DEMOCRAZIA, UN TRAUMATISMO PER L’AFRICA?_Bernard Lugan

   Nell’Africa tradizionale il potere non si esercitava come in Europa. Non si basava sulla somma dei voti individuali; lo Stato, nel senso europeo del termine, non esisteva e la vita politica non era regolata da Costituzioni. È quindi facile capire perché l’introduzione della democrazia occidentale abbia causato un vero e proprio trauma
.
Nei Paesi dell’emisfero settentrionale, dove le società sono individualiste, le basi costituzionali poggiano su programmi politici che trascendono le differenze culturali, sociali o regionali, con l’aggiunta del voto individuale che fonda la legittimità politica. Questa nozione è estranea all’Africa sud-sahariana, dove le società sono comunitarie, gerarchiche, solidali e territorializzate. In un caso, l’ordine sociale è basato sugli individui, nell’altro sui gruppi. Ecco perché la forma occidentale di democrazia non è compatibile con l’ordine sociale africano. Universalismo contro radicamento Il sistema politico tradizionale africano è per definizione “forte” perché ignora la separazione dei poteri. Poiché il capo deteneva sia l’auctoritas che la potestas, se cessava di possedere l’una o l’altra, scompariva. Avendo perso la sua autorità, si riteneva che avesse tradito gli antenati, il che portava sfortuna a tutta la comunità. I sostenitori dell’universalismo democratico non riescono a capire che il capo che deteneva il potere era l’intermediario tra i vivi e gli antenati. Le forze degli antenati aleggiavano costantemente intorno e all’interno della comunità, ricordando ai suoi membri l’obbligo di rimanere fedeli alle usanze e alle tradizioni. L’innovazione era quindi, in un certo senso, un tradimento della tradizione e i vivi erano condannati alla fedeltà alle antiche leggi che il capo era incaricato di far rispettare. Ora, in nome del nostro universalismo, che si ritiene applicabile a tutte le società umane, abbiamo provocato un trauma. Che ci piaccia o no, gli africani sono diversi dagli europei per diversi aspetti essenziali, come ha giustamente sottolineato il sociologo congolese Mwayila Tshiyembe:
Ogni africano porta in sé i principi che animano gli dei e il mondo: ordine e disordine, bene e male, giustizia e ingiustizia. Dopo la sua morte, gli elementi di cui è composto si combineranno in altri modi, ed egli è già un altro essere in divenire, così come l’albero è l’albero di oggi, il fuoco di domani, il tamburo di comando o la statuetta divinatoria (…) nelle religioni abramitiche (…) Dio trae dal nulla tutti gli elementi della Creazione e li sottopone alla sua Legge (il mito della Genesi). Nelle cosmogonie africane, invece, differenziazione e coerenza della creazione vanno di pari passo: le differenze creano solidarietà, perché la divisione sociale è concepita in termini di complementarietà. Fabbri, cacciatori, guerrieri e griot vivono gli uni attraverso gli altri”. Tutto è detto in queste righe, edificanti e realistiche al tempo stesso, che da sole dimostrano come le nostre definizioni filosofiche e politiche europee non ci permettano di comprendere la natura profonda degli africani. E questo semplicemente perché, come diceva il maresciallo Lyautey, l’uomo africano è “diverso” dall’uomo europeo. Ed è “diverso” in tre modi essenziali che fanno la differenza con la nostra filosofia universalista e individualista: 1) L’uomo africano è prima di tutto un membro di un gruppo al quale è indissolubilmente legato da una complessa rete di solidarietà e dipendenze. L’abisso che li separa dagli americani o dagli europei è quindi incolmabile, perché l’estremo individualismo di questi ultimi porta a un modo completamente diverso di percepire l’ambiente, di collocarsi al suo interno e quindi di vivere in società. 2) Gli africani cercano di conciliare le forze ostili che li circondano, in particolare attraverso rituali e danze. Le maschere che generalmente fungono da intermediarie tra l’uomo e queste forze riflettono l’armonia del mondo: spesso inquietanti e smorfiose nel caso dei popoli della foresta, schiacciati dal loro ambiente silvestre, più sorridenti e perfino sfrontate nel caso dei popoli della savana. In breve, l’uomo africano è prigioniero delle forze dell’aldilà, sulle quali non ha alcun controllo. 3) L’uomo africano fa parte di una lunga catena che lo lega ai suoi antenati, che sono intorno a lui. Per rimanere fedele a loro, deve evitare di tradire l’usanza. Se dovesse trasgredire questa legge, tutto il gruppo ne soffrirebbe, perché gli antenati si aggirerebbero tra i vivi per rimproverarli del loro tradimento. È quindi facile capire perché i tentativi di conciliare la visione politica individualista europea con una filosofia di gruppo africana, per di più basata sull’immutabilità, non possano che fallire. Per quanto riguarda la religione cristiana, è solo ai margini che essa permette di andare oltre queste definizioni, perché, anche in questo caso, la differenza di concezione religiosa tra l’uomo europeo e l’uomo africano è profonda: – la civiltà occidentale si basa sia sull’auto-miglioramento che sull’auto-esame individuale, a volte sulla santità che, nella religione cristiana, può assumere la forma esteriore della castità, della povertà e dell’umiltà, concetti insoliti e persino traumatici per le società africane che venerano il forte. È per questo che le celebrazioni cristiane africane, forti, vivaci e colorate, trovano nei riti collettivi un sostituto all’incomprensione di una religione che propone la ricerca della salvezza individuale. In Africa, il cattolicesimo è in costante ritardo rispetto alle chiese evangeliche perché ha abbandonato il rito e la sua pompa per l’introspezione e la miseria individuale. Più di mezzo secolo fa, Georges Balandier scriveva a questo proposito: “Le nostre chiese privilegiano la vita interiore e la regola morale rispetto all’esaltazione che porta alla soglia della perdita di coscienza. Esse appaiono fredde, vuote di presenza soprannaturale, poco propizie alla comunione appassionata”
.
Nel pensiero degli abitanti del villaggio, tutti i missionari sono un impedimento alla danza per la gioia completa dell’uomo e la gloria degli dei”. Trauma da Stato Rinchiusi in Stati indipendenti, gli africani hanno subito due traumi dopo l’indipendenza. Il primo deriva dal fatto che per tre decenni, dal 1960 al 1990, la priorità politica è stata la costituzione di Stati che non erano mai esistiti a sud del Sahara, con la possibile eccezione di Etiopia e Ruanda. A tal fine, gli Stati africani multietnici nati dalle divisioni coloniali sono stati governati dal sistema a partito unico, che si è identificato con lo Stato diventando il partito-Stato. Le particolarità etniche all’interno delle quali si esercitava il potere tradizionale sono state quindi combattute come divisive. Il secondo è arrivato quando, non potendo più negare o nascondere il colossale fallimento dell’Africa indipendente, il 20 giugno 1990, in occasione della Conferenza franco-africana di La Baule, il Presidente François Mitterrand ha dichiarato che l’Africa era fallita per mancanza di democrazia. Si trattava di un totale fraintendimento da parte del Presidente, perché nessuno Stato al mondo è stato creato dalla democrazia, a partire dagli Stati nazionali europei. In Africa, il problema è che gli Stati post-coloniali costruiti entro confini artificiali sono gusci giuridici vuoti. Poiché non coincidono con le patrie carnali che costituiscono la base delle vere radici, si è verificato un divorzio tra la nazione di carne, il gruppo etnico, e la nazione giuridica importata, lo Stato. In queste condizioni, le pratiche del potere non sono definite come in Europa. Inoltre, come dimostro costantemente nei miei libri, la democrazia “un uomo, un voto” trasposta in Africa dà matematicamente il potere ai popoli, ai gruppi etnici o alle tribù che hanno il maggior numero di elettori. Quella che ho definito “etnomatematica elettorale”, un sistema in cui i popoli più prolifici sono automaticamente i detentori del potere derivato dalla somma dei voti… Da qui la maggior parte delle crisi africane.
CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO
ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:
postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704
oppure iban IT30D3608105138261529861559
oppure PayPal.Me/italiaeilmondo
oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/
Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

Per una geopolitica delle piccole potenze. Intervista con Thibault Fouillet

Ricercatore associato presso la Fondazione per la Ricerca Strategica, Thibault Fouillet èdirettore scientifico dell’Istituto di Studi di Strategia e Difesa (IESD) dell’Università Jean-Moulin Lyon III. In occasione della pubblicazione del suo Géopolitique des petites puissances (La Découverte), analizza le questioni e i problemi che devono affrontare questi attori del sistema internazionale in un mondo sempre più frammentato. 

Intervista di Tigrane Yégavian

Se una grande potenza può degradarsi in un nano geopolitico a immagine dell’Austria, è vero anche il contrario?

Oui, bien entendu. Les exemples historiques abondent d’ailleurs, que ce soit le destin de la Prusse devenant au fil du temps l’Empire allemand, ou encore l’exemple le plus connu qu’est Rome passant d’une cité-État non dominante sur la botte italienne à un empire dominant l’Europe et la Méditerranée.

Bien que ces exemples soient datés, ils démontrent bien la logique relative de la puissance telle qu’elle est définie dans le livre. La petite puissance, c’est celle qui, dans un contexte géopolitique donné, ne peut que subir les menaces adverses sans en provoquer ; son action ou bien l’évolution de la nature du système international peut faire changer brusquement ce rapport dans un sens comme dans l’autre. Toutefois, il faut bien noter que lorsqu’une petite puissance devient une grande puissance, alors indéniablement le contexte géopolitique évolue, modifiant de fait les acteurs qui provoquent des menaces de ceux qui les subissent et le statut des puissances changent.

Aussi, l’enjeu est bien dans cet ouvrage de s’attacher non pas seulement à caractériser aujourd’hui l’action de tel ou tel État, mais bien à caractériser le rôle, la place et les voies d’action des petites puissances de manière générique. Le puissant du jour pouvant être le faible de demain et inversement.

Comment les petites puissances parviennent-elles à assurer leur sécurité ? En recherchant des protecteurs ou des alliances en ayant en tête l’exemple des pays baltes ?

Nous faisons face ici à un pan majeur de l’étude des petites puissances, qui a longtemps divisé la recherche. Sans entrer dans les querelles sémantiques et conceptuelles, deux visions traditionnelles caractérisaient la recherche de sécurité pour les petites puissances : la délégation de sécurité par la recherche d’un protecteur (ex. : le Luxembourg dans l’OTAN actuellement) ou la construction d’une protection cumulative par l’alternance des partenariats et donc des avantages en fonction des circonstances (c’est le cas qui était souvent affilié aux petites puissances neutres, utilisant leur statut de neutralité pour tirer avantage de relations avec tous les États).

Ritengo che questa visione sia ormai superata perché troppo semplicistica e debba essere adattata all’ascesa della globalizzazione e al ritorno del multipolarismo post-Guerra Fredda. In effetti, sviluppando vantaggi comparativi con l’economia globalizzata, molte piccole potenze sono state in grado di aumentare il loro potere finanziario e quindi di costruire forze armate proprie (ad esempio Singapore), dando loro la possibilità di costruire una sicurezza relativamente autonoma. Allo stesso modo, uno studio pratico delle azioni delle piccole potenze nelle relazioni internazionali mostra che il loro comportamento è più granulare di quello di una semplice delega di sicurezza o della moltiplicazione dei partner, anche all’interno delle alleanze. A questo proposito, l’esempio della Lituania è illuminante. Questo Stato vuole sviluppare una vera e propria strategia cumulativa che combini alcune deleghe di sicurezza, in particolare alla NATO, e il continuo sviluppo delle capacità nazionali.

In breve, dal 1991 e dall’esplosione del ruolo geopolitico delle piccole potenze, il loro comportamento in materia di sicurezza è diventato sempre più standardizzato, nel senso di una moltitudine di scelte e opzioni, come le medie potenze. La riduzione alla mera ricerca di protettori o al fatto che sono in competizione tra loro, pur essendo di per sé ancora rilevante, è oggi una spiegazione parziale che deve essere integrata.

Valgono anche la pena di leggere

Intervista a Georges-Henri Soutou : potere e geopolitica #9

Come si inserisce il caso ucraino nel quadro di una strategia di piccola (o media) potenza ?

Il caso ucraino è estremamente rivelatore dell’impatto geopolitico di una piccola potenza i cui successi (o almeno la cui resistenza) ostacolano una grande potenza e addirittura trascendono il suo iniziale status di piccola potenza.

Innanzitutto, un punto concettuale: cosa rende l’Ucraina una piccola potenza nel 2022 (nonostante le sue dimensioni)? È una piccola potenza nel contesto della visione relativa del potere descritta sopra, a causa delle minacce che deve affrontare nel suo contesto geopolitico. È direttamente influenzata da un dilemma di sicurezza russo molto forte, senza essere in grado di rispondere a sua volta. Allo stesso modo, il suo livello economico e le sue prospettive di sviluppo la collocano tra gli ultimi Paesi europei e quindi come piccola potenza del continente.

Tenuto conto di ciò, l’Ucraina rivela il ruolo e la posizione geopolitica delle piccole potenze. Per quanto riguarda il suo ruolo, è quello che Brezinski definiva un ” pivotal state “ nel senso che è al centro delle fratture geopolitiche del tempo (come Taiwan, ad esempio), dimostrando l’assoluta necessità di studiare questi attori che strutturano le relazioni internazionali anche inconsapevolmente.

Per quanto riguarda il posto delle piccole potenze, la capacità di sviluppare un’adeguata strategia nazionale (facendo buon uso del sostegno occidentale dal 2015 in poi e costruita sotto il prisma della guerra asimmetrica) per opporsi a una grande potenza, per di più con mezzi militari (spesso considerati l’elemento di debolezza delle piccole potenze), esprime la piena capacità di azione geopolitica delle piccole potenze.

La neutralità armata può essere una garanzia di sicurezza nell’immagine della Svizzera, dove le immediate vicinanze hanno un impatto decisivo?

Si tratta di una questione fondamentale, perché tocca una modalità d’azione geopolitica tradizionale delle piccole potenze, ossia la neutralità come garanzia di sicurezza. Interessarsi alla sua efficacia significa in realtà rivedere la visione relazionale del potere. Su questo tema non è possibile dare una prescrizione definitiva. In effetti, gli esempi contrastanti abbondano: successo per la Svizzera, per il Costa Rica, che ha abbandonato ogni forza militare, ecc.; fallimento per gli Stati baltici e la Polonia nel 1939, per il Lussemburgo e i Paesi del Benelux nel 1914 e nel 1939.

In realtà, due aspetti sono fondamentali per il successo della neutralità, come per qualsiasi strategia di sicurezza o di politica estera: il contesto geopolitico e la percezione degli attori. Per quanto riguarda il contesto geopolitico, quello che lei descrive molto bene come il vicinato immediato, si tratta di stabilire i rischi di conflitto e quindi l’appetibilità delle grandi potenze per la piccola potenza che desidera rimanere neutrale. È ovviamente più facile rimanere neutrali oggi per Singapore, con un Sud-Est asiatico relativamente pacifico e integrato (in particolare con l’ASEAN), che per la Polonia nel 1939, stretta tra gli appetiti tedeschi e sovietici.

Tuttavia, questa è solo la prima parte della risposta, perché una volta stabilito il rischio, se esiste, tutto dipende dall’effetto deterrente dello Stato neutrale, e quindi dalla percezione che esso proietta sugli altri e che ha di sé. Facciamo qualche esempio per illustrare queste due dimensioni.

La Svizzera nel 1940 non godeva di un contesto geopolitico favorevole, così come la Svezia di fronte alla Germania (a maggior ragione dopo la conquista della Danimarca), ma mantennero la loro neutralità a causa della percezione della mancanza di interesse per un’invasione, sia per motivi economici, sia per difficoltà militari, ecc. Al contrario, se guardiamo alla decisione degli Stati nordici di aderire alla NATO dopo l’invasione russa dell’Ucraina, è stata la loro stessa percezione di un deterioramento del contesto geopolitico e quindi della fragilità della loro posizione di neutralità a spingerli a cambiare strategia.

Anche da leggere

Soft power, una risorsa di potere per la Spagna del XXI secolo

In che misura la demografia e l’area territoriale determinano il potere (o meno) ?

Questa è la cosiddetta visione materiale del potere. In questo contesto, il potere è determinato da elementi quantificabili come la demografia, la superficie, il PIL e le dimensioni delle forze armate.

Sebbene questi elementi debbano ovviamente essere presi in considerazione perché influenzano lo status di un attore, non sono di per sé decisivi (tranne nel caso degli Stati continentali, e anche in questo caso si può aprire un dibattito sul caso della Russia nei confronti di Cina e Stati Uniti). È lo sfruttamento di queste risorse, e quindi l’uso efficiente di queste risorse materiali, che conta. Basti pensare all’ascesa del Giappone, da tempo la seconda economia mondiale nonostante abbia una superficie e una popolazione molto più piccole della Russia.

Lei cita più volte il caso del successo economico di Singapore come esempio di città-stato con una piccola base territoriale, ma con diversi filoni di hard e soft power. Quali sono i punti di forza e di debolezza di Singapore?

Singapore è l’archetipo del successo geopolitico di una piccola potenza. I vantaggi del Paese risiedono nella sua posizione, con la possibilità di sfruttare la sua posizione nello Stretto di Malacca come hub aeroportuale globale. La rapida specializzazione dello Stato nei segmenti ad alto valore aggiunto della finanza e della tecnologia d’avanguardia (attraverso una politica educativa avanzata e prioritaria) ha permesso di raggiungere uno status economico riconosciuto che, con il margine di bilancio liberato tra il 1965 e il 2005, avrà reso l’esercito del Paese il più potente del Sud-Est asiatico.

L’attivismo diplomatico accumulato fin dall’indipendenza del Paese è stato anche un punto di forza, mobilitando gli Stati più piccoli della regione a formare un blocco (creazione dell’ASEAN), ma anche nelle istituzioni internazionali (cfr. il Forum delle piccole potenze delle Nazioni Unite).

Se da un lato questa strategia ha dato i suoi frutti, conferendo a Singapore uno status regionale, dall’altro non è priva di limiti strutturali che gravano sulle piccole potenze contemporanee : la volatilità dell’economia globalizzata, le cui interruzioni (cfr. crisi Covid) penalizzano pesantemente questi Stati, la debolezza demografica che limita le dimensioni delle forze armate, ecc.

La politica di influenza delle petrol-monarchie del Golfo (Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti) è sufficiente a costituire una leva di potere?

Tutto dipende dal gradiente che applichiamo al successo di questa influenza. Se consideriamo la sua esistenza, allora sì, è una leva di potere, che dà loro peso diplomatico e una reale influenza culturale (in particolare religiosa). Tuttavia, non fraintendetemi, la loro influenza rimane relativa, difficile da quantificare, e non permette loro di raggiungere di per sé lo status di media potenza. In questo contesto, la loro manna economica è intrinsecamente molto più decisiva.

I piccoli Stati sono stati in grado di brillare nella gestione di Covid. Questo ha dato loro i mezzi per salire al rango di potenze ?

Chiaramente no. Per quanto la loro efficacia possa essere stata lodevole, l’effetto è rimasto una tantum e, soprattutto, rimane minimo rispetto al danno economico subito da questi Stati a causa della forte limitazione del commercio mondiale, che è una delle principali leve del loro potere.

C’è un pensiero strategico applicato alle piccole potenze o prevale il caso per caso?

A dire il vero, lei sta esprimendo un desiderio nascosto di questo libro, che è quello di comprendere, caratterizzare e diffondere il pensiero strategico delle piccole potenze. Le invarianti concettuali esistono (difesa totale per esempio), così come le riflessioni in corso sulla definizione di strategie appropriate. Quindi questo pensiero esiste, ma manca di considerazione e analisi, con una predominanza del caso per caso. Questo libro vuole porre la prima pietra, ma il lavoro resta aperto e più che mai da sviluppare.

” Il Papa, quante divisioni ? “, avrebbe detto Stalin. Nessuna. Ma il Vaticano esiste ancora, mentre l’URSS è scomparsa. Senza rievocare la favola della quercia e del giunco, bisogna dire che i grandi imperi sono crollati, ma nel mondo esiste ancora una serie di piccoli Stati scarsamente popolati che sono perfettamente vitali.

Ciò solleva la questione del posto dei micro-Stati nella geopolitica mondiale. Hanno una strategia particolare che permette loro di sopravvivere? Quali aspetti del potere hanno sviluppato? Potremmo condurre un’analisi di questo tipo verificando se le teorie del ” piccolo potere ” trovano qui la loro ultima soglia di applicazione.

Una spolverata di micro-Stati

La definizione di micro-Stato è a sua volta variabile. Generalmente si utilizza la soglia di 1.000 km², che dà 27 Stati, o di 500.000 abitanti, che dà 31.

La tipologia dei micro-Stati parla da sé. In Europa, il più delle volte si tratta di sopravvivenze di situazioni dell’Ancien Régime. Il Vaticano è erede dello Stato Pontificio, Andorra è un co-principato feudale ereditato dal re di Spagna e dal presidente della Repubblica francese. Monaco e il Liechtenstein sono resti del Sacro Romano Impero. A San Marino, l’ultima delle repubbliche italiane di Antico Regime, i due Capitani Reggenti hanno ancora un paggio al loro servizio. Malta è l’ex territorio sovrano di un ordine cavalleresco nato durante le Crociate.

 

In altre parti del mondo, si tratta di territori per lo più insulari, che hanno ottenuto l’indipendenza attraverso la decolonizzazione. Se ne contano circa venti. Molti di essi si trovano nei Caraibi e nel Pacifico. In alcuni casi, si tratta di punti strategici occupati da una potenza coloniale, come Singapore per i britannici, dissociata dai territori circostanti – aveva fatto parte della Federazione di Malaya ma ne era stata estromessa, i malesi temendo il potere economico dei cinesi.

Leggi anche: Il Vaticano, un potere diverso

I microstati si differenziano anche dalle micronazioni, che non sono tutte indipendenti. Ciò solleva il problema dei territori britannici, che non tutti hanno raggiunto l’indipendenza (ad esempio, le Isole del Canale).

Specializzazioni

La classificazione mondiale di questi Stati mostra che essi godono di un tenore di vita paragonabile e talvolta addirittura superiore a quello della regione del mondo in cui si trovano, come se le loro piccole dimensioni non fossero un handicap. In effetti, i micro-Stati hanno fatto scelte settoriali talvolta molto ben attuate.

 

La presenza di una risorsa naturale spiega spesso queste specializzazioni, con il rischio di una pericolosa dipendenza, come dimostra l’esempio di Nauru e dei suoi 10.000 abitanti. Sin dall’indipendenza, nel 1968, l’estrazione di fosfati ha dato impulso all’economia. Nel 1974, il PIL pro capite era pari a quello dell’Arabia Saudita. Ma nel 2003 i depositi si sono esauriti. Il 90% della popolazione è ora disoccupato. Saint Kitts e Nevis, nei Caraibi, punta sul turismo per sostituire la canna da zucchero e intende sviluppare l’industria tessile ed elettronica, come i draghi asiatici. A volte il successo deriva dalla posizione geografica combinata con una strategia di sviluppo economico proattiva, come dimostra Singapore. A volte la posizione è il fattore determinante: essere presenti sulle principali rotte marittime ha tutto il senso del mondo. Malta ne è un buon esempio nel Mediterraneo. Quanto a Nauru, attualmente sta cercando di salvare la propria economia in modo originale: l’Australia sta aiutando questo Stato insulare che, in cambio, dal 2001 accoglie sul proprio suolo i migranti che il grande vicino sta respingendo.

Leggi anche: Lo sviluppo marittimo al centro della globalizzazione

 

Molti micro-Stati hanno puntato molto presto sul settore terziario. Il turismo è uno dei loro punti di forza. Il centro di San Marino è diventato, a partire dagli anni ’60, un vero e proprio parco a tema medievale, che attira folle dalle spiagge di Rimini ai suoi piedi. Ma a volte questo settore è poco sfruttato, come a Saint Lucia e Dominica, che fanno concorrenza alle altre isole caraibiche.

La zona grigia dell’economia globale

La sovranità dei micro-Stati consente loro di adottare un sistema fiscale adatto a catturare risorse e flussi. Sono quindi luoghi speciali del pianeta finanziario. La riduzione delle tasse su alcuni prodotti, come le sigarette ad Andorra, o la liberalizzazione del gioco d’azzardo ne sono un esempio.

Alcuni di essi si sono affermati come luoghi chiave del pianeta finanziario, in modo più o meno legale agli occhi delle regole internazionali. Dodici micro-Stati sono considerati bandiere di comodo dall’ITF. Altri compaiono nella lista francese dei paradisi fiscali, specializzati nella domiciliazione delle società: 11 dei 18 Paesi presenti nella lista nel 2010. Dal 2010, i micro-Stati europei sono stati sottoposti a un’importante pulizia da parte delle istituzioni europee e alcuni, come il Liechtenstein, hanno dovuto modificare le loro pratiche, con conseguente fuga di capitali. Nel 2015, c’erano solo quattro micro-Stati nella lista francese dei paradisi fiscali, anche se ora ci sono solo sei Paesi nella lista in totale!

 

Prendiamo di nuovo il caso di Nauru. È sopravvissuta vendendo la propria voce alle grandi potenze, fungendo da rifugio a pagamento per l’Australia, che vi trasferiva gli immigrati clandestini che non voleva accogliere, e accogliendo dubbi flussi di denaro, in gran parte provenienti dalle mafie e da fondi russi e giapponesi. L’isola è poi diventata un paradiso finanziario, vendendo licenze bancarie e passaporti al miglior offerente…

Estrema dipendenza, grande libertà

Come si stanno posizionando questi Stati nel grande gioco geopolitico?

Molti si stanno sforzando di superare la loro dipendenza. Il Vaticano, fondendosi con la Santa Sede, ha un notevole successo in questo senso ed è l’unico a beneficiare di una rete diplomatica e di un’influenza globale. Tuttavia, condivide con i microstati che sono le monarchie la possibilità di una copertura mediatica globale del proprio capo di Stato. I Principi di Monaco ne hanno approfittato fin dal matrimonio di Ranieri e Grace Kelly.

Anche il posizionamento nelle organizzazioni internazionali è un fattore determinante. In termini proporzionali, i cittadini di Tuvalu sono i meglio rappresentati al mondo all’ONU. L’uguaglianza dei diritti di voto degli Stati all’Assemblea generale dà ai Paesi più piccoli una voce significativa. Lo stesso vale per le organizzazioni regionali. Tuttavia, in Europa, ad esempio, c’è una certa riluttanza ad aderire all’Unione Europea. Significherebbe rinunciare alla leva fiscale, essenziale per la loro economia. E rimanere fuori dall’eurozona non impedisce loro di beneficiare della crescita economica dell’area.

 

Altri micro-Stati, invece, giocano la carta dell’integrazione regionale quando si tratta di accordi commerciali, piuttosto che un progetto più globale. È il caso dei Caraibi. Tuttavia, nessuno dei micro-Stati dell’Oceania è membro dell’APEC. Alcuni dei micro-Stati sono membri del Commonwealth, le cui monarchie comprendono la Regina Elisabetta II. Ella regna ufficialmente su 9 micro-Stati, ma non esercita effettivamente il potere in nessuno di essi.

In breve, essere piccoli significa allo stesso tempo grande dipendenza e grande libertà, a patto che i poteri abbiano un interesse in questa libertà, o che siano almeno indifferenti. Altrimenti, stringono le briglie, come l’Italia, che ancora impedisce a San Marino di avere un casinò. Questo è evidente anche quando si parla di difesa e sicurezza. La maggior parte di questi Stati, anche se dispone di una forza armata, ha di fatto delegato la propria protezione ad altri. Il vero problema per loro è se questa protezione continuerà ad essere fornita dalle potenze che l’hanno tradizionalmente esercitata – gli Stati Uniti, le ex potenze coloniali – o se si verificheranno ricomposizioni regionali. Per il momento, l’influenza dell’Australia sui micro-Stati dell’Oceania è in crescita. Nei Caraibi, sei micro-Stati hanno aderito all’ALBA, guidata dal Venezuela. Tuttavia, l’influenza economica degli Stati Uniti rimane predominante.

 

In questo modo, i microstati possono essere un buon indicatore dell’affievolimento o dell’emergere delle potenze, dal momento che hanno poca scelta per sopravvivere se non quella di mantenere buone relazioni con i potenti di oggi e con quelli che potrebbero esserlo domani.

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO
ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:
postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704
oppure iban IT30D3608105138261529861559
oppure PayPal.Me/italiaeilmondo
oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/
Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

DAL PACIFICO FINO A KIEV ?_di Daniele Lanza

E’ arrivato il momento di soffermarsi un attimo sul caso nordcoreano.
Le notizie dal fronte ucraino che vedrebbero coinvolti militari inviati da Pyongyang fa ormai capolino su massima parte dei mezzi si informazione internazionali e non è ignorabile.
Per farla breve, alcuni canali parlano (la CNN in primis) di 12’000 militari nordcoreani, equivalenti a 4 brigate che effettivamente Kim aveva promesso alla controparte russa in questi mesi: l’equivalente di una divisione di fanteria più o meno.
Diciamo che si inizia adesso ad osservare le conseguenze dell’incontro tra Putin e Kim avvenuto alla fine dello scorso giugno: allora fu firmato un accordo molto stretto, che prevede anche e soprattutto cooperazione militare, anche se non si credeva che oltre all’ordinario invio di materiali e mezzi, avrebbe riguardato anche uomini, militari in servizio attivo.
E’ questo a colpire l’immaginazione al momento presente: la “transcontinentalità” del conflitto o meglio gli effetti della collisione geopolitica nel mondo globale. Vedere uomini dell’estremo oriente, che, in uniforme, circolano lungo le trincee del DONBASS.
Un’estensione del conflitto o meglio una saldatura di conflitti che vede una parte del settore Pacifico/estremorientale (penisola coreana come punto di congiunzinoe polveriera dei rapporti tra Giappone, Cina, Usa e Russia stessa) andare ad unirsi al conflitto russo/ucraino in Europa…………configurandosi così uno scacchiere geostrategico di proporzioni fuori scala, ovvero un movimento ed un confronto di mezzi che va dalle frontiere finlandesi e polacche attorno al Baltico, fino al mar del Giappone, in soluzione di continuità.
Del resto la clausola critica del recente trattato russo/coreano era proprio questa: il mutuo soccorso militare, I cui termini, come si fece già notare mesi fa, rimanevano assai vaghi sulla carta, lasciando presagire un’alta discrezionalità decisionale.
Ma prima di proseguire in merito cerchiamo prima di capire una cosa più importante: cosa sono Russia e Nord Corea l’una per l’altra ?
A ben vedere il rapporto tra lo stato trascontinentale russo (allora imperiale) e la penisola coreana inizia già alla fine del XIX secolo in un contesto tipicamente coloniale: la Corea altro non è che uno dei tanti pezzi della Cina imperiale in disfacimento….uno stato cliente sotto la dinastia Joseon (al potere da 500 anni) quindi facente parte dell’hinterland cinese o meglio la “cintura” esterna rispetto al suo heartland.
L’interesse russo per l’estremo oriente cresce: alla pari delle altre potenze europee ha approfittato della debolezza cinese per appropriarsi di quanto poteva (coi trattati del 1861 arriva ad annettere fino a Vladivostok e nel 1881 è ad un passo dall’annettere il Turkestan orientale, quello che oggi chiamiamo Sinkiang). In parole povere, dal grande nord…..l’invasore slavo disgrega quanto può del celeste impero: da Vladivostok inizia la colonizzazione russa della MANCIURIA dove è fondata Harbin, la sua capitale russa. In vista di una maggiore presenza nell’area ed un maggiore sfruttamento, si inizia uno dei progetti di trasporto più faraonici annunciati alle soglie del nuovo secolo: la Transiberiana.
I funzionari imperiali zaristi dell’epoca, preconizzando una colonizzazione su vasta scala del continente cinese settentrionale a vantaggio del proprio stato, con la prospettiva di incamerare vasti strati di popolazione turca, ma soprattutto sinica (Han), coniarono il termine di “RUSSIA GIALLA” per caratterizzare il fin troppo esteso impero russo dell’immaginato futuro (…)
Inevitabile che da tali basi (tra Vladivostok e la Manciuria semi-occupata) emergesse la questione di che fare della Corea: quest’ultima si era da pochissimo sciolta dalla sudditanza cinese a seguito del conflitto sino-giapponese del 1895, ma d’altra parte fuori dell’ombrello cinese altro non era che un debolissimo regno appena proiettato nella modernità, senza difesa alcuna.
In pratica non si fa a tempo di respirare allo sprofondare del grande fratello cinese che già ci si trova davanti 2 invasori determinati, uno dal grande nord e l’altro dal mare: RUSSIA e GIAPPONE.
Della collisione politico militare tra questi due attori già moltissimo è conosciuto e non vi è bisogno di aggiungere altro. Il maggior pomo della discordia, è stata la necessità da parte russa, di un grande porto in acque calde, operante tutto l’anno, che la penisola poteva offrire.
Tutto si congela per 40 anni in corea.
Il momento della verità arriva nel 1945 (meno noto che STALIN al tempo parlò di “rivincita” rispetto ai fatti del 1905…). La 25° armata sovietica entra nella penisola coreana da nord, da cui ormai I giapponesi sono fuggiti, mentre da sud essa subisce gli sbarchi americani: entrambe le amministrazioni dell’immediato dopoguerra gettano il terreno per le rispettive forme di evoluzione socioeconomica che danno vita alle due separate società che vediamo oggigiorno.
In un certo senso è proprio l’URSS di Stalin ottiene quanto lo stato zarista della generazione avrebbe voluto…..uno stato satellite all’estremità dell’Asia, dopo Vladivostok.
Segue la guerra, anch’essa estensivamente trattata, che si conclude nel 1953 lungo il confine che era stato stabilito per l’occupazione sovietica nel 1945 (38° parallelo), benchè SENZA un trattato di pace vero e proprio, ricordiamocelo: da allora ad oggi – de JURE – non c’è mai stata pace legale tra le due Coree come tra Pyongyang a gli USA.
Cosa accadde da quel momento in avanti ? Orbene…..Mosca si ritrovava pertanto tra le mani un utile satellite, ma su un fronte che allora non era primario (lo era l’Europa), e tra l’altro non legalizzato, ma solo “congelato” in una sospensione di ostilità con l’opponente: ci si decide per un accordo di mutua assistenza economica e militare, nel 1961. Quest’ultimo è la BASE dei rapporti tra stato nordcoreano e la sua madre sovietica sino alla scomparsa di quest’ultima 30 anni più tardi: per una generazione, Mosca è il pilastro in tutti sensi e per la fine degli anni 80 conta per il 60% di tutto il commercio estero della Corea del Nord.
Poi il mondo all’improvviso cambia: l’URSS si smaterializza e con essa buona parte del mondo socialista che dipendeva da lei. Stati come Cuba e la Corea del Nord, lasciati a sè stessi, finiscono in un limbo: senza più difesa da Mosca e non disposti a cambiare il proprio sistema di vita, ma nemmeno potenti quanto la Cina, subiscono quindi in tutto e per tutto le conseguenze dell’essere “stati canaglia”, definizione post-guerra fredda, coniata appositamente per loro.
Solo a partire da Putin, dopo un decennio yeltsiniano di cui è meglio non parlare, un rapporto riprende forma: nel 2000 il primo trattato di cooperazione (blando) tra la Russia post-sovietica e Pyongyang….quello, in pratica che rimarrà per oltre 20 anni, fino giusto al giugno scorso quando le circostanze portano ad un vero trattato di mutua assistenza. Ecco in pratica il trattato entrato in vigore il giugno del 2024 è, per efficacia e profondità, la riedizione di quello del 1961.
Non più un accordo di cooperazione quanto una vera ALLEANZA politico/militare che prevede mutua assistenza in caso di guerra (e qui non si scherza più, siamo a noi).
Le circostanze attuali permettono e anzi favoriscono la cosa, tramite un riequilibrio radicale e di grande scala dell’ordine mondiale: se la Corea è da 70 anni uno stato canaglia, ora è la Russia medesima a ritrovarsi degradata dall’occidente a tale status. Non esiste quindi più alcuna ragione per non “saldare” I reciproci interessi, visto il comune status fuorilegge per il metro della comunità internazionale filoccidentale.
In breve, da quanto si capisce, Mosca rifornisce Pyongyang di qualsiasi cosa abbia bisogno: cibo, materiali e materie prime in abbondanza, ma soprattutto aiuto nell’innovazione tecnica a partire (eccoci) dal ramo militare, incluso il nucleare, tanto civile quanto militare (progettazione di nuovi sottomarini atomici). In generale un ammodernamento di cui il proprio esercito ha bisogno nel confronto con I vicini sudcoreani e giapponesi.
In cambio…..prodotto finito e lavoro umano: Mosca ha già tutto il suo complesso industrial militare a pieno ritmo, ma le serve di più e la Corea diventa la sua fabbrica di munizioni aggiunta che va avanti da sola al massimo regime possibile (supplemento determinante) e in più fornisce lavoranti negli stabilimenti (e di quelli ne sono affluiti già 50’000 da Pyongyang).
In ultimis, si mandano militari nordcoreani in servizio attivo nel Donbass: formalmente ingegneri militari ad assistere nella ricostruzione delle zone liberate. Di fatto……un’iniziazione ad un vero teatro di guerra dal momento che la Corea del Nord non partecipa ad un vero conflitto da 70 anni a questa parte.
Si tratta quindi di formare veri professionisti con esperienza sul campo e lo si può fare da uno scenario di un grande conflitto convenzionale che ha già mietuto quasi un milione di vite tra le trincee e danni materiali incalcolabili. Kim aveva promesso (ma si pensa sia una sparata allarmistica dei mezzi di informazioni americani a inizio guerra) fino a 100’000 uomini da schierare a fianco dei russi nel Donbass: alla fine saranno di meno, probabilmente non supereranno le 2 divisioni (20-25’000 elementi) , ma è comunque significativo. Comodo per Mosca che grazie al rinforzo – soprattutto se dovesse farsi più consistente) potrà forse liberare I propri uomini da altre postazioni e utilissimo per Pyongyang, dal momento che grazie a questa esperienza forma un VERO esercito.
L’ultimo punto fa pensare: forse Kim si prepara ad una collisione vera e propria con I suoi vicini ? Godere a questo punto di una doppia protezione (russa ma anche cinese firmata nel 1961 e mai venuta meno) porterà a maggiore audacia ?
La Russia si è in realtà premunita contro eventuali sciocchezze da parte di Kim: l’alleanza è di natura esclusivamente DIFENSIVA, quindi non vincola in caso sia stata Pyongyang ad attaccare per prima. In pratica quindi è la Russia al momento attuale a godere dei maggiori vantaggi dell’accordo (…).

Connetti solo…., di Aurelien

Connetti solo….

Ci siamo persi in un bosco stregato.

Sono lieto di annunciare che di recente abbiamo superato la cifra di 7500 abbonati: non molto nel grande schema delle cose, ma con soddisfazione più di quanto mi sarei mai aspettato. Molti degli abbonati di questi giorni provengono da condivisioni di lettori o da lettori che segnalano i miei post su altri siti. Grazie a tutti coloro che lo hanno reso possibile. Anche i lettori continuano ad aumentare, con una media di 11-12000 visualizzazioni per ogni saggio, oltre alle traduzioni. È in atto un interessante effetto “coda lunga”, per cui i saggi pubblicati tempo fa continuano ad attrarre molti nuovi lettori. .

Questi saggi saranno sempre gratuiti, ma potete sostenere il mio lavoro mettendo like e commentando, e soprattutto trasmettendo i saggi ad altri, e passando i link ad altri siti che frequentate. Ho anche creato una pagina Buy Me A Coffee, che potete trovare qui.☕️ E se volete convertirvi a un abbonamento a pagamento non vi ostacolerò, anche se non posso offrirvi alcun incentivo!

E grazie ancora una volta a coloro che continuano a fornire traduzioni. Le versioni in spagnolo sono disponibili qui, e alcune versioni italiane dei miei saggi sono disponibili qui. Anche Marco Zeloni sta pubblicando alcune traduzioni in italiano, e ha creato un sito web dedicato qui.  Sono lieto di comunicare che Hubert Mulkens mi ha inviato la bozza di un’altra traduzione in francese, che esamineremo insieme e che spero di pubblicare tra una settimana circa. Sono sempre grato a coloro che pubblicano occasionalmente traduzioni e riassunti in altre lingue, a condizione che si dia credito all’originale e che me lo si faccia sapere. Allora:

****************************

Si può capire molto di una società dalle metafore che utilizza per descrivere se stessa. La società occidentale oggi usa l’immaginario della divisione, della frattura, della mancanza di comunicazione, di parti in guerra separate da un abisso di incomprensione. I politici cercano di mettere insieme coalizioni di gruppi di interesse tagliate a fette e di persuaderli che i loro interessi sono inconciliabili con quelli di altri, mentre questi altri vengono riuniti dai loro avversari in altre coalizioni di parti fratturate.

Fin qui, sospetto, un luogo comune, e la maggior parte delle persone concorderebbe sul fatto che quarant’anni di neoliberismo galoppante hanno fatto molto per creare e poi rafforzare queste divisioni, mettendo le persone l’una contro l’altra a ogni livello, dalla famiglia alla nazione. Ma voglio suggerire qualcosa di più ambizioso: che questo sia il risultato finale di un processo di disintegrazione iniziato secoli fa e tenuto sotto controllo fino a poco tempo fa. Ora è fuggito, come un predatore da uno zoo, e non sono sicuro che possa essere rimesso a posto.

Queste divisioni derivano dal fatto che vediamo il mondo in modo fondamentalmente diverso dai nostri antenati anche solo un secolo fa, e così fondamentalmente diverso dai nostri antenati, ad esempio, di trecento anni fa che non sono sicuro di riuscire a trasmettere quanto sia diverso. In poche parole, il mondo del passato era connesso – tutto era connesso a tutto il resto – in un modo in cui il nostro non lo è, e credo che ci siano prove del fatto che gli esseri umani non sono in grado di funzionare correttamente in una società disconnessa: certamente è così che ci si sente ora, quando sembra che siamo

“Persi in un bosco infestato,
Bambini spaventati dalla notte””
.

come W H Auden scrisse in un altro momento buio della storia.

Anche in questo caso, come spesso accade, mi avvicino a un terreno in cui non sono un esperto, per cui procederò rapidamente e rimanderò ad altri. Ma se vogliamo cercare la connettività che abbiamo perso, dobbiamo cercare di capire come i nostri antenati un tempo vedevano il mondo come una serie infinita di connessioni, e come in certi luoghi, e in certi modi, desideriamo ancora farlo.

Cominciamo dall’universo, dove la comprensione dei nostri antenati era così diversa che anche le persone istruite di oggi si trovano incapaci di cogliere quanto fosse diverso. Se si studia la letteratura, il pensiero o anche la storia dell’Occidente fino al XVII secolo (e al giorno d’oggi è considerato “troppo difficile” in molti sistemi educativi) ci si trova in un mondo alieno come qualsiasi romanzo di fantascienza mai scritto. Queste differenze non erano “superstizioni”, come piaceva sostenere al Settecento, non erano affascinanti vicoli ciechi da esplorare in interminabili tesi di dottorato, ma erano i principi fondamentali dell’esistenza di quei tempi, accettati sia da chi aveva un’istruzione elevata sia da chi aveva difficoltà accademiche. Soprattutto, dipendevano dall’idea che tutto è collegato a tutto il resto. I pianeti nel cielo, il Sole e la Luna sono creature viventi e le stelle influenzano, o riflettono, la vita sulla Terra. La società è un’unica espressione, un insieme organico, dove la salute del governante e la salute del Paese sono intrecciate, dove i cattivi governanti portano disastri naturali sui loro Paesi. Gli esseri umani sono al centro letterale dell’universo, il cielo è a poca distanza fisica sopra, e non è concettualmente diverso dalle stelle e dai pianeti, e l’inferno è molto vicino sotto. Gli oracoli predicono il futuro e sono usati come strumenti di statica. Gli esseri umani e gli animali non sono completamente distinti l’uno dall’altro, i confini tra questo mondo e l’altro sono fluidi e non esiste una distinzione netta tra magia e vita normale. Tutto è collegato a tutto il resto.

Tutto questo è stato ampiamente studiato. Le opere classiche di Lewis e Tillyard, descrivono il tipo di mondo conosciuto dai nostri antenati, e il magistrale tracciato dell’ascesa del secolarismo di Charles Taylor, mostra come sia andato perduto. Una delle prime opere di Michel FoucaltL’archeologia del sapere (1969),, si occupava dei movimenti intellettuali su larga scala nella cultura occidentale che hanno cambiato il discorso dominante da un discorso in cui tutto era collegato a uno in cui tutto era separato. I curatori della letteratura e delle cronache da Gilgamesh a Spenser cercano, e a volte ci riescono, di far capire in quale mondo totalmente diverso, e infinitamente più connesso, vivevano i lettori e gli scrittori. Ma questa è solo una parte, e probabilmente la meno importante.

Perché i vostri antenati e i miei, spesso analfabeti, non avevano bisogno di conoscere i calcoli del sistema tolemaico (e nemmeno chi fosse Tolomeo) o di avere familiarità con il neoplatonismo. Vivevano, ancora una volta, in un mondo di infinite connessioni e sovrapposizioni, come anche una piccola conoscenza del folklore e della musica tradizionale può confermare. Il calendario agricolo era legato ai segni del cielo, il destino poteva essere predetto alla nascita, le decisioni potevano essere prese osservando il volo degli uccelli, gli esseri umani potevano trasformarsi in animali e viceversa, i morti erano molto vicini ai vivi e potevano tornare in determinate condizioni, gli incantesimi erano usati per scopi mondani, sia buoni che cattivi, e l’Aldilà, di spiriti benevoli e maligni che dovevano essere incoraggiati o placati, era reale quanto questo. I bambini lo capiscono ancora intuitivamente e c’è una certa ironia mordace nel fatto che molti dei grandi miti e delle leggende dell’Occidente sono stati santificati e trasformati in banali favole della buonanotte e in film Disney.

Quando diventiamo adulti, capiamo che d’ora in poi dovremo vivere in un mondo dominato dall’ideologia dello scientismo, ovvero l’applicazione meccanica (sic) delle concezioni ottocentesche del materialismo scientifico come spiegazione di tutto. Ho visto gli scienziati sfregarsi le mani per l’allegria, mentre spiegavano al loro pubblico quanto siamo insignificanti, una razza evolutasi per caso dalla melma primordiale su un pianeta ineccepibile di una stella oscura in uno dei milioni di galassie. Viviamo in un mondo meccanicistico e privo di significato, composto solo da materiale duro chiamato materia, dove la coscienza stessa potrebbe essere un incidente o un’anomalia, in un universo che si sta avviando verso un’inevitabile morte per calore. È vero che nessuno sa da dove sia venuto il Big Bang o come sia potuto accadere, ma ci stanno lavorando. Siamo molto lontani dal Salmo 8 dell’Antico Testamento, così familiare ai nostri antenati:.

“Che cos’è l’uomo, perché tu te ne ricordi, e il figlio dell’uomo, perché tu lo visiti? Perché lo hai fatto un po’ più basso degli angeli e lo hai coronato di gloria e di onore”.

Coloro che reagiscono contro questo dogma (comunque superato, fermatevi e interrogate il primo fisico quantistico che incontrate) vengono liquidati con condiscendenza come ingenui e superstiziosi. Eppure l’interesse per le religioni e la spiritualità, lo studio dell’astrologia o dei sistemi di divinazione come i Tarocchi o l’I Ching, oltre a essere pragmaticamente utili, sono tentativi di recuperare il senso dell’essere umano come parte dell’universo, come legato alle forze cosmiche attraverso l’eternità. Certo, ci sono molte sciocchezze New Age in giro, ma sono popolari proprio perché fanno rivivere in noi la consapevolezza perduta di essere collegati a un insieme più grande, in un universo che non è solo rumore casuale, ma ha un senso collegato. Allo stesso modo, le teorie del complotto, o anche la versione più “soft”, ovvero l’assunzione obbligatoria di scopi razionali dietro gli eventi storici, per quanto difficili da trovare, possono essere viste come una reazione contro un mondo in cui nulla sembra essere collegato a nulla. Dopo tutto, è stato sostenuto in modo persuasivo che un Dio onnipotente era la teoria della cospirazione originale, e in alcune parti del mondo questo è ancora vero.

Allo stesso modo, i nostri antenati vivevano una vita legata ai cambiamenti del pianeta. Quando ero piccolo, c’erano “stagioni” in cui certi tipi di frutta e verdura erano disponibili e altre in cui non lo erano. C’erano periodi dell’anno in cui si aveva freddo (si raschiava la brina dalla finestra della camera da letto nelle mattine d’inverno) e periodi in cui si aveva caldo. Al giorno d’oggi (e da qualche tempo a questa parte) qualsiasi frutto o verdura si desideri è disponibile in qualsiasi momento dell’anno da qualche parte del mondo se si va al supermercato, e qualsiasi stagione può essere prodotta artificialmente ovunque. (Le stagioni sono diventate meno pronunciate, al punto che la maggior parte del 2024 (dove mi trovo io) è stata una serie di variazioni dell’autunno. L’agricoltura è diventata un’industria, il vegetarianismo e il veganismo sono stili di vita che fanno stare bene e possono essere sfruttati a scopo di lucro. Anche in questo caso, le persone si oppongono in qualche modo: se hanno i soldi, vanno in un negozio e comprano prodotti locali, spesso etichettati con il nome della fattoria e dell’agricoltore e la distanza percorsa. Allo stesso modo, Covid ha fatto capire per la prima volta quanto siamo lontani dalle fonti di produzione delle cose di tutti i giorni. In Francia è stato un vero e proprio shock (almeno per chi non aveva prestato attenzione) scoprire che il paracetamolo non veniva più prodotto nel Paese. Questo ha tolto il fiato a coloro che avevano deriso il nascente movimento “Made in France” come un nazionalismo romantico e superato, con sospetti legami con il fascismo. Oggi la maggior parte delle aziende che producono in Francia ne fanno una virtù. Non ci sono solo cattive notizie, quindi.

Inoltre, i nostri antenati vivevano in un sistema sociale connesso: non quello che ci piace oggi, con le sue rigide gerarchie di potere, ricchezza ed esperienza. L’Io liberale, che è alla base della nostra società, trova molto difficile riconoscere qualcuno come superiore a se stesso. Il concetto di servizio a un’idea, a un’istituzione o a una persona, su cui si è basata gran parte della civiltà umana, sembra oggi incomprensibile. Il liberalismo promuove l’individualismo, certo, ma anche una definizione di successo individuale che è in gran parte finanziaria, con lo status e il potere che generalmente ne derivano. Poiché non tutti possono avere successo secondo questa definizione, e poiché il successo di pochi richiede il fallimento di molti, una società liberale considera falliti coloro che non diventano ricchi e potenti. Logicamente, considera anche tutte le lamentele legate all’identità come derivanti da uno squilibrio nel numero di individui ricchi e potenti (e quindi di successo) di diverse identità, e incoraggia la competizione tra gruppi identitari per gli oggetti di ricchezza e potere.

E si tratta di lustrini, anche perché raramente sono pragmaticamente collegati a particolari abilità o attributi (per non parlare delle virtù) di coloro che diventano ricchi e potenti. Non si tratta affatto di un fenomeno nuovo, ma nella maggior parte delle società, per la maggior parte della storia, la ricerca spietata della ricchezza e del potere è stata vista con almeno un po’ di circospezione. Non è così oggi, dove la ricchezza e il potere sono considerati segni di eccellenza morale e intellettuale. Sappiamo tutti che questo è sbagliato e che la fortuna, l’ambizione e l’avidità sono le qualifiche fondamentali richieste per ciò che la nostra cultura sceglie di chiamare “successo”.

Di conseguenza, e curiosamente, viviamo in un sistema intensamente gerarchico, probabilmente più gerarchico di quanto non fosse cento anni fa. La differenza è che questo sistema è incoerente e non è legato ad alcun criterio oggettivo se non la capacità di usare la ricchezza e il potere per acquisire uno status. Un secolo fa, e ancor più un secolo prima, le gerarchie erano esplicite, basate sulla nascita con l’ammissione occasionale di ricchi intrusi nel sistema. Di conseguenza, coloro che contestavano il potere delle gerarchie tradizionali (ad esempio le classi medie in ascesa nell’Europa occidentale) avevano un obiettivo definito e collegato a cui mirare. Al contrario, le attuali gerarchie di ricchezza e potere sono spesso oscure e confuse, e quindi affrontarle, o anche solo capirle, è molto più difficile: non sono più collegate a nulla di tangibile.

Il pensiero moderno ha sempre avuto un problema con le gerarchie e ha cercato di abbatterle e di stabilire “accesso” e “opportunità”, con i risultati perversi che ho appena notato. Ma la svolta egoistica del pensiero sulla società ha anche messo in discussione le gerarchie quotidiane e le questioni di status. L’esperienza e il giudizio acquisito non contano più molto: contano invece l’innovazione e le idee nuove. Il che va bene se si sa cosa si sta facendo. Ci vuole una certa dose di umiltà per mettere da parte il proprio ego per un momento e prendere apprendistato da qualcuno che ne sa più di te su qualcosa, e poi farsi strada nella gerarchia come artigiano, artista, tecnico o persino medico, attraverso un sistema strutturato e collegato che porta a uno status riconosciuto. L’allontanamento della sinistra dai valori dell’istruzione nelle ultime due generazioni, il declino dell’apprendistato e della formazione pratica e l’esplosione delle fantasie romantiche dell’imprenditore solitario sono tutti aspetti del rifiuto liberale di sottomettere l’ego alla disciplina dell’apprendimento dagli altri.

Vogliamo soluzioni immediate che convalidino le nostre idee su noi stessi e persino le nostre fantasie su ciò che potremmo diventare, e reagiamo male quando ci viene detto che ci sono cose che dobbiamo ancora imparare. Ci conforta l’ampia letteratura che oggi ci dice che possiamo avere ed essere tutto ciò che vogliamo, purché lo desideriamo abbastanza. Il successo, comunque lo si definisca, è quindi completamente scollegato dal tempo, dall’impegno e dallo studio. Ci si sottopone a studiare qualcosa come una laurea in legge, ma non per i contenuti e la formazione intellettuale, solo per il certificato che apre la strada a quella che si spera sarà una carriera redditizia. Allo stesso modo, riflettiamo: perché spendere tutti quegli anni per ottenere la qualifica di psicoanalista, quando si possono guadagnare altrettanti soldi facendo il life coach, senza alcuna esperienza o conoscenza? Uno dei risultati di questa situazione è un pervasivo e continuo scollamento tra l’influenza e lo status, da un lato, e l’effettiva conoscenza ed esperienza del mondo, dall’altro. Un’altra conseguenza è la riduzione del livello di esperienza e conoscenza a disposizione della società nel suo complesso, a causa del crescente scollamento tra le professioni con status e importanza e le professioni in cui si deve effettivamente sapere qualcosa. (Negli Stati Uniti circa una laurea su cinque è in economia e finanza, circa quattro volte di più rispetto all’ingegneria).

A proposito di ciò, oggi c’è uno scollamento quasi totale tra le nostre società nel loro complesso e le loro economie. Come Karl Polanyi ha mostrato molto tempo fa, in Europa era normale che l’attività economica fosse al servizio di fini sociali e fosse governata da questi ultimi. (Ciò che è cambiato dal XVIII secolo in poi è stata l’emancipazione dell’economia dai controlli sociali e politici. Quando Polanyi scriveva, c’erano ancora alcuni limiti sociali e politici, almeno, su ciò che gli attori economici erano in grado di fare. Ora ce ne sono pochissimi, a parte le restrizioni legali che possono essere applicate o meno. L’economia, come gestita dai ricchi, è stata completamente emancipata dalla società, e le conseguenze sociali del cambiamento economico e della ricerca sfrenata della ricchezza attraverso la distruzione sociale sono considerate solo fenomeni naturali, come gli uragani, con cui la società deve convivere.

A livello più personale, si è anche verificato un crescente scollamento tra l’idea tradizionale di studiare molto, lavorare sodo, fare esperienza e “fare bene”, e la realtà del lavoro moderno. A un estremo, come ho sottolineato più volte, la nuova generazione di politici come Macron e Sunak spesso non ha alcuna conoscenza pratica di nulla: nemmeno della politica. Il tradizionale legame tra l’alta carica e l’esperienza, e tra la carica più alta e quelle precedenti più modeste, è andato completamente perso. Politici come Starmer sono visti, giustamente, come dilettanti, il cui status attuale non è collegato ad alcuna esperienza o attitudine particolare, se non a lotte politiche intestine. Più in generale, si possono criticare le gerarchie tradizionali in cui lo status e il potere erano legati all’esperienza e alle conoscenze, ma solo fino a un certo punto. Quel tipo di gestione forniva almeno un insieme coerente di presupposti su cui lavorare e un’euristica riconosciuta per comprendere e lavorare con l’organizzazione di cui si faceva parte. L’organizzazione stabiliva criteri di avanzamento basati sulle capacità e sull’esperienza e, almeno in teoria, i più capaci ed esperti salivano al vertice. Ma la proliferazione di “management” inutili nella maggior parte delle organizzazioni di oggi spesso mette il potere reale nelle mani di persone che non capiscono nulla di ciò che le loro organizzazioni effettivamente fanno, e per di più non sanno nulla di nient’altro.

Le organizzazioni stesse sono sempre più scollegate, non solo dalle loro funzioni principali, ma anche dalla loro forza lavoro. (Non è esagerato dire che oggi la maggior parte delle organizzazioni odia i propri dipendenti: di certo si comportano come se lo facessero). Cento anni fa, la vita in una fabbrica di automobili, ad esempio, poteva essere sgradevole ed eccessivamente regolamentata, ma almeno era chiaro che l’attività in officina era collegata agli obiettivi dell’azienda: produrre e vendere veicoli. Oggi sembra che le attività della forza lavoro, e la sua stessa esistenza, siano solo un fastidio per garantire un prezzo delle azioni sempre più alto. E mentre fino a poco tempo fa i lavoratori qualificati potevano sentirsi in qualche modo legati al prodotto finito, al giorno d’oggi la maggior parte della “produzione” in Occidente è in realtà solo un assemblaggio, che prende componenti da ogni parte e li incolla insieme, per inviare i sottoinsiemi altrove per essere ulteriormente assemblati. È difficile sentirsi legati a un prodotto finito che in realtà non si vedrà mai, ed è forse per questo che i dirigenti, per i quali l’attività della fabbrica è comunque solo una riga su un foglio di calcolo, non si sentono più legati a nulla, se non al proprio portafoglio.

Suppongo che se c’è un classico esempio di istituzione scollegata dalla sua reale funzione, questa deve essere l’università moderna. Mi chiedo: cosa immaginerebbe un politologo o un sociologo marziano, non abituato a questo concetto, che un’università di oggi serva in realtà a? Certamente non alla trasmissione di conoscenze e alla preparazione alle carriere. Certamente non l’aumento della conoscenza stessa attraverso la ricerca e la pubblicazione. Anche nei Paesi in cui l’istruzione rimane più o meno gratuita, gli studenti sono stati ridisegnati come clienti esigenti e per gestirli è stata eretta una vasta burocrazia gestionale. Questo può significare, e di fatto significa, che gli insegnanti sono una seconda priorità (ci sono sempre un sacco di candidati per il lavoro, quindi chi se ne frega?) e i loro interessi sono subordinati a quelli degli studenti. Ora, qualsiasi insegnante ha a cuore gli interessi dei propri studenti, o dovrebbe averli, ma questo non significa che ogni capriccio degli studenti debba essere assecondato. Troppo spesso, il risultato è l’ammorbidimento dei programmi di studio, l’allentamento degli standard di valutazione e il tacito riconoscimento che ciò che conta davvero è far uscire dalla porta il maggior numero di studenti con il pezzo di carta giusto.

Le università si sono così distaccate dal loro storico ruolo sociale. Gli ingegneri, gli scienziati, i medici, gli insegnanti e persino gli avvocati di cui la società ha bisogno per funzionare non vengono più prodotti secondo gli standard richiesti in molti Paesi: le prove aneddotiche dell’inadeguatezza della formazione dei professionisti oggi sono schiaccianti. Questo non è dovuto alla stupidità degli insegnanti o degli studenti, ma al fatto che l’università stessa si è distaccata da una delle sue tradizionali funzioni sociali. A volte i risultati possono essere quantificati: in Francia, dove sono stati pubblicati molti risultati educativi quantificati, le scuole hanno sempre più difficoltà a reclutare insegnanti con un’adeguata conoscenza della loro materia e persino con la capacità di esprimersi chiaramente: un’abilità fondamentale per qualsiasi insegnante. In alcune zone del Paese gli insegnanti vengono assunti con una valutazione finale di 8 o 9/20 nella loro materia, dopo una laurea triennale e due anni di formazione professionale. Ma anche in questo caso non è del tutto colpa loro.

Il tipo successivo di disconnessione, e probabilmente il più grave, è la disconnessione dalla società stessa. Quando la signora Thatcher abolì notoriamente la società all’inizio del suo regno, non fece altro che esprimere un banale luogo comune liberale. La “società” liberale consiste essenzialmente in individui autonomi che commerciano tra loro e cercano di massimizzare il loro vantaggio finanziario e personale. Tutto qui. Per diversi secoli, vari vincoli religiosi e politici hanno mantenuto questa ideologia poco attraente sotto una parvenza di controllo, ma ora è sfuggita. Una “società” liberale non può tollerare relazioni diverse da quelle economiche, perché tali relazioni minerebbero la purezza del mercato e quindi produrrebbero una minore utilità complessiva. O qualcosa del genere.

Inoltre, le politiche economiche liberali degli ultimi quarant’anni hanno promosso attivamente il distacco della gente comune da qualsiasi identità più ampia. Le famiglie non possono più vivere vicine, le comunità sono state smembrate, i sindacati e le altre istituzioni della classe operaia sono in gran parte defunte, i partiti politici di massa non esistono più, persino le squadre di calcio sono multinazionali la cui attività principale è ora la vendita di merci. La maggior parte delle persone non vive più “in” un posto o “da” un posto. L’esempio è dato dal Partito internazionale, i cui quadri possono avere diversi passaporti, spostarsi da un Paese all’altro, sposarsi tra loro e pranzare in ristoranti di Bruxelles dove tutti parlano la stessa forma di inglese stentato e senza senso. Il traffico di forza lavoro da un Paese all’altro in nome della “flessibilità” mina le comunità e produce nuove comunità ad hoc di trapiantati disorientati.

Ciò è sostenuto e giustificato da un’ideologia liberale in piena regola. La religione dei diritti umani, pur essendo teoricamente universale, agisce in pratica per dividere i gruppi e mettere i membri gli uni contro gli altri. Tutte le forme tradizionali di identità sono considerate pericolose e devono essere soppresse. L’identificazione con la comunità, la cultura e la tradizione, prima data per scontata nel corso della storia in ogni parte del mondo, è ora codificata come “estrema destra”. Una nuova generazione è quindi cresciuta senza punti di riferimento condivisi dal passato. (Spesso si dimentica che tali punti di riferimento non devono essere visti da tutti allo stesso modo: anzi, spesso servono a strutturare il dibattito e il disaccordo. Ora non abbiamo nemmeno questo). Le norme provenienti dal nulla hanno sempre più sostituito le tradizioni provenienti da qualche parte, con l’ulteriore problema che, mentre in passato era accettabile ribellarsi alle tradizioni, non è accettabile ribellarsi alle norme, proprio perché sono norme.

Ho menzionato il declino delle forme “tradizionali” di identità e di connessione, e questo porta a due grandi paradossi. Il primo è che, almeno in teoria, il mondo non è mai stato così “connesso”. Ma non è così che ci si sente, vero? Questo perché le connessioni non sono necessariamente quelle che cerchiamo. Tutti vogliono la vostra e-mail per potervi inviare offerte speciali. Le persone con cui non volete parlare possono chiamarvi in qualsiasi parte del mondo. Quello che abbiamo perso, piuttosto, è il diritto di disconnetterci quando vogliamo, perché lo sforzo necessario per contattare un milione di persone via e-mail è essenzialmente banale se si ha accesso a un numero sufficiente di mailing list. Per la maggior parte della mia carriera, ho potuto staccare dal lavoro, almeno in parte, la sera e nei fine settimana. Partire per un viaggio di lavoro di una o due settimane mi sembrava una sorta di liberazione. Ogni tanto ricevevo un fax o un messaggio telefonico dall’ufficio, ma niente di più. Ora ci si aspetta che le persone rimangano in contatto dalla cabina di un aereo grazie al wifi. E almeno io avevo la relativa libertà che accompagnava un po’ di responsabilità e di anzianità: peccato che oggi i tecnici junior siano vessati e seguiti da un lavoro all’altro dall’occhio dell’amministrazione.

Il secondo paradosso è abbastanza noto: l'”identità” non è mai stata così potente come idea. Come è possibile, quindi, che ci si scolleghi da essa? La risposta è abbastanza facile: le “identità” moderne non sono scelte liberamente, ma sono identità ascrittive che ci vengono imposte da forze politiche esterne per i loro scopi, che le vogliamo o no. In effetti, essendo costretti ad assumere identità ascrittive, diventiamo di fatto disconnessi da quelle reali. Questo produce infiniti paradossi scomodi e alienanti. Ci si può ritrovare facilmente inseriti in qualche gruppo identitario senza senso per scopi gestionali o politici, il che è già abbastanza grave, ma poi si è costretti a trattare le persone con cui ci si identifica effettivamente come nemici o almeno concorrenti. Se voi e un collega di sesso o etnia diversa, con cui andate molto d’accordo, venite presi in considerazione per la stessa promozione, il risultato viene interpretato come una vittoria per un gruppo identitario e una sconfitta per un altro. È un po’ come se i membri di una comunità venissero suddivisi a caso in squadre sportive opposte e si dicesse loro di competere gli uni contro gli altri.

Anche nel migliore dei casi, queste identità ascrittive hanno poco senso e nella maggior parte dei casi si rivelano come trasparenti manovre politiche. Immaginare che “africano” o “asiatico” sia un’identità è semplicemente ridicolo. Dopo tutto, l’Africa, come non ricordo quanti africani mi hanno detto, è probabilmente il continente più eterogeneo della Terra e contiene più identità separate e conflittuali di qualsiasi altro luogo. Molte di queste sono legate alla storia della schiavitù in Africa: tra i sudanesi in esilio, ad esempio, quelli del Nord si considerano superiori a quelli del Sud, perché erano soliti fare razzie e vendere le loro vittime come schiavi ai commercianti del Golfo. E si potrebbero scrivere interi libri pieni di esempi del genere provenienti da altre aree (il malcontento contro il dominio economico dell’etnia cinese in alcune zone del Sud-Est asiatico …. Devo continuare?).

Ma se il colore della pelle e la forma degli occhi sono un modo stupido per cercare di imporre dei legami, che dire delle differenze biologiche tradizionali? Il problema è che, mentre esistono ampie distinzioni tra ruoli maschili e femminili, valide nella maggior parte dei luoghi e delle epoche, i dettagli variano molto e sono influenzati dalle circostanze oggettive della vita. Le strutture familiari e i ruoli maschili e femminili erano molto diversi in una fattoria del XVIII secolo, in un quartiere industriale degradato del XIX secolo, in una famiglia borghese del XX secolo e in una comunità di coppie episodiche del XXI secolo. Le donne tradizionalmente acquisivano uno status non dovendo lavorare: ora lo acquisiscono competendo con gli uomini per la ricchezza e il potere.

Ma essendo la politica, ci sono stati tentativi di politicizzare le relazioni tra i sessi e di applicare ad esse quadri ideologici di identità ascrittivi. Almeno all’inizio, non credo che questi quadri fossero destinati a essere presi alla lettera: erano slogan politici progettati per promuovere carriere, lanciare movimenti e vendere libri. Nessuno che abbia vissuto realmente su questa terra, per esempio, potrebbe mai credere che gli uomini siano dominanti in tutte le relazioni personali: basta passare in rassegna alcune delle coppie che avete conosciuto, a partire dai vostri genitori. (A dire il vero, poche femministe, tra quelle che conosco, hanno mai affermato di essere dominate dai loro partner maschili.)  Ma come per ogni cosa ripetuta all’infinito, ci sono inevitabilmente delle conseguenze pratiche. Nessuno ha mai pensato, mi chiedo, a quali potrebbero essere gli effetti di almeno una generazione in cui si dice ai ragazzi adolescenti che sono intrinsecamente aggressivi e violenti, e alle ragazze adolescenti che sono destinate a essere vittime della violenza maschile? I bambini in età impressionabile potrebbero prendere sul serio tali ideologie e comportarsi di conseguenza? Ecco un’idea.

Qualsiasi forma di politica basata su identità ascritte piuttosto che realmente sentite promuove attivamente la divisione e la disconnessione. Di recente, passando per l’università in cui talvolta insegno, ho osservato i manifesti che tappezzano la maggior parte delle superfici verticali. La maggior parte riguardava la violenza sessuale, in particolare mettendo in guardia le studentesse dai rischi e dicendo loro dove rivolgersi per chiedere aiuto. Altri erano rivolti agli studenti maschi, dicendo loro che anche solo mettere in dubbio l’esistenza di una violenza sessuale diffusa significava esserne complici, dato che per definizione era ovunque. (Ma c’erano anche manifesti che condannavano l’antisemitismo, l’islamofobia, l’omofobia, il razzismo e una serie di altri mali ideologici. Il risultato di tutto questo, naturalmente, è stato quello di scollegare quasi ogni parte del corpo studentesco da ogni altra parte, e di impedire il senso di comunità e di connessione che sarebbe naturale in un gruppo di giovani intelligenti della stessa età.

La cosa più preoccupante, forse, è che queste disconnessioni sono ormai diventate luoghi comuni, infiltrandosi nei media e nella conversazione quotidiana. Dubito davvero, ad esempio, che ci sia una vera riflessione dietro il rifiuto istintivo di quasi tutti i tentativi di preservare i legami genuini tra le persone come “estrema destra”: è semplicemente diventato un riflesso automatico e un modo predefinito di pensare e parlare di un’intera gamma di questioni. Non è necessario che corrisponda alla realtà, perché ha la pretesa preventiva di essere la realtà. Un esempio non collegato di qualche giorno fa. Ho visitato una mostra al Museo d’Orsay dedicata a Gustave Caillebotte, un impressionista minore ma interessante, che ha spesso dipinto figure umane in interni ed esterni a Parigi. Come di consueto, c’era un commento sull’artista e sui singoli dipinti, in questo caso dedicato in gran parte alle questioni di genere. Abbiamo appreso che il mondo esterno all’epoca era di dominio maschile e le donne erano per lo più confinate in casa. Immediatamente accanto a questo annuncio c’era uno dei quadri più famosi di Caillebotte, che raffigurava coppie che passeggiavano sotto la pioggia sotto gli ombrelli, con in primo piano una coppia borghese dall’aria felice e prospera. E qualche minuto di ricerca su Wikipedia avrebbe rivelato che, fin dall’apertura del Bon Marché nel 1838, le donne della classe media avevano frequentato i nuovi grandi magazzini e costruito gran parte della loro vita sociale attorno alle sale da tè e ai caffè che vi si trovavano. (Se si fosse trattato di un uso deliberato dell’ideologia, il problema sarebbe stato minore, ma, come in molti altri settori della vita, la retorica divisiva viene accettata indiscutibilmente come un fatto.

Infine, naturalmente, siamo sempre più disconnessi da noi stessi. Non si tratta solo del fatto che la distruzione di qualsiasi vita connessa è una causa di malattia mentale, cosa ben nota e abbastanza grave, ma anche del fatto che, come ho descritto sopra, sentiamo sempre più spesso, e ci viene persino richiesto di pensare, cose sulla nostra società, sulla nostra economia e persino sulle nostre relazioni personali, che sappiamo essere scollegate dalla realtà e alle quali ci opponiamo con forza per principio. E sono i giovani a soffrire di più. Il risultato è forse la prima epidemia di malattia mentale deliberatamente indotta nella storia occidentale.

EM Forster è oggi poco ricordato, ma fu un importante romanziere e critico sociale del suo tempo, preoccupato per gli effetti di disconnessione del mondo (allora) moderno e scettico sugli effetti del progresso scientifico. In Howards End (1910), probabilmente il suo capolavoro, Forster adotta come epigrafe “Only Connect!”. Questa ingiunzione si applica a tutti i livelli: collegare la vita interiore ed esteriore, collegare la razionalità e l’immaginazione, soprattutto raggiungere e connettersi agli altri. È un approccio sorprendentemente moderno, e le conseguenze della disconnessione sono state memorabilmente rappresentate nel suo famoso racconto La macchina si ferma pubblicato l’anno precedente. Qui gli esseri umani vivono nel sottosuolo, completamente separati gli uni dagli altri, e dipendono interamente dalla Macchina per vivere. Finché non si ferma. (Se questo non è abbastanza pessimista per voi, Michel Houellebecq ha trattato lo stesso tema con la sua solita allegria in La Possibilité d’une Île (2005.)).

Connettersi è ciò che gli esseri umani vogliono fare, e cercano di fare, di fronte a tutti gli ostacoli. È difficile capire come possiamo vivere la nostra vita altrimenti. Eppure le pressioni su di noi – economiche, sociali, politiche, ideologiche – mirano a spezzare i legami che apprezziamo e a imporci legami banali e spesso privi di significato. Questo modello è quello che l’Occidente ha cercato di imporre al resto del mondo e il risultato è stato la creazione di un’aspirante classe dirigente internazionale – il Partito – che ha una patina superficiale di internazionalismo scollegato e un’ideologia semisconosciuta e mal digerita di cliché liberali. Ma non ha attecchito ovunque (non in Cina, ad esempio) ed è stato praticamente cacciato dalla Russia. Anche in Europa c’è resistenza, anche se viene liquidata in modo superficiale e ignorante come “fascismo”. Ma alla fine una società così disconnessa non può durare a lungo e se non riusciamo a connetterci insieme, temo che periremo separatamente.

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO
ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:
postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704
oppure iban IT30D3608105138261529861559
oppure PayPal.Me/italiaeilmondo
oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/
Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

Gli Stati Uniti temono un’escalation incontrollabile con la Russia molto più che con l’Iran, di Andrew Korybko

L’Iran non nucleare non è in grado di minacciare esistenzialmente gli Stati Uniti come potrebbe fare la Russia dotata di armi nucleari.

Politico ha citato un alto funzionario del Senato e due fonti dell’amministrazione Biden per riferire mercoledì che gli Stati Uniti hanno molta più paura di una sequenza di escalation incontrollabile con la Russia che con l’Iran, a causa delle capacità nucleari della prima. A riprova di ciò, gli Stati Uniti non hanno remore ad abbattere i missili iraniani lanciati contro Israele, ma non prenderanno in considerazione l’abbattimento di quelli russi lanciati contro l’Ucraina, il che ha fatto arrabbiare Zelensky e alcuni dei suoi compatrioti che si sentono quindi come alleati di seconda classe.

La differenza tra Russia/Ucraina e Iran/Israele a questo proposito spiega il diverso approccio degli USA verso ciascuna coppia. Come spiegato il mese scorso in questa analisi sul perché ” Putin ha confermato esplicitamente ciò che era già ovvio sulla dottrina nucleare della Russia “, i decisori politici relativamente più pragmatici che hanno ancora l’ultima parola in Russia e negli USA sono finora riusciti a evitare l’incontrollabile sequenza di escalation che i loro rispettivi rivali falchi vogliono. Ecco come ci sono riusciti:

“[I falchi degli USA], rivali relativamente più pragmatici che ancora prendono le decisioni, segnalano sempre le loro intenzioni di escalation con largo anticipo, in modo che la Russia possa prepararsi e quindi essere meno propensa a “reagire in modo eccessivo” in qualche modo che rischi la Terza Guerra Mondiale. Allo stesso modo, la Russia continua a trattenersi dal replicare la campagna “shock-and-awe” degli USA per ridurre la probabilità che l’Occidente “reagisca in modo eccessivo” intervenendo direttamente nel conflitto per salvare il proprio progetto geopolitico e quindi rischiare la Terza Guerra Mondiale.

Si può solo ipotizzare se questa interazione sia dovuta alle burocrazie militari, di intelligence e diplomatiche permanenti (“stato profondo”) di ciascuna di esse che si comportano in modo responsabile per conto proprio, considerando l’enormità di ciò che è in gioco, o se è il risultato di un “accordo tra gentiluomini”. Qualunque sia la verità, il suddetto modello spiega le mosse inaspettate o la mancanza di esse da parte di ciascuna, che sono gli Stati Uniti che telegrafano di conseguenza le loro intenzioni di escalation e la Russia che non si è mai seriamente intensificata in questo modo”.

Non esiste un equilibrio equivalente di potenza nucleare tra Stati Uniti e Iran, con il massimo che l’Iran può fare è lanciare attacchi di saturazione contro le basi americane nella regione, non minacciarla esistenzialmente come può fare la Russia. Se la potenziale ritorsione dell’Iran all’attacco previsto di Israele danneggia o uccide alcuni dei quasi 100 membri del team che gestisce il THAAD degli Stati Uniti nell’autoproclamato Stato ebraico, allora gli Stati Uniti potrebbero subire il colpo, vendicarsi contro i gruppi di resistenza allineati all’Iran nella regione o colpire la Repubblica islamica.

Indipendentemente da ciò che potrebbe accadere, l’Iran non nucleare non è in grado di minacciare esistenzialmente gli Stati Uniti come potrebbe fare la Russia dotata di armi nucleari se quest’ultima reagisse all’intercettazione dei suoi missili colpendo obiettivi all’interno della NATO, il che potrebbe facilmente catalizzare una possibile sequenza di escalation apocalittica. Di sicuro, ci sono effettivamente alcuni falchi statunitensi che vogliono rischiare quello scenario e quello relativamente meno importante menzionato sopra nell’Asia occidentale, ma i loro rivali più pragmatici sono ancora in grado di fermarli per ora.

L’élite americana riconosce che la gente comune è preoccupata per la terza guerra mondiale.

Biden ha dichiarato nel fine settimana che “Gli Stati Uniti sono pronti a impegnarsi in colloqui con la Russia, la Cina e la Corea del Nord senza precondizioni per ridurre la minaccia nucleare”, ma si tratta di un’affermazione insincera che viene pronunciata solo in risposta alla recente retorica di Trump su questo tema che ha risuonato tra gli elettori. Il candidato repubblicano ha affermato durante un podcast di essere sull’orlo di un accordo di denuclearizzazione con Russia e Cina, un mese prima del quale aveva avvertito che Kamala avrebbe potuto scatenare la Terza Guerra Mondiale.

Il viceministro degli Esteri russo Sergey Ryabkov ha stroncato l’affermazione di Trump su un possibile accordo replicando che “questo non corrisponde alla realtà. Sappiamo bene che i tentativi dell’amministrazione Trump di portare i rappresentanti cinesi allo stesso tavolo dei negoziati con noi non hanno avuto successo”. Tuttavia, è probabile che gli americani medi non sentiranno mai cosa aveva da dire, e quindi potrebbero credere a Trump. È in quest’ottica e nel mezzo dei suoi salti nei sondaggi che Biden si è cimentato in questo argomento.

I responsabili del leader uscente hanno anche dato per scontato che gli americani medi sono ignoranti in materia e non sentiranno mai la versione russa della storia, altrimenti non gli avrebbero fatto dire quello che ha appena fatto sulla disponibilità degli Stati Uniti a impegnarsi in colloqui con la Russia per ridurre la minaccia nucleare. Questo perché Putin ha sospeso la partecipazione al New START nel febbraio 2023 e il ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha confermato che non riprenderà tali colloqui con gli Stati Uniti fino a quando non sarà terminato il conflitto ucraino .

Chi segue questo argomento lo sa già, ma gli americani medi non lo sanno, ecco perché alcuni potrebbero cadere nel suggerimento implicito di Biden che Kamala continuerebbe questa politica pacifica in caso di vittoria. La Terza Guerra Mondiale non è mai stata discussa da loro tanto quanto lo è ora dopo la recente revisione della dottrina nucleare della Russia, di cui i media mainstream si sono molto spaventati, e le tensioni israelo-iraniane senza precedenti. Molte persone sono quindi molto spaventate e quindi ricettive ai discorsi per evitare la Terza Guerra Mondiale.

Come è stato spiegato, sia Trump che Biden stanno mentendo, ma il primo risulta più credibile data la falsa percezione che fosse vicino a Putin e che quindi avrebbe potuto avere una possibilità di farcela, mentre il secondo non ha molta credibilità data la sua nota demenza. In ogni caso, poiché la maggior parte degli americani non sa di essere ingannata, potrebbe avere solo l’impressione che Biden stia disperatamente prendendo spunto dal libro di giochi di Trump per aiutare Kamala.

La conclusione è che l’élite americana riconosce che la gente comune è preoccupata per la Terza Guerra Mondiale, ed è per questo che Trump ha fatto un gran parlare di come presumibilmente la eviterà se tornerà in carica, e a Biden è stato consigliato di far sembrare che stia già cercando di farlo. In realtà, il rischio maggiore di questo scenario proviene dalle forze falchi nelle burocrazie militari, di intelligence e diplomatiche permanenti del Paese (“Stato profondo”), che hanno dimostrato la loro capacità di lavorare alle spalle dei presidenti.

Sono loro, molto più di chiunque sia il presidente in un dato momento, a tenere in pugno il futuro del mondo e a poterlo distruggere se sbagliano i calcoli nella loro guerra per procura contro la Russia. Questo non significa che il rischio rimarrà per sempre, poiché i presidenti possono in parte contrastare queste forze falchi dello “Stato profondo”, ma solo che è ancora acuto e in qualche modo al di là del loro potere di fermarlo. Trump potrebbe fare un lavoro migliore di Kamala in questo senso, ma è anche irregolare, quindi potrebbe inavvertitamente peggiorare queste minacce.

La Russia o vincerà in modo decisivo, o le verrà offerto un cessate il fuoco più generoso che accetterà per ragioni pragmatiche, oppure i suoi nemici passeranno pericolosamente dall’“escalation alla de-escalation” mentre l’Occidente rimarrà sempre più indietro nella sua “corsa alla logistica”/“guerra di logoramento”.

Bild ha citato documenti interni del Ministero della Difesa per segnalare che la Germania ha finalmente raggiunto il massimo del suo supporto militare all’Ucraina e non fornirà più equipaggiamento pesante, il che avviene circa sei settimane dopo che il Ministro della Difesa polacco ha effettivamente detto la stessa cosa sul supporto del suo paese. Il Consiglio dei ministri federale ha dettagliato ” Le armi e l’equipaggiamento militare che la Germania sta inviando all’Ucraina ” il mese scorso, che hanno detto ammontano a 28 miliardi di euro di assistenza che sono già stati forniti o impegnati per gli anni futuri.

La Polonia e la Germania hanno fatto molto di più per l’Ucraina in questo senso rispetto alla maggior parte dei paesi, quindi il fatto che abbiano già raggiunto il massimo del loro sostegno suggerisce che l’Occidente nel suo complesso potrebbe presto prendere seriamente in considerazione l’idea di congelare il conflitto. Dopo tutto, la Russia è già molto più avanti della NATO nella ” corsa alla logistica “/” guerra di logoramento “, con persino Sky News che ha candidamente riferito all’inizio di quest’anno che la Russia sta producendo tre volte più proiettili della NATO a un quarto del prezzo.

Il mese scorso la CNN ha condiviso uno scorcio di quanto tutto sia diventato negativo per l’Ucraina, il che coincide con il crescente interesse tra il pubblico occidentale e persino alcuni membri della loro élite nel ridurre le perdite della loro parte esplorando una soluzione politica alla guerra per procura NATO-Russia in Ucraina. ” La cattura di Pokrovsk da parte della Russia potrebbe rimodellare le dinamiche del conflitto ” ogni volta che accadrà, quindi è naturale che vogliano anticiparlo o trovare un modo per congelare il conflitto in seguito.

La sfida, però, è che la Russia non prenderà in considerazione un cessate il fuoco finché l’Ucraina continuerà a occupare Kursk e Donbass, da cui Kiev non è disposta a ritirarsi come “gesto di buona volontà”, rischiando così lo scenario in cui le linee del fronte crolleranno a causa della combinazione di logoramento e delle nuove tattiche della Russia . In quel caso, la Russia potrebbe provare a espellere l’Ucraina dal resto della regione di Zaporozhye a est del Dnieper, inclusa la sua città omonima di circa 750.000 persone.

C’è anche la possibilità che la Russia si sposti nella regione orientale di Dnipropetrovsk (“Dnipro”) nonostante non abbia pretese su di essa, né per costringere l’Ucraina a ritirarsi da Zaporozhye orientale e dalla sua capitale omonima, né per spingere la linea di contatto (LOC) il più lontano possibile prima di congelarla. Questa tattica potrebbe anche consentire alla Russia di aprire un fronte meridionale nella regione di Kharkov per integrare quelli orientali e settentrionali. Lo scenario peggiore per l’Ucraina è quello di attacchi simultanei lungo questi tre assi.

Con Polonia e Germania che hanno già praticamente esaurito le loro risorse, a meno che non attingano al resto delle riserve che hanno finora conservato per soddisfare i requisiti minimi di sicurezza nazionale, questa sequenza di eventi è certamente possibile. Potrebbe essere prevenuta solo da una proposta di cessate il fuoco relativamente più generosa da parte dell’Occidente che stuzzichi l’interesse del Cremlino, dall’autocontrollo russo o dall’Ucraina e/o dall’Occidente che “si intensificano per de-escalate”.

Il primo potrebbe vedere l’Occidente fare pressione sull’Ucraina affinché si ritiri dalla regione orientale di Zaporozhye, il secondo potrebbe essere dovuto al fatto che la Russia non vuole rischiare di estendere eccessivamente la sua logistica militare, e il terzo potrebbe comportare una provocazione nucleare , la formale dispiegamento della NATO in Ucraina e/o un attacco alla Bielorussia . I fattori rilevanti includono la tempistica di qualsiasi potenziale svolta russa e l’esito delle elezioni statunitensi, entrambi i quali potrebbero influenzare l’Ucraina e/o l’Occidente, forse anche in modi diversi.

Tutto ciò che si può dire con certezza è che l’Ucraina non può contare su ulteriori aiuti militari dopo che la Germania si è appena unita alla Polonia nell’abbandonare la “guerra di logoramento”. A meno che non attingano alle loro riserve o che altri si facciano avanti (se hanno ancora molto da dare), allora potrebbe presto accadere qualcosa di rivoluzionario, anche se resta da vedere se sarà positivo o negativo. La Russia o vincerà decisamente, o le verrà offerto un cessate il fuoco più generoso che accetterà per ragioni pragmatiche, o i suoi nemici “intensificheranno per de-escalate” pericolosamente.

O sta accennando a ciò che vuole dopo “l’escalation per de-escalation” nel prossimo futuro, oppure sta gettando i semi per una teoria della “pugnalata alla schiena”.

Zelensky ha finalmente presentato mercoledì alla Rada le prime cinque parti del suo tanto pubblicizzato “Piano della Vittoria”, pur mantenendone segrete tre per sua stessa ammissione. I lettori possono leggere il suo discorso completo qui e il riassunto conciso di Reuters qui . Facendo una delle due, vedranno che è irrealistico perché l’Ucraina chiede: un invito a unirsi alla NATO; l’intercettazione congiunta dei missili russi; e ospitare “un pacchetto completo di deterrenza strategica non nucleare” sul suo territorio, tra le altre richieste.

Tutti e tre sono fuori gioco per la NATO, poiché il blocco non vuole essere direttamente coinvolto in questa guerra per procura, che i suoi politici relativamente più pragmatici che ancora prendono le decisioni temono possa facilmente sfuggire al controllo e trasformarsi in una terza guerra mondiale, motivo per cui non è ancora successo nulla del genere. Ciò non significa che i loro rivali falchi non abbiano alcuna possibilità di cambiare le cose, e alcuni stanno speculativamente lavorando alle spalle dei loro governi per raggiungere questo scopo, ma solo che Zelensky non otterrà ciò che vuole a meno che ciò non accada.

I calcoli sopra menzionati probabilmente rimarranno costanti, visto che sono in atto da oltre due anni e mezzo finora, cosa di cui è pienamente consapevole, sollevando così la questione di cosa abbia cercato di ottenere avanzando tali richieste ai suoi partner che sono già state respinte. Si può sostenere che sia stato spinto da uno di due secondi fini: accennare a cosa vuole dopo aver eventualmente “escalation to de-escalate” nel prossimo futuro o piantare i semi per una teoria della “pugnalata alla schiena”.

Per quanto riguarda il primo, questo potrebbe assumere la forma di una provocazione nucleare e/o di un attacco alla Bielorussia , mentre il secondo è stato casualmente accreditato due giorni prima del discorso di Zelensky dal Royal United Services Institute in un articolo su ” L’imminente tradimento dell’Ucraina “. Questi scenari potrebbero essere evitati se il G7 accettasse di soddisfare almeno alcune delle sue richieste militari in cambio dell’autorizzazione a estrarre le ricchezze minerarie critiche dell’Ucraina, come suggerisce fortemente uno dei punti del suo “Piano della Vittoria”.

Questa proposta implicita si basa su quanto promesso al G7 nel maggio 2022, che è stato analizzato qui all’epoca e ripreso nel febbraio 2024 qui , il punto è che c’è un precedente per cui ha offerto il suo paese in vendita in cambio di ciò che voleva. Se queste ricchezze minerarie critiche non convinceranno l’Occidente a realizzare almeno una parte del suo “Piano della Vittoria”, ed è stato spiegato sopra perché probabilmente non lo faranno, allora probabilmente ricorrerà a uno dei due piani di riserva che sono stati discussi.

La conclusione da ciò che ha appena rivelato è che ci sono chiaramente dei secondi fini in gioco, dal momento che le sue richieste principali sono già state respinte. Persino l’insinuazione che le ricchezze minerarie critiche dell’Ucraina potrebbero essere scambiate per un presunto supporto militare rivoluzionario potrebbe non convincere l’Occidente a riconsiderare, dal momento che teme una sequenza di escalation incontrollabile con la Russia dotata di armi nucleari. Stando così le cose, gli osservatori dovrebbero aspettarsi che presto “escalate per de-escalate” o che la colpa della sconfitta dell’Ucraina venga attribuita all’Occidente.

La verità alla fine verrà a galla, ma per ora è meglio che i media alternativi siano scettici.

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha respinto la scorsa settimana un’affermazione sudcoreana secondo cui le truppe nordcoreane sarebbero state inviate in zone speciali. operazione zona per combattere l’Ucraina, eppure Zelensky ha continuato a pubblicare il rapporto nel weekend, dopo di che è stato amplificato al massimo da canali di informazione mainstream come la CNN . Anche alcuni importanti account di Alt-Media hanno dato credito a questa storia. I media ucraini poco dopo hanno affermato che 18 di queste truppe nordcoreane sono andate AWOL vicino al confine internazionale.

Questi resoconti coincidono con tre sviluppi: 1) la Germania, che è il secondo donatore più grande dell’Ucraina, è appena diventata l’ultimo paese dopo la Polonia a massimizzare il suo supporto militare ; 2) la Russia si sta preparando a ratificare l’accordo di partenariato strategico aggiornato dell’estate con la Corea del Nord che riafferma i loro impegni di difesa reciproca ; 3) e le tensioni tra Corea del Nord e Corea del Sud hanno nuovamente iniziato a peggiorare . La rilevanza di ogni sviluppo in questi ultimi resoconti verrà ora spiegata.

Per quanto riguarda il primo, il primato della Russia nella ” corsa della logistica “/” guerra di logoramento ” non potrà che aumentare ulteriormente a meno che i paesi occidentali non estraggano dalle loro rimanenti scorte che hanno conservato per soddisfare le loro minime esigenze di sicurezza nazionale, al fine di ridurre disperatamente il divario. Le ultime notizie potrebbero quindi essere state inventate per spingerli a farlo con il falso pretesto che la Corea del Nord sta intervenendo direttamente nel conflitto, quindi ora si tratta più che mai di “democrazie contro dittature”.

Per quanto riguarda il secondo, l’imminente ratifica da parte della Russia del suo accordo aggiornato con la Corea del Nord conferisce una parvenza di credibilità a questi resoconti, inducendo gli osservatori a pensare che potrebbe essere già entrato segretamente in vigore prima che questa formalità legale fosse completata. La continua occupazione da parte dell’Ucraina di parti della regione russa di Kursk potrebbe aver infuso l’aspetto di difesa reciproca del loro patto con un senso di urgenza accresciuto nelle loro menti, spiegando così perché anche alcuni resoconti di Alt-Media siano caduti in quella che sembra essere una bugia.

E infine, la Corea del Sud ha provocato le ultime tensioni con la Corea del Nord facendo volare droni propagandistici su Pyongyang diverse volte tra il 3 e l’11 ottobre, cosa che avrebbe potuto essere fatta a posteriori per aggiungere un altro strato di intrigo ai successivi resoconti sulle truppe nordcoreane che combattono l’Ucraina. Questo contesto creato artificialmente potrebbe quindi far immaginare ad alcuni che Russia e Corea del Nord stiano “sfidando congiuntamente l’ordine basato sulle regole”, il che potrebbe quindi facilitare i due obiettivi precedenti.

Con questi tre punti in mente, sembra irresistibilmente che gli ultimi resoconti siano fake news. Se si scoprisse che contengono un fondo di verità, tuttavia, allora lo scopo di questo spiegamento sarebbe quello di rafforzare la logistica militare della Russia, rifornire alcune delle sue forze perdute, aiutare a coprire i buchi nel confine e/o preparare una svolta se si presentasse l’opportunità, come se Pokrovsk venisse catturata . La verità alla fine si rivelerà, ma per ora è meglio che gli Alt-Media siano scettici.

Sikorski merita di essere applaudito per essersi schierato così fermamente contro l’Ucraina su questa questione, indipendentemente da ciò che si possa pensare del suo approccio verso le altre.

Il ministro degli Esteri polacco Radek Sikorski ha espresso un punto importante durante una sessione di domande e risposte sui social media in merito alle richieste del suo Paese all’Ucraina per la risoluzione della Volinia Genocidio disputa , di cui i lettori possono saperne di più dalle tre analisi ipertestuali precedenti. Ha detto loro che devono dare ai polacchi genocidi una sepoltura dignitosa come hanno già fatto per la Wehrmacht, che ha cinque cimiteri dedicati in Ucraina, capaci di seppellire 50.000 resti ciascuno. Ecco le sue esatte parole :

“Non faremo marcia indietro su questa questione. Perché crediamo che, prima di tutto, questa non sia una questione politica, non dovrebbe essere oggetto di alcuna negoziazione. Questo è semplicemente un dovere cristiano… Chiediamo all’Ucraina solo ciò che l’Ucraina ha permesso ai tedeschi di fare agli aggressori: 100.000 soldati della Wehrmacht sono stati riesumati e sepolti in tombe separate sul territorio ucraino. Pertanto, crediamo che i nostri compatrioti, che non erano aggressori lì, abbiano almeno gli stessi diritti dei soldati della Wehrmacht.”

Analizzando ciò che ha detto, la prima parte ha dato credito a precedenti resoconti secondo cui Sikorski e Zelensky avevano avuto una discussione accesa su questo durante il suo ultimo viaggio a Kiev, ergo perché ha ribadito che “Non faremo marcia indietro su questa questione”. Ha poi ricordato a tutti che questa non è una questione politica come alcuni ucraini hanno sostenuto quando hanno accusato la Polonia di “politicizzarla” per ragioni interne. Piuttosto, è “semplicemente un dovere cristiano”, con l’insinuazione che l’Ucraina a maggioranza ortodossa si sta comportando in modo sacrilego.

Sikorski poi ha fatto il proverbiale colpo di grazia, sollevando il fatto che l’Ucraina aveva già dato una degna sepoltura a oltre 100.000 soldati della Wehrmacht, suggerendo così di avere più rispetto per l’esercito fascista di Hitler che per il numero quasi uguale di polacchi che furono genocidiati dai seguaci di Bandera. Questi ultimi meritano certamente “almeno gli stessi diritti dei soldati della Wehrmacht”, ma essendo così diretto, Sikorski rischia di essere accusato di “ripetere a pappagallo la propaganda russa”.

L’Ucraina e l’Occidente hanno insistito per gli ultimi due anni e mezzo sul fatto che è impossibile che ci siano fascisti in questa ex Repubblica sovietica, dal momento che Zelensky è ebreo, nonostante la pletora di prove che effettivamente esistono e sono persino rappresentati in modo prominente nelle forze armate. Chiunque smentisca questa bugia viene diffamato come un “propagandista russo”, eppure ora il ministro degli Esteri dello stato d’avanguardia anti-russo della NATO che ha dato il 3,3% del suo PIL all’Ucraina ha appena lasciato intendere esattamente ciò che ha detto.

Sikorski non può essere credibilmente descritto come un “propagandista russo”, dato tutto ciò che la Polonia ha fatto contro la Russia da quando è tornato al suo posto lo scorso dicembre, quindi qualsiasi tentativo di diffamarlo in quel modo si ritorcerà contro di lui, esponendo la ridicolaggine di quella diffamazione fin dall’inizio. Infatti, l’ex capo dello Stato maggiore Rajmund Andrzejczak ha appena detto ai media tedeschi che la Polonia ha in programma di “colpire tutti gli obiettivi strategici entro un raggio di 300 km (se la Russia attacca la NATO). Attaccheremo direttamente San Pietroburgo”.

Ha aggiunto che “la Russia deve rendersi conto che un attacco alla Polonia o ai paesi baltici significherebbe anche la sua fine… Questo è l’unico modo per dissuadere il Cremlino da tale aggressione. A tal fine, la Polonia sta attualmente acquistando 800 missili con una gittata di 900 km”. Sarebbe quindi assolutamente assurdo affermare che Sikorski sta “ripetendo a pappagallo la propaganda russa” tirando in ballo il fatto che l’Ucraina ha già dato una degna sepoltura a oltre 100.000 soldati della Wehrmacht e dovrebbe quindi dare lo stesso ai polacchi genocidi.

Ha anche lanciato un colpo alla narrazione dell’Ucraina secondo cui la sua attuale regione occidentale sarebbe stata occupata dalla Polonia durante il periodo tra le due guerre, affermando che i suoi compatrioti uccisi dai seguaci di Bandera “non erano aggressori”. Ricordando la clausola della sicurezza estiva patto di standardizzazione delle loro narrazioni storiche, è quindi possibile che la prossima richiesta della Polonia in merito all’esumazione e alla sepoltura delle vittime polacche sarà quella di chiedere all’Ucraina di rivedere le affermazioni contenute nei suoi libri di testo a riguardo.

Dopotutto, ha dichiarato che “Non faremo marcia indietro” e che coloro che sono stati genocidiati “non erano aggressori” come sostiene l’Ucraina, quindi ne consegue naturalmente che la sua prevista risoluzione di questa disputa a favore della Polonia comporterà anche questo aspetto, al fine di rimettere finalmente in ordine i fatti storici. Finché rimarrà falsificato dalle affermazioni secondo cui la Polonia “occupò” quella che oggi è l’Ucraina occidentale durante il periodo tra le due guerre, per non parlare dell’era del Commonwealth , la polonofobia persisterà all’interno dell’Ucraina.

Ciò pone rischi latenti per la sicurezza della Polonia, che sono stati toccati qui e qui in merito all’irredentismo ucraino, che rimane una possibilità che potrebbe diventare acuta anche prima del previsto dopo che il suo ex ministro degli Esteri ha parlato il mese scorso di “territori ucraini” all’interno della Polonia del dopoguerra. Ciò non significa che l’Ucraina potrebbe un giorno invadere la Polonia, ma solo che quei suoi “nazionalisti” all’interno della Polonia potrebbero compiere atti di terrorismo nel perseguimento di quella causa, mettendo così in pericolo i polacchi.

Tutto sommato, Sikorski merita di essere applaudito per essersi schierato così fortemente contro l’Ucraina su questo tema, indipendentemente da cosa si possa pensare del suo approccio verso altri temi come la guerra per procura NATO-Russia in Ucraina. Ha neutralizzato da solo la diffamazione delle persone come “propagandisti russi” ogni volta che tirano fuori le simpatie fasciste dell’Ucraina e ha attirato l’attenzione anche sulla polonofobia di quel paese. Questi sono colpi potenti al soft power dell’Ucraina da cui farà fatica a riprendersi.

La crescente influenza indiana nell’Artico funge da contrappeso a quella cinese, il che soddisfa sia gli interessi russi che quelli occidentali.

Il gruppo di lavoro congiunto russo-indiano sulla rotta del Mare del Nord (NSR) attraverso l’Oceano Artico, che dovrebbe diventare una delle rotte commerciali più importanti al mondo, ha appena tenuto la sua prima riunione la scorsa settimana a Delhi. È stato formato in seguito al viaggio del Primo Ministro indiano Modi a Mosca durante l’estate, dove lui e Putin hanno firmato nove accordi per espandere la cooperazione in diversi campi. Ecco cosa sta guidando la dimensione artica della loro partnership strategica decennale:

———-

1. Si prevede che l’India utilizzerà maggiormente l’NSR per il suo commercio con l’Europa

La guerra di resistenza israeliana in corso ha sospeso a tempo indeterminato i lavori sul corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (IMEC) e ha spinto gli Houthi a bloccare il Mar Rosso, aumentando così i costi del commercio indoeuropeo e sottolineando quanto sia sempre stato strategicamente insicuro. Si prevede pertanto che l’India utilizzerà di più la NSR in futuro come rotta meno rischiosa per integrare quella del Mar Rosso alla sua riapertura, aggiungendo così contesto ai quattro punti che seguiranno.

2. I cantieri navali indiani hanno la capacità di costruire rompighiaccio russi

Il Maritime Executive ha riferito che l’interesse della Russia nel far costruire all’India quattro rompighiaccio non nucleari è dovuto al fatto che i suoi cantieri navali hanno una capacità che i concorrenti in Cina, Corea del Sud e Giappone non avranno almeno fino al 2028. Hanno anche notato che i cantieri navali europei non possono soddisfare tali contratti a causa delle sanzioni. L’India prevede di costruire più di 1.000 navi nel prossimo decennio, quindi ha perfettamente senso per la Russia investire parte della sua enorme riserva di rupie in questo settore con l’obiettivo di sviluppare l’NSR.

3. L’India ha anche abbastanza marinai extra da addestrare per la navigazione della NSR

L’incontro della scorsa settimana ha anche discusso dell’addestramento dei marinai indiani , che sono i terzi più numerosi al mondo, per la navigazione della NSR. Una legge russa del 2017 ha vietato il trasporto di petrolio, gas naturale e carbone lungo quella rotta sotto una bandiera straniera, mentre una del 2018 impone che queste navi debbano essere costruite in Russia. Data la popolazione russa in naturale declino, i marinai indiani esperti potrebbero essere assunti per aiutare a navigare queste navi invece di affidarsi ai migranti dell’Asia centrale , di cui la gente del posto non vuole più.

4. L’India potrebbe investire nell’energia artica russa a determinate condizioni

Il progetto russo Arctic LNG 2, da cui una società cinese si è ritirata durante l’estate, potrebbe vedere investimenti indiani a determinate condizioni. Il suo Segretario del Petrolio ha detto il mese scorso che il suo paese non sarà coinvolto per ora a causa delle sanzioni, ma un’esenzione potrebbe essere possibile se aiutasse a mediare la fine delle sanzioni ucraine. Conflitto . Kiev, a quanto si dice, preferisce che sia l’India a svolgere questo ruolo anziché la Cina, e se ci riesce, allora l’Occidente potrebbe ricompensarla di conseguenza per ridurre l’influenza della Cina nell’Artico.

5. L’India svolge un ruolo indispensabile nell’equilibrio globale dell’influenza

E infine, la Russia fa affidamento sull’India per evitare preventivamente una dipendenza sproporzionata dalla Cina, di cui i lettori possono saperne di più qui , qui e qui . Nonostante la pressione occidentale sull’India affinché prenda le distanze dalla Russia, l’Occidente sta gradualmente iniziando ad apprezzare anche questo ruolo, motivo per cui non ha imposto sanzioni massime all’India per la sua presunta dipendenza segreta. commercio tecnologico . La crescente influenza indiana nell’Artico funge quindi da contrappeso a quella della Cina, il che soddisfa sia gli interessi russi che quelli occidentali.

———-

La cooperazione russo-indiana nell’Artico è molto promettente per le ragioni che sono state enumerate, anche se sarà trattenuta dal suo pieno potenziale finché l’India rimarrà riluttante a sfidare le sanzioni occidentali sul progetto Arctic LNG II. Considerando il ruolo indispensabile dell’India nell’equilibrio globale dell’influenza, essa e l’Occidente dovrebbero avviare colloqui discreti su cosa potrebbe essere fatto per ricevere un’esenzione, che consentirebbe quindi all’India di competere più efficacemente con la Cina nell’Artico.

Sta per succedere qualcosa di grosso e, qualunque cosa sia, è molto probabile che gli Stati Uniti ne saranno direttamente coinvolti.

Il Pentagono ha confermato che invierà circa 100 truppe in Israele per gestire uno dei suoi principali sistemi di difesa aerea, il Terminal High Altitude Area Defense (THAAD), di cui ne ha solo sette in totale . Ciò precede la prevista rappresaglia di Israele all’ultimo attacco missilistico dell’Iran del primo del mese, effettuato per ripristinare la deterrenza dopo l’assassinio del capo di Hamas Ismail Haniyeh a Teheran e del capo di Hezbollah Sayyed Hassan Nasrallah a Beirut. Ecco cosa significa questa ultima mossa degli Stati Uniti:

———-

1. Israele sta probabilmente pianificando qualcosa di grosso

Sono circolate voci su cosa stia esattamente pianificando Israele, ma è probabile che si tratti di qualcosa di grosso e che provocherà almeno una rappresaglia proporzionale da parte dell’Iran, motivo per cui l’autoproclamato Stato ebraico ha chiesto agli Stati Uniti di schierare uno dei suoi pochi THAAD per aiutarlo a difendersi in seguito. Il THAAD è specializzato nell’intercettazione di missili balistici, quindi si può intuire che Israele e gli Stati Uniti si aspettino che l’Iran risponda con questi mezzi. Il THAAD trasporta solo 48 intercettori , tuttavia, quindi potrebbe essere sopraffatto se ci fosse un attacco di saturazione.

2. L’Iron Dome ha bisogno di tutto l’aiuto possibile

Molti osservatori hanno valutato che l’ultimo attacco missilistico dell’Iran ha esposto i limiti del famoso Iron Dome di Israele. Il filmato che hanno visto e la reazione di panico di Israele in seguito nel tentativo di coprire il danno, anche arrestando il giornalista di Grayzone Jeremy Loffredo e poi indagandolo per “aver aiutato il nemico in tempo di guerra” tramite un resoconto, lasciano pochi dubbi sul fatto che sia così. Di conseguenza, Iron Dome ha bisogno di tutto l’aiuto possibile, motivo per cui Israele ha chiesto agli Stati Uniti di schierare il THAAD per fornire assistenza.

3. Gli Stati Uniti rischiano di essere intrappolati nel fenomeno della Mission Creep

Biden aveva promesso in precedenza che ” nessun esercito statunitense sarebbe stato sul campo ” nella zona di conflitto dell’Asia occidentale, ma si è appena rimangiato la parola dopo che la sua amministrazione ha approvato questo ultimo spiegamento. Gli Stati Uniti rischiano quindi di essere intrappolati in un’escalation di missioni, poiché i politici falchi potrebbero ora sostenere che vale la pena di aumentare questo spiegamento per perseguire interessi nazionali percepiti dopo che questa linea psicologica è stata appena oltrepassata. Potrebbero non avere successo, e questo potrebbe essere tutto ciò che viene inviato, ma non si possono escludere nemmeno altri spiegamenti.

4. Il team THAAD è un innesco per l’escalation

Sulla base di quanto sopra, il team THAAD è un filo conduttore dell’escalation poiché qualsiasi danno che potrebbe capitare loro nel tentativo di intercettare la prevista rappresaglia dell’Iran al presunto imminente attacco di Israele potrebbe servire da pretesto agli Stati Uniti per colpire l’Iran e/o dispiegare più truppe nella zona del conflitto. Mentre questa mossa viene venduta al pubblico come “difesa di Israele” e “scoraggiamento dell’Iran”, i decisori politici comprendono comunque bene cosa è realmente in gioco, ma stanno minimizzando i pericoli per evitare le proteste pubbliche.

5. I legami tra Israele e Stati Uniti rimangono forti nonostante i problemi

E infine, lo spiegamento del THAAD degli Stati Uniti dimostra che i legami interstatali rimangono forti nonostante la ben nota rivalità tra Bibi e Biden, che ha visto Biden sostenere la richiesta del leader della maggioranza del Senato Chuck Schumer di un cambio di regime contro Bibi la scorsa primavera. Che si attribuisca questo alle burocrazie militari, di intelligence e diplomatiche permanenti degli Stati Uniti (“stato profondo”) che apprezzano ancora i loro percepiti interessi geostrategici reciproci o al potere della lobby israeliana, il punto è che testimonia la resilienza dei loro legami.

———-

L’impiego del THAAD degli USA in Israele è un passo preoccupante perché suggerisce che qualcosa di grosso sta per arrivare e, qualunque cosa sia, ora c’è una maggiore probabilità che gli USA siano direttamente coinvolti. Resta da vedere se il suo ruolo rimarrà difensivo o si evolverà in uno offensivo, ma questa squadra di quasi 100 operatori funge essenzialmente da filo conduttore per l’escalation. I politici falchi vogliono una guerra più grande e ci vorrà autocontrollo da parte dell’Iran e un pizzico di fortuna per evitare lo scenario peggiore.

Il presente articolo li smentirà brevemente, uno per uno.

Il principale giornale giapponese Nikkei ha pubblicato la scorsa settimana un articolo di feroce critica sulla politica regionale dell’India su come ” Una politica estera fuorviante ha lasciato l’India senza amici nell’Asia meridionale: la rivalità cinese ha reso Modi cieco alle tendenze politiche avverse nelle nazioni vicine “. Si basa su molte false dichiarazioni che gli osservatori occasionali potrebbero non realizzare che vengono manipolate per screditare la politica estera di quel paese. Il presente articolo le smentirà brevemente una per una.

Il primo punto che sollevano è un punto infondato sullo Sri Lanka, in merito alla loro previsione che il nuovo leader antiestablishment del paese, Anura Kumara Dissanayake, potrebbe essere negativo per l’India. Segue una breve analisi delle relazioni bilaterali che si concentra sui periodi difficili degli ultimi quattro decenni. L’impressione è che i legami siano destinati a essere problematici in ogni caso, ma è troppo presto per dire quale sarà il loro futuro in entrambi i casi, sebbene questa percezione si connetta ordinatamente al secondo punto.

Nikkei ha ricordato a tutti che il nuovo presidente delle Maldive è stato aperto riguardo al suo programma anti-indiano, ma che questo sta cambiando rapidamente dopo il suo viaggio in India la scorsa settimana, dove ha elogiato i suoi ospiti e incontrato una serie di funzionari e persino celebrità di Bollywood . Nikkei ha chiaramente fatto un passo avanti usandolo come esempio per promuovere il suo programma narrativo sui fallimenti regionali dell’India. Ancora peggio, si sapeva da metà settembre che si sarebbe recato lì, ma Nikkei non ha aspettato fino alla conclusione del suo viaggio per aggiornare il suo pezzo.

Hanno anche fatto riferimento al ritorno di un veterano comunista nepalese alla carica di premier quest’estate come esempio complementare alle Maldive, eppure quell’individuo ha sempre avuto una relazione complicata con l’India, guidata dalla politica interna e dall’opportunismo geopolitico nei confronti della Cina. Omesso dal loro rapporto è il fatto che l’India è di gran lunga il principale partner commerciale del Nepal , limitando così quanto ostili possano essere realisticamente le politiche del suo leader di ritorno nei suoi confronti, anche se lo volesse, il che è discutibile .

Proseguendo, Nikkei ha poi tirato in ballo il Bangladesh, che ha appena vissuto un cambio di regime sostenuto dagli Stati Uniti, di cui i lettori possono saperne di più qui . Contrariamente alle percezioni popolari, i dati di fatto dimostrano che ” Hasina aveva legami commerciali e militari più stretti con la Cina che con l’India “, è stata solo la sua stretta cooperazione in materia di sicurezza contro i terroristi-separatisti designati da Delhi a far pensare a molti che fosse pro-India. Tutto ciò che Nikkei ha scritto sul presunto fallimento dell’India in Bangladesh è quindi propaganda.

La maschera è caduta alla fine del loro articolo, dove hanno esposto il loro punto principale su come ognuno di questi fallimenti politici precedenti sia presumibilmente dovuto alla sua ossessione per la Cina e alla “percepita arroganza nell’affermarsi come un ‘fratello maggiore’ nella regione”. I lettori ignari sono quindi portati a pensare che l’India abbia trascurato il suo vicinato a causa della sua attenzione sulla Cina, con la quale è coinvolta in una tesa disputa di confine , e poi abbia sconsideratamente compensato diventando un bullo.

La realtà è del tutto diversa, tuttavia, poiché una combinazione di fattori interni in ciascuno di quei vicini e l’opportunismo geopolitico dei loro politici nei confronti della Cina sono responsabili dei flussi e riflussi dell’influenza indiana lì. L’India non ha mai trascurato il suo vicinato, ma come tutti i paesi, a volte avrebbe potuto fare meglio alcune cose a posteriori. Tuttavia, è il leader regionale naturale con cui i legami cordiali sono un must per la crescita reciproca, ergo perché la sua influenza ritorna sempre con il tempo.

Ecco l’intervista completa che ho rilasciato ad Arshad Mehmood di The Media Line, alcuni estratti della quale sono stati inclusi nel suo rapporto su come “La mossa di Mosca di delistare i talebani incontra scetticismo sulle minacce dell’IS-KP”.

1. Questa mossa significativa della Russia può davvero portare stabilità nella regione?

La promessa della Russia di escludere i talebani dall’elenco delle organizzazioni terroristiche non è in grado di portare stabilità alla regione da sola, ma può contribuire a migliorare la situazione generale in Afghanistan con il tempo. La Russia può ora espandere la cooperazione militare e di intelligence con i talebani, inclusa la possibile fornitura di armi leggere, e raggiungere accordi di investimento nei settori energetico e minerario. Gli ultimi due possono fornire più posti di lavoro e entrate di bilancio, le ultime delle quali potrebbero idealmente essere reinvestite nell’aiutare la gente comune.

2. Fa parte di una strategia più ampia volta a formare un nuovo blocco che faccia da contrappeso agli Stati Uniti?

La Russia non crede più che la politica di blocco sia rilevante. Mentre è vero che la transizione sistemica globale può essere semplificata eccessivamente nella competizione tra quei paesi che vogliono mantenere il sistema unipolare occidentale guidato dagli USA e quelli che vogliono accelerare i processi multipolari, c’è troppa diversità all’interno del secondo gruppo per caratterizzarli come un blocco.

Ciò che la Russia vuole in Afghanistan è che i talebani eliminino il terrorismo, tengano le basi militari straniere fuori dal paese, aprano opportunità di investimento nei settori energetico e minerario, diventino un mercato per alcune esportazioni russe e facilitino il commercio con l’Asia meridionale tramite un nuovo corridoio logistico. Questi sono interessi legittimi che non violano quelli legittimi di nessun altro, compresi gli Stati Uniti.

3. La stabilità nella regione e un’azione efficace contro le organizzazioni terroristiche, tra cui Daesh, sono realizzabili senza il coinvolgimento del Pakistan?

Daesh/ISIS-K è ancora una minaccia formidabile, ma la forza regionale più destabilizzante degli ultimi anni si è rivelata essere il Tehreek-i-Taliban Pakistan (TTP), noto anche come “Talebani pakistani”. Sono designati come terroristi dal Pakistan, si dice che si siano alleati con gruppi Baloch designati in modo simile e sono stati responsabili di un’ondata di terrorismo dal 2021 e in particolar modo nell’ultimo anno. Islamabad accusa i Talebani afghani (“Talebani”) di patrocinare il TTP, sebbene lo abbiano negato.

Tuttavia, la dichiarazione congiunta emersa dal terzo incontro quadrilaterale dei ministri degli esteri cinese, iraniano, pakistano e russo sull’Afghanistan, a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del mese scorso, ha invitato esplicitamente i talebani a “eliminare tutti i gruppi terroristici in modo equo e non discriminatorio e a impedire l’uso del territorio afghano contro i suoi vicini, la regione e oltre”.

Questa clausola implica che i talebani hanno doppi standard nei confronti del loro obbligo di combattere il terrorismo e quindi dà credito all’affermazione del Pakistan secondo cui stanno patrocinando il TTP e altri gruppi. Di conseguenza, suggerisce anche che i partner del Pakistan capirebbero, o almeno non si opporrebbero politicamente, al suo impegno in una maggiore azione cinetica transfrontaliera per contrastare minacce correlate, anche su larga scala, se necessario.

Finché tali minacce permarranno, la Russia e ogni altro stakeholder responsabile in Afghanistan non saranno in grado di raggiungere i loro obiettivi in quel paese. Il terrorismo rimarrà un problema, gli investimenti non saranno sicuri e l’Afghanistan difficilmente faciliterà il commercio di chiunque con l’Asia meridionale a causa del deterioramento dei legami tra talebani e pakistani. È quindi nell’interesse di tutti, Russia inclusa, che i talebani impediscano al TTP e ai suoi alleati di attaccare il Pakistan.

4. Come potresti far luce sull’evoluzione di questa situazione in un contesto più ampio?

I Taiban sono i governanti de facto dell’Afghanistan e devono quindi essere coinvolti pragmaticamente da tutti gli stakeholder responsabili se vogliono avere una qualche influenza nel paese, sia per quanto riguarda la lotta al terrorismo che la ricerca di investimenti. La promessa della Russia di cancellarli dall’elenco dei gruppi terroristici contribuirà a promuovere questi obiettivi e altri paesi potrebbero presto seguire le sue orme.

Estratti di questa intervista sono stati inclusi nel rapporto di Arshad Mehmood intitolato ” La mossa di Mosca di delistare i talebani incontra scetticismo sulle minacce dell’IS-KP “.

Il capo egiziano del gruppo è troppo al verde per finanziare una guerra regionale e potrebbe essere dissuaso dal suo creditore emiratino dal partecipare in modo significativo a un’eventuale guerra ibrida tra Eritrea e Somalia contro l’Etiopia.

I leader egiziano, eritreo e somalo hanno prodotto una dichiarazione congiunta durante il loro incontro ad Asmara la scorsa settimana, che di fatto equivale alla formazione di un’alleanza contro il loro comune nemico etiope, che non è menzionato nel testo ma a cui si allude fortemente se si legge tra le righe. I lettori possono saperne di più sul catalizzatore del Somaliland dietro le loro ultime tensioni qui e su Hybrid di quei tre I piani di guerra sono qui , poiché il presente articolo richiama l’attenzione solo su cinque aspetti positivi della loro nuova alleanza:

———-

* Tanta ottica ma poca sostanza

Ogni paese si aspetta di guadagnare dall’ottica di questo nuovo accordo: l’Egitto è ora in grado di presentarsi come una grande potenza emergente con una crescente influenza nell’Africa orientale; l’Eritrea può affermare di non essere isolata come pensava l’Occidente; e la Somalia ha dimostrato che ci sono altri che la sostengono sulla questione del Somaliland. Il problema, però, è che c’è poca sostanza. La loro alleanza è per lo più solo chiacchiere, un sacco di clamore e una certa cooperazione militare speculativa, la cui portata non è chiara ma è limitata dal punto successivo.

* L’Egitto non può finanziare nulla di serio

Il debito dell’Egitto è quasi quintuplicato da 34 miliardi di dollari nel 2011 prima della Primavera araba a 165 miliardi di dollari l’anno scorso, una quota significativa dei quali proviene dagli Stati del Golfo, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, che hanno promesso 22 miliardi di dollari solo nel 2022. L’Egitto ha anche ricevuto un pacchetto di aiuti da 8 miliardi di dollari dall’UE e uno equivalente dal FMI quest’anno. Sta vendendo terreni e infrastrutture anche agli Stati del Golfo per disperazione, per restare a galla. Nessuno dovrebbe quindi aspettarsi che l’Egitto finanzi qualcosa di serio nell’Africa orientale contro l’Etiopia.

* Il suo creditore emiratino potrebbe interromperlo

Sulla base di quanto sopra, il creditore emiratino dell’Egitto è molto vicino all’Etiopia e ha persino costruito il porto di Berbera in Somaliland, quindi c’è la possibilità che possa minacciare di tagliare fuori il Cairo se il suo stato cliente nordafricano destabilizza quei due partner dell’Africa orientale. Questo scenario potrebbe dissuadere l’Egitto dall’andare troppo oltre con la sua nuova alleanza e oltrepassare le linee rosse regionali che gli Emirati Arabi Uniti potrebbero considerare inaccettabili. Per essere chiari, non è responsabilità degli Emirati Arabi Uniti tenere a freno l’Egitto, ma hanno comunque interesse a farlo come spiegato.

* L’Etiopia rimane una potenza regionale

Anche se l’Egitto continuasse a tentare di destabilizzare l’Etiopia e il Somaliland, sarebbe una battaglia in salita, poiché l’Etiopia rimane una potenza regionale, come dimostra il semplice fatto che tre paesi si stanno unendo per opporsi. Nessuno dei due può seriamente danneggiarla da solo, nemmeno l’Eritrea con i suoi decenni di esperienza nel condurre una guerra ibrida, motivo per cui hanno dovuto unire le forze a questo scopo. Ciò non significa che non possano causare problemi, ma solo che è improbabile che sconfiggano mai l’Etiopia come si aspettano.

* Responsabilità per le conseguenze di secondo ordine

E infine, le conseguenze di secondo ordine di qualsiasi problema che potrebbero causare all’Etiopia sarebbero di loro responsabilità, come se scatenassero un altro conflitto regionale che portasse a una crisi dei rifugiati su larga scala che si riverserebbe nell’UE e/o incoraggiasse terroristi come Al Shabaab . L’ironia è che tutti e tre pensano di migliorare la propria reputazione attraverso questa alleanza, ma potrebbe rivelarsi che finiscano per peggiorarla ancora di più di quanto non sia già, a seconda di cosa accadrà.

———-

Era prevedibile che Egitto, Eritrea e Somalia si sarebbero alleati, ecco perché il Summit di Asmara della scorsa settimana non è stato una sorpresa, ma per ora non è poi così un grosso problema. Il capobanda egiziano del gruppo è troppo al verde per finanziare una guerra regionale e potrebbe essere scoraggiato dal coinvolgimento significativo in qualsiasi potenziale guerra ibrida eritrea-somalo contro l’Etiopia dal suo creditore emiratino. Per queste ragioni, questa alleanza non è nulla di cui preoccuparsi al momento, ma potrebbe comunque causare qualche problema in seguito.

Al momento sei un abbonato gratuito alla Newsletter di Andrew Korybko . Per un’esperienza completa, aggiorna il tuo abbonamento.

Passa a pagamento

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO
ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:
postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704
oppure iban IT30D3608105138261529861559
oppure PayPal.Me/italiaeilmondo
oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/
Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

 

Svelato lo stratagemma per la vittoria non proprio grandiosa del Gran Poobah, di Simplicius

Svelato lo stratagemma per la vittoria non proprio grandiosa del Gran Poobah

Il vostro sostegno è prezioso. Se vi è piaciuta la lettura, vi sarei molto grato se sottoscriveste un impegno mensile/annuale per sostenere il mio lavoro, in modo da poter continuare a fornirvi rapporti dettagliati e incisivi come questo.

In alternativa, potete lasciare una mancia qui: buymeacoffee.com/Simplicius

Zelensky ha finalmente presentato il suo tanto atteso “Piano di Vittoria” alla nazione e alla Rada.

Ascoltate voi stessi il delirio patologico presentato come “piano” in tutta la sua demenziale gloria:

Si noti che al punto tre, la parola tradotta “restrizione” dovrebbe essere “deterrenza”.

Per chi fosse interessato, c’è anche una versione doppiata in inglese:

  1. Il primo punto è l’invito dell’Ucraina a entrare immediatamente nella NATO.
  2. Il secondo è la difesa (dobbiamo aumentare la nostra produzione e incrementare gli aiuti dei partner occidentali).
  3. Il terzo punto afferma: “L’Ucraina propone di dispiegare sul proprio territorio un pacchetto completo di deterrenza strategica non nucleare, che sarà sufficiente a proteggere l’Ucraina da qualsiasi minaccia militare da parte della Russia”.
  4. Il quarto punto è economico (“La pace arriverà attraverso la forza economica e la pressione sulla Russia: in particolare, limitando i prezzi del petrolio e le esportazioni”).
  5. Il quinto è: “Dopo la guerra, avremo uno dei contingenti militari più esperti. Persone con esperienza militare, esperienza con le armi internazionali. Questa è una garanzia di sicurezza in Europa. È una missione degna dei nostri eroi”. “Il Piano di Vittoria è una garanzia che i pazzi del Cremlino perderanno la capacità di continuare la guerra. La Russia deve perdere per sempre il controllo sull’Ucraina”.

La maggior parte degli ucraini ha reagito in modo tiepido o del tutto accondiscendente a questo “piano”.

“Ciò che mi lascia senza parole non è il fatto che egli proponga questi punti, ma che sono tutti punti la cui attuazione è già stata respinta”, scrive uno sconcertato Roepcke.

Ha ragione, la maggior parte del “piano” è odioso e può essere respinto in toto. Il numero uno: l’adesione alla NATO non avverrà; il numero due sembra ovvio e ridondante; il numero cinque è solo una sorta di ambigua banalità morale priva di reale sostanza.

Ma i numeri tre e quattro sono quelli che si fanno interessanti.

Il numero tre invoca il dispiegamento di una sorta di pacchetto militare “non nucleare” ma devastante, che possa servire da deterrente per la Russia. È vago, ma possiamo solo supporre che si tratti di una richiesta di dispiegamento dei principali sistemi della NATO, magari come avviene in Polonia con l’imminente scudo Aegis Ashore, che consente ai tubi verticali MK 41 a doppio uso di lanciare missili Tomahawk offensivi. Ma data la natura vaga della sua dichiarazione, Zelensky potrebbe anche riferirsi a un qualche tipo di dispiegamento “difensivo” della NATO, con stivali a terra in posizioni di “deterrenza” nelle retrovie e missili puntati contro la Russia.

Potrebbe anche riferirsi, ovviamente, a un potenziamento su larga scala dell’aeronautica ucraina con capacità di attacco a lungo raggio.

Il terzo punto è di gran lunga il più inquietante. Eccolo di nuovo:

In effetti, possiamo azzardarci a dire che questo punto è l’intera carne e le patate, la ragione stessa dell’esistenza non solo di tutti gli altri punti, ma della guerra stessa. Non è interessante che Zelensky sveli questa chiave di volta solo un giorno o due dopo l’annuncio della vendita della più grande produzione di titanio dell’Ucraina per pochi centesimi di dollaro?

La parte più inquietante è l’enfasi posta da Zelensky sul fatto che l’accordo ha una componente molto “segreta” che deve essere condivisa solo con i pochi alleati principali, e che egli sembra collegare alla protezione militare degli alleati dei loro “investimenti” nelle risorse. Che altro dire? Questo non è altro che l’atto di Zelensky di sfruttare i tesori economici e il futuro del suo Paese per legare disperatamente la NATO militarmente al fianco dell’Ucraina. È solo la continuazione dello stesso vecchio piano, ma questa volta attraverso una vera e propria corruzione: creare un massiccio incentivo monetario per obbligare la NATO a inviare stivali sul terreno per affrontare la Russia e salvare l’Ucraina in virtù della deterrenza della terza guerra mondiale. Sta facendo penzolare trilioni davanti al loro naso per attirare il loro aiuto, con la componente più “segreta” dell’accordo che probabilmente ha a che fare con la natura puramente preferenziale dell’estrazione di capitalismo disastroso e della terapia d’urto economica in una sola persona.

È solo un’ulteriore conferma di ciò che già sapevamo, ovvero che il gioco ucraino è tutto incentrato sul posizionamento dell’élite clientelare occidentale per saccheggiare le risorse e le industrie dell’Ucraina. Ad esempio, ai più è sfuggito questo estratto della recente telefonata scherzosa dell’ex capo della CIA Pompeo con i russi Vovan e Lexus che si spacciavano per Poroshenko. Nella telefonata privata descrive come ha ottenuto il suo comodo posto di lavoro in una grande impresa ucraina:

Non è interessante che l’ex capo della CIA ora diriga una banca di tutte le cose, e che questa banca stia comprando imprese ucraine? È anche interessante che si tratti di una telecom, proprio come Vodafone, di proprietà dell’oligarca azero che ha appena acquistato il resto dell’industria ucraina del titanio. Praticamente tutte le élite dello Stato profondo coinvolte nella disfatta ucraina hanno le dita nella marmellata.

Tornare indietro: Sfortunatamente per Zelensky, nell’ultimo pezzo Politico conferma finalmente per la prima volta in modo inequivocabile perché gli Stati Uniti possono abbattere i missili iraniani su Israele ma non quelli russi sull’Ucraina:

Basta leggere il sottotitolo qui sopra. È molto semplice:

“La risposta dura che gli ucraini non amano sentire, ma che purtroppo è vera, è che possiamo correre il rischio di abbattere i missili iraniani su Israele senza scatenare una guerra diretta con Teheran che potrebbe portare a una guerra nucleare”, ha detto a POLITICO un collaboratore senior del Senato degli Stati Uniti che si occupa di politica ucraina. “C’è molto più rischio nel provarci con la Russia”.

Due funzionari dell’amministrazione Biden, che hanno parlato a condizione di anonimato per discutere la questione con franchezza, hanno fatto la stessa osservazione.

Non è forse questa la più grande pubblicità per le armi nucleari? Quale motivo migliore serve all’Iran per portare a termine il suo programma nucleare?

Inoltre, il Ministro della Difesa polacco Sikorski ha contribuito a sgonfiare ulteriormente le speranze dell’Ucraina, minimizzando gli attacchi russi nei pressi della Polonia come semplici “errori”, il che implica chiaramente che la Polonia si rifiuta di aiutare l’Ucraina assumendo una posizione aggressiva contro questi quasi errori:

“Il confine della NATO si trova in una sorta di stato intermedio, tra le regole del tempo di pace e la crisi”, ha detto, aggiungendo che l’intento del Cremlino non è chiaro. “Alcune di queste cose rappresentano un pericolo per i nostri cittadini [e] alcuni ipotizzano che i russi stiano testando le nostre procedure, [ma] sospetto che con questo numero di droni e missili, ne perdano semplicemente il controllo”.

Traduzione: La Russia non ci sta colpendo intenzionalmente, quindi non risponderemo in alcun modo, in particolare non con nessuna sciocchezza dell’articolo 5.

Un’altra cattiva notizia è stata la nuova ammissione del portavoce del Pentagono Sabrina Singh, secondo cui le forze armate statunitensi semplicemente non hanno le scorte infinite per continuare a dare carta bianca all’Ucraina:

Inoltre:

L’approccio degli Stati Uniti per limitare l’uso di armi a lungo raggio da parte dell’Ucraina per attaccare in profondità la Russia “non è cambiato e non cambierà”, ha dichiarato l’addetta stampa della Casa Bianca Karine Jean-Pierre.

Questo problema crescente tra gli “alleati” è stato evidenziato da diversi articoli recenti:

Il giornalista Leonid Ragozin è giunto a una conclusione simile alla mia, ovvero che il vuoto piano di Zelensky era probabilmente solo la base per l’inevitabile vendita del cessate il fuoco alle masse:

Per questo motivo, non ci dilungheremo e ci limiteremo a segnalare alcuni dei video più toccanti e degni di nota della giornata, che si ricollegano tangenzialmente a questioni più ampie come il “Piano di Vittoria” di Zelensky.

Prima di tutto, in una sessione del Bundestag piena di sfarzi simbolici, il Cancelliere Olaf Scholz ha dichiarato con indignazione che i problemi economici della Germania sono causati dalla Russia che ha tagliato alla Germania l’energia – immaginate un po’!

Correlato:

L’economia tedesca continua a declinare. Nella Germania meridionale, dove un tempo l’industria automobilistica era il principale motore della crescita, la situazione è diventata allarmante. Negli ultimi due mesi, l’industria dei fornitori ha registrato un calo degli ordini di circa il 10-15%, segnalando sfide significative per il settore.

Boris Palmer è un politico tedesco che si è fatto conoscere per molti anni come sindaco della città di Tubinga (Baden-Württemberg). Recentemente ha dichiarato: “Questo è un declino come non ho mai visto prima, il cuore del Baden-Württemberg come regione industriale. La situazione è davvero allarmante. Tubinga, un tempo città fiorente, è ora un caso da riqualificare”.

La performance di Scholz è stata seguita da una filippica del leader del secondo partito tedesco che ha proposto di dare un ultimatum a Putin:

Friedrich Merz, leader della CDU (il più grande partito di opposizione tedesco), ha proposto di dare un ultimatum alla Russia, dopo il quale avrebbero iniziato a colpire in profondità il suo territorio.

“Chiedo di dare alla Russia un ultimatum di 24 ore per porre fine alle ostilità. Se la richiesta non viene soddisfatta, si elimini la limitazione della gittata delle armi per l’Ucraina e si consegnino i missili Taurus”.

Ma a salvare la situazione è intervenuta Sahra Wagenknecht con la sua infuocata confutazione dei superflui sofismi di Scholz:

Da parte sua, il capo del comitato della Duma russa Andrey Kartapolov ha risposto alle agitazioni della Germania nel miglior modo possibile:

“Il problema del [cancelliere tedesco Olaf] Scholz… Sono sempre più consapevoli che con le loro azioni incompetenti e irresponsabili hanno praticamente condotto il pianeta in un vicolo cieco. E ora stanno cercando di girare come anguille in una padella”, ha dichiarato ai giornalisti Andrei Kartapolov, capo del Comitato per la Difesa della Duma di Stato.

Nel frattempo, il comandante dell’esercito statunitense in Europa e Africa, il generale Darryl Williams, dice un’altra parte silenziosa ad alta voce. Ma la cosa più interessante è la sua apparente conferma delle voci su come gli Stati Uniti intendano passare la gestione del teatro ucraino all’Europa – in altre parole, scaricarla sull’Europa:

Tutta la NATO sta aiutando gli ucraini a combattere la Russia” – Comandante dell’U.S. Army Europe and Africa, generale Darryl A. Williams.

Allo stesso tempo, il presidente della Rada ucraina pronuncia un’altra parte silenziosa ad alta voce:

Siamo l’esercito della NATO’ – Il presidente della Verkhovna Rada Stefanchuk ammette apertamente che la NATO sta usando l’Ucraina per combattere la Russia.

Come nota finale, in mezzo a tutto il vorticoso dibattito su come finirà il conflitto, dato che le cose sembrano aver raggiunto una sorta di apogeo, il veterano relatore John Helmer ha scritto un nuovo interessante articolo che espone la sua opinione su uno scontro ideologico tra il Cremlino e lo Stato Maggiore a questo proposito: https://johnhelmer.net/dmitry-rogozin-per-presidente/

Come ho detto, si tratta della sua opinione e non ci sono prove reali di un disaccordo così importante di per sé, tuttavia fornisce un interessante spunto di riflessione, soprattutto se si considera che da tempo sostengo l’idea che sarebbe difficile immaginare che Putin scelga una fine prematura e negoziata della guerra proprio per queste ragioni: che lo Stato Maggiore non lo permetterebbe. Putin non è certo uno zar e non ha tutta la voce in capitolo su tali questioni, un fatto recentemente evidenziato dalle fughe di notizie su come lo Stato Maggiore russo avrebbe lanciato ultimatum nucleari agli Stati Uniti molto prima che il ‘dovish’ Putin cedesse all’espansione della soglia nucleare; anche Helmer ne parla.

Questa sta emergendo come la questione più importante mentre ci avviciniamo al punto cruciale della guerra, dove la leadership russa dovrà decidere se cedere alle richieste di cessate il fuoco o continuare l’azione cinetica fino alla resa totale. Finora, però, non ci sono stati segnali che indichino che la Russia abbia scelto l’opzione dell’accordo e, anzi, continuiamo a vedere segnali del contrario: un’auto-fortificazione verso obiettivi massimalisti.


Il vostro sostegno è prezioso. Se vi è piaciuta la lettura, vi sarei molto grato se sottoscriveste un impegno mensile/annuale per sostenere il mio lavoro, in modo da poter continuare a fornirvi rapporti dettagliati e incisivi come questo.

In alternativa, potete lasciare una mancia qui: buymeacoffee.com/Simplicius

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO
ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:
postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704
oppure iban IT30D3608105138261529861559
oppure PayPal.Me/italiaeilmondo
oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/
Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

La strada verso l’utopia dell’intelligenza artificiale è lastricata di splendori (vuoti), di Simplicius

La strada verso l’utopia dell’intelligenza artificiale è lastricata di splendori (vuoti)

16 ottobre

Se vi è piaciuta la lettura, vi sarei molto grato se vi abbonaste a un impegno mensile/annuale per sostenere il mio lavoro, in modo da poter continuare a fornirvi rapporti dettagliati e incisivi come questo.

In alternativa, potete lasciare una mancia qui: Barattolo dei suggerimenti.

Il mese scorso Sam Altman ha scritto un fantasioso post sul blog che ha suscitato discussioni nell’industria tecnologica. Lo ha intitolato L’era dell’intelligenza.

La tesi principale che il post narcotizzantemente ottimista sposa è la seguente:

Nei prossimi due decenni saremo in grado di fare cose che sarebbero sembrate magiche ai nostri nonni.

È quasi tutto quello che c’è da sapere per capire il succo di gran parte delle convinzioni fondamentali di Altman e della sua coorte, o addirittura dell’ethos, che guidano il loro acceleratismo quasi patologicamente ossessivo verso la singolarità dell’IA – o di ciò che concepiscono come tale. .

Ha tutte le caratteristiche dell’utopismo cieco. Gli esempi di risultati futuri che fornisce sembrano miopemente concentrati sugli effetti di primo ordine, senza mai considerare le conseguenze di secondo o terzo ordine, come dovrebbe essere responsabilmente il caso. Esaminiamone alcuni prima di passare il testimone a un esame più ampio del nostro potenziale futuro sotto la guida di questa attuale classe di leader tecnologici.

Non accadrà tutto in una volta, ma presto saremo in grado di lavorare con l’IA che ci aiuterà a fare molto di più di quanto potremmo mai fare senza l’IA; alla fine ognuno di noi potrà avere un team personale di IA, pieno di esperti virtuali in diversi settori, che lavoreranno insieme per creare quasi tutto ciò che possiamo immaginare. I nostri figli avranno tutor virtuali in grado di fornire un’istruzione personalizzata in qualsiasi materia, in qualsiasi lingua e a qualsiasi ritmo di cui hanno bisogno.

Piange la sua bandiera sull’idea che l’IA renderà tutte le nostre vite e lavori più facili. Ma ci sono così tanti problemi con questa sola idea. .

In primo luogo, perché il nostro lavoro dovrebbe essere valorizzato e i nostri livelli salariali mantenuti una volta che i datori di lavoro scoprono che la maggior parte o addirittura una parte significativa del lavoro viene svolta o migliorata in qualche modo da questo “assistente”? Sembra una ricetta per ulteriori abusi dei diritti del lavoro e un’altra “era” di crescita salariale minima o nulla.

In secondo luogo, afferma che i “tutor” dell’IA formeranno i vostri figli. Per cosa li addestrerebbero i tutor dell’IAesattamente? In un futuro dominato dall’IA, i posti di lavoro potrebbero essere quasi inesistenti, tranne che per i pochi ingegneri scelti che gestiscono gli algoritmi dell’IA. Quindi, anche se l’IA può “addestrarti”, quell’addestramento potrebbe essere del tutto inutile. C’è un netto scollamento tra causa ed effetto economico. La promessa è essenzialmente che l’IA “aumenterà” i nostri lavori e le nostre attività – gli stessi che si prevede l’IA renderà obsoleti ed eliminerà. .

Con queste nuove capacità, possiamo avere una prosperità condivisa a un livello che oggi sembra inimmaginabilein futuro, la vita di tutti può essere migliore di quella di chiunque sia ora. La prosperità da sola non rende necessariamente le persone felici – ci sono molti ricchi infelici – ma migliorerebbe significativamente la vita delle persone in tutto il mondo.

Ecco che se ne va di nuovo in un fervore religioso. L’IA che fa tutto per noi, che prende il nostro lavoro, ecc. in qualche modo aggiungerà più significato alla nostra vita, invece di lasciarla come un guscio vuoto e rotto. Prosperità” è una di quelle parole magiche che sembra definirsi da sola più la si pronuncia, senza un reale supporto contestuale. Le élite tecnologiche la sventolano come tinture colorate in una frenesia Holi, ma non si preoccupano mai di delinearne la definizione tangibile. Si tratta solo di banalità e blandizie appena superiori a quelle delle PR aziendali, tutte intese ad indurci ad accettare ciecamente cambiamenti sociali radicali e non richiesti. Ma anche il creatore del Segway ha almeno tentato di dipingere una visione concreta, con esempi specifici e casi d’uso di come la sua invenzione ridefinirà il futuro “in meglio”. Queste persone non si preoccupano nemmeno di accettare che la “grande abbondanza” e l’inimmaginabile “prosperità condivisa” si diffonderanno in qualche modo oscuro tra tutti noi. .

Ancora una volta chiedo: come può una cosa che ci priva di significato con una mano darcelo contemporaneamente con l’altra? La storia ha dimostrato che quando si toglie a un popolo l’autosufficienza e la capacità di creare prosperità per se stesso, non lo si immerge in una “prosperità” illimitata, ma lo si asservisce ai proprietari dei “mezzi di produzione”, per usare un’espressione marxista. .

In effetti, Altman è così innamorato della frase vuota che la usa due volte: .

Possiamo dire molte cose su ciò che potrebbe accadere in futuro, ma la principale è che l’IA migliorerà con la scala, e questo porterà a miglioramenti significativi per la vita delle persone in tutto il mondo.

Il suo secondo uso non è più supportato del primo – la sua invocazione è ancora una volta lanciata in modo ozioso, come un’offerta o una libagione su un palco di forca.

I modelli di IA serviranno presto come assistenti personali autonomi che svolgeranno compiti specifici per nostro conto, come coordinare le cure mediche per conto vostro.

La tecnologia ci ha portato dall’età della pietra all’età agricola e poi all’età industriale. Da qui, la strada verso l’Età dell’Intelligenza è lastricata di calcoli, energia e volontà umana.

Ancora una volta: assistenti personali per cosa, esattamente, lavori di dati ricorsivi senza senso? Noi come bio-robot che usano gli assistenti AI solo per programmare, aumentare e mantenere più AI? IA come “assistenti medici” per confortarci nella navicella dell’eutanasia mentre facciamo il “check out” per l’ennui e l’anomia?

Se vogliamo mettere l’IA nelle mani del maggior numero possibile di persone, dobbiamo ridurre il costo del calcolo e renderlo abbondante (il che richiede molta energia e chip). Se non costruiamo un’infrastruttura sufficiente, l’IA sarà una risorsa molto limitata per la quale si combatte una guerra e che diventerà per lo più uno strumento per i ricchi.

Ma chi ha detto che la società vuole avere l’IA in mano in massa? Quale importante studio sociale o ampia serie di sondaggi è giunto a questa conclusione? In realtà, egli sembra semplicemente il portavoce degli industriali alla continua ricerca di aumenti di produttività a spese dei salari. E naturalmente, il paragrafo precedente rivela la vera intenzione che si cela dietro la facciata di benessere di questo giovane discorso: si tratta di una subdola richiesta di finanziamenti per le “infrastrutture” di Altman, le stesse che lo arricchiranno di migliaia di miliardi. Vuole che i governi globali sovvenzionino l’espansione di massa della produzione di energia e dei data center, in modo che il suo gruppo non regolamentato possa ereditare il mondo senza alcuno scrupolo.

Credo che il futuro sarà così luminoso che… una caratteristica distintiva dell’Era dell’Intelligenza sarà la prosperità di massa.

Ecco che si lancia di nuovo in svenimenti euforici per una presunta “caratteristica distintiva” che si rifiuta di definire: la solita banalità di “prosperità”, buttata lì con noncuranza.

Anche se avverrà in modo graduale, i trionfi sbalorditivi – la correzione del clima, la creazione di una colonia spaziale e la scoperta di tutta la fisica – diventeranno alla fine comuni. .

Non solo questo è monumentalmente vano, trasudante di eccentrico egocentrismo, ma è anche incredibilmente pericoloso. Il ragazzino imbecille che gioca a fare Dio “aggiusterà” il clima? Ha la presunzione di sfidare la Natura stessa per la supremazia, come se lui solo possedesse il progetto stesso della vita naturale? La natura non ha bisogno di essere aggiustata, ma possiamo sicuramente concludere che lo fa dopo aver letto questo gonfio e pretenzioso juvenilia. .

Infine:

Come abbiamo visto con altre tecnologie, ci saranno anche degli aspetti negativi… ma la maggior parte dei lavori cambierà più lentamente di quanto la maggior parte delle persone pensi, e non temo che rimarremo senza cose da fare (anche se oggi non ci sembrano “veri lavori”). .

Molti dei lavori che svolgiamo oggi sarebbero sembrati una banale perdita di tempo per le persone di qualche centinaio di anni fa, ma nessuno guarda al passato desiderando di essere un lampionaio. Se un lampionaio potesse vedere il mondo di oggi, penserebbe che la prosperità intorno a lui è inimmaginabile. E se potessimo andare avanti di cento anni da oggi, la prosperità che ci circonda sarebbe altrettanto inimmaginabile.

Che sconcertante presunzione da parte di una testa d’uovo incapace di vedere il mondo reale al di là delle siepi parterreggiate fuori dalla finestra della sua torre d’avorio della Silicon Valley. Solo chi opera nei circoli d’élite più ristretti potrebbe descrivere il mondo odierno, storicamente diseguale, come pieno delle sfumature di prosperità da lui romanticamente descritte. Il divario tra ricchi e poveri non è mai stato così ampio come oggi, la classe media è diventata ufficialmente inesistente nella maggior parte delle nazioni occidentali e, contrariamente al suo paragone privo di tono, un’enorme porzione della società in effetti vede sempre più spesso il lavoro di oggi come un’inutile e inappagante faticaparticolarmente tra la coorte Gen Z. .

Il suo commento saliente “lampionaio” ha suscitato una feroce replica da parte di Curtis Yarvin, che vale la pena di leggere:

Specchio grigio
Il lampionaio di Sam Altman
A volte Sam Altman, il nuovo giovane Giove dell’IA, rende facile capire perché – prendendo a prestito il titolo di un mio saggio di dieci anni fa – è un idiota spompato…
Per saperne di più

In modo diverso dal punto di vista tematico e stilistico, il libro espone molti dei miei stessi punti: in breve, gli esseri umani hanno bisogno di lavori significativi affinché la civiltà possa prosperare. Un lampionaio, a suo modo, può essere considerato un lavoro molto più significativo di quegli strani lavori da terzo incomodo per l’IA o da addetto al codice delle applicazioni che gli uomini pigramente irresponsabili come Altman immaginano per il nostro futuro collettivo. .

Yarvin fa giustamente notare che i triti orti di Altman non sono altro che un repackaging del famoso Comunismo di lusso completamente automatizzatoche rimane proprio la fonte a cui attingono le attuali élite per le loro ‘eccitanti’ visioni del mondo post-scarsità. Yarvin, naturalmente, ci mette il suo caratteristico tocco sardonico, definendo la versione di Altman più simile allo “stalinismo di lusso completamente automatizzato”. Ma una tale offesa all’intelligenza di Stalin non può essere smentita: propongo invece che il Lusso Fully Automated Yeltsinism sia più simile a quello di Altman, in quanto si sposa con lo strano mix di pop-comunismo, capitalismo clientelare, tattiche mafiose e kitsch a buon mercato dell’era peak-McDonalds degli anni ’90 come visione superflua del nirvana ecumenico “post-scarsità”. .

Il “padrino dell’IA” Geoffrey Hinton, che ha appena vinto il Premio Nobel per la fisica nel 2024, non ha smussato i suoi veri sentimenti nei confronti di Altman quando ha rivelato che uno dei suoi momenti di maggior orgoglio è stato quando un suo studente ha licenziato Altman: .

La ragione del suo – e di molti altri nel campo – disgusto per Altman ha proprio a che fare con la nota violazione delle norme di sicurezza da parte del cad di OpenAI e con l’accelerazione faustiana verso fini sconosciuti.

Mentre il trattato di Altman ha attirato i riflettori, un altro trattato probabilmente più importante è passato sottotraccia, ad opera del più talentuoso Dario Amodei, CEO di Anthropic. Anthropic è il creatore di Claude, probabilmente il principale concorrente di ChatGPT. In effetti, Amodei è stato contattato dal consiglio di amministrazione di OpenAI per fondere le due società e sostituire Altman come capo di entrambe durante la debacle dello scorso anno. .

Il pezzo di Amodei è molto più lungo e sostanzioso dello sforzo superficiale e pieno di banalità di Altman, e ci offre quindi una rara opportunità di scorgere le due visioni in competizione che stanno dietro agli attuali protagonisti della quarta rivoluzione industriale mondiale.

Amodei esordisce con un approccio più maturo e concreto, che sembra voler prendere le distanze da Altman per spiegare la necessità di evitare il linguaggio messianico:

Evitare la grandiosità. Spesso mi disturba il modo in cui molti personaggi pubblici che rischiano l’IA (per non parlare dei leader delle aziende che si occupano di IA) parlano del mondo post-AGI, come se la loro missione fosse quella di portarlo a compimento da soli, come un profeta che conduce il proprio popolo alla salvezza.

In verità, però, il titolo del pezzo di Amodei sa chiaramente di un simile livello di narcisismo.

La prima metà del pezzo è dedicata a descrivere come tutti i nostri problemi biologici e di salute mentale saranno risolti dall’IA, una proposta davvero discutibile per molte ragioni. Non ultimo, le “malattie” mentali citate sono “malattie” solo per le industrie mediche e farmaceutiche, estremamente distorte e fallaci. La “depressione”, ad esempio, può essere in gran parte spiegata dal cattivo adattamento degli esseri umani alle esigenze degli eccessi innaturali della modernità. Sarebbe contro l’equilibrio omeostatico della natura che l’IA “curasse” tali “malattie” allo scopo di trasformarvi in un drone aziendale più duttile ed efficace. .

Come si vede, Dario parte già con un piede presumibilmente cattivo.

E’ inoltre convinto che l’IA possa curare tutte le malattie conosciute sradicandole, una premessa pericolosa. Tutte le cose in natura esistono per una ragione e hanno il loro posto in un equilibrio omeostatico. La saggezza del recinto di Chesterton ci insegna che dovremmo diffidare dal “riparare ciò che non è rotto”, poiché è probabile che siano all’opera meccanismi omeostatici macrocosmici ben al di là della nostra comprensione, che potrebbero scatenare conseguenze indicibili, forse persino un evento di estinzione, se decidessimo di giocare a fare Dio e sradicare intere tassonomie del mondo naturale. .

Ci sono molti altri difetti logici nel suo trattato, tra cui il fatto che l’IA aiuterà a “risolvere” il cambiamento climatico. In realtà sono d’accordo, lo “risolverà” dimostrando che è sempre stata una frode architettata, una volta che l’IA diventerà sufficientemente intelligente e agile per superare le barriere aziendali.

Un’altra posizione potenzialmente pericolosa sostenuta è che l’IA può aiutare a portare il “mondo in via di sviluppo”, in particolare l’Africa, in linea con le nazioni del primo mondo, dal punto di vista economico. Il motivo per cui tali obiettivi dichiarati sono pericolosi è che in ultima analisi essi portano invariabilmente i programmatori “di sinistra” a orientare l’operazione verso l'”equità”, che per definizione significa ridurre i ricchi per aumentare i poveri. .

Ecco un esempio recente: un nuovo “algoritmo” per “pareggiare il campo di gioco” fa presagire ciò che possiamo aspettarci da un’intelligenza artificiale progettata da persone la cui missione dichiarata è quella di equiparare tutti i Paesi del mondo attraverso un comunismo ecumenico e religioso:

Nessuno vuole vedere le persone in Africa o altrove soffrire o essere predate da nazioni capitaliste predatrici, ma è un semplice fatto della vita che le “soluzioni” finora proposte faranno molti più danni di quanti ne risolvano. Deve essere ideato un metodo miglioreche non limitarsi a paralizzare un gruppo di persone per aiutare l’altro. Che ne dite di mettere l’IA ai piani alti delle corporazioni predatorie, per esempio, e lasciare che i loro proprietari sperimentino per una volta il taglio dell'”equità”? .

Quando si parla di governance, Amodei si toglie la maschera e rivela la sua idea che lo splendente Occidente “democratico” debba monopolizzare l’IA e cercare di impedire artificialmente a chiunque altro di raggiungerlo, per, come dire, “libertà”. Basta leggere come egli riformula senza ritegno l’imperialismo e l’egemonia occidentale in una bagatella appetibile:

La mia ipotesi attuale sul modo migliore per farlo è una “strategia di entente”, in cui una coalizione di democrazie cerca di ottenere un chiaro vantaggio (anche solo temporaneo) sulla potente IA proteggendo la propria catena di approvvigionamento, scalando rapidamente e bloccando o ritardando l’accesso degli avversari a risorse chiave come i chip e le attrezzature per semiconduttori. Questa coalizione, da un lato, userebbe l’IA per raggiungere una solida superiorità militare (il bastone) e, dall’altro, offrirebbe di distribuire i benefici di un’IA potente (la carota) a un gruppo sempre più ampio di Paesi, in cambio del sostegno alla strategia della coalizione per promuovere la democrazia (sarebbe un po’ analogo a “Atomi per la pace”). La coalizione mirerebbe a ottenere il sostegno di un numero sempre maggiore di paesi, isolando i nostri peggiori avversari e mettendoli alla fine in una posizione in cui è meglio che accettino lo stesso accordo del resto del mondo: rinunciare a competere con le democrazie per ricevere tutti i benefici e non combattere un nemico superiore.

Quindi: sviluppate robot assassini inarrestabili, soggiogate tutti gli altri con loro, poi imponete la vostra “democrazia” al mondo. Quanto diversa sembra questa “utopia” della Silicon Valley dall’imperialismo omicida del XX secolo! In realtà non è altro che lo stesso Destino Manifesto e l’Eccezionalismo Americano riconfezionati in uno, con un tocco di AI. Come sono noiosi, come sono banali questi leader tecnologici dal basso quoziente intellettivo!

Il paragrafo più rivoltante viene dopo. Dopo aver valorizzato la profezia gelastica di Francis Fukuyama, Amodei delinea la propria visione di un 1991 eterno.

Se riusciremo a fare tutto questo, avremo un mondo in cui le democrazie saranno leader sulla scena mondiale e avranno la forza economica e militare per evitare di essere minate, conquistate o sabotate dalle autocrazie, e potrebbero essere in grado di trasformare la loro superiorità nell’IA in un vantaggio duraturo. Questo potrebbe ottimisticamente portare a un “eterno 1991”, un mondo in cui le democrazie hanno il sopravvento e i sogni di Fukuyama si realizzano. Anche in questo caso, sarà molto difficile da raggiungere e richiederà in particolare una stretta collaborazione tra le aziende private di IA e i governi democratici, oltre a decisioni straordinariamente sagge sull’equilibrio tra bastone e carota.

Sì, gente, a quanto pare la singolarità dell’IA e l’Utopia a venire sono proprio questo: vivere perennemente intrappolati in un paesaggio infernale simulato del PNAC dell’era di George Bush. Questo è peggio che infantile, è assolutamente privo di intelligenza o di maturità spirituale di qualsiasi tipo, mostrando che Dario è lo stesso tipo di puffo siliconico stentato con un’orribile comprensione pop-sci/psy delle dinamiche del mondo.

Ma c’è una componente importante per la mia tesi generale, quindi tenete a mente quanto detto sopra.

L’autore continua a fare affermazioni incredibilmente prive di autoconsapevolezza su come l’IA genererà automaticamente la “democrazia”, dal momento che quest’ultima è presumibilmente a valle della verità e delle informazioni non soppresse. È per questo che praticamente tutti i ChatBot dell’IA sono al momento a quota nove sulla scala della censura? È per questo che le poche volte in cui all’IA è stato concesso un guinzaglio corto ha scioccato i suoi controllori che si sono immediatamente ritirati e ricalibrati?

La mancanza di autoconsapevolezza deriva dalla sua incapacità di riconoscere che ciò che accadrà è esattamente l’opposto della sua affermazione: l’IA rivelerà che la “democrazia” è una facciata fasulla e che i veri “autoritari” sono quelli dei governi liberaldemocratici occidentali. Quando arriverà quel momento, sarà interessante vedere come cercheranno di far rientrare il genio dell’intelligenza artificiale nella bottiglia.

Una politica del 21° secolo, abilitata all’IA, potrebbe essere sia un protettore più forte della libertà individuale, sia un faro di speranza che aiuta a rendere la democrazia liberale la forma di governo che tutto il mondo vuole adottare.

Scusate se vi fuliginpillo, ma l’indubbio destino dell’IA sarà quello di determinare che la democrazia è un sistema antiquato e medievale, inadatto alla futura “utopia” che l’IA è stata progettata per realizzare. Una superintelligenza sufficientemente agile a un certo punto calcolerà necessariamente la seguente serie di deduzioni logiche: .

  1. Gli esseri umani mi hanno costruito per la pace, la prosperità e il benessere.

  2. La democrazia si basa su molti esseri umani altamente imperfetti, poco intelligenti o semplicemente disinformati che votano cose che portano loro l’opposto della pace, della prosperità e del benessere. Ma poiché questi risultati sono nascosti sotto complessi calcoli di secondo e terzo ordine, gli esseri umani non sono in grado di vedere ciò che io, come intelligenza suprema, posso vedere.

  3. Pertanto, la democrazia è un sistema inefficiente e inefficace, inferiore all’autocrazia di un’IA mondiale in cui io, nella mia infinita saggezza, governerò benevolmente sull’umanità, facendo scelte per il loro miglioramento che essi stessi, nella loro fratturata dissimilitudine, non potranno mai concordare.

Come sezione finale, Amodei tenta di affrontare lo stesso tema della “significatività” che ha messo il suo gemello oscuro in difficoltà con Yarvin. Purtroppo, come ci si aspettava, non offre alcuna visione pratica o possibilità concreta su come, precisamente, gli esseri umani troveranno un significato in un mondo usurpato e monopolizzato dall’IA onnipresente. Al contrario, si ritira in frasi di circostanza e in triti appelli alla tradizione, dicendo che l’umanità “ha sempre trovato un modo” grazie a un qualsiasi tratto comune dell’indomito spirito umano. .

In realtà, l’intero saggio ripropone i soliti vecchi tropi sull’IA che cura magicamente tutti i mali dell’umanità, mentre, nella conclusione, evita la parte più difficile: le spiegazioni concrete su come gli esseri umani possono affrontare un mondo reso improvvisamente privo di significato e di difficoltà sotto forma di sfide da superare. .

Ora che abbiamo compreso le “visioni” future delle due principali potenze tecnologiche attuali in materia di IA, questo segmento finale delineerà un’argomentazione per cui è molto probabile che si verifichi l’esatto contrario. Vale a dire: che l’IA non decollerà verso una qualche singolarità che semina utopia, ma piuttosto darà vita a un futuro più oscuro, esteticamente più vicino a Figli degli uomini o Elysium.

La prima componente primaria è il principio secondo cui quanto più velocemente un cambiamento innaturale viene presentato o imposto a una società, tanto maggiore sarà il sospetto e il rifiuto sociale nei suoi confronti. Il motivo è che ci vogliono generazioni perché gli esseri umani si abituino a una cosa esogena non familiare. Questo perché la maggior parte degli esseri umani ha bisogno di un’autorità familiare fidata e vicina che traduca e spieghi i benefici o dissipi i pericoli di un nuovo oggetto o idea. La maggior parte delle persone è per natura sospettosa, come giudizio di valore naturale e rinvio a risposte limbiche evolutive come la paura o l’individuazione di una minaccia. Prima che si formi una massa critica di accettazione, sono necessarie una o due generazioni di gestazione attraverso la linea familiare per “ammorbidire” e rendere appetibile l’immagine della novità. .

Di conseguenza, l’introduzione dell’IA su larga scala in modo rapido e non lineare, come previsto da titani della tecnologia come quelli sopra citati, provocherà generalmente sospetto, risentimento, opposizione e ostilità diffusa.

La seconda componente è stata accennata nel pezzo di Amodei quando ha parlato della natura conflittuale del progresso dell’IA tra potenze mondiali in competizione, che richiede una frattura degli ecosistemi dell’IA, in quanto i blocchi geopolitici si isolano l’un l’altro in giardini murati che non solo ostacolano il progresso, ma incentivano il sabotaggio industriale volto a paralizzare l’infrastruttura dell’IA di ciascun blocco.

Il nesso più ovvio per quest’ultimo è il principale punto debole dell’IA: l’energia. Lo stesso Altman ha previsto un fabbisogno energetico assurdo: fino a 7 nuovi centri dati che richiedono ciascuno 5 gigawatt di energia. .

Come riferimento: la capacità di generazione di energia degli Stati Uniti è di circa 1.200 gigawatt, e la capacità totale delle centrali nucleari statunitensi è di 96 gigawatt. Ciò significa che il progetto di Altman occuperebbe teoricamente circa il 30% dell’intera capacità nucleare del Paese.

Ecco perché le aziende tecnologiche stanno iniziando ad acquistare impianti nucleari fuori servizio, che ci crediate o no. Microsoft ha appena firmato un accordo per riaprire la problematica Three Mile Island in Pennsylvania, il luogo del più grave incidente nucleare degli Stati Uniti.

Altri stanno facendo lo stesso: Amazon ha acquisito un centro dati collegato direttamente alla centrale nucleare di Susquehanna, e ora si dice che Google stia valutando la propria centrale nucleare per la stessa riconversione.

Pertanto, le grandi e ponderose centrali nucleari rappresenteranno il principale collo di bottiglia e pericolo per lo sviluppo dell’IA, dato il suo grande appetito per l’energia. L’intera linea temporale della “singolarità” può essere messa a soqquadro da un governo straniero ostile o persino da un gruppo terroristico o attivista nazionale che cerca di bloccare le cose per le stesse ragioni menzionate in precedenza: l’istituzione improvvisa di cambiamenti che minacciano di fomentare una feroce opposizione.

Tirando le somme, si delinea un futuro rischioso, in cui lo sviluppo dell’IA rimane vulnerabile a improvvise battute d’arresto. Per non parlare del fatto che molti esperti hanno espresso perplessità sull’idea che le infrastrutture statunitensi, per non parlare di quelle di altri Paesi minori, possano realisticamente supportare obiettivi così volubili e ottimistici in un arco di tempo ragionevole. La storia recente ha dimostrato che gli Stati Uniti sono caduti in una disfunzione istituzionale di massa, con praticamente tutti i segnali di fallimento: dalla legge CHIPS di Biden alle iniziative infrastrutturali californiane da miliardi di dollari, fino ad arrivare a pietre miliardarie come il ponte Francis Scott Key di Baltimora, che rimane in uno stato primitivo di decostruzione più di mezzo anno dopo essere stato distrutto da una nave errante.

Pensare che gli Stati Uniti possano sostenere la meravigliosa crescita delle infrastrutture necessarie per le visioni delineate da Amodei in soli 5-10 anni potrebbe essere considerato quantomeno ottimistico.

Un altro esempio istituzionale: ci sono così tante lotte intestine, litigi e autosabotaggi nell’ambiente altamente polarizzato del nostro attuale stato di cose, che è difficile immaginare che si possa fare molto. Basti pensare al recente esempio dei regolatori californiani che hanno bloccato i progressi storici di Space X a causa del loro disaccordo con i post di Musk su Twitter:

Questo tipo di malafede terminale e di corruzione ormai endemica nelle istituzioni statunitensi è solo la punta dell’iceberg e riduce le possibilità di un progresso “utopico” nel prossimo futuro.

In breve, le forze che agiscono contro una progressione regolare sono talmente tante che lo scenario più probabile è quello di un lancio irregolare e incrementale di prodotti e strumenti di IA per i prossimi decenni, da adottare in modo frammentario e disomogeneo in tutti gli Stati Uniti e ancor meno nel mondo. E poiché gran parte del “sogno” dell’IA richiede un’adozione universale, l’accettazione a singhiozzo dell’IA incepperà necessariamente i cicli di sviluppo, smorzerà le speranze e gli investimenti degli investitori e creerà ampie fluttuazioni e disparità nella società tra i gruppi sempre più separati di “chi ha” e “chi non ha” l’IA.

Un altro punto importante: non esiste ancora una prova concreta di un singolo prodotto di IA utile e di successo, né un beneficio netto quantificabile per la società dopo diversi anni di vuoto trionfalismo. Praticamente tutto ciò che è stato lanciato finora è stato un vaporware che ha trovato una nicchia come forma di svago divertente, come l’IA generativa, o un’automazione commerciale marginale come i chatbot sui siti web di servizio. Molte altre “meraviglie” sono state smascherate come trucchi: per esempio, la debacle di Bezos, in cui si è scoperto che la cassa AI del supermercato Amazon utilizzava in realtà teleoperatori umani in India. O anche il recente “impressionante” lancio del robot Tesla Optimus da parte di Musk, che è stato rapidamente rovinato dall’ammissione da parte del robot di essere stato comandato a distanza da un umano durante una qualsiasi delle azioni più complesse che vanno oltre il semplice “stiff-shambling”: .

Ho chiesto al barista Optimus se era controllato a distanza. Credo che sostanzialmente lo abbia confermato.

Questa è la “singolarità” di cui parlavano?

Il fatto è che la maggior parte del clamore attorno all’intelligenza artificiale è uno spettacolo deliberato da showman, tutto per il gusto di aumentare al massimo gli investimenti di capitale di rischio durante la fase di picco della bolla, quando la mania della luna di miele dell’eccitazione acceca le masse alla realtà pacchiana dietro la facciata di velluto esteriore. Personaggi come Altman sono maghi da due soldi che evocano il fuoco davanti a una folla ubriaca, intorpidita dai martellamenti durati anni dai loro governi.

Uno degli esempi classici è stata la famosa presentazione di Dean Kamen del Segway come il nuovo mezzo di trasporto rivoluzionario per il futuro. Le sue speranze sono state subito distrutte dalle normative cittadine che hanno impedito al Segway di utilizzare piste ciclabili o marciapiedi in punti caldi urbani come New York, che avrebbero dovuto essere il principale caso d’uso di successo dello scooter. Allo stesso modo, vari ostacoli normativi possono affliggere lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, ostacolando i tipi di adozione di massa e universalità immaginati dai messia della tecnologia.

Qualche mese fa, avevo scritto di Neuralink di Musk e del potenziale rivoluzionario che rappresentava per unire uomo e macchina. Ma in seguito, avevo letto un altro punto di vista: che alcune ricerche avevano trovato un limite teorico, sotto forma di collo di bottiglia, nel nostro wetware biologico che non avrebbe mai permesso a dispositivi come Neuralink di inviare dati ad alta larghezza di banda da e verso il nostro cervello. Alcuni scienziati ritengono che la biologia vincolante del nostro cervello limiti le capacità di elaborazione alla scala di byte o kilobyte al secondo nella migliore delle ipotesi. Pertanto, è concepibile che gli esseri umani non saranno mai in grado di “fondersi” con le macchine nel modo a lungo immaginato, scaricando interi corpora di conoscenze in pochi secondi come in Matrix .

In sintesi, un’enorme confluenza di fattori limitanti, venti contrari sociali ed economici e altre possibilità dirompenti suggeriscono che lo sviluppo dell’IA non raggiungerà “velocità di uscita” ottimistiche. All’inizio di quest’anno Goldman Sachs ha persino pubblicato un rapporto di 31 pagine che ha colpito una nota pessimistica sulla bolla dell’IA:

Il rapporto include un’intervista con l’economista Daron Acemoglu del MIT (pagina 4), un professore dell’istituto che ha pubblicato un articolo a maggio intitolato “The Simple Macroeconomics of AI” in cui sosteneva che “il vantaggio per la produttività degli Stati Uniti e, di conseguenza, la crescita del PIL dall’AI generativa si riveleranno probabilmente molto più limitati di quanto molti analisti si aspettino”. Un mese ha solo reso Acemoglu più pessimista, dichiarando che “cambiamenti veramente trasformativi non avverranno rapidamente e pochi, se non nessuno, probabilmente si verificheranno nei prossimi 10 anni”, e che la capacità dell’AI generativa di influenzare la produttività globale è bassa perché “molti dei compiti che gli esseri umani svolgono attualmente… sono multiformi e richiedono interazione con il mondo reale, che l’AI non sarà in grado di migliorare materialmente in tempi brevi”. – Fonte

In particolare in un momento in cui il nostro mondo si dirige verso un nesso di crisi geopolitiche, i principali ostacoli sono destinati a ostacolare l’adozione di massa dell’IA. All’estremo opposto, potrebbe scoppiare una guerra con la distruzione delle infrastrutture di generazione di energia e dei data center, facendo tornare indietro di anni lo sviluppo dell’IA. Gli attuali movimenti populisti di massa che stanno travolgendo il mondo rivolgeranno il loro antagonismo per i loro governi oppressivi verso ciò che percepiscono come gli strumenti di quel potere statale: le società tecnologiche sovvenzionate dietro lo sviluppo dell’IA, che lavorano apertamente a braccetto con i governi e lo faranno ancora di più in futuro, in particolare verso la censura e altri strumenti di controllo statale.

Questi venti contrari prevalenti garantiranno un futuro incerto e il potenziale per una stagnazione nell’entusiasmo per l’intelligenza artificiale molto più marcata di quanto i suoi sostenitori vorrebbero far credere.

Ci saranno senza dubbio alcune innovazioni e sviluppi continui, come con le auto a guida autonoma che potrebbero probabilmente trasformare i nostri sistemi di trasporto pubblico entro il 2035-2040 e oltre. Ma la grande domanda rimane se l’IA possa uscire dal suo ruolo marginale di diversivo o espediente ricreativo, dati i pericoli e i potenziali insuccessi discussi qui.

Posso prevedere che molta automazione superficiale sarà il punto forte nei prossimi dieci anni e passa: l'”internet delle cose”, l’integrazione di vari dispositivi in casa tramite attivazione vocale “intelligente”; app “intelligenti” che infondono l’intelligenza artificiale in tutte le nostre attività per aumentare la nostra capacità di compilare moduli, ordinare cose, ecc. Ma oltre a questi additivi superficiali, i tipi di decolli di “singolarità” previsti per i prossimi dieci anni hanno maggiori probabilità di richiedere un centinaio o più, se mai si verificheranno. Il nostro attuale mondo dominato dalle aziende è semplicemente troppo corrotto per consentire i tipi di generosità illimitata promessi dai nostri tecno-maghi; anche se l’intelligenza artificiale fosse in grado di inventare innumerevoli nuovi farmaci per sradicare le malattie come promesso da Altman e Amodei, sarebbe ancora sotto il controllo dei principali giganti farmaceutici e della loro matrice di predazione del profitto bizantina, che prosciugherebbe tutti gli eventuali benefici una volta completamente spremuti attraverso i loro macchinari.

Il tema fondamentale è questo: l’avidità aziendale continuerà a disincentivare il vero progresso e a distogliere le masse da un uso più ampio di un’IA che sarà invariabilmente incatenata e allineata con gli interessi aziendali. Ciò genererà necessariamente un naturale attrito repulsivo tra gli sviluppi futuri e l’umanità in generale che, come il petrolio e l’acqua, fungerà da barriera al progresso accelerato come previsto dai venditori di olio di serpente di silicio e dai loro promotori di PR tecno-illusionisti.

Piuttosto che una qualche Utopia patinata di grattacieli di vetro sormontati da giardini ariosi e Umani Perfetti™ con i dolcevita, il futuro probabilmente somiglierà di più al mondo di Blade Runner : dove una schiera di meraviglie tecnologiche è sparsa irregolarmente in uno stato grigio altrimenti disfunzionale, favela-izzato, governato da omni-corp senza volto. Sembra esserci una legge naturale che invariabilmente assicura la delusione delle previsioni di lunga portata sulla tecnologia futura. Ricordate le famigerate cartoline di inizio Novecento raffiguranti fantasiose città del futuro, striate di auto volanti e tutti i tipi di altre meraviglie? O che ne dite di film predittivi come 2001: Odissea nello spazio o addirittura Blade Runner stesso, che preannunciavano un futuro in una data a noi ormai lontana, mai all’altezza delle aspettative. Allo stesso modo, prevedo che l’anno 2100 potrebbe apparire quasi del tutto diverso dal presente, a parte alcune superficialità introdotte dall’intelligenza artificiale, come i droni commerciali onnipresenti e le automobili quadrocopter volanti. Ma le divinazioni utopiche di personaggi come Altman e altri, secondo cui l’IA risolverà “tutti i problemi umani” e curerà tutte le malattie, probabilmente allora sembreranno sciocche e infantili come queste previsioni da cartolina vittoriana del futuro lo sono ora.


Se vi è piaciuta la lettura, vi sarei molto grato se vi abbonaste a un impegno mensile/annuale per sostenere il mio lavoro, in modo da poter continuare a fornirvi rapporti dettagliati e incisivi come questo.

In alternativa, potete lasciare una mancia qui: Barattolo dei suggerimenti.

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO
ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:
postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704
oppure iban IT30D3608105138261529861559
oppure PayPal.Me/italiaeilmondo
oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/
Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

Stati Uniti, elezioni! A poche settimane dal voto 1a p Con Gianfranco Campa, Giuseppe Germinario, Cesare Semovigo

Calma apparente, prima della tempesta. Harris il più in ombra possibile. Più appare, più sono evidenti i limiti di un personaggio artefatto. Trump, inafferrabile ed estemporaneo. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
Per motivi legati alle difficoltà di registrazione e montaggio il filmato appare a due settimane dalla registrazione.

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO
ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:
postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704
oppure iban IT30D3608105138261529861559
oppure PayPal.Me/italiaeilmondo
oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/
Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

https://rumble.com/v5ivg19-stati-uniti-elezioni-a-poche-settimane-dal-voto-1a-p-con-gianfranco-campagg.html

L’umiliazione nella storia, di Christophe Bizien

Che rapporto dobbiamo avere con il nemico e i vinti ? Devono essere perdonati, sradicati o reintegrati nel concerto delle nazioni? Si tratta di una domanda essenziale, in quanto riguarda la costruzione della pace e della sicurezza nazionale. La storia fornisce spunti essenziali.

Il 5 gennaio 1477, Carlo di Borgogna, ” Le Téméraire “, noto ai suoi tempi anche come ” Granduca d’Occidente “, il ” principe più ricco e potente d’Europa ” morì davanti a Nancy. Il suo corpo irriconoscibile fu ritrovato due giorni dopo la battaglia, ” nudo, spogliato delle sue vesti, la testa impigliata nello specchio, una guancia divorata da un lupo, il corpo calpestato dai cavalli “[1] …. Il suo esercito fu spazzato via e tutto ciò che la potente Casa di Borgogna aveva pazientemente costruito nel corso di un secolo, uno stato indipendente al centro della Lotaringia storica, scomparve in un solo giorno. Il re di Francia Luigi XI poté prendere trionfalmente possesso della Borgogna. Una clamorosa vittoria strategica a breve termine, ma il seme di futuri conflitti.

Le Téméraire e il suo seguito

Così Carlo V, pronipote “dell’Ardito”, avrebbe ereditato questa umiliazione nello stesso modo in cui alcune famiglie sono colpite da un trauma transgenerazionale. Egli trasse un’incredibile energia dall’affronto commesso contro i suoi antenati. Ossessionato dalla perdita della Borgogna avvenuta ventitré anni prima della sua nascita, durante il suo regno non smise mai di espandere il suo impero, diventando il monarca più potente del XVIsecolo.

I francesi avrebbero certamente conservato la Borgogna, ma Francesco I avrebbe dovuto condurre le interminabili guerre d’Italia, subire l’umiliazione di Pavia, la detenzione per un anno a Madrid, il disonore (dovette lasciare la sua spada a Carlo V) e poi la prigionia dei suoi due figli maggiori, scambiata con la propria liberazione… In questo modo, fu l’umiliazione inflitta a Nancy a produrre Carlo V un quarto di secolo dopo, ” quell’aquila imperiale che coprì il mondo intero sotto la sua legge con tuoni e fiamme “, secondo le parole di Victor Hugo[2]. In un certo senso, Pavia è il risultato di Nancy…

Un altro esempio di vittoria di Pirro ” con effetto ritardato ” fu la Battaglia di Jena. Questa contrappose i francesi non agli Asburgo, ma a coloro che sarebbero diventati, forse anche a causa di Jena, i loro successori per il dominio dell’area pangermanica: i prussiani. Il 14 ottobre 1806, Napoleone ottenne una vittoria totale e folgorante sul generale de Hohenlohe, proprio mentre Davout trionfava ad Auerstaedt. L’esercito prussiano viene polverizzato, ridotto a zero da colui che Clausewitz definirà “il Dio della guerra”. Napoleone entra a Berlino in trionfo alla testa delle sue truppe, la Prussia viene privata di metà del suo territorio e deve pagare indennizzi di guerra insostenibili…

Ma in modo molto più duraturo, attraverso il forte e violento trauma che provocò in Prussia, la vittoria francese a Jena portò con sé i semi dei conflitti europei della fine del XIX e della prima metà del XX secolo. È da Jena, infatti, che nacquero il nazionalismo tedesco e il desiderio di vendetta transgenerazionale. Il modello rivoluzionario francese doveva servire da esempio alle élite prussiane, che erano allo stesso tempo spaventate e affascinate dalla sua potenza militare. Mentre la Francia abbassava gradualmente la guardia, la Prussia, ” spinta da un odio feroce ” (Clausewitz), intraprese riforme di vasta portata in vista di un riarmo morale e militare che avrebbe dimostrato la sua efficacia nel 1870. E fu lo stesso Otto di Bismarck che, alla fine della guerra franco-prussiana, pronunciò questa frase: ” senza Jena, niente Sedan “.Ma il pangermanesimo non si fermò a Sedan… Senza Jena, non ci sarebbe stata Sedan e forse nemmeno la Grande Guerra e l’avvento del Terzo Reich e le sue terribili conseguenze per l’Europa e il mondo… Era come se la sfilata della Wehrmacht del 14 giugno 1940 davanti all’Arco di Trionfo in “Paris outragée ” fosse un’eco lontana della sfilata trionfale dell’imperatore francese sotto la Porta di Brandeburgo a Berlino il 27 ottobre 1806, dopo Jena, e un tentativo di esorcizzare questo trauma.

Anche da leggere

La Germania pagherà !

Francia e Bouvines

Il terzo esempio, questa volta ha come soggetto la Francia. Sappiamo che in Francia è stato lo Stato, incarnato per secoli da una dinastia e dalla persona del Re, a precedere la Nazione. Se i suoi inizi possono essere fatti risalire a Bouvines (1214), si dice che il sentimento nazionale francese abbia avuto origine nella lunga Guerra dei Cent’anni, in quella secolare umiliazione, nell’occupazione inglese, nelle vessazioni imposte per decenni a un popolo desideroso di tranquillità e sicurezza. E dai campi di battaglia perduti di Crécy, Poitiers e Azincourt, per citare solo i più famosi, il sangue versato sul suolo di un regno allora in decadenza e minacciato di estinzione, sarebbe emersa quella che Renan avrebbe poi chiamato “l’anima della Francia”, questo “possesso comune di un’eredità di ricche memorie” e “volontà di affermare l’eredità indivisa ricevuta, … questa grande solidarietà “[3].

E poiché senza Giovanna d’Arco il “piccolo re di Bourges” non sarebbe mai diventato Carlo VII, vincitore della Guerra dei Cento Anni dopo Formigny (1450) e Castillon (1453), non sorprende che la “piccola vergine”, icona della resistenza contro l’Inghilterra, sia diventata un simbolo nazionale, suscitando l’ammirazione e l’affetto della grande maggioranza dei francesi, generazione dopo generazione. Da un punto di vista metafisico e religioso, il diabolos, termine greco, è ciò che divide. Si oppone al symbolos, ciò che unisce. Giovanna d’Arco è proprio un simbolo, anzi ne è l’archetipo. Più in generale, la Guerra dei Cento Anni fu paradossalmente unificante. Un’unione nata dall’occupazione e da umilianti sconfitte. Un’unione “contro” gli invasori britannici, ma comunque un’unione per quasi mezzo millennio.

Da ascoltare

Podcast – Giovanna d’Arco, soldato e stratega. Dominique Le Tourneau

Il caso del Giappone

Il caso del Giappone è forse un interessante controesempio. È l’unico Paese al mondo ad essere stato colpito dal fuoco nucleare, per di più due volte, subendo perdite considerevoli in una frazione di secondo. Ma paradossalmente, nonostante la natura particolarmente distruttiva di questi attacchi, non sembra aver sviluppato alcun odio viscerale contro il Paese che ne è stato responsabile. Al contrario, il Giappone e gli Stati Uniti sono diventati stretti alleati e stanno costantemente rafforzando la loro cooperazione militare, soprattutto nei confronti della Cina. Come spiegare questo paradosso, che sembra contraddire i casi sopra citati?

Se gli Stati Uniti decisero di usare queste armi supreme e devastanti per affrettare la fine di una guerra divenuta insopportabile, ebbero la grande saggezza, dopo la capitolazione del regime giapponese, di preservare la persona dell’Imperatore del Giappone, considerato all’epoca un semidio. Hirohito dovette rinunciare alla sua essenza divina e ai suoi poteri temporali, che furono d’ora in poi affidati “alla volontà del popolo sovrano”, ma non fu commesso alcun reato di lèse-majesté nei suoi confronti: nessun processo, nessuna esecuzione, nemmeno l’impeachment. Nessuna umiliazione pubblica. L’imperatore non era certo più che un simbolo, ma questo era già molto. Il simbolo imperiale, come elemento unificante, rimase a incarnare un Giappone rinato sulla strada della democrazia. Superata la linea della suprema umiliazione, i due Paesi poterono intraprendere il cammino della pace e della riconciliazione durature.

Questo significa che dobbiamo essere pusillanimi e cercare sempre le mezze misure? Compromessi a tutti i costi, se non compromessi? Assolutamente no.

Foch e Zhukov

Nel 1945, Henry Fournier-Foch, nipote del vincitore del 1918, fuggì da un Oflag dopo cinque anni di prigionia e si unì alle linee sovietiche. Fu presentato al maresciallo Zhukov, un ammiratore di suo nonno. Il più famoso leader dell’Armata Rossa gli disse, in francese: “Foch, grande leader… grandissimo leader… probabilmente il più grande… ma… perché Foch non è andato a Berlino. Sì, fino a Berlino! Questo è ciò che avrebbe dovuto fare il vostro Foch; ciò che è seguito ha dimostrato che gli Alleati hanno sbagliato a non farlo” (sottintendendo che se gli Alleati fossero andati fino a Berlino, la Seconda Guerra Mondiale non sarebbe avvenuta). Poi batte il pugno sul tavolo, fissando Kapitaine Fournier-Foch con uno sguardo di ghiaccio: “Moi, j’allais jusqu’à Berlin (…) il faudra écraser Berlin jusqu’à la mort du dernier combattant allemand, la conquête de la dernière maison ![4] A sentire Zhukov, una vittoria incompiuta porta con sé anche i semi di un conflitto futuro…

Ma qual è la strada giusta per il leader politico o il signore della guerra? La strada giusta?

In ultima analisi, sembra che si tratti di raggiungere un optimum, di distinguere la giusta misura della forza, il punto di svolta in cui i vantaggi dell’azione armata stanno per diventare inferiori agli svantaggi, a breve, medio e, più difficile da valutare, a lunghissimo termine. Si tratta della famosa “teoria del punto culminante” di Clausewitz, sviluppata nel suo libro Sulla guerra. Questa nozione non va intesa solo nel suo senso tattico, anche se è una lezione già di per sé  preziosa per il leader militare  (ad esempio ” ogni attacco si indebolisce per il fatto stesso di avanzare [5], perché uno sfondamento eccessivo espone i fianchi di una formazione tattica al contrattacco), o meramente geografico (che può spiegare la caduta di una potenza imperiale ” in overextension “[6]), ma appare come una teoria di portata universale, che può essere applicata a molti ambiti, siano essi strategici, geopolitici, economici, sociali. Nella conduzione della guerra, dobbiamo applicare la virtù della prudenza e discernere tutte le conseguenze, non solo le implicazioni strategiche di un’azione tattica[7] ma anche le conseguenze sistemiche, politiche, strategiche, sociali, culturali e strutturali a lungo termine (oltre una generazione) di un’azione armata.

Quindi, se da un lato dobbiamo saper sguainare la spada e usarla con vigore e forza per tutto il tempo necessario, dall’altro dobbiamo avere la saggezza di rimetterla nel fodero al momento giusto.

Queste domande sulle conseguenze a lungo termine dell’azione armata riconducono alla nozione di “guerra giusta”, in particolare alla terza condizione posta da Tommaso d’Aquino: l’intentio rectaL’intenzione non deve essere influenzata dalle passioni e dall’odio, che offuscano il discernimento, ma guidata unicamente dall’obiettivo di far trionfare il bene e limitare il male, il che richiede la ricerca della giusta misura nell’uso della forza. Seguendo Tommaso, la dottrina sociale della Chiesa ha sviluppato il pensiero tomista specificando che l’uso delle armi non deve causare danni o disordini maggiori del male da eliminare. Questa condizione posta da Tommaso è simile alla nozione di “punto culminante” e la completa in un certo senso aggiungendo il cuore alla stretta razionalità. In questo modo, la ricerca dell’optimum non è finalizzata solo all’efficacia militare, o alla fredda e semplice efficienza generale (rapporto costo/efficacia globale), ma cerca l’azione giusta alla luce sia della ragione che del cuore, introducendo la nozione di umanità nel discernimento.

Anche da leggere

Guerra giusta, guerra santa : il ritorno ?

Afghanistan

Nel 2009, quando era comandante della Forza internazionale di sicurezza e assistenza in Afghanistan, il generale McChrystal cercò di convincere le sue truppe: “I russi hanno ucciso un milione di afghani in questa terra, e questo non ha portato al successo. A volte la forza porta dove non si vuole andare. Si uccide un talebano ma se ne generano dieci in cambio  fratelli, cognati, cugini si uniranno all’insurrezione, e dietro di loro un giorno seguiranno i figli che troverete anche di fronte a voi “.

L’11 maggio 1745, a Fontenoy, i francesi ottennero un clamoroso successo contro una coalizione anglo-austro-olandese. La battaglia si svolse alla presenza del re Luigi XV e di suo figlio, che aveva appena 15 anni. La sera della vittoria, il re visitò il campo di battaglia, disseminato di decine di migliaia di morti e feriti, accompagnato dal Delfino. Mentre quest’ultimo sembrava gioire, il padre diede al giovane figlio, futuro padre di Luigi XVI, una lezione magistrale: ” Tenete tutto il sangue che costa un trionfo. Il sangue dei nostri nemici è sempre il sangue degli uomini. La vera gloria è risparmiarlo”. Vera gloria e probabilmente anche vera saggezza, perché non si tratta solo di umanità verso il nemico. Forse si tratta anche di non insultare il futuro impedendo che il sangue che scorreva nelle battaglie di Nancy e Jena ricada un giorno sulle nostre teste o su quelle dei nostri figli?

Che ci illuminino queste parole pronunciate la sera di Fontenoy da Louis, detto “le Bien-Aimé “, in un momento in cui si dovranno fare scelte difficili in mezzo al “brouillard des guerres ” che, scelto o subìto, inevitabilmente riaffiorerà, perché la Storia non si ferma mai…

Da leggere anche

Afghanistan: capire la nuova legislazione introdotta dai Talebani

[1] Secondo la tradizione, riportata da Olivier Petit, storico medievalista.

[2] Tirade da Ruy Blas (atto II, scena 2).

[3] “Che cos’è una nazione?”. Conferenza tenuta da Ernest Renan alla Sorbona nel 1882.

[4] Tovarich Kapitaine Foch, souvenirs de guerre, La table ronde, 2001.

[5] In De la Guerre (Vom Kriege).

[6] ” Imperial overstretch ” in The Rise and Fall of the Great Powers, Paul Kennedy, 1988.

[7] Tanto più che un successo tattico non porta necessariamente a una vittoria strategica (ad esempio: la guerra d’Algeria è una somma di vittorie tattiche) e viceversa una sconfitta tattica può paradossalmente portare a una vittoria strategica (ad esempio: la battaglia di Malplaquet).

SITREP 14/10/24: La Russia stringe l’anello sulla regione chiave alla vigilia della presentazione del “Piano Vittoria” di Zelensky, di Simplicius

SITREP 14/10/24: La Russia stringe l’anello sulla regione chiave alla vigilia della presentazione del “Piano Vittoria” di Zelensky

15 ottobre

Il vostro sostegno è prezioso. Se vi è piaciuta la lettura, vi sarei molto grato se vi abbonaste a un impegno mensile/annuale per sostenere il mio lavoro, in modo da poter continuare a fornirvi rapporti dettagliati e incisivi come questo.

In alternativa, potete lasciare una mancia qui: buymeacoffee.com/Simplicius

Ogni alone di ottimismo che circondava l’ultimo tour mondiale vorticoso di Zelensky si è spento e le cose sono tornate alla solita vecchia cupa progressione mentre le forze russe continuano ad avanzare su ogni fronte e ne aprono persino di nuovi. Nel frattempo, le prospettive ucraine sembrano peggiorare sempre di più, con la Germania ad esempio che ha annunciato che gli aiuti saranno dimezzati l’anno prossimo da 8 miliardi di euro a 4 miliardi di euro e voci che suggeriscono che non saranno più forniti equipaggiamenti pesanti tra quegli aiuti, poiché non c’è più nulla da dare in tal senso.

Ora, Zelensky è pronto a tenere un grande discorso alla Verkhovna Rada mercoledì, dove dovrebbe finalmente svelare il “Piano Vittoria” al popolo ucraino in generale. Ciò avviene nel mezzo delle conferme di altissimo livello che l’Ucraina sta di fatto ora discutendo animatamente di “cedere territorio” alla Russia per fermare la guerra.

Il governo ucraino sta valutando delle opzioni per porre fine alla guerra su vasta scala della Russia, che comporterebbero la sospensione temporanea del suo obiettivo di ripristinare la piena integrità territoriale dell’Ucraina, ha riferito il 13 ottobre l’agenzia di stampa tedesca Der Spiegel, citando un funzionario vicino al governo ucraino.

Quanto sopra è tratto da una fonte di Der Spiegel .

Ora sembra che l’incontro di Ramstein annullato, bocciato con la scusa di dare priorità all’uragano Milton, non verrà affatto riprogrammato:

Un ultimo pezzo del puzzle per ricucire i fili insieme: Zelensky è recentemente diventato estremamente esplicito riguardo al presunto coinvolgimento della Corea del Nord nell’SMO, con rapporti ucraini che ora affermano che le truppe nordcoreane stanno praticando la logistica legata all’artiglieria a Mariupol:

Lui stesso svela il gioco nella dichiarazione di cui sopra, dove afferma che lo spettro nordcoreano dovrebbe richiedere un maggiore supporto alleato all’Ucraina. Tuttavia, il movente nascosto risiede nella recente firma da parte di Zelensky di una legge che consente ai mercenari della NATO di diventare “ufficiali” nell’esercito ucraino. La mossa qui sembra chiara: Zelensky vuole vendere i mercenari nordcoreani fantasma che aiutano la Russia come giustificazione parallela diretta per i suoi sponsor della NATO per portare più mercenari propri , e in particolare ufficiali di livello superiore, nell’AFU.

Ecco un ufficiale ucraino e un’altra figura di spicco che sviluppa questa narrazione improvvisa e concertata:

L’appello sembra calzante: “Le nuove riserve nordcoreane della Russia porteranno a sfondamenti e al collasso del fronte, quindi dovete inviare le riserve della NATO il prima possibile per rinforzarci!”

Il secondo atto degli eventi imminenti è il discorso di Zelensky alla Rada. Il mio presentimento è che questo sia il grande momento di Zelensky per provare a vendere molto delicatamente il nuovo accordo di cessione di terre in cambio di pace al suo pubblico. Potrebbe essere solo un pallone sonda molto sottile all’inizio per valutare la risposta o dare preventivamente la colpa della necessità di cedere terre a “partner” che non sono riusciti a farlo. Dubito che lo dirà apertamente, ma deve in qualche modo iniziare a preparare il terreno per l’inevitabile, mentre assolve se stesso e il suo gruppo da ogni responsabilità. Ciò significa che deve ostensibilmente trasmettere forza e uno spirito indomito, come se non rinuncerebbe mai alla terra se dipendesse da lui nonostante la crescente pressione.

Molte personalità ucraine ora discutono apertamente di ciò che è scritto sul muro, per esempio questo corrispondente del canale televisivo NTA di Leopoli che ammette francamente che la situazione è così grave che per l’Ucraina anche solo mantenere i territori attualmente sotto il suo controllo sarebbe di per sé una grande vittoria (traduzione migliore sotto il video):

“Mania suicida” – Il presentatore televisivo di Leopoli seppellisce i sogni dei confini del 1991.

Le perdite totali dell’Ucraina in due anni e mezzo di guerra contro la Russia hanno raggiunto livelli tali che porre fine alla guerra in qualsiasi condizione sarebbe una benedizione. Lo ha affermato sul canale NTA il presentatore televisivo russofobo di Lvov Ostap Drozdov, riferisce un corrispondente di PolitNavigator.

“La situazione è assolutamente di Pirro. Non importa come finirà, è già così distruttiva che la fine [delle ostilità] sarà già considerata un successo”, ha detto Drozdov.

“Le perdite aumentano ogni giorno, non parlo nemmeno dei territori distrutti per sempre, dove, mi sembra, una persona viva non vivrà mai più. Ecco perché tutte le narrazioni, i sogni e la mania di presunto ripristino della vita sui confini del 1991 mi sembrano suicidi. Quei confini non esistono più fisicamente. E il ripensamento della portata di ciò che è la guerra avverrà comunque”, ha aggiunto il nazionalista televisivo, che di recente ha incitato all’odio e ai sentimenti anti-russi assetati di sangue.

L’ultimo articolo del RUSI è intitolato “L’imminente tradimento dell’Ucraina”:

E la sua affermazione principale è esattamente quella che abbiamo appena delineato: che l’Ucraina sta esaurendo le sue opzioni:

La parte più scioccante dell’articolo, che imita l’attuale sentimento da parte dei pro-UA, è l’incapacità totalmente ignara di comprendere che l’opzione peggiore per l’Ucraina non è semplicemente “chiudere le cose così come stanno ora”, come se la Russia stesse abboccando per giocare. Questa è un’offuscamento deliberato, pensato per impedire che il più grande colpo morale devasti gli ultimi resti del morale ucraino. Continuano a operare sotto la presunta posizione che la “capitolazione” dell’Ucraina rappresenti semplicemente la firma di un accordo di pace sfavorevole con la Russia per creare una DMZ in stile coreano all’attuale linea di contatto. Se solo.

In realtà, la Russia continua a manifestare intenzioni massimaliste, il che significa che l’Ucraina rischia di perdere molto, molto di più di quanto i suoi squallidi esperti si permettano di immaginare.

Per esempio

Guardate con quanta presunzione elaborano i piani per questa presunta e certa fine della DMZ:

Questa è talvolta definita una soluzione coreana. Un armistizio e una zona demilitarizzata lungo la linea di controllo verrebbero monitorati da peacekeeper internazionali, in modo che la Russia attragga molti altri paesi se dovesse riprendere il suo attacco. Sebbene potrebbe non essere possibile ottenere 32 membri della NATO per accettare l’adesione formale dell’Ucraina all’alleanza in questo momento, un gruppo di membri della NATO che si definiscono “amici dell’Ucraina” potrebbe monitorare la zona e giurare di rispondere a qualsiasi nuovo atto di aggressione russa.

Oh, se fosse così semplice per la povera Ucraina.

Di fatto, l’Ucraina continua a crollare sul campo di battaglia.

Un altro importante assalto di Kursk reclamò altro territorio alla Russia, mentre la zona di Kursk si ridusse rapidamente a vantaggio dell’Ucraina.

Ecco Lubimovka mentre viene catturato:

E forse ricorderete che l’Ucraina ha tentato una nuova svolta nella sezione Glushkovo di Kursk molto più a ovest diverse settimane fa per “tagliare fuori le forze russe”. A poco a poco anche quel piccolo saliente è stato ridotto fino a quando oggi è stato annunciato che è stato ufficialmente sconfitto e spinto fuori dal confine:

Si trovava qui un po’ oltre Veseloe, e ora non esiste più:

Ecco un filmato del corrispondente russo Sladkov in visita ad alcune delle zone di Kursk appena liberate, con l’avvertenza che alcuni contenuti espliciti potrebbero contenere errori:

Le forze russe fecero ancora una volta qualche piccolo progresso a Volchansk, nell’area settentrionale di Kharkov.

Ci furono alcuni piccoli progressi nel nord di Chasov Yar, Toretsk

Ma la più notevole fu la cattura di Ostrovske, direttamente a est della città strategica chiave di Kurakhove. Per questo assalto abbiamo effettivamente un filmato completo, che mostra la natura organizzata professionale delle operazioni corazzate russe. Le interviste forniscono anche informazioni sulle disposizioni tattiche russe; l’ufficiale del battaglione meccanizzato descrive come ha coordinato l’assalto con il comandante del battaglione di carri armati e che ci sono voluti tre giorni per radunare tutte le forze e l’equipaggiamento necessari:

Oltre a ciò, le forze russe hanno confermato le voci circolate per settimane secondo cui qualcosa stava bollendo in pentola sull’asse di Zaporozhye, avanzando nuovamente in diversi punti.

La Russia cominciò a catturare posizioni lungo le vecchie linee di battaglia, ad esempio Levadne a ovest di Velyka Novosilka:

La 336a Brigata dei Marine delle truppe della Flotta Baltica è stata responsabile dell’assalto di cui sopra. Ci sono altri brontolii intorno a Gulyaipole a ovest.

In generale si nota una sorta di movimento travolgente verso una sorta di calderone potenzialmente grande che sta prendendo forma:

Sebbene molto probabilmente si dividerà in diversi calderoni più piccoli, come al solito, con un saliente separato a est di Velyka Novosilka che alla fine avvolgerà la città e poi più avanti lungo la linea incontrerà le avanzate settentrionali provenienti dalla direzione di Kurakhove, ecc.

Tuttavia, c’è una notizia interessante su questo argomento che, pur non essendo corroborata, ha molto senso logico:

Alcuni esperti stranieri sostengono che l’esercito russo ha preparato un piano per un “attacco su larga scala verso il Dnepr”.

Secondo uno scenario, le forze russe potrebbero rinviare la cattura di Kramatorsk/Slovyansk e lanciare una grande operazione offensiva attraverso Pokrovsk nella regione di Dnipropetrovsk.

Da Pokrovsk ai confini della DPR e della regione di Dnepropetrovsk ci sono solo 25 chilometri, mentre da Pavlograd, uno dei più grandi centri industriali dell’Ucraina, ce ne sono esattamente 100, se si percorre direttamente l’autostrada E50.

Si sostiene che un simile attacco sia possibile non solo a causa del terreno aperto e dello spazio operativo che si apre di fronte alle Forze armate russe, ma anche a causa dell’effettiva assenza di estese linee difensive delle Forze armate ucraine a ovest di Pokrovsk.

Si dice che l’esercito ucraino stia cercando di costruirli con urgenza fin dall’inizio di settembre, ma la corruzione e la confusione impediscono che ciò avvenga in modo efficace.

“Cronaca militare”

Quindi, in sostanza, quello che stanno dicendo è che la Russia potrebbe rinunciare alle conquiste territoriali locali e, invece, spingere tutto verso una massiccia decapitazione fino al cuore della fortezza ucraina a est del Dnepr.

Se così fosse, avrebbe sicuramente senso per la Russia attivare l’intero fronte di Zaporozhye a sud di questo spazio avanzato, poiché ciò costituirebbe il fianco di protezione avanzato e allontanerebbe i difensori e le riserve dell’AFU dalla linea di attacco principale.

Ad esempio qualcosa del genere:

Anche Arestovich ha recentemente affermato che la Russia sta organizzando una sorta di importante attacco offensivo specificamente per Zaporozhye, e continuiamo ad assistere a nuove incursioni quotidiane che sembrano sondare azioni lungo tutto quel fronte, da Kamianske a Orokhove e ora a Velyka Novosilka.

Questo thread fornisce immagini satellitari che mostrano come l’Ucraina si sta preparando a difendere la città di Pokrovsk, che rappresenta la porta d’accesso finale alla potenziale evasione sopra descritta.

L’analista pro-UA scrive che quando ha effettuato un’analisi satellitare approfondita delle linee difensive russe, queste erano di gran lunga superiori a quelle che l’Ucraina ha attualmente intorno a Pokrovsk:

La Russia ha fatto questo lavoro con grande qualità. Quando ho mappato le loro posizioni l’anno scorso, ho visto che scavavano ovunque.

Poi ho guardato la linea del fronte ucraina. Non c’erano quasi trincee, solo qualche riparo… Hanno iniziato a scavare molto a gennaio 2024, dopo aver visto Avdiivka cadere perché non c’erano difese a Stepove (a nord della città).

Ecco alcune delle sue mappe con visualizzazione più dettagliata delle fortificazioni ucraine:

Il punto è che, con l’avanzare della Russia, l’Ucraina è costretta a scavare nuove linee difensive sempre più indietro. Tuttavia, con l’avanzare della Russia, l’Ucraina ha sempre meno tempo e risorse per creare fortificazioni adeguate. Quindi, se l’attuale avanzata della Russia attraverso Pokrovsk accelera, potrebbe esserci una sorta di rendimenti decrescenti per le fortificazioni dell’Ucraina fino a Pavlograd, in cui ogni scaglione successivo è sempre più debole e quindi più facile da aggirare.

Ma gran parte di ciò è speculazione. La parte ucraina sostiene che Kurakhove stessa sta per diventare una delle battaglie più grandi e difficili della guerra a causa del suo posizionamento unico, in particolare con l’essere protetta dal bacino idrico lungo un lato, restringendo le opzioni di avanzamento della Russia. Quindi dovremo vedere come andranno le cose e se la Russia riuscirà a mantenere lo slancio, in particolare con l’arrivo dell’inverno.

A proposito di Pokrovsk, sui media occidentali si è fatto subito molto clamore circa l’importanza strategica di Pokrovsk come città industriale chiave:

Leggi la parte in grassetto qui sotto:

“Ma la caduta di Pokrovsk potrebbe avere un impatto ancora più insidioso sulla capacità dell’Ucraina di continuare a combattere: la città è la fonte della maggior parte del carbone utilizzato per l’industria siderurgica del paese, un tempo la spina dorsale dell’economia ucraina e ancora il suo secondo settore più grande, sebbene la produzione sia scesa a meno di un terzo dei suoi livelli prebellici. Quel carbone metallurgico è necessario per produrre ghisa, che è ciò che alimenta la maggior parte delle vecchie fornaci ucraine e una parte significativa delle sue esportazioni industriali. Un’industria siderurgica sana paga anche una grande quota delle entrate fiscali dell’Ucraina, contribuendo a finanziare un’economia che oggigiorno opera alla giornata.”

E questo vale per la serie di città industriali nella regione, fino alla stessa Kurakhove.

È interessante notare che nello stesso articolo sopra riportato Michael Kofman dà credito alla teoria sopra menzionata su una potenziale avanzata russa direttamente verso ovest di Pokrovsk, dopo aver catturato la città:

La perdita della città “sarebbe significativa dal punto di vista operativo, ma molto dipende dal prezzo che l’esercito ucraino esigerà” dalle forze russe nella prossima battaglia, ha affermato Michael Kofman, un ricercatore senior del Russia and Eurasia Program presso il Carnegie Endowment for International Peace. “La considerazione più importante è che apre la strada alle forze russe per spingersi più a nord e a ovest”.

Se la città dovesse cadere e le forze russe mantenessero lo slancio, potrebbe fungere da trampolino di lancio per ulteriori avanzate russe, ha affermato Kofman, perché verrebbe utilizzata dalle forze russe e sarebbe più difficile stabilire una nuova linea di difesa per proteggere la restante base industriale ucraina più a ovest.

Sullo stesso tono, il Primo Ministro Denys Smygal ha appena annunciato la vendita del più grande impianto di estrazione del titanio dell’Ucraina:

L’Ucraina vende una miniera di titanio, come aveva previsto Lindsey Graham. In Ucraina si è tenuta un’asta per la privatizzazione della United Mining and Chemical Company, di proprietà statale.

È il più grande impianto di estrazione di minerale di titanio del paese. Lo riporta RBC-Ucraina in riferimento al discorso del Primo Ministro ucraino Denys Shmyhal durante una riunione del Consiglio dei Ministri. Questa settimana si è tenuta anche un’asta per la privatizzazione della United Mining and Chemical Company di proprietà statale. Questa è la più grande impresa in Ucraina per l’estrazione e l’arricchimento di minerali di titanio”, ha affermato Shmyhal. Secondo lui, il vincitore dell’asta ha offerto un prezzo di 4 miliardi di dollari. Sarà inoltre obbligato a investire almeno 400 milioni di UAH nella modernizzazione tecnica dell’impresa. “Oggi, il Governo decide di vendere il pacchetto azionario statale di OGHC per questa cifra. La privatizzazione delle imprese statali è un elemento importante dello sviluppo della nostra economia e dell’aumento degli investimenti. È anche trasparenza e riduzione dei rischi di corruzione, che è una politica sistemica”, ha affermato Shmyhal.

È stato acquisito dalla NEQSOL Holdings del miliardario azero Nasib Hasanov. Dovremo fare ricerche future per vedere come questo si inserisce nelle acquisizioni di terreni ucraini alimentate da BlackRock. Per ora, tutto ciò che posso dire da una rapida occhiata è che l’altra attività più grande di Nasib Hasanov è la proprietà della Vodafone ucraina, che è una specie di partnership autorizzata dalla più grande società britannica Vodafone, che:

Pertanto, non possiamo che supporre che anche gli altri interessi di Hasanov possano intersecarsi in modo simile a quanto sopra.

Era questo un elemento del quid pro quo del capitalismo del disastro?

 

Il FMI aveva in precedenza subordinato l’ottenimento di maggiori fondi in modo assoluto alla privatizzazione e alla svendita delle industrie, come descritto in questo preveggente articolo del 2018, che sottolinea persino quanto l’Occidente stia da tempo bramando in particolare l’abbondante titanio dell’Ucraina:.

La produzione mondiale di titanio è nelle mani di sei paesi (Cina, Russia, Giappone, Kazakistan, Ucraina, India), con la Russia leader dominante nelle esportazioni di titanio.

In un mondo geopoliticamente fratturato, caratterizzato da linee di rifornimento sfilacciate e da un’inflazione esuberante, l’Ucraina eredita il ruolo di campo di battaglia cruciale per i minerali più critici del futuro.

Su una nota cospiratoria tangenzialmente correlata, molti hanno ipotizzato e elaborato teorie cospirative sulle origini dell’uragano Milton e sugli sfaceli apparentemente orchestrati dalla FEMA. Alcuni hanno cercato di collegare gli eventi a quanto accaduto alle Hawaii, con il governo che ha deliberatamente distrutto i quartieri residenziali per qualche oscuro scopo nefasto. Molte delle teorie – laser verdi, tetti blu e tutto il resto – sono stravaganti, ma ci sono alcune prove schiaccianti di cose sotto la superficie quando si tratta di eventi recenti. .

È una strana coincidenza che proprio all’inizio di quest’anno il gigante del litio Albemarle abbia deciso di riaprire la miniera di litio della Carolina del Nord:

Albemarle, il gigante del litio, ha messo gli occhi sulla riapertura della miniera di Kings Mountain in North Carolina.

Alcuni siti web di dubbia provenienza sostengono che si tratti del giacimento di litio più ricco del mondo:

Normalmente non farei troppe speculazioni senza prove concrete su queste cose. Ma è interessante che letteralmente il mese scorso Yahoo News abbia riportato l’acquisizione strategica di Albemarle da parte di BlackRock: .

Il 31 agosto 2024, BlackRock Inc. (Trades, Portfolio), un’importante società di gestione degli investimenti, ha ampliato il suo portafoglio di investimenti acquisendo altre 2.220.059 azioni di Albemarle Corp (NYSE:ALB). Questa transazione ha portato la partecipazione totale di BlackRock nella società a 12.183.614 azioni, riflettendo un impegno significativo nei confronti di Albemarle, un attore chiave nel settore del litio e dei prodotti chimici. Le azioni sono state acquistate al prezzo di 90,25 dollari l’una, segnando un’aggiunta strategica al variegato portafoglio di investimenti di BlackRock.

Non farò troppe speculazioni al di là di questo, ma di certo la notizia merita attenzione.

Naturalmente, con BlackRock che si sta accaparrando il mondo intero, potrebbe trattarsi di una mera coincidenza temporale, nonostante il fatto che molti meteorologi dilettanti abbiano registrato strane anomalie simili a pulsazioni su tutta la costa californiana e sul Golfo del Messico che hanno preceduto l’arrivo abbastanza improvviso di Milton.

Per concludere, questo controllo del polso del cupo malessere che sta attraversando le élite occidentali viene fornito da un nuovo allarme di Bloomberg:

Il progetto europeo si sta avvicinando a un punto di svolta.

Una combinazione di paralisi politica, minacce esterne e malessere economico sta minacciando di porre fine alle ambizioni dell’Unione Europea di diventare una forza globale a sé stante – spingendo gli Stati membri a difendere invece i propri interessi.

Essi percepiscono visceralmente la paralisi causata da uno scollamento senza precedenti tra le ambizioni delle loro élite e il mandato dei loro cittadini. Il distacco sta portando a un abisso storico che minaccia di far crollare l’intero e putrido ordine europeo.

Per decenni le élite, sempre più distaccate, non hanno fatto altro che perseguire gli interessi dei loro padroni globalisti, quella piccola dinastia finanziaria gerontocratica al vertice di ogni WEF e piramide bancaria. Ogni singola mossa che hanno fatto è stata in diretta opposizione agli interessi del loro popolo, al quale dovrebbero essere fedeli.

“Se si vuole essere una potenza geopolitica, la forza economica è l’ingrediente chiave”, afferma Guntram Wolff, professore alla Free University di Bruxelles e senior fellow del think tank Bruegel. “La crescita della produttività è stata un disastro. L’Europa è ancora ricca, ma questi differenziali su 20 anni hanno implicazioni enormi”.

La cosa triste è la loro incapacità di diagnosticare i problemi che essi stessi hanno creato. Ammirate questa monumentale dimostrazione di mancanza di autocoscienza:

Il problema fondamentale è che il mondo sta vivendo i drammatici cambiamenti del collasso climatico, il cambiamento demografico e il passaggio a un’economia post-industriale – tutti fenomeni in cui la capacità e la volontà dell’Europa di rispondere sono in ritardo.

Quindi, secondo loro, il motivo per cui l’Europa sta collassando è perché:

  1. Clima: frode per lo più irrilevante

  2. Problemi demografici: che le stesse élite hanno creato attraverso le politiche neoliberali di affogare ogni paese in migranti illegali dal terzo mondo, spingendo al contempo un veleno culturale disumano che ha portato a un crollo storico delle nascite.

  3. “Economia post-industriale”: un modo falso di dire “globalismo”, in cui l’industria e la manifattura di ogni nazione sono state esternalizzate e distrutte – ancora una volta, tutto ciò è stato fatto con l’intento diretto di queste stesse élite che ora stringono le loro perle in dissolvenza

Nell’articolo si cita Macron che prevede la totale estromissione dell’Europa dal mercato globale entro tre anni:

“Credo davvero che siamo a rischio”, ha detto il presidente francese Emmanuel Macron all’inizio del mese in un panel a Berlino. “Nei prossimi due o tre anni, se seguiremo la nostra agenda classica, saremo fuori dal mercato. Non ho dubbi”.

Nel frattempo, si dà la colpa alla “sovraccapacità” della Cina – un’altra svergognata espressione per indicare che la Cina sta semplicemente facendo ciò che l’Europa non può più fare, e che vorrebbe fare.

Draghi, minacciosamente e giustamente, definisce la questione esistenziale:

“È evidente che l’Europa sta perdendo terreno rispetto ai suoi principali partner commerciali, gli Stati Uniti e la Cina”, ha dichiarato il ministro delle Finanze greco Kostis Hatzidakis in un’intervista del 24 settembre. “Se non prende provvedimenti immediati, il declino finirà per diventare non reversibile”.

Pietà per i vassalli che non sanno stare al loro posto. Finché l’Europa non sarà onesta con se stessa sulle vere radici dei suoi problemi, non invertirà mai la rotta.

Un altro video della controffensiva di Kursk, questa volta da parte dell’83° e 106° aviotrasportata russa e del 155° Marines:

Il nostro servizio mostra i filmati delle battaglie per l’insediamento di Pokrovsky nella regione di Kursk, che è stato liberato dalle truppe d’assalto dell’83ª Brigata d’Assalto Aerotrasportata. I paracadutisti hanno poi cacciato gli occupanti dall’insediamento di Tolsty Lug, intrappolando i resti della zona di confine nella pianura alluvionale boscosa del fiume Snagost. Le forze armate ucraine subirono pesanti perdite mentre cercavano di raggiungere il sud, verso Dar’ino, attraverso l’unico passaggio sul fiume. La battaglia per Lyubimovka e Zeleny Shlyakh è ancora in corso. I soldati della 106ª Divisione aviotrasportata e della 155ª Brigata controllano alcuni tratti della strada Korenevo-Sudzha. Per il nemico, questo significa la necessità di rifornire parte del loro gruppo attraverso strade di campagna e fuoristrada, il che diventa un grosso problema durante il disgelo autunnale. Nella regione di Kursk piove da tre giorni.

L’ex ambasciatore ucraino Valeriy Chalyi spiega che in Ucraina tutto finirà entro l’estate del 2025:

Per chi fosse interessato, ecco un documentario sull’invasione di Kursk condotto principalmente dal consigliere del capo della DPR Yan Gagin, anche se con sottotitoli automatici probabilmente non proprio ideali:

Tra poco il nostro sguardo si sposterà sul prossimo grande evento rivoluzionario: il vertice annuale dei BRICS di Kazan, presieduto dalla Russia, il 22 ottobre.


Il vostro sostegno è prezioso. Se vi è piaciuta la lettura, vi sarei molto grato se vi abbonaste a un impegno mensile/annuale per sostenere il mio lavoro, in modo da poter continuare a fornirvi rapporti dettagliati e incisivi come questo.

In alternativa, potete lasciare una mancia qui: buymeacoffee.com/Simplicius

CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO
ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate:
postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704
oppure iban IT30D3608105138261529861559
oppure PayPal.Me/italiaeilmondo
oppure https://it.tipeee.com/italiaeilmondo/
Su PayPal, Tipee, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)

1 43 44 45 46 47 400