L’identità dell’Algeria, di Bernard Lugan

Qui sotto tre importanti articoli tratti dal bollettino mensile di Bernard Lugan “L’Afrique Réelle”. Si parla di Algeria. Un paese da sempre cruciale per il prestigio acquisito in Africa e per gli interessi e gli appetiti dei paesi europei mediterranei scatenati e coltivati da oltre due secoli. Un paese che diventerà ancora più strategico per la Spagna, la Francia e l’Italia, vista la posizione e soprattutto l’entità delle risorse energetiche, sia pure in declino e minerarie, ancora più essenziali a seguito della miope e masochistica politica di sanzioni nei confronti della Russia. I malumori tra i tre paesi non hanno tardato infatti ad affiorare, vista la concomitante situazione di paralisi e il blocco di forniture petrolifere in Libia. Il regime algerino ha perseguito in questi ultimi anni una politica di allontanamento dalla Francia, accentuando i rapporti con Cina e Russia. Sarà facile previsione, l’emergere del tentativo di approfittare della fragilità e delle debolezze del regime, le cui radici sono così bene esposte negli articoli di Lugan, per reinserirsi nel gioco geopolitico africano, partendo però dalla zavorra dei pesanti retaggi della colonizzazione e del progressivo disinvestimento economico della Francia in quell’area. L’Italia, al contrario, potrebbe ancora giocare qualche carta legata al sostegno alla guerra di indipendenza algerina e al ruolo dell’ENI di Mattei in quell’area. La inerzia del vincolo europeo e dell’Alleanza Atlantica giocano in direzione contraria, come del resto già successo in Libia, in un contesto però, allora molto più favorevole all’Occidente e con attori locali, come la Turchia, dalle ambizioni allora appena sbocciate. La condizione propizia per ridursi al ruolo di ascari. A conferma della postura particolare del nostro paese, la notizia del ritiro dei militari e del presidio ospedaliero italiani da Misurata, in Libia. Il nostro miserabile ceto politico ha avuto l’ennesima occasione per riacquisire un ruolo autonomo e costruttivo in quell’area. Si è avuto notizia che il vero motivo del rinvio delle elezioni generali in Libia, a novembre scorso, è stata l’eventualità, confortata da sondaggi che lo davano ad oltre il 50%, che vincesse Saif al-Islam, il figlio di Gheddafi, l’unica figura al momento in grado di garantire l’alleanza tra le due principali tribù attualmente in conflitto. Lo avevamo già sottolineato ripetutamente in questi anni. Dall’Italia, non ostante i legami storici con quella famiglia, nulla è pervenuto. Buona lettura, Giuseppe Germinario

L’identità dell’Algeria
Nel 2004 Mohamed Chafik ha posto una domanda “Perché il Maghreb arabo non arriva a costituirsi? »
E ha dato la risposta seguente: “È proprio perché non è arabo”.
Questa domanda e risposta è stata inclusa in un articolo pubblicato su Le Amazigh world, (n°53, novembre 2004), il cui titolo esplosivo era: “E se decolonizzassimo il Nordafrica per il meglio? Il che significava che dopo la colonizzazione francese i berberi dovrebbero liberarsi di quattordici secoli di colonizzazione araba…
In Algeria come in tutto il Maghreb, i berberi costituiscono il vecchio sfondo della popolazione.
Charles-André Julien ha scritto in riguardo dicendo che “Marocco, Algeria e
Tunisia sono popolati da berberi qualificati audacemente arabi”. (Vedi il mio libro su questo
Storia dei berberi).
Oggi, i berberofoni – e non tutti i berberi – rappresentano solo il 25% circa della popolazione dell’Algeria Questo declino è il prodotto di una storia complessa che ha conosciuto un’accelerazione dall’indipendenza nel 1962 che vide il trionfo dell’ideologia arabo-musulmana.
Fu quindi costruito il nuovo stato attraverso lo sfratto dei maquisard Berberi dall’esercito di frontiera che aveva vissuto la guerra, lontano dai combattimenti, nei campi della Tunisia e del Marocco.
Tuttavia, come il colonnello Boumediene la cui madre era Chaoui, i suoi leader, anche quando loro non erano arabi, furono acquisiti all’ideologia arabista. Per loro, la berberità rappresentava un pericolo esistenziale per costruire il nazionalismo algerino. Ecco perchè,
nell’agosto del 1962, appena acquisita l’indipendenza, il governo algerino abolì la cattedra di Kabyle dell’Università di Algeri.
La legittimità del regime si è radicata poi sulla negazione della storia dell’Algeria e la sua composizione etnica, la rivendicazione berbera essendo presentata dal “Sistema”
Algerino come una “cospirazione separatista diretta contro l’Islam e la lingua araba”. Per i leader algerini, il fatto di essere musulmani impone proprio di associare la nazione alla civiltà arabo. I più radicali sostenitori dell’ideologia arabo-islamica hanno anche sostenuto che i berberi erano usciti dalla storia e che loro non posso andare in paradiso se non  attaccandosi ai lignaggi arabi. Quanto al ministro algerino dell’Educazione Nazionale, ha dichiarato nel 1962 che “I Berberi sono un’invenzione dei Padri Bianchi”…
Poiché i berberisti hanno rifiutato il dogma fondatore dell’Algeria araba, visto che l’amazighité sosteneva la composizione duale, araba e berbera, il partito FLN ha parlato di deriva “etnica”, “razzista” e “xenofoba” che minaccia di distruggere lo stato.
Questo è il motivo per cui i Kabyles e il Chaoui si ritrovarono cittadini di un mondo algerino arabo-musulmano che nega la propria identità. Da qui il problema dell’identità del Paese e del non detto esistenziale che paralizza il paese.

L’identità algerina. La questione al cuore di tutto

Per loro, la berberità rappresentava un pericolo esistenziale per costruire il nazionalismo algerino. Ecco perchè, nell’agosto del 1962, quindi, appena acquisita l’indipendenza, il governo algerino abolì la cattedra di Kabyle dell’Università di Algeri.
La domanda fondamentale a cui il sistema algerino rifiuta di rispondere è quella dell’identità del Paese:
è esclusivamente arabo-islamica o berbera e arabo-islamico? Per i sostenitori della tesi
dell’arabismo, il berbero infatti è un pericolo politico e il mantenimento di Amazigh una minaccia nella misura in cui questa lingua afferma un’identità che porta a un indebolimento, a uno sgretolamento della nazione algerina. Ecco perché il nazionalismo algerino, che è prima di tutto un islamismo arabo, è stato costruito contro la berberità.
Questo rifiuto dell’evidenza storica ed etno-politica si basa su un postulato che è l’islamizzazione, la quale avrebbe segnato la fine della storia dei berberi, la loro conversione all’Islam; li aveva inscritti irreversibilmente nell’area culturale dell’Islam, e quindi dell’arabo.

I BERBERI DALLA CONQUISTA ARABA ALLA CONQUISTA FRANCESE

Tra l’inizio del I secolo e l’anno 1830 i Berberi videro fermarsi i Romani, i Vandali, i
Bizantini, Arabi, Ottomani e Francesi.

Non essere implicati nei primi combattimenti che i Bizantini realizzarono nella regione di
Cartagine contro gli invasori arabo-musulmani, i berberi entrarono in battaglia soltanto
durante la quarta campagna di conquista (673-681), quando Abu al-Muhajir volle sottometterli.
L’anima della resistenza era allora Kusayla (Qusayla), capo della tribù Awréba degli Aurès. Nel 683 quest’ultimo intercettò e uccise il leader arabo Uqba ben Nafi el Firhy, poi ha preso Kairouan mentre gli arabi sopravvissuti abbandonarono Ifriqiya (l’odierna Tunisia), per ritirarsi verso oriente, fino alla Cirenaica.
Nel 687 Kusayla perse la vita nella battaglia di Mems (Sbiba), vicino a Kairouan e il suo
esercito fu sciolto. La resistenza berbera si è sfilacciata poi, una donna ha preso il comando degli ultimi gruppi di combattenti. Conosciuta nella storia sotto il nome di Kahina o Kahena (la strega) affibbiatale dagli arabi, anche lei apparteneva ad una tribù degli Aurès, gli Jarawa.
Ha vinto diverse battaglie, in particolare a Miskyna, nella regione di Costantino, contro le
truppe di Hassan bin Numa che furono respinte a Gabes. Nel 695 vinse nella regione di Tabarqua, poi, nel 698 (o nel 702), fu sconfitta nella regione di Gabès.
La leggenda riporta che avrebbe poi chiesto ai suoi due figli, Ifran e Yezdia, di convertirsi
all’Islam per salvare il suo lignaggio; poi si diede alla macchia prima di trovare la morte vicino a un pozzo che porta ancora il suo nome, Bir Kahina, a circa 50 km a nord di Tobna. Gli arabi la decapitarono e ne portarono la testa al Califfo.
Questa sconfitta non ha portato all’arabizzazione dei Berberi, ma semplicemente alla loro islamizzazione, tutto il Maghreb rimanendo etnicamente berbero fino al XII-XIIIesimo secolo, epoca delle migrazioni delle tribù arabe Beni Hillal.
Allora, era dalla fine del XVI secolo che i Berberi di tutto il Maghreb, quindi dell’Algeria,
hanno perso il controllo del proprio destino a causa della scomparsa dei loro ultimi tre regni, quello dei Merinidi nell’attuale Marocco, quello degli Zianides o Abd el-Wadides che si estendeva su parte dell’Algeria da Tlemcen a Bougie, e così via degli Hafsid che includeva la Tunisia più il Costantino. Da quel momento, il Marocco era governata da dinastie arabe (allora Saadiani alawiti), mentre i regni di Tlemcen e Tunisi passarono sotto controllo Ottomano. La scomparsa degli stati berberi fu parallela all’ascesa delle tribù arabe entrate al servizio dello Stato Cherifiano nel Marocco e della Porta Ottomana nelle Reggenze di Algeri e Tunisi.
Durante il periodo ottomano, i Kabylies e gli Aurès non sono mai stati controllati dal potere
di Algeri.
Per restare solo negli ultimi anni precedenti alla conquista francese, nel 1813, il fallimento di Omar Agha davanti a Tunisi è stato attribuito al tradimento dei contingenti Kabyle. Alcuni dei loro capi furono quindi decapitati, il che causò la rivolta. Nel 1824, la parte orientale della Cabilia si sollevò. I Mezzaia attaccarono Bougie intanto che i Beni Abbès tagliarono la strada Algeri-Costantino. Infine, alla vigilia della conquista francese, l’Ouaguenoun e l’Aït Djennad era in ribellione contro Algeri.
Il periodo francese ha portato all’emarginazione del berberismo perché, contrariamente a
una narrazione popolare, in Algeria, la colonizzazione attraverso il suo giacobinismo è stata benefica per l’ideologia arabo-musulmana e la lingua araba. Tanto più che una volta sconfitto Abd el-Kader, la lealtà degli “arabi” verso la Francia fu quasi totale, soprattutto durante la rivolta kabyle del 1871 che fu in parte schiacciato dagli schermagliatori “arabi” reclutati nell’ovest del paese.
Se l’insurrezione di Kabyle del 1871 trasse la sua forza dal suo sostegno etnico, ciò costituì anche la sua debolezza perché non riesce a coinvolgere le popolazioni arabizzate dell’Algeria occidentale. Da parte loro, negli anni ’40 dell’Ottocento, i Kabyles erano rimasti
lontano dalla guerra guidata da Abd el-Kader.
Nel 1871 in Cabilia la lotta fu aspra, i villaggi appollaiati dovettero essere presi uno dopo l’altro. Il 5 maggio Mokrani è stato ucciso e suo fratello Bou Mezrag lo ha sostituito. Nella loro ritorsione, i francesi avevano la “mano pesante”: le esecuzioni a morte, deportazioni in Nuova Caledonia, tasse di guerra, confisca di terre, distruzione di piantagioni, villaggi ecc.
Questa guerra ha lasciato un tale ricordo ai giacobini coloniali che si sono poi impegnati a combattere l’identità Kabyle come facevano le loro controparti metropolitane allo stesso tempo con i Bretoni o baschi; una politica che ha grandemente giovato alla lingua araba.
Mentre, da secoli, il blocco linguistico berbero aveva mantenuto le sue posizioni contro l’arabo, in pochi decenni di presenza francese si ritirò, si ritrasse e si frammentò. Blida e Boufarik, totalmente di lingua berbera al tempo della conquista francese era così diventata di lingua araba nel 1962. Quanto alla stessa Cabilia, il Berbero vi si ritirò seguendo l’esempio di Bouira o Dellys oggi in gran parte arabizzato. Anche l’emigrazione di Kabyle in Francia ha favorito questa deberberizzazione.

IL COLPO DELL’ESERCITO DELLE FRONTIERE (ESTATE 1962)

Durante l’estate del 1962, nell’Algeria appena indipendente, le contraddizioni contenute durante i sette anni di guerra contro la Francia vennero alla luce tra il GPRA (Governo Provvisorio della Repubblica Algerina) e l’ALN (Esercito di Liberazione Nazionale) comandato dal 1960 dal colonnello Houari Boumediene. Intatto perché profughi in Tunisia e Marocco, l’esercito di frontiera aveva appena combattuto le forze francesi. Il presidente del GPRA, Benyoucef Benkhedda non ha avuto paura di dire a questo proposito che: “Alcuni ufficiali che hanno vissuto fuori non hanno conosciuto la guerra rivoluzionaria come i loro fratelli nella macchia (…)”.

Nel 1958, dopo la creazione del GPRA (Governo della Repubblica algerina) a Tunisi,
i conflitti sono stati esacerbati tra tre forze:
1) Tra il “nocciolo duro” di questo organismo, composto di Krim Belkacem, Abdelhafid Boussouf e di Lakhdar Bentobbal da un lato, e i cinque prigionieri detenuti in Francia dopo il dirottamento del loro aereo il 22 ottobre 1956, vale a dire Ahmed Ben Bella, Hocine Ait Hamed, Mohamed Boudiaf, Mostefa Lacheraf e Mohamed Kheder d’altro canto.
2) Tra il GPRA e l’esercito di frontiera, l’ALN (Esercito di Liberazione Nazionale), di stanza in Marocco e in Tunisia.
3) Tra l’esercito di frontiera e i superstiti del macchia dall’interno. L’esercito di frontiera ha riconosciuto l’EMG (Staff Generale), guidato dal colonnello Boumediene quando i sopravvissuti della macchia dell’interno obbedivano al GPRA.
La presa del potere da parte dei sostenitori dell’esercito dei confini, uniti nel “gruppo Oujda” si realizzò in sette passaggi:
1) Iniziano Ahmed Ben Bella e Houari Boumediene con il loro colpo di stato nel maggio 1962 quando il GPRA è stato convocato per indire il congresso del CNRA (Consiglio Nazionale della Rivoluzione Algerina) (Meynier, 2003 e Haroun, 2005). Il loro obiettivo
era quello di raddoppiare il GPRA istituendo la carica politica che avrebbero controllato.

2) Il 28 maggio, dall’inizio dell’incontro, l’atmosfera era estremamente tesa tra Benyoucef
Benkheda, il nuovo presidente del GPRA[1] e il suo vicepresidente, Ben Bella, che inveì contro di lui.
La gestione collegiale poi implose e invece del dibattito sugli “accordi di Evian” si parlò di potere. Intorno a Ben Bella, un gruppo di pressione riesce a far adottare il modello socialista e il partito unico.
A seguito della votazione per eleggere i membri dell’ufficio politico per gestire l’inizio dell’indipendenza, Krim Belkacem, Abdelhafid Boussouf e Lakdar Bentobal, tutti e tre i ministri del GPRA, sono stati messi in minoranza, con alcuni delegati che li hanno accusati
di essere stati coinvolti nell’assassinio di Abbane Ramadan nel 1957.
Sconfessato, Benyoucef Benkheda lasciò l’incontro, mentre Krim Belkacem, nonostante sia stato inserito in minoranza, divenne il principale interlocutore della Francia ai colloqui di pace finali, a Parigi con il riconoscimento del solo GPRA.
Quanto a Ben Bella, è andato al Cairo e da lì in Marocco, dove si unì al colonnello Boumediene, Ahmed Boumenjel e il colonnello Chaâbani che ritenevano che il GPRA non avesse legittimità a governare un’Algeria indipendente.
3) I combattenti della macchia hanno quindi tentato la mediazione. Il 24 e 25 giugno, i wilayas II, III, IV, la Zona Autonoma di Algeri e i rappresentanti della federazione di Francia dell’FLN si riunirono a Bordj Zemmoura, in Cabilia. Annunciarono la creazione di un “comitato interwilaya”, poi condannarono la “ribellione” dell’EMG (esercito dei confini) e chiesero al GPRA di fare altrettanto.
4) Il 30 giugno il GPRA si riunisce e licenzia l’EMG. In risposta, il 2 luglio, Ben Bella e
Boumediene chiesero ai capi dei wilaya di mettersi agli ordini dell’EMG e ordinano
all’esercito di frontiera di prepararsi e dirigersi verso l’Algeria.
5) L’11 luglio, i capi di wilaya IV impedirono a Benyoucef Benkheda, il presidente di
GPRA, di tenere un incontro a Blida, intanto che Ben Bella si sarebbe stabilito a Tlemcen. È stato raggiunto lì, il 16, dal colonnello Boumediene e da Ferhat Abbas. Quest’ultimo, che era comunque un sostenitore dell’instaurazione di un potere civile, radunato nel “clan
di Tlemcen” contro il GPRA di Benyoucef Benkhedda[2] .
D’ora in poi, due coalizioni si opposero, il “gruppo di Algeri” e il “gruppo di “Tlemcen”.
Il secondo ha istituito un ufficio politico[3] che ha annunciato di aver preso in mano i destini dell’Algeria. Il colpo di mano era in corso.
6) Il 23 luglio, Mohammed Boudiaf e Aït Ahmed, separati dal “gruppo Tlemcen” che accusavano di voler instaurare una dittatura in Algeria si stabilirono nel paese di Kabyle, a Tizi Ouzou, da dove hanno lanciato un appello agli algerini per opporsi al colpo di stato. Il 27 Luglio, sono stati raggiunti lì da Krim Belkacem. Da quel momento, quindi, c’era un terzo gruppo, il “Gruppo Tizi Ouzou”.
7) Il 25 luglio il comandante Larbi Berredejem del wilaya II prese Costantino e si unì al
“Gruppo Tlemceno”. I combattimenti hanno avuto luogo
in città poi, il 29 luglio, la wilaya IV prese il controllo di Algeri, rimuovendo la città dalla ZAA (Zona Algeri autonomi) i cui capi furono arrestati. il 29 agosto si sono verificati violenti scontri ad Algeri; in seguito, il 4 settembre, Ben Bella ha preso posizione ad Orano da dove ordinò alle sue truppe di andare a marciare su Algeri, provocandoo violenti
combattimenti, in particolare a Boghari, Sidi Aïssa e Clef.

Il 9 settembre Ben Bella e il colonnello Boumediene entrarono ad Algeri alla testa dell’esercito di frontiera.
Le elezioni per l’Assemblea Costituente furono fissate il 20 settembre 1962, su liste singole, dopo la dichiarazione di Ben Bella che “la democrazia è un lusso che l’Algeria non può ancora permettersi”.
Il 25 settembre Ferhat Abbas è stato eletto presidente dell’Assemblea Nazionale e  proclamò la nascita della Repubblica Democratica Popolare d’Algeria; poi Ben Bella fu nominato per formare il primo governo dell’Algeria indipendente. I combattenti interni erano stati quindi espulsi da quelli esterni e i politici dai militari.
Il congresso “fondatore” di Soummam era ben dimenticato.
Per combattere questo colpo di stato, un anno dopo, alla fine di settembre 1963, ex dirigenti di wilaya II e IV, così come i leader politici riuniti ad Aïn El Hammam, una cinquantina di chilometri a est di Tizi Ouzou, decisero di prendere le armi.
Nei giorni che seguirono, il governo mandò l’esercito ma la guerra civile fu fermata.
Il conflitto algerino-marocchino, la “guerra delle sabbie”, aveva temporaneamente riconciliato i due campi in una sacra unione.
Nel luglio del 1964, di fronte alla deriva autoritaria del potere e dei suoi disastrosi orientamenti economici, Ait Ahmed e Mohamed Boudiaf crearono il CNDR (Consiglio Nazionale per la Difesa della rivoluzione) e fondarono la macchia, in sostanza in Cabilia. Il colonnello Chaabani, capo di wilaya 6 (Sahara), ha cercato di marciare su Algeri,
ma fu arrestato e fucilato l’8 settembre. Quanto a Aït Hamed, fu arrestato il 17 ottobre 1964 con sentenza di morte. Perdonato, si rifugiò in Svizzera fino al 2001. La repressione del regime è stata feroce ed il mito della rivoluzione unita si era imposto sulla realtà.
Installato al potere con il supporto di Boumediene,
e sotto la sua supervisione, il 19 giugno 1965, Ben Bella, che stava cercando di liberarsi dalla presa militare, fu rovesciato dal colonnello Boumediene presidente del Consiglio della Rivoluzione, che lo fece rinchiudere a Tamanrasset, dove fu imprigionato per sedici anni.

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La fine della globalizzazione?_di Adam S. Posen

Apparentemente un auspicio al ritorno dei fasti della globalizzazione degli anni ’90. Fasti per alcuni, ma tragedie per altri. In realtà una presa d’atto dei cambiamenti in corso, con un confezionamento della nuova realtà con lo stesso guardaroba. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Cosa significa la guerra della Russia in Ucraina per l’economia mondiale

Nelle ultime tre settimane, l’economia russa è stata travolta dalle sanzioni. Subito dopo che il Cremlino ha invaso l’Ucraina, l’Occidente ha iniziato a sequestrare i beni degli individui più ricchi vicini al presidente russo Vladimir Putin, ha proibito i voli russi nel suo spazio aereo e ha limitato l’accesso dell’economia russa alla tecnologia importata. In modo più drammatico, gli Stati Uniti ei loro alleati hanno congelato le attività di riserva della banca centrale russa e hanno escluso la Russia non solo dal sistema di pagamenti finanziari SWIFT, ma dalle istituzioni di base della finanza internazionale, comprese tutte le banche estere e il Fondo monetario internazionale. Come risultato delle azioni dell’Occidente, il valore del rublo è crollato, sono cresciute carenze in tutta l’economia russa e il governo sembra essere vicino all’insolvenza sul suo debito in valuta estera. L’opinione pubblica – e il timore di essere colpiti dalle sanzioni – ha costretto le imprese occidentali a fuggire in massa dal Paese. Presto la Russia non sarà in grado di produrre beni di prima necessità né per la difesa né per i consumatori perché mancherà di componenti critici.

La risposta del mondo democratico all’aggressione di Mosca e ai crimini di guerra è giusta, sia eticamente che per motivi di sicurezza nazionale. Questo è più importante dell’efficienza economica. Ma queste azioni hanno conseguenze economiche negative che andranno ben oltre il collasso finanziario della Russia, che persisteranno e che non sono belle. Negli ultimi 20 anni, due tendenze hanno già corrotto la globalizzazione di fronte alla sua presunta marcia incessante. In primo luogo, populisti e nazionalisti hanno eretto barriere al libero scambio, agli investimenti, all’immigrazione e alla diffusione delle idee, specialmente negli Stati Uniti . In secondo luogo, la sfida di Pechino al sistema economico internazionale basato su regole e agli accordi di sicurezza di lunga data in Asia ha incoraggiato l’Occidente a erigere barriere all’integrazione economica cinese. L’invasione russa e le conseguenti sanzioni renderanno questa corrosione ancora peggiore.

Ci sono diversi motivi per cui. In primo luogo, la Cina sta tentando di affrontare una risposta non conflittuale all’invasione russa. Sia il suo sistema finanziario che la sua economia reale stanno osservando le sanzioni a causa della potenziale ritorsione economica se finanziano o forniscono la Russia, per non parlare del salvataggio di Mosca. Ma qualsiasi cosa che non si aderirà pienamente al blocco alimenterà le politiche anticinesi in Occidente, riducendo l’integrazione economica del Paese. In secondo luogo, i paesi temono di essere soggetti ai capricci della potenza economica di Washington, ora che si è innamorata di nuovo del suo potere apparente. In questo momento, le azioni economiche degli Stati Uniti potrebbero essere giuste e potrebbero esserci pochi rischi che i paesi che non invadono l’Ucraina finiscano dalla parte sbagliata delle politiche statunitensi. Ma la prossima volta, gli Stati Uniti potrebbero essere più egoisti o capricciosi.

Infine, i danni che le sanzioni stanno arrecando all’economia russa e i costi sostanziali per l’Europa centrale se la Russia interrompe il suo accesso al gas naturale e al petrolio in risposta potrebbero indurre i governi a perseguire l’autosufficienza e a districarsi dai legami economici. Ironia della sorte, questo sarà controproducente. L’attuale forte contrazione economica della Russia mostra quanto sia difficile per gli stati prosperare senza interdipendenza economica, anche quando cercano di ridurre al minimo la loro vulnerabilità percepita. Inoltre, i tentativi della Russia di rendersi economicamente indipendenti hanno effettivamente reso più probabile che fosse soggetta a sanzioni, perché l’Occidente non doveva rischiare tanto per imporle.Ma ciò non impedirà a molti governi di cercare di ritirarsi in angoli separati, cercando di proteggersi ritirandosi dall’economia globale.

Gli esperti, ovviamente, hanno gridato al lupo per tali divisioni per anni e i paesi più piccoli che tentano di autoisolarsi non saranno in grado di avere successo. Ma ora sembra probabile che l’economia mondiale si dividerà davvero in blocchi – uno orientato verso la Cina e uno attorno agli Stati Uniti, con l’Unione Europea principalmente ma non interamente in quest’ultimo campo – ciascuno dei quali tenterà di isolarsi e quindi di diminuire l’influenza dell’altro . Le conseguenze economiche per il mondo saranno immense e i responsabili politici dovranno riconoscerle e quindi compensarle il più possibile.

IL DOLLARO RESTA

Nonostante tutti i discorsi sulla “armamento della finanza”, le sanzioni impiegate contro la Russia sono state efficaci solo perché l’alleanza internazionale che le ha imposte è stata ampia e impegnata. Il congelamento delle riserve della Banca centrale russa, ad esempio, funziona solo se la maggior parte del sistema finanziario mondiale è d’accordo a farlo. È l’alleanza, non la finanza, che conta. Poiché l’alleanza anti-russa contiene tutte le principali istituzioni finanziarie tranne le banche cinesi – e poiché le banche cinesi non vogliono essere escluse da quel sistema – le sanzioni finanziarie non porteranno a nessun cambiamento fondamentale nell’ordine monetario o finanziario mondiale.

Le economie che si sentono minacciate da Washington hanno ora un incentivo a spostare le loro riserve dalle partecipazioni negli Stati Uniti. In teoria, questo è sempre stato un freno all’uso eccessivo del potere finanziario da parte di Washington; se il paese sanziona troppo frequentemente, potrebbe indurre altri stati a proporre alternative migliori al dollaro e al sistema di pagamento che lo circonda. E a lunghissimo termine, un’economia mondiale divisa sotto la minaccia di sanzioni si piegherà in quella direzione. Ma nel frattempo, ciò che la Russia dimostra è che la diversificazione in euro, yuan e persino oro non aiuterà gli stati se gli altri partecipanti al mercato hanno paura di essere esclusi dal sistema del dollaro, perché non ci sarà nessun altro soggetto da vendere le loro riserve a.

Lo yuan cinese farà fatica a diventare un’importante alternativa al dollaro, anche per le economie del blocco di Pechino. Finché la Cina impedisce alle persone di prelevare liberamente beni dal suo sistema finanziario nazionale, gli investitori e persino le banche centrali che lo adottano scambierebbero semplicemente le minacce di sanzioni di Washington con quelle di Pechino. Pechino potrebbe aggirare questo problema rendendo lo yuan liberamente convertibile, piuttosto che strettamente controllato. Ma se ciò accadesse, è probabile che il valore dello yuan diminuisca drasticamente per un lungo periodo, come è accaduto dal 2015 al 2016, quando la Cina ha aperto temporaneamente il suo conto capitale, perché miliardi di persone che detengono i propri risparmi in Cina cercano disperatamente di diversificare i propri portafogli spostando le proprie attività altrove alla ricerca di rendimenti più elevati. La Cina potrebbe, ovviamente, diventare la valuta di riserva per le piccole economie che domina e per gli stati paria, paesi senza una reale alternativa. Ma questo farebbe ben poco per diversificare o creare rendimenti preferenziali per i risparmi cinesi e potrebbe ritorcersi contro, impigliando il sistema finanziario cinese nell’instabilità finanziaria di altri stati.

Ciò non significa che nulla cambierà finanziariamente. Più le divisioni economiche sono amplificate dalle divisioni di hard power, più i governi allineeranno i loro sistemi finanziari con il loro principale protettore militare. I peg dei tassi di cambio tendono a seguire le alleanze militari (come ho stabilito nel 2008). Il mondo lo ha visto in tutta l’Africa, l’America Latina e l’Asia meridionale durante la Guerra Fredda, quando i governi hanno spostato l’obiettivo dei loro obiettivi di cambio o ancoraggi valutari durante il riallineamento tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti. Ma sebbene ciò possa significare che alcuni paesi entrano ed escono dalla zona de facto del dollaro, non creerà una valuta alternativa che sia attraente alle sue stesse condizioni.

CADERE A PEZZI

L’invasione e le sanzioni, quindi, non comporteranno enormi cambiamenti finanziari per l’economia globale. Ma accelereranno la corrosione della globalizzazione già in atto , un processo che avrà ampi impatti. Con una minore interconnessione economica, il mondo vedrà una crescita tendenziale inferiore e una minore innovazione. Le aziende e le industrie storiche nazionali avranno più potere di richiedere protezioni speciali. Complessivamente, i rendimenti reali sugli investimenti effettuati da famiglie e società diminuiranno.

Per capire perché questo accade, considera cosa potrebbe accadere alle catene di approvvigionamento. Attualmente, la maggior parte delle aziende industriali e dei rivenditori acquista ogni input chiave o passaggio nei loro processi di produzione da uno o pochi luoghi separati. C’era una potente logica economica per creare catene di approvvigionamento globali in questo modo, con relativamente pochi esuberi: non solo hanno risparmiato sui costi incoraggiando le aziende e le fabbriche a specializzarsi, ma hanno anche aumentato la scala della produzione e fornito vantaggi di marketing e informazione locali. Ma date le attuali realtà geopolitiche e pandemiche, queste catene del valore globali potrebbero non valere più il rischio di fare affidamento su punti di strozzatura specifici, in particolare se quei punti si trovano in paesi politicamente instabili o inaffidabili. Le multinazionali, con l’incoraggiamento del governo, assicurerà razionalmente contro i problemi costruendo catene di approvvigionamento ridondanti in luoghi più sicuri. Come ogni forma di assicurazione, questa proteggerà da alcuni rischi al ribasso, ma sarà un costo diretto che non produrrà ritorni economici immediati.

Nel frattempo, se le aziende cinesi e statunitensi non devono più affrontare la concorrenza l’una dell’altra (o di società al di fuori del loro blocco economico), è più probabile che siano inefficienti e che i consumatori abbiano meno probabilità di ottenere la stessa varietà e affidabilità che fanno attualmente. Quando quel consumatore è il governo, è ancora più probabile che le imprese nazionali protette si impegnino in sprechi e frodi, perché ci sarà meno concorrenza per gli appalti pubblici. Aggiungiamo il nazionalismo e la paura delle minacce alla sicurezza nazionale, e sarà facile per tali aziende mascherarsi di patriottismo e portarlo fino alla banca, sapendo di essere politicamente troppo grandi per fallire. C’è un motivo per cui è più probabile che le economie chiuse subiscano la corruzione.

Il mondo vedrà una crescita inferiore e una minore innovazione.

Gli analisti possono già vederlo all’opera negli impegni apparentemente patriottici del presidente Joe Biden e dell’ex presidente Donald Trump di “onshoring” la produzione, il trasferimento delle catene di approvvigionamento che producono beni statunitensi in modo che abbiano luogo negli Stati Uniti. Stanno usando la sicurezza nazionale e l’orgoglio per giustificare politiche che sminuiscono sia la difesa nazionale che l’85% e più dei lavoratori statunitensi non impiegati nell’industria pesante. Il feticismo della produzione nazionale sull’avanzamento del commercio transfrontaliero di servizi e reti è particolarmente ironico, dato che questi ultimi settori sono ciò che ha veramente avvantaggiato l’Occidente rispetto alla Russia nell’attuazione di sanzioni efficaci e ciò che ha scoraggiato le imprese cinesi dal salvare la Russia.

Allo stesso modo, la corrosione della globalizzazione avrà conseguenze negative per la tecnologia. L’innovazione è più rapida e comune quando il pool globale di talenti scientifici è coinvolto e può scambiare idee e condividere prove, o confutazioni, di concetti. Ma c’è una ragione politicamente convincente per gli stati per cercare di assicurarsi che solo gli alleati abbiano accesso alla loro tecnologia, anche se le restrizioni sono di dubbia rilevanza militare (in un mondo di cyberspionaggio, è facile acquisire progetti tecnologici). Il probabile risultato sarà un declino dell’innovazione, poiché gli Stati Uniti e altri istituti di ricerca occidentali si privano di molti studenti e scienziati cinesi e russi di talento.

L’intensificarsi della corrosione della globalizzazione diminuirà ulteriormente il rendimento del capitale nell’economia mondiale, e lo farà su ogni lato del divario economico. Ci saranno nuovi limiti su dove le persone possono investire i propri risparmi, riducendo la gamma di diversificazione e rendimenti medi. La paura e il nazionalismo probabilmente aumenteranno il desiderio delle persone di investimenti sicuri a casa, in titoli governativi o garantiti pubblicamente. I governi uniranno anche argomenti di sicurezza nazionale con misure di stabilità fiscale e finanziaria progettate per incoraggiare fortemente gli investimenti nel proprio debito pubblico, come fanno durante le guerre.

LA CONNESSIONE CONTINENTALE

C’è un effetto collaterale economico benefico per le crescenti divisioni globali: l’Unione Europea è incoraggiata a unificare più delle sue politiche economiche. Il blocco sta mettendo a disposizione risorse congiunte per condividere l’onere finanziario del massiccio afflusso di profughi ucraini in arrivo in Polonia e in altri membri orientali. Per pagare queste misure vengono emesse obbligazioni europee, piuttosto che i debiti dei singoli Stati membri.

L’Unione Europea o la zona euro potrebbero emettere più debito pubblico europeo in futuro, il che aiuterebbe ulteriormente l’economia globale. L’invasione russa rafforza il fatto che questo è un mondo di bassi rendimenti e molti investitori hanno un forte desiderio di sicurezza. Creando risorse più sicure per loro, l’UE e la zona euro possono assorbire alcuni risparmi avversi al rischio, migliorando la stabilità finanziaria.

Una maggiore unità dell’UE creerà anche nuove opportunità di crescita. Guidati dal cancelliere tedesco Olaf Scholz , quasi tutti i membri dell’UE hanno assunto un impegno pluriennale per aumentare la spesa per la difesa e un maggiore investimento pubblico per ridurre rapidamente la dipendenza del continente dai combustibili fossili russi. Entrambi questi investimenti faranno molto per porre fine al free-riding dell’Europa su Stati Uniti e Cina per la crescita; dare all’economia globale un altro motore aiuterà a bilanciare gli alti e bassi del ciclo economico, stabilizzando il mondo contro le recessioni. Eviterà inoltre alle economie in più rapida crescita di accumulare debito estero come hanno fatto quando la Germania e altre economie europee in eccedenza hanno esportato prodotti ma non sono riusciti a consumare.

Queste iniziative aiuteranno, in particolare, la stessa zona euro. Una delle cause principali della crisi dell’euro dieci anni fa sono stati gli squilibri tra le economie dell’euro causati dall’austerità tedesca. Aumentando la domanda interna tedesca, i membri meridionali dell’eurozona saranno in grado di estinguere parte del loro debito attraverso l’aumento delle esportazioni piuttosto che dover tagliare salari e importazioni per effettuare i loro pagamenti. Ciò dovrebbe rafforzare la redditività a lungo termine dell’euro, nonché aumentarne l’attrattiva per potenziali nuovi membri nell’Europa orientale e gestori di riserve in tutto il mondo. Un euro meno soggetto a tensioni e preoccupazioni interne avrà anche un valore più elevato e più stabile, che a sua volta ridurrà le tensioni commerciali con gli Stati Uniti.

UNA VERITÀ SCOMODA

Sfortunatamente, l’invasione russa si rivelerà molto meno gentile con il mondo in via di sviluppo. Gli aumenti dei prezzi di cibo ed energia stanno già danneggiando i cittadini degli stati più poveri e l’ impatto economico della corrosiva globalizzazione sarà ancora peggiore. Se i paesi a basso reddito sono costretti a scegliere da che parte stare al momento di decidere dove ottenere i loro aiuti e investimenti diretti esteri, le opportunità per i loro settori privati ​​si ridurranno. Le aziende all’interno di questi paesi diventeranno sempre più dipendenti dai guardiani del governo in patria e all’estero. E poiché gli Stati Uniti e altri paesi aumenteranno il ricorso alle sanzioni, è meno probabile che le aziende investano in queste economie. Le società multinazionali ansiose vogliono evitare l’obbrobrio degli Stati Uniti, e quindi rinunceranno a investire in luoghi che considerano dotati di una trasparenza inaffidabile.

La parte più triste di questo è che si aggiunge alla risposta ineguale del mondo al COVID-19, in cui i paesi ad alto reddito non hanno fornito abbastanza vaccini e forniture mediche al mondo in via di sviluppo. Questo disprezzo politico per il benessere delle popolazioni a basso reddito a livello globale cambia materialmente le condizioni economiche sul terreno. Ciò a sua volta fornisce una giustificazione commerciale per il settore privato per non investire in quelle economie. L’unico modo per uscire da questo ciclo è attraverso investimenti pubblici e un trattamento equo e imposto. La divisione tra le principali economie, tuttavia, rischia di rendere tali investimenti nei paesi in via di sviluppo insufficienti, inaffidabili e erogati arbitrariamente.

Aiutare le economie povere non è l’unico obiettivo di sviluppo a lungo termine che l’invasione russa mette a rischio. Per sopravvivere, le società di tutto il mondo dovranno mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici, ma il ruolo fondamentale di Russia e Ucraina nell’approvvigionamento energetico globale invia forze contraddittorie che renderanno la transizione energetica più impegnativa. Allo stesso tempo, i politici occidentali chiedono l’allontanamento dai gas serra e sostengono una maggiore esplorazione di combustibili fossili al di fuori della Russia. Gli stati vogliono prevenire la contraffazione dei prezzi, tagliare le tasse sull’energia e compensare le famiglie per i prezzi più elevati del gas, ma vogliono anche aumentare gli incentivi per espandere la produzione di energia più verde e ridurre i consumi, che richiedono prezzi più alti. I compromessi vanno oltre il cambiamento climatico. Le democrazie vogliono costruire alleanze attorno a valori liberali e mercati più liberi,

Alla base di tutto questo c’è una scomoda realtà: per rallentare l’aumento delle temperature, il mondo ha bisogno di un’azione collettiva internazionale, anche dalla Cina. L’alleanza delle democrazie non può farcela da sola. I governi cinese e statunitense, a volte, sono stati in grado di compiere progressi congiunti sulle iniziative sul clima anche mentre erano in conflitto su altre questioni, e sia il presidente cinese Xi Jinping che Biden hanno affermato di volerlo fare di nuovo. Ma diventerà più difficile man mano che ogni paese si ritirerà in un blocco separato. Nel frattempo, poiché la corrosione della globalizzazione riduce il ritmo dell’innovazione limitando la collaborazione nella ricerca, diventerà anche più difficile per gli scienziati elaborare un deus ex machina in grado di salvare il pianeta.

RACCOGLIERE I PEZZI

Fermare la corrosione della globalizzazione era già difficile e l’invasione russa dell’Ucraina lo rende più difficile. Mentre i politici negli Stati Uniti e altrove raccolgono false narrazioni su come l’apertura economica sia dannosa per i lavoratori, l’invasione russa e le sanzioni che ne derivano spingono la Cina e gli Stati Uniti ad allontanarsi ulteriormente.

Ma i politici non sono impotenti. Le sanzioni finanziarie alla Russia erano così potenti perché imposte da una forte alleanza di democrazie a reddito più elevato. Se Australia, Giappone, Corea del Sud, Regno Unito, Stati Uniti, Unione Europea e altre importanti economie di mercato possono incanalare lo stesso potere che hanno usato per punire la Russia per aiutare l’economia, possono riparare l’erosione, forse incoraggiando la Cina a rimanere connessa anche lei.

Per fare ciò, i funzionari devono perseguire un’ampia gamma di politiche. Possono iniziare creando un mercato comune tra le democrazie che sia il più ampio e profondo possibile, anche per beni, servizi e persino opportunità di lavoro. Devono creare standard comuni per controllare gli investimenti privati ​​transfrontalieri per motivi di sicurezza nazionale e diritti umani. Dovrebbero creare un campo di gioco relativamente uniforme tra gli alleati in grado di promuovere una sana concorrenza, che ridurrebbe i peggiori effetti collaterali del nazionalismo economico: corruzione, radicamento degli operatori storici e spreco. I responsabili politici devono anche creare un fronte di investimento pubblico duraturo e pluriennale in tutta l’alleanza occidentale, che ridurrebbe gli squilibri tra le economie e aumenterebbe il rendimento complessivo degli investimenti.

Le democrazie mondiali non possono invertire ogni divisione corrosiva nell’economia globale causata dall’aggressione russa e dalla tacita approvazione della Cina. Non dovrebbero volerlo; alcune forme di violenza devono essere affrontate con l’isolamento economico. Ma possono compensare molte delle perdite, stabilizzando il pianeta nel processo.

https://www.foreignaffairs.com/articles/world/2022-03-17/end-globalization

La connettività terrestre cinese-iraniana viene lentamente ma sicuramente ottimizzata, di Andrew Korybko

Il conflitto in Ucraina e le conseguenti sanzioni ai danni della Russia stanno spingendo definitivamente quel paese lontano dall’Europa. Vorrebbero colpire mortalmente quel paese, stanno in realtà indebolendo ed isolando la fortezza occidentale ed asservendo impietosamente i paesi europei. Non è l’unica implicazione. Vorrebbe tagliare le strade che collegano i vari mondi, lasciando la prerogativa della tessitura delle relazioni con i paesi emergenti e rivali ai soli Stati Uniti. Colpendo la Russia in realtà sta provocando e accelerando la moltiplicazione di vie di influenza e penetrazione sempre più articolate e difficili da controllare. E il gioco del gatto e del topo, laddove è sempre meno chiaro chi sia l’uno e chi l’altro. Buona lettura, Giuseppe Germinario

La grande tendenza strategica è che l’Iran si sta riorientando verso est in linea con il resto del mondo mentre tutti gli attori chiave nella transizione sistemica globale verso il multipolarismo iniziano a concentrarsi maggiormente sull’Asia.

Il Middle Corridor (MC) tra Cina e Turchia attraverso l’Asia centrale, il Mar Caspio e il Caucaso meridionale è emerso come una delle rotte di trasporto eurasiatiche più importanti dall’inizio dell’operazione militare speciale in corso della Russia in Ucraina e dall’inedito USA- ha guidato le sanzioni anti-russe dell’Occidente che gli sono state imposte in risposta. La conseguenza dei recenti eventi è stata che l’Eurasian Land Bridge (ELB) è diventato indefinitamente impraticabile per facilitare il commercio tra Cina e UE, da qui la necessità di fare più affidamento sull’MC come soluzione alternativa per il prossimo futuro.

La particolarità del MC è che la sua parte dell’Asia centrale generalmente si sovrappone al corridoio economico Cina-Asia centrale-Asia occidentale (CCAWAEC), che è una delle rotte previste dalla Belt & Road Initiative (BRI) attraverso l’Eurasia e può essere indirizzata casualmente a come il corridoio dell’Asia centrale (CAC). In particolare, si prevede di collegare la Cina con l’Iran attraverso l’Asia centrale e poi verso la Turchia e l’UE. È importante sottolineare a questo proposito che la Repubblica islamica ha firmato lo scorso anno un patto di partnership strategica di 25 anni con la Repubblica popolare che sicuramente darà molto impulso a questo progetto.

Tre recenti sviluppi confermano che la connettività via terra tra queste grandi potenze multipolari viene lentamente ma inesorabilmente razionalizzata. In primo luogo, il viceministro iraniano dei trasporti e dello sviluppo urbano ha annunciato alla fine di febbraio che il suo paese intende espandere la ferrovia Khaf-Herat (KH) con l’Afghanistan fino alla Cina. Non è chiaro esattamente quale strada potrebbe prendere, ma il secondo sviluppo appena accaduto all’inizio di questo mese suggerisce che potrebbe passare attraverso l’Uzbekistan e il Kirghizistan.

La Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma della Cina ha dichiarato all’epoca che la costruzione della ferrovia Cina-Kirghizistan-Uzbekistan (CKU) a lungo pianificata inizierà il prossimo anno. Secondo il rapporto del Global Times , “La ferrovia sarà la via più breve per il trasporto di merci dalla Cina all’Europa e al Medio Oriente, riducendo il viaggio di 900 chilometri e risparmiando da sette a otto giorni di viaggio”. In teoria, queste due ferrovie potrebbero collegarsi tra loro in Uzbekistan per attuare il CAC tra Cina e Iran.

Un altro percorso alternativo potrebbe essere il Turkmenistan, che ha già una connettività ferroviaria sia con l’Iran che con l’Uzbekistan. Era infatti nel lontano 2016 che il primo treno è arrivato in Iran dalla Cina via Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan. Questa rotta tra Yiwu e Teheran sarebbe stata di 30 giorni più breve rispetto alla navigazione tra Shanghai e Bandar Abbas. Tuttavia, non era ancora così diretta come la potenziale convergenza delle ferrovie KH e CKU in Uzbekistan e/o una più moderna ferrovia iraniana-turkmena che si collegava con la CKU in quel paese doppiamente senza sbocco sul mare.

Anche in assenza di una linea ferroviaria modernizzata che colleghi l’Iran all’Uzbekistan attraverso l’Afghanistan e/o il Turkmenistan, il terzo sviluppo pertinente da toccare in questa analisi suggerisce che tutto accelererà comunque. Più o meno nello stesso periodo in cui la costruzione pianificata della CKU per il prossimo anno è stata annunciata all’inizio di questo mese, è stato anche riferito che il Turkmenistan ha accettato di semplificare il transito di merci iraniana e uzbeka attraverso il suo territorio. Ciò ha preceduto in modo importante la visita del nuovo presidente turkmeno in Iran questa settimana, durante la quale hanno firmato nove documenti di cooperazione.

La cosa così importante dei lenti ma costanti progressi compiuti sul CAC tra Cina e Iran, che si basa su alcune parti del MC, è che serve a scopi più strategici del semplice collegamento tra queste due grandi potenze multipolari. Non solo fornisce alle Repubbliche dell’Asia centrale (CAR) uno sbocco verso l’oceano globale attraverso l’Iran, ma può anche essere impiegato simultaneamente dall’India come parte del ramo orientale del suo corridoio di trasporto nord-sud (NSTC) con l’Iran per accedere a quei paesi senza sbocco sul mare.

L’Iran si sta quindi posizionando al centro dei processi di integrazione multidirezionale dell’Eurasia rispetto a Cina, India e Asia centrale. Il CAC, in qualunque forma assuma alla fine, lo collegherà più strettamente con la Cina e le CAR, servendo anche a consentire all’India di integrare questa infrastruttura nella filiale orientale dell’NSTC. A un livello più ampio, può anche collocare la Repubblica islamica nel mezzo degli scambi Cina-UE nel caso in cui il CAC si espanda attraverso la Turchia in rotta verso quel blocco, nonché il commercio tra le RCA da un lato e l’Africa e l’Asia occidentale da un lato l’altro.

La grande tendenza strategica è che l’Iran si sta riorientando verso est in linea con il resto del mondo mentre tutti gli attori chiave nella transizione sistemica globale verso il multipolarismo iniziano a concentrarsi maggiormente sull’Asia. Questa traiettoria parla della saggezza della sua leadership per aver giustamente dato la priorità a questo aspetto della sua politica eurasiatica rispetto ad altri in questo momento cruciale nelle relazioni internazionali. Ci vorrà sicuramente del tempo per concretizzarsi e potrebbero esserci alcuni colpi di scena inaspettati lungo la strada, ma nel complesso, gli osservatori dovrebbero essere ottimisti sulle prospettive a lungo termine della nuova grande direzione strategica dell’Iran.

Una strategia per i modelli di alleanza_Di Bruce Jones

Si pensa di raccogliere i cocci o almeno una parte di essi provocati dall’illusione dell’avvento di un’era unipolare. Le idee appaiono tante, però generiche e confuse. Seguiremo gli sviluppi. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Imparare a convivere con paesi che si rifiutano di schierarsi con l’Ucraina

Capi, plenipotenziari e luogotenenti, a cura di Giuseppe Germinario

La chiosa all’intervento di Putin, tradotto in calce, inizia con la dichiarazione inquietante, parte di una intervista al Corriere della Sera del 18 giugno, di un certo Pavlo Klimkin, già  oscuro Ministro del Governo Poroshenko e ambasciatore ucraino in Germania, nonché negoziatore degli accordi di Minsk: «Non voglio spaventare nessuno, ma sento che si avvicina il momento in cui le emozioni della guerra traboccheranno anche all’estero. Nel vostro Paese, ad esempio, ci sono migliaia di ucraini e anche di russi. Temo che ci saranno conflitti, personali e non. Succederà. È meglio prepararsi». Affermazioni invece che devono essere colte nel loro significato allusivo e “spaventare”. Potrebbe sembrare una delle tante rodomontate cui ci hanno abituato i dirigenti ucraini, se non fosse per i riscontri sempre più frequenti nella vita reale. 

Risse e minacce ai meno entusiasti del sostegno al regime ucraino e ai russi residenti in Italia; una sicumera tale che gli aiuti e i sostegni diventano pretese gratuite. Del resto gli ucraini sono stati eletti dalla nostra commissaria i nuovi templari a difesa della Unione Europea e della democrazia; qualche obolo bisognerà pure riconoscere al merito. Solo che questo obolo arriva a costare ormai 5 miliardi di euri al mese solo per mantenere una nazione in guerra e costerà oltre 600 miliardi di euri per una ricostruzione a spese dell’Europa, ma determinata dalle politiche provocatorie ed avventuriste statunitensi. Le prime reazioni della gente alla sicumera imperante cominciano ad affiorare con gli sfratti di nuclei ucraini ospitati da famiglie inglesi e francesi con scarsa riconoscenza e cura degli occupanti, diciamo così, delle suppellettili; con l’improvvisa cancellazione del Governo Polacco di quasi ogni forma di sostegno assistenziale ai rifugiati. Onde prevenire le scontate ed indignate, pelose critiche di razzismo, non si tratta di accusare certo la genìa di un popolo, quanto di stigmatizzare la politica “compassionevole” di accettazione a buon mercato fatta di concessioni agevolate ed approssimative di cittadinanza (vedi circolari del Ministero degli Interni), di promozioni gratuite a scuola (disposizioni del Ministero della Istruzione) e quant’altro tende a creare un atteggiamento di pretese piuttosto che di integrazione in una comunità civile. Gli Stati Uniti, la UE e gli stati europei non stanno sostenendo il popolo ucraino; stanno puntellando un regime nemico di quel popolo, apertamente nei confronti di una parte, in maniera subdola verso l’altra; tale compagine é disposta a sacrificare sino alla morte la propria gente per interessi prosaici inseriti in una economia di guerra e perché preda di un nazionalismo astratto e fanatico che per reggersi deve consegnarsi mani e piedi allo straniero. Sono dinamiche già viste in questi ultimi due secoli in quell’area e in quel vasto campionario di repubbliche delle banane conosciuto in America Latina e in Africa. Dinamiche che ridurranno il popolo ucraino superstite a diventare plebe e riserva di mercenari buoni a tutti gli usi dentro e fuori il loro paese, in un contesto europeo in cui le bande più o meno organizzate proliferano già nelle periferie; ucraini senza nemmeno la effettiva disponibilità della loro terra e delle poche competenze tecnologiche mantenute ed acquisite nella terra di nessuno delle biotecnologie, dell’informatica e degli armamenti. Simili dichiarazioni non devono passare sotto silenzio. Mettono in piena luce la imperterrita coerenza del nostro Presidente del Consiglio, nonché plenipotenziario, nonché secondino e segugio dei possibili trasgressori europei ai dictat della componente più oltranzista dei decisori statunitensi. Altrettanto ostinato e ligio come Zelenski, ma molto meno convincente nella recitazione. Altrettanto disposto a dissestare e sconvolgere il paese che governa, non solo in occasione del conflitto ucraino, ma sempre meno credibile nella capacità di ammantare il disastro e il suicidio con l’aura di valori e principi inossidabili e inoppugnabili. Dotato però di una visione più ampia; ancora più disposto di Zelenski ad estendere la logica della geopolitica ucraina ai paesi dei Balcani, con la spinta alla loro inclusione accelerata nella UE. Un modo per introdurre ulteriori situazioni di conflitto civile all’interno della istituzione europea e per ridurre ulteriormente la UE ad appendice e clone della NATO. Sarà forse l’età e il peso degli antefatti, la scontata ripetitività di un uomo che ha iniziato quarant’anni fa la propria brillante carriera partecipando a pieno titolo alla liquidazione del patrimonio industriale e finanziario del proprio paese e conta di concludere il proprio percorso di “statista” chiudendo definitivamente il ciclo con il totale e supino asservimento politico e degrado socio-economico. I nostri ventriloqui della “stampa e comunicazione” non vogliono capire o fingono di non capire che non è il nostro paese ad acquisire lustro e prestigio da Mario Draghi, ma è la sua figura esclusiva di plenipotenziario a farlo emergere nell’agone europeo. Ragion per cui, se qualche cambiamento ci sarà, sarà dovuto all’aspro confronto interno negli Stati Uniti. Mario Draghi prima se ne andrà, meglio sarà. E con lui la coorte di ministri, improbabili nella gran parte, di cui amava pavoneggiarsi, almeno sino a poco tempo fa. Certamente non gli mancherà, a missione conclusa, l’ennesimo riconoscimento di una giusta mercede. Lo ha ribadito del resto lui stesso più volte che non ha bisogno di mecenati italici per garantirsi un futuro dorato. L’importante è che, quantomeno, senza che ne arrivi uno peggiore, se ne vada nel silenzio sprezzante piuttosto che con gli allori e con l’aura del salvatore della patria. Un concetto del resto estraneo al suo bagaglio e che fatica addirittura ad esprimere con appropriatezza, tanto è distante dalla sua forma mentis.

Non mancherà certo qualche solerte alta istituzione pronta a conferire onorificenze nemmeno richieste. L’importante che si arrivi quantomeno ad evidenziare la solitudine del potere, “il re nudo”.

Intanto godetevi l’intervento di Putin, sperando che la sua lettura rafforzi la convinzione di dover uscire fuori, prima che sia troppo tardi, dal cappio, dal pantano e dalla tragedia in cui ci stiamo e ci stanno infilando. Ci sarà tempo per commentare il resto. Buona lettura, Giuseppe Germinario

 

Sessione plenaria del Forum economico internazionale di San Pietroburgo

Il Presidente ha partecipato alla sessione plenaria del 25° Forum economico internazionale di San Pietroburgo.

17:40
San Pietroburgo

Alla sessione ha preso parte anche il Presidente della Repubblica del Kazakistan Kassym-Jomart Tokayev . Il presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping e il presidente della Repubblica araba d’Egitto Abdel Fattah el-Sisi sono intervenuti alla sessione in videoconferenza.

Il tema di quest’anno è Nuove opportunità in un nuovo mondo.

* * *

La moderatrice della sessione plenaria Margarita Simonyan: Buon pomeriggio, o quasi sera.

Come forse saprai, abbiamo avuto un piccolo problema tecnico. Per fortuna, è stato risolto rapidamente. Siamo grati a coloro che hanno risolto questo problema.

Ringraziamo anche il pubblico.

Siamo grati al nostro leader, il presidente Vladimir Putin, per aver tradizionalmente inserito questo forum nel suo programma in modo che possa parlarci delle prospettive economiche e di altri piani.

Siamo grati al presidente Kassym-Jomart Tokayev per aver partecipato al nostro forum. Sappiamo che non è una cosa facile da fare. Grazie per supportare il nostro forum e il nostro paese. Lo apprezziamo davvero.

Avremo molte domande oggi. Alcuni potrebbero non piacerti e potrei non essere felice di chiederne alcuni. Saremmo molto più felici di parlare solo di cose buone, ma questo è impossibile oggi.

Signor Presidente, vorrei chiederle di prendere posizione e di dirci cosa c’è in serbo per tutti noi. Grazie.

Presidente della Russia Vladimir Putin: Grazie mille. Presidente Tokayev, amici e colleghi,

Saluto tutti i partecipanti e gli ospiti del 25° Forum economico internazionale di San Pietroburgo.

Si svolge in un momento difficile per la comunità internazionale in cui l’economia, i mercati e gli stessi principi del sistema economico globale hanno subito un duro colpo. Molte catene commerciali, industriali e logistiche, dislocate dalla pandemia, sono state sottoposte a nuovi test. Inoltre, nozioni aziendali fondamentali come la reputazione aziendale, l’inviolabilità della proprietà e la fiducia nelle valute globali sono state gravemente danneggiate. Purtroppo, sono stati indeboliti dai nostri partner occidentali, che lo hanno fatto deliberatamente, per il bene delle loro ambizioni e al fine di preservare obsolete illusioni geopolitiche.

Oggi, la nostra – quando dico “nostra”, intendo la leadership russa – la nostra visione della situazione economica globale. Vorrei parlare in modo più approfondito delle azioni che la Russia sta intraprendendo in queste condizioni e di come intende svilupparsi in queste circostanze che cambiano dinamicamente.

Quando ho parlato al Forum di Davos un anno e mezzo fa, ho anche sottolineato che l’era di un ordine mondiale unipolare è giunta al termine. Voglio iniziare con questo, perché non c’è modo di aggirarlo. Questa era è finita nonostante tutti i tentativi di mantenerla e preservarla a tutti i costi. Il cambiamento è un processo naturale della storia, poiché è difficile conciliare la diversità delle civiltà e la ricchezza delle culture del pianeta con stereotipi politici, economici o di altro tipo: qui non funzionano, sono imposti da un centro in modo approssimativo e maniera senza compromessi.

Il difetto è nel concetto stesso, poiché il concetto afferma che esiste un potere, sebbene forte, con una cerchia ristretta di stretti alleati o, come si suol dire, paesi con accesso garantito e tutte le pratiche commerciali e le relazioni internazionali, quando è convenienti, sono interpretati esclusivamente nell’interesse di questo potere. Essenzialmente funzionano in una direzione in un gioco a somma zero. Un mondo costruito su una dottrina di questo tipo è decisamente instabile.

Dopo aver dichiarato la vittoria nella Guerra Fredda, gli Stati Uniti si proclamarono messaggeri di Dio sulla Terra, senza alcun obbligo e solo interessi dichiarati sacri. Sembrano ignorare il fatto che negli ultimi decenni si sono formati nuovi centri potenti e sempre più assertivi. Ciascuno di essi sviluppa il proprio sistema politico e le proprie istituzioni pubbliche secondo il proprio modello di crescita economica e, naturalmente, ha il diritto di proteggerli e di assicurare la sovranità nazionale.

Si tratta di processi oggettivi e di vere e proprie trasformazioni tettoniche rivoluzionarie nella geopolitica, nell’economia globale e nella tecnologia, nell’intero sistema delle relazioni internazionali, dove il ruolo di paesi e regioni dinamici e potenzialmente forti è in sostanziale crescita. Non è più possibile ignorare i loro interessi.

Per ribadire, questi cambiamenti sono fondamentali, rivoluzionari e rigorosi. Sarebbe un errore presumere che in un momento di cambiamento turbolento, si possa semplicemente lasciar perdere o aspettare che tutto ritorni in carreggiata e diventi quello che era prima. Non lo farà.

Tuttavia, l’élite dominante di alcuni stati occidentali sembra nutrire questo tipo di illusioni. Si rifiutano di notare le cose ovvie, aggrappandosi ostinatamente alle ombre del passato. Ad esempio, sembrano credere che il predominio dell’Occidente nella politica e nell’economia globali sia un valore immutabile ed eterno. Niente dura per sempre.

I nostri colleghi non stanno solo negando la realtà. Più di quello; stanno cercando di invertire il corso della storia. Sembrano pensare nei termini del secolo scorso. Sono ancora influenzati dalle proprie idee sbagliate sui paesi al di fuori del cosiddetto “miliardo d’oro”: considerano tutto un ristagno, o il loro cortile. Li trattano ancora come colonie, e le persone che ci vivono, come persone di seconda classe, perché si considerano eccezionali. Se sono eccezionali, significa che tutti gli altri sono di seconda categoria.

In tal modo, l’irrefrenabile urgenza di punire, di schiacciare economicamente chiunque non si adatti al mainstream, non vuole obbedire ciecamente. Inoltre, impongono crudamente e spudoratamente la loro etica, le loro opinioni sulla cultura e le idee sulla storia, a volte mettendo in discussione la sovranità e l’integrità degli stati e minacciando la loro stessa esistenza. Basti ricordare cosa è successo in Jugoslavia, Siria, Libia e Iraq.

Se uno stato “ribelle” non può essere soppresso o pacificato, cercano di isolare quello stato, o “cancellarlo”, per usare il loro termine moderno. Tutto va bene, anche lo sport, le Olimpiadi, i divieti di cultura e capolavori d’arte solo perché i loro creatori vengono dal Paese “sbagliato”.

Questa è la natura dell’attuale ciclo di russofobia in Occidente e delle folli sanzioni contro la Russia. Sono pazzi e, direi, sconsiderati. Non hanno precedenti nel numero di essi o nel ritmo con cui l’Occidente li sforna.

L’idea era chiara come il giorno: si aspettavano di schiacciare improvvisamente e violentemente l’economia russa, di colpire l’industria, la finanza e il tenore di vita delle persone della Russia distruggendo catene commerciali, richiamando con la forza le società occidentali dal mercato russo e congelando i beni russi.

Questo non ha funzionato. Ovviamente, non ha funzionato; non è successo. Gli imprenditori e le autorità russe hanno agito in modo raccolto e professionale e i russi hanno mostrato solidarietà e responsabilità.

Passo dopo passo, normalizzeremo la situazione economica. Abbiamo stabilizzato i mercati finanziari, il sistema bancario e la rete commerciale. Ora siamo impegnati a saturare l’economia con liquidità e capitale circolante per mantenere il funzionamento stabile di imprese e aziende, occupazione e posti di lavoro.

Le terribili previsioni per le prospettive dell’economia russa, che erano state fatte all’inizio della primavera, non si sono concretizzate. È chiaro perché questa campagna di propaganda è stata alimentata e sono state fatte tutte le previsioni del dollaro a 200 rubli e il crollo della nostra economia. Questo era e rimane uno strumento in una lotta per l’informazione e un fattore di influenza psicologica sulla società russa e sui circoli economici interni.

Per inciso, alcuni dei nostri analisti hanno ceduto a questa pressione esterna e hanno basato le loro previsioni sull’inevitabile crollo dell’economia russa e su un critico indebolimento della valuta nazionale, il rublo.

La vita reale ha smentito queste previsioni. Tuttavia, vorrei sottolineare che per continuare ad avere successo, dobbiamo essere esplicitamente onesti e realistici nel valutare la situazione, essere indipendenti nel giungere a conclusioni e, naturalmente, avere uno spirito positivo, il che è molto importante. Siamo persone forti e possiamo affrontare qualsiasi sfida. Come i nostri predecessori, possiamo risolvere qualsiasi compito. L’intera storia millenaria del nostro Paese lo conferma.

In soli tre mesi dall’imponente pacchetto di sanzioni, abbiamo soppresso i picchi dei tassi di inflazione. Come sapete, dopo aver raggiunto il picco del 17,8 per cento, l’inflazione ora si attesta al 16,7 per cento e continua a scendere. Questa dinamica economica si sta stabilizzando e le finanze statali sono ora sostenibili. Confronterò questo con altre regioni più avanti. Sì, anche questa cifra è troppo per noi: il 16,7 percento è un’inflazione elevata. Dobbiamo e lavoreremo su questo e, ne sono certo, otterremo un risultato positivo.

Dopo i primi cinque mesi di quest’anno, il bilancio federale ha un avanzo di 1,5 trilioni di rubli e il bilancio consolidato – un avanzo di 3,3 trilioni di rubli. Solo a maggio, l’eccedenza del bilancio federale ha raggiunto quasi mezzo trilione di rubli, superando di oltre quattro volte la cifra di maggio 2021.

Oggi, il nostro compito è creare le condizioni per costruire la produzione e aumentare l’offerta nel mercato interno, nonché ripristinare la domanda e il finanziamento bancario nell’economia in proporzione alla crescita dell’offerta.

Ho accennato al fatto che abbiamo adottato misure per ristabilire le attività fluttuanti delle società. Nella maggior parte dei settori, le imprese hanno ricevuto il diritto di sospendere i premi assicurativi per il secondo trimestre dell’anno. Le aziende industriali hanno ancora più opportunità: potranno ritardarle anche nel terzo trimestre. In effetti, questo è come ottenere un prestito senza interessi dallo stato.

In futuro, le aziende non dovranno pagare i premi assicurativi ritardati in un unico pagamento. Potranno pagarli in rate uguali in 12 mesi, a partire da giugno del prossimo anno.

Prossimo. Da maggio il tasso del mutuo agevolato è stato ridotto. Ora è del 9 per cento, mentre il programma è stato prorogato fino alla fine dell’anno. Come ho già detto, il programma mira ad aiutare i russi a migliorare la loro situazione abitativa, sostenendo nel contempo l’industria dell’edilizia domestica e le industrie correlate che danno lavoro a milioni di persone.

Dopo il picco di questa primavera, i tassi di interesse sono gradualmente scesi, poiché la Banca centrale ha abbassato il tasso di riferimento. Credo che ciò consenta di ridurre ulteriormente al 7 per cento il tasso del mutuo agevolato.

Cosa è importante qui? Il programma durerà fino alla fine dell’anno senza modifiche. Significa che i nostri concittadini russi che cercano di migliorare le loro condizioni di vita dovrebbero approfittare del sussidio entro la fine dell’anno.

Anche il limite di prestito non cambierà, a 12 milioni di rubli per Mosca e San Pietroburgo e 6 milioni per il resto della Russia.

Vorrei aggiungere che dobbiamo rendere più accessibili i prestiti a lungo termine alle imprese. L’attenzione deve spostarsi dai sussidi di bilancio per le imprese ai prestiti bancari come mezzo per stimolare l’attività imprenditoriale.

Abbiamo bisogno di supportare questo. Assegneremo 120 miliardi di rubli dal National Wealth Fund per aumentare la capacità della VEB Project Financing Factory. Ciò fornirà prestiti aggiuntivi per iniziative e progetti tanto necessari per un valore di circa mezzo trilione di rubli.

Colleghi,

Ancora una volta, la guerra lampo economica contro la Russia era destinata a fallire fin dall’inizio. Le sanzioni come arma si sono rivelate negli ultimi anni un’arma a doppio taglio, danneggiando i loro sostenitori e architetti solo molto, se non di più.

Non sto parlando delle ripercussioni che vediamo chiaramente oggi. Sappiamo che i leader europei in modo informale, per così dire, di nascosto, discutono della possibilità molto preoccupante che le sanzioni vengano comminate non alla Russia, ma a qualsiasi nazione indesiderabile e, in definitiva, a chiunque, comprese l’UE e le società europee.

Finora non è così, ma i politici europei hanno già assestato un duro colpo alle loro economie da soli. Vediamo che i problemi sociali ed economici peggiorano in Europa, e anche negli Stati Uniti, i prezzi di cibo, elettricità e carburante aumentano, con la qualità della vita in Europa in calo e le aziende che perdono il loro vantaggio sul mercato.

Secondo gli esperti, le perdite dirette e calcolabili dell’UE dovute alla febbre delle sanzioni potrebbero superare i 400 miliardi di dollari quest’anno. Questo è il prezzo delle decisioni che sono lontane dalla realtà e contraddicono il buon senso.

Queste spese ricadono direttamente sulle spalle delle persone e delle aziende nell’UE. Il tasso di inflazione in alcuni paesi dell’Eurozona ha superato il 20%. Ho menzionato l’inflazione in Russia, ma i paesi dell’Eurozona non stanno conducendo operazioni militari speciali, eppure il tasso di inflazione in alcuni di essi ha raggiunto il 20%. Anche l’inflazione negli Stati Uniti è inaccettabile, la più alta degli ultimi 40 anni.

Naturalmente, anche l’inflazione in Russia è finora a doppia cifra. Tuttavia, abbiamo adeguato le prestazioni sociali e le pensioni all’inflazione e aumentato i salari minimi e di sussistenza, proteggendo così i gruppi più vulnerabili della popolazione. Allo stesso tempo, gli alti tassi di interesse hanno aiutato le persone a mantenere i propri risparmi nel sistema bancario russo.

Gli uomini d’affari sanno, ovviamente, che un tasso chiave elevato rallenta chiaramente lo sviluppo economico. Ma nella maggior parte dei casi è un vantaggio per le persone. Hanno reinvestito una notevole quantità di denaro nelle banche a causa dei tassi di interesse più elevati.

Questa è la nostra principale differenza rispetto ai paesi dell’UE, dove l’aumento dell’inflazione sta riducendo direttamente i redditi reali delle persone e divorando i loro risparmi, e le attuali manifestazioni della crisi colpiscono soprattutto i gruppi a basso reddito.

Le crescenti spese delle società europee e la perdita del mercato russo avranno effetti negativi duraturi. L’ovvio risultato di ciò sarà la perdita di competitività globale e un calo a livello di sistema del ritmo di crescita delle economie europee negli anni a venire.

Nel complesso, ciò aggraverà i problemi profondi delle società europee. Sì, abbiamo anche molti problemi, ma ora devo parlare dell’Europa perché puntano il dito contro di noi anche se hanno già abbastanza dei loro problemi. Ne ho parlato a Davos. Un risultato diretto delle azioni e degli eventi dei politici europei quest’anno sarà l’ulteriore crescita della disuguaglianza in questi paesi, che, a sua volta, dividerà ancora di più le loro società, e il punto in questione non è solo il benessere, ma anche l’orientamento al valore dei vari gruppi in queste società.

In effetti, queste differenze vengono soppresse e spazzate via sotto il tappeto. Francamente, le procedure democratiche e le elezioni in Europa e le forze che salgono al potere sembrano un fronte, perché partiti politici quasi identici vanno e vengono, mentre in fondo le cose rimangono le stesse. I reali interessi delle persone e delle imprese nazionali vengono spinti sempre più alla periferia.

Tale disconnessione dalla realtà e dalle esigenze della società porterà inevitabilmente a un’ondata di populismo e movimenti estremisti e radicali, a grandi cambiamenti socioeconomici, al degrado ea un cambiamento delle élite nel breve termine. Come puoi vedere, le feste tradizionali perdono sempre. Nuove entità stanno venendo a galla, ma hanno poche possibilità di sopravvivenza se non sono molto diverse da quelle esistenti.

I tentativi di mantenere le apparenze e le chiacchiere sui presunti costi accettabili in nome della pseudo-unità non possono nascondere la cosa principale: l’Unione Europea ha perso la sua sovranità politica, e le sue élite burocratiche stanno ballando al ritmo di qualcun altro, facendo di tutto raccontato dall’alto e danneggiando la propria gente, le economie e le imprese.

Ci sono altre questioni di fondamentale importanza qui. Il peggioramento della situazione economica mondiale non è uno sviluppo recente. Ora esaminerò le cose che ritengo estremamente importanti. Quello che sta succedendo ora non deriva da quello che è successo in questi mesi, ovviamente no. Inoltre, non è il risultato dell’operazione militare speciale condotta dalla Russia nel Donbass. Dirlo è una distorsione deliberata e non nascosta dei fatti.

L’aumento dell’inflazione nei mercati dei prodotti e delle materie prime era diventato un dato di fatto molto prima degli eventi di quest’anno. Il mondo è stato trascinato in questa situazione, a poco a poco, da molti anni di politiche macroeconomiche irresponsabili perseguite dai paesi del G7, comprese l’emissione incontrollata e l’accumulo di debito non garantito. Questi processi si sono intensificati con l’inizio della pandemia di coronavirus nel 2020, quando l’offerta e la domanda di beni e servizi sono diminuite drasticamente su scala globale.

Questo fa sorgere la domanda: cosa c’entra la nostra operazione militare nel Donbass con questo? Niente di niente.

Poiché non potevano o non volevano escogitare altre ricette, i governi delle principali economie occidentali hanno semplicemente accelerato le loro macchine per la stampa di denaro. Un modo così semplice per compensare deficit di bilancio senza precedenti.

Ho già citato questa cifra: negli ultimi due anni, l’offerta di moneta negli Stati Uniti è cresciuta di oltre il 38 per cento. In precedenza, un aumento simile richiedeva decenni, ma ora è cresciuto del 38 percento o 5,9 trilioni di dollari in due anni. In confronto, solo pochi paesi hanno un prodotto interno lordo maggiore.

Anche l’offerta di moneta dell’UE è aumentata notevolmente in questo periodo. È cresciuto di circa il 20 percento, ovvero 2,5 trilioni di euro.

Ultimamente ho sentito parlare sempre di più dei cosiddetti – mi scusi, non mi piacerebbe davvero farlo qui, nemmeno menzionare il mio nome a questo proposito, ma non posso farne a meno – tutti sentiamo parlare di così -chiamata ‘inflazione Putin’ in Occidente. Quando vedo questo, mi chiedo chi si aspettano comprerebbe queste sciocchezze – persone che non sanno leggere o scrivere, forse. Chiunque sia abbastanza alfabetizzato da leggere capirebbe cosa sta realmente accadendo.

Russia, le nostre azioni per liberare il Donbass non hanno assolutamente nulla a che fare con questo. L’aumento dei prezzi, l’accelerazione dell’inflazione, la carenza di cibo e carburante, benzina e problemi nel settore energetico sono il risultato di errori a livello di sistema che l’attuale amministrazione statunitense e la burocrazia europea hanno commesso nelle loro politiche economiche. Ecco dove sono le ragioni, e solo lì.

Citerò anche la nostra operazione: sì, potrebbe aver contribuito alla tendenza, ma la causa principale è proprio questa: le loro politiche economiche errate. In effetti, l’operazione che abbiamo lanciato nel Donbass è un’ancora di salvezza a cui stanno afferrando per poter incolpare i propri errori di calcolo sugli altri, in questo caso, sulla Russia. Ma chiunque abbia almeno completato la scuola primaria capirebbe le vere ragioni della situazione odierna.

Quindi, hanno stampato più soldi, e poi? Dove sono finiti tutti i soldi? È stato ovviamente utilizzato per pagare beni e servizi al di fuori dei paesi occidentali: è qui che scorreva il denaro appena stampato. Hanno letteralmente iniziato a ripulire, a spazzare via i mercati globali. Naturalmente nessuno ha pensato agli interessi degli altri Stati, compresi quelli più poveri. Sono rimasti con gli scarti, come si suol dire, e anche quello a prezzi esorbitanti.

Se a fine 2019 le importazioni di merci verso gli Stati Uniti ammontavano a circa 250 miliardi di dollari al mese, ora sono cresciute a 350 miliardi. È interessante notare che la crescita è stata del 40 per cento, esattamente in proporzione all’offerta di moneta non garantita stampata negli ultimi anni. Stampavano e distribuivano denaro e lo usavano per spazzare via le merci dai mercati di paesi terzi.

Questo è quello che vorrei aggiungere. Per molto tempo, gli Stati Uniti sono stati un grande fornitore di cibo nel mercato mondiale. Era orgoglioso, ea ragione, delle sue conquiste, della sua agricoltura e delle sue tradizioni contadine. A proposito, questo è un esempio anche per molti di noi. Ma oggi il ruolo dell’America è cambiato drasticamente. Si è trasformata da esportatore netto di cibo in importatore netto. In parole povere, sta stampando denaro e attirando flussi di merci, acquistando prodotti alimentari in tutto il mondo.

L’Unione europea sta accumulando importazioni ancora più velocemente. Ovviamente, un così forte aumento della domanda che non è coperta dall’offerta di beni ha innescato un’ondata di carenze e inflazione globale. È qui che ha origine questa inflazione globale. Negli ultimi due anni, praticamente tutto – materie prime, beni di consumo e in particolare prodotti alimentari – è diventato più costoso in tutto il mondo.

Sì, certo, questi paesi, compresi gli Stati Uniti, continuano a importare merci, ma l’equilibrio tra esportazioni e importazioni è stato invertito. Credo che le importazioni superino le esportazioni di circa 17 miliardi. Questo è l’intero problema.

Secondo le Nazioni Unite, nel febbraio 2022 l’indice dei prezzi dei generi alimentari era del 50% più alto rispetto a maggio 2020, mentre l’indice delle materie prime composite è raddoppiato in questo periodo.

Sotto la nuvola dell’inflazione, molti paesi in via di sviluppo si pongono una buona domanda: perché scambiare beni con dollari ed euro che stanno perdendo valore proprio davanti ai nostri occhi? La conclusione si suggerisce: l’economia delle entità mitiche viene inevitabilmente sostituita dall’economia dei valori reali e dei beni.

Secondo il FMI, le riserve valutarie globali sono ora a 7,1 trilioni di dollari e 2,5 trilioni di euro. Tali riserve sono svalutate ad un tasso annuo di circa l’8 per cento. Inoltre, possono essere confiscati o rubati in qualsiasi momento se agli Stati Uniti non piace qualcosa nella politica degli stati coinvolti. Penso che questa sia diventata una minaccia molto reale per molti paesi che mantengono le loro riserve di oro e valuta estera in queste valute.

Secondo le stime degli analisti, e questa è un’analisi oggettiva, inizierà una conversione delle riserve globali proprio perché non c’è spazio per esse con tali carenze. Saranno convertiti dall’indebolimento delle valute in risorse reali come cibo, materie prime energetiche e altre materie prime. Altri paesi lo faranno, ovviamente. Ovviamente, questo processo alimenterà ulteriormente l’inflazione globale del dollaro.

Per quanto riguarda l’Europa, la loro politica energetica fallita, puntando ciecamente tutto sulle energie rinnovabili e sulle forniture spot di gas naturale, che hanno causato aumenti dei prezzi dell’energia dal terzo trimestre dello scorso anno – ancora, molto prima dell’operazione nel Donbass – hanno anche esacerbato gli aumenti dei prezzi. Non abbiamo assolutamente nulla a che fare con questo. È stato a causa delle loro stesse azioni che i prezzi sono saliti alle stelle, e ora stanno ancora una volta cercando qualcuno da incolpare.

Gli errori di calcolo dell’Occidente non solo hanno influito sul costo netto di beni e servizi, ma hanno anche comportato una diminuzione della produzione di fertilizzanti, principalmente fertilizzanti azotati derivati ​​dal gas naturale. Nel complesso, i prezzi globali dei fertilizzanti sono aumentati di oltre il 70% da metà 2021 a febbraio 2022.

Sfortunatamente, al momento non ci sono condizioni che possano superare queste tendenze di prezzo. Al contrario, aggravata dagli ostacoli all’attività dei produttori di fertilizzanti russi e bielorussi e dall’interruzione della logistica di approvvigionamento, questa situazione si sta avvicinando a un punto morto.

Non è difficile prevedere sviluppi futuri. Una carenza di fertilizzanti significa un raccolto inferiore e un rischio maggiore di un mercato alimentare globale sottofornito. I prezzi saliranno ancora, il che potrebbe portare alla fame nei paesi più poveri. E sarà pienamente sulla coscienza dell’amministrazione statunitense e della burocrazia europea.

Voglio sottolineare ancora una volta: questo problema non si è presentato oggi né negli ultimi tre o quattro mesi. E di certo non è colpa della Russia, come cercano di affermare alcuni demagoghi, spostando sul nostro Paese la responsabilità dell’attuale stato di cose dell’economia mondiale.

Forse sarebbe anche bello sentire che siamo così potenti e onnipotenti da poter far esplodere l’inflazione in Occidente, negli Stati Uniti e in Europa, o che possiamo fare cose per gettare tutto nel disordine. Forse sarebbe bello sentire questo potere, se solo ci fosse della verità in esso. Questa situazione si sta preparando da anni, stimolata dalle azioni miopi di coloro che sono abituati a risolvere i propri problemi a spese di qualcun altro e che hanno fatto affidamento e fanno ancora affidamento sul meccanismo dell’emissione finanziaria per superare le offerte e attirare flussi commerciali, aumentando così deficit e provocando disastri umanitari in alcune regioni del mondo. Aggiungerò che questa è essenzialmente la stessa politica coloniale predatoria del passato, ma ovviamente in una nuova iterazione, un’edizione più sottile e sofisticata. All’inizio potresti anche non riconoscerlo.

L’attuale priorità della comunità internazionale è aumentare le consegne di cibo al mercato globale, in particolare per soddisfare le esigenze dei paesi che hanno più bisogno di cibo.

Pur garantendo la sua sicurezza alimentare interna e fornendo il mercato interno, la Russia è anche in grado di aumentare le sue esportazioni di cibo e fertilizzanti. Ad esempio, le nostre esportazioni di grano nella prossima stagione possono essere aumentate a 50 milioni di tonnellate.

Forniremo in via prioritaria i Paesi che più hanno bisogno di cibo, dove potrebbe aumentare il numero di persone che muoiono di fame, in primis i Paesi africani e il Medio Oriente.

Allo stesso tempo, ci saranno problemi lì, e non per colpa nostra. Sì, sulla carta grano, cibo e fertilizzanti russi… Per inciso, gli americani hanno adottato sanzioni sui nostri fertilizzanti e gli europei hanno seguito l’esempio. Più tardi, gli americani li hanno sollevati perché hanno visto a cosa poteva portare. Ma gli europei non si sono tirati indietro. La loro burocrazia è lenta come un mulino nel 18° secolo. In altre parole, tutti sanno che hanno fatto una cosa stupida, ma fanno fatica a tornare sui propri passi per motivi burocratici.

Come ho detto, la Russia è pronta a contribuire all’equilibrio dei mercati globali dei prodotti agricoli e vediamo che i nostri colleghi delle Nazioni Unite, consapevoli della portata del problema alimentare globale, sono pronti al dialogo. Potremmo parlare di creare normali condizioni logistiche, finanziarie e di trasporto per aumentare le esportazioni russe di cibo e fertilizzanti.

Per quanto riguarda le forniture alimentari ucraine ai mercati globali – devo menzionarlo a causa di numerose speculazioni – non le stiamo ostacolando. Possono farlo. Non abbiamo estratto i porti ucraini del Mar Nero. Possono ripulire le miniere e riprendere le esportazioni di cibo. Garantiremo la navigazione sicura delle navi civili. Nessun problema.

Ma di cosa stiamo parlando? Secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, la questione riguarda 6 milioni di tonnellate di grano (lo stimiamo in 5 milioni di tonnellate) e 7 milioni di tonnellate di mais. Questo è tutto, del tutto. Poiché la produzione mondiale di grano è di 800 milioni di tonnellate, 5 milioni di tonnellate fanno poca differenza per il mercato globale, come puoi vedere.

In ogni caso, il grano ucraino può essere esportato, e non solo attraverso i porti del Mar Nero. Un’altra rotta è la Bielorussia, che è, per inciso, la via più economica. Oppure via Polonia o Romania, come preferisci. In effetti, ci sono cinque o sei rotte di esportazione.

Il problema non è con noi, il problema è con l’adeguatezza delle persone che controllano a Kiev. Possono decidere cosa fare e, almeno in questo caso particolare, non dovrebbero prendere l’iniziativa dai loro capi stranieri, i loro padroni dall’altra parte dell’oceano.

Ma c’è anche il rischio che il grano venga utilizzato come pagamento per le consegne di armi. Questo sarebbe deplorevole.

Gli amici,

Ancora una volta, il mondo sta attraversando un’era di cambiamenti drastici. Le istituzioni internazionali stanno crollando e vacillando. Le garanzie di sicurezza vengono svalutate. L’Occidente ha deciso di rifiutarsi di onorare i suoi precedenti impegni. È stato semplicemente impossibile raggiungere nuovi accordi con loro.

Date queste circostanze e in un contesto di crescenti rischi e minacce, la Russia è stata costretta a portare avanti l’operazione militare speciale. È stata una decisione difficile ma necessaria e siamo stati costretti a prenderla.

Questa è stata la decisione di un paese sovrano, che ha il diritto incondizionato di difendere la propria sicurezza, che si basa sulla Carta delle Nazioni Unite. Questa decisione mirava a proteggere il nostro popolo e gli abitanti delle repubbliche popolari del Donbass che per otto lunghi anni sono stati oggetto di genocidio da parte del regime di Kiev e dei neonazisti che godevano della piena protezione dell’Occidente.

L’Occidente non solo ha cercato di attuare uno scenario “anti-Russia”, ma si è anche impegnato nello sviluppo militare attivo del territorio ucraino, inondando l’Ucraina di armi e consiglieri militari. E continua a farlo ora. Francamente, nessuno presta attenzione all’economia o al benessere delle persone che vivono lì, semplicemente non se ne preoccupano affatto, ma non hanno mai risparmiato denaro per creare un punto d’appoggio della NATO nell’est diretto contro la Russia e coltivare aggressività, odio e russofobia.

Oggi i nostri soldati e ufficiali, così come la milizia del Donbass, stanno combattendo per proteggere la loro gente. Stanno combattendo per il futuro della Russia come paese multietnico grande, libero e sicuro che prende le proprie decisioni, determina il proprio futuro, fa affidamento sulla sua storia, cultura e tradizioni e rifiuta qualsiasi tentativo esterno di imporre pseudo-valori intrisi di disumanizzazione e degrado morale.

Senza dubbio, i nostri obiettivi delle operazioni militari speciali saranno raggiunti. La chiave di questo è il coraggio e l’eroismo dei nostri soldati, consolidata società russa, il cui sostegno dà forza e fiducia all’esercito e alla marina russi e una profonda comprensione della verità e della giustizia storica della nostra causa che è costruire e rafforzare la Russia come un forte potere sovrano.

Il mio punto è che la sovranità non può essere segmentata o frammentata nel 21 ° secolo. Le componenti della sovranità sono ugualmente importanti e si rinvigoriscono e si completano a vicenda.

Quindi, ciò che conta per noi non è solo la difesa della nostra sovranità politica e della nostra identità nazionale, ma anche il rafforzamento di tutto ciò che determina l’indipendenza economica, finanziaria, professionale e tecnologica del nostro Paese.

La struttura stessa delle sanzioni occidentali si basava sulla falsa premessa che economicamente la Russia non è sovrana ed è criticamente vulnerabile. Si sono talmente lasciati trasportare nel diffondere il mito dell’arretratezza della Russia e delle sue posizioni deboli nell’economia e nel commercio globali che, a quanto pare, hanno iniziato a crederci loro stessi.

Durante la pianificazione del loro blitzkrieg economico, non si sono accorti, hanno semplicemente ignorato i fatti reali di quanto il nostro Paese fosse cambiato negli ultimi anni.

Questi cambiamenti sono il risultato dei nostri sforzi pianificati per creare una struttura macroeconomica sostenibile, garantire la sicurezza alimentare, implementare programmi di sostituzione delle importazioni e creare il nostro sistema di pagamento, solo per citarne alcuni.

Naturalmente, le restrizioni delle sanzioni hanno creato molte sfide per il paese. Alcune aziende continuano ad avere problemi con i pezzi di ricambio. Le nostre aziende hanno perso l’accesso a molte soluzioni tecnologiche. La logistica è allo sbando.

Ma, d’altra parte, tutto questo ci apre nuove opportunità, se ne parla spesso ma è proprio così. Tutto questo è uno slancio per costruire un’economia con pieno e non parziale potenziale tecnologico, produttivo, umano e scientifico e sovranità.

Naturalmente, è impossibile risolvere all’istante una sfida così ampia. È necessario continuare a lavorare sistematicamente con uno sguardo al futuro. Questo è esattamente ciò che la Russia sta facendo attuando i suoi piani a lungo termine per lo sviluppo di rami dell’economia e il rafforzamento della sfera sociale. Le sperimentazioni in corso si limitano ad adeguare e modificare i piani senza cambiarne l’orientamento strategico.

Oggi vorrei parlare dei principi chiave su cui si svilupperà il nostro Paese, la nostra economia.

Il primo principio è l’apertura. Gli stati genuinamente sovrani sono sempre interessati a un partenariato equo ea contribuire allo sviluppo globale. Al contrario, i paesi deboli e dipendenti sono solitamente alla ricerca di nemici, alimentando la xenofobia o perdendo gli ultimi resti della loro identità e indipendenza, seguendo ciecamente la scia del loro sovrano.

La Russia non seguirà mai la strada dell’autoisolamento e dell’autarchia, anche se i nostri cosiddetti amici occidentali lo stanno letteralmente sognando. Inoltre, stiamo ampliando la cooperazione con tutti coloro che ne sono interessati, che vogliono lavorare con noi e continueranno a farlo. Ce ne sono molti. Non li elencherò a questo punto. Costituiscono la stragrande maggioranza delle persone sulla Terra. Non elencherò tutti questi paesi ora. È conoscenza comune.

Non dirò nulla di nuovo quando vi ricordo che tutti coloro che vogliono continuare a lavorare o stanno lavorando con la Russia sono soggetti a palesi pressioni da parte degli Stati Uniti e dell’Europa; arriva fino alle minacce dirette. Tuttavia, questo tipo di ricatto significa poco quando si tratta di paesi guidati da veri leader che conoscono la differenza tra i propri interessi nazionali, gli interessi della propria gente e quelli di qualcun altro.

La Russia rafforzerà la cooperazione economica con questi stati e promuoverà progetti congiunti. Allo stesso tempo, continueremo sicuramente a collaborare con le società occidentali che sono rimaste nel mercato russo nonostante la torsione del braccio senza precedenti: anche tali società esistono.

Riteniamo che lo sviluppo di un’infrastruttura di pagamento conveniente e indipendente nelle valute nazionali sia una base solida e prevedibile per approfondire la cooperazione internazionale. Per aiutare le aziende di altri paesi a sviluppare legami logistici e di cooperazione, stiamo lavorando per migliorare i corridoi di trasporto, aumentare la capacità delle ferrovie, la capacità di trasbordo nei porti dell’Artico e nella parte orientale, meridionale e in altre parti del paese, anche nel Bacini Azov-Mar Nero e Caspio: diventeranno la sezione più importante del corridoio nord-sud, che fornirà una connettività stabile con il Medio Oriente e l’Asia meridionale. Prevediamo che il traffico merci lungo questa rotta comincerà a crescere costantemente nel prossimo futuro.

Ma il commercio estero non è la nostra unica priorità. La Russia intende aumentare la cooperazione scientifica, tecnologica, culturale, umanitaria e sportiva basata sull’uguaglianza e sul rispetto reciproco tra i partner. Allo stesso tempo, il nostro Paese si adopererà per una leadership responsabile in tutte queste aree.

Il secondo principio del nostro sviluppo a lungo termine è la fiducia nella libertà imprenditoriale. Ogni iniziativa privata volta a beneficiare la Russia dovrebbe ricevere il massimo sostegno e spazio per l’attuazione.

La pandemia e gli eventi più recenti hanno confermato l’importanza della flessibilità e della libertà nell’economia. Le imprese private russe – in condizioni difficili, tra i tentativi di frenare il nostro sviluppo con qualsiasi mezzo – hanno dimostrato di poter competere sui mercati globali. Anche le imprese private dovrebbero essere accreditate per l’adattamento della Russia alle condizioni esterne in rapido cambiamento. La Russia deve garantire lo sviluppo dinamico dell’economia, naturalmente, basandosi su affari privati.

Continueremo a ridurre gli ostacoli amministrativi. Ad esempio, nel 2016-2018 abbiamo imposto una moratoria sugli audit di routine delle piccole imprese. Successivamente è stata prorogata fino al 2022. Nel 2020 questa moratoria è stata estesa alle medie imprese. Inoltre, il numero di audit non programmati è diminuito di circa quattro volte.

Non ci siamo fermati a questo e lo scorso marzo abbiamo annullato gli audit di routine per tutti gli imprenditori, indipendentemente dalle dimensioni delle loro attività, a condizione che le loro attività non mettano a rischio le persone o l’ambiente. Di conseguenza, il numero di audit di routine è diminuito di sei volte rispetto allo scorso anno.

Perché sto dando così tanti dettagli? Il punto è che dopo che è stata imposta la moratoria sugli audit, il numero delle violazioni da parte degli imprenditori – questo è stato il risultato – non è aumentato, anzi è diminuito. Ciò testimonia la maturità e la responsabilità delle imprese russe. Naturalmente, dovrebbero essere motivati ​​​​piuttosto che essere costretti a osservare regolamenti e requisiti.

Quindi, ci sono tutte le ragioni per fare un altro passo avanti radicale, ovvero abbandonare, per sempre e su base permanente, la maggior parte degli audit per tutte le imprese russe, ad eccezione di attività rischiose o potenzialmente pericolose. Tutti hanno capito da tempo che non c’era bisogno di controllare tutti senza eccezioni. Dovrebbe essere operativo un approccio orientato al rischio. Chiedo al Governo di sviluppare nei prossimi mesi i parametri specifici di tale riforma.

C’è un altro argomento molto delicato per le imprese, che oggi è diventato importante anche per la nostra sicurezza nazionale e la nostra resilienza economica. Per ridurre e ridurre al minimo ogni tipo di abuso e scappatoia per esercitare pressione sugli imprenditori, stiamo costantemente rimuovendo dal diritto penale le norme non valide che vengono applicate ai reati economici.

Lo scorso marzo è stata firmata una legge in base alla quale le cause penali fiscali contro gli imprenditori devono essere portate davanti a un tribunale solo dal servizio fiscale: non c’è altro modo. Presto sarà approvato un disegno di legge sulla riduzione dei termini di prescrizione per i reati fiscali e sul rigetto delle azioni legali per avviare un procedimento penale dopo che gli arretrati fiscali sono stati pagati.

Lavorando in modo completo, anche se prudente, dobbiamo depenalizzare un’ampia gamma di reati economici, ad esempio quelli che puniscono le imprese prive di licenza o accreditamento. Questa è una pratica controversa oggi perché i nostri partner occidentali si rifiutano illegittimamente di fornire tali licenze.

Le nostre stesse agenzie non devono da sole responsabilizzare penalmente le nostre attività per non aver fatto nulla di male. Il problema è questo, e le piccole imprese lo capiscono molto bene: se una licenza è scaduta e i partner occidentali si rifiutano di estenderla, cosa devono fare le aziende, concludere le operazioni? In nessun caso, lasciarli lavorare. Il controllo statale dovrebbe continuare, ma non dovrebbero esserci indebite interferenze negli affari.

Ha senso anche pensare di innalzare la soglia della responsabilità penale per dazi doganali non pagati e altre tasse simili. Inoltre, non abbiamo riconsiderato per molto tempo i parametri dei termini “grande” e “molto grande” perdita economica ai fini dei reati economici nonostante l’inflazione abbia accumulato il 50 per cento dal 2016. La legge ora non rispecchia le realtà e le esigenze attuali da correggere.

Occorre riconsiderare le condizioni per la detenzione degli imprenditori e per l’estensione delle indagini preliminari. Non è un segreto che queste pratiche siano state a lungo utilizzate in modo inappropriato.

Le aziende sono state costrette a cessare l’attività oa fallire anche prima che le indagini fossero terminate. Ne risente la reputazione dei proprietari e del marchio, senza dimenticare la perdita finanziaria diretta, la perdita di quote di mercato e di posti di lavoro.

Voglio chiedere alle forze dell’ordine di porre fine a queste pratiche. Chiedo inoltre al Governo e alla Corte Suprema di redigere una legislazione adeguata entro il 1° ottobre di quest’anno.

Inoltre, presso il Consiglio di sicurezza, è stata impartita un’istruzione speciale per esaminare le cause penali aperte senza procedere successivamente in tribunale. Il numero di tali casi è cresciuto negli ultimi anni. Conosciamo le ragioni. Un caso viene spesso aperto senza motivi sufficienti o per esercitare pressioni sui singoli. Ne discuteremo in autunno per intraprendere un’azione legislativa e cambiare il modo in cui lavorano le nostre forze dell’ordine.

Inutile dire che i governi regionali svolgono un ruolo importante nella creazione di un ambiente imprenditoriale moderno. Come è consuetudine durante il Forum di San Pietroburgo, sottolineo le regioni che hanno compiuto progressi significativi nelle classifiche nazionali di investimento sul clima compilate dall’Agenzia per le iniziative strategiche.

Ci sono stati cambiamenti nei primi tre. Mosca e Tatarstan sono rimaste al vertice e sono state raggiunte dalla Regione di Mosca che, nell’arco di un anno, è passata dall’ottavo posto alle prime tre. I leader della classifica includono anche le regioni di Tula, Nizhny Novgorod, Tyumen, Novgorod e Sakhalin, San Pietroburgo e Bashkortostan.

Separatamente, vorrei evidenziare le regioni che hanno fatto i progressi maggiori come la Regione di Kurgan, che è salita di 36 posizioni; il Territorio di Perm e il Territorio dell’Altai, in rialzo di 26 posizioni; Inguscezia, fino a 24 punti; e la regione di Ivanovo che è salita di 17 posizioni.

Voglio ringraziare e congratularmi con i nostri colleghi nelle regioni per l’ottimo lavoro svolto.

Il governo federale e i governi regionali e municipali dovrebbero concentrarsi sul sostegno alle iniziative imprenditoriali individuali nelle piccole città e nelle remote comunità rurali. Siamo consapevoli di tali storie di successo. Ciò include lo sviluppo di software popolari e la commercializzazione di alimenti biologici prodotti localmente e prodotti rispettosi dell’ambiente a livello nazionale utilizzando siti Web nazionali.

È importante creare nuove opportunità, introdurre formati di vendita al dettaglio moderni, comprese le piattaforme di e-commerce, come ho detto sopra, e ridurre la logistica, i trasporti e altri costi, anche utilizzando uffici postali russi aggiornati.

È anche importante aiutare i dipendenti delle piccole imprese, i lavoratori autonomi e gli imprenditori in fase di avvio ad acquisire abilità e competenze aggiuntive. Si prega di includere misure corrispondenti adattate specificamente alle piccole città e alle aree rurali e remote come linea separata nel progetto nazionale per la promozione delle piccole e medie imprese.

Oggi vorrei rivolgermi ai nostri funzionari, proprietari di grandi aziende, ai nostri dirigenti e dirigenti aziendali.

Colleghi, amici,

Un successo reale e stabile, un senso di dignità e rispetto di sé si ottengono solo quando colleghi il tuo futuro e il futuro dei tuoi figli con la tua Patria. Abbiamo mantenuto legami con molte persone per molto tempo e sono consapevole dei sentimenti di molti dei capi e dei proprietari delle nostre aziende. Mi hai detto molte volte che il business è molto più di un semplice profitto, e sono pienamente d’accordo. Si tratta di cambiare la vita intorno a te, di contribuire allo sviluppo delle tue città, delle regioni e del paese nel suo insieme, il che è estremamente importante per la realizzazione personale. Non c’è niente come servire le persone e la società. Questo è il senso della tua vita e del tuo lavoro.

Gli ultimi avvenimenti hanno ribadito quello che ho sempre detto: a casa sta molto meglio. Coloro che si sono rifiutati di ascoltare quel chiaro messaggio hanno perso centinaia di milioni, se non miliardi di dollari in Occidente, in quello che sembrava un rifugio sicuro per i loro beni.

Vorrei dire ancora una volta quanto segue ai nostri colleghi, sia quelli che sono in questo pubblico che quelli che non sono qui: per favore, non cadete di nuovo nella stessa trappola. Il nostro paese ha un potenziale enorme e ci sono compiti più che sufficienti che richiedono il tuo contributo. Investi qui, nella creazione di nuove imprese e posti di lavoro, nello sviluppo delle infrastrutture turistiche, nel sostegno a scuole, università, sanità e sociale, cultura e sport. So che molti di voi lo stanno facendo. Lo so, ma volevo ripeterlo.

È così che le famiglie Bakhrushin, Morozov, Shchukin, Ryabushinsky, Akchurin, Galeyev, Apanayev, Matsiyev, Mamontov, Tretyakov, Arsanov, Dadashev e Gadzhiyev hanno compreso la loro nobile missione. Molte famiglie di mercanti e imprenditori russi, tartari, buriati, ceceni, daghestani, yakutiani, osseti, ebrei, armeni e altre famiglie non hanno privato i loro eredi della loro quota dovuta, e allo stesso tempo hanno inciso i loro nomi nella storia del nostro paese.

Per inciso, vorrei sottolineare ancora una volta che resta da vedere cosa è più importante per i potenziali eredi: denaro e proprietà o il buon nome dei loro antenati e il servizio al paese. Quest’ultimo è qualcosa che non può essere sperperato o, perdonate il mio linguaggio, sprecato per bere.

Un buon nome è qualcosa che apparterrà sempre ai tuoi discendenti, alle generazioni future. Farà sempre parte delle loro vite, passare da una generazione all’altra, aiutarli e renderli più forti di quanto il denaro o la proprietà che potrebbero ereditare possano renderli.

Colleghi,

Una politica macroeconomica responsabile ed equilibrata è il terzo principio guida del nostro sviluppo a lungo termine. In effetti, questa politica ci ha ampiamente consentito di resistere alla pressione senza precedenti esercitata dalle sanzioni. Consentitemi di ribadire che questa è una politica essenziale a lungo termine, non solo per rispondere alle sfide attuali. Non seguiremo le orme dei nostri colleghi occidentali replicando la loro amara esperienza innescando una spirale inflazionistica e sconvolgendo le loro finanze.

Il nostro obiettivo è garantire una solida crescita economica per gli anni a venire, riducendo l’onere dell’inflazione sui nostri dipendenti e imprese e raggiungendo il tasso di inflazione target a medio e lungo termine del 4%. L’inflazione è stata una delle prime cose che ho menzionato durante le mie osservazioni, quindi lasciate che vi dica questo: rimaniamo impegnati a raggiungere questo obiettivo di un tasso di inflazione del quattro per cento.

Ho già incaricato il Governo di elaborare proposte in merito alle nuove linee guida di bilancio. Devono garantire che la nostra politica di bilancio sia prevedibile e ci consenta di sfruttare al meglio le condizioni economiche esterne. Perché abbiamo bisogno di tutto questo? Mettere la crescita economica su basi più stabili, realizzando al contempo le nostre infrastrutture e gli obiettivi tecnologici, che forniscono una base per migliorare il benessere delle nostre persone.

È vero, ultimamente alcune valute di riserva internazionali hanno intrapreso una strada suicida, il che è un fatto ovvio. In ogni caso, hanno chiaramente intenzioni suicide. Naturalmente, usarli per “sterilizzare” la nostra offerta di moneta non ha alcun senso. Tuttavia, il principio di pianificare la propria spesa in base a quanto si guadagna rimane rilevante. Funziona così e lo capiamo.

La giustizia sociale è il quarto principio alla base del nostro sviluppo. Ci deve essere una forte dimensione sociale quando si tratta di promuovere la crescita economica e le iniziative imprenditoriali. Questo modello di sviluppo deve ridurre la disuguaglianza invece di approfondirla, a differenza di quanto sta accadendo in altri paesi. Ad essere onesti, non siamo stati in prima linea quando si tratta di raggiungere questi obiettivi. Dobbiamo ancora risolvere molti problemi e problemi in questo senso.

Ridurre la povertà e la disuguaglianza significa creare domanda di prodotti di fabbricazione russa in tutto il paese, colmare il divario tra le regioni in termini di capacità e creare nuovi posti di lavoro dove sono più necessari. Questi sono i principali motori di sviluppo economico.

Consentitemi di sottolineare che generare uno slancio positivo in termini di crescita del reddito familiare e riduzione della povertà sono i principali indicatori di performance per le agenzie governative e lo stato in generale. Dobbiamo raggiungere risultati tangibili in questo ambito già quest’anno, nonostante tutte le sfide oggettive che dobbiamo affrontare. Ho già affidato questo compito al Governo.

Ancora una volta, forniamo un sostegno mirato ai gruppi più vulnerabili: pensionati, famiglie con bambini e persone in situazioni di vita difficili.

Le pensioni sono indicizzate annualmente ad un tasso superiore all’inflazione. Quest’anno sono stati aumentati due volte, incluso un altro 10 percento il 1 giugno.

Contestualmente è stato aumentato del 10 per cento anche il salario minimo, così come il minimo di sussistenza – una cifra di riferimento utilizzata per calcolare molte prestazioni sociali e pagamenti – di conseguenza, anche queste prestazioni dovrebbero crescere, aumentando i redditi di circa 15 milioni di persone.

Negli ultimi anni abbiamo costruito un sistema olistico per sostenere le famiglie a basso reddito con bambini. Le donne hanno diritto al sostegno statale sin dalle prime fasi della gravidanza e fino al compimento dei 17 anni di età.

Il tenore di vita e la prosperità delle persone sono i fattori demografici più importanti; la situazione attuale è piuttosto impegnativa a causa di diverse ondate demografiche negative che si sono recentemente sovrapposte. Ad aprile in Russia sono nati meno di centomila bambini, quasi il 13 per cento in meno rispetto ad aprile 2020.

Chiedo al Governo di continuare a tenere sotto controllo lo sviluppo di ulteriori misure di sostegno per le famiglie con bambini. Devono essere di vasta portata e commisurati all’entità della straordinaria sfida demografica che stiamo affrontando.

Il futuro della Russia è assicurato dalle famiglie con due, tre e più figli. Pertanto, dobbiamo fare di più che fornire un sostegno finanziario diretto: dobbiamo indirizzare e indirizzare il sistema sanitario, l’istruzione e tutte le aree che determinano la qualità della vita delle persone verso i bisogni delle famiglie con bambini.

Questo problema è affrontato, tra gli altri approcci, dalle iniziative sociali nazionali, che i team regionali e l’Agenzia per le iniziative strategiche stanno attuando insieme. Quest’autunno valuteremo i risultati del loro lavoro, esamineremo e classificheremo le regioni russe in base alla qualità della vita al fine di applicare le migliori esperienze e pratiche il più ampiamente possibile in tutto il paese.

Dare priorità allo sviluppo delle infrastrutture è il quinto principio alla base della politica economica russa.

Abbiamo aumentato la spesa di bilancio diretta per l’ampliamento dei corridoi di trasporto. L’anno prossimo sarà lanciato un piano ambizioso per la costruzione e la riparazione della rete centrale autostradale federale e regionale. Almeno l’85% delle strade deve essere regolamentato entro i prossimi cinque anni.

Il prestito di bilancio infrastrutturale è un nuovo strumento ampiamente utilizzato. I prestiti sono emessi per 15 anni con un aprile del 3 per cento. Come ho detto prima, sono molto più popolari di quanto pensassimo inizialmente. Le regioni hanno molteplici progetti ben congegnati e promettenti che dovrebbero essere lanciati al più presto. Esamineremo come utilizzare questa misura di sostegno. Abbiamo discusso di questo problema ieri sera. Quello che sto dicendo è che è uno strumento affidabile.

L’aggiornamento dei servizi abitativi e dei servizi pubblici è una questione separata con un arretrato di problemi. L’industria è cronicamente sottoinvestita per un importo di 4,5 trilioni di rubli. Oltre il 40% delle reti deve essere sostituito, il che spiega la loro bassa efficienza e le grandi perdite. Circa il 3% delle reti diventa inutilizzabile ogni anno, ma non più del 2% viene sostituito, il che aggrava ulteriormente il problema ogni anno.

Propongo di consolidare le risorse e di lanciare un programma completo per il miglioramento degli alloggi e dei servizi pubblici e di sincronizzarlo con altri piani di sviluppo delle infrastrutture e di revisione degli alloggi. L’obiettivo è capovolgere la situazione e ridurre gradualmente il numero di reti datate, proprio come stiamo facendo trasferendo persone da edifici strutturalmente non sicuri o riparando strade. Discuteremo in dettaglio di alloggi e servizi pubblici e del complesso edilizio con i governatori in una riunione del Presidium del Consiglio di Stato la prossima settimana.

In una nota a parte, propongo di aumentare le risorse per finanziare progetti per creare un ambiente urbano confortevole in piccole città e insediamenti storici. Questo programma funziona bene per noi. Propongo di destinare altri 10 miliardi di rubli all’anno per questi scopi nel 2023-2024.

Assegneremo fondi aggiuntivi per rinnovare le aree urbane nel Distretto Federale dell’Estremo Oriente. Voglio che il governo destini fondi dedicati a questo scopo nell’ambito dei programmi per il prestito di bilancio delle infrastrutture e l’ammodernamento di alloggi e servizi pubblici, così come altri programmi di sviluppo.

La promozione di miglioramenti e sviluppo globali per le aree rurali è per noi una priorità assoluta. Le persone che vivono lì stanno nutrendo il paese. Ora vediamo che stanno nutrendo anche una parte importante del mondo, quindi devono vivere con comodità e dignità. A questo proposito, chiedo al governo di stanziare fondi aggiuntivi per il programma corrispondente. I dazi all’esportazione sui prodotti agricoli possono fungere da fonte di finanziamento in questo caso. Questa è una fonte di reddito permanente. Certo, possono esserci delle fluttuazioni, ma almeno questo garantisce un flusso costante di entrate.

In una nota a parte, suggerisco di ampliare i programmi di riqualificazione e modernizzazione dei centri culturali rurali, nonché dei teatri e dei musei regionali, stanziando sei miliardi di rubli per ciascuno di questi progetti nel 2023 e nel 2024.

Quello che ho appena detto sulle istituzioni culturali è qualcosa che le persone non vedono l’ora, qualcosa a cui tengono davvero. Ti faccio un esempio recente: durante la consegna delle medaglie Hero of Labor, uno dei vincitori, Vladimir Mikhailov della Yakutia, mi ha chiesto direttamente aiuto per la costruzione di un centro culturale nel suo villaggio natale. Questo è stato durante la parte della cerimonia in cui ci siamo incontrati a porte chiuse. Lo faremo sicuramente. Il fatto che le persone sollevino questo problema a tutti i livelli dimostra che sono davvero ansiose di vedere implementati questi progetti.

A questo punto, vorrei fare una nota a margine su un argomento che è particolarmente rilevante ora, dato che siamo all’inizio dell’estate, quando i russi di solito trascorrono le vacanze estive.

Ogni anno, sempre più turisti vogliono visitare gli angoli più belli del nostro Paese: parchi nazionali, oasi faunistiche e riserve naturali. Secondo le stime disponibili, quest’anno questo flusso turistico dovrebbe superare i 12 milioni di persone. È fondamentale che tutti gli organi di governo, le imprese ei turisti siano ben consapevoli di cosa possono e non possono fare in questi territori, dove possono costruire infrastrutture turistiche, e dove tale attività è severamente vietata perché mette in pericolo ecosistemi unici e fragili.

Il disegno di legge che disciplina il turismo nei territori speciali protetti e che regola civilmente tale attività è già alla Duma di Stato.

In questo contesto, vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che dobbiamo elaborare in anticipo tutte le stime pertinenti e garantire che le decisioni siano equilibrate. Dobbiamo essere seri su questo.

Vorrei porre un accento particolare sulla necessità di preservare il lago Baikal. In particolare, esiste un progetto di sviluppo globale per la città di Baikalsk, che deve diventare un modello di governance municipale sostenibile ed eco-sensibile.

Non si tratta solo di sbarazzarsi degli impatti ambientali negativi accumulati dalla cellulosa e della cartiera di Baikalsk, ma anche di stabilire uno standard di vita più elevato per la città e trasformarla in una destinazione caratteristica per il turismo ambientale in Russia. Per realizzare questo progetto dobbiamo affidarci alle tecnologie più all’avanguardia e all’energia pulita.

Nel complesso, svilupperemo una tecnologia pulita per raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati nell’ammodernamento ambientale degli impianti di produzione e per ridurre le emissioni pericolose, soprattutto nei grandi centri industriali. Continueremo anche a lavorare su progetti di economia a circuito chiuso, progetti verdi e conservazione del clima. Ho parlato di questi problemi in dettaglio in questo forum l’anno scorso.

Di conseguenza, il sesto principio trasversale di sviluppo che consolida il nostro lavoro è, a mio avviso, il raggiungimento di un’autentica sovranità tecnologica, creando un sistema integrale di sviluppo economico che non dipenda da istituzioni straniere quando si tratta di componenti di importanza critica. Abbiamo bisogno di sviluppare tutti gli ambiti della vita a un livello tecnologico qualitativamente nuovo senza essere semplicemente utenti di soluzioni di altri paesi. Dobbiamo disporre di chiavi tecnologiche per lo sviluppo di beni e servizi di prossima generazione.

Negli ultimi anni, abbiamo concentrato molta attenzione sulla sostituzione delle importazioni, riuscendo in una vasta gamma di settori, tra cui agricoltura, prodotti farmaceutici, apparecchiature mediche, produzione per la difesa e molti altri.

Ma dovrei sottolineare che nella nostra società si discute molto sulla sostituzione delle importazioni. E non è una panacea né una soluzione completa. Se imitiamo gli altri solo quando proviamo a sostituire le merci straniere con copie, anche se di altissima qualità, potremmo finire per recuperare costantemente il ritardo mentre dovremmo essere un passo avanti e creare le nostre tecnologie, beni e servizi competitivi che possono diventare nuovi standard globali.

Se ricordi, Sergei Korolyov non si è limitato a copiare o aggiornare localmente la tecnologia missilistica catturata. Si è concentrato sul futuro e ha proposto un piano unico per sviluppare il razzo R-7. Ha aperto la strada allo spazio per l’umanità e di fatto ha stabilito uno standard per il mondo intero, per decenni a venire.

In modo proattivo: è così che lavoravano all’epoca i fondatori di molti programmi di ricerca sovietici. E oggi, basandosi su queste basi, i nostri designer continuano a fare progressi e a mostrare il loro valore. È grazie a loro che la Russia ha armi supersoniche che non esistono in nessun altro paese. Rosatom rimane il leader nella tecnologia nucleare, sviluppando la nostra flotta di rompighiaccio a propulsione nucleare. Molte soluzioni di IA e Big Data russe sono le migliori al mondo.

Per ribadire, lo sviluppo tecnologico è un’area trasversale che definirà il decennio in corso e l’intero 21 ° secolo. Esamineremo in modo approfondito i nostri approcci per costruire un’economia basata sulla tecnologia rivoluzionaria – una tecnoeconomia – alla prossima riunione del Consiglio per lo sviluppo strategico. C’è così tanto di cui possiamo discutere. Soprattutto, molte decisioni manageriali devono essere prese nell’ambito della formazione ingegneristica e del trasferimento della ricerca all’economia reale e della fornitura di risorse finanziarie per le aziende high-tech in rapida crescita. Discuteremo anche lo sviluppo di tecnologie trasversali e lo stato di avanzamento dei progetti di trasformazione digitale nei singoli settori.

Per essere chiari, ovviamente è impossibile realizzare tutti i prodotti disponibili e non ce n’è bisogno. Tuttavia, abbiamo bisogno di possedere tecnologie critiche per poterci muovere rapidamente se dovessimo iniziare la nostra produzione di qualsiasi prodotto. Questo è ciò che abbiamo fatto quando abbiamo iniziato rapidamente a produrre vaccini contro il coronavirus e, più recentemente, abbiamo lanciato la produzione di molti altri prodotti e servizi.

Ad esempio, dopo che i partner disonesti di KamAZ hanno lasciato il mercato russo, il loro posto è stato preso da società nazionali, che forniscono parti per modelli tradizionali e persino veicoli avanzati, di trasporto e pesanti.

Il sistema di pagamento con carta Mir ha sostituito con successo Visa e MasterCard sul mercato nazionale. Sta espandendo la sua geografia e guadagnando gradualmente il riconoscimento internazionale.

Lo stabilimento di trattori di San Pietroburgo è un altro esempio calzante. Il suo ex partner straniero ha smesso di vendere motori e fornire manutenzione in garanzia. I costruttori di motori di Yaroslavl e Tutayev sono venuti in soccorso e hanno iniziato a fornire i loro motori. Di conseguenza, la produzione di macchine agricole presso lo stabilimento di trattori di San Pietroburgo ha raggiunto un livello record tra marzo e aprile. Non è diminuito, ma ha raggiunto il massimo storico.

Sono sicuro che ci saranno più pratiche positive e storie di successo.

Per ribadire, la Russia possiede il potenziale professionale, scientifico e tecnologico per sviluppare prodotti che godono di una forte domanda, inclusi elettrodomestici e attrezzature per l’edilizia, nonché attrezzature industriali e di servizio.

Il compito di oggi è aumentare le capacità e mettere prontamente in funzione le linee necessarie. Una delle questioni chiave sono condizioni di lavoro confortevoli per le aziende e la disponibilità di siti di produzione preparati.

Chiedo al Governo di presentare entro l’autunno i parametri chiave delle nuove linee guida operative per i distretti industriali. Cosa c’è di critico qui?

Primo: finanziamento. I progetti lanciati in questi cluster devono disporre di una risorsa di credito a lungo termine per un massimo di dieci anni a un tasso di interesse annuo inferiore al sette percento in rubli. Abbiamo discusso tutte queste questioni anche con le nostre agenzie economiche. Tutti erano d’accordo, quindi procederemo.

Secondo – la tassazione. I cluster devono avere un livello basso di tasse relativamente permanenti, compresi i contributi assicurativi.

Terzo: sostenere la produzione nella fase iniziale e di avvio, formando un pacchetto di ordini che include il sovvenzionamento degli acquisti di prodotti pronti da parte di tali imprese. Non è un problema facile, ma penso che potrebbero essere necessari sussidi. Sono necessari per garantire il mercato. Dobbiamo solo risolverlo.

Quarto: amministrazione semplificata che include ispezioni minime o assenti, nonché un comodo monitoraggio doganale non gravoso.

Quinto, e probabilmente il più importante, è necessario predisporre meccanismi di garanzia della domanda a lungo termine per i nuovi prodotti innovativi che stanno per entrare nel mercato. Ricordo al Governo che tali condizioni preferenziali e rispettivi distretti industriali devono essere varati già dal 1° gennaio 2023.

In una nota correlata, voglio dire che i punti di crescita industriale sia nuovi che già operativi devono attrarre le piccole imprese e coinvolgerle nella loro orbita. È fondamentale per gli imprenditori, per le piccole realtà, vedere l’orizzonte e cogliere le loro prospettive.

Pertanto, chiedo al governo insieme alla SME Corporation [Federal Corporation for the Development of Small and Medium Enterprises] e alle nostre più grandi aziende di lanciare uno strumento per contratti a lungo termine tra aziende a partecipazione statale e PMI. Ciò garantirà la domanda dei prodotti di tali imprese per anni a venire, mentre i fornitori possono assumere con sicurezza impegni per lanciare un nuovo impianto di produzione o ampliarne uno esistente per soddisfare quell’ordine.

http://en.kremlin.ru/events/president/news/68669

ESERCIZI DI SOVRASTRUTTURALISMO, di Andrea Zhok

ESERCIZI DI SOVRASTRUTTURALISMO
Il ministro dell’Istruzione Bianchi ha un sogno (anche i competenti sognano): vuole che tutti gli studenti e i docenti cantino all’unisono l’Inno d’Italia in tutte le scuole del Regno, pardon, della Repubblica.
Ecco, perché questa sciocchezza merita un’osservazione supplementare?
Perché è un indice significativo di qualcosa di sciocco sì, ma pericoloso.
Cosa dovrebbe pensare di ciò ogni frequentante la scuola pubblica, e non villeggiante a Capalbio? Rispetto ad una scuola cui manca tutto, dagli spazi, alle infrastrutture, ai docenti, ai programmi, alla ormai proverbiale carta igienica, rispetto ad una scuola che risulta sempre meno attrattiva sia per gli studenti, sia per i docenti, rispetto ad una scuola uccisa da un fiume di misurazioni del nulla e di premialità del niente, mentre i livelli formativi affondano da decenni, rispetto a una simile catastrofe, cosa sogna il ministro?
Il coretto mattutino sull’Inno nazionale.
Ma attenzione a ridere, la dinamica di questo tipo di istanze è enormemente insidiosa.
Questa sceneggiata onirica del ministro ambisce ad essere trasmessa come “patriottismo” (fino a ieri reietto, ora, per qualche giorno, recuperato ad hoc). Se questo accade, se parte la relativa sceneggiata, i suoi critici potranno essere etichettati come privi d’amor di patria, di senso dello stato, disfattisti, traditori, (putiniani?), ecc.
A ruota, le usuali raffinate penne a gettone della stampa nazionale potranno esibirsi in invocazioni alle muse nel nome dei sani valori della patria e della nazione, sputando sui critici disfattisti e apolidi.
A questo punto si potrà creare, come al solito, sul puro nulla, uno schieramento oppositivo ed un dibattito artificiale, in cui per qualche giorno o settimana potremmo trovarci a discutere di “valori”, di “patria”, di “senso civico”.
Solo per far seguire tra qualche settimana una nuova onda (globalista? edonista? libertaria? lasciamoci stupire).
Ora, la dimensione su cui si valuta il valore delle idee non è il colore della vernice, ma lo spessore.
E’ perciò che la peggior cosa che può capitare ad una buona idea è di essere promossa per la sua verniciatura.
Questa tendenza, oggi assolutamente imperante – ma che fa parte della trasformazione di tutta la società in “società dello spettacolo” (Debord) – può essere chiamata “sovrastrutturalismo”.
Il sovrastrutturalismo è ciò che guida la tendenza, parimenti diffusa a destra come a sinistra, a concentrarsi sulla fuffa luccicante, sulla vernice metallizzata delle idee, sui gesti, i simboli, le apparenze.
Nessuno – figuriamoci il ministro Bianchi – si preoccupa davvero di come ridare fiducia nello stato o di come costruire un senso della comunità nazionale, tutte cose assai importanti, e che potrebbero essere condivise come importanti da tutti. No, uno sforzo del genere richiederebbe una pluralità di atti, di soluzioni testardamente ricercate, di iniziative radicali e durature, in tutti gli infiniti settori in cui la fiducia in un’etica pubblica è stata minata.
Praticamente si tratterebbe di rigirare il paese come un calzino.
Figuriamoci se qualcosa del genere passa, o è mai passato, per la mente di qualcuno come il nostro ministro.
Si ritrarrebbe inorridito.
No, l’essenziale è avere un’occasione per fare ammuina giochicchiando con le vestigia cadenti di valori rimossi e desueti, giusto il tempo di far cascare una pioggia di lustrini sul dibattito pubblico per qualche giorno, e poi via per una nuova recita.
Il “sovrastrutturalismo” è l’unica politica rimasta in vita.
Esiste un “sovrastrutturalismo” più spesso giocato a “sinistra” (battaglie navali nei bicchieri dell’aranciata su questo o quell’imperdibile “diritto civile”, con relativo vittimismo) e un “sovrastrutturalismo” più spesso giocato a “destra” (castelli di pongo per simboleggiare questo o quell’imperdibile valore eterno, con relative posture eroiche).
Ciò che è politicamente essenziale però, l’unica cosa che davvero conta e che davvero deve contare, è che tutto rimanga rigorosamente sulla superficie: deve occuparsi dei gesti, dei simboli, delle photo-opportunity, degli atteggiamenti, delle paroline giuste: dai coretti mattutini al frasario politicamente corretto, dalle panchine “inclusive” degli archistar all’indignazione a molla del “Me Too”, dalla povera Greta usata per risciaquature “verdi” agli inginocchiamenti del “Black Lives Matter”, e via di corsa verso altre sceneggiate, altre recite su problemi esotici o remoti, trattati in modi fittizi.
Ma attenzione, uno potrebbe immaginare che questa superficialità eretta a norma di vita debba avere almeno i pregi dei suoi difetti: “Non smuoverà niente, ma almeno non farà seri danni”.
Niente affatto.
Non c’è niente, assolutamente niente che venga preso oggi in modo più micidialmente serio dell’accondiscendenza a queste apparenze.
Potrai trovare compassione come mafioso, come assassino, come avvelenatore di fiumi o evasore totale, ma se verrai meno all’adesione alle regole della recita del momento, se dubiterai pubblicamente dei miracoli di Santa Greta o non ti inginocchierai a chiedere perdono perché a Minneapolis hanno dei poliziotti razzisti, allora sarai crocifisso, sanzionato, ostracizzato, diventerai l’archetipo del traditore.
La serietà con cui oggi si puniscono le infrazioni agli imperativi sovrastrutturali è qualcosa di simile alle infrazioni arcaiche rispetto ai tabù sacri, ma per ragioni completamente opposte.
I tabù tradizionali erano mortalmente seri perché incarnavano credenze consolidate secolari e vi davano coronamento formale;
le tabuizzazioni del sovrastrutturalismo odierno invece sono richieste dalla consapevolezza che dietro all’apparenza sottile, alla verniciatura di doveri e imperativi alla moda, non c’è assolutamente niente: il nulla abissale, un magma di disorientamento e disperazione, che teniamo a bada recitandovi sopra.

LA GEOPOLITICA DI CAPPUCCETTO ROSSO, di Pierluigi Fagan

Dopo un mese dall’avvenuto incontro, è stato reso pubblico parte del discorso fatto dal Papa ai direttori delle riviste della Compagnia di Gesù, relativamente alla guerra in Ucraina.
Il Papa ha ammonito a non ridurre i discorsi in merito, alla logica morale delle favole per bambini: “Sono […] contrario a ridurre la complessità alla distinzione tra i buoni e i cattivi, senza ragionare su radici e interessi, che sono molto complessi”. Perfino il Papa e stante l’udienza privata con persone con forte condivisione della stessa immagine di mondo, ha dovuto scusarsi a priori e ribadire che ciò non comportava un suo essere a favore di Putin. Riferiva solo che un “saggio” capo di Stato, incontrato due mesi prima l’inizio del conflitto, gli aveva esternato la preoccupazione per quell’andare ad “abbaiare” della NATO ai confini dello spazio russo dove vigeva una mentalità imperiale. Tale mentalità a presidio di quello spazio non avrebbe mai permesso che altre potenze (ovvero l’altro impero secondo la logica concettuale che così categorizza questo argomento) si avvicinasse troppo da presso. Ne sarebbe scaturita una guerra, come poi è accaduto.
Qui va ricordato ai tanti cappuccetti rossi con cui condividiamo la vita associata che non solo quell’abbaiare si riferiva alle questioni dell’allargamento della NATO (questione in realtà di secondo piano) o al ritiro unilaterale degli americani dal trattato sui missili a corto raggio (che poi sono quelli tipici del teatro europeo), ma anche a due fatti delle cronache internazionali passati per lo più sotto silenzio anche nelle recenti ricostruzioni degli antefatti.
Il primo si riferiva alle elezioni in Bielorussia del 2020, seguite da moti di piazza sul modello rivoluzioni colorate contro Lukashenko, elezioni il cui risultato non venne riconosciuto dall’Occidente. A riguardo è bene specificare sia che tali elezioni erano ovviamente prive di ogni minimo crisma di correttezza formale e che il reale valore dell’opposizione era semplicemente non quantificabile. Infine, che i moti di piazza avranno avuto come in molti altri casi omologhi ragioni a supporto, salvo che è sempre molto improbabile giustificarli solo in base alle loro apparenti ragioni naturali.
Dire che il popolo bielorusso si è rivoltato in massa contro l’oppressore autocratico è pari a dire che era tutto regolare e le rivolte furono sobillate dall’esterno interessato. Favolistica, appunto. In realtà, c’era dell’uno come dell’altro. Certo però che quanto “all’altro” intervenire da fuori nelle contraddizioni interne l’unico alleato occidentale dei russi per puntare all’ennesimo “regime change”, va segnalato.
Così va segnalato che appena due mesi prima dell’inizio del conflitto, proprio il tempo dell’incontro tra il Papa ed il misterioso capo di Stato, scoppia una ennesima rivolta dal basso in Kazakistan, la pancia centro-asiatica dello spazio russo. È da anni, direi forse almeno due decenni, che gli americani sono molto interessati allo spazio centro-asiatico. Ricordo che la mitica Condoleezza Rice, ex Segretario di Stato dell’amministrazione Bush jr, aveva una specifica specializzazione di studio su questa area post-sovietica e continuo è stato l’armeggiare americano per cercare di penetrare geo-economicamente l’area. Anche qui saltiamo l’analisi a grana fine delle ragioni della rivolta, come al solito c’era del concreto e dell’artefatto. Sta il fatto che dal potere kazako viene invocata la clausola di aiuto della piccola NATO a centro russo e truppe CSTO intervengono per sedare il conflitto. I russi dichiarano che secondo loro informazioni, chiara è la presenza di mani estere interessate a destabilizzare l’alleato. Siamo ai primi di gennaio di quest’anno.
Da metà dicembre dell’anno appena concluso, i russi avevano inviato una richiesta di urgente confronto (con USA e NATO) su una decina di punti caldi, una richiesta di tavolo di discussione. Della piattaforma faceva parte sia la richiesta lunare di rivedere la presenza NATO negli ex paesi Patto di Varsavia, sia le più realistiche questioni relative ai posizionamenti dei missili a corto raggio e la distanza geografica di rispetto tra le aree in cui la NATO faceva le sue esercitazioni ed i confini dello spazio russo. Soprattutto, faceva perno la questione dell’entrata dell’Ucraina nella NATO che, dopo i fatti bielorussi e kazaki, assumeva una rilevanza speciale. Gli USA accettano di intavolare dei pre-colloqui a Ginevra (e mentre iniziano i colloqui scoppia l’affare kazako), ma non ne esce niente che possa invertire processi già ampiamente e lungamente in atto. Blinken dopo ma soprattutto Biden, dicono che sulla questione Ucraina-NATO non c’è proprio nulla da discutere coi russi, non è questione che li riguardi (?).
Segnalo un articolo di RAI News24 che il 9 gennaio, già riferiva di quanto uscito sul NYT ovvero di un corposo lavorio americano di preparazione di sanzioni ed ostracismi condivise con gli alleati, qualora i russi avessero varcato i confini ucraini. Era già tutto noto e noto a tutti gli attori del dramma a cosa si stesse andando incontro, ufficialmente da almeno due mesi prima del 24 febbraio, il che significa da molto prima. Gli unici ignari erano i cappuccetti rossi della pubblica opinione nostrana che ai tempi dormivano sogni beati.
Iniziammo proprio il 24 febbraio scorso la nostra serie di post di accompagno alla lettura degli eventi del conflitto ucraino e il titolo del primo era, appunto: “Se non te ne occupi, poi ti preoccupi” a dire che l’improvviso risveglio di attenzione delle opinioni pubbliche, era tanto tardivo quanto irrazionalmente emotivo. Quell’emotività sobillata dagli eventi e dal modo con cui sono portati al proscenio informativo di massa, subito regolata dalla dicotomia “aggressore-aggredito” ovvero isolare un fatto dalla sua storia pregressa e dal contesto ed invocare la pubblica e più che sdegnata sanzione morale corale. Utile anche ad imporre il ragionamento dicotomico ovvero l’applicazione a sproposito del principio del terzo escluso (della serie logica applicata a vanvera, un classico del discorso pubblico nostrano).
Questo è lo stato di quella che continuiamo con estesa falsa coscienza a chiamare “democrazia liberale”, gente che non sa nulla di ciò che deve interpretare, figuriamoci poi giudicare, chiamata ad esprimersi emotivamente su fatti di cui si ignorano cause, ragioni, attori, strategie, contesti, fini ultimi.
La democrazia dei cappuccetti rossi che per scappare dal lupo, finiscono in braccio alla nonna dalle larghe fauci dentate che non vede l’ora di farne boccone.
In fondo, la morale della favola aveva una sua saggezza originaria: attenzione a ritenere le nonne salvezza dalle minacce del lupo cattivo. L’unica salvezza è non essere più bambini, crescere, discernere, conoscere prima di giudicare. Ma tanto è inutile, sono due secoli che questa favola viene narrata e le nostre società rimangono piene di bambini smarriti, l’importante è non crescere, non prendersi responsabilità ed infine, sentirsi pure nel giusto del giudizio morale frettoloso e sdegnato.
Meglio vomitare il proprio sdegno per ciò che pensiamo esser fuori di noi, sia mai incontrassimo uno specchio e fossimo costretti a renderci conto che il vero oggetto di sdegno dovrebbe esser la nostra minorità in cui ci piace perdurare per mancanza di adulta dignità.

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Stella Assange: “combatteremo su questo”, di Joe Lauria

Il caso Assange è un raro condensato, un vero e proprio buco nero, di arbitrio, di tronfia arroganza, di ineluttabilità, di meschinità, di terribile esemplarità di esercizio di un potere politico. Assange non è cittadino statunitense, non vive nè risiede negli Stati Uniti; da buon giornalista ha raccolto informazioni riservate da militari statunitensi in servizio e le ha diffuse assieme ad uno staff raccolto intorno alla sua persona. Una valanga di centinaia di migliaia di documenti, mai contestati nella loro autenticità, che hanno consentito di smascherare, tra le tante miserie di tanti politici di rango nel mondo, la montatura pretestuosa tesa a giustificare la guerra in Iraq e il coinvolgimento dei Clinton nella montatura dello scandalo del Russiagate. La piovra statunitense è riuscita a coinvolgere la “civile” e “neutrale” Svezia, la fedele Gran Bretagna, il bananiero Equador pur di perseguitare e sequestrare chi ha il merito di aver messo a nudo le magagne e le porcherie dei centri decisori americani e dei tanti accoliti sparsi nel mondo. In attesa dell’agognato epilogo, hanno cercato di ridurlo ad una larva umana. Si è arrivati al paradosso apparente di aver graziato i militari, autori materiali delle “soffiate”, ma di condannare al supplizio e a morte certa chi le ha rese pubbliche. Una vera e propria porcheria, artatamente ostentata. I sistemi mediatici, ognuno a casa propria, avrebbero dovuto raccogliere come manna dal cielo tutte quelle informazioni e invece sono stati nella quasi totalità complici della macchinazione e della omertà. Per qualche tempo si era sperato, a suo tempo, nella grazia di Trump, risaputamente ben disposto nei suoi confronti. Non conosciamo i motivi della sua omissione, ma possiamo immaginarli. Forse è dipeso anche da una valutazione di inefficacia dell’eventuale provvedimento, vista l’azione giudiziaria ancora in corso. Non è detta, però, ancora l’ultima parola. E’ una di quelle battaglie che bisognerebbe condurre ad ogni costo anche oltre l’eventuale esito infausto. Una cosa è certa: la sua vicenda rivela a cosa si sono ridotti il sistema liberaldemocratico e i suoi simulacri di libertà, proprio nel momento in cui, in nome di essa si sta spingendo al disastro politico-militare e al dissesto socio-economico il proprio “mondo libero” per colpire il nemico, cosiddetto autocrate. Buona lettura, Giuseppe Germinario

“Utilizzeremo ogni via di appello”, ha detto Stella Assange in una conferenza stampa a Londra venerdì.

La moglie di Julian Assange e uno dei suoi avvocati venerdì hanno promesso di contrastare la decisione del ministro dell’Interno britannico Priti Patel di firmare un ordine di estradizione all’inizio della giornata inviando l’ editore di WikiLeaks incarcerato Julian Assange negli Stati Uniti per essere processato con l’accusa di spionaggio e intrusione di computer .

“Questo è il risultato di cui ci siamo preoccupati nell’ultimo decennio”, ha detto l’avvocato di Assange Jennifer Robinson in una conferenza stampa a Londra. “Questa decisione è una grave minaccia alla libertà di parola, non solo per Julian, ma per ogni giornalista, editore e lavoratore dei media”.

Ha detto che ha rischiato fino a 175 anni in una prigione degli Stati Uniti per aver pubblicato materiale per il quale ha vinto numerosi premi della stampa e una nomination per il Premio Nobel per la pace. “Questo dovrebbe scioccare tutti”, ha detto.

“Non siamo alla fine della strada, lo combatteremo”, ha detto in conferenza stampa Stella Assange, la moglie dell’editore. “Passeremo ogni ora di veglia a combattere per Julian finché non sarà libero, finché non sarà fatta giustizia”.

Ha detto alla stampa: “Sono sicura che capisci le implicazioni estremamente gravi che questo ha per tutti voi e per i diritti umani”.

Tim Dawson dell’Unione nazionale dei giornalisti ha dichiarato alla conferenza stampa: “Vale la pena pensare a quale sia questa minaccia dalla posizione di un singolo giornalista. Qualsiasi giornalista in questa stanza” che ha pubblicato materiale riservato “correrà lo stesso rischio”. Ha detto che i giornalisti ora devono chiedersi “vale la pena rischiare di andare in prigione per il resto della mia vita?”

Stella Assange ha detto di aver parlato con suo marito subito dopo che questi aveva appreso della decisione di Patel. “È molto difficile per lui vedere terze parti prendere decisioni di vita o di morte su di lui in base alla politica”, ha detto.

Assange è detenuto nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh a Londra dal suo arresto nell’aprile 2019. È stato accusato ai sensi dell’Espionage Act per aver pubblicato informazioni veritiere sulla condotta del governo degli Stati Uniti. Stella Assange ha affermato che l’appello presentato all’Alta Corte “sta creando un precedente legale sulla portata della libertà di stampa in questo paese”.

Ha aggiunto: “Ciò che viene deciso all’Alta Corte sull’equivalenza tra l’Espionage Act e l’Official Secrets Act come opera in questo momento, riguarda tutti voi e i vostri colleghi. È uno di voi, che vi piaccia o no, perché è perseguito come uno di voi».

La decisione di Patel

Il ministro dell’Interno ha firmato l’ordinanza di estradizione venerdì mattina. Un portavoce del Ministero dell’Interno ha dichiarato:

“Il 17 giugno, a seguito dell’esame sia della magistratura che dell’alta corte, è stata ordinata l’estradizione del sig. Julian Assange negli Stati Uniti. Il sig. Assange conserva il normale diritto di 14 giorni di ricorso.

In questo caso, i tribunali del Regno Unito non hanno ritenuto che sarebbe oppressivo, ingiusto o un abuso di processo estradare il signor Assange.

Né hanno ritenuto che l’estradizione sarebbe incompatibile con i suoi diritti umani, compreso il suo diritto a un processo equo e alla libertà di espressione, e che mentre si trova negli Stati Uniti sarà trattato in modo appropriato, anche in relazione alla sua salute”.

“Era in potere di Priti Patel fare la cosa giusta. Invece sarà ricordata per sempre come complice degli Stati Uniti nella loro agenda per trasformare il giornalismo investigativo in un’impresa criminale”, ha detto WikiLeaks in reazione.

 

Prossimo processo di appello

Jen Robinson, l., e Stella Assange alla conferenza stampa di venerdì. (Schermata DEA)

Robinson ha detto che il team legale di Assange ha due settimane per presentare ricorso all’Alta Corte e gli Stati Uniti hanno 10 giorni per rispondere.

“Abbiamo ancora i nostri punti di appello incrociati, che includono l’argomento della libertà di parola, la sua incapacità di ottenere un processo equo negli Stati Uniti, la natura politica del reato …, l’abuso di processo in questo caso, incluso lo spionaggio su Julian e noi come suo team legale e una serie di altri punti che verranno sollevati “, ha detto Robinson. L’articolo 4 del trattato di estradizione USA-Regno Unito vieta l’estradizione per reati politici.

“Solleveremo i punti emersi dall’udienza di estradizione originale nel 2020 e, in modo cruciale, uno degli sviluppi più importanti è la rivelazione che la CIA ha complottato per assassinare Julian mentre era nell’ambasciata ecuadoriana, rapirlo e consegnarlo”, ha aggiunto Stella Assange. “Questo è noto alla segretaria degli interni, ma ha comunque firmato”.

Il complotto della CIA contro Assange è stato corroborato da funzionari statunitensi in un messaggio di Yahoo! Rapporto di notizie . Quindi il direttore della CIA Mike Pompeo non ha smentito il rapporto e ha invitato coloro che lo avevano fatto trapelare a essere perseguiti. Altri punti di appello potrebbero essere che un testimone chiave degli Stati Uniti sulle accuse di computer contro Assange ha ritrattato la sua testimonianza. E la salute di Assange è ulteriormente peggiorata quando ha subito un mini-ictus lo scorso ottobre.

Robinson ha affermato che il processo di appello in futuro potrebbe richiedere da sei mesi a un anno. “Se necessario, faremo ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo”, ha affermato.

In un caso separato, martedì la corte europea ha bloccato l’ordine del ministro dell’Interno di far decollare un aereo a Londra con i richiedenti asilo ruandesi a causa dei pericoli che hanno dovuto affrontare al ritorno nel loro Paese. Consortium News ha chiesto a Stella Assange e Robinson se si sono sentiti incoraggiati dalla sfida della corte al ministro dell’Interno in quanto potrebbe prefigurare il blocco della Corte europea di un aereo che trasporta Assange negli Stati Uniti

“Il governo sta valutando la possibilità di ritirarsi dalla corte europea”, ha risposto Assange. In effetti, la Gran Bretagna ha affermato che potrebbe ritirarsi dal sistema della CEDU sulla scia della decisione sul Ruanda, una minaccia che ha già fatto.

“Sarebbe uno sviluppo incredibilmente preoccupante se il Regno Unito si ritirasse dalla Corte europea dei diritti umani”, ha affermato Robinson. “E ovviamente speriamo che se dobbiamo arrivare così lontano, alla corte europea, che prenda la decisione giusta, ovvero impedire la sua estradizione. Se il Regno Unito si ritirasse dal tribunale, sarebbe incredibilmente pericoloso per ogni cittadino di questo paese”.

Appelli ai governi degli Stati Uniti e dell’Australia

“Continuiamo a chiedere all’amministrazione Biden di abbandonare questo caso a causa della grave minaccia che rappresenta per la libertà di parola ovunque”, ha affermato Robinson. “E continuiamo a chiedere al governo australiano di agire per proteggere i suoi cittadini”.

Il governo australiano recentemente eletto ha rilasciato una dichiarazione venerdì in cui afferma che il caso di Assange si è “trascinato troppo a lungo e che dovrebbe essere portato a termine”.

“Continueremo ad esprimere questo punto di vista ai governi del Regno Unito e degli Stati Uniti”, hanno affermato il ministro degli Esteri Penny Wong e il procuratore generale Mark Dreyfus nella dichiarazione. Non ci sono state ancora reazioni da parte di Washington.

“Chi è Mike Pompeo?”

Stella Assange si prepara per l’intervista dopo la conferenza stampa. (Gio Lauria)

“È molto difficile descrivere com’è per una famiglia”, ha detto Stella Assange. “La nostra determinazione è raddoppiata per ogni decisione presa, il che è una farsa”, ha detto ai media. “Voglio dire, non ho parole per esprimere com’è vedere il processo nel Regno Unito utilizzato come un modo per prolungare la sofferenza di Julian”.

Ha aggiunto: “Ho molto supporto da milioni di persone che vedono che questo è sbagliato e siamo stati offesi come famiglia”.

A Stella Assange è stato chiesto come farà a dire ai loro due figli che il padre non tornerà a casa presto. “Non vedo che senso abbia dirglielo”, ha risposto.

“Mi avvicino a questa situazione come se Julian fosse nel braccio della morte e risparmierò loro quella conoscenza”. Ha detto che “ne traggono il massimo” durante le visite di famiglia a Belmarsh. “Voglio che i loro ricordi del padre, di cui potrebbero avere solo pochi mesi rimasti, siano positivi e felici”.

Ha detto “l’altro giorno, il nostro figlio maggiore, che ha cinque anni, mi ha chiesto chi fosse Mike Pompeo perché mi aveva sentito dire qualcosa sul fatto che Mike Pompeo fosse una persona cattiva. Disse: ‘Chi è Mike Pompeo e dov’è?’ Come faccio a dire di non preoccuparti per Mike Pompeo?”

“Combatto ogni giorno per la vita di mio marito”, ha detto Stella Assange, aggiungendo:

“Dovrebbe essere libero e lo sanno tutti. Il processo viene utilizzato per nascondere le atrocità dalla storia. … Devono legarsi a nodi per consentire questa oltraggiosa estradizione. Penso che probabilmente sia stato estremamente difficile per loro elaborare una sorta di argomento semi-coerente. …

Il Regno Unito non dovrebbe essere perseguitato per conto di una potenza straniera in cerca di vendetta. Quella potenza straniera… ha commesso crimini che Julian ha messo alla luce del sole. Julian non ha fatto niente di male. Ha fatto tutto ciò che ogni giornalista che si rispetti dovrebbe fare quando gli viene data la prova di uno stato che commette crimini: lo pubblicano perché il loro dovere è verso il pubblico. E il dovere di Julian verso il pubblico lo ha portato in prigione.

L’ordine di estradizione è arrivato sulla scrivania di Patel dopo che la Corte Suprema del Regno Unito ha rifiutato di ascoltare l’appello di Assange contro una vittoria dell’Alta Corte per gli Stati Uniti.

Nel gennaio dello scorso anno, gli Stati Uniti avevano presentato ricorso contro la decisione di una magistratura di non estradare Assange perché sarebbe stato opprimente farlo in base alla salute di Assange e alle terribili condizioni di isolamento negli Stati Uniti. L’Alta Corte ha deciso a favore degli Stati Uniti basandosi esclusivamente sulle “assicurazioni” diplomatiche condizionate di Washington che avrebbero trattato Assange con umanità.

Robinson ha detto venerdì che quelle assicurazioni sarebbero state appellate alla corte europea dopo che la Corte Suprema si era rifiutata di esaminare il caso.

Joe Lauria è redattore capo di Consortium News ed ex corrispondente delle Nazioni Unite per il Wall Street Journal, il Boston Globe e numerosi altri giornali, tra cui The Montreal Gazette e The Star of Johannesburg. E’ stato un giornalista investigativo per il Sunday Times di Londra, un giornalista finanziario per Bloomberg News e ha iniziato il suo lavoro professionale come 19enne stringer per il New York Times.  Può essere raggiunto a joelauria@consortiumnews.com e seguire su Twitter @unjoe  

https://consortiumnews.com/2022/06/17/stella-assange-we-are-going-to-fight-this/

Jacques Baud, Il punto sulla situazione ucraina al 2 giugno

Va ricordato che l’offensiva russa lanciata il 24 febbraio ha seguito abbastanza fedelmente la dottrina militare russa. La fase 1 è stata articolata attorno a una linea principale di sforzo in direzione del Donbass, da una coalizione composta da forze russe, forze delle Repubbliche popolari di Donetsk (DPR) e Lugansk (LPR), e una linea di sforzo secondaria in direzione di kyiv, ingaggiando le forze russe. Logicamente, gli obiettivi dichiarati da Vladimir Putin, ovvero la “smilitarizzazione” e la “denazificazione” della minaccia al Donbass, si collocano nell’asse principale dello sforzo. Il

La “smilitarizzazione” riguarda le forze ucraine che erano state raggruppate nel Donbass per l’offensiva contro DPR e LPR. La “denazificazione” ha preso di mira principalmente le forze paramilitari dislocate a Mariupol.

I dati forniti dal Pentagono mostrano che la Russia ha lanciato la sua offensiva con circa 80 gruppi di battaglioni (BTG), per un totale di 65.000-80.000 soldati. A questi si aggiungono le milizie RPD e RPL. Considerando che le forze ucraine avevano in questo momento 200.000-250.000 uomini, vediamo che i russi hanno attaccato con una forza complessiva da 3 a 4 volte inferiore. Nel Donbass, l’equilibrio di potere può essere stimato da 1 (coalizione) a 2 (forze ucraine).

Ciò sembra contraddire le regole della strategia russa.Ma Solo in apparenza. La dottrina militare russa è divisa in tre componenti principali: tattica (taktika), arte operativa (operativnoe iskoustvo) e strategia (strategiya). L’arte operativa non è un tipo di operazione (come hanno affermato alcuni esperti) ma un quadro in cui sono concepite le operazioni militari. Secondo l’Enciclopedia militare russa, questo è il livello di creatività.

I russi sono maestri nell’arte operativa. Per attaccare una forza con mezzi di numero inferiore, creano superiorità locali. Manovrano le loro truppe in modo da ottenere superiorità limitate nel tempo e nello spazio, sufficienti per trarne vantaggio, prima di muovere nuovamente truppe per creare un’altra superiorità locale in un altro settore.

Il 24 febbraio, per sopraffare la difesa ucraina, i russi hanno utilizzato un vecchio concetto immaginato negli anni ’20 e ampiamente utilizzato durante la seconda guerra mondiale: il gruppo di manovra (OGM). Spesso confuso con il concetto

“dell’arte operativa”, l’OGM è una forza ad hoc, molto mobile, che spinge nella profondità del dispositivo nemico secondo il principio dell’“acqua che scorre”. I punti di forza ucraini e le principali località vengono aggirati senza un vero combattimento. L’OGM infatti non mira a distruggere l’avversario, ma a conquistare posizioni favorevoli per ulteriori operazioni.

Per creare superiorità locali, è necessario portare una forza sufficiente nel settore desiderato, impedendo che l’avversario venga a rinforzare il suo dispositivo. Questo è il ruolo di “Shaping Operations” (Shaping Operations nella terminologia americana). Il loro scopo è attrarre o fissare forze nemiche in determinati settori per lasciare il campo libero alle “operazioni decisive”, cioè quelle che consentono il raggiungimento degli obiettivi.

Durante la Fase 1, la coalizione russa ha iniziato la sua operazione decisiva nel Donbass mentre le operazioni di modellamento sono state effettuate nell’area di kyiv e Zaporozhye. Il 28 marzo, con l’accerchiamento dell’ultima piazza dei neonazisti ad Azovstal, questo obiettivo è stato considerato raggiunto e rimosso dalla lista degli obiettivi russi secondo il Financial Times.

Questo è ciò che ha permesso al comando russo di passare alla Fase 2: ha potuto ritirare le forze da Mariupol e concentrare i suoi sforzi sull’obiettivo della smilitarizzazione nel Donbass. Essendo ora in grado di raggiungere la superiorità nella sua decisiva area di operazione, il comando russo ha deciso di ritirare le truppe dal settore di kyiv per rafforzare la sua posizione nel sud del paese. La Russia ne ha approfittato per far passare questo movimento operativo come un gesto di buona volontà nel quadro dei negoziati di Istanbul.

Contrariamente alle dichiarazioni degli “esperti” sui nostri televisori – che ci assicuravano che Vladimir Putin stava cercando di impadronirsi di kiev, poi affermavano che i russi avevano “perso la battaglia di kyiv” – la coalizione russa non ha mai cercato di impossessarsi di kyiv. Inoltre, secondo i dati del Pentagono, i russi avrebbero schierato in questo settore solo circa 20.000-25.000 uomini. Tuttavia, in confronto, si stima che abbiano schierato circa 40.000 uomini per prendere Mariupol, una città notevolmente più piccola.

Nelle operazioni di “rosicchiamento” della Fase 2, il tasso di avanzamento delle forze russe è rallentato. Ciò è dovuto a tre fattori principali.

– In primo luogo, si tratta di affrontare i punti di appoggio che gli OGM avevano inizialmente aggirato. I russi si aspettavano quindi chiaramente un cambiamento nel ritmo delle operazioni.

– In secondo luogo, questi punti di appoggio sono generalmente costituiti da reti di trincee o località, dove i difensori sono difficili da rimuovere. A differenza degli occidentali in Afghanistan, Iraq o Siria, che hanno affrontato un avversario determinato e privo di armi pesanti, la coalizione russa sta combattendo contro un avversario di natura equivalente.

– Terzo, gran parte dei combattimenti è condotta da truppe RPD e LPR, che provengono dalla regione, che hanno conoscenti o parenti nella zona di combattimento e che, contrariamente a quanto affermano i nostri media, cercano di evitare di causare vittime tra i civili .

È probabile che la velocità di avanzamento della coalizione abbia deluso le aspettative di alcuni russi. La narrativa occidentale di una Blitzkrieg (“guerra lampo”) fuorvia al fine di creare queste aspettative e quindi rivendicare l’incapacità russa. In questo spirito le dichiarazioni che la Russia “volesse prendere Kiev” “in due giorni” e “finire la guerra entro il 9 maggio” erano solo disinformazione per “dimostrare” le carenze russe.

Pertanto, questo rallentamento non corrisponde a un calo delle capacità operative, ma alla natura dei combattimenti che è cambiata e che era stata pianificata. Resta il fatto che la guerra ha i suoi capricci e le truppe ucraine stanno combattendo valorosamente nonostante l’incapacità del loro comando di sostenerle.

La maggior parte delle forze ucraine si trova nel Donbass, intrappolato nella morsa creata dalle forze russe dall’inizio di marzo 2022. Sebbene l’esercito ucraino stia combattendo coraggiosamente a livello tattico, ci sono punti deboli nel modo in cui la sua leadership conduce le sue operazioni..

In primo luogo, addestrato da soldati della NATO la cui unica esperienza operativa è l’Iraq o l’Afghanistan, il personale ucraino – come nel 2014 – è incapace di svolgere operazioni dinamiche. La capacità delle truppe di resistere alle forze della coalizione russa deriva dalla loro preparazione del terreno più che dalla loro capacità di manovra. La relativa efficacia della difesa ucraina deriva principalmente dalla qualità delle loro reti di trincea, che ricordano quelle di Verdun.

In secondo luogo, l’azione delle forze ucraine sembra essere determinata più dalla politica che dalle realtà sul campo. Alcune decisioni sembrano essere prese contro il parere del personale. Questo è il caso dell’ordine di “tenere duro” a tutti i costi. Una situazione che ricorda – anche qui – la prima guerra mondiale. Sembra che la strategia del governo ucraino sia più in campo politico che in campo operativo.

Terzo, le perdite ucraine sembrano impressionanti. Volodymyr Zelensky riconosce vittime di 60-100 uomini al giorno, che sembra molto al di sotto realtà. Perché l’obiettivo di tenere a tutti i costi il Donbass comporta perdite significative, che sembrano essere confermate dai social network. Il comando ucraino ha dovuto inviare 7 brigate di difesa territoriale (Teroboronets), progettate per svolgere compiti di difesa locale, per rafforzare le formazioni di combattimento nell’est del Paese.

Mal preparate, queste truppe diventano facili bersagli per la coalizione russa e il loro tasso di vittime sembra essere enorme. Un media americano vicino al Partito Democratico stima queste perdite al 65% della forza combattente. Per fare un confronto, una formazione è considerata inadatta al combattimento dopo perdite del 15-25%. Iniettati senza una reale preparazione nelle zone di combattimento, i Teroboronetsi vengono decimati al loro arrivo. Questa situazione ha provocato manifestazioni di donne in tutto il nord del Paese, inclusa kiev, che i nostri media ovviamente non riportano.

Ricordiamo qui che l’obiettivo della Russia non è quello di impadronirsi del territorio, ma di distruggere la minaccia militare al Donbass. Gli occidentali sono stati un cattivo consiglio qui. Il comando ucraino sarebbe stato senz’altro meglio consigliato di non aggrapparsi a posizioni insostenibili; ritirare le sue truppe, che inevitabilmente sarebbero state distrutte, su una linea di difesa poco più arretrata, per ricostituire una vera capacità controffensiva. In altre parole, invece di costituire una forza robusta nel nord e nell’ovest del Paese, l’Ucraina invia le sue truppe per essere annientata in situazioni già disperate. A livello tattico, i soldati ucraini rendono la vita difficile ai russi, ma a livello operativo, il personale ucraino rende loro la vita più facile…

Da metà maggio 2022, la resa spettacolare di 1.000 combattenti della 36a Brigata di fanteria marina, poi di circa 2.500 paramilitari del reggimento Azov trincerati nel sito Azovstal a Mariupol, ha gravemente minato l’immagine della determinazione nei confronti dell’aggressore russo. Fu seguito da una pioggia di ammutinamenti di unità ucraine nel Donbass. Incapace di rifornire regolarmente queste truppe, di dar loro il cambio, di rifornirle di munizioni nonostante le promesse fatte, il comando ucraino perse la fiducia dei suoi uomini. Aumentano le testimonianze e i video delle truppe ucraine che si rifiutano di continuare il combattimento per la mancanza di supporto logistico, come ricorda il colonnello Markus Reisner dell’Accademia militare di Vienna nella sua presentazione sulla situazione del Donbass.

La fragilità della volontà di difesa ucraina non si riflette ovviamente nei nostri media mainstream, che sembrano rammaricarsi del fatto che questi ucraini non combattano fino alla morte. Sono sulla stessa linea dei volontari del movimento Azov, che minacciano Zelensky per aver permesso la resa di Mariupol.

Questa situazione crea tensioni che – secondo alcuni analisti – potrebbero portare a un duro colpo contro Zelensky. Non ci sono prove concrete per confermare questa ipotesi in questa fase, ma sembra che le autorità ne siano preoccupate. Continuano le eliminazioni degli oppositori e le nuove leggi puniscono severamente le opinioni che non supportano le opinioni del governo. A differenza della Russia, che ha bandito

gruppi e movimenti di opposizione sulla base dei loro finanziamenti esteri, la legge ucraina si applica sulla base della natura delle opinioni. Così, tra i partiti presi di mira c’è il partito Nachi, dell’oligarca Yevhen Muraiev, che è soggetto alle sanzioni russe.

Perché l’ordine di “tenere duro” a tutti i costi ha contribuito notevolmente a erodere la fiducia dell’esercito ucraino. Questo spiega la proposta di legge nella Verkhovna Rada per autorizzare gli ufficiali ad abbattere i loro soldati che tentano di disertare. Nel 2015, di fronte allo stesso problema, il parlamento ucraino aveva già adottato una legge del genere. Ma nel 2022, l’indignazione sui social media e i timori che avrebbe influenzato il sostegno occidentale hanno portato al ritiro del progetto. Questo potrebbe essere visto come un’illustrazione del carattere esemplare dello Stato di diritto e della democrazia in Ucraina, ma in realtà questo ritiro si spiega anche con il fatto che la legislazione in vigore consente già a un ufficiale di abbattere i suoi uomini in determinate circostanze …

Resta il fatto che l’immagine di un popolo determinato a combattere è una farsa. È molto probabile che questa determinazione esista nella parte nord-occidentale del paese. Al sud, invece, dove raramente si avventurano i giornalisti, la situazione sembra più sfumata. La popolazione è in gran parte di lingua russa o ha legami con la Russia. Gli abusi commessi dai paramilitari tra Odessa e Kharkov dal 2014 al 2015 hanno lasciato profonde cicatrici, anche se i Paesi occidentali hanno chiuso un occhio. Secondo un soldato ucraino intervistato dalla BBC a Lissitchansk, “il 30% è filo-ucraino, il 30% è filo-russo e il 40% non se ne cura” e la maggior parte dei filo-ucraini se ne sono andati. In altre parole, la volontà di resistere alla coalizione russa in questo settore è probabilmente debole.

L’esercito ucraino sta probabilmente combattendo per l’integrità territoriale del loro paese, ma non proprio per “una nazione”. Gli sforzi dei governi ucraini per differenziare i diritti dei gruppi etnici (legge sulle popolazioni indigene) e la definizione delle lingue ufficiali, solo per citarne alcuni, non danno l’immagine di uno Stato che cerca di unire la sua popolazione in un’unica nazione. Mentre gli abusi contro la popolazione di lingua russa sono i più noti, quelli che colpiscono la popolazione magiara e di lingua rumena spiegano ampiamente la riluttanza dell’Ungheria e della Romania a fornire armi all’Ucraina. La popolazione di Mariupol è di lingua russa e gli abusi subiti dal 2014 hanno fatto percepire gli ucraini – a torto oa ragione – come occupanti e i russi come liberatori.

Per questo non c’è movimento di resistenza nelle aree occupate dai russi, come abbiamo visto in Afghanistan e Iraq contro l’Occidente.

Inoltre, mentre gli ucraini maltrattano i loro prigionieri di guerra russi (senza disturbare i nostri media), il modo in cui i russi trattano i loro è noto nelle file dell’esercito ucraino, come notato dai media russi Readovka (condannato dal governo russo) . Questo aiuta a incoraggiare gli ucraini a deporre le armi. L’Occidente non sembra molto desideroso di svolgere indagini internazionali e imparziali su crimini come Boutcha e di limitarsi ad assistere gli ucraini. Questa non è una garanzia di imparzialità e funziona piuttosto contro il governo di kyiv, nonostante le accuse contro la Russia.

Continua il trend avviato da marzo 2022: la Russia sta gradualmente raggiungendo tutti i suoi obiettivi. La retorica di media senza scrupoli, come France 5 o RTS in Svizzera, che trasmettono sistematicamente le informazioni fornite dalla parte ucraina, ha avuto conseguenze perverse. Siamo più attaccati all’immagine romantica di una difesa eroica e disperata che al destino dell’Ucraina. Così, Claude Wild, ambasciatore svizzero a kyiv, ha dichiarato che “l’Ucraina ha vinto la battaglia per kiev ma nella battaglia per l’Ucraina, per il Donbass e per il sud del Paese, tutto è ancora aperto […] l’asimmetria è ancora totalmente a favore dei russi”.

Paradossalmente, è stata questa narrativa a distruggere l’Ucraina. L’illusione di un crollo della Russia con, come corollario, una vittoria ucraina, suggeriva l’inutilità di avviare un processo negoziale, ma al contrario di consegnare più armi.

Le iniziative di Zelensky per aprire un dialogo con la Russia sono state sistematicamente sabotate da Unione Europea, Regno Unito e Stati Uniti. Il 25 febbraio 2022, Zelensky ha lasciato intendere di essere pronto a negoziare con la Russia. Due giorni dopo, l’Unione Europea arriva con un pacchetto di armi da 450 milioni di euro per incitare l’Ucraina a combattere. A marzo stesso scenario: il 21 Zelensky fa un’offerta che va in direzione della Russia, due giorni dopo torna l’Ue con un secondo pacchetto da 500 milioni di euro per le armi. Il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno quindi esercitato pressioni su Zelensky affinché ritirasse la sua offerta, bloccando così i negoziati di Istanbul.

Tuttavia, la realtà sul campo spinge l’esercito occidentale a essere più realistico. Il 24 marzo il generale Mark Milley, capo dello stato maggiore congiunto, aveva tentato di chiamare il generale Valeri Gerassimov, capo di stato maggiore russo,inutilmente . Il 13 maggio 2022, Lloyd Austin, Segretario alla Difesa degli Stati Uniti, ha chiamato il suo omologo russo, Sergei Shoigu, per chiedergli un cessate il fuoco. Questa è la prima volta che i due uomini si parlano dal 18 febbraio.

I soldati americani sono quindi esigenti: vedono arrivare il disastro per l’Ucraina e cercano di guadagnare tempo. Ma non hanno sufficiente credibilità perché i russi entrino nella questione. Questi ultimi sono in una dinamica per loro attualmente favorevole e le proposte dei militari americani non sembrano avere eco con la Segreteria di Stato. A questo punto, per convincere i russi servirebbero gesti concreti che nessuno è in grado o vuole compiere.

Non solo le sanzioni stanno lottando per avere un effetto concreto sull’economia russa, ma il loro impatto sulle nostre economie comincia a farsi sentire a livello politico. È il caso dell’Estonia, del Regno Unito, degli Stati Uniti e, in una certa misura, della Francia. Negli Stati Uniti, la prospettiva di medio termine spinge i repubblicani a mettere in discussione queste sanzioni che incidono sul potere d’acquisto, sul ruolo del dollaro e, più in generale, sull’economia americana.

Quanto all’economia russa, non sembra risentire delle sanzioni. Il quotidiano britannico The Guardian, feroce oppositore della Russia, deve notare che “la Russia sta vincendo la guerra economica”. L’inflazione che colpisce l’emisfero settentrionale è il risultato della giustapposizione di una flessione dell’offerta a seguito della crisi del CoViD e di un più difficile accesso alle materie prime a seguito delle sanzioni occidentali. Tuttavia, questa seconda causa non riguarda la Russia. Secondo i media Bloomberg, la Russia potrebbe avere un surplus commerciale di circa 285 miliardi di dollari nel 2022. Questo surplus però non deriva da un aumento della produzione di idrocarburi, ma essenzialmente dall’aumento dei prezzi causato dalle sanzioni europee. Quindi, secondo The Guardian, la Russia avrebbe ricevuto un surplus commerciale di 96 miliardi di dollari durante i primi quattro mesi del 2022.

Il problema è che fino a quel momento l’Occidente aveva applicato sanzioni solo ai paesi da cui dipendevano poco, il che ovviamente non è il caso della Russia. Inoltre, gli “esperti” di France 5, RTS o BFM TV, che hanno paragonato l’economia russa a quella italiana o spagnola, hanno deliberatamente liquidato un fattore essenziale: la Russia era una delle meno indebitate al mondo. In altre parole, praticamente non dipendeva dall’esterno. Per questo il rublo, di cui Bruno Lemaire ha annunciato il crollo a seguito delle sanzioni europee, sta facendo meglio che mai! È stata definita “la valuta con le migliori prestazioni dell’anno” dal media finanziario americano Bloomberg.

Quanto alle esportazioni di materie prime e cereali, contrariamente a quanto affermano i nostri media, non sono impedite dalla Russia, ma dalle sanzioni europee e… dall’Ucraina.

In teoria, il trasporto marittimo di grano e fertilizzanti non risente delle sanzioni americane. Ma in pratica, le aziende occidentali non si fidano delle decisioni occidentali che fluttuano irrazionalmente e sono riluttanti a ordinare. Inoltre, le sanzioni occidentali non solo limitano l’acquisto di grano dalla Russia colpendo i mezzi di pagamento, ma ne impediscono la consegna vietando alle compagnie assicurative (e riassicurative) di coprire le spedizioni russe.

Sono operativi i porti del Mar Nero sul versante russo, compreso quello di Mariupol che ha iniziato a riprendere le proprie attività. Quanto al porto di Odessa, non è bloccato dalla Russia, che – al contrario – ha lasciato aperti i corridoi di accesso per rifornire la città. Questi corridoi sono permanentemente aperti e le loro coordinate geografiche sono comunicate a intervalli regolari su frequenze internazionali.

Furono infatti gli ucraini che, temendo uno sbarco a Odessa, minarono loro stessi la costa con vecchie mine a fune. Queste mine, mal posizionate, tendono ad andare alla deriva, mettendo in pericolo tutta la navigazione marittima. La Marina turca ha dovuto disinnescare le mine che hanno raggiunto il Bosforo. Le accuse di un blocco russo sembrano mirare solo a giustificare un possibile intervento occidentale, come riportato dal Washington Post.

In queste condizioni, la domanda sussidiaria è perché l’Ucraina dovrebbe esportare la sua produzione via mare… Perché in effetti, il modo più economico per esportare il grano ucraino sarebbe il treno, attraverso la Bielorussia. A condizione, però, di riconsiderare le sanzioni che lo colpiscono!

Come per tutti gli altri aspetti del conflitto ucraino, i media e gli “esperti” cercano di presentarci Vladimir Putin come un individuo irrazionale. Secondo loro, l’impasse in cui si troverebbero le forze russe in Ucraina, potrebbe spingerlo a ingaggiare l’arma nucleare. All’inizio di maggio, poco dopo il lancio di prova di un missile russo RS-28 Sarmat, i nostri media hanno brandito (di nuovo) la minaccia di un uso irrazionale delle armi nucleari.

In realtà, quello che nessun media ha detto è che alla fine di aprile 2022 il presidente Joe Biden ha deciso un grande cambiamento nella politica nucleare americana abbandonando il principio del “non primo utilizzo” dell’arma nucleare. In altre parole, mentre gli Stati Uniti fino ad allora avevano considerato l’uso delle armi nucleari solo a scopo di deterrenza (politica del “Solo Scopo”), Biden ha approvato una politica “che lascia aperta la possibilità di utilizzare armi nucleari non solo per rappresaglia per un attacco nucleare, ma anche per rispondere a minacce non nucleari”. In altre parole, gli Stati Uniti si permettono in qualsiasi momento di usare armi nucleari.

La narrativa occidentale dell’annunciata sconfitta della Russia e della vittoriosa resistenza dell’Ucraina è l’argomento principale per incoraggiare l’invio di armi. Si ritiene che tutto ciò che serve sia “l’ultima piccola spinta” per ottenere la vittoria. Ma la realtà è meno romantica.

Prima di tutto, precisiamo che le armi fornite dagli Stati Uniti, sono soggette a una legge “Lend-Lease” adottata molto opportunamente il 19 gennaio 2022. In altre parole, le armi fornite dovranno essere pagate dall’Ucraina. A titolo indicativo, un tale meccanismo è stato istituito all’inizio della seconda guerra mondiale per finanziare l’armamento del Regno Unito e della Russia. Hanno finito di ripagare i loro debiti nel… 2006. E per il momento, non si tratta di cancellare il debito dell’Ucraina. Beneficenza ben organizzata…

In secondo luogo, le armi consegnate all’Ucraina non raggiungono i combattenti in prima linea. Diverse ragioni per questo.

– In primo luogo, parte di queste armi che arrivano in Polonia per essere poi inviate in Ucraina, vengono dirottate sul suolo europeo. Così i missili anticarro FGM-148 Javelin, che trasportano speranze occidentali contro le forze russe, vengono rivenduti sul darknet a 30.000 dollari ciascuno da elementi del governo ucraino.

– In secondo luogo, non esiste un vero e proprio meccanismo per la distribuzione di queste armi, le migliori delle quali vengono cedute a unità nell’ovest del Paese, a scapito dei combattenti al fronte.

– Terzo, le azioni ucraine stanno rapidamente cadendo nelle mani dei russi. Questi ultimi hanno così recuperato notevoli quantità di giavellotti che hanno consegnato alle milizie del Donbass, dove ora sono impiegati! Non sono gli unici. Così, alcuni elicotteri ucraini che cercavano di evacuare i caccia da Mariupol furono abbattuti dai missili antiaerei Stinger, forniti dagli americani…

In effetti, anche i servizi di intelligence americani non sanno dove esattamente le armi consegnate in Ucraina finiscano .Questa situazione allarma Juergen Stock, segretario generale dell’Interpol, che teme che queste armi vadano alle organizzazioni criminali. Tuttavia, ciò avviene con la complicità dei governi occidentali che sono riluttanti a mettere in atto tutele e meccanismi di verifica sull’uso di queste armi.

Per quanto riguarda la loro capacità di cambiare l’equilibrio di potere sul terreno, è discutibile. Prima di tutto, la loro quantità è lungi dal sostituire le centinaia di attrezzature ucraine simili che i russi hanno distrutto dal febbraio 2022. In secondo luogo, poiché sono diversi da quelli per i quali è stato formato l’esercito ucraino, rendono difficile standardizzare i metodi di apprendimento e richiedono una manutenzione differenziata. In altre parole, probabilmente causano perdite russe, ma rendono anche la gestione dei combattimenti più complicata per gli ucraini. I loro effetti positivi sono quindi tattici, ma i loro svantaggi sono di natura operativa. Tuttavia, come abbiamo visto, la debolezza ucraina è già a livello operativo. Questo problema è ovviamente evidente all’esercito ucraino, motivo per cui il governo sembra aver emanato una direttiva che vieta ai militari di criticare pubblicamente le attrezzature consegnate dagli occidentali!

Per alcuni, la crisi ucraina ha rafforzato l’unità europea, il collegamento transatlantico e l’importanza della NATO. Le sanzioni sono state applicate all’unanimità nell’euforia e nella prospettiva di un rapido collasso della Russia.

Ma la Russia non è crollata e le sanzioni stanno iniziando ad avere effetti perversi sui paesi occidentali, che non possono più fare marcia indietro senza perdere la faccia. L’unità europea è solo una facciata che l’inflazione creata dalle sanzioni potrebbe rompere ulteriormente nei prossimi mesi. Negli Stati Uniti e In Europa, i commentatori stanno iniziando a mettere in discussione la gestione della crisi e l’allineamento con Washington, che sembra essere stata totalmente sopraffatta dagli eventi. Per quanto riguarda la NATO, la reazione della Turchia alle candidature di Svezia e Finlandia evidenzia due cose.

Prima di tutto, l’incredibile dilettantismo dei leader svedesi e finlandesi che hanno totalmente trascurato di consultare i vari membri dell’Alleanza – e la Turchia in primo luogo – per sondare il loro sostegno. All’inizio degli anni ’90, quando la Svizzera si chiedeva di aderire al partenariato per la pace (PfP) della NATO, una delle nostre prime visite è stata a Mosca, al fine di sondare la loro percezione della neutralità svizzera in questa nuova situazione.

In secondo luogo, la leggerezza della lettura strategica dei paesi nordici, che tendono a credere di essere al centro delle preoccupazioni strategiche della Russia. La loro lettura potrebbe essere quella della Polonia, o anche della Germania. Ma per la Svezia in particolare, l’adesione alla NATO rappresenta un peggioramento della sua posizione strategica.

A differenza di coloro che annunciano perentoriamente da febbraio che la Russia sta cercando di conquistare l’Ucraina, il suo obiettivo finale non è realmente noto. Ci si può aspettare che le forze russe spingano fino alla Transnistria, come annunciato dal Ministero della Difesa russo. Così sarebbe più o meno ricostituita la Novorossiya che ha avuto un’esistenza molto effimera nel 2014. Ci stiamo muovendo verso una situazione in cui l’Ucraina e l’Occidente dovranno fare concessioni di cui non hanno ancora misurato l’importanza. L’idea che lo status della Crimea, del Donbass o persino dell’Ucraina meridionale possa ancora essere negoziabile è un’illusione. Questo era il messaggio di Henry Kissinger al World Economic Forum di Davos a maggio.

È molto probabile che se a Zelensky fosse stato permesso di negoziare come intendeva con la Russia fin dall’inizio dell’offensiva, l’Ucraina avrebbe potuto mantenere la maggior parte del sud sotto la sua sovranità. Oggi, la combinazione di implacabilità occidentale nel prolungare il conflitto e il rifiuto ucraino di impegnarsi in un processo negoziale mette la Russia in una posizione di forza. L’incapacità degli occidentali di giudicare razionalmente il loro avversario sembra portare l’Ucraina al disastro.

https://cf2r.org/documentation/le-point-sur-la-situation-militaire-en-ukraine-au-2-juin-2022/

https://centrostudistrategicicarlodecristoforis.wordpress.com/2022/06/17/jacques-baud-il-punto-sulla-situazione-ucraina/?fbclid=IwAR0jg1a-vXyZThQDsf1BhIgaV7VD6Ka-ZTMA4-YIiB12e-FRZZOZsX4zTIE

“Molte questioni “woke” corrispondono all’agenda degli islamisti”, di Eugénie Boilait

FIGAROVOX/ INTRODUZIONE. – In uno studio per la Fondazione per l’Innovazione Politica, Lorenzo Vidino analizza il legame tra wokismo e islamismo. Gli islamisti usano la lotta alla discriminazione per diventare gli interlocutori privilegiati delle istituzioni occidentali, spiega.

FIGAROVOX. – Cosa intendi con “svegliato l’islamismo”? Non c’è una contraddizione in termini?

Lorenzo VIDINO. –  La contraddizione è solo apparente, in realtà il termine descrive una dinamica che si manifesta in tutti i paesi occidentali: gli islamisti, in particolare quelli delle generazioni più giovani, adottano le questioni e il quadro di pensiero del movimento vegliato (ndr, to be woke , sveglio in inglese comprende tutto ciò che riguarda l’ingiustizia e l’oppressione, la cui lotta è portata come standard dai seguaci di questo movimento). Nonostante i loro forti legami con i Fratelli Musulmani e altri gruppi islamisti, la maggior parte di questi giovani attivisti usa raramente riferimenti islamisti e, se lo fa, lo fa in termini sommessi. Piuttosto, parlano il linguaggio della discriminazione, dell’antirazzismo, dell’oppressione interiorizzata, dell’intersezionalità e della teoria postcoloniale. Molte delle cause che abbracciano, come l’ambiente o l’abbassamento delle tasse universitarie, non hanno nulla a che fare con l’islamismo. Altri possono essere visti come lamentele tradizionali sovrapposte dell’islamismo, ma sono inquadrate in termini tipicamente progressisti e senza apparente islamismo. Per esempio,

Lei menziona due gruppi target per gli islamisti occidentali: le comunità musulmane occidentali e le istituzioni occidentali. Perché gli islamisti si rivolgono particolarmente a loro?

Gli islamisti occidentali sono pragmatici e si sono resi conto che l’obiettivo che volevano raggiungere nella maggior parte dei paesi musulmani – creare regimi islamici che obbedissero alle leggi della Sharia – era irraggiungibile in Occidente. I loro obiettivi sono ora adattati al loro ambiente nella maggior parte delle società prevalentemente non musulmane. Il primo obiettivo degli islamisti è quello di diffondere la loro visione sociale, politica e religiosa del mondo alle comunità musulmane e per farlo hanno creato una rete estremamente sofisticata di moschee, associazioni, scuole e altre istituzioni.

Il secondo obiettivo è diventare l’interlocutore esclusivo delle élite europee, i rappresentanti moderati e affidabili a cui i governi europei, i media e la società civile nel suo insieme si rivolgerebbero quando cercheranno di mobilitare la comunità musulmana. Idealmente, diventerebbero persone incaricate dal governo di preparare curricula, scegliere insegnanti per l’educazione islamica nelle scuole pubbliche, scegliere imam nell’esercito, nella polizia o in prigione e ricevere sussidi per amministrare vari servizi sociali.

Questa posizione consentirebbe loro  di fatto  di essere la voce ufficiale dei musulmani nei dibattiti pubblici e nei media, eclissando così le forze in competizione. I poteri e la legittimità loro conferiti dai governi europei permetterebbero loro anche di esercitare un’influenza significativamente maggiore sulla comunità musulmana. Con un giudizioso calcolo politico, i Fratelli Europei desiderano trasformare il loro tentativo di leadership in una profezia che si autoavvera, cercando di essere riconosciuti come rappresentanti della comunità musulmana per diventarlo veramente. Inoltre, questa vicinanza consentirebbe loro di esercitare pressioni su tutte le cause care agli islamisti, sia in politica interna che estera.

Come si spiega il fascino di una certa frangia della sinistra occidentale per l’islamismo?

Va detto che alcune parti della sinistra, in Francia in particolare, non hanno simpatia per l’islamismo, perché sanno che fondamentalmente l’islamismo è un’ideologia di estrema destra, patriarcale e intollerante.

Tuttavia, una certa parte della sinistra, per alcuni decenni, ha cominciato ad ammirare l’islamismo. In Francia, l’esempio perfetto di questo fenomeno è Michel Foucault e il suo fascino per la rivoluzione iraniana, che ha poi riconsiderato. Il potente anticolonialismo dell’islamismo, il suo rifiuto di ciò che percepisce come costrutti sociali ed economici imposti dall’Occidente, il suo antiamericanismo e antisionismo e la sua capacità di mobilitare le masse hanno conquistato l’ammirazione di ampi settori della sinistra occidentale.

Anche altri elementi giocano un ruolo: la mancanza di comprensione della vera natura dell’Islam e dell’Islamismo; l’idea cinica di un sodalizio con gli islamisti per un quid pro quo politico; e l’idea ingenua che solo gli occidentali possano sostenere idee fasciste e intolleranti, concedendo anche agli islamisti un passaggio gratuito quando adottano opinioni che la sinistra avrebbe detestato se fossero stati sostenuti da un movimento occidentale.

Come definiresti il ​​wokismo? E in che modo gli islamisti occidentali hanno abbracciato questa nuova scuola di pensiero?

Il wokismo è un termine controverso, ma va bene vederlo come una forma accresciuta di politica dell’identità. E molte delle questioni risvegliate si adattano perfettamente all’agenda degli islamisti. La tendenza a prendere di mira il bianco e la presunta tendenza dominante dell’uomo bianco e la sua presunta responsabilità per la maggior parte delle disgrazie del mondo si adattano perfettamente, ad esempio, a un’ideologia come l’islamismo, nata nella prima metà del XX secolo in opposizione al colonialismo e che da allora ha accusato l’Occidente di molti dei problemi del mondo musulmano. Allo stesso modo,

Gli islamisti di oggi affermano in un linguaggio perfettamente sveglio e affermano che i musulmani hanno bisogno di “spazi sicuri” per essere protetti dal “razzismo strutturale” e per preservare la loro identità.

Gli islamisti sono davvero convinti delle cosiddette tesi sveglie o le usano come strumenti politici?

È difficile da dire e la risposta molto probabilmente si trova tra i due. Non c’è dubbio che gli islamisti hanno un’enorme flessibilità politica e ora si sono resi conto che il wokismo li aiuta su vari fronti, quindi non è irragionevole vedere questo solo come uno stratagemma cinico. Allo stesso tempo, i giovani attivisti islamisti, in gran parte nati in Europa, hanno trascorso i loro anni di formazione a cavallo di due mondi: un piede nelle reti islamiste tradizionali e l’altro nei circoli accademici progressisti e nella società civile, ed è logico pensare che essi assorbito elementi di entrambi, giustapponendoli e riconciliandoli. Ma stiamo assistendo a un nuovo fenomeno ed è difficile prevedere come si svilupperanno le cose, come reagirà la vecchia guardia islamista se certe tendenze wokiste si spingono troppo oltre e se le nuove generazioni potessero staccarsene. Le interpretazioni possibili sono molte, ma è chiaro che stiamo assistendo a un passaggio generazionale all’interno dell’islamismo europeo e dobbiamo osservare attentamente cosa questo comporta.

https://www.fondapol.org/dans-les-medias/de-nombreuses-problematiques-woke-correspondent-a-lagenda-des-islamistes/

Segue il saggio di

Lorenzo Vidino _ riassunto

Gli ultimi decenni hanno visto un cambiamento nella strategia e nel discorso dell’Islam radicale e dei suoi militanti. Questi cambiamenti sono il risultato della grande e ormai duratura presenza di popolazioni musulmane nel mondo occidentale. Di fronte all’irrealismo di un progetto originale di islamizzazione integrale, i suoi militanti si sono evoluti in una doppia direzione: la ricerca della massima influenza sulle comunità musulmane occidentali e la promozione della loro visione e delle loro rivendicazioni con le istituzioni e le principali istituzioni politiche, economiche, culturali e sociali attori nei paesi ospitanti. Questi attivisti provengono da nuove generazioni, nati e formati in Occidente, il più delle volte nelle scienze sociali, e non più nel campo scientifico e tecnologico come i loro predecessori. Contemporaneamente, questi nuovi islamisti sostengono temi ultraprogressisti, consentendo loro di concludere alleanze con la sinistra radicale. Gli sviluppi più recenti hanno così visto moltiplicarsi i ponti tra l’Islam radicale e quella che oggi viene chiamata “cultura sveglia”, in un contesto di propagazione di contenuti che è stato profondamente modificato dai canali satellitari e dai social network.

Questa nota di Lorenzo Vidino, direttore del programma di ricerca sull’estremismo alla George-Washington University, presenta le strutture, i supporti e i temi di questo “islamismo svegliato” o “islamo-wokismo”, ma anche le reazioni negative, soprattutto in Francia e persino tra i musulmani occidentali.

L’autore mostra che i nuovi attivisti islamisti usano raramente i riferimenti tradizionali ma piuttosto riprendono il linguaggio della discriminazione, dell’antirazzismo, dell’oppressione interiorizzata, dell’intersezionalità e della teoria postcoloniale. È questo nuovo approccio che dà loro accesso al mondo della politica, dei media e della società civile, che i loro predecessori non avrebbero mai osato sperare.

Resta la domanda se un tale cambiamento rifletta un’adozione dei valori occidentali da parte di questa nuova generazione di attivisti, attraverso il progressismo, o se, al contrario, il wokismo stia diventando un potente vettore di influenza islamista nel mondo occidentale.

Lorenzo Vidino,

Direttore del Programma Estremismo presso la George Washington University

Leggi anche

 

STUDIA

L’ideologia woke. Anatomia del wokismo (1)

STUDIA

L’ideologia sveglia. Di fronte al wokismo (2)

L’islamismo nel mondo occidentale ha una storia di quasi settant’anni, che risale all’arrivo in Europa e Nord America tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 dei primi membri della Fratellanza Musulmana, siano essi studenti che seguono un’istruzione superiore nelle università occidentali o alti funzionari in fuga dalla persecuzione a casa. Da allora, attivisti legati a vari rami della Fratellanza Musulmana nel mondo arabo e ad altri movimenti del subcontinente indiano (Jamaat-e-Islami) e della Turchia (Millî Görüş) appartenenti alla grande famiglia della politica islamica hanno stabilito una presenza stabile in l’ovest. Da allora questi movimenti si sono evoluti ideologicamente e organizzativa. Nonostante le loro dimensioni relativamente ridotte,

Alcuni aspetti di questa presenza non sono cambiati molto nel tempo. Ad esempio, il funzionamento interno di molte reti islamiste occidentali, come uno scrupoloso processo di selezione, il segreto interno e la struttura gerarchica, sono virtualmente identici a quelli dei primi tempi, replicando essenzialmente quelli delle strutture madri delle società a maggioranza musulmana.1 . Tuttavia, negli anni, i membri occidentali del movimento islamista, che si caratterizza per la sua flessibilità e pragmatismo, hanno capito che diversi aspetti della loro matrice politica devono essere adattati.

Giudizi

In primo luogo, hanno capito che gli obiettivi che il movimento perseguiva per le società a maggioranza musulmana – l’islamizzazione della società nel suo insieme e l’istituzione di un governo islamico che applicasse la sharia – non potevano essere raggiunti realisticamente in Occidente, dove i musulmani sono solo un piccola minoranza. Gli islamisti occidentali hanno quindi ritenuto più appropriati due obiettivi: da un lato, diffondere la loro visione politico-religiosa del mondo all’interno delle comunità musulmane occidentali; dall’altro, per influenzare le politiche pubbliche ei dibattiti occidentali sulle questioni che li interessano.

Inoltre, nel tempo, gli islamisti occidentali si sono resi conto che non solo i loro obiettivi, ma anche le loro tattiche dovevano essere adattate. Alcune delle narrazioni, dei modelli e del linguaggio che compongono il repertorio tradizionale dell’islamismo sono rimaste invariate. Ciò era particolarmente vero tra gli ex membri affiatati del movimento e anche quando il movimento cercava di raggiungere un pubblico più ampio, ma ancora relativamente piccolo, di simpatizzanti conservatori nelle comunità musulmane occidentali. Ma, allo stesso tempo, gli islamisti occidentali hanno cambiato radicalmente il modo in cui si presentano a due dei loro principali destinatari:

È di fondamentale importanza per gli islamisti occidentali raggiungere questi due gruppi target. Hanno capito fin dall’inizio degli anni ’80 che la loro presenza in Occidente non era temporanea e che potevano usarla non solo come rifugio per sfuggire ai regimi del Medio Oriente, ma anche per raggiungere una nuova serie di Obiettivi. Le comunità musulmane occidentali di recente costituzione e in crescita sono state viste come un pubblico perfettamente ricettivo alla visione religiosa e sociopolitica degli islamisti, e Yusuf Al-Qaradawi, il presunto leader spirituale del movimento islamista globale, ha affermato che “il dovere di il movimento islamico [doveva] non lasciare che questi espatriati [occidentali] fossero spazzati via dal vortice materialistico che prevale in Occidente 2“. Con l’obiettivo di influenzare le istituzioni occidentali, negli ultimi trent’anni gli islamisti hanno costantemente cercato di presentarsi come legittimi rappresentanti delle comunità musulmane locali, come interlocutori affidabili e moderati per i governi, i media e la società nel suo insieme.

Giudizi

Per convincere questi interlocutori alla loro causa, gli islamisti occidentali hanno subito capito la necessità di adattare i loro messaggi ei loro metodi. Questo processo di adattamento linguistico è iniziato diversi decenni fa, ma si è approfondito e accelerato negli ultimi dieci-quindici anni, con l’arrivo di una nuova generazione di giovani attivisti. A differenza della prima generazione di islamisti arrivati ​​dal Medio Oriente, questa nuova generazione ha più familiarità con le sensibilità culturali occidentali perché è nata in Occidente e si è formata principalmente nelle scienze sociali, umanistiche e della comunicazione (mentre la maggior parte degli attivisti di prima generazione tendeva a formazione in discipline come ingegneria e medicina). Molti di coloro che appartengono a questa nuova generazione di attivisti islamici mantengono solo tenui legami formali con le strutture islamiste consolidate. Potrebbero essere cresciuti sotto l’influenza dell’Islam – a volte letteralmente, poiché alcuni di loro sono figli di pionieri dell’Islam in Occidente – essendo attivi in ​​gruppi di giovani islamisti o tenendo spesso conferenze nelle moschee e in occasione di eventi legati alla rete, ma hanno spesso costruito i propri mezzi per amplificare il proprio discorso attraverso la creazione di nuove organizzazioni e una presenza online multipiattaforma. Il loro grado di connessione con le organizzazioni islamiste tradizionali è variabile e può essere piuttosto limitato, almeno formalmente.

Inoltre, la maggior parte di questi giovani attori islamisti usa raramente riferimenti islamisti e, se lo fanno, di solito è in termini alquanto sottovalutati. Piuttosto, parlano il linguaggio della discriminazione, dell’antirazzismo, dell’oppressione interiorizzata, dell’intersezionalità e della teoria postcoloniale. Molte delle cause che abbracciano, come l’ambiente o l’abbassamento delle tasse universitarie, non hanno nulla a che fare con l’islamismo. Altri possono essere visti come lamentele tradizionali sovrapposte dell’islamismo, ma sono inquadrate in termini tipicamente progressisti e senza apparente islamismo. Ad esempio, il recente abbraccio degli islamisti occidentali negli appelli alla “decolonizzazione” dei programmi scolastici corrisponde alla natura anticoloniale intrinseca dell’ideologia,

Questi approcci hanno consentito alla nuova generazione di islamisti occidentali l’accesso, cosa inaspettata per i loro predecessori, ai circoli del mondo politico, dei media e della società civile. Eliminando in gran parte il topoïLinguaggio islamista e abbracciando strutture e cause progressiste, i giovani islamisti occidentali hanno stretto forti alleanze nella società tradizionale e sono stati ampiamente accettati dall’élite occidentale. Molti di loro hanno quindi aderito a partiti politici, pubblicato articoli d’opinione e dibattiti sui media mainstream, si sono candidati alle cariche, hanno stretto alleanze con un’ampia gamma di organizzazioni progressiste e opinion leader. Hanno ricevuto sovvenzioni da fondazioni rispettate e agenzie governative.

Sono finiti i giorni in cui gli islamisti occidentali bruciavano libri pubblicamente, come nell’affare Rushdie 3 nel 1988. Molti islamisti oggi usano metodi, abbracciano cause e stringono alleanze che lasciano perplessi non solo gli osservatori membri di lunga data del movimento, ma anche la prima generazione di pionieri. Alcuni, soprattutto in Europa, hanno iniziato a chiamare questa tendenza “svegliato l’islamismo”. Questo termine è controverso e può essere visto come un po’ peggiorativo 4 , ma è diventato relativamente comune tra gli osservatori e gli anziani della scena islamista in Occidente, descrivendo giustamente una tendenza che ha accelerato notevolmente negli ultimi anni.

Questa nota cerca di analizzare alcune delle dinamiche chiave alla base dell’islamismo svegliato in Occidente, dalle sue origini alle sue numerose manifestazioni. L’analisi di questo nuovo islamismo è relativamente recente ed è complessa perché l’evoluzione non è la stessa da un Paese all’altro, il che rende impossibile una valutazione completa dei suoi aspetti e delle sue implicazioni. Nonostante queste difficoltà, questa nota mira a far luce su un fenomeno che sta cambiando in modo significativo il volto dell’islamismo in Occidente e che quindi deve essere compreso sia dagli accademici che dai responsabili politici.

Giudizi

Il rapporto tra sinistra e islamismo – due termini che, ovviamente, racchiudono una gamma molto diversificata di opinioni e correnti politiche – è complesso. Anche limitando la nostra analisi all’Occidente, è impossibile coglierne anche lontanamente le molteplici sfaccettature. In ogni caso, si tratterebbe di un compito che esula dallo scopo di questo lavoro 5 . Eppure è giusto dire che una delle tendenze più salienti che ha caratterizzato il rapporto tra alcuni di questi elementi più progressisti, e talvolta più radicali, della sinistra e l’islamismo è la simpatia e il desiderio di collaborare.

A sinistra, molte voci, anche negli ambienti più progressisti, adottano un approccio nettamente diverso, evidenziando le molte questioni su cui i due movimenti differiscono nettamente e opponendosi a qualsiasi visione favorevole dell’islamismo . Ma il fascino per l’islamismo ha attanagliato gran parte della sinistra occidentale dagli anni ’50. Il potente anticolonialismo dell’islamismo, il suo rifiuto di ciò che percepisce come costrutti sociali ed economici imposti dall’Occidente, il suo antiamericanismo e il suo antisionismo, nonché la sua capacità di mobilitare le masse ha conquistato l’ammirazione di ampi settori della sinistra occidentale.

Questa simpatia, insieme alla percezione di nemici comuni, ha portato ad ammettere un’alleanza con gli islamisti. Questo punto di vista è stato condiviso, apertamente o meno, da molti membri della sinistra occidentale, che vanno da personalità eminenti a certi gruppi marginali e violenti di estrema sinistra . Molte di queste teorie hanno trovato poca o nessuna realizzazione. Tuttavia, negli ultimi vent’anni, diversi casi di alleanza (a volte indicati come rosso-verde) hanno avuto luogo in circoli di sinistra più tradizionali in vari paesi occidentali. Molti considerano l’alleanza emersa nel Regno Unito all’inizio degli anni 2000 attorno alla Stop the War Coalition (STWC) come un tipico esempio di questa dinamica 8 .

Giudizi

9.

Intervista a Kamal Helbawi, Londra, dicembre 2008, e Richard Phillips, art. Citazione

10.

Ibidem .

11.

Vedi Richard Phillips, s. cit.

In origine era una partnership tra varie organizzazioni guidate dal Partito Socialista dei Lavoratori e dal Partito Comunista Britannico. Con l’avvicinarsi della guerra in Iraq nel 2003, STWC ha fatto appello alla Muslim Association of Britain (MAB), fondata e guidata da importanti attivisti della Fratellanza Musulmana con sede nel Regno Unito come Kamal Helbawy, Azzam Tamimi e Anas al-Tikriti. Impressionati dall’affluenza alle urne a una manifestazione anti-israeliana che il MAB aveva organizzato nel centro di Londra nell’aprile 2002, i leader del STWC chiesero al MAB di unirsi alla coalizione. Va notato che la manifestazione anti-israeliana del MAB è stata ampiamente criticata per la presenza degli emblemi di Hamas e Hezbollah e per l’incendio delle bandiere israeliane e americane .

L’offerta ha acceso un vivace dibattito interno, con i leader del MAB che hanno valutato i vantaggi di estendere il loro messaggio a un livello molto più ampio e i potenziali costi che un’alleanza con marxisti, atei e omosessuali avrebbe potuto causare loro, soprattutto tra i segmenti più conservatori dell’Islam comunità . Alla fine, MAB ha accettato di entrare in una forma di partenariato tra pari, cooperando strettamente ma rimanendo costituito come un blocco autonomo con una propria agenda. L’associazione ha anche imposto come condizioni necessarie per la sua partecipazione la presenza di cibo halal, alloggi adeguati alla sua pratica religiosa, nonché incontri e manifestazioni in cui uomini e donne sarebbero stati separati 11. Nonostante le proteste di alcuni dei suoi membri, i vertici dello STWC avrebbero accettato tutte queste condizioni 12 .

La cooperazione tra MAB e STWC è stata un successo, poiché centinaia di migliaia di manifestanti hanno partecipato ai loro vari eventi. Ha anche portato alla formazione di un partito politico, Respect/The Unity Coalition, che ha comunque ottenuto scarso successo alle urne. Tra i suoi candidati c’erano leader di estrema sinistra come il deputato laburista George Galloway e il leader trotskista del Partito socialista operaio Lindsey German, membri del MAB come Anas al-Tikriti e altri attivisti musulmani come Salma Yaqoob e Yvonne Ridley, una giornalista britannica che si è convertita all’Islam dopo tenuto prigioniero dai talebani.

Giudizi

Forme di cooperazione piuttosto simili si sono verificate in altri paesi occidentali negli ultimi vent’anni. Tuttavia, nell’ultimo decennio, alcune delle frazioni più progressiste della sinistra occidentale hanno adottato temi, modelli e retorica nettamente diversi da quelli tradizionalmente utilizzati. La politica dell’identità, l’intersezionalità, le preoccupazioni per le ingiustizie e i pregiudizi sistemici sono diventati i temi predominanti tra gli attivisti di sinistra, soprattutto tra le giovani generazioni. Il termine “svegliato”, sebbene contestato da alcuni per essere diventato in qualche modo peggiorativo della tendenza, è spesso usato per descrivere questo approccio all’attivismo politico.

Il wokismo, nelle sue varie manifestazioni, costituisce indubbiamente un perfetto vettore politico per gli islamisti. La tendenza a incolpare il bianco e la presunta tendenza dominante dell’uomo bianco e la sua presunta responsabilità per la maggior parte delle disgrazie del mondo, ad esempio, si adattano perfettamente a un’ideologia come l’islamismo, nata nella prima metà del XX secolo in opposizione al colonialismo e che da allora ha accusato l’Occidente di molti dei problemi del mondo musulmano. Allo stesso modo, le forme radicali di politica dell’identità si adattano perfettamente alla pretesa di lunga data degli islamisti occidentali secondo cui le comunità musulmane occidentali dovrebbero avere il diritto a proprie strutture sociali, educative e legali distinte. Se, nei suoi scritti degli anni Novanta,13 ”, le politiche identitarie contrastanti di oggi forniscono argomenti agli islamisti per sostenere che i musulmani hanno bisogno di spazi sicuri 14 per essere protetti dal “razzismo strutturale” e preservare la loro identità.

Inoltre, il wokismo fornisce agli islamisti occidentali un’arma retorica potente e versatile: l’islamofobia. Certo, l’odio e la discriminazione nei confronti dei musulmani sono purtroppo problemi abbastanza diffusi, che si manifestano in tutto l’Occidente sia in modi subdoli che, a volte, in spettacolari azioni violente. Ma gli islamisti tendono ad amplificare e strumentalizzare il problema per servire i propri obiettivi diversi, ma comuni. Insieme alle comunità musulmane, gli islamisti occidentali cercano di utilizzare la carta dell’islamofobia per promuovere una forte identità islamica e ritagliarsi una leadership. Gli islamisti occidentali hanno capito da tempo che nessun altro fattore ha un impatto maggiore sulla formazione di un’identità collettiva dell’esistenza o della percezione di una forza esterna che minaccia la comunità. Hanno anche dimostrato grande abilità nell’affermarsi come principali sostenitori di cause che hanno indignato la maggior parte dei musulmani, anche quelli che non condividevano tendenze islamiste. Dall’affare Rushdie ai cartoni animati danesi15 , dal conflitto israelo-palestinese alle controversie sul velo in vari paesi europei, gli islamisti occidentali hanno utilizzato le loro vaste risorse e capacità di mobilitazione per guidare le proteste contro gli eventi che hanno descritto come parte di un modello di aggressione occidentale contro i musulmani e l’Islam.

Giudizi

17.

“Aggiungere la prima linea di difesa dell’Islam e dei musulmani di tutto il mondo” (MAB).

Promuovendo l’idea che i musulmani siano assediati, discriminati e vittimizzati, gli islamisti occidentali si sono presentati come le uniche voci disposte e in grado di difendere la comunità. Presentandoli in un modo che li servisse, hanno sfruttato le crisi politiche globali, le innegabili forme di discriminazione che hanno afflitto i musulmani occidentali e le tensioni culturali che sono sorte costantemente nella maggior parte dei paesi occidentali negli ultimi vent’anni. Una “comunità assediata”, per usare un’espressione spesso usata nei circoli dei Fratelli Musulmani dopo l’11 settembre, è chiamata a stringere i ranghi, rafforzare la propria identità comunitaria e fare affidamento su leader aggressivi e competenti che possano difendere 16. Avendo coltivato questa cultura del vittimismo, gli islamisti occidentali, in quanto abili imprenditori dell’identità, hanno costantemente sfruttato le lamentele dei musulmani occidentali e si sono descritti come l’unica forza in grado di “agire come la prima linea di difesa” dell’Islam e dei musulmani di tutto il mondo 17 »

Esternamente, l’islamofobia ha due scopi principali nell’agenda degli islamisti occidentali. Il primo è creare un’ampia gamma di alleanze con altre comunità che subiscono discriminazioni e con organizzazioni che la combattono. Gli islamisti occidentali hanno sempre più inquadrato l’islamofobia come parte delle ingiustizie strutturali che ritengono affliggono le società occidentali e su questa base hanno stretto alleanze con organizzazioni ampiamente disparate che combattono contro la discriminazione. Ciò include entità appartenenti a gruppi a cui il movimento islamista ha storicamente mostrato ostilità, come organizzazioni ebraiche o LGBTQ.

E gli islamisti occidentali usano anche l’islamofobia per stigmatizzare qualsiasi critica non solo all’Islam e ai musulmani, ma anche qualsiasi critica che li riguardi loro stessi. Qualsiasi esame dell’ideologia islamista e del comportamento dei suoi attori può essere facilmente etichettato come razzista o presentato come un tentativo da parte di gruppi sociali privilegiati di mettere a tacere le persone di colore emarginate. Questa accusa è rivolta anche a coloro che, di origine musulmana, criticano l’islamismo, e non è raro che vengano accusati anche loro di essere islamofobi.

IIParte

Le reti islamiste investono nel wokismo

Giudizi

Mentre il wokismo si è diffuso nelle società occidentali nell’ultimo decennio del nostro secolo, anche gli islamisti occidentali lo hanno abbracciato. Hanno sostituito sempre più spesso in questo nuovo quadro molti dei loro problemi storici, come la Palestina o la discriminazione anti-musulmana. Questo nuovo quadro progressista a volte accompagna, ma più spesso sostituisce, il quadro islamista, almeno in apparenza. Hanno anche abbracciato nuovi temi tradizionalmente estranei o addirittura contrari al discorso islamista, come l’agenda anticapitalista per combattere il cambiamento climatico o persino l’uguaglianza di genere.

Questo nuovo approccio solleva la questione della sua sincerità. Un osservatore scettico potrebbe obiettare che questa è pura apparenza, che gli islamisti stanno usando il linguaggio della sinistra progressista semplicemente per essere percepiti come moderati, per liberarsi della cattiva immagine che offusca i circoli islamisti da cui provengono e per essere accettati nel mainstream cerchi. Il timore dei critici è che gli islamisti non abbiano abbandonato le loro opinioni e abbiano semplicemente astutamente adottato il wokismo come strumento politico per promuovere meglio i loro obiettivi che, in realtà, hanno poco a che fare con le cause progressiste.

Come abbiamo visto, questi nuovi attivisti sono nati in Occidente. Hanno fatto il loro debutto nei circoli islamisti occidentali. Studiarono principalmente nelle università di scienze umane e sociali, e non nelle università tecniche, a differenza dei pionieri del movimento. Spesso hanno preso parte alle attività di associazioni non islamiste. Tutto questo, nel suo insieme, significa che i nuovi islamisti erano profondamente esposti al wokismo. Potrebbero aver effettivamente adottato almeno alcuni elementi della sua visione del mondo e della sua struttura interpretativa. Fondamentalmente, non è impossibile che i giovani islamisti occidentali abbiano veramente integrato vari aspetti del wokismo,

Conversione sincera o discorso di facciata, è impossibile determinare quale delle due posizioni sia quella giusta. Ovviamente ogni caso va considerato singolarmente. Diversi esempi mostrano che una posizione di mezzo è probabilmente più appropriata, quella che vede gli islamisti occidentali sia abbracciare cause e strutture progressiste per convinzione genuina, ma anche usarli in modo più cinismo per portare avanti la propria causa.

Ciò che sembra chiaro in questa tendenza relativamente nuova e fiorente è che mentre i singoli attivisti possono abbracciare il wokismo personalmente e in modo indipendente, anche organizzazioni e reti con legami chiari e di lunga data con l’Islam svolgono un ruolo importante nel facilitare questo processo. In sostanza, in quello che sembra essere uno sforzo abbastanza concertato, gruppi o strutture islamiste affermate hanno messo in contatto attivisti, con o senza origini islamiste, che prendono posizioni intrise di wokismo che possono promuovere gli obiettivi del movimento islamista. . Hanno offerto loro una piattaforma e li hanno supportati finanziariamente. In sostanza, mentre l’adozione del wokismo può essere stata spontanea, ci sono ampie prove che le strutture islamiste cercano di incoraggiarlo.

Gli esempi di questa dinamica abbondano. Uno dei più eloquenti è quello di Al Jazeera+ (meglio noto come AJ+), che afferma di lanciare “uno sguardo di giustizia sociale in un mondo in lotta per il cambiamento”: “AJ+ è una piattaforma di narrativa e notizie digitali del marchio unica e globale dedicata a diritti umani e uguaglianza, detenendo il potere di rendere conto e amplificando le voci delle comunità emarginate che cercano di far conoscere e ascoltare le loro storie. […]

Lanciato nel 2014, AJ+ è l’idea innovativa e pionieristica di menti giovani, creative e instancabili dell’Unità di Incubazione e Innovazione di Al Jazeera, che ha visto prima di chiunque altro l’opportunità di raggiungere la generazione Y con un prodotto informativo video diffuso attraverso piattaforme di social media. […] AJ+ fa parte della rete di media Al Jazeera, un’entità editorialmente indipendente finanziata dal governo del Qatar nell’ambito di un investimento per promuovere il “bene pubblico” – in modo simile ai contribuenti britannici che finanziano la BBC 18 . »

Giudizi

20.

Samantha Grasso, ” La vera storia di Alamo “, ajplus.net, 25 agosto 2021.

21.

William Shoki, ” Il capitalismo è una malattia “, ajplus.net, 20 maggio 2021.

26.

Samantha Grasso, “ Su COVID, India e privilegio ”, ajplus.net, 12 maggio 2021.

Al Jazeera Arabic, l’entità madre del gruppo, è noto per essere composto da molti membri e simpatizzanti dei Fratelli Musulmani e per trasmettere regolarmente punti di vista islamisti, che hanno portato al bando del canale in diversi paesi arabi e a subire dure critiche in Occidente. AJ+, che ha una forte presenza sui social media in quattro lingue (inglese, spagnolo, arabo e francese), si rivolge a un pubblico molto diverso da quello del canale principale e adotta un approccio radicalmente opposto. AJ+, infatti, presenta regolarmente storie incentrate su questioni centrali del movimento progressista e inquadrate in modo tipicamente sveglio.

La maggior parte degli argomenti di AJ+ hanno poco o nulla a che fare con questioni legate all’Islam, ma accusano costantemente le società occidentali di un modello pervasivo di ingiustizia e discriminazione nei confronti di vari gruppi di vittime, che vanno dalle minoranze etniche e religiose alla comunità LBGTQ. Questi temi, che costituiscono la spina dorsale della linea editoriale di AJ+, sono integrati da altri articoli che trattano temi più vicini agli interessi tradizionali degli islamisti, come i vari conflitti in Medio Oriente oi sentimenti anti-musulmani in Occidente. Inserirli in una narrazione più ampia e utilizzare un linguaggio simile per affrontarli è chiaramente mirato a rendere i punti di vista islamisti appetibili al pubblico di AJ+,

Ad esempio, AJ+ English demonizza regolarmente il governo degli Stati Uniti per vari illeciti passati e attuali con articoli o rapporti filmati come “The Government Plot To Erase Native Languages ​​​​19 “, “The Real Story of the Alamo 20 “, “Il capitalismo è un Malattia 21 ” o “Il viaggio di Raoul Peck nel cuore della bianchezza 22“. Possiamo anche citare “Fleeing to the Heart of the Empire”, un articolo che mette a confronto le esperienze dei profughi vietnamiti e afgani in America (“il cuore dell’impero”): “Ancora una volta, leggiamo nell’articolo, coloro che sono stati colpiti Le avventure imperialiste americane si stanno rivoltando, cercando di sfuggire alla conflagrazione mentre le truppe si ritirano. E ancora una volta si scontrano con l’indifferenza generale 23 . Tra gli altri articoli possiamo citare anche “Resistance and the War on Terror in East Africa 24 ”, “I Palestinesi stanno colpendo per combattere l’apartheid 25 ” o “On COVID, India and Privlege 26 ”.

Giudizi

28.

Ibidem .

29.

Francese AJ+, messaggio Twitter , 19 gennaio 2018.

Una dinamica simile è visibile per la versione francese di AJ+ 27 . Il francese AJ+ ha lanciato o promosso attivamente una serie di campagne, molte intrise di cultura pop vicino ai millennial e ai loro fratelli minori, per esporre incidenti considerati razzisti nella più pura espressione del pensiero sveglio. Questi includono la promozione dell’hashtag #BlackHogwarts per evidenziare che le persone di colore sono gravemente sottorappresentate nella serie di Harry Potter 28 , denunciando il twerking di Miley Cyrus e l’acconciatura di Kylie Jenner come appropriazioni culturali 29o per criticare la Federcalcio francese per aver proposto un giocatore bianco, Antoine Griezmann, come principale testimone della sua campagna contro il razzismo.

Accompagnando questi messaggi, che non hanno alcuno scopo islamista se non quello di ritrarre i paesi occidentali come irrimediabilmente razzisti e potenzialmente indebolire l’attaccamento al loro paese che i giovani possono provare, il canale francese AJ + trasmette messaggi più coerenti con le tradizionali visioni islamiste. Il canale, ad esempio, ha promosso attivamente la campagna a sostegno di Tariq Ramadan, legato ai Fratelli musulmani, dopo essere stato accusato dalle autorità francesi di violenze sessuali contro diverse donne 30. Negli ultimi due anni, mentre il governo di Emmanuel Macron ha iniziato a prendere posizioni più dure sull’islamismo, l’AJ+ francese ha intensificato la sua retorica anti-francese. Quindi, ad esempio, un articolo confronta la Francia con l’Afghanistan, l’Arabia Saudita e l’Iran, sostenendo che le leggi anti-hijab del paese europeo sono identiche a quelle dei paesi che dettano alle donne cosa dovrebbero indossare.

Mentre AJ+ è una brillante piattaforma multimediale rivolta alla generazione TikTok con messaggi brevi e semplici ma prodotti professionalmente, altre entità con un passato islamista indiscusso cercano di diffondere una versione più accademica del wokismo islamista. Un perfetto esempio di questa dinamica è il Center for Islam and Global Affairs (CIGA), un “istituto di ricerca e politica pubblica indipendente, senza scopo di lucro con sede a Istanbul, in Turchia, e affiliato con l’Università Zaim di Istanbul 31“. Da un inizio modesto, quando è stata fondata nel 2010, l’Università di Zaim è stata strettamente affiliata al Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP) al potere in Turchia. Ha beneficiato di ingenti finanziamenti governativi e ha quindi registrato una crescita notevole, raggiungendo in pochi anni il numero di 10.000 studenti iscritti 32 .

Giudizi

33.

Vedi CIGA , “Coordinatore”.

39.

Vedi CIGA, ” Islamofobia “.

La CIGA è stata creata a Zaim dall’eminente studioso e attivista palestinese Sami al-Arian 33 , una figura ben nota negli ambienti islamisti e che è stato al centro di una vicenda di terrorismo molto pubblicizzata negli Stati Uniti 34 . È stato arrestato nel febbraio 2003 in Florida con un atto d’accusa con diciassette capi di imputazione. Alla fine si è dichiarato colpevole di uno dei conteggi. È stato condannato a cinquantasette mesi di carcere per aver cospirato per violare una legge federale che vieta di fare o ricevere contributi di fondi, beni o servizi aoa beneficio della Jihad islamica palestinese (PIJ), classificata come SDT (Specially Designated Terrorist) 35. Secondo il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, “nella sua dichiarazione di colpevolezza, al-Arian36 ha ammesso che durante il periodo dalla fine degli anni ’80 all’inizio e alla metà degli anni ’90 è stato associato alla Jihad islamica palestinese, con molti dei suoi co-cospiratori. Ha anche ammesso di aver fornito vari servizi al PIJ nel 1995 e successivamente, sapendo che il PIJ era stato classificato come SDT e che stava compiendo atti di violenza orribili e omicidi .

Dopo il suo rilascio, al-Arian ha ottenuto asilo politico in Turchia, dove ha aperto la CIGA 38 . Sotto la guida di al-Arian, la CIGA si è affermata come un importante centro di studi sull’islamofobia. Dal 2018, la CIGA organizza ogni anno un’importante conferenza sull’islamofobia, riunendo decine di accademici e attivisti che sono tra i più impegnati nella ricerca e nella denuncia dell’islamofobia 39 . L’analisi degli ospiti, degli sponsor e dei temi delle conferenze della CIGA mostra chiaramente una commistione tra islamismo tradizionale e ultraprogressismo, ovvero la perfetta combinazione del wokismo islamista.

Giudizi

41.

Vedi CIGA, “ Prof. Dott. Farid Hafez, PhD ”.

42.

“ Un progetto di ricerca pluriennale sull’islamofobia ” (“The Bridge Initiative”).

Il convegno CIGA 2021 che, a causa della pandemia di Covid-19, si è svolto online, ha messo in luce con chiarezza queste caratteristiche 40. L’evento è stato co-sponsorizzato, tra gli altri, dall’Università Ahmed-bin-Khalifa del Qatar e da Cage, un’organizzazione britannica molto controversa creata all’inizio degli anni 2000 per difendere il rilascio dei detenuti di Guantanamo Bay e che da allora ha abbracciato diverse cause islamiste. . Tra i relatori figuravano persone con evidenti legami con l’islamismo, come Yasin Aktai, consigliere senior del presidente dell’AKP in Turchia; Chafika Attalai, membro di spicco del Collettivo contro l’islamofobia in Francia (CCIF), organizzazione sciolta dal governo francese in seguito all’assassinio dell’insegnante di francese Samuel Paty; e Moazzam Begg, di Cage, lui stesso ex detenuto di Guantanamo. Molti altri oratori non avevano un background islamista, erano per lo più accademici,

La persona che in qualche modo incarna il wokismo islamista universitario transnazionale della CIGA è un giovane studente universitario austriaco, Farid Hafez, borsista della CIGA e presente alle tre edizioni della conferenza della CIGA sull’islamofobia 41 . È anche membro della Bridge Initiative, un progetto di ricerca pluriennale sull’islamofobia 42ospitato dall’Alwaleed Bin Talal Center for Muslim-Christian Understanding (ACMCU) presso la Georgetown University. Secondo il sito web dell’università: “Il Center for Muslim-Christian Understanding […] è stato istituito nel 1993 con la missione di rafforzare i legami di cooperazione tra musulmani e cristiani e di migliorare la comprensione del mondo islamico attraverso l’Occidente. Nel dicembre 2005 Georgetown ha ricevuto una donazione di 20 milioni di dollari da Sua Altezza Reale il Principe Alwaleed Bin Talal dell’Arabia Saudita per sostenere e sviluppare il centro 43 . »

Giudizi

44.

Vedi “ Jonathan Brown ”.

Il centro è diretto da due eminenti studiosi di studi islamici con note simpatie islamiste, John Esposito e Jonathan C. Brown 44 . È interessante notare che questi due accademici hanno stretti legami con Sami al-Arian, il fondatore della CIGA. Esposito ha pubblicamente descritto al-Arian come un “buon amico”. Durante il processo di al-Arian negli Stati Uniti con l’accusa di terrorismo, John Esposito ha fornito ai giudici una lettera in cui lo elogiava, descrivendolo come “un accademico e intellettuale militante straordinariamente brillante ed eloquente, un uomo di coscienza con un forte impegno per la pace e la società giustizia 45“. Quanto a Brown, è sposato con Leila al-Arian, figlia di Sami al-Arian e, per inciso, produttrice di Al-Jazeera. La posizione di Hafez in entrambi i centri non è quindi sorprendente.

Hafez è una stella nascente negli studi sull’islamofobia. Insegna in istituzioni su entrambe le sponde dell’Atlantico e collabora con molti altri ricercatori del circolo. Il suo approccio all’argomento adotta schemi progressivi per discutere la questione dell’islamofobia. Pertanto, l’ultima pubblicazione che ha curato è intitolata in modo rivelatore Das ‘andere’ Österreich. Leben in Österreich abseits männlich-weiß-heteronormativ-deutsch-katholischer Dominanz 46 (“L’“altra” Austria. La vita in Austria oltre la dominazione cattolica tedesca eteronormativa maschile bianca”). Ma Hafez è anche una figura molto controversa a causa dei suoi legami con gli islamisti. Nel novembre 2020, ad esempio, Hafez è stato arrestato nell’ambito dell’operazione Luxor 47, la più grande operazione antiterrorismo mai realizzata in Austria. Secondo le autorità austriache, gli indagati facevano parte di una rete austriaca a sostegno dei Fratelli musulmani e di Hamas. Hafez ha costantemente affermato la sua innocenza e ha affermato che il caso era infondato e politicamente motivato. Alcune delle sue difese hanno suscitato polemiche, come quando in uno dei suoi articoli ha paragonato le azioni del governo austriaco nell’operazione Luxor alla persecuzione degli ebrei da parte del regime nazista e al trattamento brutale degli uiguri da parte del governo cinese 48 . L’articolo ha suscitato forti critiche da parte delle organizzazioni ebraiche, sia in Austria che negli Stati Uniti 49. Hafez è comunque diventato una figura famosa nei circoli islamisti e progressisti, scatenando petizioni online e raccolte fondi a suo sostegno.

Giudizi

50.

Vedi “ Ibrahim Kalin ”.

A livello accademico, Hafez ha guadagnato l’attenzione internazionale per il suo ruolo di co-editore dell’annuale European Islamophobia Report (EIR). Lanciato nel 2015, l’EIR registra presunti incidenti e sviluppi della discriminazione anti-musulmana in vari paesi europei. È significativo che la copertina dell’ultima edizione di questo rapporto (2021), un’opera di oltre 900 pagine che copre 31 paesi, riporti in copertina il presidente Emmanuel Macron, il che indica chiaramente che gli obiettivi dell’EIR non sono solo gli individui e attori che si impegnano in un palese odio anti-musulmano, ma anche personaggi pubblici che mettono in discussione l’influenza dell’islamismo.

I redattori di EIR hanno stretti legami con la Turchia, un paese il cui regime, sotto il governo del Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP), negli ultimi anni ha ripetutamente accusato l’Europa di diffusa islamofobia. Il co-editore del rapporto è Enes Bayrakli, che è stato direttore degli studi europei e coordinatore dell’ufficio di Bruxelles di Siyaset, Ekonomi ve Toplum Araştırmaları Vakfı (SETA, “Fondazione per la politica economica e la ricerca sociale”). Ufficialmente indipendente, la SETA è considerata da molti osservatori il braccio propagandistico dell’AKP. Il suo fondatore è İbrahim Kalın, portavoce del presidente Erdoğan e recentemente coautore di un libro con John Esposito, direttore della Bridge Initiative presso la Georgetown University 50. Kalin è anche membro dell’ACMCU di Georgetown, l’istituzione madre della Bridge Initiative.

Da diversi anni l’EIR è pubblicato da SETA 51 e finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Dialogo Unione Europea-Turchia Società Civile 52 . Ciò ha creato polemiche e diversi governi europei, nonché deputati europei, si sono pubblicamente opposti all’uso di fondi europei per finanziare un tale rapporto sull’islamofobia pubblicato da un think tank collegato all’AKP. L’edizione 2020 dell’EIR non è più stata pubblicata da SETA ma dal Leopold-Weiss Institute di Vienna. L’istituto non ha un sito web e non è noto che organizzi alcuna attività, ma una ricerca nelle banche dati austriache mostra che il suo direttore è Farid Hafez.

Il ruolo della Turchia nelle precedenti edizioni dell’EIR era evidente, ed è particolarmente interessante notare come politici turchi di alto rango abbiano partecipato agli eventi di lancio dell’EIR e siano stati anche attori chiave. I risultati dell’EIR sono stati spesso utilizzati anche dai politici turchi per sostenere le loro posizioni. Ad esempio, in occasione del lancio dell’edizione 2018 dell’EIR, Faruk Kaymakci, viceministro degli affari esteri e direttore degli affari europei della Turchia, ha affermato che l’ascesa dei movimenti di estrema destra e la crescente islamofobia sono state le principali sfide per l’Unione europea, sostenendo che l’adesione della Turchia all’Ue potrebbe essere l'”antidoto” a questi problemi: “Con l’adesione della Turchia, l’Ue può cambiare la sua immagine”, ha dichiarato. Le istituzioni dell’UE possono raggiungere il mondo musulmano; altrimenti l’UE sarà percepita come un club cristiano imperialista53 . »

IIIParte

Possibili reazioni e sviluppi

Giudizi

Come abbiamo detto sopra, sia che l’adozione da parte degli islamisti occidentali delle domande sveglie e degli schemi di pensiero sia sincera o simulata, ha portato molti dei suoi attivisti ad essere accettati in circoli ultra-progressisti, cosa che i pionieri del movimento islamista in Occidente avevano non ho potuto fare. Dalle strutture antirazziste ai media mainstream, dalle agenzie governative che finanziano la lotta contro la discriminazione e la diversità ai circoli e alle chiese intellettuali progressisti, gli islamisti occidentali hanno stretto alleanze preziose che danno loro maggiore visibilità e un migliore accesso all’opinione pubblica. Inoltre, la loro stessa vicinanza a questi ambienti li protegge in parte dalle accuse di islamismo mosse dai critici.

Allo stesso tempo, negli ultimi anni, il fenomeno dell’islamismo sveglio ha ricevuto crescenti attenzioni e critiche. Ciò è particolarmente vero in Francia e, più in generale, nel mondo francofono, dove le preoccupazioni per l’islamismo e il suo impatto sulla società sono state probabilmente più forti che in qualsiasi altra parte dell’Occidente. Inoltre, in Francia, sono state diffuse le preoccupazioni per la diffusione del wokismo in generale, che è ampiamente visto come un’importazione culturale americana divisiva e il presidente Macron ha pubblicamente dichiarato di essere “contro la cultura sveglia 54 “.

In questo contesto, non sorprende che le discussioni sul termine controverso islamo-gauchismo si stiano svolgendo ai massimi livelli del governo e della cultura francesi. Ricordiamo il ministro francese dell’Istruzione superiore Frédérique Vidal che ha dichiarato che “l’islamo-sinistra sta mangiando la nostra società nel suo insieme 55 “.

Un articolo su Le Figaro su questo argomento descrive come il Forum della European Muslim Youth And Student Organization (Femyso, “Forum européen des organization muslims de jeunes et d’études”), un’organizzazione studentesca e giovanile con sede a Bruxelles fondata dai principali leader della Fratellanza Musulmana in Occidente e guidata storicamente dai discendenti di eminenti leader della Fratellanza e leader di gruppi studenteschi legati ai Fratelli Musulmani in tutta Europa, ha ricevuto importanti finanziamenti dall’Unione Europea per realizzare campagne contro l’islamofobia e pro-hijab 56. Femyso ha formulato molti dei suoi slogan nello stile tipico dell’islamismo svegliato. Ad esempio, descrive uno dei suoi progetti, “Project Meet”, come un “programma globale finanziato dall’Unione Europea volto a combattere l’islamofobia di genere”, che descrive come “discriminazione intersezionale subita da donne e ragazze musulmane, basata principalmente su etnia, religione e genere .

Giudizi

Ma aspre critiche all’islamismo sveglio sono arrivate anche da figure non governative, molte delle quali sono di origine musulmana. Naëm Bestandji, autore franco-tunisino, ha sostenuto che l’islamismo è un’ideologia di estrema destra per eccellenza, ma che il movimento ha capito che collaborare con la sinistra progressista è una tattica più promettente: “Infiltrarsi nei circoli antirazzisti è quindi essenziale, ha spiega. Per questo, devi trasformare una religione in una “razza”. Qualsiasi critica alla loro ideologia, presentata come giusto Islam, sarebbe quindi un attacco agli individui. È la creazione di una bestemmia propria dell’Islam attraverso la deviazione della lotta contro il razzismo. Questa è l’arte del termine “islamofobia”. La lotta religiosa e la lotta al razzismo si intrecciano poi. Il secondo serve da pretesto per l’avanzata del primo. È un colpo da maestro58 . »

Un altro modo di interpretare questa sovrapposizione razza-religione e quindi razzismo-islamofobia è interpretarla non come uno stratagemma calcolato ma come un fenomeno reale che sarebbe l’occidentalizzazione dell’islamismo. Probabilmente, stiamo assistendo a un processo generazionale che porta i nuovi attori islamisti con sede in Occidente a liberarsi di alcuni aspetti dell’islamismo tradizionale e ad abbracciare sinceramente elementi di altre ideologie. Ciò potrebbe potenzialmente portare a una diluizione e atomizzazione dell’islamismo, poiché vari militanti potrebbero abbracciare correnti ideologiche diverse e intraprendere percorsi altrettanto diversi.

Naturalmente si tratta di teorie e scenari puramente ipotetici, difficili da verificare, ammesso che la tendenza continui e sia accolta dalla corrente principale dei movimenti islamisti occidentali. Ma sia tatticamente o effettivamente abbracciato, il wokismo islamista è diventato una preoccupazione per molti. L’apprensione per le implicazioni di questa dinamica è stata formulata in modo appropriato dall’attivista belga Dyab Abou Jahjah. Il background di Abu Jahjah rende il suo punto di vista particolarmente interessante. Nato in Libano nel 1971, ha combattuto con le milizie sciite prima di stabilirsi in Belgio nel 1991. È lì che ha fondato la Lega Araba Europea, un gruppo di attivisti che divenne particolarmente controverso negli anni immediatamente successivi agli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, con Abu Jahjah che espresse sostegno implicito all’attacco e varie opinioni anti-occidentali, facendogli guadagnare il soprannome di “nemico pubblico numero 1” del Belgio. Da allora ha lasciato l’attivismo e ha lavorato come insegnante, ma è rimasto un attento osservatore delle scene islamiste e musulmane in Belgio.59 .

Come scrive Abu Jahjah sul suo blog: “È meglio che gran parte degli islamisti oggi abbraccino la politica ultraprogressista che il fascismo jihadista. Tuttavia, l’attacco alla modernità e alla maggior parte dei suoi valori, compreso il secolarismo, è condotto in modo più raffinato ed efficace e all’interno di un’alleanza ampia con un serio potenziale di mobilitazione. Questa strategia non mira a creare uno Stato islamico, ma può portare a una frammentazione della società lungo linee identitarie in modo che ognuno possa “essere se stesso”. Questo nuovo islamismo risvegliato, insieme al resto del movimento progressista estremo (spesso chiamato “svegliato”), sogna un arcipelago di “spazi sicuri” che interagiscono in giustizia ed equità.

Insieme ad altre tendenze risvegliate, i neo-islamisti risvegliati decostruiscono l’“universalismo” a favore dell’“intersezionalità” delle eccezioni. Così, un giorno, tutte le eccezioni potrebbero finire per diventare la regola. Quando l’eccezionalismo, non l’universalismo, diventa la pietra angolare della cittadinanza, chi osa allora sfidare le richieste di tribunali separati e persino leggi separate? 60 ”

È difficile valutare la previsione di Abu Jahjah sull’evoluzione dell’islamismo risvegliato. Ciò che è chiaro, come questo articolo ha tentato di descrivere sommariamente, è che c’è una tendenza crescente all’interno dei circoli islamisti occidentali ad adottare temi e linguaggi ultra-progressisti/svegliati ea stringere alleanze con entità provenienti da questo ambiente. Le domande relative a questo sviluppo senza precedenti sono numerose, sia che si tratti di sapere se ci troviamo di fronte a una metamorfosi sincera o finta, autentica o tattica dell’islamismo; se questo islamismo risvegliato sia in grado di causare divisioni nei ranghi islamisti, poiché alcune delle sezioni più conservatrici potrebbero sentirsi a disagio nell’abbracciare alcune cause ultra-progressiste; o se non sono certi circoli progressisti che abbracceranno l’islamismo risvegliato. Queste dinamiche possono manifestarsi in modi diversi in circostanze e paesi diversi. Ma è chiaro che il movimento dell’islamismo-woke merita di essere seguito da vicino.

https://www.fondapol.org/etude/la-montee-en-puissance-de-lislamisme-woke-dans-le-monde-occidental/

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