Russia Ucraina, il conflitto 71a puntata! Attacchi puntiformi_Con Max Bonelli

La pressione dell’armata russa prosegue costante, ma i punti di contatto e di attacco si susseguono numerosi. Due, tuttavia, sono i punti di crisi che potrebbero rappresentare il luogo di rottura del fronte. L’attacco missilistico a Dniepr ha intanto rivelato definitivamente la superiorità delle capacità offensive della Russia senza arrivare all’utilizzo dello strumento nucleare. Ha rimesso, in sostanza, la palla nel campo occidentale, in particolare a Gran Bretagna e Francia, intente a trascinare nel conflitto sul terreno direttamente gli Stati Uniti e la futura riottosa amministrazione repubblicana. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Giacomo Gabellini conduce “Inizio di partita” Con Roberto Buffagni e Giuseppe Germinario

Una iniziativa edita dal blog di Giacomo Gabellini “il contesto” https://www.ilcontesto.net/la-partita-e-appena-iniziata/. Le elezioni statunitensi, i propositi di Trump e le possibilità di attuazione di questi, la narrazione simbolica dei centri di potere, le probabili ripercussioni nel contesto europeo i temi in discussione. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Marcello Foa su “l’Europa nello scontro politico statunitense” Con Gianfranco Campa

Le importanti e pesanti implicazioni dell’acceso, virulento conflitto politico statunitense in Europa. Le nomine destinate a rivoluzionare e governare i centri amministrativi e di potere rivelano più di tante parole le intenzioni della nuova presidenza Trump. Le élites europee, nella loro maggioranza, pur in condizione precaria, paiono trepidanti e tremebonde, spinte come sono da una hubris autodistruttiva e cieca che non corrisponde, per altro, ad una reale forza ed autorevolezza espressa sul campo. Il perentorio discorso di Putin, pubblicato sul nostro sito https://italiaeilmondo.com/2024/11/22/dichiarazione-del-presidente-della-federazione-russa/ e la notizia di un patto di reciproca difesa tra Moldova e Gran Brentagna, apparsi mentre registriamo la conversazione, sono l’ulteriore conferma dell’avventurismo di una e della determinazione dell’altra parte. Due mesi negli States e un anno in Europa terribili concitati che determineranno un cambio di rotta o la discesa verso una tragedia fondata sull’azzardo. Ne parliamo con Gianfranco Campa e Marcello Foa. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Trump, i perché di un discorso così drammatico

Qui sotto un discorso, in realtà un appello accorato e drammatico, di Donald Trump alla nazione. Una sortita di un personaggio istrionico o, piuttosto, la denuncia di qualcosa di grosso ed irreparabile che la leadership uscente sta preparando. Trump ha affermato lapidariamente che i nemici malefici degli Stati Uniti e del mondo non sono Russia e Cina, ma si trovano negli stessi Stati Uniti. Una precisazione: il discorso fa parte di una serie di interventi di un anno fa, raccolti sotto il titolo di “agenda 47”, apparsi su rumble e censurati a suo tempo su YouTube https://rumble.com/v2ad3bu-agenda47-president-trump-announces-plan-to-stop-the-america-last-warmongers.html?e9s=src_v1_ucp_Giuseppe Germinario

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Russia-Ucraina, il conflitto_70a puntata! Una lunga agonia_Con Max Bonelli

L’esercito ucraino sta rivelando nuove capacità di resistenza e reazione in un quadro comunque di crescente difficoltà e in una situazione di agonia, pur se protratta. Merito degli aiuti materiali profusi dalla NATO, con un contributo particolare di francesi e statunitensi, ma anche della presenza sempre più significativa, anche se non dichiarata, di formazioni della NATO sul terreno. Fibrillazioni in un contesto, comunque, di costante, ma cauta avanzata delle forze russe. Un segno di stanchezza, una momento di pausa che consenta un accumulo di forze necessario a intraprendere nuove offensive o una attesa legata ad un possibile mutamento decisivo delle scelte strategiche statunitensi seguite al prossimo insediamento di Trump alla Casa Bianca. Occorrono diverse settimane perché la matassa si dipani in una fase di transizione che riserverà parecchi colpi di scena ed aggiustamenti. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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REPORTAGE LIBANO 1° parte con Elisa Gestri, Cesare Semovigo, Gabriele Germani e Giuseppe Germinario

Il Libano, al momento, sta diventando il punto focale e l’area più esposta ai venti distruttivi innescati dall’operazione del 7 ottobre e dalla violenta e sistematica reazione della leadership israeliana. Un paese composito, punto di incontro e di conflitto di culture e civiltà millenarie entro il quale hanno buon gioco l’influenza e le pressioni di forze esterne ai suoi confini in un’area nella quale i confini statali sono troppo stretti per contenere la rete di relazioni e le commistioni sedimentasi nel corso dei secoli. La maggiore deterrenza ad una deflagrazione distruttiva, coscientemente alimentata soprattutto da parte statunitense, rimane l’incubo di un ritorno della terribile guerra civile degli anni ’80. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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TRUMP PACE IN UCRAINA, FUOCO E FIAMME SU TUTTO IL MEDIO ORIENTE Con Gabriele Germani,Cesare Semovigo

Ucraina, Vicino Oriente, Elezioni in USA tra cronaca e considerazioni Giuseppe Germinario
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Stati Uniti, elezioni! Il verdetto_2a parte Con Cesare Semovigo, Gianfranco Campa

Dopo una breve disamina del voto nella prima, qualche considerazione preliminare in questa seconda parte. Trump ha intanto chiarito che Pompeo e Haley non faranno parte della futura amministrazione. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Stati Uniti, elezioni! Il verdetto Con Cesare Semovigo, Gianfranco Campa

Lo spoglio elettorale è terminato. La vittoria di Trump è netta. La gestibilità del quadro istituzionale possibile, ma non scontata. Il controllo degli apparati ancora tutto da conseguire e da dimostrare. Lo smacco dello schieramento demo-neocon evidente e qualche bollore, almeno nell’immediato, sarà soffocato. Intanto una breve analisi del voto. Seguirà qualche considerazione più approfondita. Cesare Semovigo è l’autore della sigla e del montaggio. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
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Quelli del giorno dopo_ a cura di Giuseppe Germinario

La politica della disperazione culturale

È la disperazione che ci sta uccidendo. Promuove ciò che Roger Lancaster chiama “solidarietà avvelenata”, l’ebbrezza forgiata dalle energie negative della paura, dell’invidia, dell’odio e della brama di violenza.

Il lutto dopo – di Mr. Fish

Alla fine, le elezioni sono state una questione di disperazione. Disperazione per il futuro evaporato con la deindustrializzazione. Disperazione per la perdita di 30 milioni di posti di lavoro a causa di licenziamenti di massa. Disperazione per i programmi di austerità e l’incanalamento della ricchezza verso l’alto, nelle mani di oligarchi rapaci. Disperazione per una classe liberale che rifiuta di riconoscere la sofferenza orchestrata sotto il neoliberismo o di abbracciare programmi tipo New Deal che allevieranno questa sofferenza. Disperazione per le guerre inutili e senza fine, così come per il genocidio a Gaza, dove generali e politici non sono mai ritenuti responsabili. Disperazione per un sistema democratico che è stato preso dal potere corporativo e oligarchico.

Questa disperazione si è manifestata sui corpi delle persone prive di diritti civili attraverso la dipendenza da oppioidi e alcolismo, il gioco d’azzardo, le sparatorie di massa, i suicidi – soprattutto tra i maschi bianchi di mezza età – l’obesità patologica e l’investimento della nostra vita emotiva e intellettuale in spettacoli pacchiani e fascino. del pensiero magico , dalle assurde promesse della destra cristiana alla convinzione alla Oprah che la realtà non sia mai un ostacolo ai nostri desideri. Queste sono le patologie di una cultura profondamente malata, quello che Friedrich Nietzsche chiama un nichilismo aggressivo e despiritualizzato.

Donald Trump è un sintomo della nostra società malata. Non ne è la causa. Egli è ciò che viene vomitato dalla decomposizione. Esprime il desiderio infantile di essere un dio onnipotente. Questo desiderio risuona con gli americani che sentono di essere stati trattati come rifiuti umani. Ma l’impossibilità di essere un dio, come scrive Ernest Becker, porta alla sua oscura alternativa: distruggere come un dio. Questa auto-immolazione è ciò che verrà dopo.

Kamala Harris e il Partito Democratico, insieme all’ala dirigente del Partito Repubblicano, che si è alleato con Harris, vivono nel loro sistema di credenze non basato sulla realtà. Harris, che è stata consacrata dalle élite del partito e non ha mai ricevuto un solo voto alle primarie, ha strombazzato con orgoglio il suo appoggio da parte di Dick Cheney, un politico che ha lasciato l’incarico con un indice di gradimento del 13%. La crociata “morale” compiaciuta e ipocrita contro Trump alimenta il reality show televisivo nazionale che ha sostituito il giornalismo e la politica. Riduce una crisi sociale, economica e politica alla personalità di Trump. Si rifiuta di affrontare e nominare le forze aziendali responsabili della nostra democrazia fallita. Permette ai politici democratici di ignorare allegramente la loro base: il 77% dei democratici e il 62% degli indipendenti sostengono un embargo sulle armi contro Israele. L’aperta collusione con l’oppressione aziendale e il rifiuto di dare ascolto ai desideri e ai bisogni dell’elettorato neutralizza la stampa e i critici di Trump. Questi burattini aziendali non rappresentano altro che il loro stesso progresso. Le bugie che raccontano ai lavoratori e alle lavoratrici, soprattutto con programmi come l’Accordo di libero scambio nordamericano (NAFTA), causano molti più danni di qualsiasi bugia pronunciata da Trump.

Oswald Spengler in “Il declino dell’Occidente” predisse che, man mano che le democrazie occidentali si calcificavano e morivano, una classe di “teppisti danarosi”, persone come Trump, avrebbero sostituito le tradizionali élite politiche. La democrazia diventerebbe una farsa. L’odio verrebbe incoraggiato e alimentato nelle masse per incoraggiarle a farsi a pezzi.

Il sogno americano è diventato un incubo americano.

I legami sociali, compresi i lavori che davano ai lavoratori americani un senso di scopo e stabilità, che davano loro significato e speranza, sono stati spezzati. La stagnazione di decine di milioni di vite, la consapevolezza che non sarà meglio per i loro figli, la natura predatoria delle nostre istituzioni, compresa l’istruzione, l’assistenza sanitaria e le carceri, hanno generato, insieme alla disperazione, sentimenti di impotenza e umiliazione. Ha generato solitudine, frustrazione, rabbia e senso di inutilità.

“Quando la vita non vale la pena di essere vissuta, tutto diventa un pretesto per sbarazzarsene…”, scrive Émile Durkheim. “C’è uno stato d’animo collettivo, così come esiste uno stato d’animo individuale, che inclina le nazioni alla tristezza. […] Perché gli individui sono troppo coinvolti nella vita della società perché questa possa ammalarsi senza che essi ne siano toccati. La sua sofferenza diventa inevitabilmente la loro”.

Le società decadute, dove una popolazione è privata del potere politico, sociale ed economico, si rivolgono istintivamente ai leader di culto. L’ho visto durante la disgregazione dell’ex Jugoslavia. Il leader della setta promette un ritorno a una mitica età dell’oro e giura, come fa Trump, di schiacciare le forze incarnate nei gruppi e negli individui demonizzati che sono accusati della loro miseria. Più i leader di setta diventano oltraggiosi, più i leader di setta si fanno beffe della legge e delle convenzioni sociali, più guadagnano in popolarità. I leader delle sette sono immuni dalle norme della società costituita. Questo è il loro appello. I leader di setta cercano il potere totale. Coloro che li seguono concedono loro questo potere nella disperata speranza che i leader del culto li salvino.

Tutti i culti sono culti della personalità. I leader di setta sono narcisisti. Chiedono servilità ossequiosa e obbedienza totale. Danno più importanza alla lealtà che alla competenza. Esercitano un controllo assoluto. Non tollerano le critiche. Sono profondamente insicuri, una caratteristica che tentano di nascondere con ampollosa grandiosità. Sono amorali ed emotivamente e fisicamente violenti. Vedono coloro che li circondano come oggetti da manipolare per il proprio potere, divertimento e intrattenimento spesso sadico. Tutti coloro che sono al di fuori del culto vengono etichettati come forze del male, provocando una battaglia epica la cui espressione naturale è la violenza.

Non convinceremo coloro che hanno ceduto il proprio libero arbitrio al leader di una setta e hanno abbracciato il pensiero magico attraverso argomentazioni razionali. Non li costringeremo alla sottomissione. Non troveremo la salvezza né per loro né per noi stessi sostenendo il Partito Democratico . Interi segmenti della società americana sono ora inclini all’auto-immolazione. Disprezzano questo mondo e ciò che ha fatto loro. Il loro comportamento personale e politico è intenzionalmente suicida. Cercano di distruggere, anche se la distruzione porta alla violenza e alla morte. Non sono più sostenuti dalla confortante illusione del progresso umano, perdendo l’unico antidoto al nichilismo.

Papa Giovanni Paolo II nel 1981 pubblicò un’enciclica intitolata “ Laborem exercens ”, ovvero “Attraverso il lavoro”. Attaccò l’idea, fondamentale per il capitalismo, che il lavoro fosse semplicemente uno scambio di denaro con lavoro. Il lavoro, scriveva, non dovrebbe ridursi alla mercificazione degli esseri umani attraverso il salario. I lavoratori non erano strumenti impersonali da manipolare come oggetti inanimati per aumentare il profitto. Il lavoro era essenziale per la dignità umana e la realizzazione personale. Ci ha dato un senso di empowerment e identità. Ci ha permesso di costruire un rapporto con la società in cui potevamo sentire di aver contribuito all’armonia e alla coesione sociale, un rapporto in cui avevamo uno scopo.

Il Papa ha condannato la disoccupazione, la sottoccupazione, i salari inadeguati, l’automazione e la mancanza di sicurezza del lavoro come violazioni della dignità umana. Queste condizioni, scriveva, erano forze che negavano l’autostima, la soddisfazione personale, la responsabilità e la creatività. L’esaltazione della macchina, avvertiva, riduceva gli esseri umani allo status di schiavi. Ha chiesto la piena occupazione, un salario minimo sufficiente a sostenere una famiglia, il diritto di un genitore di restare a casa con i figli, lavoro e un salario dignitoso per i disabili. Ha sostenuto, per sostenere famiglie forti, l’assicurazione sanitaria universale, le pensioni, l’assicurazione contro gli infortuni e orari di lavoro che consentissero il tempo libero e le vacanze. Ha scritto che tutti i lavoratori dovrebbero avere il diritto di formare sindacati con possibilità di sciopero.

Dobbiamo investire le nostre energie nell’organizzazione di movimenti di massa per rovesciare lo stato corporativo attraverso atti prolungati di disobbedienza civile di massa. Ciò include l’arma più potente che possediamo: lo sciopero. Rivolgendo la nostra ira allo stato corporativo, nominiamo le vere fonti di potere e abuso. Esponiamo l’assurdità di attribuire la colpa della nostra fine a gruppi demonizzati come i lavoratori privi di documenti, i musulmani o i neri. Diamo alle persone un’alternativa a un Partito Democratico vincolato alle multinazionali che non può essere riabilitato. Rendiamo possibile il ripristino di una società aperta, che sia al servizio del bene comune piuttosto che del profitto aziendale. Dobbiamo chiedere niente di meno che la piena occupazione, redditi minimi garantiti, assicurazione sanitaria universale, istruzione gratuita a tutti i livelli, una solida protezione del mondo naturale e la fine del militarismo e dell’imperialismo. Dobbiamo creare la possibilità di una vita piena di dignità, scopo e autostima. Se non lo facciamo, ciò garantirà un fascismo cristianizzato e, in definitiva, con l’accelerazione dell’ecocidio, il nostro annientamento.

 

Niente da aggiungere a quanto dice il vecchio Bernie
Il popolo americano non ha votato per Trump: ha votato contro la guerra, contro l’elitismo, contro il tentativo di imporre un’ideologia.
Poi, che Trump sia la risposta giusta ne dubito. Non credo che porterà neanche a minor guerre, anzi.
Ma l’alternativa era peggiore
“Non dovrebbe destare molta sorpresa che un partito democratico che ha abbandonato le classi lavoratrici scopra di essere stato abbandonato da esse.
Mentre la leadership democratica difende lo status quo il popolo americano è arrabbiato e vuole cambiare.
E hanno ragione” Bernie Sanders

Giuseppe Germinario

Claudio Vincenzo Greco Mi pare, piuttosto, un amarcord di chi ancora non riesce a recidere i legami con il mondo e retroterra culturale che critica. Quello che sta maturando negli Stati Uniti non è una espressione di disperazione, ma un atto di reazione che sta tentando di costruire un programma politico e capacità operative. L’attribuzione di un carattere razzista, discriminatorio, ultraautoritario stride con la realtà e la composizione stessa di questo movimento. Ogni movimento in ascesa parte da un recupero di elementi del bagaglio culturale del proprio paese e della propria comunità, rielaborandolo. Lo ha fatto a suo tempo anche Marx. E’ quello che sta avvenendo anche negli Stati Uniti. Come ci si spiega, altrimenti, il ruolo e il peso importante di Kennedy e Gabbard in quell’area e il travaso di consensi che ha comportato? Come si spiega la composizione variegata di questo movimento che, da sola, smentisce il pregiudizio razziale. Negli USA si sta formando una nuova élite politica e una nuova classe dirigente che in Europa tarda ancora ad emergere. Che poi riesca e al contrario degeneri sono entrambe due possibilità

Giuseppe Germinario

un po’ tardi, dopo aver continuamente piegato la testa, assecondato i comportamenti fraudolenti di Hillary Clinton e abbandonato persone come Tulsi Gabbard le quali si sono esposte a denunciare quelle nefandezze ai danni proprio di Sanders. Un personaggio che ha perso ogni credibilità e dignità

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