza francese e negli operatori dietro le linee nemiche. Già da bambino cercavo senza successo di immedesimarmi nella mentalità di equipaggi di bombardieri poco più che ventenni che partivano per le operazioni, sapendo di non avere statisticamente alcuna possibilità di sopravvivere a un tour di trenta missioni.

Ma non era tutto rose e fiori. C’erano gli scienziati e gli ingegneri che progettarono e costruirono gli Spitfire e gli Hurricane e il sistema radar che vinse la Battaglia d’Inghilterra. Ci sono state persone comuni di ogni estrazione sociale che hanno dato un contributo importante allo sforzo bellico. Tutti conoscono Constance Babbington-Smith, la giornalista e fotografa d’aviazione che divenne un’importante interprete fotografica per la RAF e identificò per prima il caccia a reazione Me163 e la bomba volante V-1, o Frank Whittle, l’ex apprendista ingegnere che inventò di fatto il motore a reazione.

C’erano persone eccezionali in ogni ambito della vita: lo sport, ad esempio, che a quei tempi era spesso solo semi-professionale e vergognosamente poco sfruttato dal punto di vista finanziario. Una delle poche partite di calcio che ho seguito con entusiasmo è stata la finale della Coppa del Mondo del 1966 tra Inghilterra e Germania, una partita satura di delicate risonanze storiche. A quei tempi, i calciatori erano generalmente ragazzi della classe operaia che avevano fatto l’apprendistato nella loro squadra locale. Il capitano dell’Inghilterra, Bobby Moore, era anche capitano del West Ham, una squadra londinese che aveva sede non molto lontano da dove vivevo io. I calciatori ricevevano uno stipendio decente con un bonus per le vittorie, ma erano persone normali e conoscevo persone che avevano visto Moore fare la spesa nel supermercato locale e avevano chiesto e ottenuto il suo autografo. A quei tempi gli eroi erano certamente persone eccezionali, ma sufficientemente vicine alla vita comune da permettere a un ragazzo della classe operaia di pensare che un giorno avrebbe potuto seguire le loro orme. L’idea dei calciatori come commercianti multimilionari indipendenti e manager d’azienda sarebbe sembrata un’idea uscita da un brutto pezzo di satira sociale. Anche nel cricket non si guadagnava molto e si sognava di giocare per la contea in cui si era nati. A quei tempi, naturalmente, tutto lo sport era visibile gratuitamente in TV e la gente poteva, e lo faceva, identificarsi strettamente con il suo status di semi-dilettante: il grande pilota britannico Graham Hill, per esempio (padre di Damon), non era solo un campione di Formula 1, ma anche un campione di canottaggio e di auto sportive e un pilota qualificato, che in tempi più innocenti guidava la propria auto alle gare.

Anche in questo caso, non si tratta di un esercizio di nostalgia: si trattava del modello tradizionale in cui le persone eccezionali venivano attratte dalle comunità da cui provenivano e rimanevano vicine ad esse, diventando così esempi plausibili, modelli di ruolo e persino eroi per un’altra generazione. E questo non era solo un fenomeno britannico o occidentale. Un tempo seguivo da vicino l’atletica e c’erano pochi interpreti più entusiasmanti dei mezzofondisti kenioti. Ricordo di aver visto correre Kipchoge Keino a un campionato a Londra negli anni Sessanta. All’ultimo giro partì come un razzo, con un ampio sorriso sul volto, divertendosi enormemente e lasciando tutti gli altri nella polvere. Non ha mai guadagnato molto con l’atletica e ha trascorso il resto della sua vita facendo beneficenza. Non riesco nemmeno a pensare a qualcuno di simile.

L’esplorazione era una cosa importante. All’incirca nel periodo in cui sono nato, Edmund Hilary e Sherpa Tensing hanno compiuto la prima scalata dell’Everest. Poco dopo ci furono i primi filmati primitivi degli abissi oceanici realizzati dai coniugi Hans e Lotte Haas e trasmessi dalle televisioni di tutto il mondo, e le esplorazioni subacquee di Jacques Cousteau. E poi c’era David Attenborough, che spariva nelle giungle del Borneo per tornare con filmati di incredibili creature simili a draghi. In tutto il mondo, i bambini iniziarono a sognare una carriera nella biologia marina o nella storia naturale.

Ovviamente alcune di queste persone, soprattutto nel mondo dello spettacolo, si sono lasciate rapidamente alle spalle le loro origini, spesso hanno cambiato nome, e sono diventate esseri eccezionali di un altro tipo: stelle che il nostro cinema moderno, con la sua gestione da MBA, la sua paura di sperimentare, i suoi vincoli di marketing a livello mondiale e la costante reinvenzione della ruota, non può mai sperare di riprodurre. Ho avuto la fortuna di vedere finalmente una proiezione di Casablanca sul grande schermo un anno o due fa, e ciò che mi ha sorpreso (a parte la dimenticata raffinatezza politica della sceneggiatura) è stato il modo in cui tutte le star, e non solo Bogart e Bergman, sembravano dominare il cinema, quasi arrampicandosi fuori dallo schermo. Le star del cinema erano allora persone comuni che, come nella mitologia greca, erano state trasformate in dei e dee. Ero troppo giovane per rendermene conto, ma uomini e donne che videro Brigitte Bardot, Marilyn Monroe o Sophia Loren nei loro primi film usciti nel Regno Unito mi raccontarono dell’equivalente di una bomba al neutrone che esplodeva al cinema. La stessa cosa, a quanto pare, valeva per coloro che videro Elvis dal vivo: persone comuni toccate dalla grazia.

Non avevo soldi per assistere ai concerti, ma ricordo le apparizioni di Bob Dylan a tarda notte sulla BBC durante il suo primo tour nel Regno Unito e la sensazione di trovarmi alla presenza virtuale di un essere divino. Naturalmente risparmiavo i miei soldi fino a quando non potevo uscire e comprare una chitarra scadente, come un milione di altri giovani: è a questo che servono gli eroi, a provocare l’emulazione. Forse sono ormai vecchio e cinico, ma non riesco a pensare a nulla di anche solo lontanamente simile oggi, dove il successo significa essenzialmente fama e denaro, e adorazione. Chi è il portavoce dell’attuale generazione di giovani come Dylan lo è stato per la mia?

Fa riflettere l’età di alcuni degli artisti di maggior successo di oggi, anche se si misura il successo solo in base agli incassi e alle riproduzioni su Spotify, senza considerare l’influenza culturale. Clint Eastwood ha appena pubblicato un nuovo film all’età di 94 anni, Martin Scorsese a 81 anni. Mick Jagger, mi ha divertito sapere, ha la stessa età di Joe Biden. Keith Richards, in qualche modo, è ancora vivo a quasi 81 anni. Un’intera generazione – McCartney, Starr, Dylan, Simon – sta per lasciare la scena, così come Leonard Cohen, che ha composto e registrato quasi fino alla morte, a 82 anni. Il vuoto che lasceranno dietro di loro nella cultura popolare potrà essere colmato a breve termine da “nuovo” materiale prodotto dall’IA per la soddisfazione degli MBA, ma probabilmente di nessun altro.

Ma basta lamentarsi. Se si accetta che la cultura moderna non produce eroi, modelli di ruolo o figure da ammirare ed emulare come un tempo, allora perché? La prima cosa da dire è che il liberalismo non è affatto interessato a fare qualcosa per se stesso, tanto meno bene. Avere fatto salvo il senso limitato di abilità nel fare soldi, non conta. Non contano nemmeno la qualità, la dedizione, la pratica, e nemmeno l’abilità naturale affinata alla perfezione. Ciò che conta è la rapidità e la completezza con cui qualcosa può essere monetizzato. I risultati eccezionali ed eroici sono interessanti solo nella misura in cui è possibile strutturarvi intorno libri, CD, film, sponsorizzazioni di prodotti e campagne pubblicitarie. (Al giorno d’oggi, Hilary e Tensing sarebbero il centro di un’industria multimiliardaria). Gli eventi completamente immaginari o massicciamente reimmaginati sono in realtà migliori di quelli reali, perché possono essere curati con attenzione per fare più soldi, e non c’è nessuno che possa lamentarsi di una rappresentazione errata.

Le professioni liberali (come ad esempio la giurisprudenza per eccellenza) presuppongono essenzialmente un’abilitazione all’esercizio della professione e un’abilità nel produrre argomenti vincenti. (La società anglosassone non ha una tradizione di giuristi illustri, scrittori di libri di testo e teorici del diritto accademico). Alla fine, si tratta di capire quanto denaro si può guadagnare o, all’altro estremo dello spettro politico, quanta influenza si può ottenere e quanta pubblicità si può generare per ottenere una carriera più redditizia come capo di una ONG, per esempio. Dal punto di vista intellettuale, la qualità di alcuni lavori può essere molto alta, ma non è questo il punto. E ironicamente, come ho sottolineato in precedenza, la stessa sopravvivenza della società liberale, con la sua ossessiva preoccupazione per il denaro, dipende proprio dall’esistenza di persone che non la pensano così, dal medico che fa una diagnosi disinteressata all’elettricista che viene a riparare il televisore. A questo proposito, persino i liberali tesserati vorrebbero un avvocato competente per l’acquisto di una casa.

Ma il risultato è che gli esempi che la nostra società propone per l’emulazione sono tutti basati sul diventare molto ricchi, spesso molto rapidamente, e indipendentemente da come lo si fa. Naturalmente ci sono sempre state persone guidate dall’avidità. Ma nelle ultime due generazioni le modifiche alle norme fiscali e alle regole connesse hanno permesso di accumulare fortune in modi che prima non erano possibili. Quando si può diventare multimilionari semplicemente comprando, affittando e vendendo case con denaro che in realtà non si possiede, ad esempio, si trasmette un messaggio su ciò che la società apprezza e su ciò che i suoi membri più giovani dovrebbero emulare. Così, da qualche anno a questa parte, le università sfornano fiumi di laureati che si dirigono verso i luoghi dove sembra esserci più denaro, dalla giurisprudenza agli studi economici, dalla programmazione informatica a qualsiasi altra novità. Queste persone spesso entrano nelle industrie tradizionali senza alcuna conoscenza o capacità se non quella di manipolare fogli di calcolo, e procedono a fare ciò che sanno fare meglio e per cui sono più apprezzate, ovvero trasformare beni, competenze, persone, infrastrutture ed esperienze in denaro. Di conseguenza, la società sarà necessariamente molto più povera, poiché coloro che decidono queste cose non danno più valore all’eccellenza, se non a quella finanziaria.

Persone molto più esperte di me hanno scritto di ciò che questo ha comportato per l’industria dello spettacolo, dove tradizionalmente ci si faceva strada gradualmente e faticosamente nella speranza di sfondare un giorno. Non ho mai condiviso l’entusiasmo dei miei genitori per Frank Sinatra, ma sapevo riconoscere il talento vocale quando lo sentivo e sapevo che aveva faticato per anni in orchestre di bande da ballo, affinando il suo talento. I Beatles non sono arrivati completamente formati: hanno investito chissà quante migliaia di ore a lavorare ad Amburgo per perfezionare il loro spettacolo. Al giorno d’oggi, l’intelligenza artificiale produrrà tutte le canzoni che i Beatles non hanno mai scritto nel 1963, con tanto di animazioni convincenti. Il gusto del pubblico, a mio avviso, è stato sempre più condizionato a non volere nulla di nuovo e di diverso, poiché ciò richiede tempo, impegno, denaro e giudizio, tutti elementi che scarseggiano.

Poiché in uno Stato liberale il valore di qualsiasi cosa è espresso in ultima analisi in termini finanziari, e poiché lo Stato liberale non riconosce alcuna motivazione per alzarsi al mattino se non quella di fare soldi e aumentare l’autonomia personale,  il liberalismo ha un problema quasi insuperabile nello spiegare in modo convincente ciò che è accaduto in passato, e anche ciò che sta accadendo nel mondo di oggi, quando così tante persone si sono comportate e si stanno ovviamente comportando per ragioni che non hanno nulla a che fare con la massimizzazione dell’utilità a breve termine (o anche a lungo termine). Esiste infatti una ben nota fallacia logica che consiste nel cercare disperatamente una qualsiasi teoria razionale di massimizzazione dell’utilità, per quanto complessa e improbabile, per spiegare una determinata sequenza di eventi, invece di accettare la realtà disordinata, per quanto semplice e probabile.

Uno dei risultati è un processo di banalizzazione, in cui i conflitti storici e contemporanei vengono sottoposti a una sorta di riduzionismo economico, come se fosse tutto ciò che c’era e poteva esserci. Un risultato ironico è che molti dei più feroci critici del sistema neoliberale contemporaneo sono così intellettualmente posseduti dai suoi principi che le loro critiche si basano sulla stessa serie di assunti utilizzati dai suoi sostenitori. Così le guerre in Afghanistan o in Iraq, ad esempio, vengono banalizzate in lotte per il commercio e le materie prime, come se si trattasse solo di questo. Le grandi questioni politiche e di sicurezza, come la militanza islamica, vengono ignorate, perché non c’è modo di inserirle in un paradigma di massimizzazione razionale dell’utilità personale e quindi non possono esistere.

La difficoltà che la società liberale affronta con la scomparsa dell’eroe, per riprendere, è che ha ancora bisogno di figure da emulare. I ricchi non sono in genere una specie attraente e suscitano antipatia e disprezzo da parte della gente comune più che emulazione e ammirazione. Inoltre, poiché per definizione non tutti possono essere ricchi, mentre tutti in linea di principio possono migliorare il proprio gioco del tennis, quasi tutti i tentativi di emulazione della ricchezza falliscono, generando di conseguenza rabbia e disillusione. La risposta, logicamente anche se forse curiosamente, è quella di sostituire l’eroe con la vittima, l’attivo con il passivo, la persona che fa le cose con la persona a cui le cose vengono fatte. Questo è logico nel senso che la concomitanza della ricerca liberale della ricchezza è la ricerca dei diritti, qui intesi nel loro senso fondamentale di obblighi che cerchiamo di imporre agli altri di agire o non agire in certi modi per avvantaggiarci. Così come la ricchezza aumenta il potere, anche lo status di vittima può aumentare, perché la vittima rivendica diritti, e quindi potere, sugli altri. C’è una competizione brutale per stabilire i diritti, e quindi il potere sugli altri, poiché in una società liberale i diritti agiscono come una moneta surrogata che conferisce potere, status e infine denaro. Un modo di vedere la politica dell’attuale crisi a Gaza è il tentativo disperato di un quasi-monopolista affermato dello status di vittima e dei diritti di impedire l’emergere di un concorrente, per tutto il mondo come Micro$oft e Apple vent’anni fa.

Quindi, in una società liberale siamo incoraggiati a emulare le vittime, sia collettivamente che individualmente. Collettivamente, perché possiamo identificarci come un gruppo identitario “emarginato” o “represso” e chiedere che gli altri ci diano un po’ del loro potere, del loro status e del loro denaro per compensare questo fatto. Ancora una volta, questo non funziona molto bene nella pratica, in parte perché tutti noi apparteniamo a vari “gruppi”, i cui confini e la cui posizione nell’Indice di Oppressione cambiano continuamente, e in parte perché la maggior parte di questi gruppi tende a essere guidata da imprenditori dell’identità che hanno l’abitudine di fare soldi.

A livello individuale, una società liberale può tollerare risultati eccezionali se questi sono saldamente inseriti in un contesto sociale più ampio. Così, chi proviene da un ambiente “emarginato” e ha successo nello sport, nella politica o nella cultura, sarà lodato non tanto per quel risultato, quanto per aver “superato i pregiudizi” o altro, per aver ottenuto quello status, con un implicito rimprovero alla comunità maggioritaria per aver avuto pregiudizi in primo luogo. Ma la questione si complica perché, ad esempio nello sport, esiste davvero una gerarchia che premia il talento. Così in Francia (per fare l’esempio che conosco meglio) le squadre sportive, la musica popolare, la televisione e il cinema includono una percentuale sproporzionata di persone provenienti da comunità “emarginate”. E certamente nel caso dello sport, queste persone sono rispettate ed emulate per i loro risultati, piuttosto che per la loro origine etnica. Tutto ciò è imbarazzante per i teorici dell’identità liberale.

La soluzione, nella misura in cui esiste, è che una grande organizzazione o lo Stato stesso nominino qualcuno a una posizione basata non sulle sue capacità, ma sulla sua identità. Così, leggiamo spesso del “primo X a diventare Y”, come se si trattasse di un risultato personale basato sul merito. Ma ovviamente non è così, e l’unico messaggio che trasmette per l’emulazione è che tutti dovrebbero sfruttare la propria condizione di vittima o di emarginato per convincere o intimidire qualche grande organizzazione a concedere loro una posizione di ricchezza e potere a cui altrimenti non avrebbero potuto aspirare. Ironia della sorte, la competizione per raggiungere questo status è altrettanto spietata e brutale di quella per diventare un operatore obbligazionario di successo, anche se le abilità coinvolte sono leggermente diverse. Ma questo è del tutto tipico di una società liberale: ciò che conta non è l’abilità, l’esperienza o la formazione, ma piuttosto la capacità di commercializzare se stessi come un prodotto che un’organizzazione o un pubblico si sentono obbligati a comprare. Alla fine, ovviamente, questi risultati non riguardano affatto gli individui e quindi non possono essere motivanti o responsabilizzanti. Sono in realtà dichiarazioni di autocompiacimento da parte di un’organizzazione o della stessa società liberale: guardate quanto siamo tolleranti e inclusivi.

Internet ha fornito opportunità di auto-marketing che non erano mai esistite prima e che vanno ben oltre la ristretta politica identitaria, fino alla frammentazione del discorso stesso guidata dalla domanda. È semplicemente necessario identificare un mercato per un certo tipo di discorso polemico e poi affrontarlo. Circa quattrocento anni fa, Ben Jonson scrisse una commedia satirica intitolata Lo Staple of News, dove “staple” significava “monopolio”. In questo stabilimento si poteva acquistare qualsiasi notizia che si desiderava, vera, esagerata o semplicemente inventata, a seconda di ciò che si voleva sentire. Internet lo ha reso praticamente possibile e si può leggere, a seconda dei gusti, un articolo sull’Ucraina violentemente antirusso o violentemente filorusso, il cui fattore comune è che l’autore in questione ha individuato un mercato a cui non interessano le sfumature e nemmeno tanto la conoscenza e l’accuratezza. In effetti, non chiediamo più che gli articoli sull’attualità siano accurati, ma solo che ci dicano ciò che vogliamo sentire.

Allora, cambiando leggermente argomento, si possono sfogliare articoli online su Gaza che in realtà dovrebbero essere preceduti da una dichiarazione del tipo Non ho mai visitato il Medio Oriente, non parlo l’arabo, conosco molto poco della storia e della cultura della regione e ho potuto consultare rapidamente solo alcune fonti in lingua inglese. Ma ho opinioni molto forti, quindi vi prego di mandarmi dei soldi in modo che possa continuare a esprimerle. Beh, questa è l’identificazione di un’opportunità di mercato nei classici termini neoliberali, ma è un peccato che non si richieda più a chi esprime opinioni forti di sapere di cosa sta parlando. Un giornalista di vecchio stampo come Robert Fisk, ad esempio, non faceva mistero delle sue simpatie, ma ha trascorso la maggior parte della sua vita in Medio Oriente e sapeva esattamentedi cosa stava parlando. Oggi, i suoi contributi si perderebbero nel rumore e probabilmente sarebbero considerati troppo difficili e troppo ricchi di sfumature.

Tutto questo produce inevitabilmente malafede e imbarazzo terminale. È una convinzione indiscutibile del liberalismo che il mondo stia avanzando costantemente e ineluttabilmente verso un futuro moralmente migliore. Mai, a quanto pare, abbiamo conosciuto tanta tolleranza, diversità e inclusione. Purtroppo, però, non funziona nulla e le élite politiche, mediatiche, imprenditoriali e intellettuali della nostra società sono più incapaci e moralmente dubbie che mai. A livello profondo, tutti lo sanno, per quanto siano fermamente convinti che viviamo in un presente splendente e che ci stiamo muovendo verso un futuro più splendente.

Dopotutto, supponiamo di lavorare in un’università il cui edificio principale è stato progettato da un architetto duecento anni fa ed è praticamente come nuovo. Nel frattempo, l’edificio annesso progettato negli anni ’80 è troppo pericoloso per essere utilizzato e deve essere abbattuto. All’esterno dell’edificio difettoso di Scienze ci sono statue di grandi inventori e scopritori, mentre sono decenni che non si vince un premio importante e tutti i migliori studenti laureati di questi tempi vengono da oltreoceano. L’imponente edificio della Facoltà di Lettere e Filosofia è stato donato da un industriale di successo e filantropo nel XIX secolo, mentre l’edificio di Business Studies, ora in rovina, è stato pagato da un hedge fund con sede nelle Isole Cayman, in cambio di un dottorato onorario per il suo fondatore. L’Istituto di Geologia e Geografia, un tempo famoso in tutto il mondo, è stato intitolato alla prima persona che ha attraversato l’Antartico da sola a piedi con un cane. Ma ora non riesce ad attirare studenti e non è abbastanza redditizio. Eccetera. È così dappertutto: tutte le professioni liberali, i media, la legge, la politica, i think-tank, il mondo accademico, l’opinionismo, la finanza, sono in declino e la maggior parte di esse ha perso la posizione pubblica e l’autorità morale che aveva. In qualche modo, non riusciamo più a progettare edifici o ponti che rimangano in piedi, a sviluppare tecnologie che funzionino o a far funzionare le organizzazioni in modo efficace e onesto. I cinesi riescono a costruire nuove ferrovie nel tempo che noi impieghiamo a costruire pacchetti di finanziamento per i servizi di ristorazione su treni che noi non riusciamo a far funzionare in tempo, o addirittura per niente. .

Le nostre élite sono quindi consapevoli di non poter essere all’altezza dei loro predecessori, né dal punto di vista pratico né da quello morale, e questo le mette in imbarazzo, e a sua volta le fa arrabbiare.  Il risultato è quindi abbastanza logico: se il passato ci offende, distruggiamolo. Se non possiamo essere all’altezza delle grandi figure del passato, miniamole e portiamole al nostro livello, così non dovremo mai più sentirci inferiori. Non avendo eroi oggi, dobbiamo distruggere gli eroi dei nostri predecessori. L’odio per il passato è stato una caratteristica fondamentale del liberalismo fin dall’inizio: dopo tutto, il passato è fatto di superstizioni, pregiudizi, ignoranza, intolleranza e molte altre cose che saranno spazzate via dalla chiara luce della logica dell’interesse personale razionale e illuminato. Le prove che potrebbero indicare il contrario devono essere distrutte.

Ma, circondati da squallore, incompetenza e corruzione, è sempre più difficile per noi guardare al passato con un atteggiamento di superiorità morale. Che figure spaventose ci sembrano oggi quei riformatori del XIX secolo, con la loro intensa serietà morale? Ma naturalmente non avevano il nostro atteggiamento illuminato nei confronti del transessualismo. Forse uno di loro, in una lettera a un amico, ha osservato che era contento che l’omosessualità fosse illegale. Con uno sforzo sufficiente, si può trovare abbastanza sporco su qualcuno, solo per il fatto di essere nato un paio di secoli fa. E poiché l’Inghilterra era una nazione commerciale, se ci si sforza davvero tanto, si può collegare chiunque a qualche aspetto della schiavitù, anche indirettamente. E poi la superiorità morale si fa sentire, si può abbattere la loro statua, rinominare il loro College e castrare simbolicamente quel passato verso il quale la maggior parte delle persone oggi si sente inferiore. (In fondo, dopo tutto, si tratta di rabbia edipica: siamo una società con problemi di papà).

In nessun altro caso è così come per le generazioni che hanno combattuto la Prima e la Seconda guerra mondiale, hanno sofferto la tirannia, la povertà e l’insicurezza degli anni tra le due guerre e hanno ricostruito l’Occidente dopo il 1945. Oggi non potremmo farlo. Semplicemente, le nostre società crollerebbero sotto questo tipo di stress, e lo sappiamo. Non è perché siamo esseri inferiori, o perché la società è decadente, o per altre frivole scuse, è che le nostre società neoliberali semplicemente non potrebbero fare quello che hanno fatto i nostri antenati, individualmente e collettivamente. Come reagisce chi è stato educato a credere che le parole siano violenza di fronte a un vero cadavere accanto a sé? Come reagisce chi è stato educato a credere che la povertà sia violenza quando sopravvive con 500 grammi di cibo al giorno, se è fortunato? Non è colpa loro: nulla nel sistema operativo del neoliberismo odierno può dirci come affrontare tali sfide, tranne forse come corrompere la nostra via d’uscita dalla lotta e come gestire un mercato nero.

Questo è diventato un problema alla fine degli anni Sessanta, per la mia generazione che era cresciuta lontano dall’ombra della guerra imminente, anche se alcuni Paesi conservavano il servizio militare. Ne è emersa una forma di antimilitarismo beffardo e sprezzante, che faceva parte della ribellione di quella generazione contro i propri genitori. Spesso si nascondeva dietro l’opposizione alla guerra del Vietnam e non era pacifismo (una filosofia curiosa, ma comunque coerente), anche se spesso si fingeva che lo fosse. In genere, si trattava di un sostegno palese ai Viet Cong e di poster sui muri con uomini armati di fucile, anche se non di pelle bianca. Una volta sono stato a un concerto di Pete Seeger a Londra, dove ha cantato prima il potente inno pacifista Where Have All The Flowers Gone, con tanto di omelia sul bisogno essenziale di pace nel mondo, seguito dalla canzone della guerra civile spagnola Viva La Quince Brigada, con tanto di omelia sulla necessità di combattere il fascismo, con le armi se necessario. Né lui né la maggior parte del pubblico sembrarono notare la logica contraddizione.

Per molti versi, anche diverse generazioni dopo, siamo ancora in ribellione contro la generazione simbolicamente genitoriale che ha diretto e combattuto la Seconda guerra mondiale. Non avendo mai dovuto subire queste cose e sapendo che non saremmo stati in grado di affrontarle se avessimo dovuto, non risparmiamo gli sforzi per disprezzare coloro che le hanno subite. Questo si manifesta a vari livelli, da un’ondata dopo l’altra di storia e biografia tediosamente “revisioniste” di qualità molto variabile, alla riconfigurazione della Seconda Guerra Mondiale come esclusivamente incentrata sulle vittime (“Auschwitz e Hiroshima sono più o meno la stessa cosa, no?”), alla concentrazione sulla letteratura e sul cinema contro la guerra e pacifista nei programmi scolastici e universitari. E così possiamo immaginarci simbolicamente moralmente superiori a quelle generazioni, e tutti sono felici.

Tranne che, ovviamente, abbiamo bisogno di eroi. Tutte le società ne hanno bisogno. E così i più ferventi antimilitaristi cercano, come hanno sempre fatto, surrogati dall’estero da ammirare e rispettare: quello che George Orwell chiamava notoriamente il “patriottismo dei derattizzati”. Dai Viet Cong ai mujahidin afghani, fino agli esempi odierni di Hezbollah e degli Houthi, ammiriamo e troviamo l’eroismo in persone al di fuori delle nostre società, perché siamo troppo imbarazzati per cercarlo al loro interno.

Il caso classico in questo momento è l’Ucraina. La realtà è che le società occidentali non potrebbero sostenere una guerra di questo tipo, da entrambe le parti, e lo sappiamo. Questo ci rende arrabbiati e risentiti. Così reagiamo in vari modi. I figli dei figli che sono stati educati a disprezzare l'”Impero” americano adottano invece la Russia e il suo esercito come totem. Più in generale, la consapevolezza che i russi fanno cose che noi non possiamo più fare, a livello sociale, industriale o organizzativo, è umiliante per alcuni, ma psicologicamente destabilizzante e inaccettabile per altri. Da qui le fantasie di centinaia di migliaia di morti, di truppe russe mal equipaggiate e mal addestrate che combattono con le pale; tutto pur di aggrapparsi all’illusione della superiorità morale liberale occidentale.

Perché non si sottolineerà mai abbastanza che nessun Paese occidentale potrebbe sostenere una guerra di questo tipo per più di qualche settimana. Non mi riferisco solo al fatto che esaurirebbe le munizioni e la logistica nel giro di pochi giorni, e non ha più le armi, la leadership e l’addestramento per partecipare a un simile conflitto. Consideriamo, per un momento, solo la questione delle vittime. Ho già suggerito in precedenza che, sulla base di stime prudenti delle perdite russe, esse equivalgono forse a 25-30.000 morti per un Paese medio dell’Europa occidentale, forse a 150.000 morti nel caso degli Stati Uniti. A questi vanno aggiunti almeno altrettanti invalidi a lungo termine. E poi, bisogna supporre che il patriottismo spinga decine di migliaia di persone a offrirsi volontarie per compensare le perdite. E questo solo per la Russia. Nessuno ha davvero idea di quali siano le vittime ucraine, ma prendiamo una stima molto prudente di 200.000 morti per un Paese che nel 2022 aveva una popolazione inferiore a quella di Gran Bretagna, Francia, Germania, Spagna o Italia. Pensateci un attimo, e riflettete anche che nella Seconda Guerra Mondiale i tedeschi da soli hanno perso circa 4,5 milioni di uomini in sei anni di combattimenti. Cifre del genere non sono calcolabili al giorno d’oggi: causerebbero il blocco totale dell’algoritmo liberale di massimizzazione dell’utilità.

E nonostante ciò continuano a combattere. Sì, ci sono pressioni da parte ucraina, sì, ci sono forze che impediscono la diserzione. Ma è fatuo supporre che dietro ogni squadra isolata di truppe ucraine ci sia un distaccamento di Azov pronto ad abbatterle in caso di ritirata. Combattono, come combattono i russi, perché questo è ciò che gli uomini fanno in quella regione, e hanno sempre fatto. I loro padri si sono addestrati per queste guerre, i loro nonni e bisnonni vi hanno combattuto. Le società occidentali non sono più in grado di fare questo: non perché siamo diventati “decadenti” o “morbidi” o altre spiegazioni simili, ma perché le società liberali non offrono nulla per cui combattere, né ricompense per essere il tipo di persona che combatterebbe comunque.

E così l’ultimo disperato espediente di una società che ha esternalizzato tutto il resto è esternalizzare l’eroismo. Abbiamo creato un’Ucraina di fantasia, piena di persone che vorremmo essere, ma che non possiamo più essere, che lottano contro avversità schiaccianti, che difendono la civiltà liberale occidentale, ecc. Questo non deve essere minimamente credibile per gli esterni, può tranquillamente ignorare ogni sorta di cose scomode sui nazionalisti estremi e sulla corruzione. L’Ucraina così come viene presentata è una costruzione occidentale virtuale, piena di persone eroiche che fanno cose che noi non possiamo più fare. E finora, almeno, il consenso dell’élite è che esternalizzare l’eroismo in Ucraina è stato altrettanto efficace che esternalizzare la produzione in Cina. Dopo tutto, non avremo più bisogno di mostrare l’eroismo: subappaltiamolo.

“Peccato per la nazione” scriveva il poeta libanese Khalil Gibran “che acclama il prepotente come eroe”. Mi fa più pena la nazione che non ha eroi e che deve appaltare l’eroismo ad altri.

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Shoshana Zuboff: il capitalismo della sorveglianza By Sociologicamente –

Shoshana Zuboff: il capitalismo della sorveglianza

Il mondo digitale ha preso il sopravvento, ridefinendo qualunque cosa prima che venga offerta la possibilità di riflettere e decidere. Si possono apprezzare gli ausili e le prospettive che l’interconnessione offre, ma allo stesso tempo si aprono nuovi territori fatti di ansia, pericoli e violenza, mentre l’idea stessa di un futuro prevedibile svanisce per sempre.

Questo è il pensiero che emerge dal libro “Il capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri”, di Shoshana Zuboff, professoressa americana e business analyst di Harvard, la quale sostiene che Big Tech sia determinata a mercificare, controllare e cooptare ogni esperienza umana per trasformarla in dato comportamentale grezzo da utilizzare per accrescere ancora di più i propri profitti e il proprio potere.

Zuboff sostiene che il capitalismo di sorveglianza consista nel monitorare, analizzare e modificare costantemente il comportamento umano per il profitto dei giganti della tecnologia, che investono in quelli che lei definisce “mercati comportamentali futures”,dove il sapere in anticipo cosa faranno le persone domani o l’anno prossimo diventa un’informazione di enorme valore per chi vuole vendergli un prodotto o un servizio.

Indice

La rete… di una volta

Venti anni fa la rete era il mezzo postmoderno per realizzare la libertà. Oggi nessuno avrebbe il coraggio di ripeterlo. La Zuboff dimostra come, in un contesto di “nuova razionalità neoliberista”, i dati che si lasciano nelle attività on-line e off-line sono la materia prima che permette a enormi aziende di indirizzare i consumi e di “predirli”, arrivando a modificare i comportamenti degli individui, dei gruppi e di intere popolazioni.

Shoshana Zuboff fa partire la sua analisi sociologica a tutto tondo dell’attuale evoluzione del capitalismo, una forma di mercato inimmaginabile fuori dal contesto digitale ma che non coincide con esso. Il capitalismo della sorveglianza infatti non è una tecnologia, è una logica che permea la tecnologia e la trasforma in azione.

Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono più diffuse dell’elettricità e raggiungono tre dei sette miliardi di persone sulla Terra. I dilemmi intrecciati della conoscenza, dell’autorità e del potere non sono più limitati ai luoghi di lavoro come negli anni Ottanta del Novecento, ma sono ramificati in tutte le necessità quotidiane e mediano quasi ogni forma di partecipazione sociale.

Cos’è il capitalismo della sorveglianza

Le nuove tecnologie non stanno solo sfuggendo al controllo umano, ma vengono anzi utilizzate proprio come strumento di controllo. L’ espressione “capitalismo della sorveglianza”, coniata da Shoshana Zuboff, condensa efficacemente due concetti: quello di un nuovo capitalismo, alternativo a quello industriale dei secoli scorsi, e quello di un nuovo sistema di potere fondato sul controllo del comportamento individuale.

Il capitalismo della sorveglianza si appropria dell’esperienza umana, usandola come materia prima da trasformare in dati sui comportamenti. Alcuni di questi dati vengono utilizzati per migliorare prodotti o servizi, ma il resto diviene un surplus comportamentale privato, sottoposto a un processo di lavorazione avanzato noto come intelligenza artificiale per essere trasformato in prodotti predittivi in grado di vaticinare i comportamenti futuri o, come lo chiama Zuboff, il mercato dei comportamenti futuri. L’ideologia strumentalizzante conosce e indirizza i comportamenti umani verso nuovi fini. Anziché usare eserciti e armi, impone il proprio potere tramite l’automazione e un’architettura computazionale sempre più presente, fatta di dispositivi, oggetti e spazi smart interconnessi.

Sorveglianza e informazione

È diventato davvero difficile sfuggire a questo tipo di mercato. Basti pensare all’indottrinamento degli innocenti giocatori di Pokémon Go; all’atto di mangiare, bere e fare acquisti in ristoranti, bar, fast food e negozi che pagano per avere una parte del mercato dei comportamenti futuri; alla spietata espropriazione del surplus dei profili Facebook per delineare i profili individuali, che si tratti dell’acquisto di una crema per brufoli o di un paio di nuove scarpe da ginnastica; fino alle elezioni politiche.

Zuboff distingue, dunque, fin dall’inizio il capitalismo di sorveglianza dal capitalismo dell’informazione. Mentre il capitalismo dell’informazione si arricchisce attraverso le informazioni che gli vengono fornite, il capitalismo di sorveglianza si maschera dietro ad accordi intimidatori sui termini di servizio e in realtà manipola il comportamento dell’uomo in vari modi affinché si faccia ciò che esso vuole, perpetuando un ciclo di feedback di controllo predatorio e spionaggio emotivo attraverso meccanismi sofisticati di apprendimento automatico e programmazione algoritmica.

Se è gratis, il prodotto sei tu!

Google ha avuto un ruolo pionieristico nel capitalismo della sorveglianza sia in senso teorico che pratico, finanziando ricerca e sviluppo, ponendosi all’avanguardia della sperimentazione e dell’implementazione, ma non è più il solo attore in scena. Infatti, il capitalismo della sorveglianza è arrivato, ben presto, a Facebook e a Microsoft, e anche Amazon inizia a muoversi in questa direzione. Ogni individuo è sorvegliato, perché plusvalore di questo nuovo capitalismo. Ciò che costituisce il lavoro gratuito dato al capitalista, non sono altro che i dati e i comportamenti personali, utilizzati per costruire una strategia di marketing individualizzato e poi per guidare il comportamento stesso del singolo, tramite suggerimenti e ambienti  preposti. I clienti non sono gli utenti di Google, Facebook etc., bensì sono coloro che vogliono vendere agli utenti.

L’insondabilità e la segretezza delle tecniche e delle operazioni sono “il fossato attorno al castello”, in modo da non far avvicinare nessuno a quel che succede all’interno. Inventando il targeted advertising, la pubblicità targettizzata, Google ha spianato la propria strada verso il successo finanziario, ma ha anche spalancato un percorso dalla portata molto più vasta: la scoperta e l’elaborazione del capitalismo della sorveglianza. Il suo modo di fare affari è connotato sul modello pubblicitario e molti sono gli articoli sul metodo d’asta automatizzato di Google e sulle altre innovazioni che portano all’online advertising.

Le persone diventano, quindi, inconsapevoli api operaie disponibili, senza coercizione apparente, a essere scrutate e orientate, a diventare consumatrici sotto spinte e rinforzi che sembrano servizi efficienti o ambienti naturali, mentre sono ambienti e gabbie artificiali controllate dagli algoritmi dell’intelligenza artificiale delle piattaforme digitali e dai motori di ricerca dei capitalisti della sorveglianza. La libertà di decidere e di scegliere, la privacy, il diritto di essere persone singole e uniche, inviolabili, sono così facoltà minacciate in maniera inesorabile; il tutto essendo “liberi” ed esercitando la propria “volontà”, i propri desideri e così facendo dando informazioni per estrarre valori da questi desideri condotti a essere azioni previste.

I prodotti e i servizi come “esche”

I meccanismi del capitale della sorveglianza e i suoi imperativi economici sono diventati il modello base per la maggior parte dei business basati su Internet. Alla fine, la pressione della competizione ha trasferito il paradigma su tutto il mondo online, dove gli stessi meccanismi di base che si appropriano della navigazione, dei like e dei clic, oggi vengono applicati alla vita quotidiana delle persone. I prodotti predittivi vengono attualmente scambiati in un mercato dei comportamenti futuri che va ben oltre le pubblicità online dirette a un preciso target e che comprende molti altri settori, come assicurazioni, vendita al dettaglio, finanza, e una serie sempre più ampia di aziende che vendono servizi e sono intenzionate a entrare in un simile mercato.

Secondo Shoshana Zuboff, i prodotti e i servizi del capitalismo della sorveglianza non sono oggetto di uno scambio di beni. Non pongono un rapporto di reciprocità costruttivo tra produttore e consumatore. Sono, al contrario, “esche” che attirano gli utenti in operazioni nelle quali le loro esperienze personali vengono estratte e impacchettate per gli scopi di altre persone. Le persone non sono veri “clienti” del capitalismo della sorveglianza, ma i veri clienti sono le aziende che operano nel mercato dei comportamenti futuri. Internet è diventato essenziale per avere una vita sociale, ma è anche saturo di pubblicità, e la pubblicità è subordinata al capitalismo della sorveglianza.

I capitalisti della sorveglianza sanno tutto degli utenti, mentre per gli utenti è impossibile sapere quello che fanno i capitalisti. Infatti questi ultimi accumulano un’infinità di nuove conoscenze dagli utenti, ma non per gli utenti. Dunque, l’esperienza umana diventa la materia prima da sfruttare da parte di questa forma capitalistica e il pericolo sta nell’assuefazione della società di fronte a questo processo o nella debolezza delle istituzioni quasi sempre subalterne a questo processo.

La metafora marxiana del capitalismo vampiro

Non c’è peggior vampiro del capitalista. Lo pensava già Karl Marx, che nei suoi scritti si è servito più volte di questa metafora per spiegare i rapporti tra i padroni e i lavoratori, tra il cosiddetto “lavoro morto”, già svolto in passato e materializzato e il “lavoro vivo”, gli operai. Il primo, “come un vampiro, vive solo succhiando il lavoro vivo, e più lavoro succhia più vive”. “I proprietari delle fabbriche, motivate soltanto dal profitto, emergono come una forma di vampiri economici”, scriveva. “migliorando i bilanci aumentando le ore di lavoro, abbassando gli stipendi e peggiorando le condizioni di lavoro.

I capitalisti”, continuava, “drenano il valore del lavoro dei loro lavoratori per arricchire se stessi. Proprio come i vampiri soprannaturali succhiano la forza vitale delle loro vittime per diventare sempre più forti”. E allora si capisce che proprio la metafora regge tutto il sistema: il vampiro è l’individuo nella sua essenza.

È predatore, inumano, anti-umano, senza obblighi morali nei confronti degli altri. Una condizione che, alla fine, conduce all’alienazione. Ma del resto, anche nei racconti di vampiri uno dei temi più battuti è proprio l’incapacità del vampiro di connettersi alla vita degli altri. Shoshana Zuboff rievoca questa metafora nel suo libro, in quanto gli scienziati  dei dati e degli algoritmi, l’intelligenza artificiale impegnata nel controllo e condizionamento sono totalmente fuori portata. Chi è dentro alla connettività sempre più onnipresente e ubiqua, dentro questo “Grande Altro”, novello Grande Fratello, lavora, anzi vive e agisce dentro un ambiente controllato e alimentato dalla linfa vitale in termini di dati, quasi come se fosse un vampiro.

L’orientamento economico di Max Weber

La tecnologia non è e non può essere una cosa a sé, isolata da economia e società. Per questo l’inevitabilità tecnologica non esiste. Le tecnologie sono sempre dei mezzi al servizio dell’economia, e non dei fini. Nell’epoca moderna, il Dna della tecnologia è segnato in partenza da quello che il sociologo Max Weber chiama “orientamento economico”. I fini dell’economia, osserva Weber, sono sempre intrinseci allo sviluppo e alla diffusione della tecnologia: “L’azione economica” determina gli obiettivi, mentre la tecnologia offre i “mezzi appropriati”. Nell’ottica di Weber, il fatto che il cosiddetto sviluppo tecnologico dell’epoca moderna sia tanto orientato economicamente al profitto è fondamentale nella storia della tecnologia.

In una società capitalista moderna, la tecnologia è stata, è e sarà sempre un’espressione degli obiettivi economici che l’hanno posta in azione. Il capitalismo della sorveglianza, secondo Shoshana Zuboff, impiega molte tecnologie, ma non può essere equiparato ad alcuna tecnologia. Le sue operazioni usano delle piattaforme, ma le operazioni e le piattaforme non coincidono. Usa l’intelligenza artificiale, ma non può essere ridotto a tali macchine. Produce e sfrutta degli algoritmi, ma non equivale ad algoritmi. Dunque, gli imperativi economici, propri del capitalismo della sorveglianza, sono i burattinai nascosti dietro le quinte che dirigono le macchine e le mettono in azione.

La divisione del lavoro di Émile Durkheim

La Zuboff, nel suo volume, fa riferimento, inoltre, alla divisione del lavoro, di cui parla Émile Durkheim, in “La divisione del lavoro sociale”. Le nuove forme di mercato sono più produttive quando si plasmano in armonia con le esigenze e i valori delle persone. Il grande sociologo lo sottolinea all’inizio del Ventesimo secolo. Osservando gli sconvolgimenti plateali operati dall’industrializzazione nella sua epoca, Durkheim comprende che per quanto gli economisti potessero scrivere tali sviluppi, non erano in grado di coglierne la causa. Esso ipotizza che questi cambiamenti radicali fossero causati dai nuovi bisogni delle persone: “La divisione del lavoro ci appare diversa da come appare agli economisti. Per loro, la maggior produttività è solo una conseguenza necessaria, una ripercussione del fenomeno. Se ci specializziamo non è per produrre di più, ma per essere in grado di vivere secondo le nuove condizioni di esistenza create per noi”.

Durkheim identifica l’eterno tentativo di vivere in modo efficace nelle nostre condizioni di esistenza come l’invisibile potere causale in grado di generare la divisione del lavoro, le tecnologie, l’organizzazione, il capitalismo e di conseguenza la civiltà stessa. Ognuna di queste cose è forgiata nella fucina del bisogno, generata da quella che Durkheim chiama “la violenza della lotta” per una vita efficace. Se il lavoro viene maggiormente diviso è a causa di una lotta per l’esistenza che si fa più dura. La razionalità del capitalismo riflette tale allineamento, anche se imperfetto, con i bisogni delle persone che cercano di vivere al meglio a seconda delle condizioni di esistenza del loro tempo e del loro luogo. L’individuo diviene il centro di ogni azione e scelta morale, e l’individualizzazione è una conseguenza della modernizzazione, tratto indelebile della vita contemporanea.

Sirena Frattasio

Riferimenti bibliografici e sitografici   

  • S. Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri, Luiss University Press, Roma, 2020.
  • M. Hilbert, Journal of the American Society for Information Science and Technology, 2013.
  • É. Durkheim, La divisione del lavoro sociale, il Saggiatore, Milano, 2016.
  • https://www.jstor.org/stable/23004024
  • https://www.linkiesta.it/2018/11/qual-e-il-modo-migliore-per-spiegare-marx-usare-le-storie-di-vampiri/

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Conversazione: la politica estera degli Stati Uniti e il prossimo presidente_Di Gavekal

Cosa può cambiare l’elezione di Donald Trump o di Kamala Harris ? Relazioni con Europa, Cina e Russia, isolazionismo o interventismo, analisi e scambi con due specialisti di questioni americane e cinesi.

Se Kamala Harris sarà la prossima inquilina della Casa Bianca, il risultato della politica estera statunitense sarà molto probabilmente identico a quello guidato da Joe Biden. Il ritorno di Donald Trump promette incertezza, poiché il suo istinto su questioni come la guerra in Ucraina e la politica cinese differisce dalle posizioni assunte da alcuni dei suoi principali consiglieri. Arthur Kroeber ha parlato con Yanmei Xie e Tom Miller per valutare gli scenari per le relazioni degli Stati Uniti con il resto del mondo e come gli altri Paesi potrebbero rispondere.

Articolo originale pubblicato su Gavekal. Traduzione a cura di Conflits.

Arthur Kroeber

Benvenuti a un’altra conversazione di Gavekal. Sono Arthur Kroeber, Direttore della Ricerca, e sono affiancato dai miei colleghi Yanmei Xie e Tom Miller, che si occupano per noi di geopolitica e affari mondiali. Oggi parleremo del cambiamento dell’ambiente geopolitico dopo le elezioni americane, e mi scuso in anticipo. Mi sto riprendendo da un raffreddore, quindi sono un po’ stanco, ma spero che questo non intralci il flusso di idee. All’inizio di questa settimana abbiamo pubblicato un articolo che valutava le possibilità di cambiamento delle posizioni in politica estera degli Stati Uniti dopo le elezioni. La conclusione generale era che con Kamala Harris è improbabile che le cose cambino molto. La signora Harris continuerebbe in gran parte la direzione politica generale dell’amministrazione Biden con alcune variazioni, ma c’è molta imprevedibilità, come tutti sanno, su ciò che potrebbe accadere in un’amministrazione Trump. Il problema fondamentale è che c’è un’interazione molto imprevedibile tra ciò che Trump stesso potrebbe volere, che è molto idiosincratico e in alcuni casi passa da un tipo di obiettivo a un altro. C’è quindi un’interazione tra i suoi impulsi e i desideri dei suoi consiglieri. Se si considerano le tre aree principali che abbiamo esaminato, la politica della Cina, il Medio Oriente e la Russia, probabilmente c’è una discreta convergenza tra gli istinti di Trump e quelli dei suoi consiglieri in Medio Oriente, in termini di mantenimento o rafforzamento del sostegno a Israele e di intensificazione delle pressioni contro l’Iran. Ma in altre aree, in particolare la guerra in Ucraina e la politica della Cina, ci sono molti potenziali conflitti tra gli istinti di Trump e ciò che direbbero i suoi consiglieri.

Esiste quindi un’intera gamma di possibilità. E credo che oggi cercheremo di esplorare alcune di queste possibilità e anche di parlare un po’ di come altri Paesi potrebbero rispondere a questi cambiamenti, soprattutto nell’ambito di un’eventuale seconda amministrazione Trump. Per cominciare, Yanmei, lei è stata di recente a Washington a parlare con molte persone del mondo politico. Potrebbe darci un’idea di come Trump potrebbe cercare di smuovere le acque, se così si può dire, per quanto riguarda la politica cinese, se venisse eletto per un secondo mandato? Perché quello che sappiamo di Trump è che il suo modus operandi è cercare di cambiare la situazione in qualche modo, non necessariamente per ragioni di principio, ma perché gli piace agitare le cose. Ma ciò che è interessante a Washington è che quando è arrivato otto anni fa, c’era un consenso sull’impegno con la Cina, che lui ha fatto esplodere e ha messo in atto questo quadro competitivo. Oggi, il consenso a Washington è in gran parte quello che lui stesso ha stabilito otto anni fa. Quali sono i diversi modi in cui potrebbe cercare di scuotere di nuovo le cose se entrasse in carica?

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Yanmei Xie

Direi che il consenso sulla politica cinese a Washington DC ruota attorno a un problema. Il problema percepito dagli Stati Uniti è che la Cina è il nemico strategico. La Cina ha la capacità e l’intenzione di sfidare l’egemonia statunitense nel mondo. Esiste anche un consenso sulla direzione della politica e sulla necessità di un certo tipo di impegno sul commercio e sugli investimenti tecnologici. E da lì, credo che il consenso venga meno. Direi che ha ragione sul fatto che Harris probabilmente continuerebbe questa sorta di deliberato, graduale, chirurgico disimpegno dalla Cina per dare alle aziende e agli alleati il tempo di adattarsi. Trump, credo, scommetterebbe su un ritmo più ampio, rapido e accelerato di disimpegno economico dalla Cina. E probabilmente preferirebbe farlo da solo piuttosto che aspettare che gli alleati si uniscano agli Stati Uniti in questa direzione.

Arthur Kroeber

Giusto. Beh, credo che sia quello che tenderei a fare anch’io. Voglio dire, se si guarda al tipo di persone che probabilmente popoleranno il lato della sicurezza nazionale di un’amministrazione Trump, sono molto falchi. Robert Lighthizer, che probabilmente occuperà una posizione molto forte, è diventato molto più falco di quando era rappresentante del commercio degli Stati Uniti. Ora è a favore di quello che chiama disaccoppiamento strategico con la Cina. C’è stato quindi un cambiamento di rotta, ma credo che ci siano altre due cose da dire. La prima è che, di fatto, ciò che Trump ha cercato di fare al suo arrivo è stato di stringere una sorta di accordo o di grande patto con i cinesi. Uno dei suoi potenziali segretari al Tesoro, Scott Besant, lo ha suggerito in diverse interviste: l’obiettivo della pressione tariffaria sarebbe quello di portare i cinesi al tavolo delle trattative e creare una versione moderna e aggiornata dell’Accordo del Plaza, in cui i cinesi cambierebbero il loro modello economico, rivaluterebbero la loro moneta e gli Stati Uniti darebbero loro un po’ più di accesso al loro mercato. Questa è un’idea che sta circolando su come Trump potrebbe allontanarsi da questo tipo di consenso falco di Washington.

D’altro canto, molti funzionari di Biden affermano che non avrebbe alcun principio. Non farebbe alcun grande accordo, ma farebbe essenzialmente molti accordi collaterali qua e là con la Cina. E rinuncerebbe a molti interessi americani, ad esempio il sostegno a Taiwan, per ottenere altre cose che potrebbe desiderare. Ci sono quindi due diversi scenari negoziali. Uno è il grande accordo globale e l’altro è più tattico, che è in gran parte il modo in cui opera Trump. Cosa ne pensate di questi due scenari?

Yanmei Xie

Giusto. Prima di tutto, Arthur, permettimi di tornare un po’ sulla caratterizzazione di Trump come totalmente imprevedibile. Quando leggo o ascolto i suoi discorsi e le sue interviste, sotto la corrente della sua retorica apparentemente sconclusionata, sembrano esserci, almeno per quanto riguarda la politica cinese, messaggi coerenti, abbastanza coerenti, su ciò che vuole fare. Per esempio, alla fine dell’anno scorso ha tenuto un discorso dedicato alla politica cinese, in particolare alla politica commerciale. Poi, recentemente, ha rilasciato una serie di interviste a diversi giornali. Il messaggio è abbastanza coerente con quanto Lighthizer ha presentato in modo più metodico nel suo libro. Si tratta di un disaccoppiamento strategico. Lo stesso Trump ha dichiarato di avere una politica di eliminazione graduale delle importazioni di materiali critici dalla Cina. E ha citato settori come l’elettronica, l’acciaio e i prodotti farmaceutici. Quindi sento molto meno linguaggio, molto meno discorsi da parte sua sulla volontà di fare un accordo con la Cina. Un accordo? L’ultima volta, credo che abbia parlato di una sorta di grande accordo e si sia presentato come l’unico in grado di trattare con Xi Jinping. Credo che questa volta, durante la sua campagna, stia parlando molto meno di un grande accordo.

E forse sto correggendo troppo. Penso che l’ultima volta abbiamo commesso l’errore di non prenderlo sul serio per quello che dice. Penso quindi che dovremmo prenderlo più sul serio. Inoltre, è molto più coerente nel suo messaggio di voler correggere quella che considera un’enorme ingiustizia in termini di relazioni commerciali con la Cina. Inoltre, ha detto di volere un certo disaccoppiamento. Credo che l’unica sorta di incoerenza o di messaggio contrastante sia l’aver detto che accoglierebbe con favore i produttori di auto cinesi per venire a produrre e vendere auto negli Stati Uniti. Si tratterebbe di una rottura e di un’inversione di tendenza rispetto a quanto stava facendo l’amministrazione Biden, che voleva chiudere ermeticamente il mercato statunitense alle auto cinesi, indipendentemente dal luogo di produzione. Tuttavia, per farlo, Trump dovrebbe ribaltare diverse politiche, tra cui la legislazione approvata dal Congresso, gli ordini esecutivi e le regole del Dipartimento del Commercio. Potrebbe farlo. In primo luogo, ci vorrebbe tempo. E in secondo luogo, a causa del consenso molto falco di Washington, queste misure sarebbero estremamente impopolari.

Arthur Kroeber

Sì, sono tendenzialmente d’accordo con lei. Il problema che ho con l’argomentazione secondo cui dovremmo prendere Trump sul serio è che spesso dice cose che sono completamente in contraddizione tra loro. Dobbiamo quindi scegliere quale sia più seria dell’altra, non è vero? Se si guarda alla sua amministrazione dal 2016 al 2020, c’è stata una certa coerenza nell’identificare la Cina come un concorrente strategico. Ma c’è stata una vera e propria divergenza tra il periodo in cui erano in corso negoziati piuttosto seri su un accordo commerciale e poi una sorta di inversione di tendenza nel 2020, quando dopo il COVID e il timore di Trump che questo gli sarebbe costato le elezioni, ha permesso una retorica davvero estrema da parte di tutti i suoi alti funzionari, in un modo molto anti-cinese che non era davvero caratteristico della sua precedente amministrazione, la prima parte della sua amministrazione. Quindi, credo che ci sia ancora un po’ di incertezza su quello che farebbe, ma tenderei a dire che il consenso è estremamente falco. È coerente con il suo approccio economico nazionalista e probabilmente è lo scenario più probabile.

Tom, vorrei rivolgermi a lei e chiederle di un’altra questione, che è un’irritazione costante nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina, ovvero lo status di Taiwan. Qualche anno fa la gente era molto preoccupata. Ora la situazione sembra essersi calmata. Tutte le parti coinvolte nella questione – Stati Uniti, Cina e Taiwan – hanno lavorato molto duramente per mantenere la calma. Ma è chiaro che se gli Stati Uniti, sotto l’amministrazione Trump, adotteranno un approccio molto più aggressivo e assertivo nei confronti della Cina e si muoveranno verso il disaccoppiamento strategico, come ha suggerito Yanmei, penso che probabilmente torneremo a parlare di Taiwan. Come pensa che le cose potrebbero evolvere in un secondo mandato di Trump in termini di politica degli Stati Uniti verso Taiwan, e in che modo i taiwanesi giocherebbero questo ruolo?

Tom Miller

Giusto. Beh, credo che la prima cosa da dire a questo proposito sia che è incredibilmente difficile sapere quale direzione prenderanno le cose perché Trump è stato così incoerente su Taiwan in passato. A volte ha minacciato di abbandonare la politica di una sola Cina. A volte ha anche minacciato di abbandonare Taiwan. È quindi difficile saperlo. Nell’articolo che abbiamo pubblicato, abbiamo descritto il rapporto tra Stati Uniti e Cina: sotto Trump potremmo assistere a una sorta di competizione totale tra Stati Uniti e Cina. Se così fosse, c’è il rischio, a mio avviso, che Trump e le persone che lo circondano provochino la Cina su Taiwan. Probabilmente è improbabile un commento che sostenga esplicitamente l’indipendenza di Taiwan. Ma se si spingessero a tanto, sarebbe molto, molto pericoloso, perché quella è davvero la linea rossa della Cina. Credo che le voci di una sorta di calendario per l’invasione fossero esagerate qualche anno fa, e credo che ora siano state ridimensionate. A Taiwan si temeva che il nuovo presidente, Lai Ching-de, avrebbe spinto per l’indipendenza. In realtà, ha fatto marcia indietro. Quindi direi che il rischio più grande per Taiwan è che gli Stati Uniti vadano fino in fondo e provochino Xi Jinping, perché la grande domanda è se Xi Jinping farà mai la sciocchezza di invadere il Paese. È incredibilmente pericoloso. Ma se Taiwan fosse spinta verso l’indipendenza, sarebbe allora che accadrebbe. Quindi non credo che sia probabile, ma è certamente qualcosa che dovremmo considerare.

Arthur Kroeber

Yanmei, non so se hai qualcosa da aggiungere. Credo che una possibilità che emerge se si inizia a pensare alle possibilità di una grande contrattazione sia che Trump, in diverse occasioni, abbia detto chiaramente che non capisce perché gli Stati Uniti siano così assertivamente a favore di Taiwan. La maggior parte dei suoi addetti alla sicurezza nazionale non sarebbe d’accordo con lui, ma questa è la sua opinione. È possibile che Trump stia cercando di trovare un accordo con Xi Jinping dicendo: “Vogliamo porre fine alla guerra in Ucraina il più rapidamente possibile. Lei ha una certa influenza su Putin. Può convincerlo a sedersi al tavolo dei negoziati in cambio di questo? Troverò un modo per ridurre il sostegno degli Stati Uniti a Taiwan. Pensa che questo sia anche solo lontanamente possibile?

Yanmei Xie

Sì, è vero. Nella sua recente intervista al Wall Street Journal, ha dichiarato che se Xi Jinping tentasse di invadere Taiwan, gli Stati Uniti imporrebbero tariffe fino al 200% su tutti i prodotti cinesi, o addirittura interromperebbero del tutto gli scambi commerciali. Ma si è rifiutato di dire se gli Stati Uniti avrebbero fornito un sostegno militare diretto a Taiwan. Ha semplicemente detto di voler lasciare Xi Jinping nei guai e ha aggiunto che Xi Jinping non oserebbe farlo perché sa che sono completamente pazzo. Quindi penso che il tipo di scambio di cui lei parla sia possibile, ma probabilmente sarà superficiale. Innanzitutto, credo che l’influenza della Cina sulla Russia sarebbe superficiale, non è vero? Perché la Cina possa davvero usare la sua influenza contro Putin, Xi Jinping dovrebbe andare da Putin e dirgli: “Ehi, sai, vorrei che tu facessi un cessate il fuoco in Ucraina, altrimenti taglierò alcuni prodotti importanti dalla Russia o smetterò di comprare dalla Russia, il petrolio russo”. È vero. Non credo che ciò accada perché penso che siamo tutti d’accordo sul fatto che, nella visione del mondo di Xi Jinping, l’allineamento Cina-Russia è al centro della politica estera di Xi Jinping ed è al centro della formazione di questo blocco antiamericano. D’altra parte, penso che da parte americana, l’accordo per ridurre il sostegno a Taiwan potrebbe anche essere superficiale, non è vero? Dopo tutto, le relazioni tra gli Stati Uniti e Taiwan sono protette dal Taiwan Act, che impone agli Stati Uniti di trasferire armi a Taiwan, che attualmente è l’elemento più essenziale del sostegno statunitense a Taiwan. Ciò richiederebbe una revisione della legislazione da parte del Congresso. Quindi penso che Trump potrebbe accettare di inviare meno alti funzionari a visitare Taiwan o di non ricevere Lai Ching-de, di non avere telefonate con Lai Ching-de, ma queste sono cose superficiali, no? E Xi Jinping sa che è superficiale. Quindi, in teoria, potrei vedere una sorta di accordo superficiale, ma non durerà.

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Arthur Kroeber

Credo che sia proprio così, ti rimando alla domanda, Tom. Abbiamo parlato molto di come le cose cambieranno negli Stati Uniti, ma ovviamente anche altri Paesi hanno le loro agenzie in questo settore. In particolare, credo che Yanmei abbia appena sottolineato che la Cina ha una strategia attiva di impegno con la Russia, che è profondamente strategica. Ma ha anche una sorta di strategia più ampia per cercare di aumentare il suo impegno con altri Paesi. Ne abbiamo un assaggio in questi giorni con il vertice dei BRICS a Mosca, che a quanto pare è stato un’occasione per Cina e India di risolvere, o forse appianare, una disputa di confine di lunga data. Parliamo prima di questo. Vorrei dire che l’India è un caso interessante: negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno cercato in tutti i modi di fare dell’India un contrappeso alla Cina. E l’India è stata al gioco fino a un certo punto, perché ha i suoi sospetti sulla Cina. Ma allo stesso tempo, sembra che gli indiani siano molto desiderosi di non cadere in un campo o nell’altro. Cosa pensa, innanzitutto, di questo accordo specifico che cinesi e indiani sembrano aver raggiunto? E cosa ci dice, più in generale, sul modo in cui alcuni di questi Stati intermedi potrebbero cercare di posizionarsi nella rivalità tra Stati Uniti e Cina?

Tom Miller

Certamente. Quindi credo sia prematuro dire che sia stato formalizzato un accordo. Quello che è successo è che negli ultimi sei mesi circa ci sono stati incontri ad alto livello tra cinesi e indiani per cercare di risolvere il problema del confine. Se torniamo indietro al 2020, c’è stato uno scontro molto violento al confine, in cui sono stati uccisi 20 o 30 indiani, credo, e non sappiamo quanti cinesi siano stati uccisi. Circa 100.000 soldati si sono scontrati al confine. Da allora, le relazioni tra India e Cina sono state sostanzialmente congelate. Per 18 mesi, ad esempio, la Cina non ha avuto nemmeno un ambasciatore a Delhi. A luglio, Wang Yi e Jai Shankar, i due più alti funzionari di politica estera dei due Paesi, si sono incontrati di nuovo. La scorsa settimana abbiamo visto diplomatici di livello inferiore cercare di definire alcuni dettagli. Ora sembra che ci sia un certo disimpegno sul confine e un accordo su come dovrebbero funzionare i pattugliamenti. Una delle domande che ci si pone è se Xi Jinping e Modi si incontreranno al 16° vertice dei BRICS, che si tiene in Russia oggi [questo è stato registrato il 22 novembre] e domani, e se ci sarà un qualche tipo di annuncio in merito. Penso che sia forse troppo presto per questo tipo di annuncio formale, ma sembra che ci stiamo muovendo più verso una normalizzazione delle nostre relazioni, che ha senso per entrambe le parti.

Da un lato, l’India ha bisogno di investimenti cinesi. Vuole diventare una sorta di base per le esportazioni globali. Vuole diventare una potenza manifatturiera. Ed è molto, molto difficile raggiungere questo obiettivo senza la Cina. Al momento esporta molto di più, le catene di approvvigionamento si stanno spostando in India, ma deve importare molti prodotti intermedi dalla Cina. Sarebbe francamente più sensato avere investimenti cinesi in India. Quindi credo che la direzione sia quella. E sì, come lei ha detto, l’India è uno di quei Paesi intermedi che si collocano tra la Cina e gli Stati Uniti, cercando di interporsi tra i due e di trarre il meglio da entrambe le parti. Voglio dire, l’India, meno di altri Paesi, direi, è una sorta di Paese intermedio. È, credo, un po’ più vicina agli Stati Uniti. Ma è comunque un membro dei BRICS. È anche membro dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai. E come lei ha detto, sta perseguendo questa politica di autonomia strategica. È determinata a non rimanere bloccata in un campo o nell’altro. Per questo ha senso che l’India collabori con la Cina, oltre che con gli Stati Uniti e altri Paesi. L’India è un po’ diversa da altri Paesi perché vede la Cina come un nemico. Pertanto, manterrà sempre una distanza molto maggiore dalla Cina rispetto a Paesi come il Messico, la Thailandia, la Malesia, il Vietnam o altri Paesi che stanno cercando di trarre vantaggio dalla rivalità tra Stati Uniti e Cina.

Arthur Kroeber

Per continuare, la tesi centrale di Yanmei è che se ci sarà un secondo mandato Trump, la politica sarà essenzialmente di disaccoppiamento strategico. Quindi gli Stati Uniti imporranno molte tariffe alla Cina e attueranno molte politiche per cercare di ridurre l’impronta economica della Cina negli Stati Uniti. E probabilmente lo faranno senza consultare i loro alleati, come ha fatto in modo molto aggressivo l’amministrazione Biden. Quindi, se questa politica viene effettivamente attuata e otteniamo un disaccoppiamento strategico molto, molto forte da parte degli Stati Uniti, come reagiscono gli altri Paesi del mondo? Si diranno che ora devono scegliere da una parte o dall’altra, oppure hanno ancora spazio di manovra per giocare da entrambe le parti, Stati Uniti e Cina?

Tom Miller

Credo che dipenda da ogni Paese. La prima cosa da dire è che se Trump sale al potere e colpisce duramente la Cina con i dazi, questo potrebbe essere molto positivo per alcuni Paesi. Quindi abbiamo già avuto, direi, due ondate di riduzione del rischio. La prima è stata quando Trump è salito al potere nel 2018 e ha imposto tariffe alla Cina, e le catene di fornitura hanno iniziato a spostarsi in altri Paesi per aggirare le tariffe statunitensi sulle importazioni. Poi abbiamo avuto una seconda ondata con COVID, quando è diventato chiaro che essere troppo dipendenti da un solo Paese era semplicemente pericoloso e che dovevamo diversificare le catene di approvvigionamento. Ora, se Trump si mette in gioco e fa quello che dice, ad esempio imponendo tariffe del 60% sulle esportazioni cinesi, potremmo assistere a una terza ondata di riorientamento della catena di fornitura verso questi Paesi intermedi. Vietnam, Messico e India ne sono un esempio. Ma allo stesso tempo, credo che ci sia anche un rischio per questi Paesi. In passato, Trump ha criticato il Vietnam, l’India e il Messico perché sono luoghi in cui le esportazioni cinesi vengono reindirizzate. Tornando al punto di Yanmei, Trump ha parlato di imporre tariffe molto alte sulle esportazioni cinesi. Ha fatto lo stesso commento sui veicoli messicani, dicendo che qualsiasi cosa prodotta in quel Paese sarebbe stata colpita da tariffe del 100%, 200%, 2.000%, e che sarebbe stato impossibile costruire qualcosa in Messico e importarlo negli Stati Uniti. Non so se possiamo prenderlo sul serio. Ma se siete messicani, il vostro principale partner commerciale sono gli Stati Uniti e le vostre principali esportazioni sono le automobili, dovreste essere preoccupati.

Come avete detto, potrebbe agire senza consultare i suoi alleati. Questo può rendere la vita molto, molto difficile per loro. Naturalmente, una delle cose che Biden ha cercato di fare, e non sempre ci è riuscito, è cercare di riunire i Paesi in partenariati. Credo che il nuovo termine che amano usare a Washington sia che ha creato un reticolo, se volete, di diversi raggruppamenti, mini-gruppi bilaterali e altri partenariati in tutto il mondo. Una delle minacce di una presidenza Trump è che questi comincino a disintegrarsi. Francamente, se si tratta di questi Paesi di mezzo, è molto difficile sapere come andrà a finire. Penso che il Messico sia particolarmente vulnerabile perché è così vicino agli Stati Uniti. Se si dovesse scegliere da che parte stare, il Messico dovrebbe scegliere gli Stati Uniti piuttosto che la Cina. È un partner commerciale molto più importante. Ma se si guarda al Sud-Est asiatico, questi Paesi sono molto, molto dipendenti dalla Cina. La Cina è il loro principale partner commerciale, per quasi tutti i Paesi, credo, la Cina è il loro principale partner commerciale. È un investitore molto, molto importante. Se ci fosse davvero una sorta di competizione totale e le cose diventassero molto, molto spiacevoli tra Cina e Stati Uniti, penso che quei Paesi probabilmente si rivolgerebbero alla Cina. Spero che ciò non accada. Ma direi che la più grande minaccia di una presidenza Trump è che inizi a imporre tariffe a diversi Paesi. Si otterrebbe una sorta di risposta “tit for tat “. L’intero sistema commerciale mondiale crolla. Quindi, ovviamente, le persone devono scegliere da che parte stare.

Yanmei Xie

Allora, Arthur, mi permetti di aggiungere qualche parola a quello che ha detto Tom?

Arthur Kroeber

Assolutamente sì.

Yanmei Xie

Per quanto riguarda la questione dei Paesi terzi, credo che una delle critiche principali alle tariffe sia stata che le tariffe sono come un palloncino, non è vero? Se si esercita pressione su un lato, le esportazioni commerciali cinesi appaiono in altre parti del mondo. I nostri colleghi hanno redatto una serie di rapporti che dimostrano che le esportazioni dirette della Cina verso gli Stati Uniti sono in calo, ma che le esportazioni complessive cinesi verso il mondo sono in realtà in costante aumento. Credo che questo sia diventato motivo di preoccupazione per il Presidente Trump e la sua squadra. Trump e Lighthizer hanno ripetutamente affermato di volersi assicurare che i Paesi terzi non vengano utilizzati come intermediari per i prodotti cinesi, sia che si tratti di trasbordo diretto di prodotti finiti, sia che si tratti di una sorta di camuffamento attraverso l’assemblaggio finale e la successiva spedizione negli Stati Uniti. Mi aspetto quindi una maggiore coercizione nei confronti dei Paesi terzi affinché agiscano contro questo tipo di merci cinesi che transitano attraverso i Paesi terzi verso gli Stati Uniti. Credo che Tom abbia menzionato la minaccia di Trump di aumentare le tariffe sulle auto messicane o provenienti dal Messico fino al 200%. Forse non sarà così radicale, ma credo che probabilmente cercherà di rendere la vita piuttosto difficile ai paesi che non collaborano con gli Stati Uniti per bloccare le esportazioni cinesi.

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Tom Miller

Posso aggiungere qualcosa? Se è d’accordo. Credo che all’inizio della guerra commerciale ci siano state molte deviazioni, per cui le merci provenienti dalla Cina, ad esempio, passavano per il Vietnam e recavano la dicitura “Made in Vietnam”, anche se erano essenzialmente prodotti cinesi. Non credo che questo accada più molto spesso. La mia impressione, dopo essere stato in Vietnam e in Messico e aver parlato con la gente del posto, è che in realtà gli Stati Uniti siano diventati molto più bravi a prevenire questo fenomeno e che ciò che sta realmente accadendo ora è che la Cina esporta beni intermedi e poi c’è una sostanziale lavorazione di questi beni in questi Paesi terzi. Abbiamo visto, ad esempio, nel nord del Vietnam, aziende di pannelli solari che sono state espulse dal Paese perché non stavano facendo nulla di concreto. Erano solo uno stratagemma per dirottare le esportazioni cinesi. Oggi non credo che questo accada più.

Arthur Kroeber

Sì. Ma quello che vorrei dire, Tom, è che nella misura in cui siamo in grado di tracciare i flussi di valore aggiunto e che questi dati sono pubblicati con un lungo ritardo, sembra abbastanza chiaro che, sia con il semplice trasbordo che con mezzi più elaborati, c’è un’enorme quantità di valore aggiunto cinese che continua ad arrivare negli Stati Uniti e in altre economie sviluppate. E sarà molto difficile cambiare questa situazione, perché i produttori cinesi sono estremamente competitivi in quello che fanno. Si può dire che non si vuole prendere nulla dalla Cina, ma se l’alternativa è non prendere nulla dalla Cina, si può dire che non si vuole prendere nulla dalla Cina. Ma se l’alternativa è non avere questa categoria di prodotti perché non c’è alternativa alla Cina, allora c’è un problema. Penso quindi che esista una sorta di dura realtà economica, ovvero che la Cina è di fatto estremamente competitiva in un’ampia gamma di prodotti. Al momento è praticamente impossibile eliminare la Cina dalle catene globali del valore a costi quasi accettabili. Penso quindi che se il Presidente Trump adotterà questo tipo di strategia massimalista, si troverà molto rapidamente in difficoltà, perché diventerà chiaro, innanzitutto, che questa strategia non raggiunge i risultati desiderati. In secondo luogo, rischia di alimentare l’inflazione negli Stati Uniti se verrà effettivamente attuata. Sarà interessante vedere come reagirà l’amministrazione Trump. Vorrei concludere rapidamente. Ma Yanmei, volevo tornare da te e chiederti: abbiamo parlato fondamentalmente dell’amministrazione Trump, ma parliamo un po’ della vittoria di Harris, che sembra una possibilità al 50%. Abbiamo detto che avrebbe continuato le politiche di Biden. Ma una cosa che lei ha sottolineato è che probabilmente sarà ancora più aggressiva nel cercare di creare questi club, club settoriali, club commerciali, in cui i Paesi si riuniscono e cercano di creare accordi commerciali che cambiano il valore e che essenzialmente escludono la Cina, ma creano preferenze all’interno del club. Mi chiedo se possa spiegare un po’ come potrebbe essere questa strategia e quanto successo potrebbe avere.

Yanmei Xie

Giusto. Prima di tutto, parliamo di principi. Credo che in un’amministrazione democratica ci siano due principi guida. Il primo è il consenso. Un certo grado di disaccoppiamento deve avvenire tra Stati Uniti e Cina. Ma in secondo luogo, il disaccoppiamento deve essere metodico, graduale, incrementale, chirurgico, settoriale, per consentire l’adeguamento e ridurre al minimo le perturbazioni dell’economia statunitense. In terzo luogo, gli Stati Uniti non devono agire da soli. Devono regolare il ritmo con i loro alleati in modo da formare un’ampia alleanza contro la Cina, anche se questo significa che il ritmo sarà rallentato.

Penso quindi che, in termini di settori, gli Stati Uniti e l’attuale amministrazione stiano facendo una distinzione tra settori che, in primo luogo, non sono molto strategici e, in secondo luogo, hanno perso tutta la loro capacità industriale. In secondo luogo, gli Stati Uniti hanno perso quasi tutta la loro capacità industriale. Si accontentano quindi di lasciare che la Cina prenda il sopravvento e di importare prodotti cinesi a basso costo e di discreta qualità. Questi possono includere l’elettronica di consumo, i pannelli solari e i loro componenti. La seconda categoria di settori è quella delle materie prime. La Cina ha molta capacità, mentre gli Stati Uniti e i loro alleati ne hanno poca, ma questi settori sono anche molto strategici. Per questo settore, l’obiettivo è creare una capacità sufficiente negli Stati Uniti e tra gli alleati fidati in modo che, per applicazioni critiche come le infrastrutture di difesa, la fornitura sia sufficientemente affidabile in questi Paesi. Questi settori potrebbero includere, ad esempio, le batterie e i minerali critici. E poi ci sono settori che sono semplicemente essenziali per la competitività industriale e la salute industriale. L’automobile è il settore classico, non è vero? Gli Stati Uniti stanno puntando molto sull’industria automobilistica. Stanno bloccando il mercato americano. Nessuna auto o componente cinese può entrare negli Stati Uniti. Gli Stati Uniti stanno anche convincendo gli alleati e le multinazionali automobilistiche a ridurre il numero di fornitori cinesi. Infine, l’ultima categoria riguarda i settori di importanza strategica in cui gli Stati Uniti hanno perso quasi tutta la loro capacità. Tra questi vi sono l’acciaio e forse la cantieristica, giusto? Quindi penso che la strategia sia quella di utilizzare una combinazione di tariffe e di esclusione dei componenti cinesi dalle catene di fornitura per, e lavorare con gli alleati per, come dire, mantenere, ancora una volta, una certa capacità negli Stati Uniti e nei Paesi fidati.

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Arthur Kroeber

In altre parole, se avremo un’amministrazione Harris, assisteremo a un’intensificazione degli sforzi che abbiamo visto per creare questo tipo di disaccoppiamento strategico, ma in modo più lento, graduale e disciplinato. In ogni caso, sembra, Yanmei, che la tua previsione sia che gli Stati Uniti siano tutti impegnati nel disaccoppiamento strategico. La domanda è: come si procede?

Yanmei Xie

È vero. Ecco cosa penso.

Arthur Kroeber

Penso che questo sia un buon modo per concludere. Probabilmente avremo un’altra conversazione più avanti nel corso dell’anno, quando sapremo chi sarà il prossimo presidente e avremo una base più concreta. In ogni caso, grazie a Tom e Yanmei e grazie a tutti i telespettatori per aver sostenuto la nostra ricerca e per aver ascoltato questi eventi.

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