UNA TANGENTOPOLI PER UNA NUOVA ARCHITETTURA ISTITUZIONALE E TERRITORIALE DELL’UNIONE EUROPEA (UE). di Luigi Longo

UNA TANGENTOPOLI PER UNA NUOVA ARCHITETTURA ISTITUZIONALE E TERRITORIALE DELL’UNIONE EUROPEA (UE).

di Luigi Longo

 

 

E’ noto anche se non conosciuto che i vaccini non proteggono dal virus Sars Cov-2 né tantomeno impediscono il diffondersi della malattia da Covid-19 soprattutto quando vengono iniettati in piena pandemia! (1)

Tutti ricordiamo le parole terroristiche di Mario Draghi, che non si discostano da quelle usate dagli altri sub-decisori europei, << Due cose. L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire sostanzialmente – non ti vaccini, ti ammali, muori – oppure fai morire – non ti vaccini, ti ammali, contagi lui lei muore -, questo è. Secondo. Senza vaccinazione si deve chiudere tutto, di nuovo. Noi sappiamo ora che il vaccino si sta diffondendo. Sappiamo anche che grazie alla vaccinazione le conseguenze sui ricoverati in terapia intensiva e sui morti sono molto, molto meno serie di quelle che abbiamo visto, fino a 4 mesi fa. Mi fermo qua.>> (2).

Sono note, perché vissute sulla pelle della popolazione, le nefaste conseguenze delle scelte di politica sanitaria fatte ai diversi livelli nazionale, europeo e mondiale per arginare la cosiddetta pandemia. Scelte che nulla hanno avuto a che fare con la salute della popolazione ma molto hanno avuto a che fare con il conflitto tra le potenze mondiali nell’attuale fase multicentrica (3). A tal proposito riporto quanto ho scritto di recente << L’intervento di politica sanitaria per bloccare la pseudo pandemia tramite i soli vaccini prodotti in maniera superficiale, rozza e antiscientifica è la prova provata dell’utilizzo della malattia covid-19 per altri fini (politici, economici, sociali, istituzionali, geopolitici) e non certamente per tutelare la salute delle popolazioni. Parlo di sieri genici, non vaccini, avallati oltre che dalle interessate Big Pharma, soprattutto da tutte le istituzioni mondiali scientifiche e non: si pensi, per esempio, alla formazione dei protocolli secretati della produzione dei cosiddetti vaccini, al non controllo pubblico degli effetti sulla popolazione, all’assurdità antiscientifica di vaccinare una popolazione in piena pandemia, al divieto di curare con farmaci efficaci (comuni antivirali, antibiotici, anti-infiammatori e immunostimolanti/modulanti, eccetera) la malattia, salvando vite umane così come hanno dimostrato, nella pratica e scientificamente, i medici italiani che hanno rifiutato le indicazioni del Ministero della Sanità (quale decisore servile risponderà di questo genocidio?!), fino alla durata della produzione dei vaccini: occorrono mediamente 10 anni per produrre seriamente e scientificamente un vaccino! >>

Oggi la Covid-19 è diventata endemica e dovrebbe essere trattata come una normale influenza, salvo riutilizzarla come strumento per completare le strategie dei sub-decisori in tema di ristrutturazione economica, di rimodellamento della sanità, di riconsiderazione della mobilità sociale, di riscrittura delle leggi di stato di eccezione, di un riuso diverso della città e del territorio, eccetera. A tal riguardo sottolineo che << il virus Sars Cov-2 è lo strumento per ridisegnare, nella fase multicentrica, una nuova architettura economica (conflitto nelle sfere economica e finanziaria), sociale, politica, istituzionale (conflitto nelle sfere istituzionale, politica, lavoro, giuridica) e territoriale dei singoli Paesi (conflitto nelle sfere geopolitica, geoeconomica e geoideologica) e per rideterminare le aggregazioni di Paesi e di aree intorno ai centri-potenza (USA in relativo declino, Cina e Russia in ascesa) in conflitto per l’egemonia mondiale (dominio assoluto per gli USA, dominio condiviso per la Cina e per la Russia) >>.

In questi giorni circolano sui mass-media due notizie: la prima riguarda la dichiarazione dell’eurodeputato olandese Rob Roos che svela tramite la dichiarazione della Janine Small (presidente della sezione Pfizer dedicata allo sviluppo dei mercati internazionali) che il cosiddetto vaccino Pfizer non ferma la trasmissione del virus Sars-Cov-2 (4); la seconda concerne l’attacco alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sulle trattative parallele per l’acquisto di dosi di vaccino Pfizer (l’Ufficio del Procuratore pubblico europeo (EPPO) (5) ha aperto un’inchiesta sulla fornitura di vaccini all’Unione europea) (6).

E’ utile sottolineare che l’attacco alla Presidente della Commissione europea è partito da una rivelazione del quotidiano statunitense The New York Times (7).

Perchè proprio ora viene lanciato un pesante attacco alla Presidente della Commissione europea, l’organo preposto alla gestione e alla esecuzione delle strategie statunitensi nel conflitto apertosi in questa fase mondiale multicentrica? Perché gli USA, proprio in questa fase della loro guerra contro la Russia, via Ucraina-Nato-UE, tentano di destabilizzare l’organo di esecuzione e di gestione delle loro strategie di dominio?

La mia ipotesi, tutta da approfondire, è che gli USA, terminato il progetto UE e sostituito con il progetto-trasformazione Nato (8), hanno bisogno di cambiare, di costruire una nuova architettura istituzionale e territoriale (di potere, non di dominio!) più adatta alla Nato e alle esigenze della fase multicentrica. Non occorre più l’unità economico-finanziaria della UE (coordinata dal vassallo tedesco e dal valvassore francese) con la sua architettura istituzionale e territoriale finalizzata ad un modello di sviluppo, subordinato e integrato a quello egemonico statunitense (americanizzazione del territorio europeo), proprio della fase monocentrica occidentale fino al 1990-1991 (implosione URSS) e mondiale fino al 2011 (chiara ascesa delle due potenze mondiali Cina e Russia). Parlo di unità economico-finanziaria dell’UE e non di unità politica perché l’UE non è mai stata, per ovvi motivi, un soggetto politico autonomo e autodeterminato in relazione ad altri territori mondiali (occidentali ed orientali); ne è una conferma ulteriore il ruolo che sta svolgendo nella guerra contro la Russia che, in maniera servile, si sta autodistruggendo socialmente, economicamente, territorialmente e culturalmente seguendo la crisi del declino irreversibile degli Usa (che è crisi dell’intera civiltà occidentale).

Può l’Europa, intesa come territorio geografico e spazio geopolitico, essere autonoma e libera quando è occupata dalle basi militari Usa-Nato? Ma davvero si può essere liberi con una occupazione militare di fatto? E’ difficile capire questa semplice e nello stesso tempo complessa situazione oggettiva che preclude qualsiasi idea di sviluppo altro e impedisce di avere un ruolo di interconnessione nelle relazioni tra Occidente e Oriente?

Il progetto Nato per il controllo e la presa sull’Europa è quello che più si addice nella fase multicentrica dove la sfera militare assume un ruolo particolare nelle strategie degli agenti strategici egemonici statunitensi (9). Per questa ragione la nuova strategia Usa, iniziata con Donald Trump, punta ad avere una relazione asimmetrica bilaterale con le singole nazioni europee (si veda l’esempio dell’attuale crisi della Germania (10)) sotto il coordinamento della Nato (11).

La gravità per le nazioni europee è data dal fatto che mentre nella suddetta fase monocentrica gli Usa avevano un modello economico, sociale, politico e culturale capace di egemonia mondiale; nell’attuale fase multicentrica gli Usa (in declino relativo ma irreversibile) non sono più in grado, per il conflitto non più componibile degli agenti strategici, di proporre un nuovo modello di sviluppo, capace di fare sintesi nazionale e proiettarsi come potenza mondiale, da contrapporre a quello avanzato dalla Cina, motore del costituendo polo asiatico in grado di sfidare gli Usa per un mondo multicentrico e non monocentrico ad immagine e somiglianza statunitense (12).

L’attacco alla Presidente della Commissione europea può essere considerato, fatte le dovute differenze storicamente date, come una tangentopoli europea (preciso, a mio modo di vedere, che la separazione dei poteri nella realtà non esiste, ma esiste lo scontro tra i poteri per il dominio) che dà la stura formale ad un processo di cambiamento per una nuova architettura di controllo e gestione del territorio europeo che passa attraverso il progetto Nato strumento fondamentale a livello mondiale delle strategie statunitensi per contrastare la configurazione e l’ascesa del polo asiatico.

All’interno di questo quadro (proprio in virtù del fatto che l’UE è un processo di integrazione per competizione e non per cooperazione di sistemi nazionali, nel quale ci sono precise gerarchie statunitensi che impediscono una Europa delle nazioni) leggo il ruolo che possono svolgere i sub-decisori europei cosiddetti sovranisti. Essi possono distruggere la vecchia struttura e costruirne una nuova finalizzata non ad un nuovo modello sociale europeo autodeterminato con uno sviluppo a tutto tondo ma a eseguire gli ordini per la costruzione di un nuovo spazio europeo utile alle strategie di dominio degli agenti strategici statunitensi; e, in specifico, i sub-decisori sovranisti italiani (supportati dal Presidente Sergio Mattarella e da Mario Draghi, l’attuale e futuro presidente della Repubblica, i veri garanti della servitù volontaria verso gli Usa) possono svolgere un ruolo non secondario per la realizzazione di una nuova Europa nella fase multicentrica.

 

 

 

NOTE

 

1.Per una storia delle pandemie si rinvia a Mark Honigsbaum, Pandemie. Dalla Spagnola al Covid-19, un secolo di terrore e ignoranza, Ponte alle Grazie, Milano, 2020. Si suggerisce una lettura critica soprattutto per quanto concerne sia la mancanza delle relazioni tra pandemie e rapporti sociali sia l’assenza delle pandemie come strumento di conflitto tra potenze mondiali; per un’ottima descrizione del conflitto nella scienza e nella sanità si rimanda al racconto fatto da Louis-Ferdinand Cèline sulla vita di uno degli eroi scientifici dell’Ottocento: Ignazio Filippo Semmelweis, il debellatore dell’infezione puerperale. Lo stesso conflitto è successo, fatte le dovute differenze storiche, con la Covid-19: della serie tutto torna, ma in maniera diversa. Il libro è Louis-Ferdinand Cèline, Il dottor Semmelweis, Adelphi edizioni, Milano, 2022.

2.Conferenza stampa del Presidente Draghi e dei ministri Cartabia e Speranza, www.governo.it/articolo/conferenza-stampa-draghi-cartabia-speranza/17515 , 22/7/2021.

3.Sono inquietanti le logiche del potere e del dominio quando negli USA (scienziati della Boston University) si continua a sviluppare la branca della scienza mefitica della Gain of Function, che producono virus chimerici, cioè manipolati geneticamente, per inventare una malattia nell’eventualità che un giorno esista davvero, si veda Redazione Adnkronos, Covid, più ceppo Omicron Wuhan: creato virus mortale all’80%, www.adnkronos.com/covid-omicron-piu-ceppo-wuhan-creato-virus-mortale-all80_5VZlE0SrurJ9z7EnOt2tZ0, 18/9/2022.

4.Si veda l’ottima ricostruzione della Enrica Parucchietti, Vaccini mai testati sulla trasmissione: l’ammissione di Pzifer sbugiarda media e autorità, https://www.lindipendente.online/2022/10/13/vaccini-mai-testati-sulla-trasmissione-lammissione-di-pfizer-sbugiarda-media-e-autorita/ , del 13/10/2022.

5.Per informazione ideologica sull’EPPO si rimanda al sito europeo https://www.consilium.europa.eu/it/policies/eppo/. Per svelare il ruolo dell’EPPO riporto quanto affermato su di esso da Cesare Sacchetti << Vedo che alcuni stanno esultando perché l’ufficio del procuratore pubblico europeo (EPPO) ha aperto una inchiesta sulla fornitura di vaccini all’Unione europea. Non vorrei essere troppo brutale, ma probabilmente alcuni non sanno che tale ufficio non è un corpo indipendente come dichiara.

Questo organo lavora per l’UE ed è pagato dall’UE. La sua regolamentazione è prevista nei trattati. L’UE voleva dimostrare ipocritamente di essere trasparente e ha creato questo ufficio il cui compito non è quello di scoprire i crimini commessi dai commissari europei, ma di certificare, su mandato della stessa UE, che nulla è accaduto.

A Bruxelles sono anni che i presidenti della Commissione e i commissari ricevono tangenti da case farmaceutiche e potentati industriali. Sapete quanti grossi affari illeciti comunitari ha fatto scoprire l’EPPO? Zero. I deputati europei che vendono l’inchiesta dell’EPPO come un grande “successo” non stanno aiutando a far venire fuori la verità sui vaccini. Stanno proteggendo la Pfizer >> in https://www.maurizioblondet.it/a-noi-che-abbiamo-sperato-nella-incriminazione-di-ursula/, 16/10/2022.

6.Sull’inchiesta dell’EPPO si veda Tommaso Lecca, La Procura europea apre un’indagine sull’acquisto dei vaccini contro il Covid da parte di Bruxelles, https://europa.today.it/attualita/procura-europea-indagine-vaccini-von-der-leyen.html.

7.https://www.nytimes.com/2021/04/28/world/europe/european-union-pfizer-von-der-leyen-coronavirus-vaccine.html.

8.Luigi Longo, Il progetto dell’Unione europea è finito, la Nato è lo strumento degli Usa nel conflitto strategico della fase multicentrica, www.italiaeilmondo.com, 26/11/2018.

9.Luigi Longo, La Nato è lo strumento degli Usa nel conflitto strategico della fase multicentrica, www.italiaeilmondo.com, 30/7/2022.

10.Thierry Meyssan, Che giochi fanno Stati Uniti e Germania?, www.voltairenet.org, 18/10/2022.

11.Luigi Longo, L’Europa tra le vie della Nato, le vie della seta e le vie dell’energia. Prima parte, www.italiaeilmondo.com, 19/11/2019.

12.Sul ruolo della Cina considerata dagli Usa “l’unico concorrente con l’intento e, sempre più, la capacità di rimodellare l’ordine internazionale.”, si veda Mike Whitney, La guerra tecnologica di Biden diventa nucleare, www.comedonchischiotte.org ,19/10/2022.

 

 

GUERRA APPARENTE E GUERRA REALE, di Jean Goychman

Da diversi mesi buona parte della cronaca quotidiana è dedicata alla guerra in Ucraina. Molti dibattiti, tavole rotonde, interviste ad esperti (con quali criteri vengono reclutati?) sono interamente dedicati alle azioni sul campo, con la loro immancabile comunicazione di guerra, un tempo chiamata “propaganda”.
Ma diamo un’occhiata più da vicino al lato inferiore delle carte…

 

 

LA MANCANZA DI UNA VISIONE AMPLIATA DEL CAMPO DI BATTAGLIA

Le operazioni militari, per quanto spettacolari possano essere, sono solo un aspetto di questo conflitto. Si stanno verificando profondi sconvolgimenti del pianeta e dei suoi equilibri geopolitici, ma non sembrano essere oggetto dello stesso trattamento mediatico. Certamente in questa notizia vengono citati alcuni eventi, come l’incontro dei paesi della SCO (Shanghai Cooperation Organization) tenutosi qualche giorno fa in Uzbekistan, ma sono presentati in isolamento rispetto al contesto generale.

Tuttavia, questa guerra è probabilmente la parte visibile di questi profondi sconvolgimenti.

Solo chi, per molte ragioni, non si tiene informato sui progressi del mondo, può credere che una mattina del febbraio 2022 la Russia, per capriccio dei suoi leader, la cui sanità mentale è messa in discussione da alcuni commentatori, abbia deciso di invadere Ucraina.

Per gli altri, più familiari con la geopolitica degli ultimi trent’anni, e che hanno seguito l’estensione della zona NATO nell’Europa orientale, la tensione tra Russia e NATO è andata via via acuendo. Gli eventi del 2014 a Kiev avevano ulteriormente aggravato questo disaccordo. Ma più recentemente si sono verificati altri eventi che hanno giocato un ruolo importante, se non preponderante.

LA GRADUALE PERDITA DI INFLUENZA DI OCCIDENTE E USA

Durante la Guerra Fredda del dopoguerra, il mondo era diviso in due blocchi e la parte “occidentale” sembrava essere la più potente. Tuttavia, questa superiorità si basava sulla presenza di alleati accanto agli Stati Uniti. Era compito della NATO mantenere questa coesione occidentale.

La scomparsa dell’Unione Sovietica lasciò solo gli Stati Uniti al controllo, aprendo la strada a un mondo monopolare sotto l’egemonia di quest’ultima. Il trio di dollari USA – NATO – ha concesso loro questo dominio quasi incontrastato.

Come ha detto de Gaulle:

“  Una situazione di monopolio è la migliore, soprattutto per chi la detiene … »

Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da una politica estera americana sempre più bellicosa e meno diplomatica. Ma, nello stesso periodo, il resto del mondo non è rimasto congelato. Nel 1970 la popolazione occidentale rappresentava il 25% della popolazione mondiale per un PIL del 90% del totale. Oggi le cifre sono scese al 12% (compreso il Giappone) e al 40% per il PIL. Questo cambiamento nella demografia e nell’attività economica è inevitabile e influenza la geopolitica globale.

Non si può, con tali cifre, imporre un mondo monopolare che sarebbe diretto da un paese la cui popolazione rappresenta solo il 4% della popolazione totale.
Inoltre, si può ancora parlare di blocco occidentale quando assistiamo a una stretta mortale degli Stati Uniti sull’Unione Europea attraverso la NATO, riportando i suoi membri allo status di vassalli?

Tutto questo sembra essere stato preso in considerazione dalla Russia. Vladimir Putin appare oggi come l’unico avversario veramente offensivo di questo Occidente, ma è davvero così?

VLADIMIR PUTIN È DAVVERO COSÌ ISOLATO?

Dopo la fine dell’inammissibilità espressa dall’Unione Europea nei confronti della Russia negli anni 2000, quest’ultima si è rivolta all’Asia. Dopo il Trattato di Shanghai firmato nel 1996, seguito nel 2001 dalla creazione della SCO , la Russia è diventata un partner importante dell’Asia, soprattutto perché “a cavallo” dei due continenti. Da parte sua, la Cina si sta dimostrando sempre più critica nei confronti dell’egemonia americana e sta cercando di estendere la sua influenza sull’intera zona del Pacifico. Il Giappone rimane apparentemente un fedele alleato degli Stati Uniti, ma i circoli finanziari giapponesi hanno ricordato lo scoppio della bolla immobiliare di Tokyo.causato nel 1988 dalle eccedenze in dollari alimentate dal disavanzo americano. Per ora, il Giappone osserva con paura la crescente influenza della Cina, avvicinandola agli Stati Uniti, ma per quanto tempo?

Gli altri Paesi asiatici sembrano aver fatto il grande passo, se guardiamo alla partecipazione all’incontro della SCO, durante il quale il leader cinese Xi Jinping ha sottolineato che i leader devono “lavorare insieme per promuovere un movimento internazionale di ordine in una direzione più giusta e razionale “.

Ma l’Asia è tutt’altro che sola a sfidare l’egemonia americana. Il Sud America, dopo aver sofferto troppo per la dittatura del dollaro e l’ingerenza americana, paesi come Argentina, Brasile, Cile, Bolivia e Venezuela guardano con interesse a ciò che sta accadendo in Asia.

Anche da parte africana, dove l’influenza sovietica è stata parzialmente esercitata qualche decennio fa, alcuni paesi sembrano sempre più ricettivi a questo discorso. Sempre più si sta delineando la divisione tra l’Occidente e il resto del mondo in via di riunificazione attorno a una concezione multipolare, i cui nuovi poli potrebbero essere i continenti. Ciò rischia di essere accelerato da un ritorno all’isolazionismo americano a seguito di un possibile ritorno all’attività da parte di Donald Trump. Questo può anche essere molto dannoso per un’Unione europea che sta lottando per trovare il suo posto nel mondo di oggi e che segue a capofitto le direttive americane.

IL PRINCIPALE EFFETTO DELLE SANZIONI OCCIDENTALI

Bisogna riconoscere che, dal 2015 e dalla firma degli accordi di Minsk , questi sono rimasti lettera morta. Lo stesso Noam Schomski ha ammesso che gli Stati Uniti avevano provocato la Russia e che, se avessero appoggiato Volodimir Zelensky affinché applicasse gli accordi di Minsk, non ci sarebbe stata la guerra .

Quel che è certo è che i due campi si erano preparati a questa guerra e che ciascuno aveva determinato la propria strategia. La NATO e l’Ucraina da una parte, la Russia dall’altra, avevano spiegato i loro piani. Vladimir Putin è un giocatore di scacchi e la sua strategia riflette questo. Ha intuito che le sanzioni economiche, già in vigore dal 2014, sarebbero state rafforzate e ha compreso i benefici che ne potrebbe derivare in quanto principale fornitore di petrolio e gas all’Unione Europea.

Ma aveva anche giocato sul fatto che molti altri paesi sarebbero stati colpiti da queste sanzioni, pur rimanendo a priori neutrali rispetto a questo conflitto. Da quel momento in poi, il gioco di Vladimir Putin è stato quello di mettere questi paesi dalla sua parte. L’Occidente, e in particolare gli europei, avrebbero dovuto tenere conto di queste massicce astensioni all’ONU quando si è trattato di condannare la Russia. Lo stesso Emmanuel Macron avrebbe dovuto imparare da un pubblico quasi vuoto durante il suo discorso.

Invece niente. Nessuna reazione. Le sanzioni stanno portando l’Unione Europea verso una penuria di energia? Non importa ! Peggio ancora, negando alla Russia l’accesso ai pagamenti SWIFT, ha fornito il pretesto perfetto per richiedere pagamenti in rubli.

Oggi il dollaro, che godeva di un quasi monopolio degli scambi internazionali, non è più utilizzato per più del 50% di essi. E questo non è senza conseguenze per l’economia americana. La FED, nel tentativo di frenare l’inflazione, alza i tassi, che indebolisce l’euro perché la BCE, visto l’indebitamento dei paesi della zona euro, non può seguire questi rialzi. I prezzi all’importazione dall’Eurozona aumentano considerevolmente, il che genera maggiore inflazione e perdita di potere d’acquisto . Tuttavia, continuiamo come se nulla fosse.

IL TEMPO FUNZIONA PER LA RUSSIA E CONTRO L’OCCIDENTE

Tutto questo, lo sanno i leader russi. Quindi non hanno motivo di negoziare o passare all’offensiva. L’ attuale status quo sembra adattarsi perfettamente a loro.

L’Ucraina è solo il luogo di un confronto il cui quadro si estende ben oltre i suoi confini . Il vero problema è quello del mantenimento o dell’eventuale scomparsa dell’egemonia americana.

In questa battaglia di titani, nessuno sembra preoccuparsi del destino dell’Europa, le cui luci rosse lampeggianti lampeggiano una dopo l’altra.

Che responsabilità per i nostri leader, che troveranno molto difficile affermare “di non sapere! »

https://www.minurne.org/billets/32773

LEGISLATURA E DUALISMO COSTITUZIONALE, di Teodoro Klitsche de la Grange

LEGISLATURA E DUALISMO COSTITUZIONALE

Qualche mese fa (21/12/2021) osservavo in un articolo che Costantino Mortati aveva elaborato il concetto (nella modernità dovuto principalmente a Lassalle) e coniato il termine di “costituzione materiale”. Il termine, secondo il giurista calabrese indicava «una raffigurazione della costituzione che colleghi strettamente in sé la società e lo stato, è da ribadire quanto si è detto sull’esigenza che la prima sia intesa come entità già in sé dotata di una propria struttura… e risulti sostenuta da un insieme di forze collettive che siano portatrici della divisione stessa e riescano a farla prevalere dando vita a rapporti di sopra e sotto–ordinazione, cioè ad un vero assetto fondamentale che si può chiamare “costituzione materiale” per distinguerla da quella cui si dà nome di “formale”».

Nella repubblica i partiti del CLN che avevano elaborato il testo della Costituzione alle successive prime elezioni politiche del 18 aprile ’48 conseguivano oltre il 90% dei voti, espressi da circa il 90% degli elettori: ne conseguiva che almeno l’80% dei cittadini italiani aveva votato i partiti del CLN. Fino agli anni ’80 la situazione variava di poco: i partiti ciellenisti conseguivano all’incirca l’80%-85% dei voti espressi.

Con l’ascesa della Lega e il crollo del comunismo tale consenso plebiscitario si riduceva. Già nel 1994 i partiti non ciellenisti (e non rivendicanti l’eredità di quelli) riportavano tra un terzo e la metà dei voti espressi.

Nel decennio trascorso il divario è cresciuto: il successo dei partiti anti-establishment dal 2018 (al più tardi) ha la maggioranza dei suffragi. Oltretutto anche tra gli altri l’affectio alla costituzione formale appare ridimensionato – almeno in alcuni.

La novità (prevista) – a questo riguardo – è che FdI, cioè il partito dei volutamente esclusi dall’arco costituzionale ha conseguito alle politiche il 26% dei suffragi, mentre il PD, cioè il partito della “costituzione più bella del mondo” ha il 18%. Inoltre la maggioranza anti-establishment è stata confermata. Dalla propaganda elettorale (e successiva) del PD basata in larga parte sull’antifascismo e sulla provenienza post-fascista della Meloni, a giorni probabilmente incaricata di formare il governo, si ricava che la Repubblica “nata dalla resistenza” e dotata della Costituzione “più bella del mondo” avrà un Presidente del Consiglio “post-fascista”. A parte la foga della propaganda, questo è un bel caso di “paradosso delle conseguenze”, scriverebbe Freund. Infatti se a una costituzione formale corrisponde una costituzione materiale diversa – e questo è il caso – la conseguenza non è che il popolo (e le forze politiche che ne hanno il consenso) deve adeguarsi alla Costituzione formale, ma che quella formale dev’essere adeguata a quella materiale, almeno in una democrazia.

Anche se sono convinto che nella situazione in cui è ridotta l’Italia, con oltre 5 milioni di poveri assoluti, vincoli esterni spesso matrigni, debito pubblico alle stelle, saccheggio fiscale e così via, quello di cambiare la Costituzione formale non è il problema più urgente, non bisogna trascurarlo né rinviarlo alle calende greche.

Soprattutto perché è la Costituzione ma soprattutto la forma di governo parlamentare ad essere una delle ragioni della decadenza della Repubblica. Questo già quando le forze riconducibili alla costituzione materiale avevano un consenso largo: ora che ci troviamo in una situazione di non corrispondenza tra formale e materiale, l’urgenza appare superiore. Il sintomo più evidente dell’allargamento del divario dopo, s’intende, il deperire dei partiti ciellenisti, è il crescere dell’astensionismo: governante la “seconda repubblica” l’astensionismo è aumentato di oltre 20 punti percentuali (alle elezioni politiche).

Secondo un modo di pensare diffuso, volto a considerare l’osservanza della legalità come criterio “moderno” della legittimità, è sufficiente osservare le procedure legali, in ispecie quella di successione al potere, perché il potere sia legittimo. Tuttavia senza disprezzare del tutto tale tesi, questa va ridimensionata. Ciò che fa delle leggi fondamentali un costituente/legittimante e un principio costituzionale è che siano scritte non sulla carta, ma nel “cuore” dei governati. Due pensatori agli antipodi come Rousseau[1] e de Maistre[2] lo sostenevano. E tanti altri hanno condiviso tale concezione: da Hauriou a Lasalle. Quest’ultimo riteneva la Costituzione formale “un pezzo di carta”, sul quale erano “buttati giù” i rapporti di forza effettivi. Se però questa operazione non era ne è realizzata, ne consegue un dualismo costituzionale, in cui a differenza (parziale) del dualismo di potere, chi ha la maggioranza non governa effettivamente, e chi governa effettivamente non ha la maggioranza.

Situazione squilibrata, che presuppone di essere (rapidamente) risolta.

Teodoro Klitsche de la Grange

[1] “Non vi sarà Costituzione buona e solida se non quella in cui la legge regnerà sui cuori dei cittadini” Considerazioni sul governo di Polonia”, Bari 1971, n. 179.

[2] “in che libro era scritta la legge salica… essa era iscritta nel cuore dei francesi” Des Constitutions politiques et des autres institution humaines, II,S. Pietroburgo, 1814.

Ancora un mondo unipolare_ Di: George Friedman

Un articolo perfettamente in linea con il pensiero dominante nelle élites dominanti statunitensi, ma va interpretato. Distrugge la retorica in voga nelle leadership europee, le più asservite, ma anche in alcune frange più autonome, annidate ad esempio negli ambienti militari francesi, del disinteresse americano verso l’Europa. Conferma l’indirizzo prevalente negli Stati Uniti di una sorta di unipolarismo ibrido o di un bipolarismo sbilanciato con un parziale riconoscimento del ruolo della Cina e un ostracismo dichiarato verso la Russia. Non sono da escludere errori, anche pesanti, di valutazione da parte degli strateghi russi. Quello che traspare, però, inconfessato, è l’effettivo pericolo rappresentato dalla Russia; quello di essere, magari insieme all’India, il possibile pivot di un mondo multipolare. Quello che è certo è che non va assolutamente sottovalutata la capacità operativa statunitense di agire su più fronti e con un bagaglio disponibile ancora particolarmente sofisticato. La situazione di stallo a Taiwan, la capacità di reazione in Ucraina, i focolai di crisi attorno al perimetro russo so lì ad attestarlo. Di certo la corda è sempre più tesa; vedremo in quale punto e a danno di chi si spezzerà. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Nelle ultime settimane, il presidente russo Vladimir Putin ha affermato che gli Stati Uniti stanno cercando di imporre un nuovo ordine mondiale, progettato per controllare la Russia, la Cina e l’Europa, nonché le potenze minori del mondo. Si è tentati di rimuoverlo come lo sfogo di un leader in guerra, ma c’è di più. Ignorate il fatto che la ricerca di un mondo unipolare da parte di Washington presuppone un livello di pianificazione contrario alla realtà americana. Ciò con cui Putin sta cercando di venire a patti è che nella pianificazione della guerra in Ucraina, Mosca ha completamente frainteso la natura del mondo.

In particolare, la Russia ha frainteso la sottigliezza americana. Gli Stati Uniti non hanno impegnato grandi forze militari per bloccare l’avanzata della Russia, né hanno ceduto alcuna parte dell’Ucraina. Gli Stati Uniti hanno compreso la minaccia rappresentata dalla Russia al confine con la NATO – cioè una nuova Guerra Fredda – e hanno compreso l’Ucraina meglio della Russia. Quindi ha inviato enormi quantità di armi in Ucraina, la cui potenza e raffinatezza non potevano essere eguagliate. Ha colpito in modo indiretto colpo su colpo.

Ancora, Mosca non è riuscita a capire  il rapporto dell’America con l’Europa. Più e più volte, gli europei si sono lamentati del fatto che Washington avesse abbandonato i suoi impegni europei. Il fatto che non sia mai stato così, non ha impedito ai think tank statunitensi di convalidare l’idea, né ha dissuaso la Russia dal crederci. In tempo di pace, gli Stati Uniti potrebbero fare a meno delle precedenti relazioni con l’Europa, dei litigi sulle regole commerciali e della dipendenza energetica della Russia. Ma quando è scoppiata la guerra, il rapporto si è trasformato rapidamente. La Germania, ad esempio, non apprezzava il carburante russo tanto quanto le garanzie di sicurezza americane. Gli europei sapevano che la Russia avrebbe potuto far loro del male e non si fidavano davvero dei russi, ma quando è arrivata la spinta, hanno capito che gli interessi americani erano in Europa. Putin, credo, è rimasto sbalordito quando ha appreso che i tedeschi erano con gli americani. Gli mancava una comprensione sofisticata che esistono diversi tipi di potere e che il potere proiettato dalla Russia era troppo schietto per funzionare. Putin non riusciva a capire il potere di apparire incerto.

Tuttavia, l’errore più grave commesso da Putin riguarda le relazioni degli Stati Uniti con la Cina, Paese in profonda crisi economica. Mosca non poteva né ferire né aiutare la Cina. Gli Stati Uniti possono fare entrambe le cose: aiutare aumentando gli investimenti e acquistando più beni, e danneggiando bloccando la vendita, ad esempio, di alcuni microchip. La Cina credeva di non aver bisogno degli Stati Uniti per riprendersi e si convinse che Washington potesse essere intimidita dalla potenza navale e connessa. Invece, Pechino ha scoperto che le sue minacce intorno a Taiwan e in altre aree hanno semplicemente generato più navi e armi da schierare contro di essa. L’utilità di un’alleanza con la Russia è stata infranta dalla consapevolezza che gli Stati Uniti avrebbero potuto rispondere militarmente in Ucraina e, contemporaneamente, nel Mar Cinese Meridionale.

Tutto ciò avrebbe dovuto essere ovvio e penso che la Cina fosse più consapevole delle capacità degli Stati Uniti rispetto alla Russia. Il presidente cinese Xi Jinping sapeva quando ridurre le sue perdite. Putin ha continuato a raddoppiare. Ciò sembrava essere stato convalidato nel fine settimana da un portavoce del 20° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese, le cui dichiarazioni sono state parafrasate dal quotidiano cinese Global Times come segue:

“Se uno degli eventi più importanti nelle relazioni internazionali degli ultimi 50 anni è il ripristino e lo sviluppo delle relazioni Cina-USA, di cui hanno beneficiato sia i paesi che il mondo, allora la cosa più importante nelle relazioni internazionali per i prossimi 50 anni è che la Cina e gli Stati Uniti devono trovare il modo giusto per andare d’accordo. La chiave per la Cina e gli Stati Uniti per trovare il modo giusto di andare d’accordo è il rispetto reciproco, la convivenza pacifica e la cooperazione vantaggiosa per tutti, proposte dal Segretario generale Xi Jinping. Gli interessi comuni tra Cina e Stati Uniti superano di gran lunga le differenze e una relazione Cina-USA solida e stabile serve gli interessi comuni dei due popoli”.

Siamo abituati alla Cina che lancia minacce contro gli Stati Uniti. Ora sta cercando modi per accogliere gli Stati Uniti. Ha notato la performance americana in Ucraina, sia sottile che brutale, e ha deciso che un’alleanza con gli Stati Uniti, per quanto vagamente definita o temporanea, è molto più attraente.

Non sorprende, quindi, che Putin veda gli Stati Uniti come una forza che cerca di creare un mondo unipolare, perché per certi versi è un mondo unipolare. Gli Stati Uniti sono la più grande economia del mondo, nonostante i problemi attuali. Ha anche un esercito sofisticato, in grado di portare una forza schiacciante, addestrare un esercito in guerra con nuove armi e usare la forza sottile per plasmare il mondo. Il potere americano non è assoluto e può essere superato. Ma è sufficientemente mobile per agire in sequenza quando l’azione simultanea è impossibile. In parole povere, gli Stati Uniti sono la forza economica e militare più potente del mondo, quando scelgono di agire. L’inerzia può essere confusa da uomini come Putin come debolezza. Gli Stati Uniti hanno imparato che con il loro potere intrinseco hanno il tempo di reagire.

Il pubblico americano vede spesso gli Stati Uniti come deboli e mal gestiti. C’è la tendenza a etichettare Joe Biden, Donald Trump, Barack Obama, Bill Clinton e George W. Bush come criminali o idioti o entrambi. Le stesse accuse furono mosse contro Andrew Jackson, Abraham Lincoln e Franklin Roosevelt. Il disprezzo per i comandanti in capo è un prerequisito per prevenire la tirannia, anche se ha i suoi svantaggi. Il movimento America First che si opponeva alla partecipazione degli Stati Uniti alla seconda guerra mondiale ha interferito con la capacità di Roosevelt di prendere decisioni. Ha avuto un impatto diretto su Pearl Harbor e ha causato un doloroso inizio per gli Stati Uniti alla guerra da parte dei giapponesi, che ovviamente si è conclusa in una catastrofe per loro.

La percezione della debolezza americana è globale, condivisa anche tra gli americani. Essere sottovalutati ha i suoi usi, così come esibire un pubblico che non si fida del suo presidente. Ma solo nazioni enormemente potenti possono permettersi il disprezzo. Gli ultimi mesi non ci hanno insegnato che gli Stati Uniti stanno finendo per un nuovo ordine mondiale. Ci ha insegnato che la Russia si sta indebolendo, che la Cina sta gestendo con attenzione le sue relazioni con gli Stati Uniti e che l’architettura internazionale creata dopo la seconda guerra mondiale, sebbene più complessa, rimane sostanzialmente al suo posto. È un mondo unipolare.

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Ucraina, il conflitto 18a puntata Cambi di strategia_con Max Bonelli e Stefano Orsi

Il generale Surovikin, comandante in capo alle operazioni russe in Ucraina, ha appena parlato di “situazioni difficili” e quindi di “decisioni difficili”. Nel frattempo è in corso l’evacuazione di civili dagli insediamenti urbani prossimi al fronte di Kherson. E’ chiaro che al cambio di tattica adottato dall’esercito ucraino ha corrisposto un allargamento del conflitto con le operazioni aeree su tutto il territorio ucraino e un cambiamento al momento efficace delle tattiche adottate dal comando russo. Si tratta comunque di una fase interlocutoria prodromica alla offensiva ucraina appena ricominciata su più vasta scala in queste ore. La differenza rispetto alle settimane scorse è che i russi hanno questa volta definito la linea di resistenza e di eventuale reazione. Il carattere della guerra è sempre più totale con gli ucraini ridotti sempre più a comparse e fantocci di giochi che si dispiegano nella sfera geopolitica e geoeconomica in termini sempre più complessi e sempre più legati alle dinamiche politiche interne ai tre attori principali dell’agone internazionale. Se in Russia e in Cina gli equilibri al momento sembrano definiti, la situazione negli Stati Uniti è ancora appesa all’esito delle elezioni a medio termine. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Wang Ruoyu: Dieci anni di riforma militare per costruire un esercito moderno e potente

Percorsi al momento paralleli_Giuseppe Germinario

Per quanto riguarda l’esercito cinese, se parliamo del cambiamento più grande e della mossa più iconica dell’ultimo decennio, credo che molte persone daranno una risposta comune: la riforma militare.

La durata, l’intensità e il successo di questa riforma militare hanno superato le aspettative di molti osservatori. La sesta sessione plenaria del 19° Comitato Centrale, tenutasi lo scorso anno, ha valutato “la più ampia e profonda riforma militare e nazionale dalla fondazione della Repubblica popolare cinese”.

Il 16 ottobre, nel rapporto del 20° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese, la riforma militare era un aspetto importante. Nel riassumere i grandi cambiamenti nella nuova era negli ultimi dieci anni, il segretario generale Xi Jinping ha sottolineato che “la riforma della difesa nazionale e dell’esercito sarà drasticamente approfondita e l’esercito popolare avrà un nuovo sistema, una nuova struttura, un nuovo modello e un nuovo aspetto.” Rafforzare la governance militare in modo completo, consolidare ed espandere i risultati della difesa nazionale e delle riforme militari, migliorare la composizione delle forze militari e ottimizzare sistematicamente le politiche e i sistemi militari”. Anche questo ha lanciato un chiaro segnale: la riforma militare è solo in corso e continuerà.

“Senza la riforma, non possiamo combattere o vincere battaglie!” Alla fine del 2013, il segretario generale Xi Jinping ha lanciato un simile avvertimento. Negli ultimi dieci anni, la riforma militare ha creato un esercito con caratteristiche più moderne e una maggiore efficacia di combattimento; guardando al futuro, l’esercito popolare diventerà sempre più forte, avanzerà verso la classe mondiale e fornirà un forte supporto strategico per il ringiovanimento di un paese forte.

La parata militare della Giornata Nazionale del 2019 ha mostrato un nuovo aspetto dopo la riforma militare (Foto/Xinhua)

“Architettura”: big break e big stand

Le riforme riguardano tutti i problemi, il rilascio di energia e l’aumento dell’efficienza mentre risolvono costantemente i problemi. Durante i dieci anni di riforma militare, le “tre grandi battaglie” sono state combattute in modo concentrato, vale a dire la riforma del sistema di comando e comando, la riforma della scala, della struttura e della composizione delle forze e la riforma del sistema di politica militare, corrispondenti rispettivamente a ostacoli istituzionali, contraddizioni strutturali e problemi politici.

Il primo è attuare la riforma del sistema di comando e comando e stabilire il principio generale per cui “il comitato militare gestisce il generale, il teatro è la battaglia principale e il servizio è la costruzione principale”.

Qualche tempo fa, l’autore si è recato al Beijing Exhibition Centre per visitare la mostra delle realizzazioni sul tema “Endeavoring a New Era” in cui era allestita una vetrina speciale, che esponeva i nuovi braccialetti dopo la riforma militare, che rifletteva direttamente il nuova leadership e gerarchia di comando.

Braccialetti di 15 dipartimenti funzionali della Commissione militare (Foto/Xinhuanet)

I risultati della riforma del sistema di leadership e comando possono essere riassunti in “Tre interruzioni e tre posizioni”.

In primo luogo, abolire il sistema di quartier generale di vecchia data e istituire un sistema multidipartimentale della Commissione militare.

Il cosiddetto sistema di sedi centrali significa che prima della riforma, l’EPL aveva “quattro sedi”: il Dipartimento di Stato Maggiore, il Dipartimento di Politica Generale, il Dipartimento di Logistica Generale e il Dipartimento di Armamento Generale. Nel novembre 1931 fu istituito il Comitato Militare Rivoluzionario della Repubblica Sovietica Cinese, che per la prima volta cercò di implementare il sistema di leadership del quartier generale, istituendo il Dipartimento di Stato Maggiore, il Dipartimento di Politica Generale, il Dipartimento di Direttore Generale e il Dipartimento di Dipartimento generale della stazione militare. Da allora il sistema delle sedi ha subito adeguamenti, riforme e modifiche.Nel 1958 è stato costituito il sistema delle “tre sedi” del Dipartimento di Stato Maggiore, del Dipartimento di Politica Generale e del Dipartimento di Logistica Generale. Successivamente ha operato stabilmente per 40 anni fino a quando il Dipartimento generale degli armamenti è stato istituito nel 1998 e alla fine ha formato il sistema dei “quattro quartier generali”.

Il sistema delle sedi centrali ha svolto un ruolo importante nella storia, ma con il passare del tempo sono emersi gradualmente i suoi inconvenienti. Wu Qian, portavoce del Ministero della Difesa Nazionale, una volta disse: “Il sistema di comando e comando del quartier generale e della regione militare integra le funzioni decisionali, esecutive e di supervisione ed espone molti inconvenienti. In particolare, il potere di i quattro quartier generali sono troppo concentrati e di fatto sono diventati un livello di leadership indipendente. Ha svolto molte funzioni della Commissione militare centrale e ha obiettivamente influenzato la leadership centralizzata e unificata della Commissione militare centrale”.

Nel 2016 è stata istituita una nuova Commissione militare, con un totale di 15 dipartimenti, ovvero 7 ministeri (dipartimenti), 3 comitati e 5 istituzioni direttamente affiliate. Ciò ha cambiato l’orientamento funzionale degli organi del CMC ed è diventato un “ufficio del CMC” con poteri limitati l’uno dall’altro. Ad esempio, sono stati istituiti la nuova Commissione militare per l’ispezione e la supervisione della disciplina e il Comitato politico e giuridico della Commissione militare e la Commissione militare centrale ha inviato 10 squadre di ispezione e supervisione disciplinare agli organi e ai dipartimenti della Commissione militare centrale e ai teatri, formando un rigoroso sistema di controllo e supervisione per il funzionamento del potere.

In secondo luogo, rompere il sistema di lunga data delle grandi regioni militari e stabilire un sistema di comando di combattimento congiunto.

Prima della riforma, il PLA aveva sette regioni militari tra cui Shenyang, Nanchino e Guangzhou.Le sue funzioni includevano la guida e la gestione dell’esercito di gruppo, le regioni militari provinciali e le truppe di stanza a Hong Kong e Macao, l’organizzazione della coscrizione e dell’addestramento della milizia ed essere responsabile per la costruzione di campi di battaglia. Secondo il progetto politico, la regione militare è anche un teatro ed è responsabile del comando di operazioni congiunte durante la guerra. Tuttavia, la regione militare è in realtà dominata dall’esercito, con funzioni miste di costruzione del combattimento, e non può assumere il compito di comando di combattimento congiunto integrato di vari servizi e armi.Se succede qualcosa, deve costruire temporaneamente istituzioni e guidare squadre, e è difficile garantire la capacità di comando e l’efficienza.

Dopo la riforma, è stato istituito il Centro di comando dell’operazione congiunta della Commissione militare centrale, con cinque teatri a est, sud, ovest, nord e centro, ed è stata migliorata la struttura di comando dell’operazione congiunta del teatro.

Il Joint Reference Center della CMC è il centro di comando strategico della CMC, da cui ogni giorno viene emesso un gran numero di ordini di azione militare. Il 20 aprile 2016, il segretario generale Xi Jinping ha ispezionato il Joint Operations Command Center della Commissione militare e per la prima volta è stata divulgata pubblicamente la sua identità di “comandante in capo del Joint Command Center of the Military Commission”, cosa che ha inviato un chiaro segnale al mondo: il nuovo sistema di comando di combattimento congiunto dell’esercito cinese corre a terra. Il 3 novembre 2017, il decimo giorno dopo la chiusura del 19° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese, il Segretario Generale Xi Jinping si è recato in uniforme al Centro di Riferimento Congiunto della Commissione Militare e ha guidato un gruppo di membri del Commissione Militare per studiare la costruzione del Centro di Riferimento Congiunto della Commissione Militare.Questo lavoro si concentra sulla capacità di combattere e vincere guerre con un atteggiamento chiaro.

Rispetto al misterioso Centro di riferimento congiunto della Commissione militare, il Centro di riferimento congiunto del Comando del teatro ha mantenuto un alto grado di visibilità sin dalla riforma militare.

Il teatro è l’unica più alta organizzazione di comando di combattimento congiunto in questa direzione strategica.Svolge funzioni di comando di combattimento congiunto in conformità con i requisiti di tempo di pace e tempo di guerra integrato, funzionamento normale, specializzazione negli affari principali ed essere capace ed efficiente. Un compito importante del teatro è organizzare risposte realistiche a varie minacce alla sicurezza e affrontare le azioni provocatorie militari da parte dei militari.

Ad esempio, da gennaio a settembre di quest’anno, il portavoce dell’Eastern Theatre Command ha rilasciato sette dichiarazioni sul passaggio di navi da guerra e aerei stranieri attraverso lo stretto di Taiwan, contrastando tutte le minacce e le provocazioni e difendendo risolutamente la sovranità nazionale e l’integrità territoriale”.

Nell’agosto 2022, Gu Zhong, vice capo di stato maggiore dell’Eastern Theatre Command, ha introdotto la situazione dell’esercitazione militare “Lock Taiwan” (screenshot dal notiziario CCTV)

Terzo, rompere il sistema di lunga data dell’esercito continentale e stabilire un nuovo sistema di leadership e gestione per i servizi militari e le forze di polizia armate.

Prima della riforma militare, l’esercito era la forza principale dell’EPL, ma per molto tempo non esisteva un’agenzia indipendente.Le funzioni di comando erano svolte dai “quattro quartier generali” e la proporzione della marina, dell’aviazione e la seconda artiglieria era relativamente bassa. Dopo la riforma, è stata istituita la leadership dell’esercito, sono state istituite 5 agenzie dell’esercito teatrale, la seconda forza di artiglieria è stata ribattezzata Armata missilistica e le armi indipendenti strategiche originali sono state aggiornate in armi indipendenti e una forza di supporto strategico e una forza di supporto logistico congiunta si sono formati. Attualmente, l’Esercito popolare di liberazione ha un totale di 6 armi e armi, la proporzione di armi e armi è stata adattata e ottimizzata e lo schema di sviluppo è diventato più equilibrato, il che decreta anche la fine del sistema dell’esercito continentale.

Conformemente al principio “l’esercito è l’esercito, la polizia è la polizia e il popolo è il popolo”, è stata completata la riforma intermilitare delle forze di polizia armate. Dalle 00:00 del 1 gennaio 2018, le forze di polizia armate sono sotto la guida centralizzata e unificata del Comitato centrale del partito e della Commissione militare centrale e viene implementata la Commissione militare centrale – Forza di polizia armata – Sistema di comando e comando dell’unità. Allo stesso tempo, anche il sistema di gestione della forza di riserva è stato riformato per garantire la leadership assoluta del Partito sulle forze armate nazionali.

“Shaping”: snello e potente

La seconda grande battaglia è la riforma della struttura della scala e della composizione delle forze. Se usi il termine di fitness per descriverlo, è perdere grasso e aumentare i muscoli, in modo che il corpo dell’esercito diventi più forte e snello.

Dopo la riforma, il personale militare è stato ridotto di 300.000, principalmente a causa della razionalizzazione del personale negli organi e nelle agenzie non combattenti: oltre 1.000 unità organizzative al di sopra del corpo sono state ridotte di oltre 1.000 e il numero di il personale in servizio attivo nelle agenzie non combattenti è stato ridotto di quasi la metà, arricchito.

Il risultato più diretto di questa riforma è che molte “nuove designazioni” che non sono mai apparse nella storia dell’Esercito popolare di liberazione sono state aggiunte una dopo l’altra alla sequenza di battaglia, rendendo l’esercito più moderno e più adatto alle esigenze della moderna guerra.

Il nuovo badge sul petto dell’esercito è cambiato dalla Grande Muraglia e dai fucili agli ingranaggi e alle ali dei veicoli corazzati, che è una rappresentazione intuitiva dell’esercito che ha più veicoli corazzati ed elicotteri e “vola in alto”.

Sopra: il vecchio badge sul petto dell’esercito; In basso: il nuovo badge sul petto dell’esercito

Dopo la riforma militare, l’esercito di gruppo dell’esercito è stato modificato da 18 a 13, il corpo principale ha implementato il sistema “militare-brigata-battaglione” e le brigate combinate e i battaglioni combinati sono diventati la corrente principale. Una varietà di nuovi tipi di battaglioni sintetici come battaglioni pesanti, leggeri, aerei, da montagna e anfibi sono incorporati nel sistema di combattimento dell’esercito, realizzando la percezione multi-sorgente del comando di combattimento, un’elevata integrazione degli elementi di combattimento e l’espansione multidimensionale di spazio di combattimento.

Le divisioni e le brigate d’assalto aereo sono lo “standard” per alcune potenze militari. Dopo questa riforma, il PLA è stato equipaggiato con diverse brigate d’assalto aereo, equipaggiate con Z-20, Z-10, Z-19 e altri elicotteri da trasporto avanzati ed elicotteri armati, nonché obici montati su veicoli, veicoli fuoristrada Lynx e altre attrezzature avanzate , per implementare una serie di nuove tattiche come operazioni oltre l’attacco, operazioni di assalto a cavallo e operazioni di controllo di punti chiave. Lo sviluppo da una tradizionale brigata dell’aviazione dell’esercito a una brigata d’assalto aereo segna il rapido miglioramento delle capacità offensive e difensive tridimensionali del PLA.

La formazione portaerei della nave Shandong salpa in mare (foto/rete militare cinese)

Alla sequenza della Marina è stata aggiunta anche molta “potenza del pugno”, la più rappresentativa è la formazione della portaerei.

Dall’ingresso della nave Liaoning nel 2012, la Marina Militare è entrata nell’era delle “tre portaerei” e spesso vengono divulgate le notizie di formazioni di portaerei che si addestrano in mare e svolgono missioni militari. 1 formazione di portaerei, che di solito include diversi cacciatorpediniere 055, 052C, 052D e altri, 054A e altre fregate, navi da rifornimento complete di tipo 901 e sottomarini, che formano un sistema di difesa aerea completo a lungo raggio, medio raggio e corto raggio, e ha una forte capacità di guerra anti-nave e anti-sottomarino.

L’aumento della formazione delle portaerei richiederà inevitabilmente più piloti di aerei basati su portaerei. Secondo i resoconti dei media militari, i percorsi di crescita e i collegamenti di addestramento dei piloti di aerei basati su portaerei sono stati completamente collegati e i percorsi paralleli a doppio binario di “modalità di riparazione” e “modalità di crescita” sono stati completamente aperti.

La cosiddetta “modalità refit” si riferisce alla selezione di talenti da parte di piloti di caccia attivi per l’addestramento. Hanno una buona base di abilità, ma a causa della grande differenza nella gestione degli aerei basati su portaerei, hanno bisogno di riadattarsi e superare le azioni abituali, che richiedono molto tempo; Il modello di crescita consiste nel reclutare piloti di aerei basati su portaerei direttamente dagli studenti delle scuole superiori e formarli direttamente, cosa che può essere eseguita in un solo passaggio e ridurre i tempi di formazione. Alla fine del 2020, il primo lotto di piloti di caccia basati su portaerei in modalità crescita della Marina ha superato la certificazione di qualificazione all’atterraggio e negli ultimi due anni sono stati coltivati ​​​​più talenti.

Nell’Aeronautica ci sono sempre più “veicoli aerei senza pilota”, che rappresentano un’approfondita comprensione della tendenza allo sviluppo dell’intelligence militare e del continuo sviluppo di nuove forze di combattimento.

Il portavoce dell’Air Force Shen Jinke una volta ha dichiarato alla conferenza stampa dell’Air Force Aviation Open Event: “L’equipaggiamento senza pilota è una direzione importante per lo sviluppo dell’equipaggiamento militare in futuro. Lo sviluppo dell’equipaggiamento per veicoli aerei senza pilota del mio paese ha raggiunto l’avanzato livello mondiale livello.” I militari hanno equipaggiato vari tipi di droni, come droni di sorveglianza, droni da ricognizione sciame e droni ad ala fissa. Tra di loro viene svolto un addestramento collaborativo per dare pieno gioco all’efficacia in combattimento degli UAV.

La riforma della Rocket Force, in conformità con i requisiti strategici di “deterrenza sia nucleare che convenzionale, su tutta l’area” e i requisiti standard fondamentali di “pronto al combattimento, lancio puntuale e danno effettivo”, accelererà il miglioramento della capacità di attacco strategico. Le truppe da combattimento in prima linea hanno realizzato la trasformazione da “lancio fisso” a “lancio mobile”, “lancio selezionato” a “lancio casuale”, “lancio di munizioni vere” a “lancio effettivo”, che è più adatto alle esigenze di combattimento e migliora la sopravvivenza sul campo di battaglia.

Dopo la riforma, l’esercito missilistico ha inizialmente formato un sistema di forze di combattimento con armi sia nucleari che convenzionali, modelli corrispondenti, connessione di portata ed efficacia di attacco. I missili Dongfeng-17 e Dongfeng-41, che hanno fatto il loro debutto pubblico nella parata militare della Giornata Nazionale nel 2019, sono apparsi anche nell’area espositiva all’aperto della mostra dei risultati con il tema “Endeavoring a New Era”, attirando molti pubblico di fermarsi e scattare foto. “Dongfeng Express, la missione deve essere compiuta”, questa “compagnia espressa” specializzata nell’invio di merci pericolose è davvero straordinaria.

L’area espositiva all’aperto della mostra sui risultati a tema “Endeavour New Era” mostra un lotto di armi e attrezzature avanzate, inclusi i missili Dongfeng-17 e Dongfeng-41 (fotografati dall’autore)

Ci sono anche molti punti positivi nella riforma della forza di supporto strategico, della forza congiunta di supporto logistico e della forza di polizia armata. Ad esempio, in questo round di riforma, sono state istituite cinque brigate di supporto logistico congiunte.A differenza delle brigate di combattimento tradizionali, la brigata di supporto logistico congiunto è un’organizzazione di comando inviata dal centro di supporto logistico congiunto. La Joint Logistics Support Brigade non è responsabile del supporto quotidiano delle truppe, ma è specificamente responsabile del supporto al combattimento, saldando perfettamente servizi medici, carburante e munizioni nel sistema di combattimento congiunto.

Attraverso la riforma della struttura della scala e della composizione delle forze, l’esercito è stato profondamente trasformato da una scala quantitativa a una di qualità ed efficiente, e da una ad alta intensità di manodopera a una ad alta intensità di tecnologia, creando un moderno sistema di forze militari con caratteristiche cinesi .

Dall’inizio di quest’anno, sono state distribuite una dopo l’altra 21 divise mimetiche.Molti netizen hanno commentato che il PLA che indossa le nuove divise mimetiche sembra molto moderno e pieno di stile internazionale. Le nuove divise mimetiche non distinguono più i colori per servizio, ma sono abbinate alle aree di combattimento, che riflette anche una direzione di riforma: tutto è per il combattimento vero e proprio.

“Rispetto”: vitalità ispiratrice

A partire dal 31 dicembre 2021, una rubrica “Reform Moment” incentrata sulla riforma del sistema di politica militare è stata trasmessa sul canale militare e di difesa nazionale della CCTV, introducendo il significato della riforma, i punti salienti dei cambiamenti e i risultati pratici, diventando il terzo più grande programma per comprendere la “riforma”. Una finestra sulla battaglia”.

La riforma del sistema politico militare copre principalmente quattro aspetti: il sistema di costruzione del partito del nostro esercito, il sistema politico di utilizzazione delle forze militari, il sistema politico di costruzione delle forze armate e il sistema politico di gestione militare.

Per gli ufficiali e i soldati di base in prima linea, il sentimento più diretto è l’attuazione di un pacchetto di politiche e sistemi per la gestione degli ufficiali attivi e l’introduzione di misure di riforma come l’istruzione preferenziale per i bambini, il recupero medico e impiego dei membri della famiglia militare che ufficiali e soldati si aspettano Il rispetto del loro status rafforza il loro senso di onore professionale e di successo.

Ad esempio, da gennaio di quest’anno, cure mediche gratuite per i coniugi militari, e cure mediche preferenziali per genitori e coniugi di ufficiali e sergenti militari. Inoltre, pagare gli alimenti ai genitori idonei, pagare onorari ai coniugi, aumentare l’importo delle tasse per l’assistenza all’infanzia, attuare politiche prioritarie militari nei trasporti pubblici, cure mediche, ecc. e garantire garanzie politiche per i veterani, ecc. Ci sono molti trucchi duri e pratici per risolvere il problema delle generazioni future nel cortile di casa, che ha ottenuto gli elogi di ufficiali e soldati.

Ai soldati viene data la priorità in conformità con la legge (Photo/China Military Network)

Il 21 settembre di quest’anno si è tenuto a Pechino il seminario sulla difesa nazionale e la riforma militare. L’incontro ha riassunto i principali risultati ed esperienze di questo ciclo di riforme militari e di difesa nazionale e ha implementato il lavoro di pianificazione delle riforme di follow-up. Nella fase successiva, la riforma dell’esercito continuerà ad essere attuata, ad attuare in modo completo tutte le decisioni e gli schieramenti di riforma stabiliti e continuerà a promuovere l’attuazione, il miglioramento e l’ottimizzazione della riforma; approfondire la pianificazione e la progettazione della modernizzazione della forma organizzativa dell’esercito e migliorare e innovare continuamente il sistema di comando militare, il sistema di gestione, il sistema di alimentazione, il sistema istituzionale.

Il 20° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese ha lanciato un appello a “raggiungere l’obiettivo del 100° anniversario della fondazione dell’esercito come previsto e creare una nuova situazione per la modernizzazione della difesa nazionale e dell’esercito”. . Potremmo essere in grado di guardare avanti e indovinare quali nuove falangi di forza e nuove armi ed equipaggiamenti verranno mostrati sulle piazze d’armi quando l’esercito celebrerà il suo centenario nel 2027!

Riferimenti:

Zhong Xin: “L’esercito popolare realizza un intero rimodellamento rivoluzionario”;

Wu Ming: “Rimodellare la leadership e il sistema di comando del nostro esercito è una scelta inevitabile per rafforzare l’esercito e ringiovanire l’esercito”;

Mei Changwei et al.: “La grande pratica di riformare e rafforzare l’esercito nella nuova era”;

Li Diansheng: “Se non ti riformi, non puoi combattere, non puoi vincere”; e così via.

Questo articolo è un manoscritto esclusivo di Observer.com.Il contenuto dell’articolo è puramente personale opinione dell’autore e non rappresenta il punto di vista della piattaforma.Senza autorizzazione, non può essere riprodotto, pena la responsabilità legale. Segui l’Observer Network WeChat guanchacn e leggi articoli interessanti ogni giorno.

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È ora di ricominciare a preoccuparsi!_di gilbertdoctorow

Alcuni lettori mi hanno commentato in e-mail dirette di aver tratto conforto dai miei scritti in quanto sono stato una voce moderata, evitando allarmismi per le notizie quotidiane spesso fastidiose sulla guerra russa con l’Ucraina e intorno alla guerra, o più propriamente parlando oggi, la Russia guerra per procura con la NATO in e intorno all’Ucraina.

Proprio per questo, ho esitato a condividere con i lettori il profondo pessimismo che mi ha sopraffatto un paio di giorni fa sulle nostre possibilità di evitare l’Armageddon nucleare. Questo è seguito alla mia visione dell’ultimo talk show politico di Solovyov alla televisione di stato russa. Ho usato regolarmente questo spettacolo come cartina di tornasole dell’umore delle élite sociali e politiche russe: quell’umore è diventato nero.

Mentre in passato, indietro di sei mesi o più, avevo riferito del disprezzo aperto che accademici russi di spicco e altamente responsabili dei circoli universitari e dei gruppi di riflessione hanno mostrato nei confronti della leadership politica americana nelle loro dichiarazioni sui talk show politici, questo disprezzo è entrato in una fase perseguibile, con il che intendo dire che i russi seri e timorati di Dio sono così furiosi con la propaganda spazzatura proveniente da Washington, ripetuta con megafoni in Europa che, se ne avessero la possibilità, “premerebbero il pulsante” personalmente e scatenerebbero attacchi nucleari contro gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, in quest’ordine nonostante la possibilità, anche la probabilità di un attacco di ritorno, che, per quanto indebolito, sarebbe devastante per il proprio paese. Vale a dire,

Qualunque siano le parole dell’amministrazione Biden sul fatto che la guerra nucleare sia “fuori discussione”, il comportamento aggressivo e minaccioso dell’America, compreso il continuo “addestramento alle armi nucleari” attualmente in corso in Europa sotto la direzione degli Stati Uniti, ha reso i russi razionali e molto seri pronti a Provaci.

Uno degli esperti di affari internazionali più sobri ad apparire nello show di Solovyov, Yevgeny Satanovsky, presidente del think tank dell’Istituto del Vicino Oriente, ha contenuto la sua rabbia con una certa difficoltà, dicendo solo che mentre una volta aveva nutrito una certa simpatia per il Stati Uniti, ora vedrebbe la sua totale distruzione con poco rimpianto; non ha lasciato alcuna menzione su dove sono puntati i piedi quando ha aggiunto che non poteva dire altro in onda per paura di essere censurato e le sue parole rimosse dal video.

Per queste ragioni ho dato a questo saggio rivolto al Collective West, e in particolare ai fomentatori del disordine mondiale a Washington e Londra, un titolo che si adatta alla situazione attuale.

*****

Come abbiamo visto anche prima del lancio dell'”operazione militare speciale”, i programmi di conversazione russi identificano per nome le persone nella squadra di Biden la cui eccezionale stupidità, ottusità e ignoranza di rango trovano insopportabili, con artisti del calibro di Antony Blinken, Jake Sullivan e Lloyd Austin tra coloro che verranno per una menzione speciale. Ci rimane l’impressione che quando Biden chiama i suoi consiglieri allo Studio Ovale, lui, ottuso senile com’è, sia la luce brillante nella stanza. I russi ne concludono che non hanno nessuno con cui negoziare.

Ora la nomina degli idioti ai vertici si trasferisce a tutte le discussioni sull’Unione Europea e sui leader britannici. La denuncia dell’incompetenza, della stupidità di rango e, sì, delle mentalità neocolonialiste o fasciste tra i leader europei si è ben riflessa nell’ultimo spettacolo di Solovyov. Il frustino più discusso è stato il commissario Ue per l’azione esterna, Josep Borrell, che sembra parlare quotidianamente al mondo e non riconosce limiti a ciò che può proclamare, come se fosse la politica ufficiale dell’Ue in difesa oltre che in diplomazia.

Lo spettacolo di Solovyov ha mostrato sullo schermo una breve registrazione video di Borrell che espone compiaciuto della posizione privilegiata dell’Europa come “un giardino di democrazia liberale, buone prospettive economiche e solidarietà sociale” che è circondato dalla “giungla”. Quel riferimento alla giungla si adatta bene, ha osservato Solovyov, con la mentalità colonialista di Rudyard Kipling ed è profondamente offensivo per il resto del mondo, di cui la Russia fa parte. Più precisamente, Borrell era noto anche in Russia la scorsa settimana per la sua affermazione secondo cui qualsiasi uso da parte della Russia di armi nucleari in Ucraina sarebbe stato contrastato da un massiccio attacco non nucleare dall’Europa che avrebbe “annientato” l’esercito russo. Tuttavia, Borrell non era solo in borsa:

Quindi non hai un rifugio antiaereo? Quindi, come hanno detto i russi decenni fa, è giunto il momento di gettarsi un lenzuolo sulle spalle e camminare lentamente verso il cimitero più vicino.

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Una delle ultime due notizie false diffuse contemporaneamente e in modo onnipresente sui principali media occidentali la scorsa settimana è che la Russia sta considerando di usare contro l’Ucraina “armi nucleari tattiche”, ovvero testate con una forza distruttiva equivalente alle bombe di Hiroshima-Nagasaki montate in crociera o missili balistici a medio raggio. La nostra carta stampata ed elettronica speculano sul numero di testate che la Russia possiede attualmente (2.000 o più), come se ciò potesse fare la differenza in un assalto all’Ucraina.

Spazzatura dicono i russi nello show di Solovyov: non abbiamo bisogno di armi nucleari per finire gli ucraini. Le uniche forze nucleari che dispiegheremmo nella situazione attuale sono le armi strategiche, e sono dirette contro… Washington con l’aiuto dei sistemi di consegna Sarmat e Poseidon.

L’altra grande fake news diffusa in maniera massiccia dai media occidentali negli ultimi giorni è stata l’accusa che i russi stiano cercando di congelare a morte gli ucraini con i loro attacchi contro le infrastrutture di produzione di energia. Le immagini di Stalingrado sono state evocate dalle nostre emittenti. Si dice che un blocco simile sia stato inflitto all’Europa occidentale dal taglio delle forniture energetiche russe all’UE.

Altre sciocchezze dicono i relatori del programma Solovyov. L’attacco alla rete elettrica in Ucraina non è diretto contro i civili di per sé; ha lo scopo di fermare le consegne ferroviarie di sistemi d’arma avanzati e munizioni in arrivo in Ucraina al confine con la Polonia e spostate in treno ai fronti nell’est e nel sud del paese. Senza questi input, l’esercito ucraino sarà kaput e la guerra potrà giungere a una conclusione anticipata con la capitolazione di Kiev. Per quanto riguarda l’UE, qualunque chill out possa arrivare quest’inverno è dovuto esclusivamente alle decisioni poco professionali e ignoranti della Commissione sulle importazioni di idrocarburi russi che sono state seguite ciecamente dagli Stati membri senza debita considerazione delle conseguenze per le proprie popolazioni.

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Il Collective West parla di referendum “falsi” nelle quattro oblast ucraine che ora sono state reintegrate (o annesse, a seconda della politica) della Federazione Russa. In questo spirito, a metà della scorsa settimana l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato in modo schiacciante una risoluzione sponsorizzata dagli Stati Uniti che rifiuta di riconoscere la legalità di questa annessione. Tra coloro che hanno votato contro la Russia c’erano importanti “stati amici” come Serbia e Ungheria. Centoquaranta stati hanno votato con gli Stati Uniti; quattro stati, compresi i regimi paria in Venezuela e Corea del Nord, si sono uniti alla Russia votando “nyet” e trentacinque stati si sono astenuti.

Gli Stati Uniti hanno strombazzato questa vittoria all’ONU sui russi dispettosi e che infrangono le regole. Anche il capo della diplomazia dell’UE Borrell ha gongolato, anche se ha espresso rammarico per il fatto che il 20% degli Stati membri non avesse votato a favore della risoluzione.

I russi, dal canto loro, insistono sul fatto che questo voto è stato una farsa, viste le carote e i bastoni che i diplomatici americani ed europei hanno usato per ottenere i risultati sperati. Sono stati applicati ricatti di ogni tipo, dicono i russi. Inoltre, il numero di Stati in ogni conteggio racconta solo una parte della storia: tra i 35 paesi astenuti c’erano India e Cina, che da sole rappresentano il 35% dell’umanità.

Intanto, oltre in Europa, il giorno successivo l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa riunita a Strasburgo ha adottato una risoluzione che condanna la Russia per la sua presunta aggressione contro l’Ucraina con un atto particolare lungo diverse pagine e comprendente un appello ai 46 Stati membri a dichiarare la Russia uno “stato terrorista” come aveva chiesto loro Zelensky. Il voto pubblicato sarebbe stato 99 per la risoluzione, 1 contrario. Nell’annuncio dei risultati delle votazioni non è stato fatto menzione del fatto che il numero effettivo di deputati in PACE è 306. Il punto non è sfuggito alla giuria di Solovyov, che anche qui ha gridato “fallo”.

Mettendo da parte questi due voti che hanno raccolto così tanta attenzione nei media propagandistici occidentali, ci sono stati altri sviluppi internazionali relativi alla posizione relativa della Russia nella comunità globale che i media occidentali hanno scelto di ignorare, ma i media russi hanno avuto un posto di rilievo.

Penso in particolare ai tre giorni di vertice ad Astana, capitale del Kazakistan. Il primo di questi incontri ha riunito 27 capi di stato provenienti da tutta l’Asia, che vanno da Israele e Palestina, Qatar ed Emirati a ovest fino alla Corea a est. Ricordiamoci che un buon numero di partecipanti proveniva da paesi che hanno votato contro la Russia all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La loro presenza ad Astana ha smentito l’idea che stessero espellendo la Russia dalla società educata.

La personalità chiave dell’incontro del 27 è stato chiaramente Vladimir Putin. I filmati della televisione russa lo hanno mostrato in una conversazione animata con questi leader in formati di gruppo e bilaterali. Di questi il ​​più significativo è stato probabilmente il faccia a faccia con il presidente turco Erdogan, durante il quale i due hanno discusso i passi immediati per attuare la proposta russa di aggiungere un nuovo gasdotto al Turk Stream in modo da aumentare notevolmente le possibilità di consegna del gas all’Europa da questa rotta meridionale attraverso i Balcani. In questo concetto, la Turchia diventerà un importante hub del gas, che rappresenta la realizzazione di un sogno di lunga data dal leader turco.

Nella sua qualità di hub, la Turchia sarebbe in grado di mescolare il gas russo con i flussi dall’Azerbaigian e forse successivamente dal Turkmenistan, in modo che il prodotto venduto come esportazione turca sarebbe a prova di proiettile contro le sanzioni americane o europee. La linea aggiuntiva potrebbe essere posata probabilmente entro un anno, vale a dire più rapidamente rispetto alle problematiche riparazioni dei gasdotti Nord Stream 1 danneggiati.

Il giorno successivo ad Astana si è tenuto un altro vertice tra i leader della Comunità degli Stati Indipendenti. Questa ristretta cerchia di membri è stata anche di grande importanza nella misura in cui conferma la posizione della Russia come facilitatore di soluzioni diplomatiche tra gli Stati membri in conflitto armato tra loro, con gli azeri e gli armeni in prima linea. E il vertice finale, tra i leader delle repubbliche dell’Asia centrale con la Russia aveva ancora un altro importante programma: concordare misure di sicurezza per difendersi dalle ricadute nella loro regione della guerra civile in via di sviluppo in Afghanistan, dove gli Stati Uniti e la Gran Bretagna stanno aiutando i gruppi estremisti che cercano di rovesciare governo talebano. Dal linguaggio del corpo dei leader, sembrerebbe che l’orecchio di Putin fosse molto richiesto.

Nel considerare il senso di questi raduni, mi pare che un’osservazione fatta qualche giorno fa su un altro spettacolo di Solovyov e sulla decisione dei sauditi e degli Stati del Golfo di snobbare le insistenti richieste di Biden di aumentare la produzione di petrolio: la decisione di la causa comune con la Russia non è nata per pietà per i deboli ma per realismo, vale a dire la valutazione che la Russia vincerà la gara militare con NATO/Ucraina. Questi governanti dell’Opec, come i governanti che sono venuti ad Astana la scorsa settimana, tornano vincitori e non potenziali perdenti.

Se posso trarre conclusioni positive dall’analisi altrimenti deprimente di cui sopra, sono che la Russia sta resistendo con successo alle massicce pressioni degli Stati Uniti e dell’UE e che il mondo si sta riallineando davanti ai nostri occhi in una direzione più multipolare e democratica. Eppure, i timori di errori di calcolo da una parte o dall’altra in questa gara tesa e senza precedenti significano che l’Armageddon minaccia costantemente in background.

©Gilbert Doctorow, 2022

https://gilbertdoctorow.com/2022/10/15/time-to-start-worrying-again/

OLTRE IL GIARDINO, di Andrea Zhok

Ieri il responsabile della politica estera dell’Unione Europea Joesp Borrell ha spiegato in un’intervista come in Europa vi sia “la migliore combinazione di libertà politica, prosperità economica e coesione sociale che l’umanità è stata in grado di costruire: tutte e tre le cose insieme”, e prosegue paragonando l’Europa a “un giardino” e il resto del mondo ad una “giungla che potrebbe invadere il giardino”. È per questa ragione che gli europei devono “andare nella giungla”, devono “essere molto più coinvolti nel resto del mondo. Altrimenti, il resto del mondo ci invaderà”.
Questo discorso nella sua schiettezza ideologica rivela molte più cose delle circostanze in cui ci troviamo di qualunque sottile analisi geopolitica. Certo, vi saranno strateghi che operano dietro le quinte ed esaminano la realtà con freddo realismo in termini di mero potere, economico e militare, ma ogni epoca, ogni civiltà poggia sempre su una qualche visione fondamentale, cui aderiscono i più, che operano al di fuori della “stanza dei bottoni”. Le parole di Borrell ci rammentano gli estremi di questa visione portante, che sta al fondo dell’attuale conflitto mondiale ibrido (noi siamo già nella Terza Guerra Mondiale, ma in una forma per ora ibrida, in cui le componenti economica e di manipolazione cognitiva sono almeno altrettanto importanti di quella militare).
Borrell ci ricorda, involontariamente, come l’Occidente abbia costruito la propria autocoscienza negli ultimi due secoli in una forma “progressista” (condivisa, beninteso, anche da quelli che si dicono “conservatori” in politica), una forma in cui il mondo “va avanti”, e individui e popoli si distinguono in “avanzati” e “arretrati”.
Noi occidentali, in quanto avanzati e progrediti, possiamo legittimare ai nostri occhi fondamentalmente ogni abuso ed ogni prevaricazione nei confronti degli arretrati, giacché il progresso funziona come un dispositivo di giustificazione morale. Il progressismo occidentale è in effetti una forma di razzismo culturale, straordinariamente arrogante ed aggressivo, che riveste la primitiva “legge del più forte” con decorazioni ideologiche di altissima parvenza morale (i diritti umani, i diritti civili, ecc.).
L’intero apparato intellettuale e propagandistico organico a questa visione produce a getto continuo giustificazioni ad hoc per qualunque violenza e abuso, adottando con sistematicità doppiopesismi mirabolanti e sofismi iperbolici (dal Congo belga a Wounded Knee, dalla Shoah a Hiroshima, dal Vietnam all’Iraq, ecc. è un libro degli orrori punteggiato di appelli al progresso). Al fondo di tutto ciò c’è un assunto roccioso, l’unica cosa davvero stabile e inconcussa: il senso della nostra superiorità. Ciascuna delle infinite prove del carattere aggressivo, predatorio, disumanizzante della civiltà occidentale contemporanea vengono automaticamente lette dall’apparato come errori di percorso, incidenti inessenziali, danni collaterali nel processo verso l’avanti, il di più, il meglio, il progresso.
Noi, gli Eloi, viviamo nel giardino, gli altri, i Morlock, nella giungla.
È interessante ricordare come l’intera fondazione storica di questo senso di superiorità è esclusivamente fondata sulla superiorità tecnologica, militare e poi industriale, maturata compiutamente negli ultimi due secoli. È con la rivoluzione industriale e la capacità di produrre in serie grandi quantità di armi micidiali che il senso di superiorità e avanzamento diviene pienamente convincente.
Non è certo sul piano spirituale, né su quello dell’armonia delle forme di vita, né su quello della felicità, né su quello della raffinatezza artistica, né su nient’altro che l’Occidente ha maturato la propria autocoscienza di superiorità, nient’altro salvo la forza tecnologicamente supportata. Per dire, non abbiamo elaborato niente di comparabile alle tecniche del corpo e della mente che possiamo trovare nella cultura indiana, cinese, giapponese, ecc. ma noi avevamo le mitragliatrici, loro no.
In effetti l’unica cosa che nutre e permette di definire uno standard di “progresso” è l’accumulo di potenza tecnologica. Se sia migliore, “più progredita” la poesia giapponese o quella tedesca è questione che nessuna persona sana di mente si metterebbe seriamente a discutere, ma che la tecnologia tedesca fosse superiore a fine ‘800 era dimostrabile sul campo, e ciò, ad esempio, spinse il Giappone (nonostante grandi resistenze) ad adeguarsi agli standard europei.
L’Occidente è dunque la forza storica che ha spinto il mondo nella direzione di una competizione infinita, illimitata, giacché ha creato un campo di gioco dove non c’era pietà per chi restava “indietro”. L’Occidente ha indotto il pianeta ad una sistematica “corsa agli armamenti”, in senso bellico o economico, sulla scorta della propria visione progressista di un avanzamento assoggettante.
Al contempo, sin dall’inizio e con sempre maggiore intensità, l’Occidente (che non coincide con la cultura, o meglio le culture, europee) ha dato mostra di entrare in ricorrenti crisi di autofagia, di destabilizzazione ed autodistruzione. Gli anni che precedono la Prima Guerra Mondiale sono anni culturalmente affascinanti per lo studioso perché sono una straordinaria, insistente elaborazione sul tema della disperazione, della decadenza e del nichilismo (esattamente in parallelo con il simultaneo levarsi delle lodi positivistiche al progresso, all’illuminazione elettrica, ai nuovi “comfort”). Le due guerre mondiali – gli eventi ad oggi più distruttivi che la storia dell’umanità registri – hanno semplicemente portato le lancette dell’orologio della storia di nuovo indietro di mezzo quadrante: e dagli anni ’80 del XX secolo le stesse dinamiche di un secolo prima iniziano a profilarsi.
Oggi e da tempo nel “giardino” occidentale la percezione di precarietà e di mancanza di futuro è generalizzata; siamo alla seconda generazione che nasce e cresce in una condizione di perenne crisi, di totale disorientamento, di sradicamento, di liquefazione dei rapporti, degli affetti, delle identità, di incapacità di identificarsi con un qualunque processo sovraindividuale, che sia storico o trascendente.
Questa condizione di degrado sociale e antropologico viene camuffato ideologicamente facendo di ogni ferita un vanto, di ogni cicatrice una decorazione: l’instabilità è “dinamicità”, la sradicatezza è “libertà”, lo sfaldamento identitario è gioiosa “fluidità”, ecc. Il male di vivere nelle generazioni più giovani, quelle tradizionalmente più disposte alla contestazione e alla protesta, è tenuto sotto controllo con la disponibilità di un sempre crescente mercato di intrattenimento standardizzato, funzionale a distogliere la mente da qualunque durevole forma di autocoscienza o generale consapevolezza. Quello che un tempo era il gin delle distillerie clandestine per l’operaio della rivoluzione industriale è ora fornito in forma di intrattenimento a domicilio da variegati schermi. Anche questo è progresso: in questo modo la forza lavoro dura di più.
Collocandoci in una posizione superiore e avanzata, questa visione consente di delegittimare in partenza ogni lamento, giacché per definizione, quand’anche noi in prima classe avessimo problemi, figuratevi tutti gli altri miserabili, in altri luoghi o tempi. Dunque smettete di lamentarvi e tornate al lavoro.
Questa concezione onnicomprensiva, in cui siamo immersi ad una profondità quasi insondabile, rappresenta una bolla al di là della quale non siamo in grado di immaginare che possa esistere alcun mondo degno di essere abitato (c’è solo l’oscurità della “giungla”). È per questo motivo che nel momento in cui, per la prima volta da due secoli, compare all’orizzonte l’ombra di competitori non facilmente assoggettabili, la sfida, per chi è imbevuto di questa visione, diventa qualcosa di assoluto, di esistenziale. Non si può cedere perché cedere significherebbe aprire la strada ad una relativizzazione del nostro sguardo, e questo solo fatto aprirebbe le cateratte dello scontento represso, del disagio covante sotto le ceneri, della disperazione dietro a mille insegne luminose.
È per questo che si tratta di un momento di particolare pericolosità: l’Occidente, traendo tutta la propria resistenza psicologica residua dalla propria immagine di superiorità non è nelle condizioni culturali di immaginare per sé una forma di vita differente. Perciò le oligarchie, che della forma di vita occidentale percepiscono solo i benefici, sono disposte a sacrificare fino all’ultimo plebeo pur di non cedere terreno, pur di non lasciar crescere alcuna vegetazione spontanea dentro il “giardino”.

da https://www.facebook.com/andrea.zhok.5

Fermare la guerra! A quali condizioni?_di Giuseppe Germinario

Siamo al nono mese di guerra in Ucraina. Al progressivo e sempre più evidente coinvolgimento degli Stati Uniti e al trascinamento dei paesi della Alleanza Atlantica in Europa, corrisponde un affievolimento dell’entusiasmo, che in Italia per la verità non ha raggiunto mai vette eccelse, nel sostegno al regime ucraino. Non è ancora una opposizione aperta, anche perché in Italia manca totalmente una leadership politica in grado di alimentarla, sostenerla e dirigerla con discernimento. Il senso di inquietudine e di malessere, però, è palpabile e crescente.

Sarà il rischio sempre più evidente di uno scontro militare aperto che vedrebbe per la terza volta l’Europa come il campo di battaglia di un confronto che vede questa volta, a differenza delle altre due, negli Stati Uniti, un paese separato da un oceano e nella Russia, un paese immerso in due continenti con un piede ben saldo nel 40% del territorio europeo; sarà per le drammatiche conseguenze delle sanzioni, nominalmente volte a punire la Russia, di fatto a stroncare l’Europa, in primis Germania, Francia e Italia. Persino il nostro ceto politico, così entusiasticamente ed acriticamente schierato nel sostenere l’avventurismo statunitense, comincia a intravedere l’arrivo di fosche nubi all’orizzonte e a percepire la difficoltà nel dover gestire una situazione potenzialmente esplosiva.

Flebili voci iniziano ad alzarsi per “fermare la guerra” e “raggiungere la pace”. Un coro al quale partecipano anche i partigiani più oltranzisti nel sostegno al regime ucraino, alimentando con questo la confusione e gli equivoci nei quali rischierà di affogare ogni iniziativa seria e realistica. Una situazione non nuova nel panorama politico italiano così magmatico e paludoso.

Su questo tocca dare ragione a Calenda e alla sua chiarezza inequivocabile di schieramento. Ci è toccato vedere addirittura il PD manifestare per la pace di fronte alla ambasciata russa, dimenticandosi degli altri attori geopolitici coinvolti a pieno titolo. L’unico segno di cautela, dubito di ritegno, la fine di ogni velleità di assunzione di un ruolo di mediatore, resa provocatoria dall’atteggiamento del Governo Draghi.

Ogni presa di posizione credibile ed ogni iniziativa realistica non può prescindere dalle risposte da dare a tutta una serie di interrogativi rimossi dai facitori di opinione pubblica e dai costruttori di consenso:

  • Come mai gli Stati Uniti non hanno sottoscritto gli accordi di Minsk?

  • Come mai gli Stati Uniti hanno pesantemente armato, organizzato ed integrato, nella fase di latenza degli accordi, l’esercito ucraino con caratteristiche sempre più offensive e si sono spinti sino a sottoscrivere con il regime ucraino, nell’ottobre 2021, un accordo di mutuo soccorso che prevedeva addirittura l’insediamento di un consolato in Crimea?

  • Con quali finalità gli Stati Uniti hanno finanziato ed insediato, con la partecipazione del Pentagono e dei Servizi, decine di laboratori bio-chimici a ridosso dei confini con la Russia?

  • Come mai Francia e Germania hanno dimenticato di esercitare il proprio ruolo di garanti, previsto dagli accordi di Minsk?

  • Quale il motivo della rimozione riguardo alla natura del regime ucraino, nato dal peccato originale di un colpo di stato nel 2014, mosso da una strage ad opera di provocatori ormai in gran parte noti a piazza Maidan, proseguita con altre stragi ed esecuzioni ad Odessa, Melitopol e in tutta l’area russofona e russofila del paese, andata avanti con la progressiva messa al bando di partiti dell’opposizione, siano essi russofili, neutralisti o solo critici del crescente interventismo del regime ucraino?

  • Quale il motivo del silenzio sulle aperte discriminazioni nei confronti della componente russa e russofona, pari a ben oltre il 40% della popolazione originaria dell’Ucraina al 2014, culminata col la legge di tutela delle sole minoranze prive di statualità o con statualità interne alla Unione Europea?

  • Perché il sistema mediatico e politico, nella quasi totalità, continua ad omettere la esistenza e la dimensione reale delle stragi di propri civili, perpetrate coscientemente dall’esercito ucraino a fronte della continua segnalazione di stragi da parte russa, per altro in gran parte smentite dalla documentazione disponibile?

Tutti interrogativi posti non solo in nome di una esigenza astratta di verità o nel caso peggiore da una inconscia e acritica partigianeria e tifoseria a favore di uno dei contendenti, quanto dalla risposta dalla quale dipende una corretta e realistica azione tesa ad una tregua e ad un accordo possibile tra le parti.

Una tregua e un accordo che dipendono sostanzialmente da una premessa e da quattro determinanti necessarie a definire l’ambiente ecologico del teatro ucraino.

La premessa è che nel diritto e nelle convenzioni internazionali viene riconosciuta la facoltà di intervento bellico preventivo in caso di minaccia diretta, così come argutamente stigmatizzato dal professor Sinagra. Una situazione che andrebbe quantomeno approfondita, ma che i politici e l’informazione occidentale si sono ben guardati dall’analizzare sul campo. A questa segue il fatto che il principio di integrità territoriale di uno stato è contemperato dal diritto di autodeterminazione dei popoli, meglio se regolato secondo dinamiche concordate e vigilate nella loro osservanza dagli organismi internazionali. Nel contesto post-sovietico vi è comunque una fase di transizione che dovrebbe essere regolata secondo accordi politici che considerino i contenziosi inevitabili e le implicazioni per le nuove minoranze venutesi a determinare. Quello della discriminazione delle minoranze russe nei paesi seceduti dalla Unione Sovietica, poi denominata CSI, in particolare. L’azione statunitense, della NATO e della Unione Europea ha alimentato queste contrapposizioni piuttosto che risolverle o contenerle in funzione delle sue politiche espansive e russofobiche.

Quanto alle determinanti da tenere conto quanto segue:

  • non si può prescindere dal carattere di guerra civile, col tempo sempre più virulento, assunto dal conflitto militare in Ucraina;

  • né si deve sottovalutare la capacità operativa e di supporto delle forze militari e del complesso militare-industriale russo; sopravvalutare, sino a ritenerlo illimitato, quelli degli Stati Uniti e dell’Alleanza Atlantica;

  • riuscire ad individuare i limiti e la soglia sulla quale è disposta a fermarsi la leadership statunitense. Limiti e soglia non predeterminati dalla amministrazione americana, ma dipendenti dall’andamento del feroce scontro politico in corso all’interno della stessa e tra questa e l’opposizione sempre più strutturata del movimento trumpiano;

  • dalla volontà di una qualche parte delle élites politiche europee di inserirsi in quello scontro per far uscire il continente o almeno parte di esso dalla morsa mortale e suicida in cui si è progressivamente cacciato in un contesto paradossale nel quale la Russia sembra subire i maggiori problemi nel proprio vicinato prossimo, ma, assieme a Cina e India, sembra acquisire crescenti consensi nel resto del mondo a discapito del mondo occidentale.

Tutti fattori che rendono improponibile un mero ritorno agli accordi di Minsk, ma la cui azione protratta nel tempo renderà sempre più costoso il prezzo da pagare in caso di cedimento e più rischiosa l’eventualità di un azzardo.

Una cornice realistica che potrebbe definire un “manifesto alla nazione”, una piattaforma in grado di fermare la corsa alla guerra e al disastro socioeconomico cui stiamo andando incontro e che superi le due tare che inibiscono lo sviluppo di un movimento politico maturo ed efficace: la partigianeria e la tifoseria che, ad armi impari, comunque pervade gli schieramenti in campo; il massimalismo di una opposizione strisciante ma irrilevante che, sull’onda di slogan facili quali l’uscita dalla NATO, senza comprendere le pesanti, probabilmente drammatiche, implicazioni nel tempo e nel merito che una tale decisione comporterebbe, è destinata a rinchiudersi nel ruolo di testimonianza, di contestazione di comodo o di azioni avventate; la strumentalizzazione a fini di gestione partitica interna di iniziative per altri versi significative.

La leadership turca, ungherese, probabilmente quella futura bulgara e moldava, il passato gaullista della Francia mostrano la possibilità di azione entro i comunque angusti spazi offerti dal sistema di Alleanza Atlantica: offrono spazi, per di più, anche a quei settori sempre più presenti, che pur intendendo rimanere fedeli all’alleanza, intendono garantire un ruolo più autonomo al proprio paese. E qualche pallidissima traccia di questo atteggiamento lo si può rilevare persino nei programmi elettorali di alcuni partiti, quali la Lega. Che poi nel tempo, questa sia una posizione realistica, sarà tutta da dimostrare.

L’importante è sapere che più va avanti il processo di integrazione della alleanza, più sarà difficile e doloroso districarsi dai suoi tentacoli; in tutti gli ambiti, non solo quello militare. Ne parleremo quando approfondiremo il contenuto del NSS, appena prodotto dalla amministrazione statunitense

Elogio dei mali minori, Di Emma Ashford

Il realismo può riparare la politica estera?

Non è un buon momento per essere realisti. Sebbene molti eminenti teorici realisti delle relazioni internazionali abbiano predetto correttamente la guerra in Ucraina, la loro attenzione alla politica delle grandi potenze rispetto ai diritti dei piccoli stati e ai loro avvertimenti sui rischi di un’escalation non sono stati apprezzati dai commentatori di politica estera. L’insistenza di alcuni realisti, primo fra tutti John Mearsheimer, sul fatto che la guerra sia quasi interamente il risultato del fattore strutturale dell’espansione della NATO piuttosto che della bellicosità del presidente russo Vladimir Putin non ha reso caro il realismo nemmeno a un pubblico più ampio. Secondo lo studioso Tom Nichols, la guerra in Ucraina ha dimostrato che “il realismo non ha senso”. 

Alcuni di questi sono solo i normali problemi di pubbliche relazioni del realismo quando si tratta di etica e diritti umani. Una delle principali tradizioni filosofiche della politica internazionale, il realismo vede il potere e la sicurezza al centro del sistema internazionale. Sebbene la scuola di pensiero abbia una varietà di gusti, quasi tutti i realisti concordano su alcune nozioni fondamentali: che gli stati sono guidati principalmente dalla sicurezza e dalla sopravvivenza; che gli Stati agiscano sulla base dell’interesse nazionale piuttosto che del principio; e che il sistema internazionale è definito dall’anarchia. 

Nessuna di queste nozioni è piacevole o popolare. Il realista Robert Gilpin una volta ha intitolato un articolo “Nessuno ama un realista politico”. Troppo spesso, sottolineare le dure realtà della vita internazionale o notare che gli stati spesso agiscono in modi barbari è visto come un avallo di comportamenti egoistici piuttosto che una semplice diagnosi. Come ha affermato uno dei padri fondatori della scuola, Hans Morgenthau , i realisti possono considerarsi semplicemente rifiutando di “identificare le aspirazioni morali di una particolare nazione con le leggi morali che governano l’universo”. Ma i loro critici spesso li accusano di non avere alcuna morale, come ha dimostrato il dibattito sull’Ucraina.

Come se fossero al momento giusto, due nuovi libri cercano di affrontare i difetti del realismo e le sue promesse guardando indietro alla storia del realismo classico, una versione precedente del realismo che è arrivato al suo pessimismo non attraverso la sua analisi del sistema internazionale ma attraverso una visione più visione ampiamente cupa della natura umana. The Atlantic Realists di Matthew Spectre esplora lo sviluppo del realismo classico nel periodo successivo alla prima guerra mondiale, con un focus particolare sull’impollinazione incrociata tra intellettuali tedeschi e americani e sulle radici storiche più profonde e malevole dei concetti alla base di questa filosofia. Un futuro non scritto di Jonathan Kirshner, al contrario, cerca di riabilitare il realismo classico come cornice per la comprensione della geopolitica moderna, in particolare in opposizione alle versioni strutturali più moderne del realismo. Mentre Kirshner cerca di elogiare il realismo classico, Spectre è venuto a seppellirlo. Ma entrambi gli autori attingono da una verità centrale sul realismo, che il politologo William Wohlforth ha espresso in questo modo: “Il punto più importante è che il realismo non è ora e non è mai stato una singola teoria”. Piuttosto, comprende una varietà di modelli di pensiero sul mondo, ciascuno caratterizzato dal pragmatismo e dall’arte del possibile, piuttosto che da crociate ideologiche grandiose e spesso condannate suggerite da altre scuole di pensiero. 

IL CREMLIN SUL DIVANO 

I realisti sono stati in prima linea nel criticare la disastrosa politica estera degli Stati Uniti negli ultimi decenni, evidenziando la follia di cercare di rifare il mondo a sua immagine. Di conseguenza, nell’ultimo decennio le opinioni del pubblico e persino dell’élite hanno iniziato a oscillare in una direzione più pragmatica e realista. Non riuscendo a spiegare e rispondere adeguatamente alla guerra in Ucraina , tuttavia, i realisti potrebbero dover affrontare un potenziale contraccolpo a quel cambiamento. 

L’Ucraina è stata a lungo un punto di riferimento per il pensiero realista. Molti realisti sostengono che nel periodo successivo alla Guerra Fredda, gli Stati Uniti siano stati troppo concentrati su una concezione idealistica della politica europea e troppo blasé riguardo alle classiche preoccupazioni geopolitiche, come il significato duraturo dei confini e l’equilibrio militare tra la Russia e i suoi rivali . I responsabili politici che hanno sottoscritto l’internazionalismo liberale – l’idea che il commercio, le istituzioni internazionali o le norme liberali possono aiutare a costruire un mondo in cui le politiche di potere contano meno – in genere hanno presentato l’ espansione della NATOcome una questione di scelta democratica per gli stati più piccoli dell’Europa centrale e orientale. I realisti, al contrario, sostenevano che avrebbe rappresentato una legittima preoccupazione per la sicurezza di Mosca; non importa quanto benevola possa sembrare la NATO dal punto di vista occidentale, direbbero, nessuno stato sarebbe felice di un’alleanza militare contraria che si avvicina ancora di più ai suoi confini. 

Queste controversie sono diventate più rancorose dopo la guerra della Russia del 2008 in Georgia e la sua annessione della Crimea nel 2014 , con gli internazionalisti liberali che sostenevano che queste guerre avrebbero rivelato che Putin era un leader revisionista e imperialista che cercava di riconquistare l’impero sovietico. Molti realisti, tuttavia, sostenevano che questi conflitti fossero i tentativi di Mosca di impedire ai suoi vicini più prossimi di aderire alla NATO. Entrambi gli argomenti sono plausibili; il ragionamento del Cremlino è difficile da discernere. Tuttavia, come diagnosi, indicano conclusioni politiche molto diverse: se Putin agisce per ambizione, allora l’Occidente dovrebbe rafforzare la deterrenza e prendere una linea dura contro la Russia, ma se agisce per paura, dovrebbe scendere a compromessi e accettare limiti futura espansione. 

L’Ucraina è stata a lungo un punto di riferimento per il pensiero realista.

Dall’invasione del 24 febbraio, c’è stata una nuova dimensione in questa critica. Le critiche più ponderate al realismo nei mesi successivi all’inizio della guerra hanno notato che molte analisi realistiche del conflitto sono relativamente inutili perché si concentrano quasi interamente sulle relazioni tra Stati Uniti e Russia e ignorano i fattori interni e ideativi che spiegano ladecisione di invadere e la sua condotta durante il conflitto. I realisti hanno probabilmente ragione sul fatto che l’espansione della NATO nello spazio post-sovietico abbia contribuito alla guerra, ma questa è nel migliore dei casi una spiegazione parziale. Sembra che anche altri fattori abbiano avuto un ruolo importante nel processo decisionale della Russia prima della guerra: la prospettiva di armamenti o basi della NATO in Ucraina (con o senza la sua adesione formale), l’addestramento occidentale per l’esercito ucraino, la repressione della corruzione di Kiev sugli oligarchi vicini a Putin e I crescenti legami economici dell’Ucraina con l’UE. 

La guerra in Ucrainasuggerisce quindi che alcune teorie realistiche semplicemente non sono così utili come potrebbero essere durante un periodo di sconvolgimento geopolitico globale; i realisti hanno i contorni generali della guerra in Ucraina giusti, ma sbagliano molti dettagli. Ciò è particolarmente sfortunato, poiché anche altri approcci al mondo, in particolare le varianti dell’internazionalismo liberale che hanno dominato così tanto nel periodo successivo alla Guerra Fredda, sono stati trovati carenti. I fautori del primato o dell’egemonia liberale, ad esempio, che sostenevano che gli Stati Uniti potrebbero mantenere il loro smisurato vantaggio militare e impedire l’ascesa di altre potenze, sono stati smentiti dall’ascesa della Cina. Gli internazionalisti liberali che hanno appoggiato le guerre di cambio di regime in Afghanistan e in Iraq o gli interventi umanitari in Libia hanno visto i loro grandi progetti vacillare e fallire. 

DIVENTIAMO REALI 

Quello che oggi viene chiamato “realismo” – la scuola di pensiero che viene insegnata alla maggior parte degli studenti universitari nella loro classe di Relazioni internazionali 101 – è in realtà realismo strutturale o neorealismo, una versione del realismo delineata negli anni ’70 dallo studioso Kenneth Waltz. Il neorealismo è ulteriormente suddiviso in varianti “difensive” e “offensive”, a seconda che si creda che gli stati cerchino la sicurezza principalmente attraverso mezzi difensivi, come fortificazioni militari e tecnologia, o attraverso un’espansione che acquisisce potere e territorio. Entrambe le versioni si concentrano fortemente sui fattori strutturali (i modi in cui gli stati interagiscono a livello globale) e ignorano efficacemente la politica interna, le stranezze del processo decisionale burocratico, la psicologia dei leader, le norme globali e le istituzioni internazionali. Il neorealismo è quindi in netto contrasto con la vecchia scuola del realismo classico, che annovera Tucidide, Machiavelli e Bismarck tra i suoi primi praticanti, ha forti radici nella filosofia e include fattori come la politica interna e il ruolo della natura umana, il prestigio e onore. Contrasta anche con la controparte più moderna del realismo classico, il “realismo neoclassico” (un termine coniato da Gideon Rose, un ex editore di questa rivista), che cerca di sposare le due varianti reincorporando fattori domestici e ideativi nelle teorie strutturali. 

I libri di Spectre e Kirshner si occupano entrambi del realismo classico, in particolare del suo ruolo come fonte di tutte le successive teorie realiste. Come in un fumetto, Spectre cerca di portare alla luce la storia delle origini del realismo, con particolare attenzione alle basi intellettuali e alle biografie di attori chiave come Morgenthau e il teorico tedesco Wilhelm Grewe. In tal modo, il suo intento è dimostrare che la genesi del realismo è una storia molto più oscura di quanto si pensasse in precedenza. Nella storia comunemente raccontata del realismo classico, gli emigrati tedesco-americani come Morgenthau hanno reagito alle sanguinose guerre dell’inizio del XX secolo rifiutando l’idealismo infondato del presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson e tornando alle classiche nozioni di realpolitik sposate da pensatori come Machiavelli e Tucidide. Questa narrazione, 

Ma il realismo classico, sostiene Spectre, non è in realtà un discendente della bismarckiana Realpolitik . Piuttosto, è una propaggine dell’inseguimento di Weltpolitik, la scuola di pensiero imperialista messa in pratica dal maldestro imperialista Guglielmo II tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Laddove il primo enfatizzava un abile equilibrio tra avversari per evitare conflitti inutili, il secondo era guidato più dalle nozioni darwiniste sociali secondo cui le grandi potenze hanno il diritto di espandersi e dominare. Per sostenere le nefaste radici del realismo, Spectre esamina le origini dei concetti centrali del realismo classico, esplorando termini come “l’interesse nazionale” e “geopolitica”. Ciò che scopre è che alcuni di questi termini hanno avuto origine decenni prima della metà del XX secolo, nei dibattiti sull’imperialismo e nelle affermazioni di politici come Wilson secondo cui le potenze emergenti come gli Stati Uniti e la Germania erano eccezionali. 

Soldati polacchi durante un'esercitazione NATO a Orzysz, Polonia, luglio 2022
Soldati polacchi durante un’esercitazione NATO a Orzysz, Polonia, luglio 2022
Omar Marques / Getty Images

Allo stesso modo, Spectre sostiene in modo solido che i realisti classici in molti modi hanno inventato un nobile lignaggio per se stessi, identificando grandi filosofi storici il cui lavoro si adatta alle loro nozioni del mondo (come Hobbes) mentre eludono o evitano del tutto i loro antecedenti storici più discutibili . Trascorre molto tempo esplorando i collegamenti tra le nozioni di Grossraum del filosofo tedesco Carl Schmitt – più famigerato nella sua successiva incarnazione come Lebensraum , la dottrina che il governo nazista di Hitler usava per giustificare le sue conquiste nell’Europa orientale – e l’attenzione dei successivi pensatori realisti sulla geopolitica . 

Questa genealogia intellettuale del realismo è un contributo impressionante. Ma le lezioni che Spectre ne trae sono meno convincenti. Sebbene abbia ragione sul fatto che i realisti classici degli anni ’50 abbiano preso concetti e idee da teorie precedenti e meno etiche delle relazioni internazionali, non è chiaro perché tale prestito minacci le loro argomentazioni successive. Spectre propone che, a causa di questi legami nefasti, il realismo dovrebbe essere visto non come “un deposito di ‘saggezza’ storica accumulata, ma piuttosto un artefatto storico e uno che, tragicamente, ha esercitato troppo potere sulla politica mondiale”. Eppure tutti i filosofi e gli studiosi cercano ispirazione e sostegno nel passato. E se i realisti classici guardassero indietro alla ricerca di prospettive simili per sostenere la loro tesi? Hanno cercato un più lungo, lignaggio più diversificato per le loro idee rispetto alla storia travagliata del primo Novecento. È difficile biasimarli per questo. 

In effetti, gran parte dell’argomento generale di Spectre equivale a una colpa per associazione. È indubbiamente vero che i realisti classici formularono le loro argomentazioni in termini che sarebbero stati familiari agli imperialisti del primo Novecento. Ma hanno aggiunto a quell’eredità, come osserva lo stesso Spectre, “serietà etica” e “cautela”. Questi elementi erano tanto una reazione contro le idee e gli eventi a cui erano stati testimoni nei decenni precedenti quanto qualsiasi altra cosa. Che ci siano varianti più oscure del realismo nella storia non dovrebbe offuscare le sue incarnazioni più moderne. In effetti, lo stesso si potrebbe dire per il dibattito odierno di politica estera. Ci sono indubbiamente approcci realistici al mondo che sposano la ricerca del potere e il primato militare statunitense. Ma ci sono anche varianti più etiche e difensive che prendono le intuizioni fondamentali del realismo ma non accettano l’amoralità oi principi imperialisti delle prime radici del realismo. Alcuni realisti sono falchi senza cuore che venderebbero le proprie madri; altri sono colombe premurose che rimpiangono la necessità di scelte difficili. Per ogni Henry Kissinger, c’è un George Kennan. 

È COMPLICATO

Gli obiettivi di Kirshner in Un futuro non scrittosono più vicini ai giorni nostri. Kirshner feroce le teorie dei realisti strutturali, che secondo lui sono eccessive nella loro devozione alle cause razionaliste della guerra e non possono spiegare nient’altro che la stasi nel sistema internazionale. Riducendo il realismo a un modello più parsimonioso, in cui l’unica variabile veramente importante è il potere, sostiene Kirshner, i realisti strutturali sono andati troppo oltre, producendo una teoria di scarso valore. Nel proporre quello che vede come un modo più utile per valutare il mondo, attinge a un’ondata di studi recenti da parte di accademici che sono agnostici su paradigmi come il realismo e il liberalismo. Invece, questi studiosi studiano il ruolo dell’onore e del prestigio negli affari internazionali, fattori centrali nel realismo classico.

Secondo Kirshner, gli scontri tra stati possono talvolta derivare da percezioni errate o dal dilemma della sicurezza, in cui i tentativi di uno stato di rendersi sicuro involontariamente rendono meno sicuro uno stato vicino. Ma oltre a queste cause, che i realisti strutturali accetterebbero come rilevanti, crede che la guerra possa spesso derivare da visioni del mondo diverse o da diverse gerarchie di interessi in stati diversi, fattori che i realisti strutturalisti tendono a ignorare. Kirshner identifica correttamente anche molti dei problemi fondamentali che i realisti strutturali hanno dovuto affrontare negli ultimi anni: come conciliare la moralità con una teoria fondamentalmente amorale, la malleabilità della nozione di interesse nazionale e i limiti del realismo come guida per un’azione mirata piuttosto che che come guida a cosa non fare. 

Kirshner sostiene senza mezzi termini che il realismo strutturale è spesso migliore nel sottolineare gli errori negli approcci degli altri piuttosto che nel suggerire le proprie soluzioni, una critica che suonerà fedele a chiunque abbia seguito i dibattiti sulle cause dell’invasione dell’Ucraina. Anzi, un futuro non scrittoè più forte quando si sostiene che la guerra è un tuffo nell’incertezza radicale. (È più debole quando si gioca all’interno del baseball, sottolineando le contraddizioni interne nei modi in cui i realisti strutturali hanno preso in prestito i loro modelli dall’economia.) Il neorealismo strutturale non può spiegare completamente perché e quando accadono guerre o come reagiranno i leader e le popolazioni quando lo fanno. Sei mesi fa, chi avrebbe creduto che un attore la cui principale pretesa di fama fosse stata il ruolo di un presidente in televisione avrebbe riunito gli ucraini sfidando un’invasione, stimolando la creazione di una nuova e unificata identità nazionale? La guerra, come sottolinea Kirshner, può essere compresa solo incorporando fattori umani nell’analisi. 

Il problema di Kirshner con le generazioni successive di realisti deriva dalla loro risposta alla sfida del liberalismo. I liberali credono che gli stati possano elevarsi al di sopra del conflitto e della politica di potere, sebbene differiscano sul fatto che ciò possa essere ottenuto attraverso il commercio, le istituzioni internazionali o il diritto internazionale; i realisti semplicemente non credono che la trascendenza sia possibile. Di fronte a questo disaccordo, piuttosto che accettare che le due scuole fossero basate su presupposti ideologici completamente diversi, i neorealisti adottarono un linguaggio e un’inquadratura socio-scientifica, nella speranza di far sembrare le proprie convinzioni di natura scientifica, piuttosto che ideologica. Infatti, dice Kirshner, sia il realismo che il liberalismo hanno basi ideologiche,

IL DESIDERABILE E IL POSSIBILE 

I dibattiti sull’Ucraina, e più in generale sulla politica estera degli Stati Uniti, per molti versi stanno semplicemente rielaborando le critiche di lunga data di pensatori realisti o dalla mentalità restrittiva. Come sottolinea Kirshner, poiché la maggior parte dei realisti sottolinea la prudenza sopra ogni altra cosa, è molto più facile per loro criticare che offrire una politica diversa e affermativa in sostituzione. Di conseguenza, non esiste una politica realista. Ad esempio, i realisti sono stati chiari e uniti nelle loro critiche alla guerra al terrorismo – si sono opposti quasi all’unanimità all’invasione dell’Iraq – ma molto meno sulla questione di cosa, secondo loro, dovrebbe sostituirla. Alcuni chiedono una nuova crociata contro la Cina e altri un ritiro degli Stati Uniti in molte regioni. Questa divisione rende difficile per i realisti modellare il processo politico in questa o nelle future amministrazioni. 

Eppure, anche se il realismo è ampiamente presente nei dibattiti politici odierni come un ostacolo, spingendo i responsabili delle politiche estere statunitensi a giustificare le loro scelte e forse ad adottare opzioni leggermente più pragmatiche, questo potrebbe essere il meglio che i realisti possono sperare. Come fa notare Spectre, i realisti hanno avuto una relazione complicata con il processo decisionale. Kennan, che ha servito come direttore della pianificazione politica del Dipartimento di Stato americano, e Morgenthau, che ha lavorato sotto di lui, sono tra i più noti politici realisti e la loro influenza è aumentata e diminuita nel tempo. Le amministrazioni più realistiche – quelle dei presidenti Richard Nixon e George HW Bush – hanno avuto alcuni notevoli trionfi politici: porre fine alla guerra del Vietnam, gestire la disgregazione pacifica dell’Unione Sovietica, vincere la Guerra del Golfo. Ma avevano anche eredità miste, dalla travagliata situazione politica interna di Nixon alla sconfitta elettorale di Bush nel 1992. Questo è ancora più di quanto si possa dire per l’influenza realista nelle amministrazioni Clinton, George W. Bush e Obama, quando il potere incontrastato degli Stati Uniti ha permesso agli idealisti di guidare la maggior parte delle politiche. Tuttavia, mentre il mondo continua il suo spostamento verso la multipolarità, le intuizioni realistiche diventeranno ancora una volta più importanti per la condotta della politica estera statunitense. 

Questo rende i libri di Spectre e Kirshner particolarmente preziosi. Che entrambi considerino gli antecedenti e le intuizioni del realismo senza usare qualche variante del liberalismo come un uomo di paglia è altrettanto impressionante. “I paradigmi sono inevitabili”, scrive Kirshner. “Le guerre paradigmatiche sono in gran parte vacuo”. Nessuno dei due libri perde tempo in dispute filosofiche irrisolvibili. Eppure è anche ironico che entrambi i libri siano in qualche modo colpevoli della stessa accusa che attribuiscono alle teorie realistiche: Spectre e Kirshner forniscono eccellenti panoramiche critiche dei problemi con queste teorie, ma non riescono a fornire alternative. 

Su questo fronte, il libro di Kirshner si comporta notevolmente meglio. Con capitoli sull’ascesa della Cina, su come fondere le questioni dell’economia politica nelle teorie del realismo classico e persino esplorando le potenziali debolezze e carenze del realismo classico, An Unwritten Future valuta attentamente la questione di cosa significherebbe in pratica reinserire le prospettive del realismo classico nei dibattiti politici in corso. Il realismo classico suggerisce che gli Stati Uniti dovrebbero essere estremamente diffidenti nei confronti dell’ascesa della Cina e che l’ambizione cinese aumenterà con il potere cinese. Suggerisce anche che Washington dovrebbe considerare seriamente i modi per venire a patti e accogliere questo aumento, entro i limiti, per timore che provochi accidentalmente una guerra sconvolgente tra grandi potenze come quelle del 1815, 1914 o 1939. 

I realisti hanno avuto una relazione complicata con il processo decisionale.

Nonostante queste intuizioni, le conclusioni di Kirshner non sono sconvolgenti. Pur sostenendo che “dopo tre quarti di secolo, è più che appropriato per qualsiasi grande potenza rivalutare la natura dei suoi impegni globali”, conclude sostenendo che gli Stati Uniti mantengano lo status quo in politica estera, sostenendo che un il salto nell’ignoto – in effetti, qualsiasi cambiamento importante – non corrisponde all’enfasi del realismo sulla prudenza. Questa è una conclusione frustrante, poiché suggerisce un livello di stasi nel sistema internazionale che il libro stesso smentisce quando discute dell’ascesa della Cina. 

Spectre, d’altra parte, punta largamente sulla questione del futuro della politica estera statunitense. Sostenendo che il realismo è troppo deferente agli approcci imperiali, troppo antidemocratico e troppo radicato in una filosofia eticamente discutibile, chiarisce che non considera il realismo un percorso ragionevole da seguire, almeno non finché non incorpora postcoloniali, femministe e critiche approfondimenti teorici. Questo disgusto rispecchia gran parte del progressivo disagio nei confronti del pragmatismo e della moderazione in politica estera quando tali nozioni entrano in conflitto con i valori universali. A volte, questa tensione ha prodotto scomodi dibattiti interni tra i progressisti sull’intervento umanitario, ad esempio 

Ma i realisti non sono mai stati ciechi di fronte a questa tensione. Come scrisse lo stesso Morgenthau nel suo classico trattato La politica tra le nazioni, “il realismo politico non richiede, né perdona, indifferenza agli ideali politici e ai principi morali, ma richiede davvero una netta distinzione tra il desiderabile e il possibile”. I realisti accettano che la politica estera sia spesso una scelta tra i mali minori. Pretendere il contrario, pretendere che i principi oi valori morali possano scavalcare tutti i vincoli di potere e interesse, non è realismo politico. È fantasia politica.

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