Trump, il discorso sullo stato dell’Unione_a cura di Giuseppe Germinario

Un discorso lunghissimo, traboccante di enfasi e retorica tipicamente statunitense, ripeto statunitense, non americana, come si usa dire. Una ampollosità che a noi europei, soprattutto italiani e latini, disincantati e rassegnati, provoca una innata diffidenza e senso aristocratico e decadente di sufficienza. Sbagliamo, però, a minimizzarne la portata e caratterizzarlo come elemento gradasso, esclusivamente negativo, del tutto assimilabile ai peggiori istinti di quella nazione, già ampiamente sperimentati dai vari Biden, Bush, Clinton, solo per soffermarsi agli ultimi decenni. Un discorso, invece, teso a motivare, a ricostruire identità e ad evidenziare la natura e la dimensione dello scontro politico in corso negli Stati Uniti. Una enfasi che ci induce a travisare l’individuazione del nemico, a non cogliere le opportunità tattiche offerte dal momento e ad uniformare schieramenti che andrebbero, altrimenti, ulteriormente divisi.

La perorazione di Trump è quasi tutta rivolta ai problemi interni degli Stati Uniti e questo dovrebbe già bastare a comprendere quantomeno i vantaggi tattici, al momento del tutto teorici, che questa postura dovrebbe offrire; ripropone un modello, piuttosto che una imposizione coercitiva, che risale a centoventi anni fa e che tende a circoscrivere notevolmente il focus dell’intervento e dell’influenza diretta statunitense all’estero. E questa, teoricamente, sarebbe una ulteriore buona notizia per noi europei, tanto più che le modalità di esercizio della sua influenza sugli stessi continenti americani dovranno tenere conto delle nuove dinamiche geopolitiche e dell’afflato emancipatorio, pur ambiguo e contraddittorio, che sta pervadendo quei due continenti. Afflato che, guarda caso, era presente anche in quella fase e rivolta prevalentemente contro il colonialismo europeo.

Tacciare il movimento in corso negli Stati Uniti come puramente reazionario e liberticida, piuttosto che conservatore-futurista-libertario, in una inedita probabile sintesi ancora tutta da costruire sistemicamente, rappresenta un errore colossale e capzioso.

L’Europa, purtroppo, sta diventando il centro di qualcosa di inquietante destinato a condannare, con poche eccezioni, l’intero continente al degrado e a languire nell’insignificanza passiva a tutela esclusiva di oligarchie parassitarie e, queste sì, reazionarie. Sta prendendo piede ad opera di quelle stesse élites, responsabili del livello di degrado e di decadenza dell’intero continente, una narrazione reattiva, apparentemente emancipatrice, che impernia sulla attuale Unione Europea il soggetto politico adatto a perseguirla e realizzarla, che individua nella Russia di Putin e negli Stati Uniti di Trump il nemico da combattere. Una riproposizione velleitaria di una UE, di un riarmo, di una conversione ecologica demenziale, di una tutela delle “libertà” perpetrata paradossalmente con pratiche censorie offerte da personaggi da scenario improbabili e compromessi, come Mario Draghi, Macron, Starmer, von der Leyen ma che trovano nell’anima movimentista e accecata dalle mirabilie “dal basso contro l’alto” parte delle risorse utili a fomentare le condizioni di una impossibile restaurazione. Una malattia che continua a pervadere il nostro paese, che sta riemergendo nelle componenti apparentemente più radicali e parolaie, destinata, ancora una volta, ad inibire l’emersione di forze più sane ed assennate. Nel prosieguo, sulla base delle nostre scarse forze, ci sforzeremo di documentare il merito e le fonti di questa narrazione così perniciosa. Buon ascolto Giuseppe Germinario.

https://www.rainews.it/maratona/2025/03/trump-e-il-suo-nuovo-sogno-americano-ecco-il-discorso-sullo-stato-dellunione-e4d12dc4-1aae-401f-9bbc-01d707604f72.html

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Un resoconto con la registrazione tradotta dell’incontro recente tra Trump e Zelensky

Purtroppo non riesco a recuperare il link originario_Giuseppe Germinario

C’è un aspetto di questo incontro che passerà alla Storia che in pochi stanno considerando. A me che ci lavoro con le lingue e che passo la vita a mediare tra culture mi è parso subito evidente:

l’inglese di Zelensky è buono, ma non è eccellente.

Ho guardato tutti e 50 minuti. Fatelo anche voi. Farsi un’idea di come stiano le cose è un dovere, oggi più che mai.

Trump esordisce così: “è un onore avere qui il Presidente Zelensky, ci conosciamo da molto tempo e abbiamo lavorato bene in passato e continueremo a farlo, apprezziamo il suo lavoro. Abbiamo parlato con Putin e siamo pronti a una negoziazione”.

Zelensky ricambia, con tono molto sommesso elogia Trump e dice che se riuscirà a fermare Putin, questa cosa dovrebbe essere affissa sulle mura della Casa Bianca. Questo esordio già di per sé preannuncia che Zelensky non crede molto nell’impresa.

Dopodiché Zelensky comincia a mostrare foto dei prigionieri ucraini per mostrare quanto sia cattivo Putin.

Trump continua a insistere che lavoreranno per il “cessate il fuoco”, Zelensky continua a dire che sarà impossibile, perché Putin non manterrà la parola.

Trump dice che con lui, invece, Putin manterrà la parola.

Ora, se io fossi Zelensky, visto che c’è la stampa davanti, e quindi il mondo intero, stringerei la mano di Trump, mi direi fiducioso sul suo operato, saluterei e andrei via.

Invece no. Purtroppo l’incontro va avanti.

Zelensky dice che anche con Trump, in passato, Putin non ha mantenuto la parola. Che per ben 25 volte, Putin ha firmato accordi che non ha rispettato.

Da qui in poi si peggiora soltanto. Zelensky comincia uno sproloquio infinito di parecchi minuti in un inglese che peggiora sempre di più, accusa Putin di non volere la pace, perché, testualmente “Putin ci odia” e non rispetterà l’accordo con Trump, è una cosa che si può solo sperare. E non rendendosi contro che ha appena dichiarato davanti a tutta la stampa americana che Trump non verrà rispettato, non capendo che quel suo inglese alle orecchie degli americani suona come un grattare sulla lavagna, arriva al delirio affermando che Putin dovrà pagare tutti i danni perché la guerra l’ha cominciata lui.

È finita. La stampa presente comincia a prendere in giro Zelensky. Del perché lo comincino a trattare in quel modo potrei scriverci un trattato di antropologia. Ve lo risparmio dandovi come immagine Christian De Sica che col calzino bucato sale sulla barca dei ricchi.

Zelensky appare d’improvviso così, come un poveraccio venuto col cappello in mano, che vorrebbe però dire agli americani cosa debbono fare.

Non è un caso che addirittura gli chiedano perché non si sia degnato di indossare un abito decente. Persino qua, ad onor del vero, Trump lo difende dicendo che a lui piace molto come sta vestito.

Zelensky si innervosisce e comincia a perdere la bussola.

Diventa tutti contro uno.

Incalzato da vicepresidente Vance, che molto aggressivamente ma a questo punto anche giustamente gli fa presente che si sta provando la diplomazia e che è inutile continuare a dire che Trump non riuscirà, Zelensky risponde con saccenza, chiedendogli se sia mai stato In Ucraina, come a dire “che ne sai tu dei problemi nostri”.

Qui la faccenda diventa personale. Trump sta per perdere la pazienza, Vance a quel punto gli ricorda la partecipazione di Zelensky alla Convention dei democratici durante la campagna elettorale americana.

Il cortocircuito, i 20 secondi diventati celebri, quando Trump cioè interviene e parla di Terza guerra mondiale, accade qui e sono convinto sia avvenuto per il clima instaurato e per una ulteriore incomprensione linguistica.

A proposito della guerra Zelensky dice: “durante una guerra tutti hanno problemi… anche voi ne avrete, ma avete un bell’Oceano…”

Trump (lo interrompe): “non ci dire cosa avremo e cosa sentiremo, non sei nella posizione di saperlo”.

Da adesso in poi sapete già tutto. Zelensky prova a dire che non intendeva dire che l’America avrà problemi, ma che sentiranno anche loro l’effetto della guerra.

Non importa. Alle orecchie stanche di Trump e dei presenti è arrivata la frase spocchiosa di Zelensky che sta dicendo al mondo “avrete problemi anche voi”.

Certamente Trump è un cafone. Certamente l’atteggiamento di superiorità di certi americani è insopportabile.

Ma Zelensky è stato presuntuoso, semplicemente. O ingenuo. Entrambe due le cose sono preoccupanti.

Sei a casa loro, sei in minoranza, tieni di fronte le telecamere di tutto il mondo, per quale motivo non capisci che è fondamentale che tu esprima tutto quello che vuoi con precisione nella tua lingua madre? Non vai all’incontro più importante della tua vita e della vita del tuo popolo senza avere la certezza di saper gestire il confronto.

Chi oggi elogia Zelensky, dicendo che è stato bravissimo a non perdere il controllo davanti alle provocazioni di Trump, non sa di cosa parla.

La mia opinione è che se Trump e Putin trovano un accordo, Zelensky ha finito di fare la star. Magari si è sentito così davanti ai media americani, mentre provava il suo show.

Peccato che questo non fosse il Saturday Night Live.

qui sotto la registrazione integrale, tradotta in italiano, dell’incontro

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La Ue non si arrende alla Pace di Trump&Putin? Con Giuseppe Germinario, Cesare Semovigo, Roberto Buffagni, Flavio Basari, Luca Barbieri, Augusto Sinagra

La Ue non si arrende alla Pace di Trump & Putin?

L’ Europa dell’Ancien Régime : le economie vacillano e la NATO rafforza la sua strategia Mosca nonostante gli anni difficili sta vivendo il suo boom economico . **Ma cosa si nasconde dietro questa nuova mobilitazione ma cosa si nasconde dietro questa nuova mobilitazione militare ed economica? Macron e Scholz spingono per un’Europa militarizzata e indipendente, ma nei palazzi di Bruxelles si teme che un Trump-bis possa cambiare le carte in tavola e avvicinare Mosca a una nuova ridefinizione dell’ordine globale. Putin, allo stesso tempo, rafforza le difese russe e intensifica le relazioni con i paesi emergenti , minando il dominio finanziario dell’Occidente. ⚡ Giorgia Meloni gioca su due tavoli: con Washington per evitare sanzioni economiche distruttive e con la Francia per garantirsi una sedia nei nuovi assetti europei. La NATO non rinuncia all’espansione a Est. Il destino dell’Europa si gioca ora tra crisi economica, Geopolitica fluida e uno scontro di nervi che potrebbe mettere in crisi gli equilibri .

OSPITI E RELATORI Roberto Buffagni – Saggista e analista politico. Studioso di Schmitt, Hegel e diritto internazionale. Augusto Sinagra – Giurista, magistrato ed esperto di diritto europeo e internazionale. Giuseppe Germinario – Analista geopolitico, specializzato in strategie di potere e diritto globale. Direttore di Italia e il Mondo. Cesare Semovigo – Regista, documentarista e redattore. Esperto in comunicazione geopolitica e narrazione strategica. Flavio Basari , imprenditore italiano da Mosca . Luca Barbieri, imprenditore RU

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https://www.youtube.com/watch?v=yaz1PdOx0G4

(Quasi) Tutti gli uomini del Presidente_Giuseppe Germinario-La Redazione

Si parla molto delle conferme al Senato delle nomine di Trump, anche quelle più controverse, Tulsi Gabbard, Robert Kennedy, Kash Patel e Pete Hegseth più delle altre. Persone che nella prima amministrazione Trump non sarebbero mai riuscite a superare l’ostacolo del placet del Senato e quindi quello dell’establishment politico di allora. Oggi, però, nella amministrazione Trump 2.0, le cose sono cambiate e la conferma di questi personaggi “scomodi” esprime il potere che Trump esercita su Washington; con ogni evidenza un cambiamento totale rispetto al 2016…

Aldilà di queste nomine “toste”  confermate dal Senato americano, i più non conoscono il substrato di personaggi che aleggiano intorno a Trump; in apparenza di seconda linea, in realtà di una importanza fondamentale nei giochi politici e nella gestione del potere a Washington. Queste eminenze che appartengono al circolo più ristretto e fidato del presidente americano sono le vere menti, gli “enforcers” della politica e geopolitica di Trump. Sono i “bare knuckles fighters”, così definiti nei pressi di Washington, di cui Trump si è circondato per intimidire, gestire e soggiogare lo stato profondo e i suoi pericolosi rappresentanti; coloro che, in altre parole, vogliono Trump liquidato, anche fisicamente.

“A brigante, brigante e mezzo”

Superare la barriera di questi cattivi mostri Trumpiani, più spietati di quelli che attualmente si aggirano nelle stanze più tenebrose di Washington, è un’impresa alquanto improba. Trump ha fatto un lavoro sopraffino; si è circondato di gente dalla assoluta lealtà, temerari, che proiettano sicurezza, durezza, in grado di terrorizzare il nemico. Personaggi che sarebbero stati assolutamente a loro agio in una trama Puziana che richiami i fasti del “Padrino”.

Questi personaggi sono anche conosciuti e diventati famosi a Washington per la loro seriosità e mancanza del più elementare senso dell’umorismo.

Soggetti che impersonano un completo ribaltamento, speculari di quello che ha rappresentato il circolo di Joe Biden, tutto dedicato al gender, woke, e al politicamente corretto.

Questi personaggi Trumpiani evocano un universo della cui esistenza avevamo perso la memoria. Un ritorno all’aspro, essenziale, puro, vecchio ordine sociale, di un’epoca remota. Con Trump riemerge nella società moderna dopo un lungo esilio speso a vagare nel deserto ideologico degli ultimi decenni. Sono personaggi avversi al politicamente corretto, impermeabili alle critiche, impermeabili alla sensibilità verso le nuove mode. Hanno giurato eterno odio contro tutto ciò che si definisce moderno. Non accettano la trasformazione avvenuta negli ultimi decenni e ambiscono al ritorno ad un mondo più tradizionale. Disprezzano le politiche e ideologie europee e i loro portatori.

Chi sono questi cattivi mostri? Ecco alcuni degli spauracchi più importanti:

Emil Bove (Soprannominato Thulsa Doom- Qualcuno di voi sarà vecchio abbastanza da ricordare il film Conan il Barbaro). Attualmente vice procuratore generale degli Stati Uniti ad interim, in ordine di importanza il secondo funzionario del Dipartimento di Giustizia (DOJ), in servizio sotto il procuratore generale Pam Bondi.

Ex avvocato difensore di Trump, Bove sta ora adeguando e piegando le priorità del Dipartimento di Giustizia verso l’agenda di Trump, soprattutto sulle politiche dell’immigrazione e sull’opera di smantellamento, il repulisti del dipartimento giustizia stesso da quelle componenti che hanno fatto “guerra”, negli ultimi anni, a Donald Trump.

La sua mossa di più alto profilo, allo stato, è stata quella di far archiviare le accuse di corruzione contro il sindaco di New York Eric Adams provocando le dimissioni di ben otto procuratori.

Bove è un pitbull dai modi “docili”, ma spietati.

È originario di New York e ha lavorato nel Distretto Federale Sud della metropoli, meglio conosciuto come covo di vipere antitrumpiane. Gli ex colleghi del distretto (15 anni trascorsi al Southern District of New York -SYDNEY-), dove era responsabile dell’unità di sicurezza nazionale, lo descrivono come socialmente goffo ma aggressivo in tribunale, in grado di risolvere casi complicati come quello dell’attentato terroristico di Chelsea (New York del 2016) .

È ferocemente fedele a Trump, il suo atteggiamento è professionale e compito, ma spietato.

Boris Epshteyn (Soprannominato: Al Capone), un consulente legale, è conosciuto come il “lealista dei lealisti”, in grado di influenzare la strategia legale di Trump.

Amico di lunga data di Steve Bannon, Boris Epshteyn è un consigliere chiave del Presidente Donald Trump. Non ha un titolo ufficiale alla Casa Bianca come Stephen Miller o Steven Cheung, ma è profondamente inserito nella cerchia ristretta di Trump, esercitando un’influenza significativa sulla strategia legale e sulla selezione del personale da assumere.

Epshteyn ha coordinato le difese legali di Trump in diversi casi penali e civili, ruolo che continua a svolgere anche dopo l’elezione. Spesso lo si vede al fianco di Trump a Mar-a-Lago o nelle apparizioni in tribunale.

Epshteyn è un bulldog, aggressivo e leale. Nato a Mosca nel 1982 da genitori ebrei russi, è emigrato negli Stati Uniti nel 1993 e ha frequentato la Georgetown University con Eric Trump, consolidando così i primi legami con la famiglia Trump. È completamente devoto a Trump, ha uno stile sfrontato e diretto. Basti pensare al suo biglietto da visita “Sono Boris Epshteyn!”. I colleghi lo definiscono dominatore, alcuni dicono che è un bullo che si diverte a tormentare le proprie vittime.

Stephen Miller: (Conosciuto come nei suoi circoli più vicini a lui come “Scheming Vizier”)

La personalità di Stephen Miller si distingue per l’intensità, l’intransigenza e la netta definizione della sua spinta ideologica. Viene descritto come combattivo e assertivo. Miller si alimenta nel conflitto. Non si limita a discutere, ma mira a dominare. Non ha paura di mettere da parte chiunque pur di vincere una battaglia politica.

Sicuro di sé fino all’estremo, si comporta con una sicurezza quasi incrollabile. La sua tendenza al dibattito si traduce in uno stile di conversazione rapido e forbito che promana sicurezza di per sé, anche quando propone idee controverse come le deportazioni di massa o i divieti di entrata ai musulmani appartenenti a determinati paesi Islamici (politica della prima presidenza Trump di cui Miller ne fu ideatore.)

Orgogliosamente leale, Miller è un vero sostenitore di Trump e dell’etica di “America First”. Dagli esordi con il senatore Jeff Sessions al suo ruolo attuale nella seconda amministrazione di Trump, si è attenuto a un copione di nazionalista coerente. È il tipo di persona che non si limita a lavorare per una causa, ma la vive, il che lo rende un parafulmine sia per le lodi che per le critiche.

Miller è ossessionato dai minimi dettagli. È noto per la sua conoscenza dei codici legali, delle statistiche sulla criminalità e dei precedenti storici per sostenere le sue argomentazioni. Usa questi strumenti matematici come giustificazione per portare avanti l’agenda dell’America prima.

Presenza polarizzante: I sostenitori lo definiscono un geniale patriota, un guerriero dei valori Trumpiani. I detrattori lo definiscono spietato, freddo, persino “malvagio” per il suo ruolo in politiche come la separazione delle famiglie al confine. La sua mancanza di calore (non lo troverete mai a fare battute di circostanza) alimenta entrambe le narrazioni.

La personalità di Miller è un cocktail di convinzione, aggressività e intelletto: un uomo che preferisce morire sulla sua collina piuttosto che scendere.

Dal 21 febbraio 2025, Stephen Miller ricopre tre ruoli importanti nella amministrazione Trump:

  1. Ruolo di vice capo dello staff della Casa Bianca per le politiche e di consigliere per la sicurezza nazionale.
  • Consigliere per la sicurezza interna.  Questo ruolo si basa sulla sua esperienza nella prima amministrazione di Trump (2017-2021), dove ha architettato politiche come il divieto di viaggio per i musulmani e la separazione delle famiglie al confine. Ha un’influenza diretta su agenzie come il DHS, l’ICE e il CBP,  dando forma al modo in cui la retorica di Trump “duro contro il crimine, duro contro le frontiere aperte” si trasforma in azione.
  • Vice capo di gabinetto per le politiche. In questa veste, Miller supervisiona lo sviluppo e il coordinamento dell’agenda politica dell’amministrazione.

Non è solo un guardiano; è anche uno stratega. I risultati già ottenuti durante la prima presidenza di Trump suggeriscono che è un uomo pratico, che spesso riscrive personalmente i promemoria o i discorsi di Trump per darne il tono giusto. Si vocifera che fu Miller a scrivere sia il discorso inaugurale del primo Trump (2016), sia il discorso al World Economic Forum sia quello fatto da Trump in Polonia durante la sua prima presidenza. Tutti e tre questi discorsi rimarranno nella storia della politica americana, soprattutto quello in Polonia, nel luglio del 2017. (https://trumpwhitehouse.archives.gov/briefings-statements/remarks-president-trump-people-poland/)

Ultimamente si specula che sia stato lo stesso Miller a scrivere il discorso di J.D. Vance a Monaco, discorso che trasuda avversione verso la costruzione liberale, globalista dell’Europa moderna.

La nomina di Miller riflette la preferenza di Trump per i lealisti che non si tirano indietro di fronte alle controversie. Lavora a stretto contatto con figure come Tom Homan (Border Czar) per quanto riguarda la sicurezza dei confini.

Questo ultimo paragrafo su Miller ci introduce ad un altro mastino:

Tom Homan (conosciuto meglio con il soprannome di “Skull Crusher General”)

Tom Homan è lo “Zar delle frontiere”, una posizione annunciata da Trump il 10 novembre 2024, tramite Truth Social, ed entrata in vigore dal suo insediamento, il 20 gennaio 2025. Questo nuovo ruolo, del tutto inedito nella politica americana, non richiede la conferma del Senato, dando a Homan un’ampia e diretta autorità secondo le direttive di Trump. È incaricato di supervisionare tutti i confini degli Stati Uniti – sicurezza meridionale, settentrionale, marittima e aerea – e di guidare l’evacuazione di massa degli immigrati privi di documenti nei loro Paesi d’origine, una pietra fondante della campagna elettorale di Trump del 2024. Homan lavora a stretto contatto con agenzie come l’ICE (di cui è stato direttore ad interim dal 2017 al 2018) e collabora con figure come Stephen Miller pronto ad eseguire l’agenda di Trump sull’immigrazione.

La personalità di Tom Homan è un mix di risolutezza, pragmatismo e fedeltà incrollabile alla sua missione.

Homan si esprime senza peli sulla lingua. La sua battuta alla Conferenza Nazionale dei conservatori del Luglio 2024, “Non hanno ancora visto un cazzo. Che aspettino fino al 2025,  poi si renderanno conto”, espone il suo stile sfrontato, diretto e non politicamente corretto. Un provocatore: che tende a non far prigionieri.

Ultimamente si è espresso senza mezzi termini contro la conferenza epsicopale americana e il vaticano stesso che si è schierato a favore degli immigrati, apostrofando in malo modo i vescovi americani. (Homan è cattolico)

Soldato fedele, Homan, una colonna di Trump, è stato elogiato più volte dal presidente stesso come “uno dei suoi migliori uomini”.

Duro e impenitente , Homan è un uomo di legge che ha speso 40 anni della sua vita nelle forze dell’ordine, prima come poliziotto di  New York e poi come poliziotto di frontiera.

Una figura che polarizza: eroe per alcuni, senza cuore per altri.

A testimonianza del suo carattere estremamente scorbutico e ruvido ci sono prima  i pianti della cantante Selena Gomez per il trattamento di Homan verso gli immigrati illegali, poi  la sua famosa intervista a “60 Minutes” (27 ottobre 2024)

In questa intervista con la corrispondente della CBS, Cecilia Vega, a Homan è stato chiesto sulla separazione delle famiglie nel contesto dell’operazione di evacuazione di massa promessa da Trump:

Domanda: “C’è un modo per effettuare deportazioni di massa senza separare le famiglie?”.

Risposta di Homan: “Certo che c’è. Le famiglie possono essere deportate insieme”.

 Families can be deported together!

Leggendaria anche la testimonianza all’Audizione della Commissione per la supervisione e la riforma della Camera del 12 luglio 2019, sulla politica di separazione delle famiglie della prima amministrazione Trump. Il battibecco fra Homan e la Ocasio Cortez è entrato a pieno titolo negli annali di un bella sculacciata politica, umiliando la stessa AOC.

La rappresentante Alexandria Ocasio-Cortez (AOC):

“Signor Homan, vorrei iniziare a interloquire con lei sulla separazione delle famiglie perché si è discusso del suo ruolo in questa politica. Quindi, vorrei una conferma: Lei era il direttore dell’ICE, o il direttore dell’ICE ad interim, quando le separazioni familiari sono state attuate da questa amministrazione, giusto?”

Tom Homan: “Ero il direttore dell’ICE ad interim in quel periodo, sì, signora.”

AOC: “Ok. E lei ha fornito la raccomandazione ufficiale al Segretario Nielsen affinché gli Stati Uniti perseguissero la separazione familiare?

Homan: Ho dato al Segretario Nielsen numerose raccomandazioni su come rendere sicuro il confine e salvare vite umane.

AOC: Quindi, tra le tante raccomandazioni, lei ha raccomandato la separazione familiare?

Homan: Ho raccomandato la tolleranza zero.

AOC: Che include la separazione delle famiglie.

Homan: Come avviene per ogni genitore cittadino americano che viene arrestato con un bambino.

AOC: La tolleranza zero è stata interpretata come la politica che separa i bambini dai loro genitori…

Homan: Se vengo arrestato per guida in stato di ebbrezza e ho un bambino piccolo in macchina, sarò separato da mio figlio. Quando si è in questo Paese illegalmente, è una violazione dell’8 Codice degli Stati Uniti 1325-.

AOC: Chiedere asilo è legale…

Homan: Se si vuole chiedere asilo, si va in un porto d’ingresso. Lo si fa in modo legale. Il Procuratore Generale degli Stati Uniti lo ha chiarito.

Ok…

(Pausa, AOC sembra spostare l’attenzione)

FIERY WORDS: Tom Homan vs. AOC heated exchange over Migrant Children & Border Security 2019 hearing

Ultimo ma non meno importante e` Steven Cheung.  (The Stomper)

Steven Cheung è il direttore delle comunicazioni della Casa Bianca, ruolo che ha assunto il 20 gennaio 2025, dopo l’insediamento di Trump. Questa posizione lo rende il principale stratega della comunicazione dell’amministrazione, supervisionando le relazioni con la stampa, le dichiarazioni pubbliche e il team di comunicazione. A differenza del più visibile addetto stampa della Casa Bianca (attualmente Karoline Leavitt), Cheung lavora dietro le quinte, dando forma alla narrazione e coordinandosi con la cerchia ristretta di Trump.

Cheung è un attaccabrighe verbale. Durante l’ultima campagna elettorale, ha lanciato insulti contro la vicepresidente Harris.

Leale fino all’estremo, è con Trump dal 2016. Le sue dichiarazioni spesso riecheggiano i toni roboanti di Trump.

Prima di unirsi a Trump Cheung ha trascorso un lungo periodo nell’Ultimate Fighting Championship (UFC). Nel 2013, Cheung ha intrapreso una carriera con l’organizzazione dell’Ultimate Fighting Championship a Las Vegas, Nevada, dove ha lavorato come “direttore delle comunicazioni per gli affari pubblici della UFC”. È stato la mente nella pratica adottata dell’UFC di bandire i giornalisti, critici dell’organizzazione, dagli eventi dal vivo. Della UFC ha ereditato lo spirito guerriero.

Trasuda la stessa  energica reazione di un combattente in gabbia; non si preoccupa tanto delle sfumature politiche, quanto di vincere la guerra dell’immagine.

Poco appariscente ma letale. A differenza di altri collaboratori di Trump, Cheung evita i riflettori, raramente si vede in canali televisivi.

Orgoglioso patriota. Nato a Sacramento da immigrati cinesi, è un sostenitore del nazionalismo di Trump, una caratteristica che alimenta il suo zelo “America First”.

Cheung è un pitbull ferocemente protettivo nei confronti di Trump.

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La lotta contro il Diritto _ Con Buffagni, Klitsche de la Grange, Sinagra, Germinario, Semovigo

Il Diritto. Da principio regolatore della civiltà, il diritto si trasforma in una macchina di potere, chi è dentro e chi è fuori. Un capovolgimento radicale che ricorda la critica di Carl Schmitt alla neutralità liberale: il diritto non è più neutrale, ma espressione della volontà del più forte.

Dike, CPI e la crisi della sovranità
Il diritto penale internazionale diventa un’arma geopolitica che rimane intoccabile. È il modello della guerra giuridica (lawfare)

Hegel, Stato e diritto: il tradimento delle istituzioni
Hegel vedeva lo Stato come l’incarnazione dello Spirito, il luogo in cui il diritto trova la sua realizzazione. Ma cosa accade quando lo Stato abdica al proprio ruolo e diventa un mero esecutore di decisioni prese altrove ?

L’UE come spazio di controllo giuridico
L’Unione Europea ha creato un sistema di diritto che vincola gli Stati membri e impone un modello giuridico o è un apparato burocratico autoreferenziale ?

Dike e il tradimento della giustizia – Dalla Grecia classica a oggi, il diritto è sempre stato fondamento della civiltà. Ma cosa accade quando diventa un’arma di guerra?

Lawfare: il nuovo volto del totalitarismo – Dalla CPI ai tribunali europei, il diritto penale internazionale portatore di neutralità ?

L’Unione Europea e il soft power giuridico – Trattati, corti e regolamenti indipendenti ?

Ospiti e relatori

⚖️Teodoro Klitsche de la Grange – autore di : La Lotta contro il Diritto
Roberto Buffagni – saggista e analista politico
⚖️ Augusto Sinagra – giurista e magistrato
Giuseppe Germinario – Analista Geopolitico e direttore di Italia e il Mondo
Cesare Semovigo – regista e documentarista

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Giù la maschera? Dedicato al Presidente_di Giuseppe Germinario

Giù la maschera?

Le recenti sortite di Sergio Mattarella, nostro Presidente della Repubblica, non mi hanno sconvolto, ma un po’ sorpreso sì.

Ai più avveduti è risaputo che il requisito  determinante  che consente la nomina e/o la riconferma del Presidente della Repubblica italiana non è l’adesione alla narrazione irenica e struggente della Unione Europea e nemmeno quello del generale consenso nazionale alla nomina di una figura emblematica dell’unità del paese, come solitamente si preferisce proferire, piuttosto che della Nazione. È imprescindibile, piuttosto,  il suo gradimento in particolare agli Stati Uniti e alla sua leadership, qualsiasi essa sia, meglio sia stata.

Gli apparenti momenti di discontinuità emersi nel recente passato, in primis la nomina di Giorgio Napolitano, non furono casuali. Il nostro, recentemente defunto, fu il primo e più importante esponente del PCI a cedere negli ormai lontani anni ’70 alle attenzioni, alla ospitalità e alle profferte amorose statunitensi, così come rivelate anni dopo, tra i tanti, dal “grande statista” Henry Kissinger.

Il recente conseguimento della laurea “honoris causa” conferita al nostro Presidente in carica dall’università di Marsiglia potrebbe rappresentare solo  un mero cedimento un po’ superficiale  al narcisismo e alla vanagloria della figura politica più emblematica di una nazione; cedimento  che ha purtroppo colpito già un numero impressionante, nell’ordine delle centinaia, di personaggi in vista e del sottobosco politico italiani adornati di onorificenze, in particolare della Legion d’Onore, del tutto a costo zero da parte di un paese, la Francia, il quale, assieme alla più discreta ma non meno velenosa Germania, nell’ultimo trentennio ha ripetutamente stilettato e pugnalato il proprio “cugino” subalpino, dalla schiena volutamente scoperta.

La guerra contro la Serbia, il massacro indegno di Gheddafi in Libia, la fortunatamente fallita in extremis pretesa territoriale nei mari Ligure e Tirreno, grazie ad un ripensamento dell’ultimo minuto del solo Parlamento Italiano,  sono stati gli episodi più evidenti di un saccheggio perpetrato ai nostri danni sotto la direzione e la mano anglo-statunitense.

Le esternazioni che hanno accompagnato e seguito quel conferimento, per la verità abbastanza in linea con altre precedenti, certamente più animose,  soprattutto inopportune e fuori luogo nel nuovo contesto geopolitico che si va determinando, rappresentano, però, un salto di qualità verso un mondo iperuranico di un personale politico storicamente e stoicamente predisposto a darsi la zappa, se non su organi più sensibili, sui piedi propri, e sin qui si rientrerebbe nelle scelte masochistiche, ma personali, e purtroppo del paese e della nazione che si rappresenta. Per così dire “cornuti e mazziati”.

In cosa potrebbe consistere questo salto? Esattamente nel passaggio surrettizio, probabilmente involontario, sto adottando il principio di precauzione,  della profferta di fedeltà da  uno stato “amico” straniero ad una fazione politica di esso, la peggiore.

Un salto che in verità potrebbe essere un disvelamento di una predisposizione atavica celata dalla coincidenza ed adesione simbiotica, sino al 20 gennaio scorso, tra quella leadership ormai decadente e quello Stato americano, così come svelato dal DOGE del tanto vituperato Elon Musk.

Nella mia modestia, vorrei aiutare il nostro Presidente a riconsiderare le sue perentorie affermazioni per evitare che si possa trasformare irrimediabilmente da capo-nazione a capo-fazione.

Non penso possa arrivare ad assumere il ruolo di capo-bastone; non sembra possederne l’indole e le “phisique du role”, mi si scusi il francesismo.

Vado quindi al punto, anche se non del tutto esaustivo, consapevole di colpire la suscettibilità un po’ permalosa del nostro:

  • Il nostro Signor Presidente è a conoscenza degli impegni sulla garanzia di neutralità dell’Ucraina sancita dagli accordi russo-statunitensi negli anni ’90?
  • Il nostro Signor Presidente è a conoscenza del contenuto degli accordi di Minsk e del ruolo di garanti assunto solennemente ed eluso da Francia e Germania?
  • Il nostro Signor Presidente è a conoscenza del trattato di mutuo sostegno, anche militare, sottoscritto da Ucraina e Stati Uniti e antecedente alle proposte ultimative dei russi nell’ottobre 2021?
  • Il nostro Signor Presidente, così sensibile ai temi dei diritti umani e dell’antinazi-fascismo, è a conoscenza delle reali dinamiche del colpo di stato e di mano a piazza Maidan nel 2013/2014, in Ucraina, delle persecuzioni e degli eccidi delle popolazioni russe e russofone presenti massivamente in Ucraina, come per altro in diversi paesi confinanti, appartenenti alla ex-URSS, della messa fuori legge della maggior parte dei partiti di quel “democratico” disgraziato paese, delle intenzioni dichiaratamente aggressive manifestate verso la Russia?
  • Il nostro signor Presidente è a conoscenza degli antecedenti storici del patto Molotov-Ribbentrop e dell’incongruenza della analogia offerta dal legame adombrato tra la guerra nazifascista e il conflitto ucraino?
  • Il nostro Presidente, da uomo politico, ritengo consumato, è consapevole dell’opportunità delle sue particolari esternazioni e forzature in un contesto e in una prospettiva di ripresa delle relazioni tra Stati Uniti e Russia?

La sua risposta documentata, ragionata ed esauriente a queste domande, pur nella modestia del ruolo dello scrivente, potrebbe offrire la spinta ad assumere il ruolo di mallevadore di una svolta positiva possibile nelle relazioni internazionali, innescato dal nuovo corso inaugurato dall’insediamento della presidenza statunitense. Basterebbe poco per imprimere una svolta decisiva sfruttando almeno per una volta in positivo l’atavica propensione trasformista del nostro ceto politico e della nostra classe dirigente.

La conferma, al contrario, ostinata del vecchio corso lo relegherebbe al ruolo cieco di una mosca cocchiera, fuori tempo massimo, di una causa persa, di una classe dirigente e di un ceto politico in evidente stato di smarrimento e putrefazione.

La scelta è inderogabile; quella di un uomo destinato a conquistarsi un posticino, sia pure di second’ordine, nella storia che conta  oppure in quello tapino e grottesco nei cantucci più reconditi riservati ai paladini tardivi delle cause perse e meno nobili.

Dalla sua, la sfortuna e la commiserazione di risiedere e presiedere in un continente, quello europeo, destinato  ad assumere un ruolo centrale nello scontro politico ferale, tutto interno agli Stati Uniti, rimanendone, per altro, più ostaggio e strumento che protagonista.

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CASO AL-MASRI! MESSAGGIO PER GIORGIA MELONI?AUGUSTO SINAGRA GIUSEPPE GERMINARIO CESARE SEMOVIGO

Giorgia Meloni e il suo governo si trovano in una posizione particolarmente scomoda. Aver messo lo stesso piede in troppe scarpe comporterà il pagamento di un prezzo più pesante in vista di un ipotetico riallineamento ed espone la leader a ritorsioni e condizionamenti contrapposti difficilmente sostenibili. Una condizione che rischia di esporre ulteriormente il paese piuttosto che condurlo ad una posizione e postura più autonoma. Ci sarà sicuramente il tentativo strumentale dell’opposizione demoprogressista di cavalcare il malcontento per una situazione della quale essa stessa è la principale responsabile. Sarà questo il terreno di confronto e di provocazione sul quale misurarsi senza ignorare i problemi sul tappeto e la condizione del paese. Ogni crisi è la condizione ed il pretesto di un profondo riassetto della condizione sociale. L’Italia non ne sarà esente. La pubblicazione avviene, purtroppo, a due settimane dalla registrazione per i problemi ricorrenti di disturbo dell’attività del sito. Mantiene comunque la sua attualità_Giuseppe Germinario

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Marco Rubio e Sergey Lavrov a Riad_a cura di Cesare Semovigo e Giuseppe Germinario

Qui sotto le trascrizioni delle conferenze stampa di Rubio e Lavrov seguite all’incontro odierno a Riad. Segue una intervista inedita di Putin utile a comprendere il contesto assieme agli interventi di Vance, Hegseth e Trump già pubblicati. Rimane da conoscere gli atti di un terzo convitato di pietra: i leader europei più oltranzisti, in particolare Macron e Starmer, in predicato con le loro fibrillazioni di fare da supporto a pesanti provocazioni di disturbo del vecchio establishment disarticolato, assieme alle comparse presidenziali italiche e agli avventurieri annidati in Europa Orientale e scandinava. Vedremo sino a che punto saranno efficaci le misure persuasive e dissuasive della compagine trumpiana_Giuseppe Germinario

###  **Traduzione del discorso di Marco Rubio a Riad**

Siamo qui con la delegazione statunitense che ha concluso i suoi incontri con i russi. Ci sono stati accordi o conversazioni di follow-up?

**Marco Rubio:**

Iniziamo col dire che abbiamo concordato quattro principi fondamentali, che ritengo siano importanti:

1️⃣ **Ripristino delle missioni diplomatiche**

Abbiamo deciso di **nominare dei team di lavoro** per ripristinare rapidamente il funzionamento delle nostre missioni diplomatiche a **Washington e Mosca**. Senza ambasciate operative, non possiamo portare avanti questo processo.

2️⃣ **Team di alto livello per negoziare la fine della guerra in Ucraina**

Abbiamo stabilito che un team di alto livello degli Stati Uniti negozierà con la Russia per **porre fine al conflitto in Ucraina** in modo duraturo e accettabile per tutte le parti coinvolte.

3️⃣ **Esaminare la cooperazione geopolitica ed economica post-guerra**

Dobbiamo iniziare a discutere delle **opportunità geopolitiche ed economiche** che potrebbero emergere dalla fine del conflitto. Tuttavia, prima di tutto, la guerra deve concludersi in modo stabile e definitivo.

4️⃣ **Continuare il processo diplomatico con impegno personale**

Noi **cinque delegati presenti oggi** continueremo a essere direttamente coinvolti per garantire che il processo proceda in modo costruttivo.

#### **Che aspetto avrà la fine della guerra? Sono stati presentati dei piani concreti ai russi?**

**Rubio:**

Ci sono alcuni **principi fondamentali** che guidano la discussione:

– Deve essere una **fine definitiva e non temporanea** della guerra.

– Ci sarà inevitabilmente una discussione su **territorio e garanzie di sicurezza**, che sono aspetti essenziali di qualsiasi accordo.

– Il presidente Trump ha chiarito la sua determinazione a **porre fine alla guerra**, fermare la distruzione e la perdita di vite umane.

Le immagini che vediamo ogni giorno dai campi di battaglia nell’Ucraina orientale e meridionale sono **inaccettabili** e non sono nell’interesse di nessuno, né degli Stati Uniti né dell’Europa.

Trump ha cambiato completamente il dibattito globale: non si parla più di **se** la guerra finirà, ma solo di **come** finirà.

#### **Gli Stati Uniti accetteranno che la Russia mantenga i territori annessi dal 2022?**

**Rubio:**

Questi sono **temi da negoziare** e da affrontare con il duro lavoro della diplomazia. **Non anticiperemo accordi o concessioni pubblicamente.**

Quello che possiamo dire è che **Trump è l’unico leader al mondo** che ha la capacità di **riunire le parti per avviare un negoziato serio.**

#### **Ci saranno concessioni da parte degli Stati Uniti?**

**Rubio:**

Per chiudere un conflitto, **tutte le parti devono essere d’accordo sul risultato.**

Dobbiamo anche riconoscere che **sono passati tre anni e mezzo senza contatti regolari tra Stati Uniti e Russia**. Questo è il primo passo per ricostruire un canale di comunicazione.

Trump ha fatto in pochi mesi quello che nessuno è riuscito a fare in tre anni: **portare la guerra a un punto di svolta.**

#### **La Russia ha chiesto la rimozione delle sanzioni?**

**Rubio:**

Le sanzioni sono state imposte a causa del conflitto e saranno parte del negoziato.

Non possiamo prevedere le concessioni, ma è chiaro che per **arrivare alla pace saranno necessari compromessi da entrambe le parti**.

L’Unione Europea avrà un ruolo chiave, poiché ha imposto molte delle sanzioni, quindi dovrà essere coinvolta nei negoziati.

#### **Gli alleati europei si sentono esclusi da questo processo. Come risponderete a queste preoccupazioni?**

**Rubio:**

Per tre anni nessuno è riuscito a creare un canale di negoziazione, ma **Trump ci è riuscito.**

Nessuno viene escluso, ma il presidente Trump **ha preso l’iniziativa per avviare un processo di pace reale**.

Tutti dovrebbero ringraziarlo per questo.

#### **Gli Stati Uniti appoggeranno una soluzione europea alla guerra?**

**Rubio:**

Questo è un tema in discussione. Abbiamo sempre chiesto all’Europa di **contribuire di più alla sicurezza comune**, e alcuni paesi stanno aumentando il loro impegno in Ucraina.

Ma ricordiamo che **un terzo dei paesi NATO non ha ancora raggiunto il contributo minimo del 2% del PIL alla difesa**, nonostante l’accordo esista da un decennio.

#### **I russi vogliono davvero la pace?**

**Rubio:**

La diplomazia si basa sulle **azioni concrete, non sulle parole.**

Il risultato di oggi è che **i russi hanno accettato di impegnarsi in un processo di negoziazione**. Se porterà alla pace dipenderà da **quanto entrambe le parti saranno disposte a rispettare gli impegni presi.**

### ** Prossimi passi nel negoziato**

 **1️⃣ Ripristino delle relazioni diplomatiche USA-Russia**

Negli ultimi dieci anni ci sono state **espulsioni reciproche di diplomatici** e chiusure di ambasciate.

Dobbiamo ripristinare la piena operatività delle missioni.

 **2️⃣ Negoziati sul conflitto ucraino**

Una squadra di esperti lavorerà su **un cessate il fuoco stabile e duraturo**.

 **3️⃣ Cooperazione geopolitica ed economica**

Dopo la pace, USA e Russia potrebbero trovare **opportunità economiche e diplomatiche** di grande portata.

** Conclusione:**

L’obiettivo è **una pace duratura e accettabile per tutte le parti**.

Trump sta portando avanti un processo che **nessun altro leader era riuscito ad avviare negli ultimi tre anni**.

 **Ora il successo dipenderà dalla volontà di tutte le parti di rispettare gli impegni presi.**

17:40

Discorso e risposte alle domande dei media del Ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa S.V. Lavrov dopo i colloqui con i rappresentanti dell’amministrazione statunitense, Riyadh, 18 febbraio 2025

249-18-02-2025

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Vorremmo esprimere la nostra gratitudine alla leadership dell’Arabia Saudita per l’opportunità di organizzare un incontro tra rappresentanti russi e americani. Abbiamo espresso personalmente questa gratitudine al principe ereditario del Regno M. bin Salman, quando noi, insieme all’assistente del presidente della Russia Yu. V. Ushakov, siamo stati in udienza con lui.

Abbiamo parlato per circa un’ora delle nostre relazioni bilaterali e di quanto sia importante garantire nel mondo, se non un accordo completo (che è impossibile), almeno la disponibilità delle grandi potenze a mantenere in ogni situazione un dialogo normale e professionale, a cercare di ascoltarsi a vicenda, a imparare lezioni da ciò che sta accadendo e a non permettere conflitti e crisi.

Questa posizione del principe ereditario M. bin Salman è stata infatti riprodotta nei nostri negoziati con la parte americana. All’inizio della conversazione, il Segretario di Stato americano M. Rubio ha sottolineato in particolare l’importanza fondamentale che nelle relazioni internazionali ogni Paese sia guidato dai propri interessi nazionali. Eravamo completamente d’accordo. Oltre al fatto che questi interessi nazionali non sempre coincideranno. Ma quando non coincidono, è molto importante regolare queste discrepanze, non lasciarle “seguire il loro corso” e, soprattutto, non provocare uno scontro militare o di altro tipo.

Quando gli interessi nazionali coincidono, bisogna fare tutto il possibile per unire gli sforzi in questi ambiti e realizzare progetti reciprocamente vantaggiosi nella sfera geopolitica e negli affari economici.

La conversazione è stata molto utile. Non solo ascoltavamo, ma ci sentivamo anche a vicenda. Ho motivo di credere che la parte americana abbia iniziato a comprendere meglio la nostra posizione, che abbiamo ancora una volta delineato in dettaglio, utilizzando esempi concreti, basati sui ripetuti discorsi del presidente russo V.V. Putin.

Riguardo agli accordi raggiunti. La prima cosa, probabilmente la più urgente e certamente non la più difficile, è garantire la nomina il più presto possibile degli ambasciatori russi negli Stati Uniti e degli ambasciatori statunitensi in Russia. E anche per rimuovere gli ostacoli che per molti anni, soprattutto a causa dell’amministrazione di J. Biden negli ultimi quattro anni, si sono frapposti alla direzione delle nostre missioni diplomatiche, complicandone seriamente il lavoro: le infinite espulsioni dei nostri diplomatici, a cui siamo stati costretti a rispondere, i continui problemi di sequestro dei nostri beni immobili e molto altro ancora.

Non ultimo problema sono i bonifici bancari, che stanno cercando di limitare per noi. Noi ricambiamo naturalmente. Abbiamo concordato che i nostri deputati organizzeranno un incontro nel prossimo futuro e prenderanno in considerazione la necessità di eliminare queste “barriere” artificiali nel lavoro delle ambasciate e di altre istituzioni straniere della Russia negli USA e degli USA in Russia. Inoltre, cercheranno di non concentrarsi su nessuna manifestazione specifica di questi “ostacoli”, ma cercheranno di affrontarli sistematicamente per porre fine una volta per tutte a questi inconvenienti che ostacolano realmente lo sviluppo delle normali relazioni quotidiane.

Secondo accordo. Abbiamo concordato che nel prossimo futuro verrà avviato un “processo per la risoluzione della questione ucraina”. La parte americana annuncerà chi rappresenterà Washington in quest’opera. Non appena conosceremo il nome e la posizione del rappresentante competente, allora, come ha detto il presidente russo V.V. Putin al presidente degli Stati Uniti D. Trump, designeremo immediatamente il nostro partecipante a questo processo.

In terzo luogo, in senso concettuale più ampio, man mano che procedono i processi legati alla risoluzione della crisi in Ucraina, dobbiamo creare contemporaneamente le condizioni affinché la nostra cooperazione possa riprendere pienamente e ampliarsi in un’ampia gamma di settori.

C’è stato un grande interesse (che condividiamo) nel riprendere le consultazioni su questioni geopolitiche, compresi vari conflitti in diverse parti del mondo in cui sia gli Stati Uniti che la Russia hanno interessi.

È stato espresso grande interesse nel rimuovere le barriere artificiali allo sviluppo di una cooperazione economica reciprocamente vantaggiosa. Il direttore del Fondo russo per gli investimenti diretti, K.A. Dmitriev, era presente alla discussione degli aspetti economici del nostro incontro odierno. Ha presentato alcuni problemi che potrebbero essere risolti abbastanza rapidamente, a vantaggio sia della Russia che degli Stati Uniti.

Domanda: Ora ci sono diverse valutazioni, per lo più positive. Anche da parte americana lo stanno già facendo. In quale ambito sei riuscito ad avvicinarti di più agli USA: nel percorso russo-americano o in quello ucraino? Era possibile gettare le basi per un incontro tra i presidenti di Russia e Stati Uniti? Quali sono i prossimi passi? Terrete degli incontri nel prossimo futuro? Il Segretario di Stato americano M. Rubio ha affermato che saranno richieste concessioni a tutti coloro che aderiscono al percorso ucraino. C’è qualche comprensione?

S.V. Lavrov: Per quanto riguarda le questioni sulle quali siamo riusciti a raggiungere un’intesa reciproca. Ciò non implica necessariamente una convergenza di posizioni. Ne ho già parlato. Abbiamo praticamente convenuto che dobbiamo risolvere una volta per tutte il problema del funzionamento delle nostre missioni diplomatiche. È stata espressa la volontà reciproca di trovare soluzioni concrete alle questioni del nostro dialogo sugli affari internazionali e sulle relazioni economiche.

Per quanto riguarda la questione ucraina, ho menzionato l’accordo secondo cui gli americani nomineranno un loro rappresentante. Noi ricambieremo. Successivamente inizieranno le opportune consultazioni. Saranno di natura regolare.

Ci siamo incontrati su decisione dei presidenti di Russia e Stati Uniti, che hanno concordato di lavorare alla preparazione del prossimo vertice. A tal fine, i ministri degli Esteri e i consiglieri per la sicurezza nazionale sono stati incaricati di incontrarsi e valutare le soluzioni da adottare prima che i presidenti potessero concordare una data e un orario specifici per il vertice.

Domanda: Subito dopo la fine dell’incontro sono emerse numerose informazioni, citando alcune fonti vicine al processo diplomatico, riguardanti il ​​”piano in tre fasi” che la Russia avrebbe concordato con gli Stati Uniti riguardo all’Ucraina. È vero?

S.V. Lavrov: Riguardo al “piano in tre punti”. Non ho visto queste informazioni e questi messaggi. Oggi, mentre “sfogliavo” le notizie, ho trovato un link a una dichiarazione del ministro degli Esteri polacco R. Sikorski, che ha detto da qualche parte “nei corridoi di Monaco” di aver incontrato il rappresentante degli Stati Uniti K. Kellogg. Lo informò di un piano per un accordo. Lì non c’era scritto: tre punti o quattro. Ma R. Sikorsky, commentando il piano, ha detto di non poterne rivelare i dettagli. “Il piano è atipico, ma potrebbe essere molto interessante.”

Oggi ho chiesto al Segretario di Stato americano M. Rubio e a K. Walts cosa significhi questo. Risposero che era falso.

Domanda: Prima di questo incontro, gli Stati Uniti hanno inviato un questionario all’Unione Europea, chiedendo cosa l’Europa potesse offrire in termini di garanzie di sicurezza per l’Ucraina. C’è una questione riguardante l’introduzione di un contingente nel territorio dell’Ucraina. Cosa pensa Mosca di tutto questo?

S.V. Lavrov: Per quanto riguarda le informazioni “fluttuanti”, secondo cui gli americani avrebbero posto una serie di domande all’Unione Europea per capire meglio cosa intende fare l’UE e in che modo gli americani possono essere utili o coinvolti. Ne ho già parlato.

Ma ha anche affermato che il tema del possibile dispiegamento di alcune forze armate di mantenimento della pace, presumibilmente dopo che il conflitto è già stato risolto o è stato raggiunto un accordo, come menzionato in questo documento, interessa gli americani dal punto di vista di quali paesi sono pronti a fornirle. È chiaro che la domanda è rivolta ai membri dell’Unione Europea.

Abbiamo spiegato oggi ai nostri interlocutori che abbiamo notato bene che il presidente degli Stati Uniti D. Trump in molti dei suoi discorsi è stato il primo tra i leader occidentali a dire chiaramente che l’adesione dell’Ucraina alla NATO è una delle ragioni principali di ciò che sta accadendo, che questo è uno dei più grandi errori di J. Biden e della sua amministrazione e che se D. Trump fosse stato presidente, non lo avrebbe permesso.

A questo proposito, abbiamo spiegato ai nostri colleghi che il presidente russo V.V. Putin ha ripetutamente sottolineato che l’espansione della NATO e l’assorbimento dell’Ucraina da parte dell’Alleanza del Nord Atlantico rappresentano una minaccia diretta agli interessi della Federazione Russa e alla nostra sovranità. Pertanto, la comparsa di forze armate degli stessi paesi della NATO, ma sotto bandiera straniera, sotto bandiera dell’Unione Europea o sotto bandiere nazionali, non cambia nulla sotto questo aspetto. Per noi questo è inaccettabile.

Domanda: Alla vigilia dei negoziati, le forze armate ucraine hanno attaccato la stazione di pompaggio di Kropotkinskaya nel Kuban. Al suo interno scorre petrolio, di proprietà, tra gli altri, di aziende statunitensi e di paesi europei. Si tratta di un tentativo da parte di V.A. Zelensky di gettare una “marcia nera” su D. Trump sullo sfondo dei contatti con la Russia?

S.V. Lavrov: Per quanto riguarda la causa dell’ultimo colpo di scena con l’attacco alle infrastrutture energetiche di quello che oggi è, di fatto, il Kazakistan. Le ragioni che si possono addurre sono molteplici e si può intuire su cosa si basasse l’ordine impartito da qualcuno a Kiev. Ma questo non dovrebbe far altro che rafforzare l’opinione di tutti che questo non può continuare, che quest’uomo e tutta la sua squadra devono essere riportati in sé, “dando loro una pacca sulla mano”.

A proposito, oggi i nostri colleghi americani hanno detto che forse dovremmo introdurre una moratoria sugli attacchi agli impianti energetici. Abbiamo spiegato che non abbiamo mai messo a repentaglio i sistemi di approvvigionamento energetico della popolazione e che i nostri obiettivi erano solo le strutture che servono direttamente le forze armate ucraine.

Hanno ricordato che anche durante le discussioni sulla possibile ripresa dell'”accordo del Mar Nero”, è stata sollevata la questione con gli intermediari turchi sulla protezione degli impianti energetici. Abbiamo espresso la nostra disponibilità a discutere le modalità, ma poi lo stesso V.A. Zelensky si è rifiutato di farlo.

Domanda: Le dichiarazioni di alcuni paesi dell’UE circa il loro desiderio di partecipare al tavolo delle trattative sono collegate alle altre dichiarazioni sui diritti storici sulle terre ucraine?

S.V.Lavrov: Non lo so. Ma conversazioni di questo tipo avvengono. Di questo argomento hanno parlato di recente anche i politici rumeni. Non ci proverò.

Domanda: Ieri V.A. Zelensky ha dichiarato di non riconoscere i risultati dei negoziati tra USA e Russia. Quanto è importante, secondo lei, la partecipazione dello stesso V.A. Zelensky ai negoziati per il raggiungimento della pace? Può contare sulla sua partecipazione a questo processo?

S.V. Lavrov: Non c’è bisogno di entrare nei dettagli qui, perché questo argomento è stato trattato ampiamente dal presidente russo V.V. Putin nella sua recente intervista con P.A. Zarubin. Non ho nulla da aggiungere.

Domanda: È ovvio per molti che si stanno tentando di “affondare” seriamente l’instaurazione e il rinnovamento delle relazioni tra Russia e Stati Uniti. Cosa dovrebbe fare la Russia per impedire questi tentativi di “siluramento” al fine di “proteggere il processo”? Oggi, dopo quattro ore e mezza trascorse a tu per tu con gli americani, ritieni che la loro volontà di ristabilire le relazioni con la Russia sia forte?

S.V. Lavrov: Per impedire che le relazioni tra Russia e Stati Uniti vengano “affondate”, dobbiamo instaurarle. Ecco cosa abbiamo fatto oggi. Francamente parlando, non senza successo.

Non abbiamo ancora parlato di tutto ciò che ancora ci divide. Ma l’approccio concettuale al lavoro successivo è stato definito dai presidenti durante la loro conversazione telefonica .

Abbiamo percepito la completa determinazione, la volontà concreta dei nostri colleghi americani di portare avanti attivamente questo movimento, come indicato dai presidenti. E faremo anche questo.

21:00

Risposte del Ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa S.V.Lavrov alle domande del canale televisivo “Russia 1”, Riyadh, 18 febbraio 2025

251-18-02-2025

Domanda: Siete riusciti a raggiungere un accordo sostanziale con la parte americana su qualche risultato? Dall’altra parte provengono dati contrastanti.

S.V. Lavrov: Te lo dico adesso, andiamo.

Domanda: Quando avrà luogo l’incontro tra il presidente russo V.V. Putin e il presidente degli Stati Uniti D. Trump?

S.V.Lavrov: Quando i presidenti sono d’accordo.

Domanda: È stato formato un gruppo per gestire le negoziazioni?

S.V. Lavrov: Abbiamo concordato che saranno formati gruppi da entrambe le parti, dopo aver riferito ai nostri presidenti.

Domanda: Ritiene che le negoziazioni odierne siano state un successo?

S.V.Lavrov: Penso che siano positivi.

Domanda: Conosceva già il signor M. Rubio o è stato il vostro primo incontro?

S.V.Lavrov: Primo incontro.

Domanda: Che impressione hanno fatto gli altri negoziatori?

S.V. Lavrov: Abbiamo avuto delle trattative buone e positive. L’atmosfera era molto positiva. Le persone positive creano un’atmosfera positiva.

Domanda: Dicono che scherzavi molto?

S.V. Lavrov: Questi sono già dettagli intimi. Chi parla di barzellette?

Domanda: I funzionari americani affermano che stavate scherzando durante i colloqui.

S.V. Lavrov: Sono contento che gli sia piaciuto, visto che lo hanno detto.

Risposte alle domande del giornalista Pavel Zarubin

18:00
Mosca
Risposte alle domande del giornalista Pavel Zarubin

P. Zarubin: Vladimir Vladimirovich, negli ultimi giorni il Presidente degli Stati Uniti Trump, che si è insediato, ha fatto molte dichiarazioni diverse su un possibile incontro con lei e sulle prospettive di una soluzione ucraina. Vorrei conoscere la sua opinione.

V. Putin: In effetti, il Presidente degli Stati Uniti ha fatto molte dichiarazioni su questo argomento.

Prima di tutto, vorrei dire che la Russia non ha mai rifiutato contatti con l’Amministrazione degli Stati Uniti, e non è colpa nostra se l’Amministrazione precedente ha rifiutato questi contatti. Con l’attuale Presidente degli Stati Uniti ho sempre avuto rapporti d’affari, esclusivamente d’affari, ma allo stesso tempo rapporti pragmatici e di fiducia, direi.

Non posso non essere d’accordo con lui nel dire che se fosse stato Presidente, se avesse avuto nel 2020 avrebbe avuto la fiducia;2020 non avesse rubato la vittoria, allora forse non ci sarebbe stata la crisi in Ucraina che si è verificata nel 2022 2022. Anche se è noto che Trump, quando era presidente nella sua prima iterazione, ha anche imposto un numero significativo di sanzioni contro la Russia, all’epoca il maggior numero di restrizioni. Non credo che sia stata una decisione nell’interesse non solo della Russia, ma anche degli Stati Uniti. Tra l’altro, Biden ha raccolto il testimone e ha imposto ancora più restrizioni. E il risultato è noto – un sacco di decisioni dannose per l’economia degli stessi Stati Uniti.

Per esempio, minare il potere del dollaro stesso, perché il divieto della Russia di usare il dollaro – e noi non abbiamo rinunciato al dollaro, è stata l’Amministrazione precedente a non darci la possibilità di usare il dollaro come unità di conto, – a mio parere, questa decisione provoca danni molto gravi agli Stati Uniti stessi. Ma non entreremo ora nel merito. Posso solo dire che vediamo le dichiarazioni del Presidente in carica sulla sua disponibilità a lavorare insieme. Siamo sempre aperti a questo.

Per quanto riguarda la questione, diciamo, dei negoziati, abbiamo sempre detto in questo senso che siamo pronti a questi negoziati sulla questione ucraina. Ma ci sono anche questioni che richiedono un’attenzione particolare.

Per esempio, come lei sa, l’attuale capo del regime di Kiev, quando era ancora un capo di Stato abbastanza legittimo, ha emesso un decreto per vietare i negoziati. Come si possono riprendere i negoziati ora se sono vietati?

Ora siamo tra le mura dell’Università di Mosca. Sono un avvocato di base, come sapete, mi sono laureato alla facoltà di legge dell’Università di San Pietroburgo, poi di Leningrado. Posso dirle che se i negoziati iniziano nell’ambito dell’attuale quadro normativo, saranno, a rigore, illegittimi, il che significa che anche i risultati di questi negoziati potranno essere dichiarati illegittimi.

L’attuale regime di Kiev con piacere riceve centinaia di miliardi dai suoi sponsor, scusate la semplicità delle espressioni popolari, come si dice nel nostro popolo, sgranocchiando con Con piacere, sta mangiando queste centinaia di miliardi su entrambe le guance, ma non ha fretta di adempiere alle istruzioni dei suoi sponsor – e sappiamo che ci sono tali istruzioni – di annullare il decreto sul divieto di negoziazione.

Ma penso che alla fine coloro che pagano i soldi dovrebbero comunque costringerlo a farlo, e penso che dovrà farlo. Ma finché questo decreto non viene cancellato, è abbastanza difficile parlare di che questi negoziati possano essere avviati e, soprattutto, conclusi correttamente. Certo, è possibile fare qualche accenno preliminare, ma è difficile parlare di qualcosa di serio, ovviamente alle condizioni del divieto di condurre negoziati da parte ucraina, ovviamente alle condizioni di questo divieto.

In generale, naturalmente, abbiamo molti punti in comune con l’attuale Amministrazione, per trovare soluzioni alle questioni chiave di oggi. Si tratta di questioni di stabilità strategica, economiche, tra l’altro. Perché? Siamo uno dei maggiori produttori al mondo di, ad esempio, petrolio, gli Stati Uniti sono ora al primo posto, poi l’Arabia Saudita, la Russia.

Ma cosa caratterizza le economie russa e, diciamo, americana? Non siamo solo uno dei maggiori produttori di risorse energetiche, siamo anche i maggiori consumatori di risorse energetiche. E questo significa che sia per la nostra economia che per quella americana, sia i prezzi troppo alti sono negativi perché, utilizzando le risorse energetiche, abbiamo bisogno di produrre altri beni all’interno del Paese, sia i prezzi troppo bassi sono altrettanto negativi perché minano le opportunità di investimento delle aziende energetiche. Qui abbiamo molto di cui parlare. Ci sono altre questioni nel settore energetico che potrebbero essere di interesse reciproco.

Io, tra l’altro, in questo senso dubito che l’attuale Presidente degli Stati Uniti, il signor Trump, ripeto, abbiamo lavorato con lui nel primo periodo della sua presidenza, prenda delle decisioni, anche se sentiamo parlare della possibilità di imporre ulteriori sanzioni alla Russia, dubito che prenderà decisioni tali da danneggiare la stessa economia americana. Non è solo un uomo intelligente, è un uomo pragmatico. E trovo difficile immaginare che verranno prese decisioni dannose per la stessa economia americana.

Quindi, molto probabilmente, è davvero meglio che ci incontriamo, sulla base delle realtà di oggi, per parlare con calma di tutte quelle aree che sono di interesse sia per gli Stati Uniti che per la Russia. Noi siamo pronti. Ma, ripeto, dipende innanzitutto, ovviamente, dalle decisioni e dalle scelte dell’attuale Amministrazione americana.

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Vance alla conferenza di Monaco. De profundis della intera classe dirigente europea

Un discorso dirompente su cui sarà impossibile mettere la sordina. Un de profundis. Una intera classe dirigente europea messa alla berlina, alla quale è stato strappato il velo di ipocrisia, a dire il vero ormai sottile; additata come il vero nemico dei propri popoli, piuttosto che la Cina e la Russia.

Sin qui tutto bene, sin troppo bene. Le premesse perché l’acceso scontro politico in corso negli Stati Uniti si allarghi al continente europeo sono state poste.

Un discorso che rivendica libertà in Europa.

Qui, però, la strada può prendere due direzioni a seconda di chi raccoglierà l’invettiva e il testimone.

Una è quella della liberazione di forze politiche ed élites alla ricerca e disposte a sottomettersi alla nuova classe dirigente in formazione negli USA.

L’altra è quella della emancipazione di forze autonome ed indipendenti in grado di costruire il futuro dei propri paesi e di trattare a testa alta nel sistema di relazioni internazionali.

Rimarrebbe una terza ipotesi, quella dell’ignavia legata ad una possibile implosione o abbandono degli Stati Uniti. Ridurrebbe il continente europeo ad una landa. Una considerazione al momento prematura.

I nuovi profeti hanno dichiarato apertamente che gli Stati Uniti non sono più in grado, se mai lo sono stati, di reggere le sorti del mondo, pardon, il peso dell’impero così com’è.

Quello che potrà fare Vance, Trump e la nuova amministrazione per dare coerenza a queste affermazioni sarà la rimozione progressiva di tutti i centri eversivi statunitensi che allignano nei comandi della NATO e nelle reti disperse nei vari paesi europei. La cartina di tornasole che può attestare la sincerità della svolta annunciata.

Una spintarella, se non proprio un impulso dall’Europa ne rafforzerebbe la motivazione ed agevolerebbe il cammino.

Sta comunque agli europei decidere se contribuire a ripristinare sotto mutate spoglie la propria sottomissione, lasciando agli altri della “maggioranza globale”, che maggioranza così compatta comunque non sarà, gli oneri e gli onori della competizione; oppure imparare a trattare alla pari.

Ridurre ad un unico fascio tutto quello che sta accadendo negli Stati Uniti non farà che ridurre l’ampio movimento di contestazione in Europa al ruolo di corifei di decadenti protagonisti di un vecchio ordine ormai consunto. Una tentazione che serpeggia in maniera preoccupante.

Buon ascolto e buona lettura, Giuseppe Germinario

Vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance – Intervento alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco

Grazie e grazie a tutti i delegati, le personalità illustri e i professionisti dei media qui presenti. Un ringraziamento speciale anche agli organizzatori della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco per aver messo in piedi un evento così straordinario. Siamo ovviamente entusiasti di essere qui, felici di essere qui.

Una delle cose di cui voglio parlare oggi riguarda, naturalmente, i nostri valori condivisi. È meraviglioso essere di nuovo in Germania. Come avete sentito, lo scorso anno ero qui in qualità di Senatore degli Stati Uniti. Ho visto il Segretario agli Esteri David Lammy e scherzando gli ho fatto notare che entrambi, lo scorso anno, avevamo incarichi diversi da quelli attuali. Ora però è il momento, per tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di ricevere il mandato politico dai nostri popoli, di usare questo potere in modo saggio, per migliorare la loro vita.

Durante il mio soggiorno qui, nelle ultime 24 ore, ho avuto modo di trascorrere del tempo al di fuori di questa conferenza e sono rimasto molto colpito dall’ospitalità della gente di Monaco, nonostante il tremendo attacco di ieri. La prima volta che sono stato a Monaco è stato con mia moglie, che è qui con me oggi, in un viaggio personale. Ho sempre amato questa città e la sua gente, e voglio dire che siamo molto colpiti da quanto accaduto. I nostri pensieri e le nostre preghiere sono con Monaco e con tutti coloro che sono stati colpiti da questo male inflitto a questa bellissima comunità. Vi stiamo pensando, preghiamo per voi e vi sosterremo nei giorni e nelle settimane a venire.

Ora, spero che questa non sia l’ultima volta che ricevo applausi! Ma ci riuniamo a questa conferenza per discutere di sicurezza e, normalmente, intendiamo la sicurezza esterna. Vedo qui molti grandi leader militari, e voglio dire chiaramente che l’amministrazione Trump è molto preoccupata per la sicurezza europea e ritiene che si possa arrivare a una soluzione ragionevole tra Russia e Ucraina. Tuttavia, riteniamo anche che nei prossimi anni l’Europa debba assumersi una responsabilità molto maggiore per la propria difesa.

Ma la minaccia che più mi preoccupa per l’Europa non è la Russia, non è la Cina, né qualsiasi altro attore esterno. Ciò che mi preoccupa di più è la minaccia interna: il ritiro dell’Europa dai suoi valori fondamentali, valori che condivide con gli Stati Uniti d’America.

Di recente, un ex Commissario europeo è andato in TV e si è detto compiaciuto del fatto che il governo rumeno abbia annullato un’intera elezione. Ha persino avvertito che, se le cose non dovessero andare come previsto, lo stesso potrebbe accadere anche in Germania. Queste dichiarazioni sprezzanti sono scioccanti per le orecchie americane. Da anni ci viene detto che tutto ciò che finanziamo e sosteniamo è in nome dei nostri valori democratici condivisi: tutto, dalla nostra politica sull’Ucraina alla censura digitale, viene giustificato come una difesa della democrazia.

Ma se vediamo le corti europee annullare elezioni e alti funzionari minacciare di cancellarne altre, dobbiamo chiederci se ci stiamo davvero attenendo a standard sufficientemente elevati. E dico “noi” perché credo fermamente che siamo dalla stessa parte. Dobbiamo fare più che parlare di valori democratici: dobbiamo viverli.

Nella memoria di molti di voi in questa sala, la Guerra Fredda ha visto i difensori della democrazia opporsi a forze molto più tiranniche su questo continente. Pensate al campo che, in quella lotta, censurava i dissidenti, chiudeva le chiese e annullava le elezioni: erano forse i buoni? Certamente no. E grazie a Dio hanno perso la Guerra Fredda. Hanno perso perché non valorizzavano né rispettavano le straordinarie benedizioni della libertà.

Purtroppo, quando guardo l’Europa oggi, non è così chiaro cosa sia accaduto ad alcuni dei vincitori della Guerra Fredda. Guardo a Bruxelles, dove i commissari dell’UE avvertono i cittadini che intendono chiudere i social media in caso di disordini civili, non appena rileveranno contenuti ritenuti “d’odio”. Guardo a questo stesso paese, la Germania, dove la polizia ha effettuato perquisizioni contro cittadini sospettati di aver postato commenti antifemministi online, nel quadro della lotta contro la “misoginia su Internet”.

Guardo alla Svezia, dove solo due settimane fa un attivista cristiano è stato condannato per aver partecipato a roghi del Corano che hanno portato all’omicidio del suo amico. Il giudice ha affermato che le leggi sulla libertà di espressione non garantiscono, cito testualmente, “un lasciapassare per dire o fare qualsiasi cosa senza il rischio di offendere un gruppo di credenti”.

E, forse ancor più preoccupante, guardo ai nostri carissimi amici del Regno Unito, dove la deriva contro la libertà di coscienza ha messo nel mirino le libertà fondamentali dei cittadini religiosi. Solo due anni fa, il governo britannico ha incriminato Adam Smith-Connor, un fisioterapista di 51 anni e veterano dell’esercito, per il crimine atroce di essere rimasto a 50 metri da una clinica abortiva a pregare silenziosamente per tre minuti. Non ha ostacolato nessuno, non ha interagito con nessuno: semplicemente pregava.

Ora, vorrei poter dire che si tratta di un caso isolato, ma non lo è. Lo scorso ottobre, il governo scozzese ha iniziato a distribuire lettere ai cittadini le cui case si trovano entro le “zone di accesso sicuro”, avvertendoli che persino la preghiera privata nelle loro case potrebbe violare la legge.

La libertà di parola in Europa è in pericolo. Ma lo è stata anche in America, dove l’amministrazione precedente ha esercitato pressioni sulle aziende di social media per censurare informazioni ritenute “disinformazione”.

Ecco perché oggi non sono qui solo per fare un’osservazione, ma per fare un’offerta: mentre l’amministrazione Biden ha cercato disperatamente di mettere a tacere le persone, l’amministrazione Trump farà esattamente il contrario. E spero che possiamo lavorare insieme su questo.

A Washington c’è un nuovo sceriffo in città. Sotto la leadership di Donald Trump, potremmo non essere d’accordo con le vostre opinioni, ma lotteremo per il vostro diritto di esprimerle nella sfera pubblica.

Ma lasciatemi porre una domanda: come possiamo discutere del bilancio per la difesa se non sappiamo nemmeno cosa stiamo difendendo?

Dobbiamo chiederci: qual è la visione positiva che anima questo patto di sicurezza condiviso? Credo profondamente che non ci sia sicurezza se si ha paura delle opinioni e delle voci del proprio stesso popolo.

Se avete paura dei vostri stessi elettori, non c’è nulla che l’America possa fare per voi. Né c’è nulla che voi possiate fare per il popolo americano che ha eletto me e il presidente Trump.

Non abbiate paura di ascoltare la vostra gente, anche quando dice cose che non vi piacciono. Questa è la magia della democrazia.

Grazie a tutti, buona fortuna e che Dio vi benedica.

https://www.youtube.com/live/pCOsgfINdKg

Dal canto suo Hegseth, a capo del Dipartimento della Difesa degli USA, ha posto le condizioni delle permanenza della NATO, ha definito le priorità degli Stati Uniti in politica estera, il nuovo ruolo degli europei e alcune basi di partenza delle trattative con la Russia riguardanti il conflitto in Ucraina. Anche qui si ripropone il dilemma posto da Vance in un altro contesto. L’accettazione comporterà costi politici, sociali ed economici enormi agli europei, praticamente insostenibili; agli Stati Uniti sarà consentito di uscire dal conflitto, sempre che finisca, attenuando le proprie responsabilità nell’aver scatenato quel conflitto. Una narrazione, comunque, dura da far digerire al resto del mondo_Giuseppe Germinario

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Hegseth invita gli alleati della NATO a guidare la sicurezza dell’Europa, esclude il sostegno all’adesione dell’Ucraina

Dichiarando che gli Stati Uniti non credono che l’adesione dell’Ucraina alla NATO sia un risultato “realistico” di qualsiasi accordo di pace negoziato con la Russia, il Segretario alla Difesa Pete Hegseth ha invitato oggi i Paesi alleati della NATO ad aumentare le spese per la difesa e ad assumere un ruolo guida nel garantire la sicurezza dell’Ucraina e dell’Europa;

A man in a business suit is sitting behind a microphone at a desk with small U.S. and British flags atop it. There is also a placard on the desk that reads “United States.”

Il Segretario ha parlato della guerra in Ucraina e della sicurezza europea in generale, pronunciando il discorso di apertura della 26esima iterazione del Gruppo di Contatto per la Difesa dell’Ucraina a Bruxelles;

L’UDCG, fondato in risposta all’invasione non provocata dell’Ucraina da parte della Russia il 24 febbraio 2022, è una coalizione di circa 50 nazioni che si incontrano regolarmente per discutere le esigenze di sicurezza dell’Ucraina;

“Siamo in un momento critico. Mentre la guerra si avvicina al suo terzo anniversario, il nostro messaggio è chiaro: lo spargimento di sangue deve cessare e questa guerra deve finire”, ha detto Hegseth al gruppo;

In alternativa alla concessione all’Ucraina di essere membro della NATO, Hegseth ha detto che qualsiasi garanzia di sicurezza per l’Ucraina “deve essere sostenuta da truppe europee e non europee capaci”;

“Se queste truppe saranno dispiegate come forze di pace in Ucraina in qualsiasi momento, dovranno essere dispiegate come parte di una missione non NATO e non dovranno essere coperte dall’articolo 5 [del trattato NATO]”, ha detto Hegseth, aggiungendo che ci deve essere anche una solida supervisione della linea di contatto da parte della comunità internazionale;

“Per essere chiari, come parte di qualsiasi garanzia di sicurezza, non ci saranno truppe statunitensi dispiegate in Ucraina”, ha detto;

Six men are sitting behind a long table. A man with a placard that reads “United States” is talking.

Affermando che una pace duratura in Ucraina può essere stabilita solo fondendo la forza degli alleati con una valutazione realistica del campo di battaglia, Hegseth ha anche detto che l’UDCG dovrebbe riconoscere che sarebbe un “obiettivo irrealistico” cercare di riportare l’Ucraina ai confini precedenti al 2014;

“Inseguire questo obiettivo illusorio non farà altro che prolungare la guerra e causare ulteriori sofferenze”, ha dichiarato;

Invitando i membri del gruppo di contatto a “cogliere l’attimo”, Hegseth ha affermato che i membri europei della NATO dovrebbero considerare la salvaguardia della sicurezza europea come un “imperativo” e che fornire una “quota preponderante” di aiuti sia non letali che letali fa parte di questo obiettivo;

“Questo significa donare più munizioni ed equipaggiamenti, sfruttare i vantaggi comparativi, espandere la vostra base industriale di difesa e – cosa importante – parlare con i vostri cittadini della minaccia che incombe sull’Europa”, ha detto Hegseth, aggiungendo di essere d’accordo con la valutazione del Presidente Donald J. Trump secondo cui le nazioni della NATO dovrebbero aumentare i livelli di spesa per la difesa dal 2% del loro prodotto interno lordo al 5%;

“Aumentare l’impegno per la propria sicurezza è un anticipo per il futuro; un anticipo… [sulla] pace attraverso la forza”, ha detto Hegseth al gruppo;

Spiegando che gli Stati Uniti devono dare priorità alla sicurezza dei propri confini e allo stesso tempo affrontare il concorrente di pari livello, la Cina, e il suo “intento di minacciare la nostra patria e i nostri interessi nazionali fondamentali nell’Indo-Pacifico”, Hegseth ha invitato i Paesi europei della NATO ad affrontare i problemi di sicurezza del continente;

“Mentre gli Stati Uniti danno la priorità a queste minacce, gli alleati europei devono guidare dal fronte”, ha detto Hegseth;

“Chiediamo a ciascuno dei vostri Paesi di intensificare il rispetto degli impegni assunti e sfidiamo i vostri Paesi – e i vostri cittadini – a raddoppiare gli sforzi e a impegnarsi nuovamente non solo per le esigenze di sicurezza immediate dell’Ucraina, ma anche per gli obiettivi di difesa e deterrenza a lungo termine dell’Europa”, ha proseguito;

Two men in business suits are walking and talking.

Sebbene Hegseth abbia detto che per garantire la continuità della decennale alleanza della NATO nel futuro sarà necessario che gli alleati europei si assumano la responsabilità della sicurezza del continente, ha anche chiarito che gli Stati Uniti sono ancora al fianco di questi alleati;

“Gli Stati Uniti restano impegnati nell’alleanza della NATO e nel partenariato di difesa con l’Europa, punto e basta”, ha detto Hegseth;

Il segretario ha aggiunto che gli Stati Uniti non tollereranno più una relazione squilibrata che incoraggia la dipendenza. Le relazioni avranno come priorità quella di mettere l’Europa in condizione di assumersi la responsabilità della propria sicurezza;

“L’onestà sarà la nostra politica in futuro, ma solo nello spirito di solidarietà”, ha dichiarato.

07:42

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Osservazioni di apertura del Segretario alla Difesa Pete Hegseth al Gruppo di contatto sulla Difesa in Ucraina (come consegnato)

Buon pomeriggio, amici.

Grazie, Segretario Healy, per la sua leadership, sia nell’ospitare che nel guidare l’UDCG;

Questo è il mio primo Gruppo di Contatto per la Difesa dell’Ucraina. E sono onorato di unirmi a tutti voi oggi;

E apprezzo l’opportunità di condividere l’approccio del Presidente Trump alla guerra in Ucraina.

Come ha detto lei, signor Segretario, siamo in un momento critico. Mentre la guerra si avvicina al suo terzo anniversario, il nostro messaggio è chiaro: lo spargimento di sangue deve cessare. E questa guerra deve finire.

Il Presidente Trump è stato chiaro con il popolo americano – e con molti dei vostri leader – sul fatto che fermare i combattimenti e raggiungere una pace duratura è una priorità assoluta.

Intende porre fine a questa guerra con la diplomazia e portando sia la Russia che l’Ucraina al tavolo delle trattative. E il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti aiuterà a raggiungere questo obiettivo;

Riusciremo a porre fine a questa guerra devastante – e a stabilire una pace duratura – solo unendo la forza degli alleati a una valutazione realistica del campo di battaglia.

Vogliamo, come voi, un’Ucraina sovrana e prospera. Ma dobbiamo iniziare a riconoscere che il ritorno ai confini dell’Ucraina prima del 2014 è un obiettivo irrealistico;

Inseguire questo obiettivo illusorio non farà altro che prolungare la guerra e causare ulteriori sofferenze.

Una pace duratura per l’Ucraina deve includere solide garanzie di sicurezza per assicurare che la guerra non ricominci.

Questo non deve essere Minsk 3.0.

Detto questo, gli Stati Uniti non credono che l’adesione dell’Ucraina alla NATO sia un risultato realistico di una soluzione negoziata;

Al contrario, qualsiasi garanzia di sicurezza deve essere sostenuta da truppe europee e non europee capaci;

Se queste truppe saranno dispiegate come forze di pace in Ucraina, in qualsiasi momento, dovranno essere dispiegate come parte di una missione non NATO. E non dovrebbero rientrare nel campo di applicazione dell’articolo 5.  Inoltre, deve esserci una solida supervisione internazionale della linea di contatto.

Per essere chiari, come parte di qualsiasi garanzia di sicurezza, non ci saranno truppe statunitensi dispiegate in Ucraina;

Per consentire una diplomazia efficace e far scendere i prezzi dell’energia che finanziano la macchina da guerra russa, il Presidente Trump sta liberando la produzione energetica americana e incoraggiando altre nazioni a fare lo stesso. L’abbassamento dei prezzi dell’energia, unito a un’applicazione più efficace delle sanzioni in materia, contribuirà a portare la Russia al tavolo delle trattative;

La salvaguardia della sicurezza europea deve essere un imperativo per i membri europei della NATO. A tal fine, l’Europa deve fornire la maggior parte dei futuri aiuti letali e non letali all’Ucraina.

I membri di questo Gruppo di contatto devono soddisfare il momento;

Ciò significa:  Donare più munizioni e attrezzature. Sfruttare i vantaggi comparativi.  Espandere la base industriale della difesa. E, cosa più importante, parlare con i cittadini della minaccia che incombe sull’Europa.

Parte di ciò consiste nel parlare francamente con i vostri cittadini di come questa minaccia possa essere affrontata solo spendendo di più per la difesa;

Il 2% non è sufficiente; il Presidente Trump ha chiesto il 5%, e io sono d’accordo.

Aumentare l’impegno per la propria sicurezza è un anticipo per il futuro. Un anticipo, come ha detto lei, signor Segretario, della pace attraverso la forza.

Siamo qui oggi anche per esprimere in modo diretto e inequivocabile che le crude realtà strategiche impediscono agli Stati Uniti d’America di concentrarsi principalmente sulla sicurezza dell’Europa.

Gli Stati Uniti si trovano di fronte a minacce conseguenti alla nostra patria.  Dobbiamo – e lo stiamo facendo – concentrarci sulla sicurezza dei nostri confini.

Dobbiamo anche affrontare un concorrente alla pari, la Cina comunista, che ha la capacità e l’intenzione di minacciare la nostra patria e i nostri interessi nazionali fondamentali nell’Indo-Pacifico. Gli Stati Uniti stanno dando priorità alla dissuasione dalla guerra con la Cina nel Pacifico, riconoscendo la realtà della scarsità e facendo i compromessi sulle risorse per garantire che la deterrenza non fallisca;

La deterrenza non può fallire, per il bene di tutti noi.

Mentre gli Stati Uniti danno la priorità a queste minacce, gli alleati europei devono essere in prima linea;

Insieme, possiamo stabilire una divisione del lavoro che massimizzi i nostri vantaggi comparativi rispettivamente in Europa e nel Pacifico.

Nelle mie prime settimane da Segretario alla Difesa, sotto la guida del Presidente Trump, abbiamo visto segnali promettenti: l’Europa si rende conto di questa minaccia, comprende ciò che deve essere fatto e si fa avanti per questo compito.

Ad esempio, la Svezia ha recentemente annunciato il suo più grande pacchetto di assistenza di sempre. Ci congratuliamo con loro per l’impegno di 1,2 miliardi di dollari in munizioni e altro materiale necessario.

La Polonia spende già il 5% del PIL per la difesa, un modello per il continente.

Inoltre, 14 Paesi sono co-leader di coalizioni di capacità. Questi gruppi stanno facendo un ottimo lavoro per coordinare i contributi europei di assistenza letale in otto aree di capacità chiave.

Questi sono i primi passi. Si deve fare ancora di più;

Chiediamo a ciascuno dei vostri Paesi di intensificare il rispetto degli impegni assunti;

E sfidiamo i vostri Paesi e i vostri cittadini a raddoppiare gli sforzi e a impegnarsi nuovamente non solo per le esigenze di sicurezza immediate dell’Ucraina, ma anche per gli obiettivi di difesa e di deterrenza a lungo termine dell’Europa;

La nostra alleanza transatlantica dura da decenni. E ci aspettiamo pienamente che venga mantenuta per le generazioni a venire. Ma questo non accadrà solo per caso;

Sarà necessario che i nostri alleati europei scendano in campo e si assumano la responsabilità della sicurezza convenzionale nel continente;

Gli Stati Uniti restano impegnati nell’alleanza NATO e nel partenariato di difesa con l’Europa. Punto e basta;

Ma gli Stati Uniti non tollereranno più una relazione squilibrata che incoraggia la dipendenza.  Piuttosto, le nostre relazioni daranno la priorità al conferimento all’Europa della responsabilità della propria sicurezza;

La nostra politica sarà improntata all’onestà, ma solo in uno spirito di solidarietà;

Il Presidente Trump si augura di lavorare insieme, di continuare questa discussione franca tra amici e di raggiungere la pace attraverso la forza – insieme.

Grazie.

NECESSITÀ E CONTRADDIZIONI DELL’EPOCA DI TRUMP: ALCUNE TENDENZE DEGLI STATI UNITI, di Vincenzo Costa

Considerazioni interessanti di Vincenzo Costa. Provo a puntualizzare ulteriormente, dal mio punto di vista alcuni aspetti, riservandomi in futuro considerazioni più organiche:

  • il conflitto politico interno agli Stati Uniti attraversa ormai tutti i poteri, compreso il sistema giudiziario. MAGA, in questi ultimi anni, ha prestato particolare attenzione alla elezione dei procuratori, alla stessa stregua, questa volta, di Soros e delle confraternite di segno opposto. Si può dire che ci sia ormai una élite e una classe dirigente, non ancora del tutto formata, alternativa in aperta competizione e sempre più radicata negli apparati
  • il peso attribuito ai privati non ha valore sistemico, ma serve a destrutturare radicalmente gli attuali apparati per costruirne di nuovi. Le tesi di un ritorno ad una società neofeudale, come dello strapotere dei poteri finanziari fine a se stessi, secondo me, sono del tutto fuorvianti, specie se si tiene conto di cosa sia stata la società feudale e del fatto che il sistema feudale vero e proprio copriva solo una parte della società europea. Gli Stati Uniti, del resto, con il sistema delle agenzie (DARPA, ect) ha messo in piedi sin dalle origini, ma soprattutto con F.D. Roosevelt, un particolare sistema simbiotico ed intercambiabile pubblico/privato.
  • A guidare la destrutturazione non è solo la componente tecno-imprenditoriale, ma anche una componente conservatrice particolarmente attiva che, tra l’altro, sta cercando di costruire una sintesi politico-culturale con quella tecno-progressista. Dal successo di questo tentativo dipenderà la coerenza e la forza strategica e ideologica di questo movimento. L’enfasi che si tende ad attribuire alla gestione privata del potere e dell’informazione e al nesso che si determinerebbe con i processi autoritari in atto è del tutto fuorviante e travisante della situazione attuale negli USA. Intanto, in linea di principio ciò che determina gli spazi di libertà di azione e comunicazione sono le regolamentazioni dei comportamenti degli attori, siano essi privati o pubblici, il rispetto fattuale di queste; nei fatti contano il carattere competitivo delle relazioni tra i centri poliarchici e il rapporto di questi con la base popolare. Nelle fasi di destrutturazione questi spazi di libertà, solitamente, tendono ad aprirsi parallelamente agli atti proditori in attesa di una fase di restaurazione tutta da verificare. Gli Stati Uniti stanno vivendo, ormai da anni, questa fase dinamica di conflitto. L’enfasi sull’attuale carattere oligarchico ed oppressivo delle élites emergenti sono travisanti e fuorvianti.
  • Continuare ad individuare, come certa area tende ad insistere imperterrita, nei centri finanziari il deus ex machina del potere elude la dialettica ben più complessa del conflitto politico e spinge a concentrare l’attenzione ostile sul corollario della corruzione e sul carattere parassitario di questi centri (tra i tanti, Carnelos), piuttosto che sulla funzione proattiva dei flussi finanziari nella gestione del potere e nella determinazione delle formazioni sociali. Con la conseguenza che si tende ad omettere da una parte l’articolazione interna di funzioni di questi centri e la loro dipendenza dal quadro politico, caratteristica per altro presente in tutti i competitori geopolitici; dall’altra si tende ad attribuire ad essi il carattere di tesaurizzatori e parassitario. Quanto questa tesi sia fuorviante c’è lo ha spiegato chiaramente Marx, pur con tutti i suoi limiti, con la sua teoria del plusvalore e della realizzazione e redistribuzione del profitto. 
  • Trump, per perseguire i suoi obbiettivi interni di Grande America e di coesione sociale, ha bisogno di una competizione non belligerante e di una sorta di regolazione più o meno tacita del conflitto e della transizione con le forze multipolari emergenti; di una significativa riduzione pilotata della sovraestensione imperialistica piuttosto che imperiale (anche questo, secondo me, termine sempre più usato a sproposito) e di modalità diverse di esercizio del potere egemonico e di influenza anche nello stesso suo “giardino di casa”

Di sicuro dovrà correre sul filo del rasoio. Un suo fallimento rischia di portare ad una frammentazione anarchica il conflitto politico interno dalle conseguenze imprevedibili.

Di sicuro, la tentazione prevalente, per altro assente nello scritto di V. Costa, di accomunare il movimento di Trump alla cerchia di potere uscente, spesso attribuendogli un carattere peggiorativo, serve solo a giustificare la postura testimoniale del magma “sovranista”, ad aggrapparsi a stereotipi inadeguati e surclassati e ad ignorare gli enormi spazi di azione politica che si potrebbero aprire.

A titolo di esempio:

  • il tema dei dazi, piuttosto che ad una condanna e recriminazione, dovrebbe spingere a riproporre, anche nei paesi europei e in Italia in particolare il tema ricorrente, sin dal dopoguerra, dello sviluppo industriale equilibrato più fondato sulla domanda interna, di uno sviluppo diversificato delle esportazioni, di un controllo dei flussi finanziari e delle partecipazioni azionarie, di utilizzo interno del risparmio nazionale
  • l’epurazione di USAID e dintorni dovrebbe servire per fare pulizia all’interno dei propri paesi e a riprendere il controllo delle proprie leve istituzionali e degli apparati

Il riflesso oppositore pavloviano, al contrario, nel migliore dei casi si rivelerebbe sterile, nel peggiore, e già qualche inquietante segnale è purtroppo visibile in Italia, come in Francia e Germania, porterà a ridursi a semplice ruota di scorta del movimento reazionario, finto-progressista, che mantiene in Europa i filamenti più striduli ed organizzati ma che allignano negli Stati Uniti i detentori  ultimi delle trame. Basterebbe poco, qui in Europa, a cominciare dalla cessazione del conflitto in Ucraina, per far pendere le sorti del conflitto politico negli Stati Uniti. Quel poco, però, fatica ad emergere. Più che accanirsi su Trump e spingerlo, quindi, a compattarsi con i neocon o al suicidio, ci si dovrebbe concentrare sui corifei guerrafondai ben radicati in Europa, presenti nei comandi NATO, negli apparati e nel ceto politico nostrano i quali sono ben consapevoli di essere i primi a morire, in caso di collasso delle politiche globaliste. 

Negli Stati Uniti vige ormai una sorta di stato di eccezione; qui in Europa occorrerebbe qualcosa di analogo che tarda a venire; se pure si avrà.

Giuseppe Germinario

Post lungo e di studio. Lo ho scritto per cercare di chiarirmi le idee, nulla di più
L’approccio ai cambiamenti in corso è, per lo più, morale. Alle analisi si sono sostituite le indignazioni. Di per sé questo gioco è innocuo, non produce niente e non porta danni. E tuttavia, può divenire un impedimento a capire quello che sta accadendo, bloccando sul nascere qualsiasi tentativo di interrogarsi sui mutamenti in corso. Farlo significa esporsi all’accusa di putinismo prima, ora di putin-trumpismo. Non resta che ignorare questa fascia e tentare di capire.
1. Perché Trump è una necessità per gli USA
1. Trump è una differente risposta a un medesimo problema: la perdita di competitività dell’industria americana, di potere militare, di egemonia. In un’intervista importante Robert Lighthizer, colui che guida da decenni le linee del commercio estero dei governi repubblicani, ha chiarito che la Cina è una “minaccia esistenziale” per gli USA, perché ha il più grande esercito del mondo e lo sta rafforzando, la più grande marina militare del mondo e la sta rafforzando, “sta portando avanti e vincendo una guerra economica contro gli USA”
2. Gli stati uniti devono agire ora, in fretta, perché hanno perso la superiorità militare, tecnologica, industriale, e il tempo è poco e lavora per coloro che minacciano la supremazia: Lighthizer sostiene, giustamente, che con questo regime di libero scambio si trasferisce una quantità enorme di ricchezza alla Cina e, con essa, di tecnologia avanzata. Questo, dice, è insano.
3. Gli USA non possono più sostenere i costi delle rivoluzioni colorate, perché quel modo di ottenere la supremazia implica costi enormi, ed è per questo che Musk sta svuotando molte istituzioni, che Trump maltratta alleati fedeli come l’Arabia saudita, l’Europa, il Canada.
QUEL MODO DI MANTENERE LA SUPREMAZIA NON Può DURARE SUL LUNGO PERIODO, è autolesionista perché gli USA diventano sempre più deboli.
4. Il debito pubblico è fuori controllo, e l’economia americana si regge solo sul ruolo del dollaro, che però produce, di ritorno, deindustrializzazione. Ma ora, per molte ragioni e a causa dei molti errori dei democratici, gli investitori iniziano a ritirarsi, si inizia a parlare di dedollarizzazione.
Anche se la dedollarizzazione non è dietro l’angolo, tuttavia si usano sempre più monete locali negli scambi e la guerra in Ucraina è stata un acceleratore. Ma se il dollaro perde potere questo debito pubblico produrrà il collasso. Di qui l’urgenza di agire su vari piani: i tagli, la riduzione dell’apparato burocratico, le minacce verso i paesi esteri.
5. Di qui la sfida di Trump: fare di nuovo degli USA una potenza industriale, con la quale non conviene entrare in conflitto commerciale, che deve essere pagata per garantire sicurezza, che deve attrarre talenti per la tecnologia e non manovalanza a basso prezzo.
6. Il protezionismo, spiega Lighthizer, non è un’opzione: è una questione di sopravvivenza. Senza protezionismo il declino sarà rapidissimo. Significa trasferire ricchezza e potere altrove.
7. Del resto, già Biden aveva messo dazi del 100% sulle auto elettriche cinesi, aveva dato contributi statale importanti a Stellantis per riportare la produzione negli Usa. Gli Stati uniti hanno avuto un’emorragia enorme di posti di lavoro.
8. Se il sostegno degli americani a Trump è crescente, se neanche nel corso del primo mandato era stato così alto, le ragioni vanno cercate qui, non nella personalità autoritaria, l’identificazione con il leader, la psicologia delle masse.
9. Le cose correranno in fretta. I grandi oligarchi hanno scelto Trump perché le condizioni lo impongono
2. I RISCHI DELLA SCOMMESSA TRUMPIANA
Quella di Trump è una scommessa ad alto rischio, e sarà gestita pragmaticamente. Al di là delle sparate, Trump sarà pragmatico, è pragmatico: se una strada non funziona la cambia. Ma in ogni caso vi sono dei rischi, delle contraddizioni interne a questo progetto. Quali?
1. La società americana sta passando dalla polarizzazione al conflitto aperto.
Basta seguire i notiziari di CBS e CNN da un lato e FOX dall’altro per vivere in due mondi diversi. CBS presenta la chiusura di USAID come la chiusura di un’agenzia che curava i poveri bambini della Nigeria, che portava da mangiare agli affamati.
C’è da credere che gli elettori democratici non sappiano davvero niente delle porcherie che faceva USAID. Al contrario, FOX accentua il verminaio che era USAID, soprattutto attirando l’attenzione sugli sprechi, sui regali.
Due mondi, due americhe, bisognerà vedere se e quanto a lungo potranno convivere. Non è detto che possano farlo, non se lo scontro si acutizza ancora. I sistemi democratici hanno dei limiti nella capacità di tollerare il conflitto.
2. La chiesa cattolica americana (e forse la chiesa cattolica in se) va verso la spaccatura. L’uso del vangelo in chiave politica ha spaccato in due i cattolici, la commistione tra fede e politica ha frantumato il comune senso di appartenenza. I cattolici di Trump e quelli che si richiamano alla Pelosi o alla Ocasio-Cortez non appartengono già ora alla stessa comunità religiosa. C’è una bomba ad orologeria piazzata nella chiesa cattolica americana. Se non si è cauti esplode. Le conseguenze possono essere devastanti, e non solo per la chiesa cattolica.
3. Si è approfondita la spaccatura tra popolo e intellettuali negli USA, e si è sviluppata a un nuovo livello: adesso il popolo non è un movimento romantico antitecnologico, ma si riconosce nelle punte avanzate della tecnologia. Questa è una cosa del tutto nuovo rispetto ai movimenti populisti classici degli stati uniti.
4. Il concorrente per gli usa non è la Russia, ma la Cina e l’Europa. La Russia può, anzi, essere un ottimo partner, forse un partner indispensabile per gli USA e nella competizione globale.
5. L’artico non necessariamente deve portare a un conflitto con la Russia. Se guardate la cartina si capisce in fretta che l’Artico può essere diviso o condiviso con la Russia, escludendo altri paesi (in particolare l’Europa). E può esserlo con alcune modifiche territoriali. Groenlandia e Canada diventano strategiche per giungere a questa divisione che esclude. Il loro spostamento non intacca la Russia, traccia due sfere di influenza. Trump sta puntando a un multipolarismo che si struttura attorno a pochi poli dominanti, perché in questo modo vince. La divisione in sfere di influenze con la Russia non rappresenta una minaccia per gli USA, poiché la Russia comunque non è un competitore economico terribile.
6. Con la Russia non c’è affinità ideologica (autocrazia e oligarchia) come si vuole credere. Semplicemente, la Russia è decisiva per gli Stati Uniti nella lotta geopolitica, contro gli avversari veri, che sono Europa e Cina.
7. L’amministrazione Biden ha complicato tutto. È riuscita a distruggere l’economia europea, questo sì, ma ha fatto l’errore di portare a un legame strategico tra Russia e Cina. La scommessa di Trump è rimettere a posto questo errore, avere la Russia come alleato, strapparla alla Cina. Operazione difficile, ovviamente, oramai.
8. La questione ucraina va vista in chiave sistemica non morale. Il resto è solo fumo, che a volte segnala l’arrosto ma a volte segnale cose più o meno moralmente riprovevoli ma irrilevanti dal punto di vista sistemico.
9. Trump non sta smantellando lo Stato, Trump non è più dell’ordine del neoliberalismo, per cui ogni discorso sul neoliberalismo è superato dalla storia. Trump sta creando un nuovo modello, inedito: STA PRIVATIZZANDO LO STATO, sta dando e darà sempre più a privati la gestione di funzioni che restano comunque statali.
10. È la fine della modernità. La modernità era stata, tra tante cose, un processo attraverso cui lo Stato (il sovrano) toglieva ai privati (feudatari etc.) potere, lo erodeva, e in questo modo si è affermato un processo di razionalizzazione che implicava un processo di burocratizzazione. Ora il processo si inverte: i privati si appropriano di funzioni statale (la sicurezza per esempio). Non si tratta più di lasciare libero il mercato. I privati non rivendicano la libertà del mercato. Siamo di fronte a qualcosa di totalmente diverso. I privati si prendono lo stato, che resta Stato e non mercato.
11. La divisione dei poteri non è che sta saltando: è già saltata. I democratici usano e puntano sul potere della magistratura per fermare le politiche di Trump. Inevitabile che il conflitto sia destinato ad acuirsi
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